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LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 1 GLI ATTREZZI DEL MESTIERE E’ difficile collocare con precisione nella Storia la nascita delle carte da gioco; e, come spesso succede quando l’origine di qualcosa è remota o misteriosa, si tende ad attribuirla al Diavolo o alla lontana Asia. Nel nostro caso non bisogna forse scomodare il soprannaturale, ma è indubbio che se ancora oggi nell’era della tecnologia siamo tanto affascinati da questi rettangolini che sembrano ricambiare il nostro sguardo ogni volta che ne soppesiamo l’utilizzo, beh, qualcosa ci deve pur essere. JonsteinGaardner, l’autore filosofo norvegese del best seller Il mondo di Sofia, ha ipotizzato che il mazzo di carte sia stato creato col fine ultimo di regolare il procedere del nostro tempo. A ben pensarci la correlazione tra carte e calendario è quasi inquietante: cinquantadue come le settimane, e se 52 per 7 fa 364 il Jolly è il giorno 365. Certo nei mazzi troviamo di solito due Jolly, ma il secondo serve per l’anno bisestile che conta 366 giorni. Se non fosse poi per la comodità di contare quattro stagioni composte da un trimestre potremmo assegnare un mese ad ogni valore evitando di avere mesi di lunghezza diversa; il mese dell’ASSO, composto dalle quattro settimane dell’ASSO di CUORI, QUADRI, FIORI e PICCHE, il mese del 2 e così via. Avremmo tredici mesi di ventotto giorni con alla fine il giorno del Jolly che ci porta a 365. E se questi conti vi sembrano artificiosi o casuali provate a sommare il valore delle carte considerando uno per l’ASSO, due per il 2 e poi undici il FANTE, dodici la DAMA e tredici il RE; la somma delle cinquantadue carte, indovinate un po’, fa nient’altro che 364; e il Jolly chiude il cerchio. Forse allora non è poi così strano che coloro che si appassionano al più completo e appassionante tra i giochi di carte cambino in funzione di esso i ritmi della propria vita. Noi bridgisti siamo un mondo a parte di gente che vive in dipendenza della propria passione. IL BIG BANG, OVVERO L’ORIGINE L’edizione del 1914 dell’American Enciclopedia asserisce che già nell’antico Egitto erano in uso carte da gioco in papiro. Alcuni testi asseriscono che esse furono un evoluzione di giochi quali gli scacchi o il Mah Jongh, altri che vennero introdotte dai Crociati di ritorno dalle scorribande contro gli infedeli e altri ancora affermano che le carte da gioco siano state inventate intorno all’anno 1120 dai cinesi e vennero poi introdotte in Europa verso il 1300. E’ difficile trovare il bandolo che ci può condurre alla verità in quanto non esistono e non potrebbero esistere tracce concrete; eventuali reperti si sarebbero già dissolti nei secoli.

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LA STORIA DEL BRIDGE Pagina 1

GLI ATTREZZI DEL MESTIERE

E’ difficile collocare con precisione nella Storia la nascita delle carte da gioco; e, come spesso succede quando l’origine di qualcosa è remota o misteriosa, si tende ad attribuirla al Diavolo o alla lontana Asia. Nel nostro caso non bisogna forse scomodare il soprannaturale, ma è indubbio che se ancora oggi nell’era della tecnologia siamo tanto affascinati da questi rettangolini che sembrano ricambiare il nostro sguardo ogni volta che ne soppesiamo l’utilizzo, beh, qualcosa ci deve pur essere. JonsteinGaardner, l’autore filosofo norvegese del best seller Il mondo di Sofia, ha ipotizzato che il mazzo di carte sia stato creato col fine ultimo di regolare il procedere del nostro tempo. A ben pensarci la correlazione tra carte e calendario è quasi inquietante: cinquantadue come le settimane, e se 52 per 7 fa 364 il Jolly è il giorno 365. Certo nei mazzi troviamo di solito due Jolly, ma il secondo serve per l’anno bisestile che conta 366 giorni. Se non fosse poi per la comodità di contare quattro stagioni composte da un trimestre potremmo assegnare un mese ad ogni valore evitando di avere mesi di lunghezza diversa; il mese dell’ASSO, composto dalle quattro settimane dell’ASSO di CUORI, QUADRI, FIORI e PICCHE, il mese del 2 e così via. Avremmo tredici mesi di ventotto giorni con alla fine il giorno del Jolly che ci porta a 365. E se questi conti vi sembrano artificiosi o casuali provate a sommare il valore delle carte considerando uno per l’ASSO, due per il 2 e poi undici il FANTE, dodici la DAMA e tredici il RE; la somma delle cinquantadue carte, indovinate un po’, fa nient’altro che 364; e il Jolly chiude il cerchio. Forse allora non è poi così strano che coloro che si appassionano al più completo e appassionante tra i giochi di carte cambino in funzione di esso i ritmi della propria vita. Noi bridgisti siamo un mondo a parte di gente che vive in dipendenza della propria passione.

