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GLIO anarchico I Proverbi italiani | A tempo di guerra con | le bugie si governa. | Guerra cominciata, | inferno scatenato. | Dov' e guerra non I frimai dovizia. Anno XXXIX. N° 1039 27 Janvier 1940 Deviazioni E' facile smarrire la retta via quando ci si lasci assorbire da un'unica passione, anche se buona in se stessa : educazioni- smo, eugenismo, pacifismo, sindacalismo, illegalismo, e quant altre se ne possono immaginare corrispondenti ad uno sforzo di liberazione da quanto ci pesa, soffoca, minaccia, iucatena. L'anarchismo è la con cezione di tutta una vita individuale e so- ciale rinnovata, di una trasformazione ra- dicale dei cuori e delle menti, degli usi e dei costumi, delle teorie e delle pratiche, dei valori e dei fini dell'umanità. Se giova a noi che in tutti i rami dell attività intel- lettuale, morale, materiale e scientifica vi siano uomini che per la loro specialità al- meno concepiscono una soluzione anar- chica, il militante nostro invece non deve confinarsi in nessuna specialità e abbrac- ciare il problema nel suo insieme. Oramai di esperienze ne vennero fatte molte, ed insomma è bene averle avute, anche se comportarono qualche sperpero di sforzi e di mezzi ; ma i risultati non solo non corrisposero alle speranze nostre ; ci valsero altresì perdite ingenti. E' gran tem- po di non lasciarci più deviare è di vedere le cose non solo a un punto di vista ideale, ma anche nella loro tragica realtà. Così durante la guerra di Spagna fu particolarmente doloroso vedere i nostri compagni francesi gingillarsi col più as- surdo dei pacifismi, consistente nel lasciar fare la guerra alla Spagna rivoluzionaria, in perfetto accordo col fascismo mondiale. Era evidente che se si permetteva alla Oer mania d'intervenire in un paese lontano, a maggior ragione pretenderebbe d'inter- venire in paesi ai propri confini per realiz- zare un'egemonia europea contro la quale l'Inghilterra ha sempre scatenato la guerra, e la Francia per non esser lasciata sola in balìa del colosso tedesco, fiancheggiato dall' imperialismo mussoliniano, sarebbe trascinata pure nella conflagrazione.Quan- to alle fiere declamazioni d'opposizione al massacro, era da prevedersi che contereb- bero ben poco decretata la mobilitazione. Si può supporre anzi che, senza la rivolu- zione spagnuola, la guerra sarebbe scop- piata prima ; bisognava anzitutto vincerla, perchè non servisse d'esempio contagioso. Ma c'è un'altra ragione per cui, se noi aborriamo le guerre tra popolo e popolo, non siamo neppur pacifisti nel senso vol- gare della parola, e Malatesta e Oalleani 1 avevano pur detto, e i nostri compagni accorsi a combattere in Spagna l'hanno provato. Del resto, certi pacifisti han finito col dichiararsi avversi alla rivoluzione co- me alla guerra. Intanto, la questione di forza, che si pone per ogni tentativo d'e mancipazione, non si può sopprimere con una semplice dichiarazione. O noi ci ras- segniamo a non importa che servitù, o noi avremo da combattere contro le forze dello schiavismo. Che la guerra sia il peggiore dei mali lo si può sostenere, ma non la si evita con l'accettare la servitù. Non è forse da quando i popoli italiano, tedesco e russo vennero schiavizzati che i loro ditta- tori divennero sempre più aggressivi e bellicosi ? Herbert Spencer da tempo ha dimostrato che lo schiavismo interno va di pari passo con la politica guerresca ester- na. Libertà e pace sono due termini inse- parabili. Non è dottrina anarchica quella che la- scia supporre i placidi tramonti e le evolu- zioni pacifiche. Come potrebbero esserle se non son libere, se si urtano alla resi- stenza del vecchio mondo ? E che altro si propone una rivoluzione, se non d'aprire la via libera ad una nuova evoluzione? E' così che la rivoluzione è pur essa una guerra, purtroppo non scevra da tutti i mali dell'altre guerre. L'abbiam visto in Spagna. REDAZIONE ED AMMINISTRAZIONE Rue des Savoises, 6. Ginevra (Svizzera) La Compagnia di Gesù in Spagna È risaputo il favoloso potere finanziario che aveva in Spagna, prima del 19 Luglio 1936 la Compagnia di Gesù. Si calcola in 6 miliardi di pesetas il oapitale investito nell'economia na- zionale. I gesuiti erano i maggiori azionisti delle ferrovie e dominavano tutte le aziende : rete tranviaria, elettricità, gaz, trasporti ma- rittimi, speculando in borsa quando se ne pre- sentava la buona occasione* Controllavano la banca la Telefonica, e di quest'ultima impresa ii famoso banchiere marchese di Urquijo de- teneva le loro azioni. Ruiz Senen apparisce come consigliere di amministrazione in più di quaranta compa- gnie quale agente dei gesuiti, Ultimamente i loro tentacoli si estendevano alla grande in- dustria ed al commercio di tutto il paese di modo che avevano ogni leva in mano. Tutta l'influenza di questa immensa ricchez- za economica e sociale fu fatta valere per im- pedire lo scioglimento della famosa compa- gnia. In realtà la protesta fu grande, ed era evidente d'altronde la connivenza fra elementi repubblicani e gente reazionaria; ma per sal- vare le apparenze, dopo aspre polemiche e violenti campagne, si dovette pubblicare il de- creto, che però rimase lettera morta lo stesso. Poiché quantunque ufficialmente la compagnia fosse sciolta, i suoi interessi rimasero intatti, e la sua influenza nell'economia del paese anzi s'accrebbe, ottenendo meglio la protezione diretta delle alte autorità. Alcuni gesuiti partirono per l'estero di pro- pria volontà, ma i più restarono in Spagna e eontinuarono la loro attività, infiltrandosi in diversi ordini religiosi, ed altri ancora passa- rono ad istituti particolari, dove la gioventù continuò ad essere educata da gesuiti in veste di laici. Da allora in tutti gli organismi finanziari controllati dai gesuiti, si organizzò l'attacco a fondo contro il regime repubbliaano, puntando contro di esso tutte le batterie. Le banche re- strinsero i crediti, perturbando la marcia nor- male del commercio e dell'industria, creando sospensioni di lavoro, col metodo calcolato di negare ogni minima concessione ai lavoratori. Infine, tutti gli ordini religiosi fomentavano il malcontento contro la vita nazionale resa dif- ficile, mentre si spendeva il denaro a piene mani per creare quell'Azione popolare (cleri- cale), protetta dalle sacristie, dai confessiona- li, dalle banche, dai magnati delle industrie e da quanti istituti ed imprese subivano l'influ- enza gesuitica. Prima ancora che venisse approvata la legge sulle congregazioni, cominciò ad oscurarsi il panorama politico e sociale della Repubblica. Trecento ordini religiosi esistenti nel nostro piaese venivano legalizzati coi loro 6000 con- venti, ed ecco sopravvenire il trionfo eletto- rale delle destre nel 1933, che doveva costare tanto sangue al proletariato spagnuolo, conse gnando la Repubblica al famigerato Lerroux, che con le sue imbecillità ed i tradimenti d'al- tri politicanti borghesi, spalancò tutte le porte e offrì ogni possibilità alla ribellione, al colpo clerico-militare di Franco. * * * Abbiamo tradotto queste righe dall'interes- sante libro Appuntes de Solidaridad Obrera per ricordare una volta di più la funzione della Chiesa nella vita sociale ed eeonomica dei po- poli, sopratutto dove, come in Spagna, è riu- scita ad avere e mantenere integralmente la sua dominazione. La religione non fn mai « cosa privata >, come l'ha preteso un sociali- smo da burla, ma ha invaso tutta la cosa pub- blica, più o meno apertamente, secondo le di- verse situazioni. D'altronde, la proclamazione di Cristo Re venne fatta appunto per signifi- care che il suo regno è ben di qnesto mondo, materiale e non solo spirituale, riunendo i poteri di Cesare e Dio. E' facile comprendere come dopo il trionfo insurrezionale del 19 luglio 1936, le masse po- polari spagnuole, per purificare e purificarsi, diedero alle fiamme le chiese, evocanti un passato d'obbrobrio, di servitù, di fame e di sangue, che credevano aver distrutto per sem- pre. Purtroppo fascismo e clericalismo han- no finito col vincere un'altra volta, grazie al- l'aiuto di tutto il mondo capitalista e alla viltà di gran parte del mondo proletario, il quale non avendo cooperato alla sua guerra, deve far oggi di lor signori. D. ABBONAMENTI Anno Fr. 5.