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COMUNE DI CASTELLETTO TICINO PROVINCIA DI NOVARA Assessorato alle politiche giovanili Assessorato alle politiche giovanili GIOVANI & IDEE Percorsi di cittadinanza attiva giovanile Giovanni Campagnoli e Nadia Trabucchi

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COMUNE DI CASTELLETTO TICINO PROVINCIA DI NOVARA Assessorato alle politiche giovanili Assessorato alle politiche giovanili

GIOVANI & IDEE Percorsi di cittadinanza attiva giovanile

Giovanni Campagnoli e Nadia Trabucchi

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Presentazione

Le indagini avviate negli ultimi anni per sondare la questione delle politiche giovanili hanno evidenziato le tendenze emergenti tra la nuove generazioni, presentando una specificità giovanile nella creazione di nuovi bisogni e valori, di nuovi significati sia in rapporto alla sfera strettamente privata sia in rapporto a quella più generale e sociale. Sta quindi cambiando il modo con cui i giovani si pongono nei confronti degli apparati istituzionali deputati al governo e all’amministrazione dei ruoli sociali a rilevanza politica.

Anche gli enti locali devono ripensare e ridefinire le proprie strategie, delineando metodologie, aggregando risorse, dando centralità ai processi di collaborazione fra enti ed istituzioni. Seguendo i programmi dell’Unione Europea e la necessità di creare i cittadini d’Europa occorrerà privilegiare e sviluppare l’aspetto dello scambio fra giovani di diverse nazioni proprio per una visione di vita europea e per l’accrescimento della loro personalità.

Gli scambi fra giovani devono essere fondati sul principio dell’apprendimento interculturale in modo tale da far percepire l’Europa come parte integrante del proprio ambiente storico, politico, culturale e sociale. È importante far comprendere che lo scambio è ospitalità, amicizia, comprensione e accettazione delle differenze.

I giovani potranno confrontarsi con altre culture, sviluppando la tolleranza e acquisendo fiducia in se stessi di fronte a esperienze e comportamenti nuovi.

Affinché queste attività possano svilupparsi coinvolgendo i giovani in prima persona è necessario il supporto delle persone e delle istituzioni ad essi vicini e quindi in prima linea la scuola che, come sempre, ha il compito delicato e importantissimo di formare e informare i giovani ad affrontare il futuro.

Per questo in collaborazione con il Comune di Castelletto Ticino e con Vedogiovane abbiamo deciso di realizzare uno strumento che venga utilizzato per diffondere le opportunità a favore delle nuove generazioni: così è nato questo manuale che raccoglie le opportunità (locali, nazionali ed europee) messe a disposizione a favore dei giovani e delle giovani per realizzare progetti ed attività che favoriscano la loro crescita e le loro capacità creative e di aggregazione.

Elisa Bazzica Assessore Provinciale alle Politiche Giovanili

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Un VADEMECUM per lo sviluppo di POLITICHE GIOVANILI L’idea di questa pubblicazione nasce soprattutto dalla volontà di integrare il materiale emerso dal convegno “Dalla L.R. 16/95 ai tavoli di progettazione per e con i giovani” (che si è svolto a Castelletto Sopra Ticino venerdì 6 dicembre 2002, promosso da Comune, Provincia di Novara e Vedogiovane), elaborando una guida con strumenti e stimoli per giovani, operatori ed amministratori interessati a lasciarsi coinvolgere ed a mettersi in gioco progettando per la città, per il paese, per loro stessi e per i loro figli. Così si è pensato di “costruire” uno strumento fruibile ed accessibile rivolto sia ai giovani che vogliano costituirsi in associazione, promuovere esperienze di forum giovanili ed utilizzare le opportunità che la Comunità Europea mette loro a disposizione, sia agli amministratori pubblici delegati ad occuparsi di giovani e quindi interessati alle politiche giovanili, consapevoli delle difficoltà riguardo ad una materia tanto complessa ed in rapidissima evoluzione. Questa guida è uno strumento che oggi manca, un “vademecum” utile anche alla ricerca di risorse per “dare gambe” alle idee giovani ed alle giovani idee. Per questo si è pensato ad una distribuzione mirata, quasi basata sul passaparola, facendo finire questa guida nelle mani di chi è interessato anche a solo uno dei cinque capitoli e che successivamente possa leggere anche dell’altro. Ecco allora il senso dei cinque capitoli, autonomi e legati allo stesso tempo da una circolarità. Quasi a dire: non è così importante da dove partire, basta cominciare! Attivare quindi processi che conducono quell’incontro tra giovani ed istituzione, auspicabile non già per il futuro, ma per il presente del nostro Paese.

