GRAN SASSO

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COLLANA LUOGHI VERTICALI EDIZIONI VERSANTE SUD

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Arrampicate su roccia Alberto Bazzucchi, Igor Brutti

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COLLANA LUOGHI VERTICALI

EDIZIONI VERSANTE SUD

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Prima edizione Luglio 2012ISBN 978-88-96634-54-7

Copyright © 2012 VERSANTE SUD S.r.l. Milano via Longhi, 10, tel. 027490163www.versantesud.it

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Copertina Corno Piccolo, Paolo De Laurentis sul primo tiro della Via del Monolito (arch. B. Mengoli)

Testi Alberto Bazzucchi, Igor Brutti

Disegni Igor Brutti

Fotografie Degli autori dove non diversamente specificato

Stampa Monotipia Cremonese (CR)

Ringraziamenti

NotaL’alpinismo è uno sport potenzialmente pericoloso, chi lo pratica lo fa a suo rischio e pericolo. Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazio-ni disponibili al momento, ma vanno verificate, e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi scalata.

Una guida alpinistica non è mai frutto del lavoro di uno solo o di pochi. Un debito di riconoscenza particolare va a coloro che hanno messo a nostra disposizione una parte significativa del loro tempo e della loro esperienza: Antonio Caporale, Paolo De Laurentis (per il quale il Corno Piccolo sembra non finire mai), Roberto Iannilli (oltre che per il merito anche per la sua disponibilità e serietà), Samuele Mazzolini (importante ausilio per diverse vie “difficili” del Gran Sasso), Marco Iovenitti, Roberto Mancini, Bruno Vitale (per l’enorme cortesia e puntualità), Adriano Olivieri, Daniele Moretti, Andrea Di Donato, Lorenzo Angelozzi, Claudio Arbore, Antonio Palermi (per le numerose e belle fotografie), Paride Gallese, Emanuele Pontecorvo, Luca Mazzoleni, Pino Sabbati-ni, Angelo Di Marco, Agostino Cittadini (soprattutto per gli ambienti più “ostici” del Corno Grande), Luca Grazzini (per la disponibilità e lo scrupoloso, infatica-bile, lavoro di aggiornamento sulle vicende di que-sta montagna), Marco Zaffiri, Leandro Giannangeli.

Ringraziamo inoltre Leucio Rossi, che ci ha illustrato la cartografia del Gran Sasso d’Italia da poco editata dal CAI e la nuova denominazione dei sentieri; Ales-sandro Marucci, che ha curato con perizia le cartine dei principali gruppi. Un particolare grazie a Stefano Ardito che ha scritto con la sua consueta precisione la parte sulla storia alpinistica del Gran Sasso e ha curato la stesura della Bibliografia.Una menzione particolare va alla Fondazione Cari-spaq che ci ha consentito di affrontare il progetto con mente più leggera.Siamo particolarmente lieti per il patrocinio che il Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga ha inteso offrire a questa pubblicazione e per le belle immagini concesse.Siamo infine riconoscenti verso tutti coloro che han-no manifestato interesse e condiviso questo lavoro, anche quelli incontrati casualmente su sentiero o per via che, seppur inconsapevolmente, hanno fornito elementi utili per arricchirla e migliorarla.

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Alberto Bazzucchi Igor Brutti

GRAN SASSOVie classiche, moderne e d’avventura

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EDIZIONI VERSANTE SUD

Con il patrocinio

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ne Prefazione“Sandro portava all’occorrenza trenta chili di sacco, ma di solito andava senza: gli basta-vano le tasche, con dentro verdura, come ho detto, un pezzo di pane, un coltellino, qual-che volta la guida …., tutta sbertucciata, e sempre una matassa di filo di ferro per le operazioni di emergenza. La guida, poi, non la portava perché ci credesse: anzi, per la ragione opposta. La rifiutava perché la sen-tiva come un vincolo; non solo, ma come una creatura bastarda, un ibrido detestabi-le di neve e roccia con carta. La portava in montagna per vilipenderla, felice se poteva coglierla in difetto, magari a spese sue e dei compagni di salita.”

