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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale (DEASS)
Corso di laurea in Cure Infermieristiche
GLI INTERVENTI INFERMIERISTICI NELLA DISASSUEFAZIONE DAL FUMO
Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis)
di Giorgia Martinoni
Direttore di tesi: Prof. Maurizio Belli
Anno accademico: 2016/2017 Manno, 31 luglio 2017
Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale
Corso di laurea in Cure Infermieristiche
GLI INTERVENTI INFERMIERISTICI NELLA DISASSUEFAZIONE DAL FUMO
Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis)
di Giorgia Martinoni
Direttore di tesi: Prof. Maurizio Belli Manno, 2017
“ L’autrice è l’unica responsabile dei contenuti del lavoro di tesi”
ABSTRACT Background Nel mondo l’attuale numero dei fumatori di età superiore ai 15 anni corrisponde a 1,1 miliardi e l’epidemia del tabagismo uccide annualmente quasi 6 milioni di persone, generando costi sociali altissimi. Tra queste, 5 milioni sono consumatori o ex consumatori e più di 600’000 sono non fumatori esposti al fumo passivo. Circa l’80% dei tabagisti inizia a fumare prima dei 18 anni, sviluppando dipendenza sia fisica che psicologica molto rapidamente. Il fumo di tabacco contiene più di 4’000 sostanze chimiche, di cui 250 sono nocive e 50 cancerogene. La nicotina ha tutte le caratteristiche farmacologiche equivalenti a una droga e sia l’ICD-10 che il DSM-5 riconoscono la dipendenza dal tabacco come una malattia. Molti fumatori non sono consapevoli delle brutali conseguenze che il fumo porta al proprio organismo; alcuni credono di esserne immuni, altri pensano che sia troppo tardi per smettere e altri ancora vorrebbero rinunciarvi ma non sanno come fare e a chi chiedere aiuto. Scopo Identificare gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente fumatore sul tema del fumo, aiutandolo a smettere o a ridurre il consumo quotidiano di tabacco; capire perché la figura dell’infermiere è adatta e indispensabile a svolgere questo ruolo e perché l’ospedalizzazione rappresenta un setting ideale, in grado di creare assistenza e supporto adeguati. La domanda di ricerca è: “Quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale sul tema del fumo e per aiutarlo a smettere di fumare?”. Metodo La metodologia utilizzata per rispondere al quesito di ricerca è la revisione bibliografica; tutti gli articoli pertinenti sono stati ricercati nelle banche dati. Sono stati presi in considerazione articoli pubblicati dopo il 2000, provenienti da tutto il mondo, in inglese, francese e italiano. Gli studi dovevano essere stati svolti in ambito ospedaliero e i pazienti presi in esame dovevano avere le seguenti caratteristiche: adulti, fumatori, ospedalizzati o ambulatoriali. Risultati Dagli articoli analizzati è emerso che l’infermiere rappresenta una figura particolarmente adatta a svolgere interventi di disassuefazione sui tabagisti, in quanto si colloca in una posizione di forte vicinanza affettiva ed empatica rispetto al paziente, e i consigli e le strategie forniti possono risultare spesso decisivi. Numerosi studi hanno dimostrato che gli interventi messi in atto dall’infermiere specializzato hanno incrementato con successo la disassuefazione fra i pazienti. L’ospedalizzazione rappresenta un momento di confronto e un setting ideale poiché possono essere identificati i fumatori, può essere attuato un piano d’azione e pianificati dei follow-up. L’intervento più completo è l’approccio delle 5A. Conclusioni Trattare il tabagismo significa prevenire in modo efficace numerose patologie, ridurre sofferenza e dolore, e incidere in modo significativo sulla diminuzione dei tassi di mortalità, di ospedalizzazione e, di conseguenza, sulle spese sanitarie. Parole chiave: smoking, smoking cessation, tobacco smoking, tobacco use, nurse, nursing interventions, role e strategies.
INDICE
1. INTRODUZIONE .......................................................................................................... 1 1.1 Motivazioni .......................................................................................................................... 1 1.2 Struttura .............................................................................................................................. 2
2. BACKGROUND ........................................................................................................... 2 2.1 La definizione di tabagismo ................................................................................................ 2 2.2 La storia del tabagismo e la sua diffusione ......................................................................... 3 2.3 La prevalenza del tabagismo .............................................................................................. 4 2.4 Perché s’inizia a fumare? .................................................................................................... 5 2.5 La dipendenza dal tabacco ................................................................................................. 5 2.6 Le sostanze contenute nelle sigarette e i loro effetti ........................................................... 6 2.7 Le conseguenze del fumo ................................................................................................... 7 2.8 Il fumo passivo .................................................................................................................... 8 2.9 I costi sociali del fumo ......................................................................................................... 9 2.10 Le associazioni contro il fumo in Svizzera ........................................................................ 9 2.11 I benefici della disassuefazione dal tabacco ................................................................... 10 2.12 Il Counselling .................................................................................................................. 10 2.13 Le terapie farmacologiche e non farmacologiche ........................................................... 11
3. METODOLOGIA DI LAVORO ................................................................................... 13 3.1 La revisione bibliografica .................................................................................................. 13 3.2 Gli step della revisione bibliografica .................................................................................. 13
4. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA ............................................................... 15 4.1 La scelta dell’argomento ................................................................................................... 15 4.2 La formulazione del quesito di ricerca e degli obiettivi ...................................................... 16 4.3 I criteri d’inclusione ........................................................................................................... 16 4.4 Le strategie di ricerca della letteratura .............................................................................. 16 4.5 L’organizzazione degli articoli da includere ...................................................................... 16 4.6 La valutazione della qualità degli studi ............................................................................. 17 4.7 La modalità di citazione .................................................................................................... 18
5. RISULTATI ................................................................................................................ 19 5.1 Tabella riassuntiva degli studi selezionati ......................................................................... 19 5.2 Tabella riassuntiva degli articoli selezionati ...................................................................... 24 5.3 Tabella riassuntiva degli interventi citati ........................................................................... 28 5.4 Descrizione degli articoli ................................................................................................... 29
6. ANALISI DEI RISULTATI .......................................................................................... 29 6.1 Il ruolo infermieristico nella disassuefazione dal fumo ...................................................... 29 6.2 L’ospedalizzazione ............................................................................................................ 31 6.3 L’approccio delle 5 A ......................................................................................................... 32
6.3.1 Accertare lo stato di fumatore e valutare il grado di dipendenza ............................... 32 6.3.2 Raccomandare al paziente di smettere ...................................................................... 34 6.3.3 Valutare se il paziente è motivato a smettere ............................................................ 34 6.3.4 Fornire consigli, strategie e raccomandare l’uso della terapia farmacologica ............ 34 6.3.5 Proporre e pianificare follow-up ................................................................................. 36
6.4 L’utilizzo della tecnologia .................................................................................................. 37 7. DISCUSSIONE DEI RISULTATI ............................................................................... 37
7.1 Raccomandazioni per la ricerca e per la pratica ............................................................... 39 7.2 Limitazioni ......................................................................................................................... 39
8. CONCLUSIONI .......................................................................................................... 40 9. RINGRAZIAMENTI .................................................................................................... 41 10. BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................... 42
10.1 Articoli scientifici .............................................................................................................. 42 10.2 Libri di testo ..................................................................................................................... 44 10.3 Sitografia ......................................................................................................................... 45 10.4 Iconografia ...................................................................................................................... 46
11. ALLEGATI ............................................................................................................... 47 11.1 Test di Fagerström .......................................................................................................... 47 11.2 Profilo di competenze SUPSI .......................................................................................... 48
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1. INTRODUZIONE Per redigere la mia tesi di Bachelor ho deciso di trattare il tema degli interventi infermieristici nella disassuefazione dal fumo di sigaretta. Tramite una revisione bibliografica cercherò di capire quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per aiutare un tabagista che vuole, o che deve smettere di fumare per ragioni legate alla sua salute, ad abbandonare definitivamente il tabacco. Ho deciso di estendere la mia ricerca solo ai pazienti ospedalizzati o ambulatoriali per due principali ragioni. Innanzitutto, nel contesto ospedaliero la raccolta dati è più facile; effettuando l’anamnesi si può infatti scoprire se un paziente è fumatore o meno, capire quanto fuma, se è dipendente dalla nicotina, se ha delle abitudini legate al fumo e se è intenzionato o meno a smettere. Il più delle volte, soprattutto per i fumatori forti, è possibile capire tutto ciò con la sola osservazione. In secondo luogo, se il paziente chiede di essere aiutato a smettere, durante il ricovero è più facile sostenerlo, motivarlo e sorvegliarlo. L’età che ho preso in considerazione è quella adulta, ovvero dai 18 anni, poiché ritengo che terminata l’adolescenza, la persona sia maggiormente matura e riflessiva sui temi concernenti la propria salute e responsabile per prendere delle decisioni. 1.1 Motivazioni Nonostante le numerose campagne di prevenzione, di lotta e di sensibilizzazione realizzate da diversi decenni ormai, credo che il tema del fumo rimanga sempre di attualità in quanto il numero dei fumatori, delle persone che si ammalano e di quelle che muoiono a causa degli effetti del tabacco è ancora troppo elevato. Questo tema mi ha fatto riflettere molto quando ho iniziato la formazione SUPSI in Cure infermieristiche, poiché per ogni patologia trattata in classe, il fumo rappresenta un fattore di rischio costante e un aggravante. Più tardi, durante il mio primo stage come allieva infermiera, nel reparto di chirurgia, mi sono resa conto che i pazienti fumatori erano davvero numerosi e una parte consistente di loro si trovava in ospedale a causa di una conseguenza diretta legata al fumo. Ho iniziato così a chiedermi se ci fossero degli interventi concreti ed efficaci da mettere in campo durante il ricovero, per incoraggiare i tabagisti a smettere o, perlomeno, a ridurre il consumo quotidiano di sigarette. Purtroppo molti fumatori non sono consapevoli di tutte le gravi ripercussioni che il fumo può avere sull’organismo, oppure coloro che fumano da molti anni pensano che “tanto il danno è già stato fatto” e che smettere non abbia più senso. Al contrario, i più giovani credono di essere immuni dalle conseguenze del fumo e che qualora esse dovessero manifestarsi accadrà solo in tarda età. Altri ancora, invece, vorrebbero smettere di fumare ma non sanno come fare e da dove iniziare. Da soli non sono in grado di affrontare un cammino così difficile e quindi vi rinunciano, non sono a conoscenza del fatto che possono essere aiutati tramite un adeguato sostegno e che esistono dei medicamenti specifici per lo svezzamento dal tabacco. Sono convinta che fra i ruoli infermieristici specializzati ci debba essere anche quello predisposto ad aiutare le persone interessate a fare chiarezza sul tema, informandole sugli effetti dannosi del fumo sul proprio organismo e su quello degli altri (in particolare i bambini), spiegando quali sono i benefici della disassuefazione e in che modo possono essere aiutati a farlo. Negli ospedali ticinesi, nonostante esistano dei servizi di tabaccologia, sono pochi gli infermieri che si occupano di fare delle consulenze specifiche ai tabagisti; da una parte perché questa specializzazione è ancora in fase di sperimentazione e di evoluzione; dall’altra, a causa di barriere quali la scarsa
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collaborazione da parte di alcuni colleghi (soprattutto fumatori) e la mancanza di fondi finanziari destinati a queste attività. Nei prossimi anni sarebbe bello, ma soprattutto importante, ricevere una preparazione mirata già durante la formazione di base, per permettere a tutti gli infermieri di poter svolgere questo prezioso ruolo, e vederne l’attuazione all’interno dei vari reparti. 1.2 Struttura Il lavoro di tesi è suddiviso i sette argomenti principali, composti da numerosi capitoli e sottocapitoli. Nella prima parte, quella introduttiva, presento il tema e le motivazioni che mi hanno spinta a sceglierlo e ad approfondirlo. Successivamente espongo il quadro teorico, con l’intento di fornire un’ampia visione sul tema del tabagismo: dalla definizione alla sua storia, alle varie cifre riguardanti la prevalenza e i costi del fumo, alla dipendenza e alle relative conseguenze, ai benefici della disassuefazione. La terza parte concerne la metodologia, nella quale spiego in cosa consiste la revisione della bibliografia e come viene svolta, passo per passo. In seguito, nell’applicazione della metodologia indico la scelta dell’argomento, il quesito di ricerca e gli obiettivi, i criteri d’inclusione, le strategie di ricerca, l’organizzazione e la valutazione qualitativa degli studi, nonché la modalità di citazione utilizzata. Nel quinto capitolo presento i risultati ottenuti, partendo da due tabelle riassuntive degli studi e degli articoli selezionati. Il lavoro termina infine con un’ampia analisi e discussione inerente ai risultati e alle conclusioni finali. 2. BACKGROUND 2.1 La definizione di tabagismo Il tabagismo è definito come “sindrome tossica conseguente all’uso eccessivo e prolungato del tabacco” (Devoto & Oli, 2013). Sia l’ICD-10, strumento di classificazione delle malattie e dei problemi correlati, che il DSM-5, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, riconoscono la dipendenza da tabacco come una malattia (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2012a). Nell’ICD-10, le sindromi e i disturbi psichici e comportamentali dovuti all’uso di tabacco sono classificati nella sezione concernente le sindromi e i disturbi psichici e comportamentali dovuti all’uso di sostanze psicoattive (OMS, 1996). Nella sindrome di dipendenza da tabacco il consumo della sostanza assume per l’individuo una rilevanza maggiore rispetto ad altre attività, che nel passato avevano un valore superiore, e una caratteristica descrittiva decisiva è la presenza del craving, un desiderio intenso o senso di incoercibile bisogno di assumere la sostanza (OMS, 1996). Inoltre, nelle persone dipendenti, il riutilizzo della sostanza dopo un periodo di astinenza provoca una ricomparsa più rapida degli aspetti della sindrome (OMS, 1996). Secondo l’OMS (1996) la diagnosi di dipendenza può essere fatta soltanto se, per un periodo durante l’anno precedente, si sono verificate tre o più delle seguenti condizioni:
1) Presenza di craving. 2) Difficoltà nella gestione dell’utilizzo del tabacco. 3) Sviluppo della sindrome da astinenza quando si diminuisce o s’interrompe il
consumo di tabacco, oppure impiego della stessa sostanza o di una strettamente affine per alleviare o evitare i sintomi dell’astinenza.
4) Sviluppo di tolleranza (diminuzione degli effetti del tabacco successivo all’uso continuato della stessa quantità di sostanza e conseguente uso di dosi maggiori).
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5) Progressivo disinteresse per attività che procurano piacere a causa dell’aumento di tempo necessario a ottenere, assumere o riprendersi dagli effetti del tabacco.
6) Uso costante del tabacco malgrado l’evidenza della sua nocività. Nel DSM-5 il disturbo da uso di tabacco è stato classificato all’interno dei disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction (Biondi, 2014). Secondo Biondi (2014) i criteri diagnostici per effettuarne la diagnosi prevedono un comportamento problematico in riferimento all’uso di tabacco che determina un distress o un danneggiamento importante dal punto di vista clinico, caratterizzato da almeno 2 delle seguenti condizioni, per un periodo di 12 mesi:
1) Aumento delle quantità assunte e per un periodo più lungo di quanto previsto. 2) Desiderio persistente o inutili tentativi di ridurre o controllare il consumo di
tabacco. 3) Necessità di parecchio tempo per procurarsi il tabacco e fumarlo. 4) Presenza di craving. 5) L’uso del tabacco non permette di lavorare in maniera adeguata. 6) L’uso del tabacco viene protratto nel tempo nonostante provochi problemi sociali
o interpersonali. 7) Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, professionali o ricreative a
causa dell’uso del tabacco. 8) Utilizzo ricorrente del tabacco in situazioni fisicamente pericolose. 9) L’uso del tabacco viene protratto nel tempo nonostante stia provocando o
esacerbando problemi fisici o psicologici. 10) Sviluppo di tolleranza. 11) Presenza di sintomi da astinenza.