Matteo Besozzi Assessore alle Politiche Giovanili

Comune di Castelletto Sopra Ticino

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GLI AUTORI Giovanni Campagnoli 35 anni, laureato in Bocconi, responsabile di Vedogiovane, dove lavora dal ’92, si occupa del Centro politiche giovanili. È consulente per Enti locali sui Progetti Giovani e docente di Economia. Ha pubblicato diversi articoli (anche per Animazione Sociale) e, per Unicopli, il testo “Animazione giovanile. L'esperienza di Vedogiovane”. Relatore a vari convegni, cura la rete informativa in internet www.politichegiovanili.it .

Nadia Trabucchi 29 anni, laureata in Scienze dell’Educazione (indirizzo educatore extrascolastico) all’Università Cattolica di Milano, sta svolgendo lì il dottorato di ricerca in Sociologia e metodologia della ricerca sociale. È presidente di Polis e lavora in Vedogiovane formatrice e ricercatrice, dopo un’esperienza triennale presso l’Osservatorio sull’infanzia, adolescenza e giovani della Provincia di Vercelli. Relatrice a vari convegni, anche pubblicato articoli per Cem Mondialità.

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LE POLITICHE GIOVANILI L’incontro di oggi segue il convegno dello scorso 6 dicembre, che si è svolto qui e che presentava uno strumento (la lr 16/95, la così detta legge giovani”) ed una modalità di lavoro (i tavoli di progettazione per i giovani). A distanza di sette mesi gli stessi tre soggetti (Comune, Provincia e Vedogiovane) sono qui per incominciare a presentare i risultati di un percorso incominciato anni fa e che è partito proprio dalla legge 16. Infatti il Comune di Castelletto Ticino due anni fa ha avviato un percorso di lavoro con i giovani, incontrandoli prima di tutto, ricercandoli, andando dove i ragazzi c’erano (nel Parco qui fuori prima di tutto). Un animatore, quindi una professionalità ad hoc, messa a disposizione dalle istituzioni (Comune e Associazione di Comuni) per i giovani, ha cominciato a lavorare stando con questi ragazzi, conoscendo loro ed il territorio. La scorsa estate questi ragazzi hanno organizzato un concerto, poi si è avviato una riflessione per promuovere la partecipazione attiva dei giovani alla vita della città, scommettendo su servizi e spazi. E così nel nostro Comune sono nate due “cose”: ?? l’Informagiovani (che inauguriamo oggi) ?? il Forum (che verrà presentato in Consiglio Comunale entro luglio). Sono percorsi faticosi, lunghi, che richiedono tempo, impegnativi che si fondano su relazioni, che quindi richiedono pazienza, che non danno risultati nell’immediato, ma bisogna saper attendere. E questa è una dote che spesso i politici non hanno, si cercano risultati nel breve periodo che giustifichino gli investimenti fatti. Oggi però è una giornata attesa da molto tempo, siamo stati pazienti ed abbiamo saputo aspettare. Così possiamo festeggiare tre risultati: 1. presentare il testo “Giovani & idee” che nasce prendendo spunto dagli atti del convegno dello

scorso 6 dicembre; 2. raccontare il lavoro del Forum giovanile; 3. inaugurare il servizio Informagiovani (che è aperto qui 8 ore a settimana dove lavora come

operatore il dottor Andrea Fontana). Questo incontro è quindi già una verifica, un momento per dire e ragionare sulle cose. Una presentazione del testo verrà curata dai due autori (Giovanni Campagnoli e Nadia Trabucchi di Vedogiovane), introdotta da una riflessione dell’Assessore Bazzica. Del Forum dirà due parole l’animatore che lo segue (Massimo Erbetta), mentre Andrea Fontana illustrerà l’Informagiovani che poi noi andremo ad inaugurare. IL TESTO Il testo “Giovani & idee” è nato da un’idea che ci è venuta alla fine del convegno scorso, quando ci siamo accorti che la qualità degli interventi e degli intervenuti era alta e che c’era un bisogno di strumenti che in qualche modo potessero avvicinare giovani e istituzioni. Strumenti che oggi non ci sono o sono sparpagliati in una letteratura sommersa difficile da reperire. Abbiamo pensato subito ad un prodotto “facile”, da far finire nelle “mani giuste”, in quelle cioè di chi ci crede nel lavoro con i giovani, di chi opera quotidianamente con loro. Ma abbiamo pensato anche ad un prodotto da regalare a quei giovani che già lavorano con altri giovani, che vogliono partecipare alla vita della città, a dar vita ad associazioni, a forum, a collaborare con le istituzioni. Ecco allora il senso del sottotitolo “percorsi di cittadinanza attiva giovanile” intendendo questa come un valore, scommettendo quindi sul protagonismo dei giovani, andando a ricercare e coinvolgere tutte le forme di partecipazione giovanile. Infine la struttura della guida, “proprio il come è fatta”: aprendo la prima pagina si scopre che l’indice permette di “cliccare” sui vari capitoli, suggerendo così che non è un ordine rigida dal primo capitolo al quinto, ma ognuno può cominciare a leggere ciò che più gli interessa, quello su

