Grande tributo del popolo cinese a Mao · 2016-09-21 · cinese a Mao Deposta la targa...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XL - N. 35 - 29 settembre 2016 Relazione di Andrea Cammilli alla Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI L’ATTUALE SITUAZIONE SINDACALE IN ITALIA E IL LAVORO DELLA COMMISSIONE DI MASSA E DEI MARXISTI-LENINISTI Comunicato della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI In Cina per rendere l’omaggio del PMLI al grande Maestro del proletariato internazionale nel 40° Anniversario della morte GRANDE TRIBUTO DEL POPOLO CINESE A MAO Deposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di Pechino il 9 settembre dove sono confluiti 50mila visitatori FotogrAFAti e richieSti i mAniFeSti e volAntini DellA commemorAzione Di mAo A Firenze, numeri De “il BolScevico” e gli oPuScoli Di ScuDeri Su mAo Shaoshan (Hunan), 4 settembre 2016. Erne davanti alla casa natale di Mao mostra il manifesto della Commemorazione di Mao a Firenze (foto Il Bolscevico) Il compagno Andrea Cammilli alla guida della delegazione na- zionale del PMLI a Roma alla manifestazione nazionale del 28 marzo 2015 indetta dalla Fiom (foto Il Bolscevico) “UNA MAGISTRALE LEZIONE A TRECENTOSESSANTA GRADI” “Studiamo, capiamo e applichiamo con determinazione il discorso di Scuderi ‘Da Marx e Mao’” di Federico Picerni Sotto la maschera umanitaria L’ITALIA IMPERIALISTA RITORNA IN ARMI NELLA SUA EX COLONIA LIBICA Il piano italiano per l’esercito europeo la mogherini ha già pronto un progetto che ha presentato al vertice di Bratislava A Catania, Milano e Firenze LA BATTAGLIA DEL PMLI PER IL NO larga diffusione del volantino sul referendum alle Feste dell’“unità” a catania e a Firenze, dove era presente renzi PAGG. 3-5 PAG. 2 PAGG. 7-9 PAG. 10 PAG. 14 PAG. 14 PAG. 12 PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it COMMEMORAZIONE DI MAO NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA 1976 - 9 SETTEMBRE - 2016 D a Marx a Mao parlerà Giovanni Scuderi Giovanni Scuderi Segretario generale del PMLI Prima del discorso sarà proiettato un video sulla vita di Mao prodotto dal PMLI Da Marx a Mao Domenica 11 settembre 2016 Ore 10 Firenze - Sala Verde del Palazzo dei Congressi - piazza Adua,1

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XL - N. 35 - 29 settembre 2016

Relazione di Andrea Cammilli alla Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

L’attuaLe situazione sindacaLe in itaLia e iL Lavoro deLLa commissione di massa e dei marxisti-Leninisti

Comunicato della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

In Cina per rendere l’omaggio del PMLI al grande Maestro del proletariato internazionale nel 40° Anniversario della morte

Grande tributo del popolo

cinese a MaoDeposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di

Pechino il 9 settembre dove sono confluiti 50mila visitatoriFotogrAFAti e richieSti i mAniFeSti e volAntini DellA commemorAzione Di mAo A Firenze, numeri De “il BolScevico” e gli oPuScoli Di ScuDeri Su mAo

Shaoshan (Hunan), 4 settembre 2016. Erne davanti alla casa natale di Mao mostra il manifesto della Commemorazione di Mao a Firenze (foto Il Bolscevico)

Il compagno Andrea Cammilli alla guida della delegazione na-zionale del PMLI a Roma alla manifestazione nazionale del 28 marzo 2015 indetta dalla Fiom (foto Il Bolscevico)

“UnA MAgIstRALe LezIone A tReCentosessAntA gRAdI”

“studiamo, capiamo e applichiamo con determinazione il discorso di scuderi ‘da Marx e Mao’”

di Federico Picerni

sotto la maschera umanitaria

L’ItALIA IMPeRIALIstA RItoRnA In ARMI neLLA sUA ex CoLonIA LIbICA

Il piano italiano per l’esercito europeo

la mogherini ha già pronto un progetto che ha presentato al vertice di Bratislava

A Catania, Milano e Firenze

LA bAttAgLIA deL PMLI PeR IL no

larga diffusione del volantino sul referendum alle Feste dell’“unità” a catania e a

Firenze, dove era presente renzi

PAgg. 3-5

PAg. 2

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PAg. 10

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PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

Comitato centraleSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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COMMEMORAZIONE DI MAO NEL

40° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

1976 - 9 SETTEMBRE - 2016

Da Marx a Maoparlerà

Giovanni ScuderiGiovanni Scuderi

Segretario generale del PMLI

Prima del discorso sarà proiettato un video sulla vita di Mao prodotto dal PMLI

Da Marx a Mao

Domenica 11 settembre 2016 Ore 10

Firenze - Sala Verde del Palazzo dei Congressi - piazza Adua,1

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2 il bolscevico / riunione Commissione centrale di massa del PMLI N. 35 - 29 settembre 2016

ComuniCato della Commissione per il lavoro di massa del CC del pmli

Domenica 11 settembre si è riunita in seduta plenaria la Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI. L’in-contro si è tenuto nella Sede centrale del Partito e de Il Bol-scevico a Firenze. L’accoglienza dei marxisti-leninisti fiorentini e i simboli e il materiale del Partito che riempivano la stanza hanno fatto sentire i compagni subito a proprio agio. La discussione si è svolta dopo la Commemorazione di Mao, tenutasi con successo poche ore prima presso il Pa-lazzo dei Congressi di Firenze. La carica data da questo evento si percepiva ancora tra i com-pagni della Commissione, tutti presenti alla Commemorazione, che sicuramente ha contribuito a far affrontare questo impegno senza accusare cali di tensione e con spirito militante. Tutti hanno dato il loro prezioso contributo, così come chiedeva nella sua relazione il Responsabile della Commissione, il compagno An-drea Cammilli.

All’ordine del giorno l’attua-le situazione sindacale in Italia e il lavoro della Commissione di massa e dei marxisti-leninisti. Tra i principali punti trattati: la politica economica, sindacale e sociale del governo Renzi, la situazione della Cgil e quella delle organiz-zazioni non confederali, la propo-sta sindacale del PMLI e il nostro lavoro nella Cgil, il programma a breve-medio termine della Com-missione. Dopo i saluti è stato rivolto un caloroso e fraterno rin-graziamento per il suo prezioso lavoro al compagno Emanuele Sala che per gravi motivi di sa-lute ha dovuto abbandonare la guida della Commissione.

Era un dovere partire dalla denuncia delle malefatte del go-

verno del nuovo duce Renzi che la Commissione ha definito “fe-rocemente antioperaio e nemico delle masse lavoratrici del nostro Paese, come pochi ce ne sono stati nella storia della Repubblica borghese nata nel 1946”. Men-tre partiti e organizzazioni che si dichiarano di sinistra e persino comunisti lo hanno inizialmente sottovalutato, va dato atto al no-stro Partito di aver denunciato la natura liberista e neofascista del suo governo fin dal suo insedia-mento e la necessità di lanciare contro di esso una dura opposi-zione di classe e di massa.

Sia la relazione che il dibattito hanno evidenziato come il Jobs Act sia stata la controriforma pi-duista e fascista che più ha ca-ratterizzato finora il suo governo. Essa stravolge da destra il diritto borghese del lavoro delineatosi nel nostro Paese dopo gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, in-staurando al suo posto rapporti industriali e sindacali di tipo mus-soliniano, ispirati al famigerato “modello Marchionne”, messo in atto per la prima volta a Po-migliano. Non a caso tra il nuo-vo duce Renzi e il nuovo Valetta Marchionne l’intesa è perfetta. Invece i lavoratori e i sindacati sono attaccati duramente, con arroganza e determinazione. Nonostante Renzi si richiami continuamente alla “modernità”, l’introduzione del Jobs Act, in special modo la cancellazione dell’articolo 18, l’estensione dei voucher, il demansionamento e il controllo a distanza, assieme alla “riforma” (ancora in corso) del modello contrattuale in sen-so corporativo stanno riportando indietro di decenni, per non dire di secoli, le condizioni dei lavo-ratori, riuscendo dove fallì uno

dei suoi maestri, il neoduce Ber-lusconi.

Nel denunciare gli altri aspetti della politica economica, sinda-cale e sociale del governo Renzi la Commissione si è focalizzata sull’attacco al diritto di sciopero, sulla controriforma Renzi-Madia della PA che sostanzialmente introduce il Jobs Act nel pubbli-co impiego, la “buona scuola” di stampo piduista e fascista che fa proprie e porta alle estreme conseguenze le odiose controri-forme Moratti e Gelmini, la ricon-ferma della legge Fornero e della pensione a 70 anni. Sono queste le principali questioni, assieme ai rinnovi contrattuali, verso cui andranno indirizzate le prossime battaglie degli operai, lavoratori, studenti e pensionati.

La Commissione ha sottoline-ato come accanto a questi temi strettamente legati al proprio fronte di lavoro, c’è quello più generale del prossimo referen-dum costituzionale. Un tema che deve vedere in prima fila i lavora-tori poiché essi sono vittime prin-cipali della riduzione secca della democrazia borghese contenute in questa controriforma. A tale proposito la Commissione ha deciso di stilare a breve un co-municato per invitare i lavoratori a essere parte attiva per il NO al referendum di autunno e a impe-gnarsi nei propri luoghi di lavoro e di vita ben al di là della posi-zione della Cgil che si è espressa per il No ma disimpegnandosi dalla campagna referendaria.

La Commissione ha passa-to in rassegna e aggiornato la situazione all’interno della Cgil, delle sue componenti di sinistra e quella dei sindacati non con-federali. È stata riconfermata la scelta di lavorare nella Cgil sen-

za scartare la possibilità di lavo-rare all’interno dei “sindacati di base” là dove hanno un seguito di massa superiore alla Cgil e sono migliori le condizioni per svolgere il nostro lavoro sinda-cale. Dalla discussione è emerso che spesso proprio i lavoratori più avanzati sono i più propensi a strappare la tessera della Cgil e a scegliere chi si pone alla sua sinistra (spesso solo a parole). Dobbiamo dialetticamente far capire che così si fa solo il gio-co della Camusso e della destra della Cgil, confinando i lavoratori più coscienti in sindacatini senza seguito. Oltretutto è ampiamente dimostrato che la mancanza di democrazia e di autonomia dai partiti, la burocratizzazione, l’at-taccamento alla poltrona e tutti i difetti imputabili giustamente ai sindacati confederali albergano anche in quelli di “base”. L’isti-tuzionalizzazione della Cgil, che noi denunciamo da tempo, non giustifica l’abbandono della più grande organizzazione di massa del nostro Paese e la Commis-sione giudica un grave errore l’uscita dalla Cgil di alcuni espo-nenti de “il sindacato è un altra cosa”.

Proprio alla luce di queste considerazioni la Commissione ribadisce la rottura e il supera-mento di qualsiasi schema che preveda di dare una oramai im-possibile direzione di classe alla Cgil o di stare nei “sindacati di base”, rilanciando la proposta strategica di un nuovo e unico grande sindacato che raggruppi tutte le lavoratrici, lavoratori e pensionate/i, basato sulla demo-crazia diretta, sulle Assemblee generali dei lavoratori e sulla revoca dei delegati giudicati ina-dempienti. Un sindacato antica-

pitalista, svincolato dai partiti, che rifiuti a livello di principio la concertazione e il “patto sociale” e al suo posto usi la lotta di clas-se per conquistare veri ed effetti-vi avanzamenti sociali.

Nel frattempo la Commissione pone come uno dei suoi obiettivi primari il lavoro per porre le basi della Corrente Sindacale di Clas-se (CSC), lo strumento organiz-zativo già individuato da tempo che raggruppi tutti i lavoratori marxisti-leninisti, i simpatizzan-ti e quanti si riconoscono nella nostra strategia sindacale. Avere una propria base organizzata tra i lavoratori risulta indispensabile per avere una effettiva influenza sulla scena sindacale. Ciò non si ottiene tanto dall’esterno ma an-zitutto emergendo nei propri luo-ghi di lavoro e di vita, nelle strut-ture sindacali come capi operai e portatori disinteressati e preparati delle richieste reali dei lavoratori. La Commissione ha invitato tutte le istanze del Partito a prendere in seria considerazione il lavoro sin-dacale che, assieme a quello gio-vanile, rappresentano i due fronti principali da cui passa lo sviluppo del Partito. Tutti i lavoratori marxi-sti-leninisti, salvo diversa indica-zione, devono essere in prima fila nelle lotte che si svolgono nella loro fabbrica, ufficio, scuola.

Quando sono stati trattati il programma a breve-medio termi-ne e la divisione dei compiti tutti i membri hanno convenuto che fin da adesso, cellule e organiz-zazioni di base comincino già a pensare a quello che potrebbero fare in occasione del prossimo congresso della Cgil che si do-vrebbe svolgere tra 2 anni. Tra le decisioni prese anche quella di stilare comunicati stampa a firma della Commissione di massa sul-

le principali questioni sindacali e politiche che riguardano lavora-tori e pensionati e sulle vertenze di rilevanza nazionale. Tutti i com-pagni hanno accettato i compiti che gli sono stati assegnati con entusiasmo, senza porre obie-zioni. Fin da subito nel dibattito sono stati posti alla discussione le tematiche che dovranno esse-re affrontate, dalle questioni più pratiche, come ad esempio bi-sogna comportarsi di fronte a un accordo quando facciamo parte di una delegazione impegnata nella trattativa, ai temi più gene-rali, come su alcuni aspetti della nostra impostazione sul reddito garantito. Interessante la discus-sione che si è sviluppata in rispo-sta a chi propone la teoria del sopravvento della tecnologia e la “fine” del lavoro. L’aumento dei ritmi, la richiesta di straordinari e la liberalizzazione dell’orario già da soli dimostrano che questa teoria è del tutto infondata.

La riunione si è chiusa con la consapevolezza che “la mon-tagna da scalare è molto alta, di conseguenza è richiesta una maggiore coscienza e prepara-zione politica dei militanti marxi-sti-leninisti”; più o meno le stesse parole usate dal segretario gene-rale, compagno Giovanni Scude-ri, nel suo brillante discorso alla commemorazione di Mao. Guar-diamo comunque al futuro con fi-ducia: i compagni devono fare la loro parte con tranquillità, come ci ha esortato Scuderi, consape-voli che non tutto dipende da noi, convinti che il socialismo tornerà di moda, di gran moda.

La Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

11 settembre 2016

Firenze, 11 settembre 2016. Commemorazione per il 40° della scomparsa di Mao. Scuderi e Pasca assieme ad alcuni membri della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI. Da sinistra a destra: Enrico Chiavacci, Emanuele Sala, Mino Pasca, Giovanni Scuderi, Andrea Cammilli e Angelo Urgo (foto Il Bolscevico)

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Rivolgo un caloroso saluto a voi compagni presenti, chiedendo-vi uno sforzo supplementare dopo aver partecipato questa mattina alla commemorazione di Mao. Gli sforzi economici e logistici per es-sere presenti qui a Firenze, specie quelli fatti dai compagni che ven-gono da più lontano, credo sia-no stati abbondantemente ripaga-ti. Abbiamo vissuto una giornata entusiasmante, viva e pienamente calata nella realtà attuale perché per il PMLI la commemorazione di Mao non rappresenta una stan-tia e rituale celebrazione, ma una giornata militante, dove assieme alla riconferma della fedeltà del Partito a Mao, agli altri Maestri del proletariato e al socialismo, si arricchisce la linea del Partito e si focalizza l’attenzione sull’attuali-tà politica.

Nel 40° Anniversario della morte il PMLI ha onorato Mao facendo un grande sforzo politi-co e organizzativo. Il bellissimo video su Mao, che fa giustizia di tante menzogne della borghesia e dei falsi comunisti, la brillan-te relazione del compagno Segre-tario generale Giovanni Scuderi e la scelta della sala del Palazzo dei Congressi di Firenze, faranno sì che questo evento sia ricordato per lungo tempo. Essa rappresenta anche una speciale occasione che il Comitato centrale del Partito ci regala ogni anno per rinsaldare i nostri rapporti politici e di classe, riorganizzare le forze, rinfrescar-si alla fonte del marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao e partire con fiducia verso i prossimi impegni che ci aspettano. Tra questi impe-gni ha un posto di rilievo il lavoro di massa a livello sindacale, che il nostro Partito ha sempre tenuto in massima considerazione. Del re-sto sarebbe molto strano se quello che si proclama partito della clas-se operaia non tenesse ai primi po-sti dei propri pensieri i lavoratori, il sindacato e le loro lotte.

Perché la riunioneLa riunione è stata sollecita-

ta e ispirata dall’Ufficio politico del Partito e dal Segretario gene-rale, compagno Giovanni Scude-ri, attraverso il suggerimento an-che dei temi e delle problematiche da trattare. Il suo scopo principa-le è quello di rilanciare il lavoro sindacale del Partito. Per fare que-sto dobbiamo partire dalla Com-missione per il lavoro di massa del CC del PMLI. Sarà questa Com-missione che dovrà aggiornare, se ce ne sarà bisogno, la linea del Partito sulle questioni di sua com-petenza, ma soprattutto dovrà ana-lizzare e inquadrare l’attuale si-tuazione politica e sindacale con il contributo di tutti, soprattutto per condividere e omogenizzare il no-stro pensiero evitando di partire da considerazioni difformi e da ana-lisi personali che potrebbero rive-larsi sbagliate facendoci prende-re decisioni avventate. Il che può succedere quando ognuno di noi vive nella propria realtà sociale e lavorativa senza avere un sistema-tico rapporto e scambio di opinio-ni con altri compagni che vivono

esperienze simili. Anche perché le questioni sindacali sono spes-so complesse, trattate con un lin-guaggio a volte poco comprensibi-le e “tecnico”, dove l’inesperienza può facilmente farci prendere fi-schi per fiaschi.

Da questa riunione dovranno però uscire anche delle decisioni concrete, operative, che, partendo dalle nostre attuali e limitatissime forze, ci consentano comunque di agire in campo sindacale con mag-gior sicurezza e incisività rispetto al recente passato e seguendo un piano prestabilito, evitando che il lavoro sindacale sia lasciato alla discrezione e alla libera interpre-tazione di ciascuna istanza e dei singoli militanti. Certo non par-tiamo da zero, non si tratta tanto d’inventare ma di mettere a frutto e attualizzare l’esperienza del Par-tito in ambito sindacale.

Ringraziamenti al compagno

Emanuele SalaCercherò di dare il mio con-

tributo e di non far rimpiangere la direzione del compagno Ema-nuele Sala, e questo non sarà cer-to facile. Il compagno comunque è qui presente e farà senz’altro la sua parte, dall’alto della sua espe-rienza, competenza e dai tanti anni passati alla testa della Com-missione di massa ed essendo il maggiore esperto del Partito per quando riguarda le questioni sin-dacali. Come sapete il compagno, per causa di forza maggiore, spe-cificatamente relative ai suoi pro-blemi di salute dovuti alla perdita quasi completa della vista, ha do-vuto lasciare la guida della Com-missione di massa. Si è trattato quindi di una scelta obbligata.

Permettetemi di cogliere l’oc-casione per ringraziare il compa-gno Emanuele per tutto quello che ha fatto per il PMLI. Egli si è sem-pre messo a disposizione del Par-tito assumendosi onerosi compiti di dirigente, si è messo a disposi-zione di quei compagni che chie-devano la sua collaborazione e il suo aiuto. La sua storia politica sta lì a dimostrare concretamente che gli operai e i lavoratori, armati del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, possono davvero guidare la classe operaia e il Partito del pro-letariato. Un quadro, un dirigen-te che è diventato tale stando sul posto di lavoro e alla produzione, senza essere uscito da lunghi per-corsi di studi ma formatosi nella lotta di classe e nel lungo cammi-no intrapreso dal PMLI per crea-re per la prima volta in Italia un Partito realmente rivoluzionario e marxista-leninista con l’obietti-vo di realizzare il socialismo, un compagno che ha preso parte sin quasi dall’inizio a questa Lun-ga Marcia politica e organizzati-va che è in corso e che necessita ancora di grandi sforzi soggettivi e favorevoli condizioni oggettive affinché si realizzi. Nonostante i suoi problemi il compagno è an-cora in grado di dare preziosi con-tributi alla Commissione e al Par-tito.

La politica economica,

sindacale e sociale del governo RenziFermo restando le nostre possi-

bilità e la scarsità delle nostre for-ze, il Partito non è stato certo con le mani in mano di fronte alla po-litica economica, sociale e all’at-teggiamento verso il sindacato te-nuto dal governo del nuovo duce Renzi. Il PMLI denunciò subito il carattere autoritario e antiopera-io del suo governo. Adesso, con il senno di poi, possiamo dire che non vi è stata nessuna esagerazio-ne, anzi, forse la realtà ha superato le premesse. Il suo insediamento non è stato un “cambio della guar-dia”, un cambio di direzione, sep-pure tutto interno alla borghesia e al capitalismo. Quello attuale è un governo che si colloca in perfetta continuità con i precedenti, in par-ticolare con gli esecutivi guidati da Berlusconi e Monti.

Il nuovo duce Renzi si trova alla guida del governo perché la borghesia italiana, l’Unione Eu-ropea imperialista, con il benepla-cito degli Stati Uniti e delle super lobby internazionali come la com-missione Trilaterale e il gruppo Bildelberg, lo hanno individua-to come il loro rappresentante più adatto a portare avanti la politica di austerità e rigore per i lavoratori e le masse, realizzare controrifor-me che favoriscano la politica eco-nomica liberista e cancellino “l’ar-chitettura istituzionale” nata dopo la caduta del fascismo, eliminare definitivamente dalla Costituzione del ’48 quelle parti più avanzate retaggio della guerra di Liberazio-ne antifascista e consolidatasi con le lotte operaie, che almeno sulla carta, garantivano alcuni diritti ai lavoratori e alle masse popolari.

La “riforma” che ha più carat-terizzato il suo governo, seppur non certo l’unica, è il Jobs Act, ovvero la cancellazione del dirit-to del lavoro borghese, articolo 18 compreso. L’articolo 18 dello Sta-tuto dei lavoratori è stato sotto at-tacco per oltre 20 anni, ancora pri-ma dell’avvento di Berlusconi che fece della sua cancellazione un ca-vallo di battaglia senza però riu-scirci. Il governo Renzi può “fre-giarsi” di aver fatto questo regalo ai padroni e già questo bastereb-be per meritarsi l’appellativo di governo ferocemente antioperio e nemico delle masse lavoratrici del nostro Paese, come pochi ce ne sono stati nella storia della Repub-blica borghese nata nel 1946.

