Giovanni Nervo: il ricordo

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  • 7/28/2019 Giovanni Nervo: il ricordo

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    Il suo testamento: Pregare e offrire

    Cattedrale di Padova colma di gente luned 25marzo, in occasione delle esequie di mons.Giovanni Nervo. Due giorni prima della sua

    morte laveva incontrato il vescovo mons. Antonio

    Mattiazzo a cui mons. Nervo aveva detto e lasciatoin eredit due parole: Pregare e offrire. Due ter-mini che rappresentano il suo stile di vita e che ilvescovo ha ricordato nellomelia insieme allemo-zione di quellultimo incontro. Alla celebrazione, inuna giornata di pioggia mista a neve, si sono radu-nati amici, confratelli, collaboratori e tanti che in

    mons. Nervo hanno trovato un mae-stro e un esempio. Numerose le au-torit civili e religiose. Tra i concele-branti, mons. Giuseppe Merisi ve-scovo di Lodi e presidente di Caritasitaliana; il vescovo di Adria-Rovigomons. Lucio Soravito; i vescoviemeriti di Vittorio Veneto mons. Al-fredo Magarotto e di Mantova mons.Egidio Caporello, che era segretariogenerale Cei quando Nervo era pre-sidente di Caritas italiana. E ancoracera il direttore di Caritas italiana

    don Francesco Soddu e tutti i suc-cessori di Nervo alla guida di Cari-

    tas, a partire da mons. Giuseppe Benvegn Pasini,attuale presidente della fondazione Zancan. Una de-legazione guidata dal sindaco Carlo Nervo e dalparroco don Francesco Lorenzin arrivata da Sola-gna paese dorigine della famiglia Nervo. Presenteanche il parroco di Vittadone di Castelpusterlengo,don Pierluigi Leva (dove don Giovanni nato nel1918, profugo di guerra).

    Tra le autorit civili il sindaco di Padova, FlavioZanonato, numerosi esponenti della giunta e delconsiglio comunale e della provincia di Padova, ilprefetto Ennio Maria Sodano e il questore VincenzoMontemagno, il comandante provinciale dei Carabi-nieri colonnello Renato Chicoli, alcuni parlamentaried ex parlamentari (Giorgio Santini, MargheritaMiotto, Paolo Giaretta, Giustina Destro, Carlo Fra-canzani), i consiglieri regionali Claudio Sinigaglia e

    Piero Ruzzante, il presidente nazionale delle AcliGianni Bottalico e molti molti altri.

    Nellomelia mons. Mattiazzo ha espresso senti-menti di vivissimo ringraziamento per il bene com-

    piuto da Nervo, a cui verr dedicata prossimamen-te una giornata di studio per tracciarne lampiezza dipensiero, di vita, di attivit e di testimonianza.Mons. Nervo ha ricordato il vescovo si presen-tava con un fisico asciutto, in apparenza fragile; inrealt aveva una tempra robusta e tenace, pervasa esorretta da unanima pura e genuina, luminosa e ar-dente. Fin dai primi anni di sacerdote si viene deli-neando il profilo del suo ministero. un prete inse-rito nel tessuto vivo e drammatico delle vicende delsuo tempo. Entra in contatto con gli ambienti dellaresistenza, prodigandosi, non senza rischio, per of-frire il suo aiuto spirituale e materiale. Cessata la tra-gica guerra, si trattava di ricostruire lItalia dalle ma-cerie non solo materiali, ma ancor pi morali e spiri-tuali, perch una societ per essere buona ed elevatadeve avere unanima vera, educata a grandi valori enobili ideali. In questo contesto don Giovanni brillacome un grande e solerte educatore di giovani e per-sone ai compiti di un nuovo ordine sociale.

    Il vescovo ha poi tracciato le opere di Nervosottolineando il memorabile spirito e le modalitcon cui Nervo ha affrontato la distruzione provocatadal terremoto del Friuli, evento che ha dato avvioallistituzione delle Caritas diocesane. Ma limpe-gno di mons. Nervo si prodigato anche nella peda-gogia della carit e nellopera formativa con inter-venti, conferenze, pubblicazioni: Ha cos contri-buito a plasmare un volto e un cuore di chiesa dellacarit, animata dalla giustizia, promotrice del volon-tariato a servizio dei poveri e degli ultimi. Mons.Nervo ha concluso Mattiazzo ci ha dato unasplendida testimonianza. Nato povero, vissuto po-vero e morto povero. Ha amato non a parole e conla bocca, ma nei fatti e nella verit. Non ci ha la-sciato un testamento spirituale scritto. Leredit pre-ziosa che ci lascia la sua stessa vita, il suo lumi-noso esempio.

    Sara Melchiori

    LULTIMO SALUTOUna cattedrale gremita ha seguito luned 25 marzo i funerali del grande prete padovano

    Quei tanti grazieche non gradiva

    allinterno BARBARIGOFurono gli anni

    del coraggio clandestinoNel 1941, il giovane prete diSolagna si trov coinvolto nellatragedia della guerra. Sosten-ne con coraggio la causa anti-fascista, ma senza mai perde-re la dimensione umana e cri-stiana della solidariet.

    a pagina 26

    SERVIZI SOCIALI Non caritma autonomia della personaFondatoredella scuola di ser-vizio sociale padovana, e dellafondazione Zancan, mons. Ner-vo riusc a tradurre gli idealicristiani in principi di rispettodella persona validi per la poli-tica e la societ.

    alle pagine 24-25

    CARITASUnoriginalecapacit organizzativaNegli anni in cui stato allaguida della Caritas italiana, se-condo la testimonianza del suosuccessore, mons. Nervo hamesso in luce una forte capa-cit organizzativa unita a unagrande creativit.

    a pagina 23

    Nella foto,

    mons.

    Giovanni

    Nervo

    in una dellesue ultime

    apparizioni

    pubbliche

    sul tavolo

    dei relatori

    di un

    convegno

    della Caritas. stato un prete ha detto il

    vescovo nellomelia funebre inserito nel tessuto vivo

    e drammatico del suo tempo.Si impegnato

    nella pedagogia della carite nellopera formativa

    contribuendo a plasmareuna chiesa della carit

    Da qualche tempoormai si temeva chesarebbe arrivata questa notizia: mons.Giovanni Nervo ci ha lasciato, per rag-

    giungere la casa del Padre. Da qualche tem-po la Difesa aveva deciso di segnare questodoloroso, emozionante passaggio con un in-serto speciale, che cercasse di dare conto, al-meno in parte, delle molteplici ricchezze chequesto prete padovano ha saputo seminarenegli oltre sessantanni di ministero sacerdo-tale. Un compito niente affatto semplice enon a caso gi nel contesto del rito funebre stata annunciata una prossima giornata distudi per approfondire a freddo una perso-nalit che ha lasciato il segno in campi mol-teplici e vasti.

    Un compito niente affatto facilitato dallasensazione che, se mons. Nervo potesse leg-gere queste pagine da vivo, non ne sarebbestato affatto contento. Non gli piacevano glielogi, quando erano rivolti alla sua persona,e tagliava corto in modo sbrigativo. Dob-biamo solo sperare che ora il suo spirito siadiventato pi comprensivo, perch di elogi,di testimonianze di riconoscenza ne abbia-mo raccolti molti in queste pagine. A co-minciare da quando, giovanissimo prete, fa-

    ceva il vicerettore al Barbarigo e linse-gnante a Padova allistituto per ragionieriCalvi, organizzando succosi soggiorni diformazione spirituale, immersi nella natura.Ha lasciato il segno in centinaia di studentie studentesse e anche nei colleghi professo-ri. Ma anche negli incontri delle Acli, lallo-ra nascente associazione dei lavoratori cat-tolici in cui ha svolto per alcuni anni, nel-limmediato dopoguerra, il compito di viva-ce animatore, come testimonia lamico Vit-torio Marangon.

    Il passaggio successivo quello dellefabbriche, in cui entrato come cappellanodellOnarmo, e della scuola superiore diservizio sociale, con la successiva creazionedella fondazione Zancan. Anche qui abbia-mo incontrato persone, professionisti delsociale, che hanno esteso la loro ricono-scenza ben oltre i confini della loro prepara-

    zione a un lavoro nuovo ed esigente, tuttoda inventare e reinventare continuamenteman mano che cambiano le esigenze e leemergenze sociali. Quando avevamo biso-gno di un aiuto, ci hanno detto, lui cera.Quando non sapevamo a chi rivolgerci,hanno confessato, e i casi umani da affron-tare sembravano insuperabili, nel desertodelle istituzioni, lui aveva una parola lucida,partecipe, umanissima.

    Sul capitolo, vastissimo, della Caritasitaliana, c la parola del suo successore,mons. Pasini. Ma ci sono anche i contributiraccolti, nel corso dei decenni, sul nostrosettimanale. Una presenza continuativa cul-minata nel debutto della rubrica Il dono delvangelo che lha visto per tre anni spiega-re, settimana dopo settimana, quella Parolache ha sempre guidato i suoi passi.

    FOTOS

    IR/CARITAS-CARLONI

    INSERTO SPECIALE DI DOMENICA 31 MARZO 2013

    Giovanni Nervo

    la Difesadel popolo

    il ricordo

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    22 giovanninervo LA DIFESA DEL POPOLO31 MARZO 2013

    ilric

    ordo

    La notizia della morte di mons. GiovanniNervo arrivata poco dopo le 20.15 di gio-ved 21 marzo, primo giorno di primavera.

    Emozioni, ricordi, pensieri si accavallano e in-trecciano di fronte a una vita cos densa e riccacome quella di Nervo, un pilastro della carit.Difficile condensare in poche parole tanti senti-menti, ma varie voci possono dare in brevi trattiun profilo delle molte sfaccettature delluomo,del prete, del credente, per cui la carit era unostile di vita, la povert lambiente e la giustiziasociale un obiettivo da perseguire. Una figura

    emblematica della chiesa padovana e italiana, acui ha dedicato la sua vita di prete e di uomo sono state le prime parole del vescovo mons. An-tonio Mattiazzo si impegnato strenuamenteper laffermazione di una pedagogia della caritcos come doveva essere la Caritas nel pensierodi Paolo VI e non ha mai mancato di denunciareingiustizie o incoerenze. Ma il suo impegno stato anche avvalorato da un alto senso di re-sponsabilit civile, governata dai valori del catto-licesimo sociale, di cui stato uno dei protagoni-sti.