Primo Levi, Ferro, in Il sistema periodico, Ei-naudi, Torino, 1975

Il Gran Sasso è una montagna dalle molte facce. Forme, colori, roccia, paesaggio, variano armonicamente in tutta la sua estensione e consentono di appagare i più diversi appetiti arrampicatori. Placche appoggiate di inaudita compat-tezza, verticalità dolomitiche, strutture aggettanti, pareti assolate e muraglie selvagge e solitarie, diedri, fessure, camini, roccia da urlo e sfasciumi inenarrabili, il facile e il difficile. Ognuno può praticarvi il “suo” alpinismo oppure cimentarsi con terreni diversi e inediti. Forse è anche per queste ragioni che, in fondo, si scrive una guida alpinistica: per dare mostra e senso a una forma di

ricchezza che si svolge e si accumula in una dimensione verticale. Che poi la si ritenga “creatura bastarda” o la si porti in montagna al solo scopo di “vilipenderla”, come faceva Sandro nel ricordo di Primo Levi, è una eventualità che va considerata come parte del gioco. Non costituirà certo un “vincolo” ma piuttosto una finestra sulla libertà di andare dove e come si vuole. La guida copre le principali pareti del Gran Sasso, alcune assiduamente frequentate altre meno note ma allo stesso modo interessanti e meritevoli di una visita. Non sono censiti tutti gli itinerari esistenti ma una significativa rappresentanza di passato e presente. In questo senso grande è il debito di riconoscenza verso quell’opera imprescindibile che è stata e resta la Guida del Gran Sasso d’Italia del CAI/TCI, realizzata da Paolo Abbate e Luca Grazzini nel 1992, cui si aggiunge l’intensa e costante opera di aggiornamento curata da quest’ultimo. Nella scelta si è cercato di privilegiare il valore estetico e storico delle vie, l’eleganza della linea, il fascino ambientale, il piacere della scalata. È stato più importante cercare di capire se e quanto un itinerario fosse “rappresentativo” dell’insieme di questi caratteri invece di inseguire la sua reputazione o popolarità, indipendentemente dalla difficoltà. Anzi, vorremmo sommessamente esortare il lettore a valutare i segni di “+” e “-“ posti accanto al grado con

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equilibrio e la giusta dose di buon senso, come appendici utili ma tutto sommato accessorie, non certo essenziali. La scelta è naturalmente il frutto di valutazioni soggettive seppur corroborate dalle indicazioni e dai suggerimenti di molti. Per meglio orientarci e nella speranza di facilitare la lettura abbiamo immaginato di riassumere le diverse forme di alpinismo che ci sembrano oggi prevalenti in quattro idealtipi, anche a prezzo di qualche semplificazione: plaisir, moderno, classico e avventura, con cui poi sono stati classificati i singoli itinerari (questi aspetti sono approfonditi nell’Introduzione tecnica). Mila descriveva l’alpinismo come “una delle forme di conoscenza dove più inestricabilmente si uniscono il conoscere e il fare1” sottolineando come tale singolare alchimia si fosse trasmessa nel gergo degli arrampicatori quando dicono fare una via e non salire una via. In questo stesso senso potrebbe essere più appropriata l’espressione fare una guida e non scrivere una guida. Oltre all’insostituibile attività sul campo è stato determinante il ruolo dell’informatica. Le moderne attrezzature fotografiche e i software per l’elaborazione grafica rendono oggi possibile una rappresentazione della realtà prima impensabile. In particolare, questi strumenti hanno consentito di rileggere e ripercorrere gli itinerari storici con una visione rinnovata e di combinarli con quelli più recenti limitando le fratture, immaginando tra di essi una sorta di ideale linea di continuità. Abbiamo concepito questa guida soprattutto come un servizio. L’obiettivo è di fornire un ausilio a chiunque intenda accostarsi ed entrare in relazione con

questo magnifico massiccio montuoso, coi suoi versanti più scoperti o i suoi angoli più remoti, esperto o novizio che sia, nato in loco o forestiero. Con questo intendimento si è lavorato cercando di non commettere errori, di limitare al massimo le imprecisioni e le omissioni. Per gli uni e le altre che troverete invochiamo sin da subito la vostra indulgenza.

La preparazione di questo volume si è fusa ma meglio sarebbe dire si è confusa con le vicende del terremoto che ha colpito L’Aquila nell’aprile 2009. È cominciata in una casa, si è interrotta, è proseguita in altre case, in camper, all’aria aperta, in un incessante vagabondare che è un po’ lo stesso dei montanari prima ancora che degli alpinisti. In tal modo, ci piace immaginare le pagine che seguono anche come strumento di conoscenza e di promozione di questa porzione d’Abruzzo, che si aggiunge ad altri nella speranza di fornire un tassello utile alla sua difficile e complessa ripresa.

