Gli unici globuli omeopatici per bambini. - siomi.it · LOACKER REMEDIA S.r.l. Via Brennero 16 I -...

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LOACKER REMEDIA S.r.l.Via Brennero 16 I - 39053 Prato Isarco (BZ)Tel. 0471/353355 Fax 0471/353133 www.loackerremedia.it

Gli unici globuli omeopatici per bambini.L’uso dell’omeopatia può rappresentare un valido supporto per ritrovare lo stato di salute del bambino.Per il suo futuro sviluppo, scegli naturalmente.

and Integrated Medicine

HIMHOMEOPATHY

d

Organo ufficiale dellaSocietà Italiana di Omeopatiae Medicina Integrata

Anno 3 - Numero 1, Maggio 2012

In copertina: la nebulosa NGC 2818.Per�gentile�conc.�NASA�and�the�Hubble�Heritage�Team�(AURA/STScI).

Direttore�Responsabile:�Gino SantiniDirettore�Scientifico:�Simonetta BernardiniRegistrazione�al�Tribunale�di�Roma�n.�61�del�24�febbraio�2010Periodicità:�Semestrale

©�2010-2012�SIOMI�-�Tutti�i�diritti�riservati.�Nessuna�partedi�questa�pubblicazione�può�essere�riprodotta�o�trasmessain�alcuna�forma,�senza�il�permesso�scritto�della�SIOMI.Le�copie�arretrate�possono�essere�richieste�alla�SIOMI.

Direzione:�c/o�ISMO�-�Via�Adolfo�Venturi,�24�-�00162�RomaAmministrazione,�Pubblicità:�c/o�FIMO�-�Via�Kyoto,�51�-�50126�FirenzeTel.:�055.6800.389�-�Fax:�055.683.355�-�E-mail:�[email protected]

Finito�di�stampare�nel�mese�di�aprile�2012presso�Grafica�Di�Marcotullio�s.a.s.Via�di�Cervara,�139�-�00155�Roma

COMITATO SCIENTIFICOArea di omeopatia e medicina integrata

Simonetta�Bernardini,�Francesco�Bottaccioli,�Tiziana�Di�Giampietro,Carlo�Di�Stanislao,�Peter�Fisher,�Italo�Grassi,�Francesco�Macrì,Ennio�Masciello,�Roberto�Pulcri,�Gino�Santini,�Gabriele�Saudelli

Area accademica e medicina convenzionaleIvan�Cavicchi,�Andrea�Dei,�Giuseppe�Del�Barone,Claudio�Fabris,�Luciano�Fonzi,�Antonio�Panti,Roberto�Romizi,�Mauro�Serafini,�Umberto�Solimene

Editoriale2 Il Manifesto per la Medicina Integrata, progetti e prospettive

di Simonetta Bernardini

In�primo�piano4 Cosa significa “curare”‘

di Vincenzo Nuzzo

Contributi�originali12 I raggi invisibili in diagnostica e terapia

di Alberto Laffranchi

18 L’approccio omeopatico al paziente che ha pauraCalma, sangue freddo e occhio all’essenzadi Luca Biasci

22 Studi clinici sperimentali in omeopatia veterinariaEsperienze preliminari nell’allevamento suino intensivodi Giuseppina Brocherel, Olga Lai, Lavinia Alfieri, Dario Deni, Mario Sciarri, Franco Del Francia

28 Un caso clinico di asma felinadi Bruno Cipollone

31 La Medicina Integrata in Siciliadi Maria Concetta Giuliano

33 La malattia come consumoL’uso dei farmaci e il ritardo integrativo in medicinadi Carlo Di Stanislao

36 Una buona occasione - L’atto di cura al termine dell’esistenzadi Maurizio Venezi

I�grandi�personaggi�dell’omeopatia29 Michael Frass

Medicina�Integrata�e�oncologiaa cura di Tiziana Di Giampietro

Spotlight26 a cura di Gino Santini

Frattali�di�verità�-�Omeopatia�e�patologie�cutanee�-�Azione�di�Apis�mellifica�su�basofili�-�Arsenico�e�ambiente:�il�contributodell’omeopatia

Quaderni�di�Medicina�IntegrataLa menopausa

40 Il contributo dell’omeopatiadi Stefania Graziosi

43 Il contributo della fitoterapiadi Gabriele Saudelli

45 Il contributo dell’agopunturadi Franco Cracolici

L’omeopatia�raccontata16 Il fantasma dei globulini

di Italo Grassi

HOMEOPATY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1 1

SOMMARIO

EDITORIALE

Da più di dieci anni in letteratura scientifica si parla diMedicina Integrata (MI) nel servizio sanitario pubblico(Rees & Well, BMJ 2001; Hollenberg, Social Science &Medicine 2006). Si tratta di un fenomeno che ha riguar-dato in primis gli Stati Uniti e il Canada, paesi nei qualila terminologia preferita è “medicina integrativa”, e suc-cessivamente anche l’Europa, dove è più diffuso il ter-mine “medicina integrata”. Al di là della definizione enonostante le molte pagine dedicate al fenomeno, il mo-vimento culturale propone in sintesi un ampliamentodelle offerte terapeutiche della medicina ortodossa attra-verso l’apertura della stessa ortodossia alle risorse tera-peutiche delle Complementary and AlternativeMedicines (CAM). Tale movimento sta muovendo iprimi passi ma la più parte dei medici dei servizi sanitaripubblici al momento ne sanno poco o niente.

Volendo dare per scontati i principi portanti della Me-dicina Integrata (MI), ampiamente descritti nel numeroprecedente di HIMed, la prima domanda da porsi è se ilmodello di alleanza terapeutica da promuovere debba es-sere quello che implica una semplice incorporazione su-bordinata all’ortodossia di strumenti delle CAM neipercorsi sanitari o se, piuttosto, il fine non sia quello diuna ridiscussione dei paradigmi portanti in medicina. Inquesto secondo caso esso comporterebbe la condivisionedi percorsi terapeutici integrati come risultante di unreale approccio interdisciplinare alla cura del cittadino.In poche parole (ma si tratterebbe, ce ne rendiamoconto, di uno straordinario balzo in avanti nel concettodi assistenza sanitaria) se il modello della MI non do-vrebbe prevedere la risultante di un processo di condivi-sione del cittadino-paziente da parte di un teaminterdisciplinare. Se si accetta questo punto di vista, laMI diventa l’occasione di un ripensamento profondodella pratica terapeutica poichè inevitabilmente com-porta la messa in discussione dei canoni della pratica bio-medica a cominciare dallo stesso approccio al malato,ripensato in chiave olistica, dal ruolo del terapeuta e dalsignificato dell’approccio terapeutico. In estrema sintesi,si tratta di avviare un confronto tra il concetto di terapiatipico della biomedicina occidentale e il concetto di te-rapia finalizzata al sostegno del potenziale di autoripara-zione biologica dell’organismo vivente che è propriodella più parte delle CAM. Da una parte il trattamentoterapeutico aggressivo della patologia e dall’ altra lo sti-molo all’autoguarigione previsto da altri grandi sistemimedici (Omeopatia, MTC, Ayurveda) e da tutte le “di-scipline bionaturali” (ad es. Shiatsu, Naturopatia, QiGong, Tai Qi, Yoga, etc.) che costituiscono l’ ampio con-tenitore delle CAM.

A noi che promuoviamo la MI sin dalla fondazione dellaSIOMI il cammino appare oramai chiaro, anche se dob-biamo prendere atto di un allargato discorso culturale.Infatti, se all’inizio la nostra attività si focalizzava sullasola integrazione dell’omeopatia nella medicina orto-dossa, col tempo abbiamo compreso che il termine MInon poteva essere limitato all’incorporazione selettiva diuna unica pratica medica. ma che la scommessa culturaleera ben più ampia ed che essa prevedeva un ripensa-mento grandangolare della medicina. Un tema che è di-ventato preponderante nella nostra SMS già conl’organizzazione del convegno nazionale “Ripensare lacura”.

Ed è proprio da quel convegno che è scaturita la necessitàdi ampliare il lavoro della nostra Società dedicandosi aiconcetti di MI in chiave moderna, adoperandosi per sen-sibilizzare ancora di più la medicina ortodossa verso itemi della integrazione delle cure. Del resto i dati dram-matici sulla crescita e sulla inguaribilità delle malattiecroniche mettono sempre più di fronte i medici ai limititerapeutici della medicina ortodossa la cui crisi non siarresta nonostante le continue conquiste tecnologiche.Ma di fatto il problema è ancora più generale. La Bio-medicina si è limitata a focalizzarsi sulla risoluzione diproblemi immediati concentrandosi sulla tecnologia, l’eziologia e la prevenzione.

La MI invece riguarda anche la più ampia domanda disalute del mondo moderno intesa a privilegiare lo statodi forma fisica e a migliorare le capacità di sopravvivenzanon disgiunta, tuttavia, dal mantenimento del migliormodo di interazione con l’ambiente (benessere psico-fi-sico e sociale).

Medicina integrata e condivisionePer una Società come la nostra, che ha fatto della inte-grazione la propria ragione di essere, si parava davanti,dunque, un obbiettivo più ambizioso rispetto a quellidegli anni passati, in quanto prevedeva la sensibilizza-zione delle Istituzioni del servizio sanitario nazionalesulla necessità di avviare riflessioni più ampie sul con-cetto di MI nel nostro paese. Ed è così che è nata l’av-ventura che, dopo un intero anno di gestazione, haportato alla presentazione del “Manifesto per la Medi-cina Integrata” avvenuta lo scorso 3 dicembre in PalazzoVecchio a Firenze (per saperne di più: www.siomi.it, area“Manifesto” in homepage). In un primo momento si ètrattato di reclutare “pensatori”. Trattandosi di un argo-mento che coinvolgeva, oltre alla conoscenza delle me-

2 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

Il Manifesto per la MI, progetti e prospettive

Simonetta Bernardini

Presidente SIOMI, Società Italiana di Omeopatia e Medicina IntegrataE-mail: [email protected]

EDITORIALE

3HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

dicine e discipline complementari, anche aspetti socio-logici, filosofici, scientifici ed etici, abbiamo cercato dicoinvolgere personalità esperte in queste tematiche. Rin-grazio ancora una volta il Prof. Andrea Dei, professoredi chimica all’università di Firenze, che tanto ha datocon il suo pensiero alla maturità culturale della nostraSocietà, il Prof. Guido Giarelli, esperto di sociologia me-dica, il Prof Ivan Cavicchi esperto di filosofia della me-dicina e il Dr. Alfredo Zuppiroli, presidente dellaCommissione regionale di Bioetica della Toscana, chehanno accettato di partecipare, insieme al Prof. France-sco Macrì e a me stessa, alla redazione del Documentosulla MI e alla proposta di Manifesto. Il risultato di unintenso periodo di lavoro è stato il Documento pubbli-cato nel numero precedente di HIMed, che rappresentaad oggi la disanima più ampia e a carattere multidisci-plinare sul tema mai apparsa in letteratura. Un distillatodi quel Documento è riportato nella proposta di Mani-festo per la Medicina Integrata presentato il 3 dicembre.

Riguardo al Manifesto, c’è da notare che la sua presen-tazione in nove punti è voluta. Lo scopo, infatti, non eraquello di presentare un decalogo, ma piuttosto una bozzadi lavoro che avviasse una discussione la più ampia pos-sibile in Italia e all’estero, con lo scopo di dar vita ad unforum permanente che possa riflettere sul futuro orien-tamento della sanità pubblica e privata. Il progetto sipropone di arrivare, un domani, ad un Manifesto con-diviso non solo nei contenuti ma ancor più nei propositidi rinnovamento della medicina. Qualche parola meritaspenderla sulla cerimonia di presentazione. Una verascommessa l’organizzazione di quell’evento. Infatti si ètrattato di invitare tutta la sanità italiana attraverso i suoirappresentanti istituzionali e, possiamo oggi dire, che l’obiettivo è stato pienamente centrato. Infatti quasi tuttele Istituzioni invitate hanno partecipato, a cominciaredalla FNOMCeO, FOFI, Ordine nazionale dei biologi,dalle società scientifiche della medicina convenzionalecome FISM, SIP, SICP, fino alle sigle della medicina delterritorio, FIMMG, FIMP, UGL Medici, alle rappresen-tanze delle discipline bionaturali, FISTQ, UISP, IAS, etc.per finire con SIPNEI e le sigle delle medicine comple-mentari, come CONMI, APO, AMNCO, CoReSiMi,etc. Nell’insieme hanno preso la parola per condividerei temi proposti dal Manifesto e dare contributi proposi-tivi più di 30 rappresentanti di altrettante sigle istituzio-nali. Il livello di condivisione dei contenuti delManifesto è stato elevato da parte di tutti e non sonomancati propositi dichiarati di diffondere l’iniziativanell’ambito dei Consigli Direttivi delle Istituzioni par-tecipanti.

Medicina integrata, prospettiveNel prossimo futuro, per continuare il progetto avviatocon ottica propositiva, SIOMI ha aperto un forum didiscussione nazionale permanente cui sono state invitatele sigle presenti. A tale scopo è stata attivata una mailinglist (il cui indirizzo di riferimento è [email protected])alla quale sarà possibile inviare riflessioni e proposte conlo scopo di far crescere tra i protagonisti della sanità ita-liana la dimensione della MI al fine di una sempre piùampia condivisione che possa tradursi in progetti sanitariintegrati a partire dalla formazione in MI e fino alla rea-lizzazione pratica di offerte sanitarie integrate nell’am-bito del servizio sanitario pubblico e privato. Nelcontempo il Manifesto è stato inviato anche a referentiinternazionali dei servizi di cure integrate con l’avvio diuna discussione che ha già coinvolto alcune personalitàin Europa, India e USA.

I primi risultati del forum di discussione saranno pre-sentati in occasione del Congresso internazionale di Me-dicina Integrata previsto a Firenze il prossimo 21-22settembre. Per allora la nostra Società sosterrà anche losforzo economico di offrire alle molte centinaia di espertidelle MC provenienti da tutto il mondo la versione inlingua inglese del numero di HIMed dedicato al Mani-festo e al Documento sulla Medicina Integrata. g

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IN PRIMO PIANO

L’omeopatia è una dottrina scientifica affascinantee pregna di infiniti stimoli alla riflessione e medi-tazione, ma non può essere considerata né un cor-

pus di verità dogmatiche né l’unica medicina possibile.Allo stesso modo il suo fondatore Samuel Hahnemannnon va considerato né un santo né un genio, ma un me-dico ed uno scienziato di grandi capacità che si è lode-volmente sforzato di dare alla Medicina una profonditàche fino a quel momento non aveva avuto

Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann nonsiano stato per nulla originali, essendo riconoscibili negliscritti di grandi esponenti del sapere ermetico-alchemicodel XVI e XVII secolo. Gli scritti del pensatore misticotedesco Jakob Böhme1, rigurgitano per esempio di rife-rimenti di questo genere. Purtroppo non c’è spazio quiper riportarle, ma ne basti solo una in quanto estrema-mente suggestiva: “Anche la ragione può ammalarsi mercèle parole, ma guarisce con rimedi simili al male” (§9.54).In ogni caso, per il medico che non si sia mai rassegnatoné allo sperimentalismo né al positivismo dominanti,l’omeopatia non può che rappresentare un’occasioneunica per ritrovare l’autentico spirito umanistico dellaMedicina, perso durante ormai più di tre secoli di do-minio in essa del razionalismo e del materialismo scien-tisti. Proprio per questo però bisogna anche restare criticiquanto basta per non andare oltre i limiti di quantol’omeopatia effettivamente può dare. E’ sullo sfondo diquest’attitudine, critica ma affatto distruttiva, che an-drebbe compresa la chiave di lettura offerta in questo ar-ticolo per interpretare il senso della cura alla luce delladottrina omeopatica.

L’omeopatia e l’arte di curarePer riaffermare cosa sia veramente curare bisogna andareoltre la dottrina classica dell'omeopatia, ma per farlo èproprio da essa che bisogna partire.

La malattia intesa come “totalità dei sintomi” (Organon2

§5-6 e §71-89) è qualcosa che viene colto nell'esperienzaed al di fuori di qualunque astrazione, promettendo cosìun'interpretazione del patologico che è ben più razionalee profonda di quanto fosse disponibile al tempo di Hah-mahnn e Kent. Il patologico si riassume in una malattiafondamentale ed universale, la psora, che si articola poinel tempo e nello spazio nei tre miasmi o stati costitu-zionali individuali ad essa successivi (psorico, sicotico esifilitico)3.

I tre miasmi sono stati poi ridotti entro lo schema ippo-cratico dei quattro umori (iroso, flemmatico, pletorico,melancolico), ai quali corrispondono le quattro costitu-

zioni fondamentali (carbonica, tubercolinica, sulfurica,fluorica).

Ciò che il medico sperimenta non è che questo, essen-zialmente la psora (anche se poi manifestantesi in modidiversi nei singoli individui), e non invece le diverse en-tità nosografiche, assolutamente astratte, della medicinatradizionale. Ed è con ciò che si confrontano i sintomiprodotti nell'individuo sano dalla sostanza diluita e di-namizzata, il rimedio omeopatico.

Ecco che la diagnosi di “malattia” e anche “diagnosi dirimedio”, ovvero terapia: la “bronchite” del mio pazientenon è malattia astratta ed ideale, ma la “bronchite pulsa-tilla in un paziente tubercolinico”. Da ora in poi defini-remo questa entità come “rimedio-malattia”. Da qui unaterapeutica pragmatica e flessibile, ovvero esperienzialee non astratta, basata a sua volta sulla sperimentazionedi un gran numero di quadri “rimedio-malattia”, i rimedidella Materia Medica omeopatica equivalente alla clinicamedica della medicina tradizionale.

Ma la “malattia” omeopatica indica anche un determi-nato genere di squilibrio del delicato rapporto tra orga-nismo ed ambiente (la psora è tutta espressione diminusvalia disfunzionale, la sicosi è tutta espressione dieccesso ed accumulo, la siphilis è tutta espressione di di-fetto e perdita), stati patologici rispetto ai quali il rime-dio-malattia equivale ad una sorta di istantaneadinamica. Nulla è lasciato al caso e tutto ha senso in unTutto, proprio come nella visione dei “vincoli” di Gior-dano Bruno4, concetto tipico di una filosofia della na-tura, quella rinascimentale, che sapeva essere non lontanadalla metafisica.

La malattia non è quindi un accidentale ex abrupto maun evento che si comprende dal punto di vista del suosenso entro l'assetto dell’equilibrio individuale in rap-porto all’ambiente. La mia malattia non è un caso natu-rale, ma ha un determinato senso nell’ambito delrapporto tra me e l’ambiente in cui sono immerso. Il ri-medio, vero e proprio individuo simbolico che mi cor-risponde quale individuo malato, configura la malattiaquale entità che ogni volta si interpone tra noi come po-tenziale entità energetico-dinamica e non quid materialereale. La malattia non è che un caso del rapporto tra in-dividuo ed ambiente, rapporto di salute o di malattia.Essa non esiste ontologicamente al di fuori di questo rap-porto.

Qui l’agente fisico-biologico slatentizza in me sano losquilibrio latente, facendo emergere così la mia malattia,e dall'altro versante l'ambiente (medico) la riconosce,chiamando la natura a contro-rispondere (sostanze mi-

4 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

Cosa significa “curare”?

Vincenzo Nuzzo

Pediatra e psicoterapeuta, omeopata e omotossicologoE-mail: [email protected]

IN PRIMO PIANO

5HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

nerali, chimiche ed animali quali potenziali rimedi). Lamalattia della medicina tradizionale, quale nomen (realtàastratta) di un meccanismo fisiopatologico alterato daun agente patogeno, è qualcosa che esiste nel cosmosenza il malato e la sua soggettività, e se ne sta lì in ag-guato pronta aggredire in un momento spazio-temporaledel tutto casuale. È evidente che non si può parlare di“predisposizione” senza che essa si riferisca al senso chel'evento patogeno acquista nell'economia che lega spe-cificamente l'individuo all'ambiente.

Il fattore freddo non è patogeno nello psorico come neltubercolinico, e la bronchite di Marco non è la bronchiteuniversale nella quale egli si è imbattuto per caso. Lostesso vale evidentemente anche per il farmaco, che nellamedicina tradizionale viene usato in modo assoluta-mente impersonale ed indifferenziato.

Ogni omeopata sa invece che se il rimedio non è indivi-dualmente “ben scelto” non vi sarà alcuna probabilità diguarigione. Qui non si tratta di annientare, ma di pre-sentare ai circuiti cibernetici dell’organismo il segnale co-stituito dalla fotocopia del suo stato patologico(l’individuo simbolico malattia-rimedio), perché essi simettano in azione per superare da dentro la malattia.

Ecco che la malattia tutta virtuale dell’omeopatia non èaffatto astratta, mentre la malattia tutta reale della me-dicina tradizionale lo è invece assolutamente, ovvero èun aliquid assolutamente alieno, che cade entro un con-testo in cui nulla ha un vero senso se non meramente ca-suale, e dove praticamente tutto può accadere.

Tutto questo trova esplicazione in una delle più fonda-mentali affermazioni di Hahnemann, secondo il qualela malattia “non è da considerare come un quid (materiapeccans) separato dall’organismo vivente e dal principio di-namico che lo vivifica”(§13). La malattia è espressione diun determinato genius patologico e non è invece un quida sé stante. Ci sembra evidente che ciò pone la medicinaomeopatica ben più in continuità con l'antica filosofiadella natura. In essa manca tutta l'accidentalità arbitrariadello sperimentalismo, in cui il conoscere è un mero ri-fare la natura in vitro5.

Pertanto in essa tutto è stato dottrinariamente stabilitouna volta per tutte. Non vi saranno nuove malattie (spe-rimentalmente arbitrarie), ma semmai solo nuove ma-lattie-rimedio il cui valore è solo terapeutico.

I suoi principi: a) è degno di essere curato solo ciò chepuò essere riconosciuto come espressione dei tre morbifondamentali (e non il patologico accidentale); b) la dot-trina e l’arte terapeutica si riferiscono ad una totalità no-sologica definita una tantum, e non alle sue possibilievoluzioni sperimentali; c) i tre miasmi come potenzialeglobalità patologica sono l'unica base di diagnosi e tera-pia.

Lo stato di salute è l'effetto di una vis vitalis, la forza vi-tale, che equivale perfettamente alla vis medicatrix. Nonsono date relazioni casuali tra di esse. La terapeutica de-v'essere in stretta relazione di identità con la semeiologia,e pertanto non sono ammesse né concepibili terapie spe-rimentali, derivanti da casuali scoperte fisico-chimichein altri settori della scienza.

Ciò significa che l’omeopatia dispone di un sistematacontenente una teoria della salute, una teoria della ma-lattia ed una teoria della guarigione, strettamente con-nesse. Ciò significa estrema coerenza. Non la stessa cosapuò essere detta dell'allopatia.

Ma esaminando i perché di questo giungeremo al cuoredel problema del senso della cura, che, come vedremo,vedrà come imputata anche l'omeopatia accanto alla me-dicina tradizionale.

Teoria della salute - Ciò che dall'allopatia viene contrab-bandato per teoria della salute (definizione OMS si ma-lattia) non è che un patetico tentativo di costruire unateoria impossibile su un coacervo di dati tra essi del tuttoslegati. Il risultato non poteva quindi essere che di unasconcertante banalità, puerilità ed ovvietà: la salute nonè mera assenza di malattia, ma perfetto benessere psico-fisico.

Naturalmente qui il termine “salute” è solo impiegato,ma non è affatto spiegato, se non dalla sua del tutto ca-suale concomitanza con altri termini non spiegati come“malattia” e “benessere”. Chissà se sotto sotto non siastato spulciato di nascosto proprio l’Organon (§8): “Nonsi può pensare né dimostrare con alcuna esperienza almondo, che, dopo la rimozione di tutti i sintomi della ma-lattia... rimanga o possa rimanere altra cosa se non la sa-lute”. Più avanti esamineremo anche quest'affermazione.

Teoria della Malattia - La malattia dell'allopatia non èaltro che un contenitore logico-sperimentale con un’eti-chetta nosologica casuale, che non esprime il genius deicorrispondenti fenomeni fisiopatologici. Le miriadi dimalattie oggi conosciute non ci dicono nulla circa l’iden-tità ed il senso globale e profondo della “malattia”, ov-vero tacciono sul senso dell’ammalarsi.

Teoria della Guarigione - Una volta esclusa la coerenzaprofonda tra diagnostica e la cura, ed in assenza di unateoria della salute e della malattia, non può esistere al-cuna teoria della guarigione. La guarigione è per l'allo-patia solo un fenomeno binario (“più-meno”) checoincide con l'eliminazione casuale e senza senso dei sin-tomi attuali. Cosa possa o non possa restare, una voltaottenuto questo, è cosa che non può né deve interessare.

Come la malattia non ha alcun vero senso, allo stessomodo non ha alcun vero senso neanche la cura.

La decadenza dell’omeopatiaMa anche se tutto ciò ha un suo rigore logico, non biso-gna dimenticarsi della realtà, e quindi di tutti i punti de-boli che nell'omeopatia non possono essere ignorati. Traquesti diversi aspetti problematici della “sperimentazionepura” hahnemanniana, base della clinica omeopatica(materia medica), e l’intera sua terapeutica:< L’efficacia del rimedio omeopatico è resa molto insi-

cura da un numero molto, forse troppo, grande di va-riabili (fedeltà dei sintomi forniti dal malato, abilitàdiagnostica del medico, troppo vaghi criteri circa lascelta dell’adeguata potenza del rimedio, eventuale re-sistenza del malato al rimedio, varianti tossicologicheambientali che riducono o annullano l’effetto del ri-medio...).

IN PRIMO PIANO

< Anche la teoria hahnemanniana della malattia e dellaguarigione sono largamente insufficienti, perché pre-sentano diverse incongruenze filosofiche, nell’ambitodelle più generali incongruenze filosofiche dell’interadottrina e pratica medica nei riguardi del problemadel male.

Poiché non c’è spazio qui per dedicarsi ai primi due or-dini di considerazioni, rifletteremo solo sugli ultimi duedi essi.

La concezione della malattia di Hahnemann è molto piùmaterialistica di quanto pretenda di essere. Così il §17dell'Organon: “Dal fatto che ogni volta nella guarigione,con la rimozione di tutto l’assieme dei segni percepibili e deidisturbi della malattia, viene rimossa contemporaneamentel’alterazione intima della forza vitale, che costituisce la basedel male - ossia della malattia nella sua totalità - segue cheil medico togliendo la totalità dei sintomi toglie e distruggel’alterazione intima...”. Qui si rinuncia a chiedersi se, eli-minando la malattia fondamentale (sintomi), non resticomunque qualcosa di negativo, invece che la sola salute.

Il “tutta la malattia” ha tutta l'aria di raffigurare qualcosadi materiale, ovvero quello stesso “quid” patologico dicui Hahnemann aveva negato l'esistenza.

Insomma, sebbene l'omeopatia rappresenti oggi un ot-timo punto di partenza per una critica al materialismodella Medicina moderna, nemmeno essa stessa risulta deltutto immune dall'illuminismo scientifico che ha con-dotto a tale materialismo. Prova ne è secondo noi il fatalescadere progressivo della terapeutica omeopatica in prag-matismo utilitarista ed edonista che risponde sempre me-glio ai potenti stimoli di un'industria farmaceutica chesembra puntare ad omologare fortemente le strategie dimercato in campo omeopatico ed allopatico. Il risultato,insieme al frazionamento dell'omeopatia stessa in milleconventicole in conflitto, è sempre più la riduzione dellasua terapeutica ad un ramo genericamente “alternativo”di una sempre più aggressiva e senza scrupoli industriafarmaceutica.

In altre parole l'omeopatia è scivolata dal regno dell'im-materiale al regno dell'effimero. La sicosi non si com-batte più in nome dello spirito (Kent) ma in nome dellastrenua lotta all'invecchiamento.

Ma ciò significa due cose di decisiva importanza: a) chel'immateriale non era in essa poi così voluto; b ) che talecosì facile seduzione implica una non così forte aspira-zione alla purezza. Basta aggiungere a ciò egoismi parti-colati ed interessi ed il gioco è fatto.

E peraltro connivente con la degenerazione non è statasolo l'anima impura dell'omeopatia, ma anche quella pu-rista, arroccatasi sempre più in dogmatismo che impe-diva di dar corso a qualunque legittima critica allecontraddizioni della dottrina hahnemanniana, e che pe-raltro rivendicava per l'omeopatia stessa il posto ed ilruolo di unica e vera Medicina.

Ciò non poteva avere altro effetto che una sclerosi sico-tica dell'antico edificio tradizionale dell'omeopatia, scle-rosi che non poteva non renderla vittima indifesa dellemontanti eresie.

Ed ecco lo scenario della più aperta corruzione, costellato

dai segnali ammiccanti della nuova omeopatia edonistaed affarista allo scienziato positivista, all'amministratoredell'azienda sanitaria, al medico di base, al managerspompato, all'attempata signora, al giovane e meno gio-vane vitellone palestrato e trasgressivo, al fanatico newage. A tutti viene promessa la realizzazione dei loro sognidi piacere e consumo. Ed ecco la promessa a tutti di unequilibrio psico-fisico indistruttibile ed inossidabile, chesottrae alla necessità di ogni sacrificio e permette di sfug-gire ad ogni limite. Fatto sta che, in questo scenario,l’arte omeopatica di curare perlomeno non obbedisce piùai suoi principi originari. Ma se è così bisogna pur chie-dersi se questi principi erano veramente sufficienti a fon-dare un’arte terapeutica veramente alternativa. E che nonfosse proprio così crediamo di averlo sufficientementemotivato.

La medicina davanti al problema del maleNoi non intendiamo fare qui una critica distruttiva masolo porre a noi stessi ed a tutti un problema che l'interamedicina sembra aver dimenticato: che ne è del male, ilmale eterno della condizione umana e terrena, una voltaeliminata la malattia, in qualunque modo essa vengaconcepita? E ciò vale senz'altro anche per l'omeopatia.

Ci sembra che purtroppo anch'essa abbia dimenticato lequestioni morali fondamentali poste dai grandi filosofidell'umanità (Pitagora, Socrate e Platone), e cioè che lasalute è salvezza, una condizione che corrisponde a viveresecondo il Bene, il Vero ed il Giusto, che sia o non siaquesto garanzia di vita eterna.

La dimenticanza di tutto ciò sembra evidente nelle stessecategoriche affermazioni di Hahnemann: “...La distru-zione della malattia equivale alla restaurazione della salute,scopo supremo ed unico del medico che ha coscienza dell’im-portanza della sua arte. Questa non consiste in chiacchiereapparentemente vuote, ma nel giovare ai malati” (§17).

L'intera filosofia antica, unitamente a Paracelso, lo con-traddice. E perfino un altro teorico dell'Omeopatia, ilKent, che scrisse: “La psora è la causa fondamentale, lostato di disordine originario e primario che affligge l’uma-nità. Si tratta di uno stato di disordine che sconvolge laparte più profonda dell’organismo [...]. Nel suo complesso ètroppo esteso, giacché esso risale al primissimo errore del-l’uomo, il peccato originale, alla primissima vera malattiadell’umanità, che è una malattia di indole spirituale...”6.

