Giovanni Reale - Socrate

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  • Giovanni Reale

    Socrate.Alla scoperta della sapienza umana

    ISBN 33A38368 14 Edizione 2000 Rizzoli S.p.A., MilanoNel testo in nero i numeri di pagina sono posti in basso.

    Fuori dalla cristianit non c' che Socrate.Tu, o natura nobile e semplice,tu eri veramente un riformatore. Kierkegaard, Diario, 10, p.140, n. 3910

    Socrate - lo confesso - mi talmente vicino,che devo quasi sempre combattere contro di lui.

    Nietzsche, estate 1895 Prefazione

    LA FIGURA DI SOCRATE NELLA SUA AMBIVALENZA STRUTTURALE E NEL SUO MESSAGGIO PROVOCATORIO

    L'immagine pi bella e pi toccante della figura di Socrate stata tracciata da Platone nel finale del Simposio. Sitratta di un testo riconosciuto dai pi attenti studiosi comestoricamente molto attendibile, e largamente confermatodalle testimonianze di altri autori; oltre che dalla abbon-dante iconografia pervenutaci. Converr leggere le parole stesse di Platone, messe inbocca ad Alcibiade che entra ubriaco al banchetto in casadi Agatone: Signori miei: io comincer a lodare Socratecos, mediante immagini. Forse egli creder che io vogliarappresentarlo in modo ridicolo. Ma l'immagine mira alloscopo del vero e non a quello del riso. Dico, dunque, cheegli assomiglia moltissimo a quei Sileni, messi in mostranelle botteghe degli scultori, che gli artigiani costruisconocon zampogne e flauti in mano, e che, quando vengonoaperti in due, rivelano di contenere dentro immagini didi. E inoltre dico che egli assomiglia al satiro Marsia. Ineffetti, Socrate, neppure tu potresti mettere in dubbio chenella tua figura sei simile a questi1. La somiglianza con il Sileno era dovuta soprattutto agliocchi sporgenti, al naso schiacciato e alle labbra tumefatte;la somiglianza con Marsia era basata sulla potenza e sullacapacit d'incanto che provenivano dalla bocca di Socrate,con la sola differenza che, mentre la potenza di Marsiaderivava dal suono dello strumento musicale del flauto,quella di Socrate dipendeva dalle sole parole che uscivanodalla sua bocca. 7Prefazione

    Per i tratti del viso di Socrate che assomigliano a quel-li di un Satiro non sono se non un rivestimento esteriore,in quanto, dice Alcibiade: dentro, se lo si apre, immagi-nate di quanta temperanza ripieno2.

  • Con la stessa immagine vengono rappresentati anche idiscorsi di Socrate, oltre che il suo viso: Anche questo inprincipio non vi ho detto: che i suoi discorsi assomiglianomoltissimo ai Sileni che si aprono. Infatti, se uno inten-desse ascoltare i discorsi di Socrate, gli potrebbero sembra-re del tutto ridicoli: tali sono i termini e le espressioni concui sono avvolti dal di fuori, appunto come la pelle di unarrogante Satiro. Infatti, parla di asini da soma e di fabbrie di calzolai e di conciapelli, e sembra che dica sempre lemedesime cose con le medesime parole, al punto che ogniuomo che non lo abbia praticato e non capisca riderebbedei suoi discorsi. Ma se uno li vede aperti ed entra in essi,trover, in primo luogo, che sono i soli discorsi che hannodentro un pensiero, e, poi, che sono divinissimi e hanno ins moltissime immagini di virt, e che mirano alla mag-gior parte delle cose, e anzi, meglio ancora, a tutte quellecose sulle quali deve riflettere colui che vuole diventare unuomo buono3. Sono splendide raffigurazioni che rispecchiano quellaambiguit e quella ambivalenza strutturale che carat-terizza non solo il messaggio di Socrate, ma il metodo stes-so dell'ironia con cui egli lo comunica, e addirittura il suomodo di essere e di vivere, come vedremo a pi riprese. Socrate stesso si qualificava come strano, ossia strava-gante e fuori dal normale (atopos), come Platone ribadiscepi volte. E poneva il fine della sua ricerca nell'esame di sestesso per vedere se non si dia il caso che io sia una qual-che bestia pi intricata e pervasa di brame pi di Tifone, ose sia, invece, un essere vivente pi mansueto e pi sempli-ce, partecipe per natura di una sorte divina e senza fumosaarroganza4. Avremmo potuto dare a questo libro il titolo: Socrate,chi sei?, puntando proprio sull'ambiguit dell'espressione,che particolarmente eloquente. Infatti, essa esprime, in8 Prefazione

    primo luogo, una domanda che Socrate pone a se medesi-mo. Ma, in secondo luogo, esprime anche una domandache noi poniamo proprio a lui. Infatti, per dirla conNietzsche, Socrate come una problematicissima appari-zione dell'antichit; o, per dirla con espressioni abbastan-za ricorrenti, una figura misteriosa che costituisce unasorta di enigma, assai difficile da risolvere. L'affermazioneche Platone stesso mette in bocca ad Alcibiade provoca-toria ed emblematica a un tempo: Dovete sapere che nes-suno di voi conosce Socrate5. Una caratteristica tipica dei Sileni era la bruttezza fisi-ca, cui corrisponde in proporzione analoga la bruttezza diSocrate, da tutti riconosciuta. Ecco come interpretava que-sta bruttezza di Socrate uno dei suoi pi grandi nemici,ossia Nietzsche6. Per i suoi natali Socrate apparterrebbe alpopolo minuto: Socrate era plebaglia. E' noto, e lo si puvedere anche oggi, quanto egli fosse brutto. Ma la bruttez-za, un'obiezione di per se stessa, tra i Greci quasi unaconfutazione. E Socrate era poi veramente un Greco? Labruttezza abbastanza spesso l'espressione di uno sviluppoibrido, ostacolato dall'incrocio. In altri casi essa apparecome un'involuzione nello sviluppo. Gli antropologi che si

  • interessano di criminologia ci dicono che il delinquentetipico brutto: monstrum in fronte, monstrum in animo.Ma il delinquente un dcadent. Era Socrate un de-linquente tipico? Per lo meno a ci non contraddice quelfamoso giudizio fisionomico che aveva un suono cosurtante per gli amici di Socrate. Uno straniero che si inten-deva di volti, allorch venne ad Atene, disse in faccia aSocrate che egli era un monstrum - che nascondeva in stutti i vizi e le bramosie peggiori. E Socrate si limit arispondere: Lei mi conosce, signore!"6. Ed ecco come Socrate, con uno straordinario gioco iro-nico, capovolgeva la propria bruttezza nel suo contrario, inuna gustosissima scena del Simposio di Senofonte. Critobulo, famoso per la sua bellezza, viene invitato daCallia ad accettare di partecipare a una gara, mettendo aconfronto la propria bellezza con quella di Socrate. Cri-

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    tobulo accetta di rispondere come in un processo alle ragio-ni che Socrate stesso avrebbe addotto, chiedendo solo che,prima della votazione sull'esito della gara, si accostasse lalucerna ai loro volti. Alla prima domanda di Socrate su ci c e si intendeper bellezza, visto cbe si dicono belli animali e anche coseinanimate come uno scudo, una spada e un'asta, Critolulorisponde che sono belli in quanto servono ai nostri bisogniin maniera adeguata. Al che Socrate fa seguire questo gustosissimo ragiona-mento, giocato su una straordinaria ambiguit ironica: - Allora sai perch ci servono gli occhi?. - Per vedere, chiaro. - Se cos, i miei occhi sarebbero pi belli dei tuoi. - E come?. - Perch i tuoi guardano solo diritto, i miei anche pertraverso, giacch sporgono in fuori. - Ma allora, secondo te, il granchio ha gli occhi pibelli di tutti gli animali?. - Senza dubbio, rispose, tanto pi che per la lorostruttura sono vigorosissimi. - Va bene, ma il naso, qual pi bello, il tuo o ilmio?. - Credo il mio, osserv Socrate, se gli di ce l'hannofatto per odorare. Le tue narici guardano a terra, le mie,invece, si distendono in alto s che possono accogliere o-dori da ogni parte. - Ma come pu un naso camuso essere pi bello diuno diritto?. - Perch non di ostacolo allo sguardo, ma lo lascialibero di volgersi dove vuole, mentre un naso alto divideda insolente gli occhi, come un muro. - Quanto alla bocca, disse Critobulo, cedo le armi,perch se fatta per mordere, potresti mordere molto pitu che io. E con le labbra cos grosse non pensi pure che ituoi baci saranno pi morbidi dei miei?. - Secondo te, pare che io abbia la bocca addiritturapi brutta degli asini. Vuoi una prova che io ti supero in10Prefazione

  • bellezza? I Sileni, figli delle Naiadi, che sono dee, somi-gliano pi a te o a me? Critobulo non sa pi che rispondere. Viene allora fattala votazione, da cui risulta vincitore Critobulo stesso. ESocrate commenta, con un gioco ironico alla seconda po-tenza: - Ahim, il tuo denaro, Critobulo, sembra non abbialo stesso peso che quello di Callia e il suo rende gli uominipi giusti, ma il tuo, come suole accadere, pu corromperegiudici e arbitri7.

    In realt, come stato giustamente rilevato, Socrate hasvolto un ruolo determinante nella complessa operazionedella dissoluzione della bellezza esteriore, tanto veneratadai Greci; e ha tracciato in modo definitivo la strada cheporta alla comprensione e alla fruizione della bellezza in-teriore. Se, come vedremo, l'essenza dell'uomo sta non nelsuo corpo, bens nella sua psych, allora la bellezza del-l'uomo non sta nella bellezza delle sue membra, bensnella bellezza della sua anima. Il brutto Socrate, che si presenta amante dei bei giova-ni diventa, alla fine, lui stesso l'amato, mentre i bei gio-vani diventano gli amanti, come ancora Platone fa dire adAlcibiade nel Simposio: Vedete che Socrate sempreinnamorato dei belli, sta sempre intorno a loro e si strugged'amore. Per, poi ignora tutto e non sa niente. Questosuo atteggiamento non forse da Sileno? (. . .) Sappiateche, se uno bello, a lui non importa proprio niente, eanzi lo disprezza, al punto che nessuno ci crederebbe; ecos non gli importa nulla neppure se uno ricco, o se inpossesso di alcuni di quegli onori che secondo la gente ren-dono felici8. E dopo aver narrato il suo tentativo fallito di conqui-stare Socrate con la propria bellezza fisica e aver elogiatoSocrate per le sue virt, Alcibiade conclude: Del restonon ha fatto questo solo a me, ma anche a Carmide figliodi Glaucone, a Eutidemo figlio di Diocle e a moltissimialtri che costui ha ingannato presentandosi loro come

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    amante, per mettersi nelle condizioni di diventare luistesso l'amato invece che l'amante9. Dunque, una rivoluzione che porta dall'apparenza delbello alla verit del bello10. Si in vario modo parlato della esiguit dello spessoreteoretico del pensiero socratico, fino addirittura a negarlo,riducendolo a pura saggezza pratica, per quanto assai ele-vata. H. Maier in un libro per molti aspetti fondamentale,ma nella tesi di fondo decisamente errato, concludeva:Diciamolo in breve: la filosofia" cui Socrate dedic lapropria vita, non metafisica, dogmatica o scettica, nlogica, n etica, n retorica; in sostanza non scienza,meno che mai scienza "popolare". Essa ricerca di vitaetica personale11. Altri studiosi se non hanno accoltoquesta tesi hanno in vario modo insistito nel ridurre l'am-piezza del pensiero socratico. In realt, ben si pu sostenere che tutto il pensiero

  • socratico ruota intorno a una sola idea centrale, ma si trat-ta, come vedremo, di un'idea che ha cambiato la storia spi-rituale dell'Occidente. Ben si potrebbe dire anche oggicon Kierkegaard, che coloro che fanno critiche di questogenere parlano a vanvera: Pressappoco come quando unpoliteista volesse schernire la negativit del monoteistaperch il politeista ha molti di, mentre il monoteista nonne ha che uno. I filosofi hanno molti pensieri i quali tuttivalgono fino a un certo punto. Socrate ne ha uno solo,ma assoluto12. E, in effetti, tutte le idee che vengono attribuite aSocrate sono strettamente connesse con un'idea centrale inmodo davvero coerente e consistente. Sar questo l'asseportante di questo nostro libro, che si fonda su un paradig-ma ermeneutico alternativo a quello tradizionale, e che daqualche tempo sta delineandosi e imponendosi.

