Giugno 2014

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Nuova edizione - Giugno 2014 - Periodico edito dalla Società de’ Borg - BORGO SAN GIULIANO - RIMINI www.societadeborg.it societadeborg@gmail .com Quattro passi prima della Festa di Stefano Tonini (Presidente Società de’Borg) di Stefano Tonini continua a pagina 7 continua a pagina 2 www.ristorantedamarco.com [email protected] Sarà la primavera, sarà che si esce più volentieri, ma sta di fatto che c’è già aria di festa. Mi trovo a girare per le vie del Borgo, con qualche folle idea per la testa, un’immagine o meglio una suggestione da materializzare per settembre. Penso e cam- mino. Penso e incontro persone, modifico percorsi e ipotesi. Ma dov’è questa festa? Ogni volta che ritorno a casa, le mie idee non sono esattamente come prima. Le suggestio- ni si sono scontrare con alcuni inghippi ma- teriali (gli agganci ai muri, i costi, i permessi… ecc.), altre volte si sono arricchite con alcune parole scambiate lungo la via, negli incontri più o meno casuali, da alcuni saggi consigli maturati dall’esperienza delle passate edizio- ni. Non si tratta di “non avere un’idea”, sia ben chiaro. Non siamo di fronte ad una bandiera al vento. La linea è chiara, ma il processo ver- so la realizzazione della Festa è un bellissimo percorso di condivisione. Quest’ultima non è una parola “a caso” o di semplice effetto. La condivisione del senso “sociale” della no- stra Festa è il prerequisito per uscire di casa e rimboccarsi le maniche per realizzarla. La vera “Festa de’ Borg” è nella nostra testa, nel nostro cuore e nelle nostre mani. È lì che sta (e dovrebbe restarci) per regalarci l’emozio- ne dell’incontro con l’altro (oggi), scoprendo assieme pezzi di storia (passato) o immagi- nare un possibile futuro prossimo. La Festa è quindi in ognuno di noi; non la fanno “gli altri”, non si subisce… si vive! Si fa presto dire “Festa”. Apro la porta, stringo mani, discutiamo at- torno ad un tavolo prendendo appunti sgangherati su un foglio. Schizzi di idee, ri- tocchi, numeri di telefono… ma soprattutto oggigiorno email. La Festa sta prendendo corpo. La macchina organizzativa che ci por- terà alla XIX° Festa de’ Borg ha già acceso i motori da tempo, le riunioni invernali hanno realizzato il solco entro il quale ci muovere- mo. Ma proprio come un atleta che si prepa- ra alla gara, con anonimi e silenziosi allena- menti, prima dello sparo iniziale, anche noi borghigiani dovremmo riconsiderare i nostri passi e scaldare un poco i muscoli. Scendere in gara a settembre senza riscaldamento ci condurrebbe verso dolorosi esiti. Correre da soli, se giochiamo in una squadra, di solito non porta alla vittoria. Non è tanto questione di tecnica (potremmo appaltare molti dei la- vori, più volte se ne è parlato) ma soprattutto di cuore. La Festa fatta a mano, a km 0. Mi viene da ridere, sembra una stupidag- gine, eppure è una cosa normale, anche se, ora, va di moda questo slogan che, di fatto, è una verità. Sfoglio i materiali delle passate edizioni, un tuffo nelle emozioni tra le immagini, incontro i protagonisti di oggi e di ieri, la sensazione è chiara. Ognuno ha fatto la sua parte per ren- dere questa Festa unica e originale; ognuno ha dato una mano mettendo a disposizione ciò che aveva: un tavolo, una sedia, il tempo, la sua voce, una torta, la voglia di cantare… La Festa nasce così, dal contributo di tutti. Un cambiamento a portata di mano Fiumi di parole sono passati sotto il ponte. Idee e progetti si sono incrocia- ti sul suo dorso. Sogni e desideri hanno riecheggiato nelle viuzze e tra le sponde dell’invaso. Non solo in questi giorni, ma da decenni. Potremmo esclamare: “Ad ar- nov?” ovvero ancora di nuovo, ritorniamo a parlare del ponte? Mi è capitato di sfogliare più di un’edizione del nostro giornale; ho letto qua e là brani da diversi libri sul borgo. Ho rivissuto le ultime edizioni della Festa scorrendo tra le mani le foto delle mostre sul ponte e rela- tivo bacino. C’è altro da dire che non sia stato detto? Altro che non abbiamo “masticato” a suf- ficienza per farci digerire un “diverso” uso del ponte e della sua area? Forse no. E allora? L’Amministrazione Comunale ha fatto (fi- nalmente) la sua mossa e ha presentato un piano di lavoro già operativo. Nell’affollata assemblea cittadina del 22 aprile scorso al Museo Comunale non ha semplicemente illustrato il progetto, ma ha cercato di far capire anche le linee d’orizzonte entro le quali si muove l’azione di riqualificazione urbana; nei piani non c’è solo la “pedona- lizzazione” del ponte e le relative modifiche al traffico urbano, ma anche un diverso uso / collegamento del bacino e del canale nonché una nuova sfida per chi vive e la- vora nel nostro borgo. Un progetto complesso e articolato che raccoglie molti contributi arrivati nel tem- po, anche dalla Società de Borg, e che s’in- treccia con il più vasto piano per la mo- bilità cittadina; di fatto stringe ancora di più il legame con il centro storico, oggetto Ad arnov? Ai sem!! ph. Gilberto Poggi

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E' fòi de Borg giugno 2014 - Borgo San Giuliano - Rimini

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Nuova edizione - Giugno 2014 - Periodico edito dalla Società de’ Borg - BORGO SAN GIULIANO - RIMINIwww.societadeborg.it [email protected]

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Reg. Tribunale di Rimini n° 9/2004 del 25/10/2004Redazione e pubblicità: Via Ortaggi 2 - 47921 Rimini - [email protected]

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Periodico edito dalla Società de’ Borg

Quattro passi prima della Festadi Stefano Tonini (Presidente Società de’Borg)

di Stefano Tonini

continua a pagina 7

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� Sarà la primavera, sarà che si esce più volentieri, ma sta di fatto che c’è già aria di festa. Mi trovo a girare per le vie del Borgo, con qualche folle idea per la testa, un’immagine o meglio una suggestione da materializzare per settembre. Penso e cam-mino. Penso e incontro persone, modifico percorsi e ipotesi. Ma dov’è questa festa?Ogni volta che ritorno a casa, le mie idee non sono esattamente come prima. Le suggestio-ni si sono scontrare con alcuni inghippi ma-teriali (gli agganci ai muri, i costi, i permessi… ecc.), altre volte si sono arricchite con alcune parole scambiate lungo la via, negli incontri più o meno casuali, da alcuni saggi consigli maturati dall’esperienza delle passate edizio-ni. Non si tratta di “non avere un’idea”, sia ben chiaro. Non siamo di fronte ad una bandiera al vento. La linea è chiara, ma il processo ver-so la realizzazione della Festa è un bellissimo percorso di condivisione. Quest’ultima non è una parola “a caso” o di semplice effetto. La condivisione del senso “sociale” della no-stra Festa è il prerequisito per uscire di casa e rimboccarsi le maniche per realizzarla. La vera “Festa de’ Borg” è nella nostra testa, nel nostro cuore e nelle nostre mani. È lì che sta (e dovrebbe restarci) per regalarci l’emozio-ne dell’incontro con l’altro (oggi), scoprendo assieme pezzi di storia (passato) o immagi-nare un possibile futuro prossimo. La Festa è quindi in ognuno di noi; non la fanno “gli altri”, non si subisce… si vive!

Si fa presto dire “Festa”.Apro la porta, stringo mani, discutiamo at-

torno ad un tavolo prendendo appunti sgangherati su un foglio. Schizzi di idee, ri-tocchi, numeri di telefono… ma soprattutto oggigiorno email. La Festa sta prendendo corpo. La macchina organizzativa che ci por-terà alla XIX° Festa de’ Borg ha già acceso i motori da tempo, le riunioni invernali hanno realizzato il solco entro il quale ci muovere-mo. Ma proprio come un atleta che si prepa-ra alla gara, con anonimi e silenziosi allena-menti, prima dello sparo iniziale, anche noi borghigiani dovremmo riconsiderare i nostri

passi e scaldare un poco i muscoli. Scendere in gara a settembre senza riscaldamento ci condurrebbe verso dolorosi esiti. Correre da soli, se giochiamo in una squadra, di solito non porta alla vittoria. Non è tanto questione di tecnica (potremmo appaltare molti dei la-vori, più volte se ne è parlato) ma soprattutto di cuore.

La Festa fatta a mano, a km 0.Mi viene da ridere, sembra una stupidag-gine, eppure è una cosa normale, anche se,

ora, va di moda questo slogan che, di fatto, è una verità.Sfoglio i materiali delle passate edizioni, un tuffo nelle emozioni tra le immagini, incontro i protagonisti di oggi e di ieri, la sensazione è chiara. Ognuno ha fatto la sua parte per ren-dere questa Festa unica e originale; ognuno ha dato una mano mettendo a disposizione ciò che aveva: un tavolo, una sedia, il tempo, la sua voce, una torta, la voglia di cantare… La Festa nasce così, dal contributo di tutti.

Intervista ad Antonio Ramberti a cura di Marianna Balducci

Il borgo visto da Antonio Ramberti. Cosa c’è dietro a “Il pavone”, il brano composto in occasione dell’ultima Festa de’Borg?Il pavone del Borgo mi aveva intrigato da tempo. Quando Da-niele mi chiese di comporre un brano sul Borgo pensai subito a questo animale che abitava sul ramo dell’albero sul quale affacciavano le finestre delle case all’ingresso del quartiere, questo animale che faceva da vedetta, da sentinella, da guar-diano, senza prendersi cura del tempo, forse esso stesso senza tempo. Il suo verso diviene memoria, odore di pane del forno, freccia scoccata verso le maternità future.

Come nasce una tua canzone?Invecchiando mi rendo conto che le mie canzoni parlano sempre di una forma articolata d’a-more. I miei strambi personaggi, i miei testi più intimi, i tentativi poetici si annodano in una cordata che, arrancando, segue il flus-so difficile del sentimento più difficile.

La musica per te pesa quanto... La musica pesa quanto un tavolo immagi-nario sul quale appoggiare i gomiti.

Ispirazioni e compagni di viaggio: chi ti ispi-ra e chi ti ha accompagnato nel tuo percorso da cantautore?La mia ispirazione è completamente casuale: romanzi, racconti, dischi che inaspettatamente capitano tra le mie mani,... Negli ultimi tempi sto recuperando la lettura dei classici, grave lacuna della mia formazione, avendo militato per anni dietro il bancone di un bar.

Un verso che hai scritto e che parla molto di te.“Ho dignità nell’esser sgangherato”, dal mio brano “Lo spaven-tapasseri innamorato”, canzone del mio primo disco, ispirata da una piccola scultura di Arturo Martini.

Uno dei tuoi ultimi progetti in corso.Ho appena pubblicato “Incidenti musicali”, il mio terzo disco da solista. Poi sul fronte del Duo Bucolico, il sodalizio con il fratello Daniele Maggioli, il nuovo disco “Furia Ludica” mi darà come sempre l’ opportunità di viaggiare con la mia musica, senza dubbio alcuno una ricchezza immensa che mi lega con forza alla vita. Sì, faccio il mestiere più bello del mondo.

Un cambiamento a portata di mano� Fiumi di parole sono passati sotto il ponte. Idee e progetti si sono incrocia-ti sul suo dorso. Sogni e desideri hanno riecheggiato nelle viuzze e tra le sponde dell’invaso. Non solo in questi giorni, ma da decenni. Potremmo esclamare: “Ad ar-

nov?” ovvero ancora di nuovo, ritorniamo a parlare del ponte?Mi è capitato di sfogliare più di un’edizione del nostro giornale; ho letto qua e là brani da diversi libri sul borgo. Ho rivissuto le ultime edizioni della Festa scorrendo tra le

mani le foto delle mostre sul ponte e rela-tivo bacino.C’è altro da dire che non sia stato detto? Altro che non abbiamo “masticato” a suf-ficienza per farci digerire un “diverso” uso del ponte e della sua area?Forse no.E allora?L’Amministrazione Comunale ha fatto (fi-nalmente) la sua mossa e ha presentato un piano di lavoro già operativo. Nell’affollata assemblea cittadina del 22 aprile scorso al Museo Comunale non ha semplicemente illustrato il progetto, ma ha cercato di far

capire anche le linee d’orizzonte entro le quali si muove l’azione di riqualificazione urbana; nei piani non c’è solo la “pedona-lizzazione” del ponte e le relative modifiche al traffico urbano, ma anche un diverso uso / collegamento del bacino e del canale nonché una nuova sfida per chi vive e la-vora nel nostro borgo.Un progetto complesso e articolato che raccoglie molti contributi arrivati nel tem-po, anche dalla Società de Borg, e che s’in-treccia con il più vasto piano per la mo-bilità cittadina; di fatto stringe ancora di più il legame con il centro storico, oggetto

Ed eccolo qua il “nostro” leggendario pavone che orami si era fatto tanti amici, grandi e piccini; qui nella foto, posa con la nipotina di Valeriano Moroni, prezioso collaboratore della Società de’Borg che ci ha passato sottobanco questo scatto dall’album di famiglia. Un po’ di famiglia lo era diventato anche il pavone, è il caso di dirlo e di sicuro gli avrebbe fatto piacere sapere che gli era stata dedicata una canzone, proprio a lui che, quando passava la jazz band trasportata dal trenino turistico, si metteva a cantare rispondendo al suono squillante della tromba!

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IL PAVONE Antonio RambertiIl pavone fa le bolle di saponeche dall’albero poi volano sul pontequattro zampe di un fortissimo elefante che divide le sue sponde

Il pavone fa le bolle di saponein ognuna c’è una storia di personeaffacciate alle finestre in miniatura che si accendono la sera

E qualcuno è stato anche in galeratra le vie si aggira una panterac’è una bolla di uno che deve nascere ancora

Il pavone fa le bolle di saponeed il tempo rpendo forma con le sferee si infila nei portoni con un fascio di scintille dove prima si tenevano le stalle

Il pavone fa il suo verso primordialeè un pagliaccio, prende il mondo come vuoleio cammino e non mi accorgo che le bolle mi hanno spinto nel dipinto di una casa in mezzo al borgo

E da qui capisco che sognareè colare a picco e naufragarenella bolla di uno che prima o poi nascerà

Guarda il pavone come fai mille occhi del ventaglioscrutano il passatoma sono la modernità

Il pavone fa le bolle di saponee fischietta una canzone popolareogni bolla è un’illusionedà l’idea di un baraccone che col tempo è diventato una città

Il pavone fa le bolle di saponeun bambino le trasforma in aquilonedalle case si dirige verso il mare mentre sta levando il sole

E da qui mi sento marinaiola mia guida è solamente il cielovorrei fosse solo un mio segreto ma...ma il pavone lo sa!