Ma per non restare nel vago non si può che rifarsi al Pla-tone della Repubblica, dove il problema del male vieneposto in termini politici nell'ambito di un'esplicita teoriadella cura. Qui la salute coincide con la virtù civica del-l'esercizio della propria funzione nella perfetta subordi-nazione ad un corpo sociale sano in quanto integro nellasua organicità7. È esattamente ciò che accade nella ge-rarchia che unisce cellula, tessuto, organo inferiore e su-periore, ed insieme degli organi alle superiori funzioniimmateriali (anima). Virtù è la funzione svolta bene,mentre vizio è la funzione svolta male. La disfunzioneha dunque un preciso carattere etico, e non può pertantoessere disfunzionale ciò che è naturale nell'ordine co-smico (come la morte).

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L'anima è così nella Repubblica la funzione organica chedomina su tutte altre. Lo stesso è ripetuto nel Fedone perbocca di Socrate: tra anima e corpo non può esservialcun dubbio su quale dei due debba dominare8.

La funzione delle funzioni è dunque governo, cioè lacompiutezza assoluta della coincidenza tra virtù e fun-zione. Virtù dell’anima è dunque la giustizia, mentre ilvizio dell’anima è l’ingiustizia. La giustizia è retto agiresecondo la legge, mentre l’ingiustizia e azione non retta.

Il bene e la salute individuale è il bene e la salute sociale.

Dunque il bene che corrisponde alla salute individuale èvirtù, è obbedienza, è abnegazione, è giustizia.

Ciò permette a Platone9 di sostenere che, se la perfezionedella funzione è salute, la malattia è negativa non inquanto passio, soggezione individuale ad una forza, main quanto attivo e colpevole deflettere dell'uomo dal do-vere, da una dovuta attività. Anche in questo senso lamalattia è colpa che proviene da dentro. È l'effetto diuna negativa ma volontaria scelta morale, come direbbeKirkegaard10. Ciò che essa richiede è pertanto l'esattocontrario di una “lunga cura”, ossia il vegetare nell'acci-dia che la malattia stessa sembra giustificare. Essendoquesto l'esatto opposto del vivere bene, il medico nondovrebbe affatto collaborarvi.

Su quale sia il dovere del medico, Platone è dunque espli-cito fino alla brutalità: “E non ti pare vergognoso, conti-nuai, ricorrere alla medicina per tutt’altra ragione che perferite o per certe malattie che si ripetono ogni anno, ma perla poltroneria e il regime di vita di cui abbiamo parlato?E, ripieni come acquitrini di flussi e soffi, costringere i braviAsclepiadi a denominare le malattie flussi e catarri? – Moltovergognoso, rispose. Veramente nuovi e strani sono questinomi di malattie. - Nomi che non c’erano, credo, dissi, altempio di Asclepio”11.

Nelle Lettere12, egli dice che debole ed incapace è il me-dico che non costringa il malato a cambiare un regimecolpevole di vita.

La vera malattia, degna di essere curata, è dunque quellaacquisita nel pieno dell'esercizio del proprio compito, inun cadere eroico al quale consegue o la morte o unadegna guarigione. L'altra, contratta nell'attitudine pas-siva, viene solo colta come occasione per tralasciare i do-veri. La prima malattia è quella derivante dalle ferite diguerra, che Platone considera come l'unica entità noso-logica che sia degna di cura. La seconda malattia è quelladerivante da abitudini di vita non virtuose, e corrispon-dente peraltro piuttosto esattamente al paradigma dellemoderne malattie croniche (in termini omeopatici i pigriesiti sicotico-sifilitici della psora). Non a caso il filosofoateniese sottolinea qui che in questo caso ricadono l'”esa-gerata cura del corpo, che va oltre i limiti della ginnastica”.Del resto la stessa ossessione della felicità, che sta dietrol'accidia e le cure eccessive del corpo, è essa stessa dia-metralmente contraria alla virtù della funzione. Se tuttifossero infatti ammessi alla felicità, non vi sarebbe infattipiù nessuno capace di restare al suo posto ad esercitarela funzione13.

Platone afferma qui che fu lo stesso Asclepio ad insegnareai suoi figli e discepoli questo approccio terapeutico. Egli

considera così altamente riprovevole una cura della ma-lattia cronica, che non può debellarla ma solo indiretta-mente confermarla, rendendo così lunga e penosa la vitadello stesso individuo, corrompendo le qualità dei sui di-scendenti, ed infine facendo male alla collettività. La sen-tenza è quindi recisa: non bisogna curare, non bisognaprolungare la vita di “un individuo malaticcio e intempe-rante”, la cui sopravvivenza non giova né a lui stesso nèagli altri.

Fatto sta che il sicotico assomiglia moltissimo al “fuco”descritto da Platone proprio nella Repubblica, quandoegli intende deprecare i vizi della plutocrazia democra-tizzante. Non diversi gli accenti del poeta lisboeta Fer-nando Pessoa: ”Viviamo una vita che ha già perso perintero la nozione di normalità, e dove la salute vive per unaconcessione della malattia. Viviamo in uno stato di malattiacronica, di anemia febbricitante. Il nostro destino è quellodi non morire per non essere adatti allo stato di perpetuimoribondi”14. Accenti molto simili del resto a quelli delNietzsche di Nascita della tragedia, che lamentava la per-dita della sanità tragica ed eroica ad opera della civiltà.

Pertanto il medico può essere solo in questo senso me-dico dell’anima, in quanto promuove la nobiltà dellavirtù, il che significa non proteggere ma sfidare. Con leparole di Zarathustra15 si tratta di essere nemico del-l’amico. Ciò che è degno di essere curato, come si chie-deva Hahnemann, coincide quindi con ciò che èrichiesto da ciò è collocato più alto dell’individuo stesso,ovvero da ciò che lo trascende. E del resto, suggeriscePlatone nel Filebo16, il medico può essere solo medicodell’anima e non del solo corpo, dato che l’unica verapossibilità di nobiltà del corpo, ovvero la salute, stà, acausa dell’opera della sapienza ordinatrice (ovvero causacreante), nella sua animicità.

Altrove, sempre nel Filebo17, Platone dirà per bocca diSocrate che la salute è l’effetto di un’armonia che a suavolta deriva dalla repressione da parte divina dalla po-tenziale maleficità dell’illimitatezza incarnata dalla sin-golarità (molteplicità), e ciò per mezzo dell’azione su diessa del limite.

Si può arricciare il naso davanti a questo così spartanorigore, e si può anche, con diverse ragioni rifiutarlo, manon si può certo negare che dietro tutto ciò c'è una teo-rizzazione profonda del male nascosto dietro la malattia,e pertanto una giustificazione sufficiente del fatto cheesso non può certo svanire con la scomparsa di quest'ul-tima, sempre ammesso che questa venga veramente rag-giunta. Una simile teorizzazione è, come abbiamo visto,assente perfino in una medicina, come quella omeopa-tica, che vorrebbe perseguire un concetto più alto di sa-lute.

D'altro canto, anche aldilà di Platone, la filosofia anticae moderna, quando prossima alla metafisica, ci offre ul-teriori spunti in tale senso.

La dottrina della doppia creazione di Gregorio di Nissa,ripresa poi da Scoto Eriugena18, considera la secondacreazione l'affermazione di un ordine corporeo corrutti-bile, il cui lemma è caratterizzato dall'esteriorità, dalle“tuniche di pelle” (dermatinoi kitones), che costituisconoil brutto per eccellenza. Eppure la deriva edonistica della

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medicina ne ha fatto l'esemplificazione stessa della bel-lezza. Ciò che saggiamente il Medioevo vedeva come unabruttezza che rimandava ad un sogno di sublime bel-lezza19, poteva essere trasformato in bellezza in sé solo dauno spirito prosaico, volgare ed ignorante, come quellodella modernità.

Come testimonia Schelling20 nella sua riflessione sulleradici pagane della Rivelazione del Cristo, lo spirito apol-lineo riconduce ad armonia proprio mediante la distru-zione impietosa del disordine, dell'irregolarità edell'eccesso. E' questo l'effetto dei dardi dell'arco diApollo. La bellezza è una quiete post-distruttiva, l'effettodi una virtù guaritrice che è liberazione, apolysis, purifi-cazione, riduzione alla perfezione dell'unità. Era del restoper questo che Pitagora, un medico, veniva consideratosacerdote di Apollo, se non Apollo stesso incarnato21.

E' del resto nello stesso Corpus hermeticum22 che ErmeteTrismegisto insegna al figlio Tat che il bravo medico fasoffrire il corpo preda della malattia allo stesso modo incui fa soffrire l'anima, ovvero sottraendola al piacere cherappresenta evidentemente il vero male. Ed a ciò ag-giunge peraltro che “...una grave malattia dell'anima èl'ateismo...”. In realtà il vero male per l’anima, dice Pla-tone nel Filebo, è la stessa corporeità23.

Ora, è chiaro che tutto ciò può anche apparire comequalcosa di ammuffito e moralistico agli occhi del me-dico moderno, il quale, allopata o omeopata che sia, ècomunque da un lato inevitabilmente erede del Positi-vismo e dall'altro figlio di una modernità in cui la totaledesacralizzazione ha reso perfino ridicolo parlare di mo-rale religiosa (Scruton)24.

Ma il fantasma del male, le cui sfuggevoli sembianze ab-biamo invitato a contemplare sullo sfondo della malattiae dell'arte di curare, non ci invita tanto a guardare al solopassato - ovvero ad una Rivelazione che descriva il Beneassoluto perso con la Caduta, ed oggetto della disperataricerca dell’etica nell’oscurità del Male terreno - quantopiuttosto al futuro. Ce lo ha detto con due bellissimi efondamentali libri il filosofo tedesco Hans Jonas25, di-scepolo di Heidegger, che, come diversi suoi grandi con-temporanei (Hannah Arendt, Simone Weil, Leo Strauss),fu costretto negli anni trenta proprio dal trionfo dal Malenazista a lasciare la Germania. Non a caso uno di questidue libri rappresenta una profonda riflessione sulle re-sponsabilità etiche della medicina moderna.

L'etica moderna, purtroppo non ancora identificata, sipone per Jonas come una tragica ed urgente necessità inseguito alle tremende sfide non solo del XX ma ancorpiù del XXI secolo.

I grandi e distruttivi totalitarismi del XX secolo, a lorovolta eredi della non meno distruttiva Rivoluzione Fran-cese (purtroppo non ancora abbastanza vituperata), nonfurono che il prodromo della trasformazione dell'interasocietà moderna in un'entità macchinica interamente vo-tata alla tecnologia. Ed ora quest'ultima ha incontrato ilsuo estremo limite nella possibilità tangibile di una di-struzione planetaria, non solo ad opera delle armi di di-struzione di massa, ma ancora più ad opera dellacatastrofe ambientale. Ciò significa che il male, cosìcome il bene, non sono né insiti nella sola storia (ovvero

nel suo divenire, come vollero Hegel, Darwin e Marx),né solo all'inizio della storia (come hanno voluto i moltiteorici della Storia intesa come progressiva decadenza dauna condizione immanente di mitica perfezione origi-naria), né solo alla fine della storia stessa, nel senso diuna dissoluzione finale o di un'estrema reintegrazione(come vogliono in modi diversi l'utopismo cristiano emarxista). La spiegazione ultima del male non è affattonaturale, materiale e storica, ma essenzialmente metafi-sica e teologica, come ha affermato Scruton26.

Le catastrofi della storia recente e quelle annunciate te-stimoniano l'operare nella storia di un male che non puòessere compreso in base all'ingenuo ottimismo raziona-listico illuministico (alla Rousseau ed alla Stuart Mill)27,né in base al naturalismo scientifico di Darwin, Marx edi tutto il Positivismo, ma solo considerandone l'aspettotrascendente. Come afferma Scruton, infatti, si tratta diun male che è l'alienità stessa visitante il mondo, neganteil mondo e l'uomo, che non si presta ad alcuna educa-zione e ad alcun miglioramento.

Ora, proprio questo è il male che in un'ultima analisiemerge dietro la malattia, anche dopo la sua cura radi-cale. Lo testimoniano tutte le voci di filosofia e metafisicache abbiamo chiamato a deporre. E nel campo della ri-flessione propria della dottrina omeopatica lo testimoniaperaltro il pensiero di Kent.

Ancora una volta si obietterà che tutto questo non inte-ressa affatto la medicina. Allora osserviamo con onestàquanto siamo stati effettivamente liberi nel nostro pen-sare ed agire di medici. Basti pensare all'introduzionedell'uso di farmaci devastanti come il cortisone in pro-tocolli diagnostici supportati dalla verità assoluta speri-mentale che l'Evidence Based Medicine si arroga da unpo' di anni a questa parte di rappresentare. Così è statofatto nel trattamento dell'asma dei bambini. E basti pen-sare a quella vera e propria truffa etica rappresentata daltrattamento anti-neoplastico, che condanna i pazienti aduna vita indegna di essere vissuta a fronte di prospettivedi “guarigione” che non sono altro che spudorate bugie.E si potrebbe continuare su questa linea anche a propo-sito di trapianti e fecondazione artificiale. Ma non c'èspazio qui per farlo.

Ormai, come dice Jonas, il male, un male estremo, la ne-gazione stessa dell’esistenza, ci chiama soprattutto dal fu-turo più che dal passato nebuloso e dubbio delleRivelazioni teologiche. E' dal futuro che esso ci sfida.Pertanto il problema del risalire al male si pone ormaisoprattutto come responsabilità estrema degli uominivero il futuro, come dovere della prudenza e della pauraper i possibili effetti della tecnologia.

Perchè l'etica della simultaneità e dell'immediatezza, chepoteva avere ancora la sua validità con Kant, è stata tra-volta dalle conseguenze a lungo termine della tecnologia.La mente e l'anima umana sono fatte per calcolare gli ef-fetti delle proprie azioni su scala cortissima, in una con-dizione in cui gli effetti sono tangibili immediatamentealdilà degli atti. Oggi non è più così, e quindi abbiamobisogno di una nuova etica, di un'etica previsionale alungo termine, capace di commisurare gli atti non sullabase delle certezze oggettive, ma delle incertezze, del pre-

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sumibile e non del provato sperimentalmente. E la cosa,come dice Jonas28, diviene ancora più drammatica, datoche la techne dell'homo faber ormai trionfante non pro-clama il suo dominio solo sul mondo della natura ma sulcorpo dell'uomo stesso, che essa pretende di trasformarebionicamente in qualcosa di fisicamente perfetto (nonpiù invece spiritualmente perfetto).

Si tratta quindi di acquisire una capacità di previsionedel possibile fatto negativo, come opposto speculare delvalore presunto positivo, che a sua volta permette di dareun valore non più neutro a quest'ultimo, permettendonedi giudicarlo, e, se necessario, di inibirlo29. Il che implicail superamento di una neutralità scientifica che sempli-cemente non è morale. Bisogna insomma ormai più chemai saper guardare al fondo di male che c’è dietro la ma-lattia con uno sguardo che sia ancora più severo ed acutodi quello di Platone, di Pitagora e di Ermete Trismegisto.Perché questo sguardo conosce ormai il futuro.

Ciò, dice Jonas, comporta peraltro più scienza e nonmeno scienza, nel senso dell'affermazione di una nuovaverità scientifica, non più basata sul sapere già disponi-bile, e quindi oggettivo, ma sul sapere non ancora dispo-nibile, e quindi incerto.

Ciò pone a mio avviso la necessità urgentissima di unanuova epistemologia scientifica. E, come ho sostenutonel passato30, si tratta con ciò di rovesciare finalmentecome inaccettabili le pretese della medicina sperimentalematerialistico-razionalistica di fungere da paradigma epi-stemologico per le medicine, come quella omeopatica,che non condividono il suo metodo conoscitivo. Si trattadi affermare, come peraltro ha sostenuto Husserl, chescientifico non è affatto esclusivamente ciò che è speri-mentale. Insomma, se la terapeutica omeopatica vuolecostituire una reale alternativa rispetto alla terapeuticaallopatica, essa deve saper andare molto più indietro delladottrina hahnemanniana, per ritrovare un modo di faremedicina che sia veramente svincolato da paradigmi uti-litaristici e sappia essere profondamente etico.

Il male e l’estremo orizzonte della morteAbbiamo già parlato di diversi aspetti della prassi tera-peutica degenerata in quanto utilitaristica e non etica, eresta quindi da parlare dell'ultimo e forse più scottantescenario che si nasconde dietro una non cieca categoriz-zazione di ciò che è da intendere come male, ovvero lamorte.

In realtà, una volta tenuto conto della profondità allaquale si colloca il male nella condizione umana, non sipuò non presumere che la suprema malattia sia propriola morte. Fu infatti proprio in questa direzione che si ri-volsero gli sforzi di due grandi sperimentatori spiritualicome Sri Aurobindo e Mère31.

La tendenza anche degli omeopati a perseguire una prassiterapeutica utilitarista ha come sfondo una tendenza te-nace della modernità, che è quella di negare la morte,considerata come il culmine stesso dell'indegnità.

In fondo il culto dell'equilibrio perfetto, da mantenerecosti quel che costi, allontanando da sé tutto ciò che sadi sacrificio, non rappresenta altro che quella tendenza

al “survivalismo” recentemente criticata dal pensatorefrancese Isabel32

In quest'ottica non tanto il vivere è importante quantoil continuare a vivere, il sopravvivere alle ingiurie del-l'ambiente. Non a caso Hannah Arendt33 ha messo inevidenza come nella modernità si sia progressivamentedissolto il valore morale che il suicidio aveva nella societàantica, suicidio che non rappresentava un atto di viltà difronte alle avversità, quanto piuttosto l’affermazione cheuna vita degna di essere vissuta ha delle condizioni in-derogabili, e peraltro condizioni più morali e spiritualiche fisiche.

Lo scopo del survivalismo è quello della eliminazionedella morte che, come dice Jonas34, è ormai considerataappena alla stregua di un'inaccettabile disfunzione delvitale, qualcosa insomma che può e deve essere evitato.

Purtroppo, come la medicina tradizionale, ormai messain condizione dalla tecnologia (farmaci ed apparati mec-canici per la sopravvivenza, protesi fisiche e biochimiche,trapianti, etc.) di prolungare la vita umana ben oltre isuoi limiti naturali, anche l'omeopatia si è messa su que-sta strada, e lo ha fatto proprio degradandosi a medicinaestetico-naturale, al centro della quale c'è l'ossessione(peraltro del tutto truffaldina ed illusoria) dell'equilibrioperfetto. Tale equilibrio non è altro che soptavvivenza, esopravvivenza a scapito di tutto ciò che si può frapporrecome ostacolo sul cammino dell'individuo. Com'è sicu-ramente il dovere. Devo stare bene e sopravvivere, esseresano, forte, attivo, giovane e felice a tutti i costi. E dun-que qualunque cosa mi chieda una deviazione da questocammino, come lo è per esempio il dovere di sacirificioper il benessere degli altri, singolo o comunità,esso de-v'essere scartato come insano ed ingiusto, ovvero immo-rale. In tal modo l'intera medicina non si cura delpossibile male futuro, non si cura della responsabilità, edilapida senza ritegno le risorse che dovrebbero essereconservate per il futuro, per i posteri.

La società moderna è dunque l'esatto contrario della so-cietà ideale che auspicava il conservatore inglese Burke35:una società basata su un patto tra i vivi, gli uomini attualie presenti, ed i non ancora nati da un lato ed i già mortidall'altro. E una società che non conserva ciò che ha ri-cevuto e che non preserva ciò che ha ricevuto per tra-mandarlo ai posteri.

La medicina che le corrisponde lotta così per l'elimina-zione della morte, che è considerata non più che unabruttura morale, lotta per la bellezza del corpo allo scopodi godere dell’edonismo più pieno, sostituisce la biologiacon la tecnica (trapianti), mettendo riparo così alle per-dite sifilitiche che la stessa dedizione al male provoca, esostiene il godimento incondizionato del diritto (medi-cina sociale) invece del valore della funzione. Ed in que-sto caso la funzione non implica solo il dovere versocoloro che ci stanno intorno nel presente, ma soprattuttoverso coloro che verranno dopo di noi.

Ecco quindi che la medicina omeopatica si correda delnitore metallico (Arendt) di una tecnologia macchinina:depliants satinati, brillanti esperimenti in laboratori im-macolati, apparecchi di ogni genere. La condizione idealedi vita che corrisponde a questa medicina prevede quindi

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l'infarcimento sicotizzante a dismisura dei “fuchi”(tranne poi a sollevarli da questa condizione con terapiedrenanti), mistifica sui veleni che usa come farmaci, oltreche sulle sue sconfitte e sui limiti della possibilità tera-peutica (oncologia).

Quindi sul piano organizzativo e pratico essa tenderà adoperare in un modello in cui i pazienti di base (medicinapubblica) non sono che una popolazione di mendicantida sostenere (la soddisfazione della cui aspettativa di sa-lute si risolve nella richiesta incontrollata di prestazionisanitarie tecnologiche), ed i pazienti privilegiati (medi-cina privata) non sono che una sottile schiera di edonistida coccolare. Questo modello espande a dismisura ifuchi, corrompe il rapporto medico-paziente basato sullaresponsabilità, istiga alla ribellione, svaluta l’esercizio delcompito.

Tenuto conto di tutto ciò che abbiamo detto e soprat-tutto della necessità di affermazione di una nuova eticadella previsione, nella quale la medicina è chiamata asvolgere un ruolo centrale, il tema della politica finisceper diventare inusualmente importante per la medicinastessa. Bisogna ricordare che, peraltro proprio condu-cendo un esperimento filosofico di vitalizzazione delmondo non più sulla base di una prospettiva metafisica,Heidegger36 ha sostenuto intorno agli anni trenta il va-lore centrale della “cura” nell'esperienza dell'uomo nelmondo e nella società.

Diversamente da Heidegger non vediamo però perchèsia necessario escludere la metafisica e la morale da taleprospettiva, dato che tutta la metafisica, senza voler ne-anche giungere alla teologia, esalta il valore del “prendersicura” come centro del vissuto politico umano. Anchequesto lo aveva già detto con chiarezza Platone nel Poli-tico. L'arte medica è simile a quella regia, ossia è un'arteche occupandosi del male ci si occupa di morale e di po-litica. Essa è solo di chi comunque ha intenzione di cu-rare (tagliando, bruciano, o causando sofferenze...), cheil paziente sia o meno con lui d'accordo37. Non si puòcurare senza potere.

In politica come in medicina, il punto non è avere omeno leggi scritte invariabili che regolino il comporta-mento di colui che esercita il potere, ma essere o menoin grado di costringere a fare qualcosa per il meglio38.Questa può essere anche violenza contro le leggi vigenti,non inferiore peraltro alla violenza di chi intende sosti-tuire le leggi vigenti perchè crede di conoscerne di mi-gliori, ma è comunque retto governare. Alla luce delledrammatiche riflessioni di Jonas riguardo al tremendomale futuro che minaccia l’uomo, la società, e l’interomondo, questo concetto assume ancora più valore.

Il corpo, dice nel Corpus Hermeticum l’Asclepio citatoprima da Platone39, il dio della medicina, è stato confe-rito all'uomo proprio per potersi prendere cura di tuttele cose, ossia per fondare un Regnum la cui identità è ap-punto quella di una totalità corporea. L'uomo è un esseredivino risiedente nel corpo, per mezzo del quale la crea-zione viene mantenuta e portata a compimento graziealla conoscenza, le arti, le discipline ed i vincoli che uni-scono gli uomini in una città. Dopo il Signore dell'eter-nità, ed il Mondo stesso, l'uomo è il terzo dio. Per il

pensatore francese Vallin40, sostenitore di una metafisicaintegrale, l'uomo è l'opportunità data al mondo perprendere coscienza del fatto che esso non è diverso daDio. In questo senso l'uomo è anima in quanto è unitoall'intelletto. L'uomo è infinitamente più che anima. E'questa la chiave stessa dell'individuazione dell'uomo, cheè ben più che un corpo temperato dall'anima. Esso èpiuttosto un corpo-anima ossia un corpo-spirito.

Il compito cosmico affidato all'uomo trova così la suapiù completa realizzazione nel re41 , che come un esseredivino governa il mondo creato da Dio, riportando il di-sordine all'ordine perfetto del kòsmos. Ciò comporta pri-mariamente la devozione, che significa disprezzo perogni brama. Estranee infatti all'uomo, quale essere di-vino, sono le cose corporee del mondo, che vanno ripor-tate al divino.

La mortalità dell'uomo non è così altro che l'espressionedel compito che esso ha di conservare il mondo inferioreed evitare che esso si dissolva nel nulla sotto la spinta an-nientante del Male. L'unica giustificazione del corpo èla cura (divina) del mondo inferiore.

Così cos’è la salvezza a questo punto, e pertanto la verasalute?42 E' la misericordia divina che ci sottrae infinealla mortalità, cioè al compito che temporaneamente èstato affidato all’anima calata nel corpo, e restituisce cosìl’uomo alla divinità.

Vivere è insomma servizio, spogliarsi e non vestirsi, sa-crificio. Altro che equilibrio survivalista. Questa è la ri-compensa del prendersi cura del mondo. ”A quanti,invece, siano vissuti per sé soli ed empiamente, è negato ilritorno al cielo ed è stabilita una degradante migrazione inaltri corpi, indegni di un animo santo“, dice il CorpusHermeticum. Non diversi sono gli accenti con cui iVeda, il testo sacro indù, vedono il senso della vitaumana. L'uomo che vive come un dio, dunque regna.

Sono questi, a nostro avviso, i veri e profondi scenari diuna riflessione sul senso dell’arte di curare.

In conclusione, riferendoci alla pretesa di Hahnemannche una volta eliminati tutti i sintomi della malattia nonresti che la salute, una volta posto che questa condizionedi supposta salute è resa sospetta dalla sua mescolanzainevitabile con un male del mondo che non è stato pernulla toccato dalla cura, allora le parole del medico te-desco possono essere corrette da quelle di Platone nel Fi-lebo. “Socrate – Che ogni mescolanza, qualunque sia ecomunque sia fatta, se non ha realizzato la misura e la pro-porzione, determina necessariamente la rovina dei suoicomponenti, e ancor prima di sé stessa. Infatti non c’è nep-pure un vero misto, ma risulta ogni volta un puro insiemenon amalgamato, che rovina le realtà che lo contengono insé”.43 g

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Lucia Romeo -��Vorrei�sottoporvi�un�caso:�bambino�di�6�anni�operatoalla�nascita�di�megacolon.�Tutto�bene,�crescita�nella�norma,�magrino,pancia�un�pò�globosa,�genitori�attenti,�equilibrio�buono;�hanno�unaltro�figlio.�Viene�da�me�perchè�stufi�di�dare�farmaci,�in�quanto�ilbimbo�ha�alternanze�di�feci�dure�e�a�volte�invece�sporca�le�mutande�con�feci�liquide:�data�l'età,�questo�inizia�a�creare�problemi.�Gli�ho�datoColostro�noni�e�Benefibra,�un�cucchiaino�al�giorno;�questo�ha�migliorato�la�stipsi,�ma�resta�il�problema�delle�feci�che�sporcano�le�mutande.Avete�idee�migliori?

Simonetta Bernardini -�Cara�Lucia,�questo�bambino�ha,�oltre�ai�soliti�motivi�psicologici�di�encopresi,�anche�motivi�organici�essendo�statooperato�di�megacolon.�Non�trascurerei,�se�la�tipologia�lo�consente�(mi�sembra�di�sì,�da�come�lo�descrivi)�il�medicinale�che�nella�mia�esperienzadà�migliori�risultati�sia�per�la�stipsi�(classiche�feci�a�pecorella),�sia�per�gli�aspetti�mentali,�sia�per�la�magrezza:�Natrum�muriaticum.�Spesso�perla�stipsi�associo�Lycopodium�in�bassa�diluizione:�alla�9CH,�tre�granuli�al�giorno.

Luca Biasci -��Hai�scritto�che�il�bambino�è�in�equilibrio�e�i�genitori�sono�attenti,�ma�un�pochino�di�mentale�non�guasterebbe�per�una�prescrizioneche�non�sia�soltanto�costituzionale�od�organotropica�(con�tutto�il�rispetto�per�la�costituzione�e�gli�organi)�e�nonostante�ci�sia�certamente�unacausa�anche�chirurgica�alla�base,�come�giustamente�fa�notare�Siomonetta.�Voglio�dire,�per�esempio,�come�vive�il�bambino�questo�fatto�dellosporcarsi�le�mutande?�E'�un�bambino,�d'accordo,�ma�non�così�piccolo�da�non�accorgersene.�Non�hai�specificato�se�l’altro�figlio�è�nato�dopo�o�no,ma�se�fosse�vera�la�prima�ipotesi:�come�ha�vissuto�la�nascita�del�fratellino?�Ci�sono�altre�causalità�o�note�caratteriali�anche�minime?

Luca Biasci -��Darei�del�Gelsemium�ai�genitori�per�placare�la�loro�ansia�e�dell'Ignatia�al�bambino,�due�volte�die��per�1�mese;�spesso�riequilibrial'asse�orto/para�simpatico.

segue a pagina 35

Dalle pagine di OmeopatiaOnline...

12 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

La notte dell’8 novembre 1895 il prof. WilheimKonrad Roëntgen, Fisico dell’Università di Wur-zburg, nel buio assoluto del suo laboratorio, dopo

l’accensione di un tubo di Cookes, un pallone di vetrosotto vuoto spinto in cui passa la corrente elettrica, videper la prima volta illuminarsi una piastra di platicianurodi bario posta all’altra estremità della scrivania. Spe-gnendo il tubo la luce della piastra scompariva, ma im-mediatamente riappariva riaccendendo il tubo. Lo stessoevento si verificava coprendo il tubo con schermi comecartone nero, libri di oltre 1000 pagine e altri oggetti,fino ad una distanza di oltre due metri. Infine, interpo-nendo la propria mano si accorse che lo scheletro dellastessa compariva sulla piastra: le ossa erano dunque ingrado di frenare, almeno in parte, le misteriose emissioni.Il giorno seguente Roëntgen chiese a Berta, sua moglie,di interporre la propria mano. Il momento fu memora-bile, fu realizzata la prima radiografia della storia: unamano con anello sull’anulare. Poiché i misteriosi raggi,in grado di attraversare oggetti e di impressionare lastrefotografiche, erano invisibili, considerando che in mate-matica l’incognita è identificata dalla lettera X dell’alfa-beto, decise di battezzarli “raggi X”. Nel 1901 Roëntgen,per questa sua scoperta, ricevette il premio Nobel per laFisica.

L’uso moderno dei raggi XAttualmente i raggi X, come è noto, vengono impiegatisia per la diagnostica (radiografie e TC), sia per la terapia,ad alte e a basse energie. Per la terapia le radiazioni uti-lizzate vengono prodotte sia artificialmente, medianteapparecchiature radiogene come l’acceleratore lineare(alte energie) e la Roëntgen-terapia (basse energie), siada sorgenti presenti in natura, le più note sono il Cobalto60 e l’Iridio191. Le radiazioni da fonti naturali vengonodenominate “raggi gamma”. Oggi sappiamo che le ra-diazioni X e gamma altro non sono che fotoni, ovvero

particelle senza carica elettrica che, attraversando i tes-suti, possono danneggiare direttamente o indirettamenteattraverso complessi fenomeni ossidativi, il DNA dellecellule. Tale possibilità è cruciale per la radioterapia on-cologica che basa la sua efficacia terapeutica sulla possi-bilità di danneggiare in maniera irreversibile le celluletumorali maligne.La radioterapia, infatti, insieme a chemioterapia e chi-rurgia, rappresenta un’importante metodica, in alcunicasi unica ed insostituibile, nel trattamento delle neopla-sie1-3. Nella moderna radioterapia, sia grazie all’appro-fondita conoscenza della fisica delle radiazioni, sia almiglioramento della tecnologia, si è potuto ottimizzarele terapie rendendole molto efficaci contro le cellule tu-morali e contemporaneamente rendendo trascurabili perincidenza, gravità ed entità, i danni sulle cellule sane cir-costanti il tumore, inevitabilmente attraversate dal fascioradiante a dosi terapeutiche4,5.Resta comunque una quota di pazienti, non prevedibileprima del ciclo terapeutico, che andrà incontro ad undanno acuto, sub-acuto e/o cronico dei tessuti sani col-piti dalle radiazioni.