1 - Massimo Mila, Scritti di montagna, Einaudi, Torino, 1975

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Introduzione tecnica 10Bibliografia 18Storia alpinistica 20

1 MASSICCIO DEL CORNO GRANDE 27

Vetta Occidentale 29 Versante Sud 31 La Pera 38 Parete Est 44Torrione Cambi 69Vetta Centrale 82Vetta Orientale 85 Versante Sud 88 Il Paretone 95 Anticima Nord 108 2 MASSICCIO DEL CORNO PICCOLO 123

Parete Nord 126Prima Spalla 148 Parete Nord 151 Parete Ovest 165 Parete Sud Ovest 173Seconda Spalla 186 Parete Nord 188 Parete Ovest 197 Parete Sud Ovest 203Parete Est 228 Pancione e Crepa 233 Monolito 253 Torre Cichetti e Torrione Aquila 272Le Fiamme di Pietra 282 Punta dei Due 284 Campanile Livia 291

3 MASSICCIO D’INTERMéSOLI 299

Le Strutture 303 Lo Scudo 303 Pilastro giallo 308 Anfiteatro 313Secondo Pilastro 317 Parete Est 317 Parete Sud 333Terzo Pilastro 347Quarto Pilastro 359

Tabella riassuntiva degli itinerari 364

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Punti d’appoggio Corno PiccoloIl Rifugio Carlo Franchetti si trova in bellissima po-sizione su uno sperone roccioso al centro del Vallone delle Cornacchie (2433 m). Si raggiunge con circa un’ora di cammino, su sentiero comodo e frequen-tato, dalla Madonnina, stazione superiore della cabi-novia che sale da Prati di Tivo (in alternativa, lasciata l’auto in località Piana del Laghetto, con meno di due

ore si percorre il sentiero che sale lungo il crestone dell’Arapietra fino alla Madonnina proseguendo per il rifugio). È molto frequentato ed è un formidabile punto di appoggio per tutti gli itinerari che si svol-gono sul Corno Piccolo, in particolare la prospicien-te parete Est e le Fiamme di Pietra, ma anche per le ascensioni sul “Paretone” della vetta Orientale e dell’Anticima.

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Dal punto di vista alpinistico è forse il pezzo più pregiato di tutto il Gran Sasso. La principale porta d’accesso al Corno Piccolo è la stazione sciistica di Prati di Tivo, in provincia di Teramo. Appena fuori dall’ultimo tratto alberato della strada che risale da Pietracamela lo scenario è di quelli che lasciano col fiato sospeso: un vasto pendio erboso, su cui d’inverno corrono le piste da sci, risale con sempre maggiore pendenza fino alle pendici dell’ampia e compatta parete Nord creando un singolare e suggestivo contrasto. Sulla sinistra la cresta Nord Est è la prima di tre linee di cresta che confluiscono sulla cima del Corno Piccolo come tre grosse radici che lo fissano saldamente al terreno. Dal lato opposto risale dalla Val Maone il lungo e tormentato crestone Ovest che

si salda in alto con tre evidenti contrafforti adagiati uno sopra l’altro che la pratica e la consuetudine alpinistica hanno trasformato in tre cime distinte: Prima, Seconda e Terza Spalla. Quasi perpendicolarmente alle altre due la cresta Sud Est degrada verso la Sella dei Due Corni in un susseguirsi di torrioni e campanili che separano il Vallone delle Cornacchie dal Vallone dei Ginepri. Il versante orientale è caratterizzato dalla inconfondibile sagoma del Monolito e da un caratteristico pancione roccioso su cui corrono alcune delle vie più impegnative del massiccio. A fare da argine alle frastagliate propaggini meridionali si ergono le Fiamme di Pietra, una serie di compatte guglie rocciose non particolarmente elevate che costituiscono una valida e comoda palestra per l’avviamento all’alpinismo.

Corno Piccolo 2655 m.

Passo delle scaletteVallone delle

Cornacchie

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Il versante settentrionale del Corno Piccolo si affaccia interamente su Prati di Tivo ed è costituito da una compatta parete lunga circa 400 metri ma non particolarmente elevata. Dal basso si offre allo sguardo in tutta la sua estensione ma è solo risalendo con la cabinovia verso la Madonnina che comincia a prendere forma la sua particolare curvatura lasciando intuire le principali linee di salita. La prima e più immediata di queste è certamente l’aerea cresta Nord Est il cui percorso culmina, dopo alcuni salti, in vetta al Corno Piccolo. Essa offre la possibilità di una lunga e remunerativa traversata su tutto il massiccio soprattutto se combinata con la discesa lungo il versante meridionale per la via ferrata Danesi o la via Chiaraviglio-Berthelet. La parete Nord non è omogenea: la sua porzione sinistra è piuttosto verticale e compatta mentre quella destra appare frastagliata e incisa da profondi canali usati prevalentemente come vie di discesa. Oltre a diverse ascensioni di stampo classico, che si confermano felicemente nel tempo per stile e identità, è stata svolta negli ultimi anni una intensa attività esplorativa in chiave moderna che ha portato all’apertura di numerose vie che affrontano le sue belle e compatte placche. Si tratta di itinerari logici e divertenti, di difficoltà medie mai eccessivamente elevate, sempre attrezzati nei tratti più impegnativi e che richiedono una arrampicata per lo più tecnica. L’esposizione e la facilità d’accesso ne fanno un ottimo rifugio oltre che una soddisfacente alternativa alle assolate e spesso congestionate placche dei versanti meridionali nelle giornate estive particolarmente calde.