Guarda il pavone come fai mille occhi del ventaglioscrutano il passatoma sono la modernità

Guarda il pavone come fa ... come fa!

ph. Fabio Gervasoni

Ad arnov? Ai sem!!ph

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Quattro passi prima della Festa VOLONTARI CERCASI Serve la tua mano

Un cambiamento a portata di mano

Dalla vicina che mi aiuta a tirare uno striscio-ne, da chi prepara il caffè per tutti, a chi gira come una trottola con il carretto del materia-le. Certo una volta non c’èrano tanti permessi da chiedere, nulla osta da ottenere, verifiche sul corretto montaggio da effettuare, ma di questo ci si fa presto una ragione e l’Asso-ciazione, in quanto tale, già se ne sta facendo carico con la dovuta esperienza. Ma tutto il resto, cioè la parte più sostanziosa della Fe-sta è davvero nelle mani dei “borghigiani”. Quest’ultimo è un termine che dobbiamo ridefinire, rispettosi non tanto delle radici ge-ografiche o parentali quanto più della spinta alla condivisione e alla tutela del benessere comune. Quest’anno dedichiamo un articolo specifico ai volontari della Festa che potrem-mo candidare a “nuovi borghigiani”.La Festa quindi ha senso se al centro ritrovia-mo noi stessi, se la Festa la facciamo per noi ed invitiamo gli altri a venire a trovarci. Occor-

3 BUONI MOTIVI PER DIVENTARE VOLONTARIO1. contribuire, con il proprio talento, alla riuscita della Festa de’ Borg, la festa nel cuore di Rimini;2. diventare membro attivo della comunità del Borgo;3. divertirsi insiemeL’IMBARAZZO DELLA SCELTAOgnuno contribuisce con i suoi ta-lenti e con il tempo che ha a dispo-sizione.Gli ambiti sono i più disparati e dav-vero non c’è che l’imbarazzo della scelta:•logistica,allestimenti,montaggio;•mostre,eventiculturali;•comunicazione/redazione,grafica,

web, social;•standgastronomici;•lotteria - vendita biglietti – filtro

accessi al borgo.Il programma delle iniziative è ormai definitivo, ora dobbiamo unire le forze per concretizzarlo.COME ADERIREPuoi compilare il modello già disponibile sul sito www.societadeborg.com oppure puoi inviare una mail a [email protected]. Tutti i consiglieri sono a tua disposizione per darti ulte-riori informazioni e raccogliere la tua adesione. ADOTTA LA FESTA!Per realizzare la Festa servono mani, cuore, teste… e purtroppo anche qualche soldo.“Adottare la Festa” vuol dire aiutarci a raccogliere risorse economiche per migliorare la festa attraverso “sponsorizzazioni”, contributi ma anche semplicemente favorendo la vendita dei bi-glietti della Lotteria 2014, la forma più semplice, diretta e popolare per manifestare il proprio so-stengo. Per l’edizione 2014 vorremmo poter gestire insieme gli ingressi al Borgo, promuovendo la vendita della lotteria ad ogni visitatore. Un piccolo sforzo può dare grandi risultati!Stiamo organizzando i turni per il presidio degli accessi. Aderisci anche tu, serve la tua mano!

2013 L’ANNO INTERMEDIO Sia ben inteso, l’anno senza la Festa sembra una passeggiata (in termini di impegni organizzativi) ma certamente non è di completa siesta….anzi. Pensando al riepilogo delle attività svolte nel 2013 in preparazione dell’Assemblea ordinaria che si è svolta il 22 maggio scorso, al Ristorante Ro & Bunì di Villa Verucchio, di passi ne abbiamo fatti, anche importanti. Brevemente li citiamo qui, anche a futura memoria: MAGGIO: rinnovo delle cariche sociali con elezione del nuovo Consiglio. LUGLIO: assemblea straordinaria con modifica della sede legale ed elezione dell’undicesimo consigliere. AGOSTO: prima edizione di “Esco in Scarana”: due serate nelle piazzette del borgo. DICEMBRE: “Borgo Natale” che include le illuminarie, la festa di Borgo Solidale, la Lotteria di Natale, lo spettacolo al Cinema Tiberio; eventi speciali quest’anno la grande vela “Tien bota Tiberio” nell’invaso ed il cortometraggio “E’ Piop”.

alla città in quella che è la “porta nord “ di Rimini (Comparto 1), proseguendo poi con l’ampliamento e riorganizzazione del parcheggio Tiberio (Comparto 2), la riqua-lificazione del bacino e delle banchine del porto canale (Comparto 3 e 4) ed infine un nuovo assetto urbanistico e di mobilità per l’area attorno al ponte di Tiberio e via San Giuliano, primo tratto originale della via Emilia (Comparto 5). L’insieme degli in-terventi si dovrebbe concludere nell’arco di 18-24 mesi, burocrazia permettendo. Importante presupposto di sostenibilità del progetto complessivo, che ruota at-torno alla “pedonalizzazione” del ponte di Tiberio, è la fluidificazione del traffico nell’asse Nord-Sud ovvero viale XXIII Set-tembre, viale Matteotti, via dei Mille, Via Roma, la creazione dello sfondamento su via Tonale per il collegamento con la Strada Statale 16. Dal punto di vista della mobilità cittadina, l’impatto sarà sicuramente forte e rappresenta sicuramente una sfida per l’Amministrazione Comunale. Le critiche maggiori si concentrano inevitabilmente su questo punto e non mancano sugge-rimenti e idee alternative per passaggi di prossimità in zona ponte di Tiberio, dalla creazione di un tunnel, ad un nuovo ponte zona parco oppure lo sfondamento di via Predil per il ricongiungimento con via Ca-duti di Marzabotto; resta sul campo anche l’ipotesi di un’inversione di marcia lungo i Bastioni Settentrionali per mantenere un flusso del traffico in direzione mare / mon-te sul lato nord del centro storico.Di fronte ad un progetto di questo tipo, si può decidere di stare alla finestra, di osteggiarlo oppure di collaborare per mi-gliorarlo.Come borghigiani, dopo tutto quello che abbiamo detto e fatto, pensare in negativo sarebbe come dar contro a quel manipolo di sognatori che quasi quarant’anni fa si misero in testa di difendere non tanto le loro case o i loro interessi spiccioli, quanto più un tesoro fatto di relazioni, sguardi e cuore. Furono promotori di un cambia-mento di cui tutti, ora, godiamo i frutti. Probabilmente oggi siamo di fronte ad un altro cambiamento, sta a noi coglierlo e gestirlo a piene mani. E allora invece di esclamare ancora una volta “ad arnov??” potremmo concludere dicendo: ai sem!! Ci siamo, questa e la volta buona.

anch’esso di importanti novità, in primis la ricostruzione del Teatro Galli e la riqualifi-cazione dell’area adiacente.Non siamo quindi di fronte solo a una ri-voluzione del traffico (sia per noi sia per la città) ma anche a un intervento urbanistico nel segno della valorizzazione di alcune peculiarità della nostra zona. Il positivo esito di questo processo sta anche nella capacità dei nostri imprenditori nel saper cogliere la sfida e “trasformare” questo

Inaugurata nell’ottobre del 1964, per la nostra “vicina di casa” si avvicina un importante anniversario che coincide anche con la chiusura del cantiere. Villa Maria sta cambiando pelle. L’imponente progetto di ri-strutturazione e ampliamento avviato nel 2010 volge al ter-mine. Il segno più evidente è sotto gli occhi di tutti: riguarda la realizzazione di una nuova ala, un parcheggio (ingresso da viale Matteotti) e, più in generale, di tutta una serie di lavori interni ed esterni di riqualificazione e ammodernamento della struttura. Sappiamo che molte cose stanno avvenendo pro-prio all’interno: nuovi spazi, nuove tecnologie, nuovi reparti. Proprio il 6 maggio scorso coinvolgendo tre delegazioni spor-tive (A.C.Rimini 1912, Crabs Basket e Rimini Baseball), Villa Maria ha inaugurato il nuovo Centro di Fisioterapia in acqua. Su questo e sui lavori abbiamo chiesto alla direzione generale dell’ospedale qualche informazione in più.Dott. Antola, che cosa avete inaugurato?Si tratta di una vasca idroterapica di 55 mq con acqua riscal-data a 33 gradi costanti suddivisa in tre zone con diversi livelli di profondità fino a 195 centimetri per una riabilitazione in totale assenza di carico anche per pazienti di altezza elevata. Con questo impianto Villa Maria “chiude il cerchio” per quanto

riguarda la nostra Unità Funzionale multidisciplinare di Orto-pedia e il Reparto di Recupero e Riabilitazione.Che tipo di attività si potrà svolgere?Sul nostro sito (www.villamariarimini.it) è possibile scaricare la brochure informativa. In estrema sintesi posso dire che d’ora in poi a Villa Maria sarà possibile fare tutte le principali terapie riabilitative di rieducazione pre e post operatoria. In partico-lare ci occuperemo di spalla, anca, ginocchio, caviglia, mano, polso, piede, colonna vertebrale, in caso di fratture, distorsioni e installazione di protesi e dispositivi. Le attività in acqua sono molto utili per lombalgie, dorsalgie, cervicale, dolori artrosici e patologie da sovraccarico sia per la cura che per la preven-zione.E per quanto riguarda la chiusura dei lavori?Non abbiamo una data precisa, ma il cantiere chiuderà si-curamente entro l’anno. Al termine di questi lavori, Rimini potrà vantare nel cuore della città un ospedale moderno e polifunzionale in grado di trattare tutte le principali patologie, da quelle più complesse alla chirurgia ambulatoriale. Questa grande versatilità unita a un elevato livello di specializzazione, consentirà di dare risposte a numerosi quesiti salutistici evi-tando onerosi spostamenti ai nostri concittadini.

lembo di città nel primo vero centro com-merciale naturale cittadino, con accresciuti spazi funzionali (aree pedonali, parcheggi e vie di collegamento con assi veloci di traffico) ed un atteso aumento nella qua-lità della vita per i residenti e chi frequenta l’area.L’intervento è diviso in cinque comparti di cui il primo partirà alla fine dell’estate con la costruzione della rotonda di piaz-zale Vannoni e di un accesso qualificato

re quindi che in primis i residenti, soprattutto i nuovi arrivati, riassaporino il gusto di questa Festa unica, profondamente diversa da tutte le altre della zona, proprio perché radica-ta nelle sue case o meglio nei suoi abitanti. Non avrebbe alcun senso una Festa de’ Borg “appaltata a terzi”, la cui realizzazione fosse affidata a professionisti, pur bravi che siano. Dal dire al fare: sono qui, ora.Esco nuovamente di casa, le idee frullano per la testa, ancor più i numeri dei vari pre-ventivi. Come sarà alla fine di tutto questa edizione? Mi viene incontro un amico, due battute, uno scambio di idee e poi una frase che segna il tempo, in positivo: “se hai biso-gno di una mano, ci sono!” oppure “ti trovo io il modo per fare questa cosa…” ecc.Due frasi banali, ma ci regalano il senso della Festa de’ Borg che ci piace fare, che stiamo costruendo ogni giorno, passo dopo passo assieme a borghigiani di ieri e di oggi (quelli di domani, se siamo bravi).

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Giovedì 3 luglio 2014 – ore 21:00 Piazzetta Gabena

Aspettando la Notte Rosa I VIAGGI DI GEORGEIn occasione dell’uscita dell’omonimo libro, incontriamo l’eclettico borghigiano Giorgio Mazzotti. Vi invitiamo a salire a bordo per un viaggio ricco di colori, emozioni, musiche e piccoli aneddoti di un originale viaggiatore del nostro tempo.

Giovedì 10 luglio 2014 – ore 21:00 Invaso ponte di Tiberio

Film NOTORIOUS di Alfred Hitchcock (1946)Thriller con Cary Grant e Ingrid BergmanL’associazione Notorius Rimini Cineclub, in occasione del decennale della sua fondazione, invita tutti i borghigiani alla visione di questo film cult in uno scenario insolito e suggestivo.

Giovedì 24 luglio 2014 – ore 21:00 Piazzetta Pozzetto

L’ALIMENTAZIONE COME MEDICINADott.Domenico TisoResponsabile dell’Ambulatorio Nutrizione e Benessere, Casa di Cura Villa Maria, Consulente medico-scientifico di FederBio (Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica). Nuovi stili di vita, alimentazione, benessere. Un connubio è possibile con qualche buon consiglio… intervallato da qualche sorpresa.

Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito. Sei invitato a spargere voce, invitare gli amici… ma tutti con la loro scarana appresso(oppure con una coperta nel caso del film nell’invaso)

Ci riproviamo, preparate le sedie! L’aria è frizzantina verso il calare della sera, il profumo dei gelsomini sta invadendo il Borgo ed è davvero un piacere fare due passi per le vie goderci la serata all’aperto. Dopo la fortunata esperienza dello scorso anno, La Società de Borg rilancia una nuova serie di appuntamenti tra le vie del Borgo, dedicate in primis ai residenti e simpatizzanti. La caratteristica è molto semplice: come per le vecchie veglie estive, al calar della sera, ci diamo appuntamento in un’angolo del Borgo per ascoltare delle “storie” e tessere relazioni. Dato il carattere volutamente informale e locale, ognuno dovrà portare con se la propria sedia.

Esco in Scarana 2014

• Pedonalizzazione del ponte di Tiberio• Riqualificazione dell’invaso• Aumento del parcheggio• Nuovo assetto viario e pedonale interno borgo• Nuove idee per il porto canale

(bellissima la passarella galleggiante che congiungerà le due rive!)

• Intervento radicale sul piazzale Tiberio con creazione di un parcheggio sotterraneo multipiani e contestuale una piazza pedonale sovrastante (una vera piazza sull’acqua)• Il borgo libero dalle auto dei residenti (con soluzioni alternative e di prossimità).

Ci piace Perplessi

• Sostenibilità dell’ipotesi di traffico, a livello cittadino

Avremmo voluto e in fondo ci speriamo ancora

Villa Maria verso il traguardo dei suoi primi 50 anni

Da martedì 3 Giugno 2014 la Casa di Cura Villa Maria riconoscerà agli associati della Società de’ Borg uno SCONTO del 10% sul tariffario paganti sia sulle prestazioni ambulatoriali sia sulle prestazioni di ricovero con esclusione di tutte le prestazioni assistite dal Servizio Sanitario Nazionale. Per usufruire di questa agevolazione, si dovrà mostrare la tessera nominativa ed un documento di identità in corso di validità.

Nella foto la direzione di Villa Maria con le delegazioni di A.C.Rimini 1912, Crabs Basket e Rimini Baseball. In acqua per Crabs Basket German Scarone e Federico Tassinari, per Rimini Baseball Tommaso Cherubini e Riccardo Bertagnon. Per A.C.Rimini 1912 Marco Brighi e Ameth Fall.

