GPMF e Open Dialogue, Strumenti di una PsicoTerapia di Comunità

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GPMF e Open Dialogue: STRUMENTI DI UNA PSICOTERAPIA DI COMUNITÀ A cura di : Raffaele Barone Direttore DSM Caltagirone Angela Volpe Psicologa, Gruppoanalista, Supervisore di Comunità 2° Convegno del Laboratorio Italiano di Psicoanalisi Multifamiliare, Novembre 2016 Roma

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GPMF e Open Dialogue: STRUMENTI DI UNA

PSICOTERAPIA DI COMUNITÀA cura di :

Raffaele BaroneDirettore DSM CaltagironeAngela Volpe

Psicologa, Gruppoanalista, Supervisore di Comunità

2° Convegno del Laboratorio Italiano di Psicoanalisi Multifamiliare,

Novembre 2016Roma

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Il Territorio: Comprensorio Calatino Sud-Simeto

• Popolazione 144.000• 15 Comuni• 2 Distretti Socio-Sanitari• 2 Piani di Zona• Economia prevalente: Agricoltura, artigianato,

servizi, turismo.

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M DSM Caltagirone-Palagonia• 2 Centri di Salute mentale• 10 Ambulatori territoriali con équipe composta da Psichiatra, infermiere,

assistente sociale, psicologo.• 2 Centri Diurni• 1 SPDC• 1 Day Hospital• 1 Comunità Terapeutica Pubblica• 1 REMS• 1 Centro per la psicoterapia familiare e di comunità e per inclusione socio-

lavorativa.• 1 Servizio Sert• 1 Servizio NPI

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Rete del Privato Sociale• 28 Comunità Alloggio• 3 Comunità Terapeutiche residenziali private convenzionate• 8 Gruppi-Appartamento• 3 Cooperative Sociali di tipo B per l’inclusione socio- lavorativa• 1 Comunità per Alcolisti• 1 Fattoria Sociale• 1 Centro Cara• SPRAR e centri per immigrati minori non accompagnati• Comunità per minori a rischio

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Rete delle Associazioni• 1 Associazione di utenti (La Crisalide)• 1 Associazione di familiari (Arcobaleno)• 1 Fondazione Microcredito e Sviluppo• 1 Centro Caritas• 1 Associazione di volontariato

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Gruppi MultiFamiliari• 1 Gruppo Multifamiliare in Comunità Terapeutica Pubblica S. Pietro +

utenti e familiari della REMS (40-50 tra utenti, familiari e operatori)• 1 Gruppo in SPDC (6 p.l.) (10-12 tra utenti, familiari e operatori) • 1 Gruppo Multifamiliare nella Centro Diurno (30 tra utenti, familiari e

operatori)• 1 Gruppo Multifamiliare nel centro giovanile di Vizzini (CT Cappuccini)

con utenti e familiari della CT e del territorio (circa 30 tra utenti, familiari e operatori)

• 1 Gruppo Multifamiliare nel DSM di Palagonia (15 circa tra utenti, familiari e operatori)

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FormazioneDue corsi di formazione:• Corso di formazione ECM per tutti gli operatori del DSM (50 persone

tra infermieri, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione, psicologi, psichiatri) con la presenza di soci del LIPsiM. Durante il corso sono stati presentati i modelli psicoanalitico e sistemico relazionale dei GM con A. Narracci, A. Canevaro

• Corso di formazione in due edizioni (Caltagirone e Catania) ‘La mente in trama rizomatica ampliada’. Rivolto ad operatori del DSM, familiari ed utenti, delle CT, delle CA, con la presenza di E. Palleiro, M. Venier

Nella rete più vasta è stata successivamente svolta formazione con progetti finanziati dalla Regione Sicilia nelle provincie di Enna e Siracusa

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Open Dialogue

Attualmente le famiglie prese in carico nel DSM di Caltagirone con l’approccio Open Dialogue sono 22 in un arco di tempo complessivo di 9 mesi.Gli operatori coinvolti sono 16 tra infermieri, psicologi, psichiatri, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali

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FormazioneIniziale formazione di un medico psichiatra e di una psicologa del DSM di Caltagirone insieme ad altri 8 operatori di Catania, attraverso un progetto multiregionale, svolta a Roma

Successiva autoformazione per altri 14 operatori del DSM di Caltagirone

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Il GPMF e l’Open Dialogue in un modello di DSM integrato e democratico

Il GPMF può potenziare la sua efficacia terapeutica se è anche integrato con altri dispositivi terapeutici quali primariamente l’Open Dialogue, l’IPS, la Comunità Terapeutica Democratica in un DSM orientato al Recovery e ad un’ottica di Psicoterapia di Comunità.

