Grafica 2 - Aracne editrice · Internazionale Oscar Niemeyer, Avilés, 138 . 141 Appendice 143...

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Grafica 2

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Grafica

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Direttore

Enrico CicalòUniversità degli Studi di Sassari

Comitato scientifico

Paolo BelardiUniversità degli Studi di Perugia Enrica BistagninoUniversità degli Studi di GenovaFrancesco CervelliniUniversità degli Studi di CamerinoEnrico CicalòUniversità degli Studi di SassariAlessandra CiraficiSeconda Università degli Studi di NapoliMaria Linda FalcidienoUniversità degli Studi di GenovaPaolo GiandebiaggiUniversità degli Studi di ParmaElena IppolitiSapienza–Università di Roma

La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla revisione pa-ritaria e anonima (peer-review). I criteri di valutazione adottati riguardano: l’originalità e la significatività del tema proposto; la coerenza teorica e la per-tinenza dei riferimenti rispetto agli ambiti tematici propri della collana; l’as-setto metodologico e il rigore scientifico degli strumenti utilizzati; la chiarezza dell’esposizione e la compiutezza d’analisi.

Grafica è uno spazio di esplorazione, sperimentazione e divulgazione delle teorie, delle applicazioni e delle prospettive dei linguaggi grafici e della comunicazione visiva nelle loro molteplici declinazioni.La collana raccoglie volumi che indagano i diversi campi delle visual sciences e delle graphic sciences contribuendo alla costruzione della co-noscenza in tutti gli ambiti della grafica.Percezione, visualizzazione, disegno, progetto, rappresentazione, illu-strazione e comunicazione sono i campi di ricerca che i volumi ospitati nella collana approfondiscono ed espandono attraverso uno sguardo capace di definire nuove prospettive per la ricerca.

GraficaLinguaggi e comunicazione

Il linguaggio della visione, la comunicazione otticaè uno dei mezzi potenzialmente più validi

sia per riconciliare l'uomo con la sua conoscenzache per riplasmarlo in un essere integrato.

Il linguaggio delle immaginiè in grado di diffondere il sapere

più efficacementedi quasi ogni altro mezzo di comunicazione.

Gyorgy Kepes

Il volume è stato pubblicato con il contributo della Libera Università di Bolzano.

Alessandro Luigini

Grafemi e tipi standardUna metodologia per l’analisi evoluzionistica

dell’Opera di Oscar Niemeyer

Aracne editrice

[email protected]

Copyright © MMXVIIIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

[email protected]

via Vittorio Veneto, 2000020 Canterano (RM)

(06) 45551463

isbn 978–88–548–5723–0

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2018

Contro l'angolo retto, che offende lo spazio,

ha creato un'architettura lieve come le nuvole,

libera, sensuale, simile ai paesaggi delle montagne di Rio de Janeiro,

montagne che sembrano corpi di donne sdraiate,

disegnate da Dio in un giorno che Dio

pensava di essere Niemeyer

Eduardo Galeano Niemeyer: la vita è un soffio

Contro l'angolo retto, che offende lo spazio,

ha creato un'architettura lieve come le nuvole,

libera, sensuale, simile ai paesaggi delle montagne di Rio de Janeiro,

montagne che sembrano corpi di donne sdraiate,

disegnate da Dio in un giorno che Dio

pensava di essere Niemeyer

Eduardo Galeano Niemeyer: la vita è un soffio

Indice

11 Oscar Niemeyer. Cent’anni in bilico tra atopia e utopia Prologo, 11 – Dalla didattica alla ricerca, 12 – Precedenti disciplinari, 14 – Struttura-zione del volume, 16

Parte I Idee

21 Capitolo I Analogia biologica. Un campo di studi sull’evoluzione nel design e nell’architettura 1.1. Morfologia, evoluzionismo e progetto, 21 – 1.2. Modelli di analisi evoluzioni-stica, 26 – 1.2.1. Note sulla sintesi della Forma, 26 – 1.2.2. Darwin e le macchine, 28 – 1.2.3. L’evoluzione delle arti decorative, 30 – 1.2.4. Correalismo e biotecniche, 32.