La gravità viene definita in base a quanti sintomi sono presenti: lieve se sono presenti 2-3 sintomi, moderata se sono presenti 4-5 sintomi e grave se sono presenti 6 o più sintomi (Biondi, 2014). 2.2 La storia del tabagismo e la sua diffusione Furono gli abitanti delle Americhe, agli inizi dell’era cristiana, i primi a scoprire il tabacco (Cittadini, Sartarelli, & Professionisti-AIOLP, 2011). Il popolo Maya cominciò a coltivarlo e a fumarlo poiché questo costituiva una via di comunicazione diretta con gli Dei; mentre gli Aztechi utilizzavano il fumo di tabacco per incrementare le capacità di combattimento dei propri guerrieri (Cittadini et al., 2011). Grazie all’espansione Maya, nel Nord America venne importata la pratica del tabacco anche alle tribù indigene, che svilupparono ritualità politiche e religiose e costruirono le prime pipe (Cittadini et al., 2011). Dopo la scoperta dell’America, nel 1492, numerosi esploratori notarono l’abitudine da parte degli indiani americani di fumare e masticare il tabacco e la importarono in Europa dove, in pochi anni, divenne un successo (Cittadini et al., 2011). Iniziò così la coltivazione della pianta a Santo Domingo, a Cuba e in Brasile (Cittadini et al., 2011). Nel XVI secolo la nuova erba americana aveva essenzialmente assunto il nuovo ruolo di medicamento capace di curare numerose patologie e vennero scritti diversi trattati sulle sue straordinarie proprietà (Cittadini et al., 2011). Nel corso del 1600 il tabacco iniziò a perdere le sue qualità di erba medicinale e si diffuse sempre di più l’utilizzo della pipa, tanto che venne creata la prima compagnia di tabacco al mondo e vennero importati i primi schiavi dall’Africa per incrementarne la produzione nelle piantagioni (Cittadini et al., 2011). Nel frattempo alcuni studiosi iniziarono ad analizzare e confermare le loro ipotesi sulla dannosità del fumo e venne pubblicato un libro contenente i risultati dei rischi legati al consumo di tabacco (Cittadini
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et al., 2011). Vennero così emanate le prime regole sulla coltivazione e l’importazione del tabacco e applicata una tassa, allo scopo di ridurne la diffusione (Cittadini et al., 2011). Nel XVIII secolo si diffuse la moda di fiutare tabacco, si inaugurarono le prime tabaccherie e la prima fabbrica di sigari e tabacco (Cittadini et al., 2011). Nel 1800, malgrado il loro costo elevato, anche i sigari ebbero una grande espansione (Cittadini et al., 2011). Due studenti dell’università di Heidelberg riuscirono a isolare per primi l’alcaloide del tabacco in forma pura chiamandolo nicotina; ne fornirono la formula chimica e ne tracciarono il profilo farmacologico, definendola una sostanza velenosa (Cittadini et al., 2011). Durante questo secolo venne inventata la sigaretta, che comportò un rapido aumento del numero dei fumatori e della quantità individuale di tabacco fumato (Cittadini et al., 2011). Contemporaneamente si cominciarono a rilevare i primi effetti deleteri del fumo sull’uomo (Cittadini et al., 2011). Il 1900 è considerato un secolo diviso a metà (Cittadini et al., 2011). I primi 50 anni, caratterizzati da due guerre mondiali e dal conseguente sviluppo demografico e industriale, sostenuto a sua volta da mezzi di comunicazione e di propaganda sempre più efficaci, favorirono un continuo incremento del consumo di sigarette; il fumo rappresentava la libertà e la modernità (Cittadini et al., 2011). Nonostante ciò venne proibito di fumare sui mezzi pubblici e, più tardi, di vendere tabacco ai minori di 16 anni (Cittadini et al., 2011). Furono inoltre messe in vendita le prime sigarette con il filtro (Cittadini et al., 2011). Nella seconda parte del ‘900, le ricerche mediche misero in rilievo la tossicità del tabacco e i relativi danni alla salute; si prese così coscienza che fumare non era più solamente un innocuo piacere (Cittadini et al., 2011). Alla fine del millennio le sigarette rappresentavano il 93% del consumo di tabacco nel mondo (Cittadini et al., 2011). Venne divulgata un’evidente statistica sul rapporto diretto tra fumo e cancro, e redatti numerosi articoli scientifici sugli effetti nocivi del fumo, in particolare sui rischi per i figli di madri fumatrici (Cittadini et al., 2011). Negli Stati Uniti fu imposta la stampa di avvertimenti grafici sui pacchetti di sigarette, mentre in Italia e in altri paesi Europei venne vietata la pubblicità sui prodotti contenenti tabacco così come la riduzione del contenuto di catrame (Cittadini et al., 2011). Dal 2000, grazie alle nuove scoperte in ambito scientifico sui danni causati dal fumo, il mondo occidentale ha imposto regole più rigide, come il divieto di fumare nei locali pubblici, nei negozi, nei cinema, eccetera, che hanno e stanno tutt’ora dando un contributo alla diminuzione, seppur molto lenta ed esigua, del numero dei fumatori (Cittadini et al., 2011). 2.3 La prevalenza del tabagismo Si stima che attualmente nel mondo il numero dei fumatori di età superiore ai 15 anni corrisponde a 1,1 miliardi (OMS, 2017). Di questi, circa l’80% vive in paesi a reddito basso o intermedio e circa 226 milioni di questa percentuale vive nella povertà (OMS, 2017). L’epidemia del tabagismo uccide quasi 6 milioni di persone ogni anno, 5 milioni sono consumatori o ex consumatori e più di 600’000 sono persone non fumatrici, esposte al fumo passivo (OMS, 2015). La metà degli attuali consumatori morirà a causa di una patologia legata al consumo di tabacco (OMS, 2015). Oltre l’80% dei fumatori acquisisce l’abitudine prima dei 18 anni (OMS, 2015). In Svizzera, quasi un quarto della popolazione oltre i 15 anni consuma tabacco, con un tasso del 29% fra gli uomini e del 21% fra le donne (UFSP, 2017). Il 17% dei
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consumatori fuma quotidianamente e l’8% occasionalmente (Monitoraggio svizzero delle dipendenze, 2016). Negli ultimi 15 anni è stata registrata una riduzione del consumo di tabacco nella popolazione dai 15 ai 65 anni, che è passata dal 33% nel 2001 al 25% nel 2015 (UFSP, 2017). Il tabagismo, purtroppo, rimane sempre la causa più importante e determinante dei decessi evitabili in Svizzera; ogni anno muoiono prematuramente oltre 9’500 persone. Si tratta di 26 persone al giorno e del 15% di tutti i decessi (Monitoraggio svizzero delle dipendenze, 2016; UFSP, 2017). Rispetto ai non fumatori, la speranza di vita dei tabagisti si accorcia mediamente di 10 anni (UFSP, 2017). Il 39% di tutti i decessi legati al fumo è provocato da malattie cardiovascolari, il 28% dal tumore ai polmoni, il 15% da malattie delle vie respiratorie e il 14% da altri tipi di tumore (UFSP, 2017). Nel 2012, 9’500 persone (6’200 uomini e 3’300 donne) sono decedute precocemente a causa del fumo e questa cifra supera di oltre sei volte la somma totale di tutti i decessi conseguenti a incidenti stradali (301), al consumo di droghe illegali (121), all’AIDS (30) e ai suicidi (1’037) (UFSP, 2017). 2.4 Perché s’inizia a fumare? Circa l’80% dei tabagisti inizia a fumare prima dei 18 anni, durante l’adolescenza, perché in questa fase della vita è presente un forte senso di onnipotenza e d’immortalità che fa trascurare la consapevolezza degli effetti del tabacco sulla salute a lungo termine (Lewis, 2008). Gli adolescenti affermano di fumare per migliorare l’umore, per il condizionamento da parte del gruppo e per il controllo del peso (Lewis, 2008). Altri, cominciano a fumare a causa della bassa autostima, dello stato socioeconomico basso, dello scarso rapporto con i genitori o a dipendenza del genere e dell’etnia (Lewis, 2008). Iniziare a fumare durante l’adolescenza può anche essere visto come atto simbolico nei confronti dei genitori per imporre il proprio stato di maturità, o di ribellione, e per manifestare il loro sentirsi adulti (Berkelmans, Burton, Page, & Worrall-Carter, 2011). Genitori e pari hanno una grande influenza sulla decisione di iniziare a fumare in quanto fungono da esempio (Berkelmans et al., 2011). Gli adolescenti sviluppano la dipendenza dalla nicotina molto prima e molto più velocemente rispetto agli adulti; alcuni studi confermano che prima si inizia a fumare più grave sarà il consumo da adulti (Lewis, 2008). Le compagnie di tabacco sviluppano continuamente nuovi prodotti per specifiche persone creando un marketing subdolo, seducente e accattivante (Lewis, 2008). In passato, per esempio, le strategie pubblicitarie davano alla donna un’immagine positiva della fumatrice (sensuale, in carriera, snella, attiva e sicura di sé); più tardi l’introduzione nel mercato di sigarette, sigari e tabacco da fiuto aromatizzati con varie essenze ha conquistato i giovani (Lewis, 2008). 2.5 La dipendenza dal tabacco Le cause che portano una persona a essere dipendente dal consumo di tabacco sono diverse (West, 2015). La più importante e difficile da debellare è la dipendenza fisica legata alla nicotina (West, 2015). Essa entra in circolo nel flusso sanguigno attraverso gli alveoli polmonari e attiva i recettori neuronali nicotinici presenti nel sistema dopaminergico mesolimbico, stimolando la produzione di dopamina (West, 2015). Questo sistema ha un ruolo centrale nel meccanismo di ricompensa, rendendo piacevoli numerosi gesti e azioni (West, 2015). La dopamina procura infatti la sensazione di piacere, benessere, rilassamento e di stimolazione intellettuale (West,
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2015). In seguito a un’esposizione prolungata di nicotina l’espressione dei recettori nicotinici cerebrali aumenta (West, 2015). Bastano poche esposizioni alla nicotina e questa regolazione, con la continua stimolazione dei recettori nicotinici, conduce alla dipendenza fisica (Lewis, 2008). Se il fumatore non reintroduce nicotina a intervalli regolari può sperimentare i sintomi dell’astinenza (Lewis, 2008). La sensibilizzazione è anche stata dimostrata con la somministrazione sporadica di nicotina, che può persistere per oltre 21 giorni senza esposizione alla sostanza (Lewis, 2008). La predisposizione genetica è il fattore più importante per lo sviluppo della dipendenza (Berkelmans et al., 2011). Alcune persone sono infatti più sensibili di altre e questo le rende più vulnerabili a diventare dipendenti (Berkelmans et al., 2011). Quando una persona fa uso prolungato di tabacco e collega determinati comportamenti all’esposizione (fenomeni di condizionamento e automatismi), sviluppa una duplice dipendenza: quella fisica e quella psicologica, chiamata addiction (Lewis, 2008). La dipendenza fisica è definita craving (bisogno impellente) della mente ed è caratterizzata dall’urgenza e dal desiderio di fumare, che possono essere soddisfatti dal movimento e dalla sensazione di fumare, un fenomeno definito condizionamento classico (Lewis, 2008). L’atto di fumare da sollievo ancora prima che la nicotina sia introdotta nel corpo (Lewis, 2008). I sintomi della dipendenza possono includere: depressione, ansia, tensione e agitazione (Lewis, 2008). L’addiction è invece il craving del corpo, ed è caratterizzata dal bisogno viscerale che può essere alleviato dalla somministrazione di nicotina in qualsiasi forma (Lewis, 2008). I sintomi possono includere: irritabilità, malessere di tipo somatico, deficit cognitivi e malessere da astinenza (Lewis, 2008). Molti fumatori avvertono un beneficio psicologico a fumare che risulta essere un ulteriore ostacolo a smettere (Roberts, 2002). Per il tabagista fumare allevia lo stress, migliora l’umore e aiuta a mantenere il peso costante (Roberts, 2002). In realtà fumare non aiuta a rilassarsi; è la mancanza di nicotina che fa sentire la persona più nervosa e reintroducendola nel corpo percepisce una sensazione immediata di benessere (West, 2015). Le donne hanno ricadute in momenti di stress e fumano per gestire l’ansia, mentre gli uomini sono vulnerabili nelle situazioni sociali (Roberts, 2002). Oltre alla nicotina, le altre cause di dipendenza sono da attribuire al legame emotivo che spinge una persona a fumare nei momenti spiacevoli, per sopportarli meglio, o in quelli belli, per gustarli di più; alla componente della personalità, che rende il fumo parte integrante del proprio stile di vita e della propria identità; al meccanismo automatico di portare la sigaretta alla bocca, che avviene spontaneamente senza rendersi conto; all’abitudine, che fa si che una persona fumi sempre in determinate situazioni (Bretscher, 2010). 2.6 Le sostanze contenute nelle sigarette e i loro effetti Il fumo del tabacco contiene più di 4’000 sostanze chimiche, di cui 250 sono nocive e 50 sono cancerogene (OMS, 2015). Le sostanze più conosciute e meglio analizzate sono la nicotina, il monossido di carbonio e il catrame (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2012b). La nicotina è una sostanza alcaloide tossica e psicoattiva che crea dipendenza nel 70-80% dei fumatori (Berkelmans et al., 2011). Viene inalata e raggiunge il cervello in meno di 10 secondi (Porter, 2013). In risposta vengono rilasciate dopamina e noradrenalina che danno la sensazione di piacere (Porter, 2013). Secondo Humair & Cornuz (2005) La nicotina ha tutte le caratteristiche farmacologiche di una droga:
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• Tolleranza, ovvero il bisogno di aumentare la dose per ottenere l’effetto desiderato.
• Sintomi da astinenza dopo un periodo senza consumare tabacco. • Consumo di tabacco più importante e più duraturo del previsto. • Desiderio persistente di fumare con sforzi inutili per ridurre o controllare il
consumo. • Abbandono o riduzione delle attività sociali. • Consumo prolungato nonostante la conoscenza dei rischi per la salute.