Effetti tossici da radioterapiaLa tossicità delle radiazioni ionizzanti utilizzate in terapiaè determinata: a) dalla qualità del fascio radiante; b) daltipo di tessuti inclusi nel campo; c) dalla dose per fra-zione; d) dalla dose totale; e) dalla sensibilità alla radio-terapia dei tessuti inclusi nel campo6.Ciascuna delle funzioni cellulari può essere compromessaper una sequenza di effetti fisici, chimici e biochimici.Gli effetti delle radiazioni su enzimi, RNA, DNA e ingenere sui processi metabolici di sintesi ed energetici pos-sono tradursi in modificazioni delle strutture sub-cellu-lare (membrane cellulari, nuclei, mitocondri, lisosomi),attraverso modificazioni biochimiche (turn-over meta-bolico, sintesi ormonale), fino a causare degenerazionecellulare, inibizione della mitosi e, infine, morte dellacellula stessa. Gli effetti tossici che si manifestano sullestrutture biologiche si distinguono in acuti e cronici, iprimi intervengono rapidamente, a volte durante la te-rapia stessa, più frequentemente alla fine del ciclo, i se-condi che compaiono a distanza di uno o più anni,raramente di decenni. In tabella 1 abbiamo riportato lacronologia degli eventi biologici successivi all’irradia-zione.

I raggi invisibili in diagnostica e terapia

Alberto Laffranchi

Specialista in Radiodiagnostica e Radioterapia, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale dei Tumori di MilanoE-mail: [email protected]

Tabella 1 - Cronologiadegli eventi biologicisuccessivi all’irradia-

zione.

13HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

Tutte le cellule dell’organismo possono subire lesioni ra-dioindotte, ma esiste una scala di sensibilità relativa (spe-cie per i danni acuti) per le differenti tipologie cellulari.Di seguito riportiamo in ordine di sensibilità decrescentei vari gruppi cellulari: a) spermatogoni; b) linfociti, eri-troblasti, granulociti, mieloblasti; c) cellule basali e cripteintestinali, stomaco, colon; d) cellule ovariche, cutanee,delle ghiandole, alveolari polmonari, dotti biliari; e) cel-lule endoteliali; f ) cellule connettivali; g) cellule tubularirenali; h) cellule ossee; i) cellule nervose; l) cellule mu-scolari.Esistono poi per ogni citologia effetti graduati di entitàcrescente all’aumentare della dose radiante, che può es-sere in unica dose o frazionata nel tempo. La patogenesicomune a tutte le lesioni da raggi è stata dimostrata es-sere il danno vascolare4, 7, 8.

Effetti graduatidelle radiazioni ionizzanti sulla cuteLa cute è il tessuto che rientra più frequentemente nelcampo d’irradiazione della radioterapia (ad eccezionedelle forme di brachiterapia), ed è coinvolta sempre, qua-lunqe sia l’organo da trattare. E’ pertanto importante va-lutarne specificatamente gli effetti lesivi. L’epidermide èun tessuto particolarmente radiosensibile, riparabile enon subisce un effetto cumulativo dell’esposizione a ra-diazioni. Il derma e l’ipoderma, invece, sono strutture arinnovamento lento, sono relativamente più radioresi-stenti, hanno meno possibilità di riparazione e subisconol’effetto cumulativo dell’irradiazione. Lesioni cutanee precoci di un’irradiazione cutanea focalesono rappresentati da: a) eritema, edema e vasodilata-zione per una dose di 5 Gy; b) epidermide secca, seguitada depilazione, desquamazione per almeno due setti-mane, per una dose di 10 Gy; c) radiodermite essudativacon flittene per una dose di 15 Gy gg; d) radiodermiteacuta con necrosi per una dose di 2-30 Gy.Lesioni cutanee tardive, determinate da sequele ripara-tive, si osservano per dosi superiori ai 10 Gy. Al di sottodi tale esposizione la guarigione è usualmente senza se-quele. Oltre tale esposizione, invece, si hanno alterazioniminime quali alterazioni della pigmentazione. In untempo variabile da 1 a 5 anni si osservano quadri di der-mite cronica, che si manifesta con atrofia cutanea, sec-chezza, alterazioni delle unghie, teleangectasie, fibrosi echeratosi.Gli effetti acuti della radioterapia su cute e mucose con-sistono quindi, usualmente, in una risposta infiamma-toria: a) eritema; b) edema; c) pigmentazione; d)mucositi. Queste reazioni più frequentemente si osser-vano nei caso di radioterapie palliative, perché richie-dono elevati dosi giornaliere ravvicinate nel tempo, unao due settimane. Le radiolesioni cutanee presentano,come alterazione anatomo-patologica caratteristica, le al-terazioni vasali: vasodilatazione, alterata permeabilità en-doteliale, riduzione del letto e del flusso capillare.Si tratta di fenomeni patologici locali che possono per-sistere anche a lungo, come stanno a dimostrare la lentaregressione del danno e talvolta la loro non completascomparsa, oltre alla possibile insorgenza e persistenza diteleangectasie.

La radiodermite eritematosa è caratterizzata dalla com-parsa di chiazze eritematose con tendenza alla con-fluenza, fino ad invadere tutto il campo cutaneoirradiato. La cute è arrossata, edematosa, spesso prurigi-nosa. Successivamente il colorito si fa più intenso, rossorame, l’edema si attenua; a distanza si osserva caduta diannessi e desquamazione dell’epidermide, residuandouna pigmentazione cutanea variabile. Talvolta l’edemapuò coinvolgere il connettivo pervasale del derma.La radiodermite eritemato-bollosa viene distinta istolo-gicamente dal quadro di eritema per la scomparsa quasitotale, per citolisi, degli elementi dello strato germinativobasale dell’epidermide, già pochi giorni dopo l’irradia-zione. La formazione delle bolle è correlata alla comparsadi versamento sieroso che si forma tra derma ed epider-mide nella stessa sede occupata dallo strato germinativodistrutto. La cute alla periferia della lesione si pigmentaintensamente, formando un alone scuro che contrastacon la cute sana circostante. La rigenerazione spontaneadell’epidermide, data la scomparsa dello strato germina-tivo basale, usualmente avviene per proliferazione deibordi della lesione ed impiega parecchi giorni (anche 20giorni e più) seguendo i principi di rigenerazione cutaneaper seconda intenzione descritti per la prima volta nellametà dell’800 da Ranvier. In entrambi i casi l’eritema èsostenuto dalla vasodilatazione.La dermite cronica è caratterizzata da comparsa di ispes-simento ed indurimento cutaneo, iperpigmentazione, ca-duta degli annessi, atrofia del connettivo, con sclerosi.Perché ciò si verifichi sono necessari almeno tre eventicontemporanei: l’ipovascolarizzazione (per danno subitodai vasi arteriosi), l’ipossia tessutale (cioè l’assenza di os-sigeno), l’ipocellularità (per la morte cellulare). In questesituazioni il rischio di complicanze, quali ulcere, fistole,infezioni croniche specie ad opera di staphilococcus4,5 èabbastanza frequente.

Campi elettromagnetici e terapiaGli atomi, come sappiamo, sono formati da nuclei e danubi elettroniche; nei nuclei si trovano i protoni, parti-celle dotate di carica elettrica positiva. Essi ruotano at-torno al loro asse. La carica elettrica connessa al protonequindi gira insieme ad esso. Una carica elettrica in mo-vimento crea una corrente elettrica e una corrente elet-trica crea un campo magnetico. Da un punto di vistafisico, le diverse cellule dell’organismo caratterizzate dauna forma differente a seconda del tessuto biologico alquale appartengono, possono essere considerate dei di-poli elettromagnetici. Tale diversità di forma provoca unadifferenza della polarità di membrana a cui consegue unadifferenza della corrente endogena che le attraversa,quindi una differente densità del campo magnetico cheè ad esse associato. Il campo magnetico cellulare è, dun-que, strettamente legato alla massa-forma della cellula inesame. Un esempio pratico è rappresentato dalla Risonanza Ma-gnetica Nucleare che riesce a creare immagini dei tessutiin esame discriminando il diverso campo magnetico en-dogeno della cellula stessa, sfruttando un campo magne-tico statico e la contemporanea presenza di impulsi diradiofrequenza non costanti9.

14 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

In magnetoterapia di risonanza le cellule del tessuto bio-logico bersagliato vengono sollecitate con campi magne-tici esterni che hanno le stesse caratteristiche fisiche deicampi magnetici endogeni alle cellule stesse10-13.Tali sollecitazioni, in tessuti biologici complessi, che ten-dono fisiologicamente ad un continuo cambiamento at-torno alla condizione di equilibrio, sono in grado dispingere il tessuto bersaglio verso lo stato di equilibriobiodinamico opportuno, che corrisponde allo stato diomeostasi energetica-biochimica compatibile con la sa-lute del Paziente14.

Effetti biologici dei campi magneticiL’azione dei campi magnetici pulsati va dunque inter-pretata come una cessione energetica che tende a ripri-stinare gli squilibri energetici, cioè gli squilibri indottidalle cariche elettriche delle cellule.Inoltre, essi consentono di ottenere un aumento loco re-gionale della concentrazione di O2 per ragioni non deltutto chiarite, tra le ipotesi più accreditate vi è quella diLenzi15, che sostiene tre ragioni principali: a) in primoluogo avviene una vasodilatazione del letto capillare; b)

Apparecchiature e modalità di applicazionedella magnetoterapiaPer la terapia con campi magnetici si utilizzano apparec-chiature a solenoide sia portatili, per la terapia domici-liare, sia fisse, per la terapia ambulatoriale. Esse sonocostituite da bobine emettitrici di rame, avvolte a spiraleattorno ad un cilindro di materiale amagnetico.Ciascuna bobina, a seconda del numero e delle dimen-sioni delle spire, avrà un proprio campo magnetico chesi svilupperà al centro dell’area in cui si posiziona il tes-suto patologico da trattare.I campi magnetici utilizzati in terapia sono caratterizzatida bassa intensità e bassa frequenza. L’intensità delle sin-gole bobine varia da 10 a 100 Gauss, con valori usualidi 20-30 Gauss9. Si tenga presente che in RMN si uti-lizzano campi magnetici di 0.2-2 Tesla (1 Tesla = 10000Gauss) e che il campo magnetico terrestre è mediamentedi 0.5 Gauss. La frequenza dell’onda si aggira intorno ai50Hz (frequenza della rete elettrica in Italia). Si è notataun’elevata interazione tra campo magnetico a bassa fre-quenza e materia biologica, con riscontro in particolaredi effetti cellulari (stimolazione delle mitosi e aumentatasintesi di DNA e proteine), effetti umorali (stimolazioneimmunitaria) ed effetti anti-infiammatori (tabella 2).Il tempo di esposizione al campo magnetico per ogni se-duta è variabile, dai 30 min. ai 60 min.; spesso si prefe-riscono due sedute giornaliere di 30 min., anzichéun’unica seduta di 45-60 min. Il trattamento quotidianodeve essere protratto considerando la patologia da trat-tare. Per le lesioni cutanee acute possono bastare pochigiorni di terapia (da 4 a 20 giorni), mentre per le lesionicutanee croniche, ulcerate e per le alterazioni ossee comele osteoradionecrosi, vanno di necessità trattate con lamagnetoterapia per mesi (da un minimo di 3 ad un mas-simo di 12).

Applicazioni cliniche della magnetoterapiaEsistono applicazioni terapeutiche dei campi magneticipulsati a bassa frequenza in differenti settori della medi-cina: a) in ortopedia, nelle distorsioni articolare acute,nei casi di traumi con ritardi di consolidamento di frat-ture (stimolazione della proliferazione di tessuto osseo);b) in angiologia, per flebopatie e arteriopatie (stimola-zione di angiogenesi); c) in dermatologia, per ulcere, ra-diodermiti, psoriasi (stimolazione della proliferazionecellulare); d) in oncologia, per il trattamento di dolore enevriti (azione antiedemigena, antiflogistica) esclusiva-mente in pazienti clinicamente liberi da malattia tumo-rale. A ciò si aggiunge il ruolo terapeutico neltrattamento di lesioni radioindotte, prime tra tutte leosteoradionecrosi della mandibola, oltre alle lesioni cu-tanee acute e croniche, a cui si possono associare lesionia lungo termine quali per esempio le osteoradionecrosi.

Trattamento di lesioni cutanee:medicina naturale come supportoalla magnetoterapiaAl trattamento di lesioni cutanee radioindotte, alle se-dute quotidiane di magnetoterapia si possono associarealtri elementi terapeutici non convenzionali.

Tabella 2 - Effettielettromagnetici

sulla materia vivente.

l’emoglobina è ferromagnetica, pertanto viene attrattadai campi elettromagnetici applicati ad un determinatodistretto; c) in seguito, l’emoglobina giunta in loco liberal’O2 legato ad essa; questo viene modicamente attrattodal campo magnetico che tende così ad aumentarne laconcentrazione anche nei tessuti ipossici.Gli effetti biologici dei campi magnetici pulsati16 ritenutipiù importanti sono quindi: a) effetto anti-infiammato-rio; b) vasodilatazione del microcircolo (per aperturadegli sfinteri pre-capillari); c) effetto ossigeno (aumen-tando la concentrazione di O2); d) effetto neoangioge-nico (stimola la formazione di nuovi vasi); e) stimolorigenerativo dei tessuti.

Corrispondenza tra effetti biologicidei campi magnetici e danno radioindottoLe principali alterazioni presenti nei tessuti affetti da le-sioni radioindotte sono: a) edema e stato infiammatorio;b) ipovascolarizzazione (soprattutto per danno ai vasi ar-teriosi); c) ipossia tessutale; d) ipocellularità locale. Confrontando gli effetti biologici della magnetoterapiacon le alterazioni dei tessuti radiolesi se ne può apprez-zare l’elevata corrispondenza. La magnetoterapia sembrapossedere, quindi, tutte le caratteristiche necessarie acontrastare i danni causati dall’azione dei Raggi X e perquesto si può intravederne la possibilità d’utilizzo a scopoterapeutico.

15HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

CONTRIBUTI ORIGINALI

Lesioni cutanee acuteIn presenza di lesioni cutanee eritematose con disepiteliz-zazione, edema e possibile ulcerazione superficiale l’atteg-giamento terapeutico deve mirare: a) ad evitare la sovrainfezione; b) risolvere l’infiammazione; c) ridurre l’edema;d) ridurre l’ipossia locale; e) ripristinare l’ossigenazione; f )stimolare la rigenerazione tessutale. Come primo passo te-rapeutico è importante, pertanto, eseguire una corretta de-tersione della ferita. Dalla letteratura non vi è concordanzasulle modalità di detersione. Interessante e molto pratical’ipotesi di utilizzare una seduta di 30’ di magnetoterapiaal giorno, preceduta e seguita da lavaggi con una soluzionedi Citrato di Sodio e Saccarosio al 6%17; si tratta dell’usoimproprio di un notissimo prodotto granulare di liberavendita, che ha come principale indicazione la pirosi ga-strica. Va chiarito che il citrato di sodio ha una nota azioneanticoagulante. Poiché nell’eritema bolloso la presenza diresidui siero-ematici creano un velo appiccicoso che creanotevoli problemi pratici (le garze si accollano alla feritarendendone dolorosa la loro rimozione, che a sua voltaprovoca sanguinamento e aggravamento della lesione ul-cerata) è importante ridurre rapidamente secrezione sie-rosa della ferita. Si è visto sperimentalmente che lasoluzione di citrato di sodio al 6% è in grado di detergereperfettamente la ferita aperta, questo perché ne consentel’asportazione dei coaguli di fibrina, lasciando una feritapulita che, anche grazie alla magnetoterapia, nell’arco ditre, quattro giorni si secca, consentendo il contatto con levesti. Da questo studio, così come era suggerito negli annisessanta, è stata confermata l’utilità di mantenere la feritascoperta all’aria, senza bendaggi occlusivi, per favorirnel’ossigenazione superficiale, dunque la guarigione.

Lesioni cutanee cronicheNel caso di radiodermiti croniche ai campi magnetici sipossono associare farmaci omeopatici scelti mediante unarepertorizzazione sintomatica, a volte assieme a farmacidotati di tropismo tessutale18. I rimedi più usati sonoThuja occidentalis quale rimedio di fondo per le turbedella pelle e un’associazione di farmaci iniettabili sommi-nistrati localmente in mesoterapia. Le combinazioni deirimedi variano da caso a caso, scelti fra Echinacea Com-positum S, quale stimolo del sistema immunitario versole infezioni batteriche, oltre ad Arnica montana, Viperaberus, Aesculus hippocastanum, tutti con tropismo selet-tivo per il sistema vascolare, ove agiscono contribuendo,tra l’altro, alla protezione delle pareti vascolari; la fre-quenza di somministrazione può essere quotidiana o agiorni alterni fino al miglioramento clinico, successiva-mente settimanale per almeno 2-3 mesi. Il meccanismod’azione dei farmaci omeopatici come noto è probabil-mente di tipo biochimico alle basse diluizioni e si supponesia di tipo elettromagnetico alle alte, in qualche modo af-fine al meccanismo d’azione della magnetoterapia.

ConclusioniI criteri guida che consentono di proporre, quali scelteterapeutiche per lesioni da Raggi X quelle sopra citate,sono quelli legati alla fisiopatologia delle lesioni stesse,ovvero al danno vascolare. Quanto descritto nel lavorofornisce informazioni sul possibile trattamento delle le-

sioni cutanee da raggi, quando queste sono caratterizzateda marcata sofferenza vascolare e da ipossia tessutale, in-dipendentemente dalla gravità della lesione. I campi ma-gnetici sono utilizzati, secondo le modalità citate,principalmente per il loro effetto anti-infiammatorio, an-giogenico e per l’effetto ossigeno. Ad essi si possono as-sociare altre terapie di derivazione omeopatica, specificheper il determinato tipo di danno riscontrato. In conclu-sione, alla luce della letteratura e di quanto presentatoin questo lavoro, si ritiene che nel futuro prossimo gliapprocci terapeutici sopra descritti, di semplice realizza-zione, ma di sicuro risultato, considerando la quasi totaleassenza di effetti collaterali, potranno fornire una rapidarisposta e buoni risultati clinici nel trattamento delle le-sioni acute e croniche indotte dalla radioterapia. g

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16 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

L’OMEOPATIA RACCONTATA

La notizia arrivò in paese come un fulmine a cielo sereno.Il castello dei conti Perossi era, da qualche tempo, fre-quentato da un fantasma.- Questo spettro appare nelle notti di plenilunio. - spiegòOrtensia Pecca, magistrato e amica dell’anziana contessa,ultima discendente dei Perossi.- Si aggira per il castello e cerca di uccidere, con un’anticamazza da guerra, la contessa Perossi. Ci ha già provatodue volte.Tarcisio Giretti, medico omeopata, intento alla letturadi un giallo di Patricia Highsmith, sbuffò: - Fai irruzionenel castello con una squadra di poliziotti e arresta l’as-sassino che si spaccia per fantasma.Ortensia Pecca scosse la testa: - Il mese scorso, appenagli agenti sono entrati nel castello, il fantasma è scom-parso nel nulla. La contessa è convinta che sia ManfredoPerossi, un suo avo vissuto nel 1500, tristemente famosoper avere ucciso, in un momento di follia, tutta la suafamiglia a colpi di mazza.Il magistrato estrasse dalla borsa un tubulo omeopaticovuoto, una monodose di Mancinella. - Questo l’ha per-duto il fantasma durante la sua ultima apparizione. Hofatto fare dei pedinamenti e, tra coloro che frequentanoil castello, ce n’è uno che usa questo rimedio: GirolamoCucchiero, il giardiniere siciliano. Due volte al mesescende in paese e si reca in farmacia ad acquistare dellemonodosi di Mancinella. Purtroppo io non posso arre-starlo soltanto perché prende lo stesso rimedio omeopa-tico del fantasma.Il dottor Giretti chiuse il libro, si grattò il mento e disse:- Va bene. Ci penso io.Passò un mese. Al castello non accadde assolutamentenulla. Il paese, invece, fu turbato da alcuni strani episodi.Per due volte, ignoti scassinatori, dopo avere forzato laserratura dell’entrata posteriore, penetrarono all’internodella farmacia senza, tuttavia, rubare né soldi né farmaci.L’altro evento, molto più inquietante, capitò a VirginiaSanti, cinquantenne insegnante di Lettere del liceo clas-sico, donna nubile e dai morigerati costumi, catechista,promotrice di ritiri spirituali e organizzatrice di corsi pre-matrimoniali. La pia donna fu fermata, a mezzanotte,dai carabinieri mentre, in bicicletta e completamentenuda, sfrecciava lungo le vie del paese cantando a squar-ciagola la canzone: “Sono una donna, non sono unasanta”. Arrestata per aver compiuto un tentativo di mo-lestie sessuali nei confronti di un carabiniere, scambiatoper il demonio, l’insegnante fu liberata e accompagnataa casa, in gran segreto, da don Luigi Piromalli, il parrocodel paese. Si pensò ad un momentaneo malessere delladonna, dovuto a stanchezza, quindi la notizia non fu di-

vulgata e Virginia Santi poté continuare a insegnare. Pur-troppo, una settimana più tardi, mentre al liceo tenevauna lezione sulla poesia del Leopardi, colpita da un altroraptus erotico, Virginia Santi si spogliò e cercò di avereun rapporto sessuale con il preside Anselmo Merciatti,insigne studioso di latino, molto noto per il suo spiritoascetico e, da anni, afflitto da gravi problemi cardiaci. Ilpoveretto, scambiato per Satana dall’invasata insegnante,fu ricoverato d’urgenza in cardiologia e Virginia Santi,con altrettanta urgenza, fu portata in una clinica psichia-trica. Nella notte successiva c’era luna piena. Raggi di luce pe-netravano all’interno del castello attraverso i finestronidelle pareti laterali. Un’inquietante figura spettrale com-parve sulla cima dello scalone settecentesco. Alto quasidue metri, avvolto in una corazza dai riflessi argentati,con un naso adunco e bitorzoluto, i capelli dritti comepercorsi dalla corrente elettrica, il fantasma di ManfredoPerossi iniziò a scendere le scale. Il pesante silenzio furotto dalla sua lugubre risata e dal tintinnare della mazzachiodata contro la balaustra. Ma una folata di vento spo-stò il vetro di un finestrone che, aprendosi, andò a sbat-tere contro la schiena di Manfredo Perossi.- Minchia, che male! - Esclamò il fantasma.Accanto a lui si materializzò una figura alquanto bizzarra.Il lungo mantello, confezionato dalla nonna, il viso ri-coperto di farina, le occhiaie nere disegnate con il car-boncino, due lunghi e prominenti canini sporgenti trale labbra, Tarcisio Giretti aveva riesumato il costume uti-lizzato al carnevale di Viareggio nell’ormai lontano 1985.- Cu è? - Domandò, rigido di paura, il fantasma di Man-fredo Perossi.- Sono Nosferatu - farfugliò, Tarcisio Giretti, mentre adogni parola rischiava di cacciar fuori dalla bocca la vam-piresca dentiera.Manfredo Perossi balbettò: - Nosferatu? Che vo da meun fantasma sardo?Il medico, messa finalmente a posto la dentiera, esibì ilunghi canini e, spalancando due rami che volevano as-somigliare ad artigli, gridò: - Idiota, Nosferatu sta pervampiro!- Beddra Matri! - esclamò Manfredo Perossi.Terrorizzato, indietreggiò, scivolò a causa dei tacchitroppo alti e ruzzolò giù dalle scale. Immediatamente lelampadine del grande lampadario si accesero e la luce il-luminò il salone. Ortensia Pecca si precipitò sul fantasmache, disteso sul pavimento in marmo con una gambafratturata a causa della caduta, guaiva come un cagnolinobastonato. Il magistrato gli tolse il naso posticcio e la par-rucca.

Il fantasma dei globulini

Italo Grassi

Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva. Esperto in omeopatia.E-mail: [email protected]

Sotto comparve la testa pelata e il viso spaventato di Gi-rolamo Cucchiero.- Il giardiniere! - esclamò l’allibita contessa Perossi.- Lei, contessa, aveva prestato molti soldi a questo si-gnore. - spiegò Ortensia Pecca.- Denaro che Girolamo Cucchiero non aveva alcuna in-tenzione di restituirle. Da qui la messinscena dell’avotornato per ucciderla. Il giardiniere, molto pratico diquesto castello, compariva e scompariva attraverso bo-tole, utilizzando passaggi segreti che solo lui conosceva.Se non fosse stato per il dottor Giretti, anche questa voltal’avrebbe fatta franca.Finalmente Tarcisio Giretti poté sputare fuori la dentieradalla bocca e disse: - Girolamo Cucchiero, pur travesten-dosi da fantasma, temeva il buio e le apparizioni sopran-naturali. Infatti Mancinella, il rimedio che lui assumeva

ogni qualvolta si travestiva da Manfredo Perossi, è utileper coloro che hanno paura dei fantasmi, del diavolo eche, al buio, soffrono di ogni forma di allucinazione. Iosono penetrato nella farmacia dove il giardiniere si pro-curava questo rimedio e, per due volte, ho sostituito lemonodosi di Mancinella con altre contenenti sempliciglobulini di zucchero. Privato dell’effetto del rimedio, ilgiardiniere mi ha scambiato, al buio, per un vero vam-piro e non ha avuto la forza di fuggire.Il medico si fermò un attimo, poi, sommessamente,mormorò: - Però non ho pensato che, in paese, ci fossequalcun altro, come la professoressa Santi, ad utilizzareMancinella. La poveretta lo assumeva per calmare le sueossessioni sessuali unite all’idea della possessione con ildiavolo. Bisogna che vada subito in clinica psichiatrica aportarle una vera monodose di Mancinella... g

L’OMEOPATIA RACCONTATA

Nella mia esperienza clinica ho maturato la con-vinzione che, di fronte alla richiesta d’aiuto diun paziente che ci chiama in causa in quanto

omeopati per una sua, specifica, paura, l’essenziale è esserein grado di “assumere su di se ed in se” quel particolarestato d’animo senza, al contempo, perdere la capacità diosservare il fenomeno con il sufficiente distacco. La pauradel paziente “va fatta nostra”, va vissuta nel proprio corpoe nella propria mente, va incarnata, va compresa (nell’ac-cezione anche letterale di sostenere e capire insieme) se sivuole sperare di coglierne “l’essenza psicopatologica”.Questo atteggiamento empatico del medico è la conditiosine qua non per poter quindi mettere in atto quell’operadi comparazione analogica tra il quadro clinico del pa-ziente e quella che George Vithoulkas ebbe a definire, ap-punto: “l’essenza psicopatologica del rimedioomeopatico”, cioè la sintesi dei sintomi mentali ed emo-zionali, peculiari e fondamentali, come sono emersi daiproving, ma anche e soprattutto, come essi si sono fissatinella memoria del medico nel corso della sua personalepratica professionale, per così dire, “dal vivo”. Va da seche, nella seconda fase in cui si tratta di identificare il ri-medio, si deve esser capaci di riemergere prontamentedalla volontaria e consapevole identificazione con il pa-ziente, per riacquistare lucidità e capacità riflessive, purtrattenendo nella nostra memoria ben chiara l’imago, lafigura pittorica interiore che di quella particolare pauraci siamo fatti, vivendola anche in prima persona. Certa-mente quello che ho brevemente descritto non è altro cheuno dei passaggi fondamentali della presa del caso se-condo Vithoulkas e può essere genericamente valido perqualsiasi situazione si presenti nell’ambulatorio del me-dico, soprattutto quando si evidenzia come prevalenteuna sintomatologia psicopatologica. Ma secondo la miaesperienza, nel caso del paziente che ha paura, questa spe-cifica impostazione metodologica si rivela addirittura in-dispensabile e cercherò quindi di dare ragione, moltosinteticamente, di questa mia laconica affermazione. Innanzitutto la paura non è che un sintomo attraverso ilquale il paziente esprime e vive il proprio conflitto inte-riore perché le sue difese nevrotiche (ma potremmo anchedire il suo sistema omeostatico PNEI, codificato dallepredisposizioni genetiche dell’organismo e dalle sue suc-cessive modificazioni epigenetiche) trovano quel tipo diapparente risoluzione del problema, con la minima di-spersione possibile di energia psichica per quel soggetto(si utilizzano i loci minoris resistentiae per contenere l’en-tropia). Avere un insight improvviso comporterebbe unlivello acutissimo di sofferenza soggettiva per il paziente,con un possibile collasso del sistema (possibile switch

verso la patologia organica, di gravità maggiore e prognosipeggiore). Quindi è necessario tenere presente che il pa-ziente tende a “tenersi bene stretta la sua paura” e nonfarà nulla per aiutare il medico a togliergliela, anzi farà ditutto per contrastarlo, confondendo inconsciamente leacque e trasformando in un rebus la propria fobia. Eccoperché il terapeuta dovrà fare leva su tutta la sua capacitàempatica per immergersi nel “bagno emozionale” del pa-ziente alla ricerca “del bandolo della matassa”, non alloscopo di illuminarlo con delle inutili spiegazioni, ma percogliere l’essenza di quel sintomo o di quei sintomi, men-tali, che altrimenti rimarrebbe incomprensibile proprio achi, invece, ha il compito di scomporre e ricomporre ilpuzzle finché non emerge (nella mente dell’omeopata)l’immagine chiara di un preciso rimedio. In secondoluogo, però, il medico non dovrà cadere nelle trappoledisseminate dal paziente attraverso la sottolineatura (deltutto involontaria) di sintomi somatici proteiformi e dicaratteristiche temperamentali premorbose, capaci di ma-scherare e dissimulare il nucleo profondo patogeno, madovrà mantenersi lucido e concentrato allo scopo di ope-rare quello sguardo focale, atto a compiere una sezionemicrotomica del tessuto ed analizzarlo al microscopio (se-lezionare i sintomi peculiari attraverso un filtraggio eduna scrematura della totalità dei sintomi e confrontarlicon capitoli del Mind delle materie mediche che ci sonostati confermati dall’esperienza personale). Inoltre va sot-tolineato il fatto che il rimedio omeopatico, di per se, puòdonare all’organismo quel surplus di energia tale da con-sentire al paziente di provare una attenuazione della pro-pria paura ed al tempo stesso una spinta ad una ricercainteriore delle cause, senza provocare quell’effetto di an-nullamento del senso del sintomo (soppressione) che siottiene con un uso indiscriminato degli psicofarmaci.In questa sede, piuttosto che una descrizione pedissequadella materia medica dei rimedi della paura secondo levarie materie mediche, preferisco riferire tre microscopiciframmenti della mia attività medica dai quali credo sipossano desumere le implicazioni cliniche di quantoprima ho cercato di argomentare metodologicamente. Francesca è una giovane e minuta donna, dall’aspettomite e rassegnato, che mi consulta dopo essere stata di-verse volte al pronto soccorso locale per crisi d’ansia acuta.Si tratta di “attacchi di panico”, gli hanno sempre dettoi medici che l’hanno visitata, ci vuole una terapia con psi-cofarmaci. Ma lei di farmaci non ne vuole sentire parlaree viene da me con la precisa richiesta di essere aiutata asuperare le sue paure senza “l’aiuto della chimica”.Emerge la storia di una ragazza cresciuta all’ombra dei ge-nitori, due illustri professionisti, sempre pronti ad ovat-