AccessoPer gli itinerari che si trovano nel tratto iniziale (1-11) dalla Madonnina (vedi accesso al Corno Piccolo) è consigliabile prendere il crinale che porta in prossimità dell’attacco della cresta NE e traversare sotto la parete (da 20 a 40 minuti). Per tutti gli altri è conveniente percorrere un tratto del sentiero Pierpaolo Ventricini: dalla Madonnina si risale il sentiero sovrastante in direzione della cresta NE, alla biforcazione si prende il ramo di destra (quello sinistro prosegue verso il Passo delle Scalette e il rifugio Franchetti) e si comincia a traversare sotto la parete lungo il sentiero Ventricini. Da questo si risalgono di volta in volta i pratoni superiori in corrispondenza dell’itinerario prescelto (da 40 minuti a 1 ora).

Discesa1) per la cresta Nord Est: è consigliabile per tutte le vie che si concludono direttamente sulla stessa (itinerari da 1 a 11). Una volta in cresta si scende facilmente fino al margine del 2° salto dove si trova sulla destra non immediatamente visibile un ancoraggio per doppia; si segue brevemente la cresta poi si scende senza difficoltà lungo un canale-rampa sulla sinistra per una cinquantina di metri; arrivati a una terrazza erbosa risalire 7-8 metri sulla destra a una selletta rocciosa e proseguire sul lato opposto per un canaletto erboso fino alla base della cresta; in breve per tracce di sentiero si raggiunge la Madonnina (1 ora). In alternativa, dalla base del secondo salto si prosegue sulla cresta oltrepassando il canale-rampa, ci si abbassa un poco e si prende una cengia che conduce fino al bordo del primo risalto della cresta NE da cui con un’altra doppia si scende alla base della parete; da qui brevemente alla Madonnina.2) per il Camino di Mezzo: è consigliabile

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per le vie che culminano in corrispondenza della comba ghiaiosa sotto l’anticima di Corno Piccolo (itinerari da 12 a 21). Usciti dalle vie si traversa a destra (brevemente per le vie più a destra, un po’ più a lungo per le altre) fino a una sorta di imbuto poco inclinato sulla verticale della vetta; si imbocca il canale e lo si percorre in parte sul fondo in parte sulla destra (faccia a valle) fino a un grosso masso che lo ostruisce formando un buco; si passa attraverso il buco e, seguendo un breve canalino, ci si porta alla base della parete pochi metri a fianco dell’attacco dello Spigolo di Paoletto (in alternativa, poco dopo l’imbocco del canale si incontra sulla destra un ancoraggio per doppia che permette di scendere in direzione del caratteristico buco). Nel caso il buco, a inizio stagione, fosse ostruito dalla neve si oltrepassa il masso e si traversa a sinistra. Si prosegue nella discesa fino a incontrare il sentiero Ventricini, con circa 200 metri di dislivello, da cui verso destra si raggiunge la

Madonnina (passi di 2 e 3, ore 1-1.30). 3) per la Via Normale da Nord: oltrepassare l’imbocco del camino di Mezzo e continuare a traversare; superato un canale si incontra uno sperone roccioso dal quale si comincia a scendere obliquando verso sinistra su delle rampe ora rocciose ora erbose che conducono alla base della parete e al sentiero Ventricini con cui si raggiunge la Madonnina (passi di 2, ore 1-1.30).