    Cos la fondazione Zancan scrive: Con lasua grande fede e cultura, con una vita spesa perla giustizia, la solidariet, la carit, la pace, ci la-scia una testimonianza stupenda di vita. natopovero, vissuto povero, morto povero, in unapovert che lui ha sempre considerato ricchezza,perch, diceva, gli lasciava una grande libert. Ilvangelo e la costituzione italiana sono semprestati i capisaldi su cui costruiva un rapporto uma-no profondo con tutte le persone, di ogni estra-zione sociale e culturale. Sui problemi concretidelle persone, diceva, non si pu non essere dac-cordo e si possono superare tutte le barriere cul-

    turali e ideologiche.Ringrazio il Signore per il grande dono che

    ci ha concesso di averlo fratello commentamons. Giuseppe Zanon, delegato per il clero Inlui abbiamo sentito un compagno di viaggio, cheha vissuto con molta modestia un ruolo straordi-nario nella vita ecclesiale e sociale. Ci ha cammi-nato a fianco e davanti, non di sopra. Possiamovedere realizzato in lui quel modello di prete cheabbiamo cercato di disegnare nelle tappe delcammino di questo decennio.

    La trasparenza a tutto campo con chiunque,sempre corretta, paziente, resistente e tenace iltratto che ricorda mons. Egidio Caporello, vesco-vo emerito di Mantova; mentre lattuale presi-dente Caritas italiana, mons. Giuseppe Merisi,vescovo di Lodi, sottolinea che il lascito impor-tante di Nervo sul tema delle opere, che devonosempre accompagnare la testimonianza evangeli-ca, e delleducazione e di lui ricorda la grandecapacit di rapporto umano e di attenzione a tut-ti, senza dimenticare il continuo monito allasociet civile di farsi carico della giustizia e delbene comune.

    S. M.

    LA VITATra i molti incarichi il lavoro nella Caritas e nella fondazione Zancan

    Il grande impegno sul fronte sociale e della formazione

    Dedizioneevangelica

    TESTIMONIANZEMons. Mattiazzo: Figura emblematica della chiesa padovana e italiana

    Povert vissuta come ricchezzaDALLA CEI

    Il cardinale Angelo Bagna-sco, presidente della Cei, e il

    segretario generale mons. Maria-no Crociata hanno inviato al ve-scovo mons. Mattiazzo un mes-saggio di partecipazione. Appre-sa con dolore la notizia dellamorte di mons. Giovanni Nervo,del clero di codesta diocesi, pri-mo presidente di Caritas italiana,partecipiamo spiritualmente alcordoglio di vostra eccellenza,del presbiterio, dei familiari e diquanti lo hanno conosciuto, ap-prezzato e amato nei lunghi annidella sua vita. Desideriamo faregrata memoria dellopera gene-rosa che il compianto mons.Giovanni ha svolto per la chiesain Italia nel servizio della carit,con lesempio luminoso dellasua dedizione evangelica ai pipoveri. In comunione di spirito

    affidiamo la sua anima buona al-labbraccio misericordioso delPadre, nella certezza che riceve-r la ricompensa promessa aiservi fedeli del vangelo.

    Figlio di Sebastiano e di Teresa Andolfatto,Giovanni Nervo nasce il 13 dicembre 1918 a

    Vittadone, frazione di Casalpusterlengo, in provin-cia di Milano. La famiglia, originaria di Solagna, eraandata profuga dopo Caporetto. La mia statauna famiglia povera e questa condizione umana miha dato la possibilit di entrare sempre in sintonia

    con le condizioni dei pi umili. Penso alla saggezzaumana e cristiana di mia madre che ci ricordavasempre quelli che erano pi poveri di noi; questoci consentiva di comprenderli e anche di essere fe-lici di quel poco che avevamo si legge nel profi-lo di don Giovanni Nervo scritto da Sergio Frigo nelvolume I veri ricchi di Padova. Donne, uomini estorie di volontariatocurato dal Toni Grossi e pub-blicato nel 2012.

    Nel 1919 la famiglia ritorna a Solagna, quindia 13 anni Giovanni entra in seminario, prima alBarcon di Thiene, quindi al Maggiore di Padova e il6 luglio 1941 viene ordinato prete da mons. CarloAgostini. Sapevo gi a otto, nove anni, che volevofare il prete racconta nel testo di Frigo ma ri-cordo con gratitudine la sapienza di mia mamma,che ogni anno, al momento di tornare in seminario,mi diceva di pensarci bene e di non guardare alleattese della famiglia e di chiunque altro, ma di in-terrogare solo la mia coscienza. Ma per me fu una

    scelta naturale.

    DA PARTIGIANOA CAPPELLANODI FABBRICAIl vescovo Agostini gli affida subito lincarico di

    assistente al collegio vescovile Barbarigo di Padovae qui entra in contatto con gli ambienti della Resi-stenza: tanto da fare da staffetta portando comuni-cazioni e notizie ai partigiani riuniti sui Colli Alti delGrappa, dove Nervo ogni domenica sale a celebra-re la messa: Facevo da ufficio assistenza e stam-pa del gruppo resistenti: si trattava di nasconderequelli che entravano in clandestinit ed erano ri-cercati, di procurare cibo per le famiglie, o per lemamme che avevano il marito arrestato.

    Nel 1944 Luigi Gui (padre costituente) porta amons. Nervo lopuscoloUno qualunque: la politicadel buon senso, con un rudimentale ciclostile ri-corda Nervo nel volumeStorie parallele altopianesidi Pierantonio Gios ne duplicai alcune centinaiadi copie che furono diffuse tra i gruppi della resi-stenza. Tutto questo facevo allinsaputa del miorettore, monsignor Brotto, che sospettava qualchecosa, ma non era in grado di conoscere quello chefacevamo in piena clandestinit. (In occasione dei90 anni di Nervo e dei 60 della costituzione stataposta una targa commemorativa nel cortile internodel Barbarigo).

    Nel 1945 fu nominato assistente provincialedelle Acli (presidente era il professor Angelo Loren-zi e consulente ecclesiastico mons. Francesco Dal-la Zuanna) e contemporaneamente insegna religio-ne allistituto tecnico commerciale Calvi di Padova.

    Dal 1950 al 1963, tramite lOpera nazionaleassistenza religiosa e morale agli operai (Onarmo) cappellano di fabbrica e presta servizio in nume-rose aziende del Padovano, e insieme a don PietroZaramella organizza vari corsi in localit montaneper la formazione morale e sociale degli operai.

    Nel 1951 istituisce la Scuola superiore di ser-

    vizio sociale e ben presto avr il compito di coordi-nare tutte le scuole di servizio sociale Onarmo esi-stenti in italia.

    Nel 1964 fonda il Centro di studi, ricerche eformazione nel settore dei servizi sociali e sanitariche diviene la fondazione Emanuela Zancan (intito-lata alla vicepresidente della scuola di servizio so-ciale di Padova morta nel novembre 1963). Mons.Nervo rimane presidente della fondazione Zancanfino al 1997.

    Nel 1965 il vescovo Girolamo Bortignon lo mo-mina parroco di Santa Sofia, a Padova, ma nel1969 Nervo rinuncia allincarico pastorale per itroppi impegni sul fronte sociale.

    IN PRIMA LINEA NELLAIUTARE I PI POVERIIl 2 luglio 1971 nasce la Caritas, voluta dalla

    Conferenza episcopale italiana, e don GiovanniNervo viene chiamato a presiederla, sebbene nel1976 a causa di una modifica dello statuto, da lui

    stesso sollecitata, che designava la presidenza aun vescovo, Nervo diviene vicepresidente e lo ri-mane fino al 1986.

    A questo proposito, in unintervista di GaetanoVallini sullOsservatore Romanodel 14 dicembre2008 (per i 90 anni) Nervo dichiara:Sono statocome un capo cordata in una scalata alpina, cheinevitabilmente ha pi visibilit nei media, ma lascalata egualmente di tutti []. Giuridicamenteil fondatore della Caritas italiana stato il cardinalePoma, presidente della Conferenza episcopale ita-liana (Cei), che il 2 luglio 1971 firm il decreto dicostituzione. Culturalmente e spiritualmente il fon-datore stato Paolo VI, con il suo discorso al primoconvegno delle Caritas diocesane nel settembre1972. Organizzativamente stato un gruppo diamici, sacerdoti e laici, su mandato della Cei, checi hanno creduto fermamente e ci hanno lavoratocon piena dedizione.

    Appena nata la Caritas italiana si trova a farfronte a unemergenza nazionale: il terremoto delFriuli del 1976. Sono i primi passi delle Caritasdiocesane: si avvia infatti una fitta rete di gemel-laggio fra le diocesi italiane e le parrocchie colpitedal sisma e vengano attivati 80 centri di comunitin cui far ritrovare le persone, tutto con i contributidella chiesa italiana. Proponemmo alle diocesi ealle Caritas diocesane che ciascuna si facesse ca-rico di un paese gravemente colpito, non tanto permandare soldi o altri aiuti, ma perch a rotazioneun gruppo di volontari andasse a vivere con loro,per condividere le loro difficolt. Risposero circa

    ottanta diocesi: fu unesperienza splendida di co-munione umana ed ecclesiale. Ricordo quando ac-compagnai il direttore della Caritas di Pavia aBraulins, un paesino completamente distrutto:chiese al sindaco di che cosa avessero bisogno. Ilgiovane sindaco ci pens un po e poi disse: Che

    facciate coraggio a questa gente. Cos alcuni vo-lontari posero la tenda l e rimasero con loro. lacarit che si fa condivisioneracconta Nervo nel-lintervista allOsservatore Romano.

    Questa esperienza port Nervo alla presidenzadellassociazione nazionale di volontariato dellaProtezione civile e nel 1996 al conferimento dellalaurea honoris causa in economia e commerciodalluniversit degli studi di Udine. Dal 1986 al1991 mons. Nervo rimane a curare i rapporti fra laCei e le istituzioni.

    Ritornato a Padova prosegue limpegno con lafondazione Zancan e i corsi estivi a Malosco (Tren-to) fino al 1997 come presidente, quindi come pre-sidente onorario, lasciando lincarico a mons. Giu-seppe Benvegn Pasini che lo aveva succedutoanche alla guida di Caritas italiana in un passaggiodi testimone della carit.

    Nel 2003 il 1 dicembre luniversit deglistudi di Padova gli conferisce una seconda laureahonoris causa in scienze delleducazione e perloccasione mons. Nervo tiene una lezione magi-strale sul tema Cultura nobile e cultura povera:reciproche integrazioni e arricchimenti nella forma-zione.

    Negli ultimi anni mons. Giovanni Nervo, nono-stante lavanzare degli anni, ha proseguito con co-stanza nella sua attivit di promozione della peda-gogia della carit, partecipando a incontri, dibattiti,scuole di formazione allimpegno sociale e politico,contribuendo con i suoi scritti rigorosamentevergati a mano.

