GRS803_VENDETTA D'AMORE

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778 - Il conte bandito - C. Townend 779 - I segreti del maniero - A. Ashley 780 - L'onore di una gentildonna - K. Hawkins 781 - I confini della passione - B. Gifford 782 - Misteri e sospetti - M. Nichols 783 - Il cavaliere della contessa - A. Herries 784 - Una lettera dal passato - L. Lael Miller 785 - Scandalosa Isabella - J. Ashley 786 - Al servizio della regina - A. J. Forrest 787 - Scacco al visconte - L. Allen 788 - La resa del guerriero - M. Willingham 789 - Una moglie sconveniente - M. Nichols 790 - L'ombra del destino - D. Hale 791 - Il corsaro gentiluomo - A. Lethbridge 792 - Prigioniera del guerriero - J. Fulford 793 - Tentazione segreta - S. Laurens 794 - Per amore di una nobildonna - D. Hale 795 - L'onore in gioco - C. Merrill 796 - Partita col destino - K. Hawkins 797 - Una moglie per il barone - M. Nichols 798 - Fiore di Scozia - S. Auci 799 - Notti d'Oriente - D. Hale 800 - Misteri a Londra - G. Ranstrom 801 - Desiderio di seduzione - S. Bennett 802 - Bacio tentatore - S. James 803 - Vendetta d'amore - J. Justiss

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JULIA JUSTISS

Vendetta d'amore

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Smuggler and the Society Bride

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2010 Janet Justiss

Traduzione di Laura Lunardi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2011

Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2011

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 803 del 22/11/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Sennlack Cove, Cornovaglia, maggio 1814 Ferma sull'orlo dello strapiombo, Lady Honoria Carlow scrutava la baia sottostante, mentre i gri-di rauchi dei gabbiani si mescolavano al rumore delle onde che si infrangevano contro gli scogli. Notando con soddisfazione che l'acqua si era riti-rata quanto bastava per sottrarre all'alta marea una lunga lingua di sabbia, imboccò il tortuoso sentiero che scendeva verso la spiaggia. Honoria aveva scoperto quel luogo riparato nel corso di una delle prime passeggiate che aveva fatto nei dintorni dopo il suo arrivo, un mese pri-ma. Arrabbiata, disperata e sovraccarica di ener-gie inutilizzate, aveva accettato il suggerimento di zia Foxe che, come metodo per contenere l'a-gitazione, le aveva consigliato di esplorare le bel-lezze della scogliera a strapiombo sul mare che si estendeva proprio davanti al suo maniero, a po-che miglia di distanza dal piccolo villaggio di Sennlack, in Cornovaglia. Mentre scrutava l'orizzonte, a Honoria sfuggì un debole sorriso. Era fuggita da Londra bra-

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mando la solitudine e la lontananza da casa e lì a-veva trovato entrambe le cose. Quando la carroz-za sulla quale viaggiava aveva oltrepassato Pen-zance e si era diretta verso Land's End, per poi imboccare il sentiero che conduceva a Foxeden Manor, la tenuta sul mare di proprietà della pro-zia, le era sembrato di essere davvero arrivata al-la fine del mondo. O perlomeno, di aver raggiunto un luogo che non poteva essere più lontano dai salotti dell'alta società che era solita frequentare e dalla famiglia che l'aveva tradita e abbandonata. Sembrava impossibile che il rumore del mare, il fischio del vento e gli strilli rauchi dei gabbiani potessero placare lo spirito di una persona, eppu-re era proprio ciò che accadeva a lei, pensò Ho-noria scendendo verso la spiaggia. Forse era per-ché l'abbattersi delle onde schiumanti contro gli scogli le ricordava la propria vita, ormai ridotta in frantumi. Le onde, però, dopo essersi frante contro la pietra, si ricomponevano in gorghi di spuma bianca. Sarebbe riuscita anche lei a ricomporre la propria esistenza, a tornare a vivere? Sebbene Tamsyn, la cameriera di zia Foxe, le avesse accorciato l'abito da equitazione – l'unico capo adatto alle camminate campestri che avesse messo in valigia nella fretta di lasciare Londra – quando infine raggiunse la spiaggia l'orlo della sottana era ormai appesantito dalla sabbia. Senza curarsene, Honoria scostò all'indietro il cappelli-no e contemplò il paesaggio. L'acqua che lambiva la rena della piccola baia appariva calma, addirittura invitante. Con un sor-