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cui lavora. Da lì poi si collegherà agli altri. Ad esempio, qui a Castelletto possiamo dire che abbiamo cominciato dal Capitolo 3 (Il Forum), con l’augurio un giorno di organizzare anche qui uno scambio europeo (il capitolo 5) e con l’obiettivo di creare associazioni giovanili (capitolo 4), elaborando poi un Progetto giovani vero e proprio (descritto nel Capitolo 2) impostato su finalità e criteri presentati nel Capitolo 1. Ciò significa che per il lavoro con i giovani è necessario dire cominciare e che il vero lavoro è il percorso. Questo significa avere pazienza e stare nell’incertezza, ma significa anche investire davvero sulle giovani generazioni. Concludo ringraziando l’Amministrazione Provinciale nella persone dell’Assessore Bazzica che ha creduto e voluto questo testo, convinta come me, che sia uno supporto utile alla progettazione e quindi a produrre risultati nel lavoro con i giovani.

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Capitolo 1 GIOVANI E ISTITUZIONI: UN INCONTRO POSSIBILE 1. LA PARTECIPAZIONE

1.1 LA PARTECIPAZIONE GIOVANILE OGGI 1.2 LA PARTECIPAZIONE COME PRESUPPOSTO DI DEMOCRAZIA

1.2.1 Indissolubilità del binomio informazione e partecipazione 1.3 LA PARTECIPAZIONE ALLARGATA

2. LE POLITICHE GIOVANILI

2.1 POLITICHE GIOVANI: INVESTIMENTO PER IL FUTURO DEL PAESE, A PARTIRE DAI COMUNI 2.2 LA STORIA DEI PROGETTI GIOVANI FINO AD OGGI