Il Jobs Act stravolge da destra il diritto borghese del lavoro che, seppur formalmente, nella stessa Costituzione del ’48 è più volte citato come valore e pilastro del-la nazione (“l’Italia è una repub-blica fondata sul lavoro”) e i la-voratori, sempre in teoria, hanno dignità, tutele e diritti. In partico-lare si stravolge quel diritto del la-voro delineatosi nel nostro Paese dopo gli anni ’60 e ’70 del seco-lo scorso. Anni caratterizzati da una lunga stagione di lotte operaie e sindacali che, pur lasciando in-tatto il regime capitalistico, ave-vano portato a importanti conqui-ste, tra cui lo Statuto dei lavoratori e l’articolo 18 in esso contenuto. Altro che “rivoluzione copernica-na”, “assunzioni più facili”, “l’Ita-lia tornerà a correre”, una misura che “scrosta le rendite di posizio-ne dei soliti noti”, come se la crisi capitalistica fosse colpa dei lavo-ratori tutelati dai diritti che si sono conquistati nel tempo e con le lot-te. Sono solo alcuni degli slogan sparsi a piene mani da Renzi e i suoi uomini nel tentativo di copri-re l’essenza della questione.

Con una smisurata faccia di

bronzo afferma: “abbiamo dato certezze ad una generazione che finalmente conoscerà le parole mutuo, buonuscita, ferie, tempo indeterminato”; invece si torna in-dietro di decenni, quando il lavo-ratore non aveva nessuna tutela ed era alla mercé del padrone. Si tol-gono quei diritti così faticosamen-te conquistati e, d’ora in avanti, si estende il precariato a tutti. Una “riforma” che dà mano libera alle imprese e costringe invece il lavo-ratore al silenzio per la paura di essere licenziato. Norme che, uni-te a processi che vanno avanti da anni come il ridimensionamento e la cancellazione dei contratti na-zionali di lavoro, svalutano ancora di più la forza-lavoro (che in Ita-lia è pagata meno che nella mag-gior parte d’Europa), condiziona-no e ridimensionano il ruolo dei sindacati.

Nel Jobs Act non c’è solo la cancellazione del reintegro del la-voratore in caso di licenziamento senza giusta causa (l’articolo 18). Vi è il demansionamento, cioè la possibilità del declassamento della categoria contrattuale, provvedi-menti disciplinari più punitivi fino al licenziamento, il controllo visi-vo e telematico dei lavoratori. Ciò sta producendo un balzo all’indie-tro di quasi 150 anni nelle condi-zioni lavorative. Al tempo in cui i padroni disponevano a piacere dei loro dipendenti, chiamandoli al la-voro quando volevano e licenzian-doli immediatamente quando si ri-bellavano, decidendo orario, paga e mansione in base alla loro sot-tomissione. Quando scioperare si-gnificava rischiare il licenziamen-to in tronco e non era concesso ammalarsi, pena morire di fame, i lavoratori erano sorvegliati a vista da caporali, “ruffiani” e spie del padrone, oggi sostituiti dalle tele-camere. Altro che modernità e in-novazione blaterate da Renzi.

Senza dimenticare i voucher, che non sono stati inventati ades-so ma che il Jobs Act ha sdogana-to alzando la soglia economica del loro utilizzo ed estendendoli a tut-ti i settori lavorativi. Non a caso secondo i dati INPS nel 2015 di questi mini-assegni ne sono stati staccati oltre 115 milioni, con un incremento del 66% sul 2014 del 182% sul 2013, con picchi nel Sud e nelle isole ma diffuso in altre re-gioni come il Piemonte e la Tosca-na. Solo nel primo bimestre del 2016 l’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 45%. I vou-cher legalizzano il lavoro nero, sono una copertura per i padroni che in questo modo possono tran-quillamente e legalmente fregar-sene delle normative, dei diritti e dei salari stabiliti dai contratti na-zionali di categoria, pagando 7,50 euro al lavoratore e 2,50 all’Inps per ogni ora. Ma questo avviene solo nelle migliori delle ipotesi perché il voucher si può manipo-lare con facilità e diventa un for-midabile sostegno al lavoro nero.

Un altro bersaglio del governo Renzi è il diritto di sciopero. Stru-mentalizzando e distorcendo alcu-ne vicende, come quella dell’as-semblea sindacale dei dipendenti del Colosseo, a settembre 2015 il governo ha approvato a tambur

battente, coperto da tutti i media del regime neofascista, un decre-to che obbliga i lavoratori a tene-re aperti musei e monumenti. Si tratta di vero e proprio terrorismo antisciopero e antisindacale, con tanto di minacce di future misu-re disciplinari per i lavoratori che avevano partecipato a quell’as-semblea di Roma. Oggi nel settore dei beni culturali, domani, e con lo stesso metodo, in altri settori, fino a limitarlo per tutti. Per il nuovo duce Renzi gli scioperi sono “con-tro l’Italia”, costui oramai ha in-dossato la casacca del nazionali-smo che fu di Berlusconi, Craxi ma sopratutto di Mussolini.

Altra “perla” di questo gover-no è la controriforma della Pub-blica Amministrazione. La “ri-forma” Madia prevede la verifica annuale delle presunte eccedenze di personale all’interno della PA. I lavoratori considerati in esube-ro potranno essere spostati verso uffici differenti, con una mobilità obbligatoria in un raggio di distan-za massimo di 50 chilometri. Di-versamente si entra in disponibili-tà per un periodo di due anni, che comporta la percezione dell’80% dello stipendio oltre al pagamento dei contributi Inps. Ma è qui che scatta la tagliola, visto che qualo-ra questo periodo non si concluda con il riposizionamento interno del lavoratore, la naturale conclusio-ne del percorso sarà la risoluzio-ne del contratto di lavoro. In prati-ca, il dipendente pubblico che non riuscirà ad essere ricollocato dopo 24 mesi dalla messa in disponibi-lità verrà licenziato che, sommato al licenziamento per “scarso ren-dimento” introdotto da Brunetta e che la Madia ha intenzione di far rispettare, elimina di fatto l’artico-lo 18 anche nel pubblico impiego.

Oltre a questo il nuovo testo allo studio dei legislatori punta ad eliminare gli scatti di anzianità pe-raltro già cancellati in molti con-tratti privati ma che nella PA, con i salari bloccati da 7 anni, sono l’unico modo, seppur insufficien-te, per recuperare qualche briciola della perdita del potere d’acquisto. In futuro lo stipendio del lavorato-re verrà legato alla produttività e alla valutazione effettuata dal di-rigente, ci saranno verifiche più stringenti sull’operato dei lavo-ratori a partire dalla visita fiscale automatica per coloro che entre-ranno in malattia nella giornata di venerdì o durante i prefestivi, san-zioni saranno varate anche per chi farà più assenze.

L’atteggiamento del governo Renzi verso i lavoratori pubbli-ci è lo stesso di quello tenuto da Berlusconi e Brunetta, che li han-no sempre dipinti come dei “fan-nulloni” per giustificare i tagli ai sevizi anche se la realtà dimostra ogni giorno la carenza sempre più evidente degli organici nella sani-tà, scuola, servizi sociali, trasporti pubblici. Per giustificare il blocco dei salari che dura dal 2009 giudi-cato anticostituzionale anche dal-la Consulta e che il governo pensa di aggirare elargendo 5 euro lordi mensili per ogni lavoratore.

E come non ricordare la “Buo-na scuola”. Una controriforma di stampo piduista e fascista che fa

N. 35 - 29 settembre 2016 riunione Commissione centrale di massa del PMLI / il bolscevico 3Relazione di Andrea Cammilli alla Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

L’attuaLe situazione sindacaLe in itaLia e iL Lavoro deLLa commissione di massa

e dei marxisti-Leninisti

Roma, 28 marzo 2015. Il compagno Andrea Cammilli alla manifesta-zione nazionale della FIOM dove ha diretto la delegazione nazionale del PMLI (foto Il Bolscevico)

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proprie e porta alle estreme con-seguenze le odiose controriforme Moratti e Gelmini; sferra un attac-co senza precedenti ai diritti e alle tutele sindacali degli insegnanti, personale ausiliario, tecnico e am-ministrativo (Ata); colpisce dura-mente il diritto all’istruzione di milioni di studentesse e di studenti che Renzi vuol dividere in catego-rie di serie A e serie B. Cancella i residui spazi democratici borghesi a cominciare dal Contratto Collet-tivo Nazionale di Lavoro; elimi-na gli scatti di anzianità, sopprime la libertà di insegnamento; azzera gli Organi collegiali; irreggimen-ta tutto il personale docente e gli Ata e punta dritto alla piena rea-lizzazione della scuola del regime neofascista, classista, meritocrati-ca, gerarchizzata e completamente asservita alle borghesie locali, che affida tutto il potere ai presidi-ma-nager e ai padroni capitalisti se-condo il piano della P2 e trasforma gli istituti tecnici e professionali in veri e propri reparti di addestra-mento e avviamento al lavoro di mussoliniana memoria.

Sulle pensioni, nonostante al-cuni incontri con i sindacati che non hanno prodotto niente, Renzi non ha alcuna intenzione di ritoc-care la famigerata Legge Fornero e in particolare non vuole elimina-re le penalizzazioni su chi ha già raggiunto 43 anni di contributi ma non l’anzianità che adesso è di 67 anni e in base ai calcoli sulla du-rata media della vita dovrebbe at-testarsi in poco tempo a 70 anni. Nonostante la Corte Costituziona-le si sia espressa per il rimborso del prelievo forzato sulle pensio-ni fatto dal governo Monti, Ren-zi non ha alcuna intenzione di re-stituirlo, anzi. In alcuni mesi del 2015 le pensioni tutte, anche quel-le da 500 euro, hanno subìto un ri-basso perché è stata rilevata (con metodi molto discutibili) un’infla-zione più bassa di quella program-mata.

In più aggiungiamoci: - il decreto salva Italia con lo

snellimento delle procedure per le grandi opere e le agevolazioni per i grandi speculatori edilizi, il regalo ai privati delle infrastruttu-re d’interesse nazionale, la bonifi-ca dell’ILVA a carico della finanza pubblica.

- La truffa del TFR in busta paga che subirebbe una maggiore tassazione,

- Il decreto sul lavoro autono-mo che mantiene quei lavorato-ri senza tutele e senza sostegni al reddito

- Le cosiddette misure sulla po-vertà che hanno l’obiettivo di ta-gliare ancor di più lo “Stato socia-le” in cambio di una elemosina per i più poveri.

- Il disegno di legge sul “lavo-ro agile” che dietro termini inglesi come smart work nasconde la le-galizzazione del vecchio lavoro a cottimo a domicilio.

- L’elemosina dell’“inclusione attiva”, ovvero gli 80 euro ai di-soccupati con figli delle famiglie indigenti

Probabilmente ci siamo dimen-ticati qualcosa ma la politica eco-nomica, sociale e sindacale del governo Renzi che abbiamo trat-teggiato è molto chiara. Anche in Italia la ricetta per superare la pe-santissima crisi capitalistica ini-ziata nel 2008 rimane quella di scaricarla completamente sui la-voratori e i pensionati, semmai c’è un inasprimento in questa di-rezione. Si procede speditamen-te verso la privatizzazione di tutto quello che rimane in mano pubbli-ca. In particolare con l’abbandono del modello sanitario che garanti-sce buona parte dei servizi gratui-ti per tutti e della previdenza pub-blica che garantiva una pensione a una platea molto vasta passan-do a modelli “americani” basa-

ti su assicurazioni e fondi privati. Per chi non ha i soldi per curarsi o non ha una pensione verrà fat-ta la carità. Non hai un lavoro per-ché il padrone ti può licenziare a piacimento? Niente lavoro tutela-to ma un misero reddito minimo. Non hai la casa? Niente case po-polari, ma sussidio per “aiutarti” a pagare l’affitto. E via di seguito su questo piano: vengono tolti diritti e tutele e in cambio viene elargita l’elemosina.

Il tutto condito da un’arrogan-za senza pari e un disprezzo verso i sindacati mai visto, con il preci-so obiettivo di ridimensionarne il ruolo e l’importanza. Non a caso Renzi prende a pesci in faccia i sindacati e va d’amore e d’ac-cordo con Marchionne e i capi di Confindustria, Squinzi prima e Boccia adesso. Il capo del governo ha grande ammirazione (ricambia-ta) per l’amministratore delegato FCA. Del resto il Jobs Act rappre-senta l’estensione a tutta Italia del famigerato “modello Marchion-ne”, introdotto per la prima volta a Pomigliano, fatto di supersfrutta-mento, lavoratori assoggettati, de-cisioni aziendali insindacabili, eli-minazione del contratto nazionale, stretto controllo poliziesco da par-te dell’azienda, libertà di licen-ziamento, sindacati aziendali ed espulsione di quelli conflittuali.

Il suo è un atteggiamento anti-sindacale di stampo mussoliniano al di fuori delle regole democrati-co borghesi sui rapporti tra gover-no e sindacati che oltrepassa per-sino quello di Berlusconi. Renzi usa la demagogia e il populismo, assieme a un’incredibile quantità di bugie e faccia tosta, ergendo-si a uomo della provvidenza. “Io vi dò 80 euro al mese, non perde-te tempo dietro ai sindacati per il rinnovo dei contratti” oppure: “i sindacati proteggono i privilegi, ci pensa il mio governo ai giova-ni e ai precari” e via discorrendo. La sua è una visione corporativa e fascista che vuole i lavoratori soli-dali e non conflittuali con i padro-ni. Come Mussolini nega qualsiasi autonomia alla classe operaia e ai sindacati, che invece devono con-correre, assieme alla borghesia, al successo del capitalismo italiano, in posizione subalterna ad essi e caricando sulle proprie spalle tutti

i sacrifici. Non a caso Renzi, so-stenuto da Marchionne, al massi-mo tollera il sindacato unico (che non ha niente a che fare con il Grande sindacato delle lavoratri-ci e dei lavorator, delle pensionate e dei pensionatii del PMLI) colla-borazionista che non frappone ba-stoni tra le ruote al governo e ai padroni, che assomiglia tanto al Sindacato fascista corporativo.

“Io non tratto con i sindacati”, “i sindacati s’inventano gli sciope-ri, io e Marchionne creiamo posti di lavoro” sono solo alcune del-le “perle” che bene esprimono il Renzi-pensiero sui rapporti con i sindacati. La concertazione, cioè la contrattazione governo-sinda-cati-industriali è stata mandata in soffitta, e noi non la rimpiangiamo perché con quella e con la compli-cità di Cgil-Cisl-Uil si sono con-cretizzati accordi e contratti che hanno compresso i salari, innal-zato l’età pensionabile, introdot-te previdenza e sanità aziendali, ridotto le libertà sindacali e tan-to altro. Al suo posto però sono subentrate quelli che il PMLI ha denominato “rapporti industria-li e sindacali di tipo mussolinia-no” dove il governo impone le sue leggi (vedi Jobs Act), ai tavoli con “le parti sociali” non si tratta ma si deve obbedire e spesso sono sosti-tuiti da un rapporto diretto, da dit-tatore sudamericano, tra Renzi e i lavoratori (vedi gli 80 euro).

Le battaglie sindacali in corso e i problemi

più urgenti dei lavoratori e dei

pensionatiCome abbiamo già detto l’at-

teggiamento di Cgil, Cisl e Uil verso questa politica che ha favo-rito industriali, finanzieri e i pos-sessori di grandi patrimoni a spese di lavoratori, pensionati, giovani, masse popolari è stato di cedimen-to e in certi casi di vera e propria connivenza. In questi ultimi mesi molti commentatori sui mezzi d’informazione hanno evidenziato la diversa reazione dei sindacati e dei lavoratori italiani al Jobs Act e di quelli francesi all’analogo Loi

Travail. Non entreremo nel detta-glio ma è innegabile che in Fran-cia vi sia stata una reazione forte da parte dei lavoratori e degli stu-denti e da una parte dei sindacati. Una parte perché anche lì ci sono state organizzazioni sindacali che hanno cercato di dividere il movi-mento di lotta come fanno spesso in Italia Cisl e Uil, il riferimento è in particolare al sindacato filogo-vernativo Cfdt.

Ciò non vuol dire che nel nostro Paese non ci siano lotte, verten-ze e mobilitazioni. A partire dallo stesso Jobs Act dove la mobilita-zione, spesso spontanea, è parti-ta quasi subito. Invece i sindaca-ti, Cgil compresa, hanno concesso una tregua assai lunga a Renzi e i dirigenti, a partire dalla Camusso, in larga parte aderenti loro stessi al PD, non se la sono sentita di in-calzare e attaccare subito il segre-tario del loro partito e allo stesso tempo presidente del Consiglio. In seguito, di fronte ai continui attac-chi governativi, l’atteggiamento della Cgil è in parte cambiato ma come era prevedibile il contrasto al Jobs Act attraverso i contratti di categoria si è dimostrata una falsa promessa.

I rinnovi contrattuali rappresen-tano comunque una delle battaglie più immediate. Ci sono 7 milioni e mezzo di lavoratori che aspet-tano un nuovo contratto di lavoro ma negli ultimi anni questi hanno sempre peggiorato la situazione precedente. Sono oramai contrat-ti di “restituzione” come vengono chiamati, perché a fronte di miseri aumenti salariali che di fatto dimi-nuiscono il potere d’acquisto dei lavoratori, vengono tolti diritti ac-quisiti dalle precedenti lotte. L’ot-tica in cui si muovono i padroni e i governi è quella di mantenere il CCNL solo come una debole cor-nice che lascia tutto il resto alla contrattazione aziendale, mentre nel settore pubblico si riduce ul-teriormente l’intervento statale, a partire dal numero dei lavoratori impiegati nella Pubblica Ammini-strazione.

In tutti i settori si lascia ampio spazio ai privati, al libero merca-to, al singolo a discapito del pub-blico, del sociale e dell’interes-se collettivo, contratti compresi. Niente aumenti salariali uguali

per tutti a parità di mansione ma da rivedere azienda per azienda e aumenti solo in quelle che fanno larghi profitti. Poi premi di setto-re, di squadra, fino alla contratta-zione personale. Di pari passo pre-mi erogati non più in denaro ma in “welfare aziendale”. Ciò significa che l’azienda al suo posto conce-derà buoni “sanitari” da usufruire in strutture convenzionate, natu-ralmente private, buoni spesa, op-pure della mensa arrivando in certi casi a togliere la mensa aziendale al lavoratore e concedere un buo-no per quella dell’asilo del figlio. Insomma si torna ai pagamenti in natura.

Altri tratti comuni che contrad-distinguono le trattative in tutte le categorie sono la flessibilità, l’au-mento dell’orario di lavoro e l’in-nalzamento della soglia che consi-dera il lavoro straordinario; quelle che vengono chiamate “clausole di raffreddamento” ovvero la li-mitazione del diritto di sciopero. I lavoratori sono chiamati a contra-stare queste pretese e questi attac-chi padronali che hanno già fatto breccia in alcune categorie come quella dei chimici, che hanno già rinnovato a fine 2015. Si devono contrastare i tentativi di togliere i riposi, il pagamento degli straordi-nari, il limitare dei conflitti, il non pagare i primi tre giorni di malat-tia, ecc.

Oltre un milione e mezzo di metalmeccanici stanno lottando per il rinnovo contrattuale con una piattaforma rivendicativa che noi non condividiamo, tuttavia stan-no dando dimostrazione di corag-gio attuando una mobilitazione che dura già da alcuni mesi. Se a settembre la Fiom firmerà, lo farà a condizione dei padroni e si apri-rà la strada ad altri contratti peg-giorativi. Se invece non si pieghe-rà alle pretese di Federmeccanica, questa vertenza dovrà prendere la strada della lotta e potrà rilancia-re quella delle altre categorie, pri-ma tra tutte quelle della Grande Distribuzione e della Distribuzio-ne Cooperativa (500mila lavorato-ri), dove le cosiddette “Cooperati-ve rosse” si sono dimostrate tra le più arroganti associazioni padro-nali fino al punto che le direzioni di molti supermercati Coop han-no tentato di aizzare i consumatori

contro i lavoratori. Un’altra lotta importante è

quella per il rinnovo dei contratti dei vari comparti del settore pub-blico, per rimuovere il blocco de-gli stipendi che dura dal 2008, per respingere la controriforma Ma-dia-Renzi della Pubblica ammi-nistrazione. È stata destinata la ri-dicola cifra di 300 milioni di euro per l’aumento degli stipendi degli statali quando le stesse fonti go-vernative parlano di un risparmio negli ultimi anni di 10 miliardi di euro sulla pelle dei lavoratori del pubblico impiego. L’accanimento sui dipendenti pubblici va respin-to, è solo una scusa per privatizza-re e tagliare la spesa, e anche noi dobbiamo sostenere questi lavo-ratori che difendono i loro diritti, che vogliono un salario dignitoso e lottano contro la “riforma” Ma-dia che attua il Jobs Act nel setto-re pubblico.

Altra questione scottante all’or-dine del giorno è la lotta contro la legge Fornero. Dopo il vergogno-so atteggiamento tenuto dai sinda-cati verso questo famigerato prov-vedimento quando fu emanato, sotto la pressione dei loro iscritti, si sta riorganizzando la lotta con-tro le sue devastanti conseguenze, una lotta che vede uniti lavoratori attivi e pensionati. Anche a ferra-gosto, una delegazioni di lavorato-ri precoci si è recata a Roma per rivendicare la pensione a 41 anni di contributi per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni. Il go-verno però non sembra intenzio-nato a togliere le penalizzazioni a chi non ha raggiunto i 67 anni e 6 mesi di età. Ha perfino proposto un vergognoso “prestito” con gli stessi soldi già versati facendo pa-gare gli interessi ai futuri pensio-nati a vantaggio delle banche. Noi auspichiamo invece che la lotta si sviluppi per ripristinare la pensio-ne di anzianità contributiva, indi-pendentemente dall’età.

Infine, ma non per importanza, la partecipazione attiva al referen-dum Costituzionale del prossimo autunno. Noi non ci appiattiamo sulla difesa della Costituzione del ’48, perché non esiste più, essen-do stata già cancellata di fatto dal regime neofascista, e soprattutto perché, pur essendo una Costitu-zione influenzata dalla Resisten-za e dall’antifascismo, è comun-que una Costituzione borghese e anticomunista, che sancisce la proprietà privata e il capitalismo e recepisce il Concordato con il Vaticano. Non sarà certo di questo tipo la costituzione che sarà scrit-ta dopo aver abbattuto il sistema capitalista e conquistato il socia-lismo.

Tenendo presente questo, re-spingere la controriforma neo-fascista e piduista Renzi-Boschi deve essere un dovere di tutti i la-voratori, è giusto e utile difende-re le libertà democratico borghesi che la Costituzione formalmente garantisce. La controriforma costi-tuzionale, unita alla recente legge elettorale di stampo fascista, co-stituisce una riduzione secca della democrazia borghese, manomette l’impianto complessivo della Car-ta del ’48, trasformando surretti-ziamente la forma della Repubbli-ca e del governo da parlamentare a presidenziale, nella versione del “premierato forte”. Essa ha tra i suoi obiettivi quella di togliere po-teri al parlamento per trasferirli ai governi che avranno mano libera nell’imporre le loro controrifor-me. Controriforme che colpisco-no i lavoratori e le masse popolari e favoriscono i padroni come di-mostra il Jobs Act. Non a caso la Confindustria dà il suo pieno so-stegno al Sì al referendum.

La Cgil, pur muovendo da tem-po delle critiche alla controrifor-ma, solo questi giorni si è espres-sa ufficialmente a favore del NO.