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riso, Honoria rammentò i pigri pomeriggi estivi in cui, da bambina, aveva tormentato suo fratello Hal fino a costringerlo a portarla con sé al laghet-to. In compagnia degli amici di turno del fratello maggiore e con indosso la camicia e le braghe da maschio che aveva preso in prestito da lui, Hono-ria aveva imparato a nuotare nelle acque infestate di alghe, emergendone trionfante e coperta di melma. L'estate in cui aveva compiuto sette anni, del gruppo di amici che erano venuti a far visita a Hal aveva fatto parte anche Anthony. Assalita dal disagio, si affrettò a scacciare il ricordo del suo ex fidanzato. Che senso aveva rovinare uno dei pochi svaghi che le restavano tornando con il pensiero a un passato che non poteva far nulla per modificare? Decisa a concentrarsi sulla bellezza della baia, accarezzò l'idea di togliersi gli stivaletti per cam-minare nell'acqua. La primavera faticava a lascia-re il posto all'estate, però, ed era probabile che l'acqua del mare fosse gelida. Mentre il suo sguardo spaziava all'orizzonte, il biancore di una vela attirò la sua attenzione. Stringendo gli occhi per evitare di restare abba-gliata dal sole, scorse una barchetta che si muo-veva verso la baia. Subito dopo apparve una seconda imbarcazio-ne, che sembrava lanciata all'inseguimento della prima. Questa, però, anziché continuare verso la baia, all'ultimo momento virò verso il mare aper-to e filò via rapida. La seconda barca, che aveva ormai oltrepassato la fila di massi delimitanti la baia, si fermò di colpo, come se a manovrarla

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fosse una mano invisibile. Mentre la prima im-barcazione spariva alla vista, dal parapetto della seconda un uomo venne sbalzato in acqua. La barca doveva aver cozzato contro un masso sommerso nell'acqua, si disse Honoria, concen-trando lo sguardo sull'uomo che era caduto in mare. Lo vide riemergere di lì a pochi secondi, annaspando, e poi finire di nuovo sotto. La curiosità di Honoria si trasformò in preoc-cupazione. Anche se l'acqua non era profonda per via della bassa marea, il naufrago avrebbe dovuto nuotare un bel po' prima di poter toccare il fondo con i piedi. Forse era rimasto ferito nella caduta? Oppure non sapeva nuotare? Esitò ancora per qualche istante, osservando i disperati tentativi che il poveretto faceva per re-stare a galla; poi, dopo aver lanciato una delle imprecazione preferite di Hal, passò all'azione. Si liberò in fretta e furia di cappellino, mantello, giacca, calze, stivaletti e sottana, agguantò un'as-sicella di legno che la marea aveva lasciato sulla spiaggia e si gettò in acqua. Bustino, camiciola, sottogonna e sottoveste la impacciavano, impedendole di nuotare con la ra-pidità che sapeva raggiungere da bambina, con indosso soltanto le braghe da maschio, e forse non sarebbe mai riuscita a raggiungere il naufra-go. Ciononostante, non se la sentiva di restare a guardarlo morire annegato senza neppure aver fatto un tentativo per salvarlo. Sperava di riuscire a raggiungerlo, di offrirgli la tavola di legno co-me appiglio e di trascinarlo verso riva. La morsa gelida dell'acqua la fece rabbrividire, ma non la fermò. Lottando contro il peso degli