Il monossido di carbonio è un gas tossico che si sviluppa dalle combustioni (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2016). Esso ha la capacità di legarsi all’emoglobina riducendone la capacità di trasportare l’ossigeno e, di conseguenza, diminuendo l’apporto a tutti gli organi (Tortora & Derrickson, 2011). Questo legame è irreversibile (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2016). In gravidanza il monossido di carbonio riesce, attraverso la placenta, a raggiungere il sangue del feto che lo elimina molto lentamente; il suo sviluppo rischia quindi di essere compromesso (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2016). Il catrame è una miscela di sostanze chimiche che, al contrario della nicotina e del monossido di carbonio, ha effetti a lungo termine; in particolare è responsabile della formazione di numerosi tumori, macchia le dita e i denti di giallo (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2011). Tabella 1: Altre sostanze contenute nel fumo del tabacco e il loro effetto principale:
Sostanza Effetto tossico Benzo(a)pirene Cancerogeno Nitrosamina Cancerogeno Ammine aromatiche Cancerogeno Benzene, cloruro di vinile Cancerogeno Diossina Cancerogeno Arsenico, cromo Cancerogeno Polonio 210 Cancerogeno Ammoniaca Irritante respiratorio Formaldeide, acetaldeide Irritante respiratorio Acroleina, toluene Irritante respiratorio Cianuro, diossido d’azoto Irritante respiratorio Cadmio Tossicità fetale (Humair & Cornuz, 2005) 2.7 Le conseguenze del fumo Fumare aumenta il rischio di sviluppare malattie respiratorie acute, inclusa la polmonite (Duaso & Duncan, 2012). Il consumo di tabacco è anche la causa principale di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO); l’84% dei casi sono infatti attribuibili al fumo (Duaso & Duncan, 2012). La mortalità associata alla BPCO è direttamente attribuibile alla quantità di sigarette fumate al giorno e alla durata complessiva di esposizione (Duaso & Duncan, 2012). Anche le malattie cardiovascolari sono una conseguenza diretta del fumo che aumenta il rischio di cardiopatia coronarica, di ictus, di aneurisma dell’aorta addominale e di aterosclerosi (Duaso & Duncan, 2012). I tabagisti hanno una doppia probabilità rispetto ai non fumatori di avere un infarto (Duaso & Duncan, 2012). Nel Regno Unito, una morte su quattro per cancro è causata dal fumo (Duaso & Duncan, 2012). Il cancro ai polmoni è quello più comune: 85-90%
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dei casi sono direttamente correlati al tabacco (Duaso & Duncan, 2012). Altri tumori causati dal fumo possono essere: il cancro della laringe, della cavità orale, della faringe, dei seni paranasali, dell’esofago, dello stomaco, del pancreas, del fegato, dei reni, dell’uretere, della vescica, dell’utero, della cervice, del colon, del retto, delle ovaie e alcuni tipi di leucemia (Duaso & Duncan, 2012). Durante la gravidanza gli effetti del fumo sul feto possono provocare: l’aumentata possibilità di aborto spontaneo, la nascita prematura, peso basso alla nascita, morte alla nascita, la sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS), complicazioni a lungo termine e problemi respiratori (Duaso & Duncan, 2012). Altri effetti avversi sono l’ulcera peptica, nei pazienti con Helicobacter pylori positivo, e il rischio aumentato di cataratta (Duaso & Duncan, 2012). Anche gli esiti di un’operazione chirurgica possono essere influenzati dal fumo; aumenta infatti il rischio di mortalità post-operatoria e ritarda la guarigione delle ferite (Duaso & Duncan, 2012). Le donne che fumano hanno più probabilità di soffrire di frattura dell’anca in quanto il fumo è associato ad una più bassa densità ossea (Duaso & Duncan, 2012). I fumatori vivono in media 10 anni in meno di chi non fuma (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). Fumare non abbrevia soltanto la vita, ma provoca anche notevoli sofferenze (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). La comparsa e il decorso di numerose patologie fumo-correlate sono direttamente proporzionali alla dose cumulativa di fumo alla quale la persona è stata esposta nel corso della sua vita (Cammarata, Zagà, & Pistone, 2014). Per misurare la dose cumulativa si può utilizzare il parametro del pack-year o indice tabagico (Cammarata et al., 2014). La formula consiste nel moltiplicare il numero di pacchetti di sigarette fumati al giorno per il numero totale di anni di fumo attivo, oppure nel dividere per 20 (sigarette contenute in un pacchetto) il numero medio di sigarette fumate al giorno e moltiplicarlo per il numero totale di anni di fumo attivo (Cammarata et al., 2014). Questo indicatore può risultare molto utile nella prevenzione primaria, poiché può essere utilizzato come screening della diagnosi precoce di numerose malattie (Cammarata et al., 2014). Nel caso della BPCO, per un tabagista che consuma 20 sigarette al giorno per un periodo inferiore ai 30 anni, il rischio di svilupparla è pari al 26% e raddoppia, se il periodo è superiore ai 30 anni (Cammarata et al., 2014). Secondo Cammarata et al. (2014) per lo screening del tumore al polmone il pack-year, correlato all’età del fumatore, costituisce 4 classi di rischio:
• Rischio basso: <50 anni e <20 pack-year. • Rischio moderato: ≥50 anni e ≥20 pack-year in assenza di altri fattori di rischio. • Rischio alto: ≥50 anni e ≥20 pack-year in presenza di altri fattori di rischio. • Rischio altissimo: ≥55 anni ≥30 pack-year (a meno che il soggetto non sia ex
fumatore da più di 15 anni). Questo parametro sembra essere direttamente collegato anche alla possibilità di successo/insuccesso nella disassuefazione dal fumo (Cammarata et al., 2014). 2.8 Il fumo passivo Negli adulti l’esposizione di lunga durata al fumo passivo aumenta del 24% il rischio di ammalarsi di cancro ai polmoni e del 23% di ammalarsi di coronaropatie (Duaso & Duncan, 2012). Aumenta inoltre il rischio di sviluppare un’esacerbazione dell’asma e sintomi respiratori cronici come la dispnea e la tosse (Humair & Cornuz, 2005). Nei bambini, soprattutto nei primi anni di vita, il fumo passivo aumenta il rischio di provocare SIDS, di sviluppare infezioni respiratorie acute (come polmonite e bronchite),
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otiti medie e sintomi respiratori cronici, di far insorgere o aggravare l’asma e di ridurre le funzioni polmonari (Humair & Cornuz, 2005). Il fumo passivo provoca più di 600’000 decessi prematuri ogni anno (OMS, 2015). 2.9 I costi sociali del fumo Con il termine “costi sociali” s’intendono tutti quei costi supportati dalla società, che comprendono quelli diretti, indiretti e umani (Addiction Suisse, s.d.). I costi diretti includono: le spese legate al trattamento delle malattie causate dal consumo di tabacco, di ricerca, di formazione, di prevenzione, i costi di produzione e di distribuzione del tabacco e quelli dei danni materiali causati dalle sigarette (come per esempio gli incendi) (Addiction Suisse, s.d.). Sulla base delle stime fatte nel 2000 in Svizzera, i costi diretti hanno raggiunto gli 1,5 miliardi di franchi (Addiction Suisse, s.d.). I costi indiretti, concernenti le perdite di produttività generate da malattie, decessi e invalidità dovute al consumo di tabacco, lo stesso anno sono state di 4 miliardi; mentre quelli umani, riferiti all’abbassamento della qualità di vita dei malati e dei loro famigliari, stimati a 5,2 miliardi di franchi (Addiction Suisse, s.d.). In totale, il consumo di tabacco in Svizzera nel 2000 ha generato ben 10,7 miliardi di franchi in costi sociali (Addiction Suisse, s.d.). Nel 2006 uno studio ha calcolato che le spese per la salute prodotte dal fumo passivo in Svizzera, hanno raggiunto i 420 milioni di franchi (Addiction Suisse, s.d.). 2.10 Le associazioni contro il fumo in Svizzera In Svizzera le principali associazioni contro il fumo sono:
• Associazione Svizzera Non-fumatori (ASN): è attiva dal 1977 e si occupa di sensibilizzare la popolazione della svizzera italiana sull’argomento del tabagismo (Associazione Svizzera Non fumatori, s.d.). In particolare lotta per la difesa dei diritti dei non fumatori e per la disassuefazione dal tabacco (Associazione Svizzera Non fumatori, s.d.).
• Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo (AT): è nata nel 1973 come riferimento per la lotta contro il fumo (Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, s.d.). Collabora con numerose organizzazioni nazionali e cantonali di promozione della salute, con sistemi sanitari pubblici e privati e con assicurazioni (Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, s.d.). Si occupa inoltre di preparare e dirigere campagne, di comunicare ai media i cambiamenti concernenti le regolamentazioni sui prodotti contenenti tabacco e i progressi sulla prevenzione del tabagismo, aderisce alla commissione federale, sostiene la realizzazione di strutture legislative di base e prende posizione rispetto alle proposte politiche, crea brochures e materiale didattico relativi ai temi del fumo e fornisce informazioni sui metodi di disassuefazione dal fumo (Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, s.d.).
• Fondazione svizzera di Cardiologia: è stata creata nel 1967 per promuovere la ricerca, l’informazione e la prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell’ictus cerebrale, al fine di diminuire il numero di persone colpite, di evitare menomazioni e morti premature e di permettere, a coloro che ne sono stati colpiti, di vivere una vita dignitosa (Fondazione Svizzera di Cardiologia, s.d.). Oltre a queste attività, l’associazione assiste e fornisce consulenze alle persone affette da patologie cardiovascolari e ai loro congiunti (Fondazione Svizzera di Cardiologia, s.d.).
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• Lega polmonare Svizzera: da oltre 110 anni questa associazione offre numerosi servizi di assistenza per soggetti affetti da patologie polmonari e delle vie respiratorie, permettendo loro di vivere più a lungo, con maggiore autonomia e una migliore qualità di vita (Lega Polmonare, s.d.). Si occupa inoltre della prevenzione, sviluppando e sostenendo numerosi progetti, ed è attiva a livello politico (Lega Polmonare, s.d.). In Svizzera, oltre agli organi centrali e alla sede nazionale, sono presenti 20 leghe polmonari cantonali (Lega Polmonare, s.d.).
• Lega svizzera contro il cancro: fondata nel 1910, questa importante associazione fornisce sostegno e consulenza alle persone malate di carcinoma e ai loro familiari, informazioni sulla malattia e sulle cure, svolge numerose campagne di prevenzione, esegue ricerche e promuove la diagnosi precoce (Lega contro il cancro, s.d.). Il suo scopo è quello di diminuire il numero di persone che si ammalano, soffrono e muoiono a causa del cancro e di aumentare il numero di persone che guarisce, garantendo cure adeguate e supporto in tutte le fasi della malattia (Lega contro il cancro, s.d.).
2.11 I benefici della disassuefazione dal tabacco Smettendo di fumare i benefici a lungo e corto termine sono numerosissimi (Porter, 2013). Entro 20 minuti dall’ultima sigaretta fumata, la pressione sanguigna e la temperatura corporea ritornano nella norma e l’apporto di ossigeno aumenta (Porter, 2013). Dopo 8 ore, la concentrazione di monossido di carbonio nel sangue diminuisce e la respirazione è più gradevole (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). A 24 ore, il rischio di infarto del miocardio inizia a calare, si attenua il tremore alle mani dovuto alla nicotina e l’afflusso di sangue a mani e piedi si normalizza (Porter, 2013; West, 2015). A una settimana di interruzione, i polmoni si risanano: l’infiammazione si riduce e le ciglia iniziano a rigenerarsi, migliora il senso dell’odorato e il proprio odore (West, 2015). Dopo un mese, la funzione delle ciglia ritorna completamente alla normalità e la pelle risulta più sana: le rughe e il pallore grigio da fumatore iniziano a svanire, i livelli di stress tendono a calare, ci si sente maggiormente in forma e aumenta il fiato (Porter, 2013; West, 2015). A distanza di qualche mese la tosse e le difficoltà respiratorie migliorano ed entro un anno il rischio di coronaropatia e di infarto si dimezza (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015; Porter, 2013). Dopo 5 anni il rischio di ammalarsi di cancro ai polmoni si riduce della metà (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). Interrompendo il consumo di tabacco (per le donne dopo 5 anni e per gli uomini dopo 10), il rischio di ammalarsi di diabete si riduce allo stesso livello dei non fumatori (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). Dopo 15 anni il rischio di infarto è lo stesso di chi non fuma e l’organismo è riuscito a cancellare gran parte dei danni provocati dal fumo (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). Smettere di fumare abbassa il rischio di contrarre numerosi tumori e altre malattie come la BPCO, l’ictus e l’arteriopatia periferica (Porter, 2013). La qualità di vita si ottimizza poiché i sintomi respiratori tra cui la tosse, il sibilo espiratorio (wheezing) e il respiro corto migliorano e la richiesta supplementare di ossigeno diminuisce; ci si sente meglio in generale, si è più felici e soddisfatti della propria vita e ci si può aspettare di vivere 10 anni in più evitando probabilmente di incorrere in gravi problemi di salute e risparmiando molti soldi (West, 2015). 2.12 Il Counselling Il Counselling è un metodo di sostegno relazionale che si instaura tra il Counselor e un individuo, o una coppia o un gruppo, basato sull’ascolto attivo ed empatico (CNCP,
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2014). In questo processo la persona viene supportata e aiutata a individuare opportunità e risorse in modo da promuovere il proprio benessere personale (CNCP, 2014). Il Counselor è un terapista formato in base ad uno specifico Approccio Teorico di Counselling che, attraverso dei colloqui strutturati, l’utilizzo di specifiche abilità e strumenti comunicativi, sviluppa una relazione di fiducia con la persona in difficoltà, aiutandola a individuare soluzioni a problemi di natura non psicopatologica, a prendere decisioni e a sviluppare risorse e consapevolezza (CNCP, 2014). Il suo obiettivo è quindi quello di far affiorare le potenzialità della persona, stimolandola e incoraggiandola a riconoscere i propri bisogni, e a fare le scelte opportune (CNCP, 2014). Il Counselor deve essere consapevole dei propri sentimenti e confini, in modo da non interferire nel compito volto a conoscere il cliente; potrebbe altrimenti lasciarsi prendere dall’entusiasmo di aiutarlo, o dall’ambizione di dimostrare il proprio successo come terapista, a tal punto da oscurare il colloquio alterando la sua comprensione e le sue reazioni (Kotrotsiou et al., 2008). Siccome per diventare Counselor è necessaria una formazione specifica, un infermiere non specializzato in questa disciplina non può essere considerato tale. Tuttavia, nella relazione di aiuto con il paziente, egli utilizza abilità di Counselling quali l’ascolto attivo, l’empatia, il rispetto, l’autenticità e il non giudizio, prendendosi cura non solo dei bisogni fisici del paziente, ma anche di quelli psicologici ed emotivi (Artioli, Montanari, & Saffioti, 2004). Il ruolo degli infermieri con abilità di Counselling è di riabilitare fisicamente, spiritualmente e psicologicamente il paziente, assistendolo nella ripresa dei suoi precedenti ruoli personali e sociali (Kotrotsiou et al., 2008). Gli infermieri si trovano spesso ad affrontare situazioni che non richiedono solamente abilità ben sviluppate di Counselling, ma vere e proprie capacità specialistiche di Counselling come, per esempio, offrire assistenza a persone con malattie croniche, con bisogni specifici o che stanno affrontando un lutto (Kotrotsiou et al., 2008). Il Counselling diretto ai cambiamenti comportamentali e attitudinali può produrre maggiori effetti positivi rispetto agli approcci educazionali tradizionali di promozione della salute, in particolare quando sono adattati alla motivazione della persona a voler cambiare (Steptoe et al., 1999). 2.13 Le terapie farmacologiche e non farmacologiche Esistono due tipologie di trattamento farmacologico per smettere di fumare: i prodotti a rilascio di nicotina, che comprendono cerotti, gomme da masticare, pastiglie da sciogliere, compresse da succhiare, spray orali e inalatori, la Vareniclina e il Bupropione (West, 2015). Per avere la massima efficacia da parte di ognuno di questi medicamenti, è fondamentale assumerli in dose sufficientemente elevata e non interrompere il trattamento prima del tempo indicato (West, 2015). I medicamenti contenenti nicotina permettono alla persona che vuole smettere di fumare di attenuare i sintomi causati dall’astinenza, in modo da riuscire, nel frattempo, a concentrarsi maggiormente su come cambiare le proprie abitudini ed evitare le situazioni legate al consumo di tabacco (Abbühl & Broccard, 2014). Essi permettono di assumere nicotina, evitando però di introdurre nell’organismo tutte le altre sostanze dannose contenute nelle sigarette, e in una dose minore che difficilmente induce dipendenza (Abbühl & Broccard, 2014). Per poter comprare questi prodotti non è necessaria la prescrizione da parte del medico (Abbühl & Broccard, 2014). Il sotto dosaggio di questi medicamenti porta alla comparsa dei sintomi da astinenza e a frequenti ricadute, mentre il sovradosaggio, che è piuttosto raro, causa repulsione al tabacco, sapore spiacevole in bocca, vertigini, problemi legati al sonno, cefalea,