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L’approccio omeopatico al paziente che ha pauraCalma, sangue freddo e occhio all’essenzaLuca Biasci

Medico psichiatra, Dirigente medico ASL 5, Psicoanalista, esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

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tare la vita della figlia, “recludendola” nella camera mi-gliore della loro sontuosa villa di proprietà, circondata dababysitter, cuoche e maggiordomi. Il suo unico compito:recitare il ruolo della brava ragazza. Poi, un giorno, pocodopo il compimento del suo venticinquesimo comple-anno, decide che quel ruolo non le si adatta più e fuggecon il giardiniere, extracomunitario. Storia tanto brevequanto intensa ed una volta finita non resta che il rientroa casa, l’onta e la vergogna. All’inizio sembra che non siasuccesso niente, tutto appare come prima nella vita dellaragazza. Ma un giorno l’abituale silenzio che regna incon-trastato nella grande villa viene infranto fragorosamenteda un urlo rauco ma intenso, persino agghiacciante. Tuttisi agitano, cercano di capire da dove viene. Viene dallacamera di Francesca. La trovano a terra in posizione fe-tale, tutta rossa paonazza e coperta di un sudore gelido,ha gli occhi sbarrati come di chi “ha visto la morte in fac-cia”, il respiro è superficiale, difficoltoso, sembra quasiquello di un agonizzante, non parla, sembra bloccata. Lamadre, disperata, la scuote e le dice: “che hai, bambinamia, che è successo?”. “ Non puoi fare più nulla per me,mamma, è troppo tardi... nessuno può fare più nulla” ri-sponde Francesca, perentoria, con una voce che sembraprovenire dall’oltretomba. Scatta la chiamata al 118, lacorsa al pronto soccorso, il valium, una, due, fiale, ed in-fine Francesca si arrende e dorme. Quando si sveglia, nonsi ricorda quasi nulla, solo che ha avuto una paura pazze-sca, “da morire” e davanti a sè vede un signore con un ca-micie bianco che con una espressione tra il serio e il facetopronuncia la sentenza: DAP! Si tratta di attacchi di pa-nico, senza dubbio. Aconitum napellus, scrivo io sulla ri-cetta, con altrettanta sicurezza; soprattutto dopo cheFrancesca mi ha confessato che a soli 25 anni ha già chie-sto di fare testamento! Convinta che non sarebbe uscitaviva da quella situazione, ed invece, dopo qualche setti-mana di terapia, le crisi gradatamente scompaiono: BigPharma ed il DSM IV o V, possono attendere. Francescanon ha più la necessità ineluttabile di spostare, conden-sare e convertire simbolicamente il proprio conflitto epuò quindi avviarsi lentamente e dolorosamente alla rie-laborazione del lutto della necessità di perdere (morire a)la relazione endogamico/incestuosa con i genitori peraprirsi alla conoscenza perturbante della dimensione ma-schile esogamica.Giovanni è un ragazzone sui venti anni, di quasi duemetri di altezza, al punto che deve flettersi lievemente persuperare la porta d’ingresso dello studio; si presenta fisi-camente in forma, si notano i muscoli tesi sotto la ma-glietta estiva, si siede lentamente, con cautela e con unfilo di voce mi sussurra: “mi aiuti dottore, sono comple-tamente bloccato, non riesco più a fare nulla, non man-gio, non dormo, piango quasi tutto il giorno e spessosenza un vero motivo. La realtà è che ho paura di tutto,ho paura proprio di vivere!” Dopo questa sua disperatadichiarazione, a stenti e con grande difficoltà riesco a rac-cogliere l’anamnesi, perché un racconto spontaneo gli ri-sulta impossibile: il suo eloquio, sempre scarno edimpacciato, deve essere continuamente stimolato. Allafine, con poche difficoltà, riesco a raccogliere la sua storia,e cioè quella di un ragazzo praticamente cresciuto in unnegozio di alimentari del centro, di proprietà della fami-

glia, dove lui rimaneva pressoché seduto, nel retro, a leg-gersi i fumetti preferiti o al più si occupava di piccolemansioni di gestione del magazzino. A scuola era sempreandato poco volentieri, soprattutto non sopportava “laconfusione degli altri” e quindi, dopo la terza media, siera “ritirato” nel magazzino del negozio, a condurre unavita da lui stesso descritta come monotona ma tranquilla.L’unico passatempo di una qualche importanza era ilbody building, che Giovanni praticava in solitudine, nelgarage attrezzato subito adiacente al negozio, tra un “la-voretto” e l’altro. Giovanni si definisce e viene definitopiuttosto schivo, imbranato, ma, tutto sommato, sta sim-patico a tutti. I familiari lo amano per come è, e i clientilo prendono in simpatia, per il suo carattere docile e ser-vizievole, spesso gli lasciano le mance. Poi accade l’eventoche gli cambia la vita o meglio gliela annulla completa-mente. Il papà, vero pater familias e factotum, ammini-stratore e gestore unico del negozio, muoreimprovvisamente e Giovanni, il primogenito, viene chia-mato ad assumersi le proprie responsabilità. In realtà lasituazione non è oggettivamente così drammatica comepotrebbe sembrare ad una prima analisi, perché Giovanninon è affatto solo: ha una madre in buona salute, un fra-tello e due sorelle, tutti impiegati nell’azienda di famigliada sempre e quindi capaci ed informati e può anche con-tare su un ottimo ragioniere che si è sempre occupatodelle questioni amministrative. Il punto è che Giovanninon ce la fa proprio ad assumersi nessuna, seppur mi-nima, responsabilità, come, per esempio, mettere sempli-cemente la firma sulle “bolle” di consegna della merce e,meno che mai, riesce ad affrontare una qualsiasi relazionecon il pubblico, nemmeno per fare un resto alla cassa. Ciha provato, eccome se ci ha provato, a salire su quel ban-cone al pubblico. Ma le gambe gli tremano, sembra cheballi il twist, la bocca si secca, manca la saliva, le parolenon escono, solo qualche mugugno, la testa gli scoppia el’unica sensazione che sente è paura, paura ed ancorapaura, paura di tutto. In effetti un paio di volte ha cercatodi servire un cliente, ma a parte il fatto che non riuscivaad articolare parola ha avvertito una sensazione stranis-sima, come se lui, dall’alto dei suoi due metri, fosse invecepiccolo, ricurvo, bassissimo, come se si fosse messo in gi-nocchio. Infine Giovanni mi regala un’ultima “chicca”,confermandomi il suo rimedio. “Ormai non riesco a farepiù niente, neppure leggere i fumetti o allenarmi”, midice con voce sconfortata, “c’è solo un piccolo rituale chemi da un poco di conforto, sfiorare con la mano più volte,quasi ad accarezzarle, la mia collezione di macchinine,quelle che mi regalava mio padre ad ogni compleannoquando ero bimbo. Baryta carbonica ha aiutato non pocoquel tenero bambinone troppo cresciuto ad affrontareprogressivamente le richieste della vita ed a mettere inmoto un processo di crescita e di maturazione che nonera mai veramente avvenuto e che non può che scaturiredalla presa di coscienza del proprio onnipotente e schi-zoide infantilismo.Paola è una adolescente di 15 anni che arriva in studioaccompagnata dai genitori, i quali la tengono stretta inmezzo a loro, quasi avessero paura che potesse fuggire ofare chissacchè. La ragazza resta silenziosa, con unosguardo perso nel vuoto e con una smorfia di terrore sul

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volto che in certi momenti, però, assume l’aspetto di unvero e proprio ghigno, e mi fa capire che preferisce che siesprimano i genitori. La madre inizia il racconto descri-vendo la figlia come una ragazza piena di vita, giocosa,forse un poco ipereccitabile ed impressionabile, ma chenon aveva mai dato segnali o prove di un vero e propriodisagio “prima dell’incidente” ed aveva altresì mostratosempre un comportamento adeguato, sia in famiglia chea scuola e nel gruppo dei pari. Poi, quattro mesi primadella visita al mio studio, la catastrofe. Durante la classicagita scolastica, in una famosa città europea, hanno decisotutti insieme, lei ed i suoi compagni, di visitare un famosoluna park e, nello specifico, un “casa degli orrori”, notaper essere particolarmente spettacolare e realistica neglieffetti speciali. Quando escono dal tunnel della paura,tutti si accorgono subito che c’è qualcosa che non va, per-ché Paola se ne resta rannicchiata nella postazione mobilecon la quale era entrata nel circuito: è contratta, tremante,lo sguardo fisso, non parla. Gli amici la fanno uscire quasiprendendola in braccio e la riportano all’albergo. Per for-tuna, il giorno dopo, la scolaresca se ne torna a casa ePaola sembra essersi parzialmente ripresa anche se, è an-cora molto silenziosa, non vuole parlare dell’esperienzavissuta e tutti la definiscono strana, cambiata. Arrivata acasa, subito la prima notte, dice chiaramente che lei nondormirà nel letto ma se ne resterà nel salotto di casa, conla luce e la televisione accesa, che non vuole essere distur-bata e non vuole parlare. La prima notte i genitori la as-secondano, mai poi, il giorno dopo, quando si rendonoconto che la figlia non ha un comportamento normale,visto che non dorme, non si alimenta regolarmente, nonparla, se non a tratti da sola, e dichiara di non voler piùtornare a dormire in camera sua, pretendendo che le lucidella casa restino sempre tutte accese, decidono di affron-tarla, chiedendole spiegazioni. La reazione della ragazzaè drammatica “come nel film l’esorcista”, soggiunge ilpadre, e cioè comincia a contorcersi nel volto e nellemembra, parla con una voce bassa, rauca ed alterata e ri-pete continuamente: “Sono posseduta, è il demonio, è ildemonio!” Interviene il medico di famiglia, chiamatod’urgenza a casa, che le inietta un sedativo e poi prescriveuna benzodiazepina, al bisogno. La ragazza si placa, ilquadro clinico, nella sua evidenza conclamata, non si ri-pete. Ma anche nei giorni e nelle settimane successivePaola è silenziosa, strana, accetta di andare in camera macomunque sempre con la luce accesa e dorme solo sottoeffetto dei farmaci. Se interrogata sui suoi pensieri con-ferma che il suo chiodo fisso è di essere stata possedutadal diavolo e non riesce a non pensarci e a non avere unapaura tremenda che la scuote tutta e che le sale dentro,soprattutto quando viene sera. A questo punto interrogodirettamente la ragazza e cerco di svegliarla da quello chesembra un sonno da sveglia ed in effetti anche lei mi con-ferma che, “quando arrivano le tenebre là fuori, è comese, contemporaneamente, crescessero le tenebre anchedentro di lei” ed è a quel punto che sente arrivare il male,non può respingerlo, non può eliminarlo dalla sua testa.Infine Paola chiede ai genitori di uscire perché mi deveparlare in privato e dopo in attimo di silenzio mi dice chelei pensa continuamente al sesso e al diavolo e più pensaal diavolo più pensa al sesso e viceversa e poi aggiunge:

“Le sembro pazza, dottore? Non sono pazza, vero? O losono? Insomma, sono pazza o non sono pazza?” Dopoaver ascoltato per alcuni minuti le ripetizioni ossessive deisuoi looping mentali, la sua voce si fa sempre più aggres-siva e baritonale ed il suo sguardo, da abbassato e traso-gnato, si trasforma in acuto e penetrante, ma io,gentilmente, la fermo e dopo aver pensato intensamenteper quasi tutto il colloquio che probabilmente sarebbestato bene prescriverle degli psicofarmaci, le dico: “Pos-siamo provare un rimedio, possiamo provare Manci-nella”. Certamente questo rimedio da solo non avrebbemai potuto risolvere un caso così complesso, grave e de-licato che ha richiesto il massimo dello holding possibilead una lunghissima relazione psicoterapeutica che la ac-compagnata fino all’età adulta. Però Mancinella al postodi un antipsicotico, meglio di un antipsicotico, ha rap-presentato per Paola soprattutto una sorta di uncino gra-zie al quale ancorarsi al mondo reale, aiutandola a resistereall’attrazione inflazionante dell’universo parallelo dellapsicosi, ed una specie di collante speciale per il proprioIo, sempre a rischio di disintegrarsi al contatto con ilmagma incandescente fuoriuscito da un vero e propriovulcano in continua eruzione: l’inconscio collettivo diuna adolescente borderline.Da queste vignette si noterà come alcune determinatekeynote mentali (le essenze dei rimedi) hanno rappresen-tato il fulcro della scelta prescrittiva mentre la costitu-zione, la tipologia sensibile e soprattutto il carattere e/oiltemperamento di base del paziente, sono stati voluta-mente non presi in considerazione in quanto ininfluentio addirittura, spesso, svianti. Andando alla ricerca dellatotalità dei sintomi o consultando le rubriche di vari re-pertori alla moda si sarebbero potuti prescrivere moltialtri rimedi ma, a mio parere, senza la stessa possibilità disuccesso. Certamente i pazienti con delle paure sono vit-time di conflitti nevrotici e o scompensi psicotici, comeho già scritto, e quindi un cambiamento radicale dellaloro personalità, allo scopo di impedire ogni recidiva e diraggiungere livelli più profondi di comprensione dei lorovissuti psicopatologici, è possibile ottenerlo solo grazie aduna psicoterapia del profondo a lungo termine; ma questaè un’altra storia, non tanto perché così amava “chiudere”Kipling, ma perché omeopatia e psicoanalisi abitanocampi epistemici diversi e si pongono obiettivi diversi equesto, troppo spesso, non viene evidenziato quanto bastaad evitare inutili confusioni che rischiano di vanificare ladelicatissima procedura del case taking. g

LETTURE SELEZIONATEHering C.: The Guiding Symptoms of our Materia Me-

dica, B. Jain Publishers (P) Ltd., India, 1921-2000.Vithoulkas, G.: Essenze psicopatologiche del rimedio

omeopatico, Mirdad Edizioni, Torino, 1997.Morrison R., Herrick N.: Psychiatric Disorders with Re-

levant Remedies, Anxiety, Fear & Phobia, B. Jain Pu-blishers (P) Ltd., India, 1999-2010.

Vithoulkas, G. (2000-2006): Materia Medica Viva, Bel-ladonna Edizioni, Milano, 2000-2010.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

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CONTRIBUTI ORIGINALI

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle re-gioni Lazio e Toscana (IZSLT), nell’anno 2004,ha istituito presso la sezione di Arezzo il Labo-

ratorio di medicina integrata in veterinaria (MIV), perlo studio, la formazione, la divulgazione tecnico-scienti-fica e l’attività di ricerca nell’ambito delle principali Me-dicine complementari (MC, omeopatia, fitoterapia edagopuntura) e ad oggi sono stati effettuati 12 studi clinicisperimentali su alcune specie zootecniche (ovicaprini,suini, api, equini).Il problema maggiore nelle sperimentazioni delle MC èquello di poter disporre di modelli di ricerca clinica chene rispettino la specificità. Pertanto, è fondamentale in-dividuare parametri di specie sensibili ed utili per con-fermare l’efficacia e l’effetto terapeutico del trattamentoe valutare sul campo l’efficacia della terapia, nelle realicondizioni in cui viene normalmente applicata (effectiv-ness).La presenza in provincia di Arezzo di un patrimonio sui-nicolo consistente, rispetto al panorama regionale, ha fa-vorito la possibilità di approfondire e valutarescientificamente l’applicazione dell’omeopatia in questosettore. Il MIV in collaborazione con la Scuola SuperioreInternazionale di Omeopatia Veterinaria Rita Zanchi diCortona (AR), ha condotto una serie di studi clinicinell’allevamento suinicolo intensivo, per la durata com-plessiva di circa 3 anni, con l’obiettivo di valutare l’effi-cacia del trattamento omeopatico e la sua probabileazione modulante i meccanismi immunitari.

Materiali e metodi Azienda - Le prove sono state condotte in un’azienda dariproduzione in provincia di Arezzo, che alleva circa 500scrofe di razza Large White mantenute in box tradizio-nali. Lo svezzamento dei suinetti avviene a 28 giorni dietà; per un numero limitato di lattoni (circa 1000) perciclo è previsto l’ingrasso direttamente in azienda, men-tre i rimanenti lattoni sono trasferiti in aziende limitrofedi proprietà. Prima dell’inizio della prova è stato richiestol’intervento del Laboratorio di Diagnostica della Sezionedi Arezzo per la gestione di problematiche sanitarie (no-nostante l’applicazione di norme di biosicurezza ed in-terventi vaccinali) rappresentate da un’elevata percen-tuale di ritorni in calore nelle scrofe (40%) e forme mul-tisistemiche e polifattoriali nei lattoni. E’ stata diagno-sticata la presenza di infezioni ricorrenti virali (PRRSV,PCV2) e batteriche (E. coli, Streptococcus suis tipo 2). La presenza di quadri clinici complessi e l’assenza di ri-sultati con le terapie allopatiche, ha indotto l’utilizzo difarmaci omeopatici nelle rispettive categorie produttive

e successivamente lo svolgimento di studi clinici speri-mentali in gruppi di animali controllati. Durante lo svol-gimento delle prove sono stati mantenuti gli interventiterapeutici di routine (trattamenti antiparassitari) e diprofilassi (PRRS, PCV2, Aujeszky, Influenza suina, Par-vovirus, Malrossino).Protocollo terapeutico - Ai gruppi omeopatici (scrofe elattoni) sono stati somministrati Borax XMK e Lycopo-dium XMK (2 ml), per OS, una volta al mese, mentreal gruppo placebo, con le stesse modalità, soluzione idro-alcolica al 20%.Indicatori - Gli effetti del trattamento omeopatico sonostati valutati attraverso il rilevamento di indicatori sen-sibili: parametri riproduttivi delle scrofe affiancati da ac-certamenti diagnostici di laboratorio; parametrizootecnici e sanitari dei lattoni nel periodo svezzamento- prima fase magronaggio.Parametri riproduttivi (scrofe): la vita riproduttiva dellascrofa è caratterizzata dalla costante ripetizione di fasi(gravidanze e lattazioni) ed interventi (fecondazioni), cheseguono un programma preordinato, mirato allo sfrut-tamento produttivo dell’animale e determinano nella fat-trice uno stress cronico, con possibili ripercussioni acarico del sistema immunitario (immunodepressione) edella sfera riproduttiva. La valutazione della performanceè fondamentale, in quanto qualsiasi riduzione della pro-lificità e della fecondità si ripercuote negativamente sullaproduttività e redditività aziendale. Nella prova è statomonitorato il tasso di fertilità (TF), l’intervallo svezza-mento copertura utile (ISCU) e l’interparto (IPP). Parametri emocromocitometrici (scrofe): l’esame emo-cromocitometrico è ancora poco utilizzato nella praticaclinica suinicola, pur essendo un efficace ausilio al mo-nitoraggio sanitario e produttivo, permettendo la dia-gnosi precoce di molte malattie (infettive, infiammatorieed ematologiche). Oltre ai principali indici biochimicied ematologici, sono stati monitorati gli enzimi epaticidi citolisi (AST, GGT) sensibili della funzionalità epaticanel suino.Parametri immunitari (scrofe): lo stato del sistema im-munitario può essere un valido indicatore di efficacia te-rapeutica ed al tempo stesso prognostico del trattamentoomeopatico nella gestione sanitaria della specie suina.Nelle scrofe è stata valutata sia l’immunità aspecifica(battericidia, complemento, lisozima) che l’immunitàspecifica (linfociti e principali sottopopolazioni linfoci-tarie).Parametri zootecnici e sanitari nella fase di ingrasso (lat-toni): l’incremento medio ponderale e la percentuale dimortalità nella fase di svezzamento e magronaggio sono i

Studi clinici sperimentali in omeopatia veterinariaEsperienze preliminari nell’allevamento suino intensivoGiuseppina Brocherel1, Olga Lai1, Lavinia Alfieri1, Dario Deni1, Mario Sciarri2, Franco Del Francia2

1Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana2Scuola Superiore Internazionale di Omeopatia Veterinaria “Rita Zanchi”, Cortona (Arezzo)E-mail: [email protected]

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Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

CONTRIBUTI ORIGINALI

parametri principali nell’allevamento da ingrasso del suinoe possono essere influenzati dal management, dalla gene-tica e dalle condizioni igienico sanitarie dell’allevamento.

Protocollo sperimentale scrofeComplessivamente sono state monitorate, nell’intervallodi due parti consecutivi, n. 138 scrofe reclutate con cri-terio randomizzato e suddivise in modo omogeneo peretà, numero di parti in gruppi: n. 67 gruppo omeopa-tico, n. 71 gruppo controllo/placebo. Al fine di monito-rare accuratamente i parametri individuati e limitare leproblematiche organizzative per il proprietario, è statodeciso di suddividere gli animali in gruppi di numerocontenuto, applicando rispettivi protocolli sperimentali,nell’arco temporale di circa 3 anni:- Protocollo 1 (2008/2009)- 24 scrofe pluripare suddi-vise in 3 gruppi (omeopatico, placebo e controllo). I pre-lievi ematici sono stati eseguiti secondo i seguentiintervalli temporali: T0,T60, T120, T210. Parametri va-lutati: parametri riproduttivi (TF, ISCU, IPP) e parame-tri emocromocitometrici con formula leucocitaria.- Protocollo 2 (2009/2010)- 14 scrofe primipare, gravidedi circa 10 settimane, sono state suddivise in 2 gruppi(omeopatico e placebo). Al fine di studiare la rispostaimmunitaria primaria conseguente al trattamento omeo-patico, i prelievi ematici sono stati eseguiti secondo la ci-netica della risposta anticorpale: T0, T7, T14, T30,T180. Parametri valutati: parametri immunitari e para-metri emocromocitometrici con formula leucocitaria.

- Protocollo 3 (2009/2010)- 100 scrofe rappresentativeper età e numero di parti, suddivise in 2 gruppi (omeo-patico e placebo). Parametri valutati: parametri ripro-duttivi (TF, ISCU, IPP).

Protocollo sperimentale lattoniPer circa il 65% dello scrofe, oggetto della prova, è statopossibile valutare i parametri zootecnici e sanitari dei lat-toni; complessivamente sono stati monitorati n. 1969lattoni provenienti da due parti consecutivi. Sulla basedel gruppo di origine della madre i lattoni, identificatimediante marca auricolare, sono stati mantenuti separatidalla fase di svezzamento (T30) all’inizio della fase dimagronaggio (T90). In caso di decesso è stata effettuatala necroscopia dei soggetti.

RisultatiI dati ottenuti dal monitoraggio degli indicatori dei ri-spettivi protocolli, sono stati sottoposti ad elaborazioneattraverso test statistico non parametrico Mann Withneyper ciascun parametro ad ogni intervallo di tempo.Protocollo 1 (scrofe), parametri riproduttivi - Nelgruppo omeopatico è stato osservato un miglioramentodel valore medio del TF e una netta riduzione del valoremedio dell’ISCU (grafico 2) da un confronto tra il T0ed il T210; mentre nel gruppo placebo e gruppo con-trollo il valore medio del TF è rimasto invariato e il va-lore medio dell’ISCU evidenzia un progressivopeggioramento (grafico 1-2).

Figura 1 - Ripartizione dei gruppi, fase post-svezzamento. Figura 2 - Gruppo omeopatico, fase post-svezzamento.

Figura 3 - Gruppo omeopatico, fase post-svezzamento. Figura 4 - Gruppo omeopatico, inizio fase magronaggio.

Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

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CONTRIBUTI ORIGINALI

La riduzione del parametro ISCU nel gruppo omeopa-tico è confermata dal valore medio dell’IPP che non hasubito scostamenti significativi rispetto al T0; a diffe-renza degli altri due gruppi in cui si evidenzia un peg-gioramento consistente (grafico 3).Protocollo 1 (scrofe), parametri emocromocitometrici- L’analisi dei risultati dei parametri emocromocitome-trici non ha evidenziato differenze rilevanti tra i gruppise non per gli enzimi di citolisi di funzionalità epatica: ilconfronto tra i valori di AST e GGT del gruppo omeo-patico, al T0 e T210, mostrano una progressiva ed evi-dente riduzione; questo risultato è dimostrabile anchetra il gruppo omeopatico rispetto al gruppo placebo egruppo controllo (tabella 1, grafico 4-5).Protocollo 2 (scrofe), parametri immunitari - I risultatiottenuti non evidenziano differenze rilevanti tra i gruppinell’andamento della risposta immunitaria primaria neiprimi tre prelievi (T7, T14, T30). I parametri di immu-nità aspecifica mostrano un “trend positivo” nel gruppoomeopatico al T180, in particolare per la battericidia(grafico 6). In alcuni parametri di immunità specificasono presenti differenze statisticamente significative(T180): nel gruppo placebo è presente una riduzione deilinfociti “in percentuale”, rispetto al gruppo omeopatico(per entrambe le metodiche utilizzate), con valori mediinferiori per tutta la durata della sperimentazione (gra-fico 7 e grafico 8).Protocollo 2 (scrofe), parametri emocromocitometrici- Lo studio della formula leucocitaria ha evidenziato, alT180, differenze per il valore dei neutrofili segmentatiche risulta superiore nel gruppo placebo; viceversa nellescrofe del gruppo omeopatico i valori sono ampliamentenella norma (grafico 9).Parametri riproduttivi - L’elaborazione statistica dei ri-sultati è ancora in corso e ne è prevista la prossima pub-blicazione.Protocollo sperimentale lattoni, parametri zootecnici -Si riportano i risultati preliminari dei lattoni (n = 348)reclutati durante lo svolgimento del protocollo speri-mentale 1 (scrofe). Il peso medio dei lattoni al T30 ri-sulta omogeneo tra i gruppi, mentre al T90 il peso mediocomplessivo del gruppo omeopatico è superiore rispettoal gruppo placebo ed al gruppo controllo evidenziandoun trend positivo di accrescimento dei lattoni trattatiomeopaticamente (grafico 10).Inoltre è evidente una ri-duzione della percentuale di mortalità dei lattoni nelgruppo omeopatico (2° parto), durante la fase di postsvezzamento (grafico 11).

ConclusioniI risultati riportati, seppur parziali ed in fase di elaborazionedefinitiva, evidenziano gli effetti positivi del trattamentoomeopatico nelle scrofe e nei lattoni. Gli esiti favorevoliottenuti nel protocollo sperimentale 1 (scrofe), hanno in-dotto ad approfondire l’efficacia del trattamento omeopa-tico attraverso l’analisi di ulteriori parametri oggettivi esignificativi. Pertanto, gli obiettivi del protocollo sperimen-tale 2 (scrofe) si sono concentrati sullo studio di indicatoridi laboratorio rappresentativi dello stato di salute e dell’ef-ficienza del sistema immunitario: nel gruppo placebo lalinfopenia (T7, T180), associata a valori medi costante-mente superiori al range di riferimento dei neutrofili seg-mentati, è riconducibile ad un leucogramma da stress,indice di stato patologico dell’organismo. Le alterazioniematiche ed immunitarie riscontrate nel gruppo placebosono la conseguenza diretta dello stress e delle variazioniormonali proprie della fase di gestazione e parto. I risultatidefinitivi del protocollo sperimentale lattoni sono in fasedi elaborazione. Anche per questa categoria riteniamo ne-cessario affiancare allo studio dei parametri zootecnici ac-certamenti di laboratorio (profilo immunitario e esameemocromocitometrico), al fine di confermare e validarel’influenza positiva del trattamento omeopatico. E’ nostraintenzione quindi proseguire ed ampliare gli studi clinicisperimentali nella specie suina, considerata in campo me-dico un funzionale modello sperimentale per le sue simili-tudini fisiologiche con l’uomo; l’applicazione e lo studiodei parametri di laboratorio rivestono una duplice impor-tanza: confermare i risultati ottenuti e rappresentare un va-lido aiuto alla ricerca per individuare i meccanismi biologiciinfluenzati dal trattamento omeopatico. g

Un caro saluto all’amico e collega Franco Del Francia,scomparso recentemente, maestro e guida di molti

veterinari omeopati. E’ ancora vivo in noi il ricordodella sua appassionata partecipazione

allo svolgimento di questo lavoro.

1

Grafico 1: valore % medio del TF dei gruppi (T0 e T210).Grafico 2: valore medio ISCU in gg. dei gruppi (T0 e T210).Grafico 3: valore medio IPP in gg dei gruppi (T0 e T210).Grafico 4: variazioni temporali di AST tra gruppi.Grafico 5: variazioni temporali di GGT tra gruppi.Grafico 6: variazioni temporali battericidia: range>40% (T180: p value= 0.07).Grafico 7: variazioni temporali linfociti tramite conta automatica:

range 39.0-62.0 (T180: p value= 0.028).Grafico 8: variazioni temporali linfociti tramite esame microscopico:

range 39.0-62.0 (T180: p value= 0.013).Grafico 9: variazioni temporali neutrofili segmentati: range 28-47 (T180: p value= 0.09).Grafico 10: peso medio lattoni tra gruppi (T30 e T90).Grafico 11: % di mortalità lattoni (1°-2° parto).

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SPOTLIGHT

Frattali di veritàLionel�R.�Milgrom�-�Falling�Trees,�Fractals,�and�Sophistry:�Some�Philo-sophical�“Biohazards”�En�Route�to�Reconciling�Biomedicine�and�Homeo-pathy�-�JACM,�2009,�15�(11),�1247-1254.

Ogni realtà dipende dalle convinzioni e dai para-digmi di chi osserva. Ad esempio la medicinascientifica crede sulla ripetitività statistica della

prova, mentre l’omeopatia alla singolarità del caso cli-nico. In definitiva, non esistendo nella scienza una veritàassoluta, il punto di osservazione ed il retaggio culturalesono elementi centrali nella valutazione dei risultati.Odifreddi, pur convinto e laico sostenitore della scienza,deve ammetterlo: nel suo testo “C’era una volta un pa-radosso, storie d’illusioni e verità rovesciate” (Feltrinelli,2001) esistono paradossi logici o negativi se riduconoall’assurdo le premesse su cui si basa; retorici o nulli se silimitano a esibire la sottigliezza di un ragionamento, o aesaltare l'abilità di chi lo produce; infine ne esistono diontologici o positivi, se “attraverso un ragionamentoinusuale” rafforzano le conclusioni a cui arriva. A questosi riferiva Schopenhauer, quando diceva che “la veritànasce come paradosso e muore come ovvietà", facendoben comprendere che chi si ancora a una strenua con-vinzione, incardina il suo sguardo su un particolare, per-dendo di vista l’insieme.