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abiti ormai fradici, continuò a nuotare verso il punto in cui aveva visto cadere in acqua lo sco-nosciuto. Si era quasi convinta, con disperazione, che non sarebbe riuscita a raggiungerlo in tempo, quando all'improvviso, dall'alto della scogliera a strapiombo sul mare, un uomo si tuffò. Honoria si fermò e annaspò, sommersa per qualche istante dall'onda provocata dal tuffo. Poi vide che l'uo-mo si dirigeva con rapide e possenti bracciate verso il naufrago, lo afferrava e lo portava a riva. Sollevata, Honoria si voltò e riprese a nuotare verso la spiaggia. Soltanto allora notò la fila di mastelli che, attaccati a una robusta corda, gal-leggiavano nel lato più nascosto della baia, e capì cosa fosse accaduto. Da quando era arrivata, ave-va spesso sentito dire che le acque della zona era-no infestate dai contrabbandieri. La seconda bar-ca che aveva visto apparire nella baia, dunque, doveva aver inseguito la prima per impedirle di scaricare merci di contrabbando. Appesantita dagli abiti fradici, Honoria si sof-fermò sulla riva sia per riprendere fiato sia per osservare il coraggioso tuffatore che si era lan-ciato al salvataggio dell'uomo in mare. La sua ammirazione per lui, inizialmente do-vuta solo al suo coraggio, assunse nuove sfuma-ture quando lo vide emergere a poco a poco dal-l'acqua. Il torso possente e muscoloso, tempesta-to da una miriade di goccioline luccicanti, si re-stringeva verso i fianchi, cornice di un addome piatto. L'acqua gli infradiciava le braghe, model-landogliele contro l'inguine ed esibendo un im-pressionante... oh, santo cielo!

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Rossa in viso e scandalizzata, Honoria sollevò gli occhi e notò la lunga cicatrice bianca che gli costellava il petto a partire dalla spalla sinistra. Poi lo guardò in faccia e si ritrovò come folgora-ta dagli occhi più azzurri e penetranti che avesse mai visto in vita sua. Dapprima rabbrividì per la paura, poi fu assali-ta da una sensazione di piacere che divenne così intensa da strapparle un sorriso. Il viso del tuffa-tore, notò, era incorniciato da folti capelli neri. Anche se non si fosse appena buttato da un'al-tissima scogliera, il suo mento volitivo, gli zigo-mi scolpiti e le labbra piene e sensuali sarebbero bastati da soli a dichiarare un carattere autoritario e sicuro di sé. La forza con cui trascinò fuori dal-l'acqua il naufrago e lo depose sulla riva gli con-ferì un'aura di onnipotenza che, come la cicatrice che gli solcava il petto, era foriera di pericolo. Era un individuo abituato a comandare, rifletté Honoria con una punta di apprensione. E in quel momento la stava scrutando da capo a piedi, co-me aveva fatto lei con lui. «Chi siete mai, ragazza?» l'apostrofò in tono divertito, con una voce lievemente accentata. «Forse Afrodite che emerge dalle acque?» Honoria avvampò di nuovo, rammentandosi che era ancora con i piedi nell'acqua e che i pochi vestiti fradici che aveva indosso dovevano esser-si incollati al suo corpo fino a diventare traspa-renti. Con un frettoloso: Davvero bravo, sir, si voltò e corse via. Quand'ebbe guadagnato la riva, la-sciò cadere a terra l'assicella e si gettò addosso il mantello ricoperto di sabbia, affannandosi ad al-

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lacciarlo con le dita intorpidite. Aveva appena fi-nito di coprirsi e si stava chinando a raccogliere il resto dei suoi indumenti, quando un gruppetto di uomini si avviò verso di lei dall'altro lato della spiaggetta. Dovevano essere complici dei contrabbandieri, sopraggiunti per aiutarli a nascondere il carico nell'entroterra, si disse, sedendosi su un grosso masso per infilarsi gli stivaletti. Si era appena ac-cinta a iniziare l'opera, quando il primo degli sconosciuti la raggiunse. Fu soltanto in quel momento che Honoria si re-se conto che i nuovi arrivati sembravano più inte-ressati a lei che al coraggioso tuffatore o al mari-naio che era stato tratto in salvo. Sentì su di sé i loro sguardi avidi, quasi famelici, ed ebbe paura. In preda a un profondo senso di repulsione, le parve di tornare indietro nel tempo. Anziché sul-la spiaggia battuta dal vento, si ritrovò nel giardi-no buio di una casa londinese. Attorno a sé non sentiva più le strida dei gabbiani, bensì le escla-mazioni di stupore e sconcerto provenienti dal vialetto ombroso che conduceva alla sala da ballo illuminata a giorno. Gli occhi fissi su di lei, gli uomini la circonda-rono. Gli sguardi bramosi, le labbra incurvate in smorfie di disprezzo o forse di anticipazione, gli aliti puzzolenti di alcol le si strinsero attorno mentre lei tentava di ricongiungere i lembi strap-pati del corsetto. Ed ecco sopraggiungere An-thony che, l'espressione carica di disgusto, non accorreva per soccorrerla e confortarla, bensì per accusarla e ripudiarla. Il panico le mise le ali ai piedi. Con le calze e

