Gli animali parlanti

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TRIMESTRALE | ANNO 1 | N. 4 AUTUNNO 2009 | € 7.00 GLI ANIMALI PARLANTI

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Gli animali parlanti

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TRIMESTRALE | ANNO 1 | N. 4

AUTUNNO 2009 | € 7.00

GLI ANIMALIPARLANTI

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UNDUETRESTELLA Laboratorio di CartaTrimestrale | anno 1 - n° 4 | autunno 2009

c/o Manifatture KnosVia Vecchia Frigole, 34

73100 [email protected]

www.unduetrestella.org

DIRETTORE RESPONSABILE:

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DIREZIONE ARTISTICA:

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COLLABORATORI:

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SCRITTORI E ILLUSTRATORI:

Cristina Amodeo | [email protected]

Eleonora Bellini | [email protected]

Cecilia Botta | [email protected]

Philip Giordano | [email protected]

Samuele Larocchia | [email protected]

Giovanna Lopalco | [email protected]

Martina Merlini | [email protected]

Lino Ottomano | [email protected]

Arianna Papini | [email protected]

Barbara Pizzo | [email protected]

Mauro Scarpa | [email protected]

Daniela Volpari | [email protected]

SI RINGRAZIA:

Si ringrazia il Museo di Storia Naturale di Calimera (Lecce), Giusi Ferrari per www.animalmente.it e il Prof. Livio Sossi per il sostegno e i preziosi consigli.

PROGETTO GRAFICO:

Farm - Comunicazione e progetti culturaliwww.farm37.it

COPERTINA:

Maddalena Gerli | [email protected](L'ora del thè! - Acrilico e collage)

PUBBLICATO DA:

Lupo Editorewww.lupoeditore.com

CON LA COLLABORAZIONE DI:

Manifatture Knoswww.manifattureknos.org

Unduetrestella - Laboratorio di Carta è un progetto nato

da un’idea di Cosimo Lupo, Paolo Guido e Alessandra Lani.

ABBONAMENTI:

- È possibile abbonarsi o acquistare i singoli numeri e gli ar-

retrati della rivista online sul sito www.unduetrestella.org

© Lupo Editore 2009 - Tutti i diritti riservati. Nessuna par-

te di questa rivista può essere riprodotta senza il preventivo

assenso dell’editore.

In attesa di registrazione.

Finito di stampare nel mese di ottobre 2009.

S O M M A R I O

A LUCCIOLE SPENTEPAROLE | Barbara PizzoILLUSTRAZIONE | Daniela Volpari

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18 STELLARIUMFRAMMENTI DI LIBRI E TEATRO

10 POSTERILLUSTRAZIONE | Philip Giordano

8

PENNA & MATITASCRITTURE DI IERI, IMMAGINI DI OGGI

L’AUTORE | FedroL’ILLUSTRATORE | Arianna Papini

6FIABASTROCCA DI BALÌPAROLE | Lino OttomanoILLUSTRAZIONE | Cristina Amodeo

16LA STORIA DELLA GALLINA PINAPAROLE | Samuele LarocchiaILLUSTRAZIONE | Cecilia Botta

GLI ANIMALIPARLANTI

LA GABBIA DEI CONIGLIPAROLE | Mauro ScarpaILLUSTRAZIONE | Martina Merlini

LA STORIA CHE NON C'ÈPAROLE | Eleonora BelliniILLUSTRAZIONE | Giovanna Lopalco

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Quando ero piccolo avevo un canarino. Ero sicuro mi par-lasse e ogni giorno chiacchieravamo del più o del meno. Una mattina ero un po’ triste e lui mi disse: “non temere, fi nché ci sarò io non ti accadrà nulla di brutto”. Il mattino dopo volò via.

Il cane dei vicini mi disse che aveva seguito una rondine, di quelle appena tornate per la primavera alle porte. Quel canarino volato via fu il mio addio all’infanzia, tra le canzoni disperate dei gatti alla luna e i bisbigli delle cicale - che anche se non vedi tramano di un mondo fatto di cose piccole - io crescevo.

Lontano da quel mondo che sulla strada si è perso, distrat-to dalla vita che si ostina ad ascoltare la gente sognavo di cavalli che piangevano il loro destino. Quello dei recinti, che per altri sono gabbie, sbarre, stanze dove la vita è costretta. E da subito, o quasi, ho scoperto che solo l’immaginario non ha catene e che è rifugio dove tutti possiamo nasconderci e farci raccontare storie fantastiche da chi del mondo ha conservato la vera natura: gli animali.

A loro è dedicato questo nuovo numero di UnduetreStella; abbiamo provato a dare voce agli animali e abbiamo scoperto

che essi hanno ancora molto da dirci e, proprio come nelle favole di Fedro, interagiscono con l’uomo trasformandosi tal-volta in grandi saggi, altre in oracoli, altre ancora in profeti per indicargli la retta via, metterlo in guardia, ammonirlo.

In altre storie invece, gli animali costituiscono semplice-mente un universo chiuso, una comunità i cui membri inte-ragiscono tra di essi e mai con gli uomini; a voler osare una lettura tra le righe si direbbe che l’uomo non ha forse più bisogno di “pareri esterni”? Non abbiamo voluto cimentarci in ulteriori interpretazioni, preferendo lasciare al lettore even-tuali congetture.

Nei racconti e nelle immagini di questo numero la natu-ra riprende la parola e in un attimo riscopriamo un idioma universale, un linguaggio antico che credevamo dimenticato ma che ci accorgiamo, sorprendentemente, di saper ancora comprendere.

Basta solo fare silenzio,

porgere l’orecchio...

stare ad ascoltare.

PAROLE | Osvaldo PiliegoILLUSTRAZIONE | Maddalena Gerli(Merenda al volo - Acrilico e collage)

IO, IL MIO CANARINO E IL RESTO

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PAROLE | Barbara Pizzo

ILLUSTRAZIONE | Daniela Volpari (È tardi! è tardi! - Acrilico)

UNDUETRESTELLA | 5 |I RACCONTI

A LUCCIOLESPENTE

Una volta, c’era, che il buio era davvero buio, qualche notte tanto fonda da apparire più che nera. Accadeva d’estate, tanto tempo fa.