4 il bolscevico / riunione Commissione centrale di massa del PMLI N. 35 - 29 settembre 2016

Biella, 9 giugno 2016. Le insegne del PMLI in piazza con il metalmeccanici per il contratto (foto Il Bolscevico)

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È un passo avanti, fatto però con opportunismo, disimpegnandosi dalla lotta e non vincolando i suoi iscritti, tanto che alcuni dirigenti delle strutture sindacali non han-no rinnegato il loro appoggio al Sì espresso precedentemente. Un at-teggiamento che i lavoratori devo-no contrastare e non giustificabi-le con la storiella che su tematiche come questa i sindacati devono stare defilati e lasciare che siano sopratutto i partiti a mobilitare i loro elettori, quando invece la Cgil su referendum di questa portata si è sempre schierata con decisio-ne, a partire dal primo, quello tra monarchia o Repubblica. Nel frat-tempo i padroni e la Cisl si sono schierati apertamente per il Sì, e con questo vengono a cadere tutte le scuse addotte dalla Cgil.

La situazione della CGIL

L’attendismo e l’ambiguità sul referendum rispecchiano la situa-zione interna alla Cgil, nella quale esistono opinioni e sensibilità di-verse anche se, salvo rari casi, le contraddizioni rimangono sotto-traccia. Tra il gruppo dirigente e i funzionari di alto livello adesso prevale l’attendismo e poca vo-glia di scoprirsi in attesa di vede-re quali saranno gli schieramenti interni e i candidati alla segreteria al prossimo congresso che si ter-rà tra 2 anni. Dopo il il Congresso del 2010, le differenze interne alla Cgil erano state, fin dall’inizio, più nette. Nel corso delle assemblee, si erano infatti allora confrontati due documenti. Uno, risultato maggio-ritario, presentato da Epifani e Ca-musso, con l’appoggio di Nicolo-si. L’altro, risultato minoritario, presentato da Rinaldini e Landini, con l’appoggio di Cremaschi.

Questa volta, invece, Susanna Camusso si era spesa per far sì che il Congresso, con la scusa della prolungata crisi economica e occu-pazionale, si svolgesse in termini unitari. Un’ipotesi, questa, inizial-mente accettata da tutti, meno che da Cremaschi e la Rete 28 Apri-le. Nelle assemblee congressuali, non c’erano quindi a confrontarsi due documenti comunque robusti, ma quello presentato da una mag-gioranza molto ampia con quello proposto dalla minoranza molto ristretta de “Il sindacato è un’al-tra cosa” e spesso al posto dello scontro fra i due documenti, nel-le assemblee ha così tenuto banco il confronto sviluppatosi attorno ad alcuni emendamenti sostenuti da Landini e da Rinaldini. Landi-ni poi, dopo un aspro scontro con la Camusso presentò all’ultimo momento un documento alternati-vo che raccolse il 17% mentre il 3% andò a “Il sindacato è un’altra cosa” che noi stessi sostenemmo, la destra guidata dalla Camusso raccolse l’80%.

Ricapitolando, in Cgil c’è ades-so un’ampia maggioranza guidata da Susanna Camusso, e due mino-ranze. Una, “Democrazia e lavo-ro”, costituitasi dopo il congresso, erede di “Lavoro e società” guida-ta da vecchi dirigenti come Nico-losi e Rinaldini che vuole “con-tinuare a far vivere i contenuti” degli emendamenti di Landini e raccogliere quel 17% di consensi ottenuti dal suo documento, anche se il segretario della Fiom è for-malmente estraneo alla nuova ag-gregazione. L’altra, “Il sindacato è un’altra cosa”, collocata più a sini-stra ed erede della Rete 28 Aprile capitanata da Giorgio Cremaschi adesso uscito dalla Cgil.

A proposito di quest’ultima è bene spendere qualche parola. Du-rante l’anno in corso abbiamo as-sistito ad una crisi interna a questa area, esplosa dopo l’attacco delle segreterie Cgil e Fiom a dirigenti e

delegati de “Il sindacato è un’altra cosa” accusati di essere incompati-bili a rappresentare la Cgil perché si opponevano al modello Mar-chionne nelle fabbriche del grup-po FCA facendo fronte comune con inscritti a sindacati non con-federali. Di fronte a questo attac-co, anziché reagire unitariamente, una parte di delegati e il portavo-ce e leader dell’area, Sergio Bel-lavita, hanno abbandonato la Cgil aderendo al sindacato USB. Bella-vita in special modo, pur essendo dalla parte della ragione sui fatti specifici, ha mostrato tutto il suo opportunismo, dimostrandosi di-sposto a rimanere in Cgil solo se gli mantenevano il distacco dal la-voro, accordandosi con l’USB per un ruolo direttivo se ciò non fosse avvenuto, ovvero rimango se mi lasciate la “poltrona” altrimenti me ne vado.

Come ben sapevamo quest’area raccoglie una parte molto combat-tiva di delegati Cgil ma al tempo stesso al suo interno convivono un coacervo di partiti e organizzazio-ni trotzkiste, più o meno dichia-rate, che fin dall’inizio ne hanno minato l’unità e l’esistenza stessa. Vi si trovano organizzati i trotzki-sti del PCL di Ferrando, del PRC e in particolare del gruppo Falce e Martello, con peso minore anche i Carc. In tutte le ultime assemblee dell’area sbucano due documenti, che sostanzialmente non divergo-no gli uni dagli altri, ma servono a marcare il territorio, con un at-teggiamento settario che non aiuta la discussione e l’unità e in tutte le occasioni, dalla composizione dei gruppi dirigenti, alla scelta di chi inviare alla delegazione trattan-te alle varie vertenze, alla gestio-ne del sito internet, emerge la sua frammentazione. Non rinneghia-mo l’adesione a quest’area poiché al momento del congresso era la scelta più giusta da fare, dobbiamo però riconoscere che essa non è ri-uscita a svolgere l’“opposizione in Cgil” come declama nel nome, e oramai la sua influenza tra i lavo-ratori è ridotta al lumicino.

Non possiamo concludere que-sta carrellata sugli equilibri inter-ni alla Cgil senza citare Landini e la Fiom. L’unica Federazione del-la Cgil dove la sinistra sindaca-le aveva una maggioranza anche consistente, ed è stata alla testa di tutte le battaglie fatte in difesa dell’articolo 18, contro la Fiat e il modello Marchionne, contro la deindustrializzazione, riuscendo a legarsi con altri movimenti, come ad esempio i NO-Tav, prendendo posizioni spesso in contrasto con quelle della segreteria confederale, arrivando a rappresentare un pun-to di riferimento per i lavoratori più avanzati e per le masse di sini-stra e progressiste in genere. Nel-la Fiom però alla fine è prevalsa la normalizzazione. Ne è respon-sabile Landini che via via è scivo-lato sulle posizioni della Camusso e di conseguenza su quelle di Cisl e Uil. La sinistra è stata emargina-ta dal direttivo nazionale e la Fiom è tornata all’ovile della confedera-zione. Ha fatto “pace” con Mar-chionne, ha accettato l’accordo sulla rappresentanza, ha archivia-to la lotta contro il Jobs Act.

Noi non nutrivamo chissà qua-li speranze in lui, ma abbiamo ap-poggiato tatticamente Landini finché concretamente con la sua organizzazione si opponeva agli attacchi padronali e governati-vi, ce ne siamo allontanati quan-do, almeno per un certo periodo, ha mostrato apertura verso Renzi, quando si è riconciliato con la Ca-musso e le sue posizioni (e quel-le di Cisl e Uil) e ha cercato d’in-trappolare la classe operaia in una formazione politica riformista alla sinistra del PD. Dopo che questo tentativo sembra oramai tramonta-to, con il sostanziale flop di Coali-

zione Sociale, adesso è tutto con-centrato sulla scalata al comando della Cgil e quando ci sono scre-zi con la Camusso, quasi sempre le mosse del leader Fiom sono in funzione della successione alla se-greteria generale e non su visioni politiche differenti.

Tornando al congresso, questo ha certificato il ridimensionamen-to dell’influenza della Cgil, la sua incapacità a rappresentare real-mente gli interessi concreti dei la-voratori e dei pensionati, la perdi-ta di autorevolezza, che non è mai stata così bassa, anzitutto tra colo-ro che dovrebbe rappresentare. La Cgil è oggi dominata da un gigan-tesco apparato burocratico, senza una reale autonomia, legato a dop-pio filo alle correnti politiche che si ritrovano nel PD, così distan-te dalla massa dei lavoratori tan-to che quest’ultimi vedono sempre più questo sindacato apparentato alla cosiddetta casta politica che governa il nostro Paese. In que-sto modo presta il fianco alle cri-tiche populiste e di destra di Grillo e Renzi che hanno gioco facile a indicare nel sindacato un nemico dei lavoratori anziché quello che dovrebbe portare avanti le loro ri-vendicazioni e tutelare i loro inte-ressi. In particolare il comporta-mento compromissorio (3 ore di sciopero) verso la legge Fornero e la blanda e ritardataria reazione al Jobs Act hanno inferto un durissi-mo colpo al livello di stima dei la-voratori nei confronti della Cgil e dei sindacati in generale, come ha ammesso lo stesso Landini in una recente intervista.

Dal congresso esce riconfer-mata la linea collaborazionista e cogestionaria, filocapitalista, che ci consegna un sindacato di regi-me del tutto simile a Cisl e Uil. A parole si critica la politica gover-nativa ma al congresso un emen-damento che chiedeva il ritiro del Jobs Act è stato respinto a grande maggioranza. A parole si annuncia maggiore democrazia interna ma nei fatti si firma la gabbia antide-mocratica dell’accordo sulla rap-presentanza e si emettono sanzioni disciplinari contro i delegati Fiom più combattivi del gruppo FCA.

La situazione dei “Sindacati di base”La situazione è in movimento

anche qui. Un dato è comunque sotto gli occhi di tutti: i “Sindacati di base” sono in crisi quanto i con-federali e lo stesso nome, di base, risulta improprio perché ciò im-plica una partecipazione di massa. Invece queste organizzazioni non sono più in fase espansiva come negli anni ’80 quando ruppero il monopolio di Cgil-Cisl-Uil, ma rappresentano solo una minoranza di lavoratori. Indicono molti scio-peri che sono generali solo sulla carta, vista la scarsa partecipazio-ne. Da tempo hanno dimostrato di non essere capaci di rappresentare una valida alternativa, a causa del-la loro impostazione spontaneista e anarchica, le loro rivendicazioni tendenzialmente corporative, tese più a dividere che unire i lavora-tori. I loro dirigenti, generalmente trotzkisti, non distinguono tra sin-dacato e partito e agiscono in am-bito sindacale come dei veri e pro-pri, seppur piccoli, partiti politici.

Le loro critiche alla burocratiz-zazione dei confederali, alla con-certazione, alla mancanza di de-mocrazia sindacale, alla mancanza di autonomia dai partiti politici, sono più che giustificate, ma que-sti difetti si ritrovano anche in que-ste organizzazioni, e spesso anche in maniera più eclatante. Per fare degli esempi citiamo il caso del te-sto unico sulla rappresentanza sin-dacale che a parole è stato criticato ma in breve tempo è stato sotto-

scritto da due dei maggiori sinda-cati di base, Cobas e USB per non perdere il diritto ad avere permes-si sindacali, distacchi e altri dirit-ti assicurati a chi sottoscriveva il patto. Come se l’agibilità sindaca-le si ottenesse solo per legge e non con le lotte, andando contro quello che hanno sempre detto i sindaca-ti autonomi.

Capi inamovibili; guardate Ber-nocchi, da sempre leader dei Co-bas, per non parlare della scarsis-sima democrazia interna. Un caso emblematico è l’USB, il sindacato che attraverso il “patto di base” ha tentato di raggruppare varie sigle sindacali (RdB, SdL e spezzoni di CUB) cercando di diventare con-federale e presente sia nel priva-to, nel pubblico e tra i pensionati facendo sostanzialmente concor-renza alla Cgil. Proprio la firma al Testo unico sulla rappresentanza ha causato una serie di scissioni: è nata l’SGB (sindacato generale di base) e un coordinamento che chiede un congresso straordina-rio. Abbiamo anche appreso, leg-gendo il documento dell’USB che sancisce l’espulsione di vari diri-genti, che lì non sono ammesse aree congressuali o programmati-che come invece avviene in Cgil. Un’altra scissione è avvenuta nel-lo Slai-COBAS, da cui è nato SI-Cobas, sindacato molto combatti-vo ma confinato nel settore della logistica dove ha portato avanti lotte e vertenze di primo piano.

L’autonomia dai partiti è solo formale; organizzazioni false co-muniste come Rete dei comuni-sti, Alternativa Comunista, Sini-stra anticapitalista, e chi più ne ha più ne metta influenzano eccome queste sigle sindacali, le occupano stabilmente e si combattono per avere maggiore potere. È davvero paradossale che organizzazioni e dirigenti che ad ogni occasione si scagliano contro “l’autoritarismo stalinista” esaltando il trotzkismo e riempendosi la bocca di “demo-crazia operaia”, quasi quotidiana-mente reprimono il dissenso in-terno attraverso il metodo delle espulsioni immediate senza il mi-nimo preavviso e senza alcuna di-

scussione, spesso sulla base della sola appartenenza politica.

La proposta del PMLI sul nuovo e unico

sindacato e il lavoro dei marxisti-leninisti all’interno della CGIL

Questi nostri giudizi sui sinda-cati non sono nuovi. Partendo pro-prio dalle considerazioni sull’isti-tuzionalizzazione e sull’approdo filopadronale e cogestionario del-la Cgil, dall’incapacità dei “Sinda-cati di base” a rappresentare milio-ni di lavoratori, assieme all’analisi del quadro politico nazionale e in-ternazionale, che più di 20 anni fa lanciammo la proposta di un nuo-vo e unico sindacato per tutti i la-voratori e i pensionati.

Avendo portato a compimen-to la sua parabola a destra, inizia-ta con la linea dell’Eur di Lama nei lontani anni ’70, ed essendo diventata perciò la Cgil un sinda-cato borghese in tutto e per tutto, nell’ambito della instaurazione della seconda repubblica con ca-ratteri neofascisti, presidenziali-sti e federalisti veniva a cadere la possibilità di farne un sindacato di classe. La giustezza di questo giu-dizio è stata più volte comprovata, fino ai nostri giorni. Ci riferiamo alla Carta dei Diritti o Nuovo Sta-tuto dei Lavoratori che dir si vo-glia dove la Cgil rivendica la pie-na attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione che chiedono la registrazione dei sindacati e la loro trasformazione in enti facenti parte integrante dello Stato e sot-to il suo controllo l’uno, e l’altro sulla “partecipazione dei lavorato-ri” alle decisioni e agli utili delle aziende che in questo preciso mo-mento storico servirà sopratutto ai padroni per giustificare tagli e li-cenziamenti, portare i lavoratori a lottare gli uni contro gli altri per raccogliere qualche briciola in più dal banchetto capitalista a discapi-to della lotta di classe, a sacrifica-re persino il diritto di sciopero in

nome del “bene dell’azienda”.Riguardo all’alternativa alla

Cgil abbiamo sempre detto e lo ribadiamo che non possono esse-re i “Sindacati di base” con la loro strategia finalizzata a sostituire il sindacato al partito con una conce-zione operaista, molto settaria, ca-ratteristica dell’anarco-sindacali-smo. Non lo sono le sigle esistenti né tanto meno servirebbe crear-ne di nuove, con il risultato di ag-giungere un’altra sigla senza cam-biare nulla, o peggio rinchiudervi la parte più avanzata isolandola dalla massa dei lavoratori.

Rompendo questo schema - Cgil o “Sindacati di base” - na-sce la nostra proposta del grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati le cui caratteristiche principali sono: l’unità sindaca-le di tutti i lavoratori dipendenti (operai e impiegati di ambo i ses-si e di tutte le categorie e i settori privati e pubblici) e di tutti i pen-sionati a basso reddito; la gestio-ne della vita del sindacato fondata sulla democrazia diretta dal basso verso l’alto che significa dare il potere sindacale e contrattuale alle Assemblee generali dei lavoratori e comporta la possibilità di revo-ca in ogni momento dei delegati e dei dirigenti non più riconosciuti come tali dalla base; l’assunzio-ne di una piattaforma rivendicati-va che abbia come unico scopo la conquista di migliori condizioni di vita e di lavoro, per quanto possi-bile sotto il capitalismo; il rifiuto a livello di principio della concerta-zione e del “patto sociale” con le controparti (governo e padronato) poiché è solo con la lotta di classe, con l’uso di tutti i metodi di lotta a disposizione che possono essere conquistati veri ed effettivi avan-zamenti sociali per gli sfruttati e gli oppressi.

Questa è la nostra proposta strategica, l’obiettivo per cui do-vremo lavorare a mano a mano che matureranno le condizioni, os-sia quando la classe operaia pren-derà coscienza della necessità di abbandonare i sindacati confede-rali e di “base” per dare vita a un

N. 35 - 29 settembre 2016 riunione Commissione centrale di massa del PMLI / il bolscevico 5

sulla Commemorazionedi Mao

“Il Bolscevico” cartaceo

Richiedete

Page 6: Grande tributo del popolo cinese a Mao · 2016-09-21 · cinese a Mao Deposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di Pechino il 9 settembre

unico grande sindacato che difen-da i propri interessi. Una necessità che piano piano inizia quantome-no ad insinuarsi tra alcuni delega-ti e spezzoni sindacali. Ad esempio nelle tesi congressuali del “sinda-cato è un’altra cosa” si comincia ad intuire, seppur in maniera mol-to sfocata, questa necessità, perfi-no Landini ha invocato un sindaca-to unico (ma poi bisogna vedere nel concreto cosa s’intende) ed entram-bi evidenziano la distanza tra verti-ci e base e tra l’azione sindacale e le reali esigenze dei lavoratori.

Certo queste non sono delle novità, è almeno dalla fine degli anni ’70, dal “sindacato dei Consi-gli”, fino ai giorni nostri, ad esem-pio con i comitati autorganizzati della scuola contro la “riforma” di Renzi, che la mancanza di de-mocrazia, lo scollamento e la di-stanza tra base e vertici sindaca-li emergono con chiarezza. Ma adesso comincia, seppur timida-mente e sporadicamente, a farsi strada il superamento del vecchio schema - spostare a sinistra la Cgil o stare nei “Sindacati di base” - e considerare l’idea di un sindacato unitario, anticapitalista, democra-tico, autonomo da padroni, gover-ni e partiti. Da qui a realizzare il “nostro” sindacato delle lavoratri-ci, dei lavoratori, delle pensiona-te e dei pensionati ce ne corre, ma il momento non è mai stato così propizio per rilanciarlo, nei giusti modi, con dialettica e nei momenti e luoghi opportuni.

A livello organizzativo ricon-fermiamo la scelta di operare pre-feribilmente nella Cgil. Che que-sta organizzazione di massa sia guidata da riformisti non giustifi-ca il fatto che dobbiamo abbando-narla. Il lavoro di massa è quello che decide lo sviluppo del Parti-to, sarebbe suicida non lavorare nella più grande organizzazione di massa del nostro Paese. Cono-sciamo bene di che “pasta” è fatta e che ci sono sindacati non confe-derali con posizioni più a sinistra. Ma non dobbiamo scegliere dove lavorare sindacalmente solo sulla base di chi ha le posizioni più vi-cine alle nostre, questo è solo uno dei vari fattori: dobbiamo consi-derarne la rappresentatività, la ti-pologia di lavoratori che vi sono iscritti, il rapporto con il movi-mento operaio. Molteplici fattori che ci portano a privilegiare il la-voro all’interno della Cgil, perché in essa rimane organizzata sinda-calmente la maggioranza della classe operaia, dei lavoratori e dei pensionati, senza scartare a priori la possibilità di lavorare all’inter-no dei sindacati che si collocano alla sua sinistra.

Quindi non è preclusa la pos-sibilità che lavoratori membri e simpatizzanti del PMLI scelga-no tatticamente di militare, inve-ce che nella Cgil, in uno di questi sindacati, là dove hanno un segui-to di massa superiore e sono mi-gliori le condizioni per svolgere il nostro lavoro sindacale. Natural-mente mantenendo la nostra auto-nomia e la nostra critica di fondo alla strategia dei suddetti sindaca-ti, come del resto facciamo nella Cgil. Facendo un esempio pratico attualmente questa evenienza po-trebbe verificarsi nel settore del-la logistica, dove uno o più mili-tanti del Partito occupati in quel settore, anziché nella Cgil, diven-tata marginale in molte di quelle aziende, potrebbe scegliere di mi-litare nel SI-Cobas, protagonista di quasi tutte le lotte sviluppatesi nel settore, pur essendo un sinda-cato-partito, o meglio, un sindaca-to che “vuole dar vita anche a una rappresentanza politica” (come si legge nel suo sito).

Come abbiamo già detto ades-so è il momento opportuno per in-tensificare, rispetto al passato, le occasioni in cui proporre il nostro

modello sindacale. Bisogna esse-re comunque coscienti che que-sta è la nostra proposta strategica, che richiede il verificarsi d’im-portanti rivolgimenti polico-sin-dacali, insomma che al momento non è dietro l’angolo. In attesa che si verifichino questi rivolgimen-ti noi dobbiamo fare al meglio la nostra parte e cercare d’incidere nell’arena sindacale dotandoci di strumenti adeguati. Già da tempo il Partito ha individuato nella Cor-rente Sindacale di Classe (CSC) lo strumento principale per svolgere al meglio il nostro lavoro a livel-lo sindacale.

La CSC venne lanciata nel lon-tano 1975, ancor prima della na-scita del PMLI e quando il nostro disegno non era ancora il grande sindacato di tutti i lavoratori e di tutti i pensionati. Ma la CSC non è legata alla strategia sindacale con-tingente bensì è lo strumento or-ganizzativo che unisce tutti i lavo-ratori marxisti leninisti, militanti, simpatizzanti e chiunque si ritro-vi nella nostra proposta sindaca-le. Diversi tentativi sono stati fatti in passato per costituirla effettiva-mente ma non basta dichiararlo perché ciò si avveri, evidentemen-te non c’erano i presupposti per essere realizzata, servirà un ulte-riore sviluppo qualitativo e sopra-tutto quantitativo del Partito.

Questo obiettivo però deve es-sere già messo all’ordine del gior-no, o quanto meno la costituzione del suo embrione. Senza una rap-presentanza organizzata che rag-gruppi un robusto numero di la-voratori, siamo tagliati fuori dalla discussione e dall’arena sindacale. Possiamo elaborare tutte le piat-taforme e strategie che vogliamo, ma se poi non diamo le gambe a quello che pensiamo tutto rimane sulla carta. Ma come facciamo, in concreto, a svolgere questo ruo-lo? Anzitutto trasferendo in ambi-to sindacale la linea del Partito e in particolare le nostre analisi sul-la situazione economica, sulla cri-si capitalistica, i nostri appelli a respingere i vari attacchi di padro-nato e governo, dal modello Mar-chionne al Jobs Act, dall’attacco al contratto nazionale, ma sopratutto essendo attivi e in prima fila nelle lotte sindacali della propria azien-da e del proprio ambito sindacale.

