GIUSEPPE DE MITA:COORDINIAMO ISCHIA
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P O L I T I C S
i
GIUSEPPE DE MITA:COORDINIAMOISCHIA ATTRAVERSOQUALITA’E PROMOZIONE
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Vi ringrazio per l’invito e voglio dire subito che la circostanza semivacanziera
non vorrei tradisse le attenzioni e le intenzioni nei confronti di questa realtà.
Avendomi Riccardo Sepe Visconti preannunciato che c’era l’idea di orga-
nizzare questo incontro, sono andato a riprendere gli appunti che ho steso
durante la riunione che avemmo il 27 febbraio qui a Ischia. Quella riunione
si tenne con le pubbliche Amministrazioni, non perché si volesse escludere il
privato, ma in quanto sembrava più naturale seguire quel tipo di approccio,
avendolo fatto anche in altre realtà. Quindi, considero questa una prosecu-
zione di quell’iniziativa e non una circostanza episodica, è un modo per pro-
vare a riprendere un ragionamento. Allora, forse, pagammo lo scotto della
prossimità delle elezioni Amministrative: in generale, partendo dal pubblico,
si paga lo scotto di un approccio storico, sedimentato nel settore del turi-
smo, che vuole che di questo ambito debbano occuparsi le istituzioni pub-
bliche, mentre il privato è sentito come una sorta di accidente, magari anche
un problema, per cui se lo si tiene da parte è anche meglio. D’altra parte, la
riunione di stasera può anche avere dei limiti, dei punti di censura, nel senso
che ci si può chiedere: “Ma perché si parte da qui?”. Tuttavia, all’interno di
una più generale confusione che c’è nel nostro Paese sotto il profilo delle
rappresentanze, c’è in particolare un problema di soggettualità all’interno
delle comunità nell’ambito del turismo, nel senso che è complesso capire
chi siano i portatori di interessi vivi, reali. Secondo me, in questo quadro, la
cosa più naturale è prendere atto di ciò che emerge e assecondarlo, per cui
la scelta di riprendere la discussione questa sera con uno sbilanciamento in
favore del mondo del privato, se da lontano può dare un’idea equivoca, in
verità non è così.
Sono convinto che in alcune realtà della Regione si debba provare a speri-
mentare una modalità di organizzazione di specifici ambiti territoriali a voca-
zione turistica, nei termini di “sistema economico-produttivo”. In Campania,
in particolare nel Sud, ma in genere in Italia, il turismo finora non è stato
concepito in termini di domanda/offerta, di rapporto fra investimento fatto
e reddito ricavato, ma è stato sentito come “una grazia del Signore”. Stori-
camente, il turismo nasce in Campania e Svizzera, nel XVIII secolo, quando
gli inglesi iniziarono a scegliere appunto le montagne svizzere in inverno, e la
Campania per il turismo scientifico, facendo della nostra regione la meta pri-
vilegiata del Grand Tour. E il fatto che i turisti abbiano, fino a un certo punto,
continuato a venire qui comunque, ha comportato che non nascesse l’esi-
genza di organizzare il turismo in termini di sistema. Da 10-15 anni a questa
parte, però, la competizione con altre località, l’ingresso di un differenziale
competitivo non secondario che è stato trascurato, cioè la qualità dei servizi;
ci hanno messo in crisi. Inoltre, i fattori produttivi su cui abbiamo costruito le
politiche di crescita nel ‘900 stanno venendo meno: mi riferisco alla fabbrica
tradizionale, per esempio, per cui è necessario assegnare ad altri settori que-
sto valore produttivo: la scommessa è provare ad organizzare l’ambito turi-
stico in termini di sistema economico-produttivo, mettendo insieme pubbli-