Non aveva colore il cielo, non la terra. Non scurivano le cose all’annottare. Semplicemente sparivano. Accadeva di col-po, talvolta, dopo il tramonto. Sparite, le cose, come ingoiate.

Il bambino sapeva quelle notti, quando nel cielo la luna, dopo essersi fatta grande da poterla toccare, torna infine di nuovo piccina, come cucciolo d’uomo che cresce per farsi an-cora infine bambino. Quelle notti che nel cielo, percorso ogni colore dal ghiaccio al miele caldo da farla arrossare, la luna si nasconde chissà dove, lei come il sole e tutte le altre stelle. Quelle notti che il cielo si svuota come una pancia vuota, che il cielo non è cielo e terra non è terra, che tutto pare immobi-le, pietra piante animali e tempo, che anche tempo e acqua e vento sembrano fermarsi, e tutto è zitto e zitti tutti, nemmeno un fiato.

Il bambino temeva quelle notti. Aveva paura del buio. E il silenzio più profondo non aiutava il sonno.

Quelle notti il bambino esercitava l’udito. Si sforzava di ten-derlo, farlo sottile sottile, acuminato e scintillante come una lama che potesse penetrare quel silenzio senza forma né ombra a percepire un qualsiasi suono, anche il più tenue. Il crescere dell’erba, il posarsi di una foglia. Quella lama avrebbe brillato prima o poi, illuminato almeno un poco.

Ne erano occorse tante, di quelle notti, tante e ancora una.Inaspettatamente gli sembrò di udire una voce. Il bambino

non osava muoversi.Tese ancora più l’orecchio. La vocina sembrava lontana tan-

to era fioca.

La vocina cantava. Il bambino non capiva le parole: troppo lontane. Eppure voleva, doveva coglierle. Fermo nel letto, spin-se oltre il suo orecchio. Raggiunse la voce sul davanzale della finestra aperta per il caldo estivo. E ascoltò quelle parole.

Era un canto leggero e buono, tremulo come luce di cande-la. La paura si era fatta piccola.

Il bambino si alzò e a passi silenziosi si diresse alla finestra. La voce cresceva, da candela a lanterna. Ma quando fu alla fi-nestra, la voce cessò di colpo.

«No» sussurrò per non farsi sentire dai grandi nella stanza accanto. «No, per favore. Ti ho trovata e te ne vai?»

Ancora non capiva, il bambino, a chi stesse parlando. Non capiva, ma si fidava di quella voce buona. Nel buio della notte non vedeva. Non avrebbe potuto dare volto a quella voce, né in quel silenzio capire se chi prima cantava fosse ancora lì.

Il bambino comprese che senza la guida di quel canto non avrebbe ritrovato la strada. Cercò allora la voce più dolce e disse piano la sua paura: «Scusami, non volevo disturbarti. Io mi perdo in queste notti. Ci sei? Se solo cantassi ancora potrei

tornarmene a letto. Non dirò altro, lo prometto. Mai più una parola. Ti ascolterò da lontano, se solo me lo permetterai.»

«Non mi farai male?»Il bambino s’illuminò.«Volevo solo conoscerti. Mi piace ricevere visite. Non capita

spesso, sai?»«Io sono sempre qui.»«Davvero? Non è strano? Tutt’e due qui e non ci siamo mai

visti.»«Io ti vedo tutte le sere, quando vai a letto.»La questione non era chiara.«Ma io come ho potuto non vedere te?»«Io sono una lucciola.» E la lucciola si raccontò al bambino.

Una volta, c’era, che il buio era talmente buio da inghiottire ogni cosa. Accadeva, in quelle estati, che neppure le luccio-le potessero illuminare. Stoppini spenti, piccole e scure, se ne uscivano dai rifugi al tramonto, innamorate della luce ma così delicate da non poter sopportare quella del giorno. Di notte in-tonavano un canto che l’uomo non poteva udire, che solo l’udi-to raffinatissimo del bambino poteva finalmente raggiungere.

Il bambino sforzò di più l’orecchio. Oltre la finestra ancora il canto, intonato da miriadi di voci. Delicato come un vetro.

Le lucciole cantavano ogni notte per luna e stelle, brillasse-ro nel cielo, fossero nascoste dalle nubi o inghiottite anch’esse dal buio più buio. Amavano la luce. Come quella del sole la luce degli astri notturni, cui potevano esporsi senza timore. La not-te cantavano e all’apparire dell’aurora bevevano gocce fresche di rugiada per poi andare a ripararsi.

«Canterò per te, stanotte. Potrai tornare al tuo letto e pren-dere sonno. E se vorrai tornare a trovarmi, per tutta l’estate sarò qui, sul tuo davanzale.»

Il bambino ringraziò. Salutò e tornò a letto, trovando facil-mente la strada. Ma ancora non poteva dormire. Era sollevato dallo scoprire che anche le notti che il buio è più buio non tutto si ferma, era felice di avere una nuova amica.

Voleva fare qualcosa per lei. Allora decise.

Tornò il sole poi luna e stelle. Fu nella notte più luminosa che il bambino uscì dalla stanza. Non disse nulla all’amica, che continuava con le altre il canto. Salì le scale fino in soffitta, da lì al tetto e con lo sgabello più alto raggiunse le stelle. Sottovo-ce spiegò loro l’idea e via a letto.

Quella volta che il sonno fu più profondo, sulla terra piov-vero copiose lacrime di stelle.

Le lucciole le bevvero con la rugiada del mattino.

Da allora le notti d’estate brillano di stelle e di luna e di lucciole.

E non c’è più notte tanto fonda da apparire più che nera.