    Nel 1944 Olof Gigon pubblicava un libro dal titoloSocrate con il sottotitolo La sua immagine nella poesia enella storia13. Gigon fa uso di un metodo filologico ipercri-tico (di cui dovremo parlare con ampiezza), e trae le se-

    12 Prefazione

    guenti conclusioni: sul Socrate della storia non conosciamopressoch nulla, mentre tutto ci che conosciamo appartie-ne alla poesia, ossia a invenzioni della fantasia dei discepo-li e non alla verit storica; la storia della filosofia greca sipotrebbe benissimo spiegare anche prescindendo daSocrate. Il che significa, a ben comprendere, che certa filo-logia - portata alle estreme conseguenze in ottica ipercriti-ca e positivistica - divora la storia, per dirla con una effi-cace espressione di Jan Patocka14. Della tesi di Gigon molti sono stati vittime, e tuttoragli studiosi sembrano faticare a liberarsene, o comunquecercano di liberarsene collocandola nella sfera dell'oblio. Ma il libro di Gigon, fin dal suo stesso titolo, costitui-sce un vero e proprio modello emblematico, che segna gliesiti di un secolo e mezzo di ricerche: dimostra bene comeil metodo storico in senso positivistico e puramente filolo-gico in senso ipercritico nel corso di un secolo e mezzo siagiunto a dimostrare il proprio fallimento, in modo presso-ch totale. E' emerso in maniera assai chiara che quella di Platonesi impone come la testimonianza pi significativa sul mes-saggio socratico, al punto che se escludiamo Platone dallatradizione socratica, non resta niente di eccelso e di subli-me15. E i pi significativi studi su Socrate, con al verticequello di Gregory Vlastos16, danno appunto alla testimo-nianza di Platone su Socrate importanza determinante. Ma il sottotitolo stesso dell'opera di Gigon si rovesciacontro l'autore come una sorta di boomerang. In primo luogo, la storia di cui Gigon parla unaforma di storiografia di carattere meramente documentalee, come dicevamo, di ispirazione fortemente positivistica,che con la storia della filosofia ha poco da spartire. Perdirla con Heidegger La storia della filosofia non affaredella storiografia, ma della filosofia17, nel senso che la

  • storia della filosofia una storia di idee, con una sua logi-ca che non coincide con la mera raccolta e con la meccani-ca giustapposizione dei documenti, ma si fonda sulla lorolettura e interpretazione, come vedremo.

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    In secondo luogo, proprio nel caso di Socrate poesiae storia, lungi dal costituire una antitesi, hanno unnesso di straordinaria portata. La poesia, e in particolarequella pi alta di Platone, si manifesta come rivelativadella verit storica, e si impone proprio come una Werlo-gene Wahrheit, per dirla con una potente espressione diGoethe18, ossia si impone come una verit detta mediantela finzione poetica del dramma. E vedremo in che sensotale finzione riveli o comunque confermi in modo mirabi-le la verit storica concernente Socrate. Anche le altre fonti, seguendo un criterio differente daquello tradizionalmente pi diffuso, sono, a loro modo, invaria misura illuminante, comprese quelle dei nemici diSocrate, a cominciare da Aristofane, nonch da quelli chelo fanno seguto in et moderna, con Nietzsche alla testa. vedremo, in particolare, come quell'idea centrale attor-no alla quale ruota per intero tutto il pensiero di Socratesia nel contenuto che nel metodo, consista nella ricerca diuna precisa risposta all'enigma del dio di Delfi Conoscite stesso. E la risposta che d Socrate questa: L'uomo la sua anima19, con il corollario che ne deriva, espresso inmodo perfetto nell'Apologia platonica: Io vado intornofacendo nient'altro se non cercare di persuadere voi e pigiovani e pi vecchi che non dei corpi dovete prendervicura, n delle ricchezze n di alcun'altra cosa prima e conmaggiore impegno che dell'anima, in modo che essadiventi buona il pi possibile, sostenendo che la virt nonnasce dalle ricchezze, ma che dalla virt stessa nascono lericchezze e tutti gli altri beni per gli uomini e in privato ein pubblico20. Tesi, questa, che Democrito stesso, contemporaneo madi dieci anni pi giovane di Socrate, ha recepito e fattapropria: Chi sceglie i beni dell'anima sceglie le realt pidivine, mentre chi opta per i beni del corpo, sceglie lerealt pi umane.21 Per gli uomini conviene tenere inconsiderazione pi l'anima che il corpo, poich la perfezio-ne della prima pone rimedio al cattivo stato del secondo,mentre la forza del corpo non apporta alcun miglioramen-14

    Prefazione

    to all'anima se non accompagnata dalla capacit di ragio-nare22. Questa concezione ripresa e approfondita in modosistematico da Platone, che la riassume cos: Non mirisulta che un corpo in buona forma in grazia della propriavirt possa rendere buona l'anima; viceversa, un'animabuona, per la sua stessa virt, pu perfezionare il corpo inmisura straordinaria23. Si tratta di una tesi che ha segnato una pietra miliarenon solo nella storia spirituale dei Greci in particolare, maanche nella storia dell'Europa in generale, e che, come giu-

  • stamente stato detto, ha addirittura determinato la speci-ficit dell'Europa stessa24; e proprio in questo consistequella sapienza umana, che Socrate aveva cercato pertutta la vita, e che ammetteva di aver raggiunto in unsenso squisitamente delfico.

    ALCUNI RILIEVI PRELIMINARI DI CARATTERE ERMENEUTICO

    I criteri secondo cui viene impostato e sviluppato

    il problema dell'interpretazione di Socrate nella presente opera

  • tre differenti modidi interpretare i filosofi in generale e Socrate in particolare

    GIA' IN ALTRI LAVORI abbiamo avuto occasione di espri-mere la nostra posizione nell'affrontare la lettura e l'in-terpretazione dei filosofi, in particolare sotto il profilo delmetodo seguito; ma nell'affrontare una esegesi del pensie-ro di Socrate si impone come necessario non solo unsemplice richiamo alla posizione che assumiamo dalpunto di vista metodico, ma anche un raffronto con lealtre posizioni, in modo che il lettore possa seguirci conchiara consapevolezza nel discorso che faremo. a) Il metodo filologico - Il metodo che si sviluppatoin et moderna e che per molto tempo stato determi-nante nell'interpretazione di Socrate stato quello dicarattere storico-filologico. Vedremo come tale metodoabbia preso le mosse da un saggio di Schleiermacher del1815 dal titolo Sul valore di Socrate come filosofo, e comeesso sia entrato in crisi solo intorno alla met del secoloventesimo con il libro di Gigon del 19471, e in parteanche con il quadro generale degli esiti aporetici deglistudi moderni condotti sulla base di quel metodo, che stato tracciato nell'imponente libro di Magalhes-Vilhenadel 1952.2 Ma dal vicolo cieco cui porta quel metodo si faticamolto a uscire, e alcuni continuano a rimanere rinchiusi(in tutto o in parte) in esso. Come vedremo, la finalit che con tale metodo si sa-rebbe voluto raggiungere quella di armonizzare le variefonti che ci informano sul pensiero socratico, le quali nonsolo sono differenti, ma sembrano addirittura fra di loroin netta contraddizione. Infatti, il metodo filologico

    19Socrate

    applicato con rigore ha portato alle conclusioni che lefonti non sono armonizzabili, e anzi si distruggono inlarga misura a vicenda, per il motivo che da esse risultapossibile ricavare tutto e il contrario di tutto. Il fallimento del risultato dimostra, gi di per s, l'ina-deguatezza e l'insufficienza del metodo usato. Giu-stamente, Jan Patocka, come abbiamo gi ricordato nellaPrefazione, riferendosi a certi esiti estremi raggiunti, scri-ve: La filologia qui divora la storia. Questo significache quel metodo che vorrebbe essere rigorosamente sto-rico, se si rinchiude in se stesso, diventa invece anti-storico3. Come mai succede questo? Il motivo di fondo va ricercato nella sopravvalutazio-ne e nella venerazione positivistica del fatto, nonchnella tendenza a trattare i fatti in modo asettico, quasicome mediante una analisi in vitro al microscopio: atteg-giamento, questo, che tipico di non pochi filologi -che sembrano credere assai poco nelle idee - e delle loroposizioni ipercritiche, con le conseguenze che questeproducono inevitabilmente. L'epistemologia contemporanea ha ben individuatoin che cosa consista il tallone d'Achille di questo me-

  • todo: i puri fatti, nudi e crudi come dati in s e per s,per lo storico non esistono, in quanto, in realt, essi ven-gono costruiti o ricostruiti dallo storico nel momen-to stesso in cui vengono da lui presentati4. L. Febvre, per esempio, scrive: Lo storico crea i suoimateriali o, se si vuole, li ricrea: lo storico non si muovevagando a caso attraverso il passato, come uno stracci-vendolo a caccia di vecchiumi, ma parte con un disegnopreciso in testa, con un problema da risolvere, un'ipotesidi lavoro da verificare. Dire "Questo non un atteggia-mento scientifico", non forse mostrare semplicementeche della scienza, delle sue condizioni e dei suoi metodinon si conosce molto? L'istologo, ponendo l'occhio sullalente del suo microscopio, afferra forse immediatamentei fatti bruti? L'essenziale del suo lavoro consiste nel crea-20 I criteri dell'interpretazione

    re, per cos dire, i soggetti della sua osservazione, conl'aiuto di tecniche assai complicate; e poi, presi questioggetti, nel "leggere" i suoi prospetti e i suoi preparati.Compito arduo in verit. Perch descrivere quel che sivede, passi; ma vedere quel che si deve descrivere, eccoil difficile5. Anche la tanto lodata accuratezza metodica dellaraccolta e della presentazione dei fatti non il connotatopeculiare della vera ricerca storica, ma solo un suo pre-supposto. E.H. Carr precisa: Lodare uno storico per lasua accuratezza equivale a lodare un architetto per ilfatto di servirsi, nel costruire gli edifici, di legname benstagionato o di cemento adeguatamente mescolato. Sitratta di una condizione necessaria della sua opera, nongi della sua funzione essenziale6. Quelli che sono con-siderati fatti fondamentali identici per tutti gli storicicostituiscono generalmente la materia prima dello stori-co e non la storia vera e propria. [...] La scelta di questifatti fondamentali dipende non gi da una qualit intrin-seca dei fatti stessi, ma da una decisione a priori dellostorico [...]. Si suol dire che i fatti parlano da soli: ma ci, ovviamente, falso. I fatti parlano soltanto quando lostorico li fa parlare7. Si anche diffusa fra certi filologi l'idea che si do-vrebbe parlare del pensiero e della vita del mondo anti-co come si parla degli oggetti di un museo che interessa-no solo la curiosit intellettuale e l'erudizione, ma chenon hanno nulla a che vedere con la vita dell'uomo dioggi; quindi si dovrebbe parlare di essi come si parla,per esempio, della trireme o del modo di raccogliere e didistribuire l'acqua all'epoca dei Romani. Ed ecco una pertinente risposta di Febvre, che rove-scia esattamente il problema: Non ci sono barriere.Bisogna che la storia non vi appaia pi come una necro-poli addormentata, dove soltanto ombre passano, prived'ogni sostanza. Bisogna che penetriate nel vecchiopalazzo silenzioso in cui dorme, animati dalla lotta soste-nuta, ricoperti della polvere del combattimento, del san-