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GPMF

IPSOpen Dialogue

Comunità Terapeutica Democratica

PSICOTERAPIA DI COMUNITÀ

RECOVERY

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Il Gruppo di Psicoanalisi MultiFamiliare (GPMF)

Un metodo di cura per la guarigione dalla psicosi utile ai pazienti, ai genitori e agli operatori (Badaracco)Gli elementi generali di tale metodologia e i principi teorici sono: “conversazione di gruppo”, “Simbiosi patologica”, il gruppo come funzione di terzo, “narcisismo patologico”, “altro da sé”, “rispecchiare metaforicamente”, “transfert multipli”, “identificazione proiettiva”, “los otros in nostros”, “virtualità sana”, “messaggi di relazione”, “interdipendenza patogena”, “processo di disidentificazione”, “il principio di responsabilità personale”, “la mente ampliada”, “in gruppo non è importante avere ragione ma essere ascoltato”.

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Open DialogueLa “Pratica Dialogica” origina dal “Dialogo Aperto” come approccio, nato in Finlandia alla fine degli anni ‘80 ad opera di Jaakko Seikkula, per aiutare le persone e i loro famigliari a sentirsi ascoltati, rispettati e valorizzati.

A sua volta il Dialogo Aperto è la naturale gestazione di teorie e pratiche di cura delle persone con sofferenza psichiatrica negli anni ‘60 in Lapponia, tra le quali il “trattamento adattato al bisogno” di Alanen.

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Open DialogueLa pratica del Dialogo Aperto ha quindi due caratteristiche fondamentali:1. un sistema di cura integrata basato sulla comunità locale che coinvolge

i famigliari e le reti sociali sin dal primo momento in cui è richiesto aiuto2. una “Pratica Dialogica”, o una forma definita di colloquio terapeutico

all'interno della “riunione di cura” (“treatment meeting”).

Il concetto di “apertura ” nel Dialogo Aperto si riferisce alla trasparenza dei processi di programmazione e decisionali, che hanno luogo in presenza di tutti gli interessati.

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I dodici elementi chiave della Pratica Dialogica nel Dialogo Aperto

• Due (o più) terapeuti nella riunione di équipe

• Partecipazione di famigliari e rete sociale

• Usare domande a risposta aperta: Qual è la storia dell’incontro? Come vorresti usare l’incontro?

• Rispondere alle cose dette dal cliente

• Enfatizzare il momento

• Sollecitare punti di vista molteplici: polifonia, voci interne ed esterne, coinvolgere i membri assenti

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• Uso di un focus relazionale nel dialogo: domande circolari es. Chi altro è d’accordo? Chi non lo è?

• Rispondere ai problemi dialogici e comportamentali con uno stile concreto e attento ai significati

• Enfatizzare le parole usate dal cliente e le sue storie, non i sintomi

• Conversazione tra professionisti (Riflessioni) nelle riunioni di cura: i professionisti nella stanza parlano tra di loro- la famiglia può riflettere su questo

• Essere trasparenti

• Tollerare l'incertezza: i professionisti non hanno risposte, ma forniscono sicurezza e prendono contatto con ogni persona nella stanza

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Il Recovery, i principi e la prassi dell’IPSL’IPS ( Individual Placement and Support ) trae origine dal lavoro di Wehman e Moon (1988) e considera il lavoro come un pilastro della recovery dalla

grave patologia mentale. I più importanti principi metodologici della recovery risultano infatti particolarmente utili alla comprensione dello spirito del Metodo IPS,

se letti nell’ottica della inclusione lavorativa.• Olismo: Il lavoro realizza un bisogno umano come quello di salute, di

spiritualità, di relazioni e di “casa”.• Responsabilità: Le persone partecipano attivamente ai dispositivi centrati

sull’obiettivo di trovare lavoro e mantenerlo.• Orientamento alla persona: I trattamenti ed i servizi sono basati sugli

obiettivi di ciascun individuo.• Focus sui punti di forza: I Servizi si devono adeguare alle risorse, alle abilità,

alle competenze ed alle preferenze dei clienti.

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Il Recovery, i principi e la prassi dell’IPS

• Non-linearità: Le transizioni scolastiche e lavorative vanno supportate come parti dello stesso sviluppo professionale.

• Rispetto: Un lavoro competitivo sviluppa sicurezza e stima di sé.• Supporto tra pari: È importante condividere tra pari le storie di lavoro, di scuola e di

recovery.• Empowerment: Le persone hanno il diritto di scegliere il loro modo di essere

sostenute e di partecipare alla decisioni lavorative.• Auto-determinazione: Le persone devono poter prendere le loro decisioni sulla

tipologia di lavoro che preferiscono e sulle modalità di collaborazione con gli operatori.• Speranza: Il lavoro promuove la speranza e la motivazione verso un futuro migliore.