35 Capitolo II Oscar Niemeyer. Analisi morfologico-evolutiva 2.1. Le montagne di Rio negli occhi, 35 –2.2. Paradigmi evoluzionistici in Niemeyer, 37 – 2.3. Standard e grafemi, variazioni ed evoluzioni, 39 – 2.3.1. Edifici modernisti, 40 – 2.3.2. Superfici di traslazione, 42 – 2.3.3 Edifici ed elementi fitomorfi, 45 – 2.3.4. Edi-fici con diaframma, 47 – 2.3.5. Superfici di rivoluzione, 50 – 2.3.6. Edifici ad appoggio centrale, 53.

Parte II Rappresentazioni

57 Oscar Niemeyer. Opere e progetti 1. EDIFICI MODERNISTI, 59 – Ministero di Educazione e Salute, 60 – Casinò, 62 – Yacht Club, 64 – Interbau-Hansaviertel, 66 – Conjunto Copan, 68 – Sede del Partito Comunista francese, 70 – Centro per affari a Miami, 72 – Museo del Cinema Brasiliano, 74.2. SUPERFICI DI TRASLAZIONE, 76 – Capela de San Francisco, Pampulha, 78 –Me-morial de America Latina, 80 – Catedral Batista, Niteroi, 82 – Teatro Popular, Niteroi, 84 – Auditorium do Ibirapuera, 86 – Serpentine Gallery, 88 – Auditorium di Ravello, 90.

3. EDIFICI ED ELEMENTI FITOMORFI, 92 – Casa do Baile, Pampulha, 94 – Burto Tremaine House, 96 – Casas Das Canoas, 98 – Edificio Niemeyer, Belo Horizonte, 100. 4. EDIFICI CON DIAFRAMMA, 102 –Palacio da Alvorada, 104 – Sede Mondadori, 106 – Sede FATA Engeneering, 108.5. SUPERFICI DI RIVOLUZIONE, 110 – Padiglione delle Esposizioni Lucas Nogueira Garcez (Oca), 112 – Cattedrale di Brasilia, 114 – Aeroporto di Brasilia, 116 – Casa della Cultura, Le Havre, 118 – Fondazione Oscar Niemeyer, Niteroi, 120 – Catedral Catolica, Niteroi, 122 – Puerto de la Musica, 124.6. APPOGGIO CENTRALE, 126 – MAM, Museo de Arte Moderno, Caracas, 128 – Palazzo del Congresso, 130 – MAC Museo de Arte Contemporanea, Niteroi, 132. COMPLESSI, 134 – Cittadella amministrativa, Minas Gerais, 136 – Centro Culturale Internazionale Oscar Niemeyer, Avilés, 138 .

141 Appendice

143 Biografia a cura di Starlight Vattano

149 Bibliografia 1. Scritti su teoria ed evoluzionismo in design e architettura, 140 – 2. Scritti su OscarNiemeyer, 141 – 3. Scritti di Oscar Niemeyer, 142.

155 Crediti

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Oscar Niemeyer Cent’anni in bilico tra atopia e utopia

Prologo

Questo lavoro ha avuto una lunga gestazione, e per spiegarne le ragioni ho necessità di partire dal principio. Si capirà meglio anche a chi è indi-rizzato il presente studio.

L’impegno didattico che mi visto insegnare per alcuni anni nella Fa-coltà di Architettura di Pescara è stato concentrato per molto tempo su un corso titolato Scienza della Rappresentazione, molto impegnativo per quantità e per varietà degli argomenti da trattare con matricole prove-nienti a volte da contesti formativi che richiedevano maggiore impegno per raggiungere, alla fine del primo anno di università, un adeguato li-vello di autonomia nella rappresentazione dell’architettura. Sintetizzare in un unico corso la geometria descrittiva, con particolare attenzione alla geometria proiettiva, le tecniche della rappresentazione architetto-nica e il disegno digitale potrebbe non sempre risultare immediato. La soluzione che ho pensato di proporre ai miei studenti è stata tutto som-mato semplice nell’impostazione, tanto che si potrebbe parlare di solu-zione “classica”: concentrarsi su un tema monografico e ampliare alle tre aree tematiche – geometria descrittiva, tecniche della rappresenta-zione e disegno digitale – l’esercizio pedagogicamente inappuntabile del ri-disegno. In alcuni casi si preferisce indirizzare il lavoro su un tema monografico di natura tipologica – spesso la casa unifamiliare, in ana-logia al tema altrettanto diffuso dei laboratori di progettazione del primo anno – più di rado su di un tema monografico di natura biogra-fica. Tra le infinite possibilità, in parte per un personale interesse, in parte per ragioni didattiche, scelsi come tema l’opera di Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares, noto a tutti più semplicemente come Oscar Niemeyer. Era il 2010, e Niemeyer era ancora in discreta salute, tutti i giorni andava in studio e disegnava instancabilmente. Aveva 103 anni.