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gli stivaletti in una mano, ignorò le proteste del bel tuffatore che le gridava di aspettare e corse via come una disperata, tagliando in due il grup-petto di uomini e inerpicandosi per il ripido sen-tiero. Gabriel Hawksworth seguì con occhi colmi di ammirazione la bella ragazza dai capelli color miele che fuggiva precipitosamente dalla spiag-gia. Mentre respirava in modo affannoso per lo sforzo appena compiuto, il naufrago che aveva adagiato sulla riva si alzò a sedere e rigettò lun-ghe boccate di acqua salmastra. Qualche istante più tardi, un gruppo di abitanti del villaggio li raggiunse. Dopo aver bendato il naufrago e avergli legato i polsi, lo trascinarono in fretta verso l'entroterra. Gabe si scosse l'acqua di dosso come un cane bagnato. Il vento che spirava dal mare lo fece rabbrividire per il freddo. Con suo grande sollie-vo, vide sopraggiungere Richard Kessel, detto Dickin, suo vecchio compagno d'armi e proprie-tario del vascello del quale Gabe era l'attuale e temporaneo capitano. «Gran bel tuffo, amico mio!» si complimentò Dickin, porgendogli la propria giacca. «Forse, per aver salvato un agente dell'erario, otterrete una ricompensa dal re. Gli abitanti del paese in-vece non saranno altrettanto lieti del vostro inter-vento. Quanto al naufrago, se sapesse chi siete vi sparerebbe.» «Sarebbe stato molto meglio lasciare che il mare se lo prendesse» dichiarò uno degli uomini che erano sopraggiunti.

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«Inutile recriminare, Johnnie» replicò Dickin. «Quel che è fatto è fatto.» «Aiutarlo è stato un errore» borbottò un altro. «L'errore lo ha commesso mio fratello John» tuonò Dickin. «Come vi è venuto in mente di far trasportare a riva le merci di contrabbando in pie-no giorno, per giunta proprio quando il controllo delle acque è stato affidato a un nuovo agente?» chiese, rivolgendosi al fratello. «Abbiamo pensato che per Tomas sarebbe sta-to un gioco da ragazzi seminarlo. Questi inglesi conoscono così poco le nostre coste!» si difese John. «Certo, siete riusciti a seminarlo, ma per poco non lo avete ammazzato» ribatté Dickin. «Cosa importa se uno degli uomini del re ci la-scia le penne?» replicò John. «E poi, cosa c'en-trate voi? Il comando dell'operazione di scarico delle merci è stato affidato a me. Decidere come, quando e dove spostare il bottino, dunque, spetta a me soltanto.» «Il comando potrebbe venirvi tolto, se mettere-te a repentaglio uomini e imbarcazioni» lo am-monì Dickin. «State forse minacciando di convincere nostro padre a buttarmi fuori dall'impresa?» «No, voglio solo farvi ragionare» gli rispose l'altro in tono conciliante. «Be', lo scarico delle merci compete a me e sa-rà meglio che ve lo ricordiate» ribadì John. Si voltò quindi verso i suoi uomini e ordinò loro di gettare in un carretto l'agente dell'erario legato e bendato. Gabe osservò la scena, poi guardò Dickin.