    Con la morte di mons.Giovanni Nervo dichiara

    mons. Giancarlo Perego, di-rettore generale della fonda-zione Migrantes scompareuna figura importante nellachiesa italiana che ci ha aiu-tato a camminare nella cari-t. Esprimo la mia ricono-scenza a mons. Giovanni per

    la collaborazione lunga e in-tensa prima con lUcei e poicon Migrantes, soprattuttosulle tematiche legate almondo dellimmigrazione edei rifugiati. In tutti gli incon-tri con mons. Nervo si respi-rava aria di una chiesa dellacarit, come si voluto inti-tolare nel 2009 il volume inonore del compimento deisuoi novantanni. Lultima vol-ta che lho incontrato statonellestate 2011, in occasionedi un seminario congiunto trafondazione Zancan e fonda-zione Migrantes dedicato aimmigrazione e cultura, e an-che in quelloccasione il suointervento stato puntuale ericco. In questo decennio de-dicato dalla Cei al tema Edu-care alla vita buona del van-gelo la testimonianza dimons. Nervo, straordinarioeducatore, rimane come un ri-ferimento fondamentale perleggere la prevalente funzionepedagogica nei nostri cammi-ni di ospitalit, di accoglienza,di carit, oltre che per co-struire una chiesa fraterna.

    MIGRANTESCi aiuta camminare nella carit

    Le foto

    di questa

    pagina

    (di Giorgio

    Boato)

    sono state

    scattate

    durantei funerali

    di mons.

    Nervo

    in cattedrale.

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    23LA DIFESA DEL POPOLO

    31 MARZO 2013

    Mons. Giuseppe Benvegn Pasini, oggipresidente della fondazione Zancan, stato per una vita accanto a mons.

    Giovanni Nervo che lha voluto con s nel1972 alla nascita della Caritas italiana, di cui poi stato direttore per due quinquenni, dal1986 al 1996. Sullamico don Giovanni, hascritto un ampio ricordo, stampato dallaZancan e scaricabile anche nel sito della dio-cesi (www.diocesipadova.it)che tratteggia laricchezza umana e sacerdotale di mons. Ner-

    vo a cui sar presto dedicata, come annun-ciato durante i funerali, una giornata di studi.Specificamente sul suo impegno nella dire-zione della Caritas nazionale, dal 1971 al1986, mons. Pasini ricorda che oltre a strut-turare lorganismo centrale, don Nervo si impegnato a promuovere la nascita delle Ca-ritas in tutte le diocesi italiane. Nel contestodi questo importante incarico ecclesiale, haavuto modo di mettere a frutto la sua capaci-t organizzativa, in occasione delle numero-se emergenze di cui ha dovuto occuparsi. Laprima, in ordine di tempo, stata il terremo-to in Guatemala nel 1976, dove morirono3.200 persone. Don Nervo impost la rico-struzione di 1.600 casette per gli indios, nel-la cittadina di Comalapa. Nello stesso annoc stato il terremoto del Friuli, dove loperadi mons. Nervo rimase nella memoria di tut-ti, per aver coinvolto 80 Caritas diocesanenella realizzazione dei centri della comunitin tutti i paesi colpiti, con lidea geniale deigemellaggi tra le diocesi italiane e le sin-gole parrocchie colpite dal sisma. Questo haconsentito di sostenere le comunit sinistrate

    fino alla loro ricostruzione. Nel 1980 scop-pi la grave siccit in Etiopia e nellEritrea,con migliaia di morti. Nervo concep un pro-getto che era insieme di sviluppo e di pre-venzione, mediante la costruzione di 22 pic-cole dighe e 250 pozzi. Nel 1981 ha organiz-zato laccoglienza di oltre tremila profughidel Sudest asiatico, in fuga dai governi co-munisti del Vietnam, del Laos e della Cam-bogia. Dopo molte resistenze, ottenne il pla-cetdel governo italiano e con laiuto di nu-merose Caritas diocesane, assicur a tuttiunabitazione, un lavoro e il cammino versola piena integrazione nel nostro paese.

    Oltre a essere un grande organizzatore,mons. Nervo aveva la passione delleduca-tore: Il principale impegno educativo scrive ancora mons. Pasini si sviluppatonellambito della Caritas italiana. Don Gio-vanni prese molto sul serio le parole rivolteda Paolo VI al primo convegno nazionaleCaritas, allorquando sottoline che la pri-ma e prevalente funzione di questa nuovaistituzione era quella pedagogica, ossia ildovere di sensibilizzare le chiese locali e i

    singoli fedeli al senso e al dovere della cari-t. Mons. Nervo si preoccup di svilupparela funzione pedagogica con innumerevoli in-contri tenuti nelle diocesi, nelle parrocchie,con il volontariato, con le associazioni edu-cative e attraverso i suoi numerosissimiscritti. In questo modo ha contribuito a co-struire una nuova cultura della carit cristia-na, fatta di condivisione e non solo di ele-mosina, di promozione umana e non di solaassistenza. Chiedeva alle comunit cristianedi farsi avvocati a difesa dei diritti dei poverie di assumere stili di vita sobri ed essenziali,richiamando la dottrina dei padri della chie-sa, secondo i quali il nostro superfluo ap-partiene ai poveri. stato un grande educa-tore promuovendo il volontariato e ponen-dosi come sentinella a difesa dellautenti-cit di questo servizio disinteressato, richia-mando costantemente il valore della gratui-t quale sua caratteristica irrinunciabile.Ha educato alla pace e alla nonviolenza,promuovendo nella chiesa italiana il serviziocivile dei giovani, alternativo al servizio mi-litare.

    giovanninervo

    MONS. BENVEGN PASINI Sostenne le comunit italiane e straniere che vivevano in difficolt

    Istitu i gemellaggi tra le Caritas

    Ricordarsi che il servizio fare con amore quello di cui gli altri hanno bisognoVOLONTARIATOMons. Giovanni Nervo era il padre nobile dellimpegno quotidiano rivolto agli ultimi

    Chi ha incontrato don Giovanni haavuto il dono di vivere il senso e lemo-

    zione di cercare il bene comune. Non facilee lo sperimentiamo soprattutto oggi, in unmondo sempre pi separato nella propriacasa. Per trovare il bene comune non bastapensarlo, bisogna costruirlo, e non da soli al-

    trimenti non diventer mai comune. Per cer-carlo era necessario un metodo.La soluzione che don Giovanni ha propo-

    sto, con la fondazione Zancan, lincontrodelle capacit e delle responsabilit. Se bene comune allora lo sar prima di tutto perle persone, tutte le persone, anche quelle pideboli. Deve poter nascere da loro e con lo-ro. Serve un cuore sincero, che non chiededi rinunciare alle proprie idee e convinzioni,visto che basta ascoltarsi, per poi costruireinsieme. Cos sono stati possibili cinquan-tanni di ricerca sui servizi alle persone, ciosul prendersi cura di noi e di quanti hannobisogno del nostro aiutoquando ci troviamosoli, poveri, emarginati, non capaci, malati,senza speranza... Sono altrettante sfide chela vita chiede di affrontare, sapendo che nelmomento del bisogno la possibilit di con-tare sugli altri che aiuta prima di tutto.

    Giustizia e carit non possono separarsiproprio in questo momento. Sarebbe la fine enon di chi in difficolt, ma del sistema di fi-

    ducia che alimenta la democrazia e la possi-bilit di essere comunit e non soltanto so-ciet. Don Giovanni chiedeva di misurarsicon questi problemi senza paura, per cerca-re nuove soluzioni: di welfare, di azione pro-fessionale, di organizzazione e gestione deiservizi. Chiedeva anche di inventare nuove

    forme non solo di curare ma di prendersicura, cos da metterle a disposizione di tutti:istituzioni, organizzazioni, operatori sociali,sanitari, educativi. Metterle a disposizione hasignificato anche chiedersi se bastasseguardare a istituzioni e professioni, e se nonfosse necessario metterle a disposizione ditutti, anche dei giovani e degli anziani, deivolontari e degli uomini di buona volont.

    Il servizio civile volontario, le attivit so-cialmente utili degli anziani, il volontariato or-ganizzato, la cooperazione sociale sonoesempi di proposte nate da questa ricerca,per umanizzare di pi lesperienza profonda-mente umana del prendersi cura. Umanizza-re significa mettere al centro la persona, nonsoltanto laiutato, ma ogni persona, per af-frontare i problemi senza sentirsi soli quandoil bisogno pi grande.

    Chi cerca deve accettare il rischio di non

    essere capito e anzi contrastato, perch ognisoluzione migliorativa deve prima di tuttoscontrarsi con lordine costituito e chi lo cu-

    stodisce. Come fare per non cadere nellatrappola del conflitto tra la fragilit dellinno-vazione (le sue gemme del cambiamentosociale) e le barriere del come sempre?La profezia in certi casi scelta inevitabile efaticosa, di chi propone sapendo di non es-sere ascoltato, in un deserto di saperi inte-

    ressati a custodire e a difendere il presente,condannandosi allincapacit di costruire ilfuturo. la contraddizione che viviamo an-che oggi, nella crisi che stiamo vivendo. Non crisi di sostenibilit, di welfare, ma deficitdi innovazione. In passato, con meno risorse, stato possibile sviluppare soluzioni straor-dinarie per curare e prendersi cura, poi di-ventate costituzione, cio carit che si tra-sformata in giustizia, da distribuire a tutti, apartire da chi ne ha pi bisogno. Perch nondovrebbe essere possibile anche oggi?

    Don Giovanni lo sapeva e pensava che inuna societ multiculturale lincontro delle vir-t umane e spirituali potr facilitare questaricerca. Cercare da soli non porta lontano.Cercare insieme pi faticoso quando gene-ra condivisione. Sono condizioni necessarieper far fruttare le capacit. Chi lo ricorda inquesti giorni lo ringrazia soprattutto per que-

    sto, chiedendo alla sua fondazione che que-sto metodo continui a essere cuore e strate-gia del proprio operare.

    FONDAZIONE ZANCANUna esperienza profondamente umanaTiziano Vecchiatodirettore della fondazione Zancan

    Un esempio di chi sapeva prendersi cura

    Il Centro servizio volontariato provinciale di Padova rendeomaggio a mons. Giovanni Nervo con le parole e i ricordi del pre-

    sidente del Csve di altri amici e volontari che hanno percorso con luiun pezzo di vita.

    La cosa che pi sorprendeva di mons. Nervo scrive il presi-dente del Csv PadovaGorgo Ortoan era constatare, fino allulti-mo, la grande lucidit e la straordinaria contemporaneit delle sue af-fermazioni nonostante stessimo ascoltando una persona della classe1918. Credo che non se ne sia andato solo un uomo giusto, ma so-prattutto uno straordinario interprete del nostro tempo in grado dicomprendere la contemporaneit al fine di indicare quale strada fossenecessario intraprendere per avere, se non un mondo migliore, alme-no un mondo pi solidale. I suoi interventi avevano sempre unosguardo rivolto al futuro e mai a un nostalgico passato, quasi volessericordarci che ci su cui si deve scommettere e investire sono i giova-ni di oggi e i cittadini di domani. Mons. Nervo era un politico, pur sen-za aver mai fatto politica, in quanto possedeva quella che considero lapi grande qualit che un politico debba avere: la lungimiranza; ossiail capire che le scelte di oggi sono le scelte di domani e che il futurodei figli dipende dalle decisioni dei padri. A tal proposito trovo illumi-nante la risposta che ha dato a un giornalista che nel 2011 gli chiesequale augurio si sentisse di fare per lAnno del volontariato: che ci siricordi che cosa significa servizio: non fare quello che decidiamo noi

    per gli altri, magari perch ci gratifica maggiormente, ma fare conamore quello di cui gli altri hanno bisogno. Un secondo augurio: che,specialmente in un momento di ristrettezza, come quello attuale, nonsi spendano i soldi in manifestazioni che servono maggiormente a chile fa, ma in precisi progetti che difendano i pi deboli. Questo eramons. Nervo e per questo credo che oggi tutti noi piangiamo la suascomparsa.