L’opera di Niemeyer è particolarmente adatta allo studio delle prime applicazioni nella rappresentazione dell’architettura per molteplici

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Oscar Niemeyer Cent’anni in bilico tra atopia e utopia

Prologo

Questo lavoro ha avuto una lunga gestazione, e per spiegarne le ragioni ho necessità di partire dal principio. Si capirà meglio anche a chi è indi-rizzato il presente studio.

L’impegno didattico che mi visto insegnare per alcuni anni nella Fa-coltà di Architettura di Pescara è stato concentrato per molto tempo su un corso titolato Scienza della Rappresentazione, molto impegnativo per quantità e per varietà degli argomenti da trattare con matricole prove-nienti a volte da contesti formativi che richiedevano maggiore impegno per raggiungere, alla fine del primo anno di università, un adeguato li-vello di autonomia nella rappresentazione dell’architettura. Sintetizzare in un unico corso la geometria descrittiva, con particolare attenzione alla geometria proiettiva, le tecniche della rappresentazione architetto-nica e il disegno digitale potrebbe non sempre risultare immediato. La soluzione che ho pensato di proporre ai miei studenti è stata tutto som-mato semplice nell’impostazione, tanto che si potrebbe parlare di solu-zione “classica”: concentrarsi su un tema monografico e ampliare alle tre aree tematiche – geometria descrittiva, tecniche della rappresenta-zione e disegno digitale – l’esercizio pedagogicamente inappuntabile del ri-disegno. In alcuni casi si preferisce indirizzare il lavoro su un tema monografico di natura tipologica – spesso la casa unifamiliare, in ana-logia al tema altrettanto diffuso dei laboratori di progettazione del primo anno – più di rado su di un tema monografico di natura biogra-fica. Tra le infinite possibilità, in parte per un personale interesse, in parte per ragioni didattiche, scelsi come tema l’opera di Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares, noto a tutti più semplicemente come Oscar Niemeyer. Era il 2010, e Niemeyer era ancora in discreta salute, tutti i giorni andava in studio e disegnava instancabilmente. Aveva 103 anni.

L’opera di Niemeyer è particolarmente adatta allo studio delle prime applicazioni nella rappresentazione dell’architettura per molteplici

Introduzione 12

aspetti che sintetizzerei in: 1. l’uso esteso di forme geometriche canoni-che (porzioni e sezioni di sfera, coni e sezioni coniche, etc.) che aiuta la sintesi di questioni descrittive, rappresentative e grafico-normative; 2. l’uso esteso di forme libere, gestuali, che consente agli studenti di af-frontare problemi di rappresentazione di forme generiche; 3. la chia-rezza compositiva dei suoi progetti, che aiuta nel contrastare la disper-sione dello sguardo in quello che a uno studente del primo anno di uni-versità può sembrare un groviglio di forme e figure tipiche dell’opera di altri autori, anche primo novecenteschi; 4. l’ampia produzione di pro-getti, realizzati e non, che consentono a 150 studenti per anno accade-mico di elaborare ognuno il proprio lavoro in autonomia. Queste carat-teristiche – ma anche altre – hanno di fatto favorito l’integrazione delle aree tematiche presenti in quei corsi mantenendo adeguata la coerenza del caso di studio con ogni applicazione e consentendo, di fatto, a tutti gli studenti di maturare le competenze attese.

Dalla didattica alla ricerca

La ragione di pubblicare questo libro, però, non è certo quella di racco-gliere e documentare i seppur validi – almeno allora – lavori dei miei studenti. Certo, il volume potrebbe essere facilmente interpretato come “quaderno didattico”, ossia come pubblicazione che raccoglie esempi didattici a uso e consumo di studenti degli anni accademici successivi, da utilizzare come guida nello sviluppo del proprio lavoro, ma sia la di-stanza temporale (ormai sono passati diversi anni dalla loro elabora-zione) che tematica (mi trovo ad insegnare in un contesto molto diffe-rente e la loro utilità didattica è nulla) sia la parzialità della selezione (non sono stati inclusi i disegni di geometria descrittiva, ad esempio, e pochissimi di quelli di tecniche della rappresentazione) dovrebbero es-sere sufficienti per convincere il lettore che lo scopo è un altro.