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La Comunità Terapeutica DemocraticaService Standards for Therapeutic Communities

8th Edition - 2014

Una Comunità Terapeutica è:un Ambiente di Vita e di Lavoro Pianificato in senso Terapeutico, che utilizza il valore terapeutico dei processi sociali e gruppali. Esso promuove una convivenza gruppale (9) egualitaria (7) e democratica (1) in un ambiente mutevole (8), permissivo (2), ma sicuro (3). I problemi emotivi ed interpersonali sono affrontati discutendone apertamente (4) ed i membri possono così costruire relazioni di fiducia (6). I feedback reciproci aiutano i membri a condividere i propri problemi ed a sviluppare la consapevolezza delle proprie azioni interpersonali (5).

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PRINCIPI DELLA COMUNITA’ TERAPEUTICACofC 2014

1. Democrazia, Partecipazione: Permette alle parti sane della personalità di emergere ed essere usate (ad es. autogestione e altruismo) 2. Permissivismo, Tolleranza: Permette che i comportamenti difficili si verifichino. Incoraggia l'espressione, rivelazione di sé e l'assunzione di responsabilità individuale e collettiva 3. Sicurezza, Confini: Il contenimento psicologico può essere sperimentato e interiorizzato 4. Comunicazione, Apertura alla Discussione Autentica: Facilita l'espressione della sofferenza e la comprensione delle sue cause 5. Facilitazione del Confronto con la Realtà: Le conseguenze delle azioni sono chiare per gli individui e per il gruppo

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6. Fiducia, Informalità: Permette che la PRINCIPI DELLA COMUNITA’ TERAPEUTICA CofC 2014La fiducia si sviluppi e incoraggia la giocosità terapeutica 7. Uguaglianza, Assenza di Gerachia: Tutti i membri sono valutati in modo uguale8. Ambiente variabile: Permette l'interazione in diverse situazioni e il reciproco esame delle varie sfaccettature della personalità 9. Comunitarismo, Vita di Gruppo: Aiuta i clienti membri ad esplorare tutte le loro interazioni e fornire opportunità per la sperimentazione di nuovi comportamenti in situazioni reali

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Punti di contatto tra i dispositivi terapeutici• Umanizzazione dell’intervento terapeutico• Tutti i protagonisti sono ‘curanti’ e ‘curati’ (pazienti, familiari, operatori)• Centratura sul ‘qui ed ora’• Comunicazione aperta ed autentica• Assenza di atteggiamento interpretativo• Focus sulla Riflessività e clima emozionale• La gruppalità: il gruppo come strumento essenziale del processo

terapeutico• Democraticità• Attenzione all’individuo, alla famiglia, al gruppo e alla comunità locale

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Un modello di Servizio di Salute Mentale Integrato, Democratico e Orientato alla

recovery

La flessibilità con cui si articolano i vari dispositivi suddetti nella presa in carico della persona con sofferenza psichica è lo specifico di un DSM integrato e di un sistema di cura che si fondano sui principi della Recovery e della Psicoterapia di comunità e che modificano costantemente (e sono modificati da) l’individuo, la famiglia, gli operatori, l’Istituzione, la comunità locale

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RECOVERYRecovery è il nome del processo di guarigione dalla grave patologia mentale che si fonda non tanto sul controllo dei sintomi quanto sulla possibilità di superare il trauma della malattia, le conseguenze dei trattamenti e spesso dei mal-trattamenti, la perdita delle capacità e delle opportunità di accesso ad attività che hanno un significativo valore personale.

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Essere in RecoveryIl Recovery (ripresa) è un processo nel quale il paziente ha l’obiettivo di maturare un nuovo approccio alla sua sofferenza secondo tempi e modi del tutto personali, improntati a linee guida semplici riassunte in :• Rinnovare la speranza e l’impegno• Essere sostenuto dagli Altri• Trovare il proprio posto nella comunità• Ridefinire se stessi• Assimilare la malattia• Gestire i sintomi• Assumere il controllo• Combattere lo stigma• Maturare empowerment (Davidson e coll., 2012)

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Recovery ed empowerment personale

Il miglioramento della salute mentale, in un’ottica di recovery, si basa sulla possibilità di usufruire di contesti nei quali utenti e operatori abbiano la possibilità di vivere relazioni significative ed emotivamente investite, co-costruendo una rete di sostegno sociale capace di veicolare empowerment personale e di favorire un’evoluzione culturale e civile che può tradursi, per ciascun utente, in una forma di esistenza il più possibile gratificante e soddisfacente, a cominciare dal miglioramento della qualità della vita, attraverso la cura ed il sostegno delle relazioni affettive e dell’inserimento lavorativo“ una forma di vita per cui valga la pena vivere” Barone, Bruschetta, Frasca, 2014)

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Il processo di guarigione“La guarigione pertanto non coincide con il ritorno impossibile ad un’ipotetica condizione di salute precedente la malattia (restitutio ad integrum), ma con il ritorno possibile al flusso della vita (restitutio ad interim) e con la riattivazione di un processo evolutivo e di apertura al nuovo, al diverso, in poche parole all’alterità” (Jervis 1975; Fasolo 2002), in un costante tentativo di forgiare un nuovo modo di vivere sotto il proprio controllo, sulla base di un rinnovato senso di auto-efficacia.