— Semestre Fr. 150 CONTO CHÈQUES POSTALI « II Risveglio » N° 1.4662, Ginevra APPUNTI E DISAPPUNTI Cambiamento. Da quando abbiamo la guerra, anche lor signori ripetono che ei vuole un gran cambiamento, senza precisare del resto in che potrebbe consistere. Avevano creduto trovarlo nel fascismo, che favo- rirono così in tutti i modi, ma da quando infieri- sce le crisi politiche ed economiche si sono acuite al punto da sboccare, attraverso tutta una serie di aggressioni, nella conflagrazione attuale. Bisognerà dunque cercar altro, il fascismo in- vece della sperata salvezza, avendo prodotto la più tragica delle perdizioni, al punto che s'è do- vuto confessare che i suoi metodi, estesi dal ter- reno nazionale a quello internazionale, rendono ogni convivenza civile impossibile. Così quel che erano ieri le esagerazioni ridicole di sovversivi, cui era toccato quel che spettava, sono diventate verità ufficiali, le quali imporrebbero appunte il gran cambiamento. Ma come concepirlo se non rivoluzionariamente, la rivoluzione non essendo però intesa alla fascista? Ben inteso, lor signori in realtà non intendono cambiare che il meno possibile, anche se convinti della uecessità del gran cambiamento, per cui non potrà essere che opera di popolo. Cristianesimo. Per venti secoli la follia cristiana ha imperver sato, non più riso, la gaiezza del vivere, la serenità del morire, la lotta, la conquista, ma lunghe teorie di peccatori dai nervi sfiniti, dalle anime ango sciate, dai corpi lacerati attraverso il cilicio, la penitenza, la flagellazione — uomini che alla vita non chiedono che la preparazione per il pauroso e misterioso al di là. L'amore del prossimo ha dato venti secoli di guerre, i terrori dell'Inquisizione, le fiamme dei roghi e sopratutto — non dimenticatelo — l'euro peo moderno, questo mostriciattolo gonfio della propria vanità e dell'irrimediabile mediocrità, dall'anima incapace di fortemente volere non ab- bastanza reazionario per difendere il passato feu- dale, non abbastanza ribelle per giungere alle estreme conseguenze della rivoluzione sociale. Benito Mussolini nel Pensiero Romagnolo del dicembre 1908- La fede. Dal Ticino, un compagno, mandandoci la sua sottoscrizione, ci scrive : ! « Questo piccolo obolo, che non sarà l'ultimo, per testimoniare che io vivo tuttora. « Compio i settantasette anni sano di mente e di corpo, e col crescere degli anni, cresce in me la fede nell'idea anarchica, sbattuta ma non som- mersa da tante tempeste. Con la guerra Capitale, Stato e Chiesa ballano una danza macabra, men- tre la povera umanità è spinta al macello da Sta- lin e Hitler, da Chamberlain e Daladier, da Mus solini e Pacelli. La morte per buon numero di combattenti, la servitù pei superstiti é il loro mo struoso sogno, ma non è detto s'avveri. Noi non disperiamo, ma continuiamo a lottare, fidenti nel- l'avvenire di giustizia e libertà, vaticinato dall'A- narchia. Tempi e istiiuzioni muteranno per forza d'eventi e volontà d'uomini. Poliziotti non combattenti. Libera Slampa di Lugano, in polemica con L'Unità del Popolo, organo degli stalinisti italiani d'America, dice alcune buone verità a proposito degli eventi di Spagna. Peccato non siano state dette fin dal maggio 1937, quando gii anarchici insorsero contro il canagliume bolscevico inva- dente la Spagna. A quel momento si preferì ca- lunniare i nostri, mentre oggi si riconosce che i comnuisti « erano andati in Spagna a fare i poli- ziotti » e non già per combattere, salvo lodevoli eccezioni. E perchè non proclamare subito, senza sottintesi e in forma chiara, non ambigua, l'infa- mia suprema alla quale il Pacciardi si rifiutò, « di far sparare dalla Brigata Garibaldi sugli anarchi- ci »? Tante buone ed utili verità avrebbero avute un ben altro valore dette a tempo. Anche il prof. Andrea Oltramare, presidente degli Amici della Spagna Repubblicana, s'era la- sciato dominare interamente dall'elemento bolsce- vico dopo il maggio 1937 per non accorgersi che troppo tardi della sua insigne malafede. Oggi è bassamente insultato da bolscevichi e bolsceviz- zanti. E ne vedremo ben altri, Stalin regnante, di cambiamenti, tradimenti e crimini. Sussidi militari. I difensori della pàtria brontolano in tutta la Svizzera, ma specialmente nel canton Ticino, ove le autorità paiono alquanto restie nel pagare i sus- sidi alle famiglie dei mobilitati. C'è un fenomeno che va sottolineato. Tutti si dichiarano ardenti patriotti, ma domandano appunto in ragione di tanto ardore di consentire il minimo di sacrifici possibile. Quel della vita militare co'suoi disagi è già enorme per se stesso, non bisognerebbe ac- crescerlo con strettezze famigliari. Quantunque il nostro ideale sia tutt'altro che. quello d'un po- polo allattato più o meno bene dallo Stato — e, del resto, non può esserlo se non ne venne prima dissanguato — troviamo il fenomeno buono in se stesso, perchè testimonia che l'epoca dei sacrifici illimitati dei diseredati sta per tramontare, ed a rendere esitanti lor signori nel muover guerra oc- correrebbe che le esigenze finanziarie .dei com- battenti aumentino quanto quelle degli armamenti. Quest'ultime sono pur sempre fonte di guadagni, che le prime potrebbero seriamente diminuire. In regime capitalista però tutto finisce a danno dei popoli. Così i più schiavi sono militarmente più forti dei meno schiavi ; i mobilitati diventano xenofobi per gelosia degli stranieri non mobilitati; i rimasti al lavoro si vedono falcidiati i già medio- cri salari da varie ritenute per contribuzioni ed imposte varie. Quei poi che vorrebbero far scio- pero per compensare il rincaro della vita, se ne vedono sconsigliati ed impediti dalla burocrazia sindacale e socialista. Legalmente non c'è via di uscita, diceva il socialista belga Jules Destrée, ma è verità non ancora compresa dagli interessati... a comprenderla. La maldicenza. Ma come possiamo estirpare il vizio della mal- dicenza, se non ci estirpiamo prima la vanità, l'invidia,e tutte le altre passioni in cui ha radice? Dopo una prova di pochi giorni, le passioni com- presse si risollevano e ci soffocano, e noi provia- mo un così furioso bisogno di sfogarci, che ci chiuderemmo nella nostra stanza a vomitare vitu- peri contro le pareti. Ah ! è impossibile durarla, finiamo con gridare, e caschiamo addosso sul primo capitato, rifacendoci in un'ora delle priva- zioni e delle torture d'un mese. La maldicenza è utile infine, ci diciamo ; è la cenaura dell'amicizia ; ci avverte dei nostri difetti, ci' punisce dei nostri spropositi, tiene in freno la nostra vanità, acquieta le nostre ire, stempera i nostri odi, colorisce e rallegra i nostri colloqui, acuisce gì'ingegni, e non guasta, ma purifica il cuore dell'uomo perchè dà la via alle tristi passioni, che ristagnandovi, vi fa- rebbero cancrena ; e confortati da queste ragioni, ricominciamo e tiriamo innanzi a lavorare di stri- glia con tutti i sentimenti dell'anima e del corpo. Eppure, la coscienza ci dice continuamente che, non potendo ottenere tutto,dovremmo alme- no ottenere una cosa da noi medesimi : di non sparlare di quegli amici intimissimi, ai quali siamo stretti da un legame di memorie e di confidenze, che è quasi un vincolo di parentela. Perchè è igno- bile, veramente, il non aver nemmeno un amico al mondo a cui si possa stringere la mano con la coscienza pulita. Edmondo De Amicis Gli amici, voi. II. Comité International de Défense Anarchiste. Indirizzo : Hem Day, boîte postale 4, Bruxelles g Resoconto dei mesi di novembre e dicembre : ENTRATE : Compagni italiani 300, spagnuoli i5o, De Malander 82/10, Comitato prò Spagna a mezzo S., Anversa g4a.6o, Bern. 5o, Anna K. 55, Prud. 46, Lith. a5, San Francisco, Calif., Albino 696, Verviers ao, Groupe de coordination Bruxel- les 100, in cassa al i° novembre i.35. Totale entrate Fr. 2237.35 USCITE : Ai compagni italiani, spagnoli, tede- schi, ecc.,515, ai compagni imprigionati e inter- nati 8a5, pacchi agli internati 396.60, spedizione comunicati 55.25, onorari avvocati i5o, diversi vaglia ai.60, corrispondenze 118, casella postale 60, trama, telefono e spese diverse ti 1. Totale uscite Fr. 2161.35 In cassa Fr. 86.— Pei Fratelli di Spagna. Deficit precedente Fr. i55-j 80 Al Campo d'Uzerche (Corròze) io o5 Al Campo di Gurs (B. Pyr.) io o5 À Marsiglia per soccorsi vari 3o 55 Deficit Fr. 1608 46 BILAN BILANCIO Recettes — Entrate VENTE — VENDITA Vente réunions 0.20, Flémalle, Matt. et Roc. I4.8I, Saint-lmler, Coullery 9.45. Total *« 46 ABONNEMENTS — ABBONAMENTI Basel, II. Kettiger 5, Biasca, Dotta 5, Genève, Gamboni 5, Luzern, Genlni 5, Saint Imier. Willy Gasser a.5o. Total 2a 60 SOUSCRIPTIONS — SOTTOSCRIZIONI Basel, Gruppo libertario 5o, Genève, Gaz 0.90, Australia 1.60, Pique-prunes io, Grenoble, Do- mingo a, Montevideo, Staffa (a), Gobbi (a), Sata- na (o.fo), N. Amoroso (1), Rina (o.3o, Mariani (1) 9 5a, Preston, Robert R. Benson 35, Saint-Imier, Baslotto io, Sessa, A.Zanetti 2, Springfield,Mass., V. Mayo 22.3a, Zurich, G. Se. 4. Domenico A. ao. Total 167 24 Total des recettes au a3 janvier Dépenses — Uscite Déficit du numéro précédent Journal n° 1039 Frais de poste Total des dépensas Déficit ai4 aa 1746 i5 a35 — *e 90 3023 05 1807 85