co e privato, a partire dagli elementi che ci offre la legislazione, benché siano
molto equivoci dal punto di vista del risultato storico, mi riferisco ai cosiddet-
ti Sistemi Turistici Locali (STL). Ma, tolta l’allocuzione, attribuendogli magari
un nome diverso, resta l’idea di fondo su cui si basa il disegno di legge che
probabilmente in settembre andrà in Consiglio Regionale: l’organizzazione
della governance degli ambiti turistici è costruita sul rapporto pubblico-pri-
vato, affidando l’universo dei servizi dell’accoglienza a quest’ultimo (posto
che campi, invece, come i trasporti e la sanità sono piuttosto di pertinenza
pubblica) che non va visto come elemento demoniaco del sistema. Per una
serie di ragioni, la gran parte delle risorse POR 2000-2006 è stata spesa
in eventi ed in interventi di ristrutturazione di infrastrutture turistiche tutte
pubbliche. L’ho visto in Irpinia, dove il dato è esponenziale, non avendo una
realtà forte come quella di Ischia, e ci ritroviamo un patrimonio enorme di
beni pubblici che però è stato ristrutturato senza guardare alla gestione e ai
suoi costi: insomma, ci si è mossi come chi compra una macchina e non si
preoccupa di sapere se il carburante necessario a farla camminare è reperibi-
le nei dintorni. Infatti, se questi fattori divengono parte di un sistema e fanno
scattare una scintilla, abbiamo grandissime potenzialità, altrimenti rischiamo
di aver disperso una quantità di fondi pubblici impressionante, la cifra cui mi
riferisco nello specifico, infatti, si approssima a quella spesa con la legge 219
per il post terremoto (Ndr. L’on. De Mita allude al terremoto che nel 1980
colpì in particolare l’Irpinia), ma quella ha determinato degli insediamenti
umani e produttivi, ha consentito di vivere 30 anni.
In questo quadro, la nostra idea è di andare nelle realtà più vibratili, che
mostrano interesse: sta prendendo una certa armoniosità l’iniziativa
che abbiamo organizzato nella costiera amalfitana, dove l’ambito
pubblico è meno litigioso ( i 13 Sindaci hanno capito che la logica di
aggregazione aiuta e si sono già riuniti in conferenza, scegliendo un
presidente). Insieme a loro, abbiamo fatto una selezione degli interventi
pubblici infrastrutturali considerati prioritari (in quel caso, le vie di accesso,
da Positano e da Vietri). Fare una scelta fra gli interventi è indispensabile,
per la scarsità di fondi disponibili e perché anche sulle risorse europee dove
pure riprenderemo le spese, ci sono molti vincoli, quindi abbiamo stabilito
di concentrarci su tre progetti, individuati come i più urgenti. Lo stesso sta
avvenendo nel Cilento, dove si è scommesso molto sulla qualità ambientale,
in Irpinia e nel Sannio. A Ischia siamo partiti fra dicembre e febbraio scorsi,
poi ci siamo fermati con grandissimo rammarico: c’è sicuramente la dispo-
nibilità a riprendere da quel punto, ma partendo da un metodo di lavoro,
che non sia il mero elenco degli interventi da finanziare da parte degli Enti
pubblici. E’ propedeutico riuscire a darsi un obiettivo, e sono convinto
che qui debba essere la qualità: promozione e qualità credo siano un
traguardo serio. La vacanza che sto trascorrendo a Ischia mi ha consentito
di verificare che c’è il rischio che si inneschi una spirale depressiva seria, e a
questo proposito voglio raccontare un episodio brevissimo, ma significativo:
sono andato a prendere un’amichetta di mia figlia in un albergo che si pre-
sentava molto bene; sentendo, però, dalla madre quanto poco paga per il
soggiorno, mi rendo conto che c’è un problema, che è necessario fare una
selezione sulla qualità e provare ad alzare i prezzi.