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aumento della frequenza cardiaca, nausea e diarrea (Stead, Perera, Bullen, Mant, & Lancaster, 2008). Indicativamente, il trattamento dura tre mesi e le dosi devono essere ridotte progressivamente; eventualmente, una volta interrotto, è raccomandabile avere un sostituto nicotinico a portata di mano in caso di bisogno imminente (Stead et al., 2008). Il dosaggio deve essere calcolato in base al numero di sigarette fumate e al grado di dipendenza, effettuando il test di Fagerström1 per verificarlo (Stead et al., 2008). I fumatori forti possono utilizzare due prodotti a rilascio di nicotina in contemporanea o associarne uno alla Vareniclina o al Bupropione per aumentarne l’efficacia (Abbühl & Broccard, 2014). Gli effetti secondari dei sostituti nicotinici sono tutti molto simili tra loro e comprendono: cefalea, insonnia, afte, nausea, vertigini, irritazioni del cavo orale e della gola e accelerazione della frequenza cardiaca (Stead et al., 2008). Gli attuali sostituti nicotinici comprendono il cerotto alla nicotina, che rilascia la sostanza in maniera continua e regolare durante tutto l’arco della giornata, le gomme da masticare, le compresse da succhiare e le pastiglie da sciogliere, che possono essere prese a scadenze regolari o al bisogno durante il giorno, l’inalatore e lo spray orale (Abbühl & Broccard, 2014). La durata del trattamento può variare da 8 a 12 settimane (Stead et al., 2008). Il Bupropione e la Vareniclina sono due valide alternative ai sostituti nicotinici per la disassuefazione dal fumo, ai quali possono essere comunque associati durante il trattamento (West, 2015). Entrambi necessitano della prescrizione medica (West, 2015). Il cloridrato di Bupropione (Zyban) è la prima terapia senza nicotina ad essere stata autorizzata per smettere di fumare (Hakesley-Brown, 2007). In origine si tratta di un antidepressivo e agisce come inibitore selettivo sia della noradrenalina che della dopamina, diminuendo il desiderio di assumere nicotina e prevenendo i sintomi dell’astinenza (West, 2015). Essendo un antidepressivo è molto utile nella disassuefazione dal fumo poiché può prevenire i sintomi depressivi causati dalla mancanza di nicotina (Hughes, Stead, & Lancaster, 2007). Questo medicamento è molto indicato alle persone che hanno una forte dipendenza dal tabacco, a quelle che non possono utilizzare i sostituti nicotinici, a quelle che hanno tentato più volte di smettere senza esito positivo e a quelle che soffrono o hanno sofferto di disturbi depressivi (Hughes et al., 2007). Il trattamento, che dura dalle 7 alle 9 settimane, va iniziato 1-2 settimane prima della data in cui si decide di smettere di fumare (Hughes et al., 2007). I primi sei giorni bisogna assumere una sola pastiglia da 150 mg e, a partire dal settimo, due pastiglie (300 mg in totale) a distanza di 8 ore l’una dall’altra (Hughes et al., 2007). Gli effetti collaterali più frequenti sono l’insonnia, l’agitazione, l’ansietà, l’irritabilità, la cefalea, le vertigini, la tachicardia e la nausea (Hughes et al., 2007). La Vareniclina (Champix) è un agonista parziale del recettore selettivo nicotinico dell’acetilcolina che agisce legandosi ai recettori della nicotina (West, 2015). Riducendo la disponibilità dei siti di legame vengono alleviati il desiderio di fumare e la sintomatologia da astinenza (West, 2015). Come con il Bupropione, anche il trattamento con la Vareniclina va iniziato 1-2 settimane prima di smettere definitamente di fumare (Cahill, Lindson-Hawley, Thomas, Fanshawe, & Lancaster, 2016). Dal primo al terzo giorno si prende una pastiglia da 0,5 milligrammi, dal quarto al settimo giorno si prendono due pastiglie da 0,5 milligrammi e dall’ottavo giorno fino alla fine del trattamento (12 settimane) si prendono due pastiglie da 1 milligrammo al giorno (Cahill
1 Vedi capitolo 11.1 (pg. 47)
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et al., 2016). I principali effetti collaterali che si possono manifestare sono: nausea, insonnia, sogni anormali e cefalee (Cahill et al., 2016). Per quanto riguarda le terapie non farmacologiche, quelle più comunemente utilizzate sono la terapia cognitivo-comportamentale, l’ipnoterapia e l’agopuntura (Wise & Correia, 2008). La terapia cognitivo-comportamentale comprende consulenze di gruppo e conferenze, che hanno lo scopo di aiutare i fumatori a sviluppare strategie di coping (ossia l’insieme di strategie mentali e comportamentali attivate per superare una determinata situazione) e tattiche per identificare i fattori scatenanti; propongono inoltre tecniche efficaci che diminuiscono la probabilità di ricadute (Wise & Correia, 2008). Molti pazienti utilizzano l’ipnoterapia e l’agopuntura per smettere di fumare, in particolare per provare ad alleviare e a diminuire il desiderio e i sintomi dell’astinenza da nicotina (Wise & Correia, 2008). Secondo numerosi studi non è stato tuttavia possibile dimostrare l’efficacia terapeutica dei due metodi, molto popolari e utilizzati da tempo, nello svezzamento da tabacco (Humair & Cornuz, 2005). 3. METODOLOGIA DI LAVORO 3.1 La revisione bibliografica Per l’elaborazione del mio lavoro di tesi ho deciso di utilizzare il metodo della revisione bibliografica. Esso consiste nell’identificare, valutare, sintetizzare e comparare numerose evidenze scientifiche, che presentano determinati criteri di inclusione, per rispondere ad una specifica domanda (Cope, 2014). Il suo scopo non è quello di creare nuove conoscenze ma di riepilogare e riassumere quelle già esistenti su un determinato argomento (Aromataris & Pearson, 2014). Mira a comunicare al lettore cosa è conosciuto su una determinata ricerca o un argomento clinico, presentando le lacune, i punti di forza e le debolezze degli studi presi in considerazione (Cope, 2014). 3.2 Gli step della revisione bibliografica Per svolgere una revisione bibliografica bisogna seguire alcune tappe ben definite e internazionalmente accettate (Aromataris & Pearson, 2014). Innanzitutto, bisogna scegliere il tema sul quale svolgere la revisione e, per facilitare questo lavoro, si consiglia di prendere in considerazione argomenti sui quali si possiedono già delle conoscenze, oppure di studiare e ricercare informazioni su temi per i quali si nutrono particolari interessi (Cronin, Ryan, & Coughlan, 2008; Saiani & Brugnolli, 2010). In questa fase è molto importante definire bene l’argomento scelto e la questione che si vuole trattare/approfondire (Saiani & Brugnolli, 2010). Un errore comune è quello di scegliere un tema onnicomprensivo; sebbene possa rivelarsi una strategia utile per determinare quanta letteratura sia disponibile, esso rischia di generare un notevole numero di dati, rendendo la revisione irrealizzabile (Cronin et al., 2008). È perciò consigliato affinare l’argomento, in modo che la quantità finale di informazioni generata sia gestibile (Cronin et al., 2008). È utile iniziare con un argomento ristretto e concentrato, se necessario ampliando gli ambiti della revisione durante lo sviluppo del lavoro, piuttosto che dover tagliare i contenuti successivamente (Cronin et al., 2008). Parlare con specialisti clinici e leggere la documentazione può essere d’aiuto nell’identificare l’area di interesse, così da capire quante informazioni esistono già (Cronin et al., 2008). Prima di scegliere il procedimento definitivo è fondamentale chiedersi e verificare se l’argomento presenta una reale valenza scientifica, clinica e assistenziale, e se sono già stati pubblicati lavori simili (Saiani & Brugnolli, 2010). Bisogna in seguito formulare in modo chiaro il quesito di ricerca e gli obiettivi, che permetteranno di cercare la relativa letteratura in maniera mirata
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(Riesenberg & Justice, 2014a). Per fare ciò è consigliato l’utilizzo del modello Population/Problem Intervention Comparison Outcome (PICO) (Aromataris & Pearson, 2014). In ogni progetto la “P” deve essere identificata come la specifica popolazione di interesse e/o il problema, la “I” come intervento/i studiato/i, la “C” come comparazione e la “O” come risultato/i (Bernhofer, 2015). Non tutti gli studi hanno una comparazione, ma tutti comprendono una popolazione e/o un problema, uno o più interventi e risultati (Bernhofer, 2015). Il prossimo passo consiste nel determinare i criteri di inclusione i quali, insieme al PICO, assicurano che i confini del quesito di ricerca siano ben definiti e aiutano a cercare tutti gli studi d’interesse (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Essi non devono risultare troppo circoscritti, eccessivamente ampi ed esageratamente dettagliati, ma essere funzionali da applicare (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Alcuni esempi possono essere: la data di pubblicazione, il focus dell’articolo, il disegno di ricerca, gli esiti misurati, eccetera (Saiani & Brugnolli, 2010). Una tappa importante è caratterizzata dalla ricerca della letteratura all’interno di banche dati, motori di ricerca, libri e riviste scientifiche (Riesenberg & Justice, 2014a). Per facilitare il lavoro di ricerca è consigliato definire delle caratteristiche come per esempio le condizioni di pubblicazione, l’anno e il linguaggio utilizzato (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Solitamente viene scelto materiale pubblicato 5-10 anni prima (Cronin et al., 2008). L’approccio di ricerca dipende dal quesito, dall’argomento, dal tempo disponibile e dalle risorse (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Per identificare i termini appropriati è utile fare un brainstorming (Riesenberg & Justice, 2014a). È suggerito usare diverse tecniche di ricerca come i vocabolari presenti nelle banche dati, le parole chiave e gli operatori booleani (AND, OR e NOT) (Riesenberg & Justice, 2014a). Nelle sezioni d’aiuto delle banche dati è possibile imparare le tecniche più avanzate disponibili di ricerca (Riesenberg & Justice, 2014a). Come minimo vanno considerate due banche dati, ma per ridurre il rischio di errore nelle conclusioni è meglio utilizzarne di più (Riesenberg & Justice, 2014a). Qualora il materiale trovato sia insufficiente bisogna ricorrere alla modifica della propria strategia di ricerca, estendendo il campo d’interesse con quesiti aggiuntivi; nel caso contrario, occorre precisare ulteriormente il quesito stesso (Saiani & Brugnolli, 2010). Per selezionare, analizzare e sintetizzare la letteratura esistono numerose strategie che permettono la costruzione, la redazione e la revisione del testo (Cronin et al., 2008). Gli articoli vengono selezionati in base al loro titolo e al loro abstract, che devono contenere elementi inerenti al quesito di ricerca e agli elementi di inclusione (Saiani & Brugnolli, 2010). È consigliato dare una prima lettura agli articoli per capire se includerli o meno, e classificarli successivamente in base al tipo di fonte (Cronin et al., 2008). Nella gestione dei numerosi articoli è opportuno costruire delle “tavole di estrazione dei dati”, indicando l’autore, il numero di elementi, il tipo di progetto, il metodo di misurazione delle variabili e i risultati chiave (Saiani & Brugnolli, 2010). Una volta allestito il primo quadro generale, è necessario ritornare agli articoli per fare una revisione più sistematica e critica del contenuto (Cronin et al., 2008). Ogni studio incluso nella revisione deve essere considerato qualitativamente tramite uno strumento di valutazione scelto in base al tema e alle proprie preferenze (Riesenberg & Justice, 2014b). Selezionati, analizzati, sintetizzati e valutati gli articoli, s’inizia a redigere la revisione, composta da un’introduzione, un corpo centrale, dalle conclusioni e dalla bibliografia (Cronin et al., 2008). L’introduzione deve contenere una breve panoramica del problema con la propria rilevanza, l’obiettivo della revisione e la descrizione dei limiti/confini, nonché i criteri di inclusione ed esclusione (Cronin et al., 2008). Si possono inoltre esporre le modalità e
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le strategie adoperate per condurre la ricerca, illustrando le fonti principali e i criteri prestabiliti per includere o escludere gli studi (Saiani & Brugnolli, 2010). Non bisogna anticipare le conclusioni (Saiani & Brugnolli, 2010). Il corpo centrale deve comprendere il background, la metodologia di svolgimento del lavoro, la sintesi delle informazioni rilevanti e la loro valutazione critica oggettiva, evitando di inserire le proprie opinioni personali (Cronin et al., 2008). Il quadro teorico comunica i fattori contestuali e i problemi concettuali pertinenti al quesito di ricerca (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Spiega perché la revisione è necessaria e fornisce un sostegno logico dei criteri di inclusione e del focus della revisione, per esempio giustificando la scelta degli interventi presi in considerazione (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Gli studi importanti vanno descritti e discussi, sottolineando il modo con il quale hanno contribuito a rispondere al quesito o le conoscenze aggiuntive che hanno fornito sul tema (Saiani & Brugnolli, 2010). Si procede con una descrizione sintetica, la presentazione del loro disegno, delle caratteristiche delle popolazioni studiate, degli interventi effettuati, dei settings, e degli esiti primari e secondari misurati (Saiani & Brugnolli, 2010). Gli studi vengono successivamente raggruppati per concetti o per variabili, mettendo in evidenza sia le similitudini che le differenze dei risultati (Saiani & Brugnolli, 2010). Le conclusioni presentano un giudizio critico concernente lo sviluppo e l’affidabilità delle informazioni sull’argomento e contengono un riepilogo delle scoperte fatte e una sintesi dell’attuale stato di conoscenza sull’oggetto preso in esame (Saiani & Brugnolli, 2010). Quest’ultima dovrebbe evidenziare ciò che è stato studiato, se le indagini sono state corrispondenti, e se ci sono zone in cui la ricerca risulta ancora lacunosa (Saiani & Brugnolli, 2010). Si possono infine tracciare eventuali interrogativi e possibili direzioni future di ricerca (Saiani & Brugnolli, 2010). Bisogna includere le raccomandazioni e le implicazioni per la pratica assistenziale, per l’educazione e la ricerca (Cronin et al., 2008). La revisione termina con la lista bibliografica di tutti gli articoli, libri, testi, trattati e altro materiale impiegato (Cronin et al., 2008). 4. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA 4.1 La scelta dell’argomento Dopo numerose ricerche e pensando agli stage precedentemente svolti, desideravo approfondire il tema del fumo e delle dipendenze, argomento che avevo già parzialmente affrontato nel mio lavoro di maturità al liceo. Ho iniziato a cercare letture/articoli nelle banche dati che provassero l’esistenza di una correlazione tra il ruolo infermieristico e la disassuefazione dal fumo. Nel frattempo, accertata la validità di questa connessione e compiendo altre ricerche su internet, ho scoperto casualmente la presenza di un servizio di tabaccologia presso l’Ospedale “La Carità” di Locarno, che ho poi contattato per ricevere maggiori informazioni. L’infermiera responsabile mi ha gentilmente spiegato che il suo ruolo consiste nel prestare delle consulenze mirate ai pazienti fumatori e, nel caso fossero propensi a smettere, ad aiutarli nel percorso di disassuefazione. Ho deciso così di concentrarmi sugli interventi che l’infermiere può mettere in atto per aiutare un paziente adulto ospedalizzato o ambulatoriale a interrompere il consumo di tabacco.
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4.2 La formulazione del quesito di ricerca e degli obiettivi Il quesito di ricerca al quale voglio trovare risposta tramite lo svolgimento di questo lavoro di tesi è il seguente: “Quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale sul tema del fumo e per aiutarlo a smettere di fumare?”. Per l’elaborazione del quesito di ricerca mi è stato utile l’utilizzo del PIO:
• Popolazione = pazienti adulti, fumatori, ospedalizzati o ambulatoriali. • Intervento = approccio delle 5 A. • Outcome = il paziente ha intrapreso un percorso per smettere di fumare oppure
ha diminuito il numero di sigarette fumate al giorno. Gli obiettivi che mi sono posta per lo svolgimento di questo lavoro sono:
• Individuare e analizzare gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per aiutare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale a smettere di fumare.
• Capire se l’infermiere è effettivamente una figura adatta a svolgere questo ruolo e perché.
• Accrescere le mie conoscenze sul tema del tabagismo. 4.3 I criteri d’inclusione
• Pazienti con queste caratteristiche: adulti, fumatori, ospedalizzati o ambulatoriali. • Articoli pubblicati dopo il 2000. • Articoli scritti in italiano, inglese e francese. • Articoli riguardanti studi effettuati in tutto il mondo. • Articoli pubblicati su banche dati, libri di testo e siti internet (attendibili). • Evidence Based Practice. • Tutti i tipi di studi.
4.4 Le strategie di ricerca della letteratura Per comporre il quadro teorico ho utilizzato articoli reperiti dalle banche dati della SUPSI, in particolare dalla CINHAL, libri di testo, documenti provenienti dal sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), brochures recuperate all’Ente Ospedaliero Cantonale e materiale fornitomi dall’infermiera responsabile del servizio di tabaccologia dell’Ospedale di Locarno. Per la ricerca della letteratura concernente il quesito di ricerca, le banche dati utilizzate sono state le seguenti: “CINHAL”, “Cochrane”, “Medline”, “PubMed”, “Wiley” e le parole chiave, ricercate singolarmente o associate tra di loro con l’operatore booleano “AND”, sono state: smoking, smoking cessation, tobacco smoking, tobacco use, nurse, nursing interventions, role e strategies. Per scegliere o scartare gli articoli scaturiti dalle varie ricerche, mi sono basata sul titolo, sui criteri d’inclusione e sulla lettura dell’abstract. Selezionati gli articoli, ho proceduto con la lettura dei testi per confermare o meno la pertinenza con il quesito di ricerca. 4.5 L’organizzazione degli articoli da includere Per facilitare il lavoro di sintetizzazione del materiale ho creato due tabelle, una per gli studi e l’altra per gli articoli, in modo da poter raccogliere e riassumere i dati più importanti. Le colonne delle tabelle sono state suddivise in: “Autore/Anno”, “Titolo”, “Design”, “Campione”, “Setting” “Scopo”, “Interventi”, “Risultati/Conclusioni” e “Score”.