    Avevo ventanni ricordaEmanuee Aecciconsigliere del Cnel quando ho conosciuto don Giovanni. Ero un giovane in servizio civilesostitutivo a quello militare presso la Caritas diocesana di Padova. Im-mediatamente impegnato nel terremoto dellIrpinia ho avuto modo diincontrarlo frequentemente. Una frequentazione continua e intensa,particolarmente nei dieci anni spesi a servizio del Movimento di vo-lontariato italiano. Mi ha insegnato il servizio e mi stato vicino neimiei tanti momenti di sconforto e confusione. stato per me, e pertutto il volontariato del Movi, una grande guida, ma pi di tutto hosempre apprezzato la sua serenit anche nei momenti difficili. Sereni-t dettata da un dialogo continuo con Ges e la chiesa. Ora siamotutti pi soli.

    Mons. Nervo rilevaEmlio Noaro, presidente del Movi veneto era il padre nobile del volontariato italiano. Il padre nobile dellimpe-gno quotidiano rivolto agli ultimi. Era un partigiano della nostra cartacostituzionale, un uomo che aveva scelto con piena cognizione di

    causa da che parte stare. Era il pi giovane tra noi perch non era av-vezzo a guardarsi indietro, non ha mai perso la capacit di guardareoltre, tipica dei sognatori, di guardare lorizzonte oltre lorizzonte perscovare nuovi bisogni, nuove marginalit, nuove sfide alle quali, comevolontari e soprattutto come cittadini, ci sollecitava a impegnarci. Erail pi giovane tra noi perch sapeva rileggere e riattualizzare la nostracarta costituzionale senza paure o ripensamenti, perch non ha maiperso quella capacit di indignarsi dinanzi ai nuovi ultimi, al drammadei migranti, allaberrante condizione delle giovani generazioni e delloro perenne equilibrismo sul filo del precariato.

    La prima volta che lho incontrato ricorda Franco Bagnarol,presidente nazionale del Movi stava rientrando da una esperienzasignificativa con lon. Zamberletti per il recupero, con una nave, diboat people profughi dal Sudest asiatico. Ebbi modo in seguito dilavorare assieme a lui nella protezione civile, quando ebbe la respon-sabilit di essere il primo presidente nazionale del coordinamento del-le associazioni di volontariato di protezione civile. Ma la cosa per cuilo ricordo con pi affetto, e per la quale ha conquistato la pi viva ri-conoscenza del popolo friulano, stata la sua attivit in occasione delterremoto del 1976. Mons. Nervo non solo era con noi, tra le macerie,ma ci ha accompagnato in prima linea anche nella ricostruzione, conlavvio dei centri comunitari e con i gemellaggi tra 88 diocesi italianein solidariet con i paesi distrutti dal sisma.

    Franco Piacentini, presidente regionale Auser Veneto, ricorda gli in-contri e il dialogo con mons. Nervo alla fondazione Zancan e nei se-minari al centro studi Malosco. In particolare a Malosco ho apprez-zato le sue riflessioni ideali e religiose, ma anche laiche e sociali. Eraattentissimo alle difficolt umane e fortemente sensibile alle proble-matiche sociosanitarie e assistenziali. La sua voceera rivolta ai go-vernanti per chiedere azioni di contrasto alle povert e per lattuazionedi riforme per aiutare i disabili e i non autosufficienti. Non dimentico lasua raccomandazione al volontariato e al terzo settore che nelleserci-tare la loro sussidiariet, questa non deve mai sostituire o cancellareposti di lavoro, e nemmeno deve essere alternativa alle responsabilite ai compiti delle pubbliche amministrazioni. Nella discussione non mai mancato il suo solare sorriso di speranza, che, sono convinto, loaccompagner anche in cielo. La chiesa, la comunit e le associazio-

    ni, hanno perso un grande uomo che in giovent stato anche staf-fetta partigianaper la democrazia, la libert, i diritti e i doveri.

    AUSERMons. Nervo stato staffetta partigianaper la democrazia, la libert, i diritti e i doveri

  • 7/28/2019 Giovanni Nervo: il ricordo

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    24 giovanninervo LA DIFESA DEL POPOLO31 MARZO 2012

    Dal 1950 al 1963 don Giovanni Nervo sta-to cappellano del lavoro nellOnarmo, Ope-ra nazionale di assistenza religiosa e morale

    degli operai. In questambito fond nel 1951 lascuola di servizio sociale di cui fu il primo diret-tore, fino al 1963, e anche insegnante. Comecappellano dellOnarmo, ricorda, feci alcuneesperienze forti: le missioni fra gli emigranti ve-neti in Piemonte, la visita annuale alle squadre di

    mondariso, la presenza settimanale in fabbrica, iritiri mensili e gli esercizi spirituali annuali,lapostolato della preghiera.

    Viste da fuori commenta sempre mons.Nervo queste attivit possono sembrare abba-stanza intimistiche e socialmente insignificanti.Vissute da dentro, in realt, non erano cos: an-che se non ho mai affrontato nelle fabbriche pro-blemi sindacali, non ho modificato per nulla gliatteggiamenti interiori con cui nelle Acli prepa-ravamo, insieme con i laici responsabili, le batta-glie della corrente sindacale cristiana. La presen-za in fabbrica era una presenza di amicizia: non

    portavamo nulla, non domandavamo nulla; ep-pure si vedeva che la presenza era gradita; forseeravamo un segno di valori spirituali dentro unmondo duro e invelenito.

    Dalla necessit di preparare assistenti socialidi fabbrica per il mondo operaio nacque la scuo-la di servizio sociale. Il progetto iniziale era uncorso di aggiornamento e perfezionamento perun gruppetto di signorine che sbrigavano le pra-tiche previdenziali degli operai e che erano pas-sate dallAssociazione industriali allOnarmo.Poi si configur la scuola, che in un primo mo-mento avrebbe dovuto sorgere presso luniversi-t di Padova per iniziativa del preside della fa-colt di scienze politiche mons. Anton MariaBettanini. Ma il senato accademico non accettla proposta e per lateneo patavino fu unocca-sione mancata, perch sarebbe stato il primo ainserire nel suo ordinamento la formazione diquesta nuova professione. Luniversit dette co-munque la sua preziosa collaborazione alla scuo-la di Nervo, inviando docenti qualificati.

    Forte di questa esperienza, dal 1963 al 1965mons. Nervo and a Roma a dirigere il serviziosociale dellOnarmo e della Poa, la Pontificiaopera assistenza.

    Marisa Menato diventata assistente socialenella scuola di mons. Nervo, che stato ancherelatore della sua tesi sui principi del servizio so-ciale. Poi ha lavorato come assistente socialedellOnarmo nelle fabbriche fino al-la fine di questa esperienza, nel1970, quando passata allIpai e

    quindi allospedale geriatrico di Pa-dova. Era una professione nuova ricorda che si rivolgeva a unaspetto della societ che la mia abi-litazione magistrale non aveva maipreso in considerazione. I principi acui ci rifacevamo e di cui Nervo eraispiratore erano quelli direttamentedesunti dal vangelo: rispetto della persona, verocentro di ogni politica sociale, e del suo diritto diautodeterminazione, uno stile dintervento chenon fosse assistenziale, ma di servizio allauto-nomia. Personalmente ho trovato molto interes-

    sante per una valida formazione professionale lametodologia didattica adottata, che prevedeva diaffiancare alla teoria il lavoro pratico, seguito damonitori e supervisori. Molta attenzione venivaposta alla formazione umana e cristiana, cheportava a maturare profonde motivazioni e adacquisire un preciso stile di servizio. Quando so-no andata nelle fabbriche (io seguivo soprattuttoquelle della Bassa Padovana, lUtita di Este, laGalileo di Battaglia...) mi sono trovata alle presecon le difficolt concrete delle famiglie operaie,degli infortuni, delle malattie, dellinserimentodegli apprendisti, delle donne e degli anziani.Era un periodo di forti tensioni sindacali, mapassati i momenti critici, soprattutto in occasionedei rinnovi contrattuali, si lavorava bene insie-me.

    Il contatto con mons. Nervo, soprattutto at-traverso la fondazione Zancan, non si interrottocon la fine dellesperienza dellOnarmo: Anchequando le assistenti sociali sono entrate nei ser-vizi pubblici racconta ancora Marisa Menato mons. Nervo continuava a essere il nostro puntodi riferimento. Di notevole aiuto stata lattivitdi studio, ricerca e formazione sociale della Zan-can. Molte di noi infatti hanno trovato nei semi-nari che la fondazione organizzava nellambitospecifico della professioni stimoli nuovi, perchfavorivano scambi e verifiche di esperienze epermettevano di cercare risposte a vari problemi.

    Ricordo che noi assistenti socialidellallora Ulss 21 e del comune diPadova ci rivolgemmo a Nervo e

    alla fondazione per un problema so-ciale che si evidenziava sempre pie al quale non trovavamo soluzioneper un evidente vuoto legislativo.Era la situazione di quelle personeche, pur non essendo da interdire einabilitare, hanno limiti oggettivinella capacit personale di fare scel-

    te responsabili di autotutela, con conseguenzenegative sulla qualit della loro vita. Ma il suonon era solo un sostegno teorico: quando avevodei problemi andavo sempre da mons. Nervo elui trovava sempre il tempo per lincontro.

    Anche dopo il passaggio

    degli assistenti socialinei servizi pubblici,mons. Nervo rimastoun punto di riferimento

    sempre disponibileallincontro e allascolto

    Nella paginaa fianco,

    mons. Nervo

    alla

    presentazione

    del volume

    La chiesa

    della carit

    a Roma

    nel maggio

    del 2009

    (foto archivio

    Zancan).

    Nella foto a

    destra, don

    Giovanni

    Nervo con

    don Pietro

    Zaramella e

    alcuneasistenti

    sociali a

    Malosco nel

    1964 per un

    seminario di

    studi.

    ONARMONel 1951 mons. Nervo fond la scuola di servizio sociale

    Educare allautonomialinsegnamento pi grande

    Dal 1950 al 1963 Nervo stato cappellano del lavorodellOpera nazionale di assistenza religiosa

    e morale degli operai. stato il primo direttore,e anche insegnante, della scuola per assistentisociali. Scriveva: Eravamo un segno di valorispirituali dentro un mondo duro e invelenito

    ilric

    ordo

    Allepoca della nascente repubblica italia-na, sorgeva, tra le altre, una nuova attenzione

    al sociale. Non si trattava solo di costruire case escuole, strade, ponti e ospedali ma anche di rico-struire la societ: giusta, democratica e attenta aibisogni di tutti, in particolare dei pi deboli.