Rimando i compagni a rileg-gersi le 8 indicazioni per svolgere il lavoro sindacale. Non starò qui ad elencarle una a una per man-canza di tempo ma cercherò co-munque di farne il riassunto. An-zitutto dico che non è ammissibile che i nostri militanti non tengano in grande considerazione il lavo-ro sindacale, mi spiego meglio. Un compagno non può impegnar-si con abnegazione, diffondere il nostro materiale, fare interventi ri-voluzionari a livello politico, e poi sul proprio posto di lavoro starse-ne in disparte e in secondo piano, a meno che questa non sia una diret-tiva del Partito per casi particolari. Noi dobbiamo essere protagonisti nelle lotte che si svolgono sul no-stro luogo di lavoro e del territorio dove viviamo, attivi negli organi-smi aziendali e sindacali dove sia-mo eletti. Altrimenti il nostro la-voro politico è incompleto, evita il lavoro di massa, la nostra stessa figura di marxisti-leninisti (quan-do siamo riconosciuti tali) ne esce monca.

Per fare questo, oltre ad avere l’indispensabile conoscenza della linea sindacale del Partito, occorre conoscere anche la nostra azienda e il nostro settore di lavoro, saper trattare non solo le questioni gene-rali ma anche quelle particolari e che interessano direttamente i la-voratori con cui siamo a contatto. Essere degli esperti rossi e cono-scere il settore in cui si opera sono elementi imprescindibili per avvi-cinare i lavoratori, attrarli sulle no-

stre posizioni, insomma dobbiamo saper legare il generale al partico-lare trasferendo la nostra imposta-zione sindacale alla singola que-stione. Dobbiamo agire in modo centralizzato e non spontaneo e confusionario, imparando a prepa-rarsi e a scriversi gli interventi.

Avere una posizione avanza-ta con l’obiettivo di alzare il li-vello qualitativo e di combattivi-tà dell’organismo in cui stiamo operando. Non agire con la logica dell’uno contro tutti ma ricercan-do ogni volta il più ampio fronte unito possibile isolando invece la destra e chi tira il freno alla lotta. Comportarsi sempre con umiltà, senza cercare a tutti costi di esse-re eletti negli organismi sindacali specie se ci staccano dalle lotte e ci rinchiudono negli uffici (anche se ciò è difficile che avvenga), ma conquistare ruoli dirigenti perché sono i lavoratori ad assegnarceli.

Padroneggiare la linea sindaca-le del Partito, conoscere le proble-matiche specifiche dell’azienda e del territorio dove lavoriamo, es-sere protagonisti nelle lotte sinda-cali e sociali senza mai porsi al di sopra degli altri lavoratori sono i metodi più efficaci per avere se-guito tra le masse lavoratrici, fon-damento essenziale per avere una nostra base sindacale, per costrui-re l’embrione del nostro modello organizzativo e in seguito la CSC vera e propria.

Il programma a breve-medio termine della Commissione e la divisione dei compiti tra i suoi

membri Dobbiamo avere piena co-

scienza che il lavoro di massa, e in particolare nel sindacato, assieme al lavoro giovanile e studentesco rappresentano i fronti principa-li, individuati da tempo, in parti-colare dal 5° Congresso nazionale del PMLI su cui si gioca lo svilup-po del Partito perché lì si trovano la classe operaia e i giovani, ov-vero chi dovrà guidare la rivolu-zione socialista e chi rappresenta il futuro, i giovani che portano con se l’entusiasmo e la voglia di cam-biare. In precedenza abbiamo det-to che se non riusciamo ad avere una base di lavoratori e ad agire organizzati non possiamo incidere nel sindacato, ma al tempo stesso accrescere la nostra influenza vuol dire attrarre militanti e simpatiz-zanti verso il Partito, vuol dire fare proselitismo e far crescere il PMLI, base indispensabile per far avanzare la lotta per il socialismo.

Come Commissione di massa possiamo e dobbiamo fare abba-

stanza e meglio, ma il lavoro sul campo lo devono fare i compagni nelle fabbriche, negli uffici e nei posti di lavoro. La Commissio-ne deve avere un compito d’indi-rizzo, intervenire sulle principali questioni sindacali, indicare come attuare la linea sindacale del Parti-to fornendo stimoli alle istanze di base. Per assolvere questo compi-to dovrà dare il proprio contributo giornalistico sui temi che le com-petono e fare delle circolari diret-te alle istanze intermedie e di base del Partito, come già fanno altre Commissioni. In più dovrà segui-re personalmente i membri lavora-tori del Partito che non fanno par-te di una Cellula. Per fare questo dovremo dotarci di un programma a breve-medio termine e suddivi-derci i compiti.

Poniamo come prospettiva il prossimo congresso della Cgil che si terrà nel 2018, se non ci saran-no elezioni anticipate, probabil-mente in autunno. Da qui a quella data direi che la Commissione do-vrà riunirsi almeno un’altra volta. Ottimale sarebbe una riunione al-largata dove ci sia la possibilità di ascoltare le esperienze di più com-pagni, vedremo se ciò sarà possi-bile. Nel frattempo propongo che la Commissione si attivi affinché sia in grado di emettere propri co-municati sulle principali questioni sindacali e politiche che riguarda-no lavoratori e pensionati e sulle vertenze di rilevanza nazionale.

Per la sua prontezza nell’agire e per la bravura a usare la penna assegnerei questo compito al com-pagno Enrico che ha già dimostra-to queste qualità quando ha dato il suo contributo a questa Commis-sione e ogni qual volta gli è sta-to assegnato un compito. Colgo l’occasione per ringraziarlo per il lavoro giornalistico che sta svol-gendo sul fronte ecologico e am-bientalistico, assumendo sempre più il ruolo di esperto rosso del Partito su questi temi ampi e com-plessi. Considerando i numerosi impegni nel suo territorio e a li-vello centrale, non gli chiediamo di assumere sulle sue spalle tutto il peso dei comunicati stampa, ma di essere colui che ne fa la stesura, su sollecitazione e collaborazione del Responsabile della commissione.

Se sarà deciso che la Commis-sione effettivamente emetterà dei comunicati penso che ne sia già uno da fare. Mi riferisco al nostro NO al referendum sulla controri-forma costituzionale del prossimo autunno. Sarà opportuno interve-nire con un comunicato utilizzan-do il documento del CC al riguar-do, indirizzato ai lavoratori dove inoltre si evidenzi come questa è una “riforma” gradita a Marchion-ne e ai padroni, alla Cisl, che si sono espressi chiaramente a favo-re. Essa restringe la democrazia e

favorisce gli attacchi contro i di-ritti dei lavoratori. Dobbiamo in-vitare i nostri compagni e tutti i lavoratori a fare pressione nelle aziende e nelle strutture del sinda-cato a tutti i livelli, costringendo la Cgil ad andare oltre la posizione opportunista presa l’8 settembre, ma ad impegnarsi fattivamente per la vittoria del No al referendum.

Quando poi arriveremo al con-gresso della Cgil lo dovremo af-frontare preparati. Per fare un esempio pratico prenderei in esa-me il congresso dell’Anpi dove tutto il Partito, da Nord a Sud, vi ha partecipato portando avanti per quanto possibile le posizioni del PMLI. Una partecipazione che ha dimostrato come la stragrande maggioranza delle istanze di base abbia capito l’importanza del la-voro di massa e di svolgerlo in un organismo rilevante e rappresenta-tivo come l’Anpi.

Per il congresso della Cgil deve avvenire la stessa cosa: tutte le or-ganizzazioni del Partito, tenendo conto della composizione della propria istanza e dei propri fron-ti di lavoro, devono essere consa-pevoli dell’importanza dell’avve-nimento e parteciparvi in maniera diretta e concreta, in base alle pro-prie forze. In più, rispetto al con-gresso dell’Anpi, sarebbe oppor-tuno mettere in campo una “cabina di regia” per centralizzarsi e coor-dinare il lavoro dei singoli compa-gni e istanze. In passato, due o tre congressi fa, fu fatta una cosa del genere e furono ottenuti importan-ti risultati. Al di là del fatto che uno dei responsabili non fece bene il suo lavoro e alla fine si allonta-nò dal Partito, molti compagni fu-rono eletti nei direttivi di categoria e delle Camere del Lavoro. Tenen-do sempre presente che i posti nei direttivi non sono tutto e non mi-surano la reale influenza sui lavo-ratori, ma sono importanti se li uti-lizziamo come uno strumento per estendere questa influenza.

Tornando alla divisione dei compiti, direi di assegnare al com-pagno Angelo quello di seguire i lavoratori precari e tutto quello che si muove in quell’ambito, spe-cie sulle loro forme di organizza-zione e mobilitazione. È vero che oramai la maggioranza degli im-pieghi sono precari ma ci sono set-tori dove questa tipo di sfruttamen-to assume forme permanenti e per certi aspetti di semi-schiavitù. Mi riferisco alla scuola, ai call center, al turismo, all’organizzazione di grandi eventi, all’agricoltura, alle cooperative, alla logistica. Viven-do a Milano e in Lombardia, dove si anticipa quasi sempre la tenden-za nazionale, il suo è senz’altro un osservatorio privilegiato, pur sa-pendo che anche lui ha altri im-portanti compiti e non può con-centrarsi solo su questo.

Il compagno Emanuele pur-troppo ha i suoi noti problemi, lui stesso ci dirà quello che può fare. Credo però che questi non gli im-pediscano di svolgere il ruolo, per-mettetemi di usare questo termine, di “consigliere”. La sua esperien-za e conoscenza saranno utilis-simi quando andremo a trattare questioni di carattere nazionale e generale, ma anche quando dovre-mo consigliare i compagni, specie quelli che non hanno un’istanza di base su cui appoggiarsi, a dirimere specifiche questioni pratiche.

Tutto il resto ricade sul Re-sponsabile della Commissione: a partire da lavoro giornalistico, al monitoraggio periodico dei vari siti sindacali: della Cgil e del-le minoranze interne organizzate, dei “Sindacati di base”, comitati autorganizzati, siti curati da RSU d’importanti fabbriche del Paese, mantenere i rapporti tra i mem-bri della Commissione, sollecitare l’attivazione dei compagni in con-comitanza delle principali manife-stazioni e appuntamenti sindacali. Qualora si svolgessero delle ma-nifestazioni di carattere naziona-le, che noi auspichiamo, dovremo sensibilizzare tutto il Partito affin-ché vi partecipi una delegazione la più ampia possibile.

La divisione dei ruoli è impor-tante e funzionale ad una maggio-re efficacia della Commissione ma ciò non toglie che non dovremo agire per “compartimenti stagni” ma con spirito collaborativo. A tale proposito devo rilevare che nel re-cente passato quando ho chiesto il parere su alcune questioni all’or-dine del giorno qualche compagno non ha risposto. Questa critica non vuole essere un atto d’accusa ver-so nessuno, ma vuole rendere più consapevoli i compagni dell’im-portanza di aiutarsi l’un con l’al-tro, con un fraterno spirito proleta-rio. Non conviene mai il silenzio, se su di un determinato tema non siamo in grado di dare il nostro contributo oppure viviamo in quel momento dei particolari problemi, basta dirlo, così chi sta dall’altra parte capisce e non rimane in atte-sa di risposte. Io stesso mi autocri-tico perché il Partito mi ha spesso indicato di mantenere un periodi-co contatto con il compagno Ema-nuele e di centralizzarmi e questo è avvenuto solo in minima parte.

Come avrete capito le cose da fare sono tante e la montagna da scalare è molto alta, di conseguen-za è richiesta una maggiore co-scienza e preparazione politica dei militanti marxisti-leninisti. Per re-alizzare anche solo una parte dei nostri piani servirà un Partito più grande numericamente ma allo stesso tempo dobbiamo fare dei duri sforzi per farlo crescere. Pri-ma o poi il socialismo tornerà di moda e il Partito diventerà più for-te e radicato, noi come Commis-sione, noi come Partito dobbia-mo mettercela tutta e fare la nostra parte per accelerare questo pro-cesso e farci trovare pronti quando questo avverrà.

Combattiamo con tutte le no-stre forze il nuovo duce Renzi an-che a livello sindacale, alla guida di uno dei peggiori governi del dopoguerra, acerrimo nemico dei lavoratori e delle masse popolari, servo di Marchionne, delle ban-che, dei padroni, dell’UE imperia-lista e allo stesso tempo arrogante premier con ambizioni nazionali-ste e interventiste.

Adoperiamoci, nelle nostre possibilità, affinché i lavoratori diano il loro forte contributo alla vittoria del NO al referendum co-stituzionale del prossimo autunno.

Lavoriamo con impegno per creare una nostra base sindacale dentro e fuori la Cgil.

Coi Maestri e il PMLI vince-remo!

Buon Lavoro.

6 il bolscevico / riunione Commissione centrale di massa del PMLI N. 35 - 29 settembre 2016

Livorno, 9 giugno 2016. La manifestazione dei matalmeccanici per il contratto (foto Il Bolscevico)

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N. 35 - 29 settembre 2016 il reportage dell’omaggio del PMLI a Mao / il bolscevico 7In Cina per rendere l’omaggio del PMLI al grande Maestro del proletariato internazionale nel 40° Anniversario della morte

Grande tributo del popolo cinese a MaoDeposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di Pechino

il 9 Settembre dove sono confluiti 50mila visitatoriFotogrAFAti e richieSti i mAniFeSti e volAntini DellA commemorAzione Di mAo A Firenze, numeri De “il BolScevico” e gli oPuScoli Di ScuDeri Su mAo

Con il viaggio in Cina su in-carico del Segretario generale del PMLI, compagno Giovan-ni Scuderi, e a nome del Co-mitato centrale del Partito, ho avuto l’onore di rendere omag-gio a Mao in occasione del 40° Anniversario della sua scom-parsa. Una ricorrenza talmen-te importante che un vero, sincero e autentico Partito mar-xista-leninista non poteva la-sciarsi sfuggire. Con una dop-pietta proletaria rivoluzionaria, la commemorazione pubblica svoltasi a Firenze l’11 settem-bre e la visita in Cina che l’ha preceduta, il PMLI è stato l’uni-co Partito non solo in Italia, non solo in Europa, ma probabil-mente nel mondo, che ha reso omaggio in casa propria e nel-la patria nativa, come era scrit-to nelle due splendide targhe commemorative in italiano, in-glese e cinese, realizzate dal-la Commissione di stampa e propaganda del CC del PMLI che hanno accompagnato il mio viaggio, “al fondatore del-la Repubblica popolare cinese, all’ideatore e condottiero della Grande Rivoluzione Cultura-le Proletaria, al grande mae-stro del proletariato internazio-nale, delle nazioni e dei popoli oppressi, promettendogli che i marxisti-leninisti italiani con-tinueranno ad applicare i suoi luminosi insegnamenti, come quelli di Marx, Engels, Lenin e Stalin, nella lotta contro il capi-talismo e il revisionismo, per il trionfo del socialismo in Italia”.

Nello Hunan, tra Changsha e ShaoshanIl viaggio per rendere omag-

gio a Mao non poteva che par-

tire dalla sua terra d’origine, la regione dello Hunan. Per questo ho volato per quasi 15mila chilometri per arrivare a Changsha, il capoluogo, nella parte nord-occidentale. La cit-tà, sulle rive del fiume Xiang, che conta quasi 7 milioni di abi-tanti, è oggi un importante cen-tro agricolo e commerciale, ca-

pace di produrre da solo ben il 15% del riso cinese.

Qui Mao studiò nel locale Istituto magistrale dal 1913 al 1918 e vi insegnò tra il 1920 e il 1923. Qui si fece le ossa di ri-voluzionario comunista.

Il tempo di sbrigare le que-stioni di sistemazione logisti-ca e sono già in piazza Mao, con indosso la rossa fiamman-

te maglietta del PMLI, dove tro-neggia una colossale statua in lega di alluminio e magnesio alta 7 metri raffigurante Mao che parla al popolo. Dietro era stata allestita una bella mostra celebrativa con pannelli rettan-

golari riportanti immagini sa-lienti della vita e dell’opera del grande timoniere e Changsha, mentre una troupe televisiva locale girava un servizio. Una scolaresca con tanto di fazzo-letto rosso al collo intanto si

schierava di fronte la statua dispensando canti e slogan di saluto a Mao. Deposta la targa alla base della statua sono su-bito avvicinato da un membro del PCC locale che mi spie-ga cosa vedere. Ben volentieri prende il volantino della nostra

commemorazione a Firenze e lo fa girare fra gli altri suoi com-pagni presenti per poi chiedere di farsi fotografare insieme, un inizio incoraggiante.

L’annesso complesso mu-seale si apre con un lungo

porticato, ai muri delle enormi tavole con 90 poesie di Mao in-cise in oro su marmo bianco e nero, che bello spettacolo. Una piccola strada in mezzo ad un laghetto mi conduce alla mo-desta abitazione dove Mao vis-se con la seconda moglie Yang Kaihui, un’eroica comunista fatta prigioniera e giustiziata da Chang Kai Shek, che fu tra-

sformata nella sede del Comi-tato centrale del Partito comu-nista dello Hunan subito dopo la fondazione del PCC avvenu-ta a Shangai nel 1921. La guar-dia all’ingresso che non parla una parola di inglese, questa sarà purtroppo una costante di tutto il mio viaggio, mi fa capi-re che la casa non può esse-re visitata per lavori interni che dureranno diverse ore. Srotolo il manifesto e gli faccio vedere la targa con la traduzione cine-se. È il nostro lasciapassare. Stupito dalla provenienza e da tutto questo interesse per Mao non solo mi fa mettere la tar-ga su un tavolo originale sotto un ritratto del giovane Mao, ma vi oppone un cavaliere con la scritta “Don’t touch” (Non toc-care) in modo che i visitato-ri della sera possano leggerla e mi invita a visitare le quat-tro piccole stanze seppure con pulizie in corso. Di fronte una grande insegna con il ritratto di Mao giovane e falce e martel-lo su base rossa indica la sede del salone delle esposizioni di due piani attualmente in ristrut-turazione.

Nel pomeriggio mi incolon-no insieme a migliaia di cine-si nel viale lungo 5 chilometri

che attraversa l’isola Juzizhou, l’isola arancio o del mandari-no, nel mezzo al grande fiume Xiang, per ammirare e rende-re omaggio al monumento con la grande testa di Mao venticin-quenne, un colosso di 32 metri di pietra eretto nel 2009 in suo onore. Manifesto e volantino della commemorazione hanno colpito l’attenzione dei presenti che li hanno fotografati in mas-sa. Un cinese ottenuto un ma-nifesto si è recato visibilmente emozionato alla grande stele di pietra dove sono incisi i ver-si della famosa poesia scritta da Mao nell’autunno del 1952 “Qinyuanchun” (Changsha) e si è fatto fotografare orgo-gliosamente dagli altri del suo gruppo.

La casa natale di

MaoAll’indomani dalla stazione

Sud di Changsha, dopo ore di attesa ho preso il primo treno con posti disponibili per Shao-shan, paese natale di Mao. In 20 minuti un vero e proprio mo-dernissimo e comodissimo si-luro che raggiunge i 300 chi-lometri orari, fiore all’occhiello delle nuove tecnologie della superpotenza cinese, copre la tratta di 130 chilometri. Sul tre-no conosco un giovane che ha da poco finito la leva militare nella polizia, mi parla del rap-porto di amore e di rispetto im-pressionante della popolazio-ne dello Hunan verso Mao, del resto specifica “prima avevano meno ma lo avevano tutti, ora c’è di più ma per pochi”.

Siamo nella provincia meri-dionale dello Hunan. Con i suoi 120mila abitanti Shaoshan a li-vello nazionale non è che un “paesotto”. Tuttora l’economia della zona che genera un Pil superiore a 1 miliardo di dollari si regge su Mao e sul turismo che attrae da tutta la Cina. L’in-dustria principale è quella del-le sue statue e dei busti, che vengono fabbricati al ritmo di oltre 2mila al mese per quelle di grande dimensioni e decine di migliaia per quelli più picco-li per tutto il paese. Dalla sta-zione sono 5 chilometri per ar-rivare al sito memoriale di Mao, la lingua non mi pemette che prendere un taxi. Ammicco il busto di Mao sul cruscotto e il pendolo con la sua immagine che cala dall’alto fino al volan-te e il taxista capisce al volo, a fatica mi chiede da dove vengo e mi fa vedere che anche tutti i suoi colleghi hanno Mao dap-pertutto. Tornerò a Shaoshan

di Erne

Changsha, 2 settembre 2016. Una scolaresca rende onore a Mao davanti alla sua statua

Changsha, 2 settembre 2016. La targa del PMLI alla base della grande statua di Mao alta 7 metri (questa e tutte le foto del servizio sono de Il Bolscevico)

SEGUE IN 8ª e 9ª ➫

Changsha, 2 settembre 2016. Il compagno Erne nella casa di Mao diventata sede del CC del PCC dello Hunan

Changsha, 2 settembre 2016. Il compagno Erne mostra il manifesto della Commemorazione di Mao a Firenze di fronte alla testa di Mao giovane alta 32 metri

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8 il bolscevico / il reportage dell’omaggio del PMLI a Mao N. 35 - 29 settembre 2016

anche il giorno dopo per com-pletare quello che non sono riuscito a vedere nella prima giornata.

L’imponente memoriale di

Mao si apre con la maestosa piazza a lui intitolata precedu-ta da un lungo viale costella-to ai lati da steli di pietra con citazioni del grande maestro del proletariato internaziona-le. Reperisco un bel mazzo di gerbere rosse, il fiore adottato dal PMLI, e salgo una scalina-ta da cui parte un lungo tappe-to rosso che arriva fino ai piedi della grande statua in bronzo alta 6 metri, collocata nel 1993 per il centenario della sua na-scita. Ai suoi piedi una distesa di corone di fiori provenienti da ogni dove si accatastano una davanti all’altra. Posiziono la nostra targa più grande, quel-

la a tre ante, proprio al centro con davanti i fiori, per tutta la giornata rimarrà lì in posizione strategica. I militari di guardia l’hanno voluta vedere in ante-prima, non possono permette-re provocazioni mi hanno det-to. La traduzione in cinese

anche qui è stata vincente.Il nostro omaggio a Mao ha

raccolto grande successo, tutti si fermavano a leggere la tar-ga e moltissimi mi chiedevano di fare foto insieme, la magliet-ta del PMLI indossata face-va il resto. Fiumane di perso-ne dall’alba al tramonto hanno reso omaggio a Mao verso di cui tutti si inchinavano, lancia-vano slogan rivoluzionari a pu-gno chiuso, scandivano ritmi-camente il suo nome. Qui, mi dicono, si celebrano matrimo-ni e delegazioni di operai e la-voratori con tanto di striscio-ni vengono per “far sentire a Mao” motivi e ragioni della loro

protesta contro il regime revi-sionista.