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4.6 La valutazione della qualità degli studi Come strumento per la valutazione qualitativa degli studi ho utilizzato la “Quality rating scale” riportata in “A meta-analysis of studies of nurses’ job satisfaction” di Zangaro e Soeken (2007), poiché semplice da capire e rapida da mettere in pratica. Quest’ultima propone di considerare 10 criteri grazie ai quali è possibile dare un punteggio che definisca la qualità dello studio preso in analisi. La qualità di ogni articolo è attribuita in base alla somma totale dei punti ottenuti: da assente con punteggio 0, a ottima con punteggio 10. I 10 criteri, tradotti in italiano, sono i seguenti:
1) I quesiti di ricerca sono esposti in modo chiaro. 2) Il campione considerato è descritto. 3) Il setting in cui è stato condotto lo studio è dichiarato. 4) Il metodo di raccolta dati è descritto. 5) Il tasso di risposta è riportato. 6) La definizione operativa della variabile dei risultati è chiaramente descritta. 7) Gli strumenti utilizzati per misurare la questione considerata sono descritti o
identificati. 8) Altri strumenti per misurare concetti sono descritti o utilizzati. 9) L’affidabilità del campione per lo strumento della questione considerata è fornito. 10) Valutazione complessiva della qualità dello studio.
Per avvalermi in modo ottimale di questa scala, ho deciso di porre alcuni cambiamenti ai criteri di valutazione, adattandola maggiormente alle esigenze della mia ricerca. Dopo aver apportato le modifiche necessarie, la scala appare in questo modo:
1) Il quesito di ricerca è esposto in modo chiaro. 2) Il design è dichiarato. 3) Il campione considerato è descritto. 4) Il setting in cui è stato condotto lo studio è dichiarato. 5) Lo scopo dello studio è espresso. 6) Vengono citati degli interventi infermieristici. 7) I risultati finali sono esposti chiaramente.
Siccome nello studio di Zangaro e Soeken non vengono fornite spiegazioni relative ai criteri, propongo una breve sintesi di quelli che intendo utilizzare per raggiungere una migliore comprensione. Spiegazione delle voci:
1) Il quesito di ricerca corrisponde alla domanda che l’autore si pone e che guida tutto il lavoro. Lo scopo finale, tramite l’ausilio della letteratura, è dunque quello di riuscire a trovare una risposta. Spesso negli studi e negli articoli non è menzionato in modo esplicito, per questa ragione ho deciso di assegnare il punto anche qualora se ne sia parlato in modo indiretto.
2) Il design equivale al tipo di studio che può essere di coorte, qualitativo, quantitativo, revisione della letteratura, eccetera. Il punto viene assegnato quando questa informazione è presente nell’articolo.
3) Il campione è rappresentato da tutti quegli elementi che l’autore decide di osservare. Nel caso specifico, per l’assegnazione del punto ho ritenuto importante che all’interno degli studi fossero precisati: il numero di persone coinvolte, il contesto ed eventualmente i criteri d’inclusione/esclusione.
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4) Il setting corrisponde al luogo nel quale viene effettuato lo studio. Avendo considerato solo pazienti ospedalizzati o ambulatoriali come popolazione da analizzare, il punto è assegnato solamente agli studi dichiaratamente svolti in ospedale.
5) Per ottenere questo punto lo scopo dello studio deve essere esposto in modo chiaro all’interno dell’articolo.
6) Ho ritenuto fondamentale che negli studi e negli articoli presi in esame fosse citato almeno un intervento relativo alla domanda di ricerca.
7) Per ottenere questo punto lo studio deve esplicitare i risultati in modo chiaro, o presentare una conclusione pertinente.
La qualità dell’articolo/studio preso in considerazione corrisponde alla somma totale dei punti ottenuti dalla presenza dei criteri di valutazione. Il punteggio può variare da 0/7 a 7/7. Un risultato più alto corrisponde a una maggiore affidabilità. 4.7 La modalità di citazione Durante il quarto semestre di formazione abbiamo avuto la fortuna di imparare ad adoperare “Zotero”2, un’estensione di Firefox che permette di salvare, catalogare e gestire qualsiasi risorsa bibliografica. Una volta salvati i vari documenti all’interno della libreria, il programma permette di citarli in maniera molto rapida, tramite un “click”, all’interno del proprio scritto e di ricostruire la bibliografia in modo del tutto automatico alla fine del lavoro. Lo stile che ho impostato su “Zotero” è l’American Psychological Association 6th Edition, utilizzato di preferenza per le scienze sociali. Essendomi trovata molto bene a lavorare con questo sistema per lo svolgimento della scheda progetto, ho deciso, anche per una questione di comodità, di riutilizzarlo per il lavoro di tesi.
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5.3 Tabella riassuntiva degli interventi citati
Autore Frequenza Interventi Sarna et al., 2014 Sarna et al., 2016 Reid et al., 2010 Porter, 2013 Scanlon, 2006 Chaney & Sheriff, 2012 Cato, Hyun & Bakken, 2014
6
Utilizzare l’approccio delle 5A • Chiedere al paziente se fuma e valutare il grado di
dipendenza • Raccomandare al paziente di smettere • Valutare se il fumatore è motivato a smettere • Aiutare e assistere (consigliare strategie e terapia
farmacologica) • Proporre e pianificare follow-up
Targhetta et al., 2011 Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013
2 Proporre terapia farmacologica
Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail, 2016 Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013
2 Svolgere follow-up
Targhetta et al., 2011 Hakesley-Brown, 2007
2
Accertare lo stato di fumatore
Sarna et al., 2014 Sarna et al., 2016 2 Consigliare di consultare le risorse presenti sul territorio
Sarna et al., 2014 Sarna et al., 2016 2 Accertare le barriere
Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail, 2016 Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013
2 Fornire materiale informativo
Sarna et al., 2016 1 Promuovere un ambiente senza fumo
Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013 Cato, Hyun & Bakken, 2014
1 Svolgere Counselling
Targhetta et al., 2011 1 Misurare la dipendenza dal tabacco Hakesley-Brown, 2007 1 Parlare dei vantaggi/benefici della disassuefazione Hakesley-Brown, 2007 1 Gestire i sintomi dell’astinenza Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013 1 Fornire consigli/strategie
Targhetta et al., 2011 1 Svolgere colloqui motivazionali Hakesley-Brown, 2007 1 Negoziare un piano d’azione Hakesley-Brown, 2007 1 Chiedere al paziente se ha già preso in considerazione l’idea di
smettere di fumare Sarna et al., 2014 1 Raccomandare consulenze telefoniche Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail, 2016 1 Raccomandare terapie non farmacologiche (ipnosi, agopuntura,
terapie comportamentali, tecniche di rilassamento muscolare) Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail, 2016 1 Fare consultazione al letto del paziente
29
5.4 Descrizione degli articoli Dopo numerose indagini in varie banche dati, ho selezionato in totale 30 articoli che mi sono sembrati coerenti con la domanda di ricerca, e che in seguito ho letto in modo approfondito. Di quest’ultimi, mi sono avvalsa di 7 studi e 5 articoli, scartando gli altri poiché non pertinenti. Tra gli studi scelti ci sono due revisioni della letteratura, una ricerca quantitativa, uno studio di coorte, uno studio osservazionale, uno studio d’intervento non randomizzato e un Original Investigation. Il documento più datato risale al 2006, mentre quello più recente al 2016. Per quanto concerne il contesto geografico, uno studio è stato condotto in Repubblica Ceca, uno in Canada, uno in Cina, uno negli Stati Uniti d’America, uno in Francia e due sono internazionali. Sono stati svolti tutti nell’ambito ospedaliero. Il punteggio dei 12 articoli presi in considerazione varia da 2/7 a 7/7. 6. ANALISI DEI RISULTATI 6.1 Il ruolo infermieristico nella disassuefazione dal fumo Gli infermieri, il più grande numero di professionisti della salute in tutto il mondo, occupano un’importante posizione nel controllo del tabacco e possono fare la differenza nel ridurre il tasso di fumatori; sono all’avanguardia nella prevenzione e sono posizionati in modo esclusivo per potenziare le strategie di cessazione (Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013; Smith, 2010). Secondo Smith (2010), le ragioni sono numerose:
1. Sono almeno 17 milioni gli infermieri in tutto il mondo, e rappresentano il più grande gruppo di professionisti della salute.
2. Gli infermieri hanno contatti regolari e molto stretti con i pazienti: un’opportunità preziosa che permette loro di capire se il paziente è fumatore, di conoscere il rapporto che ha con il fumo e se ha la necessità di avere un supporto (ad esempio Counselling, e/o follow-up) nel caso in cui sia intenzionato a smettere.
3. Gli infermieri sono attivi in prima linea nel Primary health care e sono ben posizionati a intervenire nelle varie fasi della vita dei pazienti.
4. Gli infermieri sono molto rispettati, apprezzati e considerati per la loro professionalità ed esperienza; rivestono un ruolo sanitario-sociale determinante nell’ambito della salute pubblica e rappresentano una fonte fidata alla quale molti pazienti si rivolgono per ricevere consigli.
5. Numerosi studi hanno dimostrato che gli infermieri possono mettere in atto interventi mirati per la disassuefazione dal fumo.
Anche Sarna et al. (2016), Kazemazadeh et al. (2016) e Chaney & Sheriff (2012), ritengono che gli infermieri hanno una posizione privilegiata nell’aiutare i tabagisti a smettere di fumare e nell’educarli sui rischi legati al fumo. Nello staff ospedaliero essi lavorano in prima linea nel trattamento e possono essere efficaci nel pianificare e implementare interventi di disassuefazione, nel fornire informazioni, consigli e assistenza durante i tentativi di disassuefazione (Chaney & Sheriff, 2012; Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail, 2016; L. Sarna et al., 2016). Inoltre, la leadership in questo campo sta crescendo (L. Sarna et al., 2016). Numerosi articoli, tra cui quello di Cato, Hyun & Bakken (2014) e quello di Porter (2013), hanno dimostrato che ricevere consigli adeguati su come smettere di fumare da parte di un infermiere può accrescere il tasso di probabilità di cessazione del 50%. Una revisione di 49 studi randomizzati conferma che i fumatori assistiti anche in minima parte da infermieri sono più propensi a smettere di fumare, rispetto a quelli che non ricevono nessun tipo d’aiuto (L. P. Sarna et al., 2014).
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L’evidenza mette però in luce che gli interventi brevi, forniti da infermieri che combinano la disassuefazione dal fumo con altri compiti infermieristici, è meno efficace degli interventi più lunghi svolti da colleghi specializzati aventi un ruolo nella promozione della salute o nella riabilitazione cardiaca (Rice et al., 2013). Cato, Hyun & Bakken (2014) e Scanlon (2006), hanno identificato degli ostacoli che impediscono la messa a punto di interventi per la disassuefazione, in particolare per gli infermieri che lavorano nei reparti acuti, fra i quali: mancanza di tempo, di conoscenze, di familiarità, di preparazione e di abilità su come aiutare i pazienti a smettere (Cato, Hyun, & Bakken, 2014). Numerosi studi indicano che generalmente gli infermieri si sentono competenti a insegnare e a consigliare, ma meno a svolgere determinati interventi (Cato et al., 2014). Necessitano di più formazione e allenamento per mettere in pratica interventi di disassuefazione (Cato et al., 2014). Per costruire la capacità di supporto, è infatti fondamentale che i professionisti della salute siano educati sulle strategie evidence-based (L. Sarna et al., 2016; Smith, 2010). Secondo Sarna et al. (2014) i professionisti della salute, che ricevono una preparazione mirata sugli interventi da realizzare per la cessazione del fumo, sono maggiormente propensi a intervenire sui fumatori rispetto agli altri. Una meta-analisi eseguita su 8 studi ha confermato che svolgere un programma educazionale per i professionisti della salute ha un impatto positivo sulla disassuefazione (L. P. Sarna et al., 2014). Anche l’OMS ritiene che i professionisti della salute dovrebbero essere istruiti sulle strategie evidence-based di disassuefazione dal fumo (L. Sarna et al., 2016). Secondo Smith (2010), Cato et al. (2014) e Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail (2016), per svolgere questo ruolo critico gli infermieri necessitano di adeguate risorse, di allenamento e devono essere familiarizzati con le linee guida, in modo da rafforzare le loro abilità per integrarle nella pratica. Se l’allenamento include inoltre l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, esso può rivelarsi più efficace (Cato et al., 2014). Lo studio condotto da Targhetta et al. (2011), tuttavia, non è stato statisticamente in grado di dimostrare che l’attuazione di una specifica sessione di allenamento sugli interventi di disassuefazione da parte dello staff medico ha avuto un impatto significativo sul tasso di disassuefazione tra i pazienti ospedalizzati. Al contrario, l’esecuzione di un supporto medio-intenso ai fumatori è risultato fuori portata per medici e infermieri (Targhetta et al., 2011). Una possibile spiegazione è la mancata identificazione dei fumatori, oppure la carenza di tempo da parte dello staff troppo impegnato su altri fronti (Targhetta et al., 2011). Tuttavia questa sessione di allenamento ha migliorato l’avvicinamento al paziente, rendendolo più disponibile a smettere di fumare (Targhetta et al., 2011). Secondo questo studio sono necessarie nuove strategie, che includano anche un team specializzato in problemi di dipendenza (Targhetta et al., 2011). Lo studio condotto da Sarna et al. (2014) ha invece messo in luce che dopo la partecipazione a un programma educativo, focalizzato sul ruolo infermieristico nel supportare gli interventi di disassuefazione, numerosi infermieri si sono adoperati maggiormente incrementando la frequenza e la fiducia dei pazienti. Il programma è stato invece meno efficace per gli infermieri fumatori (L. P. Sarna et al., 2014). Infatti, Sarna et al. (2014), ritiene che fumare risulti un ostacolo anche fra i collaboratori professionisti, in quanto alla messa in atto di interventi di disassuefazione sono associati atteggiamenti negativi e un diminuito coinvolgimento personale. Questa considerazione implica la necessità di supportare maggiormente la disassuefazione dal fumo, in primis tra i professionisti della salute (L. P. Sarna et al., 2014). Siccome gli infermieri rappresentano un modello e un esempio di salute, è importante che non fumino (Smith, 2010). Fumare rappresenta una questione controversa, in modo
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particolare se influenza il comportamento professionale (Smith, 2010). Alcune ricerche suggeriscono infatti che coloro che fumano sono meno disponibili a intraprendere le attività di promozione della salute con i pazienti fumatori e sminuiscono gli effetti dell’utilizzo del tabacco (Smith, 2010). Uno studio condotto negli USA ha rivelato inoltre che gli infermieri fumatori danno la percezione di lavorare meno perché fanno più pause e passano meno tempo con i pazienti (Smith, 2010). Secondo Smith (2010), il tasso di infermieri fumatori rimane intollerabilmente alto. Sono necessarie azioni strategiche per il controllo della dipendenza da tabacco, in modo particolare riguardo alla fornitura di materiale informativo-educativo, all’assistenza e al supporto (Hakesley-Brown, 2007; Smith, 2010). È essenziale che questo problema venga risolto affinché gli infermieri possano occupare la loro legittima posizione come figure dominanti e credibili nella lotta contro il tabagismo (Smith, 2010). Alcune ricerche hanno confermato che i professionisti che hanno preso parte ad un’iniziativa di disassuefazione sono stati successivamente più produttivi e disponibili nell’elargire consigli (Hakesley-Brown, 2007). Il controllo del tabacco rimane un’importante priorità nella pratica degli infermieri e varie organizzazioni internazionali hanno già avviato delle discussioni politiche su questo argomento (Smith, 2010). Esistono risorse globali accessibili per aiutare gli infermieri; ad esempio nel 2003 è stata lanciata negli USA l’iniziativa “Tobacco Free Nurses” per accrescere e sostenere gli sforzi nel controllo del tabacco (Smith, 2010). Si tratta di una piattaforma che fornisce agganci a numerose risorse ed è stato il primo programma nazionale creato per aiutare i collaboratori a smettere di fumare (Smith, 2010). Internazionalmente, l’OMS gioca un ruolo considerevole nel diffondere informazioni e programmi educativi (Smith, 2010). Secondo Porter (2013), accrescendo la comprensione delle statistiche, delle conoscenze di patofisiologia e la consapevolezza degli effetti nocivi sulla salute, gli infermieri potrebbero contribuire notevolmente alla disassuefazione dal fumo, migliorando la qualità di vita dei pazienti e diminuendo i costi della salute. Nonostante gli sforzi di molti gruppi professionali, rimangono ancora molte sfide da affrontare in merito alla lotta contro il consumo di tabacco legato alla professione infermieristica (Smith, 2010). Gli infermieri che lavorano nelle cure primarie e ambulatoriali hanno l’opportunità di svolgere questo tipo di assistenza sanitaria (Porter, 2013). Secondo Hakesley-Brown (2007), per offrire un servizio valido di disassuefazione, è però importante anche collaborare con altre figure professionali. 6.2 L’ospedalizzazione L’ospedalizzazione rappresenta un momento ideale per la disassuefazione dal fumo (Reid et al., 2010). Fornisce un’opportunità unica per identificare e coinvolgere i pazienti fumatori, iniziando un trattamento di disassuefazione e organizzando follow-up appropriati (Reid et al., 2010). Gli infermieri possono usufruire di un’importante ventaglio di opportunità per intervenire nel setting ospedaliero (Rice et al., 2013). Le strutture ospedaliere sono inoltre particolarmente adatte perché pongono restrizioni sull’uso del tabacco e per la presenza di un servizio specializzato (Kazemzadeh et al., 2016). Il periodo di ospedalizzazione può rappresentare un momento propizio per stimolare la motivazione di un paziente fumatore a smettere (Targhetta et al., 2011). È stato dimostrato che le azioni intraprese dagli infermieri durante l’ospedalizzazione, con l’inclusione di trattamenti mirati e follow-up dopo la dimissione, hanno generano tassi più alti di disassuefazione a lungo termine (Reid et al., 2010).