    Era un prete allavanguardiaricorda Anto-nietta Marin, una delle primissime assistenti socialidi Padova, ma che si era formata a Venezia in unascuola di servizio sociale fondata da un altro sa-cerdote, don DEste, prima ancora che sorgessequella avviata da Nervo. Era attento a quanto sifaceva in altre regioni e allestero e aveva visto nelservizio sociale una potenzialit da sviluppare perle nostre comunit e il nostro paese. Allinizio pen-sava che anche le parrocchie potessero attivareassistenti sociali, e lo speriment da parroco diSanta Sofia. Mai chiuso nello spazio ristretto del-lambiente locale, aveva un profondo senso diapertura: Fu lui racconta ancora Antonietta Ma-

    rin a indirizzarmi nel 1951, giovanissima assi-stente sociale, con lEnte di riforma della Marem-ma, per aiutare le popolazioni di laggi a emanci-parsi dalla miseria.

    Allepoca, subito dopo la guerra, quasi non sisapeva che tipo di professionisti fossero gli assi-stenti sociali e cosa dovessero fare. Don Nervo eraconvito che per aiutare davvero le persone non ba-stasse il buon cuore, ci volevano competenza emetodo, bisognava preparare validi professionisti,apprendere da altre esperienze straniere, soprat-tutto dagli Stati Uniti, ma anche ideare e sperimen-tare nuove vie nel nostro paese. Si trattava di for-mare persone capaci e motivate ad aiutare chi fos-se pi in difficolt senza paternalismo n assisten-zialismo, senza la pretesa di giudicare chi assiste-re, sostenendo la piena autodeterminazione diognuno.

    Lassistente sociale Maria Furlan, allieva dellascuola dellOnarmo dal 1959 al 1963, ricorda que-sta espressione di don Giovanni: Non basta averevoglia di fare del bene, devi saperlo fare. Limpe-gno educativo di Nervo puntava allo sviluppo di co-noscenze in personalit formate globalmente.Per iscriversi alla scuola post secondaria per assi-stenti sociali racocnta ancora Maria Furlan do-vevamo sostenere anche un colloquio, attraverso ilquale don Nervo iniziava con ciascuna di noi uncammino di crescita, di grande valorizzazione dellenostre potenzialit, di fiducia e di accoglienza, inte-ramente, come persone.

    Un tratto caratteristico di Nervo? Credere nellepotenzialit di ciascuno con grande fiducia e sa-pendolo accompagnare. Un altro aspetto del suostile educativo era la concretezza, lo stretto rappor-to che insegnava a mantenere tra il dire e il fare,tra lapprendere in teoria e lapprendere attraversolesperienza. Questo, soprattutto, imparavano lesue assistenti sociali: agire concretamente percambiare in meglio la realt delle persone in diffi-colt, con forte motivazione ma anche con metodocorretto e rigoroso. Nella scuola, di cui lui sapevatenere tutti i fili, non venivano mai disgiunti la baseetica, da cui sorgevano i principi del servizio socia-le, la seriet e il rigore intellettuale e metodologico,la praticabilit concreta di quanto veniva insegna-to. Aveva scelto, infatti, come docenti sia accade-mici socialmente impegnati, sia professionisti conesperienze pratiche particolari. Molto spesso lin-segnamento utilizzava metodologie di gruppo,esperienze guidate e di ricerca sul campo, tirocini,tesi finalizzate a conoscere e a intervenire. Moltetesi degli studenti erano concordate su un tema diapprofondimento e di cambiamento concreto, co-sicch noi sperimentavamo subito il valore del no-stro lavoro di studio e ricerca. La soddisfazionemaggiore era data dallaccorgerci subito che ciche facevamo era utile e importante per le personee per le istituzioni. In questo modo preparare la tesiera gi fare qualcosa di valido per altri e non soloper se stessi.

    La crescita culturale, personale e professionale

    delle assistenti sociali prevedeva anche settimaneestive residenziali a Malosco, in provincia di Trento.Centinaia di assistenti sociali, per molti anni, hannopotuto vivere la particolarit di quei seminari, conla scuola o con la fondazione Zancan, che avevapoi esteso lattivit alla formazione permanente dioperatori sociali provenienti da tutta Italia. Lintensaesperienza di condivisione, confronto e approfondi-mento sui temi pi urgenti e complessi del serviziosociale hanno lasciato un segno indimenticabilenelle storie professionali di molti operatori sociali.Non nascondo racconta Luigi Gui che in unodi quei seminari nei primi anni 90 ho aperto la miaprospettiva professionale da operatore sul campo adocente di servizio sociale nelle aule universitarie.Questa era la formula magica: interrogarsi, con-frontarsi, approfondire, condividere piste operativeconcrete, rendere il risultato un patrimonio pubbli-co.

    In tutte queste occasioni, limpronta di donNervo consentiva di miscelare limpegno faticoso erigoroso con la battuta scherzosa e lallegria, neiseminari estivi, di escursioni montanare tra Malo-sco e Arabba. Chi ha sperimentato la scuola perassistenti sociali e i momenti formativi della fonda-zione Zancan, ha toccato con mano la capacit didon Nervo di esserci in un modo al contempo effi-cace e discreto. Non sempre e non necessaria-mente in prima fila. Ciascuno poteva sentirsi allostesso modo importante per il buon esito dei lavoricondivisi.

    Il bene bisogna saperlo fareLA FORMAZIONEAlla scuola dellOnarmo lo studio sintrecciava con lesperienza

  • 7/28/2019 Giovanni Nervo: il ricordo

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    25LA DIFESA DEL POPOLO

    31 MARZO 2012

    Nella foto

    in alto,

    mons. Nervo

    a un

    seminario

    di ricerca

    di Malosco

    nel 2011

    (archivio

    Zancan).

    giovanninervo

    La vita di Michela Pilli ha incrociato, perprovvidenziale coincidenza, pi volte quella

    di mons. Nervo in diversi momenti del suooperato. Quando, nellimmediato dopoguerra,insegnava religione allistituto tecnico com-merciale Calvi di Padova, quando nel 1951fond la scuola di servizio sociale e poi anco-ra, nel settembre del 1965, quando fu nomi-nato preposito della parrocchia cittadina diSanta Sofia. Degli anni della scuola raccon-ta ricordo i tre giorni di esercizi spirituali inmontagna che concludevano ogni anno scola-stico. Lui sosteneva che fosse importante spo-sare lo studio, la formazione con la bellezza.Cos ci portava in luoghi magnifici, immersinella natura, e faceva condurre i corsi di eser-cizi da sacerdoti ricchi di contenuti teologici emorali, ma anche da bravi parroci immersinella vita concreta della gente. Poi, alla finedei quinquennio, ci ha portato in Sicilia e an-cora adesso ammiro il coraggio di quel giova-ne prete che si assume la responsabilit diportare una trentina di ragazzette come noi

    per cinque giorni fino allaltro capo della peni-sola. Allo stesso tempo ho un ricordo bellissi-mo di quei giorni trascorsi parlando di Dio inmezzo a una natura folgorante. Pi personale il ricordo di lui che veniva a visitarmi nellamia stanzetta di ospedale ho avuto qualcheproblema di salute in quel periodo e mi rin-cuorava dicendo: Dai Michela, che ce la fai.

    Quando ha ottenuto il diploma di ragione-ria, Michela Pilli ha scelto la professione di as-sistente sociale ed entrata nella scuola del-lOnarmo: L si respirava pienamente la ric-chezza della sua presenza. La scuola di Pado-va aveva un taglio pi prettamente rivolto allapersona in quanto valore cristiano. Cera inmons. Nervo una linea di pensiero che conflui-va sempre alla centralit della persona a diffe-renza della corrente sociologica allora emer-gente che partiva dal gruppo, dalla collettivit.Questa impronta ci ha aiutato molto a proget-tare servizi che non partivano dalle catego-rie, dei poveri, degli anziani, dei malati, madallindividuo e dalle sue esigenze. Le assi-stenti sociali uscite in quegli anni hanno unaformazione attenta ai valori, allattenzione allapersona, con un taglio che ho risentito in que-sti giorni in bocca a papa Francesco. Erano lestesse frasi di mons. Nervo: lattenzione ai po-veri, il volersi bene, non era il prete che ci par-lava dal pulpito, distante, ma luomo che in-contrava luomo sulle strade della vita.

    Il terzo capitolo del lungo incontro tra Mi-chela Pilli e mons. Nervo avvenne a Santa So-fia: La mia tesi racconta ancora la feci ri-portando la mia esperienza di assistenza so-ciale allinterno della parrocchia. Era unespe-rienza del tutto originale, che metteva Padovaaccanto ad altri grandi centri di sperimentazio-

    ne sociopastorale, come Milano e Bologna.Mons. Nervo negli incontri con le famigliecompilava delle schede, concepite con laiutodi studiosi delluniversit come il professorVian, in cui individuava i bisogno sociali a par-tire dai casi singoli. Poi le passava a me, cheavevo il compito di attivare le risorse per risol-vere o almeno alleviare quei problemi. Comeparrocchia molto spesso non avevamo aiutieconomici da elargire, ma piuttosto avevamopersone, volontari da mettere a disposizione.Dai bisogni alle risorse: questo il percorso chesi cercava di fare, senza idee preconcette.Quelli di Nervo, parroco di Santa Sofia, eranoanche gli anni del concilio. Con il consiglio pa-

    storale si facevano giornate di studio intenso.Mons. Nervo stato un grande amico di PaoloVI, anche prima che diventasse papa. Insiemesi sono fatti vari studi partendo dal concilio perdare unimpostazione di grande modernit allapastorale e alla carit ecclesiale: niente ele-mosina, ma valorizzazione dellautonomia del-la persona. Ci trovavamo ogni sei mesi ora aPadova, ora a Milano o a Bologna. Nervo nonera un teologo, batteva sempre su alcuni prin-cipi fondamentali con semplicit e con grandilezioni di vita, puntava allincontro con le per-sone e da questo incontro partiva per portarleal vangelo.

    IL PENSIEROIndividuare i bisogni reali porta a concepire servizi pi efficaci

    La centralit della persona al di sopra di tutto

    Ho conosciuto in modo diretto e poi se-guito con continuit mons. Nervo nel suo

    impegno (uno dei tanti) di presidente dellafondazione Zancan; con la fondazione egli eraidentificato a tal punto da essere talvolta no-minato monsignor Zancan. del resto bennoto il suo rapporto con la fondazione che eglistesso aveva fondato e della quale era statoanimatore, coordinatore e presidente dal 1964allottobre 1997 senza poi trascurarla comepresidente onorario, ma non inoperoso. Il suogenio lo faceva promotore di iniziative e sco-pritore di talenti, subito coinvolti nelle attivitpi varie, culturali e istituzionali, della fonda-zione. In tale prospettiva, anchio sono statocoinvolto dal momento in cui, entrato nellagiunta regionale del Veneto come assessore aiservizi sociali e sanitari, diventavo interlocuto-re anche della fondazione.