Nel 2012, pochi mesi prima della morte di Niemeyer avvenuta qual-che giorno prima di compiere 105 anni, in occasione di un convegno ho trovato la motivazione di riorganizzare le idee che durante quei corsi – e in particolare nelle mostre che organizzavo durante gli esami – avevo in qualche modo elaborato anche grazie al lavoro dei miei studenti. Il convegno era Atopie del ciclo di seminari Idee per la rappresentazione, e il titolo di quel saggio l’ho voluto mantenere anche per l’introduzione

Introduzione 13

di questo libro perché credo racchiuda due caratteristiche fondamentali dell’opera di Niemeyer: l’eccezionale longevità accompagnata da una produttività straordinaria e la dicotomia tipica dei suoi progetti, sintesi di mondi apparentemente inconciliabili come utopia e atopia, ad esem-pio, ma anche molte altre. Scrive Niemeyer:

L’architettura si basa su regole eterne di equilibrio, proporzione e armonia, re-gole che si incontrano sempre nelle opere del passato: l’alternarsi di pieno e vuoto, di superfici piane e trasparenti, della linea retta e delle curve […] Sono elementi che incontriamo sia nelle parti costitutive sia negli ornamenti.1 Il contenuto di quel saggio, qui ampliato e sostanziato nei presuppo-

sti metodologici, è la ragione per cui credo sia opportuno condividere con la comunità scientifica queste pagine. Sinteticamente si può dire che il volume è una ordinaria, quanto inedita, lettura morfologico-evo-lutiva del lavoro di Niemeyer, che ha originato un approccio metodolo-gico che sarà sviluppato nella Parte I.

L’opera del Maestro brasiliano è stata ampiamente studiata, e tra tutti credo sia necessario ricordare il rigoroso studio della collega Ales-sandra Pagliano, che nel 2011 ha pubblicato il volume Oscar Niemeyer. La geometria della forma (Pagliano, 2011) in cui presenta delle analisi grafiche che tendono alla identificazione delle matrici geometriche di alcuni progetti di Niemeyer. Allora, verrebbe da chiedersi, quale po-trebbe essere il contributo ulteriore allo studio di un’Opera già così am-piamente dibattuta e approfonditamente analizzata con gli strumenti della rappresentazione? La risposta è tutto sommato semplice e in parte già anticipata poche righe prima: la lettura morfologico-evolutiva del corpus dei progetti di Niemeyer secondo un approccio metodologico ancora poco esplorato. Ciò che ha interessato il mio studio, quindi, non è tanto l’analisi morfologica della singola opera, come già detto, corret-tamente percorsa dalla Pagliano, quanto mettere a sistema le analisi di tutte le opere di Niemeyer per organizzarne il copioso lavoro rintrac-ciandone i tratti evoluzionistici.

1 O. NIEMEYER, Il mondo è ingiusto. L’ultima lezione di un grande del nostro tempo, Monda-

dori, Milano 2012, p. 23.

Introduzione 14

Precedenti disciplinari

Lo studio morfologico-evoluzionistico nel campo del design – degli ar-tefatti o degli oggetti tecnici – è più diffuso di quanto lo sia in architet-tura, e per questa ragione sarà importante, come primo passo, chiarire gli aspetti metodologici e i riferimenti con cui è stato condotto il se-guente studio. Nella prima parte del libro indagheremo alcuni casi che documentano come il rapporto tra progetto – di architettura nel nostro specifico – e teorie biologiche, sono tutt’altro che limitate a poche e de-centrate esperienze.

Anche lo studio del contributo delle teorie dell’evoluzione biologica o dei modelli di crescita morfogenetica per gli studiosi della rappresen-tazione, non è un fatto del tutto nuovo. Autorevoli colleghi hanno pro-posto strutturate teorie sulla possibilità di rintracciare meccanismi digenerazione della forma – degli artefatti in genere o specificatamentedei progetti di architettura e negli organismi urbani – offrendo modellidifferenti.