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Enzo Jannetta e Aldo Bonacossa, 1 novembre 19234/R2/III500 m Tempo di salita: ore 2.30-3.30Bellissima salita, panoramica, di grande soddisfazione, permette di lanciare lo sguardo sui principali versanti del Corno Piccolo. Qualche difficoltà, seppur contenuta, è concentrata nella parte iniziale per superare il primo risalto, per il resto si può procedere per lunghi tratti in conserva. Viene ripetuta spesso

anche come via di discesa per gli itinerari che risalgono le pareti Nord ed Est del Corno Piccolo. La via è sufficientemente attrezzata, utile qualche friend medio-piccolo.Accesso: risalire per tracce di sentiero i ripidi pendii erbosi sovrastanti la Madonnina, un po’ sulla destra rispetto al filo di cresta; si giunge sotto il primo risalto su un comodo terrazzino che guarda il Vallone delle Cornacchie; si attacca a sinistra del filo di cresta alla base di un evidente camino.Relazione:Si sale il camino raggiungendo la sommità del primo salto (4, 30m); questo primo salto Co

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può essere evitato aggirando sulla destra la parete e, superato un forcellino, risalendo sulla sinistra un’ampia rampa erbosa che conduce in cresta in prossimità di un terrazzo erboso.Dal terrazzo (sosta con due chiodi) si prende una fessura-camino verticale (passo di 4), si

risale un diedro e un roccione raggiungendo una larga terrazza sul filo dello spigolo (60m circa); dopo un breve tratto ripido si incontra una caratteristica finestra che si affaccia sul Vallone delle Cornacchie e si prosegue sul filo di cresta raggiungendo l’Anticima Nord (passi

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Parete Est - Il Monolito82 MIRKA HPasquale Jannetti, Giovanni Lolli e Marcello Pavesi, 10 luglio 19685a/R2/II200 m (5L)Tempo di salita: ore 2-3 La parete che sostiene dal basso il Monolito può essere intesa come un settore a sé stante. È delimitata sulla destra da un diedro che ne rappresenta l’approccio più evidente e logico; la via Mirka lo risale offrendo una piacevole arrampicata che si svolge su roccia generalmente buona eccetto qualche tratto. Portare cordini, nut, friend medio-piccoli, martello e qualche chiodo.Accesso: dalla Madonnina si raggiunge la base della parete (vedi accesso al Monolito); l’attacco è sulla verticale di un grande diedro arcuato, a destra di una compatta parete.Relazione:L1: risalire alcune facili rampe verso sinistra alla base di un diedro-canale e sostare al termine su un terrazzo con sopra uno strapiombo (4, 30m)L2: superare lo strapiombo e proseguire lungo una placca fessurata fino in sosta (5a, 40m)L3: continuare in verticale, parte su placca parte in fessura, fino alla base degli strapiombi superiori (4, 40m)L4: salire per 20 metri circa poi traversare a destra sotto gli strapiombi per un’altra ventina di metri (4, 40m) L5: prendere un canalino e per facili rocce raggiungere la grande cengia basale del Monolito (2 e 3, 40m)Discesa: vedi discesa dalla parete Est.

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Paolo e Roberto Caruso, 3 agosto 19826a/R2/II150 m (4L)Tempo di salita: ore 2-3L’itinerario si svolge prevalentemente su

fessure verticali immediatamente a sinistra della via Mirka; un’ascensione di un certo interesse e impegno, meritevole di essere ripetuta. La via è in parte attrezzata, comprese le soste, ma sono utili friend grandi, in particolare per la fessura del terzo tiro. Portare cordini, nut, friend medio-grandi, martello e qualche chiodo.Accesso: dalla Madonnina si raggiunge la base della parete (vedi accesso al Monolito); portarsi qualche metro a sinistra della verticale del grande diedro ad arco percorso dalla via Mirka in corrispondenza di alcune rampe appoggiate a sinistra.Relazione:L1: risalire una facile rampa appoggiata sulla sinistra puntando alla evidente fessura verticale (3, 40m) L2: seguire la destra di due fessure fino alla cima di un pilastro, uscire a sinistra su una fessura parallela (5b, 40m)L3: proseguire in fessura che diventa subito strapiombante (friend grande) e raggiungere con minori difficoltà una nicchia dove si sosta (6a, 30m)L4: ancora in fessura, superare uno strapiombo sulla destra e raggiungere l’inizio di un canale che risale fino alla cengia basale del Monolito (5a, 40m) Discesa: vedi discesa dalla parete Est.

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Roberto Iannilli e Antonello Bucciarelli, 13 luglio 19967b (6a obbl.)/RS2/II150 m (6L)Tempo di salita: ore 2-3 Risale in basso un diedro con un passaggio piuttosto impegnativo mentre in alto vince una compatta placconata protetta a spit superabile in libera con difficoltà elevate. La roccia è buona, ottima negli ultimi tiri. Portare cordini, nut e friend medio-piccoli, martello e qualche chiodo.

Alpinisti sulla terrazza del Rifugio Franchetti verso il Monolito (Stefano Ardito) g

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