    21 SOCRATE

  • gue coagulato del mostro che avete vinto, e spalancandole finestre, richiamando la luce e il rumore, risvegliatecon la vostra vita giovane e bollente la gelida vita dellaprincipessa addormentata8. Olof Gigon, per la verit, ha tentato di trattare le te-stimonianze socratiche (i fatti su cui ricostruiamo lavita e il pensiero del filosofo) in maniera del tutto neu-trale, per procedere con metodo rigorosamente critico,e quindi senza cadere nell'errore di privilegiare questa oquella fonte; e, proprio in base a questo metodo ipercriti-co e neutrale, ha tratto la conseguenza, come abbiamogi ricordato nella Prefazione, che le testimonianze sidistruggono l'una con l'altra pressoch per intero. Main realt, l'occhio neutrale nello storico non esiste e nonpu esistere, o - per meglio dire - pu esistere solocome un puro mito positivistico. N. Goodmann ha scrit-to giustamente: L'occhio pi neutrale e quello pi pre-venuto sono semplicemente sofisticati in modo diverso.La visione pi ascetica e quella pi prodiga, come ilsobrio ritratto e la caricatura al vetriolo, non differisco-no nella quantit di interpretazione ma solo nel modo incui interpretano9. Si pu anche dire che tali modi di vedere non differi-scono nella quantit, ma nella qualit. E in effetti, la pre-tesa neutralit di Gigon talmente interpretativa -sia pure in negativo -, che giunge addirittura a eliminarepressoch per intero dalla storia del pensiero occidenta-le la figura di Socrate. Questo significa che, per reggersi,tale posizione non pu se non eliminare ci che nonrientra nel quadro paradigmatico, ossia il fatto stesso inquanto si impone come controfatto, come vedremo. Una semplice raccolta di fonti di per s non parla; chisi limita a raccogliere le fonti senza andare oltre, non faaltro che predisporre strumenti di lavoro, ma rinuncia afare storia e, quindi, rinuncia a pensare quelle fonti stesseche pure raccoglie. Senza una adeguata analisi del signifi-cato e del valore delle testimonianze e della loro messa aconfronto secondo precisi parametri, le testimonianze22

    I criteri dell'interpretazione

    rimangono mute. Filippo Bartolone dice giustamente chese si disconosce il valore di ci che comunque dicequella testimonianza, viene altres a cadere irreparabil-mente il valore, che tuttavia le si annette, di semplice masicuro rinvio alla certezza del documento, poich questorimane intatto nella sua cruda problematicit, e risultaanzi un dato del tutto inesplicato, amorfo, di cui non sivede perch la storia, che consta esclusivamente di datisignificativi, dotati ciascuno d'una individuabile fisiono-mia, debba prendere atto10. b) Il metodo teoretico - Su posizioni opposte si collo-ca il metodo di leggere i filosofi in generale e Socrate inparticolare che potremmo ben chiamare teoretico insenso positivo e teoreticistico nei suoi eccessi. Un eccellente avvio alla comprensione di questometodo ci pu essere offerto da una acuta notazione diHeidegger, che gi abbiamo in parte richiamato.Heidegger scrive: La storia della filosofia non affare

  • della storiografia, ma della filosofia11. L'affermazione ,a nostro avviso, esatta e incontestabile, soprattutto se sipone mente agli eccessi in cui cadono il filologismo e lostoricismo filologistico, che sembrano ridurre le idee aparole e a cose. Heidegger porta per la sua affermazione alle estre-me conseguenze, cadendo quindi nell'eccesso opposto.E questo accade proprio nel momento in cui, dopo averaffermato che la prima storia filosofica della filosofia quella di Hegel, precisa: La storia hegeliana della filo-sofia rimasta finora, e lo rester fino a quando la filoso-fia dovr pensare storicamente, muovendo dalla suadomanda fondamentale pi propria, in un senso essen-zialmente ancora pi originario. Dove questo accade ginei primi prodromi, rimane viva la parvenza che si trattisoltanto di una diversa posizione del problema della tra-dizionale interpretazione "storiografica" della storiadella filosofia. A ci si aggiunge l'ulteriore apparenzasecondo la quale la considerazione storica si limiterebbea ci che stato, e non avrebbe il coraggio e soprattutto

    23 SOCRATE

    la capacit di dire, essa, qualcosa di "nuovo". Questaapparenza persiste fintanto che nessuno avverte e,soprattutto, fintanto che nessuno pu stimare nella suaportata il fatto che, nonostante la strapotenza della tec-nica e la "mobilitazione" tecnica complessiva del globoterrestre, dunque nonostante un predominio ben deter-minato della natura catturata, insorge una affatto diversapotenza fondamentale dell'essere: la storia, la quale, tut-tavia, non pi raffigurata come oggetto proprio e nellaprospettiva della storiografia12. Heidegger ha ragione di affermare che la storia dellafilosofia affare del filosofo, e che la storia non si lasciaaffatto rinchiudere nelle ristrette categorie dello storici-smo, ma poi esce dalla giusta strada sia nell'affermareche la Storia della filosofia di Hegel un modello insupe-rato, sia nelle ragioni che adduce per avvalorare l'asserto. In realt, Hegel e Heidegger - nella misura in cui se-gue Hegel - cadono nell'eccesso di segno opposto a quelloin cui cadono gli storicisti e i filologisti, ossia nel teoreti-cismo. Il teoreticismo finisce infatti inevitabilmente con l'as-sorbire l'autore interpretato nelle categorie del sistemadell'autore interpretante. L'interprete che segue tale me-todo si impegna non gi a cercare di intendere ci chel'autore preso in considerazione ha detto, corne lo hadetto e perch lo ha detto, ma si interessa piuttosto distabilire se ha detto il vero, formulando giudizi in funzio-ne dei parametri del proprio sistema. Nella maggioranza dei casi in cui grandi pensatorileggono altri pensatori si verifica proprio questo. Ma vasubito detto che non poche volte accade che, malgradoquesta ottica inevitabilmente deformante, alcuni gran-di pensatori gettano sprazzi di luce, che giungono a illu-minare il cuore stesso del pensiero di certi autori, sia cheli leggano in positivo come amici, sia in negativo comenemici.

  • E proprio questo accaduto pi di una volta perquanto concerne Socrate. Personalmente abbiamo rite-24

    I criteri dell'interpretazione

    nuto particolarmente illuminanti alcune notazioni diKierkegaard, come amico di Socrate13. Ma abbiamo tro-vato non meno illuminanti certe pagine di Nietzsche,come nemico (anzi talora grande nemico) di Socrate. Ecerte volte accade che proprio i grandi nemici vedanomeglio che non i modesti amici la grandezza di un per-sonaggio. Del resto Nietzsche stesso che riconoscecome la lotta con Socrate sia stata, per lui, quasi unanecessit, e afferma addirittura espressamente: Socrate- lo confesso - mi talmente vicino, che devo quasisempre combattere contro di lui14. In tal senso, certe pagine scritte da grandi pensatorisu un filosofo possono aiutare nell'interpretazione sto-rica di quel filosofo, proprio perch, come Heideggerdice nella pagina sopra letta, la storia della filosofia sto-ria di idee, e l'interpretazione delle idee non pu essererinchiusa in alcun modo nel ristretto recinto del positivi-smo in cui si aggira la filologia. c) Il metodo storico-ermeneutico - Il terzo metodo strettamente connesso con l'ermeneutica. Diciamo subi-to che l'ermeneutica che qui ci interessa quella impo-stasi come metodo di interpretazione, e non quellache diventata un vero e proprio sistema filosofico ingenerale, anche se ovviamente i due aspetti dell'erme-neutica hanno dei punti in comune, il primo pu venirusato indipendentemente dal secondo. L'immagine metaforica che rappresenta il punto cen-trale di questa metodologia quella del circolo erme-neutico. Tale immagine si diffusa a partire da Schleier-macher; ma si imposta soprattutto con Gadamer, chel'ha sviluppata prendendo le mosse da alcuni spunti pro-posti da Heidegger, e ha dato a essa una configurazioneche si pu considerare sotto molti aspetti come definitiva. Per capire la singola parola di un testo, occorre com-prendere il contesto, il patrimonio linguistico dell'autorestudiato, e poi il momento culturale dell'epoca cui l'au-tore appartiene; e questa comprensione va fatta sia cer-cando di intendere il particolare in funzione dell'univer-

    25 SOCRATE

    sale, sia, viceversa, cercando di capire l'universale parten-do dal particolare. Scrive Schleiermacher: Il senso diogni parola in un dato passo deve essere determinatosecondo la sua coesistenza con quelle che la circonda-no15. Il patrimonio linguistico di un autore e la storiadella sua epoca si comportano come il tutto a partire dalquale i suoi scritti, come il singolo elemento, devonoessere compresi e, inversamente, questo tutto deve esse-re compreso a sua volta a partire dal singolare. Ovunqueil sapere compiuto si trova in questo circolo apparente,per il quale ogni particolare pu essere compreso solo apartire dall'universale di cui parte e viceversa. E ognisapere scientifico solo se costituito in tal modo16.

  • Questo complesso movimento circolare, secondoSchleiermacher, ha come fine la comprensione deltesto, e con tale comprensione si conclude. Heidegger andato oltre, indicando nel circolodella comprensione non solo qualcosa che riguardasoprattutto il metodo, bens qualcosa che rivela la strut-tura stessa della comprensione dal punto di vista ontologi-co. La comprensione non un momento conclusivo,bens un momento determinante, che mette in moto ilcircolo medesimo come pre-comprensione, da cuil'interprete prende le mosse, con la conseguente com-plessa dinamica che ne consegue. Secondo Heidegger il circolo ermeneutico non affatto un circolo vizioso, qualcosa di negativo chelimita o impedisce il processo di comprensione, ma, alcontrario, lo rende strutturalmente possibile: In esso sinasconde una possibilit positiva del conoscere pi ori-ginario, possibilit che afferrata in modo genuino solose l'interpretazione ha compreso che il suo compitoprimo, permanente e ultimo quello di non lasciarsi maiimporre pre-disponibilit, pre-veggenza e pre-cognizio-ne dal caso o dalle opinioni comuni, ma di farle emerge-re dalle cose stesse, garantendosi cos la scientificit delproprio tema17. Le complesse e pertinenti riflessioni che ha fatto Ga-26 I criteri dell'interpretazionedamer a partire da questa intuizione di Heidegger hannodato eccellenti risultati18. Quando si interpreta un testo in particolare o unautore in generale, si parte sempre da un progetto.Sulla base del senso che il testo o l'autore presentano,alla luce di quel progetto e delle attese che esso implica,si traccia un primo abbozzo d'insieme. E poich taleabbozzo presenta subito inconvenienti di vario genere,si cerca di tracciare un ulteriore progetto di senso e siprocede di conseguenza a pi riprese nello stesso modo. I pre-concetti, le pre-supposizioni e i pre-giudi-zi costituiscono, pertanto, come si sopra detto, ci chemette in moto il circolo; e la scientificit della ricerca sirealizza nella misura in cui i pre-concetti vengono via viarinnovati e sostituiti nel corso del lavoro di interpreta-zione, in modo sempre pi adeguato e sempre pi insintonia con l'oggetto che viene indagato. Gadamer scrive: Chi cerca di comprendere, espo-sto agli errori derivanti da pre-supposizioni che non tro-vano conferma nell'oggetto. Compito permanente dellacomprensione l'elaborazione e l'articolazione dei pro-getti corretti, adeguati, i quali come progetti sono antici-pazioni che possono convalidarsi solo in rapporto all'og-getto. L'unica obiettivit qui la conferma che una pre-supposizione pu ricevere attraverso l'elaborazione. Checos' che contraddistingue le pre-supposizioni inadegua-te se non il fatto che, sviluppandosi, esse si rivelano in-sussistenti? Ora, il comprendere perviene alla sua possi-bilit autentica solo se le pre-supposizioni da cui partenon sono arbitrarie. C' dunque un senso positivo neldire che l'interprete non accede al testo semplicementerimanendo nella cornice delle pre-supposizioni gi pre-