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� Negli anni sessanta, progressivamente, i fiaccheristi scomparvero tutti, per trasformarsi in taxisti. Con loro sparirono i bei cavalli, alti ed eleganti che trottavano imperiosi nel Borgo. C’erano allora anche tanti gatti, pigramente distesi dietro le inferriate ombrose delle fine-stre delle abitazioni, negli assolati pomeriggi estivi. E c’erano molti cani, cani col padrone, cani col padrone e con la casa, cani randagi. Tanti cani randagi che vagabondavano fra i negozi di alimentari e le cucine delle trattorie.Insomma i residenti dell’antico rione erano molti e appartenenti a svariate specie e raz-ze del regno dei viventi, in una apparente ed armonica convivenza. Tutti avevano la loro dignità.Nel Borgo, non solo accadeva che gli ani-mali dessero il proprio cognome al padrone come nel caso di Mario Full, il vecchio anar-chico emigrato in Argentina. Accadeva di più: gli animali ereditavano i gradi di parentela dei loro padroni come nel caso di Lola e Milz, i cani rispettivamente di Marianna (della omo-nima Trattoria) e dei suoi cognati Colombo e Salicca. La Lola era una bella cagnina di mez-za taglia, una bastardina a pelo corto, nero e folto, con una macchia bianca sul petto. Era la principessa in casa di Marianna, coccolata da Cornelia e dall’Aldina (le due figlie), sempre in giro a vagabondare per le vie del Borgo as-sieme al suo compagno Milz, il giovane cane

di Colombo (anche lui titolare dell’omonimo ristorante) e dei suoi figli, Nelusco, Zaira ed Elsa, le cugine di Cornelia e Aldina. Milz era un bel cane dal portamento fiero, mezzo pa-store mezzo segugio, biondo col pelo lungo e un po’ arruffato, con grandi orecchie pen-denti e sempre in movimento. I due cani era-no più che amici, erano anime inseparabili. Avveniva di frequente che venissero catturati dall’accalappiacani comunale, sempre in cer-

ca di randagi col la sua lunga canna con all’e-stremità un cappio; allora la gente del Borgo che li conosceva benissimo diceva “ ia ciapè i du cusein “ “hanno preso i due cugini !” E così Marianna e Colombo dovevano recarsi al canile municipale a riscattare “i loro figlioli”. Durante la guerra, la Lola sfollò con la sua famiglia. Durante il tragitto, sulla strada bian-ca verso Coriano, si impaurì per lo scoppio ripetuto del vecchio motore di una balilla che li precedeva, saltando giù nel fosso e dandosi alla fuga nei campi. Vane furono le grida di ri-chiamo di Marianna e delle figlie. Lola scom-parve per sempre nella campagna corianese.Però, il vero padrone dell’osteria della Ma-rianna era il gatto “Vinela”, un bel felino di pelo rasato, rosso fulvo. Era stato accolto nella famiglia per dar la caccia ai topi, allora molto numerosi nelle cantine, ma come rac-contava l’Aldina “ ei piaseva piò e vein che i sorz” “gli piaceva più il vino che i topolini”, “ e faseva la guerdia m’al betti e al damigieni ad vein, e gnera mai una ghezzla cla culeva zo dla speina” “faceva la guardia alle botti e alle damigiane di vino, e non c’era mai una goccia che colava dal rubinetto a spina”, ra-pido e sornione con un veloce colpo di lin-gua impediva che le gocce cadessero a terra. Ecco perché l’azzeccatissimo nomignolo “Vi-nela” che gli era stato dato. Addirittura molti pensavano che fosse così rosso per il tanto

Sangiovese che lecca-va, disdegnando il vino bianco. La cantina era il suo regno incontrasta-to. Quando Guglielmo e il vecchio “Pinein” Se-veri, col suo carro con i cavalli, portavano le botti nuove nella canti-na della trattoria, era Bi-signa, magro e con due occhi spiritati, dotato di una forza insospettata, che le adagiava sulle impalcature di legno, “i sdein”. Erano botti pe-santissime, di svariati quintali. Alcune volte erano talmente pesanti che si doveva farle ro-tolare sui due pali fino a portarle in piano. Poi

iniziava l’operazione di infissione del rubinet-to a spina, tutto di legno, che veniva confic-cato in un punto della botte, sul coperchio, otturato con un tappo grosso di sughero. Qualche volta si creavano piccole perdite nel punto di infissione e qualche goccia tendeva a colare. A quel punto subentrava sornione Vinela col suo professionale colpo di lingua.La passione per il vino era condivisa, oltre che da Vinela e dagli abituali clienti della Ma-

rianna, anche da una curiosa gallina che la Marianna aveva allevato nel cortile dietro la cucina della trattoria, la Bighina. Questo inso-lito nome per un pollo era dovuto al fatto che la gallina in questione era solita accovacciarsi su un mucchio di carbone, stipato sotto la rola della cucina dell’osteria, per cui la gallina era sempre tutta nera come una carbonara. Per l’appunto come la Bighina, la carbonara del Borgo S. Giuliano che aveva il deposito proprio di fronte alla trattoria, sul lato prospi-ciente piazzetta Ortaggi, al posto dell’attuale tabaccaio. In quei tempi, gli storici tabaccai del borgo, gli Alessandri, col padre Carlo e il figlio Marsilio, avevano il negozio sulla vecchia via Emilia sull’altro lato della strada, rispetto alla “Marianna”, quello che poi negli anni del fascismo venne abbattuto per realiz-zare il viale Tiberio.Un altro animale curioso che era entrato a far parte delle vicende della trattoria “Marianna” era il piccolo somaro che Guglielmo aveva acquistato in occasione del suo incidente con la motocicletta che gli causò la frattura espo-sta di una gamba. Guglielmo era, come tanti romagnoli, un grande appassionato di mo-tori. Possedeva negli anni trenta una magnifi-ca Harley Davidson munita di sidecar con cui trasportava di tutto, dalla famiglia agli amici, dai cani ai tanti bambini desiderosi di fare un bel giro in moto. Per l’appunto, un bel giorno, dopo che era stato dimesso dall’ospedale, ancora ingessato, arrivò con un amico alla guida e un bel somarello sul sidecar. Non vi dico la sorpresa di Marianna e l’entusiasmo festoso delle figlie nel veder arrivare questo curioso animale in un posto così poco adat-to come era una casa di città. Ma Guglielmo era fatto così. Aveva pensato che il somarello sarebbe stato molto utile per il suo trasporto personale durante il lungo periodo di invali-dità dovuta all’incidente che l’avrebbe costret-to all’immobilità per un lungo periodo. Il so-marello fu chiamato col nome di Norge, forse in riferimento al famoso pallone aeromobile che permise ad Amundsen e a Nobile di es-sere trasportati al polo Nord. L’asinello Norge non trasportò Guglielmo al polo Nord, però fu utile a scorazzarlo su un carretto nelle vie del Borgo, “in città” e nella Barafonda dove si recava alle feste organizzate dagli amici. Nor-ge fu sistemato in un piccolo magazzino nel cortile di casa. Lo spazio era talmente angu-sto che il povero somarello, a forza di calci, lo sfondò da tutte le parti. Negli anni dopo la guerra il posto della Lola, di Vinela, della Bighina e di Norge venne pre-so dalla Picchi, una cagnetta di taglia medio piccola. Pelo nero raso, molto lucido, con una piccola macchia nera sul petto, occhi vispi e intelligenti sul musetto da volpino. Fu trovata, poco più che cucciola, il giorno di Sant’Anto-nio Abate, in febbraio, durante la benedizione

degli animali che si teneva in piazza Tre Martiri presso il tempietto del santo di Padova. Nella confusione si era persa ed arrivò, predestina-ta nella trattoria Marianna. I bambini, Mino, Giancarlo e Roby, la vollero adottare assolu-tamente contro il parere dei padri. Picchi era il nome del capitano della squadra di calcio dell’Inter di allora, molto in simpatia ai bam-bini, per cui fu deciso di chiamarla così. Picchi riuscì subito a integrarsi nella famiglia, sebbe-ne all’inizio causasse tantissimi danni in trat-toria. Divorava letteralmente gli indumenti dei ragazzi e i tovagliati, si azzuffava ed andava in calore sotto i tavoli del ristorante fra le gam-be dei clienti. La cagnetta era affettuosa ed intelligente, però aveva anche un gran brutto carattere con gli estranei, soprattutto donne e preti vestiti di nero e con lunghe vesti in movimento e in bicicletta. Allora si risvegliava in lei la rabbia beluina, gli occhi si incattiviva-no, digrignava i denti bianchissimi sul palato nero e addentava con gli aguzzi canini il mal-capitato di turno. Fu vigorosa per tanti anni, solo nell’ultima stagione della sua esistenza cominciò a soffrire per un male “strano” che la prendeva all’improvviso paralizzandole en-trambe le zampe posteriori per cui si trascina-va penosamente su quelle anteriori a mo’ di carriola. Il veterinario, interpellato, consigliò di sopprimere la povera bestiola con una dose letale di tranquillante. La famiglia non si volle rassegnare a quella crudele sentenza per cui si provò di tutto per guarire la Picchi. L’idea ge-niale e miracolosamente risolutiva venne alla Cornelia che, un po’ piangendo un po’ riden-do per risollevare il morale, suggerì di sommi-nistrarle un bel caffè corretto con l’anice, ”se mistrà”, introdotto a forza con un cucchiaino dentro le fauci spalancate. Incredibilmente e con grande gioia la piccola cagnetta si riprese immediatamente cominciando a correre con una tale velocità da scivolare continuamen-te sul pavimento di marmo liscio. Sembrava tarantolata o drogata. Stava bene per lunghi periodi, poi ogni tanto le riprendeva una crisi uguale alla prima volta. Bastava qualche sorso di caffè e si riprendeva splendidamente. A sentire queste storie dopo tanti anni, si arri-va a concludere che gli animali della trattoria Marianna non avevano certamente niente da invidiare ai personaggi umani che la frequen-tavano.

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� Il libro “Al di là del Ponte”, ricco di storia, di personaggi e di episodi, che ripercorre l’in-tero percorso del Circolo Primo Maggio, della Cooperativa e della Sezione del PCI dedi-cataaMarioCappelli,racconta–soprattutto-diunagenerazionecheuscitadallaguerracerca di rompere quel clima di diffidenza e di emarginazione che la città aveva cucito addosso al Borgo. Quel nucleo di militanti del Partito riscopre, in quegli anni, l’apparte-nenza ad una comunità dalle tinte forti e da convinzioni e valori radicatisi nel tempo: la solidarietà, la capacità di integrarsi con chiunque arrivasse, il coraggio di scontrarsi con il potere, la socialità e convivialità, nonché un pizzico di follia e creatività...Fino ad allora la città non conosceva il vero volto del nostro quartiere, esistevano, anzi, profondi pregiudizi nei nostri confronti. Il Circolo ha rappresentato la prima tappa verso il superamento di certe false rappresentazioni. Un percorso difficile che, passo dopo passo, trova nella Festa del Borgo (a partire dal ‘79) la grande affermazione della nostra comunità, a cui finalmente giunge tutto l’affetto della città.E se in passato qualcuno tendeva a nascondere le proprie origini borghigiane, oggi, invece, è con orgoglio, che si ribadisce: “Io sono uno del Borgo!”

Il libro è andato esaurito in neanche due mesi e ci auguriamo che sia quanto prima ristampato.Comunque vada, ci corre l’obbligo di precisare e correggere, fin d’ora, alcuni errori presenti nelle didascalie di questa prima edizione.Alcuni personaggi, presenti nelle foto inserite nel testo, non sono stati correttamente individuati. A difesa dei compilatori è doveroso ricordare che le immagini pubblicate sono quasi duecento - con tantissimi protagonisti (la maggior parte dei qualiscomparsi)–inediteesegnatedaltempo.Seillavoro,peripotesi,fossestatorealizzatosoltantoventiotrent’annifa sarebbe stato molto più facile rintracciare subito nome e cognome di tutti quanti. Ora diamo conto di tutte le segnalazioni e le correzioni che ci sono pervenute dopo l’uscita di “Al di là del Ponte”. Foto, in bianco e nero, a pagina 14: il nome di Calcinelli non è Primo ma Giuseppe; e i fratelli Balestra sono figli di Giuseppe e non di Dante Balestra.Foto pag. 18: è relativa agli anni Trenta e non CinquantaFoto pag. 19: nella pubblicazione, la foto è stata tagliata (sulla destra), e quindi è “saltato” Armando ad bighin PulazziFoto pag. 23: la terza da sinistra è Teresina Spadoni in Bianchi, e non Sina BianchiFoto, in basso, a pag. 54: l’ultimo sulla destra è Ado Minguzzi, e non Erio GodenziniFoto pag. 56: con la chitarra c’è Salvatore Vernocchi e non Pino ValmaggiFoto pag. 64: il quarto da sinistra è Giorgio Giorgetti e’ fre e non Carlo Tonini FasulounFoto a pag. 70: al centro, in basso, Bertino della Vittoria e non Sirio AgostiniFoto pag. 76: il giovane indicato come Gilberto Vannoni Il gobbo è, invece, il fratello Giancarlo detto ChilinFoto in basso a pag. 80: al centro Giulio Ghinelli Pipoun e non Giulio NeriFoto in basso a pag. 81: in primo piano Alfredo Chierighini Pinein e non il figlio Antonio detto Il leoneFoto in basso a pag. 89: l’ultima a destra è Seconda Violanti in Faggioli (e non Flora Ricciotti)Foto pag. 130: non si tratta di Marcello Montanari ma, bensì, del fratello Franco, detto LampoFoto pag. 135: l’ultima a destra è Saura Ricciotti e non Fausta GasperoniFoto in alto a pag. 136: la quarta da sinistra è Anna Semprini e non Graziella GodenziniNell’Appendice, a pag. 151, ad Eugenio Pazzaglia è stato erroneamente attribuito il soprannome pelo

Errata corrige, l’elenco degli errori riscontrati dopo la stampa

Animali borghigianipunti di vista a quattro zampeLa storia si può leggere e raccontare in tanti modi: quella della famiglia di Roby (Roberto Balducci), nipote di Marianna, titolare della storica Trattoria, qui viene ripercorsa attraverso gli aneddoti degli animali domestici. La quotidianità di una delle tante famiglie borghigiane si colora di insolite sfumature, filtrata dalle vicende di altrettanto insoliti protagonisti: i borghigiani a quattro zampe.

Uno dei fiaccheristi del borgo, dall’archivio di Giuliano Maroncelli

di Roberto Balducci

“Al di là del Ponte” il Borgo l’ha letto, apprezzato e corretto!a cura di Mario Pasquinelli e Giuliano Ghirardelli

In questa foto (pubblicata a pagina 89 del libro), il secondo da destra, indicato erroneamente come Nadel ad Bighin, è rimasto finora senza nome, nonostante le ricerche. Aldina Morri e Mario Bianchini, fra i tanti da noi interpellati, ricordano vagamente il personaggio, e pensano si tratti di un vecchio marinaio che abitava in via Chiavica o in via Marecchia… Cerchiamo un nome ed una storia.

Roberto abbraccia la sua mamma Aldina che cerca di tenere ferma la vivace Picchi. Al tavolo, più in fondo, Cornelia, sorella di Aldina

UN APPELLO AI LETTORI Un volto non sconosciuto... ma chi lo ricorda?