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Giallo di piume con gli occhi nel sole l’uccello Balì ancora non saQuel che tra poco gli capiterà!Poi ché volareè quel che un uccello al meglio sa fare,se ne va, complice il vento,a sbatter sui vetri d’un convento:“Ohi che botta!” lamenta tra séE s’accorge che al BeCCO s’è schiacciata la E.

Fra’ Ciribì, che d’uccelli s’intende,Osserva la scena ed esclama spiacente:“sei il terzo uccellino schiantato al mattino,di riserva le E finite le ho già,va bene se intanto ci metti una A?”

Balì con la testa fece subito sìe al posto del BECCO eccovi BACCO!che mai stracco di vin,tutto per sghembo faceva volaril nostro uccellin, qua e là sproloquiandoquel che, da sempre stretto,ora ubriaco pesca nel petto.

A sera sfinito si disse tra sé: “qualcosa non va!”E toltosi BACCO che prima era un BECCOGirò e rigirò e un po’ l’aggiustòSposta di qua poi sposta di làSposta la O poi sposta la AE al posto di BACCO c’è ora la BOCCAChe parla che bacia e che fa la pernacchiaA quel che leggendo il naso s’arriccia!

UNDUETRESTELLA | 7 |I RACCONTI

PAROLE | Lino Ottomano

ILLUSTRAZIONE | Cristina Amodeo(No more fish - Acrilico e matita)

FIABASTROCCADI BALÌ

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ILLUSTRAZIONE | Arianna Papini(In Pace! - Acrilico su carta)

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Fedro nacque tra il 20 e il 15 a.C. in Macedonia e fu il primo e più celebre favolista latino. Per quanto abbia scritto moltissimo della sua fi gura si sa davvero molto poco e le notizie che lo riguardano sono poche e incerte.

Scrisse cinque libri di fabulae (Phaedri Augusti liberti fabulae Aesopiae) ma di queste solo poco meno di un centinaio sono giunte fi no a noi; si pensa che molte di esse, per ragioni didattiche e moralistiche, siano state sottoposte nei secoli a tagli e ingiustifi cati rimaneggiamenti.

Le sue favole sono ancora oggi universalmente note e, ormai, prover-biali. Portatrici di una saggezza a volte ironica, altre cinica e amara, gli scritti di Fedro cominciano un nuovo genere, quello della favola morale in versi che avrà eredi illustri come la Fontaine, Trilussa, Anouilh.

BIO | FEDRO

UNDUETRESTELLA | 9 |PENNA & MATITA

PENNA & MATITASCRITTURE DI IERI, IMMAGINI DI OGGI

ILLUSTRAZIONE | Erik Chilly

AR

IAN

NA

PA

PIN

I

QUANDO L’ARTE NASCE DA UN SOGNO

Arianna Papini è una di quelle personalità artistiche a tutto tondo, è pittrice, scrittrice ed eclettica illustratrice, cura la direzione artistica ed editoriale di Fatatrac, una tra le realtà più interessanti del panorama edi-toriale italiano.

Forma, colore, concetto, da dove inizi di solito a illustrare?Dipende dai periodi. Ogni evento della vita fa cambiare i miei colori più che le mie forme. Mio fi glio Giordano mi ha portato l’intensità, mia fi -glia Rebecca il colore e il movimento. L’esperienza come volontaria con i bambini malati mi ha portato la capacità di attendere, fermarmi, ascol-tare le piccole vibrazioni della vita, così, ad esempio, sono nati i quadri in cui le immagini galleggiano. Quella come arte-terapeuta mi ha legata maggiormente all’istintività nell’uso dei materiali, alla gioia del fare al di là dei risultati estetici. I laboratori con i bambini piccolissimi mi hanno portato la capacità narrante dell’immagine e il rapporto tattile con i sup-porti, così è nata l’esigenza di lavorare in tre dimensioni e con i materiali di riciclo. Sono gli incontri umani che rendono ricca l’arte, è qui che nasce l’esigenza di creare per comprendere la propria vita. Il mio processo cre-ativo nasce quasi sempre dalla memoria e dal sogno, spesso sogno i miei quadri, con evidenza lancinante soprattutto negli sfondi, nel colore. Un esempio di questo è “La strega Turandot” che ha vinto “Lucca Comics” l’anno scorso. Turandot mi fa paura da sempre. Leggendo il bando mi sono addormentata. Ho sognato un azzurro intensissimo, forte, doloro-so, rotto dal rosso vivo del sangue. Così è nato quel quadro.

In che modo Fatatrac ha cambiato il tuo modo di lavorare? Oppure, eventualmente, in che modo non lo ha cambiato affatto?Fatatrac mi accompagna fi n da bambina, ho iniziato a lavorare in casa editrice da giovanissima facendo di tutto, segretaria, magazziniera, uf-fi cio stampa fi no a direttore editoriale e artistico. Lì ho imparato che le mète si raggiungono dal basso, anche quelle che sembrano vicine, che la ricchezza della conoscenza è un percorso lungo e pieno di incontri. Il lavoro in Fatatrac più che cambiarmi mi ha accompagnato nella cre-scita umana e professionale, mi ha insegnato a pensare in maniera pro-gettuale. Ho conosciuto tantissime persone splendidamente impegnate nell’educazione dei bambini, ognuna di loro mi ha lasciato un seme di ricchezza, un piccolo sasso di Pollicino che mi dà spesso la certezza di poter ritrovare la strada di casa.