  • senti in lui, ma piuttosto, nel rapporto col testo, mettealla prova la legittimit, cio l'origine e la validit, di talipre-supposizioni19. E ancora: Chi vuole comprendere, non potr fin dal-l'inizio abbandonarsi alla casualit delle proprie pre-sup-posizioni, ma dovr mettersi, con la maggiore coerenza e

    27SOCRATE

    ostinazione possibile, in ascolto dell'opinione del testofino al punto che questa si faccia intendere in modo ine-quivocabile e ogni comprensione solo presunta venga eli-minata. Chi vuol comprendere un testo deve essere prontoa lasciarsi dire qualcosa da esso. Perci una coscienzaermeneuticamente educata deve essere preliminarmentesensibile all'alterit del testo. Tale sensibilit non presup-pone n un'obiettiva "neutralit" n un oblio di se stessima implica una precisa presa di coscienza delle propriepre-supposizioni e dei propri pregiudizi. Bisogna essereconsapevoli delle proprie prevenzioni perch il testo sipresenti nella sua alterit e abbia concretamente la possi-bilit di far valere il suo contenuto di verit nei confrontidelle presupposizioni dell'interprete20. Fra le molte ulteriori notazioni sul circolo ermeneuti-co che fa Gadamer, ne scegliamo una per concludere, laquale, a nostro giudizio, particolarmente importante. Egli parte da questa domanda: l'interpretazione di untesto, di un'opera d'arte, di un autore, pu giungere auna conclusione definitiva? Ed ecco la risposta di Gadamer: Ma la messa in lucedel senso vero contenuto in un testo o in una produzio-ne artistica non giunge a un certo punto alla sua conclu-sione; in realt un processo infinito. Non solo vengonoeliminate sempre nuove cause di errore, sicch il sensovero viene purificato da ogni confusione, ma nasconoanche sempre nuove fonti di comprensione che rivelanoinsospettate connessioni di significato. La distanza tem-porale, che opera questa distillazione del senso, non hauna dimensione limitata, ma in un continuo movimen-to di dilatazione. Con l'aspetto negativo di questo pro-cesso di distillazione, operato dalla distanza temporale, dato per anche l'aspetto positivo che esso possiede perla comprensione. La distanza temporale non eliminasolo i pregiudizi di natura particolaristica, ma fa d'altraparte emergere quelli che sono tali da aiutare una veracomprensione21. E' esattamente questo il metodo che abbiamo da sem-28 I criteri dell'interpretazione

    pre cercato di seguire nelle nostre ricerche, muovendodalle parti per giungere al tutto e viceversa. Come vedre-mo pi avanti, il punto-chiave del pensiero socratico sicomprende solo se lo si colloca nel momento storico in cui sorto, solo se lo si intende in funzione dell'arco del pen-siero filosofico dei Greci e ad un tempo se ci si impegna amodificare i pre-giudizi e le pre-comprensioni dai quali siinizia, commisurandoli senza posa con l'oggetto preso inesame.

  • In particolare, dobbiamo dire che - oltre ai moltipunti concernenti la figura e il pensiero di Socrate, cheabbiamo gi presentato in altre opere e che qui ripren-diamo con opportuni ritocchi e completamenti - di re-cente ci si imposto un nuovo punto-chiave, che si col-loca esattamente nella prospettiva illustrata da Gadamer.In effetti, abbiamo ben costatato che, quando le ricerchenon vengono interrotte, ma vengono proseguite in modocostante e sistematico nascono anche sempre nuovefonti di comprensione, che rivelano insospettate connes-sioni di significato22. Tali nuove fonti di comprensioneper quanto concerne Socrate, a nostro avviso, possonoprovenire - e comunque a noi sono effettivamente pro-venute - dai risultati delle recenti ricerche sulla tecnolo-gia della comunicazione nel mondo antico, che giabbiamo recepito nel nostro ultimo Platone del 1998(pubblicato presso la Rizzoli)23. Qui svilupperemo que-ste ricerche, mostrando come Socrate si collochi inprimo piano nella grande rivoluzione all'interno della cul-tura dell'oralit, che egli trasforma radicalmente da oralitmimetico-poetica a oralit dialettica, con tutte le conse-guenze che questo comporta. E fra le conseguenze pisignificative si colloca - fra l'altro - l'esplosiva nascitadel nuovo genere letterario del dialogo, incentrato suidiscorsi socratici (lgoi sokratiki), di cui parleremopi avanti. Ma prima di procedere nel nostro discorso, riteniamoopportuno fare ancora un rilievo, applicando il metododell'ermeneutica all'impostazione del lavoro di Gigon.

    29SOCRATE

    Come noto, l'illuminismo e certe forme di empirismo edi razionalismo ad oltranza ritengono che il punto di par-tenza pi sicuro nel fare ricerche sia quello di ripulire lamente da ogni forma di pre-giudizio. Gadamer dimostracome anche questo modo di procedere costituisca inrealt un preciso pregiudizio: Anche l'illuminismo, infat-ti, ha un suo pregiudizio fondamentale e costitutivo: que-sto pregiudizio che sta alla base dell'illuminismo il pre-giudizio contro i pregiudizi in generale e quindi lo spode-stamento della tradizione24. In effetti, il modo neutra-le con cui Gigon tratta le varie fonti socratiche uncospicuo pre-giudizio, e per di pi incontrollato equindi del tutto infruttuoso. Infatti, l'oggetto studiatopu apparire significativo non gi se considerato in modoneutro in s e per s, bens solo se presentato nellaluce in cui ce lo presenta chi sa caratterizzarlo in modogiusto, e la pretesa indagine neutrale non esiste25.

    Le ragioni per cui le varie fonti socratiche differiscono fra di loro

    UN MESSAGGIO RIVOLUZIONARIO e di portata veramenteepocale come quello di Socrate non poteva se non essererecepito in modi assai diversi, e quindi non poteva, di con-seguenza, se non essere anche trasmesso in maniere diversee addirittura opposte, in base alla formazione spirituale e

  • alle capacit di coloro che lo recepivano e lo trasmetteva-no. E poich Socrate non ha scritto nulla, per le ragioniche vedremo, la sua figura e il suo pensiero non possonoessere ricostruiti se non in funzione delle diverse fonti,che, a nostro giudizio, risultano essere tutte quante a loromodo illuminanti, se si rileggono nella giusta ottica. a) Aristofane - Incominciamo dalla prima fonte, ossiada Aristofane, che nelle Nuvole del 423 a.C. rappresentaun Socrate nei suoi anni quaranta, e che poi ne riprendealcuni tratti negli Uccelli del 414 a.C, nonch nelle Ranedel 405 a.C.30 I criteri dell'interpretazione

    Si tratta di una fonte a lungo disprezzata dal punto divista storico, in quanto si ritenuto che la mascheradella commedia aristofanesca fosse strutturalmente de-formante nella dimensione del comico, quindi non uti-lizzabile per la comprensione del Socrate storico. Sarriscrive a buona ragione: Perci la critica tradizionale haavuto buon gioco nel ritenere che l'opera di Aristofanenon fosse utilizzabile ai fini della conoscenza del Socratestorico, tanto pi che essa, per le tensioni comiche a cuisottopone la figura di Socrate, non solo non concordacon nessuna delle fonti canoniche del paradigma tradi-zionale, ma non si presta neppure alla dialettica dellecorrezioni di una fonte con l'altra. E' stato, dunque, faci-le rimuovere questa testimonianza e relegarla fra lecuriosit letterarie. E lo si fatto con l'argomento inapparenza pi rigoroso, ossia sostenendo che il Socratepreso di mira da Aristofane non fosse il Socrate dellarealt storica, aprioristicamente riconosciuto nel Socratedell'una o dell'altra delle fonti socratiche, ma il tipoastratto del filosofo, il simbolo di tutta la cultura illumi-nistica del tempo26. Vedremo come, riletto con la correzione del parametrodelle deformazioni della Musa della commedia, Aristofanerappresenti un vero Socrate, come lo poteva vedere unterribile avversario spirituale, ossia un uomo che avevaconcezioni morali, socio-politiche e culturali completa-mente opposte. In particolare, Aristofane era uno dei rappresentantidella tradizione culturale che si fondava su contenuti emetodi dell'oralit mimetico-poetica, ossia proprio suquella tradizione che Socrate, come vedremo, distrugge-va con la sua dialettica e con la sua ricerca del che co-s'?. Nelle Nuvole Aristofane rappresentava il Socrate dia-lettico come sacerdote di fole sottilissime27; e nelleRane28 faceva dire al coro: E' bello non fare chiacchiere seduti insieme a Socrate,

    31SOCRATE

    spregiando la poesia e trascurando i sommi princpi dell'arte tragica. Con discorsi solenni

  • e insulse fole passare il tempo da un uomo dissennato. Nei versi riportati Aristofane aveva perfettamentecompreso, nell'ottica del nemico che si sentiva colpito afondo, la rivoluzione che, con la sua dialettica, Socratemetteva in atto. Come vedremo, anche nelle Nuvole eglimostrava di aver perfettamente compreso che il temadella psych e della cura della psych fosse centrale inSocrate. Ma poche volte gli studiosi hanno messo adeguata-mente in rilievo la corrispondenza per certi aspetti per-fetta fra Aristofane, il nemico antico di Socrate, eNietzsche, il suo moderno nemico. Ecco un passo cheriassume il pensiero nietzschiano: Azione di Socrate: 1)Egli distrusse la spregiudicatezza del giudizio etico. 2)Annient la scienza. 3) Non ebbe alcun senso artistico.4) Strapp l'individuo dai suoi legami storici. 5) Favorle chiacchiere e le ciarle dialettiche,29. Nell'ultima frasesembra addirittura che vengano ripetuti versi delleNuvole e delle Rane di Aristofane, che sopra abbiamoletto. Lo stesso Hegel si schiera con coloro che sosteneva-no che nelle Nuvole Aristofane aveva ragione: Questopoeta, che gett lo scherno su Socrate nella manierapi amara e beffarda, non fu un volgare buffone o unbasso giullare che si sia fatto giuoco d'ogni cosa pisacra e migliore, e abbia tutto sacrificato ai suoi frizzipur di far ridere gli Ateniesi. Anzi tutto ha per lui unsignificato assai pi profondo e le sue celie celano nelloro intimo una grande seriet. Egli non voleva sempli-cemente deridere; e, per giunta, deridere cose rispetta-bili sarebbe stata cosa affatto stupida e melensa. E benmisera l'arguzia, che priva di sostanzialit, che non sifonda sulle contraddizioni insite nelle cose stesse; e32