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«Promettetemi che quell'uomo arriverà sano e salvo in paese. Mi dispiacerebbe molto dovervi abbandonare quando so che ancora non avete tro-vato un capitano a cui affidare il Flying Gull, ma non vorrei mai essere complice di un delitto.» «Gabe, amico mio, siete diventato un po' trop-po coscienzioso, negli ultimi tempi.» «Una volta voi e io condividevamo gli stessi scrupoli» gli fece osservare Gabe. «Quando era-vamo sulla penisola, non avreste mai sparato a un prigioniero francese, né tantomeno ne avreste la-sciato uno nelle mani dei partigiani, pur sapendo che gli spagnoli avrebbero avuto tante buone ra-gioni per torturare i francesi.» Fece un sorriso. «Un tempo quelli erano i nostri nemici, ora inve-ce sono i vostri soci nel commercio di brandy, seta e pizzi!» «È vero, ma la guerra è guerra e gli affari sono affari» ribatté Dickin senza prendersela. «Tomas, però, non è stato leale ad avvicinarsi tanto agli scogli con la barca. Lui sa bene dove si trova lo sperone sott'acqua. Al contrario del no-stro nuovo agente dell'erario.» Dickin si strinse nelle spalle. «Colpa sua. A-vrebbe potuto evitare di lanciarsi all'inseguimen-to della nostra barca. Se davvero vuole porre un freno al contrabbando, gli conviene prima studia-re bene la conformazione delle coste.» «Oppure tentare di inseguirci di notte, quando anche noi ci teniamo a debita distanza dalle rocce sommerse.» «Dubito che gli agenti dell'erario vogliano mettersi in mare quando è buio» osservò Dickin. «Anche tra noi della Cornovaglia, ben pochi han-

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no il coraggio suicida di voi irlandesi. E ancor meno sanno manovrare una barca con la vostra a-bilità, Gabe.» «Ignorerò la frecciata che avete lanciato alla mia gente, ma accetto volentieri il complimento sulle mie capacità marinare» replicò Gabe con un sorriso. «Davvero non volete restare con noi anche do-po che Conan potrà riprendere il comando del Flying Gull?» gli chiese Dickin. «Ormai dovreste aver messo da parte quanto basta per acquistare un vascello tutto vostro. Potremmo collaborare con successo, proprio come quando combatteva-mo fianco a fianco contro i francesi. O forse a-vete cambiato idea e volete tornare a casa per es-sere ospite di vostro fratello?» Gabe ebbe l'improvvisa visione del maniero di famiglia a Ballyclarig, sulle ventose colline irlan-desi, e del viso burbero e accigliato di suo fratel-lo Nigel. «Non ho ancora stabilito cosa farò, ma di certo non tornerò in Irlanda. Anzi, stavo per prendere il largo per lidi lontani quando voi mi avete chia-mato.» «È un bene che lo abbia fatto. Adesso che vi siete ripreso dalle ferite di guerra, è molto proba-bile che voi e vostro fratello vi sareste ammazzati a vicenda, se è vero che lui è arrogante e spietato come lo avete descritto.» Dickin gli batté una mano sulla spalla. «È sempre così tra fratelli, del resto. Guardate me e Johnnie. Voi e Nigel siete mai andati d'accordo?» Gabe rivisse in un solo momento la lunga e do-lorosa storia dei suoi rapporti con il fratello mag-

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giore il quale, a sua memoria, non aveva mai fat-to che criticarlo, provocarlo e disapprovare ogni sua azione. «No» rispose in modo succinto. «Allora fate bene a partire» convenne Dickin. Un lampo di malizia gli illuminò lo sguardo. «Ma, ditemi, la vostra altolocata famiglia non giungerebbe a diseredarvi, nel caso scoprisse che state dando una mano al vostro vecchio compa-gno d'armi, ora che si occupa di traffici poco le-citi?» Gabe immaginò senza fatica alcuna l'orrore che avrebbe distorto gli austeri lineamenti del volto di suo fratello, qualora il pedante Sir Nigel Hawksworth avesse scoperto cosa stava facendo in Cornovaglia la pecora nera della famiglia. Do-po averlo disconosciuto, gli avrebbe senza dub-bio messo alle calcagna le guardie del re. «Parliamo di argomenti più gradevoli, d'accor-do?» ribatté alzando le spalle. «Chi era la bella Afrodite che si è lanciata in acqua poco prima di me? Non l'avevo mai vista prima. Non dev'essere di qui.» «Infatti» confermò Dickin. «Non ricordo quale sia il suo nome, ma non è As... fo... dite, né ci so-miglia. Mia sorella Tamsyn, che è a servizio a Foxeden Manor, mi ha detto che è ospite della vecchia Lady Foxe. Pare sia una sua parente. L'ho vista passeggiare sulla scogliera in un paio di occasioni.» Rendendosi conto che un marinaio quasi illet-terato non poteva avere dimestichezza con la mi-tologia greca, Gabe non sottolineò l'equivoco nel quale l'amico era incorso. Per la prima volta in