Usciti dalla piazza in direzio-ne opposta una strada tra il bo-sco conduce alla casa dove nel 1893 nacque Mao, una mode-stissima abitazione in mattoni di fango e tetto di paglia, simile

a molte case di campagna del tempo, circondata di fiori di loto e di risaie. Una coda lunghissi-ma sotto un sole cocente non scoraggiava migliaia e migliaia di persone nel visitarla. All’in-terno tutti i mobili, gli arredi, i letti, i tavoli, gli attrezzi di lavo-ro del padre di Mao sono origi-nali, preservati magnificamen-te. All’interno non è possibile fotografare, mentre alla porta d’ingresso c’è la calca per co-gliere uno scatto con la casa alle spalle. Anche qui il nostro manifesto ha raccolto l’interes-se generale ed in molti hanno voluto immortalarlo.

Accanto alla casa natale c’è

la casa dove Mao ha risieduto fino ai 19 anni allorché decise di uscire dalle grinfie del pa-dre per cercare la sua strada autonomamente trasferendosi in città, a Changsha. Anch’es-sa negli anni ’30 fu utilizzata da Mao e dai suoi più stretti com-pagni come sede del PCC. Qui sono conservati il cestino di scuola di Mao, i suoi zoccoli, i libri che leggeva, matite e altri oggetti personali del tempo.

L’ultima tappa è stata il grande “museo memoriale del compagno Mao” dove sono esposti circa 800 oggetti a lui appartenuti che molto intelli-gentemente dopo la sua mor-te furono portati via da Pechino prima che finissero in qualche scantinato o rischiassero di ve-nire distrutti. Anche qui l’afflus-so di folla è notevole, ma prima della visita chiedo di parlare con la direzione, fornisco il bi-glietto da visita e il tesserino di redattore de “Il Bolscevico”. La poliziotta addetta si consulta e mi dice che ciò non è possibi-le perché avrei dovuto effettua-re una richiesta almeno 10-15 giorni prima, questa è la prassi e non sono concesse deroghe.

Dall’emozionante visita al museo esce la vera, immensa, figura di Mao, un uomo sempli-ce e modesto, che ha dedica-to tutta la sua vita per il bene del popolo cinese e in dife-sa dei popoli di tutto il mondo dall’oppressione imperialista. Splendidamente conservati i suoi cappelli e le divise, indos-sati negli appuntamenti più im-portanti della storia della Rivo-luzione cinese, da quelli della proclamazione della Repubbli-ca popolare e della visita a Mo-sca per partecipare ai festeg-giamenti del 70° compleanno di Stalin nel 1949, alla famo-sa divisa verde con bordi rossi immortalata nelle foto di tutto il mondo nel maggio 1966 per il lancio della Grande Rivoluzio-ne Culturale Proletaria in piaz-za Tien An Men a Pechino. Dai suoi studio, libreria e camera originali perfettamente riposi-zionati. E poi tanti suoi ogget-ti personali, cadenzati da gran-di foto e quadri che ritraggono Mao, cronologicamente, in tut-ta la sua vita e opera.

Tra le tante cose che ho ap-preso della vita di Mao, mol-te delle quali per me inedite, vorrei citarne due che mi han-no colpito in modo particolare. Mao era un divoratore di libri, consapevole che solo con la lettura, lo studio e la documen-tazione si poteva diventare dei buoni marxisti-leninisti. Dormi-va da solo, non per chissà qua-li problemi, ma perché l’altra metà del suo letto era occupa-

to da una enorme distesa di li-bri, coperta con un nylon, che leggeva avidamente fino a che non crollava dal sonno. Addi-rittura il giorno prima di morire nel certificato del suo medico, che ho visto in originale, si leg-ge che seppur all’ultimo stadio della malattia Mao aveva letto libri per 2 ore e cinquanta mi-nuti. L’altra è una teca espo-sta con tutte le ricevute di pa-gamento, saldate da Mao, per l’utilizzo di spazi di proprie-tà dello Stato per eventi e riu-nioni del Partito comunista ci-nese, compreso il consumo di bevande e quant’altro! Qualco-sa di incredibile. Che si sciac-quino la bocca i politicanti bor-ghesi corrotti e senza remore, i neofascisti e gli anticomunisti di ogni risma, quando parlano

di Mao definendolo un dittatore sanguinario, un uomo sadico e senza scrupoli.

Anche al museo di Mao il materiale del Partito ha fatto la sua bella figura con il ma-nifesto e volantino della Com-memorazione, mentre il milita-re addetto alla sorveglianza di una delle varie stanze ha con-sentito che fossero posiziona-ti vari numeri de “Il Bolscevico” dedicati a Mao sotto l’immagi-ne del grande maestro.

Riparto dallo Hunan con emozione e entusiasmo, co-sciente di aver palpato il lega-me tuttora esistente tra Mao e la sua terra d’origine, un lega-me indelebile e indistruttibile. Anche da capo del più gran-de Stato socialista della terra, Mao non ha mai disdegnato e

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Shaoshan, 3 settembre 2016. Il compagno Erne rende omaggio a Mao davanti alla sua enorme statua, in basso sulla sinistra la targa e un mazzo di fiori rossi del CC del PMLI (foto Il Bolscevico)

Shaoshan. Mao immancabile sui taxi

Shaoshan, 3 settembre 2016. Apprezzamenti e interesse per l’omaggio del PMLI a Mao

Shaoshan, 4 settembre 2016. La lunga coda all’ingresso della casa natale di Mao

Shaoshan, 4 settembre 2016. La camera originale di Mao con la catasta di libri sempre al suo fianco (sopra). Alcuni numeri de Il Bolscevico de-dicati a Mao, nel museo a lui dedicato (sotto)

Page 9: Grande tributo del popolo cinese a Mao · 2016-09-21 · cinese a Mao Deposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di Pechino il 9 settembre

N. 35 - 29 settembre 2016 il reportage dell’omaggio del PMLI a Mao / il bolscevico 9

dimenticato i suoi luoghi nativi, tanto che appena poteva, nei rari momenti di riposo, tornava volentieri nelle sue Shaoshan e Changsha. Terre queste che vanno fiere di aver dato i nata-li e visto crescere uno dei più grandi personaggi della storia mondiale moderna. Tutti lo por-tano nel cuore e ne hanno e ne chiedono il massimo rispetto, tanto che lo stesso Xi Jinping si è visto costretto più volte a visitare tutti i luoghi di Shao-shan dedicati a Mao, facen-done dare larga risonanza sui media locali e nazionali.

A PechinoDa Changsha un volo di 3

ore mi conduce a Pechino, la megalopoli di oltre 22 milioni di abitanti, capitale della Cina e centro della vita politica e del-la storia di Mao e della Cina socialista. Avevo scelto come base una sistemazione econo-mica ma spaziosa e comoda, a 800 metri dal centro nevral-gico della città, a due passi dal-la metropolitana, a Pechino ci sono ben 15 linee che la attra-versano tutta.

Il primo impatto con la ster-minata piazza Tien Anmen è da brividi, al solo vedere il mauso-leo di Mao e l’ingresso alla Cit-tà Proibita col suo grande ri-tratto ai suoi due estremi, al centro l’obelisco dedicato agli Eroi del popolo, a tutti coloro che hanno dato la vita per la Rivoluzione cinese e l’avven-to del socialismo, sulla destra il grande edificio che ospita il museo nazionale cinese, sul-la sinistra l’enorme costruzione sede dell’Assemblea del popo-lo inaugurata da Mao nel 1959.

All’ingresso del museo na-zionale si erge un bellissimo monumento con i 9 genera-li che diressero la Lunga Mar-cia. Dopo oltre un’ora di ap-postamento e sfruttando la stanchezza della giovane guardia, gli fanno fare un turno estenuante di sorveglianza di 8 ore senza interruzioni, sono ri-uscito a deporre alla base i 5 opuscoli di Scuderi su Mao e il dvd con il video della Commis-sione di stampa e propagan-da, per onorare quell’epica im-presa di Mao e perorare quella altrettanto lunga e difficile del PMLI in Italia per il socialismo. La sala centrale del museo na-zionale è dedicata a Mao e alla nascita della Repubblica popo-lare cinese. Enormi e bellissimi quadri costellano le sue pare-ti rosse. Ad uno dei piani su-periori una interessante mo-stra sui doni ricevuti da Mao dalle delegazioni straniere che l’hanno incontrato. Da straordi-naria persona semplice e umi-le Mao non si teneva per sé gli omaggi, ma li girava all’ar-chivio di Stato che li conser-vava. In tutta la sua vita Mao

accetterà personalmente sol-tanto due regali dalle persona-lità straniere, 45 chilogrammi di arance e un orologio da polso che lo accompagnerà fino alla morte. Tra i tantissimi omaggi un Nettuno in bronzo con tar-ga del comune di Bologna con-

segnato a Mao da una delega-zione del PCI Emilia-Romagna nel 1959.

In tutti i giorni della mia per-manenza a Pechino ho visto migliaia e migliaia di perso-ne che, sfidando il caldo tor-rido e asfissiante, rendevano omaggio a Mao visitando il suo mausoleo. L’afflusso maggio-re, ben 50 mila persone, si è verificato il 9 Settembre, allor-ché il mausoleo era aperto per oltre due ore anche nel pome-riggio, oltre alla mattina come di consueto. Code ininterrotte, persone di tutte le età, fami-glie intere, comitive, squadre nazionali di vari sport, tanti di-sabili e in carrozzina, veterani della Rivoluzione cinese con i loro cappellini verdi con la stel-la rossa. Di fronte alla salma di Mao ho visto anziani e gio-vani piangere all’unisono dal-la commozione. Insomma il 9 Settembre a Pechino è stato un vero e proprio tributo quello che il popolo cinese ha dedica-to a Mao.

Per entrare al mausoleo di piazza Tien Anmen occorre lasciare borse, zaini, macchi-

ne fotografiche in un apposi-to guardaroba sul lato est del-la piazza. Sono ammessi solo i cellulari e portafogli ma non puoi usare il primo come mac-china fotografica pena l’esclu-sione dalla fila. Quindi le foto scattate in fila durante il per-

corso e davanti al mausoleo utilizzando una volta il cellulare e un’altra la seconda macchina fotografica che avevo nascosto nelle mutande sono “rubate” e per questo molto originali. Poi puoi incolonnarti e seguire uno stretto percorso delimitato da transenne d’acciaio. Si forma così un serpentone di un paio di chilometri che scorre molto lentamente. Due gruppi scul-torei in pietra, uno a destra e uno a sinsitra, rappresentante il popolo cinese che innalza la bandiera del pensiero di Mao ci annunciano la vicinanza all’in-gresso.

Un ultimo, l’ennesimo, con-trollo col metal detector di fron-te al mausoleo e ti trovi ai pie-di di una grande scalinata che porta all’ingresso di questo ma-stodontico edificio sorretto da 12 colonne. Un primo, enorme e buio salone, flashato da qual-che raggio di sole che vi si in-filtra presenta una montagna di mazzi di fiori e corone che solo gli autorizzati hanno potuto la-sciare ai piedi di una grande statua di Mao alta 3 metri, a se-dere su una poltrona, in marmo

bianco splendente. Il silenzio si fa di colpo tombale, non è per-messo nemmeno di bisbigliare qualche parola, mentre la tem-peratura scende improvvisa-mente di molti gradi. Un per-corso delimitato da nastri rossi ti invita a prendere uno dei due

ingressi alla seconda sala, una coda si forma a destra l’altra a sinistra. Senza mai poterti fer-mare si scorre verso la grande teca di cristallo posta al centro con il corpo imbalsamato del grande maestro vestito con la sua classica divisa blu e coper-to da una grande bandiera ros-sa con falce e martello gialla. Ai lati due militari fanno la guardia fissa dandosi i turni.

All’uscita ti accolgono altri due gruppi scultorei dedicati a Mao e alla Cina socialista. Qui dall’esterno puoi fotografare di nuovo, ma non sono ammesse foto che riprendono monumen-ti pubblici, come lo è il mauso-leo di Mao o come lo è il ritratto di Mao all’ingresso della Cit-tà Proibita, brandendo davan-ti a loro della pubblicità a cose, persone o eventi di qualsiasi tipo. Pertanto, tutto sommato, mi ritengo molto soddisfatto per le foto che sono riuscito a scat-tare o farmi scattare per pub-blicizzare la Commemorazione dell’11 settembre a Firenze.

Come era già successo nello Hunan il 9 Settembre a Pechi-no il nostro materiale ha colpito profondamente i cinesi. Dopo un primo momento di stupore il materiale di Partito a mia di-sposizione una volta dispiegato in tutta la sua bellezza grafica rivoluzionaria ha suscitato un entusiasmo generale. Superfo-tografati e richiesti il manifesto e il volantino della Commemo-razione, così come il sottoscrit-to, con indosso la maglietta del Partito, in foto con persone di tutte le età e provenienti da tut-

te le parti della Cina. Addirittu-ra un “buddista maoista” ha ri-chiesto una copia di tutto ciò che gli potevamo dare, in par-ticolare il n. 1 de “Il Bolscevico” di quest’anno dedicato alle cri-tiche di Mao a Deng e gli opu-scoli di Scuderi su Mao. La se-

conda targa ad hoc con la sua traduzione in cinese ha per-messo l’instaurarsi di interes-santissime discussioni su Mao, il socialismo e l’attuale situazio-ne politica in Cina.

Ho conosciuto un giovane di Pechino seguace di Mao che mi ha illustrato una nuova rete molto interessante. Una comu-nità informatica installata e ge-stita tutta da giovani marxisti-leninisti, che agisce con base a Pechino e nelle altre grandi città della Cina e che raccoglie le adesioni dei maoisti di tutto il Paese, compresi stranieri che studiano o lavorano in Cina. Una piattaforma internet che si basa sui Q Code alternativa a Facebook e similari per sfug-gire al ferreo controllo operato dal regime che a ondate oscu-ra a proprio piacimento siti e social network ritenuti ostili. Gli ho dato tutti i nostri riferimenti e indirizzi, spronandolo a fornir-ci materiali e quant’altro di loro produzione.

Per quanto riguarda i mar-xisti-leninisti oggi in Cina, dai colloqui che ho potuto avere, risulta che nel PCC ci siano ma in percentuale decisamen-te esigua. Essi stanno coperti, sulla difensiva, fanno la sinistra aspettando momenti migliori per uscire allo scoperto.

Tutto questo amore di mas-sa, spontaneo e sincero, ver-so Mao viene usato dal regi-me revisionista e fascista di Xi Jinping in funzione di supporto allo sviluppo della superpoten-za imperialista cinese. Per co-storo Mao va ancora bene ma

solo fino al 1949, alla procla-mazione della Repubblica po-polare cinese. Lo si vede dal taglio che ne viene dato nelle descrizioni museali e l’interes-se che ha il governo di Pechino nell’esaltare la figura e il ruo-lo di Mao nella vittoria sull’ag-gressione militare giappone-se. E non a caso uno dei 19 canali nazionali della tv di Sta-to CCTV, in occasione del 40° della morte di Mao sta passan-do in questi giorni uno sceneg-giato a puntate che ripercorre tutto il periodo della lotta con-tro l’imperialismo giapponese, contro i reazionari del Kuomin-tang, la seconda guerra mon-diale, fino alla proclamazione della Repubblica popolare.

La carota e il bastone. Da un lato il regime di Pechino conti-nua a tollerare la presenza del mausoleo, le statue, i ritratti di Mao; addirittura nella Costitu-zione cinese più volte revisio-nata per far decollare le contro-riforme liberiste e capitaliste tra i 3 capisaldi che ispirerebbero la Cina attuale c’è ancora for-

malmente il marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao, dall’altra Xi Jinping e la sua cricca, non dimentichiamocelo suo padre fu destituito da tutti gli incarichi di Partito e di governo durante la Grande Rivoluzione Cultura-le Proletaria bollato come revi-sionista, borghese e traditore della causa, non hanno orga-nizzato nessuna manifestazio-ne pubblica per il 40° Anniver-sario della morte di Mao, né a livello di governo, né di Parti-to. Erano troppo impegnati col G20 e gli incontri collaterali che sono durati guarda caso fino al 9 di settembre. Uno sforzo per ribadire il nuovo ruolo del-la Cina imperialista nel mondo, che è costato milioni e milioni di yuan tra sfarzi e lussi mai vi-sti, quando basta girare per gli stessi vicoli del centro di Pechi-no per vedere una povertà che si taglia a fette e dove basta un temporale monsonico di qual-che ora ad allagare le strade della città per colpa di fogna-ture risalenti ai primi anni ’40. Soltanto l’esercito popolare ci-nese sul web, in un suo simil twitter locale ha postato 80 foto di Mao, raccogliendo in pochis-simi giorni oltre 12 milioni di consensi.

All’alba del 10 settembre ho salutato Pechino e la Cina per fare ritorno a casa. Un’espe-rienza indimenticabile, vissuta con tanta emozione e soddi-sfazione proletarie e rivoluzio-narie, di cui ringrazio il Partito e in primo luogo il Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, che hanno dato il loro benestare.

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Pechino, 7 settembre 2016. Gli opuscoli di Scuderi su Mao e il video del PMLI alla base del monumento dedicato ai 9 generali della Lunga Marcia con al centro Mao (a sinistra). Pechino, Gli opuscoli di Scuderi su Mao davanti ai quadri che illustrano la rivoluzione cinese (a destra)

Pechino, 9 settembre 2016. Erne davanti al Mausoleo di Mao mostra il manifesto per la Commemorazione del CC del PMLI e una versione bilingue della targa del CC del PMLI

Pechino, 9 settembre 2016. Il n. 1/2016 de Il Bolscevico dedicato alla battaglia di Mao contro Deng molto ap-prezzato da un buddista maoista (a sinistra). Pechino, 9 settembre 2016. Un giovane cinese discute col com-pagno Erne su Mao e il PMLI (a destra)

Pechino, 7 settembre 2016. Il volantino della Commemorazione all’in-gresso della Città Proibita

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10 il bolscevico / Commemorazione di Mao N. 35 - 29 settembre 2016

“Una magistrale lezione a trecentosessanta gradi”

“StUdiamo, capiamo e applichiamo con determinazione il diScorSo di ScUderi

Ritenendo che la seguen-te importante riflessione sullo storico discorso del compagno Giovanni Scuderi alla Comme-morazione di Mao, che il com-pagno Federico Picerni, Re-sponsabile della Commissione giovani del CC del PMLI, ha in-viato al Centro del Partito, sia di interesse generale e un utile sti-molo alla lettura di tale discor-so, lo stesso Centro la propone all’attenzione dei membri e dei simpatizzanti del PMLI e di tutti i lettori de “Il Bolscevico”, in par-ticolare alle ragazze e ai ragazzi che lottano contro il capitalismo e l’imperialismo e il loro governo Renzi, e per una nuova società.

Al Centro

Cari compagni,è stata una gioia partecipare

alla Commemorazione di Mao di quest’anno, davvero una torna-ta storica, sia perché ricorreva il quarantennale, sia per l’importan-te discorso di respiro strategico tenuto dal compagno Scuderi. Un discorso davvero profondo e di straordinaria rilevanza, tanto per il tema quanto per il contenuto. Più passaggi mi hanno fatto pensare molto, così come immagino sia avvenuto a chi l’ha ascoltato a Fi-renze e a chi l’ha letto o lo leggerà dalle pagine de “Il Bolscevico”. Vorrei quindi mettere per iscritto e portare alla vostra conoscenza queste riflessioni, nella speranza di poter essere, nel mio piccolo, utile alla riflessione collettiva del Partito. Cercherò di essere conci-so, anche se ci sarebbe da fare un nuovo discorso su ciascuno dei punti toccati.

Innanzitutto dobbiamo essere profondamente grati al compagno Scuderi per avere semplificato alla portata di tutti e condensato in “poche” parole argomenti tan-to complessi e non immediati, ma anche per aver pronunciato il discorso con una carica e una vi-talità davvero esemplari, giovanili, dalle quali tutti gli oratori marxisti-leninisti devono ispirarsi. È, inol-tre, una lezione di sintesi. Ad ogni Commemorazione di Mao impa-

riamo qualcosa di nuovo che ci ar-ricchisce nella nostra conoscenza del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e della realtà della lotta di classe, ma stavolta si può dire che abbiamo davvero avuto una magi-strale lezione a trecentosessanta gradi.

Davvero è fondamentale, come dice il Segretario generale, fare “continui bagni di marxismo-leninismo-pensiero di Mao” come è questo stesso discorso. Non c’è altro modo per “acquisire la con-cezione proletaria del mondo per liberarci completamente e total-mente dalla ideologia, dalla cul-tura, dalla morale, dalla politica e della pratica sociale borghesi; per rivoluzionarizzare integralmente la propria mentalità, coscienza, modo di pensare, di vivere e di agi-re conformemente al materialismo dialettico e al materialismo storico e mettendo al bando ogni forma di idealismo, di metafisica, di revisio-nismo e di riformismo; per dare dei contributi rivoluzionari e marxisti-leninisti qualificati alla costruzione del Partito e alla trasformazione dell’Italia in senso socialista”. Se rinunciassimo a farlo, inevitabil-mente perderemmo la bussola, ci priveremmo della scienza che, nata e sviluppatasi – ci ricorda Scuderi – attraverso l’analisi del capitalismo e dello sfruttamento e la lotta alle varie correnti revisio-niste che l’hanno voluta svuotare del suo contenuto proletario e ri-voluzionario, ci permette di capire il mondo e soprattutto cambiarlo, poiché attraverso questo studio capiamo davvero il motivo per cui “il capitalismo non è compatibi-le con gli interessi e i bisogni del proletariato e delle masse e quindi va soppresso, e che il socialismo non è conquistabile senza la ri-voluzione proletaria e stando nei limiti della Costituzione”. E, su questa base, dobbiamo aprire gli occhi alle masse e soprattutto sforzarci di ridare al proletariato la sua coscienza di classe. Del resto, tutti i falsi comunisti di oggi e di ieri, d’Italia e del resto del mon-

do, a partire dal PCI, non hanno fatto l’ignobile fine che abbiamo sotto gli occhi, di cani da guardia del capitale e del potere borghese anziché suoi nemici implacabili, abbagliati dalla Costituzione e dal parlamentarismo, proprio perché hanno gettato alle ortiche il marxi-

smo-leninismo-pensiero di Mao e la via rivoluzionaria dell’Ottobre?

Un aspetto che, a mio avviso, colpisce particolarmente del di-scorso di Scuderi è la sua capa-cità di calare Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao nella “nostra dimen-sione”, ricordandoci che hanno avuto un percorso di vita e mili-tanza non diverso da quello della maggioranza di noi: come noi, infatti, erano animati da un forte desiderio di cambiare il mondo, ma, come quasi tutti noi, all’inizio hanno avuto concezioni o espe-rienze non comuniste, addirittu-ra religiose e piccolo-borghesi, prima di approdare al socialismo scientifico, riconoscerne la verità e armarsi di esso per abbattere il capitalismo. Ciò li rende ancor più vivi e vicini a noi come modelli ai quali ispirarci veramente per cam-biare il mondo e noi stessi.