    Nervo non perse mai di vista il problemadei servizi alla persona quale si andava prefi-gurando nella prospettiva dellintegrazione:

    erano in atto degli esperimenti quali lunit sa-nitaria locale della val Lagarina, nel Trentino, leunit locali sociali e sanitarie della citt di Pa-dova; in alcune regioni, tra le quali primeggia-va il Veneto, si stavano preparando disegni dilegge sui servizi sanitari e sociali; tutte iniziati-ve innovatrici che avrebbero alla fine portatoalla riforma sanitaria del 1978 (legge 833).

    La regione del Veneto divenne cos unodegli oggetti dellattenzione di Nervo, qualesoggetto di legislazione in una delle pi signi-ficative e concrete competenze allora affidate

    alle regioni dallarticolo 117 della costituzione.Alla regione Nervo rivolse pertanto il suo inte-resse sia sul piano culturale sia sul piano ope-rativo. Uno dei momenti pi significativi di taleinteresse quello che ha provocato la Cartadi Malosco del 1990, Linee fondamentali eti-co politiche in rapporto ai servizi sociali matu-rate dalla fondazione Zancan in 25 anni di at-tivit culturale; non di cultura astratta o ideo-logica, bens di cultura applicata ai bisognidella persona. Con questo documento, alla cuiformazione contribuirono esperti di varioorientamento culturale e di varie esperienzesul campo, Nervo intendeva definire con chia-rezza, concretezza e autonomia di giudizio lacentralit della persona e dei suoi diritti indi-scutibili nellambito dei servizi sociali intesinella globalit del termine o nella prospettivadi un moderno stato sociale. Malosco, lontanodai rumori della propaganda e dei discorsispesso inconcludenti delle assemblee pi fre-quentate, era diventata la sede pi adeguataper i seminari di ricerca, per le riflessioni e peril confronto di esperienze e di proposte chetrovavano poi espressione nella rivista recen-temente intitolataStudi Zancan.

    Il bosco di abeti e di larici che circonda lasede di Malosco ha dato a Nervo lo spunto perloriginale intuizione delle gemme terminali:come in natura cos nella societ egli diceva vi sono fenomeni, avvenimenti, idee che so-no come nodi essenziali del cambiamento: so-

    no le gemme terminali dello sviluppo socia-le. La strategia costante stata infatti quelladi individuare, a mano a mano che si presen-tavano, questi nodi del cambiamento e dellosviluppo nelle politiche e nei servizi sociali.

    Il cammino da lui compiuto sul piano cul-turale, politico e legislativo stato tracciato dalui stesso in occasione dei suoi ottantanni. Inesso emergono gli aspetti essenziali della suapersonalit, la sua formazione, le sue espe-rienze, i punti di forza delle sue attivit, tuttiaspetti che restano di attualit, esemplari per

    chi intende inserirsi in un solco gi tracciatocon mano sicura e lungimirante nellambitodei principi fondamentali della costituzione.Cos sono messi in evidenza alcuni temi tutto-ra aperti che trovano descrizione e proposta disoluzione nelle sue dichiarazioni ed esperien-ze: la funzione unificante del territorio per laprogrammazione e la gestione dei servizi so-ciali; il volontariato con i suoi compiti e limiti;lattenzione rivolta ai soggetti deboli sul pianoeconomico, ma anche sociale e politico; lusorazionale delle risorse; il terzo settore. Sonoalcuni tra i temi che hanno ispirato lattivitdella fondazione e che essa approfondisce sulpiano culturale e poi propone a chi ha il com-pito istituzionale di risolverli mediante collabo-razioni, convenzioni, ricerche sul campo.

    Tra le iniziative di Nervo vi anche lo sti-molo alla sperimentazione, indipendentementedai limiti e dalle diverse concezioni politiche eculturali dellinterlocutore. Fondazione laica epresidente prete cos egli sintetizzava, e pretetutto dun pezzo, possiamo aggiungere. Comedire che se la meta il servizio alla persona chiara e perseguita con perseveranza, pocafavilla gran fiamma seconda. Al di l dei rico-noscimenti ufficiali a mons. Nervo si deveunanime gratitudine per la ventata di aria purache egli ha fatto soffiare nel campo dei servizialla persona ridando dignit, efficienza e sti-molo alla costruzione dello stato sociale.

    Antonio Prezioso

    DAI SEMINARI DI MALOSCONodi di cambiamento per le politiche sociali

    Le gemme terminali della societ

    Raffaello Maggian, allievo e collaboratore di Nervo ne-gli anni Sessanta, ora docente di organizzazione dei ser-

    vizi sociali ricorda soprattutto quanto determinanti sianostate le intuizioni e le idee di mons. Giovanni Nervo in anninel corso dei quali era molto acceso il dibattito sulle condi-zioni di emarginazione sociale di numerose fasce di popo-lazione, segregate in istituzioni totali o aiutate da frammen-tari e scoordinati interventi di beneficenza privata e pubbli-ca, poco rispettosi della dignit della persona umana.

    Risale al 1965 la mia iscrizione alla scuola superiore diservizio sociale Onarmo di Padova racconta Maggian diretta da mons. Nervo e caratterizzata dalla presenza di

    docenti di materie giuridiche, economiche, sociologiche epsicologiche di elevata professionalit, individuati sia nel-lambito delluniversit di Padova che della Cattolica di Mi-lano. Tali insegnamenti venivano svolti in stretto raccordocon lquipe dei docenti di materie professionali e tutta lateoria era protesa a leggere e interpretare la realt esternae fornire gli strumenti metodologici per un aiuto alle perso-ne in condizioni di disagio e di emarginazione. Il raccordofra teoria e pratica avveniva anche allora attraverso lo svol-gimento di tirocini professionali, con la guida di tutor dellascuola e di assistenti sociali dellente. Di tale periodo ricor-do linvito di mons. Nervo a noi allievi ad essere semprecoerenti fra i principi appresi e le azioni. In sostanza adavere una solida etica professionale.

    Una delle prime intuizioni di Nervo, che a mio avvisohanno segnato lorganizzazione dei servizi sociali in Italia, stata quella di sperimentare nuove modalit di svolgimentodel servizio sociale professionale, non pi in enti pubblicinazionali, ma in realt locali come comuni e circoscrizioni.Io stesso, assunto nel 1969 quale tutor della scuola ho se-guito alcuni di questi tirocini innovativi nei comuni di Vigon-za, Rubano, Selvazzano.... Questi prime idee sono stateraccolte dal comune di Padova, che ha dato vita alle primesperimentazioni in Italia dellunit locale dei servizi sociali.Il modello stato ampiamente divulgato nel 1971, con lapresenza forte della regione Veneto attraverso unassocia-zione, sempre ideata da Mons. Nervo, denominata Centroregionale veneto per lintervento sociale.

    In merito alla fondazione Zancan conclude Mag-gian io vivo ancora di rendita della formazione ricevutadalla fondazione in occasione dei seminari organizzati aMalosco negli anni dal 70 al 90.

    LE INTUIZIONINuove modalit professionali

    DallOnarmo lunit locale

    dei servizi sociali di Padova

  • 7/28/2019 Giovanni Nervo: il ricordo

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    SOLAGNATornato negli anni della guerra, mons. Nervo si fatto presente in molti appuntamenti parrocchiali

    Quel legame speciale con il suo paese

    La nascita di Giovanni Nervo aVittadone di Casalpusterlengo, inprovincia di Milano, del tutto ca-

    suale e nello stesso tempo drammatica-mente inserita in uno dei capitoli pitragici della storia del suo paese, Sola-gna. Era infatti lultimo anno di guerra ela popolazione del ridente paese dellaValbrenta (evocato dal suo stesso nome)era stata costretta, dopo la sconfitta diCaporetto, a lasciare le sue case in baliadella guerra e a rifugiarsi in terre lonta-ne, in qualche caso perfino dallaltro ca-po della penisola. La loro sopravviven-za era affidata a un misero sussidio sta-tale e la lontananza acuiva il dolore peri padri lontani. Quello di Nervo in parti-colare, Sebastiano, riusc appena a ve-dere il figlio neonato prima di essereportato via allospedale del Lido di Ve-nezia dalla spagnola, la grande pande-mia che affievol le gi precarie speran-ze di vita dei soldati e della popolazionecivile al termine della guerra.

    Quando si spense leco delle canno-nate e la famiglia di mons. Nervo, com-posta insieme a lui dalla mamma Teresae dalla sorella maggiore Anna, pot tor-nare al paese, trov una situazione gra-vemente compromessa: tutto era da ri-costruire, praticamente dal niente. A 13anni Giovanni frequent la prima e laseconda ginnasio in paese, poi entr inseminario, prima al Barcon di Thiene,relativamente vicino a casa, poi al Mag-giore di Padova per essere ordinato sa-cerdote nel 1941, in anticipo di un annoe mezzo sui tempi normali, grazie a unadispensa vescovile.

    Gli anni della guerra riportarono inqualche modo don Giovanni a Solagna:Il 10 settembre 1943 ricorda lo stes-so mons. Nervo allospedale di Bassa-no moriva il mio arciprete, don DionisioArtuso. Io avevo 25 anni e da due anniero sacerdote. Il cappellano di Solagna,don Bruno Bello, ogni domenica duran-te lestate doveva salire sui Colli Alti,

    1300 metri, quattro ore di strada a piedi,per celebrare la messa nella chiesetta diSan Giovanni per le persone delle mal-ghe e per i villeggianti. Quella domeni-ca 11 settembre lo sostituii appunto perla morte dellarciprete.Mons. Nervo fece la stradacon Vico Todesco, ufficialemedico alpino di Solagna,ancora in divisa, che anda-va sul Grappa per formareinsieme ad altri commilito-ni il primo nucleo di resi-stenza. Vico Todesco fu ar-restato alla fine di novem-bre insieme al cugino Ma-rio, professore al liceo Tito Livio e an-che lui entrato in un gruppo della resi-stenza a Padova. Il padre di Mario, Ve-nanzio Todesco, ottenne nella primave-ra del 1944 la liberazione di entrambi, apatto che restassero confinati in casa.Vico scapp di nuovo in montagna, do-ve fu ucciso nel corso del grande ra-strellamento di fine agosto. Mario Tode-sco fu prelevato da casa il 20 giugno daun gruppo di fascisti che mal tolleravaquesta liberazione e lo portarono alBuonservizi, dietro Santa Giustina, do-ve aveva sede la milizia. Fu ucciso nellanotte tra il 28 e il 29 giugno a colpi dipistola e il corpo fu lasciato davanti albar Borsa. Mons. Nervo fu vicino ai ge-

    nitori in quel terribile frangente e poiaccompagn la salma a Solagna dove fucelebrato il funerale.