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vita sua, provò una punta di simpatia per l'arci-gno precettore che aveva ricevuto da suo padre l'incarico di ficcare nella testa dura del figliolo minore, a forza di castighi e frustate, i rudimenti dell'istruzione di un gentiluomo. Tanta severità, unità alla rigida disciplina che i suoi genitori pretendevano da lui, aveva spinto Gabe a entrare nell'esercito non appena gli era stato possibile. Come sarebbe potuto sfuggire al pugno di ferro del genitore, si chiese, se la brama di gloria di Bonaparte non avesse fatto scoppiare una guerra alla quale ogni patriottico padre di fa-miglia inglese era stato ben disposto a sacrificare un figlio? Tanto più se si trattava di un rampollo ribelle e scavezzacollo, che neanche il più severo dei tutori era riuscito a domare? Gabe scacciò i ricordi e tornò a concentrarsi sul presente. «È una parente di Lady Foxe, dun-que. Sapete se si fermerà a lungo?» Dickin aggrottò un sopracciglio. «Vedrò se Tamsyn ne sa qualcosa. Dunque non vi basta che tutte le ragazze nubili della zona spasimino per voi e che le cameriere della locanda del paese si contendano l'onore di scaldarvi il letto? Deside-rate selvaggina fresca?» Gabe si strinse nelle spalle. «Cos'altro si può fare quando si è belli, audaci e giovani?» Con una risata, sferrò a Dickin una manata sulla spal-la. «Sarete anche bello, audace e giovane, ma pre-sto diventerete un cadavere, se non vi affrettate a indossare degli abiti asciutti» gli fece notare l'al-tro. «Mi dispiacerebbe perdere così presto il mio nuovo comandante e un vecchio compagno d'ar-

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mi. Forza, andate a vestirvi mentre io aiuto i ra-gazzi a spostare il carico nell'entroterra. Chiederò a Tamsyn di quella bella dama e vi farò sapere.» Gabe gli fece un inchino. «Ve ne sarò molto grato.» «Bene, purché me lo dimostriate in modo con-creto.» Dickin rise. «Ci vediamo più tardi alla lo-canda, come al solito.» Gabe si inerpicò su per il sentiero che condu-ceva alla sommità della scogliera, fermandosi di tanto in tanto a osservare il ben organizzato lavo-ro di squadra che stavano conducendo gli uomini del paese. Anzitutto sganciavano i mastelli dai loro ormeggi di fortuna, poi li trasportavano a ri-va, ne vuotavano il contenuto dentro delle carrio-le che poi spingevano su per il sentiero, fino ai carri che li attendevano sulla strada. Soltanto un paio dei contrabbandieri rispose al cenno di saluto che Gabe rivolse loro. Gli altri preferirono ignorarlo. Non se la prese, ben sapen-do quali fossero le regole del gioco. In situazioni del genere, l'atteggiamento più indicato era tene-re gli occhi bassi e non guardare mai in faccia nessuno. Così, nell'eventualità di un interrogato-rio dei gendarmi, si sarebbe potuto rispondere con onestà di non aver visto niente. Raggiunta la sommità della scogliera, Gabe re-cuperò il cavallo e si avviò verso casa, cioè la stanza che aveva preso in affitto al Gull's Roost, la locanda di proprietà di Perran Kessel, padre di Dickin e John, a Sennlack. I sei mesi di comando del Flying Gull che ave-va promesso all'ex commilitone che gli aveva salvato la vita a Vittoria sarebbero scaduti alla fi-