Già in nuce a importanti ricerche nazionali pubblicate in De Vulgari Architettura del 2002 e La Città Rimossa del 20052 negli anni successivi Roberto de Rubertis ha sistematizzato e palesato più chiaramente la proposta di una lettura evoluzionistica dell’architettura. Nel recente Darwin Architetto. L’evoluzione in architettura e oltre scrive:

L’ipotesi di estensione dell’evoluzionismo all’architettura procede in modo analogo a quello del nascere della vita sul pianeta, anche se molto più veloce, e prende in esame l’infinità di contingenze che innescarono combinazioni di ma-teriali e di tecniche tra le quali, in poche decine di migliaia di anni, andarono selezionandosi quelle più idonee a risolvere necessità umane estemporanee, quali la protezione dagli agenti atmosferici, la difesa dai predatori e la sempli-cità di esecuzione.3

2 Cfr. R. DE RUBERTIS (a cura di), La città rimossa. Strumenti e criteri per l’analisi e la riquali-ficazione dei margini urbani degradati, Roma:Officina, 2002; R. DE RUBERTIS (a cura di), La riva perduta. Piano di monitoraggio e di riqualificazione delle fasce costiere italiane, Officina, Roma 2005.

3 R. DE RUBERTIS, Darwin Architetto. L’evoluzione in architettura e oltre, E.S.A., Napoli 2012.

Introduzione 15

Questa significativa concezione è stata anticipata in La città mutante. Indizi di evoluzionismo in architettura4 in cui l’evoluzionismo darwi-niano è stato applicato principalmente all’organismo urbano e in cui si intuisce chiaramente come gli studi di de Rubertis degli anni 2000, par-titi dall’esigenza di un rilevare qualità urbane che non fossero metriche ma principalmente qualitative, ne siano l’esperienza prodromica.

Differente è la posizione di Fabrizio Gay, che negli ultimi anni ha elaborato una posizione non strettamente evoluzionistica ma sempre basata su una analogia biologica. Il riferimento non è più Darwin ma il successivo naturalista D’Arcy Thompson che nel 1917 pubblica la prima edizione, riveduta e ampliata nei decenni successivi, di On Growth and Form dove espone la sua teoria sulla crescita delle forme in natura, in cui avanza l’ipotesi che siano governate da regole di origine matematica e meccanica.5 Successivamente questa posizione verrà per-fezionata da uno studio di Alan Turing, in cui viene spostato il piano di funzionamento delle leggi di Thompson dal paradigma meccanico a quello chimico. Gay in alcuni scritti recenti propone «nuove categorie di “forma” più adeguate alla comprensione dei grandi artefatti estetici – dalla città all’ornamento – provenienti da alcuni modelli della morfoge-nesi, specie quelli di Turing e di Thomson».6

L’impostazione di questo lavoro, in realtà, farà riferimento più a una posizione di tipo evoluzionistico, vista la particolare applicazione all’in-tera opera di un singolo autore.

4 R. DE RUBERTIS, La città mutante. Indizi di evoluzionismo in architettura, Franco Angeli,

Milano 2008. 5 D. A. W. THOMPSON, On Growth and Form, the University press, Cambridge 1917. 6 F. GAY, I. CAZZARO, Il disegno dell’indiscernibile: morfogenesi & morfografia degli artefatti,

in S. BERTOCCI, M. BINI (a cura di), Le Ragioni del Disegno / The Reasons of Drawing Pensiero, Forma e Modello nella Gestione della Complessità / Thought, Shape and Model in the Comple-xity Management, Atti del Convegno, Gangemi Editore, Roma 2016, p. 337. Ma anche: F. GAY, I. CAZZARO, Eidogenesis of the Artificial: The Case of the Relationships between Models of the “Natural Image” and Cellular Automata, in Proceedings of International and interdisciplinary Conference IMMAGINI?, Proceedings 1, 9, 2017. La morfogenesi thomsoniana ha rappresen-tato un importante riferimento anche in: A. LUIGINI, Delle immagini morfogenetiche. Cinque note tra scienza, arte e architettura / Of morphogenetic images. Five notes between science, art and architecture, in L’immagine nella scienza e nell’arte, XY 1, 2016.