Il compagno Scuderi ci sprona dunque ad una profonda riflessio-ne sul senso della nostra militanza marxista-leninista e, avvalendosi anche delle famose dieci citazioni di Mao, ci ricorda ancora una volta le caratteristiche che ciascuno di noi deve sforzarsi di acquisire per vivere in piena coerenza con que-sta scelta rivoluzionaria e per fare bene la lotta di classe e il lavoro di costruzione di un grande, forte e radicato PMLI. Dobbiamo tene-re ferma la nostra missione storica per l’Italia unita, rossa e socialista e su questa base migliorare co-stantemente il nostro lavoro, sia collettivo sia il nostro personale stile e impegno, e “preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gi-gante Rosso – e lavorare sodo in questo senso! – radicandolo ed estendendolo nelle città e regioni dove siamo presenti, in modo da ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia”. Ciascuno al proprio

posto di combattimento, dando il massimo che può dare della propria forza intellettuale e fisica in base alle sue capacità, cono-scenze ed esperienze. Tutti, sulla base delle citazioni di Mao e del discorso di Scuderi, dovremmo ri-flettere attentamente e con senso autocritico su cosa possiamo mi-gliorare di noi stessi e del nostro impegno marxista-leninista. In tal senso può aiutarci la critica del Partito e degli altri compagni, che è preziosa e non va presa sul per-sonale o rifiutata, anzi rientra nella migliore tradizione e nel più nobile stile di lavoro del Partito.

Un ragionamento, questo, che sarebbe molto utile anche a tutti coloro che si dichiarano comunisti, pur militando in altri partiti o grup-pi. Come ha aggiunto il compagno Scuderi in una delle sue importanti orazioni a braccio, “le chiacchiere e i discorsi non servono a nulla, se non vengono messi in pratica. Non si può dire ‘io sono comunista’ e fine. Si dice ‘io sono comunista perché vivo, penso, lotto e agisco da comunista’”. È simile a quan-to avvertiva Lenin nella sua opera fondamentale Stato e Rivoluzione smascherando i revisionisti di al-lora: “Colui che si accontenta di riconoscere la lotta delle clas-si non è ancora un marxista, e può darsi benissimo che egli non esca dai limiti del pensiero borghese e dalla politica bor-ghese. Ridurre il marxismo alla dottrina della lotta delle classi, vuol dire mutilare il marxismo, deformarlo, ridurlo a ciò che la borghesia può accettare. Marxi-sta è soltanto colui che estende il riconoscimento della lotta del-le classi sino al riconoscimento della dittatura del proletariato. In questo consiste la differenza più profonda tra il marxista e il banale piccolo-borghese”. Non si accontentino, queste compa-gne e questi compagni, di dare la loro fiducia a chi sventola la bandiera rossa: si accertino che la linea sia autenticamente marxista-leninista e proletaria rivoluzionaria, altrimenti li abbandonino al loro destino e vengano con noi!

Dal Segretario generale giunge infine un preziosissimo suggeri-mento concreto di lavoro che, se applicato correttamente ed esteso a tutto il Partito, può non soltanto imprimere un salto di qualità ai no-stri interventi e articoli, ma anche farci capire meglio dalle masse e consentirci finalmente di radicar-ci fra di esse: “La piazza – spie-ga Scuderi – è il nostro ambiente ideale e naturale di lotta, assieme a quello delle fabbriche, dei cam-pi, delle scuole e delle università. Frequentiamola il più possibile per diffondere i messaggi del Partito, per raccogliere le rivendicazioni, le idee, le proposte e le informa-zioni delle masse e per stringerci sempre più ad esse. Gli ambienti in cui operiamo devono essere co-nosciuti a fondo e studiati in ma-niera sistematica e tale da aiutarci a intervenire con volantini, docu-menti, comunicati stampa, articoli ben calibrati e fondati sulla realtà concreta. Come è stato fatto in occasione delle ultime elezioni co-munali, esemplare in questo caso il programma e gli articoli eletto-rali della Cellula ‘Mao’ di Milano. Nei nostri interventi orali e scritti – continua il compagno, e questo è importantissimo – teniamo sem-pre presente tre cose: massima dialettica, argomentazione e do-cumentazione. Prima di scrivere un pezzo (documento, articolo, volantino, discorso, comunicato stampa) su un qualsiasi tema, bi-

sogna leggere l’ultimo pezzo che è stato scritto dalle istanze o dalle Commissioni centrali del Partito o da ‘Il Bolscevico’ e chiedersi se è giusto o sbagliato. Se è sbagliato, è necessario correggerlo attraver-so il pezzo che stiamo scrivendo; se è giusto, occorre attualizzarlo e vedere se è possibile aggiungervi qualcos’altro”. Privilegiando il me-gafono alla tastiera.

Nulla da aggiungere sull’esau-riente analisi di Renzi e del Mo-vimento Cinque Stelle, che non lascia scampo alle menzogne dell’uno e dell’altro e in particolare smaschera il M5S come puntel-lo del capitalismo, che punta a cambiare nomi e facce ma non il sistema economico fondato sul-lo sfruttamento capitalistico che condiziona tutto il resto.

Ora si tratta di assimilare que-sto discorso all’interno del Par-tito ma anche portarlo al di fuori di esso, alle masse, nel nostro “ambiente naturale” come dice Scuderi. Certo non è facile, specie perché il proletariato è in uno stato premarxista, ma se persino i rifor-misti devono rispolverare la parola “socialismo”, che pensavano di avere definitivamente sotterrato dopo il crollo del muro di Berlino, evidentemente la classe dominan-te borghese teme il risveglio rivo-luzionario che potrebbe essere provocato dalle diseguaglianze e dalle contraddizioni sociali acuite dalla crisi. Inoltre abbiamo occa-sioni preziose per far passare il nostro messaggio e penso ora alla fondamentale battaglia per il NO: certo ben si presta alla nostra denuncia del capitalismo il fatto che la controriforma neofascista di Renzi ha l’appoggio entusiasta di tutto il complesso finanziario e industriale nostrano, a partire da nemici giurati dei lavoratori come Marchionne e la Confindustria, e ricalca il progetto della P2, ossia di ricconi e magnati come Ber-lusconi, per non parlare del fatto che è stata sollecitata da un co-losso della finanza mondiale come JP Morgan.

Certo, non abbiamo molti mez-zi, pertanto dobbiamo sforzarci di non lasciarci sfuggire le occasioni che si presentano. D’altra par-te questo dimostra che noi non prendiamo un soldo dallo Stato borghese ma veniamo dalle mas-se e ne condividiamo le sofferen-ze economiche; possiamo conta-re unicamente sul loro sostegno e, quando le masse hanno meno, necessariamente ha meno anche il PMLI. Possono dire lo stesso Renzi, in volo sul suo costosissi-mo “Air Force Renzi” da milioni di euro, o Grillo mentre prende il sole sul suo yatch extralusso? Dobbia-mo però ingegnarci per superare questo grave ostacolo economi-co.

Dal compagno Scuderi im-pariamo anche ad avere fiducia e a stare sempre con lo sguardo rivolto ai giovani, che dobbiamo raggiungere, con cui dobbiamo in-staurare un dialogo e trasmettergli nelle dovute forme il marxismo-le-ninismo-pensiero di Mao e l’ideale del socialismo. Per farlo dobbia-mo essere presenti nelle loro lotte e spronarle alla ribellione contro il capitalismo, illustrando le nostre ragioni con la “massima dialettica, argomentazione e documentazio-ne”.

Studiamo, capiamo e appli-chiamo con determinazione il discorso di Scuderi “Da Marx a Mao”!

Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo!

Con i Maestri e il PMLI vince-remo!

Federico

____________* Responsabile della Commissione gio-vani del CC del PMLI

‘da marx e mao’”di Federico picerni*

Firenze 11 settembre 2016. Il compagno Federico Picerni, Responsa-bile della Commissione giovani del CC del PMLI, alla presidenza della Commemorazione di Mao

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N. 35 - 29 settembre 2016 PMLI / il bolscevico 11

Un saggio straordinario di come affrontare lo studio dei cinque Maestri

del proletariato internazionale

In occasione del 40° Anniver-sario della morte del Grande, quin-to (in ordine cronologico) Maestro del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il discorso di Commemo-razione tenuto dal Segretario ge-nerale del PMLI, compagno Gio-vanni Scuderi, di cui tutti gli scritti e i discorsi sono utilissime intro-duzioni allo studio attento al rap-porto teoria-prassi del marxismo-leninismo, è ancora una volta, un saggio straordinario di come si debba affrontare lo studio del cin-que Maestri, mostrando la totale

continuità tra Marx e Engels, Le-nin, Stalin e appunto Mao.

Scuderi ha innanzitutto eviden-ziato il fil rouge che lega Mao a Marx e Engels, passando ovvia-mente per Lenin e Stalin (chi scri-ve, purtroppo, per motivi di salute quest’anno non ha potuto presen-ziare direttamente alla Comme-morazione). Tale filo rosso si evi-denzia nell’affermazione che “ci sono solo due scuole, quella della borghesia e quella del proletaria-to”, come anche del fatto (sempre riprendendo rigorosamente Mao,

nel solco del marxismo-lenini-smo) che “la nuova cultura (quella proletaria) non cade dal cielo ma nasce dalla pratica”, nel rilievo di come il revisionismo (di sempre, da Kautsky, Bernstein, Vandervel-de, Turati all’oggi, da Bertinotti a Diliberto a Rizzo, ecc.) sia in real-tà sia in realtà un totale frainten-dimento, artatamente liberale, del socialismo, di come la “famigera-ta scuola di Francoforte” (rilievo giustissimo, avendo la stessa negli anni Settanta incantato troppi stu-denti e studiosi, portandoli verso il peggiore individualismo piccolo borghese), pienamente revisioni-sta, conduca a un’interpretazione socialdemocratica, se non libera-le, del marxismo, avendo ovvia-mente, estromesso i revisionisti i fondamentali apporti di Lenin e Stalin.

Ancora, analizzando l’oggi ita-liano e non solo del nuovo duce Renzi, Scuderi mostra come oggi (non necessariamente domani, come ricorda) vi sia una contrad-dizione primaria, quella tra i mar-xisti-leninisti e l’imperialismo, per cui, nella distanza tra PMLI e l’ISIS islamico e integralista, vi sia però il tratto comune fonda-mentale della lotta antimperiali-sta. Per cui oggi non si può stare con chi (USA, UE, Russia, Cina governata da una cricca socialfa-scista) combatte lo Stato islami-co per realizzare ulteriori conqui-ste imperialistiche (petrolio, gas, fonti energetiche e non solo), affa-mando i popoli del Vicino, e Me-dio Oriente e più in genere le po-polazioni asiatiche e africane.

Straordinaria quanto documen-tatissima anche a livello filologico, tale formidabile lezione di marxi-smo-leninismo del compagno Se-gretario Scuderi, che si inserisce, completandola ulteriormente, nel-la già ricchissima bibliografia marxista-leninista del PMLI, cu-rata soprattutto dallo stesso Scu-deri e da Mino Pasca, Responsabi-le del settore stampa e propaganda del CC del PMLI, curatore del do-cumentario su Mao proposto lo stesso 11 settembre 2016, che spe-ro di vedere in qualche prossima occasione.

Importanti gli interventi dei

compagni Monica Martenghi, Di-rettrice responsabile de “Il Bolsce-vico” ed Erne, che esamina la me-moria di Mao nella Cina odierna, con la base estremamente fedele e la cricca dominante che cerca di neutralizzarla. Importanti le te-stimonianze di compagne e com-pagni, anche greci e panamensi, come anche, al contrario, la stam-pa borghese che ne infanga vergo-gnosamente la memoria.

La dialettica è viva anche in questo: come rilevato da Marx e Engels nel “Manifesto del Parti-to comunista” del 1848 “un fan-tasma s’aggira per l’Europa (anzi, oggi, direi per il mondo in-tero), quello del comunismo” e quindi fa tremare le vene dei polsi alla borghesia, anche in salsa revi-sionista e trotzkista anche solo il nome di Mao.

Viva Marx, viva Engels, viva Lenin, viva Stalin, viva Mao!

Eugen Galasso – Firenze

Rinsaldati ulteriormente i

rapporti fra i nostri partiti

Grazie compagni, grazie di cuore, i rapporti di

questi anni dei nostri due partiti non potranno che rinsaldarsi ul-teriormente se sviluppati nella co-mune condivisione degli ideali co-munisti.

In proposito il prossimo 2017 sarà il 100º della Rivoluzione d’Ottobre e possiamo pensare ad una grande iniziativa al busto di Lenin a Cavriago.

A risentirci e grazie a tutti voi.Alessandro Fontanesi, PCI –

Reggio Emilia

Felice di sapere che c’è il PMLI che tiene

vivo il ricordo di MaoCarissime compagne, carissimi

compagni,è stato per me motivo di profon-

do apprezzamento e soddisfazione ricevere l’invito per la cerimonia della commemorazione del grande Presidente Mao. Fino ad oggi ho sperato di poter venire, ma adesso

sopravvenuti impegni familiari mi costringono – purtroppo – a diser-tare la commemorazione.

Detto questo, sono felice del vostro invito e di sapere che – in Italia – c’è ancora il PMLI che tie-ne vivo il ricordo del Presidente Mao Zedong, uno dei personaggi più splendidi del 20° secolo. Ov-viamente, rendergli omaggio vuol dire anche ricordare il coraggio e l’abnegazione dei tanti cinesi che – sotto la sua guida – intrapresero la tremenda, ma vittoriosa, Lunga Marcia.

Viva Mao, viva il comunismo!Alessandro Bellucci, PRC -

Firenze

“Il Bolscevico” dedicato a Mao è uno dei migliori che ho

lettoCari compagni,Vi faccio i mie più vivi com-

plimenti per la completa riuscita della commemorazione del com-

pagno Mao. Il numero de “Il Bol-scevico” ad essa dedicato è uno dei migliori che abbia mai letto, dimostrazione concreta che il ri-cordo e il pensiero di Mao sono tutt’ora attualissimi.

Non sono potuto essere presen-te per via della lontananza, dell’età e del fatto che sono tornato a scuo-la già il 7 settembre. Ma prometto che sarò presente alla prima com-memorazione dopo il compimento della maggiore età. Due anni pas-sano in fretta...

Saluti marxisti-leninistiGiuseppe – Patti (Messina)

Complimenti per tutto quello che

pubblicate su MaoStavo leggendo “Il Bolscevi-

co” quando ho visto i miei saluti pubblicati, vi ringrazio vivamente compagni e complimenti per tut-to quello che avete pubblicato su Mao.

Loreto Filpi – Salento (Saler-no)

Contributo di Sara Lepore

In memoria di suo papà Giuseppe

Alla conclusione della com-memorazione di Mao, Sara Le-pore, figlia del compagno Giu-seppe Lepore deceduto il 18 maggio 2016 ha consegnato un ritratto a colori del padre, un contributo economico e un bi-glietto rosso con sopra scritto:

“Questa Cellula (intendendo il PMLI, ndr) è stata una delle ragioni di vita di mio papà Giu-seppe. Con questo piccolo pen-siero so di interpretare il suo de-siderio.

Con tantissimo affetto Sara Lepore”.

A Cavriago (Reggio Emilia), da parte dei marxisti-leninisti biellesi

OMAggIO FLOREALE A LEnInDal corrispondente �dell’Organizzazione di Biella del PMLISabato 10 settembre 2016, il

giorno precedente alla Comme-morazione del 40° anniversario della morte di Mao di Firenze, compagni militanti e simpatiz-zanti dell’Organizzazione di Biel-la del Partito si sono recati pres-so il Comune di Cavriago (Reggio Emilia) per rendere omaggio alla statua del grande Maestro del pro-letariato internazionale Lenin che troneggia nell’omonima piazza del piccolo comune emiliano.

I compagni hanno depositato ai piedi del monumento un bellis-simo mazzo di gerbere rosse con un cartello in cui si poteva leggere “Il PMLI.Biella al grande Maestro LENIN”.

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

Firenze, 11 settembre 2016. Il compagno Scuderi abbraccia Sara Lepore alla Commemora-zione per il 40° della scompar-sa di Mao. Sotto il biglietto con cui Sara ha accompagnato i doni al Partito (foto Il Bolscevico)

Le divise indossate da Mao esposte al Museo di Shaoshan. Davanti “Il Bolscevico n. 1/16 sulla GRCP

Cavriago (Reggio Emilia) 10 settembre 2016

Page 12: Grande tributo del popolo cinese a Mao · 2016-09-21 · cinese a Mao Deposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di Pechino il 9 settembre

12 il bolscevico / cronache locali N. 35 - 29 settembre 2016

Gli antifascisti votano NOCatania

Nonostante la provocazione da parte della Digos la diffusione è stata un successo

�Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di CataniaI marxisti-leninisti catanesi

hanno volantinato nel pome-riggio di giovedì 8 settembre, nei pressi dell’ingresso del-la villa Bellini, sede della fe-sta nazionale dell’“Unità”. E, nonostante la provocazione da parte degli agenti della Di-gos lì presenti, i quali aveva-

no intimato ai nostri compagni di spostarsi, adducendo una motivazione fittizia (l’illegalità del volantinaggio non itineran-te), la diffusione del volantino “Vota NO alla controriforma pi-duista e fascista del senato” è stata un successo. Il volantino è andato a ruba e i manifesti ad hoc del Partito sono stati apprezzati e spesso fotografa-ti dai passanti. Firenze

Alla Festa dell’“Unità” ben accolto il volantino del PMLI per il NO referendario

nostante la presenza di Renzi �Redazione di FirenzeGiovedì 8 settembre, la

sera in cui era presente Mat-teo Renzi, alcuni nostri com-pagni di Firenze hanno diffuso centinaia di copie del volantino del PMLI per il NO al referen-dum costituzionale all’ingres-so della festa dell’“Unità”.

Il volantinaggio è anda-to bene tenuto conto che si

diffondeva in casa del PD: poche le persone che han-no rifiutato il volantino e c’è stata una discreta presenza di elettori già orientati a vota-re NO che si sono dichiarati a favore del titolo del nostro volantino. Gli organizzatori sono stati alla larga evitando ogni commento.

MilanoI marxisti-leninisti argomentano nelle

piazze le ragioni del No �Dal corrispondente della Cellula “Mao” di MilanoSabato 17 settembre mili-

tanti e simpatizzanti della Cel-lula “Mao” di Milano e dell’Or-ganizzazione di Binasco del PMLI sono tornati in Piazza Costantino, nel popolare quar-tiere di Crescenzago, per pro-seguire la propaganda marxi-sta-leninista e antifascista per il NO al referendum sulla Co-stituzione, diffondendo cen-tinaia di copie del volantino “Vota NO alla controriforma pi-duista e fascista del senato”.

Il Documento è stato accol-to con molto interesse, visto che il PD di zona ha già co-minciato la campagna per il SI basata più su falsità e dema-gogia che su reali argomen-tazioni politiche mentre latita-no i sostenitori a “sinistra” del NO fatta eccezione della loca-le sezione ANPI che ha affisso una locandina sulla bacheca di Piazza Costantino.

Molti hanno voluto capire

quali sono i reali obiettivi po-litici della controriforma Ren-zi-Boschi. I nostri compagni hanno quindi spiegato come tali modifiche costituzionali si inseriscono in un quadro legi-slativo già vigente e avviato da tempo che consolida e esten-de definitivamente il già pre-minente potere esecutivo ne-ofascista oggi esercitato dal nuovo duce Renzi.

Si è inoltre rimarcata l’ori-gine piduista - descritta espli-citamente al punto A3 degli obiettivi a medio e lungo termi-ne del “Piano di rinascita de-mocratica” di Licio Gelli - della controriforma del senato che mette una pietra tombale sul-la già sepolta Costituzione del 1948 e permette, congiunta-mente alla Camera nera eletta con l’Italicum fascistissimum, un più rapido smantellamento dei diritti civili, politici, econo-mici, sociali e culturali demo-cratico borghesi.

Comunicato di “perUnaltracittà - laboratorio politico Firenze”

In otto puntI le ragIonI del no al referendum costItuzIonale

Riceviamo e volentie-ri pubblichiamo in ampi estratti.

“In otto punti le ragioni del NO al Referendum costituzio-nale”: 86 pagine, 8 capitoletti e la revisione del testo costi-tuzionale vigente a fronte, il li-bro edito da perUnaltracittà, il laboratorio politico animato da Ornella De Zordo.

L’autore, il giurista Luca Benci, racconta così la genesi del libro “Riteniamo che i livel-li di disinformazione siano già elevatissimi e giocano su due livelli: la demagogia e la pau-ra. Il primo viene operato sin dal titolo della legge che pro-mette semplificazione, rispar-mi e celerità nelle decisioni. Il secondo opera sulle conse-guenze negative che si verifi-cherebbero in caso di vittoria del NO. Riteniamo che la ri-forma Renzi/Boschi sia tesa a un neoautoritarismo costituito da un accentramento mai vi-

sto di poteri governativi e una forte compressione degli spa-zi di garanzia e democrazia. Per non parlare della eviden-te sgrammaticatura giuridica. Per questo abbiamo ritenuto opportuno produrre un testo analitico e completo della co-siddetta riforma Renzi-Boschi, per spiegare in modo puntua-le e schematico come cam-bierebbe la Costituzione re-pubblicana in ben 47 articoli”.

Ornella De Zordo, direttore editoriale della rivista La Città invisibile che ha curato il pro-getto ha presentato così l’ini-ziativa: “Si tratta di uno stru-mento di conoscenza agile e gratuito, da far circolare in rete o da poter stampare au-tonomamente. Si può scarica-re e leggere a questo indiriz-zo https://goo.gl/v9v39K. Con questa azione intendiamo dare un contributo concreto alla campagna referendaria. Riteniamo infatti fondamen-tale informare su un tema

troppo spesso mistificato dal-le lobby e dai maggiori grup-pi di pressione, a partire dal-le banche e da Confindustria, compattamente schierati con il governo nella revisione co-stituzionale. Pensiamo quindi - ha concluso De Zordo - che questo Referendum debba chiamare ad un’espressione di voto informata anche chi ri-tiene che già adesso stiamo vivendo in Italia una demo-crazia puramente formale (e

a volte neppure formale), per l’ulteriore netto peggioramen-to della situazione a scapito di diritti che andrebbero semmai applicati e non cancellati dalla Carta costituzionale”.

“In otto punti le ragioni del NO al Referendum costitu-zionale” di Luca Benci preve-de una prima uscita digitale e una successiva cartacea.PerUnaltra città – laborato-

rio politico Firenze16 settembre 2016

CoMUniCato dell’organizzazione isola d’isChia del PMli

necessario e urgente ritornare in piazza a ischia e napoli contro il disastro

della sanità ischitanaNon servono le chiacchiere con i

funzionari di De LucaL’Organizzazione isolana

del PMLI aderisce al CUDAS, pur rivendicando la propria identità e la libertà di espri-mere le proprie posizioni po-litiche.