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� Anche se non è elegante far sapere ai quattro venti l’età di una signora, in alcuni casi si può fare un’eccezione, sempre che la diretta interessata sia d’accordo e la prenda, come nel nostro caso, con il consueto spirito per cui tutti la conoscono e l’apprezzano: ecco perché l’età di Flora è finita persino sul giornale e a porgerle i suoi auguri si è presentato pure il sindaco. Flora Morri ha compiuto 100 anni e se li porta addosso con ironia e leggerezza. Ad appesantirci ci pensa già la vita con i suoi imprevisti, ci pensa la storia con i suoi capitoli difficili da sfogliare; Flora lo sa bene, per questo, pur consapevole del traguardo raggiunto, i suoi anni li indossa come un vestito, se li aggiusta e lascia che si adattino con naturalezza alle sue giornate affrontate con il sorriso e

riscaldate dall’affetto della sua famiglia. Sono stati proprio i suoi familiari, i figli Gabriele e Gabriella specialmente con la complicità della nipote Cinzia, a regalarle una bella festa, occasione per far incontrare di nuovo anche gli amici e le amiche che Flora non ha mai dimenticato. La memoria di Flora è ancora piuttosto ben allenata, complici sicuramente una salute invidiabile e probabilmente la compagnia di nipoti e bisnipoti, nonché la sua curiosità innata che l’ha portata a coltivare nei ritagli di tempo, ancora oggi, la lettura (soprattutto delle belle storie d’amore), l’attenzione verso le notizie che succedono nel mondo (politica inclusa, anche quando c’è un po’ di confusione, sempre meglio allenarsi e ascoltare, dice lei). Un po’ di tempo per godersi le cose che le piacciono Flora ce l’ha, di certo molto più che in gioventù quando ne ha dovute affrontare tante per capire quale direzione avrebbe preso il suo percorso, a partire dalle stradine sconnesse del suo Borgo San Giuliano. Flora è nata in via Forzieri e, rimasta presto orfana della mamma, viene cresciuta dal padre, “Bartein”, che aveva un negozio di frutta e verdura lungo viale Tiberio (nella zona delle case a schiera che negli anni ’30 verranno demolite), poi convertito in attività ambulante. Nella sua famiglia ci sono altri due fratelli, lei è la più piccola ed è costretta a subire un po’ il destino fatto di coercizioni e divieti che spetta alle donne del suo tempo, specialmente quando sono giovanissime e al gioco iniziano a preferire le frequentazioni dei coetanei. “A lui piaci te, l’ho sentito io…” le diceva la fidata amica Sara, anche lei orfana di mamma e inseparabile compagna durante l’infanzia e l’adolescenza di Flora. Con i primi “filarini” iniziano anche le prime ingegnose scuse per camuffare un’uscita in più dalle mura domestiche con qualche lavoretto: Flora racconta, per esempio, che si andava a buttar fuori l’acqua per fare poi nuovo rifornimento col secchio anche se magari non c’era ancora proprio bisogno (l’acqua poi scarseggiava davvero nel Borgo in quegli anni e per fare il bucato c’era un carretto, un “biroccino”, che passava e riforniva tutta la zona fino al lavatoio). La miseria era tanta, condizione quasi naturale ormai nella rassegnazione che aveva contagiato la quotidianità dei borghigiani di lungo corso come Flora che oggi, anche

se certo non la rimpiangono, di sicuro guardano con un po’ di sospetto tutto il clamore della mondanità che ha investito il loro quartiere trasformandolo in un luogo visibilmente più accogliente, ma forse troppo pigramente adagiato sulla superficie luccicante delle moderne comodità. “Si stava peggio, sì” mi confida, infatti, Flora “ma si era tutti più vicini” e forse un po’ di malinconia c’è nel constatare che non sembriamo più capaci di fare squadra se non nella più sventurata necessità. A riportare alla memoria i piccoli segnali di complicità subentra ancora una volta dal passato la voce di Sara: “Flora, ridemme? (Flora, vogliamo ridere?)” e bastava poco: l’asse per i panni, qualche mandorla da farci rotolare sopra e una buona amica con cui condividere un po’ di serenità, anche da inventare se non la si poteva gustare proprio tutti i giorni per davvero.Generosa e positiva, come conferma la figlia Gabriella anche oggi, Flora si sposa nel ’37 con Eugenio (Gino) Pazzagli, capo-mastro e gran lavoratore: è proprio lui a progettare e costruire la casa per sé e per Flora, mattone su mattone, a pochi passi dal Borgo, per iniziare una nuova vita insieme. Gino parte per la guerra nel 1943 e resta lontano per 6 lunghi anni. Lo fanno sergente a Cefalonia e riesce a scampare pericoli mortali per miracolo più di una volta. A Cefalonia rischia, infatti, di essere fucilato assieme agli altri prigionieri di grado elevato come il suo, ma ha la prontezza di accasciarsi a terra dopo la prima scarica di proiettili fingendo di esser stato colpito e ingannan-do i nemici che lo credono morto. Durante una missione, la nave sulla quale Gino è imbarcato, poi, viene silurata, affonda e si porta via moltissimi membri dell’equipaggio, ma ancora una volta la Provvidenza lo porta in salvo. Flora, durante que-gli anni, vede il suo Borgo saccheggiato dai fascisti e fugge sfollata a Santarcangelo con una bimba (Gabriella) di appe-na 15 giorni. Le bombe cadono, tutto intorno è una tensione perenne e Flora è una delle tante donne che, in circostanze così estreme, hanno visto venire a galla da chissà quale intimo angolino del cuore stanco e impaurito un coraggio indispen-sabile alla sopravvivenza, tale da portarle anche a difendere i loro bambini facendo scudo col proprio corpo sotto le mace-rie. Donne anche un po’ rassegnate all’idea che mariti, padri, fratelli non tornino più. E invece Gino torna: “…sembrava un povero pulcino”, dice Flora che riporta le impressioni del ma-rito (che oggi non c’è più) di ritorno alla stazione dopo un così lungo periodo di lontananza, incerto sul destino della sua famiglia e sul fatto che magari nemmeno lo aspettavano più. “Un Casadei,” dice Flora “che lo conosceva e ci conosceva tutti, quando l’ha visto lo ha rassicurato e gli ha detto che lo stava-mo aspettando e che la sua bimba stava bene”.

Oggi Flora mi dice, con tenerezza e grande vivacità, che lei “ha voluto e vuole bene a tutti” coloro che hanno attraver-sato la sua vita e io non fatico a credere che una frase ap-parentemente così semplice sia la più autentica verità che Flora si porta dietro e che si è ritrovata a festeggiare durante il suo compleanno. La vita di Flora probabilmente somiglia a quella di molte altre donne del suo tempo, ma non solo le esperienze eccezionali meritano di essere raccontate o sono capaci di commuoverti ed emozionarti. Parlare con Flora nel suo salotto mi ha fatto provare un po’ la sensazione di ri-cevere un regalo, come se la festa fosse la mia e non solo la sua: chi ti consegna il racconto della propria vita tra le mani, con le piccole tracce di un passato diverso che sembra per-ciò lontanissimo, ma soprattutto con la fiducia nel fatto che in qualche modo ne avrai cura, ti sta facendo dono che mai nessuno dovrebbe avere la presunzione di sottovalutare. Molti auguri, cara Flora.

Giorgio Romano Mazzotti è un personaggio ben noto nel Borgo e ancor più in città, data la lunga carriera di profes-sore d’inglese al Liceo scientifico “Einstein” di Rimini.Nell’estate del 2013 ha dato alle stampe il suo primo libro autobiograficodiraccontidiviaggi:“IviaggidiGeorge”–Raffaelli Editore.Vi invitiamo a immergervi nei racconti colorati e ricchi d’e-mozioni di questo originale cantore del nostro tempo, che dalBorgoognivoltaparteevifa–volutamente–ritorno,un viaggiatore nel vero senso della parola, che non sarà mai un “turista”.

Il libro “I viaggi di George” non è il solito baedeker (Ndr: gui-da turistica, volumetto di itinerari e informazioni di viaggio). George è un viaggiatore assoluto che, pur carico di affetti, esperienze, cultura, in una parola di legami con la sua terra, è capace di partire con un bagaglio leggero, giusto l’essenziale, per aprirsi a tutto ciò che incontra: persone, luoghi, linguaggi, costumi (a volte cercati, a volte offertigli dal caso).La rara disposizione ad entrare in contatto con ogni forma vi-vente–uomini,donne,bambini(gliaddomesticatieomologa-ti dalla civiltà non sono i preferiti, meglio i selvaggi, i primitivi, i reietti),animali,fiori,piante–nonèsolosanaevitalecuriosità.Rivela al fondo un’idea di comunione universale che abbracci tutto il creato.Persino il Divino, verso cui alza gli occhi e chiede protezione, non si identifica con il dio di una precisa religione. George sot-to i diversi cieli sa di trovare presenze celesti benevole e pro-tettrici verso chi in arabo o in indi o in inglese si rivolge loro.L’intrepido viaggiatore coperto da tale tutela sa di cavarsela sia che scivoli in un pozzo o si trovi a trio di un elefante un po’ nervoso, o nel buio di una boscaglia dove a ogni passo può risvegliare un serpentello.Di suo George ci mette una tenace resistenza e soprattutto uno slancio amoroso senza limiti. Sono semplici e imme-diati i suoi contatti (non occorrono neanche le parole) e con glielementinaturali–nonlichiamerebbemaiinanimati–basta uno sfioramento, stringere un pugnetto di terra, o un sasso, immergersi nell’acqua di un fiume, annusare l’aria, gli odori.

Il viaggiatore George non è uno sradicato, ha una meta cui tornare: la sua casa natale, presiedu-ta dalla Madre, vigile e presente perché viva nel suo cuore che lo aspette-rà sempre come quando il ragazzo usciva per le prime esplorazioni e avventure cittadine.Leggere il libro di George non è tanto scoprire dei luoghi ma il rivelarsi di un’anima.

recensione di Davide Grassi

Ho letto un libro molto bello. Di un co-noscente. Di un amico. Di qualcuno che considero oggi un amico perché l’ho in-crociato lungo la strada di casa per alme-no 28 anni. Il tempo che ho vissuto con la mia famiglia nel Borgo San Giuliano. A Rimini.Piero Righi Ghirardelli abita ancora lì e come si usa dire dalle nostri parti è un vero e proprio “borghigiano”.

Il romanzo breve che ha appena pubbli-cato è CHIOME INCOLTE, tutto maiusco-lo, e non è il primo che ha scritto. Ma è quello che mi ha fatto scoprire il Piero Ri-ghi Ghirardelli scrittore. Ed è un romanzo che non troverete in libreria (per il mo-mento). È auto-prodotto e distribuito in qualche edicola nel riminese e lo si può ordinare online.Sulla copertina c’è una fotografia, che ri-sale agli anni ’80, che ritrae tre giovani dai capelli lunghi e neri fin sotto la schie-na, come voleva la moda “fricchettona” di allora. Uno dei tre è l’autore del libro e aveva diciannove anni.CHIOME INCOLTE è una storia autobio-grafica e di una grande amicizia. Raccon-ta di un fine settimana che cambiò per sempre l’esistenza di Piero e di chi ebbe la fortuna di sopravvivere ad un terribile incidente stradale, al ritorno da una sera-ta passata in discoteca.

“Le avventure di un gruppo. La storia di una serata. Un inizio marzo che cambiò tante vite” è il sottotitolo del libro.Piero, che dopo quell’evento trascorse qualche mese nel reparto di rianimazione dell’ospedale, decide di rielaborare il pro-prio trauma. A distanza di trent’anni, rac-conta di come il gruppo di amici trascor-se i giorni prima dell’incidente. Il ritrovo al Bar Alba, i viaggi avventurosi con la vespa e i sabati in discoteca a “rimorchia-re” le ragazze: c’era quello che ci sapeva sempre fare e quello più timido e impac-ciato come l’autore del libro il quale però aveva altre doti: sapeva raccontare delle bellissime storie. E Piero è davvero bravo nel raccontare dei compagni di avventu-ra, i momenti e le sensazioni provate in quell’ultima serata passata insieme di un giorno di marzo.C’è anche un emozionante contributo degli amici e dei parenti dei sopravvissuti dentro il libro: “In psicologia si dice che scrivere sia un buon viatico; se così fosse, penso che, forse, questo libro avremmo dovuto scriverlo tutti”, scrive Luca.Non ho mai conosciuto gli amici di Piero, quelli di adesso e quelli che non ci sono più, ma dopo aver letto il suo romanzo (può sembrare un complimento banale) è come se il “Gallo”, “Vincio e “Gorinaz”, li avessi conosciuti da sempre.

Fonti: http://www.rigantik.com/

CHIOME INCOLTE, l’ultimo arrivato è un libro assolutamente da leggere. Finito di scrivere nel 2013 e auto pubblicato in Luglio dello stesso anno, ha un percorso tutto suo, quasi indipendente dalla mia vo-lontà di renderlo visibile. Come per gli altri due precedenti, ne ho fatte stampare cento copie e in poco tempo sono finite. Se siete di Rimini, di Santarcangelo o dell’entroterra che risale il Marecchia e siete nati/e negli anni Sessanta come me ricorderete o avrete sentito parlare di un fatto di cronaca successo a Secchiano: cin-que ragazzi dai sedici ai vent’anni, a bordo di una Centoventisette verde… Era il solito sabatoseradiqueglianni–sieranelMar-zodel1983–fattodidiscoteca,musicaela vera fissa di trovar ragazze. Sulla strada del ritorno in-

vece, un muro bianco, di quelli con le pie-tre dentro, fermò bruscamente i loro sogni.C’ero anch’io dentro quella Centoventi-sette. Finalmente, dopo trent’anni passati in apparenza a far finta di niente, passati a guardare sempre e solo avanti, a crede-re che da una botta del genere se ne può uscire semplicemente dimenticandosene il più in fretta possibile, ho trovato il corag-gio,lavogliaelaforzadi–scusateilter-mine–disseppellirequella storia, riaprirequella serata e, perché no, ridisegnarla a modo mio.È venuta fuori, incredibile, una storia ap-passionante, certamente originale e, stan-do ai commenti dei tanti che l’hanno letta, bella. Tutto questo da una tragedia… la mia, la nostra, la loro e di tutti quelli che in quegli anni, nel nostro vecchio Borgo San Giuliano a Rimini, hanno avuto modo di starci vicino.Si piange, si ride e ci si emoziona. I grandi temi della vita ci sono tutti. Amicizia, gio-vinezza, amore e… sì, c’è anche Lei, l’uni-ca cosa certa della vita. Il mio tentativo è anche quello di rendere accettabile quella famosa e impronunciabile Lei.

Se vi va di acquistarlo lo potete ancora trovare presso:- Edicola Borgo San Giulianoin via Tiberio a Rimini- Il Giardino dei libriin Corso d’Augusto a Rimini- Bar Nuovo a San Mauro Pascoli (FC)- In due edicole di Villa Verucchio- In due edicole di Novafeltria- Online su rigantik.com

I 100 anni di Flora Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale - De Andrè

I viaggi di GeorgeInsolito diario di bordo di un viaggiatore contemporaneo

Chiome incolte

di Marianna Balducci

a cura della redazione Foi de’Borg

Le festa di compleanno

Sulla destra, Bartein, il babbo di Flora.

Flora con la figlia Gabriella.

“LA [SUP]POSTA DEL CUORE” di Gnoli

Questa volta Gnoli affronta un temala cui soluzione, da sempre, non ha mai trovato un esito definitivo. Avrà, però, la competenza e l’esperienza necessarie a dipanare questa matassa?