2.3 NUOVE PROSPETTIVE PER LE POLITICHE GIOVANILI 2.4 QUALI CRITERI PER LE POLITICHE GIOVANILI?

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1. LA PARTECIPAZIONE Vi è una suggestiva ipotesi che propone una visione ciclica dell’andamento della partecipazione per cui ad un periodo di intensa partecipazione sociale e politica segue un periodo di stasi e arretramento. Così se negli anni ‘80 si registrava un movimento definito di riflusso, complementare a quello degli anni ‘70, caratterizzato da una forte spinta partecipativa, dovremmo oggi trovarci ad affrontare un tempo di nuovo riflusso, che non è stato in realtà preceduto dal complementare periodo di grande partecipazione. 1.1 LA PARTECIPAZIONE GIOVANILE OGGI Se è vero che vi è stato un alternarsi di fasi cicliche nella partecipazione e nell’impegno pubblico, oggi si può registrare che non vi è stato solo questo, bensì che alcune trasformazioni emerse in questo periodo sono di carattere strutturale, destinate a durare, più che episodi legati ad una fase. Alcune trasformazioni sono davvero interessanti. La prima è la crisi dei grandi soggetti collettivi, attori della rappresentanza sociale. Si tratta di un passaggio da un sistema composto da pochi, grandi e stabili attori sociali, ad uno frammentato, in cui operano gruppi più piccoli e fluidi. Quali le cause all’origine di questa trasformazione? La prima è la crescita del benessere materiale che ha ridotto la dipendenza dal bisogno permettendo un allargamento dei temi attorno a cui i gruppi si formano e si mobilitano. Un secondo vettore di mutamento è la crescita nei livelli medi di scolarità. La diffusione dell’istruzione ha aumentato il desiderio e la capacità degli individui di scegliere in prima persona. Il terzo è lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa che, divenuti facilmente accessibili, hanno accresciuto le dimensioni dell’offerta culturale, producendo una società che ampia radicalmente le possibilità di scelta da parte dell’individuo dei riferimenti che alimentano l’identità. Norme e valori perdono quelle caratteristiche di naturalità e oggettività che derivano dal legame con gruppi sociali stabili. Il risultato è una crescita della individualità, ma anche della fluidità e contingenza del sociale. Per l’individuo la disponibilità, e così la scelta di riferimenti culturali, viene a separarsi dalle relazioni fondate su una comune appartenenza sociale. La persona è in grado di soddisfare il proprio bisogno di modelli e significati, può costruire e alimentare la propria identità, anche al di fuori delle relazioni fissate da una stabile condizione sociale, di natura economica o di altro tipo. Ne deriva un aumento della contingenza dei gruppi sociali che oggi tendono ad individuare insieme fluidi di persone riunite dal fatto di “pensare allo stesso modo”. Di qui la comparsa di tematiche nuove, nuovi ambiti di aggregazione, nuove ideologie, nuove forme di azione collettiva in quel processo che è stato definito di frammentazione sociale. Il risultato di questo processo può essere una complessiva diminuzione della partecipazione sociale, ma può essere anche una partecipazione che è diventata meno visibile, perché oggi tende a frammentarsi, a disperdersi in tanti piccoli rivoli. Se è così, più che di riflusso bisognerebbe parlare di una trasformazione qualitativa della partecipazione . In realtà, fino al 2000, non si può negare anche l’esistenza di una caduta complessiva della mobilitazione sociale, che è ripresa in occasione delle grandi manifestazioni nazionali e mondiali sui grandi temi (Giubileo, Social Forum, lavoro, pace) e ciò segnalerebbe un bisogno di “agganciarsi a qualcosa di grande”, che dia valore e riconoscimento. L’accelerazione nella crescita del pluralismo può però aver portato con sé anche forme di partecipazione che sono diventate più difficili da individuare. A fianco di questa prima ipotesi di lettura del mutamento ne esiste un’altra più drastica che si può definire dell’individualismo radicale. Anch’essa ha come punto di partenza il riconoscimento di

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una crescita degli spazi a disposizione dell’individualità, crescita interpretata come “fine del sociale”. Oggi l’individuo appare sempre più solo nella scelta tra una grande varietà di modelli. La costruzione dell’identità personale risulta sempre più un processo problematico, frutto di contingenti scelte individuali, sempre meno invece è il risultato automaticamente prodotto da gruppi e appartenenze sociali. Questa ipotesi ritiene che i gruppi sociali siano a rischio di scomparsa (perlomeno quei gruppi che fanno riferimento alla presenza fisica di persone), di cui l’individuo ha meno bisogno perché ha a disposizione altre vie, più ricche e meno faticose, per alimentare il proprio mondo interiore. Tab. 1: Dati di sintesi inerenti la partecipazione giovanile (Indagine Iard 2000) Indagine Iard 2000 (campione nazionale di 2.500 giovani tra i 15-34 anni): Partecipazione: ?? nei tre mesi precedenti la ricerca, solo il 10% degli intervistati ha svolto attività di volontariato; ?? crollo della partecipazione in tutti i campi, scuola, lavoro, ambiente, pace, eccetto che per i

problemi locali. Atteggiamenti verso la politica: ?? si alza la quota dei disgustati, mai così alta (26.5%); ?? non si è abbassata la % di chi è impegnato, ma i giovani meno leggono e più lasciano fare a altri; ?? autocollocazione destra-sinistra: molti rifiuti a usare la scala. Preferenze elettorali: ?? voto medio assegnato ai partiti è 3,4 punti su 10; ?? attraverso uno studio sui valori etici di Destra e Sinistra, emergono valori contrapposti, i valori

degli uni sono i disvalori degli altri, il 43% non prende posizione. Valori post-materialistici: data la distinzione tra valori post-materialistici (libertà e partecipazione) e materialistici (benessere e sicurezza), crescono i secondi. Fiducia: due tipi di fiducia: personale che nasce dalla conoscenza diretta dell’altro e impersonale rivolta non a singoli, ma ad istituzioni, gruppi. Nell’indagine su quest’ultima, considerata base per il capitale sociale, emerge che in Italia vi è il più basso grado di fiducia nelle istituzioni rispetto agli altri Paesi d’Europa, mentre si ha più fiducia di altri paesi in istituzioni extra-nazionali. La fiducia è collegata a: - soddisfazione di sé; - soddisfazione delle proprie relazioni; - fiducia nelle altre persone. L’aumento dell’età tende a generare scetticismo Sarebbe interessante valutare la diversa tendenza segnalata da una parte dall’aumento delle appartenenze al mondo delle associazioni e dall’altro dalla crisi della rappresentanza. A questi dati vanno aggiunti quelli che mostrano in modo chiaro le linee di tendenza nella trasformazione dei principi che guidano i giovani. Si tratta di trasformazioni lente, proprio perché i sistemi valoriali rappresentano strutture di fondo, non soggette ad oscillazioni forti; ma esse sono un indizio abbastanza chiaro di come si stia trasformando la nostra società. Accanto al permanere della famiglia come principio fondante la vita degli intervistati, si rileva il calo dell’importanza del lavoro che dal 1983 al 1996 perde quasi otto punti percentuali, mentre in