Per quanto ancora potrà volare la colomba di In pace? E il gatto… reg-gerà a lungo il peso degli altri?La colomba dovrà volare all’infi nito, purtroppo. L’uomo è l’animale più terribile e più affascinante che ci sia, capace di amore e di odio immensi. Trovo diffi coltà a volte nello stare in questo mondo, di fronte a certe im-magini in televisione piango a lungo, devo sfogare la disperazione di sen-tirmi inutile di fronte all’orrore, soprattutto quando si tratta di bambini e animali, lo faccio attraverso l’arte con immagini e parole. È molto faticoso ma è anche una grande ricchezza. Sono convinta che chi crea può fare politica, eccome. Per quanto riguarda il gatto… Mi viene in mente la mia laurea in Architettura, quando iniziai gli studi mi entusiasmava l’idea di poter creare spazi per le persone, luoghi in cui pacifi camente trovare se stessi e gli altri. Mi sono quasi subito imbattuta in una mentalità diversa, costruire su luoghi in cui era bene non costruire, progettare senza partire dalle persone, dalle loro forme fi siche e psichiche imperfette e dunque così importanti. Ho faticosamente ma anche con grande professionalità portato a termine l’università. Solo dopo mi sono resa conto che fare libri come lavorare in setting di arte-terapia, quello sì che è creare luoghi per le persone! Non vorrei fare calcoli ma direi che sì, il gatto staticamente regge, anzi, penso che possa reggere anche molto altro sopra la sua te-sta pensante e istintiva. Ci credo fi no nel profondo di me stessa.

Ci consiglieresti un tema per i prossimi numeri di UnduetreStella?Parlate della scuola! Questa scuola primaria così tartassata. Parlate di una scuola fatta di persone e non di numeri, di come i tagli ministeriali la stiano affossando, di genitori e insegnanti che non avranno più un luogo di incontro speciale, di bambini che non troveranno più a scuola l’espe-rienza del teatro, della natura, dello sport, della biblioteca. Di come non vi sarà più l’attenzione al numero di bambini nelle classi con handicap. Succede adesso, ed è la distruzione. Occorre che tutti noi denunciamo questo, ognuno con le sue capacità narrative e comunicative. Un Paese che non investe nei bambini e nella loro formazione è un Paese senza speranza di futuro. Credo che il mondo possa cambiare, credo nella ca-pacità delle persone di fare, oltre l’umanamente possibile. E credo che i bambini siano l’unica possibilità di trovare la via della pace e della cono-scenza reciproca, al di là delle diversità di luogo e di linguaggio.

Per saperne di più: www.ariannapapini.com

Gli animali nelle favole ci sono sempre stati. Jean de La Fontaine in-fatti racconta in una sorta di lunga introduzione alle sue "Favole" di come l'Apologo si componesse di due parti, una che si può chiamare Corpo e l'altra Anima.

Il Corpo è la Favola, l'Anima è la Morale. Aristotele nelle favole faceva entrare solo animali non ammettendo né uomini né piante. E la Morale come gli animali non poteva mancare. Che fosse espressa alla fi ne del racconto, come Esopo fece nel corso della sua vita (intorno al 552 a.C.) o spesso anticipata come la preferiva invece Fedro, fi no a essere però a un certo punto eliminata come lo stesso La Fontaine ammise d'avere fatto. Ma gli animali rimasero.

Gli animali sintetizzano caratteristiche che appartengono alla nostra vita istintuale. Ma non sono solo questo, come lascia capire James Hil-lman nel suo "Animali del sogno" quando spiega che "la psicologia ha un debito particolare nei confronti degli animali, se è vero che essi sono il sistema simbolico primordiale, e se la psicologia non ha completamente dimenticato che anche noi siamo animali (...)

Chi sono, loro che hanno formato il massimo sistema simbolico della coscienza umana dai tempi di Altamira? E noi come viviamo con loro, ora che questa intimità con il loro mondo e con la nostra animalità ha ceduto completamente il passo alla separazione?".

Favole che raccontano le nostre paure nell'evocazione di un animale "malvagio" dal quale fuggire o essere salvati. E favole che cercano la similitudine del nostro sentire nella tenerezza e nel desiderio di vivere.

Le favole hanno seguito il tempo dell'uomo e la letteratura moderna prende spunto dalla sensibilità animalista o è espressione dei suoi passi.

IL CORPO, LA FAVOLA, L’ANIMA, LA MORALEdi Giusi Ferrari - www.animalmente.it

di Vito Greco

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ILLUSTRAZIONE | Philip Giordano(Tea time - Acrilico su legno)

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UNDUETRESTELLA | 13 |I RACCONTI

PAROLE | Eleonora Bellini

ILLUSTRAZIONE | Giovanna Lopalco(Vieni a star da me - Pittura,collage digitale)

LA STORIACHE NON C'È

C’era una volta un piccolo paese, metà azzurro come il mare e metà giallo come il sole. Dato che era un paese da favola, aveva anche altre metà: una rossa come i tetti, una bianca come le case, un’altra verde come le foglie delle querce e degli ulivi. Quando il sole era alto ed il caldo era intenso, nel paese si dif-fondeva un canto, prima sommesso e poi sempre più alto e de-ciso. Era il canto della cicala, che abitava sull’ulivo più vecchio e alto, piantato in mezzo alla piazza principale del paesello. Lei, la cicala, insediata sopra quell’antico venerabile ulivo, si sentiva molto importante: Io canto sul ramo più alto dell’ulivo più alto e il mio canto si espande ovunque perché io sono al centro del paese - questo era il suo ritornello preferito.

I bambini giocavano nella piazza e ogni tanto guardavano all’insù per scoprire su quale ramo si nascondesse la cicala can-terina. - Come sono importante! - pensava lei - Tutti mi cerca-no! - e friniva con più ardore e passione.

Appena scendeva la notte, faceva due gargarismi e andava su-bito a dormire per poter cantare meglio e ancora più forte il giorno seguente.

Una mattina, non appena la nostra cicala ebbe iniziato il suo canto, se ne udì, poco lontano, uno nuovo e diverso, un po’ tenero e un po’ tremulo, ma altrettanto appassionato.

- Cos’è questo rumore? Da dove viene? Perché offusca la mia voce? - si chiese la cicala e frinì con più foga. L’altro canto non cessò.

L’altro canto era di una giovane capra, bianca e linda come la capretta di Pinocchio, che si ergeva al di sopra della gran-de porta di ingresso del paese. Il suo belare si intrecciava con quello della cicala, lo inseguiva per le vie del paese, sopra ai refoli d’aria che uscivano dai portoni e dai cortili, s’infilava dentro le finestre aperte, riecheggiava sulla piazza, svolazzava attorno al vecchio ulivo.