    I criteri dell'interpretazionel'arguzia di Aristofane tutt'altro che superficiale edestrinseca30. Come abbiamo gi sopra accennato e come megliovedremo pi avanti, vero che un grande nemico, se dinotevole intelligenza, fa capire della persona contro cuilotta molto di pi di un moderato e superficiale amico.Anzi, con Bartolone, potremmo ben dire che la testi-monianza negativa che risulta la pi pertinente come lapi compromessa nell'incidenza effettiva dell'ethos perso-nale di Socrate, poich mostra d'aver subto l'urto di-retto di esso, cui reagisce investendolo con la massicciaopposizione d'un'accusa culminante nella sanzione estre-ma a carico di chi nella propria esistenza lo traduceva elo celebrava. Sul piano schiettamente reale essa addirittu-ra partecipa della sorte di Socrate: della quale costituiscel'estrema integrazione tragica che, concludendola, lainduce a illuminarsi di quel senno ultimo e sommo cheper l'appunto nella morte un'umana esistenza intima-mente consapevole sa attingere31. b) Platone - Il grande filosofo stato, per moltiaspetti, l'autore privilegiato da molti studiosi per com-prendere Socrate; ma stato anche molto combattuto. E

  • ora torna a reimporsi. I primi che hanno cercato di ricostruire Socrate sullabase di Platone sono stati J. Burnet32 e E.A. Taylor33. Maquesti autori sono partiti con il piede sbagliato, e le cor-rezioni drastiche che hanno in seguito apportato allaloro tesi non sono state recepite. Della tesi di fondo diquesti autori, che si impone oggettivamente per unaserie di ragioni, parleremo pi avanti in maniera detta-gliata. Gregory Vlastos il pi recente studioso che riportain primo piano, con molto vigore, i dialoghi giovanili diPlatone come fonte principale per intendere il Socratestorico. Ecco come Vlastos riassume la sua posizione34: Si tratta del vero Socrate, del Socrate della storia?. S.

    33SOCRATE

    Ma non piuttosto Platone?. S. Pu trattarsi di entrambi?. S. Come questo sia possibile, Vlastos lo stabilisce, inprimo luogo, ricostruendo una netta distinzione fra ilSocrate platonico dei primi dialoghi aporetici e il So-crate platonico del dialoghi di mezzo (e quindi anche diquelli tardi). In questi ultimi emergono una struttura tri-partita dell'anima e concetti metafisici incentrati sulconcetto di Idea, i quali attestano che ormai Platone staprocedendo su un nuovo piano, il quale si colloca ben aldi l di quello su cui procedeva il maestro. Se si mette in atto un confronto delle tesi centrali deidialoghi aporetici con le testimonianze di Senofonte e diAristotele si riscontrano corrispondenze incontrovertibi-li, che, dunque, si impongono come storicamente sicure.Vlastos ritiene che i dialoghi elenctici socratici termininocon il Gorgia, dialogo cui fa spesso riferimento; ma, inrealt, in questo dialogo gi presente - e in larga misu-ra - Platone stesso con il proprio pensiero, ed esso vaquindi utilizzato con molte cautele per la ricostruzionedi Socrate. Ma di questo diremo pi avanti35. Va ricordata anche la tesi proposta da A. Capizzi36,secondo cui Platone, pur trasformando Socrate in perso-naggio letterario, presenta anche riferimenti stilistici pre-cisi che alludono al personaggio storico. In particolare,Platone presenta con una formula semplice qualchepensiero sostenuto su Socrate solo in via occasionale;con formula allusiva o perifrastica pensieri gi espressiin altre opere e riproposti in modo allusivo; con formu-la reiterativa quelle dottrine sostenute abitualmente daSocrate. Confrontando con altre fonti socratiche i testiplatonici in funzione di tale criterio, Capizzi ritiene dipoter affermare che nell'89% circa dei casi si riscontrapiena corrispondenza, e dunque attendibilit storica. Capizzi scrive: Nei dialoghi di Platone deve essereritenuto illazione dell'autore tutto ci che il personaggio34 I criteri dell'interpretazione

  • Socrate esprime senza formula o con formula semplice,e dottrina o metodo o studio o tratto caratteristico delSocrate storico tutto ci che al personaggio Socrateviene da lui stesso o da altri personaggi attribuito conformule reiterative, facenti cio riferimento a ci cheSocrate dice o fa abitualmente fuori della scena del dia-logo37. Questo metodo ci sembra un po' troppo meccanicoe ben difficilmente applicabile con esattezza ad un auto-re antico, che, come Platone, rivive e ricrea il pensiero diSocrate; invece, ci sembra che Capizzi abbia perfetta-mente ragione nel sostenere che il Socrate storico non rintracciabile nei soli dialoghi giovanili di Platone, inquanto concetti socratici vengono ripetuti anche in alcu-ne opere di mezzo e perfino nelle ultime opere della vec-chiaia38. Ci sembra comunque necessario, per il momento, li-mitarci a stabilire quanto segue: per le ragioni che vedre-mo, il documento che si impone come storico nel suocomplesso l'Apologia di Socrate, cui andrebbero ag-giunte le pagine finali del Simposio, e in larga misura lametodologia eleatica dei dialoghi aporetici. Tranne che nell'Apologia, il Socrate dei dialoghi pla-tonici una maschera poetica che rappresenta il vero dia-lettico. Platone ha mantenuto la centralit della masche-ra di Socrate non solo in tutte le sue opere giovanili, incui predomina senza dubbio il pensiero socratico, maanche in quelle di mezzo in cui egli procede decisamenteoltre Socrate con la scoperta della metafisica delle Idee econ la dottrina dell'anima tripartita. E la centralit dellamaschera drammaturgica di Socrate in questi dialoghidel periodo di mezzo ben si giustifica, in quanto lenuove dottrine che vengono presentate costituisconodottrine cui egli era pervenuto mediante sviluppi siste-matici del metodo e della dottrina del maestro. Nei tardidialoghi, quando, cio, Platone affronta tematiche chevanno oltre l'orizzonte cui era pervenuto mediante ilpensiero socratico - in quanto affronta problemi di alta

    35SOCRATE

    dialettica in senso metafisico, di cosmologia e di legisla-zione - la maschera drammaturgica di Socrate scompareo diventa comunque marginale, per lasciare spazio allamaschera di Parmenide nel dialogo omonimo, a quelladello Straniero di Elea nel Sofista e nel Politico, a quelladi Timeo nel dialogo omonimo, o a quella dell'Ateniesenelle Leggi. Tuttavia, come vedremo, se anche ci si limitasse allasola Apologia di Socrate, da questo documento si ricave-rebbe il messaggio del Socrate storico pressoch in tuttala sua interezza, data la ricchezza di contenuto e la forzacomunicativa di questo scritto. Ma conviene concludere il discorso su Platone cometestimone di Socrate con due affermazioni radicalmenteopposte, che fungono da efficace stimolo di caratteredialettico. Nietzsche scriveva: Il Socrate di Platone insenso vero e proprio una caricatura, un essere sovracca-

  • rico di attributi39. Patocka all'opposto, come abbiamogi ricordato, afferma: Platone il pi significativo fat-tore del socratismo; se lo escludiamo dalla tradizionesocratica, non resta niente di eccelso e di sublime40. c) Senofonte - Sugli scritti socratici di Senofonte e suSenofonte come testimone del pensiero di Socrate si detto pressoch tutto e il contrario di tutto: in positivo ein negativo. Gi Hegel elogiava Senofonte nel modo che segue:Se ci domandiamo se Senofonte o Platone ci abbiaritratto pi fedelmente Socrate nella sua personalit enella sua dottrina, risponderemo non essere dubbio che,circa la personalit e il metodo, in generale circa l'este-riorit della conversazione socratica, dobbiamo anche aPlatone un ritratto di Socrate molto esatto e forse pifine, ma che circa il contenuto del suo sapere e la matu-rit del suo pensiero dobbiamo attenerci di preferenza aSenofonte41, Molto pi spinto il giudizio di Nietzsche: Il Socrateplatonico propriamente una caricatura; egli, infatti, sovraccarico di qualit che mai si potranno incontrare in36 I criteri dell'interpretazione

    una persona sola. Platone non abbastanza autore dram-matico, da conservare la stessa immagine di Socrate an-che solo in un dialogo. La caricatura , dunque, perfinouna caricatura fluida. Invece i Memorabili di Senofontednno un'immagine realmente fedele, che esattamenteintelligente, quanto lo era il modello; bisogna per saperleggere questo libro. I filologi, in fondo, ritengono cheSocrate non abbia nulla da dir loro, perci si annoianoalla lettura di questo libro, per altri invece esso una let-tura che trafigge il cuore e, insieme, rende felici42. Ealcuni studiosi hanno incentrato per intero la ricostruzio-ne del pensiero di Socrate (in positivo o in negativo)basandosi prevalentemente su Senofonte43. Ma ecco una frizzante reazione di Bertrand Russell,che pu servire da efficace pungolo: Esiste una tenden-za a pensare che tutto ci che Senofonte dice debbaessere vero, dato che egli non aveva lo spirito sufficienteper immaginare qualcosa che non fosse vero. Questogenere di argomentazione non affatto valido. La narra-zione fatta da uno stupido intorno a ci che ha detto unuomo intelligente non mai esatta, perch egli incon-sciamente traduce ci che sente in frasi che pu capire.Preferirei che sul mio conto riferisse il peggiore dei mieinemici (purch filosofo) piuttosto che un amico digiunodi filosofia. Non possiamo quindi accettare ci cheSenofonte dice, sia che svolga qualche concetto filosofi-camente difficile, sia che esponga un'argomentazione perdimostrare che Socrate fu condannato ingiustamente,44. Vlastos cerca di neutralizzare il severissimo giudiziodi Russell, obiettando: Ma Senofonte tutt'altro cheuno stupido. La sua Ciropedia un avventurarsi nellaletteratura del romanzo didattico tanto intelligente dagiungere a noi dall'antichit classica, Sia in quell'operache copiosamente in altre Senofonte d mostra di unpenetrante giudizio sul mondo e sugli uomini. Se fossi

  • stato uno dei diecimila Greci lasciati senza guida nellezone selvagge dell'Anatolia, in cerca di un comandante acui affidare il compito di riportarci salvi alla civilt, du-