    Questi legami con la storia del pae-se, oltre ai temi dellapostolato sociale

    che stava conducendo, ten-nero unito mons. Nervo aSolagna. Il sacerdote pa-dovano testimonia Al-fonso Vanzo che ebbe pivolte occasione di invitarloa incontri e manifestazionicome referente del gruppoculturale parrocchiale nonostante i molteplici im-pegni venne da noi in varie

    occasioni, a parlare sul servizio civile,sugli emigranti, sulla Caritas. In parroc-chia abbiamo un gruppo Caritas cheopera da sempre. Era molto legato adon Bruno Bello, il nostro arciprete,scomparso qualche anno fa, e in parroc-chia rimangono ancora alcuni suoi coe-tanei, amici dinfanzia. In varie occasio-ni ha partecipato anche alle iniziative digemellaggio tra Solagna e Codogno, ilcomune milanese in cui stata ospitatala maggior parte delle famiglie solagne-si durante il profugato. Due anni fa hamandato una lettera in occasione dellacollocazione di una lapide a ricordo diMario Todesco.

    L. B.

    stato alle pendici del Grappa che mons. Nervo entr in contatto con i nucleidella resistenza che operavano in montagna. Sostenne i genitori di MarioTodesco dopo la sua morte e accompagn la salma a Solagna per i funerali

    Quando nel 1941 il ventitreenneGiovanni Nervo viene ordinato sacerdote,

    il vescovo Agostini gli affida lincarico di assi-stente presso il collegio vescovile Barbarigo,a quei tempi uno dei quattro collegi delladiocesi di Padova: qui rimarr, ricoprendoanche il ruolo di vicerettore, fino al 1945. Ilperiodo al Barbarigo coincide con la guerra epoi con loppressione nazi-fascista, contro laquale il giovane sacerdote sceglie coraggio-samente di dare il suo contributo.

    Grazie anche a don Giovanni, il portone

    di via Rogati si apre silenziosamente per tan-ti che chiedono aiuto e nascondiglio. Intantodon Nervo trasforma la sua stanza in una ti-pografia clandestina: nel 1944 Luigi Gui, fu-turo padre costituente, porta a don NervolopuscoloUno qualunque: la politica del

    buon sensoche, riprodotto in centinaia dicopie, viene poi diffuso tra i gruppi della resi-stenza. E proprio per ricordare questo episo-dio, contributo significativo alla CostituzionedellItalia democratica, nel 2008 il comunedi Padova ha posto una targa commemorati-va nel cortile dellistituto, in occasione del90 compleanno di mons. di Nervo e dei 60anni della costituzione.

    Il 1945 un anno difficile: ai primi digennaio il professor Apolloni, antifascista,viene imprigionato, mentre giunge la tragica

    notizia della fucilazione di alcuni exallievi delBarbarigo che, giovani ufficiali del Regioesercito italiano, non avevano voluto aderirealla repubblica sociale. Verso la fine di apriledel 1945, alla vigilia dellinsurrezione, unaquindicina di partigiani, riusciti a scappare

    dalle prigioni fasciste, sono i primi graditiospiti dellistituto. Anche dopo la liberazionecomunque non finita: proprio il Barbarigoinfatti si trover ad accogliere il centro assi-stenza e smistamento della regione Venetoper gli ex-prigionieri e i reduci che in quelmomento stanno tornando dalla Germania.

    A disposizione degli assistiti vengono de-stinati tutti gli ambienti della scuola, mentresotto i portici del cortile vengono anche si-stemati mucchi di paglia. Solo nel mese dimaggio 1945 il Barbarigo arriva a ospitare

    14.437 exinternati, che vengono nutriti, ve-stiti e poi aiutati a tornare ai rispettivi luoghidi origine. Una notte furono ospitate 2.500persone. In citt e nella diocesi si scatenauna grande e spontanea generosit, e assie-me a cibo e vestiti affluiscono anche decinedi volontari.

    Le suore presenti nel collegio preparanoil cibo assieme ai volontari, arrivando a ripe-tere cinque volte di seguito il turno del refet-torio, che conta solo 150 posti. Anche il ciboarriva tramite donazioni in grande quantit.Alle volte anche in modo singolare, comequando arriv una manza, che un macellaiouccise e squart nel cortiletto interno dellesuore. In tutto questo marasma don Giovannifa, briga, organizza, sempre in prima linea, avolte a prezzo di incomprensioni con il retto-re mons. Brotto, per il quale la scuola untempio che deve essere il pi possibilepreservato dalla confusione esterna. Rettoreche, alla fine, non regge allo stress e vienetrovato morto nella sua stanza allalba del 17luglio 1945.

    La vita scolastica e linsegnamento han-no inciso profondamente nella persona enellopera di mons. Nervo, rimasto sempre, adetta del suo stretto collaboratore mons.Giuseppe Benvegn Pasini, oggi presidentedella fondazione Zancan, un eccezionaleeducatore.

    Daniele Mont DArpizio

    AL BARBARIGOLa stampa clandestina dellopuscolo di Luigi Gui

    Il suo contributo alla costituzione

    ilricordo

    giovanninervo LA DIFESA DEL POPOLO31 MARZO 2013

    La nascita di Nervoin Lombardia

    fu del tutto casualee coincise con una

    delle pagine pi tragiche

    della storia di Solagna

    Un punto di riferimento per la resistenza

    Mons. Nervo lasci a pi riprese testimonianzadiretta sulle sue avventure durante gli anni

    delloccupazione nazifascista, quando era viceretto-re del Barbarigo. Il collegio racconta fu puntodi riferimento per le forze della resistenza a Padova,grazie ai rapporti di collaborazione che il professorApolloni del collegio manteneva con i partigiani.Nella sua stanza al secondo piano si riun molte vol-te il Comitato regionale di liberazione. Nella soffittadel Barbarigo rimase nascosto per un periodo di 20giorni lingegner Otello Pighin, che poi fu ucciso perun tradimento allinizio di via Rogati. Per questomotivo, dopo la liberazione, la via prese il nome divia Otello Pighin. Poi, non so per quali ragioni, ritor-n allantico nome di via Rogati. Presso il Barbarigocera una radio trasmittente, nascosta in un tombi-no del cortile. Ne era a conoscenza soltanto il fede-le portinaio Bordin. Cera una specie di ufficiostampa per riprodurre documenti da divulgare clan-destinamente. Io ero responsabile di un servizio diassistenza a chi ne aveva bisogno: luoghi sicuri do-

    ve nascondersi, fornitura di pacchi di alimenti ai pri-gionieri politici di palazzo Giusti in via San France-sco, fornitura di zucchero alle famiglie di detenutipolitici con bambini piccoli che sottraemmo inquantit notevole dal deposito dei nazifascisti neisotterranei del monastero di Santa Giustina, docu-menti di identit falsi, grazie a un pacco di carte diidentit sottratte al comune di Pianoro (BO) insiemecon il timbro a secco.Dopo il 25 aprile 1945, fino al 30 settembre, il Bar-barigo visse una singolare esperienza come centrodi accoglienza degli ex internati che tornavano daicampi di concentramento della Germania conti-nua mons. Nervo Gi il 27 e 28 aprile comincia-vano ad arrivare a piedi dopo aver fatto migliaia dichilometri di strada. Bisogna tener presente che intutta lalta Italia fino alla linea gotica, praticamentefino a Firenze, non esisteva pi nessun mezzo ditrasporto organizzato: treni e pullman erano stati di-strutti dai bombardamenti. Gli americani trasporta-vano sui camion gli ex internati fino a Bolzano, li

    deponevano nella grande caserma della Croce ros-sa e poi dovevano arrangiarsi per arrivare a casa. Ilprof. Angelo Lorenzi, medico, poi senatore, che erastato membro attivo della resistenza, insieme allaprofessoressa Maddalena Ferraro, insegnante delcollegio, pensarono che il Barbarigo, allora chiusoper la guerra, potesse essere il centro di accoglien-za degli ex internati. [] Sottoponemmo la situa-zione al vice comandante regionale del Comitato diliberazione, che mand al vescovo il decreto di re-quisizione. Mons. Agostini, intelligentemente, nonne parl con nessuno e venne personalmente adaprire le porte del Barbarigo agli exinternati.

    Nella fotoa destra

    (di Giorgio

    Boato),i gonfaloni

    presentiai funerali

    di mons.Nervo tra cuisi nota quello

    del comune

    di Solagnae quello dellaFederazione

    italianavolontari

    della libert.Sotto, la targa

    postaal Barbarigoper ricordarela partecipa-

    zionealla

    resistenza.

  • 7/28/2019 Giovanni Nervo: il ricordo

    7/7

    27

    Il dono del vangelo sintitolava larubrica di commento del vangelo do-

    menicale iniziato da mons. Giovanni Ner-vo a pagina 12 del numero della Difesadel 7 novembre 1993. Il testo evangelicoera quello di Matteo 28,16-20, Andatepresso tutti i popoli e fate in modo che di-ventino discepoli di Cristo.Che cosa dice a ciascuno di noi scriveNervo personalmente questa parola diCristo Risorto? Dobbiamo chiederlo nelsilenzio e nella preghiera perch la stessaParola di Dio contiene messaggi specifici,strettamente personali, nei diversi mo-menti della nostra vita. Tre messaggi pervalgono per tutti, sempre.

    Primo messaggio: Ges Cristo lagrande, concreta, storica rivelazione delPadre. Noi viviamo immersi nel mistero di

    Dio: in Lui viviamo, ci muoviamo e siamo.Ma sempre un mistero perch Dio nes-suno lha mai visto. Ma Ges Cristo ilvolto del Padre, ha lo stesso potere di Diopreso nella sua globalit.

    Secondo messaggo: occorre il battesi-mo e il culto (andare alla messa la dome-nica, ricevere i sacramenti, celebrare lefeste del Signore) ma non basta: occorreosservare tutto ci che ci ha comandato.Che cosa ci ha comandato? Amerai il Si-gnore Dio tuo con tutto il tuo cuore, contutta lanima, con tutte le forze e il prossi-mo tuo come te stesso

    Terzo messaggo: un messaggio pie-no di speranza. Sono con voi per sem-pre, fino alla fine del mondo. Misteriosa,ma reale presenza: nelleucaristia, nellasua parola, nei sacramenti, nei poveri,nella comunit riunita nel suo nome. Sar

    possibile per povera gente come noi ma gli undici non erano molto diversi danoi osservare tutto ci che ci ha co-mandato? Il segreto qui: Io sono convoi per sempre.