IL BIG BANG, OVVERO L’ORIGINE

L’edizione del 1914 dell’American Enciclopedia asserisce che già nell’antico Egitto erano in uso carte da gioco in papiro. Alcuni testi asseriscono che esse furono un evoluzione di giochi quali gli scacchi o il Mah Jongh, altri che vennero introdotte dai Crociati di ritorno dalle scorribande contro gli infedeli e altri ancora affermano che le carte da gioco siano state inventate intorno all’anno 1120 dai cinesi e vennero poi introdotte in Europa verso il 1300. E’ difficile trovare il bandolo che ci può condurre alla verità in quanto non esistono e non potrebbero esistere tracce concrete; eventuali reperti si sarebbero già dissolti nei secoli.

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Una delle teorie più interessanti riconducono alla Persia; da qui lo sviluppo del commercio diffuse le carte da gioco verso oriente fino alla Cina e verso occidente in Egitto prima e da lì in Europa. Proprio dall’Egitto sono state tramandate immagini che riconducono alle prime carte da gioco. Intorno al quattordicesimo secolo ai vertici del potere vi erano i Mammalucchi, popolo di guerrieri importati nei secoli precedenti come schiavi; le loro grandi doti in battaglia servirono a porli in posizioni sempre più importanti nei ranghi militari, fino a che raggiunsero appunto i vertici nelle gerarchie dello stato. Le prime carte recavano come simboli le Spade, i Bastoni, le Coppe e i Denari. I bastoni, disegnati con un’estremità ricurva, altro non erano che le mazze da polo, attività molto in voga tra i Mammalucchi. In Europa il simbolismo dei semi è di influenza francese: le PICCHE sono la nobiltà, le QUADRI i mercanti, le FIORI i contadini e le CUORI il clero.

ASSO di COPPE spagnolo ASSO di DENARI SPAGNOLO

Risale al 1937 la proposta di introdurre un nuovo quinto seme, le AQUILE; l’esperimento era probabilmente nato con l’ambizione di vendere qualche mazzo di carte in più, ma fallì miseramente nel volgere di qualche mese. Comunque sia, le prime documentazioni concrete per l’Europa risalgono alla seconda metà del quattordicesimo secolo. Un cronista italiano di nome Covelluzzo scrisse intorno al 1450 che i giochi di carte comparvero per la prima volta a Viterbo nel 1379. Vero o falso che sia tale riferimento la moda dilaga in Italia come in Europa, avversata da Chiesa e moralisti; corre l’anno 1423 quando San Bernardo da Siena, frate francescano, asserisce in un suo famoso sermone che le carte da gioco sono appunto un’invenzione del Maligno.

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Manco a dirlo un editto di tal fatta contribuì in un baleno ad accrescere la loro popolarità; più calavano anatemi e più la gente giocava a carte.

I TAROCCHI…

Si tratta delle prime carte da gioco diffuse in Europa; presero il nome di Tarocchinio Tarocchi o Carte Italiane. Il mazzo originale, prodotto in Lombardia, era composto da 78 carte; quattro semi, COPPE, SPADE, DENARI e BASTONI, ognuno dei quali aveva quattro carte vestite, il RE, la REGINA, il CAVALIERE e il VALLETTO, più dieci carte numerate. Fin qui siamo a 56, e ad esse si sommavano le atout, nome che non ci è nuovo, che in italiano suonavano come atutti; rappresentavano differenti immagini, dall’Imperatore al Mondo, dagli Amanti alla Ruota della Fortuna, dal Papa al Diavolo, dal Sole alla Luna.

L’UOMO PENDENTE

I quattro semi sembra rappresentassero quattro ceti sociali medioevali: gli Ecclesiastici, i Militari, i Commercianti ed Industriali, e per finire i Lavoratori. Il difetto pratico di un tale tipo di carte era che la rappresentazione su di esse non risultava visivamente comoda; nove SPADE o nove BASTONI disegnati su una piccola carta andavano a confondere un po’ la vista.

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Carte italiane del 15° secolo

… E LA LORO EVOLUZIONE

Gli spagnoli semplificarono il disegno delle carte, soprattutto a livello di quelle numerate, e così fecero anche i tedeschi, sin dalla fine del 1300, tanto esportare nella nostra penisola gran parte della produzione già prima della fine del 15° secolo.

SPADE e BASTONI spagnoli

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Ma il grande passo avanti arrivò dalla Francia, che seppe schematizzare simboli ed immagini a vantaggio dei costi di produzione e dell’approccio visivo.

RE e REGINE francesi

I COEUR, i PIQUE, i CARREAU e i TREFLE, ovvero i CUORI, PICCHE, QUADRI e FIORI alla francese sono ancora oggi pressappoco equivalenti alle carte che maltrattiamo tutti i santi giorni.

E le figure rappresentate, RE, DAME e FANTI, erano così come lo sono ancora oggi, diverse da un seme all’altro per il fatto che raffiguravano ognuna un personaggio differente, un po’ come i Tarocchi caratterizzati da tante differenti immagini. Per esempio il RE di CUORI, barbuto e con tanto di spada in mano, era chiamato nelle carte inglesi Charles, che stava ad indicare niente meno che il monarca assoluto per quei tempi, ovvero Carlo Magno; Il RE di CUORI era allora la carta di maggiore importanza, essendo le CUORI in cima alla scala che era formata appunto da CUORI, QUADRI, FIORI e PICCHE.

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J. J. Rousseau Pudore e Libertà di Matrimonio

La DAMA di CUORI era per i francesi Judic o Judith, la consorte di un Re Carlo I, oppure in altri mazzi Sant’Elena o anche solo Elena ad indicare Elena di Troia.

Carlo Magno Judith Elena

Un altro personaggio famoso che ebbe l’onore di essere immortalato su una carta da gioco fu Etienne de Vignolles, famoso comandante delle truppe francesi durante la Guerra dei Cent’Anni (1337-1453) tra Francia e Inghilterra. Il suo soprannome era La Hire, a causa del temperamento brutale e violento e fino al tardo settecento fu il FANTE di CUORI nelle carte francesi.

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La Hire

Nell’800 compaiono le figure ritratte simmetricamente in modo da non avere più un verso alto e uno basso.

Prime carte bifronti

LE FERREE LEGGI INGLESI

A cavallo tra il 14° e il 15° secolo le carte da gioco iniziarono ad essere importate in Inghilterra, soprattutto dalla Francia, ma la loro diffusione venne contrastata dalle rigide regole puritane. A dire la verità nobili, ricchi e in generale la classe dirigente aveva per così dire libera licenza di svago, il divieto era rivolto al popolo lavoratore. Per i primi spiragli legali alla diffusione del gioco dobbiamo arrivare fino al 1541, anno in cui venne pubblicato il cosiddetto Editto di Natale. In pratica il gioco veniva vietato a tutti gli appartenenti alle corporazioni lavoratrici, dagli artigiani ai minatori, con l’eccezione del periodo natalizio, in cui ogni scommessa e gioco d’azzardo erano consentiti.

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Il fine era quello di non distrarre la manodopera dal dovere nei periodi di grande impegno, ovvero quasi sempre. In verità tale divieto non ebbe un grande effetto moralizzatore; nobili, commercianti, giovani e le loro mamme ne erano esenti, e il popolo in generale trasse se possibile un ulteriore impulso al gioco dovuto al fatto che fosse in prima istanza vietato e per di più demonizzato. Nel 1576 John Northbrooke, allora noto compositore di Bristol, pubblicò un trattato dal titolo “A TreatiseAgainstDicing, Dancing, Plays, and Interludes” ove le sue ire appunto si scagliavano contro i dadi, i giochi in generale, danze e rappresentazioni. Tanto per andare sul leggero egli paragona “i Dadi alla madre e le Carte alla figlia, entrambe dedite a portare l’uomo verso malanni, blasfemia, falsità, miseria, infamia, vergogna, povertà e confusione.” E tanto per non essere frainteso specifica che “le carte sono un’invenzione del Diavolo, in quanto via più diretta per portare l’idolatria tra gli uomini tramite le immagini su di esse rappresentate.”. Gli Scacchi invece erano, bontà sua, un gioco sano e da filosofi in quanto privi di inganno o sotterfugi. Insomma, la gente giocava in barba alle reprimende, ma chi veniva sorpreso rischiava addirittura di finire sotto processo. E così, col passare degli anni, i giochi di carte entrarono a far parte degli svaghi comuni a livello di ogni ceto sociale, tanto da portare ad una notevole rilevanza economica le compagnie che le producevano ed esportavano.

LA PRODUZIONE DI CARTE DA GIOCO IN FRANCIA

I francesi ebbero a partire dal sedicesimo secolo fino al diciottesimo il predominio assoluto nella manifattura delle carte, nonostante le tasse estremamente onerose cui erano sottoposti tutti i prodotti del paese. Addirittura, nel 1583 il sovrano Enrico III impose un balzello addizionale su ogni mazzo di carte fabbricato in Francia, unitamente all’obbligo di distruggere periodicamente le matrici utilizzate per la stampa; questo in nome di una doverosa vessazione nei confronti di un prodotto foriero di blasfemia, omicidi, vessazioni, rovina delle famiglie e così via. Per fortuna, si fa così per dire, in quel periodo la Francia era alle prese con sommosse e disordini tra cattolici ed ugonotti, e l’applicazione di tale editto non andò sempre a buon fine. Passarono gli anni e ogni sovrano inventò qualche nuova tassa da applicare alla produzione delle carte da gioco, con la scusa di un balzello morale, ma con il risultato di spremere a beneficio dello stato un’industria molto redditizia. E arriviamo al 1661, quando Luigi XIV ebbe l’illuminata idea di devolvere la tassazione sulle carte da gioco ad un buon fine, ovvero la sovvenzione dell’Ospedale Generale di Parigi.

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Nel 1791, con la Rivoluzione, la tassa sulle carte da gioco venne abolita in quanto vessatoria delle libertà dei cittadini e al contempo fu vietata l’importazione delle stesse dall’estero. Questi provvedimenti ridussero drasticamente i prezzi con l’effetto parallelo di un enorme incremento per la passione del gioco. Quando una decina di anni dopo le tasse vennero reintrodotte le carte erano ormai entrate nella vita di tutti i francesi.

DURA LEX

In Francia la giustizia era molto severa con coloro che cercavano di frodare le tasse sulla vendita delle carte da gioco. Nel 1771 Firmin Saint Paul, uno dei più importanti produttori di Parigi, dichiarò bancarotta, chiuse le sue fabbriche e iniziò fabbricare e vendere di frodo le sue carte. Quando venne acciuffato la prima volta se la cavò con una grossa multa e il marchio a fuoco sulle due spalle che lo indicava come truffatore. Nel 1777 tornò a Parigi per riprendere l’attività sotterranea, ma a breve fu smascherato e condotto in carcere a vita in quanto ritenuto incorreggibile. In Inghilterra le leggi non erano da meno. Il governo permetteva ai privati di produrre solo 51 delle 52 carte da gioco; quella mancante era l’ASSO di PICCHE, la cui produzione era riservata allo Stato e che veniva distribuita a titolo di pagamento della tassa. In sostanza il fabbricante pagava un tot per ogni ASSO, che veniva consegnato con sù stampato il marchio reale. Nel 1562 Richard Harding venne appunto condannato a morte per aver falsificato l’ASSO di PICCHE nel tentativo di frodare la legge. E, tanto per citare la lotta alla contraffazione, uno statuto elisabettiano prevedeva per i falsari pene estremamente severe: si andava dal taglio delle orecchie e il marchio a fuoco delle narici fino al carcere a vita oltre alla confisca di tutti i beni. E i bari? Eccovi un esempio edificante: nel 1777 un commerciante di Norfolk, sorpreso a barare, venne condannato a sei mesi di prigione seguiti da 20 £ di multa, cifra a quei tempi non da poco. Al termine della detenzione al poveretto venne offerta l’opportunità di scampare alla pena pecuniaria; l’alternativa, non particolarmente appetibile, fu quella di soggiacere ad un’ora di gogna con le orecchie inchiodate alla stessa. Ecco fornito alla Giustizia Sportiva un ottimo incentivo per promuovere la lealtà al tavolo da gioco. Chiesa e moralisti contro e una legge severa a regolare produzione e commercio delle carte; una combinazione stuzzicante per lo spirito umano, da sempre attratto da ciò che viene demonizzato.

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Il risultato fu che il fascino per il gioco si diffuse a tutti i livelli sociali, tanto che col tempo caddero una ad una tutte le riserve su uno degli svaghi più popolari al mondo.