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costante crescita è l’amicizia, ad ulteriore dimostrazione del sempre maggior rilievo delle reti di relazione e dei network fondati sull’affettività. Anche l’impegno religioso appare in lento, ma costante progresso, così come l’impegno politico, dopo il calo della metà degli anni Ottanta sembra in lenta ripresa, anche se su livelli sempre molto bassi. Più oscillante l’impegno sociale che tuttavia sembra aver recuperato quella fuga dalle responsabilità pubbliche che ha caratterizzato la seconda metà del decennio scorso. In conclusione si può sostenere che certamente gli anni che stiamo vivendo sono caratterizzati dal rifugio nel privato, dalla ricerca di sicurezze nel mondo degli affetti e delle strette relazioni con l’intorno sociale più immediato. Ma non si possono trascurare quei segnali di una voglia di impegno verso la collettività. Segnali che avrebbero forse bisogno di essere più incoraggiati e stimolati di quanto oggi non avvenga nel nostro Paese. 1.2 LA PARTECIPAZIONE COME PRESUPPOSTO DI DEMOCRAZIA Oggi ci si trova di fronte ad una realtà giovanile che evidenzia una distanza tra giovani e istituzioni e una sfiducia tra giovani e mondo adulto (politici, sindacati, giornalisti, ecc.). Come ridurre questa distanza? Sono gli stessi giovani a suggerire alcune riflessioni in merito: infatti nel Libro Bianco per la Gioventù1, frutto di un’ampia consultazione tra giovani di tutta Europa, si sono approfonditi sei temi inerenti la partecipazione, che sono: I. Una rivendicazione chiaramente espressa Vi è la volontà dei giovani di partecipare attivamente alla società in cui vivono ed è infondata l’opinione secondo cui sarebbero poco interessati e poco impegnati. Ritengono che non vengano dati loro né i mezzi finanziari, né le informazioni o la formazione che consentirebbe loro di svolgere un ruolo più attivo. Il divario tra aspettative e realtà spiega l’auspicio e il bisogno di rafforzare la partecipazione. II. Un concetto globale, un diritto universale, molteplici realizzazioni pratiche I giovani rivendicano il diritto di parola in tutti gli aspetti della loro vita quotidiana come la famiglia, la scuola, il lavoro, le attività di gruppo, il quartiere, ecc.; in questo modo, però, guardano in modo più ampio anche alle questioni economiche, sociali e politiche. L’interesse dei giovani non si limita alle questioni locali, ma abbraccia anche la regione, il Paese, l’Europa e il mondo. La scommessa è puntare quindi su una partecipazione ed una cittadinanza attiva dei giovani, nel senso che la partecipazione non può essere limitata alla sola consultazione e ancor meno a sondaggi d’opinione, ma deve includere i giovani nel processo decisionale. III. La partecipazione dei giovani: un processo di apprendimento Come presupposto alla partecipazione, i giovani devono acquisire o sviluppare delle competenze. Si tratta di un processo graduale di apprendimento, che comincia nel loro ambiente di vita (scuola, quartiere, comune, centro giovanile, associazione) e che consente di realizzare mutamenti concreti, visibili e controllabili dai giovani stessi, diventando parte integrante del processo decisionale. IV. Partecipare? Sì, … ma come? I giovani giudicano insufficienti gli attuali meccanismi di partecipazione. Diffidano di alcune forme di democrazia rappresentativa, privilegiando un impegno di prossimità, più diretto e immediato, tra cui quello nelle organizzazioni giovanili più o meno istituzionalizzate per rispondere di più alle aspettative di una parte dei giovani favorendo approcci innovativi che consentano una maggiore apertura. 1 Libro Bianco per la Gioventù, Commissione Europea, Bruxelles 2001.