Pertanto, nel ritenere che l’incontro col direttore dell’ASL NA 2 D’Amore è stato solo uno scambio di opinioni, che con-ferma anche l’impossibilità di certi funzionari, di districarsi nel farraginoso e esasperan-te meccanismo burocratico di una macchina regionale or-mai in dissesto, sottolinea che sono emersi questi dati certi:

- che l’interlocuzione con i vari responsabili, nel tenta-tivo di strappare qualche be-nevolo impegno, non serve a cambiare la situazione perché è limitata alla provvisorietà dell’incarico che essi ricopro-no e non può appartenere cer-tamente, alla strategia di lotta per il diritto alla sanità;

- che non bisogna perde-re di vista l’obiettivo priorita-rio di invitare le masse a scen-dere in piazza per rivendicare con forza e determinazione, il diritto ad una sanità pubbli-ca, gratuita, con la partecipa-zione diretta dei lavoratori, per pretendere che i finanzia-menti destinati alla sanità, rap-presentino una cospicua per-centuale del Prodotto interno lordo e confluire in un apposito fondo nazionale;

- che serve solo il deciso impegno dei lavoratori, dei gio-vani, delle donne, dei pensio-nati, delle masse, per impor-re una nuova politica sanitaria nazionale e in particolare della Regione Campania, dove ma-gari, il buon proposito di qual-che dirigente, viene vanifica-to dalle scelte di una Regione

fallita su tanti temi, fra cui pro-prio l’assurdo, inaccettabile e scellerato commissariamento del settore sanitario, che bloc-ca ogni iniziativa urgente e ne-cessaria a garantire, a zone disagiate come l’isola d’Ischia, il diritto alla sanità.

I marxisti-leninisti dell’isola invitano ancora una volta a ri-tornare in piazza, per far sen-tire alta la voce degli ischitani, sul territorio isolano e diret-tamente a Napoli alla Regio-ne, dinanzi al presidente De Luca, che continua a sbandie-rare grandi conquiste ma fin-ge di non sentire chi denuncia il disastro sanitario ischitano, come dimostrano le richieste avanzate dallo stesso Comi-tato, dalle più semplici esigen-ze di garantire igiene e sani-tà in un ospedale infestato da topi e scarafaggi, alla elimina-zione di assurdi disagi che gli utenti sono costretti a supera-re per effettuare una sempli-ce prenotazione di visita, fino alle più gravi esigenze riguar-danti il ripristino della SIR e del Pronto Soccorso, una deco-rosa sistemazione del repar-to oncologico, oggi in condi-zioni vergognose e offensive, all’ampliamento dell’Ospedale ormai da tempo, asfittico.

Organizzazione Isola d’I-schia del PMLI

Ischia, 13 settembre 2016________

Il comunicato è stato ripre-so integralmente e rilanciato dal sito “ildispariquotidiano.it” e “isolaverdetv.com”. Quest’ul-timo sito aveva anche posta-to una cronaca dell’’incontro tra la delegazione del CUDAS Ischia con il direttore generale D’Amore.

Catania, 8-9-16. Diffusione del PMLI alla Festa dell’Unità (foto Il Bolscevico)

Firenze, 8-9-16. Diffusione del PMLI alla Festa dell’Unità (foto Il Bolscevico) Milano, 17-9-16. Diffusione del PMLI in piazza Costantino (foto Il Bolscevico)

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze

Editore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 21/9/2016

ore 16,00

Page 13: Grande tributo del popolo cinese a Mao · 2016-09-21 · cinese a Mao Deposta la targa commemorativa con i fiori a Shaoshan. Apprezzata presenza al mausoleo di Pechino il 9 settembre

N. 35 - 29 settembre 2016 interni / il bolscevico 13RENZI CONTESTATO DURAMENTE A CATANIA E A NAPOLI

CataniaOltre al capo del governo contestati la ministra della

guerra Pinotti e il sottosegretario all’IstruzioneLe “fOrze deLL’OrdIne” carIcanO

I manIfestantI antIgOvernO �Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di CataniaPer due settimane, dal 28 ago-

sto all’11 settembre, la città di Ca-tania è stata ostaggio della festa di regime del partito del nuovo duce Renzi. Con la Festa nazionale del-l’“Unità” nella centrale villa Bellini, luogo pubblico, che ha visto cin-que dei suoi sei ingressi chiusi e, quello principale, su via Etnea, piantonato durante tutto l’orario di apertura al pubblico, dallo “stato maggiore” della Digos catanese, oltre che da carabinieri e militari. Chiunque volesse accedere dove-va essere perquisito. A molti espo-nenti dei movimenti di lotta cata-nesi è stata sbarrata la strada, ad altri è stato sequestrato del mate-riale politico. Mentre per ciò che ri-guarda le contestazioni al ministro di turno, è stato negato l’ingresso ai manifestanti, una piccola parte dei quali, però, riusciva spesso ad “infiltrarsi”.

Tutti i dibattiti, che fosse pre-sente un pezzo grosso del parti-to o meno, hanno registrato una bassissima affluenza. Poche deci-ne di persone presenti. Insomma, un flop imbarazzante.

Sono state le contestazioni ad animare la festa piddina. Le più importanti hanno visto, il 1° set-tembre, l’attacco da parte di do-centi precari nei confronti del sottosegretario all’istruzione, Da-vide Faraone, e della responsabi-le scuola del Pd, Francesca Pugli-si, durante il dibattito sulla “Buona scuola”. Una cinquantina di mani-festanti sono stati bloccati all’in-gresso dalle “forze dell’ordine” e hanno dato vita ad un sit-in, espo-nendo striscioni che recitavano: “No alla ‘Buona scuola’ di Renzi e Giannini”, “Buona scuola: privatiz-zazione, precariato. Pd non vi vu-lemu!”. I precari hanno continuato a lungo ad inveire contro i rappre-sentanti del governo.

Altro fuori programma nella giornata di martedì 6 settembre, presente la ministra della guerra, Roberta Pinotti. Al presidio anti-militarista, svoltosi di fronte l’in-gresso della villa, si è aggiunto un gruppo di militanti No Muos che, durante il monologo hanno scan-dito lo slogan: “No al Muos, No a Sigonella e alla guerra: via le basi Usa dalla nostra terra!”. I manife-stanti, infine, sono stati allontana-ti a forza e la ministra ha potuto,

Cortei e scioperi di protesta a Piacenza e in molte altre città

ASSASSINIO PADRONALE A PIACENZA Lavoratore egiziano investito e ucciso durante un picchetto alla gls

�Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna È successo intorno alle 23,45

del 14 settembre di fronte ai can-celli della Gls di Piacenza, quando un camion del corriere espresso, dopo aver caricato dal magazzi-no è ripartito trovandosi di fronte il picchetto dei lavoratori della logi-stica. Abd Elsalam Ahmed Eldanf si è parato di fronte al camion per impedirgli il transito quando il ca-mionista, denuncia l’USB alla qua-le era iscritto, incitato da un addet-to vicino all’azienda, ha forzato il blocco investendolo e uccidendo-lo.

Il capo della Procura di Pia-cenza, Salvatore Cappelleri, ha tentato subito di gettare acqua sul fuoco, asserendo che non era in corso alcuna manifestazio-ne e quindi si sarebbe trattato di un “semplice” incidente strada-le, ma il suo maldestro tentativo è stato smentito sia dalle immagi-ni registrate da una telecamera di sicurezza che mostrano i lavora-tori con le bandiere sindacali nel-la zona dell’investimento, e quindi come in realtà fosse in corso una protesta organizzata, sia dai lavo-ratori manifestanti che hanno assi-stito alla scena.

In un comunicato l’USB af-ferma che “il video, che riprende una visuale molto ristretta di tutta

la zona, conferma che era in atto una protesta: lo dimostrano le tan-te persone con le bandiere che accorrono verso il camion nel mo-mento in cui riparte, persone che non arrivano dall’interno del ma-gazzino ma da fuori… Purtroppo, e lo diciamo con grande ramma-rico, ad avviso dell’USB, il video conferma dunque che si è trattato di un omicidio ai danni di un lavo-ratore che stava protestando per difendere i diritti dei suoi compa-gni di lavoro. Il coraggio di Abd El-salam Ahmed Eldanf, la sua scelta disinteressata, restano un esem-pio per chi lotta e difende la di-gnità dei lavoratori e degli esseri umani”.

In quel momento era infatti in corso un presidio con sciopero dei lavoratori della Seam, un’azienda dell’indotto per il carico e scarico merci del corriere Gls, per pro-testare contro il mancato rispet-to degli accordi sottoscritti sulle assunzioni di 13 precari a tem-po determinato e per il reintegro di alcuni lavoratori licenziati per-ché facenti parte dell’USB, tanto è vero che, a smentire il capo del-la Procura sul fatto che non vi fos-sero in atto azioni di protesta, sul posto erano già presenti 2 volanti della polizia.

Altri lavoratori hanno infatti denunciato che l’azienda aveva

voluto isolare i lavoratori dell’U-SB tenendo l’incontro in un loca-le piuttosto che nel magazzino, e appena saputo che le trattative erano andate male era partito su-bito un presidio di fronte ai cancel-li. Sarebbe stato poi un dirigente a intimare agli autisti a lavorare no-nostante il blocco.

Per protestare contro il barbaro assassinio di Abd Elsalam, lavo-ratore egiziano di 53 anni e padre di 5 figli, impiegato nell’azienda come facchino dal 2003, l’USB ha confermato per tutto il settore del-la logistica lo sciopero nazionale di 24 ore del 15 e 16 settembre e proclamato 2 ore di sciopero na-zionale a fine di ogni turno per tutti i settori, le aziende e le società di lavoro privato per il 16 settembre.

Nel pomeriggio del 15 settem-bre un corteo organizzato dall’U-SB ha bloccato il traffico in centro e poi la stazione ferroviaria di Pia-cenza, mentre scioperi e manife-stazioni di protesta si sono tenu-te in tantissime aziende in tutto il paese: Trieste, Mantova, Lodi, Pavia, Brescia, Bergamo, Torino, Cremona, Padova, Roma, Napo-li. A Milano, in apertura del corteo, i lavoratori con il caschetto della USB reggevano le lettere gigan-tesche che componevano la fra-se “Ammazzateci tutti”, poi cartelli con l’immagine del volto di Abd e

lo slogan: “Assassinato per il pro-fitto”. Altri che indossavano una maschera di carta che ne ritraeva il volto hanno lanciato della verni-ce rossa contro la sede della Gls, su uno dei Tir parcheggiati nell’a-rea è stato scritto “Brucia la rab-bia, guerra ai padroni”.

A Lanciano la Fiom provincia-le e regionale e la Rsa della Sevel hanno deciso uno sciopero sull’in-tera giornata di lunedì. Iniziative di solidarietà sono state annunciate anche dalla FILT CGIL. Il segreta-rio generale della categoria Ales-sandro Rocchi ha chiesto la ripre-sa del tavolo della legalità, presso il Ministero del Lavoro, fermo da più di un anno. C’è da dire però che spesso la CGIL accetta le im-posizioni padronali nel settore e difatti i lavoratori scelgono spesso di essere rappresentati dai “sinda-cati di base”.

Sabato 17 i circa mille manife-stanti che hanno sfilato nel corteo svoltosi a Piacenza hanno urlato più volte “assassini!”, “delitto pa-dronale!”.

Lavoratori e delegati USB han-no organizzato una sottoscrizione di solidarietà a favore della fami-glia chiedendo una somma pari a due ore di sciopero da versa-re a USB Confederale, Iban IT 17 W031 2703 2010 0000 000 1801, con la causale: “Solidarietà alla fa-

miglia di Abd Elsalam”. Confermato, e con ancor mag-

gior forza, lo sciopero generale del prossimo 21 ottobre, con ap-puntamento a piazza S. Giovanni a Roma, indetto dai “sindacati di base”.

Il viceministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova, ha detto che “nessuno può morire manifestando”, dichiarazioni pron-tamente riprese su Twitter anche dal presidente del Consiglio, Mat-teo Renzi. Ma sono le solite “la-crime di coccodrillo”, sono infatti anni che proseguono le dure lot-te da parte dei lavoratori della lo-gistica, prevalentemente lavorato-ri immigrati, che si battono contro le condizioni di schiavitù praticate nel settore, con turni, mansioni e retribuzioni fuori da ogni contratto essendo assunti prevalentemente

come (finti) soci di (finte) coope-rative, con pochissimi diritti e tute-le, come la tutela all’assenza per malattia o per infortunio e la dia-ria per la mensa conquistate con dure lotte spesso represse a suon di manganellate da parte delle “for-ze dell’ordine”, i licenziamenti dei lavoratori più combattivi, oppure l’assunzione di quelli meno sinda-calizzati. Nonostante tutto ciò per questi lavoratori si è ancora lonta-ni dal raggiungere condizioni “nor-mali” di lavoro, e di certo non aiu-ta, anzi peggiora e di molto le cose il Jobs Act del nuovo duce Renzi che rende i lavoratori ancora più ri-cattabili, con la complicità del mi-nistro Poletti che provenendo dal mondo delle “cooperative” ne co-nosce bene la situazione ma ben si guarda dal “sanare” le gravi con-dizioni in cui versano i lavoratori.

Piacenza, 15 settembre 2016. La manifestazione di protesta organiz-zata dalla USB per l’uccisione dell’operaio Abd Elsalam Ahmed El-danf

finalmente, concludere il discorso di mussoliniana memoria.

La giornata dell’11 settem-bre, quando era previsto l’arrivo del nuovo duce Renzi e la con-seguente manifestazione di pro-testa pomeridiana aveva avuto un’importante premessa nell’as-semblea del 20 agosto, indetta dal neonato comitato “Cacciamo Ren-zi e tutta la cricca”, promotore del corteo e di tutte le iniziative di pro-testa sulle basi di una dura critica all’operato del governo, ma anche della giunta cittadina PD, guidata da Enzo Bianco, che, dando ese-cuzione locale alle direttive nazio-nali del proprio partito, aumenta le tasse, taglia trasporti, servizi, sussidi, progetta di privatizzare e svendere beni pubblici.

In piazza c’erano l’Usb, i Co-bas, l’Uds, i No Frontex, il M5S. Il combattivo e partecipato corteo, aperto dallo striscione “Caccia-mo Renzi”, partito nel pomeriggio da piazza Jolanda, avrebbe do-vuto raggiungere l’ingresso di vil-la Bellini durante lo svolgimento del comizio, previsto per le 18,30, ma questo è stato anticipato alle 17 per evitare la contestazione e la rabbia popolare. I manifestan-ti hanno marciato verso la fe-sta dell’“Unità” e, dopo aver sfila-to per gran parte di via Umberto, una volta arrivato dinnanzi a villa Bellini, sono stati caricati a freddo dalle “forze dell’ordine”. Due ra-gazzi sono stati fermati durante gli scontri per poi essere rilasciati la sera ed infine denunciati a pie-de libero nei giorni successivi. Le

immagini della violenta repressio-ne delle “forze dell’ordine” hanno fatto il giro d’Italia a dimostrare di che pasta è fatto il nuovo duce.

Queste due settimane di lot-te contro il governo affamatore Renzi, sono comunque state una enorme vittoria.

gini che non ci piacciono. Napo-li ogni giorno nel conflitto sociale individua mediazioni apprezzabili con il contributo di tutti. Quando c’è il premier tutto cambia. Pez-zi di città vengono militarmente occupati. A Napoli il livello di co-operazione istituzionale è di alto livello. E abbiamo grandissimo apprezzamento per le donne e gli uomini delle forze dell’ordine che ogni giorno operano in una città complicatissima in condizioni dif-ficili anche con carenza di mezzi e personale. Centri sociali e mo-vimenti sono per noi elemento co-stituivo del riscatto della nostra città. La non violenza e la decli-nazione pacifista è la strada che la città ha preso senza esitazio-ne. La repressione constatiamo è molto dura quando Renzi si muo-ve. Il dissenso politico, istituzio-nale e sociale che il premier non tollera, non può essere represso con eccesso di durezza. In que-sto momento esprimiamo solida-rietà ai feriti ed in particolare alla consigliera De Majo”. Un cerchio-bottismo inaccettabile con una formale solidarietà ai manifestan-ti e al contempo un elogio ingiu-stificato alle “forze dell’ordine” di Renzi e Alfano, fino all’appello alla non violenza e al pacifismo, quasi che a sbagliare fossero proprio i manifestanti che protestano trop-po duramente.

A differenza degli acrobati-ci quanto ipocriti comunicati di De Magistris, noi marxisti-lenini-sti esprimiamo piena solidarietà ai manifestanti ingiustamente re-pressi e manganellati dalle “forze dell’ordine” del nuovo duce Renzi. E siamo d’accordo con il loro co-municato in cui invitavano le mas-se popolari napoletane a “non fare un passo indietro” nella lotta contro l’esecutivo in camicia nera e i suoi lacchè.

napoliambigua “solidarietà” del sindaco de magistris,

solidarietà militante marxista-leninista ai manifestanti manganellati

�Redazione di NapoliIl governo del nuovo Mussoli-

ni passa letteralmente alle vie di fatto e alle parole sostituisce il manganello. È quello che è suc-cesso lunedì 12 settembre in due distinti cortei nel centro di Napoli che contestavano le politiche af-famatrici di Renzi e soprattutto il suo piglio ducesco nella questio-ne Bagnoli.

Verso le 20 centinaia di ma-nifestanti lo contestavano men-tre si recava al Teatro S. Carlo. All’altezza della Galleria Umber-to I le “forze dell’ordine” in asset-to antisommossa impedivano il passaggio verso lo storico teatro napoletano e poi caricavano du-ramente.

Nel corso degli scontri persino la consigliera comunale Eleonora De Majo del gruppo “Dema”, fa-cente parte della maggioranza a sostegno della giunta arancione di De Magistris, è stata colpita da una manganellata a freddo men-tre stava rilasciando un’intervista, riportando dei segni visibili all’al-tezza della fronte. “Noi non abbia-mo paura - ha ribadito De Majo - il paese reale non ha paura di sma-scherare il governo Renzi e le sue passerelle. Possono provarci in tutti i modi, possono chiudere le strade con l’esercito, la polizia, i blindati. Ma la rabbia di chi vuo-le una società più giusta andrà a bussare sempre alle loro porte”.

La protesta non si è fermata e un altro centinaio circa di manife-stanti si è raggruppato all’altezza

di piazza Trieste e Trento, a due passi dal Teatro S. Carlo, gridan-do slogan contro Renzi e il suo governo. All’altezza di via Chiaia, all’improvviso e senza preavviso, il vicequestore aggiunto Maurizio Fiorillo ordinava la carica contro i manifestanti. Molto “strano” che a gestire il cosiddetto “ordine pub-blico” in piazza vi fosse Fiorillo, già corresponsabile del reparto che gestì piazza Alimonda dopo l’uccisione di Carlo Giuliani a Ge-nova nel 2001. I manifestanti di-chiaravano che la carica sarebbe cominciata con delle parole ag-ghiaccianti, non ancora smentite dal vicequestore: “Vi sparo in te-sta!”.

La venuta a Napoli del premier ha approfondito una “spaccatura” con il sindaco De Magistris: “sono lieto di questa intenzione di incon-trarsi ma non posso accettare: - ha affermato stizzito l’ex pm - non si comprendono le ragioni per le quali un incontro istituzionale più volte richiesto debba necessaria-mente avvenire, a pochi minuti dal concerto, alla presenza irrinuncia-bile del commissario su Bagnoli”, Salvo Nastasi.

Opportunista e ambiguo il co-municato di “solidarietà” che De Magistris inoltrava ai manifestan-ti: “in tutto questo scenario ieri anche una consigliera comuna-le, Eleonora De Majo, in Galle-ria Umberto è stata colpita ne-gli scontri tra attivisti sociali - che contestavano duramente Renzi - e le forze dell’ordine. Sono imma-

Catania, 11 settembre 2016

Napoli, 12 settembre 2016

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14 il bolscevico / imperialismo italiano N. 35 - 29 settembre 2016

Sotto la maschera umanitaria

L’ItaLIa ImperIaLISta rItorna In armI neLLa Sua ex coLonIa LIbIca

Gli interventi militari imperia-listi camuffati ipocritamente da missioni umanitarie sono oramai un numero consistente ai quali si è aggiunto buon ultimo quello dell’Italia imperialista che ritorna in armi nella sua ex colonia libi-ca.

Lo ha confermato il 13 set-tembre di fronte alle commissio-ni esteri e difesa della Camera la ministra della Difesa Roberta Pinotti che assieme al collega bellicista ministro degli Esteri Pa-olo Gentiloni ha giustificato con la maschera della missione uma-nitaria l’invio di 300 militari, dei quali solo 65 medici, in Libia.

L’operazione, ipocritamente battezzata col nome di “Opera-zione Ippocrate”, prevede l’in-stallazione di un ospedale da campo italiano, all’interno della base dell’accademia aerea di Mi-surata, che sarà operativo entro un paio di settimane perché do-vrà garantire, secondo la Pinotti, l’assistenza medica urgente ai militari libici feriti sul campo nei combattimenti in corso contro le basi dello Stato islamico (IS) a Sirte. L’offensiva lanciata dal

governo di Tripoli col sostegno dell’aviazione americana ai primi di agosto e che ha trovato nelle forze dell’IS una accanita resi-stenza tanto da non essere anco-ra concluso. L’intervento prevede anche l’impiego di un velivolo C27J dell’Aeronautica Militare, nel caso fosse necessaria una evacuazione di emergenza, e di una nave al largo delle coste libi-che per il supporto logistico.

Un paio di centinaia di militari sono ancora un numero limitato ma non è questo l’aspetto deter-minante che caratterizza invece una “missione umanitaria” di fatto già concepita come una missione di supporto sul campo alla guer-ra, quindi una missione di guerra vera e propria. Finora il governo Renzi non ha partecipato diretta-mente all’aggressione alla Libia, ha tenuto le nostre forze militari in seconda linea; i 200 parà della Folgore a Misurata sono però già a ridosso della prima linea.

Il piano presentato alla Came-ra dai ministri Pinotti e Gentiloni per una formale approvazione parlamentare era operativo con la portaerei Garibaldi già in viaggio

verso le coste libiche. L’operazio-ne era stata messa in moto il 10 agosto con la richiesta ufficiale del primo ministro libico Fayez Serraj; il suo vice premier Ahmed

Maitig aveva anche avanzato l’idea che la Marina Militare italia-na potesse ormeggiare una nave-ospedale nel porto di Misurata. Il Comando Operativo Interforze

di Centocelle effettuava a metà agosto, nel pieno dell’offensiva su Sirte, un paio di missioni di ricognizione e stabilito la dislo-cazione dell’ospedale all’interno della base dell’accademia aerea di Misurata, nella stessa area che ospita anche i gruppi delle forze speciali americane, inglesi e ita-liane che hanno sostenuto l’of-fensiva libica contro l’IS.

Sì perché soldati italiani dei corpi speciali delle forze armate sono già presenti da tempo in Li-bia, agiscono in operazioni “sotto copertura” secondo le recenti mi-sure adottate dal governo Renzi in merito alle missioni all’estero che ritiene di gestire in proprio e mantenere segrete.

Il contesto dell’Operazione Ippocrate in Libia la caratterizza quindi in tanti modi fuorché quel-lo ufficiale di missione umanitaria, in una situazione che rischia tra l’altro di degenerare velocemen-te in una guerra civile. La foglia di fico della missione umanitaria è stata smascherata duramente da Pax Christi che giudica “sba-gliato il ricorso allo strumento mi-litare per risolvere una situazione

degenerata proprio a seguito di devastanti spedizioni militari”.