    37 SOCHATE

    bito che avrei potuto scegliere uno che fosse pi adattodi Senofonte allo scopo; la mia scelta sarebbe cadutacertamente su lui piuttosto che su Russell45. Resta comunque il fatto che Senofonte non un filo-sofo, e quindi - come qualcuno ha rilevato con una bellaimmagine metaforica - Senofonte, anche se non com-prendeva a fondo Socrate, risulta essere un testimoneaffidabile, come un fattorino che non conosce con preci-sione la merce che trasporta, ma che tuttavia la trasportain maniera abbastanza accurata46. In ogni caso, resta certo che, se il Socrate storico fossestato proprio quello descritto da Senofonte, egli nonavrebbe certamente sollecitato Aristofane a comporre lacommedia delle Nuvole, e, in particolare, come statogiustamente rilevato, non sarebbe stato giudicato unpericolo pubblico, e quindi condannato a morte dagliAteniesi. Rimane vero, in ogni caso, che gli scritti di Senofontecostituiscono una fonte ricca di una straordinaria quan-tit di notizie, che, per, diventano qualcosa di veramen-te vivo e stimolante solo se lette e interpretate alla lucedi ci che ci dice Platone. d) I Socratici minori - Testimoni del pensiero diSocrate, oltre Platone e Senofonte, sono certamenteanche gli altri discepoli del filosofo: Eschine, Antistene,Aristippo, Euclide, Fedone. Di ciascuno di essi stato tramandato il modo concui hanno incontrato Socrate e sono diventati suoi disce-poli, che risulta particolarmente eloquente. Di Eschine si narra che si sia recato da Socrate dicen-dogli che non aveva null'altro da offrirgli se non se stes-so. Al che Socrate avrebbe risposto: Non ti avvedi,dunque, della grandezza del tuo dono?47. Di Antistene si narra che solo dopo che aveva gi fon-dato una sua scuola ud Socrate, e che ne ricav tantobeneficio da giungere a sollecitare i suoi stessi discepoli adiventare, insieme a lui, discepoli di Socrate. Ci vieneriferito inoltre che, siccome abitava al Pireo, ogni giorno38 I criteri dell'interpretazionepercorreva ben quaranta stadi per poter ascoltare So-crate49. Di Aristippo si narra che, dopo aver udito Socrate inoccasione dei giochi olimpici, fu colto da tale turbamen-to che decise di trasferirsi da Cirene ad Atene per diven-tare suo uditore50. Di Euclide si narra addirittura che, essendo diMegara, poich gli Ateniesi, in seguito a un dissidio conquella citt, minacciarono di morte quei Megaresi cheosassero entrare in Atene, continu ciononostante arecarsi nottetempo ad Atene, travestendosi da donna51. Di Fedone si narra che sia stato liberato da Socrateda un postribolo, in cui si trovava, caduto in schiavit. Per quanto concerne i discepoli, Socrate, nel discorso

  • conclusivo, fatto dopo che era stata decisa in modo defi-nitivo la condanna, afferma che coloro che avevanovotato per la sua morte credendo di liberarsi di lui, checercava di costringerli a rendere conto della propria vita,si sbagliavano, perch dopo la sua morte si sarebbe veri-ficato proprio il contrario: Vi dico che vi accadr proprio il contrario. Molti saran- no quelli che vi metteranno a prova, ossia tutti quelli che io trattenevo; e voi non ve ne rendevate ben conto. E saranno tanto pi aspri, quanto pi sono giovani; e voi vi arrabbierete ancora di pi52. In effetti, tranne Eschine, che fu pi un letterato cheun filosofo, tutti gli altri discepoli sopra menzionatihanno fondato una propria scuola, con una certa riso-nanza, anche se rimasero filosoficamente a grandedistanza da Platone. Data l'impostazione di questa nostra opera, noirichiameremo questi discepoli soprattutto per la confer-ma dell'idea centrale del pensiero di Socrate, che quel-la che maggiormente ci interessa53.

    e) Aristotele - La posizione che gli studiosi hannoassunto nei confronti di Aristotele contraddittoria. Da un lato, a partire da Eduard Zeller, lo Stagirita

    39SOCRATE

    stato considerato come l'uomo di fiducia e il referente dibase per discriminare ci che appartiene a Platone e ciche appartiene a Socrate54. Dall'altro, stato invece considerato poco attendibiledal punto di vista storico. In effetti, Aristotele non fu un contemporaneo diSocrate, e di conseguenza non pot conoscere diretta-mente il Socrate educatore, e quindi la potenza, la forzae la portata formativa del suo messaggio. In particolare,le sue conoscenze non potevano che essere di secondamano. Inoltre, egli ha ricostruito e presentato il pensiero diSocrate in funzione delle proprie categorie e lo ha valu-tato sulla base delle proprie scoperte, come vedremo55. Tuttavia, se opportunamente dimensionate e compa-rate con quelle dei discepoli diretti di Socrate, anche leinformazioni che Aristotele ci fornisce possono essereutili.

    Il fulcro teoreticodel pensiero socratico

    ABBIAMO GIA' SOPRA chiamato in causa il curioso giudi-zio di Maier, secondo cui il pensiero di Socrate nonsarebbe un pensiero filosofico in senso forte, ma, perdirla con linguaggio aristotelico che lo stesso studiosousa, sarebbe una forma di saggezza e non di sapien-za (di conoscenza scientifica). Ma si tratta di un giudizio condizionato da un mododi intendere la filosofia come un sistema coerente eorganico di dottrine in modo formale secondo lo schema

  • impostosi soprattutto in et moderna, e non secondo laprospettiva che fu propria dei tempi antichi. E' bene ricordare che per gli antichi la filosofia erauna dottrina di vita, che attendeva la propria verificasoprattutto nella vita e con la vita stessa. In effetti, lafilosofia di Socrate ha coinciso a perfezione con la sua40 I criteri dell'interpretazionestessa vita, e quindi anche con la sua morte che di quellavita stata il suggello. Di personaggi come Socrate si pu ben dire con Pa-tocka quanto segue: Il posto loro proprio era la vita,dalla quale non si sono tirati fuori neppure per un istan-te, per incarnare le loro fatiche in un lavoro a s stante,separato da chi lo svolge, irrigidito, legato e condotto aun'esistenza a s stante, come se si trattasse di un merooggetto, il quale, anche se fosse un capolavoro nel verosenso del termine, non porterebbe comunque con s ilcalore dell'evento da cui si originato56. Ma per essere filosofi in senso classico, si pu costrui-re una vita solo in funzione di alcune idee forti, che ruo-tano intorno a un'idea centrale da cui tutte derivano. Ancora Patocka dice giustamente: Facciamo notarecome questa concezione filosofica [di Socrate] sia com-patta; non si tratta di una serie di idee collegate con unlegame logico posticcio, bens di un'unica; prendiamouno qualsiasi dei detti socratici, per esempio, "la virtcome intelligenza", "nessuno pecca volontariamente","la cura dell'anima", "al buono non pu accadere nulladi male": tutto questo essenzialmente una stessa ideasolo sempre in un aspetto diverso, come una serie disemi da cui sempre nasce la stessa cosa. In questa ottica,la concezione di Socrate una figlia fedele della specula-zione antica: ogni pensiero, ogni motivo, viene pensatonon con un processo di combinazione e costruzioneastratta, bens quasi con un processo di maturazioneorganica, con una metamorfosi graduale, nel senso diGoethe, ove in ogni parte contenuto l'intero, e ovel'intero solo lo sviluppo del motivo fondamentale che contenuto in ogni parte57. Bergson stesso, in La pense et le mouvant, affermava:Un filosofo degno di questo nome non ha mai dettoche una sola cosa58. E l'oggetto della ricerca socratica stato sempre e solol'uomo. Come noto, Socrate non fece indagini sui pro-blemi concernenti la physis di cui si erano occupati i

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    filosofi prima di lui, e dichiar espressamente nella suadifesa al processo: Io di tali cose non ho proprio conoscenza, cittadini di Atene.59 Senofonte riassume la posizione di Socrate nei con-fronti dei filosofi naturalisti nel modo che segue: Non discuteva sulla natura dell'universo, come la mag- gior parte degli altri, indagando in che modo esista quel che i dotti chiamano "cosmo" e per quali necessit acca- dano i vari fenomeni celesti: quanti si mettevano in tali

  • ricerche li definiva insipienti. Intorno a costoro ragionava cos: ritengono di conoscere gi tanto le cose umane che si mettono in tali indagini, ovvero, tralasciando le cose umane ed esaminando quelle divine, credono di agire co- me si conviene? E si meravigliava che alla loro mente non balzasse manifesta l'impossibilit di risolvere tali questio- ni, poich anche quelli che erano orgogliosi di trattarle non si accordavano mai l'uno con l'altro, ma erano tra loro molto simili a gente che vaneggi60. L'idea centrale di Socrate, come abbiamo gi antici-pato nella Prefazione e come dimostreremo ampiamente, quella intesa a fornire una risposta al grande enigmaposto dal dio Apollo a chi entrava nel tempio di Delfi:Conosci te stesso, ossia intesa a risolvere quello che in fondo il pi grande dei problemi: Uomo, chi sei?. La risposta di Socrate, per la prima volta presentatain modo preciso e sistematico, questa: L'uomo lasua psych. E, se cos , il compito principale dell'uomoche quello di prendersi cura di s, verr a essere quellodi prendersi cura della propria anima. Proprio da questa idea forte Socrate ha dedotto tuttele altre idee morali di cui parleremo; si tratta di idee chehanno capovolto la tavola dei valori tradizionali deiGreci61. E con questa stessa idea forte si connette in toto ilmetodo dialettico messo in atto da Socrate, che mirava,come abbiamo gi accennato e come meglio vedremo62,a liberare l'anima degli uomini dal falso sapere per poterconoscere a fondo se medesimi. Metodo che, inteso in42 I criteri dell'interpretazionemodo corretto, risulta essere non altro che il metodorivolto in sommo grado proprio alla cura dell'anima, equindi il metodo dialettico-confutatorio che liberava leanime dagli errori, con cui Socrate metteva in atto l'e-sortazione datagli dal dio di vivere filosofando. Contenuto e metodo del filosofare socratico, pertanto,coincidono a perfezione, in quanto ruotano attorno allostesso punto focale. Ed proprio facendo centro su questo punto-base -per usare una espressione di Dilthey - che si pu com-prendere il tutto63; e le varie testimonianze acquistano,in questo modo, sia pure in differente misura, non soloun senso, ma anche una precisa coerenza logica e unasolida consistenza storica. Passiamo, dunque, all'esame analitico di questi punti,incominciando da una preliminare trattazione sul mottoiscritto all'ingresso del tempio di Delfi Conosci te stes-so, e sul suo significato.

    L'EPIGRAFE CONOSCI TE STESSOINCISA SULLA FACCIATA DEL TEMPIO DI DELFI

    Il significato del grande messaggio apollineo la sua ricezione e il suo sviluppo nella filosofia di Socrate

  • Genesi e carattere apollineo del motto Conosci te stesso

    L'ESORTAZIONE Conosci te stesso (gnti sautn) haassunto una posizione di ammonimento morale paradig-matico di carattere strettamente filosofico soprattuttocon Socrate - il cui messaggio, come vedremo sulla basedi precisi documenti, ruota per intero intorno a questoperno teoretico -, e nell'mbito della cultura occidentaleha avuto una storia di effetti di straordinaria portata,sotto certi aspetti senza paragoni1. Ma qual la genesi del motto? Chi lo ha creato? Equal era il suo preciso originario significato? Porfirio, nell'opera Sul Conosci te stesso2 fa richia-mo a quattro differenti opinioni al riguardo. a) Alcuni pensavano che fosse stato creato da Fe-monoe o da Fenotea, ritenute inventrici dell'esametro (laprima aveva svolto anche il ruolo di Pizia a Delfi). b) Altri ritenevano invece che ne fosse autore uno deiSette Sapienti: Biante, oppure Talete, oppure Chilone. c) Altri ancora sostenevano la tesi che si trattasse diun responso dell'Oracolo di Delfi, dato quindi da Apollostesso, alla richiesta rivoltagli da Chilone su quale fosse ilprecetto pi importante che l'uomo dovesse apprendere.(Ricordiamo che Chilone, uno dei Sette Sapienti, ilprimo importante uomo politico di Sparta di cui stataconservata memoria, attivo intorno alla met del VI seco-lo a.C.). d) Porfirio ricorda, infine, la tesi sostenuta daAristotele nello scritto Sulla filosofia (una delle piimportanti delle opere pubblicate dallo Stagirita, di cuici sono pervenuti solo alcuni frammenti)3, ossia che sitratti del motto scritto sulla facciata del tempio di Delfiricostruito in pietra, dopo che era stato distrutto.