“Bé, bé, beééé; frin, frin, friìììn” volteggiavano a braccetto i due canti.

Eh, i due canti sì, ma le due cantanti, no.

- Smettila, essere belante! - strillò la cicala.

- Smettila tu, stridula cantante! - rispose stizzita la capra.

- Tu non canti, stridi! Mi hai fatto prudere l’orecchio, credevo che ci fossero entrati dei moscerini.

Io canto da molto prima di te - ribatté la cicala - senza di me tutti avrebbero una triste estate.

- Che ne sai tu, oscuro insetto, di dove cantavo io prima? Tu che sai cantare solo con la pancia? Ascolta, ascolta il vero can-to! - l’ammonì la capra; e sottintendeva: il vero canto è il belato.

- Povera ignorantella - fece la cicala - il vero canto è il frinire delle cicale. Lo sanno tutti. Solo tu non lo sai, perché, per l’ap-punto, sei ignorante come una capra.

- Ignorante sarai tu, ridicolo insetto, che non hai neanche le zampe, né gli zoccoli duri e ardimentosi, né le belle corna e men che meno la bocca per cantare!

- Per cantare non serve la bocca, ma dove vivi?

E avanti così per tutta la mattina: botta e risposta, risposta e botta, le due cantanti non la smettevano più di litigare. Scese la notte e quelle continuavano a litigare.

Ma la notte è di qualcun altro... La notte è dell’usignolo e quan-do si fa buio è lui che deve cantare. Così, appena fece buio, l’usignolo volò sulla torre più alta del paese e cominciò a canta-re. Poveretto. La sua voce fu subito sovrastata da una raffica di frì frì e bé bé acuti e litigiosi. L’usignolo comprese subito che cosa era successo. Volò dalla cicala:

- E’ scesa la notte, dunque perché frinisci ancora?

- Perché io canto meglio e canto da sempre. Prenditela con la stupida capra. E’ lei che deve smettere e andare a nanna.

Allora l’usignolo interrogò la capra:

- E’ scesa la notte, dunque perché beli ancora?

- Non belo, canto. Il mio canto è un belato beato, quindi belo quanto voglio e belo a perdifiato.

- Ma la notte è fatta per il mio canto - ribadì usignolo.

Poi tornò dalla cicala: - Sali sul mio dorso e vieni con me -.

La cicala salì e usignolo volò di nuovo dalla capra, si posò sul suo capo, proprio in mezzo alle belle corna. Disse: - Eccoci qui tutti e tre. Chi siamo noi? Mi sapete dire chi siamo?

- Insetti! - rispose sicura la cicala.

- Mammiferi! - rispose senza esitazioni la capra.

- Bravissime. Ed io? Chi sono io, me lo dite?

- Tu sei… Tu sei un…tu sei uno sbagliato! Non hai le corna - rispose la capra.

- Tu sei… Tu sei un…tu sei uno sbagliato! Non hai le làmine - rispose la cicala.

- Allora anche voi siete sbagliate, perché non avete il becco - concluse usignolo.

- Accipicchia! Non ci avevo mai pensato! - fece la cicala.

- Accipicchia! Non ci avevo mai pensato! - fece la capra.

Così la lite finì. Tutto tornò tranquillo: ora la cicala canta di giorno, sotto il sole; l’usignolo canta di notte, sotto la luna. E la capra canta solo quando è ricca di latte, affinché sia munto e trasformato in deliziosi e profumati formaggini detti caprini.

[Il fatto è che un giorno una rana salterà fuori da uno stagno e si metterà a gracidare: - Già, ma chi è che deve comandare? -. E graciderà così forte che bisognerà continuare la storia. O scriverne un’altra. Ma io sarò stanca. Però potrete scriverla voi....]

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Chi li aveva chiusi in gabbia?Il lupo cattivo.C'era una volta un lupo cattivoe nel bosco aveva la sua tana.Un giorno fu svegliato dalle voci di due conigli, uno pauroso e l'altro meno.I due animali parlavano di cose seriee alzavano la voce a turno.

"Tu sbagli, la libertà è quando puoi fare tutto"."Sbagli tu, la libertà è quando fai quello che ti piace"."Questa poi, la libertà è dire no grazie"."E invece la libertà è quando dici sì".Il lupo silenzioso saltò loro addosso,e con le zampe li bloccò per le orecchie.

Non aveva molta fame e allora li mise nella tana,in una gabbia stretta e poca luce."Li mangerò più tardi, ora voglio sonnecchiare".I due poveri conigli, vedendo il lupo dormire,ricominciarono a parlare piano."Certo ci sarà una soluzione" esclamò il coniglio meno paurosoall'altro, che tra sé diceva "Sono finito".

Parlarono tanto e parlarono ancorae non videro il lupo sbadigliare e stiracchiare le zampe.Falso allarme. Il lupo apre gli occhi e li richiude e si sente nella tana un gran russare."Ci serve un piano" disse il coniglio meno pauroso."Ho fame" pensava l'altro ad alta voce.Parlarono tanto e parlarono ancora,forse parlarono troppo.

Il lupo aprì i suoi occhi grandi evedendo i due conigli nella gabbia si fece una grassa risata."Che ci fate ancora qui? La gabbia è aperta, non ve ne siete accorti?"

I due conigli si guardarono sorpresie, per davvero, la gabbia era aperta.Cosa fece il lupo cattivo? Il lupo cattivo li cacciò via e disse loro state attenti.

"Se vi trovo nel bosco a parlare, vi mangio in un sol boccone"."Grazie grazie" si affrettò a dire il coniglio pauroso, e già se ne andava per il bosco."Perché ci hai liberati?" chiese il coniglio meno pauroso."La libertà è una gabbia aperta" rispose il lupo.