Da quando è nata nel 1992, l'EBM ha sviluppato il con-cetto che le evidenze, vale a dire le ‘informazioni aggior-nate e metodologicamente valide della letteraturamedica', devono avere un ruolo preminente nelle deci-sioni terapeutiche. Tuttavia lo stesso David Sackett, dopol'incauta presentazione dell'EBM come "paradigmaemergente per la pratica clinica", oggi corregge la suaprima definizione, precisando che "l’EBM costituisce unapproccio alla pratica clinica, dove le decisioni clinicherisultano dall'integrazione tra l'esperienza del medico el'utilizzo coscienzioso e giudizioso delle migliori evidenzescientifiche disponibili, mediate dalle preferenze del pa-ziente. In questo splendido lavoro, con sottile dialetticae argute argomentazioni sofistiche, Lionel R. Milgrominvita i diversi punti di vista (in questo caso biomedicoe omeopatico) ad una socratica Σψνειναι, per giungerea quel καλοσ καγατηοσ, per raggiungere, infine, nellascienza medica un nuovo ideale etico-filosofico, che siafrutto della capacità di stare insieme e di ragionare met-tendosi reciprocamente alla prova ed esaminando le pro-prie e le altrui concezioni sui fenomeni. Milgrom, poi,partendo dalla teoria dei frattali, afferma che mentre lavisione omeopatica pone l’osservatore al centro di unagamma speculativa multidimensionale e, pertanto, lo

porta a diversi “punti di interesse”, il modello biomedicoappare strutturato a esclusivo punto di osservazione deisintomi separati, ciascuno proveniente da un livello fisicodella realtà, con una frantumazione, finale, dell’indivi-duo osservato. La conclusione, del tutto condivisibile, èche occorre oggi, finalmente, una riconciliazione prag-matica di questi due punti di vista, resa possibile con ilriconoscimento è possibile che non ci sono contraddi-zione ma complementarietà fra i due modelli, cheognuno ha il suo posto nello schema terapeutico dellecos e che dovrebbe essere possibile muoversi liberamentetra ogni tipo di atteggiamento di osservazione, cosi comele condizioni del paziente impongono. Vogliamo qui ri-cordare che, nella condizione postmoderna di Jean-Fran-çois Lyotard (1979, Feltrinelli) ci sono due paragrafiparticolarmente importanti per un’ulteriore riflessionesu quanto detto finora. Sono i paragrafi 13 (La scienzapostmoderna come ricerca delle instabilità) e 14 (La le-gittimazione per paralogia). La condizione postmodernadi Lyotard nasce anzitutto come un rapporto sul sapere;per questo Lyotard si riferisce, ad esempio, alla teoriaquantistica e alla microfisica evidenziando come questeimpongano “una revisione assai più radicale dell’idea ditraiettoria continua e prevedibile” (p. 102). In altri ter-mini, i modelli lineari non funzionano più. Lyotard citala meccanica quantistica, Einstein, Mandelbrot e la suateoria dei frattali, René Thom e la teoria delle catastrofi,la scuola di Palo Alto e la sua applicazione della parados-sologia allo studio della schizofrenia (la Double BindTheory o teoria del doppio legame per la quale si devetenere presente anzitutto il contributo di Gregory Bate-son). Ebbene, tutto questo diventerà di più facile accessose la scienza moderna saprà guardare a medicine olisticheed analogiche come l’omeopatia. (carlo di stanislao)

Omeopatia e patologie cutaneeR.�Itamura�-�Effect�of�homeopathic�treatment�of�60�Japanese�patientswith�chronic�skin�disease�-�Compl�Ther�Med,�2007,�15�(2),�115-120.

Un lavoro pubblicato su Complementary Thera-pies in Medicine pone in evidenza l’uso della te-rapia complementare, in particolare l’omeo-

patia, nei casi di malattie cutanee croniche di difficilegestione quali dermatite atopica, eczema, acne severa, or-ticaria cronica, psoriasi e alopecia.

Nello studio, oltre ai rimedi omeopatici specifici reper-torizzati durante la consultazione, lo studio della perso-nalità, il temperamento e la storia familiare dellapatologia, i pazienti hanno ricevuto anche farmaci con-

Spotlight

a cura di Gino Santini

Segretario Nazionale SIOMIDirettore Scientifico ISMO, Istituto di Studi di Medicina OmeopaticaE-mail: [email protected]

In collaborazione con:

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venzionali e sono stati presi in considerazione sette ele-menti valutati con la scala GHHOS (Glasgow Homeo-pathic Hospital Outcome Scale), comprendente impres-sione generale, miglioramento della condizione dellacute, riduzione del prurito e dei disturbi del sonno, sod-disfazione nel vivere quotidiano, capacità e presenza sullavoro e soddisfazione nelle relazioni interpersonali.

I rimedi maggiormente prescritti sono stati Pulsatilla,Lycopodium, Sulphur, Arsenicum e Calcarea carbonica.Non ci sono stati segni significativi di deterioramento odi aggravamento severo per ogni rimedio assunto. Lamaggior parte dei pazienti ha mantenuto stabile il pro-prio status; in alcuni casi si è verificato un miglioramentoanalogo alla risposta positiva sulla cute. L’omeopatia èspesso usata nelle manifestazioni cutanee, ma ci sonopochi report sugli effetti terapeutici dell’omeopatia: que-sto lavoro ha voluto indagare l’utilità dell’approccio far-macologico associato a quello omeopatico, soprattuttosull’aspetto psicologico attuato dal rimedio che agiscesull’asse mente-corpo.

Lo studio, seppur ridotto, indica che il trattamentoomeopatico specifico può generare una buona rispostanei pazienti con malattia cutanea cronica. L’approcciosul paziente in toto usato in omeopatia può essere unastrategia utile da abbinare nella terapia convenzionale deltrattamento delle malattie cutanee croniche, soprattuttoper trattare i sintomi psicofisici e psicosomatici, per altroinestricabili in corso di malattie croniche della pelle.

Azione di Apis mellifica su basofiliSalvatore�Chirumbolo,�Giovanna�Zanoni,�Riccardo�Ortolani�and�AntonioVella�-�In�vitro�Biphasic�Effect�of�Honey�Bee�Venom�on�Basophils�fromScreened�Healthy�Blood�Donors�-�AAIR,�2011,�3�(1),�58-61.

In uno studio pubblicato qualche anno fa su eCAM,Sandra Miller cerca prove di efficacia dell’immuno-terapia desensibilizzante con veleno d’api per verifi-

care se il preparato, diluito e dinamizzato, possa essereimpiegato nel trattamento delle reazioni allergiche siste-miche. Il veleno di Apis mellifica è l’allergene d’imenot-tero più studiato, ma molti aspetti della sua azione suibasofili umani restano sconosciuti: in vitro non è statostudiato, a causa anche della scarsità di elementi sul san-gue periferico, della variabilità della risposta individualee dell’inaffidabilità e prevedibilità dei test di attivazionesui basofili. E’ stato però condotto uno studio prelimi-nare in vivo sugli effetti del veleno delle api su 48 volon-tari non allergici e con normale livello ematico di IgE. Irisultati mostrano che una dose di estratto acquoso diveleno alla concentrazione di 10 pg/ml, attiva i basofilia riposo (CD63: 80-90%; CD203c: 30%) mentre ini-bisce l’espressione di CD63 (CD63: -50%) precedente-mente attivata con una soluzione agonista o anti IgE.Quest’ultima azione sembra essere dose dipendente: in-fatti solo dopo che i basofili sono stati preventivamentestimolati con un agonista IgE-mediato gli estratti di ve-leno a basso dosaggio hanno provocato una attivazione(solo sui CD63), mentre sono risultati inefficaci suiCD203c. Questo supporta l’ipotesi che alte concentra-

zioni di veleno d’ape non inibiscono la funzione dei ba-sofili attraverso un effetto citotossico ma che l’IL-3 au-tocrina (capace di legarsi alla stessa cellula che l’haprodotta e di influenzarne il comportamento) possa gio-care un ruolo nel condizionare la risposta bifasica osser-vata. Ricerche recenti hanno dimostrato che l’IL- 3 nonè coinvolta nella reazione anafilattica, locale o sistemica.Quindi il risultato ottenuto sui basofili attivati non è cor-relato alle reazioni sistemiche anafilattiche provocate dapunture d’insetto

Quale allora l’importanza di questo studio? I risultatimostrano che la desensibilizzazione col veleno d’ape di-luito avviene solo in uno stato di preattivazione cellulare.Pertanto il veleno diluito per l’immunoterapia sembraavere un comportamento ormetico (bifasico, dose dipen-dente): piccole dosi di veleno possono diffondersi nel cir-colo ematico e determinare una sensibilizzazione. Piùforte è la sensibilizzazione, tanto maggiore sarà la suc-cessiva risposta alla desensibilizzazione.

Arsenico e ambiente:il contributo dell’omeopatiaAnisur�Rahman�Khuda-Bukhsh,�Arnab�De,�Durba�Das,�Suman�Dutta,�Na-oual�Boujedaini�-�Analysis�of�the�capability�of�ultra-highly�diluted�glu-cose�to�increase�glucose�uptake�in�arsenite-stressed�bacteria�Escherichiacoli�-�J�Chin�Int�Med,�2011,�9�(8),�901-912.

Esiste una pianta (Pteris vittata) che ha originemolto antica e che è in grado di assorbire notevoliquantità di arsenico dal suolo, al punto che si sta

valutando un suo ruolo nella disintossicazione da arse-nico e nel decontaminare le acque che presentano un'ele-vata quantità di questo metallo. Il lato interessante dellaquestione è che si potrebbero replicare, su colture cellu-lari vegetali e animali, l'azione congiunta di questa felcecon glucosio in dinamizzazioni omeopatiche. In Giap-pone nel 1955 rimasero avvelenati 12.000 bambini, dicui 120 in modo fatale, a causa della somministrazionedi alimenti per l'infanzia contaminati da arsenico. Il tos-sico venne ritrovato nel sodio fosfato utilizzato per sta-bilizzare l'alimento; il sale proveniva, come sotto-prodotto, dall'industria di produzione dell'alluminio, asua volta ricavato per raffinazione di bauxite contenenteelevati livelli di arsenico. Sebbene nei paesi occidentaliquesti composti non trovino più utilizzi agricoli, in al-cuni paesi gli arsenicali possono trovare tuttora impiegosu colture non alimentari: nella coltivazione del cotone,per esempio, si impiegano come defolianti e le popola-zioni che utilizzano i semi di cotone come alimento in-troducono arsenico nella dieta. Per prevenire tali pericolialcuni paesi hanno introdotto limiti di tolleranza dei re-sidui di arsenico negli alimenti: negli USA il limite è di3,5 mg/kg 20, mentre in Queensland (Australia) i limitisono massimi permessi sono differenziati per bevande(0,1 mg/kg), prodotti ittici (1 mg/kg di arsenico inorga-nico) e altri alimenti (1 mg/kg). Elevato, poi, il rischiodi intossicazione cronica per la presenza di arsenico nel-l'acqua. Ecco perchè l'impiego di glucosio omeopaticoalla 30CH potrebbe svolgere un’azione preventiva sudanni cellulari anche umani. g

SPOTLIGHT

Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

28 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2012 | vol. 3 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

Fifi è una gatta femmina di 14 anni, sterilizzata al-l’età di 6 mesi circa. Nel maggio 2008 le viene dia-gnosticata una lieve insufficienza renale confer-

mata da prelievo, i proprietari avevamo notato maggiorfrequenza nel bere. Un altro parametro clinico consistein una lieve alterazione dei valori tiroidei ma il veterina-rio che l’aveva in cura ha ritenuto che la situazione nongiustificasse un trattamento. La dieta alimentare inoltre è basata su cibo a basso con-tenuto proteico (K/D, etc). Nel dicembre 2009 la gattamostrava infiammazione gengivale e conseguente inap-petenza. Screening diagnostico-terapeutico: lesioni con-finate ai premolari e molari, estrazione 407, trattamento309, curettage sottogengivale, detartrasi e lucidatura deidenti. Dopo tale intervento è ritornato l’appetito.Nell’autunno 2009 sporadicamente la nostra gatta mo-strava una strana tosse. Tale manifestazione si è accen-tuata in primavera con 1 o 2 episodi giornalieri delladurata max di 10-15 secondi, pertanto abbiamo effet-tuato in data 3 giugno 2010 una Rx toracica al fine diverificare lo stato di salute dei polmoni. Il nostro veteri-nario ha confermato la diagnosi di asma felina in faseiniziale ed ha detto che per il futuro si dovrà intervenirecon una cura cortisonica.La gatta si è leccati e staccati i punti di sutura della ste-rilizzazione tanto da doverli rimettere. E’ regolare e abi-tudinaria, l’insufficienza renale è stata curata solo conl’alimentazione.Presenta asma con attacchi anche due tre volte al giornoanche di notte. Scappava quando arrivava qualcuno. Maistata aggressiva, piuttosto remissiva.Mangia con calma talvolta lascia per finirlo dopo, glipiace molto il tonno mentre non gli piacciono i dolci.Beve solo l’acqua dalla ciotola subito dopo i pasti e ge-

neralmente la mattina e poco durante il giorno. D’in-verno si mette sul termosifone e al sole d’estate. Gli piacemettersi su cose morbide. Pretenziosa, viziata, meticolosase il cuscino non sta sulla poltrona si fa sentire. Non sisporge dalle sbarre del balcone. Sembra una statua.

RepertorizzazioneFemminili, Genitali - SterilitàReni - Renale, InsufficienzaTosse seccaTosse cronicaTosse - irritazione nella laringeRespirazione - asmaticaMente - carattere remissivoMente - cautoMente - ansiaMente - riservatoMente - scrupoloso, meticoloso per le scioccezzeSintomi generali - aggrava con il freddo

TerapiaSepia 30CH, 3 granuli due volte al giorno per 15 giorniLa gatta è migliorata con solo un attacco di tosse gior-naliero senza quello notturno ma con una decina di colpistizzosi. Sembra più calma non ha più paura di essere la-sciata sola e mangia con più appetito.Continuata la terapia per altri 15 giorni. La gatta sembrastabilizzata ad un attacco di tosse al giorno, calma e piùserena. Si prosegue con Sepia 200CH, 10 gtt una voltaal giorno. La gatta Fifi presenta ora solo un attacco ditosse al giorno, ma solo con quattro colpi quasi inesi-stenti, secchi! g

Un caso clinico di asma felina

Bruno Cipollone

Medico veterinario esperto in Omeopatia. Responsabile Scuola di Omeopatia veterinaria clinica SIOMIE-mail: [email protected]

I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

29HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2011 | vol. 2 | n. 2

Il Prof Michael Frass, Medico chirurgo, nato nel 1954 aVienna, è Specialista in Terapia Intensiva, esperto in Me-dicina d’Emergenza e Terapia Interna Intensiva, dirigel’Unità ambulatoriale di “Omeopatia nelle Malattie Ma-ligne” nella Divisione di Clinica Oncologica del Dipar-timento di Medicina all’Università di Vienna; è Vice-presidente dell’Associazione dei Medici Austriaci per leMedicine Complementari, Presidente di WissHom e dialtre associazioni di medicina olistica. Ha promosso e ge-stito numerose ricerche in omeopatia anche all’Univer-sità. Insegna alla scuola omeopatica di Salisburgo.Sposato a 31 anni, ha due figli. Un uomo che non haperso del tempo.

< Innanzitutto una domanda sulla sua vita professio-nale: lei pratica la medicina convenzionale oltre chela professione omeopatica?

Si, io pratico la terapia intensiva oltre la mia professioneomeopatica. Voglio sottolineare che la cooperazione trala medicina convenzionale e la medicina complementare,in particolare l’omeopatia, offre molti vantaggi.

< Secondo il suo curriculum vitae lei si è laureato nel1978 e specializzato nel 1994 in omeopatia classica,durante il suo training clinico a Vienna. Quando hadeciso di studiare omeopatia?

Durante i miei studi ho incontrato il Prof Dr. GerhardResch e sono rimasto colpito dalla sua profonda cono-scenza e comprensione della medicina anche secondo unapproccio filosofico. Appena realizzate le mie prime espe-rienze con l’omeopatia riconobbi che gli effetti terapeu-tici erano sorprendenti. Nel 1991 mi iscrissi al corso diformazione, riconosciuto dalla Camera austriaca dei Me-dici.

< Se lei pratica entrambe le tecniche terapeutiche,quale ritiene sia la più importante tra le due: la me-dicina convenzionale o quella complementare?Come si fa a prescriverle entrambe?

Quando vedo per la prima volta un paziente cerco di in-dividuare i sintomi soggettivi legati alla malattia, quindiindago se tutti gli esami convenzionali, necessari ad unacorretta diagnosi nosologica, sono stati eseguiti. In casocontrario rinvio il paziente ad un’ulteriore valutazioneconvenzionale. Sulla base della relazione soggettiva edelle considerazioni oggettive decido quale trattamento,convenzionale e/o omeopatico, meglio si adatta al pa-ziente nella situazione attuale. Quindi non è “bianco onero”, la terapia deve essere individualizzata.

< Lavorando in una branca oncologica, può spiegarecome è riuscito ad integrare l’omeopatia in ospedalee nell’università come metodo valutabile e ricono-sciuto specialmente nel settore della ricerca?

Nel 2004, il prof. Zielinsky, il capo della nostra divisionedi oncologia, mi propose di attivare un ambulatorio permalati esterni, onde continuare a seguire i pazienti di-messi dalla nostra Unità, fornendo una cura omeopaticacontinuativa per evitare che si rivolgessero, al di fuoridella struttura, a colleghi di cui non si conosceva il mododi operare. Naturalmente il riconoscimento dell’omeo-patia ottenuto dai molti colleghi della nostra universitànon è lo stesso.

< Che cosa pensa dei recenti studi sull’ormesi e dellapossibilità che i farmaci omeopatici molecolari pos-sano essere classificati in un nuovo capitolo dellamedicina intitolato “farmacologia delle microdosi”?

Penso che l’ormesi possa aiutare solo in parte a compren-dere gli effetti delle sostanze omeopatiche. Mi spiego:Hahnemann ha usato le dosi convenzionali (ponderali)tra il 1790 e il 1800; solo dopo d’allora ha iniziato il po-tenziamento. Pertanto l’omeopatia può anche esserechiamata “tossicologia applicata” perchè i proving, spe-cialmente quelli tra il 1790 e 1800, possono essere para-gonati a intossicazioni. Tenendo questo in mente, iopreferirei il termine “tossicologia delle microdosi” piut-tosto che “farmacologia delle microdosi”.

< Secondo la SIOMI, integrativo si riferisce all’insiemedelle terapie mediche convenzionali e complemen-tari, integrato alla possibilità di riconsiderare i para-digmi delle medicine convenzionali e comple-mentari. Qual è secondo lei la differenza, se c’è, tra“medicina integrativa” e “medicina integrata”?

Secondo me, “medicina integrativa” rimanda al futuro,mentre “medicina integrata” suggerisce che la medicinacomplementare sia già scientificamente accettata. Poichèquesto non è vero, “medicina integrativa”, secondo ilmio parere, è più appropriato.

< Secondo la sua esperienza e gli studi nel campo dellaterapia intensiva con le CAM, c’è qualche farmacoche può essere prescritto più frequentemente di altri?E che cosa pensa della richiesta di sviluppare proto-colli standardizzati di trattamento omeopatico per iricoverati?

Devo ammettere che il numero dei “più usati” è limitato;come omeopata classico sono riluttante a sviluppare pro-

Medicina Integrata e oncologiaIntervista a Michael Frassa cura di Tiziana Di Giampietro

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Michael Frass

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tocolli di trattamento standardizzato. Ogni paziente do-vrebbe essere trattato individualmente.

< Può dirci qualcosa riguardo la sua esperienza clinicae i risultati delle sue ricerche sui pazienti malati dicancro trattati con medicinali omeopatici e/o com-plementari? A quali farmaci fa più ricorso e per qualidisturbi? E quanto è importante l’omeopatia per imalati di cancro, secondo lei?

I nostri studi dimostrano che sono i pazienti oncologicicon qualità di vita e benessere soggettivo peggiori chechiedono l’integrazione di cure omeopatiche mentre ipazienti in condizioni migliori non chiedono altre tera-pie. Durante il trattamento omeopatico aggiuntivo, laqualità della vita e il soggettivo benessere migliorano si-gnificativamente nel gruppo che assume farmaci omeo-patici rispetto al gruppo non trattato con l’omeopatia.Anche in questo caso, non è di aiuto che io fornisca unalista di farmaci più usati. Indicativamente: mi piace pre-scrivere Okoubaka 12CH come pure Nux vomica 6LMnei pazienti con disturbi gastrointestinali.Quando iniziano la radioterapia raccomando Cadmiumsulphuricum 12CH ogni giorno durante tutto il periododell’irradiazione. I malati di cancro hanno compilato unquestionario in cui affermano di voler continuare il trat-tamento omeopatico durante quello convenzionale e divolerlo protrarre anche dopo la conclusione del ciclo dichemio-radioterapia.

< Sappiamo dai suoi lavori che ha avuto risultati posi-tivi con l’uso delle CAM nelle infezioni severe deipazienti ospedalizzati. In quelli affetti da serie formeinfettive, come la sepsi, quale pensa possa essere ilruolo dell’omeopatia?

La terapia intensiva è diventata un’importante presidioall’interno della Medicina. Oltre ai trattamenti conven-zionali della sepsi nei malati con farmaci antimicrobici,idrocortisone, catecolamine, di supporto renale e respi-ratorio, io penso che l’omeopatia sia in grado di sostenerela reattività del malato verso una guarigione spontanea.Infatti, solo se il corpo recupera l’energia per un’auto-guarigione, il paziente sarà in grado di affrontare le tera-pie antiblastiche intensive.

< In Austria la ricerca di farmacoeconomia è indiriz-zata a investigare il rapporto costo-beneficio delleterapie CAM versus alla medicina convenzionale?

Non sono a conoscenza di studi sull’argomento; in ge-nere faccio riferimento a quelli pubblicati da Kooreman(Eur J Health Econ, 2011 Jun 22) che dimostrano ec-cellenti risultati del rapporto costi/benefici (più del 25%di risparmio per la cura dei pazienti) e la durata della so-pravvivenza per quei malati in cura ai medici che prati-cano anche la medicina complementare, specialmentel’omeopatia.

< Lei è ricercatore indipendente nella sua area o coo-pera con il Ministero della Sanità e con altri Centridi ricerca Europei?

Sono ricercatore indipendente nella mia area di respon-sabilità ma non nego che sarebbero molto apprezzate ul-teriori risorse di personale e finanziarie. Tuttavia mi piaceanche cooperare con ricercatori, ad es. Louis Rey che èsfortunatamente deceduto, Menachem Oberbaum ealtri. Recentemente sono stato nominato Presidente diWissHom.

< Che tipo di rapporto esiste con i medici convenzio-nali del suo territorio? Inviano pazienti al vostroCentro? Vi incontrate abitudinalmente per discuterei casi clinici e il loro trattamento? Scambiate opi-nioni sui casi curati con farmaci omeopatici?

Ho un buon rapporto con i medici convenzionali alcunidei quali inviano i loro pazienti alla mia Unità. Sfortu-natamente non c’è molto interesse nel discutere i casi cli-nici e scambiare opinioni, fatta eccezione per alcuni diessi.

< Per quale tipo di disturbo in oncologia i pazienti ri-chiedono un supporto omeopatico? Qual’è il mag-gior sintomo trattato nei pazienti in chemio/radioterapia e quali sono, nella sua esperienza, quelli nonadeguatamente trattati coi farmaci convenzionali?

I pazienti richiedono l’omeopatia perchè allevia gli effetticollaterali della chemioterapia, risolve blocchi metabo-lici, guarisce malattie secondarie, può ripristinare il ciclomestruale interrotto, specialmente nella donna in pre-menopausa, e, per ultimo ma non meno importante, mi-gliora la qualità della vita e il benessere soggettivo.

< Quanto contribuisce finanziariamente il Governoper le sue ricerche? E’ semplice trovare fondi per isuoi progetti?

Il Governo non sostiene le mie sperimentazioni. E’ estre-mamente difficile, e dispendioso in ordine di tempo, cer-care fondi per la mia ricerca.

< Infine, qual’è la relazione tra lei e i suoi colleghi direparto che non sono interessati all’omeopatia e cheinvece considerano le CAM/l’omeopatia come tera-pie non efficaci e non necessarie? E’ difficile rappor-tarsi con loro?

In realtà non c’è alcun collega che parla apertamentecontro all’omeopatia. Al contrario, molti di loro stannochiedendo trattamenti per sé stessi o per membri dellaloro famiglia. Peranto io credo che la discussione porteràad una collaborazione aperta e costruttiva. g

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Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

CONTRIBUTI ORIGINALI

La regione Sicilia è una regione estesa e popolosacon i suoi oltre 5.000.000 di abitanti; quindi de-finire la situazione attuale della Medicina Integrata

in questo contesto non è semplice, in quanto presentaaspetti variegati nelle varie province siciliane, ove si sus-seguono miriadi di iniziative che raccolgono sia consensiche dissensi, questi ultimi per lo più dovuti al grande in-dividualismo tipico della nostra Regione.Anche la situazione economica e sanitaria favoriscegrandi contraddizioni, attraverso l’esistenza di centriestremamente ricchi contigui ad altri in situazione diestrema povertà, poli di eccellenza avanzati tecnologica-mente cui fanno contrasto piccoli centri e ospedali chepresentano quotidianamente gravi inadempienze. Nel luglio del 2010 medici, farmacisti e operatori delcomparto sanitario si sono costituiti ufficialmente in as-sociazione, dando vita al Coordinamento Regionale Si-ciliano per la Medicina Integrata (CoReSiMI) conl’obiettivo di porsi come interlocutore delle istituzionigovernative siciliane, delle Università e degli Ordini deiMedici. Il CoReSiMI si muove quindi in contesti diversiattraversando di conseguenza momenti di grande entu-siasmo alternati a momenti frustranti. Ciò nonostante,durante il suo primo anno di vita il CoReSiMI è riuscitoa compiere costantemente dei piccoli passi avanti e haraccolto consensi anche a livello nazionale e da alcuneassociazioni di pazienti. Le iniziative culturali e profes-sionali si sono susseguite e molti sono stati anche gli in-terventi a livello istituzionale con incontri ufficiali conla Commissione Sanità e l’Assessorato Regionale, che sisono mostrati disponibili al dialogo e pronti a valutarele relative problematiche presso le opportune sedi, purnon nascondendo la grave situazione economica che haimposto un pesante piano di rientro e grosse limitazioninegli interventi. L’Assessorato ha inserito nel Tavolo tecnico per leMC/MCN della Commissione Sanità della ConferenzaStato Regioni un esperto della materia, rappresentantedel CoReSiMI, come consulente (a titolo gratuito) deldirigente regionale nominato, ed ha già inviato a tuttele Direzioni Sanitarie una scheda al fine di censire i varicentri in cui la MC/MNC viene praticata a qualsiasi ti-tolo. Gli Ordini dei Medici delle varie province sicilianesono stati sollecitati a attivare i registri per le MC/MNC,già presenti nell’Ordine dei Medici di Catania (Agopun-tura, Fitoterapia, Omeopatia e Omotossicologia) e diAgrigento (Agopuntura), ed in via di costituzione nel-l’Ordine dei Medici di Palermo.Qui a lato sono riportate le diverse iniziative attivamentesupportate dal CoReSiMI. g

< Il�Convegno�Regionale�di�Medicina�Integrata�transculturale�LAMB,�Reinterpretare�la�Medicinadell’Uomo,�Palermo�29-30�ottobre�2010.

< II�Convegno�LAMB�“Relazioni�Pericolose”,�Catania,�9/4/2011.

< La�partecipazione�al�Forum�su�“agopuntura:�medicina�sociale�e�libertà�di�cura”�Sala�del�Re-fettorio�-�Palazzo�San�Macuto�-�Roma�26�novembre�2010.

< Il�Corso�di�“medicina�estetica�e�benessere�psicofisico:�teorie�e�pratica�clinica”,�Ordine�deiMedici�-�Catania,�18�Dicembre�2010.

< La�partecipazione�al�Convegno�Nazionale�“medicine�e�discipline�bionaurtali.�Due�leggi�peruna�medicina�integrata”.�Riunione�CONMI�–�Aula�Presidenza�Regione�Toscana�-�Firenze,�21gennaio�2011.

< Convegno�su�“Agopuntura�Auricolare�–�Evidenze�scientifiche�ed�applicazioni�cliniche”,�AulaOrdine�dei�Medici�di�Catania,�19�marzo�2011.

< Master�di�I�livello�sulla�Fitoterapia�organizzato�dalla�Cattedra�di�Medicina�dello�Sport�dellaUniversità�degli�Studi�di�Palermo�(maggiori�notizie�su�http://www.masterfitoterapiapa-lermo.it/)�tra�i�cui�docenti�si�annoverano�i�soci�fondatori�Nocifora,�Palmeri�e�Sberna.

< La�programmazione�del�Master�di�II�Livello�di�Medicina�Integrata�dell’Università�degli�Studidi�Catania,�su�iniziativa�della�Commissione�MC/MNC�dell’Ordine�dei�Medici�di�Catania,�il�cuiinizio�è�previsto�per�il�2012.

< L’attivazione�a�marzo�2011�dell’ambulatorio�di�Omeopatia�,�MTC,�Fitoterapia�presso�la�UO�diGinecologia�ed�Ostetricia�dell’ARNAS�Civico/Benefratelli�di�Palermo�(Direttore�della�U.O�ilDott.�Luigi�Alio)�responsabili�dell’ambulatorio�il�Dott.�Giuseppe�Scaglione,�socio�CoReSiMI,ed�il�Dott.�Luciano�Raineri.�Il�servizio�fornisce�alle�paziente�interessate�anche�una�terapiaomeopatica�di�supporto�durante�il�travaglio�di�parto,�il�parto�e�l’allattamento.�In�collabora-zione�con�gli�oncologi,�aderisce�al�progetto�Diana�che�si�occupa�di�alimentazione�in�donneoperate�di�carcinoma�della�mammella�seguite�omeopaticamente�sia�per�contrastare�gli�ef-fetti�delle�varie�terapie�oncologiche�(chemioterapia,�radioterapia�e�terapie�ormonali),�cheper�migliorare�in�generale�la�qualità�della�vita�con�terapie�mirate.

< I�soci�Dott.�Gaetano�Arena�e�Francesca�Spada�-�in�collaborazione�con�il�Prof.�Mario�Materadel�Dipartimento�di�Scienze�Farmacologiche�dell’università�di�Catania�-�hanno�effettuatouna�ricerca�omeopatica�sperimentale�a�doppio�cieco�su�Olea�Europea,�pubblicata�nel�mesedi�Marzo�sulla�rivista�”Omeopatia”.

< Il�progetto�del�socio�Dott.�Sberna�sulla�Orodietologia�presentato�a�Catania�il�25�giugno�eche�verrà�ripetuto�a�Palermo�l’8�ottobre�c.a.�Da�sottolineare�che�l’impostazione�del�progettoè�tipicamente�di�medicina�integrata,�particolarmente�nella�casistica�che�si�basa�sulle�cinqueterapie�cinesi�(dieta,�erbe,�ginnastica,�massaggi,�agopuntura)�e�che�il�supporto�all’iniziativaviene�da�una�Azienda�produttrice�di�farmaci�convenzionali.

< I�primi�dati�relativi�all’attività�svolta�nell’ambulatorio�di�Omeopatia�,�MTC,�Fitoterapia�del-l’ARNAS�di�Palermo�verranno�presentati�dal�Dott.�Scaglione�al�Congresso�Nazionale�SIGOnella�sessione�dedicata�alle�Medicine�Integrate,�che�prevede�anche�la�partecipazione�di�altrisoci�CoReSiMI.�L’evento�rappresenta�una�importante�occasione�per�la�MC,�in�quanto�è�laprima�volta�delle�Società�Scientifiche�Nazionali�inseriscono�una�intera�sessione�di�MedicineComplementari�in�un�Congresso�Nazionale.�87°�Congresso�Nazionale�SIGO�-�52°�CongressoNazionale�AOGOI�-�19°�Congresso�Nazionale�AGUI�-�Palermo�25-28�Settembre�2011.