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    Ricordiamo che il tempio in pietra di Apollo in Delfiera stato ricostruito verso la fine del VI secolo a.C.(potrebbe essere il terzo o addirittura il quarto: il primosarebbe stato costruito con alloro, il secondo con formedi ali congiunte con cera, il terzo - che potrebbe percoincidere con il secondo - in bronzo; ma le fonti sonodiscordi4). Dunque, il motto Conosci te stesso doveva trovarsiinciso sulla facciata del tempio in pietra di Apollo al disopra dell'ingresso, e doveva essere un messaggio emble-matico proprio della religione apollinea. Si tenga presente il fatto che, per quanto risultino fraloro differenti, le quattro tesi degli antichi sulle originidel motto hanno come comun denominatore Apollo. Ri-cordiamo, inoltre, che non solo Chilone, che avrebbeposto il quesito all'Oracolo, ma addirittura tutti i SetteSapienti avevano offerto e consacrato ad Apollo stesso lemassime della loro sapienza, come Platone attesta inquesto passo: Tra gli antichi vi furono Talete di Mileto, Pittaco di Miti- lene, Biante di Priene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene, e settimo tra costoro si annoverava Chi-

  • lone di Sparta: tutti quanti furono ammiratori, appassionati amanti e discepoli dell'educazione spirituale spartana. E che la loro sapienza fosse di tale natura lo si pu capire considerando quelle sentenze concise e memorabili, che furono pronunciate da ciascuno, e che, radunatisi insieme essi offrirono come primizie di sapienza ad Apollo, nel tempio di Delfi, facendo scolpire quelle sentenze che tutti celebrano: "Conosci te stesso" e "Nulla di troppo"5. Il motto Conosci te stesso, pertanto, veniva in tuttii casi connesso con Delfi e con la religione apollinea.

    Il significato originario delConosci te stesso

    SUL PRECISO SIGNIFICATO del messaggio che il mottoConosci te stesso comunicava a chi entrava nel tempio48 L'epigrafe Conosci te stessoper avere rapporto con Apollo e con il suo Oracolo, sipu ben dire che gli studiosi - malgrado alcune diver-genze - hanno raggiunto un accordo di fondo. Apolloinvitava l'uomo a riconoscere la propria limitatezza e fini-tezza, e quindi a mettersi in rapporto col dio, che com-pletamente diverso da lui, sulla base di questa precisaconsapevolezza. Dunque, a chi entrava nel tempio di Delfi venivadetto con quel motto quanto segue: Uomo, ricordatiche sei un mortale e che, come tale, tu ti avvicini al dioimmortale. Bruno Snell scrive giustamente: Abbiamo, nell'eraarcaica, massime analoghe: "Non tentare di scalare il cie-lo inflessibile", "Non pretendere di sposare Afrodite";numerosi miti rappresentano il pericolo di questa Hybris.Ma caratteristico del motto delfico che esso esprime lamassima nella forma pi universale e si appella al giudi-zio dell'uomo. E', questa, la pi pura e pi bella forma diammonimento da parte di un dio greco; qui il pensierodella punizione e dell'utile scompare per far posto al giu-dizio umano6. I prodromi della massima, come alcuni studiosi han-no ben rilevato, sono presenti, in modo abbastanza chia-ro, anche se ancora generico, gi in Omero. Nell'Iliade Apollo ammonisce Diomede nel modoche segue: Bada, Titide, tirati indietro, e con gli di non metterti al paro, che non certo uguale la stirpe degli di immortali e degli uomini che arrancano a terra7. Ad Achille Apollo rivolge analoghe parole: Perch mai, figlio di Peleo, insegui coi piedi veloci un dio immortale, tu che sei mortale? Non ti sei accorto che io sono un dio, ma senza tregua continui a smaniare!8. E ad Apollo, a colloquio con Posidone, Omero mettein bocca la metafora divenuta assai celebre che paragonala stirpe degli uomini alla stirpe delle foglie:

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    Scuotitore della terra, che non sono saggio tu dovresti dire,

  • se con te mi mettessi a combattere per far piacere ai mortali miserabili, che simili a foglie una volta si mostrano pieni di forza, quando mangiano il frutto dei campi, una volta cadono privi di vita9. Il senso del messaggio delfico verr pi volte ripreso eribadito dai poeti, in particolare da Pindaro e dai tragici. Nell'ottava Pitica viene espresso un concetto di uomoche traduce il messaggio espresso dal motto apollineo inun modo poetico, che viene considerato, a giusta ragio-ne, veramente emblematico: Siamo di un giorno. Uno, che ? Nessuno, che ? Sogno d'un'ombra l'uomo. Ma se viene una luce che dal cielo, tutto si fa fulgore intorno agli uomini, il Tempo si fa dolce10. E nella terza Pitica viene precisato: Non si deve pregare dagli Dei ci che a cuore mortale non conviene. Si veda il nostro passo, la nostra parte. Anima, non cercare una vita immortale. Ma compi ci che puoi, l'opera tua11. E nella quinta Istmica viene ulteriormente ribadito: E non desiderare d'essere Zeus [. . .] ai mortali conviene ci che muore12. Su questa stessa linea si muove Sofocle, che accentuain modo assai forte la mortalit come carattere essenzia-le dell'uomo. Nell'Elettra, al coro viene fatto dire: I mortali per sorte comune devono morire tutti [...]13. Pensa, Elettra, che sei nata da padre mortale; e Oreste era un mortale;50 L'epigrafe Conosci te stesso dunque non piangere troppo. Tutti siamo votati alla morte14. Nell'Aiace, Odisseo dice: Vedo che noi che viviamo non siamo nient'altro che fantasmi o vane ombre15. Nell'Edipo re, il coro commenta: Ahi, generazioni di mortali, come pari al nulla la vostra vita io calcolo. Quale uomo, quale, riporta felicit maggiore che sembrare beato, e con quest'apparenza scomparire?16. Infine in un frammento di Sofocle si legge: La natura umana deve pensare cose umane17.

    Il Conosci te stesso in Eraclito

  • PRIMA DI PARLARE DI SOCRATE opportuno fare riferi-mento, in via preliminare, all'improvviso emergere inprimo piano del Conosci te stesso nel pensiero diEraclito, per due motivi. In primo luogo, si vedr come, trasportato dal pianoreligioso a quello filosofico, il messaggio del motto delfi-co assuma un significato in gran parte nuovo. In secondo luogo, la giusta comprensione della posi-zione di Eraclito ci aiuter a comprendere, per un giocodialettico di antitesi, le ulteriori novit rivoluzionarie cheil motto assumer con Socrate, e ci far anche intendereper quali ragioni Aristotele nel suo scritto Sulla filosofiadar alla svolta impressa da Socrate una importanza pre-minente nell'evoluzione spirituale del popolo greco. Leggiamo, in primo luogo, le relative testimonianzepervenuteci al riguardo.

    51SOCRATE Plutarco riferisce: Eraclito, come se avesse fatto una grande impresa, disse ho cercato me stesso. Infatti, fra le cose che sono scritte in Delfi, ritenuta come la pi divina di tutte la sentenza Conosci te stesso18. E Diogene Laerzio conferma: In giovent sosteneva di non sapere nulla, ma giunto all'et matura affermava di avere appreso tutto. Non fu discepolo di nessuno, ma dichiarava di investigare se stes- so e di apprendere tutto da se stesso19. Dunque, l'esame di se stesso - e non anche l'esamedegli altri - era inteso da Eraclito come metodo perapprendere, come fonte di ogni conoscenza. Ed proprioquesta posizione che risulta in radicale antitesi rispetto aquella che assumer invece Socrate, per cui l'esame di snon possibile se non in stretta connessione con l'esamedegli altri, quindi come educazione e formazione spiri-tuale di s insieme con gli altri, e dunque in dimensionesociale, con i presupposti e le conseguenze che questocomporta. Ma per quale motivo Eraclito ha ristretto il mottoConosci te stesso in una dimensione egocentrica,spinta addirittura a limiti estremi? La risposta a tale domanda viene fornita dallo stessoatteggiamento da lui assunto nella sua vita nel confrontocon gli altri uomini, e dal suo totale isolamento.Disprezz i suoi concittadini di Efeso, e rifiut l'invitofattogli di preparare nuove leggi per la Citt. Prefer gio-care con i fanciulli invece che partecipare al governodella Citt. Fin con il trascorrere la sua vita sui monti,nutrendosi di erbe. Volle rendere pubblica la sua opera,depositandola nel tempio di Artemide, e componendolacon uno stile oscuro, in modo che risultasse comprensi-bile solamente agli iniziati alla filosofia e che non fossequindi accessibile al volgo20. Nietzsche ha tratteggiato, con il suo stile tagliente, unritratto spirituale di Eraclito veramente toccante, e hainterpretato il significato di fondo del suo indagare se52 L'epigrafe Conosci te stesso

  • stesso in modo originalissimo, che conviene qui richia-mare. Nietzsche include le sue riflessioni su Eraclito nelloscritto Sul pathos della verit21, in cui parla di quegliuomini che vivono per la ricerca della verit stessa, e nelfare questo seguono strade assai impervie. Fra tali uomi-ni proprio i filosofi emergono come i cavalieri pi teme-rari. In effetti, dice Nietzsche, il percorrere la strada dasoli rientra nella loro essenza22 e devono avere una resi-stenza veramente eccezionale alle avversioni contro diloro. Eraclito viene richiamato proprio come un esem-pio di superbia del sapiente, considerata di una portatatale, che senza di lui non si potrebbe neppure immagi-nare. Nietzsche scrive: Ma del sentimento di solitudineche compenetrava l'eremita del tempio di Artemide inEfeso si pu avere un presentimento agghiacciante solonella pi selvaggia desolazione della montagna. Da luinon sgorga nessun sentimento strapotente di commozio-ne compassionevole, nessun desiderio di aiutare e salvare:egli come un astro privo di atmosfera. Il suo occhiofiammeggiante, rivolto all'interno, guarda solo apparen-temente, spento e glaciale, verso l'esterno. Attorno a lui,proprio sul baluardo della sua superbia, irrompono leonde della follia e della perversit; con disgusto eglivolge lo sguardo da tutto ci. Ma anche gli uomini dianimo sensibile si scostano da una tale maschera tragica;un siffatto essere pu apparire pi comprensibile in unsantuario appartato, in mezzo alle immagini degli di,accanto a un'architettura fredda e grandiosa. [...] A luinon importava nulla di tutto ci che si poteva domandareagli uomini; e che gli altri sapienti prima di lui si eranopreoccupati di domandare. "Ho cercato e indagato mestesso" egli disse usando una parola con cui si designala consultazione di un oracolo, quasi che in lui stesso ein nessun altro si fosse veramente realizzato e avverato ilprincipio delfico "Conosci te stesso23.

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    Ricordiamo che malgrado questa posizione di totaleisolamento e malgrado lo stile del suo scritto, che sottocerti aspetti richiama davvero quello sibillino dei re-sponsi oracolari, Eraclito suscit grande rispetto e am-mirazione. Questo epigramma, riportatoci da Diogene Laerzio, particolarmente significativo: Non volgere troppo in fretta i fogli del libro di Eraclito di Efeso. Il sentiero veramente inaccessibile. Sono tene- bre fonde come la notte, senza luce. Ma se ti guida un ini- ziato, la sua luce pi chiara della luce del sole24. Tuttavia la pi grande luce sul motto delfico Co-nosci te stesso doveva venire da Socrate, come vedre-mo.