UNDUETRESTELLA | 15 |I RACCONTI

PAROLE | Mauro Scarpa

ILLUSTRAZIONE | Martina Merlini(I conti non tornano - Mixed media)

LA GABBIADEI CONIGLI

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La gallina Pina si svegliò presto quella mattina. Come sempre. Coó-Có-come sempre. Ma aveva un pensiero strano quella mattina. Un pensiero grigio e grande, tanto grande che occu-pava tutta la testolina della gallina Pina.

Guardò l’uovo che stava covando.

-Coó-Có-come sarai figlio mio?- chiocciò Pina.

Coó-Có-come tutti, pensò poi. Con questo pensiero nella sua testolina visse il resto di quel giorno come una gallina. Come sempre. Come tutte le altre galline.

Ma, quando chiuse gli occhi per dormire, per un attimo tornò quello strano pensiero grigio e senza nome. Poi si addormentò che era buio ormai.

Covò per il tempo necessario. E per tutto il tempo fu accompa-gnata dal pensiero grigio. Una mattina il guscio si ruppe.

-È proprio uno strano pulcino- pensò la gallina Pina.

In effetti era proprio strano. Somigliava ad un pulcino solo perché era tondo. Ma per il resto niente era come sempre.

Era grigio. Non aveva né piume né ali. Una strana coda. Quat-tro zampe. Quattro? Quattro. Quel becco che non beccava, tondo, lungo e molliccio. Grandi orecchie e un pigolio decisa-mente troppo forte.

Pina non si preoccupò e lo chiamò Burro.

Burro iniziò a crescere. E cresceva eccome! Ma né Pina né le altre galline del pollaio si insospettirono. Continuarono la loro vita come sempre. Solo ogni tanto si sentiva sussurrare un -Coó-Có-come è strano però- subito spento da un semino trovato nell’aia.

Quando Burro era diventato più o meno quattrocento volte più grande di Pina le disse: -Mamma, sali sul mio dorso- e lei fece come le chiedeva.

Burro scavalcò con un passo il recinto della fattoria e si mise a correre per i prati là intorno. Pina era stordita dal vento forte e dal panorama che vedeva da lassù. Poi si addormentò che era buio ormai.

Burro continuò a correre.

Quando Pina si svegliò Burro nuotava in una grande pozzan-ghera. Pina non ne vedeva la fine e scorgeva di Burro solo il dorso su cui stava e la testa che emergeva dall’acqua.

-Dove siamo?-Questo è il mare, mamma.Un pesce venne a galla e la salutò:-Salve, blup signora. Blup.-Lei chi è?- fece Pina spaventata.-Io blup il pesce e vivo blup acqua- e tra blup e poche parole le parlò dei pesci e degli altri animali e delle piante che stanno nell’acqua. Tutte cose che voi sapete, no?

Coó-Có-com’è diversa la vita qui, pensò Pina, poi si addor-mentò che era buio ormai.

Burro continuò a nuotare.

Pina aprì gli occhi e le sembrò di essere finita in un cespuglio, solo che le foglie erano migliaia e i rami si incrociavano fitti fitti.

-Dove siamo?-Questa è la giungla, mamma.Una scimmia dondolò davanti al becco di Pina:-Uelà, pollastra!- sghignazzò.-Tu chi sei?- chiese Pina scandalizzata.-Io sono la scimmia e vivo tra i rami- e le lanciò una buccia. Poi le parlò delle scimmie e degli altri animali che stanno nella giungla. Tutte cose che voi sapete, no?

Coó-Có-com’è ingarbugliata la vita qui, pensò Pina, poi si ad-dormentò che era buio ormai.

Burro continuò ad andare.

Pina sognò di volare, si svegliò e continuava a volare! Intorno a lei solo aria ma le ali mica le muoveva. Sentì, solido, Burro sotto di sé e si calmò.

-Dove siamo?-In cima ad una montagna, mamma.Un’aquila scese in picchiata, Pina s’abbassò giusto in tempo.-Inchinarsi, ecco il modo giusto di salutare una Regina- disse l’aquila.-Mi parli di lei, Maestà- fece Pina affascinata dal rapace.-Io sono l’aquila e regno nei cieli- e girando in cerchi, lonta-nissima lì in alto, le parlò delle aquile e degli altri animali che volano. Tutte cose che voi sapete, no?

Coó-Có-come mi piacerebbe volare, pensò Pina, poi non si addormentò anche se era buio ormai.

-Burro, tu chi sei?-Sono un elefante, mamma, e non vivo in un pollaio- e le parlò degli elefanti e le disse che lui non poteva tornare.-Adesso capisco- disse Pina anche se le veniva da piangere –io devo tornare, invece, e raccontare alle altre galline tutte le cose che ho ascoltato.

Burro l’accarezzò piano con la proboscide e l’accompagnò al pollaio.

Da allora tutti gli elefanti tengono degli uccelli sul dorso. Da allora tutte le galline si raccontano storie sugli animali del mondo.

E la prima storia che i cuccioli di elefante e i pulcini ascoltano è quella della gallina Pina.

La storia inizia così: “La gallina Pina si svegliò presto quella mattina. Come sempre. Coó-Có-come sempre. Ma aveva un pensiero strano quella mattina. Un pensiero grigio e grande…..”

UNDUETRESTELLA | 17 |I RACCONTI

PAROLE | Samuele Larocchia

ILLUSTRAZIONE | Cecilia Botta(Ti va di parlare? - China, Photoshop)

LA STORIADELLA GALLINA PINA

Page 18: Gli animali parlanti

STELLARIUMFRAMMENTI DI LIBRI E TEATRO

PONYO SULLA SCOGLIERA

AUTORE E ILLUSTRAZIONI | Miyazaki HayaoTRADUZIONI | B. GigliutoCASA EDITRICE | Mondadori (collana cinema illustrati)ANNO | 2009PREZZO | € 20.00FORMATO | 21.5x27, rilegato, 151 pp., colori

Ecco un coloratissimo libro della Mondadori, pubblica-to in contemporanea con l’uscita nelle sale italiane del film di Hayao Miyazaki Ponyo sulla scogliera. E il libro ha il pre-gio di restituirci su carta la magia dei disegni del maestro giapponese dell’animazione.