La Medicina Integrata in Sicilia

Maria Concetta Giuliano

A cura del Direttivo del Coordinamento Regionale Siciliano per la Medicina Integrata - Co.Re.Si.M.I.Sito Internet: http://coresimi.blogspot.com

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Trent’anni fa Henry Gadsen, direttore della com-pagnia farmaceutica Merck, fece una dichiara-zione sconcertante alla rivista Fortune: “Il nostro

sogno è quello di produrre farmaci per le persone sane.Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque”. Quelsogno si è avverato. Le compagnie farmaceutiche stannocommercializzando la paura con l’intento di abbassare lasoglia per la prescrizione delle cure e addirittura inven-tare nuove patologie.Questo fatto rivela come i cambiamenti d’umore si sonotrasformati in disordini mentali, la timidezza in un Di-sturbo Sociale Ansiogeno, i bambini vivaci ora hanno laSindrome da Deficit di Attenzione e il fatto di essere “arischio” di una patologia è diventato esso stesso una ma-lattia.Sono in molti oggi, anche nel mondo scientifico, a dirciche, dallo strapotere dell’industria farmaceutica all’usostrumentale delle ricerche sui nuovi farmaci, dall’abilitàdegli informatori alla “complicità” di alcuni medici, dallecarenze legislative alla timida soggezione dei pazienti da-vanti al medico, nessun momento della “filiera del far-maco” è trascurato per ricerca una vendita, fuori da ognireale necessità, con un numero infinito di principi chenon danno alcun beneficio o che sono addirittura dan-nosi. Un vecchio motto dell’industria farmaceutica recita“è bene avere una pillola che cura la malattia, ma è an-cora meglio avere una pillola che va presa tutti i giorni”.Affinché questi farmaci - spesso inutili, spesso semplicifotocopie di medicinali già esistenti e ancor più spessopericolosi - vengano approvati e quindi immessi sul mer-cato, le case farmaceutiche devono dimostrare di averlisperimentati sull’uomo. Ed è così che i giganti del far-maco sgomitano alle porte dell’India, del Brasile, dellaRussia, della Cina e persino delle cliniche e dei campusuniversitari americani ed europei alla ricerca di cavieumane, spesso inconsapevoli, su cui testare nuovi pro-dotti. Farmaci per abbassare il colesterolo, per combat-tere la depressione e per alleviare la disfunzione erettilemaschile, ma anche medicinali killer come il Conterganche, prescritto alle donne incinte, fece nascere ondate dibimbi focomelici o il recentissimo anticolesterolo Lipo-bay, ritirato perché ha causato decine di morti.Negli ultimi anni, il tema dell’integrazione socio-sanita-ria ha assunto un ruolo centrale nel dibattito sulla ri-forma del welfare. Ma, a ben vedere, il problema è statosempre, concretamente, rinviato, senza mai affrontarecome il tradurre in pratica il principio dell’integrazione,fortemente dichiarato ma spesso poco indagato perquanto riguarda le concrete modalità di realizzazione.Secondo l’ultimo rapporto Eurispess del 28 gennaio

scorso, il 14,5% degli italiani ricorre alle medicinali nonconvenzionali, con un calo del 4% rispetto al 2010. Lavia preferita resta l’omeopatia (70,6%), seguita da fito-terapia (39,2%), osteopatia (21,5%), agopuntura (21%)e chiropratica (17,2%).Il rapporto non dice, però, che questi dati sono relativiad un Paese in cui, tranne poche, fortunate eccezioni (InToscana, Umbria, Emilia Romagna, Lombardia e ValD’Aosta), le prestazioni sopra-indicate sono non conven-zionate e, quindi a pagamento. E poiché la ricchezza in-dividuale fra il 210 ed il 2011 è calata di molti più diquattro punti, il calo è solo relativo. Per rendersi contodi ciò basta guardare gli andamenti di fruizione fra 1999e 2007, cioè sino a quando, con Sirchia, le medicine nonconvenzionali sono usciti dai livelli minimi di assistenzao guardare al numero di prestazioni che alcune realtàospedaliere (Pitigliano, Ospedale S. Paolo di Napoli,etc.), erogano giornalmente.Commentando il rapporto Eurispess 2012, Elio Cardi-nale, sottosegretario alla Salute, ha in effetti detto chebisognerebbe parlare di PIL della felicità, non solo di PILeconomico, in quanto in questo periodo non è impor-tante solo quanti soldi hanno in tasca gli italiani, maanche quanto sono sereni. E, negli ultimi tempi, difet-tano entrambi i “prodotti”, con ampie ed evidenti riper-cussioni comportamentali.Tornado al rapporto, esso ci dice che non siamo un po-polo di salutisti, ma di persone che si prendono cura mo-deratamente di se’. Il 53,7% degli italiani segueun’alimentazione abbastanza equilibrata (30,9% lo fapoco), il 47,5% fa periodicamente esami medici di con-trollo, il 46,7% tiene sotto controllo il peso (contro il32,3%), ispirandosi ad uno stile di vita salutare oppureavendo come obiettivo la linea fisica. Inoltre fumiamoancora troppo, ma abbiamo un tasso di suicidi minorerispetto ad altri di altri paesi, con un incremento, tutta-via, negli ultimi anni: stima ve ne siano stati 14mila nel2010-2011, contro i 3mila del 2009.Il rapporto conclude che è necessario tornare ad unabuona politica, che sappia operare giuste ed eque scelteeconomiche ma, aggiungiamo noi, anche sanitarie e so-ciali, di basso costo, di alto impatto, gradite e alla portatadi tutti. Inoltre, cosa che sulla stampa è stato poco com-mentato se non addirittura taciuto, l’Eurispes rivela il ri-schio di strumentalizzazione delle cosiddette “nonmalattie”; il rischio, cioè, dell’imposizione di nuovi far-maci destinati ad un consumo elevato perché rivolti aimalesseri del mondo occidentale. Solitudine, infelicità easpetti collaterali della vecchiaia e della gravidanza. Nonsi tratta, però, di vere e proprie “malattie”.

La malattia come consumoL’uso dei farmaci e il ritardo integrativo in medicinaCarlo Di Stanislao

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Il tutto complessivamente gestito da pochi colossi far-maceutici concentrati a sua volta in pochi paesi. Decisala prevalenza statunitense. Un settore, nel suo complesso,caratterizzato da un continuo processo di fusione. Una“nobiltà economica”, ovvero un sistema farmaceutico al-tamente concentrato e oligopolistico, che determina lacondizione di salute o di malattia di milioni di persone.“Big Pharma”, appunto, il nemico principale della Inte-grazione in Medicina, che opera perché il malato diventiun business e la malattia non sia scovata ed eliminata,ma solo e soltanto cronicizzata. Risale poi al 25 novem-bre dello scorso anno l’annuncio da parte dell’Istitutonazionale di sanità statunitense, dello stop deciso per untrial clinico che prevedeva l’uso di un gel vaginale perevitare il contagio da Hiv. Il gel, denominato Voice, nonha dato i risultati sperati: è stata registrata infatti la stessaincidenza del virus tra le donne che lo usavano e quellea cui veniva somministrato un placebo.Già il 28 ottobre del 2010, il quotidiano Repubblicacurò un ampio servizio sul business delle false malattie,che si apriva ricordando che, in anni in cui si parla di ri-duzione delle risorse, si moltiplicano invece le giornatededicate varie patologia. Ben 60 a livello nazionale, conosteoporosi, menopausa e timidezza, che un tempo nonerano considerate disfunzioni, ed ora divengono nemici,così da far salire il costo per sanità pubblica per famigliea 4 miliardi all’anno. L’idea di partenza è meritoria: por-tare una patologia in piazza per farla conoscere e magariraccogliere soldi per ricerca e assistenza. Il sistema peròè cresciuto a dismisura. Ma così facendo si rischia di in-centivare il consumo di prestazioni sanitarie e di medi-cine, come scrive Marco Bobbio, nel libro “Il malatoimmaginato”.Tra gli organizzatori delle giornate c’è certamente chi hauno scopo speculativo; anche perché nessuno ha mai ve-rificato con studi scientifici se queste iniziative aiutano ipazienti a curarsi meglio o magari spingono qualcunoche ha scoperto i sintomi di un problema ad accentuareartatamente i suoi disturbi, sottoponendosi a esami inu-tili. E magari a consumare più farmaci. Un esempio il-luminante ci viene dal documento (del settembre 2010),“Il significato dei farmaci - Manuale per un uso respon-sabile”, redatto dalla Commissione per la Vigilanza suldoping del Ministero della Salute in collaborazione conl’Istituto Superiore di Sanità, che rileva determinati com-portamenti scorretti e ne prova ad individuare i relativieffetti collaterali, soprattutto nell’uso legato alle perfor-mance sportive. Negli sportivi il culto della vittoria hafatto si che un gran numero di persone che praticavanosport sentissero le loro minori capacità di prestazionecome una sorta di mancanza, quasi una malattia. Ed èquesta sensazione psicologica la causa scatenante della ri-cerca spasmodica dei modi per colmarla, ad esempio confarmaci di tipo ormonale, convincendosi che integrasserola propria fisiologica produzione. Per non parlare poidel cattivo uso degli psicofarmaci, la categoria più diffusaal mondo, che oggi vede pericolosamente prevalere latendenza dei giovani europei, ad impiegarli per miglio-rare le proprie prestazioni senza fare troppa fatica, assu-mendoli senza reale controllo per migliore l’attenzione,stimolare l’attività cerebrale e riuscire a dilatare le capa-

cita’ della mente. E’ ormai noto, poi, che ormai i medicisono classificati a seconda della loro capacità di condi-zionare i colleghi. In cima ci sono gli influenzatori, bravia parlare in pubblico, seguiti da quelli capaci di faremolte prescrizioni.Un tempo si diceva che il primo farmaco è “un bravomedico”, ma oggi non è più così. Le industrie farmaceu-tiche sono eternamente a caccia di early adopters, gli ap-passionati delle novità, che amano essere i primi a farele cose e, inoltre, sono pronti a sponsorizzare quei con-gressi in cui sia possibile inserire letture o tavole rotondeincentrate non sul brand di un farmaco, cosa vietata, masul principio attivo o sulla patologia. Avere questo spazioscientifico costa diverse decine di migliaia di euro. Per iltuo simposio ingaggi i relatori, che paghi tra i mille e5mila euro, e anche il pubblico, cioè i medici che se-guono la patologia di cui si parla e che ospiti al con-gresso. E il fine è quello di vendere più farmaci, noncerto di trovare nuove, più efficaci soluzioni.Infine, mentre negli Usa, pubblico e privato investononella ricerca il 50% a testa, da noi il pubblico finanziasolo una piccola parte degli studi. Bisognerebbe almenofavorire l’effettuazione di ricerche a cui partecipano piùaziende: confrontando più farmaci si bilanciano gli in-teressi di tutti. Inoltre, negli ambulatori arrivano depliantpatinati, non informazioni, senza che il sistema sanitariodia la possibilità a ogni dottore di accedere alle migliorievidenze scientifiche.Un ultimo esempio risale alla campagna, del 2010-2011,“Dolore Misterioso”, con volantini e poster in tutti glistudi dei medici di famiglia per insegnare a riconoscereil dolore neuropatico e descriverlo (come bruciante, lan-cinante, formicolante, freddo o folgorante). A tal fine èstato creato anche un sito per iniziativa della Fimmg, sin-dacato dei medici di famiglia e della Simmg, la societàscientifica di questi professionisti, con l’ausilio dell’As-sociazione Cittadinanzattiva e unico sponsor la Pfizer,cioè l’azienda farmaceutica che produce il Lyrica, natoquando un prodotto simile della stessa azienda, il Neu-rontin, è diventato generico (peraltro dopo aver fattoprendere al produttore una multa della FDA da circa450 milioni di dollari per campagne di marketing scor-rette e mancata pubblicazione dei dati di studi negativi).E senza dire, ad esempio, che, secondo dati internazio-nali, in più di un terzo dei casi veri e refrattari, l’agopun-tura è non solo efficace, ma più maneggevole ecertamente molto meno costosa.Insomma, oggi, le persone sono state convinte che il lorobenessere si identifichi col possesso di cose e la soddisfa-zione che ne ricevono non dura, sicché tutta la loro vitasarà una rincorsa continua di un obiettivo che non rag-giungeranno mai in cui si confonde il “ben essere” col“tanto avere” e il tanto avere con la produzione di “malessere”. A questo mal essere generale la crescita della pro-duzione di merci aggiunge un malessere specifico in dueambiti strettamente legati tra loro: l’alimentazione e lasalute umana: per riuscire a vendere le quantità crescentidi cibo le grandi aziende del settore hanno indotto unacrescita dei consumi superiore al fabbisogno fisiologico,da cui sono derivati una serie di gravi problemi alla sa-lute: dalla diffusione dell’obesità, al diabete, alle malattie

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CONTRIBUTI ORIGINALI

cardiovascolari. Non potendo sottrarsi alle dinamichedella crescita economica, nel momento in cui la produ-zione e l’offerta di farmaci sono diventate superiori alladomanda espressa normalmente dalla società, le aziendefarmaceutiche hanno dovuto crearsi una domanda ag-giuntiva. A tal fine hanno indotto ad abbassare progres-sivamente le soglie degli indicatori di alcune malattie,trasformando in patologici alcuni valori precedente-mente considerati normali. Sicché la stessa industria far-maceutica non può essere interessata alla prevenzionedelle cause di malattie per cui produce le medicine, inquanto la logica della crescita non lo consente.Alla ricerca delle “chiavi” per comprendere la salute e lamalattia, la ricerca scientifica si è inoltrata dentro l’or-ganismo, i tessuti, le cellule, il DNA e, quasi paradossal-mente, questo viaggio verso le basi della vita ha mostratol’importanza dei processi di regolazione dell’insieme e hacondotta ad una concezione dell’uomo come sistemacomplesso di reti dove le parti si spiegano in relazione altutto. In questo contesto l’attività mentale ha cominciatoad uscire da una dimensione troppo evanescente ed in-definita per assumere connotati più precisi: in relazionesia all’interdipendenza mente-cervello, sia al ruolo evo-lutivo della mente nella mediazione tra ambiente internoed esterno all’organismo e nella modulazione dei processibiologici. Se la scienza del XX secolo ci ha consegnato lepremesse per spiegare l’unità psicosomatica dell’uomo,quella del XXI secolo deve compiere il passaggio dal mo-dello biochimico a quello biopsicosociale della salute edella malattia. E senza enfasi o modalità esclusivamentemedicalizzanti. Su questo, crediamo, oggi occorre riflet-tere molto attentamente. g

LETTURE SELEZIONATEAAVV: L’industria della salute, Ed. Franco Angeli, Mi-

lano, 2010.Adelé S., Jalali R.: Guida per i consumatori di integratori

per lo sport. Alimentazione completa per uno stiledi vita attivo, Ed. Olympian’s News, Roma, 2009.

Bissolo G., Fazzi L. (a cura di): Costruire l’integrazionesociosanitaria. Attori, strumenti, metodi, Ed. Ca-rocci, Milano, 2002.

Bologna M.: Il cancro si può evitare. Il fumo, l’alcool, ladieta ed altri fattori carcinogeni ambientali possonoessere controllati, Ed. Verduci, Roma, 1989.

De Mauro L.: Malati di farmaci. Perché l’Industria Far-maceutica vende farmaci, inventa malattie e speculasul cancro, Ed. Decrescita Felice, Roma, 2010.

De Mauro L.: Malati di farmaci. Come difendere la pro-pria salute dalle medicine inutili e pericolose, Ed.Riuniti, Torino, 2007.

Di Stanislao C.: Argomenti di Medicina. Il dialogo e l’in-tegrazione fra culture e modeli, Ed. Fondazione Si-lone, L’Aquila-Roma, 2007.

Lazzari D.: Mente e salute. Evidenze, ricerche e modelliper l’integrazione, Ed. Franco Angeli, Milano, 2007.

Manghi S.: Il medico, il paziente e l’altro. Un’indaginesull’interazione comunicativa nelle pratiche mediche,Ed. Franco Angeli, Milano, 2005.

Moynihan R., Cassels A.: I farmaci che ammalano, Ed.Nuovi Mondi Media, Roma, 2012.

Shah S.: Cacciatori di corpi. La verità su farmaci killer emedicina corrotta, Ed. Plus, Milano, 2007.

Luciano Proietti -�Mi�permetto�di�intervenire�in�questo�interessanteforum�della�medicina�integrata�che,�in�quanto�tale,�non�disdegna�te-rapie�convenzionali�quando�quelle�“alternative”�(brutta�denomina-zione)”non�funzionano”:�spero�che�arriveremo�presto�a�smetterequesta�assurda�divisione�manichea�tra�i�puri�e�gli�impuri,�i�buoni�e�i�cattivi,�i�veri�e�i�falsi:�il�medico�dovrebbe�imparare�ad�usare�qualsiasielemento�utile�a�curare�il�sintomo�o�la�malattia�a�partire�dai�più�semplici�fino�ai�più�invasivi�(aria,�acqua,�sale,�sole,�terra,�fiori,�piante,�essenze,cibo,�rimedi�omeopatici,�massaggio,�antibiotici,�cortisone,�chirurgia,�etc).

Ma�dovrebbe�soprattutto�imparare�ad�evitare�la�malattia�imparando�i�meccanismi�biologici�e�le�leggi�evolutive�che�regolano�il�funzionamentodel�nostro�meraviglioso�e�complesso�organismo.�(...)�La�patologia,�di�cui�si�parla,�penso�sia�il�megacolon�congenito,�definito�morbo�di�Hir-schsprung��essendo�il�bambino�stato�operato�alla�nascita:�è�una�patologia�caratterizzata�dalla�mancata�o�ridotta�innervazione�di�un�tratto�piùo�meno�lungo�del�retto-colon�con�conseguente�ridotta�o�assente�motilità�peristaltica.�Il�risultato�clinico�è�una�stipsi�ostinata�risolvibile�solocon�enteroclismi�continui�e,�se�non�si�interviene�chirurgicamente�nelle�prime�settimane�di�vita,�possono�prodursi�forme�di�enterocolite�gravissimead�esito�infausto.�I�sintomi�riferiti�nel�caso�riportato,�feci�dure�alternate�a�liquide,�non�sono�altro�che�l’effetto�dell’�intervento�chirurgico�(didiscreta�complessità)�che�ha�risolto�solo�in�parte�l’alterazione�congenita.�Non�conoscendo�il�bambino,�la�sua�storia,�la�tecnica�chirurgica�utilizzata,l’alimentazione�praticata,�etc.,�posso�dare�come�possibili�interpretazioni:�a)�una�non�completa�rimozione�chirurgica�del�tratto�agangliare;�b)una�non�adeguata�educazione�e�attenzione�all’alvo;�c)�una�non�corretta�alimentazione.

Simonetta Bernardini -�Concordo�pienamente�con�te,�su�tutto.�Riguardo�alle�mutande�sporche�di�cacca,�va�anche�detto,�tuttavia,�che�sonomolti�i�bambini�normali�che�si�scordano�di�fare�la�cacca�(e�la�pipì):�devono�giocare,�non�è�quello�il�momento�giusto�(asili,�scuola),�stipsi.�Le"mutande�sudice"�non�patologia�vanno�distinte�da�quella�che�è�la��patologia�e�che�tu�hai�perfettamente�inquadrato.

Francesco Macrì -�Ritengo�molto�opportuno�l'intervento�di�Luciano,�che�richiama�giustamente�all'ordine.�Ma�non�siamo�noi�i�primi�ad�affermareche�in�caso�di�scarse�possibilità�di�successo�con�l'omeopatia�ed�affini�è�il�caso�di�metterle�da�parte?�E�questo�non�è�vero�soprattutto�nel�caso�dipatologie�organiche?�Tuttavia�ritengo�che�le�caratteristiche�della�nostra�lista�siano�tali�da�dare�anche�spazio�a�dissertazioni�che,�senza�voleressere�applicative,�hanno�sicuramente�rilevanza�dal�punto�di�vista�anche�o�esclusivamente�dottrinale,�in�tal�caso�astratto.

Dalle pagine di OmeopatiaOnline...

Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Mi sono interessato in passato degli aspetti psi-cologici che entrano in gioco in campo onco-logico e ciò è avvenuto subito dopo la morte

di mio padre per epatocarcinoma. L’aggettivo che misembra più calzante per dare un’idea di quale sia stata lamia esperienza in quella situazione è devastante. Ciò nonostante, avverto un senso di profonda gratitudine versomio padre che mi ha permesso di cogliere l’occasione, la“buona occasione”, di essere partecipe, per la primavolta, al percorso di distacco di una persona dall’esistenzain vita.Alcuni mesi prima di quest’evento era nato mio figlio edavevo avuto la “buona occasione” di essere partecipe, perla prima volta, al percorso di radicamento di una personanell’esistenza in vita. L’aggettivo che mi sembra più cal-zante per dare un’idea di quale sia stata la mia esperienzain quella situazione è esaltante. In entrambe le situazionimi sono sentito coinvolto affettivamente attraverso ilvincolo familiare ed al pari sollecitato a tener attivo losguardo professionale. In un caso (morte del babbo) mitrovavo in casa mia, della mia famiglia d’origine, e di ri-torno dall’ospedale dove “non c’è più niente da fare”,avevo trasformato la camera dei miei in un ibrido ospe-daliero con asta per la flebo, siringhe, stetoscopio, sfig-momanometro, WC chimico e quant’altro. Nell’altro(nascita del figlio) mi trovavo in un ospedale, ma como-damente alloggiato in una camera arredata come in unalbergo con letto matrimoniale, ampio bagno con vascada parto, stereo, libreria, frigorifero e telefono.Tutto era preparato affinché la nascita avvenisse nellamaniera meno medicalizzata possibile, pur assicurandoun livello di intervento adeguato e pronto in caso di ne-cessità. L’accoglienza in area domesticata (leggi: con at-mosfera di casa) estesa ad entrambi i coniugi era moltorassicurante, ma anche aprire la porta e trovarsi nelmezzo di una corsia di ospedale tradizionale contribuivasensibilmente alla nostra tranquillità.Nel primo caso invece, quel “non c’è più niente da fare”decretava l’uscita di scena della medicina quale sistemaorganizzato di conoscenze, pratiche e procedure atto acontrastare, antagonizzare, combattere la malattia e milasciava, unico ed ultimo avamposto con le armi spuntatea: ritardare il più possibile l’evento? Assistere, monito-rare, indirizzare l’andamento della malattia?Mentre apparecchiavo la stanza con il materiale cortese-mente offerto dall’ospedale, il babbo gonfio d’ascite giànel letto, sentivo che eravamo come quei soldati lasciatiindietro a rallentare l’avanzata del nemico nell’attesa,senza speranza, di una capitolazione inevitabile. Da quelmomento e durante le innumerevoli notti insonni che

seguirono ho progressivamente preso coscienza di esserestato formato ed allenato per praticare una medicina“belligerante”. Una medicina fatta di “lotta contro questae quella malattia” di “difesa della salute” di “presidi sani-tari, terapeutici, preventivi”, di anticorpi come missili in-telligenti alla ricerca del “target” antigenico, diinfiammazioni come incendi, di cellule neoplastichecome incursori, di metastasi come avamposti capaci diaprire conflitti su nuovi fronti.Una medicina capace di pompare all’inverosimile l’on-nipotenza eroica del medico, ma anche di regalare fru-strazioni immense come oceani di sconfinata impotenza.Una medicina, un sistema di conoscenza, che tenendomiconcentrato sui sintomi e sulla malattia da “combattere”mi aiutava, in quella circostanza per me così particolare,a difendermi dal dover prendere in considerazione la per-sona del mio congiunto nella sua necessità di accompa-gnamento all’esperienza degli ultimi tempi di esistenzain vita. A differenza degli altri familiari potevo rifugiarminel ruolo professionale ed evitare, almeno apparente-mente, che quanto mio padre andava esperendo evocassein me lo spettro della mortalità, della mia stessa morta-lità, riflessa nell’innegabile evidenza della sua che si an-dava compiendo. Citando Savater: “Moriranno altriuomini, ma ciò accadde nel passato / che è la stagione (nes-suno lo ignora) più propizia alla morte” dice Borges al-l’inizio di un breve e magnifico poema apocrifo “E’possibile che io, suddito di Yaqub Almansur / muoia comedovettero morire le rose e Aristotele?”.Per quanto la statistica sia irrefutabile e il nostro stessocorpo non smetta di mandarci segnali inequivocabili, lanostra morte sembra a ognuno di noi non molto di piùdi un ipotesi, intimamente poco verosimile. Se volete,sappiamo che moriremo, ma non ci crediamo. Sull’ar-gomento Sigmund Freud è assertorio: “Effettivamente lapropria morte è irrappresentabile, e ogni volta che cerchiamodi farlo, possiamo constatare che in realtà continuiamo adessere ancora presenti come spettatori. Perciò la scuola psi-coanalitica ha potuto anche affermare l’asserzione che nonc’è nessuno che in fondo creda alla propria morte, o, ciò cheequivale, che nel suo inconscio ognuno di noi è convintodella propria immortalità” (S. Freud,1915: Considera-zioni attuali sulla guerra e la morte. in Id., Opere, vol.8, Boringhieri, Torino 1976. p.137).Non so definire bene, oggi, quanto allora mi trovavo adagire in ruolo di medico, dal procedere a misurazione divari paramentri biologici all’elaborare complesse strategieper evitare il crollo della protidemia e l’ulteriore diffu-sione dei liquidi in peritoneo. Perché lo facevo?E perché mi sembrava inevitabile doverlo fare?

Una buona occasioneL’atto di cura al termine dell’esistenzaMaurizio Venezi

Psichiatra, psicoterapeuta, presidente ISDE PerugiaE-mail: [email protected]

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Peraltro sembra che le intuizioni di Hahemann non

CONTRIBUTI ORIGINALI

Mi stavo occupando della persona di mio padre o dellasua malattia? Tentavo di contrastarne il male nell’illu-sione onnipotente di poterne rallentare se non annullarel’esito? Pre-occupandomi delle sua malattia, mi prendevo forsel’agio psicologico di non occuparmi della sua imminentemorte e della nostra, la sua come la mia, innegabile mor-talità? E soprattutto, quella componente del mio agire,diciamo così, tecnico-scientifica, corrispondeva a qual-cosa che, anche solo parzialmente, potessi chiamare“cura”?Prendermi cura del male, del suo andamento, del suoprocedere nel corpo o prendermi cura di quella personache, a sua volta, con tanta cura mi aveva allevato?E le due cose insieme, così come apparivano entrambenecessarie, sarebbe stato umanamente possibile agirlecontemporaneamente?Così si esprimeva Igino nell’anno 2: La “Cura”mentrestava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pen-sierosa ne raccolse un po’ e cominciò a dargli forma. Mentreè intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove.La “Cura” lo prega di infondere lo spirito a ciò che essaaveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la“Cura” pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto,Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Men-tre la “Cura” e Giove disputavano sul nome, intervenneanche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosseimposto il proprio nome, perché aveva dato ad esso unaparte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giu-dice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giustadecisione: “Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momentodella morte riceverai lo spirito; tu, Terra che hai dato ilcorpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la “Cura” che perprima diede vita a questo essere, fin che esso vive lo possiedala “Cura”. Per quanto concerne la controversia sul nome, sichiami “homo” poiché è fatto di “humus” (Terra).Quanto espresso da Igino è intuizione poetica che unaventina di secoli dopo ha trovato conferma in osserva-zioni etologiche e psicanalitiche di grande ed affascinanterilievo. Innanzitutto le osservazioni di Renè Spitz neglianni ‘50 sulle carenze totali o sub-totali di cure affettivematerne a carico di neonati. Mi riferisco qui, nei terminidi “cure affettive materne”, allo svolgere azioni affettiva-mente significative esitanti in esperienze sensoriali gra-tificanti quali contatto, abbraccio, sguardo, voce, ecc. Spitz svolse le sue ricerche in istituzioni per infanti ab-bandonati. Laddove non riusciva a trovare una madre sostitutiva perognuno dei piccoli ospiti, fosse stata costei pur’anche unuomo, propose degli allattatoi meccanici; ma dovetteconstatare che, pur in presenza di cibo, calore e puliziama in assenza di cure affettive materne o di adeguato so-stituto, l’infante sviluppava comunque una depressioneanaclitica, altresì detta sindrome da abbandono o sin-drome da ospitalizzazione, caratterizzata clinicamentedal costante susseguirsi delle seguenti fasi: a) il pianto delbambino si fa più monotono e meno modulato; si tra-sforma in grido; b) dopo 2-3 mesi, in assenza di cure af-fettive materne, il bambino diviene insonne, rifiuta ilcontatto, ha un arresto dello sviluppo psicomotorio;l’espressione del viso diviene rigida; assume frequente-

mente la posizione che Spitz ha considerato “patogno-monica”: resta lunghe ore coricato a ventre in basso conscarsa reazione agli stimoli: nel frattempo ha un caloponderale ed un crollo delle difese immunitarie; c) seperdura oltre tre mesi questa condizione può portare aritardi mentali irreversibili; talvolta anche a gravi deca-dimenti organici generali (marasma) e finanche allamorte.In relazione agli studi di Spitz, ed alla loro integrazionecon le risultanze prodotte da John Bolbwy e note come“teorie dell’attaccamento”, si è giunti a collocare il biso-gno affettivo del bambino a livello dei bisogni biologicifondamentali ed a definire la dipendenza vitale dalla curamaterna nei termini essenziali di fame primaria d’amore(Levy).Dunque, pur provvedendo alle necessità biologiche fon-damentali quali acqua, cibo, calore ed igiene adeguata,come si può ottenere organizzando ed amministrandouna “sufficientemente buona” ospitalità secondo criterilogici e tecnico scientifici, in assenza di veicolazione diaffetto, in assenza di quelle funzioni affettive elementariche rendono conto, non a caso, della nostra apparte-nenza al gruppo dei mammiferi, la vita, constatata la bio-illogicità dell’ambiente, opera un progressivodisinvestimento dal corpo biologico decadendo gradual-mente, con danno via via sempre meno riparabile, finoad estinguersi. In altri termini, se un “dispositivo orga-nico umano” (ma anche solo organico o vivente) vienelasciato senza cura, va in sofferenza ed il danno che puòderivarne sarà tanto più grave quanto più tenera è l’etàdel deprivato e quanto più prolungata è l’assenza di curao di vicariazione della stessa da parte di altro mammifero.Tra gli animali l’uomo, avendo supposto di poter cam-biare assetto posturale (...la sfida verso il cielo), ovveroessendo stato costretto da contingenze evoluzionistica-mente significative a passare al bipedismo è andato in-contro ad alcune trasformazioni.< Restrizione dei diametri del bacino per assicurare un

supporto valido alla deambulazione.< Trasformazione del treno anteriore dei quadrumani

in arti superiori dei bipedi. Con esonero degli arti su-periori dal sostenere il peso e specializzazione deglistessi nella funzione esplorativa/manipolativa. Esplo-razione che, quando rivolta a materia vivente, divieneinterazione e quindi relazione. Esplorazione, intera-zione e relazione richiedono sempre maggior com-plessità e specializzazione che, per esserefunzionalmente integrate a livello di sistema nervosocentrale, richiedono un fondamentale prerequisitobio-strutturale: un aumento di dimensione della ve-scicola cefalica e quindi della testa del nascituro.

< Ne consegue: diminuzione relativa del tempo di ge-stazione per impedire che i rapporti tra diametri ce-falici “aumentati” e diametri del bacino “ridotti”possano confliggere a tal punto, al momento della na-scita, da impedire il passaggio della prole attraverso ilcanale del parto.

< Ne consegue: nascita anticipata di una prole che ri-sulta essere la più inerme di tutti i mammiferi, rag-giungendo l’indipendenza nel movimento, dopo 12mesi circa.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

< Ne consegue: necessità vitale di continuare ad essereassistita e protetta una volta fuori dalla pancia, neces-sità vitale di cura; di rimanere il più possibile a con-tatto con i suoni del corpo materno (voce inclusa!),con la temperatura del corpo materno, con la morbi-dezza del corpo materno e, via via che gli apparati sen-soriali si sviluppano, con l’odore del corpo materno,nonché con lo sguardo e la mimica materna in tuttele sue modulazioni espressive e quindi emotive.