    Testimonianze di Platone e di Senofonte sui rapporti della filosofia di Socrate

  • con la massima apollinea del tempio di Delfi

    SULLA QUESTIONE DELLE FONTI da cui attingiamo infor-mazioni sul pensiero socratico e sul metodo critico checonviene seguire per una corretta utilizzazione dellemedesime dovremo trattare nei prossimi capitoli. Qui cilimitiamo a richiamare alcune parti di certe testimonian-ze basilari - che avremo modo di analizzare con ampiez-za, dimostrando la loro credibilit storica -, le quali illu-strano molto bene la questione che stiamo trattando eche vedremo essere il nocciolo stesso del pensiero diSocrate. Una delle testimonianze pi pregnanti, che riassumeil messaggio di fondo della filosofia socratica e il suonesso con il motto delfico, contenuta nel prologo delgrande dialogo Fedro di Platone. Alla domanda posta dal colto Fedro a Socrate, se cre-desse ancora a certi miti, come quello di Borea cheaveva rapito Orizia, o se pensasse invece che, come alcu-ni dotti stavano facendo, si dovesse procedere alla loro54 L'epigrafe Conosci te stessorazionalizzazione, individuando il nucleo concettualedei messaggi che contenevano, Platone fa rispondere alnostro filosofo quanto segue: Per quanto mi riguarda, Fedro, considero queste inter- pretazioni ingegnose, per proprie di un uomo molto esperto e impegnato, ma non troppo fortunato: se non altro, per il motivo che, dopo questo, diventa per lui necessario raddrizzare la forma degli Ippocentauri, poi quella della Chimera, e gli piove addosso tutta una folla di Gorgoni e Pegasi e di altri esseri straordinari e le stranez- ze di certe nature portentose. E se uno, non credendoci, vuole portare ciascuno di questi esseri in accordo col veri- simile, servendosi di una sapienza rozza come questa, dovr avere a sua disposizione molto tempo libero. Ma per queste cose io non ho tempo libero a disposizio- ne. E la ragione di questo, mio caro, la seguente. Io non sono ancora in grado di conoscere me stesso, come pre- scrive l'iscrizione di Delfi; e perci mi sembra ridicolo, non conoscendo ancora questo, indagare cose che mi sono estranee. Perci, salutando e dando addio a tali cose e mantenendo fede alle credenze che si hanno di esse, come dicevo prima, vado esaminando non tali cose, ma me stesso, per vedere se non si dia il caso che io sia una qualche bestia assai intricata e pervasa di brame pi di Tifone, o se, invece, sia un essere pi mansueto e pi sem- plice, partecipe per natura di una sorte divina e senza fumosa arroganza25. In riferimento a questo passo emblematico del Fedro,Kierkegaard fa alcuni rilievi che convergono in modoperfetto con quanto stiamo dicendo: Bench Socrateavesse cercato con tutte le forze di raccogliere conoscen-ze sull'uomo e di conoscere se stesso, bench per secoliegli sia stato lodato come l'uomo che indubbiamente hameglio conosciuto l'umanit, egli invece confessa che laragione per cui egli provava tanta ripugnanza a rifletteresulla natura di esseri come Pegaso e le Gorgoni era per-ch non si rendeva ancora conto se egli (il conoscitore

  • degli uomini) non fosse un mostro pi strano di Tifone,oppure un essere pi amabile e pi semplice che parte-cipa per natura a qualcosa di divino (cfr. Fedro, 229 E).Questo sembra un paradosso. Ma non bisogna pensare

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    male del paradosso; perch il paradosso la passione delpensiero, e i pensatori privi del paradosso sono comeamanti senza passione: mediocri compagni di gioco. Mala potenza estrema di ogni passione sempre di volere lapropria fine: cos la passione pi alta della ragione divolere l'urto, bench l'urto possa in qualche modosegnare la sua fine. E' questo allora il supremo paradossodel pensiero, di voler scoprire se stesso26. Ma per scoprire se stesso, il pensiero viene a urtarecontro qualcosa che l'uomo non pu pensare, che Kier-kegaard indica come l'ignoto, e che considera comeci che divino: Esso per non qualcosa di umano,per quanto noi conosciamo l'uomo, e neppure qualchealtra cosa che noi conosciamo. Questo sconosciuto chia-miamolo allora Dio27. E tale urto della ragione di cui parla Kierkegaardin riferimento al passo del Fedro coincide con quello cheSocrate stesso indica come possibile tangenza che l'uomoha non col mostro Tifone, ma per natura con il divino. Gi nell'Apologia di Socrate - ossia nello scritto in cui,per le ragioni che vedremo, Platone ha presentato il mae-stro come figura storica e non, come in quasi tutti glialtri dialoghi, come maschera drammaturgica -, il car-dine del messaggio filosofico di Socrate indicato pro-prio nell'esame di s e degli altri, nella concezione dell'a-nima (psych) come ci che pi conta nell'uomo (e addi-rittura come la sua essenza), e nella concezione che pren-dersi cura di s significa prendersi cura non di ci che siha, ossia del corpo e dei beni materiali, ma di ci cheveramente si , ossia dell'anima. Leggiamo il passo che meglio di ogni altro esprime ilcredo filosofico di Socrate, presentato come risposta auna eventuale proposta degli Ateniesi di assolverlo dallacondanna a condizione che cessi di far filosofia: Pertanto, anche se voi ora mi faceste uscire dal carcere non dando retta ad Anito [...], e, contrariamente a quello che lui afferma, mi diceste: Socrate, noi non daremo retta ad Anito e ti permetteremo di uscire dal carcere,56 L'epigrafe Conosci te stesso per a questa condizione, ossia che tu non dedichi pi il tuo tempo a un tale tipo di indagini e non faccia pi filo- sofia; ma se sarai preso a fare ancora queste cose, mori- rai; e con ci, come dicevo, mi lasciaste uscire dal carce- re a patto che rispettassi queste condizioni, allora io vi darei questa risposta: Cittadini ateniesi, vi sono grato e vi voglio bene; per ubbidir pi al dio che non a voi; e fin- ch abbia fiato e sia in grado di farlo, io non smetter di filosofare, di esortarvi e di farvi capire, sempre, chiunque di voi incontri, dicendogli quel tipo di cose che sono soli- to dire, ossia queste: "Ottimo uomo, dal momento che sei ateniese, cittadino della Citt pi grande e pi famosa per

  • sapienza e potenza, non ti vergogni di occuparti delle ric- chezze per guadagnarne il pi possibile e della fama e del- l'onore, e invece non ti occupi e non ti dai pensiero della saggezza, della verit e della tua anima, in modo che diventi il pi possibile buona?28. E se qualcuno di voi dissentir su questo e sosterr di prendersene cura, io non lo lascer andare immediata- mente, n me ne andr io, ma lo interrogher, lo sotto- porr a esame e lo confuter. E se mi risulter che egli non possegga virt, se non a parole, lo biasimer, in quan- to tiene in pochissimo conto le cose che hanno il maggior valore, e in maggior conto le cose che ne hanno molto poco. E far queste cose con chiunque incontrer, sia con chi pi giovane, sia con chi pi vecchio, sia con uno stra- niero, sia con un cittadino, ma specialmente con voi, citta- dini in quanto mi siete pi vicini per stirpe. Infatti queste cose, come sapete bene, me le comanda il dio. E io non ritengo che ci sia per voi, nella Citt, un be- ne maggiore di questo mio servizio al dio. Infatti, io vado intorno facendo nient'altro se non cerca- re di persuadere voi, e pi giovani e pi vecchi, che non dei corpi dovete prendervi cura, n delle ricchezze n di alcun'altra cosa prima e con maggiore impegno che dell'a- nima, in modo che diventi buona il pi possibile, soste- nendo che la virt non nasce dalle ricchezze, ma che dalla virt stessa nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli uomini, e in privato e in pubblico. Socrate ribadisce questa stessa tesi dopo aver ricevu-to la condanna nella prima delle due votazioni, ossia nelsuo secondo discorso, con cui avrebbe dovuto patteggia-

    57SOCRATEre una pena alternativa alla condanna a morte, impe-gnandosi a smettere di fare filosofia: Se vi dicessi che questo significherebbe disubbidire al dio e che per questa ragione non sarebbe possibile che io vivessi in tranquillit, voi non mi credereste, come se io facessi la mia ironia. Se, poi, vi dicessi che il bene pi grande per l'uomo fare ogni giorno ragionamenti sulla virt e sugli altri argo- menti intorno ai quali mi avete ascoltato discutere e sotto- porre a esame me stesso e gli altri, e che una vita senza ricerche non degna per l'uomo di essere vissuta; ebbene, se vi dicessi questo, mi credereste ancora di meno. Invece, le cose stanno proprio cos come vi dico, o uomini29. Sulle dottrine contenute in questi passi dovremo tor-nare a pi riprese. Qui, per, opportuno anticipare ilrichiamo a due concetti particolari, che interessano davicino la tematica che stiamo trattando in questo capitolo. In primo luogo, il dio cui si fa richiamo in tutti e duei passi proprio il dio Apollo; e il filosofare viene pre-sentato da Socrate come un preciso compito assegnatoglidal dio, cui egli non pu venire meno senza disubbidire almandato ricevuto dal dio stesso. Ecco come questo concetto viene ben espresso nelpasso che precede il primo di quelli che abbiamo letto: Io, dunque, cittadini ateniesi, avrei fatto una terribile azione, se [...], quando il dio mi ha assegnato il posto,

  • almeno come ho ritenuto e creduto, di vivere filosofando e sottoponendo ad esame me stesso e gli altri; per paura della morte o di qualcos'altro avessi abbandonato questo posto. Sarebe: cosa davvero terribile! E allora veramente a giusta ragione mi si porterebbe in tribunale, per il moti- vo che non credo che esistano gli di, in quanto io disubbi- disco all'oracolo, ho paura della morte e sono convinto di essere sapiente, mentre non lo sono. In effetti, proprio dal responso dell'oracolo di Delfiche lo giudic il pi sapiente dei Greci - come vedre-mo -, Socrate. ha fatto iniziare la propria attivit inmodo costante e sistematico31. In secondo luogo, va messa in rilievo la dimensione58 L'epigrafe Conosci te stessosociale che il Conosci te stesso assume con Socrate.Infatti, egli sottopone all'esame se stesso e gli altri, igiovani e i vecchi, i cittadini ateniesi e i forestieri, comeviene ribadito nei passi letti. Dunque, la posizione che aveva assunto Eraclito vieneda Socrate capovolta: quella difficile strada dell'esame edella conoscenza di s egli volle compierla sempre e sola-mente insieme con gli altri, con le complesse conseguen-ze che questo comporta. Anche il dialogo platonico Alcibiade maggiore contie-ne pagine essenziali su questo argomento32. Tale dialogo,come noto, viene considerato da non pochi studiosicome spurio. Noi non siamo di questo parere; ma seanche non fosse un'opera di Platone, rimarrebbe undocumento essenziale per la questione che stiamo trat-tando, e, al limite, costituirebbe un documento cherafforzerebbe addirittura quanto dice Platone medesimo. Di queste pagine dovremo parlare in modo dettaglia-to a pi riprese, in quanto in esse viene dimostrato comel'uomo sia la sua anima e come il compito principale del-l'uomo sia la cura dell'anima. Qui ci limiteremo a rileva-re il richiamo al motto del tempio di Delfi: Ors, mio caro, da' retta a me e all'iscrizione di Delfi Conosci te stesso