Ponyo sulla scogliera è una fiaba classica, intrisa di ma-gia e amore per la vita. Quasi una trasposizione della Sire-

netta di Andersen in chiave giapponese. Dopo la comples-sità del Castello errante di Howl, Miyazaki ritorna ad una semplicità del segno grafico che ci restituisce intatta la for-za della storia narrata. La trama è questa: Sosuke è un bambino di cinque anni che vive in un villaggio in riva al mare, in una casa a picco sulla scogliera.

Un giorno Sosuke trova Ponyo, una pesciolina rossa, con la testa incastrata in un barattolo di marmellata e la salva. Nacse tra i due una grande amicizia, fatta di fiducia reciproca. Ponyo decide di diventare umana, ma suo pa-dre, uno stregone prima uomo e ora pesce cerca di impe-dirglielo.

Il finale non lo svelo, sappiate solo che è ricco di una magia immaginifica che non mancherà di sorprenderà e affascinare sia i più piccoli che i loro genitori.

di Dario Goffredo

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LA FAVOLA DEL PESCE CAMBIATO

AUTORE | Emma DanteILLUSTRAZIONI | Gianluigi ToccafondoCASA EDITRICE | Edizioni L’ArboretoANNO | 2007PREZZO | € 12.00FORMATO | 21x26, cartonato, 48 pp., colori

Duecento milioni di pesciolini corrono corrono a più non posso verso la meta; è la finalissima, o vinci o perdi. Farcela è quasi impossibile, troppi candidati e una gara estenuante. Che strani occhi hanno questi pesciolini esoti-ci, chissà in che mare lontano si trova il loro habitat… noi

seguiamo la corsa del nostro eroe, il numero 211005 che, pieno di energia e speranza, non pensa ad altro che a su-perare tutti e alla fine ce la fa. Wow, che successo, tutti esultano e anche lui quasi non può crederci ma… d’un trat-to si trova solo, e la piscina dove si è svolta la gara è di colpo buia, l’acqua è calda, un po’ brodosa; che razza di vittoria è questa? Bel festeggiamento, essere abbandona-to, e ora si sente incollato a quella melma… il nostro pe-sciolino non sa di avere vinto il bene più prezioso al mondo, e non sa che presto l’aria sarà il suo elemento, e una mon-tagna-mamma il suo nutrimento. Il nostro pesciolino anco-ra non sa di essere una bella femmina di essere umano.

di Cecilia Maffei

L’AFRICA IN CITTÀ

AUTORE E ILLUSTRAZIONI | Chiara DattolaCASA EDITRICE | Terre di mezzoANNO | 2009PREZZO | € 7.50FORMATO | 18x17.5, brossurato, 36 pp., colori

Terre di mezzo è un’associazione ed una casa editrice. È facile riconoscere i suoi soci: li incontri per strada men-tre vendono libri di fiabe, ricette e viaggi riguardanti i loro paesi di origine; sì, chi lavora per terre di mezzo è stranie-ro, e viene spesso da molto lontano. Questo nuovo libro illustrato parla di una famiglia venuta dall’Africa, il cui figlio

più piccolo si chiama Samba, ed è un vero portento in ma-tematica.

Marco è invece il suo compagno di classe un po’ soma-ro ma pieno di buona volontà, che un giorno chiede a Sam-ba di dargli una mano con i compiti. Mentre si avvia verso la casa dell’amico, Marco pensa un po’ preoccupato alle voci che ha sentito circolare in classe: pare che i familiari di Samba siano persone strane, dedite a filtri, pozioni e incan-tesimi… quando la porta di quella casa si apre Marco non viene affatto smentito, ogni membro della famiglia di Sam-ba è dedito ad attività molto speciali e la mamma è una vera e propria maga, sì, una maga delle ricette africane!

di Cecilia Maffei

APRITE QUELLA PORTA!

AUTORE E ILLUSTRAZIONI | Benoît JacquesTRADUZIONI | Francesca LazzaratoCASA EDITRICE | Orecchio AcerboANNO | 2009PREZZO | € 14.00FORMATO | 16x20, cartonato, 112 pp., colori

Esterno notte. Una casetta isolata in mezzo al bosco. All’interno, una luce fioca. Nel letto dell’unica stanza, infa-gottata, la Nonna. Come sempre aspetta Cappuccetto Rosso che le porti la cena. E, come sempre, lei è in ritardo. Puntuale invece, puntualissimo, il Lupo. Scaltro più della faina, pensa di aver trovato la chiave per farsi aprire la por-ta dalla Nonna. Sa che ha un debole per la buona tavola, la prenderà per la gola. Ed eccolo sciorinare un menu da far

invidia al più raffinato degli chef! Ma niente, la porta resta chiusa. Ciò che il Lupo non sa è che le debolezze della Nonna sono due: la gola, sì, ma anche le orecchie. Insom-ma, la Nonna è più sorda di una vecchia campana. Grida, il Lupo. Urla, sbraita. Invano... Un esilarante Cappuccetto “nero” che, per sconfiggere il lupo, alla doppietta del cac-ciatore sostituisce l’arma dell’ironia e del sarcasmo.

L’autore, artista e illustratore, pubblica libri dal 1989 per la casa editrice che lui stesso ha fondato: la“Benoît Jac-ques Books”, con questo libro al Salone del Libro di Mon-treuil, nel 2008, si è aggiudicato il premio Baobab, il più prestigioso riconoscimento francese per albi illustrati.

Il booktrailer del libro è online sul sito della casa editrice: www.orecchioacerbo.com

di Antonietta Rosato

Page 19: Gli animali parlanti

UNDUETRESTELLA | 19 |STELLARIUM

Federica e Silvia si aggirano su un pal-coscenico buio, dove non si vede a un passo, e in più sono vestite tutte di nero. Poi nell’oscurità compaiono forme di colo-ri fl uorescenti e brillanti che sembrano si muovano da sole… inizia lo spettacolo di “teatro nero”.