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GLIO anarchico

I Proverbi italiani

| A tempo di guerra con | le bugie si governa. | Guerra cominciata, | inferno scatenato. | Dov' e guerra non I frimai dovizia.

Anno XXXIX. N° 1039 2 7 J a n v i e r 1940

Deviazioni E' facile smarrire la retta via quando ci

si lasci assorbire da un'unica passione, anche se buona in se stessa : educazioni-smo, eugenismo, pacifismo, sindacalismo, illegalismo, e quant altre se ne possono immaginare corrispondenti ad uno sforzo di liberazione da quanto ci pesa, soffoca, minaccia, iucatena. L'anarchismo è la con cezione di tutta una vita individuale e so­ciale rinnovata, di una trasformazione ra­dicale dei cuori e delle menti, degli usi e dei costumi, delle teorie e delle pratiche, dei valori e dei fini dell'umanità. Se giova a noi che in tutti i rami dell attività intel­lettuale, morale, materiale e scientifica vi siano uomini che per la loro specialità al­meno concepiscono una soluzione anar­chica, il militante nostro invece non deve confinarsi in nessuna specialità e abbrac­ciare il problema nel suo insieme.

Oramai di esperienze ne vennero fatte molte, ed insomma è bene averle avute, anche se comportarono qualche sperpero di sforzi e di mezzi ; ma i risultati non solo non corrisposero alle speranze nostre ; ci valsero altresì perdite ingenti. E' gran tem­po di non lasciarci più deviare è di vedere le cose non solo a un punto di vista ideale, ma anche nella loro tragica realtà.

Così durante la guerra di Spagna fu particolarmente doloroso vedere i nostri compagni francesi gingillarsi col più as­surdo dei pacifismi, consistente nel lasciar fare la guerra alla Spagna rivoluzionaria, in perfetto accordo col fascismo mondiale. Era evidente che se si permetteva alla Oer mania d'intervenire in un paese lontano, a maggior ragione pretenderebbe d'inter­venire in paesi ai propri confini per realiz­zare un'egemonia europea contro la quale l'Inghilterra ha sempre scatenato la guerra, e la Francia per non esser lasciata sola in balìa del colosso tedesco, fiancheggiato dall' imperialismo mussoliniano, sarebbe trascinata pure nella conflagrazione.Quan­to alle fiere declamazioni d'opposizione al massacro, era da prevedersi che contereb­bero ben poco decretata la mobilitazione. Si può supporre anzi che, senza la rivolu­zione spagnuola, la guerra sarebbe scop­piata prima ; bisognava anzitutto vincerla, perchè non servisse d'esempio contagioso.

Ma c'è un'altra ragione per cui, se noi aborriamo le guerre tra popolo e popolo, non siamo neppur pacifisti nel senso vol­gare della parola, e Malatesta e Oalleani 1 avevano pur detto, e i nostri compagni accorsi a combattere in Spagna l'hanno provato. Del resto, certi pacifisti han finito col dichiararsi avversi alla rivoluzione co­me alla guerra. Intanto, la questione di forza, che si pone per ogni tentativo d'e mancipazione, non si può sopprimere con una semplice dichiarazione. O noi ci ras­segniamo a non importa che servitù, o noi avremo da combattere contro le forze dello schiavismo. Che la guerra sia il peggiore dei mali lo si può sostenere, ma non la si evita con l'accettare la servitù. Non è forse da quando i popoli italiano, tedesco e russo vennero schiavizzati che i loro ditta­tori divennero sempre più aggressivi e bellicosi ? Herbert Spencer da tempo ha dimostrato che lo schiavismo interno va di pari passo con la politica guerresca ester­na. Libertà e pace sono due termini inse­parabili.