Ho studiato, credetemi, il tema con serietà! Caro Gnoli, ho visto una tua foto su di un vecchio gior-nale del Borgo e non mi pare – scusa la sincerità – che fisi-camente tu sia un granché! Ma anch’io, del resto, non sono bellissimo; ho sempre avuto difficoltà con le donne e non so spiegarmi la tua fortuna con l’altro sesso. Ho fatto l’amore solo con qualche prostituta, non ho mai avuto una fidanzata, né tanto meno mi sono sposato. Ecco, vedi, nascere brutto, e oltretutto pure povero, è la più grande ingiustizia che poteva capitarmi. Almeno una volta c’erano i casini, e non mi sarei preoccupato – come adesso – di beccarmi una malattia o di trovarmi alla prese con la malavita, che si nasconde dietro queste donne. Scusa lo sfogo, ma ho una grande rabbia dentro e, vedendo alla televisione tutte quelle trasmissioni che inneggiano alla bellezza, mi sento ancor più emarginato. E me la prendo con il mondo intero!Perché lo Stato non viene incontro a quelli come noi e non riapre le “case chiuse”?Magari, anche, aiutando chi è economicamente in difficoltà, con la concessione di finanziamenti attraverso una riduzione delle tasse (che ora va molto di moda), in particolare agli uo-mini brutti e poveri. Come noi.

Tanti cari salutiUno come te

Caro il mio... Uno come te Parla per te, perché io, modestamente, la mia parte abbon-dante di esperienze l’ho vissuta! Non contano, caro amico, solo la bellezza e i soldi: bisogna sapersi rendere interessanti, simpatici, e non arrendersi alle prime difficoltà! Ti dirò di più: qualche soddisfazione me la sono tolta, ma non è stato facile. E, poi, c’è anche chi sta peggio di te: pensa a chi è portatore di gravi handicap fisici o mentali, o a chi è impotente... Anch’io sono d’accordo che bisognerebbe intervenire sul fenomeno della prostituzione, ma non con la riapertura delle “case chiuse” da parte dello Stato. Dovrebbero essere le prostitute stesse a “consorziarsi” in libere associazioni, svolgendo le proprie attività in case private, senza protet-tori da mantenere ed eliminando, così, tutto quel torbido mondo malavitoso che le circonda. E siccome sono un anticonformista – lo vedi come mivesto?! - accetto la tua provocazione sul finanziamento da erogare ai “brutti e poveri”; anzi, aggiungo anche altri provvedimenti: una sconto per le comitive, abbonamenti annuali con pagamento rateale, prezzo di favore ai ragazzi alle prime esperienze, un premio-fedeltà...Bando agli scherzi: la materia è seria, ed è oggetto sulla stampa di continui dibattiti.Perdonami se ho scherzato su di un argomento che in-clude tante sofferenze. Ma io sono fatto così!

TuoGnoli

Page 5: Giugno 2014

è gradito l'appuntamento

Viale Tiberio 83 - RiminiTel. 0541.22922

4 5

Piazzetta Pirinela 12 - Borgo San GiulianoRIMINI - Tel. 347 8201482

solo su prenotazione

Viale Matteotti, 44/ASan Giuliano Borgo (RN)

Tel./fax 0541 [email protected]

ENOTECA DINEINVia Ortaggi 6, RIMINIdi Francesco Cevoli & C. snc

388.9796869

tutti i giorni orario continuato dalle 7.30 alle 20.30

domenica dalle 8.30 alle 13.00

Rimini - Viale Tiberio, 32 - Borgo San Giuliano - 0541.52147 - [email protected]

di Baroni Pier Angelo e C.RIMINIVIA SAN GIULIANO 43TEL: 0541 50641

� Anche se non è elegante far sapere ai quattro venti l’età di una signora, in alcuni casi si può fare un’eccezione, sempre che la diretta interessata sia d’accordo e la prenda, come nel nostro caso, con il consueto spirito per cui tutti la conoscono e l’apprezzano: ecco perché l’età di Flora è finita persino sul giornale e a porgerle i suoi auguri si è presentato pure il sindaco. Flora Morri ha compiuto 100 anni e se li porta addosso con ironia e leggerezza. Ad appesantirci ci pensa già la vita con i suoi imprevisti, ci pensa la storia con i suoi capitoli difficili da sfogliare; Flora lo sa bene, per questo, pur consapevole del traguardo raggiunto, i suoi anni li indossa come un vestito, se li aggiusta e lascia che si adattino con naturalezza alle sue giornate affrontate con il sorriso e

riscaldate dall’affetto della sua famiglia. Sono stati proprio i suoi familiari, i figli Gabriele e Gabriella specialmente con la complicità della nipote Cinzia, a regalarle una bella festa, occasione per far incontrare di nuovo anche gli amici e le amiche che Flora non ha mai dimenticato. La memoria di Flora è ancora piuttosto ben allenata, complici sicuramente una salute invidiabile e probabilmente la compagnia di nipoti e bisnipoti, nonché la sua curiosità innata che l’ha portata a coltivare nei ritagli di tempo, ancora oggi, la lettura (soprattutto delle belle storie d’amore), l’attenzione verso le notizie che succedono nel mondo (politica inclusa, anche quando c’è un po’ di confusione, sempre meglio allenarsi e ascoltare, dice lei). Un po’ di tempo per godersi le cose che le piacciono Flora ce l’ha, di certo molto più che in gioventù quando ne ha dovute affrontare tante per capire quale direzione avrebbe preso il suo percorso, a partire dalle stradine sconnesse del suo Borgo San Giuliano. Flora è nata in via Forzieri e, rimasta presto orfana della mamma, viene cresciuta dal padre, “Bartein”, che aveva un negozio di frutta e verdura lungo viale Tiberio (nella zona delle case a schiera che negli anni ’30 verranno demolite), poi convertito in attività ambulante. Nella sua famiglia ci sono altri due fratelli, lei è la più piccola ed è costretta a subire un po’ il destino fatto di coercizioni e divieti che spetta alle donne del suo tempo, specialmente quando sono giovanissime e al gioco iniziano a preferire le frequentazioni dei coetanei. “A lui piaci te, l’ho sentito io…” le diceva la fidata amica Sara, anche lei orfana di mamma e inseparabile compagna durante l’infanzia e l’adolescenza di Flora. Con i primi “filarini” iniziano anche le prime ingegnose scuse per camuffare un’uscita in più dalle mura domestiche con qualche lavoretto: Flora racconta, per esempio, che si andava a buttar fuori l’acqua per fare poi nuovo rifornimento col secchio anche se magari non c’era ancora proprio bisogno (l’acqua poi scarseggiava davvero nel Borgo in quegli anni e per fare il bucato c’era un carretto, un “biroccino”, che passava e riforniva tutta la zona fino al lavatoio). La miseria era tanta, condizione quasi naturale ormai nella rassegnazione che aveva contagiato la quotidianità dei borghigiani di lungo corso come Flora che oggi, anche

se certo non la rimpiangono, di sicuro guardano con un po’ di sospetto tutto il clamore della mondanità che ha investito il loro quartiere trasformandolo in un luogo visibilmente più accogliente, ma forse troppo pigramente adagiato sulla superficie luccicante delle moderne comodità. “Si stava peggio, sì” mi confida, infatti, Flora “ma si era tutti più vicini” e forse un po’ di malinconia c’è nel constatare che non sembriamo più capaci di fare squadra se non nella più sventurata necessità. A riportare alla memoria i piccoli segnali di complicità subentra ancora una volta dal passato la voce di Sara: “Flora, ridemme? (Flora, vogliamo ridere?)” e bastava poco: l’asse per i panni, qualche mandorla da farci rotolare sopra e una buona amica con cui condividere un po’ di serenità, anche da inventare se non la si poteva gustare proprio tutti i giorni per davvero.Generosa e positiva, come conferma la figlia Gabriella anche oggi, Flora si sposa nel ’37 con Eugenio (Gino) Pazzagli, capo-mastro e gran lavoratore: è proprio lui a progettare e costruire la casa per sé e per Flora, mattone su mattone, a pochi passi dal Borgo, per iniziare una nuova vita insieme. Gino parte per la guerra nel 1943 e resta lontano per 6 lunghi anni. Lo fanno sergente a Cefalonia e riesce a scampare pericoli mortali per miracolo più di una volta. A Cefalonia rischia, infatti, di essere fucilato assieme agli altri prigionieri di grado elevato come il suo, ma ha la prontezza di accasciarsi a terra dopo la prima scarica di proiettili fingendo di esser stato colpito e ingannan-do i nemici che lo credono morto. Durante una missione, la nave sulla quale Gino è imbarcato, poi, viene silurata, affonda e si porta via moltissimi membri dell’equipaggio, ma ancora una volta la Provvidenza lo porta in salvo. Flora, durante que-gli anni, vede il suo Borgo saccheggiato dai fascisti e fugge sfollata a Santarcangelo con una bimba (Gabriella) di appe-na 15 giorni. Le bombe cadono, tutto intorno è una tensione perenne e Flora è una delle tante donne che, in circostanze così estreme, hanno visto venire a galla da chissà quale intimo angolino del cuore stanco e impaurito un coraggio indispen-sabile alla sopravvivenza, tale da portarle anche a difendere i loro bambini facendo scudo col proprio corpo sotto le mace-rie. Donne anche un po’ rassegnate all’idea che mariti, padri, fratelli non tornino più. E invece Gino torna: “…sembrava un povero pulcino”, dice Flora che riporta le impressioni del ma-rito (che oggi non c’è più) di ritorno alla stazione dopo un così lungo periodo di lontananza, incerto sul destino della sua famiglia e sul fatto che magari nemmeno lo aspettavano più. “Un Casadei,” dice Flora “che lo conosceva e ci conosceva tutti, quando l’ha visto lo ha rassicurato e gli ha detto che lo stava-mo aspettando e che la sua bimba stava bene”.

Oggi Flora mi dice, con tenerezza e grande vivacità, che lei “ha voluto e vuole bene a tutti” coloro che hanno attraver-sato la sua vita e io non fatico a credere che una frase ap-parentemente così semplice sia la più autentica verità che Flora si porta dietro e che si è ritrovata a festeggiare durante il suo compleanno. La vita di Flora probabilmente somiglia a quella di molte altre donne del suo tempo, ma non solo le esperienze eccezionali meritano di essere raccontate o sono capaci di commuoverti ed emozionarti. Parlare con Flora nel suo salotto mi ha fatto provare un po’ la sensazione di ri-cevere un regalo, come se la festa fosse la mia e non solo la sua: chi ti consegna il racconto della propria vita tra le mani, con le piccole tracce di un passato diverso che sembra per-ciò lontanissimo, ma soprattutto con la fiducia nel fatto che in qualche modo ne avrai cura, ti sta facendo dono che mai nessuno dovrebbe avere la presunzione di sottovalutare. Molti auguri, cara Flora.

Giorgio Romano Mazzotti è un personaggio ben noto nel Borgo e ancor più in città, data la lunga carriera di profes-sore d’inglese al Liceo scientifico “Einstein” di Rimini.Nell’estate del 2013 ha dato alle stampe il suo primo libro autobiograficodiraccontidiviaggi:“IviaggidiGeorge”–Raffaelli Editore.Vi invitiamo a immergervi nei racconti colorati e ricchi d’e-mozioni di questo originale cantore del nostro tempo, che dalBorgoognivoltaparteevifa–volutamente–ritorno,un viaggiatore nel vero senso della parola, che non sarà mai un “turista”.

Il libro “I viaggi di George” non è il solito baedeker (Ndr: gui-da turistica, volumetto di itinerari e informazioni di viaggio). George è un viaggiatore assoluto che, pur carico di affetti, esperienze, cultura, in una parola di legami con la sua terra, è capace di partire con un bagaglio leggero, giusto l’essenziale, per aprirsi a tutto ciò che incontra: persone, luoghi, linguaggi, costumi (a volte cercati, a volte offertigli dal caso).La rara disposizione ad entrare in contatto con ogni forma vi-vente–uomini,donne,bambini(gliaddomesticatieomologa-ti dalla civiltà non sono i preferiti, meglio i selvaggi, i primitivi, i reietti),animali,fiori,piante–nonèsolosanaevitalecuriosità.Rivela al fondo un’idea di comunione universale che abbracci tutto il creato.Persino il Divino, verso cui alza gli occhi e chiede protezione, non si identifica con il dio di una precisa religione. George sot-to i diversi cieli sa di trovare presenze celesti benevole e pro-tettrici verso chi in arabo o in indi o in inglese si rivolge loro.L’intrepido viaggiatore coperto da tale tutela sa di cavarsela sia che scivoli in un pozzo o si trovi a trio di un elefante un po’ nervoso, o nel buio di una boscaglia dove a ogni passo può risvegliare un serpentello.Di suo George ci mette una tenace resistenza e soprattutto uno slancio amoroso senza limiti. Sono semplici e imme-diati i suoi contatti (non occorrono neanche le parole) e con glielementinaturali–nonlichiamerebbemaiinanimati–basta uno sfioramento, stringere un pugnetto di terra, o un sasso, immergersi nell’acqua di un fiume, annusare l’aria, gli odori.

Il viaggiatore George non è uno sradicato, ha una meta cui tornare: la sua casa natale, presiedu-ta dalla Madre, vigile e presente perché viva nel suo cuore che lo aspette-rà sempre come quando il ragazzo usciva per le prime esplorazioni e avventure cittadine.Leggere il libro di George non è tanto scoprire dei luoghi ma il rivelarsi di un’anima.

recensione di Davide Grassi

Ho letto un libro molto bello. Di un co-noscente. Di un amico. Di qualcuno che considero oggi un amico perché l’ho in-crociato lungo la strada di casa per alme-no 28 anni. Il tempo che ho vissuto con la mia famiglia nel Borgo San Giuliano. A Rimini.Piero Righi Ghirardelli abita ancora lì e come si usa dire dalle nostri parti è un vero e proprio “borghigiano”.

Il romanzo breve che ha appena pubbli-cato è CHIOME INCOLTE, tutto maiusco-lo, e non è il primo che ha scritto. Ma è quello che mi ha fatto scoprire il Piero Ri-ghi Ghirardelli scrittore. Ed è un romanzo che non troverete in libreria (per il mo-mento). È auto-prodotto e distribuito in qualche edicola nel riminese e lo si può ordinare online.Sulla copertina c’è una fotografia, che ri-sale agli anni ’80, che ritrae tre giovani dai capelli lunghi e neri fin sotto la schie-na, come voleva la moda “fricchettona” di allora. Uno dei tre è l’autore del libro e aveva diciannove anni.CHIOME INCOLTE è una storia autobio-grafica e di una grande amicizia. Raccon-ta di un fine settimana che cambiò per sempre l’esistenza di Piero e di chi ebbe la fortuna di sopravvivere ad un terribile incidente stradale, al ritorno da una sera-ta passata in discoteca.

“Le avventure di un gruppo. La storia di una serata. Un inizio marzo che cambiò tante vite” è il sottotitolo del libro.Piero, che dopo quell’evento trascorse qualche mese nel reparto di rianimazione dell’ospedale, decide di rielaborare il pro-prio trauma. A distanza di trent’anni, rac-conta di come il gruppo di amici trascor-se i giorni prima dell’incidente. Il ritrovo al Bar Alba, i viaggi avventurosi con la vespa e i sabati in discoteca a “rimorchia-re” le ragazze: c’era quello che ci sapeva sempre fare e quello più timido e impac-ciato come l’autore del libro il quale però aveva altre doti: sapeva raccontare delle bellissime storie. E Piero è davvero bravo nel raccontare dei compagni di avventu-ra, i momenti e le sensazioni provate in quell’ultima serata passata insieme di un giorno di marzo.C’è anche un emozionante contributo degli amici e dei parenti dei sopravvissuti dentro il libro: “In psicologia si dice che scrivere sia un buon viatico; se così fosse, penso che, forse, questo libro avremmo dovuto scriverlo tutti”, scrive Luca.Non ho mai conosciuto gli amici di Piero, quelli di adesso e quelli che non ci sono più, ma dopo aver letto il suo romanzo (può sembrare un complimento banale) è come se il “Gallo”, “Vincio e “Gorinaz”, li avessi conosciuti da sempre.