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V. Partecipazione reale contro partecipazione simbolica I giovani rifiutano le forme di partecipazione puramente simboliche. VI. Le condizioni della partecipazione L’istituzione di un quadro giuridico è considerata dai giovani come una delle condizioni necessarie per sviluppare una partecipazione reale, che deve prevedere aiuti alle strutture e si deve reggere sul principio di educazione alla democrazia. Le organizzazioni giovanili chiedono inoltre che siano incoraggiate tutte le forme di partecipazione, già esistenti o nuove. Sono necessari più mezzi in termini di tempo e di denaro, occorre esaminare le difficoltà specifiche di accesso (di carattere sociale, culturale, fisico, mentale, ecc.) e deve essere prevista per tutti un’educazione civica. Infine le organizzazioni insistono affinché le opinioni e i contributi dei giovani si concretizzino in decisioni da comunicare poi ai giovani stessi. In un tale contesto, secondo le organizzazioni, si potrebbero definire i principi, le norme e gli obblighi legati all’età in cui si usufruisce del diritto di voto e di eleggibilità (compresa la questione dell’abbassamento di tale soglia), l’estensione del diritto (agli immigrati, ad esempio), o ancora l’introduzione di un’educazione alla cittadinanza attiva. Corollario indispensabile allo sviluppo di questa cittadinanza attiva è quello dell’informazione che è un ambito da cui i giovani si attendono molto: consapevoli che i campi da coprire sono ampi (occupazione, condizioni di lavoro, alloggi, studi, salute ecc.) e che vanno al di là di un’informazione sui programmi comunitari, le loro aspettative vertono in primo luogo sul riconoscimento del fatto che c’è un bisogno da soddisfare. I giovani hanno anche molto insistito sul rispetto del principio di parità d’accesso, di prossimità e di norme etiche elevate. Inoltre si è posto l’accento sull’importanza di un’informazione “dal volto umano” che associ i giovani sia nell’elaborazione dei contenuti che nella loro diffusione. 1.2.1 Indissolubilità del binomio informazione e partecipazione L'obiettivo dell’azione europea non deve mirare a moltiplicare le strutture, i canali e la quantità di informazioni già disponibili, deve invece fare un salto di qualità in materia di informazioni destinate ai giovani. Tutte le azioni di informazione devono fondarsi sui seguenti principi: ?? il riconoscimento esplicito di una reale necessità di informazione e quindi l’elaborazione di una

strategia coordinata per l’informazione dei giovani; ?? le pari opportunità dinanzi all’informazione; ?? l’accesso gratuito a tutte le forme di informazioni pratiche; ?? la vicinanza, la flessibilità, una comunicazione dal volto umano; ?? l’ottemperanza a norme etiche elevate; ?? la partecipazione dei giovani alla definizione e all’attuazione degli strumenti di comunicazione

che li riguardano, ovvero al loro sviluppo. L’azione di informazione e di comunicazione per i giovani deve fondarsi su tre linee direttrici: ?? contenuto dell’informazione diffusa: deve essere incanalato in funzione delle aspettative dei

giovani; ?? strumenti e canali volti a diffondere le informazioni: devono essere di agevole accesso, facili da

usare e raggiungere i giovani dove si trovano veramente (primariamente negli istituti scolastici, ma anche nei quartieri e per le strade);

?? questi strumenti e canali si devono intersecare (lavoro di rete). È la partecipazione il prerequisito che rende possibile incontri tra giovani e istituzioni, che significa poi anche tra giovani e adulti, quindi tra generazioni diverse. Questo incontro deve essere pensato, sia in termini di tempi che di strumenti, sia rispetto a modalità che a spazi, sottolineando comunque che il luogo principale deve essere la città, la polis, che deve voler progettare per e con i giovani.