Non è dottrina anarchica quella che la­scia supporre i placidi tramonti e le evolu­zioni pacifiche. Come potrebbero esserle se non son libere, se si urtano alla resi­stenza del vecchio mondo ? E che altro si propone una rivoluzione, se non d'aprire la via libera ad una nuova evoluzione? E' così che la rivoluzione è pur essa una guerra, purtroppo non scevra da tutti i mali dell'altre guerre. L'abbiam visto in Spagna.

REDAZIONE ED AMMINISTRAZIONE Rue des Savoises, 6. Ginevra (Svizzera)

La Compagnia di Gesù in Spagna È risaputo il favoloso potere finanziario che

aveva in Spagna, prima del 19 Luglio 1936 la Compagnia di Gesù. Si calcola in 6 miliardi di pesetas il oapitale investito nell'economia na­zionale. I gesuiti erano i maggiori azionisti delle ferrovie e dominavano tutte le aziende : rete tranviaria, elettricità, gaz, trasporti ma­rittimi, speculando in borsa quando se ne pre­sentava la buona occasione* Controllavano la banca la Telefonica, e di quest'ultima impresa ii famoso banchiere marchese di Urquijo de­teneva le loro azioni.

Ruiz Senen apparisce come consigliere di amministrazione in più di quaranta compa­gnie quale agente dei gesuiti, Ultimamente i loro tentacoli si estendevano alla grande in­dustria ed al commercio di tutto il paese di modo che avevano ogni leva in mano.

Tutta l'influenza di questa immensa ricchez­za economica e sociale fu fatta valere per im­pedire lo scioglimento della famosa compa­gnia. In realtà la protesta fu grande, ed era evidente d'altronde la connivenza fra elementi repubblicani e gente reazionaria; ma per sal­vare le apparenze, dopo aspre polemiche e violenti campagne, si dovette pubblicare il de­creto, che però rimase lettera morta lo stesso. Poiché quantunque ufficialmente la compagnia fosse sciolta, i suoi interessi rimasero intatti, e la sua influenza nell'economia del paese anzi s'accrebbe, ottenendo meglio la protezione diretta delle alte autorità.

Alcuni gesuiti partirono per l'estero di pro­pria volontà, ma i più restarono in Spagna e eontinuarono la loro attività, infiltrandosi in diversi ordini religiosi, ed altri ancora passa­rono ad istituti particolari, dove la gioventù continuò ad essere educata da gesuiti in veste di laici.

Da allora in tutti gli organismi finanziari controllati dai gesuiti, si organizzò l'attacco a fondo contro il regime repubbliaano, puntando contro di esso tutte le batterie. Le banche re­strinsero i crediti, perturbando la marcia nor­male del commercio e dell 'industria, creando sospensioni di lavoro, col metodo calcolato di negare ogni minima concessione ai lavoratori. Infine, tutti gli ordini religiosi fomentavano il malcontento contro la vita nazionale resa dif­ficile, mentre si spendeva il denaro a piene mani per creare quell'Azione popolare (cleri­cale), protetta dalle sacristie, dai confessiona­li, dalle banche, dai magnati delle industrie e da quanti istituti ed imprese subivano l'influ­enza gesuitica.

Prima ancora che venisse approvata la legge sulle congregazioni, cominciò ad oscurarsi il panorama politico e sociale della Repubblica. Trecento ordini religiosi esistenti nel nostro piaese venivano legalizzati coi loro 6000 con­venti, ed ecco sopravvenire il trionfo eletto­rale delle destre nel 1933, che doveva costare tanto sangue al proletariato spagnuolo, conse gnando la Repubblica al famigerato Lerroux, che con le sue imbecillità ed i tradimenti d'al­tri politicanti borghesi, spalancò tutte le porte e offrì ogni possibilità alla ribellione, al colpo clerico-militare di Franco.

* * * Abbiamo tradotto queste righe dall ' interes­

sante libro Appuntes de Solidaridad Obrera per ricordare una volta di più la funzione della Chiesa nella vita sociale ed eeonomica dei po­poli, sopratutto dove, come in Spagna, è r iu ­scita ad avere e mantenere integralmente la sua dominazione. La religione non fn mai « cosa privata >, come l 'ha preteso un sociali­smo da burla, ma ha invaso tutta la cosa pub­blica, più o meno apertamente, secondo le di­verse situazioni. D'altronde, la proclamazione di Cristo Re venne fatta appunto per signifi­care che il suo regno è ben di qnesto mondo, materiale e non solo spirituale, riunendo i poteri di Cesare e Dio.

E' facile comprendere come dopo il trionfo insurrezionale del 19 luglio 1936, le masse po­polari spagnuole, per purificare e purificarsi, diedero alle fiamme le chiese, evocanti un passato d'obbrobrio, di servitù, di fame e di sangue, che credevano aver distrutto per sem­pre. Purtroppo fascismo e clericalismo han­no finito col vincere un'altra volta, grazie al­l'aiuto di tutto il mondo capitalista e alla viltà di gran parte del mondo proletario, il quale non avendo cooperato alla sua guerra, deve far oggi di lor signori. D.

ABBONAMENTI Anno Fr. 5.— Semestre Fr. 150

CONTO CHÈQUES POSTALI « II Risveglio » N° 1.4662, Ginevra

APPUNTI E DISAPPUNTI Cambiamento.

Da quando abbiamo la guerra, anche lor signori ripetono che ei vuole un gran cambiamento, senza precisare del resto in che potrebbe consistere. Avevano creduto trovarlo nel fascismo, che favo­rirono così in tutti i modi, ma da quando infieri­sce le crisi politiche ed economiche si sono acuite al punto da sboccare, attraverso tutta una serie di aggressioni, nella conflagrazione attuale.

Bisognerà dunque cercar altro, il fascismo in­vece della sperata salvezza, avendo prodotto la più tragica delle perdizioni, al punto che s'è do­vuto confessare che i suoi metodi, estesi dal ter­reno nazionale a quello internazionale, rendono ogni convivenza civile impossibile. Così quel che erano ieri le esagerazioni ridicole di sovversivi, cui era toccato quel che spettava, sono diventate verità ufficiali, le quali imporrebbero appunte il gran cambiamento. Ma come concepirlo se non rivoluzionariamente, la rivoluzione non essendo però intesa alla fascista?

Ben inteso, lor signori in realtà non intendono cambiare che il meno possibile, anche se convinti della uecessità del gran cambiamento, per cui non potrà essere che opera di popolo.

Cristianesimo. Per venti secoli la follia cristiana ha imperver

sato, non più riso, la gaiezza del vivere, la serenità del morire, la lotta, la conquista, ma lunghe teorie di peccatori dai nervi sfiniti, dalle anime ango sciate, dai corpi lacerati attraverso il cilicio, la penitenza, la flagellazione — uomini che alla vita non chiedono che la preparazione per il pauroso e misterioso al di là.

L'amore del prossimo ha dato venti secoli di guerre, i terrori dell'Inquisizione, le fiamme dei roghi e sopratutto — non dimenticatelo — l'euro peo moderno, questo mostriciattolo gonfio della propria vanità e dell'irrimediabile mediocrità, dall'anima incapace di fortemente volere non ab­bastanza reazionario per difendere il passato feu­dale, non abbastanza ribelle per giungere alle estreme conseguenze della rivoluzione sociale.