Viene raccontata la storia di un poeta che perde qualcosa di molto importante, poi si addormenta e fa un sogno che lo aiu-ta ad andare in cerca del suo bene e infi ne a ritrovarlo.

Alla fi ne dello spettacolo abbiamo chie-sto alle due attrici: Ma cosa ha perso que-sto poeta?

“Ad un certo punto della sua vicenda il poeta perde la sua immagine interiore. I bambini lo capiscono, mentre i grandi ci chiedono sempre spiegazioni. Forse per-ché noi parliamo la lingua delle emozioni e loro la comprendono. Per sapere cos’è la propria immagine interiore bisogna averce-ne una, o al limite averla ritrovata se la si è persa. Comunque, per venirti incontro te lo spiego: il poeta ha perso la fantasia, e la ritrova in sogno, sotto forma di immagini e musica”.

E cosa sogna?“Ciò che gli appare in sogno e lo aiuta a

ritrovare se stesso, è la storia della nascita e della crescita di un piccolo uomo, attraver-so le conquiste e le imprese dell’infanzia e della giovinezza, dal primo battito cardiaco fi no al momento in cui, grazie all’incontro con l’amore, un altro piccolo uomo viene generato, e la danza ricomincia.

Abbiamo chiesto ad una compagnia pu-gliese di teatro di fi gura, di rivelare qual-cosa dello spettacolo che ha presentato al festival quest’anno, e che è perfettamente in tema con questo numero di Unduetre-Stella! Si tratta infatti di una storia di anima-li parlanti. Loro sono la Compagnia Buram-bò, lo spettacolo è L’elefante smemorato e la papera fi ccanaso. Daria ci ha raccontato questo: “L'idea nasce da un libro, "Pallon-cini rossi elefanti bianchi" di Christine No-stlinger. Questo elefante è speciale perché conosce e parla la lingua degli uomini. Una lingua che egli usa in modo gentile e pre-muroso e che lo conduce tra le grinfi e di esseri umani senza scrupoli, intenzionati a fare dell'elefante un fenomeno da baracco-ne. La storia racconta la diffi coltà dell'ele-fante a gestire il suo essere speciale”.

Maggio all'Infanzia per la compagnia Burambò è un appuntamento a cui non mancare, da diversi anni. “L'atmosfera che si ricrea è gioiosa, per i teatranti è una spe-cie di raduno annuale durante il quale ci si incontra per lavoro e, al tempo stesso, per mangiare alla stessa tavola....sotto la stes-sa tavola infi ne, e non per ultima, scorre la tensione comprensibile tra chi sta in vetrina e chi si ferma a guardare!”

C’è un grande tavolo, al centro della scena. Uno di quei bei, vecchi, resisten-ti tavoli di legno che troneggiavano nelle grandi cucine di una volta, al quale è facile immaginare seduta una nonna, intenta ma-gari a pulire la verdura per la cena.

E mentre pela patate e monda cavolfi o-ri, la nonna potrebbe iniziare a raccontare “C’era una volta...Pollicino!”.

Ed eccolo qui, Pollicino: l’attore/narrato-re Claudio Casadio, berretto di lana calcato in testa, sale sul tavolo e la magia ha inizio. E il tavolo diviene bosco, se vi si piantano dei ramoscelli, e sentiero lungo il quale se-minare i sassolini per ritornare a casa, e poi è il primo piano della casa dell’orco, e sot-to, sotto al tavolo, è il pianoterra...e cade la neve, una neve di piume, sul tavolo, e sui sette fratellini sperduti nel bosco.

E la casa dei genitori è una casa di bam-bole, che si allontana dal tavolo-mondo lungo una corda, con una piccola carrucola, e resta là, sospesa in un altrove lontano un passo, mentre qui, sul tavolo,

Pollicino e i suoi fratelli incontrano l’orco, e dall’orco si salvano, e sotto al tavolo trova-no un tesoro, che è una vecchia valigia pie-na di luce... e poi? E poi il viaggio continua.

"Pollicino" è uno spettacolo di Marcello Chiarenza, per la regia di Gianni Bissaca su musiche originali di Beppe Turletti.

ABBIAMO VISTO

IL SOGNO DEL POETAFederica Mancini e Silvia CorsiRoma | Cantieri dello Spettacolo

di Cecilia Maffei FESTIVAL

L’ELEFANTE SMEMORATO E LA PAPERA FICCANASOFoggia | Compagnia Burambò

di Cecilia Maffei ABBIAMO VISTO

POLLICINOClaudio CasadioBagnacavallo (RA) | Accademia Perduta

di Lea Barletti

UNDUETRESTELLA - LABORATORIO DI CARTA

UnduetreStella è una rivista-laboratorio abbinata a un bando di concorso rivolto ad autori ed illustratori che ogni tre mesi sono invitati a cimentarsi su un topos delle letteratura per l’infanzia di tutti i tempi.

Vuoi partecipare? Visita il sito www.unduetrestella.org

NEL PROSSIMO NUMERO: SOTTO MENTITE SPOGLIEUn viandante vi ha dato un consiglio molto utile? Una vecchia donna che fi la attrae la vostra curiosità? Un poverello vi ha chiesto di mostrarvi gentile e carita-tevole? Non avete mai sospettato che chi si presenta in un modo nasconda in realtà un’altra identità? Guardatevi intorno, forse c’è un principe che si aggira in incognito, a testare la bontà dei suoi sudditi, o una maga si è travestita per compiere il suo rito, o magari qualcuno sta cercando di ingannarvi… occhio ai particolari, quindi, se vedete spuntare dei peli sospetti dalle orecchie della nonna, probabilmente qualcuno si sta celando… sotto mentite spoglie!

Il termine ultimo per la presentazione degli elaborati è il 30 NOVEMBRE 2009

Page 20: Gli animali parlanti

... se poi qualcuno volesse cavillare perché gli

alberi parlano, e non solo gli animali, si ricordi

che scherziamo con favole, dove tutto è fantasia.

Fedro - Favole