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ne dell'estate, ma Gabe non aveva ancora stabili-to cos'avrebbe fatto in seguito, una volta lasciata la Cornovaglia. A suo fratello Nigel non aveva promesso di tornare. Al contrario, prima di andarsene via con Dickin, gli aveva fornito solo qualche succinta ed evasiva spiegazione. Le ultime parole di Nigel e-rano state, come al solito, molto dure. «Adesso che, dopo aver prestato onesto servi-zio come soldato, avete ripulito qualcuna delle macchie che avevate lasciato sul blasone di fami-glia, spero che non intendiate imbrattarlo di nuo-vo imbarcandovi in qualche disgraziata impresa per conto di quella canaglia del vostro amico» a-veva commentato. Se Nigel fosse venuto a sapere che il fratello a-veva assunto il comando di un vascello di pro-prietà di un contrabbandiere, gli sarebbe venuto un colpo apoplettico. D'altronde, come spiegare a un sussiegoso esponente dell'aristocrazia anglo-irlandese la forza del legame creatosi tra Gabe e il compagno d'armi che aveva condiviso con lui tante disavventure e che alla fine gli aveva salva-to la vita? Era un legame che affondava le radici in valori profondi, che superavano le convenzioni sociali e la divisione tra le classi. Era per quello che, quando Dickin gli aveva chiesto un favore, Gabe aveva accettato di aiutar-lo senza esitazioni, pur sapendo che si sarebbe trovato coinvolto in atti di dubbia legalità. La prospettiva di sfuggire alle aspettative di suo fratello, doveva ammetterlo, aveva rappre-sentato un incentivo. Sir Nigel Hawksworth, ma-gistrato, uno dei più importanti dignitari del sud

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dell'Irlanda, aveva per lui programmi che non gli si confacevano. E così Gabe, dopo aver trascorso lunghi mesi di convalescenza in famiglia, era tor-nato con gioia al suo grande amore, il mare. E non appena aveva rivisto spiegarsi le vele, si era sentito rinascere. Quand'era tornato in Irlanda per guarire dalle ferite di guerra, l'esistenza tranquilla che era stato costretto a condurre gli era sembrata troppo noio-sa per riuscirgli sopportabile. Preferiva di gran lunga gli imprevisti della vita di mare ed era feli-ce di aver accettato di aiutare Dickin, anche se ciò comportava qualche compromesso con la leg-ge e non pochi rischi. A Sennlack, per la verità, i contrabbandieri e-rano ben tollerati dalle autorità preposte al com-pito di osteggiarli. George Marshall, funzionario del re, aveva sempre chiuso volentieri un occhio sulle loro illecite attività, in cambio di una per-centuale sui guadagni. Poteva tuttavia sempre ca-pitare che da Londra arrivasse un agente più so-lerte degli altri, come quello che proprio quel giorno aveva rischiato la vita per inseguire un barcone. Un agente così scrupoloso sarebbe stato disposto a tutto pur di impedire che alle casse della Corona venissero sottratte le tasse applicate al commercio di pizzi e liquori stranieri. E anche se in Cornovaglia di rado i contrabbandieri veni-vano trascinati in tribunale, il commercio di fro-do era pur sempre punito con il carcere e, nei casi peggiori, con l'impiccagione. Gabe era consapevole, dunque, dei rischi che correva, ma confidava di poter contare sulla sua buona stella ancora per qualche mese.