Benito Mussolini nel Pensiero Romagnolo del dicembre 1908-

La fede. Dal Ticino, un compagno, mandandoci la sua

sottoscrizione, ci scrive : ! « Questo piccolo obolo, che non sarà l'ultimo,

per testimoniare che io vivo tuttora. « Compio i settantasette anni sano di mente e

di corpo, e col crescere degli anni, cresce in me la fede nell'idea anarchica, sbattuta ma non som­mersa da tante tempeste. Con la guerra Capitale, Stato e Chiesa ballano una danza macabra, men­tre la povera umanità è spinta al macello da Sta­lin e Hitler, da Chamberlain e Daladier, da Mus solini e Pacelli. La morte per buon numero di combattenti, la servitù pei superstiti é il loro mo struoso sogno, ma non è detto s'avveri. Noi non disperiamo, ma continuiamo a lottare, fidenti nel­l'avvenire di giustizia e libertà, vaticinato dall'A­narchia. Tempi e istiiuzioni muteranno per forza d'eventi e volontà d'uomini.

Poliziotti non combattenti. Libera Slampa di Lugano, in polemica con

L'Unità del Popolo, organo degli stalinisti italiani d'America, dice alcune buone verità a proposito degli eventi di Spagna. Peccato non siano state dette fin dal maggio 1937, quando gii anarchici insorsero contro il canagliume bolscevico inva­dente la Spagna. A quel momento si preferì ca­lunniare i nostri, mentre oggi si riconosce che i comnuisti « erano andati in Spagna a fare i poli­ziotti » e non già per combattere, salvo lodevoli eccezioni. E perchè non proclamare subito, senza sottintesi e in forma chiara, non ambigua, l'infa­mia suprema alla quale il Pacciardi si rifiutò, « di far sparare dalla Brigata Garibaldi sugli anarchi­ci »? Tante buone ed utili verità avrebbero avute un ben altro valore dette a tempo.

Anche il prof. Andrea Oltramare, presidente degli Amici della Spagna Repubblicana, s'era la­sciato dominare interamente dall'elemento bolsce­vico dopo il maggio 1937 per non accorgersi che troppo tardi della sua insigne malafede. Oggi è bassamente insultato da bolscevichi e bolsceviz­zanti. E ne vedremo ben altri, Stalin regnante, di cambiamenti, tradimenti e crimini.

Sussidi militari. I difensori della pàtria brontolano in tutta la

Svizzera, ma specialmente nel canton Ticino, ove le autorità paiono alquanto restie nel pagare i sus­sidi alle famiglie dei mobilitati. C'è un fenomeno che va sottolineato. Tutti si dichiarano ardenti patriotti, ma domandano appunto in ragione di tanto ardore di consentire il minimo di sacrifici possibile. Quel della vita militare co'suoi disagi è già enorme per se stesso, non bisognerebbe ac­crescerlo con strettezze famigliari. Quantunque il nostro ideale sia tutt'altro che. quello d'un po­polo allattato più o meno bene dallo Stato — e, del resto, non può esserlo se non ne venne prima dissanguato — troviamo il fenomeno buono in se stesso, perchè testimonia che l'epoca dei sacrifici

illimitati dei diseredati sta per tramontare, ed a rendere esitanti lor signori nel muover guerra oc­correrebbe che le esigenze finanziarie .dei com­battenti aumentino quanto quelle degli armamenti. Quest'ultime sono pur sempre fonte di guadagni, che le prime potrebbero seriamente diminuire.

In regime capitalista però tutto finisce a danno dei popoli. Così i più schiavi sono militarmente più forti dei meno schiavi ; i mobilitati diventano xenofobi per gelosia degli stranieri non mobilitati; i rimasti al lavoro si vedono falcidiati i già medio­cri salari da varie ritenute per contribuzioni ed imposte varie. Quei poi che vorrebbero far scio­pero per compensare il rincaro della vita, se ne vedono sconsigliati ed impediti dalla burocrazia sindacale e socialista. Legalmente non c'è via di uscita, diceva il socialista belga Jules Destrée, ma è verità non ancora compresa dagli interessati... a comprenderla.

La maldicenza. Ma come possiamo estirpare il vizio della mal­

dicenza, se non ci estirpiamo prima la vanità, l'invidia,e tutte le altre passioni in cui ha radice? Dopo una prova di pochi giorni, le passioni com­presse si risollevano e ci soffocano, e noi provia­mo un così furioso bisogno di sfogarci, che ci chiuderemmo nella nostra stanza a vomitare vitu­peri contro le pareti. Ah ! è impossibile durarla, finiamo con gridare, e caschiamo addosso sul primo capitato, rifacendoci in un'ora delle priva­zioni e delle torture d'un mese. La maldicenza è utile infine, ci diciamo ; è la cenaura dell'amicizia ; ci avverte dei nostri difetti, ci' punisce dei nostri spropositi, tiene in freno la nostra vanità, acquieta le nostre ire, stempera i nostri odi, colorisce e rallegra i nostri colloqui, acuisce gì'ingegni, e non guasta, ma purifica il cuore dell'uomo perchè dà la via alle tristi passioni, che ristagnandovi, vi fa­rebbero cancrena ; e confortati da queste ragioni, ricominciamo e tiriamo innanzi a lavorare di stri­glia con tutti i sentimenti dell'anima e del corpo.

Eppure, la coscienza ci dice continuamente che, non potendo ottenere tutto,dovremmo alme­no ottenere una cosa da noi medesimi : di non sparlare di quegli amici intimissimi, ai quali siamo stretti da un legame di memorie e di confidenze, che è quasi un vincolo di parentela. Perchè è igno­bile, veramente, il non aver nemmeno un amico al mondo a cui si possa stringere la mano con la coscienza pulita. Edmondo De Amicis

Gli amici, voi. II.

Comité International de Défense Anarchiste.

Indirizzo : Hem Day, boîte postale 4, Bruxelles g Resoconto dei mesi di novembre e dicembre :

ENTRATE : Compagni italiani 300, spagnuoli i5o, De Malander 82/10, Comitato prò Spagna a mezzo S., Anversa g4a.6o, Bern. 5o, Anna K. 55, Prud. 46, Lith. a5, San Francisco, Calif., Albino 696, Verviers ao, Groupe de coordination Bruxel­les 100, in cassa al i° novembre i.35.

Totale entrate Fr. 2237.35 USCITE : Ai compagni italiani, spagnoli, tede­

schi, ecc.,515, ai compagni imprigionati e inter­nati 8a5, pacchi agli internati 396.60, spedizione comunicati 55.25, onorari avvocati i5o, diversi vaglia ai.60, corrispondenze 118, casella postale 60, trama, telefono e spese diverse t i 1.

Totale uscite Fr. 2161.35 In cassa Fr. 86.—

Pei Fratelli di Spagna. Deficit precedente Fr. i55-j 80

Al Campo d'Uzerche (Corròze) io o5 Al Campo di Gurs (B. Pyr.) io o5 À Marsiglia per soccorsi vari 3o 55

Deficit Fr. 1608 46

BILAN — BILANCIO Recettes — Entrate

VENTE — VENDITA Vente réunions 0.20, Flémalle, Matt. et Roc.

I 4 . 8 I , Saint-lmler, Coullery 9.45. Total *« 46 ABONNEMENTS — ABBONAMENTI

Basel, II. Kettiger 5, Biasca, Dotta 5, Genève, Gamboni 5, Luzern, Genlni 5, Saint Imier. Willy Gasser a.5o. Total 2a 60 SOUSCRIPTIONS — SOTTOSCRIZIONI

Basel, Gruppo libertario 5o, Genève, Gaz 0.90, Australia 1.60, Pique-prunes io, Grenoble, Do­mingo a, Montevideo, Staffa (a), Gobbi (a), Sata­na (o.fo), N. Amoroso (1), Rina (o.3o, Mariani (1) 9 5a, Preston, Robert R. Benson 35, Saint-Imier, Baslotto io, Sessa, A.Zanetti 2, Springfield,Mass., V. Mayo 22.3a, Zurich, G. Se. 4. Domenico A. ao.