    LA DIFESANumerosi i suoi interventi sul settimanale diocesano

    Una fitta serie di pubblicazionihanno contributo a diffondere,insieme ai tanti interventi pubbli-

    ci, le conferenze, i momenti di forma-zione ecclesiali e civili, le idee e i con-cetti che andavano maturando inmons. Nervo, seguendo levoluzionedella sua esperienza di prete, di finelettore della realt sociale e di organiz-zatore della solidariet. Accanto ad es-si, anche la Difesa stata unefficacecassa di risonanza delle sue riflessioni,dal punto di vista ecclesiale e sociale.Il momento pi sistematico di questacostante linea di collaborazione fu ilcommento del vangelo domenicale af-fidato alla sua sensibilit per il ciclocompleto di tre anni liturgici, a partiredal 7 novembre 1993. Era il debutto,accompagnato da un restyling delsommario e della grafica, di una rubri-ca che continua tuttora, con successo.Ripercorrendo le pagine del suo com-mento scriveva il direttore don Cesa-re Contarini nella prefazione di unadelle tre raccolte dei commenti editadalla Gregoriana possibile coglierealcuni filoni che costantemente rie-mergono e aiutano a fare sintesi dellapolifonia della parola di Dio attorno adalcuni motivi fondamentali. Il primo sicuramente il richiamo al Padre no-stro, la preghiera che ricorda chi ilnostro Dio e chi siamo noi: quasi unprogetto chiesa, si potrebbe dire,continuamente ritmato dalle parole diGes, ma anche un progetto societbasato sulla fraternit e

    sul riconoscimento del-laltro come fratello. Unulteriore filone ricorrente il confronto con la real-t del paese. Mons. Nervorichiama spesso latten-zione su quanti hanno in-carichi amministrativi edi gestione della cosapubblica: pone domande,invita a pregare per loro, mette a con-fronto con i criteri evangelici, ricordagli errori di un passato non troppo lon-tano e i rischi di un presente comples-so e talora confuso. Il tutto non perscoraggiare ad assumersi responsabili-t, ma per condividerle almeno con ifratelli di fede.

    Al di l di questa presenza sistema-tica di riflessione evangelica, sono in-

    numerevoli le occasioni in cui il setti-manale diocesano si fatto portavocedelle iniziative del prete padovano im-pegnato in molteplici campi della pa-storale sociale, con responsabilit oralocali ora nazionali, ma sempre impe-

    gnative, e altrettanto numerose sono leoccasioni in cui gli stato chiesto difarsi interprete dei problemi che stava-mo vivendo come chiesa, come nazio-ne, come pianeta. In mancanza diunesplorazione sistematica mi limitoa citare quattro uscite, selezionatepiuttosto casualmente eppure signifi-cative dei molteplici piani di interven-to di don Giovanni. Nei primi mesi del1971 (siamo in coincidenza con listi-tuzione della Caritas nazionale, di cuiNervo fu primo protagonista, dopo loscioglimento della Poa) la Difesa de-dica il titolo di apertura della primapagina e il lungo articolo sottostante,firmato G. N., a Il posto dei poverinel nuovo statuto regionale veneto.Con il suo consueto stile, scandito perpunti, don Nervo denuncia la carenza,sempre pi avvertita, di servizi socialie chiede che nel bilancio della regio-ne sia data priorit alle spese per i ser-vizi calcolate secondo i bisogno reali enon secondo i residui del bilancio.Attorno a quella data, altri due suoi ar-ticoli trattano degli istituti educativo-assistenziali per i bambini senza fami-glia e di come vivono con entrate ina-deguate ai loro bisogni.

    Facciamo un salto di quasi diecianni: 6 gennaio 1980, mons. Nervo vicepresidente della Caritas italiana esi trova ad affrontare la questione deiprofughi del Sudest asiatico cacciatifuori dai loro paesi dallinvasione viet-namita. Parla per testimonianza diret-

    ta, come un cronista che

    sa emozionare con i fatti:I profughi arrivavanoraccontando le storie piterribili: un giovane avevaperduto tutti i suoi paren-ti, una ventina. Tutte lepersone in qualche modoistruite venivano elimina-te perch si presumevanon fossero assoggettabi-

    li: gli analfabeti potevano essere me-glio dominati. Succedeva che chi erasorpreso a leggere il giornale o portavagli occhiali era considerato una perso-na istruita ed eliminato. Luccisioneavveniva nel modo pi brutale: colpidi zappa sul collo; le pallottole dove-vano essere risparmiate per i soldati.

    Un altro salto, questa volta di 17anni: 19 novembre 1997. Mons. Nervo

    scrive sullaDifesa come delegato ve-scovile per i rapporti diocesi-istituzio-ni-territorio e interviene sulla campa-gna anti clandestini varata dallasses-sore comunale verde alla poliziamunicipale. Caro assessore scrive

    murare le case diroccate o abbandona-te che diventano covi incontrollabilinon serve se non si aiutano contempo-raneamente i cittadini a comprendereil fenomeno, a conoscerne le radici, adapprezzare lapporto che danno allanostra economia, a creare le condizio-ni perch possa svilupparsi una convi-venza pacifica e civile.

    Lintervento fa seguito a quello del29 luglio quando mons. Nervo si rivol-ge questa volta alle comunit ecclesia-li per offrire qualche orientamenti pa-

    storale riguardo agli immigrati chechiedono di entrare nella fede cattoli-ca: Il decreto del Vaticano II sullapo-stolato dei laici dice esplicitamenteche nellesercizio della carit si abbiaestremo riguardo della libert e delladignit della persona che riceve laiu-to. Limmigrato che ha bisogno ditutto (di lavoro, di casa, di cibo, di ve-stiti, di denaro) pu essere indotto apensare che se si far cattolico avruna vita pi facile in mezzo ai cristia-ni. Meglio attendere un anno che esse-re facili su questo punto: la carit deveesprimersi anzitutto nel rispetto dellalibert dei figli di Dio. Il nostro obiet-tivo diceva mons. Berlier, vescovodel Niger, un paese musulmano dove icattolici dopo 60 anni di presenza dimissionari erano 12 mila non di far

    passare da una religione allaltra, chepu essere anche unetichetta, ma laconversione del cuore a Dio, che cer-chiamo di raggiungere insieme con imusulmani.

    L. B.

    Nella foto

    in alto(di GiorgioBoato), mons.

    Nervoa un recenteconvegnodella Caritas

    padovanain saladella Carit.A destra,

    la copertina

    di unodei volumiche hanno

    raccolto i suoicommential vangelo

    domenicalesullaDifesa.

    giovanninervo

    ildo

    nodelvangelo

    Parole autorevoli su vangelo e societ

    7 NOVEMBRE 1993 Con luiha debuttato un nuovo servizioche continua ancora oggi

    LA DIFESA DEL POPOLO

    31 MARZO 2013

    ACLI Vittorio Marangon, che allora era referente per la zona dei Colli, ricorda la passione del giovane don Giovanni per formare le coscienze dei lavoratori

    Terra di frontiera, per il confronto con i comunisti e la lontananza dei cattolici

    Volute da Pio XII per salvaguardare la fede,la coscienza religiosa di tutti i lavoratori cattoli-

    ci impegnati nel sindacato unitario, le Acli a Padovasono nate nel 1945 sotto la presidenza di AntonioGuariento e poi di Angelo Lorenzi. Don GiovanniNervo, allora appena ventiseienne, divenne il primoassistente provinciale, con a fianco come consu-lente mons. Francesco Dalla Zuanna. Un incaricoche mantenne fino al 1950, quando fu sostituito damons. Andrea Pangrazio. Nel giro di un anno ri-corda lo stesso mons. Nervo demmo vita a tuttala struttura organizzativa, specialmente a quellaaziendale. Fu un periodo molto intenso di forte im-pegno dei lavoratori cristiani (penso a certe elezionidi categoria) e di forte combattivit: le Acli erano inposizione reale, e non solo ideale, di frontiera.

    Il problema che mons. Nervo si trov subito adaffrontare fu quello di un rapporto complesso, tuttoda costruire, con la chiesa locale: Il mondo cattoli-co dichiara nella pubblicazione che tira le som-

    me di mezzo secolo di pastorale del lavoro a Pado-va gravitava pi sullarea contadina che su quel-la operaia: n gli operai sentivano vicina la chiesan la chiesa (Azione cattolica, altre associazioni, leparrocchie in genere) si sentiva realmente vicinaagli operai. Si aggiungeva, ad aggravare la situa-zione, il problema del comunismo, che in realt sipresentava in modo complesso e ambiguo perchportava contemporaneamente con s una dottrinamaterialista atea e un insieme di esigenze di giu-stizia profondamente cristiane.

    Vittorio Marangon, ex partigiano, maestro ele-mentare e sindaco di Cervarese, era nellimmedia-to dopoguerra il delegato delle Acli per la zona deiColli e delle terme euganee; poi ne divenne presi-dente provinciale e regionale, negli anni Sessanta.Erano quelli anni di grande entusiasmo, ma anchedi grande tensione. Abbiamo costituito le Acli dalniente; si andava nelle parrocchie alla sera a parla-re ai lavoratori della dottrina sociale della chiesa,

    ma anche dei problemi concreti della gente. Si fa-ceva formazione, ma non solo a parole, anche coni fatti, con lassistenza sociale che era uno dei mo-di per avvicinare i lavoratori, per essere accanto aloro nella vita reale. Ricordo convegni molto affolla-ti al Barbarigo, o in seminario o in qualche parroc-chia della citt. Mons. Nervo nelle sue relazioni in-sisteva molto sui fondamenti della visione cristianadella societ, sulla collaborazione tra le classi so-ciali contro la lotta di classe portata avanti dai co-munisti. Era un modo radicalmente diverso di con-cepire luomo su cui si dialogava senza confonder-si, con scontri duri. Nelle grandi fabbriche come laSaimp, lUtita, come nelle cave di Montemerlo.

    Nel ricordo di Vittorio Marangon, mons. Nervoappartiene, insieme a don Pietro Costa, a mons.Piero Zaramella e a pochi altro, a quel gruppetto dipreti padovani che furono lanima del movimentooperaio cattolico, in un periodo in cui i preti eranopi vicini ai contadini e agli artigiani, al ceto medio.

    Hanno lasciato unimpronta nella pastorale del la-voro, in fedelt al magistero sociale. Hanno diffusoil concetto di collaborazione tra le classi, del valoredel lavoro e dellassociazionismo cattolico. Abbia-mo girato la provincia per parlare nei circoli con ilavoratori. La chiave di tutto era la formazione so-ciale: gli incontri erano sempre gremiti e si forma-vano persone convinte e motivate. Era una forma-zione continua che insisteva su principi base dellostato democratico come la sovranit popolare, lostato sociale e lo stato di diritto. E nello stessotempo maturavamo quelle idee di servizio che poiNervo ha calato nella Caritas nazionale. Lidea chela carit cristiana non elemosina, ma fraternit, voler bene al prossimo e aiutarlo da pari a pari nel-le sue esigenze concrete. Era una pastorale incar-nata, vissuta tra la gente, assumendone i problemie cercando di risolverli unendo teoria e prassi, per-ch la teoria e basta sterile e la prassi senza teo-ria si riduce ai schei.

    Ha commentato linterociclo triennale del

    vangelo della domenicaed intervenuto

    sulle politiche sociali,le crisi internazionali,

    gli immigrati...