Il primo ambiente di vita deve pertanto: a)rispondere ilpiù possibile alla nostalgia fusionale della “carne ma-terna, prodiga di cura” (Irigaray, 1989); b) essere conse-guente e congruo all’esperienza di cura totale esperitanella fase prenatale; c) essere causa, funzione e stimolodel gradualissimo progresso verso l’indipendenza. Lacura quindi, come funzione peculiare della specie; atti-tudine fondamentale e necessaria alla sopravvivenza edallo sviluppo della prole. Alimento della “fame primaria”la cura materna radica in noi la prima essenziale tesseraengrammatica necessaria alla sopravvivenza: quella del-l’amore.Tornando all’ esperienza della nascita del figlio, tutto sisvolse in armonia e potemmo passare la notte insiemenella stanza più ospitale. Se non ché la nascita prematuradi un mese ed un velo di subittero promossero, secondoprotocollo, la deposizione del “prematurino” in incuba-trice, per irradiarlo con una lampada a raggi ultra vio-letti. Era maggio e sarebbe bastato esporre il bimbo alsole nelle ore calde, attraverso la finestra aperta, perchégli ultravioletti naturalmente prodotti dal sole provve-dessero a rompere le molecole di bilirubina sulla super-ficie cutanea. Nonostante le mie conoscenze scientifichedi giovane medico, impiegai un paio di giorni prima didecidermi ad esprimere un motivato dissenso circa leconsiderazioni tecniche, per altro ineccepibili dal puntodi vista procedurale, espresse dal pediatra; firmare la car-tella clinica e “dissequestrare” l’infante dal raziocinioscientifico che, incurante del danno che poteva occor-rere, ne tratteneva il corpo in incubatrice per svolgere isuoi (...i nostri) protocolli in totale alienazione rispettoai più elementari principi di cura.Rivedendo oggi questi passaggi mi sorprendo a consta-tare che: < nel caso della morte del babbo in una casa “ospitaliz-

zata”, il ruolo medico, l’agire tecnico-scientifico e pro-cedurale, mi si erano offerti come scappatoia alletensioni dovute a quanto, attraverso la malattia, siprofilava. Se, come accade a molti, avesse prevalso ilmio bisogno di fuga dallo spaventoso inevitabileevento, ovvero se mio padre non avesse avuto la luci-dità di chiedere di morire nel suo letto, molto proba-bilmente avrei preteso ed ottenuto che fosse assistitosecondo le migliori procedure in reparto specialisticoed infine in terapia intensiva, attaccato a delle mac-chine fino all’esito.

< nel caso della nascita del figlio in un ospedale “dome-sticato”, le considerazioni tecnico scientifiche del pri-mario della pediatria, portate secondo scienza ecoscienza per prevenire danno e malattie, scotomiz-zavano e nascondevano le effettive priorità della neo-nata persona che, evidentemente, erano di stare a

stretto contatto con la madre. Se, come accade amolti, mi fossi semplicemente affidato al “procederedelle procedure”, il neonato sarebbe rimasto in incu-batrice per scongiurare un rischio reso tangibile dallacolorazione giallastra della pelle, finendo per essereesposto ad altro rischio, meno tangibile ma non perquesto di minor portata, quale la separazione dalcorpo della madre nel primo periodo di vita.

Come un’azione di protezione quando diventa invasivanon risponde più al principio di cura, così un’azione chedistrugge non necessariamente ha una valenza negativase si qualifica come decostruzione di mondi simbolici odi pratiche relazionali che riducono lo spazio di autorea-lizzazione dell’altro5.Continuando ad indagare su senso e significati della curami piace includere alcune righe dalla voce Cura dell’En-ciclopedia Einaudi: “La Cura, presentata dalla logica li-berale, formalmente rispettosa della libertà dell’individuo,come un diritto del cittadino, si traduce in un’illusione checonsente - attraverso l’esplicazione delle (nuove) tecniche -l’espropriazione del corpo del malato. Se infatti la malattiaè diventata una mediazione contro cui lottare per evitarela morte, se cioè la paura della morte si è tradotta in pauradella malattia, non è l’uomo malato a lottare contro la suamalattia, pur con l’aiuto del medico, ma è il tecnico che sene appropria come oggetto di sua competenza, escludendoogni partecipazione dell’uomo che, in questo modo, si trovaespropriato non solo della malattia, ma dello stesso corpo dicui altri si impadroniscono.”6

La grande ricchezza che, a mio avviso, le medicine nonconvenzionali portano in dote alla scienza medica, attra-verso la proposta delle Medicine Integrate, consiste pro-prio nel produrre un punto di vista capace diriposizionare il medico rispetto all’oggetto di sua com-petenza che, allo stato dell’arte, sembrerebbe poter esseresolo la malattia.Ricollocarne il punto di vista in modo tale che includala persona oltre che la malattia. Ripeto: oltre che la ma-lattia, non al posto della malattia!Ciò che ha sollecitato in me l’interesse professionale emi ha condotto, ormai maturo, a riprendere gli studi dimedicina nella sue varianti dell’omotossicologia prima edell’omeopatia poi, è stato il fatto che, nell’incontro conil paziente, si dovesse mirare innanzitutto a far emergerela costituzione, il substrato bio-tipico di quest’ultimo.Come dire che, nell’incontro con il malato, la prima do-manda che il medico è tenuto a porsi non è: “che sintomiesprime o che malattia ha?” così da comporre rapida-mente la diagnosi e veloce passare alla terapia con già intesta la domanda incalzante: “con quale categoria di far-maci, macchinari, manovre operative, posso aggredire lamalattia?”. Ma diventa essenziale chiedersi, in anticiporispetto a queste pur lecite considerazioni: “Chi è? Comesta al mondo? Che postura ha? Come cammina? A qualiesperienze è incline? A quali emozioni? Quale costitu-zione è sottesa al suo modo di essere? Quale biotipo?Quale carattere?”. E di seguito: ”Quale gruppo di rimedi,sottoposti a proving, ha dato evidenza di sollecitarequella costituzione ad indirizzarsi verso uno stato dimaggior benessere?” Ed infine, dopo aver incrociato que-sti dati con l’analisi dei sintomi ed indagato il modo, a

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CONTRIBUTI ORIGINALI

volte del tutto personale, di patirne: “Come posso colti-vare le cause della sua salute?”, che non solo è molto di-verso da dare battaglia alla malattia ma, coltivare le causedi salute, è qualcosa che assomiglia da vicino a quantofanno istintivamente le mamme di mammiferi e che,come abbiamo visto, può essere considerato operativa-mente fondativo del concetto di cura.Ed allora, trovandoci a trattare di funzioni operative,possiamo arrivare a dire che la cura si può agire? Certo! La cura è un agito.Un agito diffuso in tutto il mondo animale, specificodella classe dei mammiferi, particolarmente sviluppatoed essenziale per la specie umana. Le cure primarie, op-portunamente agite dalle mamme o da adeguati sostituti,si inscrivono nel nostro organismo come tracce mne-stico-sensoriali fondanti il presupposto assoluto dell’esi-stenza in vita, ed in seguito delle sue declinazioni erappresentazioni nell’amore, nel piacere, nel benessere,nella salute. Le qualità termiche, ritmiche, vibrazionali,in una parola sensomotorie, che sostanziano le cure pri-marie all’interno della relazione madre-neonato sono leuniche capaci di innescare, laddove ovviamente sianosufficienti i presupposti biologici, il nostro strumentoemotivo/sensoriale, il corpo, in-formandolo secondo iprincipi biologici e zoologici di regno, classe e specie, maanche secondo gli stili culturali e relazionali di etnia,tribù, famiglia, diade e, ovviamente, individuali. Il pro-cesso può avvenire in vari modi, più o meno qualitati-vamente congrui o difettuali; ciò che è dimostratamenecerto, è che si arresta completamente per riduzione dei“tempi di esposizione all’amore materno” al di sotto diun limite quantitativamente critico che, almeno neglianni ‘50 del novecento, è stato misurato da Spitz nell’or-dine di sei mesi di assenza continuativa nel corso delprimo anno di vita. Se ne deduce che, se la cura è unagito, il requisito essenziale della cura è la presenza di unessere capace di agirla.Cosa possiamo intendere, allora, per presenza? Se manca la persona fisica del caregiver (dall’inglese: coluiche profonde cure) ovviamente non c’è agente e non puòesserci cura. Se il caregiver, o presunto tale, è lì fisica-mente ma con il flusso dei pensieri è nella memoria (pas-sato) o nella previsione (futuro) quando non trasferitoistantaneamente in un “presente altro” dagli strumentidella telecomunicazione, ciò che potrà agire sarà, tutt’alpiù, una attività di cura, spesso standardizzata e routi-naria ma, se l’agente è esperto, anche ineccepibile sulpiano tecnico formale. Se invece il caregiver riesce ad es-sere presente a sé stesso e quindi all’altro, se è capace dirinunciare alla propria assenza, se in maniera deontolo-gicamente ed eticamente misurata riesce ad agire la pro-pria “mezza parte” nel fenomeno duale delle relazione,allora ha qualche probabilità di trovarsi a svolgere unaazione di cura sinergicamente terapeutica (se è tecnica-mente competente) e taumaturgica (se è relazionalmentecompetente).Performare una azione di cura non è dunque semplice;qui come per altri fenomeni difficilmente misurabili,

conta non solo la quantità di tempo che come curante sitrascorre in presenza dell’altro, ma anche e soprattuttola qualità della presenza.L’azione di cura come atto di presenza qualitativamenterilevabile, oltre che tecnicamente competente, può ren-dere conto di un ritorno a casa della medicina alla suafunzione originaria di arte della cura. Un’arte di tipo per-formativo che, come tutte le arti performative, ha biso-gno, oltre che di una formazione teorica ed adeguatapratica, di un sistema di allenamento costante e conti-nuativo che procuri, favorisca e susciti la necessità delperformer di trovarsi in un determinato stato esistenzialedi particolare disponibilità psicofisica all’esecuzionedell’atto d’arte: in questo caso specifico l’atto squisita-mente relazionale della cura.Per concludere, mi piace proporre, ancora una volta, unospiazzamento semantico che possa essere d’introduzionee stimolo ad un effettivo cambiamento dello stato del-l’arte. Proviamo a vedere che succede se consideriamoun retaggio del “bellicismo” medico-scientifico anche iltermine centrata che ancora assomiglia a mirato e cheevoca un puntatore ed un bersaglio. Proviamo ad imma-ginare che cosa possa accadere se sostituiamo “medicinacentrata sulla persona”, espressione alla quale come spe-rimentatori di medicine complementari alla medicinatradizionale occidentale siamo già sensibilizzati e fideliz-zati, con il termine “medicina basata sulla persona” omeglio ancora “fondata sulle persone”.Potrebbe essere, se mi passate il paragone, come quandofu scoperto il sistema delle vene e delle arterie: era già lìma non lo avevamo ancora considerato; una volta che loabbiamo preso in considerazione si è prodotto un aggior-namento che ha riguardato tutto il sistema delle cono-scenze scientifiche sul funzionamento degli animali.Oggi, volendo affermare questa come una scoperta edaggiornare l’oggetto di applicazione della medicina dallamalattia al malato o, meglio ancora, alla persona, opere-remmo un necessario quanto provvidenziale “cambio diparadigma” e potremmo trovarci a stravolgere radical-mente il sistema di conoscenza con un effetto domino.Nel momento in cui, anche come tecnici, ci troveremoa prendere in considerazione la persona, senza ridurre ilcampo di attenzione al mero oggetto malattia, dovremoriconoscere di aprire con questa una relazione. Poco sim-metrica sul piano dei ruoli, dei poteri e delle conoscenzema assolutamente speculare sul piano della soggettività:non vi sarà più un soggetto che compie operazioni tec-nicamente e scientificamente validabili su di un oggetto,ma due soggetti che si relazionano per produrre salute,o meglio per coltivare salute.La mia personale impressione è che, accettando final-mente di agire una medicina di relazione e di coltivarel’altro profondendo cura, nel senso proprio del termine,potremmo trovarci a dischiudere la medicina del futurorecuperando al mansionario del curante la raffinata edantica arte della taumaturgia, da affiancare alla collaudataed efficiente tecnica della terapia. g

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Stefania Graziosi

Endocrinologo, medico esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

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Alla Consensus Conference internazionale del-l’aprile 1993 a Hong Kong si definì l’osteoporosicome: “affezione sistemica dello scheletro carat-

terizzata da riduzione della massa ossea ed alterazionedell’architettura microscopica del tessuto osseo che com-porta una maggiore fragilità ed un maggior rischio difrattura”. E’ questa senz’altro la più corretta definizionedi una patologia che soltanto negli ultimi decenni è ar-rivata alla ribalta e di cui spesso si parla anche troppo emale.Anatomicamente risulta caratterizzata da una diminu-zione della massa ossea legata a squilibrio fra la funzionecostruttiva degli osteoblasti e quella invece di riassorbi-mento degli osteoclasti. Questo, nella donna in meno-pausa, oggi davvero nell’occhio del mirino in relazionead essa, è causato anche dal riarrangiamento ormonaleche interviene al termine della vita fertile. A quelli cioèche normalmente vengono definiti “disturbi ormonali”del climaterio e della menopausa ma che sono il fisiolo-gico, ed inevitabile, cambiamento dovuto al tempo chepassa ed all’uso che ciascun individuo, dipendentementesia dalla sua costituzione sia dall’anamnesi patologica siadallo stile di vita condotto, inteso in senso lato, fa deipropri organi, apparati, tessuti e della propria esistenza.In ogni caso l’osso osteoporotico presenta alterazioniqualitative e quantitative dei suoi componenti ma anchedella sua struttura tridimensionale cioè della caratteri-stica trabecolatura.L’osteoporosi è pertanto un fenomeno naturale ed, inparticolare, uno degli aspetti di quei tanti processi insiti,e pertanto fisiologici, nell’invecchiamento dell’organi-smo, nella senescenza. Diviene malattia allorché la massaossea è inferiore all’11% della massa corporea totale, cioèallorché l’osso può andare incontro a fratture spontaneesoprattutto a carico delle vertebre e dei femori.La riduzione del tessuto osseo inizia addirittura fra i 20ed i 30 anni e continua fino all’exitus in modo estrema-mente diverso da individuo ad individuo, in relazionealle sue peculiarità morfologiche, funzionali, patologicheo semplicemente legate al modus vivendi agito. Questararefazione tissutale ha andamento regolare e progressivonell’uomo mentre può subire accelerazione nella donnaallorché inizia il climaterio e poi avviene la menopausa.Tale caratteristica viene imputata al calo degli estrogeniche interviene in quanto questi agiscono sia favorendol’assorbimento intestinale del Calcio alimentare sia favo-rendone l’utilizzazione proprio a livello dell’osso.La diagnosi si effettua oggi con la MOC (Mineralome-tria Ossea Computerizzata) che andrebbe richiesta a li-vello lombare negli individui sotto i 65 anni ed a livello

femorale in quelli oltre i 65 anni di età. La vertebra, peril suo alto contenuto in osso spongioso, fa rilevare megliole alterazioni di densità indotte dalla carenza estrogenicamentre il femore è la sede delle fratture senili più fre-quenti. Non va neppure sottovalutata l’ipotesi diagno-stica di una “osteoporosi secondaria” cioè legata ad altrepatologie soprattutto quando la si riscontra nel sesso ma-schile ed in giovane età oppure allorchè appaia di note-vole gravità o rapidamente ingravescente. Anche alcune analisi chimico-cliniche possono essere diaiuto alla diagnosi: fosfatasi alcalina ossea circolante, cal-cio e fosforo plasmatici ed urinari, ma anche le ormonali:paratormone e calcitonina, nonché osteocalcina, vita-mina D3, aggiunte alle analisi cliniche generali soprat-tutto rivolte a possibili patologie renali intervenenti.La raccolta di una accurata anamnesi soprattutto fami-liare, legata alla frequenza di osteoporosi quale malattiadegenerativa su base ereditaria e costituzionale, può es-sere di notevole interesse così come quella dell’anamnesipatologica che può far valutare anche le diverse patolo-gie, sistemiche oppure endocrine, favorenti nonché idanni iatrogeni e gli effetti conseguenti a pregressi inter-venti chirurgici. Ulteriori interessanti osservazioni ri-guardano lo stile di vita. E’ infatti importante seguirealcune regole igienico-dietetiche: mantenere un BMI, in-dice di massa corporea, non inferiore a 19 Kg/mq; evi-tare il fumo e l’uso eccessivo di alcool; esporsi alla lucesolare; alimentarsi con una dieta avente congruo apportodi calcio; condurre una vita fisicamente attiva: almenocamminare quotidianamente! ed all’aperto.Nei paesi industrializzati le donne affette da osteoporosirisultano essere 75.000.000, di cui il 30-40% va incontroa fratture non traumatiche. Sembra inoltre che il 33%delle donne in post-menopausa abbia osteoporosi. Nelleultra-ottantenni il rischio di frattura d’anca raggiunge il50%. Questi dati numerici bastano a far comprenderequale costo, anche sociale, rappresenti questa patologia!Parlando in termini di Omeopatia costituzionale può ri-levarsi come questa problematica colpisca soprattutto ibiotipi longilinei astenici pur riscontrandosi anche nellecostituzioni brevilinee, endo- e meso-blastiche. In questeultime l’osteoporosi è rara in quanto è proprio dal fo-glietto mesoblastico che si sviluppa il tessuto osseo etutto il sistema osteoarticolare nonché il sangue ed i reni,che tanto intervengono nel metabolismo osteo-calcico.Nelle donne endoblaste o carboniche, il foglietto em-brionale dà origine, fra l’altro, alle paratiroidi ed il bio-tipo presenta un iperparatiroidismo nonché turbe delmetabolismo del calcio che lo contraddistinguono findall’infanzia con ritardo della crescita ossea, tendenza al

Il contributo dell’omeopatia

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rachitismo, valgismo degli arti inferiori, cifosi. La donnaastenica ectoblasta, fosforica, magra, gracile e deminera-lizzata è anche un ipoparatiroidea che cresce rapidamentema altrettanto precocemente presenta scoliosi, cifosi, lor-dosi, esostosi, fratture fin dall’infanzia e che sarà candi-data alle forme più gravi di osteoporosi. Laddove lastrategia adattativa fluorica si manifesterà con maggiorrilievo, nei diversi biotipi, sarà possibile evidenziare unpiù elevato e rapido grado di patologia. Di seguito i far-maci omeopatici che più vengono utilizzati, nelle diversecostituzioni.Calcarea carbonica - Farmaco costituzionale di base dellacostituzione brevilinea astenica, endomorfa, linfatica esicotica, che presenta un alterato metabolismo dell’ele-mento calcio, costituente essenziale della struttura ossea.Nell’infanzia si evidenziano rachitismo e disturbi delladentizione. Nell’adulto lo scheletro è pesante, le artico-lazioni poco elastiche e con rigidità articolare; c’è ten-denza ai crampi muscolari ed alle artralgie soprattuttovertebrali e coxo-femorali. Con il procedere degli anni,si manifesta artrosi osteofitaria soprattutto post-meno-pausale, che viene aggravata dal sovrappeso e dall’obesità,caratteristicamente ginoide con preponderanza dellamassa adiposa sul basso addome e con infiltrazione delleanche, ginocchia, caviglie, che determinano complicanzesia di ordine meccanico sia di ordine circolatorio . Latendenza alla pigrizia fisica ed alla sedentarietà, al rispar-mio della fatica, peculiari di questo biotipo, contribui-scono al peggioramento della sua osteoporosi.Calcarea phosphorica - Farmaco costituzionale di basedella costituzione longilinea astenica, ectomorfa o fosfo-rica. Si rileva una precoce osteopenia fino alla franca egrave osteoporosi con facilità alle fratture, anche deicorpi vertebrali, caratterizzate da difficoltà di cicatrizza-zione e comunque lenta ripresa dell’articolarità. Sonoqueste le pazienti nelle quali è sempre doveroso indagaresullo stato del loro metabolismo osseo senza attendere lamenopausa per poi ricorrere alle terapie. Calcarea fluorica - Medicinale della strategia adattativafluorica, del miasma luetico hahnemanniano. Questosale agisce nell’organismo alterando il metabolismo delfluoro ed attuando patologie ad andamento lento e cro-nico che possono raggiungere l’ulcerazione, la necrosi, lasclerosi. Agisce omeopaticamente sul metabolismofluoro-calcico e pertanto sul trofismo dell’osso, dei lega-menti, dei denti, del sangue. Precocemente, nel biotiposensibile, si notano fenomeni di lassità legamentosa edarticolazioni particolarmente mobili, scoliosi, cifosi, si-noviti croniche, distrofie ossee, esostosi, periostiti, sup-purazioni ossee, tumori ossei, reumatismo deformante,artrite deformante, artrosi osteofita ria che va incontro afenomeni di anchilosi, sacralizzazione della quinta ver-tebra lombare, lombalgie croniche, osteoporosi con frat-ture spontanee, alterato rimaneggiamento osseo.Fluoricum acidum - Svolge la sua azione (lenta, cronicae profonda) sotto l’egida del miasma fluorico-luetico maanche di quella sicotica. Interviene soprattutto sui tessuticonnettivali ed in particolare su quello osseo e legamen-toso, sui denti, sugli annessi cutanei, sul sangue, con al-terazione della nutrizione e mineralizzazione. Sul tessutoosseo determina fenomeni di periostosi, esostosi, osteo-

fitosi, osteiti fino alla necrosi soprattutto a carico di ossalunghe - mastoidi - ossa temporali, fragilità e carie den-tarie. Dolori osteocopi, artrosi, artralgie diffuse, rigiditàarticolare, grave osteoporosi caratterizzata da processisclerotici con apposizione disordinata. Phosphorus - Medicinale della costituzione ectomorfa,longilinea astenica, ossigenoide, tubercolinica. Il fosforoè costituente essenziale della cellula, di ogni cellula vi-vente, ed è avido di ossigeno. A carico del tessuto osseoè facile riscontrare deviazioni della colonna vertebrale etendenza alle infiammazioni delle epifisi nell’infanzia enell’adolescenza, l’età adulta è caratterizzata da una pro-gressiva demineralizzazione che si va aggravando con lamenopausa e che porta ad una franca osteoporosi. Pato-gnomonico è il dolore alla percussione delle vertebre dor-sali ed il bruciore interscapolare ed osseo nonché le faciliosteiti dapprima condensanti poi rarefacenti che rag-giungono anche la necrosi suppurativa. Le ossa caratte-risticamente più colpite sono le mascellari.Silicea - Biotipo ectomorfo, tubercolinico, magro, contendenza alla demineralizzazione ed alla emaciazione;anche lo scheletro è malnutrito, esile e fragile, gli annessicutanei sono ipotrofici. Caratteristiche le epifisiti giova-nili, il rachitismo, le fratture, le carie dentarie, l’artriti-smo. L’osteoporosi con fratture ed il ritardo nelconsolidamento osseo cicatriziale sono segni ben evi-denti. Anche le protesi rappresentano un problema perla facilità ai fenomeni suppurativi e la tendenza all’eli-minazione dei corpi estranei.Natrum muriaticum - Cloruro di sodio; determinantenel mantenimento della pressione osmotica e dell’equi-librio acido-base; biotipo magro, astenico, disidratato,demineralizzato, anemico, irritabile, ipersensibile, no-stalgico, collerico, poco dignitosi. Va incontro a spondi-lalgie, a patognomoniche lombalgie che migliorano conforte pressione locale in posizione seduta, artralgie cro-niche, tendenza alle distorsioni, epifisiti della crescita, edovviamente all’osteoporosi legata ai fenomeni di demi-neralizzazione. Caratteristico dolore lombo-sacrale mi-gliorato premendo la zona su una superficie dura.In associazione ai rimedi esposti può risultare valido l’usodei seguenti, soprattutto a basse diluizioni:Symphytum officinale - E’ un farmaco elettivo per il tes-suto osseo ed è definito “lo specifico ortopedico”; haazione, sia acuta sia cronica, sulle articolazioni e soprat-tutto su quella delle ginocchia e sulla mandibola. Acce-lera la formazione del callo osseo, elimina i sequestri osseied i dolori residui periostei.Ruta graveolens - Agisce, sia in fase acuta sia in fase cro-nica, sul periostio, sui tendini ed i legamenti; utile dopotraumatismi dell’osso e del periostio nonché nelle distor-sioni e lussazioni; nelle lombo-sacralgie e coccigodinieche migliorano soltanto stando in posizione supina; neidolori reumatici; nei dolori avvertiti come contusivi so-prattutto nelle zone su cui ci si appoggia; va ricordatonon solo nei traumatismi incidentali ma anche dopo gliinterventi chirurgici. E’ un farmaco utile nella costitu-zione brevilinea stenica, mesomorfa, sulfurica, sanguignache migliora sempre con il movimento e cambiando po-sizione. g

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Si sa che la donna è molto più attenta al propriostato di salute, rispetto al maschio, tanto che di re-cente comparve uno studio che dimostrava che il

maschio single ha una minore aspettativa di vita rispettoal coniugato: la moglie/compagna/fidanzata ha l’effettodi indurlo - quando è presente un segno/sintomo - a farsivisitare dal medico curante anche quando egli è recalci-trante. I mezzi, dalla sferoclasia occasionale, alle ritor-sioni ispirate dall’aristofanesca Lisistrata non mancano,nella panoplia di convincimenti in mano alle nostre si-gnore; a cui, peraltro, noi maschietti siamo grati ancheproprio per questo, tra i tanti, gesto d’amore.Le case farmaceutiche potevano sottrarsi di fronte ad unachicca così fruttifera? Nei primi anni ’80 fu creato - coneleganza e scaltrezza, ammetto - lo spettro della fratturaosteoporotica: ecco le prime apparecchiature. Ultrasuoni,raggi, doppi fotoni, statistiche basate su improbabili la-titudini. Nacquero tecniche di densitometria teorica, ba-sate su densità rilevate sulle islandesi o sulle africane,dimostrando così l’esilità ossea femminile dopo il mo-mento critico della scomparsa dei flussi mensili. Misurefisicamente rigorose: ancora oggi espresse in grammi sucentimetri quadrati, come se fosse la pressione di unfluido, non in g/cm cubico (o Kg/m3). La paura (oddiola frattura!) si diffuse, senza che ci fosse una terapia. An-cora. Pochi anni, ed eccola, estratta da salmoni sottrattialle tartine: la calcitonina. Un discreto costo mensile, permilioni di donne sul pianeta, basandosi su rilievi eseguitisu una sola “lettura”, confrontati con valori di riferi-mento estrapolati statisticamente. Vendite alle stelle, coni risultati che sappiamo (clinicamente ben poco, ma condividendi esagerati). Poi venne l’etidronato sodico: miricordo che alla fine degli anni ’80 lo prescrivevo, ancheperché il costo era infimo, circa 1.000 lire al mese! Qual-cosa faceva, per lo meno limitando o anche mantenendola densità ossea. Ma ancor oggi, guai a parlare di eseguireuna DEXA su una giovane di venti, venticinque anni,per rivedere la situazione dopo venticinque –trent’annie così verificare quanto sia fisiologica o meno la perditadi massa ossea all’arrivo della dolce età. Tutto ciò determinato, indotto, obbligato dalla paura: èla parola chiave della moderna menopausa. Un po’ per-ché la vita media di sessanta-settanta anni fa coincidevaproprio con la fine del ciclo, quindi paura della morte;un po’ la perdita di quell’optional che è la fecondazione,quindi paura di essere ripudiata o rifiutata, perché nonpiù fertile; una morte fisica, una morte civile, una mortedella femminilità. Certo che, osservato da questo puntodi vista, non può apparire come un felice momento,quindi giù a manetta con tutto quello che c’è di prescri-

vibile: inibitori del riassorbimento di MAO, serotoninaper l’aspetto psichico (era meglio l’ademetionina), tuttociò che qualche anno prima era visto dalla donna con so-spetto perché “fa venire la cellulite”, gli estrogeni, che tigonfiano come un pallone, proprio per questo splendidiper gonfiare tette e rughe, poi una è “mestruata”. Quindiè femmina: l’assioma più bastardo, per spacciare questemolecole maledette; a nulla valgono le statistiche sull’au-mento di cancro mammario (26%), stroke (41%), trom-boembolie venose (102-110%) e malattie cardiovascolariin genere (29%)1. Si sa benissimo dal 2001, ma vengonotuttora prescritte, insinuando un ruolo positivo nel-l’osteogenesi (assolutamente nullo), addirittura protet-tivo del cuore, comunque del tutto positivo per lapropria salute, quando non “assolutamente necessario”.Fin dal 2003 il NEJM di maggio già dichiarava “Estro-geni? Cura dei soli sintomi.”, cosa vera, solo raramente,molto raramente, necessaria2.La menopausa dovrebbe limitarsi ad essere la semplicecessazione del sanguinamento mensile. In cinese è “GenNian Qi”: Gen significa: cambiare; Nian, età e Qi è lafase. Mentre “Gen Nian Qi Zong He Zheng” è la Me-nopausa con sintomi correlati (complesso dei sintomi), di-stinguendo la normalità della cessazione del flusso dallacomparsa di sintomi ad esso correlabili3. Le “acque lu-nari” cinesi, si diradano, scompaiono e finalmente il fiorepuò sbocciare nel suo pieno splendore: la femmina di-venta tale: perfetta, matura; da cogliere, aggiungerei io.Quando è turbata dalle vampe (o vampate o hot flushes)è solo perché il corpo non è o, meglio: non era, in equi-librio. Le Medicine Tradizionali, da quella Egizia, aquella Greco-Ippocratica, a quella Tibetana ed a quellaCinese (nell’ordine di diffusione cronologico) hannosempre citato i due elementi primordiali che ci animano:aAcqua e Fuoco. L’Acqua, per sua Natura tende verso ilbasso, così come il Fuoco all’alto, ma dalla loro commi-stione nasce la Vita. Un po’ come mettere sul fuoco l’ac-qua per la pasta: se nel recipiente c’è poca acqua, essabollirà prima e troppo. Si svilupperà molto vapore caldoche divamperà verso l’alto: non è troppo il Fuoco, è che,invece, è poca l’Acqua. Questo è il concetto di “FalsoCalore”.Direte che basti aggiungere una mestolata, o due, d’ac-qua per risolvere il problema e salvare anche la pentola.Beh, il concetto è giusto, ma non è così semplice realiz-zarlo. Non è facile reidratare in modo sottile. Un po’come mantenere un castello di sabbia al mare: una sec-chiata d’acqua lo distrugge, mentre uno straccio inumi-dito, percolando lentamente l’acqua, lo impregna epreserva.