Total 167 24 Total des recettes au a3 janvier

Dépenses — Uscite Déficit du numéro précédent Journal n° 1039 Frais de poste

Total des dépensas Déficit

ai4 aa

1746 i5 a35 — *e 90

3023 05 1807 85

Page 2: GLIO I anarchico - archivesautonomies.org · piata prima ; bisognava anzitutto vincerla, perchè non servisse d'esempio contagioso. Ma c'è un'altra ragione per cui, se noi aborriamo

IL RISVEGLIO

Discorsi per via — Mi spiegherai perchè anche qui in

Isvizzera siete antimilitaristi, e se proprio non ne fate un obbligo, approvate alta­mente il fatto di rifiutarsi ad essere soldato.

— La morale è universale, e quel eh' è male, è male dappertutto. La servitù della caserma e delle trincee, l'arte di distrugge­re e d'uccidere non mutano di natura per mutar di paese.

— Rifletti che se una cosa è ben certa, è che il militarismo svizzero è puramente difensivo, non minaccia nessuno, non si propone altro che di rendere esitante chi volesse portar la guerra sul territorio elve tico, cosa che certo tu non auguri.

— Non è del tutto esatto quanto dici. Il militarismo è concepito da noi come do­vunque quale forza offensiva contro il ne­mico dell' interno, i lavoratori reclamanti i loro diritti, e come tale ha servito più volte. Noi non ci contentiamo di augurare che non si abbia la guerra statale da noi, non la vorremmo da nessuna parte.

— Non siete soli ad augurar la pace uni­versale, e non basta del resto augurarla. Essa è fatta di altrettante paci particolari, fra cui quella della Svizzera, meglio assi­curata con l'esercito ohe senza, e tu non vorrai confondere una forza fatta per muo­ver guerra con una che si propone d'evi­tarla. Sarebbe sommamente ingiusto.

— Tu continni a parlare del più e del meno. Anche gli altri eserciti si pretendono difensivi soltanto fino al giorno in cui di ventano aggressivi, ed anche allora si di­cono in istato di legittima difesa. Come torti non ne mancano mai dalle due parti, lo possono affermare con apparenza di ragione. Cosi aver torto tutti, dà a tutti ragione. Paradosso comodo che respin­giamo. I militarismi stanno tutti in rapporto con regimi di sfruttamento e di servitù, vari di forma, ma dallo stesso fondo.

— Ma insomma, preferiresti tu che la Svizzera sia aperta all' invasione o che un cordone militare la protegga ?

— Altri avendo creato un male in odio a noi, e forzati di subirne tutte le brutte conseguenze, affermeremmo in più una specie di corresponsabilità pertutto quanto abbiamo combattuto? Si tratta non d una semplice preferenza, d'una libera scelta da i fare dunque, ma del più rigoroso obbligo, che comporta perfino il sacrificio della vi­ta per una causa cha non è la nostra, per una istituzione fondata anzitutto ad impe­dire che possa mai trionfare. Avverti sì o no 1' impossibilità per noi di giungere a tanto ?

— Non perderai mai il vizio di girare e rigirare le cose in modo da sfuggire alle domande più precise. Ora ti ripeto in mo­do più chiaro : Preferisci che la Svizzera sia annessa alla Germania hitleriana o che resti quello che è?

— E dalli con le preferenze I Tu vuoi sapere se preferiamo un male maggiore a uno minore. Si preferisce ' certamente il minore, a patto però di non pagarlo un prezzo esagerato. Ora chiedere per un male minore di sacrificare eventualmente il bene maggiore: la vita, è addirittura in­concepibile. Quante preferenze non si possono avere, e in realtà nessuna solu­zione ci lascia del tutto indifferenti, ma ci guardiamo bene da ogni intervento esi­gente un sacrificio sproporzionato e quel oh'è peggio in contraddizione con la no­stra causa. Darsi corpo e mente a un' isti­tuzione come il militarismo, mantenuto in odio a noi, se fatto volontariamente, sareb­be insensato. Perchè daremmo l'appoggio incondizionato ad un preteso ordine che vogliamo trasformare da cima a fondo?

— Il perchè è ben semplice : perchè non importa che trasformazione sarà più facile in regime democratico che nazista.

— Voglio ben ammetterlo, ma bada che il trionfo delle democrazie — pseudo­democrazie sarebbe più esatto — non ri­solverebbe nulla di nulla. Siamo all'agonia del mondo capitalista. I regimi totalitari rappresentano un ritorno al feudalismo, adattato alle nuove condizioni sociali. E' un regresso, direi quasi fatale, se la demo­crazia non si rinnova radicalmente, ed uno degli ostacoli a tale rinnovamento è quel militarismo, di cui ci vorresti ciechi stru­menti. Come darci interamente ad un'isti­tuzione che se ci difende da un pericolo attuale fu per noi una minaccia nel passato e lo rimane pei futuro ?

— Con tutto ciò voi rimanete fuori di ogni grande corrente popolare.

— La maggior corrente è oggi forse quella d'un vivo malcontento, e noi col resistere, invece di rassegnarci senz'altro, ce ne troviamo per così dire in testa e la rappresentiamo apertamente. I malcontenti, e ion legione, stanno già con noi.

«L'agonia della Spagna» E'il quaderno di campagna d'un combattente

che raccoglie le impressioni della lotta giorno per giorno, coir visione serena, profonda, sinte­tica, propria ad allargare in modo felice i ri­stretti orizzonti sociali del dramma spaglinolo — da Alcazaquivir, dove sfugge alle mani degli agenti di Franco grazie alla vigilanza dei faisti del Marocco, fino a Pigueras, dove, addolorato, prende coraggiosamente la via dell'esilio, per riconsacrarsi a nuove e immancabili battaglie.

E' il viatico di un vinto che non è vinto, giac­ché tempre come la sua sono invincibili, dedi­cato, come un giuramento supremo, alla memoria di Durruti, Ascaso e di quanti caddero con le armi alla mano o assassinati vilmente, per l 'e­mancipazione sociale del popolo iberico, il quale ha saputo dimostrare d'essere degno della liber­tà, popolo e non plebe.

E' no libro denso di fatti, d'idee, di fede e d'emozioni, che ci fa rivivere un'epopea indi­menticabile, senza offuscarla d'inutili recrimi­nazioni. E' così che si onora se stesso.

E' un libro poderoso che vuol essere accusa circonstanziata e inconfutabile contro i disfatti­sti politici al servizio d'interessi stranieri, sen­z'essere autodifesa, affinchè non si ripetano, do mani, gli stessi errori, è grido di riscossa uscente dal petto d'un uomo ardimentoso, che attraverso un trentennio di lotte non s'è mai smentito, o il cui slancio ideale è andato sempre al di là delle contingenze, quasi traesse dalla tragedia eroica del popolo cui appartiene, nuovi e vigo­rosi propositi. Sotto questo aspetto, l'opera tra­disce il titolo.

Questo libro di Luigi Romero, colonnello del­l'aviazione repubblicana spaguuola e capo della scuola di pilotaggio, che i compagni iberici si preparano a dare alle stampe con la premura che li distingue, gettato nel dibattito che segne­rà evidentemente In ripresa rivoluzionaria del movimento l iberano, varrà, per la documenta­zione che presenta, quanto la bussola di Flavio Gioia al navigatore dell'oceano, e siamo sicuri fin d'ora che i compagni tutti gli saranno grati non soltanto per la ponderata opera sua con cui ha voluto contribuire anticipatamente ai dibat­titi di domani, ma sopratutto anche perchè essi attendono daini , con immutata fiducia,come nel passato, quel contributo cruento nella lotta, che è nota apprezzata della sua attività.