Fonti: http://www.rigantik.com/

CHIOME INCOLTE, l’ultimo arrivato è un libro assolutamente da leggere. Finito di scrivere nel 2013 e auto pubblicato in Luglio dello stesso anno, ha un percorso tutto suo, quasi indipendente dalla mia vo-lontà di renderlo visibile. Come per gli altri due precedenti, ne ho fatte stampare cento copie e in poco tempo sono finite. Se siete di Rimini, di Santarcangelo o dell’entroterra che risale il Marecchia e siete nati/e negli anni Sessanta come me ricorderete o avrete sentito parlare di un fatto di cronaca successo a Secchiano: cin-que ragazzi dai sedici ai vent’anni, a bordo di una Centoventisette verde… Era il solito sabatoseradiqueglianni–sieranelMar-zodel1983–fattodidiscoteca,musicaela vera fissa di trovar ragazze. Sulla strada del ritorno in-

vece, un muro bianco, di quelli con le pie-tre dentro, fermò bruscamente i loro sogni.C’ero anch’io dentro quella Centoventi-sette. Finalmente, dopo trent’anni passati in apparenza a far finta di niente, passati a guardare sempre e solo avanti, a crede-re che da una botta del genere se ne può uscire semplicemente dimenticandosene il più in fretta possibile, ho trovato il corag-gio,lavogliaelaforzadi–scusateilter-mine–disseppellirequella storia, riaprirequella serata e, perché no, ridisegnarla a modo mio.È venuta fuori, incredibile, una storia ap-passionante, certamente originale e, stan-do ai commenti dei tanti che l’hanno letta, bella. Tutto questo da una tragedia… la mia, la nostra, la loro e di tutti quelli che in quegli anni, nel nostro vecchio Borgo San Giuliano a Rimini, hanno avuto modo di starci vicino.Si piange, si ride e ci si emoziona. I grandi temi della vita ci sono tutti. Amicizia, gio-vinezza, amore e… sì, c’è anche Lei, l’uni-ca cosa certa della vita. Il mio tentativo è anche quello di rendere accettabile quella famosa e impronunciabile Lei.

Se vi va di acquistarlo lo potete ancora trovare presso:- Edicola Borgo San Giulianoin via Tiberio a Rimini- Il Giardino dei libriin Corso d’Augusto a Rimini- Bar Nuovo a San Mauro Pascoli (FC)- In due edicole di Villa Verucchio- In due edicole di Novafeltria- Online su rigantik.com

I 100 anni di Flora Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale - De Andrè

I viaggi di GeorgeInsolito diario di bordo di un viaggiatore contemporaneo

Chiome incolte

di Marianna Balducci

a cura della redazione Foi de’Borg

Le festa di compleanno

Sulla destra, Bartein, il babbo di Flora.

Flora con la figlia Gabriella.

“LA [SUP]POSTA DEL CUORE” di Gnoli

Questa volta Gnoli affronta un temala cui soluzione, da sempre, non ha mai trovato un esito definitivo. Avrà, però, la competenza e l’esperienza necessarie a dipanare questa matassa?

Ho studiato, credetemi, il tema con serietà! Caro Gnoli, ho visto una tua foto su di un vecchio gior-nale del Borgo e non mi pare – scusa la sincerità – che fisi-camente tu sia un granché! Ma anch’io, del resto, non sono bellissimo; ho sempre avuto difficoltà con le donne e non so spiegarmi la tua fortuna con l’altro sesso. Ho fatto l’amore solo con qualche prostituta, non ho mai avuto una fidanzata, né tanto meno mi sono sposato. Ecco, vedi, nascere brutto, e oltretutto pure povero, è la più grande ingiustizia che poteva capitarmi. Almeno una volta c’erano i casini, e non mi sarei preoccupato – come adesso – di beccarmi una malattia o di trovarmi alla prese con la malavita, che si nasconde dietro queste donne. Scusa lo sfogo, ma ho una grande rabbia dentro e, vedendo alla televisione tutte quelle trasmissioni che inneggiano alla bellezza, mi sento ancor più emarginato. E me la prendo con il mondo intero!Perché lo Stato non viene incontro a quelli come noi e non riapre le “case chiuse”?Magari, anche, aiutando chi è economicamente in difficoltà, con la concessione di finanziamenti attraverso una riduzione delle tasse (che ora va molto di moda), in particolare agli uo-mini brutti e poveri. Come noi.

Tanti cari salutiUno come te

Caro il mio... Uno come te Parla per te, perché io, modestamente, la mia parte abbon-dante di esperienze l’ho vissuta! Non contano, caro amico, solo la bellezza e i soldi: bisogna sapersi rendere interessanti, simpatici, e non arrendersi alle prime difficoltà! Ti dirò di più: qualche soddisfazione me la sono tolta, ma non è stato facile. E, poi, c’è anche chi sta peggio di te: pensa a chi è portatore di gravi handicap fisici o mentali, o a chi è impotente... Anch’io sono d’accordo che bisognerebbe intervenire sul fenomeno della prostituzione, ma non con la riapertura delle “case chiuse” da parte dello Stato. Dovrebbero essere le prostitute stesse a “consorziarsi” in libere associazioni, svolgendo le proprie attività in case private, senza protet-tori da mantenere ed eliminando, così, tutto quel torbido mondo malavitoso che le circonda. E siccome sono un anticonformista – lo vedi come mivesto?! - accetto la tua provocazione sul finanziamento da erogare ai “brutti e poveri”; anzi, aggiungo anche altri provvedimenti: una sconto per le comitive, abbonamenti annuali con pagamento rateale, prezzo di favore ai ragazzi alle prime esperienze, un premio-fedeltà...Bando agli scherzi: la materia è seria, ed è oggetto sulla stampa di continui dibattiti.Perdonami se ho scherzato su di un argomento che in-clude tante sofferenze. Ma io sono fatto così!

TuoGnoli

Page 6: Giugno 2014

� Negli anni sessanta, progressivamente, i fiaccheristi scomparvero tutti, per trasformarsi in taxisti. Con loro sparirono i bei cavalli, alti ed eleganti che trottavano imperiosi nel Borgo. C’erano allora anche tanti gatti, pigramente distesi dietro le inferriate ombrose delle fine-stre delle abitazioni, negli assolati pomeriggi estivi. E c’erano molti cani, cani col padrone, cani col padrone e con la casa, cani randagi. Tanti cani randagi che vagabondavano fra i negozi di alimentari e le cucine delle trattorie.Insomma i residenti dell’antico rione erano molti e appartenenti a svariate specie e raz-ze del regno dei viventi, in una apparente ed armonica convivenza. Tutti avevano la loro dignità.Nel Borgo, non solo accadeva che gli ani-mali dessero il proprio cognome al padrone come nel caso di Mario Full, il vecchio anar-chico emigrato in Argentina. Accadeva di più: gli animali ereditavano i gradi di parentela dei loro padroni come nel caso di Lola e Milz, i cani rispettivamente di Marianna (della omo-nima Trattoria) e dei suoi cognati Colombo e Salicca. La Lola era una bella cagnina di mez-za taglia, una bastardina a pelo corto, nero e folto, con una macchia bianca sul petto. Era la principessa in casa di Marianna, coccolata da Cornelia e dall’Aldina (le due figlie), sempre in giro a vagabondare per le vie del Borgo as-sieme al suo compagno Milz, il giovane cane

di Colombo (anche lui titolare dell’omonimo ristorante) e dei suoi figli, Nelusco, Zaira ed Elsa, le cugine di Cornelia e Aldina. Milz era un bel cane dal portamento fiero, mezzo pa-store mezzo segugio, biondo col pelo lungo e un po’ arruffato, con grandi orecchie pen-denti e sempre in movimento. I due cani era-no più che amici, erano anime inseparabili. Avveniva di frequente che venissero catturati dall’accalappiacani comunale, sempre in cer-

ca di randagi col la sua lunga canna con all’e-stremità un cappio; allora la gente del Borgo che li conosceva benissimo diceva “ ia ciapè i du cusein “ “hanno preso i due cugini !” E così Marianna e Colombo dovevano recarsi al canile municipale a riscattare “i loro figlioli”. Durante la guerra, la Lola sfollò con la sua famiglia. Durante il tragitto, sulla strada bian-ca verso Coriano, si impaurì per lo scoppio ripetuto del vecchio motore di una balilla che li precedeva, saltando giù nel fosso e dandosi alla fuga nei campi. Vane furono le grida di ri-chiamo di Marianna e delle figlie. Lola scom-parve per sempre nella campagna corianese.Però, il vero padrone dell’osteria della Ma-rianna era il gatto “Vinela”, un bel felino di pelo rasato, rosso fulvo. Era stato accolto nella famiglia per dar la caccia ai topi, allora molto numerosi nelle cantine, ma come rac-contava l’Aldina “ ei piaseva piò e vein che i sorz” “gli piaceva più il vino che i topolini”, “ e faseva la guerdia m’al betti e al damigieni ad vein, e gnera mai una ghezzla cla culeva zo dla speina” “faceva la guardia alle botti e alle damigiane di vino, e non c’era mai una goccia che colava dal rubinetto a spina”, ra-pido e sornione con un veloce colpo di lin-gua impediva che le gocce cadessero a terra. Ecco perché l’azzeccatissimo nomignolo “Vi-nela” che gli era stato dato. Addirittura molti pensavano che fosse così rosso per il tanto

Sangiovese che lecca-va, disdegnando il vino bianco. La cantina era il suo regno incontrasta-to. Quando Guglielmo e il vecchio “Pinein” Se-veri, col suo carro con i cavalli, portavano le botti nuove nella canti-na della trattoria, era Bi-signa, magro e con due occhi spiritati, dotato di una forza insospettata, che le adagiava sulle impalcature di legno, “i sdein”. Erano botti pe-santissime, di svariati quintali. Alcune volte erano talmente pesanti che si doveva farle ro-tolare sui due pali fino a portarle in piano. Poi

iniziava l’operazione di infissione del rubinet-to a spina, tutto di legno, che veniva confic-cato in un punto della botte, sul coperchio, otturato con un tappo grosso di sughero. Qualche volta si creavano piccole perdite nel punto di infissione e qualche goccia tendeva a colare. A quel punto subentrava sornione Vinela col suo professionale colpo di lingua.La passione per il vino era condivisa, oltre che da Vinela e dagli abituali clienti della Ma-

rianna, anche da una curiosa gallina che la Marianna aveva allevato nel cortile dietro la cucina della trattoria, la Bighina. Questo inso-lito nome per un pollo era dovuto al fatto che la gallina in questione era solita accovacciarsi su un mucchio di carbone, stipato sotto la rola della cucina dell’osteria, per cui la gallina era sempre tutta nera come una carbonara. Per l’appunto come la Bighina, la carbonara del Borgo S. Giuliano che aveva il deposito proprio di fronte alla trattoria, sul lato prospi-ciente piazzetta Ortaggi, al posto dell’attuale tabaccaio. In quei tempi, gli storici tabaccai del borgo, gli Alessandri, col padre Carlo e il figlio Marsilio, avevano il negozio sulla vecchia via Emilia sull’altro lato della strada, rispetto alla “Marianna”, quello che poi negli anni del fascismo venne abbattuto per realiz-zare il viale Tiberio.Un altro animale curioso che era entrato a far parte delle vicende della trattoria “Marianna” era il piccolo somaro che Guglielmo aveva acquistato in occasione del suo incidente con la motocicletta che gli causò la frattura espo-sta di una gamba. Guglielmo era, come tanti romagnoli, un grande appassionato di mo-tori. Possedeva negli anni trenta una magnifi-ca Harley Davidson munita di sidecar con cui trasportava di tutto, dalla famiglia agli amici, dai cani ai tanti bambini desiderosi di fare un bel giro in moto. Per l’appunto, un bel giorno, dopo che era stato dimesso dall’ospedale, ancora ingessato, arrivò con un amico alla guida e un bel somarello sul sidecar. Non vi dico la sorpresa di Marianna e l’entusiasmo festoso delle figlie nel veder arrivare questo curioso animale in un posto così poco adat-to come era una casa di città. Ma Guglielmo era fatto così. Aveva pensato che il somarello sarebbe stato molto utile per il suo trasporto personale durante il lungo periodo di invali-dità dovuta all’incidente che l’avrebbe costret-to all’immobilità per un lungo periodo. Il so-marello fu chiamato col nome di Norge, forse in riferimento al famoso pallone aeromobile che permise ad Amundsen e a Nobile di es-sere trasportati al polo Nord. L’asinello Norge non trasportò Guglielmo al polo Nord, però fu utile a scorazzarlo su un carretto nelle vie del Borgo, “in città” e nella Barafonda dove si recava alle feste organizzate dagli amici. Nor-ge fu sistemato in un piccolo magazzino nel cortile di casa. Lo spazio era talmente angu-sto che il povero somarello, a forza di calci, lo sfondò da tutte le parti. Negli anni dopo la guerra il posto della Lola, di Vinela, della Bighina e di Norge venne pre-so dalla Picchi, una cagnetta di taglia medio piccola. Pelo nero raso, molto lucido, con una piccola macchia nera sul petto, occhi vispi e intelligenti sul musetto da volpino. Fu trovata, poco più che cucciola, il giorno di Sant’Anto-nio Abate, in febbraio, durante la benedizione

degli animali che si teneva in piazza Tre Martiri presso il tempietto del santo di Padova. Nella confusione si era persa ed arrivò, predestina-ta nella trattoria Marianna. I bambini, Mino, Giancarlo e Roby, la vollero adottare assolu-tamente contro il parere dei padri. Picchi era il nome del capitano della squadra di calcio dell’Inter di allora, molto in simpatia ai bam-bini, per cui fu deciso di chiamarla così. Picchi riuscì subito a integrarsi nella famiglia, sebbe-ne all’inizio causasse tantissimi danni in trat-toria. Divorava letteralmente gli indumenti dei ragazzi e i tovagliati, si azzuffava ed andava in calore sotto i tavoli del ristorante fra le gam-be dei clienti. La cagnetta era affettuosa ed intelligente, però aveva anche un gran brutto carattere con gli estranei, soprattutto donne e preti vestiti di nero e con lunghe vesti in movimento e in bicicletta. Allora si risvegliava in lei la rabbia beluina, gli occhi si incattiviva-no, digrignava i denti bianchissimi sul palato nero e addentava con gli aguzzi canini il mal-capitato di turno. Fu vigorosa per tanti anni, solo nell’ultima stagione della sua esistenza cominciò a soffrire per un male “strano” che la prendeva all’improvviso paralizzandole en-trambe le zampe posteriori per cui si trascina-va penosamente su quelle anteriori a mo’ di carriola. Il veterinario, interpellato, consigliò di sopprimere la povera bestiola con una dose letale di tranquillante. La famiglia non si volle rassegnare a quella crudele sentenza per cui si provò di tutto per guarire la Picchi. L’idea ge-niale e miracolosamente risolutiva venne alla Cornelia che, un po’ piangendo un po’ riden-do per risollevare il morale, suggerì di sommi-nistrarle un bel caffè corretto con l’anice, ”se mistrà”, introdotto a forza con un cucchiaino dentro le fauci spalancate. Incredibilmente e con grande gioia la piccola cagnetta si riprese immediatamente cominciando a correre con una tale velocità da scivolare continuamen-te sul pavimento di marmo liscio. Sembrava tarantolata o drogata. Stava bene per lunghi periodi, poi ogni tanto le riprendeva una crisi uguale alla prima volta. Bastava qualche sorso di caffè e si riprendeva splendidamente. A sentire queste storie dopo tanti anni, si arri-va a concludere che gli animali della trattoria Marianna non avevano certamente niente da invidiare ai personaggi umani che la frequen-tavano.