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Secondo Chaney & Sheriff (2012) il paziente fumatore che entra in una struttura sanitaria non dovrebbe tornare a casa senza prima essere stato informato, consigliato e assistito sulla disassuefazione dal fumo. Gli interventi di cessazione dovrebbero essere integrati come parte ordinaria di ogni cura clinica ed essere proposti a tutti i pazienti fumatori a ogni visita (Chaney & Sheriff, 2012). Lo studio condotto da Reid et al. (2010), ha dimostrato che è possibile introdurre interventi sistematici efficaci per i pazienti ospedalizzati all’interno della routine, in modo da influenzare significativamente il tasso di riuscita. Il 50% degli attuali fumatori ha provato almeno una volta nella vita una terapia per smettere di fumare (Chaney & Sheriff, 2012). Scegliere il giusto piano di trattamento è fondamentale per il successo (Chaney & Sheriff, 2012). Prendere in considerazione i precedenti tentativi di smettere di fumare aiuta l’infermiere ha sviluppare un piano individualizzato (Chaney & Sheriff, 2012). Se un programma di trattamento non funziona, l’infermiere deve accertare le ragioni del fallimento e suggerire una nuova strategia d’azione (Chaney & Sheriff, 2012). È indispensabile che gli infermieri capiscano gli sforzi e le difficoltà psico-fisiche del paziente nello smettere di fumare, e realizzino che non deve essere giudicato per i suoi insuccessi (Porter, 2013). Devono inoltre dimostrare pazienza e disponibilità: un paziente necessita di molteplici raccomandazioni e, a volte, di parecchi tentativi, pertanto la disassuefazione deve essere discussa ad ogni visita (Porter, 2013). La promozione della salute e la riduzione del rischio devono essere gli obiettivi principali quando si assiste il paziente (Chaney & Sheriff, 2012). Il processo per smettere di fumare inizia con l’approccio delle 5A (Chaney & Sheriff, 2012). 6.3 L’approccio delle 5 A L’approccio delle 5A è un insieme di interventi che consistono nel: chiedere al paziente se fuma (ASK), raccomandare di smettere (ADVISE), identificare se il paziente è motivato a smettere (ASSESS), aiutarlo a smettere (ASSIST) e pianificare follow-up (ARRANGE) (Scanlon, 2006). Numerosi articoli e studi, fra cui quelli di Sarna et al. (2016), Sarna et al. (2014), Reid et al. (2010), Porter (2013), Scanlon (2006), Chaney & Sheriff (2012) e Cato, Hyun & Bakken (2014), raccomandano vivamente a tutti gli operatori sanitari l’approccio delle 5A sui pazienti fumatori poiché esso ha dimostrato di aumentare le capacità del paziente di vincere la dipendenza dal tabacco ed è relativamente facile da implementare (Scanlon, 2006). Negli USA, in Cina e in Repubblica Ceca si stanno promuovendo delle linee guida per il trattamento della dipendenza da nicotina tramite l’approccio delle 5A, sollecitando tutti i professionisti della salute a svolgere brevi interventi di disassuefazione sui fumatori (L. P. Sarna et al., 2014); tuttavia molti non lo conoscono o non ne seguono le linee guida (L. Sarna et al., 2016). Uno studio svolto in Canada sull’applicazione dell’approccio delle 5A, denominato modello “Ottawa”, ha dimostrato che il tasso di astinenze raggiunte della durata di 6 mesi è stato in assoluto il più alto Reid et al. (2010). Questo metodo dovrebbe quindi essere incluso nella storia del paziente fumatore e nella sua anamnesi fisica a ogni visita e degenza (Porter, 2013). 6.3.1 Accertare lo stato di fumatore e valutare il grado di dipendenza Secondo Chaney e Sheriff (2012) è opportuno che gli infermieri accertino lo stato di fumatore del paziente a ogni visita. Lo screening dell’uso del tabacco e della dipendenza sono infatti cruciali per ridurre il tasso di fumatori (Cato et al., 2014).
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Durante un consulto o un ricovero bisogna chiedere al paziente se fuma, quante sigarette al giorno, quale marca, quanti anni aveva quando ha iniziato, quanti tentativi per smettere ha fatto, perché sono falliti, quanti membri della famiglia fumano e se ha delle patologie correlate al fumo (Scanlon, 2006). L’assessment e la revisione dello stato di fumatore dovrebbero essere di routine (Hakesley-Brown, 2007). Quello iniziale dovrebbe essere sensibile e appropriato (Hakesley-Brown, 2007). Per valutare il grado di dipendenza dalla nicotina si consiglia il Test di Fagerström, uno strumento affidabile e valido che fornisce informazioni utili per personalizzare gli interventi di cessazione dal fumo (Chaney & Sheriff, 2012). Numerosi autori di linee guida affermano che accertare il grado di dipendenza possa fornire la consapevolezza della dipendenza (sia fisica che psicologica) e aiutare così a personalizzare la pianificazione degli interventi (Scanlon, 2006). Gli infermieri devono poter disporre dell’anamnesi medica e familiare completa del paziente, annotando eventuali malattie respiratorie, cardiache o tumorali, e sintomi come produzione di espettorato, tosse, respiro corto, infezioni respiratorie ricorrenti e intolleranza all’esercizio (Chaney & Sheriff, 2012). Sia Chaney & Sheriff (2012) che Hakesley-Brown (2007) raccomandano di chiedere ai pazienti che hanno già alle spalle dei fallimenti quanti tentativi hanno fatto, per quanto tempo sono riusciti a smettere, quali problemi hanno interferito nel raggiungimento dell’obiettivo e quali sono le ragioni della ricaduta. L’anamnesi sociale e alimentare devono essere considerate, includendo le informazioni riguardanti il consumo di alcol, caffè e tè, in quanto i fumatori tendono ad avere un consumo elevato di queste sostanze (Chaney & Sheriff, 2012). È necessario accertare anche lo stato psicologico, perché la depressione nei fumatori è due volte più comune e spesso associata all’insuccesso nel trattamento della disassuefazione (Chaney & Sheriff, 2012). L’esame fisico deve includere un accurato assessment, rivolgendo particolare attenzione ai segni vitali (Chaney & Sheriff, 2012). L’infermiere è chiamato a esaminare il naso, le orecchie, la bocca, i denti, le labbra e la faringe, annotando qualsiasi irritazione (Chaney & Sheriff, 2012). Le caratteristiche fisiche di un fumatore evidenziano: denti gialli, dita macchiate, gengivite, pelle odorante di fumo e produzione di espettorato (Chaney & Sheriff, 2012). È importare valutare anche la presenza di dispnea, di tosse, di sibilo espiratorio (Chaney & Sheriff, 2012). La profondità, il ritmo e la frequenza respiratoria devono essere osservate (Chaney & Sheriff, 2012). Bisogna valutare la presenza di ipertensione arteriosa, di aritmie cardiache e la diminuzione della circolazione periferica (Chaney & Sheriff, 2012). Infine, è importante registrare il peso del paziente (Chaney & Sheriff, 2012). Gli infermieri dovrebbero far eseguire una spirometria, un controllo dei lipidi e del colesterolo, per individuare eventuali altri fattori di rischio per malattie cardiache oltre al fumo (Chaney & Sheriff, 2012). Lo studio di Sarna et al. (2016) ha evidenziato che la maggioranza degli infermieri s’informa sullo stato di fumatore del paziente, ma solo pochi, successivamente, intervengono nella fase di disassuefazione. Sono necessari ulteriori progetti formativi per incoraggiare gli infermieri a promuovere attivamente gli interventi di disassuefazione dal fumo (L. Sarna et al., 2016). Nonostante l’accertamento e la valutazione del grado di dipendenza siano considerati gli interventi più importanti, sono probabilmente quelli svolti con meno frequenza (Scanlon, 2006). La disposizione di una cura sensibile ai pazienti fumatori all’ammissione, garantisce in primo luogo la prevenzione e il trattamento dei sintomi dell’astinenza, migliorando il comfort del paziente, e facilitano la compliance con il trattamento mentre si accresce la probabilità della disassuefazione dal fumo (Reid et al., 2010).
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Lo screening dell’uso del tabacco e il trattamento per la disassuefazione rimangono gli approcci clinici preventivi più efficaci, economicamente vantaggiosi e di successo (Cato et al., 2014). 6.3.2 Raccomandare al paziente di smettere Anche se il paziente non dimostra alcun interesse a voler rinunciare al fumo bisogna sempre e comunque raccomandargli di smettere (Hakesley-Brown, 2007). Esporre i benefici della disassuefazione, rispettivamente i rischi per la salute legati al consumo di tabacco in maniera ferma e chiara, fornendo della documentazione di supporto esaustiva, può incentivare il paziente a smettere (Hakesley-Brown, 2007). In termini di motivazione, gli infermieri hanno un ruolo cruciale grazie all’utilizzo di tecniche come il rinforzo positivo (Kazemzadeh et al., 2016). Sebbene non abbiano molto tempo per il Counselling, possono sensibilizzare i pazienti semplicemente suggerendo loro di smettere di fumare (Kazemzadeh et al., 2016). Qualora la struttura abbia un servizio di tabaccologia, bisogna informare il paziente e dirgli che la struttura ha una politica smoke-free e che fumare è proibito ovunque tranne nelle aree designate (Scanlon, 2006). 6.3.3 Valutare se il paziente è motivato a smettere La prima componente di questa fase consiste nell’accertare la reale intenzione del paziente a voler smettere di fumare (Scanlon, 2006). Per aiutarlo nel raggiungimento di questo traguardo è importante capire in quale fase del suo percorso motivazionale si trova (Scanlon, 2006). Scanlon (2006) propone l’impiego del modello transteoretico di DiClemente e Prochaska (1983) che illustra le 5 fasi che il fumatore attraversa nel processo di disassuefazione dal fumo:
1) Pre-contemplazione: la persona non ha nessun interesse a smettere di fumare; non ne vede il bisogno e non intende fare sacrifici.
2) Contemplazione: confrontata a eventi socio-affettivi, magari legati ai pericoli e ai rischi del fumo, la persona inizia a considerare l’idea di smettere, ma necessita di più informazioni e di Counselling; ha ancora delle ragioni per continuare.
3) Determinazione: la persona realizza che smettere di fumare è benefico e crede sia possibile farlo. Inizia a concretizzare un piano d’azione per smettere, e a richiedere assistenza.
4) Azione: la persona smette di fumare, ma esige di costante sostegno e rinforzo positivo.
5) Mantenimento: la persona non fuma e resiste all’impulso di fumare per almeno 6 mesi. Riesce a gestire le tentazioni ma necessita ancora di supporto per non ricadere.
6) Ricaduta: la persona ricominciare a fumare. Le fasi del modello transteoretico identificano il punto di transizione di un individuo durante un avvenimento che cambia la vita (Scanlon, 2006). Questo modello dimostra che smettere di fumare è un processo e non un singolo evento (Scanlon, 2006). 6.3.4 Fornire consigli, strategie e raccomandare l’uso della terapia farmacologica L’assistenza consiste in colloqui motivazionali dove l’infermiere discute con il paziente dei suoi sentimenti contrastanti, permettendogli di arrivare ad una decisione (Scanlon, 2006). Incorpora tecniche come pesare i pro e i contro del fumare, o porre domande aperte dove il paziente si sente libero di esprimere le proprie riflessioni (Scanlon, 2006). Può essere utile revisionare i periodi precedenti di astinenza per determinare cosa può
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aiutare o ostacolare il prossimo tentativo, identificando problemi futuri e creando un piano per risolverli (Scanlon, 2006). Per aiutare concretamente il paziente a smettere, l’infermiere deve concordare un termine, patteggiare un programma che proponga strategie adattate alla persona, e assicurarsi che il paziente abbia il supporto sociale adeguato (famiglia, amicizie, eccetera.) (Hakesley-Brown, 2007). Spesso viene data poca importanza al ruolo delle persone vicine al paziente, in realtà la loro presenza è determinante nel supportare la persona durante il processo di disassuefazione (Kazemzadeh et al., 2016). Hakesley-Brown (2007) ritiene che negoziare un piano d’azione aumenti le possibilità di successo, in quanto il paziente partecipa attivamente al raggiungimento del suo risultato. Secondo Kazemzadeh (2016), sarebbe conveniente sviluppare un programma personalizzato e adattato alle caratteristiche individuali del paziente (anni di consumo, quantitativo giornaliero, livello educativo e circostanze familiari). I fumatori hanno 4 volte più probabilità di smettere se ricevono un supporto comportamentale (Chaney & Sheriff, 2012). La terapia comportamentale è altamente efficace nell’aiutare i pazienti a smettere, ma solo moderatamente valida nello stabilire un cambiamento prolungato (Chaney & Sheriff, 2012). Essa prevede conversazioni telefoniche, o Counselling individuale o di gruppo (Chaney & Sheriff, 2012). Il Counselling fornito durante l’ospedalizzazione gioca un ruolo chiave e può rinforzare i fumatori a sviluppare abilità di coping, a imparare tecniche di riduzione dello stress e a trovare un supporto sociale al di fuori del trattamento (Chaney & Sheriff, 2012; Kazemzadeh et al., 2016). Gli infermieri che lavorano nell’ambito acuto sono in una posizione esclusiva e privilegiata per fornire Counselling e offrono un servizio 24 ore su 24, 7 giorni su 7 (Scanlon, 2006). Inoltre, i pazienti all’interno del setting acuto sono spesso fisicamente debilitati, sofferenti, emotivamente vulnerabili, e disposti a valutare la propria situazione ricercando maggiori consigli su come migliorare la salute (Scanlon, 2006). Secondo Chaney e Sheriff (2012), gli infermieri devono incoraggiare i propri pazienti a dichiarare pubblicamente il loro tentativo di smettere di fumare, inclusa la data, e a rendere le loro abitazioni smoke-free. Siccome l’atto di fumare è associato a una vastità di trigger (fattori scatenanti), gli infermieri devono svolgere una particolare rieducazione sui comportamenti sani, insegnando ai pazienti come rimpiazzare il desiderio di fumare con altre attività ed esercizi (Chaney & Sheriff, 2012). Aiutare il paziente a identificare eventi stressanti prima che avvengano e sviluppare strategie di coping per superare l’urgenza di fumare, è essenziale; sessioni dedicate alla respirazione profonda, alle tecniche di rilassamento e alla riduzione dello stress sono indispensabili (Chaney & Sheriff, 2012 ; Porter, 2013). Anche l’attività fisica può rivelarsi di grande aiuto nella disassuefazione, in quanto riduce i cravings, i sintomi dell’astinenza e l’aumento di peso (Chaney & Sheriff, 2012). La paura di prendere peso è una barriera che impedisce a molti fumatori di smettere (Chaney & Sheriff, 2012). Sia Porter (2013) che Chaney & Sheriff (2012) sostengono che bisogna informare i fumatori sulla probabilità di aumentare da 2 a 5 kg durante il processo di disassuefazione. È stato dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale è un approccio efficace per perdere peso e per prevenirne un aumento (Chaney & Sheriff, 2012). Se nonostante il Counselling, gruppi di supporto o modificazioni comportamentali il paziente non riesce a smettere di fumare, sono disponibili i sostituti nicotinici (Porter, 2013).