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1.3 LA PARTECIPAZIONE ALLARGATA La partecipazione giovanile non si limita al rapporto giovani-istituzioni, ma vanno considerate tutte le forme in cui si esprime. Cioè esiste oggi un concetto di “partecipazione allargata”, che sottende forme diverse ed originali, tra cui, ultima, quelle dei “movimenti”. Se uno degli aspetti positivi di queste forme è la presa di coscienza della necessità di rivedere alcune modalità ed assetti della nostra società, rimandando quindi a “soluzioni politiche”, è vero anche che i moti partecipativi di oggi sono senz’altro più vasti della stessa partecipazione politica. La crisi della partecipazione si risolve individuandone i virus , cioè quegli elementi che ne impediscono l’attuazione (vedi più avanti). Il gruppo è il luogo per eccellenza di mediazione fra individuo e società, ma oggi la gruppalità vive una fase di forte “sovraccarico”, in quanto investita di più problemi, rispetto a quanti ne possa realmente digerire2. Ciò determina una pressione che può sfociare anche nella cosiddetta “aggressività di gruppo” (il “branco”). Ma c’è invece bisogno che il gruppo regga, che faccia un’operazione clinica, di analisi, che rifletta, mentre spesso il gruppo non riesce più ad essere un luogo di rielaborazione. Allora sono le diverse e plurime situazioni partecipative che l’individuo vive ad aiutarlo a riposizionarsi. E partecipare significa vivere tutte le esperienze che aiutano a ricollocarsi. È un’idea di partecipazione molto più ampia, tanto che sono individuabili alcuni “gradini” della partecipazione. Infatti: 1. c’è partecipazione quando c’è relazione tra adulti e giovani, fra generazioni. Si pensi al fare

l’amore come metafora della partecipazione. Partecipazione è esserci nelle cose che si fanno, dandogli senso…ed essere poi soddisfatti. Non c’è partecipazione quando non si è nelle cose che si stanno facendo. Partecipazione dunque è relazione intergenerazionale, in cui chi è coinvolto è presente a sé stesso. Nella relazione tra generazioni, l’adulto è la storia dell’uomo che si fa presente, qui ed ora. L’opposto della partecipazione è allora la scissione;

2. aiuta la partecipazione ogni azione che implica uscita dalla vita quotidiana. Frequentando mondi di significati diversi dalla quotidianità è possibile riposizionasi, trovare nuove interpretazioni di senso. Ecco che la musica, un viaggio, una festa, fare l’amore…sono azioni di partecipazione, nelle quali è possibile uscire e prendere delle distanze dalla vita quotidiana e realizzare poi una scoperta, un apprendimento. Una precondizione è che l’uscita dal quotidiano debba essere gestita bene e perché lo sia è molto importante l’elaborazione culturale. Ma anche elaborare idee permette di riposizionarsi, anche se oggi sembra non se ne elaborino più molte…;

3. c’è partecipazione quando si arriva a chiedersi cosa se ne fa dell’altro, perché realizzando l’altro si realizza sé stessi. La sfida è superare la scissione e questo avviene quando si ha cura dell’insieme. Così la comprensione dell’altro mette in discussione l’individualismo. E sono innumerevoli i microluoghi dove si incontra l’altro;

4. c’è partecipazione quando ci si unisce ad altri per risolvere un problema, provando a condividerlo, formando così delle gruppalità e partecipando a più gruppi; ma anche un certo modo di consumare non è fruire, ma partecipare. Per esempio in un Progetto giovani, si possono organizzare attività con pochi giovani e poi ne fruiscono molti altri. Anche questi “molti” partecipano, se l’iniziativa è occasione per dare senso al quotidiano;

5. va riscoperta la politica, il mettersi insieme per risolvere i problemi della comunità locale. Riprendendo ciò che è stato detto all’inizio, è importante individuare i virus , cioè tutto quello che potrebbe ostacolare la partecipazione, intesa come uscita dai vincoli e dall’isolamento. Si tratta dell’ansia eccessiva, dell’egocentrismo (che non è detto che sia egoismo, ma è una forte centratura su di sé), della “tribù”, del pensiero semplificato, dell’espertismo (per cui per ogni problema c’è un esperto che dà la soluzione), dell’incertezza e dell’insicurezza dell’oggi. Ed è a fronte della complessità che è possibile prendersi un virus.

2 In corrispondenza di ciò, anche nel lavoro sociale probabilmente la gruppalità non è più il luogo in cui affrontare e risolvere tutte le questioni, per cui è necessario trovare altre forme per affrontare i problemi, per esempio lavorando in sottogruppi su sottoproblemi.