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� Il libro “Al di là del Ponte”, ricco di storia, di personaggi e di episodi, che ripercorre l’in-tero percorso del Circolo Primo Maggio, della Cooperativa e della Sezione del PCI dedi-cataaMarioCappelli,racconta–soprattutto-diunagenerazionecheuscitadallaguerracerca di rompere quel clima di diffidenza e di emarginazione che la città aveva cucito addosso al Borgo. Quel nucleo di militanti del Partito riscopre, in quegli anni, l’apparte-nenza ad una comunità dalle tinte forti e da convinzioni e valori radicatisi nel tempo: la solidarietà, la capacità di integrarsi con chiunque arrivasse, il coraggio di scontrarsi con il potere, la socialità e convivialità, nonché un pizzico di follia e creatività...Fino ad allora la città non conosceva il vero volto del nostro quartiere, esistevano, anzi, profondi pregiudizi nei nostri confronti. Il Circolo ha rappresentato la prima tappa verso il superamento di certe false rappresentazioni. Un percorso difficile che, passo dopo passo, trova nella Festa del Borgo (a partire dal ‘79) la grande affermazione della nostra comunità, a cui finalmente giunge tutto l’affetto della città.E se in passato qualcuno tendeva a nascondere le proprie origini borghigiane, oggi, invece, è con orgoglio, che si ribadisce: “Io sono uno del Borgo!”

Il libro è andato esaurito in neanche due mesi e ci auguriamo che sia quanto prima ristampato.Comunque vada, ci corre l’obbligo di precisare e correggere, fin d’ora, alcuni errori presenti nelle didascalie di questa prima edizione.Alcuni personaggi, presenti nelle foto inserite nel testo, non sono stati correttamente individuati. A difesa dei compilatori è doveroso ricordare che le immagini pubblicate sono quasi duecento - con tantissimi protagonisti (la maggior parte dei qualiscomparsi)–inediteesegnatedaltempo.Seillavoro,peripotesi,fossestatorealizzatosoltantoventiotrent’annifa sarebbe stato molto più facile rintracciare subito nome e cognome di tutti quanti. Ora diamo conto di tutte le segnalazioni e le correzioni che ci sono pervenute dopo l’uscita di “Al di là del Ponte”. Foto, in bianco e nero, a pagina 14: il nome di Calcinelli non è Primo ma Giuseppe; e i fratelli Balestra sono figli di Giuseppe e non di Dante Balestra.Foto pag. 18: è relativa agli anni Trenta e non CinquantaFoto pag. 19: nella pubblicazione, la foto è stata tagliata (sulla destra), e quindi è “saltato” Armando ad bighin PulazziFoto pag. 23: la terza da sinistra è Teresina Spadoni in Bianchi, e non Sina BianchiFoto, in basso, a pag. 54: l’ultimo sulla destra è Ado Minguzzi, e non Erio GodenziniFoto pag. 56: con la chitarra c’è Salvatore Vernocchi e non Pino ValmaggiFoto pag. 64: il quarto da sinistra è Giorgio Giorgetti e’ fre e non Carlo Tonini FasulounFoto a pag. 70: al centro, in basso, Bertino della Vittoria e non Sirio AgostiniFoto pag. 76: il giovane indicato come Gilberto Vannoni Il gobbo è, invece, il fratello Giancarlo detto ChilinFoto in basso a pag. 80: al centro Giulio Ghinelli Pipoun e non Giulio NeriFoto in basso a pag. 81: in primo piano Alfredo Chierighini Pinein e non il figlio Antonio detto Il leoneFoto in basso a pag. 89: l’ultima a destra è Seconda Violanti in Faggioli (e non Flora Ricciotti)Foto pag. 130: non si tratta di Marcello Montanari ma, bensì, del fratello Franco, detto LampoFoto pag. 135: l’ultima a destra è Saura Ricciotti e non Fausta GasperoniFoto in alto a pag. 136: la quarta da sinistra è Anna Semprini e non Graziella GodenziniNell’Appendice, a pag. 151, ad Eugenio Pazzaglia è stato erroneamente attribuito il soprannome pelo

Errata corrige, l’elenco degli errori riscontrati dopo la stampa

Animali borghigianipunti di vista a quattro zampeLa storia si può leggere e raccontare in tanti modi: quella della famiglia di Roby (Roberto Balducci), nipote di Marianna, titolare della storica Trattoria, qui viene ripercorsa attraverso gli aneddoti degli animali domestici. La quotidianità di una delle tante famiglie borghigiane si colora di insolite sfumature, filtrata dalle vicende di altrettanto insoliti protagonisti: i borghigiani a quattro zampe.

Uno dei fiaccheristi del borgo, dall’archivio di Giuliano Maroncelli

di Roberto Balducci

“Al di là del Ponte” il Borgo l’ha letto, apprezzato e corretto!a cura di Mario Pasquinelli e Giuliano Ghirardelli

In questa foto (pubblicata a pagina 89 del libro), il secondo da destra, indicato erroneamente come Nadel ad Bighin, è rimasto finora senza nome, nonostante le ricerche. Aldina Morri e Mario Bianchini, fra i tanti da noi interpellati, ricordano vagamente il personaggio, e pensano si tratti di un vecchio marinaio che abitava in via Chiavica o in via Marecchia… Cerchiamo un nome ed una storia.

Roberto abbraccia la sua mamma Aldina che cerca di tenere ferma la vivace Picchi. Al tavolo, più in fondo, Cornelia, sorella di Aldina

UN APPELLO AI LETTORI Un volto non sconosciuto... ma chi lo ricorda?

Page 7: Giugno 2014

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Quattro passi prima della Festa VOLONTARI CERCASI Serve la tua mano

Un cambiamento a portata di mano

Dalla vicina che mi aiuta a tirare uno striscio-ne, da chi prepara il caffè per tutti, a chi gira come una trottola con il carretto del materia-le. Certo una volta non c’èrano tanti permessi da chiedere, nulla osta da ottenere, verifiche sul corretto montaggio da effettuare, ma di questo ci si fa presto una ragione e l’Asso-ciazione, in quanto tale, già se ne sta facendo carico con la dovuta esperienza. Ma tutto il resto, cioè la parte più sostanziosa della Fe-sta è davvero nelle mani dei “borghigiani”. Quest’ultimo è un termine che dobbiamo ridefinire, rispettosi non tanto delle radici ge-ografiche o parentali quanto più della spinta alla condivisione e alla tutela del benessere comune. Quest’anno dedichiamo un articolo specifico ai volontari della Festa che potrem-mo candidare a “nuovi borghigiani”.La Festa quindi ha senso se al centro ritrovia-mo noi stessi, se la Festa la facciamo per noi ed invitiamo gli altri a venire a trovarci. Occor-

3 BUONI MOTIVI PER DIVENTARE VOLONTARIO1. contribuire, con il proprio talento, alla riuscita della Festa de’ Borg, la festa nel cuore di Rimini;2. diventare membro attivo della comunità del Borgo;3. divertirsi insiemeL’IMBARAZZO DELLA SCELTAOgnuno contribuisce con i suoi ta-lenti e con il tempo che ha a dispo-sizione.Gli ambiti sono i più disparati e dav-vero non c’è che l’imbarazzo della scelta:•logistica,allestimenti,montaggio;•mostre,eventiculturali;•comunicazione/redazione,grafica,

web, social;•standgastronomici;•lotteria - vendita biglietti – filtro

accessi al borgo.Il programma delle iniziative è ormai definitivo, ora dobbiamo unire le forze per concretizzarlo.COME ADERIREPuoi compilare il modello già disponibile sul sito www.societadeborg.com oppure puoi inviare una mail a [email protected]. Tutti i consiglieri sono a tua disposizione per darti ulte-riori informazioni e raccogliere la tua adesione. ADOTTA LA FESTA!Per realizzare la Festa servono mani, cuore, teste… e purtroppo anche qualche soldo.“Adottare la Festa” vuol dire aiutarci a raccogliere risorse economiche per migliorare la festa attraverso “sponsorizzazioni”, contributi ma anche semplicemente favorendo la vendita dei bi-glietti della Lotteria 2014, la forma più semplice, diretta e popolare per manifestare il proprio so-stengo. Per l’edizione 2014 vorremmo poter gestire insieme gli ingressi al Borgo, promuovendo la vendita della lotteria ad ogni visitatore. Un piccolo sforzo può dare grandi risultati!Stiamo organizzando i turni per il presidio degli accessi. Aderisci anche tu, serve la tua mano!

2013 L’ANNO INTERMEDIO Sia ben inteso, l’anno senza la Festa sembra una passeggiata (in termini di impegni organizzativi) ma certamente non è di completa siesta….anzi. Pensando al riepilogo delle attività svolte nel 2013 in preparazione dell’Assemblea ordinaria che si è svolta il 22 maggio scorso, al Ristorante Ro & Bunì di Villa Verucchio, di passi ne abbiamo fatti, anche importanti. Brevemente li citiamo qui, anche a futura memoria: MAGGIO: rinnovo delle cariche sociali con elezione del nuovo Consiglio. LUGLIO: assemblea straordinaria con modifica della sede legale ed elezione dell’undicesimo consigliere. AGOSTO: prima edizione di “Esco in Scarana”: due serate nelle piazzette del borgo. DICEMBRE: “Borgo Natale” che include le illuminarie, la festa di Borgo Solidale, la Lotteria di Natale, lo spettacolo al Cinema Tiberio; eventi speciali quest’anno la grande vela “Tien bota Tiberio” nell’invaso ed il cortometraggio “E’ Piop”.

alla città in quella che è la “porta nord “ di Rimini (Comparto 1), proseguendo poi con l’ampliamento e riorganizzazione del parcheggio Tiberio (Comparto 2), la riqua-lificazione del bacino e delle banchine del porto canale (Comparto 3 e 4) ed infine un nuovo assetto urbanistico e di mobilità per l’area attorno al ponte di Tiberio e via San Giuliano, primo tratto originale della via Emilia (Comparto 5). L’insieme degli in-terventi si dovrebbe concludere nell’arco di 18-24 mesi, burocrazia permettendo. Importante presupposto di sostenibilità del progetto complessivo, che ruota at-torno alla “pedonalizzazione” del ponte di Tiberio, è la fluidificazione del traffico nell’asse Nord-Sud ovvero viale XXIII Set-tembre, viale Matteotti, via dei Mille, Via Roma, la creazione dello sfondamento su via Tonale per il collegamento con la Strada Statale 16. Dal punto di vista della mobilità cittadina, l’impatto sarà sicuramente forte e rappresenta sicuramente una sfida per l’Amministrazione Comunale. Le critiche maggiori si concentrano inevitabilmente su questo punto e non mancano sugge-rimenti e idee alternative per passaggi di prossimità in zona ponte di Tiberio, dalla creazione di un tunnel, ad un nuovo ponte zona parco oppure lo sfondamento di via Predil per il ricongiungimento con via Ca-duti di Marzabotto; resta sul campo anche l’ipotesi di un’inversione di marcia lungo i Bastioni Settentrionali per mantenere un flusso del traffico in direzione mare / mon-te sul lato nord del centro storico.Di fronte ad un progetto di questo tipo, si può decidere di stare alla finestra, di osteggiarlo oppure di collaborare per mi-gliorarlo.Come borghigiani, dopo tutto quello che abbiamo detto e fatto, pensare in negativo sarebbe come dar contro a quel manipolo di sognatori che quasi quarant’anni fa si misero in testa di difendere non tanto le loro case o i loro interessi spiccioli, quanto più un tesoro fatto di relazioni, sguardi e cuore. Furono promotori di un cambia-mento di cui tutti, ora, godiamo i frutti. Probabilmente oggi siamo di fronte ad un altro cambiamento, sta a noi coglierlo e gestirlo a piene mani. E allora invece di esclamare ancora una volta “ad arnov??” potremmo concludere dicendo: ai sem!! Ci siamo, questa e la volta buona.

anch’esso di importanti novità, in primis la ricostruzione del Teatro Galli e la riqualifi-cazione dell’area adiacente.Non siamo quindi di fronte solo a una ri-voluzione del traffico (sia per noi sia per la città) ma anche a un intervento urbanistico nel segno della valorizzazione di alcune peculiarità della nostra zona. Il positivo esito di questo processo sta anche nella capacità dei nostri imprenditori nel saper cogliere la sfida e “trasformare” questo

Inaugurata nell’ottobre del 1964, per la nostra “vicina di casa” si avvicina un importante anniversario che coincide anche con la chiusura del cantiere. Villa Maria sta cambiando pelle. L’imponente progetto di ri-strutturazione e ampliamento avviato nel 2010 volge al ter-mine. Il segno più evidente è sotto gli occhi di tutti: riguarda la realizzazione di una nuova ala, un parcheggio (ingresso da viale Matteotti) e, più in generale, di tutta una serie di lavori interni ed esterni di riqualificazione e ammodernamento della struttura. Sappiamo che molte cose stanno avvenendo pro-prio all’interno: nuovi spazi, nuove tecnologie, nuovi reparti. Proprio il 6 maggio scorso coinvolgendo tre delegazioni spor-tive (A.C.Rimini 1912, Crabs Basket e Rimini Baseball), Villa Maria ha inaugurato il nuovo Centro di Fisioterapia in acqua. Su questo e sui lavori abbiamo chiesto alla direzione generale dell’ospedale qualche informazione in più.Dott. Antola, che cosa avete inaugurato?Si tratta di una vasca idroterapica di 55 mq con acqua riscal-data a 33 gradi costanti suddivisa in tre zone con diversi livelli di profondità fino a 195 centimetri per una riabilitazione in totale assenza di carico anche per pazienti di altezza elevata. Con questo impianto Villa Maria “chiude il cerchio” per quanto

riguarda la nostra Unità Funzionale multidisciplinare di Orto-pedia e il Reparto di Recupero e Riabilitazione.Che tipo di attività si potrà svolgere?Sul nostro sito (www.villamariarimini.it) è possibile scaricare la brochure informativa. In estrema sintesi posso dire che d’ora in poi a Villa Maria sarà possibile fare tutte le principali terapie riabilitative di rieducazione pre e post operatoria. In partico-lare ci occuperemo di spalla, anca, ginocchio, caviglia, mano, polso, piede, colonna vertebrale, in caso di fratture, distorsioni e installazione di protesi e dispositivi. Le attività in acqua sono molto utili per lombalgie, dorsalgie, cervicale, dolori artrosici e patologie da sovraccarico sia per la cura che per la preven-zione.E per quanto riguarda la chiusura dei lavori?Non abbiamo una data precisa, ma il cantiere chiuderà si-curamente entro l’anno. Al termine di questi lavori, Rimini potrà vantare nel cuore della città un ospedale moderno e polifunzionale in grado di trattare tutte le principali patologie, da quelle più complesse alla chirurgia ambulatoriale. Questa grande versatilità unita a un elevato livello di specializzazione, consentirà di dare risposte a numerosi quesiti salutistici evi-tando onerosi spostamenti ai nostri concittadini.

lembo di città nel primo vero centro com-merciale naturale cittadino, con accresciuti spazi funzionali (aree pedonali, parcheggi e vie di collegamento con assi veloci di traffico) ed un atteso aumento nella qua-lità della vita per i residenti e chi frequenta l’area.L’intervento è diviso in cinque comparti di cui il primo partirà alla fine dell’estate con la costruzione della rotonda di piaz-zale Vannoni e di un accesso qualificato

re quindi che in primis i residenti, soprattutto i nuovi arrivati, riassaporino il gusto di questa Festa unica, profondamente diversa da tutte le altre della zona, proprio perché radica-ta nelle sue case o meglio nei suoi abitanti. Non avrebbe alcun senso una Festa de’ Borg “appaltata a terzi”, la cui realizzazione fosse affidata a professionisti, pur bravi che siano. Dal dire al fare: sono qui, ora.Esco nuovamente di casa, le idee frullano per la testa, ancor più i numeri dei vari pre-ventivi. Come sarà alla fine di tutto questa edizione? Mi viene incontro un amico, due battute, uno scambio di idee e poi una frase che segna il tempo, in positivo: “se hai biso-gno di una mano, ci sono!” oppure “ti trovo io il modo per fare questa cosa…” ecc.Due frasi banali, ma ci regalano il senso della Festa de’ Borg che ci piace fare, che stiamo costruendo ogni giorno, passo dopo passo assieme a borghigiani di ieri e di oggi (quelli di domani, se siamo bravi).