A metà settembre il generale Khalifa Haftar, capo della milizia del governo di Tobruk che non si è sciolto per confluire in quel-lo ufficialmente riconosciuto di Serrai, una volta ricevute le armi dallo sponsor egiziano al Sisi ha lanciato una offensiva nel centro della costa libica e ha occupato Es Sider, Ras Lanuf e Brega, 3 dei principali terminal petroliferi controllati da milizie alleate del governo di Tripoli.

In Libia “la situazione è fra-stagliata e con elementi di in-stabilità”, aveva riconosciuto la Pinotti nell’audizione alla Camera ma su diversi versanti, quali lotta al terrorismo, azioni umanitarie, addestramento “sono stati com-piuti passi concreti che valutiamo molto positivi”. Tale restava il giu-dizio del governo Renzi lanciato verso la Libia e la ministra della Difesa garantiva che a fine mese avrebbero preso il via le ope-razioni di addestramento della guardia costiera e della marina libica nell’ambito della missione europea Eunavfor Med.

Il piano italiano per l’esercito europeo La Mogherini ha già pronto un progetto che ha presentato al vertice di Bratislava

“Non è una novità che tra gli Stati membri ci siano posizioni diverse, anche profondamente diverse, su temi come la crescita economica o l’immigrazione. Ep-pure c’è un terreno che ha tenuto a Bratislava, anzi si è consolidato, ed è quello della politica estera e di difesa comune. Sulla difesa abbiamo iniziato a costruire un nuovo assetto, sulla base di una politica estera che, a dispetto di certe semplificazioni, divisa non è”. Così Federica Mogherini, dal suo punto di vista di alto rappre-sentante per la politica estera e di sicurezza europea, ha espresso la sua soddisfazione per i risultati del vertice dei 27 governi della UE tenutosi lo scorso 16 settembre a Bratislava, il primo dopo la Brexit e senza la presenza della Gran Bretagna. Vertice generalmente considerato inconcludente e de-ludente, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche e dell’immigrazione, ma non evi-dentemente per quanto riguar-da la politica militare e di difesa comune, sulla quale la sintonia tra le cancellerie europee è stata unanime.

“In un contesto geopolitico complesso, rafforzare la coope-razione dell’UE nel campo della sicurezza esterna e della difesa”, indica infatti nella lista degli obiet-tivi da perseguire la dichiarazione finale del vertice. E tra le “misure concrete” per realizzarlo c’è l’im-pegno di prendere al Consiglio europeo del prossimo dicembre “la decisione su un piano di at-tuazione concreta in materia di sicurezza e difesa e sui modi per utilizzare al meglio le possibilità offerte dai trattati, in particolare in materia di capacità”. Può sem-brare un programma generico, ma non è così. In realtà, come la soddisfazione della Mogherini di-mostra, è solo la sintesi formale di un via libera ad un piano strut-turato e in fase già avanzata per la creazione di un vero e proprio esercito europeo, nell’ambito più ampio di una politica estera e di difesa europea. Un piano che

vede l’Italia in prima fila, insieme a Francia e Germania, se non di primissima fila nel ruolo di pro-motrice, dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla UE, Paese che più di tutti aveva sempre frenato sull’adozione di una politica di difesa comune.

Il ruolo di punta rivendicato dall’Italia

Questo ruolo di punta che l’Italia di Renzi aspira ad assu-mere era emerso chiaramente al Vertice di Ventotene con Merkel e Hollande del 22 agosto, che il nuovo duce aveva voluto non a caso tenere sulla portaerei Gari-baldi. Con la proposta, accetta-ta senza problemi dai suoi due partner, di creare subito un pri-mo nucleo di esercito comune tra i Paesi “che ci stanno”, con obiettivi, strategie e armamenti integrati ed un unico centro di co-mando, nonché appositi accordi tra le rispettive industrie belliche nazionali e risorse economiche e finanziarie adeguate da mette-re in comune. Il tutto sfruttando quanto già prevedono i trattati europei, senza bisogno di modi-ficarli, e lasciando poi al tempo il compito di formalizzare meglio il progetto e tirarci dentro anche il resto dei 27.

Una proposta già anticipata in parte alcuni giorni prima dai ministri degli Esteri Gentiloni e della Difesa Pinotti in una lettera aperta per il quotidiano francese Le Monde, in cui avevano chie-sto, dopo l’uscita del Regno Uni-to dalla UE, la costruzione di una “Schengen europea della difesa”, con l’obiettivo di formare una “forza multinazionale europea con le funzioni e il mandato sta-bilito congiuntamente, con una struttura di comando, processo decisionale e meccanismi di bi-lancio comuni”.

La proposta di Renzi si inseri-va perfettamente nel progetto di “Global strategy” per una politi-ca estera e di sicurezza comune presentata da Federica Mogheri-ni al vertice europeo dello scorso

giugno. All’immediata vigilia del summit di Bratislava, infatti, in una lettera da lei inviata ai pre-sidenti Junker e Tusk e ai leder europei per ribadire i “cinque blocchi principali” del suo piano, l’alto rappresentante sottolineava, a proposito della politica di difesa, di stare “lavorando in stretta colla-borazione con i ministri degli affari Esteri e della Difesa sui principali elementi di un un Piano di Attua-zione (‘Implementation Plan’), con il focus su quanto concretamente attuabile e progettando sulla base del pieno potenziale che discen-de dai Trattati europei”.

Mettendo l’accendo sulla ne-cessità di una “cooperazione rafforzata” per la difesa comune, Mogherini aggiungeva che il suo piano “include, tra l’altro, la defi-nizione di un ‘Livello europeo di Ambizione’, il rafforzamento delle capacità di sviluppo di capacità militari e civili; l’approfondimento della cooperazione europea nella Difesa; la revisione degli strumen-ti e delle strutture per pianificare le operazione a guida UE, inclusi gli aspetti finanziari; la valorizzaz-zione delle nostre partnership, a cominciare dalla messa in atto della Dichiarazione UE-NATO di Varsavia”. L’alto rappresentan-te concludeva poi annunciando l’intenzione di ottenere un primo accordo sulla “Strategia globa-le” al consiglio dei ministri degli esteri UE di ottobre, e un succes-sivo accordo sul “più specifico ‘Implementation Plan’” al Con-siglio esteri-difesa di novembre. Il tutto da sottoporre poi all’ap-provazione del vertice europeo di dicembre, “comprese concrete proposte per l’attuazione della Strategia”.

Gioco di squadra renzi-Gentiloni-pinotti-mogherini

Come si vede il coordinamento tra il governo Renzi e la Mogherini è palese, per non dire sfacciato. D’altra parte il nuovo duce non se l’è certo scelta a caso per quel ruolo di “ministra” degli esteri e della difesa europea. Le linee gui-

da del piano italiano, recepite nel-la “Strategia globale” della Mo-gherini, erano state fissate in un documento elaborato una decina di giorni prima di Bratislava dai ministeri degli Esteri e della Dife-sa. Vi si prospetta innanzi tutto la necessità di incentivare la colla-borazione tra le industrie e i labo-ratori di ricerca, con un’opportu-na politica di defiscalizzazione e di sovvenzioni ai settori strategici ad alta tecnologia, e anche so-spendendo per essi il “patto di stabilità”, per meglio affrontare gli ingenti investimenti, insostenibili per i singoli Paesi, necessari per l’ammodernamento degli arma-menti del nuovo esercito euro-peo. A questo proposito Mauro Moretti, amministratore delegato di Leonardo, l’ex Finmeccanica finora più legata ad accordi con la Gran Bretagna, ha già dichiara-to di essere pronto a collaborare con i francesi di Airbus.

Nel documento italiano si au-spica poi la presentazione di un “Libro bianco della Difesa euro-pea” per la razionalizzazione del personale militare e dei sistemi d’arma sul modello di quello adottato dal ministero della guer-rafondaia Pinotti. Si invita a sfrut-tare gli spazi giuridici già esistenti nel trattato di Lisbona per mettere in piedi una “cooperazione strut-

turata permanente” tra i Paesi che decidono di aderire subito al progetto, e di formare con questi un “ristretto gruppo di contatto a livello politico e militare”, con la creazione di un “Direttorato cen-trale per le missioni militari e civi-li”, che valorizzi anche i “centri di eccellenza (bellica s’intende, ndr) esistenti nelle singole nazioni”. A questo proposito il documento sottolinea che l’Italia vanta un pri-mato nell’addestramento dei piloti militari e nelle missioni con i droni.

Le proposte della mogherini a bratislava

In una lunga intervista dell’8 settembre al megafono ufficioso di Renzi, la Repubblica, Federica Mogherini, dopo aver ricorda-to che la UE è già impegnata in ben 17 operazioni militari e “ci-vili” in campo internazionale, e che “molte cose concrete pos-sono essere fatte senza bisogno di toccare i trattati”, ha spiegato quali sono nel concreto le propo-ste che poi ha presentato al verti-ce di Bratislava.

Al primo posto ci sono i “bat-tlegroups”, ovvero “unità multi-nazionali europee di intervento rapido”: “Esistono già da anni, lavorano e si addestrano insieme. Ma non sono mai stati utilizzati

sul terreno”, ha sottolineato Mo-gherini. Al secondo c’è il ricorso “all’articolo 44 del Trattato, che prevede la possibilità di delega-re a un ristretto gruppo di Paesi il compito di condurre azioni mi-litari in nome e per conto di tut-ta l’Unione”. Al terzo posto c’è la creazione a Bruxelles di un “Quartier generale comune che gestisca tutte le operazioni mili-tari e civili”. E infine al quarto la messa in comune delle risorse per i “giganteschi investimenti che sono necessari nel settore della Difesa”.

Giganteschi investimenti bellici che il vertice della UE ha eviden-temente approvato all’unanimità e senza battere ciglio, mentre gli stessi 27 governi continuano a predicare e imporre una politica di lacrime e sangue per le mas-se lavoratrici e popolari europee, e corrono a sbarrare e armare le frontiere per respingere i profu-ghi e i migranti che bussano alle sue porte per sfuggire alla guer-ra e alla fame. Questo è dunque il vero volto dell’Unione europea imperialista, che vuol dotarsi di un esercito adeguato a suppor-tare la sua politica espansionista, neocolonialista e interventista, e nella cui costruzione l’Italia del nuovo duce Renzi ambisce ad avere un ruolo di primo piano!

La guerrafondaia Pinotti

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N. 35 - 29 settembre 2016 esteri / il bolscevico 15Conclamata la crisi della superpotenza europea

Il vertICe dI BratIslava d’aCCordo sulla “dIfesa” della ue

In disaccordo sull’immigrazione e sull’economia

Il presidente della Commis-sione europea Jean-Claude Juncker alla plenaria di Stra-sburgo in apertura nel discorso sullo stato dell’Unione lo scorso 14 settembre aveva afferma-to che “un anno fa avevo det-to che la situazione nell’Unione europea lasciava a desiderare, non c’era abbastanza Europa e non c’era abbastanza unione nella Ue. A un anno di distan-za questa constatazione in Eu-ropa resta. La Ue non è un gran forma. Sono cambiate tante cose. Possiamo parlare di crisi esistenziale“. Il vertice di Brati-slava del 16 settembre, il primo dopo il risultato del referendum favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea (Ue), conferma l’esistenza del-la crisi della superpotenza im-perialista europea, registra le divisioni su temi importanti qua-li immigrazioine e economia; si salva sostanzialmente l’intesa sulla “difesa” della Ue ovvero sulla maggiore integrazione mi-litare fra chi ci sta, non più osta-colata dalla presenza della filo-atlantica Londra.

Nella conferenza stampa fi-nale, quella in coppia col pre-sidente francese Francois Hol-lande e senza Matteo Renzi, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha lanciato un appel-lo alla coesione perché “sen-za l’unità europea non riuscire-mo a raggiungere gli obiettivi”, ha sostenuto che “lo spirito di Bratislava è di collaborazio-ne” e che “il vertice si è tenuto in un’atmosfera buona e molto costruttiva”. Secondo l’asse franco-tedesco i leader euro-pei avevano raggiunto un ac-cordo sul percorso per svilup-pare una serie di provvedimenti

in materia di difesa, sicurezza ed economia che dovrebbero essere approvati al vertice di Roma di marzo, per il 60° an-niversario della firma dei tratta-ti fondativi dell’Ue. Germania e Francia “lavoreranno molto in-tensamente nei prossimi mesi affinchè tutto questo abbia suc-cesso”, assicuravano Merkel e Hollande a sottolineare il ruolo guida del tandem Berlino-Pari-gi.

Un’intesa che viaggiava a pieno regime sulla questione del potenziamento della “dife-sa” della Ue. I due paesi po-tenze militari nella Ue sono Francia e Gran Bretagna che coprono il 50% delle spese mili-tari europee; a causa della Bre-xit, quantunque non ancora de-finita nei tempi e nelle modalità, Parigi resterà sola e Hollande ha sottolineato che “la Fran-cia fa lo sforzo principale per la difesa europea, ma non puo’ essere sola”, chiamando alla collaborazione intanto la Ger-mania, con l’Italia di Renzi che scalpita per non essere lascia-ta in secondo piano anche sulla questione militare.

La base dell’intesa tra i due paesi è un breve documen-to presentato a Bruxelles il 12 settembre a firma congiunta dei ministri della Difesa tedesca Ursula von der Leyen e france-se Jean-Yves Le Drian. La va-sta produzione di documenti in tal senso comprende il proget-

to italiano illustrato in un inter-vento congiunto pubblicato l’11 agosto sul quotidiano france-se Le Monde dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e dal mi-nistro della Difesa Roberta Pi-notti che lanciavano per conto del governo Renzi la proposta di creare un esercito europeo, il braccio armato della supe-potenza imperialista europea chiamato “forza multinazionale europea”. L’argomento era og-getto di un progetto riassunto nelle proposte che ha presen-tato al vertice di Bratislava l’al-to rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea Federica Mogherini. L’intesa al momento comprende l’idea di creare un unico quartier gene-rale a Bruxelles, che iniziereb-be dal coordinamento dei com-ponenti dell’Eurocorps e dei

gruppi di battaglia multinazio-nali creati nel 2007 ma mai di-venuti operativi.

L’intesa tra i 27 si è realiz-zata anche sul tema della “si-curezza” e della difesa delle “frontiere esterne” istituendo uf-ficialmente la guardia costiera e di frontiera europea.

Disaccordo mostrato in ma-niera strumentale ma palese da parte di Renzi sull’immigra-zione e sull’economia. Era cer-tamente esagerato il giudizio dopo il vertice bilaterale del 31 agosto a Maranello con Ange-la Merkel di Renzi che avreb-be sottolineato come “sono due Paesi-guida in Europa, la Ger-mania e noi”. Parimenti forzati sono i toni renziani della pole-mica imbastita alla conclusione del vertice di Bratislava. Una fonte del governo tedesco pre-

cisava all’Ansa che la roadmap di Bratislava “è stata condivisa e concordata da tutti e 27 i lea-der presenti” e che in base allo “spirito di collaborazione” sotto-lineato nella conferenza stam-pa dalla Merkel l’agenda dei prossimi mesi è stata approva-ta all’unanimità.

Certo è che in merito all’im-migrazione la Ue resta ferma all’intesa con la Turchia che funziona da paravento sulla via balcanica e al momento chiu-de ancora gli occhi sulla via mediterranea. A una settimana di distanza dal vertice, e dopo la nuova batosta elettorale, la Merkel ha riconosciuto che Ita-lia e Grecia sono state lascia-te sole nel sostenere l’urto del flusso migratorio. Intanto si co-struiscono altri muri come quel-lo a Calais.

A Bratislava la Merkel ha chiuso la porta alle rinnovate ri-chieste italiane di una maggiore flessibilità nel bilancio pubblico. Renzi ha replicato che anche “la Germania non rispetta le re-gole” e continua a ampliare le esportazioni e a violare “la re-gola del surplus commerciale: dovrebbe essere al 6% e invece sfiora il 9%” e non investe i mi-liardi di euro in più che incassa. E Renzi rincara la dose affer-mando che “noi non possiamo fare la foglia di fico ai proble-mi degli altri. Dobbiamo ricono-scere che la ricetta dell’auste-rità dell’Europa era sbagliata e quella di Obama giusta. Lo di-cono i numeri”. I numeri dicono che la ricetta di Obama, quel-la di lasciar correre il deficit di bilancio, ha già portato quello italiano a livelli spropositati ed è la causa dei vincoli mantenuti su Roma da Bruxelles. Se non è zuppa è pan bagnato, nulla cambia per le masse popolari costrette comunque a pagare il salatissimo conto.

Costerà oltre 2 mIlIonI dI euro

londra erige a Calais un muro contro i migranti

Il sottosegretario britanni-co per l’Immigrazione Robert Goodwill confermava lo scor-so 7 settembre nell’intervento

alla commissione parlamenta-re riunita a Londra per delibe-rare sulla situazione nei porti di Dunkerque e Calais la costru-

zione di un muro contro i mi-granti che sarà realizzato in cemento armato alto quattro metri e lungo quasi due chi-lometri su entrambi i lati della strada che conduce al porto, la Rocade, della città france-se fino all’imbarco dei traghet-ti per Dover e del tunnel per i treni che passano sotto la Ma-nica.

Una misura decisa a Lon-dra, di concerto con Parigi, poi-ché per snellire il traffico allo sbarco dei traghetti e all’usci-ta dai treni all’arrivo rispettiva-mente a Dover e Folkestone in Inghilterra, il “confine britanni-co” non è in Gran Bretagna ma in territorio francese a Calais.

Il muro che sarà camuffato con fiori e piante si aggiunge-rà alle recinzioni esistenti che non bastano a frenare i ten-tativi delle migliaia di migranti che sono nel campo di Calais di salire a bordo dei camion o dei treni diretti a Dover. “Le mi-sure attuali non bastano”, sot-tolineava Goodwill, che pro-metteva la costruzione anche di uno spazio “sicuro” di sosta per 200 camion; muro e piaz-zale di sosta dovrebbero esse-

re costruiti entro fine anno.La ministra degli Interni bri-

tannica Amber Rudd sottoline-ava che “il nostro compito è di permettere ai francesi di au-mentare la sicurezza a Calais. Forniamo i fondi ma sono loro a decidere come gestirli” per ri-badire che non era un proget-to esclusivamente britannico ma una applicazione del “Trat-tato di Le Touquet”, firmato nel 2003 dall’allora ministro dell’in-terno laburista David Blunkett e dall’allora presidente france-se Nicolas Sarkozy, che istitu-zionalizzò l’accampamento dei migranti di Calais e definì il si-stema dei controlli britannici su suolo francese. Un trattato bi-laterale che dovrebbe deca-dere in seguito all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione eu-ropea. Ma che intanto partori-sce un altro odioso muro con-tro i migranti. Secondo quanto definito dall’accordo per la co-struzione del muro definito nel marzo scorso dal costo di cir-ca 2,7 milioni di euro prelevati dal pacchetto di oltre 20 milio-ni di euro stanziati da Londra per rafforzare le strutture anti-migranti a Calais.

La Rpd di CoRea ha diRitto ai test atomiCi

La Cina come gli Usa la condannaLo scorso 9 settembre la

televisione di Stato della Re-publica popolare democratica di Corea ha diffuso un comu-

nicato per annunciare il suc-cesso di un esperimento ato-mico condotto, secondo fonti americane, presso la base di

Pungyye-ri. Il quinto test ato-mico era stato ordinato dal pre-sidente Kim Jong-un per ricor-dare il 68° anniversario dalla fondazione della Rpd di Corea.

Il governo di Pyongyang, rife-riva l’agenzia di stampa nordco-reana Kcna, spiegava che il quinto test atomico era una ri-sposta necessaria alla minaccia nucleare americana e alle san-zioni imposte sul paese. Nel co-municato si annunciava che la potenza nucleare sarà rafforza-ta “nella quantità e nella qualità”.

“Continueremo a rafforzar-ci come nazione nucleare per difendere la nostra autentica pace, la nostra dignità e il dirit-to alla vita”, sottolineava la Kcna e annunciava che il governo della Corea del Nord chiedeva agli Stati Uniti il riconoscimento come “legittimo Paese dotato di armi nucleari”.

La Rpd di Corea ha diritto ai test atomici, un diritto negato dall’imperialismo americano e dal compiacente Onu che a ogni stormir di fronda a Washing-ton reagisce proponendo nuove sanzioni contro Pyongyang.

Sanzioni unilaterali annun-ciate immediatamente del presi-dente Barack Obama: “Gli Stati Uniti non accettano e non accet-teranno mai la Corea del Nord come stato nucleare” e conside-rava il lancio nordcoreano come “una grave minaccia alla sicurez-

za della regione e alla pace in-ternazionale”. Nel sottolineare che gli Stati Uniti erano al lavo-ro con i paesi alleati per concor-dare nuove sanzioni da imporre a Pyongyang affermava di aver sottolineato “ancora una vol-ta alla presidente sudcoreana Park Geun-hye e al primo mini-stro giapponese Shinzo Abe l’ir-removibile impegno americano per prendere le misure neces-sarie per difendere i nostri alleati nella regione, inclusi l’installazio-ne della batteria missilistica ter-minal high altitude area defense (Thaad) e l’impegno a fornire ul-teriori deterrenti, garantiti dall’in-tera capacità della difesa ameri-cana”.

La Cina, come gli Usa, con-dannava l’esperimento nuclea-re. Ma pensava anche al proprio interesse imperialista invitando “tutte le parti alla moderazione” e osservando che “la decisione Usa di installare il sistema an-ti-missile Thaad nella penisola coreana danneggia seriamen-te l’equilibrio strategico nella re-gione”. Un colpo al cerchio e uno alla botte.

Il dispiegamento dello scudo antimissile Thaad, annunciato da Washington e Seul nella pe-nisola, sé uno dei nuovi punti cri-tici delle contraddizioni intrerim-perialiste nella regione tra Usa e Giappone da una parte e Cina e Russia dall’altra.

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

SETTEMBRE

212222

29

721

Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil - Un’ora di sciopero nazionale e assemblee in tutti i luoghi di lavoro

Filctem-Cgil, Flaei-Cisl, Uiltec – Sciopero lavoratori Elettricità Tirreno Power per l’intera giornata

Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl-Trasporto Aereo, Anpac, Anpav, Usb Lavoro Privato – Gruppo Alitalia Sai - CityLiner –

Sciopero personale navigante tecnico e di cabinaCub-Trasporti - Trasporto Ferroviario – Sciopero lavoratori

Gruppo Fsi, Trenitalia SpA, Rfi SpA, Trenord, Nuovo Trasporto Viaggiatore e Trasporto Merci Serfer-Servizi

Ferroviari, SBB Cargo Italia Srl,DB Cargo Italia Srl

Unione studenti – Sciopero e mobilitazione nazionale degli studenti

USB – Usi - Pubblico Impiego - Comparto Pubblico Impiego – Sciopero dei dipendenti pubblici e Comparto scuola,

compresi i lavoratori precari di qualsiasi tipologia

OTTOBRE

Il progetto inglese del muro attorno all’autostrada a Calais

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6 il bolscevico / interni N. 20 - 19 maggio 2016

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VOTA NOalla controriforma piduista

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Al referendum di ottobre

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] -- www.pmli.it

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