Introduzione 14

Precedenti disciplinari

Lo studio morfologico-evoluzionistico nel campo del design – degli ar-tefatti o degli oggetti tecnici – è più diffuso di quanto lo sia in architet-tura, e per questa ragione sarà importante, come primo passo, chiarire gli aspetti metodologici e i riferimenti con cui è stato condotto il se-guente studio. Nella prima parte del libro indagheremo alcuni casi che documentano come il rapporto tra progetto – di architettura nel nostro specifico – e teorie biologiche, sono tutt’altro che limitate a poche e de-centrate esperienze.

Anche lo studio del contributo delle teorie dell’evoluzione biologica o dei modelli di crescita morfogenetica per gli studiosi della rappresen-tazione, non è un fatto del tutto nuovo. Autorevoli colleghi hanno pro-posto strutturate teorie sulla possibilità di rintracciare meccanismi digenerazione della forma – degli artefatti in genere o specificatamentedei progetti di architettura e negli organismi urbani – offrendo modellidifferenti.

Già in nuce a importanti ricerche nazionali pubblicate in De Vulgari Architettura del 2002 e La Città Rimossa del 20052 negli anni successivi Roberto de Rubertis ha sistematizzato e palesato più chiaramente la proposta di una lettura evoluzionistica dell’architettura. Nel recente Darwin Architetto. L’evoluzione in architettura e oltre scrive:

L’ipotesi di estensione dell’evoluzionismo all’architettura procede in modo analogo a quello del nascere della vita sul pianeta, anche se molto più veloce, e prende in esame l’infinità di contingenze che innescarono combinazioni di ma-teriali e di tecniche tra le quali, in poche decine di migliaia di anni, andarono selezionandosi quelle più idonee a risolvere necessità umane estemporanee, quali la protezione dagli agenti atmosferici, la difesa dai predatori e la sempli-cità di esecuzione.3

2 Cfr. R. DE RUBERTIS (a cura di), La città rimossa. Strumenti e criteri per l’analisi e la riquali-ficazione dei margini urbani degradati, Roma:Officina, 2002; R. DE RUBERTIS (a cura di), La riva perduta. Piano di monitoraggio e di riqualificazione delle fasce costiere italiane, Officina, Roma 2005.

3 R. DE RUBERTIS, Darwin Architetto. L’evoluzione in architettura e oltre, E.S.A., Napoli 2012.

Introduzione 15

Questa significativa concezione è stata anticipata in La città mutante. Indizi di evoluzionismo in architettura4 in cui l’evoluzionismo darwi-niano è stato applicato principalmente all’organismo urbano e in cui si intuisce chiaramente come gli studi di de Rubertis degli anni 2000, par-titi dall’esigenza di un rilevare qualità urbane che non fossero metriche ma principalmente qualitative, ne siano l’esperienza prodromica.

Differente è la posizione di Fabrizio Gay, che negli ultimi anni ha elaborato una posizione non strettamente evoluzionistica ma sempre basata su una analogia biologica. Il riferimento non è più Darwin ma il successivo naturalista D’Arcy Thompson che nel 1917 pubblica la prima edizione, riveduta e ampliata nei decenni successivi, di On Growth and Form dove espone la sua teoria sulla crescita delle forme in natura, in cui avanza l’ipotesi che siano governate da regole di origine matematica e meccanica.5 Successivamente questa posizione verrà per-fezionata da uno studio di Alan Turing, in cui viene spostato il piano di funzionamento delle leggi di Thompson dal paradigma meccanico a quello chimico. Gay in alcuni scritti recenti propone «nuove categorie di “forma” più adeguate alla comprensione dei grandi artefatti estetici – dalla città all’ornamento – provenienti da alcuni modelli della morfoge-nesi, specie quelli di Turing e di Thomson».6

L’impostazione di questo lavoro, in realtà, farà riferimento più a una posizione di tipo evoluzionistico, vista la particolare applicazione all’in-tera opera di un singolo autore.