Il contributo della fitoterapia

Gabriele Saudelli

Medico esperto in agopuntura, fitoterapia e MTCE-mail: [email protected]

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Difatti le vecchie medicine vennero anche qui rispolve-rate, all’incirca una ventina di anni fa, per trovare unavalida alternativa (questa volta il termine è idoneo) allaTOS, acronimo di Trattamento Ormonale Sostituitivoe anagramma di Trattamento Sanitario Obbligatorio.Soya, in primis. Si osservò che la donna orientale avevameno problemi, da questo punto di vista. In effetti lapianta è l’alimento di base fin dall’infanzia, sia come ger-mogli, sia come semi. In Medicina Tradizionale Cineseè quest’ultimo che viene usato: Dan Dou Chi, Glycinemax, semen praeparatum, alla dose di 10-15 grammi aldì, è droga di Natura Fresca, Sapore Amaro/Dolce (que-st’ultimo è quello che ne determina la nomenclatura,così come per il Glycine nostrano), cioè abbassa la tem-peratura. Il termine Soya deriva dal giapponese Shoyu,con cui si indicano i semi. Il seme nero va preparato, cioèlavato, cotto a bagnomaria e poi avvolto in un telo confoglie di Gelso o di Artemisia annua (quella che si usanella Malaria) finchè non diviene giallo. A questo puntoviene essiccato per tre settimane, al Sole e quindi utiliz-zato. I principi attivi sono oltre a chrysanthemina, soja-saponina I-II-III, quelle sostanze dette isoflavoni:genitsina, daidzeina e formononetina. In realtà questisono presenti nel seme del legume solo in forma di pre-cursori delle molecole attive: sarà la flora batterica inte-stinale che li convertirà alla forma farmacologicamenteattiva. Una paziente con problemi di disbiosi intestinale(e sono tante) difficilmente ne trarrà vantaggio: motivodi frequente insuccesso è semplicemente questo. Oc-corre, infatti, predisporre un piano di preparazione: sa-nare l’equilibrio acido-base, aumentando il pH (si cogliedifficilmente sulle feci, perché non c’è un laboratorio inItalia che esegua il test; è però facile ed eseguibile quellosulle urine, dato che una acidosi intestinale travalica confacilità i setti transmucosali, passando in vescica urinaria.In questo caso la cartina al tornasole consente un esamein ambulatorio semplice ed immediato). Ridurre l’aci-dosi avrà anche l’effetto adelfo di ridurre il riassorbi-mento del tessuto osseo. Per effettuare questo vi sonodiversi prodotti a base, prevalentemente, di carbonato dimagnesio e di calcio, sia in compresse, per le pazientisimpatiche, sia in polvere, per quelle un po’ con la puzzasotto il naso o per quelle eroiche, che devono soffrire atutti i costi e che amano sfoggiare le schifezze che inge-riscono (ci sono, ci sono).A questo punto, intonacata la mucosa, possiamo sten-dere una mano di batteri, che attecchiranno volentieri.Una persona sana, con un intestino ben educato, ha nellesue feci, per ogni grammo, ben 5 miliardi di batteri, checostituiscono la flora omonima. Viviamo in un mondotalmente asettico che siamo costretti a comprare i deri-vati fecali, ma preferisco non inoltrarmi in questa peri-colosa piega che sta prendendo lo scritto4. I batteri dellanostra flora, renderanno attivi gli isoflavoni, che an-dranno ad intromettersi nelle relazioni dei recettori estro-genici, gli ER-? ed ER-? che sono dislocati in diversiorgani e visceri. Per ottenere un effetto sul sintomo pre-dominante, cioè la vampata, occorrono circa mg. 60/die(fino a 120) di isoflavoni.Qualcuno ora, legittimamente, storcerà il naso a pensaread interferenze con recettori estrogenici, cui darebbero

un segnale simile a quello degli estrogeni (e per ciòagendo sui sintomi): solo da pochi anni sembra che ciònon si configuri, di fatto, in una stimolazione dei pre-detti recettori. In realtà, per ora, si sa che una alimenta-zione ricca in isoflavoni (come in Oriente) iniziata ingiovane età, sicuramente previene alcune neoplasie, se-gnatamente quella mammaria. Una certezza di utilizzoin pazienti con una storia pregressa, familiarità autentica,habitus mentale ed altro che ingeneri un semplice so-spetto, non esiste, ancora; la prescrizione va vagliata conaccuratezza in tutti i casi. Quasi certamente gli isoflavoniinterferiscono negativamente con farmaci come tamoxi-fene, toremifene e fulvestrant, cioè antiestrogeni, per cuipersonalmente non ritengo opportuno trattare una pa-ziente se non dopo almeno dieci anni dall’evento neo-plastico.Quali risultati attendere? Piuttosto raramente vedo pa-zienti che dopo qualche settimana di trattamento annun-cino la scomparsa delle vampate: in genere, se iltrattamento è ben studiato e prescritto e la paziente è re-almente attenta nell’assunzione, i risultati migliori si ot-tengono –infrequentemente- quando si riducono a dueo tre gli episodi di vampate, al giorno, e di breve durata:di più è difficile ottenere, ma si rende la vita più vivibile.Ricche in isoflavoni, poi ne esistono numerose altrepiante: Trifolium pratense, leguminosa anch’esso, di cuisi usano foglie e fiori; Agnocasto (Vitex Agnus castus)Hypericum (con tutte le attenzioni del caso, per via delleinterazioni non infrequenti con altri rimedi/farmaci),Salvia (se presente titolazione in Thujone, dato che l’as-sunzione di 5 mg./die di questo, è ammessa per non piùdi 15 giorni, per via della sua azione sui recettori GA-BAergici5; infatti Salvia off. può essere epilettogena;anche in TM, avendo cura di versare le gocce prescrittein acqua tiepida, per consentire l’evaporazione dell’alcoolpiù velocemente, da assumere per brevi periodi e mai insoggetti a rischio di emorragia o in previsione di un in-tervento chirurgico. Quindi evitarla nei soggetti in pre-o peri-menopausa con presenza di fibromi uterini, per ilrischio di meno metrorragia). Anche Equisetum ha iso-flavoni: è una pianta interessante per i suoi effetti remi-neralizzanti sull’osso. Cimicifuga, o Actea racemosa:riduce la secrezione di LH, oltre a principi attivi con tro-pismo verso i recettori estrogenici, come gli isoflavoni,con le medesime azioni di Soya; in vitro ha dimostratouna spiccata attività antitumorale su cellule di ca mam-mario6.Tornando a Soya, c’è da dire che in commercio sono nu-merosi anche gli alimenti a base di questa, che integranoperfettamente i vari prodotti fitoterapici: germogli, spez-zatini, olio, latte… anche perché la ricchezza proteica ela capacità delle frazioni peptidiche delle proteine dellasoia di legarsi agli steroidi ne permette l’espulsione at-traverso le feci; in più, i peptidi stessi sono riassorbiti epiccole quantità di peptidi della soia vanno in circolo eagiscono sul metabolismo dei lipidi. Le persone che sinutrono di derivati della soia hanno un livello di HDLsignificativamente più alto ed un rischio di fenomeni ate-rosclerotici più basso7. Forse il problema maggiore diquesti derivati è l’improbabile sapore, spesso vicino aquello del cartone masticato, per cui io, in casi in cui è

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indicato il legume, suggerisco sempre di assumere conregolarità i derivati di soya, purchè ben miscelati agli ali-menti di corrente utilizzo, al fine di correggerne la sapi-dità (veramente pochina: diffido sempre di quelli che tidicono: “Ah, che buono il latte di soya!” Sono i talebanidell’alimentazione, quelli che a casa loro ti offrono unbel bicchiere di cloruro di magnesio “che fa tanto, matanto bene”). Grazie al Cielo, da alcuni anni sono statiintrodotti tipi di latte di Soya, aromatizzato alla vaniglia,per esempio; sicuramente più accettabile.Ma, penserete voi, le reali aspettative? Il 6 settembre2011 Natural Standard pubblica uno studio in cui si af-facciano numerosi dubbi sulla reale efficacia nel preve-nire ed evitare gli hot flushes, le vampate, anzi, un trial8

condotto in doppio cieco (122 donne trattate con soya,126 con placebo, come nel 98% dei lavori scientifici nonspecificato)9 addirittura ha verificato che le vampate au-mentavano, alla dose di 200 mg/die! Dose indubbia-mente alta, per la quale potrei invocare un meccanismocome l’ormesi, come si vide in un lavoro con Equiseto(dosi basse stimolano la neo-osteogenesi, dosi elevatetendono a reprimerla), frutto della tenacia di una ex stu-dente del Master senese, che spero venga presto pubbli-cato. Anche perché alcuni prodotti con 60 mg diisoflavoni aiutano realmente, anche se non risolvono. E’un capitolo ancora da definire e da comprendere ap-pieno.Un altro interessante principio attivo che ho verificatoessere di aiuto nel trattamento della sindrome menopau-sale (e non solo) è un polifenolo, il resveratrolo (triidros-sistilbene); antiossidante già noto, antinfiammatorio,ipolipemizzante... 50 mg al giorno sono la giusta dose;essendo contenuto anche nel vino rosso, sono sufficientida due a tre litri al giorno del nettare per apportare au-mento ponderale, punti in meno sulla patente, aumentodelle vampate (forse qualcuno è già a conoscenza che ilvino rosso scalda), ma sicuramente tanta, tanta allegriacirrotica e tante nuove conoscenze tra le forze dell’ordine.E’ anche però contenuto in due specie di piante moltosimili: Polygonum multiflorum, herba e Poligonum cu-spidatum. Nella prima la quota di resveratrolo è decisa-mente alta, ma anche quella antrachinonica, che (alladose di grammi due/die in estratto secco D:E=5:1) in unpaziente con colestasi o Gilbert può trascendere in unaepatite tossica; in questi casi, dopo due mesi, vanno as-solutamente richiesti nuovamente AST/ALT e bilirubi-nemia.In presenza di alterazione significativa, la semplice so-spensione del farmaco ripristina in un mese circa la fi-siologica crasi ematica, senza reliquiati. Non è solo laelevata biodisponibilità che ha piazzato la pianta neiprimi posti delle hit, ma il contenuto in tetraidrossistil-bene tipico di P. multiflorum: infatti stimola la pigmen-tazione del sistema pilifero, ritardando la canizie o,anche, facendola parzialmente regredire. Il nome cineseè, difatti, He Shou Wu, letteralmente: “Il sig. He ha i ca-pelli neri”. Quando scoprii in una paziente affetta da it-tero di Gilbert la epatotossicità della pianta (poi regreditacon la semplice sospensione) ebbi dei problemi con ladonna, perché non voleva smettere il trattamento, ini-ziato per una forma alopecica d.n.n.d.; in effetti il risul-

tato dopo due mesi fu notevole e ben gradito pur se gra-vato della pesante complicanza. Da allora ne prescrivoun grammo al dì con frequenti monitoraggi ematici. P.cuspidatum non appare, invece, così tossico, ma senza iltetraidrostilbene, quindi senza l’effetto “cosmetico” sulcapillizio. Sulla cute, sì, invece: è evidente l’azione an-tiossidante (recentemente sono stati dimostrati recettoridei polifenoli a livello del derma10), ma anche l’inibizionedei famigerati hot flushes: ho iniziato recentemente a pre-scrivere un prodotto (a base di trans-resveratrolo estrattoda P. cuspidatum) sotto forma di spray orale sublingualeda poco in commercio, con risultati apparentementepiuttosto positivi già a breve termine (dopo due o tregiorni) e con la dose base di 8,5 mg/die, dato che l’as-sorbimento sublinguale è circa 300 volte maggiore11. IlTempo saprà darci una risposta più solida.Se mi reggete ancora: all’inizio di questo scritto ho citatole basi energetiche delle medicine tradizionali occidentalee orientale. Per aumentare la quota di Acqua, riducendocosì l’apparente scatenamento del Fuoco, senza soffiareAria su questo, che potrebbe spengersi, né coprendolodi Terra per il medesimo motivo, esiste una ricetta a basedi sei droghe vegetali che tonifica lo Yin, cioè rinforzal’Acqua, che venne pubblicata in Cina intorno al 1190d.C., in un trattato di quello che oggi chiameremmo Pe-diatria. La ricetta, Liu (sei) Wei (sostanze) Di Huang(Rehmannia glutinosa, radix praeparata che è la più im-portante, sia per tonificare il Sangue, sia per tonificarel’Acqua, cioè il Rene) Wan (pillola) trova impiego nelpaziente che congenitamente si trova in un deficit diAcqua, che si può tradurre nell’infanzia in faringo- ton-silliti, adenoiditi, otiti recidivanti, con iperidrosi not-turna o anche nicturia, volto iperemico e nell’adulto conl’anamnesi remota positiva per questi accadimenti, conlombalgia (specie L2-L3), gonalgia, volto iperemico, in-tolleranza al caldo, iperidrosi, calore alla pianta dei piedi,al palmo delle mani, regione precordiale e cervicale an-teriore, ipertensione... fino alla c.d. sindrome sicca. Ov-viamente trova indicazione nella sindrome post-menopausale, che - ripeto - non può avere un esordioimprovviso; deve esserci un pregresso patologico (unRAA? Uno shock sul piano emotivo? Un trauma fisico,un intervento, una malattia che abbia leso le risorse delprezioso liquido: l’Acqua) che si manifesterà alla scom-parsa del flussi mensili (l’unica cosa che non invidio alledonne). Vista da quest’ottica, però, quanti maschi hannomanifestazioni simili? La ricetta Liu Wei Di Huang Wanè facilmente reperibile, più o meno in tutto il Globo,forse una delle ricette più diffuse… Per ciò che concerneposologia e tempi di somministrazione (in genere si ini-zia in autunno, mai d’estate: la Terra è nutrita dallepiogge autunnali e dalle nevi invernali), preferisco chevengano affidati agli esperti di Medicina Tradizionale Ci-nese.Con la speranza che la mia pigiofania (scrivetemi e sa-prete cos’è) non vi abbia annoiato troppo e di essere statoutile. g

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Bibliografia e note1. Jul 09, 2002 (HeartCenterOnline),press release from

the National Heart, Lung and Blood Institute(NHLBI).

2. Postmenopausal Hormones:Therapy for SymptomsOnly; Deborah Grady, n engl j med 348;19www.nejm.org may, 8, 2003

3. Gabriele Saudelli, Menopause in traditional Chinesemedicine. Istituto Superiore di Sanità, Seventh in-ternational conference-Sino-Italian health days,Rome, April 3-4, 2003;

4. Se volete la guerra: “Recurrent Clostridium difficileColitis: Case Series Involving 18 Patients Treatedwith Donor Stool Administered via a NasogastricTube”. Johannes Aas, Charles E. Gessert and JohanS. Bakken. Clinical Infectious Diseases 2003;36:580–5

5. Revisione EMA/HMPC/331653/2008 © EMEA2010

6. Nesselhut T et al.-Untersuchungen zur proliferativenPotenz von Phytopharmaka mit östrogenähnlicherWirchung bei Mammarkarzinomzellen. Arch. Gy-naecol Obstet 1993; 254; 817-818

7. Mechanisms for the hypocholesterolemic effect ofsoy protein in normocholesterolemic and hypercho-lesterolemic men. William W. Wong, David L. Ha-chey, E. O’Brian Smith, Janice E. Stuff, William C.Heird, and Henry J. Pownall. USDA/ARS Chil-

dren’s Nutrition Research Center, Departments ofPediatrics and Medicine, Baylor College of Medi-cine, Houston, Texas 77030. Effects of soy isoflavo-nes on atherosclerosis: potential mechanisms. MaryS. Anthony, Thomas B. Clarkson, J. Koudy Wil-liams. Bowman Gray School of Medicine of WakeForest University, Winston-Salem, NC.

8. Levis S, Strickman-Stein N, Ganjei-Azar P, et al. SoyIsoflavones in the Prevention of Menopausal BoneLoss and Menopausal Symptoms: A Randomized,Double-blind Trial. Arch Intern Med. 2011 Aug8;171(15):1363-9

9. Mia considerazione: un trial in doppio cieco, se ilplacebo non è menzionato, che valore può avere?

10. Bastianetto S, Dumont Y, Duranton A, VercauterenF, Breton L, Quirion R (2010). Protective action ofresveratrol in human skin: possible involvement ofspecific receptor binding sites. PLoS ONE 5 (9):e12935. Questi risultati suggeriscono che il resvera-trolo potrebbe ritardare e addirittura impedire il nor-male svolgimento di invecchiamento della pelle,bloccando gli eventi apoptotici e disfunzioni mito-condriali.

11. Enunciarlo in un consesso di omeopati è un po’come essere blasfemi ad alta voce dopo aver inciam-pato in una chiesa durante una funzione. D’altrondela biodisponibilità della molecola, deglutita, è vera-mente scarsa, da cui la dose inferiore ai 50 mg. pre-cedentemente indicati.

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Il contributo dell’agopunturaFranco Cracolici

Direttore Scuola di agopuntura “Città di Firenze”.Garante per la branca di agopuntura, Centro ospedaliero di Medicina Integrata, Ospedale di PitiglianoE-mail: [email protected]

La Medicina Tradizionale Cinese si è occupata dasempre della fisiologia femminile arrivando, comepoche altre pratiche mediche hanno fatto, a com-

prendere e a trattare i molti disturbi che possono insor-gere durante la vita della donna. Dolori mestruali,infertilità, disturbi ormonali, alterazione del ciclo me-struale, disturbi della menopausa, disturbi della gravi-danza e del parto sono solo alcuni dei campi esploratidalla medicina cinese che da molti millenni solleva ledonne dalla sofferenza legata alla vita fertile e alla suaconclusione.Se in Occidente fino a pochi decenni fa nessuno si oc-cupava del dolore legato al parto o dei dolori femminili,classificati per lo più come isteria, in Oriente ad un ri-goroso approccio fisiologico si è accompagnata una pra-tica medica, caratterizzata da Agopuntura e Fitoterapia,che da centinaia e centinaia di anni migliora la salute ela qualità della vita delle donne. Nel testo più antico dellaMedicina Cinese, il HuangDi NeiJing SuWen, classico

di medicina interna dell’Imperatore Giallo, si affermache la vita della donna è regolata in base a cicli di setteanni che caratterizzano il suo sviluppo. A quattordicianni si manifesta il Tian Gui, l’Acqua Celeste, che segnal’inizio della via della terra e della riproduzione, mentrea quarantanove anni la menopausa conclude la vita fer-tile e apre ad una fase successiva dove la donna, liberatadai vincoli dell’accudimento e del sostegno alla famigliapuò prendere il posto che le spetta nella società ed occu-parsi di se stessa, dello sviluppo della sua personalità edei suoi desideri. Da un punto di vista fisiologico questetappe corrispondono all’attività di alcuni grandi canalienergetici, i Meridiani Curiosi, che sono incaricati di re-golare i passaggi energetici tra i canali Principali. Sono iprimi a formarsi in ordine cronologico e sono attivi pertutta la vita regolando le grandi tappe dello sviluppodella persona in base al suo Jing (Essenza) che derivadall’eredità cromosomica e dalla capacità che l’individuoha avuto di preservarla e di nutrirla.

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Tutti i Meridiani Curiosi originano nella zona ipoga-strica, nel Dan Tian, luogo dove il Qi viene conservatoe da cui si irradia nei meridiani. Il nome significa lette-ralmente campo di cinabro, materiale rossiccio da cuiviene estratto il mercurio, materiale alchemico e muta-geno per eccellenza, e fa riferimento al luogo dove av-vengono le mutazioni. Fuoriescono al perineo al punto1 CV da dove risalgono verso l’alto, anteriormente il RenMai (Vaso Concezione, mare dello Yin) e il Chong Mai(mare del Sangue) e posteriormente il Du Mai (Vaso Go-vernatore, mare dello Yang). Nella zona compresa traquesti canali si trova l’utero detto zigong (palazzo delbambino) a cui arrivano due vasi, uno proveniente dalCuore, che porta sangue e nutrimento, e uno prove-niente dal Rene che porta l’Essenza.Se Sangue ed Essenza arrivano correttamente all’utero siavranno le mestruazioni, Tian Gui, e sarà possibile la gra-vidanza. Quando si avvicina la menopausa il Sangue siimpoverisce progressivamente, l’energia comincia a di-minuire e le mestruazioni si interrompono per preservarela vitalità e impedire un cospicuo impoverimento ener-getico. La variazione dei parametri fisiologici si accom-pagna a modifiche del comportamento e dell’assettopsicologico, come sempre nella medicina Cinese che nonriconosce una distinzione tra mente e corpo e che con-sidera, nella patologia come nella fisiologia, ogni movi-mento energetico psichico in analogia ed in sincroniacon i movimenti energetici del corpo. Esiste infatti unlegame stretto tra lo Shen (Spirito) il Qi (Energia) e ilSangue (Xue): l’Energia permette che il Sangue circoli equesto lega saldamente lo Shen al corpo permettendoglidi muoversi.Questa relazione è importante nella patologia dove aduna cospicua perdita di sangue o a una sua stasi in alcunidistretti si possono accompagnare segni psichici impor-tanti come nella depressione post parto. Alla fine dell’età fertile il Cuore, non più vincolato alrapporto con l’utero può ricominciare a nutrire piena-mente lo Shen. In questa fase sarà importante per ladonna trovare la sua dimensione personale attraverso lacura del proprio corpo e dei propri interessi per assecon-dare il movimento energetico in atto e molti sono glistudi che testimoniano il valore terapeutico della cura dise stesse anche non associata ad altri tipi di trattamento.Purtroppo non è sempre facile e la società contempora-nea, paradossalmente, peggiora la condizione femminiledi questa fase specifica. Il ritardo nella maternità fa sì chesi arrivi alla menopausa senza che i figli abbiano rag-giunto l’indipendenza piena, spesso con genitori o pa-renti da accudire e con carichi lavorativi ancora moltopesanti. Questo spiega probabilmente la differenza di in-cidenza dei disturbi nelle varie popolazioni. Nei paesiOccidentali ad esempio le vampate sono presenti nel 65-75% dei casi mentre in Cina nel 25% e in Indonesia nel10%.I disturbi che insorgono possono essere importanti el’Agopuntura offre un repertorio terapeutico caratteriz-zato da una grande efficacia e dall’assenza di effetti col-laterali. Dal punto di vista fisiopatologico i sintomi dellasindrome menopausale sono principalmente legati allastasi di Sangue e al vuoto di Energia che si determinano

a livello pelvico, il normale transito energetico è ostaco-lato e lo yang tende a salire dando origine alla maggiorparte delle manifestazioni. Si avranno così vampate dicalore verso l’alto accompagnate da una profusa sudora-zione diurna e notturna. La stasi infatti innesca un au-mento del calore e l’apparizione di quello che vienechiamato Vento, una forma di yang potente e molto mo-bile che tende a dilatare i pori con una cospicua perditadi liquidi. Avremo ipertensione e disturbi della sfera psi-chica caratterizzati da ansia, irritabilità e insonnia mentrein basso assisteremo alla presenza di edemi, al peggiora-mento del ritorno venoso e ad un aumento della depo-sizione di grasso. Man mano che la patologia si è instaurata si avrà un pro-gressivo esaurimento dei liquidi organici, persi oppureessiccati dal calore interno, con diminuzione della me-moria e difficoltà di concentrazione, secchezza delle mu-cose, osteopenia e osteoporosi, diminuzione del trofismodella cute e dei tessuti. Questi sintomi testimoniano ilprogressivo indebolimento del Rene che è incaricato digestire i liquidi organici, è implicato nel nutrimentodell’osso, dei midolli compreso il cervello e che con lasua energia nutre tutti gli altri organi.La stasi di Sangue può nuocere all’apparato muscolo ten-dineo e articolare con l’insorgenza di sindromi doloroseche possono precedere o seguire l’inizio della menopausa,le più frequenti sono la fibromialgia, la polimialgia e lesindromi dolorose tipiche e atipiche cervico-brachiali.Queste insorgono a causa di un progressivo indeboli-mento del Qi del Fegato che nutre muscoli e tendini emuove l’Energia e che viene particolarmente danneg-giato dalla stasi. Anche l’irritabilità e i repentini cambia-menti d’umore sono da attribuirsi a questa patogenesi.Lo scopo di ogni intervento terapeutico è quello di ri-pristinare il corretto transito energetico, di risolvere lastasi di Sangue e di tonificare gli organi maggiormentein vuoto. Il punto principale da utilizzare in tutti i di-sturbi della menopausa è il 14 LV, Qimen. È l’ultimopunto a cui arriva l’energia durante la notte che da lì sispinge in profondità per riemergere e cominciare unnuovo ciclo ed è particolarmente importante nel tratta-mento del Fegato e della sua funzione di messa in movi-mento dell’Energia. Si utilizza in questo caso come intutte le patologie dove un ciclo deve finire per ricomin-ciare come ritardi nel secondamento placentare o spot-ting post-mestruale.Un altro punto molto importante è il 31 BL, anatomi-camente corrisponde al primo forame sacrale e viene uti-lizzato per portare energia nella pelvi e far circolare ilSangue con un’efficace applicazione anche nelle patolo-gia annessiali, nelle dismenorree, nell’endometriosi e nel-l’induzione del travaglio di parto. Si utilizza poi il 4 CV,mare del Sangue che tonifica l’essenza e favorisce la di-scesa dello Yang. A questi si possono aggiungere altripunti che vengono selezionati in base al disturbo princi-pale. In caso di importanti sintomi vasomotori si devedisperdere il calore attraverso l’utilizzo del 14 GV, puntodi riunione di tutti i Meridiani Yang, del 4 LI e dell’11LI. Questi devono essere manipolati in dispersione permigliorare l’efficacia terapeutica. In presenza di iperten-sione e disturbi circolatori si aggiungono punti in grado

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di far circolare il Sangue come il 3 LV o il 7 PC e di to-nificare l’energia come il 6 CV Mare dell’Energia. I di-sturbi dell’ossificazione sono trattati tonificando i liquidie migliorandone l’afflusso ai midolli con il 2 TR, miglio-rando la circolazione del Sangue con il 17 BL, punto at-tivo sul diaframma e sulla sua funzione di distribuzione,e con il 53 BL che distribuisce il Sangue nella pelvi. Il 6SP è largamente utilizzato e tonifica il Sangue e lo Yin.I disturbi psichici che si associano alla menopausa si ri-solvono spontaneamente durante il trattamento anchese può essere utile associare il 7 HT che purifica il caloredel Sangue e agisce su insonnia, irritabilità e sbalzi diumore e i punti specifici di regolazione dello Shen come15 BL, 44 BL o 11GV. Si devono poi correggere gli er-rori nutrizionali. La Dietetica tradizionale cinese dettadei Cinque Sapori sconsiglia l’utilizzo di cibi ricchi digrassi (insaccati, formaggi stagionati), di cibi piccanti, dicaffè, cioccolata e consiglia di moderare l’assunzione dialimenti caldi. Sono invece consigliati tutti i cibi che to-nificano l’Essenza come germogli, frutti di mare, fagioli,uova. Molti studi presenti sui principali database medicihanno indagato il ruolo dell’Agopuntura nel trattamentodella sindrome menopausale anche se molti sono i limitimetodologici che spesso non consentono di giungere aconclusioni univoche. La depressione sembra essere il di-sturbo più frequente ed è documentato un migliora-mento sostanziale della sintomatologia1 associato ad unmiglioramento dei disturbi del sonno e a un migliora-mento della percezione soggettiva dello stato di salute.L’agopuntura è risultata efficace nella diminuzione dellavampate di calore2 e molti autori hanno constatato unbeneficio particolare su intensità e durata degli episodianche se non sempre si rileva una diminuzione della fre-quenza. I livelli ormonali sierici3 si modificano dopo unciclo di Agopuntura, in particolare c’è un aumento del-l’LH con sostanziale stabilità dell’FSH e un aumento deilivelli sierici di estradiolo.La menopausa indotta da Tamoxifene dopo un tumoredel seno, benché generalmente caratterizzata da sintomipiù severi della menopausa fisiologica e da una maggiorcomponente ansioso-depressiva, beneficia comunquedell’Agopuntura, con risultati proporzionali alla duratadel trattamento che persistono a sei mesi4. Nel caso dellevampate iatrogene spesso non viene individuata una dif-ferenza statisticamente significativa tra l’Agopuntura verae l’Agopuntura Sham (dove viene simulato un tratta-mento utilizzando punti non specificamente indicatinella patologia) ma viene sempre rilevato un ulterioremiglioramento della sintomatologia quando il gruppoSham viene sottoposto a un vero trattamento. In questo tipo di patologia l’Agopuntura può essere con-siderata un trattamento di prima scelta data l’assenza dieffetti collaterali e i costi ridotti.Molti studi effettuati nei paesi scandinavi individuanonell’Agopuntura e nelle Medicine Complementari, unavalida alternativa ai trattamenti sostitutivi ormonali siadal punto di vista economico che dal punto di vista me-dico. Evitano infatti l’esposizione al rischio di effetti av-versi migliorando la qualità della vita e della percezionedello stato di salute, risultando per questo particolar-mente appropriate alla sindrome menopausale. g

Bibliografia1 Dørmænen�A�et�al�Depression�in�postmenopause:�a�study�on�a�sub-

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La scomparsadi Roberto Santini,omeopata di altri tempi

Se�ne�è�andato�in�punta�di�piedi,�in�una�domenica�di�marzo.�E'�uscito�discena�distrutto�da�un�male�cinico�e�devastante�che�se�lo�è�divorato�in�pochigiorni�tra�il�dolore�e�l'incredulità�di�familiari,�pazienti�e�colleghi.�Solo�pochigiorni�prima�era�dietro�alla�sua�scrivania�per�diffondere�umanità�e�compe-tenza�a�piene�mani.�Direttore�dell'ISMO�(Istituto�di�Studi�di�Medicina�Omeo-patica)�di�Roma�fin�dalla�scomparsa�del�fratello�Antonio,�aveva�accettato�ilruolo�con�l'umiltà�tipica�dei�grandi�maestri,�abbracciando�il�modello�omeo-patico�costituzionale�senza�sapere�di�essere�un�antesignano�di�quella�Me-dicina�Integrata�rivalutata�e�codificata�solo�diversi�anni�dopo.

Assorbe�cultura�medica�in�diversi�atenei�della�penisola:�dopo�la�laurea�aNapoli,�si�sposta�prima�a�Careggi�in�quel�di�Firenze�e�poi�a�Roma,�dove�ap-plica�gli�studi�di�endocrinologia�alla�medicina�spaziale,�che�trasformerà�inspecializzazione.�Con�questa�dote�l'Aeronautica�Militare�lo�accoglie�e�lomette�a�valutare�i�piloti�dei�jet�militari,�incrementando�inconsapevolmentela�sua�fame�di�conoscenza�delle�costituzioni�umane�e�delle�possibilità�di�ot-timizzarne�i�lati�positivi.�L'incontro�con�l'omeopatia,�avvenuto�ad�opera�delfratello�e�di�Antonio�Negro,�ha�fatto�il�resto.

Era�fautore�di�una�medicina�figlia�del�suo�tempo:�mai�un�accertamentosenza�una�diagnosi,�mai�un�gesto�terapeutico�che�mettesse�a�rischio�la�salutedei�suoi�pazienti.�Gli�allievi�della�scuola�ISMO�porteranno�sempre�con�loro�isuoi�equilibrati�insegnamenti�colmi�di�sano�pragmatismo:�aiutare�il�terrenocostituzionale�con�il�drenaggio,�un�uso�equilibrato�del�farmaco�convenzio-nale,�il�rimedio�omeopatico�come�stimolo�ottimale�dei�processi�di�autogua-rigione�del�paziente.�Il�tutto�condito�da�un'immensa�umanità,�in�grado�diaccendere�una�calda�fiamma�di�rassicurazione�in�ogni�paziente.�Quella�stessafiamma�che�si�è�spenta,�in�punta�di�piedi,�in�una�triste�e�piovosa�domenicadi�marzo.

da Omeopatia33 del 2 aprile 2012

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Esempio di articolo di giornale: Lebel MH, Freij BJ, Sy-rogiannopoulos GA, McCracken GS. Dexamethasonetherapy for bacterial meningitis. N Engl J Med 1988;15: 964-71.

RUBRICA

48 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

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Esempio di libro: Blumberg BS. The nature of Australiaantigen: infectious and genetic characteristics. In: PopperH, Schaffner F, editors. Progress in liver disease. Vol. IV.New York and London: Grune and Stratton; 1972. p.367-79.

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