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I medicamenti in prima linea per il trattamento della disassuefazione sono i sostituti nicotinici, che contengono nicotina senza sostanze cancerogene, rilasciando 1/3 o 2/3 della concentrazione prodotta da una sigaretta (Chaney & Sheriff, 2012). Intervengono diminuendo i sintomi dell’astinenza associati alla disassuefazione (Scanlon, 2006). Le gomme alla nicotina producono meno aumento di peso, rispetto ad altri sostituti nicotinici, probabilmente a causa della manipolazione orale (Chaney & Sheriff, 2012). Il consumo medio di questi medicamenti è di 12 settimane ma può essere prescritto anche per oltre 9 mesi, se necessario (Chaney & Sheriff, 2012). È stato clinicamente dimostrato che i sostituti nicotinici raddoppiano il tasso di successo e, raccomandati parallelamente al Counselling, aumentano ulteriormente le probabilità di abbandono del tabacco (Rice et al., 2013). I sostituti nicotinici devono essere considerati un buon contributo ma non un rimpiazzo degli interventi infermieristici (Rice et al., 2013). Altri medicamenti primari sono la Vereniclina e il Bupropione, che riducono i cravings, e i sintomi d’astinenza durante la disassuefazione (Chaney & Sheriff, 2012). I tassi di disassuefazione possono essere migliorati con la combinazione di medicamenti (Chaney & Sheriff, 2012). Una revisione sistematica condotta in Cina ha rivelato che la terapia farmacologica sola, o in combinazione al Counselling, migliora i tassi di disassuefazione (L. Sarna et al., 2016). L’efficacia aumenta quando l’infermiere promuove e incoraggia l’aderenza terapeutica; per raggiungere questo obiettivo bisogna fornire al paziente indicazioni scritte e verbali sull’uso, sul dosaggio e sugli effetti collaterali (Chaney & Sheriff, 2012). Scanlon (2006) consiglia di evitare il consumo di alcol durante la disassuefazione, poiché c’è un’alta correlazione tra consumo e ricaduta, in particolare nelle prime due settimane, e di ridurre il consumo di caffè che raddoppia i livelli plasmatici di caffeina nel sangue. Secondo Kazemzadeh et al. (2016) e Chaney & Sheriff (2012), una combinazione di più metodi ha spesso maggiore successo di una singola procedura. Il miglior approccio implica interventi multipli e un continuo supporto da parte del professionista della salute (Chaney & Sheriff, 2012 ; Kazemzadeh et al., 2016). Come indicano i risultati dello studio di Kazemzadeh (2016), le consultazioni sono maggiormente persuasive se accompagnate da materiale come libri, opuscoli o video educativi per revisionare e fornire tecniche di rinforzo. Secondo lo studio di Targhetta et al. (2011), la consegna sistematica di opuscoli all’ammissione non è rilevante; è meglio avvisare i pazienti che c’è del materiale disponibile e consegnarlo su richiesta. 6.3.5 Proporre e pianificare follow-up Nelle prime quattro settimane di astinenza dal fumo, è fondamentale pianificare dei follow-up ambulatoriali (Porter, 2013). Durante questi incontri si discute con il paziente dei suoi progressi (o di eventuali problemi) e gli si forniscono consigli; si verificano i miglioramenti della pressione e della saturazione del sangue, del colesterolo e si eseguono test per rilevare la presenza di monossido di carbonio e di cotinina (metabolita della nicotina) nella saliva, nel siero e nelle urine (Kazemzadeh et al., 2016 ; Porter, 2013). Durante i follow-up è opportuno usare con il paziente un linguaggio semplice, comprensibile e incoraggiante, ribadendo gli effetti positivi prodotti dall’interruzione del fumo, congratulandosi con lui per i risultati ottenuti e valutando sempre il rischio di ricaduta (Porter, 2013). I follow-up possono essere svolti anche tramite contatti telefonici regolari, discutendo progressi e impedimenti incontrati dal paziente (Porter, 2013). Sono auspicate almeno 6 telefonate, specialmente nelle prime settimane dopo la dimissione (Kazemzadeh, 2016). L’infermiere deve inoltre aiutare il
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paziente a identificare un supporto sociale facilmente accessibile in caso di bisogno (Porter, 2013). Secondo Sarna et al. (2016), bisognerebbe potenziare l’impegno per formare gli infermieri sulle strategie evidence-based, in particolare sul bisogno di assistenza e di follow-up per prevenire le ricadute dopo l’ospedalizzazione. L’utilizzo di tecnologie innovative permette la gestione e lo svolgimento di follow-up regolari, per un ampio numero di fumatori già dimessi (Reid et al., 2010). 6.4 L’utilizzo della tecnologia Dallo studio di Cato et al. (2014) è emerso che l’utilizzo del sistema informatizzato mHealth DSS ha ridotto le barriere quali la mancanza di tempo, di allenamento e la scarsa familiarità con il Counselling e con altre risorse. Questo sistema ha il potenziale di aumentare lo screening e la gestione delle linee guida (Cato et al., 2014). Può inoltre ridurre le disuguaglianze nello screening e nella gestione della dipendenza dal tabacco, sia nel setting acuto che in quello ambulatoriale (Cato et al., 2014). Numerosi studi hanno riportato che gli approcci informatizzati possono sostenere le evidenze basate sulla pratica nei luoghi di cura (Cato et al., 2014). In particolare, possono influenzare l’aderenza all’utilizzo delle linee guida per lo screening e per la promozione della salute (Cato et al., 2014). In uno studio controllato randomizzato la visualizzazione dei promemoria, generati dal sistema informatico, ha aumentato gli interventi di disassuefazione (Cato et al., 2014). Le tecnologie sanitarie mobili possono supportare la promozione della salute ampliando la comunicazione tra i vari professionisti sanitari (Cato et al., 2014). Gli interventi forniti tramite messaggi online hanno dimostrato risultati positivi aumentando i tassi di disassuefazione a breve termine (Cato et al., 2014). 7. DISCUSSIONE DEI RISULTATI Tutti gli studi e gli articoli sono unanimi nell’affermare che gli infermieri hanno un ruolo determinante e imprescindibile nel controllo del tabacco, e che questa mansione fa parte delle loro priorità. Come emerso dal background, il numero di tabagisti e di persone che ogni anno muoiono a causa degli effetti del fumo sull’organismo è ancora eccessivo, e per questo motivo la lotta contro il fumo deve far parte dei principali compiti di tutti i professionisti della salute. Inoltre, come riportato dal DSM-5 e dall’ICD-10, la dipendenza da tabacco è riconosciuta come una malattia e pertanto dev’essere diagnosticata e trattata adeguatamente. Fra le varie figure ospedaliere gli infermieri sono molto rispettati, considerati e rappresentano una fonte fidata in ambito di consulenza, in particolar modo perché hanno una stretta vicinanza col paziente. I risultati confermano che ricevere consigli adeguati da parte di un infermiere può accrescere il tasso di probabilità di cessazione del 50%; tuttavia la mancanza di tempo, di conoscenze, di familiarità, di preparazione e di abilità, sono ostacoli evidenti che impediscono il buon funzionamento degli interventi di disassuefazione. Numerosi studi hanno dimostrato che offrendo agli infermieri dei programmi formativi di allenamento e di educazione sulle strategie evidence-based, vi è stato un aumento importante d’interventi, contribuendo a ottenere un impatto positivo sul tasso di disassuefazione. Solamente uno studio non è stato in grado di comprovare che un allenamento specifico ha avuto un impatto significativo sulla cessazione del fumo; è però stato sottolineato
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che questo risultato è derivato verosimilmente dalla mancanza di tempo e dal mancato riconoscimento dei tabagisti. È emerso molto palesemente che fumare è un ostacolo per gli infermieri fumatori perché associato ad atteggiamenti negativi, a un minor coinvolgimento e disponibilità personali. Essi possono inoltre essere percepiti dai colleghi come meno operosi a causa delle frequenti pause, per questo motivo è indispensabile aumentare e migliorare le strategie di controllo del tabacco fra i collaboratori, tramite l’ausilio di risorse globali che offrano una concreta assistenza agli interessati. Per aiutare i pazienti a smettere di fumare è di grande importanza la collaborazione con gli altri professionisti della salute. Secondo molteplici articoli, l’ospedalizzazione rimane un momento unico e prezioso per identificare, coinvolgere e iniziare un trattamento con i pazienti fumatori. Nei settings ospedalieri ci sono restrizioni sull’uso del tabacco e spesso sono presenti servizi specializzati. La maggior parte degli autori e delle linee guida consigliano l’utilizzo dell’approccio delle 5A: un metodo completo e facile da implementare, che comprende numerosi interventi efficaci per aumentare i tassi di astinenza. Il primo intervento, ritenuto il più importante, consiste nell’accertare lo stato di fumatore e la dipendenza da nicotina durante ogni visita/degenza. Senza debellare la dipendenza, sia fisica che psicologica, è difficile che una persona riesca a interrompere l’uso di tabacco, dunque occorre prevenire e gestire adeguatamente i sintomi dell’astinenza per accrescere le possibilità di disassuefazione. In seguito, bisogna raccomandare al paziente di smettere, indicando i benefici della disassuefazione, sottolineando i rischi legati al fumo e motivandolo con la tecnica del rinforzo positivo. Il modello transteoretico di DiClemente e Prochaska propone diverse fasi per comprendere se il paziente è motivato o meno a smettere, e come intervenire. Concordare un termine, negoziare un piano d’azione adattato alle caratteristiche individuali del paziente e assicurare la presenza di un supporto, sono i prossimi passi. Il Counselling, intervento citato in numerosi articoli, permette al paziente di sviluppare abilità di coping, di imparare tecniche di riduzione dello stress e di trovare un supporto sociale. È emerso come la paura di aumentare di peso possa rappresentare un problema per il paziente; in questo caso gli si possono indicare delle strategie per evitarlo, come ad esempio sostituire il fumo con altre attività. Sebbene gli infermieri non hanno l’autorizzazione a prescrivere medicamenti possono comunque consigliane l’utilizzo. Nei risultati è stato evidenziato più volte che i sostituti nicotinici rappresentano un ottimo aiuto nella disassuefazione in quanto diminuiscono i sintomi legati all’astinenza, raddoppiando il tasso di successo di riuscire a smettere di fumare. Altri medicamenti utili sono la Vareniclina e il Bupropione. Una combinazione di più metodi/interventi ha dimostrato avere più successo, rispetto all’utilizzo di uno solo, anche se spesso un fumatore necessita comunque di più tentativi prima di riuscire a smettere in modo definitivo. Per garantire dei tassi più alti di disassuefazione a lungo termine bisogna però continuare a prendere a carico il paziente anche dopo la dimissione, tramite dei follow-up, in particolare nelle prime 4 settimane. Uno studio è stato in grado di dimostrare che i sistemi informatizzati possono facilitare le mansioni degli infermieri (come mancanza di tempo, allenamento e scarsa familiarità con le risorse), influenzandone l’aderenza all’utilizzo delle linee guida per lo screening. La lotta contro il tabacco come strategia di prevenzione è imprescindibile, e questi interventi dovrebbero essere implementati in tutte le strutture sanitarie in maniera sistematica. Questo permetterebbe di diminuire le patologie correlate al fumo, le ospedalizzazioni e i tassi di mortalità, con un risparmio incisivo sui costi socio-sanitari. La sfida rimane quella di riuscire a incorporarli nella quotidianità.
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7.1 Raccomandazioni per la ricerca e per la pratica Tramite questa revisione ho voluto indagare e comprendere quali fossero gli interventi infermieristici attuabili nei confronti dei pazienti fumatori. Tengo a precisare che, avendo analizzato solo un numero limitato di articoli, gli interventi citati all’interno del mio lavoro di tesi non possono essere ritenuti completi ed esaurienti. Ricercando ed esaminando tutta la letteratura disponibile sull’argomento, sicuramente ne emergerebbero molti altri. Non ho inoltre indicato, volontariamente, quale fosse quello ritenuto migliore poiché non esiste un unico provvedimento adatto a tutti, ma occorre combinarne diversi, personalizzarli ed adattarli il più possibile alle esigenze paziente. In Ticino, sebbene esistano degli infermieri specializzati nell’ambito della tabaccologia, al momento l’argomento non è affrontato durante la formazione di base. Introdurlo all’interno del Bachelor rappresenterebbe un grande passo avanti a livello formativo. Ritengo fondamentale che gli allievi infermieri siano coinvolti e responsabilizzati sul tema della dipendenza dal fumo: bisognerebbe far capire loro quali sono le sue reali conseguenze, quali implicazioni può avere su un infermiere (scontro con i principi e con i ruoli) e in che modo possono aiutare i pazienti fumatori nel processo di disassuefazione durante la loro pratica professionale. 7.2 Limitazioni Per determinare la qualità della revisione bibliografica e la pertinenza dei risultati riscontrati, ho deciso di fare riferimento ai criteri di valutazione proposti da Pomponio e Calosso (2005):
1) Quesito: la revisione risponde ad uno specifico quesito clinico? Il quesito di ricerca che mi sono posta è il seguente: “Quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale sul tema del fumo e per aiutarlo a smettere di fumare?”. Esso dovrebbe essere comprensibile ed emergere sia dalla lettura del titolo, che da quella dell’abstract.
2) Selezione degli articoli: gli articoli utilizzati per la redazione della revisione sono stati selezionati secondo criteri appropriati? Per verificare questo criterio bisogna fare riferimento al capitolo 4. concernente l’applicazione della metodologia, dove vengono spiegati il metodo utilizzato per la valutazione degli articoli, i criteri di inclusione e le strategie di ricerca della letteratura.
3) Ricerca degli articoli: la ricerca degli studi da inserire nella revisione è stata sufficientemente esaustiva da rendere poco probabile l’omissione di studi rilevanti? Anche in questo caso è opportuno ricorrere al capitolo 4. relativo all’applicazione della metodologia. È basilare che l’autore ricerchi la letteratura nelle principali banche dati evitando di limitarsi unicamente a studi in lingua inglese. Personalmente ho ricercato la bibliografia nelle principali banche dati fornite dalla SUPSI e nonostante avessi incluso anche articoli in italiano e francese, quelli poi selezionati per la revisione sono stati unicamente in inglese.
4) Valutazione degli articoli: la qualità degli studi inseriti nella revisione è stata opportunamente valutata? L’autore deve utilizzare ed esplicitare un metodo per valutare la qualità degli studi selezionati per la revisione. Come strumento di valutazione qualitativa ho utilizzato la “Quality rating scale” di Zangaro e Soeken (2005).
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5) Riproducibilità del protocollo: Per ridurre al minimo la probabilità di commettere errori, nelle varie fasi di ricerca è auspicabile che la revisione bibliografica sia effettuata da almeno due ricercatori. In questo caso ho scelto di svolgerla da sola.
6) Omogeneità degli studi reperiti: i risultati degli articoli selezionati per la revisione sono simili tra loro? Qualora i risultati si rivelassero molto discordanti tra loro, l’autore dovrebbe riconsiderarli. Essi possono tuttavia risultare diversi per numerose ragioni come, ad esempio, per il tipo di campione considerato, o per l’anno di pubblicazione. Per quanto mi concerne, tutti gli articoli che ho selezionato per la revisione hanno riportato dati molto simili.