4 R. DE RUBERTIS, La città mutante. Indizi di evoluzionismo in architettura, Franco Angeli,

Milano 2008. 5 D. A. W. THOMPSON, On Growth and Form, the University press, Cambridge 1917. 6 F. GAY, I. CAZZARO, Il disegno dell’indiscernibile: morfogenesi & morfografia degli artefatti,

in S. BERTOCCI, M. BINI (a cura di), Le Ragioni del Disegno / The Reasons of Drawing Pensiero, Forma e Modello nella Gestione della Complessità / Thought, Shape and Model in the Comple-xity Management, Atti del Convegno, Gangemi Editore, Roma 2016, p. 337. Ma anche: F. GAY, I. CAZZARO, Eidogenesis of the Artificial: The Case of the Relationships between Models of the “Natural Image” and Cellular Automata, in Proceedings of International and interdisciplinary Conference IMMAGINI?, Proceedings 1, 9, 2017. La morfogenesi thomsoniana ha rappresen-tato un importante riferimento anche in: A. LUIGINI, Delle immagini morfogenetiche. Cinque note tra scienza, arte e architettura / Of morphogenetic images. Five notes between science, art and architecture, in L’immagine nella scienza e nell’arte, XY 1, 2016.

Introduzione 16

Strutturazione del volume

Lo sviluppo della ricerca segue un processo di tipo analogico, ovvero che associa e compara fatti ed espressioni apparentemente lontane o se-parate, cercando di rintracciare quegli elementi comuni che di fatto, nel nostro caso, sono in grado di influire sul risultato finale di un processo progettuale. Questo non significa ammettere in nessun modo un rap-porto identitario o di dipendenza diretta tra l’evoluzionismo darwi-niano e lo sviluppo progettuale, ma proporre letture inedite – e coerenti – dell’insieme di progetti di architettura o design7.

Utile a sostanziare l’importanza di questo metodo sarà ricordarecome il sociologo e antropologo Gregory Bateson nel suo Mente e na-tura proponeva questo metodo di ricerca – che definiva metodo del con-fronto doppio o multiplo8 – proponendo una metafora particolarmente riuscita: la visione binoculare. Come nella visione binoculare la nostra mente riesce a identificare informazioni di fatto non visibili ne con una ne con l’altra immagine retinica che gli occhi inviano come segnale al cervello, così Saperi apparentemente differenti studiati secondo un ap-proccio analogico consentono di “vedere” ciò che da una singola “pro-spettiva” non è visibile. In particolare, come è noto, il dato fondamen-tale che si rende evidente in una visione binoculare che nella visione a singolo centro di proiezione non è possibile distinguere è la profondità. In altre parole, e per restare sulla metafora binoculare, si può affermare che ogni qual volta informazioni di natura o con origini differenti ven-gono processate assieme è ammesso aspettarsi l’aprirsi di una maggiore profondità nella conoscenza del fenomeno osservato.9

È chiaro come per impostazione e obiettivi dichiarati, questo volume non è dedicato a chi si approcciasse all’opera di Niemeyer per la prima volta, ne tanto meno è utile alla sua ricognizione tassonomica, ma si propone come strumento di approfondimento del corpus dei progetti di Niemeyer, eventualmente affiancando una delle innumerevoli mo-nografie scritte sull’argomento nel corso dei decenni.

7 Cfr. S. PIZZOCARO, In evoluzione. Per una storia quasi naturale degli artefatti, Edizioni Uni-copli, Milano 2015, p. 8.

8 G. BATESON, Mente e natura, un’unità necessaria, Adelphi, Milano 1984, p. 120. 9 Cfr. S. Pizzocaro, op. cit., p. 14.

Introduzione 17

Il volume è per questo diviso in due parti: la prima – Idee – introduce metodologicamente gli strumenti epistemologici con cui si è analizzata l’Opera di Niemeyer e presenta i risultati dello studio, mentre la seconda – Rappresentazioni – contiene una serie di schede con circa trenta pro-getti – tutto sommato non molti rispetto a di quelli realizzati da Nie-meyer ma pur sempre significativi – che si configurano come supportoalla riflessione della prima parte.

I disegni della prima parte sono, dove non diversamente specificato, dell’autore, mentre quelli della seconda parte sono degli studenti il cui elenco è riportato successivamente.

Introduzione 17

Il volume è per questo diviso in due parti: la prima – Idee – introduce metodologicamente gli strumenti epistemologici con cui si è analizzata l’Opera di Niemeyer e presenta i risultati dello studio, mentre la seconda – Rappresentazioni – contiene una serie di schede con circa trenta pro-getti – tutto sommato non molti rispetto a di quelli realizzati da Nie-meyer ma pur sempre significativi – che si configurano come supportoalla riflessione della prima parte.

I disegni della prima parte sono, dove non diversamente specificato, dell’autore, mentre quelli della seconda parte sono degli studenti il cui elenco è riportato successivamente.