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Poiché non aveva ancora deciso cos'avrebbe fatto al termine di quel periodo, riteneva saggio smorzare gli entusiasmi delle più appassionate tra le ragazze del posto, molto attratte dai con-trabbandieri, ed era attento a non mostrare parti-colare predilezione per nessuna di loro. E tuttavia avrebbe concesso volentieri maggio-ri attenzioni a una bella donna che, come lui, si fosse trovata in Cornovaglia soltanto per un bre-ve periodo. Oltre a divertirlo e tenerlo impegna-to, una liaison sarebbe servita anche a scoraggia-re alcune delle sue corteggiatrici più audaci. La ragazza che aveva visto quel giorno sulla spiag-gia, per esempio, sarebbe stata l'ideale. Lo aveva molto colpito, infatti, e non soltanto per la bellez-za, ma anche per il coraggio con cui si era buttata in mare per salvare il naufrago. Gli parve di rivederla, con l'acqua che le lam-biva le caviglie e gli indumenti bagnati incollati al corpo. La stoffa, resa trasparente dall'acqua, lasciava intravvedere gambe lunghe e ben fatte, il ventre arrotondato e un vago bagliore dorato alla giuntura delle cosce. A quel ricordo venne assali-to da un'intensa eccitazione. Con un sospiro, si sforzò di scacciare la con-turbante immagine della bella straniera. Peccato che fosse una nobildonna e non una delle sfrena-te cameriere della locanda. Se ne sarebbe lasciato conquistare senza troppi scrupoli. Giunto alla locanda, rispose con un gesto della mano al saluto di Mr. Kessel, ordinò che gli fosse portata in camera dell'acqua calda e salì i gradini a due a due. Chissà qual era il vero nome della bella Afrodite, si disse, chiedendosi se anche lei,

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come il suo amico Dickin, ignorasse la leggenda legata alla dea greca, che si levava nuda dal ma-re. O forse la straniera era sufficientemente colta, o maliziosa, per capire come mai gliel'avesse ri-cordata? Era improbabile, ma sarebbe valso la pena ve-rificarlo, pensò Gabe con un sorriso. E mentre si spogliava e attendeva che gli portassero l'acqua calda, faticò a smettere di immaginare quale ef-fetto avrebbe potuto fargli accarezzare la pelle nuda della sua Afrodite. Di lei, per il momento, sapeva soltanto che era bella, incurante delle convenzioni e coraggiosa al punto da non esitare a gettarsi nell'acqua gelida per salvare uno sconosciuto. Era curioso di saperne di più.

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GAIL RANSTROM Misteri a Londra

SARA BENNETT Desiderio di seduzione

LONDRA, 1821 - Rapita da una setta segreta, Eugenia viene salvata dall'affascinante James Hunter. L'ombra del nemico impedirà loro di riconoscere il forte sentimento che li lega?

INGHILTERRA, 1072 - Quando incontra il bellissimo Gunnar, Rose non immagina di doversi difendere dalla sua prepo-tente sensualità. Torna la passione rovente di SEDUCTION.

Bacio tentatore SOPHIA JAMES

INGHILTERRA - AMERICA, 1853 - Decisa a mettere alla pro-va i propri sentimenti per il fidanzato, Lillian chiede a un libertino di baciarla. È disposta anche a pagarlo, ma poi...

Vendetta d'amore JULIA JUSTISS

CORNOVAGLIA, 1814 - Caduta in disgrazia dopo uno scan-dalo, Lady Honoria si ritira in Cornovaglia, dove conoscerà un irresistibile contrabbandiere che le ruberà il cuore!

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AMANDA MCCABE La dodicesima notte

CATHERINE MARCH La moglie del maggiore

LONDRA, 1564 - Divenuta dama d'onore di Elisabetta I, Ro-samund incontra Anton, un affascinante e tenebroso genti-luomo svedese. Ma gli amori a corte non sono ben visti e...

LONDRA - SAN PIETROBURGO, 1876 - Quando il maggiore Bowen chiede a Georgia di sposarlo, non sa che all'altare si presenterà la sorella Sasha, innamorata da sempre di lui!

Il Cavaliere Bianco CONNIE MASON

GALLES, 1258 - Dopo essersi impadronito del maniero gal-lese di Cragdon, il valoroso Lionheart cerca di conquistare anche il cuore della bella e fiera castellana, Vanora.

Magia di Natale L. STONE - C. KELLY - G. RANSTROM

INGHILTERRA, 1812 - 1818 - Per Alexander, Jeremiah e il Visconte Selwick le feste natalizie non sono certo una gio-ia. L'incontro con tre splendide donne cambierà la loro vita.

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