11 popolo iberico è stato martoriato e dissan­guato dalla menarchia, straniera alle sue tradi­zioni storiche e sociali basate sul principio co-munalista; dalla dittatura di Primo de Rivera, per soffocare lo scandalo finanziario delle mi­niere riffane ; è martoriato e dissanguato, oggi. dalle orde franchiste all'ordine degli stessi in­teressi. Ma s'ingannerebbe chi credesse che questo stato di cose possa protrarsi. e

La storia del popolo iberico non permette pes­simismi. Da Viriate a Durruti, questo Spartaco dei giorni nostri la cui memoria rivive operosa in ogni oppresso, il popolo iberico è rimasto fe­dele alle sue taadizioni libertarie : né schiavo, né schiavista, nazionalista nell'universalismo, e non nel grottesco nazionalismo imperialista. Quando un popolo con sforzi eroici millenari è stato capace di ricacciare nei ruderi tutte le do­minazioni, dalla cartaginese alla romana, dal­l 'araba alla borbonica, senza serbarne traccia alcuna nello spirito, diciamolo senz'ambage, questo popolo educato alla pericolosa scuola della fierezza, sprezzante' la civiltà belante, re­sterà all'avanguardia della lotta sociale.

Franco e i feudatari han tratto dal Marocco e dalla bolgia italica le orde mercenarie che li ban resi dominatori, come l'Inquisizione trasse i carnefici dalla Navarra bigotta : ma, come i feudatari discendenti di conquistatori stranieri, quelle orde mercenarie sono anch'esse straniero, e, ad onor suo, il popolo iberico è rimasto popolo nella stragrande maggioranza, cioè non è stato e non sarà affatto contaminato dal dispotismo liberticida delle falangi, di maniera che quando suonerà l'ora della riscossa, esso sbalzerà ancora compatto, virile, realizzatore, come il fatidico 19 Luglio.

Sull'eterna terra di Spagna, dove, ripetendo una tradizione mai interrotta, da Sertorio ai Carbonari contro Don Carlos, da Malatesta a Berneri, anche noi abbiamo lasciati sul campo i migliori dei nostri, dietro le quinte, per lunghi mesi si sono affrontati interessi stranieri diver­genti, convergenti soltanto contro il popolo in­sorto per affrancarsene, sotto gli sguardi apatici o simpatici del governo repubblicano.

Mercantile, quacquera, schiavista, la politica antifascista dei cittadini della City non ha mai avuto altre preoccupazioni che quella di salva­guardare gl'interessi dei propri azionisti, ieri come oggi, dovunque contro chiunque. Precisa­mente per ciò, l'essersi associati a Churchill contro gli « assassini » in campo per realizzare un ordine nuovo fatto non di guerra, di miseria, di servitù morale, ma di pace, di libertà, di be­nessere per tutti, costituisce l'accusa più grave che possa dirigersi contro i politicanti del mar­xismo spaglinolo.

Questo quadro, il quadro del tradimento co­sciente e incosciente, odioso e insensato, Romero lo dipinge con colori indelebili.

Malaga, che storia ! Il 17 settembre 1936, il capo di stato maggiore del governo madrileno comunicava a Romero, destinato ad assumerne il comando : « D'ordine del ministro Largo Ca­balerò, il comandante militare di Malaga è slato autorizzato a ritirare le sue forze a ven­ticinque chilometri dalla capitale ». Infatti, quando Romero giunse a Malaga, l'ordine di ritirata stava già ricevendo un principio d'ese­cuzione. Quale fu la sua attitudine ormai la sanno tutti. — Malaga non si abbandona anche

se cosi vuole il governo ! D'accordo con gli ele­menti della CNT-FA1, Romero rafforza le posi zioni, dando persino una severa lezione ai fasci­sti, i quali al corrente del ri*' o ordinato, mar­ciavano all'attacco.

Quest'insubordinazione civica dinanzi al tra­dimento da parte d'un ufficiale regolare, inor­ridi il governo, il quale fini per confondere Ro­mero con gli « assassini » della FAI — che in verità hanno avuto il torto di non attaccarsi alla cancrena politica. Passando oltre alle minaccie, Romero, messo in presenza del tradimento, se la prese con gli agenti del medesimo, fra i quali il viceconsole inglese, in stretti rapporti col l'am­biente franchista fuori e dentro la liuea, piglian­dolo con le mani nel sacco.

Pel governo fellone, quest'atto colmò la mi­sura : non si potevano tollerare oltre gì' inci­denti diplomatici con Londra, per soddisfare la

\ piccola repubblica anarchica di Malaga ! Fu cosi che il film del tradimento non interventista si snodò in tutte le sue parti : dietro Chamberlain, 1' Intelligence Service e il Labour Party, com­parvero Prieto e Juan Marcii Malaga, M inorca, che linea! Nonostante, quel porto si volle per­dere, per dare una base navale al non interveno italiano, facendo fare al povero Villalba le spese dell'immondo mercato.

Romero che non si volle prestare al giuoco fu destituito, anche con la condiscendenza inco­sciente di qualcuno dei nostri. Quanti insegna menti dalla tragedia iberica! Sacrifìcio, entu­siasmo ardimento del basso ; opportunismo, assenza d'iniziativa, arrivismo dell'alto. Terri­bile, terribile la cancrena politica !

Che disgrazia il non aver avuto qualche doz­zina di Durruti al fronte e alla retroguardia, per fustigare i capi d'organizzazione, per inci­tare il popolo all'offensiva vittoriosa, al posto d'una schiera d'arrivisti incoscienti nei ranghi della burocrazia sindacale, politica e governa­tiva !

Avremmo evitata la disfatta, e conseguita la vittoria, che non doveva essere difficile coi tre quarti di territorio nelle mani, semplicemente sfruttando l'entusiasmo popolare dei primi mesi, profittando dei vantaggi della sorpresa e della disorganizzazione del nemico. Invece si soffocò la guerriglia e ogni altra iniziativa del basso, affidando le sorti dell'antifascismo all'alto, più interessato a tradire che a vincere, più preoccu­pato dei ministeri che della vittoria. Le tribù e la guerriglia conquistarono con l'insurrezione popolare i tre quarti della Spagna: l'esercito repubblicano fu rigettato ai Pirenei. Che lezio­ne per l'antifascismo legalitario !

E, con estrema confusione nostra, anche la Catalogna, anziché mettersi all'avanguardia del movimento, passando oltre gì ' indugi di Madrid, come la Navarra era all'avanguardia della na­zione franchista, cedendo ad un unit-irisino illo­gico,abbandonò ogni iniziativa. Fermiamoci qui.

Ora bisogna risalire la china, o amico Romero, tenacemente, con la stessa fede. L'impresa è ardua, a nessuno verrebbe in mente negarlo, però la Spagna ha la rara fortuna d'essere un paese privilegiato, dove a fianco degli opprcs-i, si sono sempre schierati i non oppressi; per l'alto senso di civismo che la caratterizza Essa resta il paese dei « Carbonari » per eccellenza, malgrado tutto, ragione per cui non si può di­sperare. Che Romero e tanti altri suoi colleghi, non pochi dei quali abbiamo avuto agio di cono scere e apprezzare nel vortice della tormenta, non dimentichino questa bella qualità che li onora. E ' ad essi che attualmente incombe la preparazione dei primi approcci, come nel pas­sato.