La guarigione si fonda così sullo sviluppo della Consapevolezza, dell’Autonomia, sull’Empowerment, sulla creazione di Ambienti Abilitanti

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La Psicoterapia

Tutto ciò che migliora la salute mentale di un individuo o di un contesto relazionale, se attuato attraverso un Servizio professionale, orientato da una teoria dei processi mentali e regolato da una contrattazione esplicita, è da intendersi come Psicoterapia (Bruschetta, Bellia, Barone, 2015).

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La comunità localeQuando ci riferiamo a un ambito territoriale politicamente o culturalmente delimitato di appartenenza e partecipazione di un utente (come una città, un quartiere o qualsiasi altro contesto ambientale di convivenza socio-politica), il concetto di comunità locale ci aiuta ad identificare lo spazio mentale e relazionale, in cui è inserito. (Barone, Bruschetta, 2011)

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Psicoterapia di comunità Tutto ciò che migliora la salute mentale di una comunità locale, se realizzato in un contesto relazionale, attuato attraverso un servizio professionale, orientato da una teoria dei processi mentali e regolato da una contrattazione esplicita, è da quindi intendersi come Psicoterapia di comunità (Barone, Bellia, Bruschetta, 2010).

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Psicoterapia di comunità«Se accettiamo l’ipotesi costruzionistica della fondazione della psiche sulle dinamiche socio-politiche che animano i contesti antropologici di appartenenza degli individui, allora la Psicoterapia di Comunità (ma forse anche ogni altra psicoterapia) ha come mandato sociale la costruzione di comunità che siano terapeutiche: non istituzioni allocative, né tanto meno semplicemente residenziali, bensì comunità locali e contesti di vita, dove siano possibili quei transiti e quelle trasformazioni evolutive fondamentali per la salute mentale di ogni individuo che ne faccia parte».

Dal ‘Manifesto per una psicoterapia di comunità a sostegno della partecipazione sociale: la psicoterapia individuale e quella di gruppo rispondono ancora ai bisogni di cura della società?’ Simone Bruschetta, Vincenzo Bellia, Raffaele Barone in Plexus, Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi)

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Psicoterapia di comunitàIn siffatti dispositivi terapeutici comunitari i compagni di viaggio (o, più tecnicamente, i “colleghi”) non saranno più soltanto psicoterapeuti, psicologi e psichiatri, ma sempre più figure “altre”: • professionisti delle arti terapie, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali, infermieri • figure istituzionalmente meno definite, come operatori di strada, mediatori linguistico-culturali, intermediatori sociali, animatori di comunità, counselor, operatori domiciliari e di quartiere, ecc.

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• educatori e insegnanti di sostegno, medici di base, in generale tutti i professionisti delle relazioni d’aiuto e dei servizi alla persona• rappresentanti del volontariato sociale, dell’associazionismo culturale e della cosiddetta società civile • “colleghi semi-professionisti”: gli utenti esperti che animano i servizi semi-professionali tra pari

(Dal ‘Manifesto per una psicoterapia di comunità a sostegno della partecipazione sociale: la psicoterapia individuale e quella di gruppo rispondono ancora ai bisogni di cura della società?’ Simone Bruschetta, Vincenzo Bellia, Raffaele Barone in Plexus, Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi)

In tal senso il GPMF, l’Open Dialogue e gli altri dispositivi terapeutici si configurano come strumenti di un DSM che è un nodo della rete della città e agenzia di sviluppo locale.

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Ricadute sul Servizio di Salute Mentale

Il GPMF e l’Open Dialogue sono un antidoto contro il burn out degli operatori. Tali approcci incidono sul clima dell’organizzazione rendendo possibile in tutti i protagonisti il progressivo passaggio dall’iniziale rabbia, incomprensione, isolamento alla condivisione, partecipazione, solidarietà e sostegno reciproco e l’accesso ad una conoscenza nuova, più emotiva, umana.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:- www.raffaelebarone.com- Psicoterapia di Comunità, di Barone, Bellia, Bruschetta, Franco Angeli Editore, 2010