Come ho detto molte volte - anche per essere prudente - sui capitoli di spesa
regionale non disponiamo di molti fondi; li abbiamo, però, dall’Unione Euro-
pea e siamo in un momento potenzialmente favorevole perché il Governo ci
invita a riprogrammare le risorse comunitarie, anche in vista della program-
mazione 2014-20. Fino ad oggi c’era un POR già scritto, come una sorta di
contratto che ci vincolava nella spesa dei fondi secondo quelle previsioni, ora
E’ necessario concepire il turismo come sistema economico-produttivo
invece abbiamo maglie più larghe: il documento programmatico che coordi-
na tutto ciò è il “Piano di Azione e Coesione” predisposto dal ministro Barca,
che governa tutti i fondi. Anche il POIN verrà riscritto alla luce del Piano,
che punta alla riscoperta dei fattori produttivi, diciamo così, opacizzati nel
corso del ‘900, e dei servizi alla persona. Ho chiesto la delega al Turismo pur
essendo assolutamente inesperto in questo ambito, proprio perché secondo
me è un paradigma sia del ruolo che l’istituzione può avere, sia della nuova
dimensione antropologica che si è andata determinando e che chiede che
si dia grande attenzione ai servizi all’individuo. Nell’indiscutibile condizione
di grande individualizzazione che la nostra società ha raggiunto, si possono
indicare un elemento negativo ed uno positivo: se, infatti, essa ha spacca-
to la società per come l’abbiamo conosciuta nei primi 50 anni della storia
Repubblicana (sono venute meno aggregazioni e corpi sociali), di positivo
c’è che è cresciuta la persona umana, con un’esplosione di interesse per
la condizione della soggettività, che va raccolta e curata. L’organizzazione
di questo aspetto incrocia una nuova dimensione dei diritti di cittadinanza
delle persone: per esempio, ho fatto il pendolare con Napoli durante
questi giorni in cui la mia famiglia è in vacanza qui a Ischia, ebbene
se mi avessero raccontato la condizione in cui si viaggia non ci avrei
creduto! Parti, non parti, non sai se arrivi, decidono all’improvviso
di far saltare una corsa da un porto e devi trasferirti all’altro..! Il tra-
sporto impatta sul sistema economico-produttivo ed è un diritto di
cittadinanza, che io sia assessore od operaio esigo di essere tenuto
in considerazione per i servizi che mi devono essere garantiti. E ciò ha
una ricaduta importante, tanto più in una località come Ischia, a vocazione
turistica. La cura al turista, diventa un’occasione per ragionare sui diritti di
cittadinanza e sul nuovo ruolo che le Istituzioni si devono dare: più attente
all’erogazione di servizi, meno preoccupate per il ruolo di erogatori di spesa
pubblica con finalità sostitutive del reddito. Questo, in realtà, è un compito
che non esiste più già da 15 anni, ma abbiamo proseguito in automatico su
quella strada, finendo per girare a vuoto.
Progressivamente - stavolta partendo dal mondo dell’impresa, ma senza
escludere il resto - si deve iniziare a definire tutto quello che è avvertito da
ciascuno come importante e necessario, per poi gerarchizzarlo (perché in
questo momento non si devono escludere i bisogni o tagliarli orizzontal-
mente, ma vanno stabilite delle precedenze), e all’interno di questa logica
gerarchica si fa selezione, in modo che si acquisisca anche consapevolezza
degli interventi di spesa che si stabiliscono. Come ho già detto, credo che
qui a Ischia il punto di attacco sia la qualità: stiamo per bandire la gara per
la privatizzazione della CAREMAR che diventerà anche la gara per l’affida-
mento del servizio e dobbiamo inserire da subito alcune prescrizioni che nel
periodo estivo divengano ordinario: credo che questo modo di ragionare sia
molto valido e l’atteggiamento della Regione non deve essere di chi conce-
de qualcosa, perché se noi abbiamo scommesso sui Sistemi Turistici Locali,
quindi sull’incontro fra pubblico e privato, voglio far di tutto per non perder-
la questa scommessa.