8. CONCLUSIONI Il tema del tabagismo, nonostante sia in circolazione da molti anni, rimane un argomento di grande attualità in quanto risulta essere molto complesso e intacca molteplici ambiti psicologici, sociali e sanitari. Il consumo di tabacco rappresenta la forma di abuso legalizzato più diffusa al mondo e una delle più nocive in assoluto; è stato infatti più volte dimostrato che è responsabile di gravi ripercussioni sull’organismo del fumatore e su quello delle persone vicine che inalano involontariamente fumo passivo. Trattare il tabagismo significa prevenire in modo efficace numerose patologie, ridurre sofferenza e dolore, e incidere in modo significativo sulla diminuzione dei tassi di mortalità, di ospedalizzazione e, di conseguenza, sulle spese sanitarie. Dalla mia ricerca sono emersi tre risultati principali. L’infermiere rappresenta la figura ideale per intervenire nella disassuefazione del fumo poiché si colloca in una posizione privilegiata di forte vicinanza affettiva ed empatica, e i consigli e le strategie forniti possono risultare decisivi; è stato infatti dimostrato che anche un minimo intervento messo in atto dal personale infermieristico può aumentare i tassi di disassuefazione. Secondo numerosi studi il periodo di ospedalizzazione costituisce un’opportunità e un momento unici per smettere di fumare perché l’approccio con il paziente fumatore risulta più semplice; inoltre l’ospedale è un setting che impone restrizioni proprie sull’uso del tabacco e spesso offre un servizio di tabaccologia specializzato. Infine, l’approccio delle 5A nell’ambito della disassuefazione appare molto efficace, soprattutto perché comprende una vastità d’interventi combinati che si adattano il più possibile alle caratteristiche e alle esigenze del singolo paziente. Il problema principale riguarda tuttavia la necessità di una formazione specifica per gli infermieri. Molti interventi particolari, come ad esempio l’assessment fisico, devono essere eseguiti da un infermiere specializzato oppure in collaborazione con il medico, così come altri interventi più generali che richiedono una determinata preparazione. Non si può quindi pretendere che un infermiere, che non abbia mai ricevuto un’infarinatura sulla disassuefazione dal fumo, inizi spontaneamente in reparto a mettere in pratica degli interventi contro tabagismo. Per questo motivo ritengo fondamentale che già durante la formazione di base gli studenti possano ricevere una preparazione mirata e di qualità. Al momento in Ticino si sta facendo molto poco e, sebbene in alcuni ospedali cantonali esistano da diversi anni dei servizi di tabaccologia, quest’ultimi sono poco visibili, insufficientemente pubblicizzati e spesso ostacolati da personale disapprovante. Credo sia indispensabile evidenziare che uno dei tanti ruoli dell’infermiere è quello di “promotore della salute”; funzione che consiste nell’incoraggiare i pazienti a intraprendere uno stile di vita sano e ad abbandonare abitudini malsane per la propria salute, sfruttando la propria influenza e le proprie conoscenze. In questo compito, come
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professionisti della salute, dobbiamo tuttavia essere i primi a dare il buon esempio; non possiamo pretendere di migliorare le abitudini degli altri se prima non riflettiamo coerentemente sul nostro agire. Sarebbe controproducente e non permetterebbe di creare un’alleanza terapeutica e una relazione di fiducia con i pazienti. Aver avuto la possibilità di scegliere un tema di grande interesse personale per lo svolgimento della tesi di Bachelor e la voglia di approfondirlo, mi hanno stimolata e motivata a lavorare con grande impegno e dedizione, raggiungendo gli obiettivi prefissati. Devo ammettere che durante la redazione di questo lavoro ho anche avuto dei momenti difficili, mi sono ritrovata più volte a non sapere come andare avanti e a chiedermi se quello che stavo facendo non fosse completamente sbagliato. Fortunatamente, grazie alla disponibilità del mio direttore di tesi, ho potuto sciogliere tutti i miei dubbi e proseguire nel progetto. Al termine di questo lungo e arricchente percorso, mi sento molto appagata perché so di aver sviluppato numerosi nuovi apprendimenti. La metodologia utilizzata, ovvero la ricerca bibliografica, mi ha permesso di acquisire maggiori competenze nella ricerca degli articoli scientifici nelle banche dati e di migliorare la capacità di analisi critica e di sintesi. Sono consapevole del fatto che questa ricerca sia limitata, e pertanto spero che in futuro qualcun altro possa approfondirla, continuando l’indagine e trovando nuovi interessanti risultati da aggiungere. Spero che questo lavoro possa costituire un apporto a tutti i colleghi infermieri e che leggendolo possano riflettere sui risultati emersi. 9. RINGRAZIAMENTI Ringrazio in modo particolare il Professor Maurizio Belli, mio direttore di tesi, per la grande disponibilità e pazienza dimostratami, per avermi indirizzata a questo interessante percorso tematico e per aver chiarito i miei numerosi dubbi. Un ringraziamento affettuoso va anche ai miei genitori e a mio fratello che, con la loro presenza durante tutto il periodo formativo, mi hanno sempre sostenuta, incoraggiata e aiutata a far fronte a tutte le difficoltà incontrate. Desidero inoltre ringraziare l’infermiera Giovanna Banfi Beatrizotti per essersi messa a mia disposizione con grande sensibilità, gentilezza e cordialità, spiegandomi il funzionamento del servizio di tabaccologia dell’Ospedale “La Carità” di Locarno, rispondendo alle mie molteplici domande e per avermi fornito del materiale prezioso. Infine, siccome la tesi di Bachelor segna in qualche modo la fine di questo percorso formativo, colgo l’occasione per ringraziare tutti i miei compagni, amici e docenti che mi hanno seguita e accompagnata in questi tre anni.
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11. ALLEGATI 11.1 Test di Fagerström
Un punteggio da 0 a 2 indica lieve dipendenza, 3 o 4 media dipendenza, 5 o 6 forte dipendenza, da 7 a 10 dipendenza molto forte (Heatherton, Kozlowski, Frecker, & FAGERSTROM, 1991)
Domande Risposte Punti
Dopo quanto tempo dal risveglio accende la prima sigaretta?
Entro 5 minuti Entro 6-30 minuti Entro 31-60 minuti Dopo 60 minuti
3 2 1 0
Fa fatica a fumare in luoghi in cui è proibito (cinema, chiesa, mezzi pubblici, ecc.)?
Sì No
1 0
A quale sigaretta le costa di più rinunciare? La prima del mattino Tutte le altre
1 0
Quante sigarette fuma al giorno? 10 11-20 21-30 31 o più
0 1 2 3
Fuma più frequentemente durante la prima ora dopo il risveglio che durante il resto del giorno?
Sì No
1 0
Fuma anche quando è così malato da passare a letto la maggior parte del giorno?
Sì No
1 0
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11.2 Profilo di competenze SUPSI
1
Competenze finali per le professioni sanitarie SUP
Versione III 9 maggio 2011
Documenti tradotti dal testo ufficiale in lingua tedesca e francese pubblicato sul sito della Conferenza dei Rettori delle Scuola Universitarie Svizzere (KFH)1
• Competenze generali delle professioni sanitarie SUP
• Competenze professionali specifiche del ciclo di studio in Cure infermieristiche
1 www.kfh.ch, traduzione in italiano DSAN SUPSI, aprile 2011.
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2
Competenze generali delle professioni sanitarie SUP
Le persone che portano a termine un ciclo di studi devono possedere le seguenti competenze generali: A Conoscenze generali di politica sanitaria (1) conoscono le basi legali, le priorità della politica sanitaria, i principi e i limiti della gestione del sistema
svizzero di assistenza sanitaria e di protezione sociale; (2) sono in grado di svolgere la loro professione nel rispetto delle basi legali e di valutare costantemente
l'efficacia, l'economicità, la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni fornite (o prescritte)
B Conoscenze professionali specialistiche e competenza metodologica (1) possiedono le conoscenze scientifiche necessarie in relazione alle misure preventive, diagnostiche,
terapeutiche, palliative e riabilitative; (2) vengono introdotti ai metodi di ricerca scientifica nel settore sanitario e della pratica professionale
basata sulle prove di efficacia (Evidence Based Practice); (3) conoscono i determinanti che mantengono e favoriscono la salute a livello sia individuale sia di
popolazione e sono in grado di adottare misure che contribuiscono a una migliore qualità di vita; (4) padroneggiano il ragionamento clinico e sono in grado di elaborare misure di presa in carico e
accompagnamento globale della persona; (5) sono capaci di fornire prestazioni di alto livello qualitativo conformi alle buone pratiche della propria
professione. C Professionalità e senso di responsabilità (1) si assumono la responsabilità delle proprie azioni e riconoscono e rispettano i propri limiti; (2) operano con impegno e secondo principi etici, sono consapevoli della propria responsabilità verso
l’individuo, la società e l’ambiente e rispettano il diritto di autodeterminazione delle persone; (3) sono in grado di operare in maniera innovativa nell’esercizio della propria professione e contribuiscono
al suo sviluppo integrando le conoscenze scientifiche. Riflettono costantemente sulle proprie capacità e abilità pratiche, che aggiornano all’insegna dell’apprendimento permanente;
(4) sono in grado di collaborare a progetti di ricerca e integrarne i risultati rilevanti nell’esercizio della professione;
(5) operano in maniera autonoma basandosi su una valutazione professionale.
D Comunicazione, interazione, documentazione (1) ricercano attivamente la collaborazione con altre professioni e con altri attori del sistema sanitario; (2) sono in grado di sviluppare una relazione professionale e consona alle circostanze, con le persone, i
loro famigliari e di fornire una consulenza adeguata; (3) sanno esporre il proprio operato con chiarezza ed in modo fondato e documentarlo in maniera
pertinente; conoscono l’uso delle tecnologie per la gestione dei pazienti e delle prestazioni in ambito sanitario (eHealth).
50
3
Competenze professionali specifiche
Bachelor of Science in Cure infermieristiche
A. Ruolo di esperto2 in cure infermieristiche Come esperti in cure infermieristiche, gli infermieri sono responsabili, all’interno del sistema sanitario, del loro agire professionale e delle relative decisioni e valutazioni.
Le persone che portano a termine il ciclo di studio Bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: ES 1 Sono responsabili delle cure infermieristiche, rilevano la necessità di cure di individui e gruppi in ogni
fase di vita, eseguono le cure necessarie o ne delegano l’esecuzione e ne valutano costantemente l’esito. L’offerta di cure include misure preventive, terapeutiche e palliative.
ES 2 Nell’interesse dei pazienti, all’interno di gruppi professionali (skill mix) e multiprofessionali, si assumono la responsabilità di offrire cure di elevata qualità, efficaci, efficienti e continuative.
ES 3 Offrono ai pazienti e ai familiari consulenza infermieristica, basandosi su conoscenze scientifiche aggiornate e su principi etici.
ES 4 Partecipano a progetti e ricerche nell’ambito delle cure infermieristiche e promuovono il trasferimento dei risultati nella pratica.
B. Ruolo di comunicatore Come comunicatori, gli infermieri permettono lo sviluppo di rapporti di fiducia nel proprio contesto e trasmettono informazioni in maniera mirata Le persone che portano a termine il ciclo di studio Bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: COM 1 Instaurano relazioni professionali di fiducia e adattano la comunicazione a ogni situazione COM 2 Sviluppano una comprensione condivisa della situazione di cura e, se necessario, gestiscono i
conflitti. COM 3 Documentano efficientemente tutti i dati rilevanti tenendo conto delle basi legali. Riconoscono
eventuali lacune nella documentazione e propongono le soluzioni del caso per porvi riparo. COM 4 Condividono sapere ed esperienza con colleghi.
2 L’espressione «esperto» usata in questo paragrafo si riferisce alle conoscenze professionali e alla pratica professionale che permettono di compiere una valutazione della propria disciplina e di intervenire nelle discussioni al riguardo. Essa va distinta dal concetto di «esperto» sviluppato da Patricia Benner (1984).
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4
C. Ruolo di membro di un gruppo di lavoro Come membri di gruppi di lavoro, gli infermieri partecipano in modo efficace ed efficiente a gruppi interdisciplinari e interprofessionali Le persone che portano a termine il ciclo di studio Bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: GR 1 Si impegnano in seno a gruppi interdisciplinari e interprofessionali e sono promotori di cure
infermieristiche individuali ottimali, orientate al paziente. GR 2 Si assumono la responsabilità delle situazioni di cura. Coordinano e accompagnano team di lavoro e
sostengono e guidano sul piano disciplinare gli altri collaboratori del team. GR 3 Partecipano alla presa di decisioni complesse in seno a gruppi intraprofessionali e interprofessionali
e sostengono una posizione conforme all'etica professionale. GR 4 Mettono le proprie competenze professionali a disposizione degli attori del sistema sanitario, dei
pazienti e dei loro familiari.
D. Ruolo di manager Come manager gli infermieri si fanno carico della direzione specialistica, contribuiscono all’efficacia dell’organizzazione e sviluppano la propria carriera professionale. Le persone che portano a termine il ciclo di studio Bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: MA 1 Mettono in atto piani di trattamento con efficienza ed efficacia, nel rispetto delle condizioni generali
istituzionali e legali. MA 2 Collaborano all’implementazione e alla valutazione di standard di qualità per le cure infermieristiche
basati su prove di efficacia e riconoscono il fabbisogno di innovazione. MA 3 Utilizzano le tecnologie informatiche e lavorano orientandosi verso il processo, gli obiettivi e le
risorse. MA 4 Riflettono sul proprio ruolo professionale e pianificano la propria carriera.
E. Ruolo di promotore della salute (Health Advocate)
Come promotori della salute, gli infermieri si basano in maniera responsabile sulla proprie conoscenze di esperti e sfruttano la loro influenza nell’interesse della salute e della qualità di vita dei pazienti/clienti e della società nel suo insieme. Le persone che portano a termine il ciclo di studio Bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: AVV 1 Si impegnano per le problematiche legate alla salute e alla qualità della vita e per gli interessi dei
pazienti e delle loro persone di riferimento. AVV 2 Integrano nella loro pratica professionale programmi per la promozione della salute e la prevenzione
delle malattie a livello individuale e collettivo e partecipano attivamente alla loro realizzazione. AVV 3 Fanno sì che i pazienti e le loro persone di riferimento possano utilizzare con un approccio
differenziato e individuale i mezzi disponibili per prevenire e affrontare la malattia nonché per mantenere il più alto livello possibile di qualità di vita.
AVV 4 Partecipano allo sviluppo di concetti per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie.
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5
F. Ruolo di apprendente e insegnante Come apprendenti e insegnanti gli infermieri si impegnano per l’apprendimento permanente basato sulla pratica riflessiva e per lo sviluppo, la trasmissione e l’applicazione del sapere basato su prove di efficacia. Le persone che portano a termine il ciclo di studio Bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: APP 1 Mantengono ed sviluppano le proprie competenze professionali mediante l’apprendimento continuo
in base alle conoscenze scientifiche. APP 2 Riconoscono la necessità di apprendimento di pazienti, del loro entourage e del pubblico in generale
e offrono il proprio sostegno orientato all’efficacia, tenendo conto della situazione della politica sanitaria.
APP 3 Identificano problematiche rilevanti per la pratica professionale, le segnalano a chi di dovere allo scopo di inserirle e analizzare in progetti di ricerca e di sviluppo.
APP 4 Riflettono sul proprio operato professionale, rilevano lacune e risorse e mettono in relazione la propria esperienza clinica, l’esperienza con i pazienti e il sapere basato sulle prove di efficacia per l’evoluzione delle cure infermieristiche.
G. Ruolo legato all’appartenenza professionale Come appartenenti alla loro categoria professionale, gli infermieri si impegnano per la salute e la qualità di vita delle singole persone e della società. Si vincolano all’etica professionale e alla cura della propria salute. Le persone che portano a termine il ciclo di studio bachelor in Cure infermieristiche devono possedere le seguenti competenze professionali: PRO 1 Nei contatti con i pazienti, con le loro persone di riferimento e con la società mantengono un
atteggiamento conforme all'etica professionale. PRO 2 Si impegnano con senso di responsabilità e autonomia per lo sviluppo e l’esercizio della professione
infermieristica e per la preservazione della propria salute. PRO 3 Sottopongono la propria pratica professionale a una valutazione e riflessione costante, contribuendo
in tal modo alla salute e alla qualità di vita individuale e collettiva.
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Lavoro di tesi approvato in data: