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123 gli architetti friulani e giuliani Fausta Cialente, figura di punta dell’antifascismo militante nella colonia degli italiani residenti in Egitto, ricorda in Ballata levantina (1961) gli esuli romagnoli, livornesi, napoletani che per fuggire il Papa, o i Borboni, nottetempo si imbarcavano sui velieri; poi, se non trovavano di meglio [...] trasbordavano sui pe- scherecci in partenza da Barletta, da Taranto, dalle coste della Sicilia, e dopo settimane di viaggio sbarcavano in Egitto. [...] Io me li figuravo, i leggendari fuggiaschi dell’Ot- tocento, avvolti nei ferraioli, con larghi capelli e lunghe barbe: erano quasi sempre professionisti o intellettuali, si facevano raggiungere dopo qualche tempo dalle mogli lasciate in Italia, oppure sposavano le ragazze del paese. I loro figli e nipoti [...] rimasti nella buona tradizione fondavano più tardi in Alessandria i Soccorsi d’Urgenza, l’Uni- versità Popolare, il Cimitero Civile, e muravano lapidi col nome di Giordano Bruno, di Garibaldi, di Francisco Ferrer. 1 L’inizio di questa emigrazione politica – fenomeno di lunga durata – risale ai primi anni della Restaurazione quando giacobini e bonapartisti hanno scelto di coopera- re alla modernizzazione dell’Egitto intrapresa da Muhammad c Alī. La loro opzione è stata in seguito emulata da carbonari, da affiliati alla “Giovine Italia”, da repubbli- cani mazziniani, da garibaldini, da irredentisti dei territori italiani soggetti all’im- pero absburgico, da anarchici, da antifascisti di diverso orientamento politico. 1 F. Cialente, Ballata levantina, Milano, Baldini & Castoldi, 2003, pp. 126-127. Gli architetti friulani e giuliani nell’emigrazione politica italiana verso l’Egitto ezio godoli (Università di Firenze)

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123gli architetti friulani e giuliani

Fausta Cialente, figura di punta dell’antifascismo militante nella colonia degli italiani residenti in Egitto, ricorda in Ballata levantina (1961) gli

esuli romagnoli, livornesi, napoletani che per fuggire il Papa, o i Borboni, nottetempo si imbarcavano sui velieri; poi, se non trovavano di meglio [...] trasbordavano sui pe-scherecci in partenza da Barletta, da Taranto, dalle coste della Sicilia, e dopo settimane di viaggio sbarcavano in Egitto. [...] Io me li figuravo, i leggendari fuggiaschi dell’Ot-tocento, avvolti nei ferraioli, con larghi capelli e lunghe barbe: erano quasi sempre professionisti o intellettuali, si facevano raggiungere dopo qualche tempo dalle mogli lasciate in Italia, oppure sposavano le ragazze del paese. I loro figli e nipoti [...] rimasti nella buona tradizione fondavano più tardi in Alessandria i Soccorsi d’Urgenza, l’Uni-versità Popolare, il Cimitero Civile, e muravano lapidi col nome di Giordano Bruno, di Garibaldi, di Francisco Ferrer.1

L’inizio di questa emigrazione politica – fenomeno di lunga durata – risale ai primi anni della Restaurazione quando giacobini e bonapartisti hanno scelto di coopera-re alla modernizzazione dell’Egitto intrapresa da Muhammad cAlī. La loro opzione è stata in seguito emulata da carbonari, da affiliati alla “Giovine Italia”, da repubbli-cani mazziniani, da garibaldini, da irredentisti dei territori italiani soggetti all’im-pero absburgico, da anarchici, da antifascisti di diverso orientamento politico.

1 F. Cialente, Ballata levantina, Milano, Baldini & Castoldi, 2003, pp. 126-127.

Gli architetti friulani e giuliani nell’emigrazione politica italiana verso l’Egitto

ezio godoli (Università di Firenze)

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Tra questi esuli una componente particolarmente significativa è stata quella degli architetti, per l’ascesa di alcuni di loro ad incarichi di alta responsabilità che comportavano frequenti contatti con i vertici politici del paese. Il fatto che molti avessero militato o simpatizzato per associazioni politiche impegnate a sostene-re la causa dell’indipendenza nazionale italiana non è un dato biografico trascura-bile per la comprensione del loro contributo all’architettura egiziana. L’ideologia nazionalista di cui erano portatori li ha infatti predisposti a rendersi interpreti nelle loro opere della ricerca di uno “stile nazionale” per l’Egitto moderno, capace di contrastare la pratica dominante dell’imitazione di forme occidentali, ispirata il più delle volte da un gusto rétro. Gli architetti italiani sono stati tra i primi ad agitare la questione di uno “stile nazionale”, indicandone come fonti più plau-sibili l’architettura islamica (in particolare quella delle tradizioni locali) e, con minore convinzione e continuità, quella dell’Egitto faraonico.

In occasione del concorso internazionale per il nuovo museo di antichità egi-zie del Cairo, bandito nel 1894, l’opzione per uno stile ispirato all’architettura dell’Egitto faraonico è stata condivisa da diversi concorrenti italiani. Da Attilio Muggia, per esempio, che nella relazione sul proprio progetto dichiara:

[..] à présent en Égypte ne sont convenables que deux styles de caractère monumental, à savoir: l’égyptien, qui est propre à l’ancienne civilisation, et l’arabe qui a eu, même en Égypte, une application heureuse par l’entremise de la civilisation musulmane. Tous les autres styles sont les résultats d’importations qui ne peuvent être adaptés ni au climat, ni à l’ambient, ni aux traditions, ni aux besoins et aux habitudes du lieu, et dont l’application est expliquée seulement par l’influence que les nombreux euro-péens exercent dans le pays. Le style de la renaissance, italienne ou française, qui est appliqué dans les constructions modernes en Égypte, peut être admis pour des édi-fices communs, qui sont la conséquence d’institutions ou des besoins éminemment européens ou nouveaux, mais non pas pour un édifice qui doit avoir un caractère na-tional et monumental; il faut aussi considérer que l’édifice à construire doit recueillir tous les plus beaux spécimens d’un art qui a laissé les plus splendides exemples de sa grandeur; et s’il était bâti dans le style de la renaissance ou du classicisme italien, fran-çais, ou allemand, ce serait [...] une mistification. [...] Le style arabe aurait une raison de prévaloir en considération qu’il serait le style national de l’Égypte contemporain, mais si ce style pourrait convenir pour un Musée arabe [...] il ne nous semble pas adapte pour un musée d’antiquités égyptiennes. D’ailleurs l’architecture égyptienne possède des exemplaires si magnifiques et si grandioses, à permettre d’en tirer de copieux élé-ments pour étudier une application qui peut donner comme résultat une espèce de synthèse architectonique des meilleures manifestations de l’architecture ancienne. Ce que nous venos d’exprimer nous semble un argument, très valide pour l’adoption du style égyptien dont la largeur de lignes est [...] adaptée pour la formation d’un Musée. On ne peut non plus avancer l’objection que le Musée soit une institution absolument moderne et européenne, puisque sont notoires et fameux, entre autres, les musées annexés à la bibliothèque alexandrine de la dynastie des Ptolomées .2

2 Lotus (Ing. Attilio Muggia), Musée des antiquités égyptiennes au Caire – Rapport explicatif et justi-ficatif devis descriptif, Bologna, Tipografia Zamorani e Albertazzi, 1895, pp. 7-8. Sulla vicenda del concorso e sulla partecipazione italiana vedi M. Giacomelli, Ernesto Basile e il concorso per il museo di antichità egizie del Cairo 1894-1895, Firenze, Edizioni Polistampa, 2010 e Concours pour le musée

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Le considerazioni di Muggia riflettono opinioni largamente condivise tra gli architetti italiani attivi in Egitto o che, in circostanze particolari, si sono dovuti interessare di questioni concernenti l’architettura contemporanea egiziana: l’op-posizione all’importazione di modelli occidentali, più o meno aggiornati; la con-vinzione della necessità di favorire lo sviluppo di uno stile nazionale, radicato nelle tradizioni locali; la consapevolezza che, nell’alternativa tra lo stile ispirato all’architettura islamica e quello che guarda alle costruzioni dell’età dei faraoni, il primo sia destinato a prevalere mentre il secondo sia proponibile soltanto per particolari temi architettonici.

Quando Muggia esprime queste valutazioni già da trent’anni si era sviluppato nell’architettura egiziana un indirizzo di ispirazione islamica, che aveva trovato negli anni sessanta i suoi iniziatori nei tedeschi Carl von Diebitsch e Julius Frantz e nell’italiano Ciro Pantanelli e, negli anni settanta, era stato orientato verso esiti di maggiore attenzione al recupero di elementi propri della tradizione cairota dai francesi Ambroise Baudry, Marcel Gouron Bois-Vert e Charles Guimbard.

Solo recentemente è stata richiamata l’attenzione sulle corrispondenze cro-nologiche che, nell’ultimo quarantennio dell’Ottocento e negli anni precedenti la prima guerra mondiale, legano le altalenanti fortune dell’architettura di ispi-razione islamica alle vicende del nazionalismo egiziano, inducendo a ritenere che le élites politiche avessero una chiara visione dell’importanza di una azione culturale di recupero delle tradizioni locali come motore ideologico per la affer-mazione e il radicamento di una identità nazionale.3

Alla fase matura della tendenza islamizzante, caratterizzata da un maggiore scrupolo filologico nella ripresa di elementi propri dell’architettura religiosa e civile locale, hanno recato significativi contributi alcuni architetti friulani e giu-liani, tra i quali emergono per importanza i fratelli triestini Antonio (1859 - 1898) e Francesco (1861 - 1941) Battigelli e il goriziano Antonio Lasciac (1856 – 1946). Se l’adesione ad ideali irredentisti di Lasciac è attestata dalle sue scelte di vita piutto-sto che da notizie più precise sulle sue frequentazioni e attività politiche, quella dei Battigelli trova conferme nelle loro amicizie e in episodi di impegno militan-te. Antonio Battigelli era compagno di studi e amico di Guglielmo Oberdan, co-nosciuto a Trieste alla scuola reale, con il quale si era recato nel 1877 a Vienna per compiere gli studi di ingegneria. Si ha notizia che, durante la permanenza nella capitale absburgica, i due amici abbiano partecipato a una festa patriottica degli

des Antiquités égyptiennes du Caire 1895, testi raccolti da E. Godoli e M. Volait, Paris, Picard – Cnrs – Dipsac, 2010.

3 Sulla questione di uno stile nazionale per l’Egitto moderno, sullo sviluppo di un’architettura ispirata alle tradizioni islamiche locali e sul contributo degli architetti italiani si rinvia a E. Go-doli, Architetti e ingegneri italiani in Egitto: una emigrazione di lunga durata, in Architetti e ingegneri italiani in Egitto dal diciannovesimo al ventunesimo secolo / Italian Architects and Engineers in Egypt from the Nineteenth to the Twentyfirst Century, cat. della mostra a cura di E. Godoli e M. Giaco-melli, Alessandria d’Egitto, Biblioteca Alessandrina, 24 ottobre – 25 novembre 2008, Firenze, Maschietto Editore, 2008, pp. 12 - 45.

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studenti polacchi portando un busto di Dante tra vessilli tricolore e declaman-do in lingua francese poesie libertarie. Probabilmente grazie a questa amicizia Oberdan, braccato dalla polizia, aveva trovato accoglienza nella casa della signora Luigia Sparovitz Maurer, futura suocera di Antonio Battigelli che, nel 1885, spo-serà Giulia Maurer. L’impegno nella causa irredentista del maggiore dei Battigelli non ha avuto comunque una evidenza tale da precludergli la possibilità di ottene-re il titolo di barone dell’ordine di Francesco Giuseppe, conferitogli il 27 maggio 1894 per l’importanza delle sue realizzazioni in Egitto.

Francesco Battigelli aveva preso parte nel 1880 alla fondazione della società segreta denominata ‘Circolo Giuseppe Garibaldi’, alla quale ha aderito pure Ober-dan, che è stata attiva per circa trent’anni e ha propiziato la costituzione a Trieste della ‘Lega Nazionale’, principalmente impegnata nella promozione di istituzioni scolastiche volte a tenere viva la conoscenza della lingua e della cultura italiane. Un altro episodio, attinente alla vita familiare, conferma quanto fossero radicati i sentimenti antiabsburgici di Francesco Battigelli: la sua decisa opposizione al matrimonio della sorella Ersilia (1862 – 1943) con un giovane ufficiale austriaco conosciuto al Cairo ad un ballo dell’ambasciata d’Austria, che si diceva fosse figlio naturale dell’imperatore Francesco Giuseppe.

In Egitto i fratelli Battigelli erano arrivati ancora bambini, al seguito del padre Serafino, discendente di una famiglia di costruttori nato a Gradisca nel 1832, che, per esercitare la propria attività di imprenditore edile, si era trasferito a Trieste, attirato dalle occasioni di lavoro che offriva la città.

Tra le realizzazioni dell’impresa di Serafino Battigelli – secondo ricordi rac-colti in ambito familiare – figurano, oltre a diverse opere a Staville, a S. Maria la Longa, a Venzone e a Muggia, la stazione di Miramare, le scuderie del castello di Miramare e lo stabilimento balneare Cedas. La costruzione di un altro stabili-mento (o di uno stabilimento di attrazioni), costruito su palafitte in riva al mare e travolto dalla bora, sarà all’origine del fallimento dell’impresa edile e della de-cisione di Serafino Battigelli di ritentare la fortuna in Egitto. Ad incoraggiarlo in tale scelta è stato il banchiere Pasquale Revoltella, al quale il giovane imprendito-re si era rivolto per ottenere consigli e aiuto. L’episodio merita di essere sottoli-neato perché gli interessi di Revoltella nell’impresa del canale di Suez non sono stati probabilmente estranei al trasferimento in Egitto di altri tecnici e ingegneri originari del Friuli e della Venezia Giulia. Dopo avere abitato con la moglie e i tre figli nella piana di Ismācīliyya, in una delle tende apprestate per ospitare i tec-nici stranieri, Serafino Battigelli si trasferisce al Cairo dove svolge una intensa attività, partecipando tra l’altro alla costruzione del ponte di Gīza che gli frutterà l’onorificenza dell’ordine del Mejidié.

Il raggiungimento con il suo lavoro di un certo grado di benessere gli ha consentito di inviare i figli in Europa, per compiere gli studi superiori: Antonio, dopo avere frequentato le scuole reali a Trieste, consegue la laurea in ingegneria al Politecnico di Vienna e presta quindi per un anno il servizio militare nel 22° reggimento di fanteria ‘Freiherr von Weber’ a Zara, mentre Francesco, compiuti

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gli studi medi superiori a Trieste, si laureerà in ingegneria a Padova nel 1884, specializzandosi in idraulica. Terminati gli studi i due fratelli rientrano al Cairo dove aprono lo studio “Battigelli Frères” che è attivo in diversi settori delle co-struzioni e si caratterizza per la molteplicità delle sue competenze professionali che vanno dalla progettazione architettonica al calcolo delle strutture, dalla dire-zione dei lavori alla organizzazione e sorveglianza del cantiere. Proprio questa varietà di prestazioni non rende agevole stabilire quale sia stato il ruolo dei due fratelli in diverse realizzazioni alle quali è associato il loro nome. Secondo le te-stimonianze dei familiari lo studio si reggeva su una divisione dei compiti che vedeva Antonio, bene introdotto nella colonia italiana del Cairo e amante della vita mondana, impegnato nelle public relations ed anche nella progettazione ar-chitettonica per la quale era particolarmente versato, mentre il fratello Francesco si occupava dello studio dei progetti di idraulica e della direzione e conduzione dei cantieri. Tra i principali lavori dello studio nel settore delle opere idrauliche nel delta e nella valle del Nilo si ricordano il canale Nubarieh, noto per un certo periodo anche come ‘canale Battigelli’, e la partecipazione alla progettazione della diga di Assuan. Tra le opere alla cui realizzazione hanno partecipato i Battigelli, una nipote di Antonio menziona:

L’Hotel d’Angleterre, il Grand Hotel Continental, lo Stabilimento bagni di Helman-les Bains, l’Hotel Luxor, [...] la villa di Jussuf Cattaui Bey, il palazzo della Viceregina ma-dre di Abbas II, il palazzo di Russeni Pascià, la tomba monumentale del Kedivé Ismail Pascià, [...] il palazzo del principe Mohammed Alì, il Museo Nazionale egiziano[...], la Stazione ferroviaria del Cairo, il palazzo della società del gas, la scuola italiana e il con-vento delle suore a Ismailia, la Manifattura tabacchi, l’Hotel Mena Haus [...] e la Villa Battigelli (Margherita), che poi fu sede dell’ambasciata britannica.4

Buona parte delle opere menzionate in questo elenco sono state progettate – se-condo le fonti bibliografiche più recenti – da altri architetti o ingegneri, di diver-se nazionalità, e mancano informazioni più precise che consentano di stabilire quale ruolo abbiano avuto i due fratelli nella loro realizzazione.

La competenza in materia di idraulica di Francesco aveva probabilmente fa-vorito l’incontro dei Battigelli con Francesco Zaffrani, titolare dal 1869 di una impresa di costruzione (che nel 1896 si fonderà con la ditta di Giuseppe Garoz-zo) alla quale il Ministero dei lavori pubblici egiziano aveva affidato importanti opere come l’escavazione di canali e l’esecuzione dei relativi manufatti e come i serbatoi di Assuan.5 Grazie a questo contatto i due fratelli erano stati probabil-

4 Per questo elenco di opere e per tutte le notizie sulla famiglia Battigelli sono debitore a Chiara Battigelli, nipote di Antonio, che ha messo a mia disposizione il dattiloscritto I Battigelli – Trie-ste, nel quale ha ricostruito la storia della propria famiglia, sulla base dei propri ricordi e delle testimonianze di alcuni parenti.

5 Su questo imprenditore vedi L. A. Balboni, Gl’Italiani nella Civiltà Egiziana del Secolo XIX°. Storia - biografie – monografie, Alessandria d‘Egitto, Stabilimento tipo-litografico V. Penasson, 1906,vol. II, pp. 228-229.

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mente coinvolti, non è chiaro con quali mansioni, ma non certo di progettisti, nella realizzazione di altre opere cairote affidate all’impresa Garozzo – Zaffrani, dal museo di antichità egizie al Grand Hotel Continental. L’esistenza di una ve-duta prospettica, datata 10 settembre 1893 e firmata da Edward Matasek, della villa Margherita nel quartiere di Qasr al-Dūbāra, nella quale elementi medievali-sti erano ibridati con motivi stilistici neoquattrocentisti, induce a ritenere che lo studio di cui l’architetto austriaco era titolare con il socio Yūsuf Cattaui Bey possa avere collaborato alla realizzazione della residenza dei Battigelli. Il nome dei due fratelli è peraltro associato – nei ricordi dei loro discendenti – alla realizzazione della villa dello stesso Cattaui nel quartiere di Garden City.

Il sodalizio di lavoro dei due fratelli si conclude tragicamente nel 1898, quan-do Antonio contrae l’amebiasi, una malattia tropicale allora mortale, per avere bevuto acqua ricavata dal Nilo e nonostante il ricovero in una clinica specializ-zata di Vienna, il Sanatorium Furth in Schmidgasse, muore il 3 settembre. Nel 1900 Francesco, liquidato lo studio cairota, rientra in Italia per stabilirsi prima a Livorno, dove prende la residenza all’Ardenza, poi a Firenze.

Tra le opere più note dei Battigelli figurano due importanti contributi al fi-lone d’ispirazione islamica dell’architettura cairota: la tomba del kedivè Ismācīl nella moschea Al-Rifācī (1896 ca.), il cui disegno è assegnato ad Antonio, e la villa Zogheb (1898-1902), per la cui realizzazione i due fratelli hanno collaborato con l’architetto ungherese Max Herz. Questa ultima opera è stata presentata con am-pio rilievo nella rivista “L’Edilizia Moderna” da Gaetano Moretti, con un testo che affronta quella che gli italiani considerano la questione centrale dell’architettura contemporanea egiziana.

È strano come l’Egitto, un paese nel quale l’arte architettonica si è sempre esplicata con delle caratteristiche di tanto rilievo, un paese nel quale la scienza del costruire, dalle moli immani create nelle epoche più remote fino alle gentili manifestazioni dell’arte araba, si è sempre affermata con ardimenti originali e inauditi di concezione e di ese-cuzione, – esordisce Moretti – si trovi oggi, in questo momento fortunato di risveglio politico e economico, a non poterci offrire nel campo della moderna edilizia alcuna prova di una caratteristica propria o che accenni almeno ad una salutare ripresa delle sue elette tradizioni locali, traendone ispirazione per un sapiente adattamento di esse ai gusti e ai bisogni della rinnovata società.6

Alzando il tono della polemica, Moretti prende come bersagli la “stridula volga-rità [...] dei vampiri della professione”, la prevalenza lasciata all’ “elemento stra-niero” e “l’incessante richiamo di professionisti e industriali esteri”, la “coorte di avidi mestieranti” i cui prodotti «non possono che ripetere, e malamente, ciò che è consuetudine dei loro paesi senza curarsi di vedere se quell’architettura che ha ragione di essere in Francia, in Germania, in Inghilterra o in Russia, abbia motivo di adattarsi ad un paese come l’Egitto», per concludere con l’auspicio che il paese

6 G. Moretti, La Villa Zogheb in Cairo. Due parole sull’architettura moderna in Egitto, “L’Edilizia Mo-derna”, XII, fasc. I, gennaio 1903, p. 1.

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possa “emanciparsi da un simile stato di cose”, quando “il principio nazionale, as-sociato al sentimento artistico” riuscirà a “riaffermarsi in faccia al mondo seguen-do le sue splendide tradizioni” e quando «l’immensa sua popolazione, ora così vil-mente oppressa, metterà a profitto l’acutezza naturale dell’ingegno, gli istinti poco disciplinati, la coltura involontariamente prodigatale dai numerosi sfruttatori del paese, per arrivare ad una esplosione feroce a danno di tutti quanti gli stranieri».7 In tale prospettiva, la villa del console danese Zogheb, in Qasr Al-Nīl, è salutata come una «geniale e sapiente risurrezione dello stile caratteristico locale», come un esempio dello «stile che, nato e sviluppatosi con tanta fortuna nel paese si ap-palesa ancora oggi come il più appropriato per la capitale dell’Egitto».8

Mentre ancora vaghe e imprecise restano le notizie sulle architetture dei fra-telli Battigelli, si dispone di maggiori informazioni sull’attività in Egitto di Anto-nio Lasciac, anche se sono necessari ulteriori supplementi di indagine per perve-nire a un bilancio esauriente della sua produzione».9

Nel primo periodo della sua permanenza in Egitto, tra il 1882 e il 1888, le sue opere sono tutte concentrate ad Alessandria dove prende parte alla ricostruzione del cuore europeo della città, gravitante attorno a place des Consuls (poi place Méhémet Alì e ora Mīdān Al-Tahrīr), distrutto dal cannoneggiamento inglese del 1882. Nella occidentalizzazione stilistica delle nuove costruzioni che sorgono at-torno alla piazza e nelle zone limitrofe – esplicitamente criticata da Moretti 10– non va colta soltanto l’intenzione di marcare il carattere europeo di questa parte della città, ma anche un segno della presa di distanza dalle forme orientaliste che coincide, non casualmente, con la sconfitta militare del movimento nazionalista capeggiato dal colonnello Ahmad Orabi ad opera del corpo di spedizione britan-nico. Adeguandosi agli orientamenti dominanti Lasciac si attesta su un neocin-quecentismo particolarmente austero nella stazione ferroviaria di Ramleh (1883) e improntato ai modelli del Cinquecento romano nelle case d’appartamenti co-

7 Ivi, pp. 1–2.

8 Ivi, p. 3.

9 Nella bibliografia disponibile sull’architetto goriziano segnaliamo: M. Volait, Un architecte face à l’Orient: Antoine Lasciac (1856-1946), in La fuite en Egypte, a cura di J. C. Vatin, Il Cairo, Cedej, 1989, pp. 265-273; D. Barillari, La villa ‘Egiziana’ di Antonio Lasciac a Gorizia: revival islamico nella Mitteleuropa, in “Architetti italiani nel Levante e nell’Africa settentrionale”, “Quasar. Quaderni di storia dell’architettura e restauro” (Firenze), n. 18, luglio-dicembre 1997, pp. 19 – 30; Idem, Les bâtiments de la compagnie des Assicurazioni Generali au Caire, in “Le Caire – Alexandrie architectu-res européennes”, a cura di M. Volait, “Études urbaines”, n. 5, 2001, pp. 35 – 48; M. Chiozza, Anto-nio Lasciac. Tra echi secessionisti e suggestioni orientali, Mariano del Friuli (Gorizia), Edizioni della Laguna, 2005; Da Gorizia all’impero ottomano Antonio Lasciac architetto Fotografie della collezione Alinari, cat. della mostra a cura di E. Godoli, Gorizia, Palazzo Attems – Petzenstein, 29 settembre 2006 – 4 febbraio 2007, Firenze, Fratelli Alinari, 2006.

10 «Se la parte nuova di Alessandria, quella che fu riedificata in seguito al bombardamento del 1882, – scrive Moretti – non presenta caratteristiche di particolare interesse dal lato dell’espres-sione architettonica, Cairo invece [...] ha offerto e offre più largo campo alle affermazioni della moderna edilizia [...]» (G. Moretti, op. cit., p. 2).

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struite in rue Chérif Pacha (1883-88), ora sh. Salah Salem, nell’immobile residen-ziale costruito per la comunità ebraica in sh. Nabi Daniel (1886-87) o nel palazzo Menasce (1883-87) in place des Consuls, al cui interno è realizzata la omonima galleria commerciale con uno schema di pianta a croce evidentemente derivato da quello del Tergesteo di Trieste. Nel palazzo Primi (1886-87), che si affaccia con il fronte principale sulla stessa piazza, il neocinquecentismo risulta contaminato con motivi neobarocchi, mentre nella palazzina Aghion (1887) un ordine gigante che orecchia Philibert de l’Orme è proposto nel contesto di un classicismo ecletti-co in linea con gli orientamenti dell’architettura umbertina.

Dopo avere tentato senza successo tra il 1888 e il 1895 di inserirsi nell’am-biente professionale romano, Lasciac decide di tornare in Egitto, dove sarà attivo (prevalentemente al Cairo) fino ai primi anni trenta.

Nel periodo compreso tra il 1895 e il 1907 (quando sarà chiamato a ricoprire la carica di architetto capo dei palazzi kediviali) Lasciac intraprende un percorso sperimentale nel quale è chiaramente percepibile uno sforzo di modernizzazio-ne, che si manifesta anche in episodi marginali di adozione di motivi decorati-vi art nouveau, per esempio nell’arredamento di un salotto del palazzo di Sacīd Halīm pascià (1899) o nella decorazione dei soffitti e nelle porte della villa di S.A. cAlī bey Galāl (1900). I risultati più originali e precoci, anche rispetto al contesto italiano, del modernismo di Lasciac sono individuabili nella Dā’ira di Galāl pa-scià(1896-97) e nel villino della Dā’ira di Galāl pascià (1897-1900), opere bene il-lustrate in una rivista solitamente attenta ai fermenti di modernità come “L’Edi-lizia Moderna”,11 nelle quali le innovazioni sul piano del linguaggio convivono con l’adozione di tecniche costruttive all’avanguardia (come per esempio i solai in cemento armato realizzati con il sistema Hennebique).

La fase modernista dell’attività di Lasciac è suggellata da due architetture commerciali per il Cairo, il grande magazzino d’abbigliamento ‘La Grande Fabri-que Stein’ (1904) e il progetto non eseguito per l’immobile commerciale ‘Walker & Meimarachi’ (1906), che denotano evidenti ascendenze viennesi. Negli anni successivi la sua opera si svolgerà su un doppio binario: quello di uno storicismo retrodatato, oscillante tra la ripresa di forme neorinascimentali oppure ispira-te al classicismo barocco, prevalente nelle residenze edificate per famiglie della giovane aristocrazia egiziana, e la rivisitazione delle tradizioni locali dell’archi-tettura islamica, condotta con diverso grado di scrupolo filologico. Non è sen-za significato che uno dei suoi contributi più significativi a quest’ultimo indi-rizzo, il Salāmlik di cUmar Sultān nel quartiere cairota di Bāb al-Lūq (1907-08) – esemplare manifestazione dell’orientamento erudito al recupero dei modelli dell’architettura mamelucca del Cairo, che spinge il proprio rigore filologico fino a riprodurre nella loggia verso il giardino la maqcad Mamay (1496) – sia imme-diatamente successivo alla convocazione dell’assemblea nazionale elettiva impo-

11 Vedi Palazzo Daira Djelal Pascià in Cairo, “L’Edilizia Moderna”, IX, fasc. VII, luglio 1900, pp. 49-50, tavv. 33-35 e Il villino della Daira Djelal Pascià in Cairo, ivi, X, fasc. VII, luglio 1901.

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sta nel 1907 dal movimento nazionalista che aveva in Mustafā Kamil il proprio leader. Tra progetti e realizzazioni, cospicuo e di lunga durata è stato l’apporto di Lasciac al filone d’ispirazione islamica dell’architettura egiziana, che annovera tra le opere cairote più rappresentative il palazzo delle Assicurazioni Generali di Trieste in Qasr al-Nīl (1911) e la sede della Banca Misr in shari Muhammad Farīd (1922-27). Gli interni della banca, nella loro eclettica commistione di motivi tratti da diverse tradizioni islamiche, sono un eloquente documento di una profonda conoscenza dell’arte decorativa araba congiunta a una originale capacità di riela-borazione, di cui fornirà una riconferma l’ospedale pediatrico di Abū al-Rich, nel quartiere cairota di Sayyida Zaynab, che, progettato nel 1930, conclude la serie di architetture d’ispirazione islamica di Lasciac. Libera trascrizione in forme mo-derne di motivi architettonici derivati dal repertorio mamelucco, attenta al loro adattamento alla tecnica costruttiva del cemento armato e ad esigenze di econo-mia di materiali e di lavoro delle maestranze specializzate, questa opera è una ul-teriore testimonianza dell’attenzione dell’autore al problema dell’ambientamen-to e del suo radicato rifiuto di un linguaggio internazionale, anche in tipologie edilizie – come quella ospedaliera – nelle quali ne è ormai diffusa l’adozione.

I casi dei fratelli Battigelli e di Lasciac sono le punte emergenti di un feno-meno dell’emigrazione verso l’Egitto di architetti, imprenditori, capomastri e artigiani d’origine friulana e giuliana che sembrano avere recato al settore edi-lizio un apporto tutt’altro che trascurabile: tra i costruttori della nuova città di Helipolis sono state registrate diverse figure di operatori, per esempio Riccardo Thomann e Edoardo Cherini, accomunate dal fatto di esibire titoli di studio con-seguiti a Trieste12 e si hanno notizie di una attività nel settore dell’arte musiva, prevalentemente concentrata nelle città del canale di Suez, della famiglia friula-na Odorico. Si tratta di un apporto di imprenditori, progettisti, artigiani che resta in gran parte ancora da indagare e il cui approfondimento è affidato a fortuiti rinvenimenti di archivi di famiglia o al paziente spoglio di fonti bibliografiche di reperibilità non certo agevole, come per esempio le collezioni dei quotidiani pubblicati in Egitto in lingua italiana.

12 Vedi M. Volait, Il contributo italiano alla costruzione della città nuova di Helipolis / The Italian con-tribution to the construction of the new city of Heliopolis, in “Architetti e ingegneri italiani in Egitto dal diciannovesimo al ventunesimo secolo...”, op. cit., pp. 83 – 85 e Idem, Les bâtisseurs italiens d’Héliopolis: éléments pour un portrait de groupe, in The Presence of Italian Architects in Mediter-ranean Countries. Proceedings of the First International Conference Bibliotheca Alexandrina, Alexandria 15th-16th November 2007, Firenze, Maschietto editore, 2008, pp. 354-357.

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1. Edward Matasek, Villa Margherita dei fratelli Battigelli nel quartiere di Qasr al-Dūbāra, Il Cairo, disegno a china firmato e datato 10 settembre 1893 (collezione Chiara Battigelli, Firenze).

1. Edward Matasek, Vila Margherita bratov Battigelli v četrti Qasr al-Dūbāra, Kairo, podpisana risba s tušem datirana 10. september 1893 (zbirka Chiare Battigelli, Firenze).

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133gli architetti friuliani e gliuliani

2. Antonio Battigelli, Tomba del kedivè Ismā‘īl nella moschea Al-Rifā‘ī, Il Cairo, 1896 ca. (da “L’Illustrazione Italiana” XXIV, n. 9, 28 febbraio 1897, p. 142).

2. Antonio Battigelli, Grobnica kedivèja Ismā‘īla v mošeji Al-Rifā‘ī, Kairo, 1896 (“L’Illustrazione Italiana” XXIV, št. 9, 28. februar 1897, str.142).

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3. Max Herz, Antonio e Francesco Battigelli, Villa Zogheb, Il Cairo, 1898-1902, fronte verso la strada (da “L’Edilizia Moderna”, XI, n. 1, gennaio 1903, tav. I).

3. Max Herz, Antonio in Francesco Battigelli, Vila Zogheb, Kairo, 1898-1902, proti cesti obrnjena stran zgradbe (“L’Edilizia Moderna”, XI, št. 1, januar 1903, mapa I).

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4. Alessandra d’Egitto, Piazza Muhammad Alì, ora Mīdān Al-Tahrīr, a destra il palazzo Menasce di Antonio Lasciac con l’arco d’ingresso all’omonima galleria (Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico, Archivio Breccia).

4. Aleksandrija, Trg Muhammad Alì, sedaj Mīdān Al-Tahrīr, desno palača Menasce delo Antonia Lasciaca z obokanim vhodom v istoimensko galerijo (Univerza v Pisi, Oddelek za zgodovinske vede Starega sveta, Arhiv Breccia).

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5. Antonio Lasciac, Salāmlik di ‘Umar Sultān nel quartiere di Bāb al-Lūq, Il Cairo, 1907-08, demolito, padiglione d’ingresso visto dal giardino (foto A. Del Vecchio, Biblioteca della Accademia di San Luca, Roma).

5. Antonio Lasciac, Salāmlik ‘Umar Sultāna v četrti di Bāb al-Lūq, Kairo, 1907-08, porušen, pogled z vrta na vhodni paviljon (foto A. Del Vecchio, Knjižnica Akademije San Luca, Rim).

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6. Antonio Lasciac, Palazzo delle “Assicurazioni Generali”, shari Qasr Al-Nīl, Il Cairo, 1911, particolare della parte d’angolo (foto E. Godoli).

6. Antonio Lasciac, Palača “Assicurazioni Generali”, shari Qasr Al-Nīl, Kairo, 1911, detajli vogalnega dela zgradbe (foto E. Godoli).

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7. Antonio Lasciac, Banca Misr, shari Muhammad Farid n. 151, Il Cairo, 1922-27, facciata (foto E. Godoli).

7. Antonio Lasciac, Banka Misr, shari Muhammad Farid št. 151, Kairo, 1922-27, pročelje (foto E. Godoli).

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8. Antonio Lasciac, Ospedale pediatrico a Abu al-Rich nel distretto di Sayyida Zaynab, Il Cairo, 1930, demolito (foto A. Del Vecchio, Biblioteca della Accademia di San Luca, Roma).

8. Antonio Lasciac, Pediatrična bolnišnica v Abu al-Rich v okrožju Sayyida Zaynab, Kairo, 1930, porušena (foto A. Del Vecchio, Knjižnica Akademije San Luca, Rim).

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141arhitekti iz furlanije in julijske krajine

Fausta Cialente, izstopajoč lik militantnega antifašizma v koloniji Italijanov živečih v Egiptu, se v delu Ballata levantina (1961) spominja, da so se „pregnanci iz Romagne, Livorna in Neaplja, v begu pred papežem ali Burboni, ponoči vkrcavali na ladje in se nato, če niso našli kaj boljšega […], prekrcavali na ribiške barke, ki so plule iz Barlette, Taranta ali z obal Sicilije ter so se po tednih plovbe izkrcavali v Egiptu […] Predstavljala sem si jih kot legendarne begunce iz XIX. stoletja, zavite v dolga ogrinjala, z dolgimi lasmi in dolgimi bradami. Skoraj vedno so bili to učeni ljudje ali razumniki. Za njimi so čez čas prihajale žene, ki so ostale v Italiji, ali pa so se poročali z domačinkami. Njihovi otroci in vnuki […] so ohranjali dobre stare običaje in so kasneje v Aleksandriji ustanovili oblike pomoči v sili, ljudsko univerzo, civilno pokopališče in gradili spomenike z imeni Giordano Bruno, Garibaldi, Francisco Ferrer“.1 Začetek tega dolgoletnega političnega izseljenstva sega na začetek restavracije, ko so se jakobinci in bonapartisti odločili, da bodo sodelovali pri posodobitvi Egipta, ki se je je lotil Mohamed Ali. Po njih so se nato zgledovali karbonari, pripadniki „Mlade Italije“, republikanski mazzinijevci, garibaldinci, iredentisti, ki so prihajali iz italijanskih krajev pod avstroogrskim cesarstvom, anarhisti in antifašisti raznih političnih usmeritev.

1 F. Cialente, Ballata levantina, Baldini & Castoldi, Milano 2003, str. 126 – 127

Arhitekti iz Furlanije in Julijske krajine v političnem izseljenstvu v Egiptu

ezio godoli (Univerza v Firencah)

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Med temi pregnanci je bilo zlasti veliko arhitektov, saj so nekateri izmed njih zasedali visoke položaje in bili zato pogosto v stikih z državnim političnim vrhom. Za razumevanje njihovega prispevka k egiptovski arhitekturi gotovo ni zanemarljivo, da so bili mnogi člani ali privrženci političnih združenj, ki so se zavzemala za italijansko narodno samostojnost. Bili so glasniki nacionalistične ideologije, zato so v svojih stvaritvah skušali izdelati „nacionalni slog“ sodobnega Egipta, ki bi se znal upreti prevladujočemu posnemanju zahodnjaškega oblikovanja in ga je največkrat navdihovalo posnemanje starejših slogov. Italijanski arhitekti so med prvimi poudarjali pomen „nacionalnega sloga“ in kazali na islamsko arhitekturo (zlasti tisto povezano s krajevnim izročilom), kot na njegov najprepričljivejši vir, manj prepričljivo in stalno pa na faraonsko egipčansko arhitekturo.

Na mednarodnem natečaju za novi muzej egiptovskih starin v Kairu, ki so ga razpisali leta 1894, se je za slog v duhu faraonske egiptovske arhitekture odločilo več italijanskih konkurentov, začenši na primer pri Attiliju Muggi, ki je v poročilu o svojem projektu zapisal:„ […] danes sta za Egipt sprejemljiva le dva monumentalna sloga, in sicer: egipčanski iz časa antične civilizacije in arabski, ki se je tudi v Egiptu uspešno uveljavil preko muslimanske kulture. Drugi slogi so zgolj posledica uvažanj in niso primerni za tamkajšnje podnebje, izstopajo iz okolice in niso v skladu ne z običaji in ne s potrebami ter navadami kraja; njihovo uveljavljanje lahko pojasnimo le z vplivom številnih Evropejcev v tej državi. Renesančni slog, bodisi italijanski ali francoski, ki se odraža v sodobnih zgradbah v Egiptu, je lahko sprejemljiv za javne ustanove oziroma institucije, ki so nastale skoraj izključno zaradi evropskih ali sodobnih potreb, nikakor pa ne za zgradbe z nacionalnim ali monumentalnim značajem; v arhitekturi zgradbe se mora zrcaliti vsa lepota umetnosti, ki je za seboj pustila prekrasne primerke, ki pričajo o njeni veličini; in če bi bilo zgrajeno v italijanskem, francoskem ali nemškem renesančnem ali klasičnem slogu, bi šlo […] za mistifikacjio. […] Arabski slog predstavlja narodni slog sodobnega Egipta in ima kot tak razlog za prevlado. A če se ta slog zdi primeren za gradnjo arabskega muzeja […], se nam ne zdi primeren za gradnjo muzeja egipčanskih antičnih umetnin. Poleg tega najdemo v egiptovski arhitekturi tako čudovite in veličastne stvaritve, iz katerih je moč uporabiti številne elemente ter z njimi poustvariti nekakšno arhitektonsko sintezo vsega najlepšega iz antične arhitekture. Egiptovski slog s širokimi linijami […] se nam zaradi vsega tega zdi bolj primeren za gradnjo muzeja. Prav tako zavračamo očitek, da je muzej izključno sodobna in evropska institucija, ko so vendar poleg drugih znani in sloviti muzeji priključeni aleksandrijski knjižnici iz časa dinastije Ptolemejev”.2

Muggino razmišljanje odraža mnenje, s katerim so na splošno soglašali v Egiptu delujoči italijanski arhitekti oziroma tisti, ki so se bili v posebnih okoliščinah primorani soočati z vprašanji sodobne egiptovske arhitekture in

2 Lotus (Ing. Attilio Muggia), Musée des antiquités égyptiennes au Caire – Rapport explicatif et justi-ficatif devis descriptif, Tiskarna Zamorani e Albertazzi, Bologna 1895, str. 7-8. Glede natečaja in sodelovanja Italijanov glej M. Giacomelli, Ernesto Basile e il concorso per il museo di antichità egizie del Cairo 1894-1895, Edizioni Polistampa, Firenze 2010 e Concours pour le musée des Antiquités égyp-tiennes du Caire 1895, besedila zbrala E. Godoli e M. Volait, Picard – Cnrs - Dipsac, Paris 2010.

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143arhitekti iz furlanije in julijske krajine

sicer z nasprotovanjem uvažanju ne vedno najnovejših zahodnih modelov, s prepričanjem, da je treba podpreti razvoj nacionalnega sloga, ki je ukoreninjen v krajevne običaje, in z zavestjo, da bo pri izbiri med slogom, ki črpa iz islamske arhitekture, in tistim, ki se ozira v dobo faraonov, prevladal prvi, drugi pa bo sprejemljiv le na določenih področjih arhitekture.

Ko je Muggia podal te ocene, se je v egiptovski arhitekturi že trideset let razvijala islamska struja, katere začetniki so bili v šestdesetih letih Nemca Carl von Diebitsch in Julius Frantz ter Italijan Ciro Pantanelli, medtem ko se je v sedemdesetih letih arhitektura preusmerila bolj v iskanje elementov kairskega izročila s Francozi Ambroisom Baudryjem, Marcelom Gouronom Bois-Vertom in Charlesom Guimbardom.

Šele pred nedavnim so se začeli ukvarjati s časovnim sovpadanjem, ki je v zadnjih štiridesetih letih XIX. stoletja in v letih pred prvo svetovno vojno povezovalo nihajoče uspehe arhitekture islamskega navdiha z vprašanji egiptovskega nacionalizma, zaradi česar so menili, da ima politična elita jasno predstavo o pomenu kulturnega udejstvovanja pri oživljanju krajevnih običajev kot ideološkega gonila za uveljavljanje in ukoreninjanje nacionalne identitete.3

K zreli fazi arhitekture na muslimanski podstati z večjimi filološkimi negotovostmi pri oživljanju krajevne verske in posvetne arhitekture, so znatno prispevali arhitekti iz Furlanije in Julijske krajne, med katerimi najbolj izstopajo Tržačana brata Antonio (1859-1898) in Francesco (1861-1941) Battigelli ter Goričan Anton Laščak (1856-1946). Medtem, ko se glede Laščakove pripadnosti iredentističnim idealom sklepa bolj na podlagi njegovih življenjskih odločitev kot pa natančnih pričevanj o tem, s kom se je družil, in o njegovem političnem udejstvovanju, pa je pripadnost Battigellijev potrjena z njunimi prijateljstvi in aktivnim članstvom. Antonio Battigelli je bil sošolec in prijatelj Wilhelma Oberdanka, ki ga je spoznal na tržaški realki. Z njim je šel leta 1877 na Dunaj študirat inženirstvo. Med bivanjem v avstroogrski prestolnici naj bi prijatelja prisostvovala neki rodoljubni zabavi poljskih študentov in s seboj prinesla doprsni Dantejev kip, zavit v prapor- trobojnico ter v francoščini deklamirala svobodomiselne pesmi. Najbrž je po zaslugi tega prijateljstva Oberdank, ko ga je zasledovala policija, našel zatočišče pri gospe Luigi Sparovitz Maurer, bodoči tašči Antonija Battigellija, ki se je nato leta 1885 poročil z Giulio Maurer. Zavzemanje starejšega Battigellija za iredentistične cilje pa mu ni zaprlo vrat do naslova barona reda Franca Jožefa, ki mu je bil podeljen 27. maja 1894 zaradi pomembnosti njegovih del v Egiptu.

3 Glede vprašanja nacionalnega stila za sodobni Egipt, razvoja arhitekture, ki se napaja v islamskem krajevnem izročilu, in prispevka italijanskih arhitektov, navajam E. Godoli, Architetti e ingegneri italiani in Egitto: una emigrazione di lunga durata, in Architetti e ingegneri italiani in Egitto dal diciannovesimo al ventunesimo secolo / Italian Architects and Engineers in Egypt from the Nineteenth to the Twentyfirst Century, katalog razstave uredila E. Godoli e M. Giacomelli, Aleksandrija, Aleksandrijska knjižnica, 24. oktober – 25. november 2008, Maschietto Editore, Firence 2008, str. 12 - 45.

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Francesco Battigelli je leta 1880 sodeloval pri ustanovitvi tajnega društva Giuseppe Garibaldi, ki se mu je pridružil tudi Oberdank. Društvo je delovalo kakih trideset let in se je zavzemalo za ustanovitev „Nacionalne zveze“ v Trstu, ki naj bi predvsem spodbujala razvoj šol za ohranjanje italijanskega jezika in kulture. Drug prizor iz družinskega življenja priča, kako globoko ukoreninjena so bila protihabsburška čustva Francesca Battigelija. Odločno je namreč nasprotoval, da bi se njegova sestra Ersilia (1862-1943) poročila z mladim avstrijskim častnikom, ki ga je spoznala v Kairu na plesu avstrijskega veleposlaništva. Govorilo se je, da naj bi bil nezakonski sin Franca Jožefa. Brata Battigelli sta v Egipt prišla še kot otroka z očetom Serafinom, potomcem gradbenikov, rojenim leta 1832 v Gradišču ob Soči. V Trst se je preselil, da bi delal kot podjetnik v gradbeništvu, saj se je v mestu ponujalo delo. Kot se spominja družina, je podjetje Serafina Battigellija zgradilo, poleg več objektov v krajih Staville, S. Maria la Longa, Pušji vesi in v Miljah, še postajo na Miramaru, konjušnico na miramarskem gradu in kopališče Čedaz. Pri gradnji drugega kopališča (oziroma zabaviščnega parka), zgrajenega na kolih ob morju, ki ga je odnesla burja, je podjetje propadlo in Serafino Battigelli se je odločil, da ponovno poskusi v Egiptu. K tej odločitvi ga je spodbudil bančnik Pasquale Revoltella, na katerega se je mladi podjetnik obrnil po nasvete in pomoč. Ta dogodek je vreden omembe, saj je bilo Revoltellino zanimanje za izgradnjo Sueškega prekopa najverjetneje povezano s preselitvijo drugih strokovnjakov in inženirjev iz Furlanije in Julijske krajine v Egipt. Potem, ko je z ženo in tremi otroki v nižavju Ismā

cīliyya živel v enem od šotorov, ki so

jih postavili za tuje strokovnjake, se je Serafino Battigelli preselil v Kairo, kjer je intenzivno deloval. Med drugim je sodeloval pri gradnji mostu v Gīzi in zanj prejel odličje reda Mejidié.

Z delom je prišel do določenega blagostanja, zato je lahko poslal sinova študirat v Evropo. Antonio je po tržaški realki na dunajski Politehniki diplomiral iz inženirstva. Nato je leto dni služil pri 22. pešpolku ‘Freiherr von Weber’ v Zadru. Francesco pa je po srednji šoli v Trstu diplomiral iz inženirstva v Padovi in se leta 1884 specializiral na področju hidravlike. Brata sta se po študiju vrnila v Kairo in tam odprla studio “Battigelli Frères”. Ta je bil dejaven na raznih področjih gradbeništva in se je odlikoval po raznolikem strokovnem znanju od arhitekturnega projektiranja do strukturnih izračunov, od vodenja del do organizacije in nadzora na gradbišču. Ravno zaradi širokega razpona storitev je težko določiti vlogo obeh bratov pri raznih gradnjah, s katerimi sta povezani njuni imeni. Po pričevanju sorodnikov naj bi bile naloge v studiu razdeljene, pri čemer naj bi Antonio, ki je dobro poznal italijansko kolonijo v Kairu in je bil ljubitelj mondenega življenja, skrbel za stike z javnostmi in sodeloval pri projektiranju, ki mu je posebej ležalo, brat Francesco pa je preučeval vodoureditvene projekte in vodil ter nadzoroval gradbišča. Med glavnimi deli pri urejevanju voda se pri izlivu in po dolini Nila omenjata prekop Nubarieh, ki je bil v določenem obdobju znan tudi kot „Battigellijev prekop“, in sodelovanje pri Asuanskem jezu. Med raznimi objekti, pri gradnji katerih sta sodelovala Battigellija, ena izmed

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145arhitekti iz furlanije in julijske krajine

Antonijevih vnukinj omenja “Hotel d’Angleterre, Grand Hotel Continental, kopališče Helman-les Bains, Hotel Luxor, […], vilo Jussuf Cattaui Bey, palačo podkraljice matere Abbasa II., palačo Russeni paše, grobnico paše Kedivé Ismaila, [...] palačo Muhamed Alì Paše, Egiptovski narodni muzej [...], železniško postajo v Kairu, palačo plinske družbe, italijansko šolo in nunski samostan v Ismailiji, Tobačno tovarno, Hotel Mena Haus [...] in vilo Battigelli (Margherita), ki je bila kasneje sedež britanskega veleposlaništva”. 4

Mnoge od navedenih objektov so po najnovejših virih načrtovali drugi arhitekti ali inženirji raznih narodnosti, natančnejših podatkov, da bi opredelili vlogo obeh bratov pri njihovi izvedbi, pa ni.

Francescovo strokovno znanje na področju hidravlike je najbrž botrovalo, da sta se brata Battigelli spoznala s Francescom Zaffranijem, ki je bil od leta 1869 lastnik gradbenega podjetja (to se je leta 1896 združilo s podjetjem Giuseppa Garozza) in mu je egiptovsko Ministrstvo za javna dela zaupalo izvedbo pomembnih del, kot so bili izkopi prekopov in izvedba del na njih ali asuanske akumulacije.5 Najbrž sta bila brata preko tega znanstva – čeprav se ne ve natančno, kaj so bile njune naloge, gotovo pa nista bila projektanta – vključena v izvedbo del v Kairu, ki so bila dodeljena v izvedbo podjetju Garozzo – Zaffrani, od muzeja egipčanskih starin do Grand Hotela Continental. Naris pročelja vile Margherita v četrti Qasr al-Dūbāra, na katerem je zapisan datum 10. september 1893 in nosi podpis Edwarda Mataska – na njem so srednjeveške prvine križane s stilističnimi motivi neoquattrocenta – navaja k domnevi, da bi studio, katerega lastnik je bil ta avstrijski arhitekt skupaj z družbenikom Yūsufom Cattauijem Beyem, utegnil sodelovati pri gradnji Battigellijeve rezidence. Ime obeh bratov sicer, po spominu njunih potomcev, povezujejo z gradnjo vile v Cattauiju v četrti Garden City.

Zgodba o plodnem delovnem sodelovanju bratov se je tragično končala leta 1898, ko je Antonio zbolel za amebno grižo, takrat smrtonosno tropsko boleznijo, ker je pil vodo iz Nila. Kljub hospitalizaciji na specialistični dunajski kliniki Sanatorium Furth na Schmidgasse, je 3. septembra umrl. Leta 1900 se je Francesco, po zaprtju kairskega studia, vrnil v Italijo in se najprej nastanil v Livornu, kjer je stanoval v četrti Ardenza, nato pa se je odselil v Firence.

Med najslavnejšimi deli Battigellijev sta dva pomembna prispevka k muslimanski arhitekturni struji v Kairu: grobnica Kedivè Ismācīl v džamiji Al-Rifācī (približno 1896), načrte zanjo pripisujejo Antoniju, in vila Zogheb (1898-1902). Pri njeni izvedbi sta brata sodelovala z madžarskim arhitektom Maxom Herzem. To stavbo je kot izredno pomembno v reviji “L’Edilizia Moderna” predstavil Gaetano Moretti. Članek se ukvarja s po mnenju Italijanov osrednjim vprašanjem sodobne egiptovske arhitekture. „Čudi, da nam Egipt, dežela, ki je

4 Za ta seznam del in za vse podatke o družini Battigelli gre moja zahvala Chiari Battigelli, Antonijevi vnukinji, ki mi je dala na razpolago rokopis I Battigelli – Trieste, v katerem je rekonstruirala zgo-dovino svoje družine po svojih spominih in po pričevanju nekaterih sorodnikov.

5 Za tega podjetnika glej L. A. Balboni, Gl’Italiani nella Civiltà Egiziana del Secolo XIX°. Storia - bio-grafie – monografie, tiskarna V. Penasson, Aleksandrija 1906, II. del, str. 228-229.

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od nekdaj tako izstopala po svoji arhitekturni umetnosti, ta dežela, kjer se je gradbeništvo, od pradavnih ogromnih masivnih zgradb do žlahtnega izrazja arabske umetnosti, od nekdaj uveljavljena po izvirnih in nezaslišano drznih zamislih in izvedbah“ začenja Moretti „danes, v teh srečnih časih političnega in gospodarskega razcveta na področju sodobnega gradbeništva, ne more ponuditi nobenega dokaza, da premore neko lastno značilnost ali da bi vsaj nekaj nakazovalo na zdravo obujanje tukajšnjega plemenitega krajevnega izročila in iz njega jemalo navdih za njegovo vešče prilagajanje okusu in potrebam prenovljene družbe.“6� Žolčno razpravo Moretti zaostri in se spravi nad “kričečo prostaškost [...] pijavk v tej stroki”, dejstvu, da se pušča prevlada “tuji prvini” in da se “kar naprej vabi tuje strokovnjake in podjetnike”, to “krdelo požrešnih rokovnjačev”, katerih stvaritve “itak le slabo oponašajo običaje svojih krajev in jim ni mar, ali obstaja kak razlog, da bi se neka arhitektura, ki ima svoj razlog za obstoj v Franciji, Nemčiji, Angliji ali Rusiji, lahko prilagodila deželi, kot je Egipt“, nakar zaključi v upanju, da se bo deželi uspelo „otresti tako zastavljenih stvari“, ko se bo „nacionalnemu načelu, združenemu z občutkom za umetnost“ uspelo „pred svetom ponovno uveljaviti po sledeh svoje bleščeče tradicije“ in ko „bo njeno neskončno prebivalstvo, ki ga sedaj tako podlo zatirajo, znalo izkoristiti naravno ostrino svojega uma, nebrzdane nagone, razgledanost, ki jim jo z nenamerno darežljivostjo prinašajo številni izkoriščevalci te dežele, in bo prišlo do neusmiljenega izbruha na škodo vseh tujcev.“7 S tega stališča pozdravlja vilo danskega konzula Zogheba, v Qasr Al-Nīl kot “genialno in vešče obujanje značilnega krajevnega sloga”, kot primer “sloga, ki je v tej deželi nastal in se tako uspešno razvil in se danes kaže kot najustreznejši za egiptovsko prestolnico.” 8

Medtem, ko ostajajo podatki o arhitekturi bratov Battigelli nedorečeni in nenatančni, je več znanega o dejavnosti Antona Laščaka v Egiptu, čeprav bo potrebno še dodatno raziskovati, da bi v popis vključili vsa njegova dela. 9

Iz časa njegovega prvega bivanja med letoma 1882 in 1888 so vsa dela strnjena v Aleksandriji, kjer je sodeloval pri obnovi evropskega srca mestnega središča,

6 G. Moretti, La Villa Zogheb in Cairo. Due parole sull’architettura moderna in Egitto, “L’Edilizia Moderna”, XII, zvezek I, januar 1903, str. 1.

7 Prav tam, str. 1–2.

8 Prav tam, str. 3.

9 Od dosegljivih virov o goriškem arhitektu navajam: M. Volait, Un architecte face à l’Orient: Antoine Lasciac (1856-1946), v La fuite en Egypte, uredil J. C. Vatin, Cedej, Il Cairo 1989, str. 265-273; D. Barillari, La villa ‘Egiziana’ di Antonio Lasciac a Gorizia: revival islamico nella Mitte-leuropa, v „Architetti italiani nel Levante e nell’Africa settentrionale“, Quasar. Quaderni di storia dell’architettura e restauro (Firence), št. 18, julij - december 1997, str. 19 – 30; prav tam, Les bâti-ments de la compagnie des Assicurazioni Generali au Caire, v Le Caire – Alexandrie architectures européennes, uredil M. Volait, “Études urbaines”, št. 5, 2001, str. 35 – 48; M. Chiozza, Antonio Lasciac. Tra echi secessionisti e suggestioni orientali, Edizioni della Laguna, Mariano del Friuli (Gori-ca) 2005; Da Gorizia all’impero ottomano Antonio Lasciac architetto Fotografie della collezione Alinari, katalog za razstavo, uredil E. Godoli, Gorica, Palača Attems – Petzenstein, 29. september 2006 – 4. februar 2007, Fratelli Alinari, Firence 2006.

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147arhitekti iz furlanije in julijske krajine

ki je gravitiralo okrog Place des Consuls (kasneje Place Méhémet Alì in danes Mīdān Al-Tahrīr), in je bilo uničeno med angleškim topovskim obstreljevanjem leta 1882. V slogovnem pozahodnjačenju novogradenj, ki se dvigajo okrog trga in v njegovi bližini – tega je posebej kritiziral Moretti10 – pozornosti ne zbuja le namen, da se zaznamuje evropski duh tega dela mesta, temveč tudi znak distanciranja od orientalskih oblik, ki ne sovpada po naključju z vojaškim porazom nacionalističnega gibanja polkovnika Ahmada Orabija, ki so ga porazile Britanske ekspedicijske sile. Laščak se je prilagodil prevladujočim strujam in se osredotočil na obujen slog cinquecenta, ki ga na železniški postaji v Ramlehu (1883) zaznamujejo stroge linije, medtem ko se ozira za rimskim cinquecentom pri večstanovanjskih hišah, zgrajenih v rue Chérif Paše (1883-88), danes sh. Salah Salem, pri stanovanjski zgradbi, zgrajeni za židovsko skupnost v sh. Nabi Daniel (1886-87) ali pri palači Menasce (1883-87) na Place des Consuls s pasažo s tlorisom v obliki križa, ki je očitno povzet po tistem iz palače Tergesteo v Trstu. Pri palači Primi (1886-87), njeno pročelje gleda na isti trg, so v slog neocinquecenta vneseni neobaročni motivi, medtem ko je ogromno stebrišče v palači Aghion (1887), ki spominja na Philiberta Delorma, postavljeno v eklektični klasicizem v sozvočju z usmeritvami humbertovske arhitekture.

Potem ko se je med letoma 1888 in 1895 zaman skušal vključiti v strokovne kroge v Rimu, se je Laščak odločil, da se vrne v Egipt, kjer je (pretežno v Kairu) deloval do začetka tridesetih let.

V obdobju med 1895 in 1907 (ko so ga povabili za glavnega arhitekta za kedivove palače Chedive palace) začne Laščak eksperimentirati in se pri tem očitno trudi posodabljati svoje delo, na kar kažejo postranski primeri rabe okrasja art nouveu, na primer pohištva v enem od salonov v palači Sācīd Halīm paše (1899) ali okrasja na stropovih ali na vratih vile S.A. cAlī bey Galāla (1900). Prvi, tudi v italijanskem kontekstu, najzgodnejši znaki Laščakovega modernizma, so vidni v palači Dā’ira Galāl paše (1896-97) in v vili palače Dā’ira Galāl paše (1896-97). Ta dela so lepo opisana v reviji “L’Edilizia Moderna”11, ki je običajno pridno spremljala razvoj modernizma. V njem nove prvine v izrazju sobivajo z uvedbo najsodobnejših gradbenih tehnik (na primer armiranobetonskih plošč, izdelanih po Hennebiquovem sistemu).

Laščakovo modernistično udejstvovanje je dokončno potrditev dobilo z dvema primeroma arhitekture v Kairu, veliko trgovino z oblačili ‘La Grande Fabrique Stein’ (1904) in z neizvedenim projektom za poslovno zgradbo družbe ‘Walker & Meimarachi’ (1906). Oba projekta očitno kažeta dunajski vpliv. V naslednjih letih gredo njegova dela v dve smeri: k v preteklost zazrtemu historizmu, ki niha med vračanjem k neorenesančnim oblikam ali pa ga navdihuje baročni klasicizem (ta

10 “Če novi del Aleksandrije, ki je bil ponovno zgrajen po obstreljevanju leta 1882“ piše Moreti „ ne kaže posebnega zanimanja z vidika arhitekturne izraznosti, pa je na drugi strani Kairo […] puščal in še vedno pušča več možnosti za uveljavljanje sodobne gradnje [...]” (G. Moretti, citat, str. 2).

11 Glej Palazzo Daira Djelal Pascià in Cairo, “L’Edilizia Moderna”, IX, zvezek VII, julij 1900, str. 49-50, slike 33-35 in Il villino della Daira Djelal Pascià in Cairo, prav tam, X, zvezek VII, julij 1901.

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prevladuje pri vilah novega egiptovskega plemstva) in k vračanju h krajevnemu izročilu islamske arhitekture z drugačno stopnjo filološkega obzira. Pomenljivo je, da je ena njegovih najpomembnejših stvaritev v tej smeri, Salāmlik cUmar Sultāna v kairski četrti Bāb al-Lūq (1907-08) – vzorni prikaz učenjačkega vračanja k mameluškim oblikam v Kairu, ki je svojo filološko doslednost prignalo do reprodukcije maqcad Mamay (1496) v loži, ki vodi v vrt – nastala neposredno po sklicu volilne narodne skupščine, ki jo je leta 1907 vsililo nacionalistično gibanje pod vodstvom Mustafa Kamil paše. Med raznimi projekti in izvedbami je Laščak znatno in dolgo časa prispeval k muslimansko navdahnjeni struji egiptovske arhitekture, znotraj katere najdemo nekatere najbolj reprezentančne kairske stavbe, kot sta poslopje zavarovalnice Assicurazioni Generali iz Trsta v Qasr al-Nīl (1911) in sedež banke Banca Misr v Shari Muhammad Farīd (1922-27). Notranjost banke s svojo eklektično mešanico motivov iz raznih islamskih izročil zgovorno priča o temeljitem poznavanju arabske dekorativne umetnosti, združenem z izvirno sposobnostjo predelave. To potrjuje tudi otroška bolnišnica Abū al-Rich, v kairski četrti Sayyida Zaynab. Načrti zanjo so bili narejeni leta 1930. Z njo se zaključuje niz Laščakove arhitekture z muslimanskim navdihom.

Gre za prosto predelavo arhitekturnih motivov iz mameluške zbirke v sodobne oblike, z rahločutnim prilagajanjem tehniki gradnje z armiranim betonom in potrebam po varčevanju pri materialih ter delu specializiranih delavcev. Bolnišnica je še en dokaz, koliko pozornosti je avtor namenjal umeščanju v prostor in kako odločno se je zoperstavljal mednarodni govorici tudi pri poenotenju po posameznih vrstah gradnje – na primer pri bolnišnicah – pri katerih je bilo tovrstno poenotenje že širše sprejeto.

Brata Battigelli in Laščak so najvidnejši predstavniki preseljevanja arhitektov, podjetnikov, delovodij in obrtnikov iz Furlanije in Julijske krajine v Egipt. Njihov prispevek na področju gradbeništva je vsej prej kot zanemarljiv. Med graditelji novega mesta Helipolis je bilo več izvajalcev, na primer Riccardo Thomann in Edoardo Cherini, ki jima je bilo skupno to, da sta se šolala v Trstu12. Obstajajo podatki o tem, da je furlanska družina Odorico izdelovala mozaike, predvsem v mestih ob Sueškem prekopu. Svoj prispevek so dali podjetniki, projektanti in obrtniki. Ta prispevek je treba v veliki meri raziskati. Takšna odkritja pa so odvisna od naključnih najdb v družinskih arhivih ali od potrpežljivega iskanja po ne najlaže dosegljivih virih, kot je na primer dnevno časopisje v italijanskem jeziku, ki je izhajalo v Egiptu.

12 Glej M. Volait, Il contributo italiano alla costruzione della città nuova di Helipolis / The Italian contribution to the construction of the new city of Heliopolis, v Architetti e ingegneri italiani in Egit-to dal diciannovesimo al ventunesimo secolo..., citat, str. 83 – 85 in prav tam Les bâtisseurs italiens d’Héliopolis: éléments pour un portrait de groupe, v The Presence of Italian Architects in Mediterranean Countries. Proceedings of the First International Conference Bibliotheca Alexandrina, Alexandria 15th-16th November 2007, Maschietto editore, Firence 2008, str. 354-357.

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The architects of the Friuli Venezia Giulia region and the Italian political emigration to EgyptEzio Godoli - University of Florence

Abstract

Since the early years of the Restoration, Egypt was one of the preferred Mediterranean destinations of a political migratory movement, that initially included the Jacobins and Bonapartists, who had chosen to participate in the modernization process of Egypt carried out by Muhammad cAlī. Their example was later followed by carbonari, affiliates of the movement “Giovine Italia”, Mazzinian republicans, Garibaldins, Italian irredentists of the Hapsburg Empire, anarchists and finally anti-fascists.

Among the expatriates there were numerous architects. Some of them achieved positions of high responsibility that involved frequent contacts with the political leadership of the country. The fact that many of them sympathized with the political organizations that supported the Italian national independence process is not a negligible biographical aspect if we want to understand Egyptian architecture. Their nationalist ideology brought them to search a “national style” of modern Egypt in their works, which could be opposed to the predominant imitation of Western forms. Italian architects were among the first to raise the issue of a “national style” based on Islamic architecture and, to a lesser extent, on Pharaonic Egypt (many Italian competitors submitted their own projects inspired by Pharaonic architecture at the international competition for the new museum of Egyptian antiquities in Cairo, launched in 1894).

The Italian architects operating in Egypt widely shared an opposition towards importing Western models, since they were aware of the need to encourage the development of a national style based on local traditions and were convinced that the Islamic-inspired style would prevail over the Pharaonic-inspired style.

In the last forty years of the 19th century and in the years preceding World War I, the fluctuating success of Islamic-inspired architecture was linked to the events of Egyptian nationalism. This fact suggests that political elites were clearly aware of the importance of recovering local traditions as an ideological stimulant for the affirmation and intensification of a “national identity”.

When this Islamic trend reached its peak, significant contributions were made by some architects from the Friuli Venezia Giulia region such as, among others, the brothers Antonio and Francesco Battigelli from Trieste and Antonio Lasciac from Gorizia. Lasciac’s adherence to the ideals of Irredentism is evidenced more by the choices he made in his life rather than by precise information on his political activity, whereas Battigellis’ is confirmed by their friendships and involvement as militants. Antonio was a classmate and friend of Guglielmo Oberdan, whereas Francesco participated in 1880 to the founding of the secret society known as

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‘Circolo Giuseppe Garibaldi’, which continued to operate for nearly thirty years and promoted the constitution of the ‘Lega Nazionale’ in Trieste.

Antonio graduated in engineering at the University of Vienna, while Francesco graduated in hydraulic engineering at Padua in 1884. After graduation the two brothers opened the study “Battigelli Frères” in Cairo, which operated in various sectors and was characterized by a range of diverse skills: from architectural design to the calculation of structures, from work supervision to work organization and surveillance of construction sites. Their partnership ended in 1898, when Antonio died of amebiasis. In 1900 Francesco shut down the operations in Cairo, returned to Italy and settled first in Livorno, then in Florence.

Among the best known works of the Battigelli brothers we have to mention two important Islamic-inspired buildings in Cairo: the tomb of Khedive Ismācīl at the mosque in Al-Rifācī (1896 ca.), and the villa Zogheb (1898-1902) which was built in collaboration with the Hungarian architect Max Herz. This Neo-mamelukan villa was extensively illustrated by Gaetano Moretti in the magazine “L’Edilizia Moderna”. He described it as “a brilliant and wise resurrection of the typical local style [...], which originated and successfully developed in the country and still represents the most appropriate style for the capital of Egypt.”

Antonio Lasciac operated in Egypt in two distinct periods. During the first (1882-1888) he concentrated his works in Alexandria, where he participated to the reconstruction of the European city center around Place des Consuls destroyed by British shelling in 1882. The neocinquecentista style (sometimes contaminated with Neo-Baroque motifs) that dominates the new buildings around the square and in its surroundings clearly shows the intention to mark the European character of this part of town, but also to move away from orientalistic forms in coincidence with the military defeat of the nationalist movement of Colonel Ahmad Orabi by the British expeditionary force. After a number of unsuccessful attempts to enter the architectural elite in Rome between 1888 and 1895, Lasciac decided to return to Egypt, where he worked (mainly in Cairo) until the early 1930’s.

Between 1895 and 1907 (when he was nominated chief architect of the Kedivial palaces), he clearly undertook a modernization process, which was also expressed by the adoption of Art Nouveau decorative techniques. Lasciac’s earliest and most original modernistic results can be seen in the Dā’ira of Pasha Galāl (1896-97) and in the cottage of the Dā’ira of Pasha Galāl (1897-1900). In these buildings he combined expressive innovations with advanced construction techniques (such as the concrete floors based on the Hennebique system).

In later years, his work followed two different paths: the first was based on a backdated historicism, ranging from the revival of Neo-Renaissance or Baroque Classicism-inspired forms, mostly for the homes of the young Egyptian aristocracy, while the second originated from the reinterpretation of local Islamic architecture. One of his most significant contributions in this field is the cUmar Sultān Salāmlik in the Bāb al-Lūq Cairo district (1907-08), an excellent example

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of recovery of the Mamelukan architecture models of Cairo – and it has to be underlined that it was built immediately after the convocation of the National Elective Assembly, that the nationalist movement and its leader Mustafā Kamil imposed in 1907. Lasciac offered a substantial contribution to the Islamic-inspired Egyptian architecture: among his most representative work there are the Assicurazioni Generali of Trieste palace built in Qasr al-Nīl in Cairo (1911) and the headquarters of the Misr Bank in Shari Muhammad Farīd (1922-27). The interior design of the bank, with its eclectic mix of motifs from different Islamic traditions, is an eloquent result of an in-depth knowledge of Arab decorative techniques and of an original way of re-elaboration. These elements were later reconfirmed by the architect at the Abū al-Rich Children’s Hospital in the Cairo district of Sayyida Zaynab (1930). The building, which is a free transcription in modern forms of the architectural motifs derived from the Mamaluk repertoire, is adapted to the construction technique based on reinforced concrete and the need to reduce material and labor costs and represents another example of Lasciac’s attention to the problem of ambientation and of his rejection of an international language, even as regards building types – such as hospitals – that have already widely adopted it.

Brothers Battigelli and Lasciac represent the tip of a migratory movement to Egypt of architects, contractors, home builders and craftsmen from the Friuli Venezia Giulia region, who gave a significant contribution to the construction sector: among the builders of the new town of Helipolis there were many professionals, for example Riccardo Thomann and Edoardo Cherini, who graduated in Trieste. Moreover, we have to mention the intense activity in the field of mosaic art of the Friulian family Odorico in the cities along the Suez Canal. These contributions by entrepreneurs, designers and craftsmen are still largely unknown and their analysis is based only on incidental findings in various family archives or difficult-to-find bibliographic sources.