Franco ha finito per riconoscere che la vera lotta comincia ora, in Spagna. Effettivamente nessuno di noi ne aveva dubitato. Finché il po­polo iberico avrà il culto della montagna che eleva, ispira e individualizza, come durante le invasioni ed altri cataclismi sociali, la sua ri­scossa è sicura. Essa attende soltanto la sua ora, che auguriamo prossima e vittoriosa.

G. Bifolchi.

Per la chiarezza. E' evidente il desiderio di certi elementi

fascisti di far della guerra attuale una guerra principalmente alla Russia, mostrando, con ragione del resto, ch'essa ha fatto in peggio quel che si rimprovera alla Germania. Non crediamo la manovra destinata a riuscire. E la Germania che minaccia sopratutto la po­tenza franco-inglese col rivendicare non solo l'egemonio in Europa, ma altresì dei possedimenti in tutto il mondo. Il nemico No 1 resterà Hitler anche se dovunque l'ele­mento comunista viene maltrattato come dis­sidente. Siamo però ancora ben lontani da quel che avviene in Russia, dove la dissiden­za è punita con la fucilazione. Tanto per mantenere il senso delle proporzioni, pur ri­vendicando libertà d'opinione per tutti.

Noi egualmente nemici P i dal loro sor­gere di Stalin e Hitler, seuza dimenticare Mussolini, lo r imaniamo sempre, ma senza metterci al seguito dei franchisti Chamber­lain e Daladier, complici nell 'assassinio della Spagna. Giova il ripeterlo, a scanso di qual siasi equivoco in una generale confusione che non ne permette che troppi.

La nostra simpatia pea i popoli di Polonia e di Finlandia non si estende a certi loro se­dicenti difensori che li tradirono, come già avevano tradita la Spagna, dove andava di­fesa la democrazia mondiale contro i Franco e i Ratti, gli Hitler e i Mussolini. L ' inganno del non intervento è tornato a casa degli in­gannator i . E purtroppo saran sempre i popoli a soffrirne, finché non sapranno insorgere.

Stai} politico e Stato militare Opinione comune è che il militarismo sia

un ramo dello Stato, al pari della^magistra-tura e della polizia, e perciò tutta la nostra propaganda è orientata in tal senso. Ora per poco si rifletta sugli avvenimenti d'un ven­tennio soltanto, quest opinione, fondata tutta sulla concezione politica del Terzo Stato, il cui progresso storico è stato magistralmente descritto da Agostino Thierry, ed è relativa alla forma di Stato borghese, costituzionale e parlamentare, appare errata in tutte le sue parti al primo esame.

Il militarismo non è affatto un ramo dello Stato borghese : è invece uno Stato nello Stato, con la sua società e le sue istituzioni. Ministero, direzione, esercito, marina, avia­zione, trasporti, sussistenza, arsenali, offici­ne, ospedali, magistratura, leggi, stabilimenti di pena, costituiscono un ente che supera l ' importanza del semplice membro, ma è addirittura un corpo a sé. Uno Stato nello Stato sia pure con prerogative diverse, come si vuole, però una forza tanto importante e cosciente di sé non si rassegnerà mai al ruolo subalterno.

I cittadini del Terzo Stato che tino all'an­teguerra menavano gran vanto di aver confi­nato l'esercito nell'apoliticità, nella realtà si sono ingannati , in quanto non han voluto tener conto della s t rut tura e dell evoluzione dittatoriale dello Stato moderno. Si parla troppo, oggi, di Stati totalitari e di Stati de­mocratici, senza sfiorare neppure la questio­ne. Per i cittadini della IP Internazionale, gli Stati totalità! i son quelli che hanno abo­lito il controllo dell'opinione pubblica attra­verso le bagole parlamentari ! Lo Stato totali­tario è invece il ritorno puro e semplice allo Stato militare.

Se nei paesi cosidetti democratici siamo ancora allo Stato politico del Terzo Stato più grazie agli avvenimenti che alla volontà dei popoli, non é men vero che appena questi avvenimenti tendono a bruscarsi, lo Stato militare si avanza con tutto il suo rigore. In Francia funziona già la magistratura milita­re, e non sappiamo quanti prefetti sono stati sostituiti dai militari nei F i o dipartimenti . Anche in Inghil terra,dove la tradizione dello Stato politico sembrava dovesse avere radici così forti, nella misura che la storia volta le sue pagine, il militarismo diventa sempre più una necessità ineluttabile, con tutte le sue conseguenze politiche. Addio quacquer ismo!

In altri paesi, come la Spagna, IH Rumenia. la Grecia, ecc., lo Stato politico è scomparso dinanzi a quello militare, in attesa del bel tempo.

Coloro che di fronte ad ogni problema pò sto dal divenire sociale, non sanno che invo­care lo Sialo forte come toccasana, debbono convenire elle soltanto il militarismo può realizza; lo, perchè soltanto il militarismo può disporre d'una gerarchia prefetta. Stalin e compagni, lo sanno benissimo E che lezione per i comunisti francesi trascinati dinanzi ai tribunali militari di Daladier-Gamelin !

Quest'evoluzione dello Stalo politico in Stafo militare s 'è iniziata con l ' istituzione dell'esercito permanente obbligatorio, voluta da Napoleone I" ; servitù contro cui la Van-dea incompresa dai politicanti doveva levarsi orgogliosa corno il leone contro i propri re­tari, anche se, data la circostanza tragica, doveva fare inevitabilmente il gioco della reazione monarchica clericale.

II militarismo non è dunque nella caserma, e non morirà neppure schiacciato dalla pace, com' hanno tendenza a crederlo certi pacifi-sti,'ma è nella stessa essenza dello Stato, che dovrà trovare in esso gli elementi necessari alla sua sussistenza.

Coloro che intendono risolvere i problemi di domani parlando di Stali Uniti d 'Europa , o, non potendoli realizzare per immaturità, del semplice ritorno allo Stato politico, con la sua costituzione, col suo parlamento, con la sua bonomia democratica, dimostrano di non aver capito nulla dell essenza e della tendenza dello Stato moderno.

Quest' argomento è stato trattato a sbalzi, ma, come sempre, noi fidiamo sul buon senso dei compagni perchè venga sviscerato in tutte le sue parti. V.

A proposito di rimpatri. Ha sollevato una certa emozione il fatto che al

restare nei campi di concentramento per un tem­po indeterminato e in condizioni inumane, alcuni compagni abbiano preferito tornarsene in Italia. A parte che per qualcuno poteva anche essere una questione di vita o di morte non potendo più resistere alle sofferenze dei famigerati campi, gli anarchici italiani espatriati, suppongo lo siano per sfuggire al carcere e al confino e poter giovare ancora alla nostra azione e propaganda Lascio da parte quei di cui Malatesta diceva che prima non fan niente per assestarsi e poi per non disse­starsi, nel qual caso non finiscono nei campi di concentramento. Ma un compagno attivo che fi­nisce co) trovarsi in una situazione peggiore che in Italia : in perpetuo stato d'arresto o nell'impos sibilità di cercar alloggio e lavoro, quasi costretto ad accettare la servitù militare, venendo a man­care le possibilità per cui s'è espatriato, non c'è da stupirsi se rimpatria. Naturalmente c'è vari modi di farlo, e non tutti buoni, ma guardiamoci da una condanna generica. Da condannare invece è quel proletariato francese che ha lasciato creare e durare una simile situazione.

<i La bufera infernal che mai non resta », non è meno meritorio affrontarla in Italia che in Fran­cia, e non dimentichiamo altresì che le forze uma­ne hanno dei limiti e che le nostre d'assistenza sono de! tutto insufficienti. Il posto di lotta sogna­to non fu sempre quello in Italia ? L. B.