Si può partire - anche se è un rischio perché non possiamo dire “se na-
sce prima l’uovo o la gallina” - da un’attività promozionale, proponendo un
marchio, un’identità che punti tutto sulla qualità. Oggi, l’accoglienza non
può abbassare i prezzi sotto una certa soglia, piuttosto si deve dare
il giusto prezzo ai servizi che si offrono, fissando il corretto valore
per la qualità: accetto di pagare 18.00 euro per una corsa di aliscafo, però
significa che la qualità del mezzo e i servizi offerti deve essere buoni. A
questo proposito, un signore che fa la guardiania nell’ufficio dove lavoro mi
ha detto che lui, sì, fa i sacrifici durante tutto l’anno, ma nei 10-15 giorni di
vacanza al mare prende il lettino, vuole trovare il lido in ordine, non gli inte-
ressa pagare 20-30 euro in più, ma vuole essere trattato come una persona,
indipendentemente dal lavoro che fa, a riprova del fatto che si guarda al
giusto prezzo, non al prezzo basso.
Scegliete voi la modalità, ma vi invito, però, ad avere un minimo di coordi-
namento, è importante, ci può essere una persona che delegate a discutere,
ma il coordinamento è essenziale: come Regione siamo stati costretti a inse-
rire un paracadute nella norma, per cui il Sistema Turistico Locale è sì definito
dal privato e dal pubblico insieme che hanno un certo numero di mesi per
organizzarsi, ma in mancanza subentra un commissariamento regionale e
non credo giovi a nessuno farsi mettere il cappello in testa, soprattutto ad
una realtà come questa. Coordinarsi aiuta tutti, anche la politica, perché il
problema oggi sono le soggettualità frammentate: hanno difficoltà i par-
titi, le associazioni, i sindacati. Certo, non possiamo imporre alla gente di
recuperare soggettualità collettiva, obbligandola ad iscriversi ai partiti, ma
si deve capire attraverso quali modalità si può ritrovare un’aggregazione di
Coordinarsi e stabilire delle priorità: per Ischia qualità e promozione
soggetti, magari anche per interessi, per ambiti. Se riuscite a fare questo,
state compiendo un enorme passo in avanti, diventa facilissimo aiutare una
realtà che ha chiara la propria prospettiva e indica 2-3 punti su cui interveni-
re prioritariamente, anche con finanziamenti, m questa precondizione è un
acceleratore indispensabile.
Se si riescono a preparare gli Stati Generali del Turismo a Ischia,
organizzando un’iniziativa credibile, forte, che sia preliminare agli
interventi successivi, agganciandosi - contemporaneamente - a una
serie di manifestazioni che dovrebbero tenersi nel periodo autunna-
le ed invernale, penso si possa fare un primo approccio alla promo-
zione e, contemporaneamente, stabilire un protocollo per la qualità
specifico. Proprio per questo ambito abbiamo molti fondi a disposizione,
al punto che non sappiamo che farcene; altro comparto su cui si potrebbe
lavorare subito è la formazione, su cui stiamo preparando una delibera di
intervento e quindi dovremo stabilire delle modalità di spesa e, per esempio,
nel settore termale e del benessere, se riuscite a creare un protocollo dedica-
to a formazione e qualità sarà sicuramente un passo in avanti.
E’ nostro interesse ma anche una necessità fare del turismo e, quin-
di, di quest’isola uno dei pilastri produttivi della Regione Campania:
è ben chiaro, infatti, che non si può più pensare di risollevare l’eco-
nomia immaginando di fondarla sul pubblico impiego. In provincia, di
Avellino, per esempio, che è il mio territorio, abbiamo vissuto su pubblico
impiego e industrializzazione forzata: adesso che la FIAT è andata via e il
pubblico impiego è finito, è necessario risvegliare fattori produttivi dormienti
e questi sono da ricercarsi nell’identità e tipicità del luogo. E se è vero che su
questo si è già intervenuto, spesso lo si è fatto in maniera embrionale: sono
molto severo, in special modo su quello che accade “a casa mia”, nel mio
territorio che ha una potenzialità enorme in termini di patrimonio alberghie-
ro come di monumenti - castelli e borghi - ristrutturati con interventi pubbli-
ci. Il problema è che essi non sono stati realizzati pensando alla successiva
e necessaria gestione economica di questi beni. Per esempio, una splendida
fornace, una delle ultime del Mezzogiorno, è stata ristrutturata guardando
solo all’edificio, ma realisticamente, poi, non è possibile tenerla aperta, per-
ché ha i soffitti così alti che i costi per riscaldarla sono insostenibili, hanno
provato a farvi di tutto, dal caffè letterario al pub, ma hanno sempre chiuso.