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Giovedì 3 luglio 2014 – ore 21:00 Piazzetta Gabena

Aspettando la Notte Rosa I VIAGGI DI GEORGEIn occasione dell’uscita dell’omonimo libro, incontriamo l’eclettico borghigiano Giorgio Mazzotti. Vi invitiamo a salire a bordo per un viaggio ricco di colori, emozioni, musiche e piccoli aneddoti di un originale viaggiatore del nostro tempo.

Giovedì 10 luglio 2014 – ore 21:00 Invaso ponte di Tiberio

Film NOTORIOUS di Alfred Hitchcock (1946)Thriller con Cary Grant e Ingrid BergmanL’associazione Notorius Rimini Cineclub, in occasione del decennale della sua fondazione, invita tutti i borghigiani alla visione di questo film cult in uno scenario insolito e suggestivo.

Giovedì 24 luglio 2014 – ore 21:00 Piazzetta Pozzetto

L’ALIMENTAZIONE COME MEDICINADott.Domenico TisoResponsabile dell’Ambulatorio Nutrizione e Benessere, Casa di Cura Villa Maria, Consulente medico-scientifico di FederBio (Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica). Nuovi stili di vita, alimentazione, benessere. Un connubio è possibile con qualche buon consiglio… intervallato da qualche sorpresa.

Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito. Sei invitato a spargere voce, invitare gli amici… ma tutti con la loro scarana appresso(oppure con una coperta nel caso del film nell’invaso)

Ci riproviamo, preparate le sedie! L’aria è frizzantina verso il calare della sera, il profumo dei gelsomini sta invadendo il Borgo ed è davvero un piacere fare due passi per le vie goderci la serata all’aperto. Dopo la fortunata esperienza dello scorso anno, La Società de Borg rilancia una nuova serie di appuntamenti tra le vie del Borgo, dedicate in primis ai residenti e simpatizzanti. La caratteristica è molto semplice: come per le vecchie veglie estive, al calar della sera, ci diamo appuntamento in un’angolo del Borgo per ascoltare delle “storie” e tessere relazioni. Dato il carattere volutamente informale e locale, ognuno dovrà portare con se la propria sedia.

Esco in Scarana 2014

• Pedonalizzazione del ponte di Tiberio• Riqualificazione dell’invaso• Aumento del parcheggio• Nuovo assetto viario e pedonale interno borgo• Nuove idee per il porto canale

(bellissima la passarella galleggiante che congiungerà le due rive!)

• Intervento radicale sul piazzale Tiberio con creazione di un parcheggio sotterraneo multipiani e contestuale una piazza pedonale sovrastante (una vera piazza sull’acqua)• Il borgo libero dalle auto dei residenti (con soluzioni alternative e di prossimità).

Ci piace Perplessi

• Sostenibilità dell’ipotesi di traffico, a livello cittadino

Avremmo voluto e in fondo ci speriamo ancora

Villa Maria verso il traguardo dei suoi primi 50 anni

Da martedì 3 Giugno 2014 la Casa di Cura Villa Maria riconoscerà agli associati della Società de’ Borg uno SCONTO del 10% sul tariffario paganti sia sulle prestazioni ambulatoriali sia sulle prestazioni di ricovero con esclusione di tutte le prestazioni assistite dal Servizio Sanitario Nazionale. Per usufruire di questa agevolazione, si dovrà mostrare la tessera nominativa ed un documento di identità in corso di validità.

Nella foto la direzione di Villa Maria con le delegazioni di A.C.Rimini 1912, Crabs Basket e Rimini Baseball. In acqua per Crabs Basket German Scarone e Federico Tassinari, per Rimini Baseball Tommaso Cherubini e Riccardo Bertagnon. Per A.C.Rimini 1912 Marco Brighi e Ameth Fall.

Page 8: Giugno 2014

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Quattro passi prima della Festadi Stefano Tonini (Presidente Società de’Borg)

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� Sarà la primavera, sarà che si esce più volentieri, ma sta di fatto che c’è già aria di festa. Mi trovo a girare per le vie del Borgo, con qualche folle idea per la testa, un’immagine o meglio una suggestione da materializzare per settembre. Penso e cam-mino. Penso e incontro persone, modifico percorsi e ipotesi. Ma dov’è questa festa?Ogni volta che ritorno a casa, le mie idee non sono esattamente come prima. Le suggestio-ni si sono scontrare con alcuni inghippi ma-teriali (gli agganci ai muri, i costi, i permessi… ecc.), altre volte si sono arricchite con alcune parole scambiate lungo la via, negli incontri più o meno casuali, da alcuni saggi consigli maturati dall’esperienza delle passate edizio-ni. Non si tratta di “non avere un’idea”, sia ben chiaro. Non siamo di fronte ad una bandiera al vento. La linea è chiara, ma il processo ver-so la realizzazione della Festa è un bellissimo percorso di condivisione. Quest’ultima non è una parola “a caso” o di semplice effetto. La condivisione del senso “sociale” della no-stra Festa è il prerequisito per uscire di casa e rimboccarsi le maniche per realizzarla. La vera “Festa de’ Borg” è nella nostra testa, nel nostro cuore e nelle nostre mani. È lì che sta (e dovrebbe restarci) per regalarci l’emozio-ne dell’incontro con l’altro (oggi), scoprendo assieme pezzi di storia (passato) o immagi-nare un possibile futuro prossimo. La Festa è quindi in ognuno di noi; non la fanno “gli altri”, non si subisce… si vive!

Si fa presto dire “Festa”.Apro la porta, stringo mani, discutiamo at-

torno ad un tavolo prendendo appunti sgangherati su un foglio. Schizzi di idee, ri-tocchi, numeri di telefono… ma soprattutto oggigiorno email. La Festa sta prendendo corpo. La macchina organizzativa che ci por-terà alla XIX° Festa de’ Borg ha già acceso i motori da tempo, le riunioni invernali hanno realizzato il solco entro il quale ci muovere-mo. Ma proprio come un atleta che si prepa-ra alla gara, con anonimi e silenziosi allena-menti, prima dello sparo iniziale, anche noi borghigiani dovremmo riconsiderare i nostri

passi e scaldare un poco i muscoli. Scendere in gara a settembre senza riscaldamento ci condurrebbe verso dolorosi esiti. Correre da soli, se giochiamo in una squadra, di solito non porta alla vittoria. Non è tanto questione di tecnica (potremmo appaltare molti dei la-vori, più volte se ne è parlato) ma soprattutto di cuore.

La Festa fatta a mano, a km 0.Mi viene da ridere, sembra una stupidag-gine, eppure è una cosa normale, anche se,

ora, va di moda questo slogan che, di fatto, è una verità.Sfoglio i materiali delle passate edizioni, un tuffo nelle emozioni tra le immagini, incontro i protagonisti di oggi e di ieri, la sensazione è chiara. Ognuno ha fatto la sua parte per ren-dere questa Festa unica e originale; ognuno ha dato una mano mettendo a disposizione ciò che aveva: un tavolo, una sedia, il tempo, la sua voce, una torta, la voglia di cantare… La Festa nasce così, dal contributo di tutti.

Intervista ad Antonio Ramberti a cura di Marianna Balducci

Il borgo visto da Antonio Ramberti. Cosa c’è dietro a “Il pavone”, il brano composto in occasione dell’ultima Festa de’Borg?Il pavone del Borgo mi aveva intrigato da tempo. Quando Da-niele mi chiese di comporre un brano sul Borgo pensai subito a questo animale che abitava sul ramo dell’albero sul quale affacciavano le finestre delle case all’ingresso del quartiere, questo animale che faceva da vedetta, da sentinella, da guar-diano, senza prendersi cura del tempo, forse esso stesso senza tempo. Il suo verso diviene memoria, odore di pane del forno, freccia scoccata verso le maternità future.

Come nasce una tua canzone?Invecchiando mi rendo conto che le mie canzoni parlano sempre di una forma articolata d’a-more. I miei strambi personaggi, i miei testi più intimi, i tentativi poetici si annodano in una cordata che, arrancando, segue il flus-so difficile del sentimento più difficile.

La musica per te pesa quanto... La musica pesa quanto un tavolo immagi-nario sul quale appoggiare i gomiti.

Ispirazioni e compagni di viaggio: chi ti ispi-ra e chi ti ha accompagnato nel tuo percorso da cantautore?La mia ispirazione è completamente casuale: romanzi, racconti, dischi che inaspettatamente capitano tra le mie mani,... Negli ultimi tempi sto recuperando la lettura dei classici, grave lacuna della mia formazione, avendo militato per anni dietro il bancone di un bar.

Un verso che hai scritto e che parla molto di te.“Ho dignità nell’esser sgangherato”, dal mio brano “Lo spaven-tapasseri innamorato”, canzone del mio primo disco, ispirata da una piccola scultura di Arturo Martini.

Uno dei tuoi ultimi progetti in corso.Ho appena pubblicato “Incidenti musicali”, il mio terzo disco da solista. Poi sul fronte del Duo Bucolico, il sodalizio con il fratello Daniele Maggioli, il nuovo disco “Furia Ludica” mi darà come sempre l’ opportunità di viaggiare con la mia musica, senza dubbio alcuno una ricchezza immensa che mi lega con forza alla vita. Sì, faccio il mestiere più bello del mondo.

Un cambiamento a portata di mano� Fiumi di parole sono passati sotto il ponte. Idee e progetti si sono incrocia-ti sul suo dorso. Sogni e desideri hanno riecheggiato nelle viuzze e tra le sponde dell’invaso. Non solo in questi giorni, ma da decenni. Potremmo esclamare: “Ad ar-

nov?” ovvero ancora di nuovo, ritorniamo a parlare del ponte?Mi è capitato di sfogliare più di un’edizione del nostro giornale; ho letto qua e là brani da diversi libri sul borgo. Ho rivissuto le ultime edizioni della Festa scorrendo tra le

mani le foto delle mostre sul ponte e rela-tivo bacino.C’è altro da dire che non sia stato detto? Altro che non abbiamo “masticato” a suf-ficienza per farci digerire un “diverso” uso del ponte e della sua area?Forse no.E allora?L’Amministrazione Comunale ha fatto (fi-nalmente) la sua mossa e ha presentato un piano di lavoro già operativo. Nell’affollata assemblea cittadina del 22 aprile scorso al Museo Comunale non ha semplicemente illustrato il progetto, ma ha cercato di far

capire anche le linee d’orizzonte entro le quali si muove l’azione di riqualificazione urbana; nei piani non c’è solo la “pedona-lizzazione” del ponte e le relative modifiche al traffico urbano, ma anche un diverso uso / collegamento del bacino e del canale nonché una nuova sfida per chi vive e la-vora nel nostro borgo.Un progetto complesso e articolato che raccoglie molti contributi arrivati nel tem-po, anche dalla Società de Borg, e che s’in-treccia con il più vasto piano per la mo-bilità cittadina; di fatto stringe ancora di più il legame con il centro storico, oggetto

Ed eccolo qua il “nostro” leggendario pavone che orami si era fatto tanti amici, grandi e piccini; qui nella foto, posa con la nipotina di Valeriano Moroni, prezioso collaboratore della Società de’Borg che ci ha passato sottobanco questo scatto dall’album di famiglia. Un po’ di famiglia lo era diventato anche il pavone, è il caso di dirlo e di sicuro gli avrebbe fatto piacere sapere che gli era stata dedicata una canzone, proprio a lui che, quando passava la jazz band trasportata dal trenino turistico, si metteva a cantare rispondendo al suono squillante della tromba!

Agenzia di RiminiAgente Leonardo Ronci

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IL PAVONE Antonio RambertiIl pavone fa le bolle di saponeche dall’albero poi volano sul pontequattro zampe di un fortissimo elefante che divide le sue sponde

Il pavone fa le bolle di saponein ognuna c’è una storia di personeaffacciate alle finestre in miniatura che si accendono la sera

E qualcuno è stato anche in galeratra le vie si aggira una panterac’è una bolla di uno che deve nascere ancora

Il pavone fa le bolle di saponeed il tempo rpendo forma con le sferee si infila nei portoni con un fascio di scintille dove prima si tenevano le stalle

Il pavone fa il suo verso primordialeè un pagliaccio, prende il mondo come vuoleio cammino e non mi accorgo che le bolle mi hanno spinto nel dipinto di una casa in mezzo al borgo

E da qui capisco che sognareè colare a picco e naufragarenella bolla di uno che prima o poi nascerà

Guarda il pavone come fai mille occhi del ventaglioscrutano il passatoma sono la modernità

Il pavone fa le bolle di saponee fischietta una canzone popolareogni bolla è un’illusionedà l’idea di un baraccone che col tempo è diventato una città

Il pavone fa le bolle di saponeun bambino le trasforma in aquilonedalle case si dirige verso il mare mentre sta levando il sole

E da qui mi sento marinaiola mia guida è solamente il cielovorrei fosse solo un mio segreto ma...ma il pavone lo sa!

Guarda il pavone come fai mille occhi del ventaglioscrutano il passatoma sono la modernità

Guarda il pavone come fa ... come fa!

ph. Fabio Gervasoni

Ad arnov? Ai sem!!

ph. G

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