L’obiettivo che dobbiamo porci oggi non è accumulare ricchezza, per tenere
in vita quell’ipotesi di sviluppo lineare infinito che ci aveva drogato nel ‘900,
ma la sostenibilità del reddito, che è anche sostenibilità ambientale e socia-
le, determinare una condizione di ricchezza che consenta di mantenersi. Di
conseguenza, anche il turismo deve diventare un sistema economico–pro-
duttivo, che segua le logiche della fabbrica. Il modello di riscontro del conto
economico è quello che ha introdotto Banca d’Italia nel 2010, quando ha
provato a leggere i sistemi turistici italiani non attraverso i dati degli arrivi
e delle presenze, ma con la logica della bilancia dei pagamenti, nel senso
di “confrontare quanta ricchezza investe il sistema pubblico per il turismo
e quanta ne ricava attraverso gli ospiti che vengono in quel territorio”. In
questo modo, si è scoperto che in Basilicata sui fondi del POR 2000-2006 il
rapporto è 500 a 1, cioè per ogni 500 euro pubblici spesi, l’introito è stato di
1 solo euro! Quello non è un sistema economico produttivo e in Basilicata si
devono dedicare ad altro: il rapporto fra spesa e ricavo deve essere sempre
quanto meno + 1: così in Piemonte c’è un rapporto di 1 a 2, in Lombardia
circa 1 a 12. Quella di Ischia è una realtà potenzialmente fortissima, se ac-
quistasse consapevolezza di ciò che ha, è un posto straordinario, di una
bellezza inaudita, l’altro giorno c’era un cielo terso che sembrava di prendere
l’isola di Ventotene con le mani e oggi il turismo è molto basato sulla ricerca
di un’esperienza da vivere: si deve riuscire a offrire, a vendere questo, ma
da un punto di vista economico il sistema va pensato e costruito come la
fabbrica del 2000. Domenico De Masi (Ndr. Sociologo e protagonista del
rilancio straordinario del Ravello Festival), persona molto brillante, ha dato
questa definizione del sottosviluppo: “non è la mancanza di provvidenze
da fuori, ma l’incapacità ad utilizzare le risorse che si hanno”. Prendiamo
proprio l’esempio di Ravello: me la ricordo bene quando ero bambino, era
come Nusco sul mare, ma lì sono riusciti a crearla l’offerta turistica. Sì, c’è la
villa Rufolo, che in realtà prende la conformazione che conosciamo nell’800
quando, sulla scia dell’interesse della cultura romantica per la natura, un
inglese vi realizza i giardini che prima non esistevano, creando già allora un
prodotto turistico adatto ad attirare il pubblico dei suoi connazionali, ap-
punto. Nel corso del ‘900, poi, l’interesse per quella località si è sopito, per
riemergere per l’intuizione di qualcuno, in particolare quando De Masi ha
creato la fondazione a Villa Rufolo, ed ha portato l’architetto Nyemeyer che
ha realizzato l’auditorium, trasformando Ravello nella realtà turistica attuale,
con la più alta concentrazione di 5 stelle in rapporto al numero di alberghi.
Lì ho un amico che era ragioniere in una fabbrica, poi ha lasciato quel lavoro
per fare il fioraio e organizzare matrimoni, lavora per 3 mesi e guadagna così
bene che per il resto dell’anno va in giro per il mondo: Ravello è riuscita a
diventare un sistema economico-produttivo, cioè una comunità che si regge
sulle risorse che ha.
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