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2. LE POLITICHE GIOVANILI Il modo con cui si fanno politiche giovanili indica la capacità del Paese di occuparsi di sé stesso, perché investe per il suo futuro. Ma a chi spetta questo compito? Sicuramente un grosso ruolo lo giocano i Comuni, che hanno una funzione di centralità rispetto al ricostituirsi del senso di comunità. 2.1 POLITICHE GIOVANI: INVESTIMENTO PER IL FUTURO DEL PAESE, A PARTIRE DAI COMUNI La città oggi, dopo le riforme in senso federalista3 ed all’elezione diretta del sindaco, è percepita come il luogo più “partecipativo” ed “il pezzo di Stato più vicino ai cittadini”. Mai come ora le Amministrazioni locali hanno possibilità e strumenti di autogoverno, a cui devono però affiancare capacità e competenze nello svolgere l’azione amministrativa. Le grandi leggi di riforma del diritto amministrativo e dell’organizzazione del potere locale, succedutesi a partire dall’inizio degli anni ’90 (la cui applicazione è ancora in corso), cercano infatti di dare completa attuazione al principio costituzionale dell’autonomia degli Enti locali. Riflettere e conoscere per sapere e per saper fare può essere un modo affinché chi è delegato a manovrare le leve del bene comune abbia ancor più chiara l’esistenza ed il senso degli strumenti del lavoro quotidiano, focalizzandosi proprio su cosa è lo specifico oggetto di lavoro dell’amministratore pubblico. Infatti questi cambiamenti richiedono una classe dirigente in grado di esprimere una cultura di governo che si sostanzi nella capacità di elaborare progetti. Si tratta di progetti per costruire città vivibili, in cui la dimensione umana e relazionale sia tenuta in forte considerazione, nel quotidiano così come nella progettazione. Luoghi educativi quindi (vedi par. 2.3) cioè dove la qualità della vita non coincida esclusivamente con qualità di servizi ed infrastrutture, ma anche con qualità delle relazioni. Infatti nei Comuni devono costituirsi senso di appartenenza e garanzia dei diritti di cittadinanza, per diventare sempre più luoghi di confronto e di scambio di relazioni tra generazioni diverse e con il diverso: questa è la sfida che attende le città e le nuove generazioni. Le difficoltà sono oggi di due tipi, di ordine generale e specifico per i progetti giovani. Le prime riguardano proprio la poca chiarezza dell’oggetto di lavoro del politico locale, che spesso gli amministratori stessi manifestano4. Rispetto alle difficoltà di ordine più particolare per quel che riguarda le politiche giovanili, la mancanza di una legge quadro nazionale in materia di giovani (a parte i protocolli di intesa dell’Anci sul lavoro e sugli Informagiovani), fa si che ogni Amministrazione locale in questo ambito debba continuare a “navigare a vista”. L’indicazione che emerge rileggendo tutte le esperienze di successo del lavoro con i giovani è che le istituzioni si devono occupare di giovani considerando l’essere giovani come risorsa positiva, con cui rapportarsi non attraverso processi di “etichettatura”, ma agevolando processi che portino nuova cultura. In questo modo i progetti giovani dovranno tradursi in una serie di interventi pensati collettivamente da più soggetti, tra cui i giovani stessi. Interventi quindi per i giovani inseriti nei bilanci delle Amministrazioni in capitoli ad hoc tra le spese correnti, da rifinanziare ogni anno, se non anche tra gli investimenti, ad esempio per la realizzazione di strutture. Questo è un aspetto da sottolineare: gli enti locali (oggi più che mai Regioni, Province e Comuni) hanno di fatto adempiuto ad un obbligo che in altri Paesi spetta al governo centrale, dove il problema giovanile, il problema della maturazione globale del cittadino adulto di domani, è 3 In particolare il d. leg. 112/98 che ha trasmesso a Comuni e Province una serie di deleghe tra cui quella ad occuparsi di giovani. 4 Per questo nessuno deve sentirsi escluso dall’aiutare l’amministratore, proponendo progetti ed interventi. Ma non solo: viste le dimensioni limitate della maggior parte dei Comuni italiani (il 73% dei quali ha meno di 5.000 abitanti) e quindi le limitate risorse messe a disposizione, gli interventi devono saper coinvolgere tutta la comunità (oratorio, gruppi informali, associazioni) cominciando ad esempio a sostenere quelle esperienze positive che già ci sono, senza sostituirsi o porsi in alternativa ad esse.

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considerato fra i compiti istituzionali fondamentali dello Stato e dove gli Enti locali contribuiscono alla sua determinazione attraverso indicazioni e strumenti offerti dallo Stato. Ciò anche perché, a differenza della maggior parte dei Paesi Europei, in Italia non vi è appunto una legge nazionale sui giovani, né un Ministero ad hoc, non vi è un Piano Giovani, né una Agenzia Nazionale, non vi è una struttura consultiva e di coordinamento in cui sono rappresentate le associazioni giovanili (al fine di garantire una partecipazione diretta e attiva dei giovani nella formulazione dei provvedimenti che li riguardano). Attualmente la delega per le politiche giovanili è attribuita al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche se altre competenze in materia di giovani sono sparpagliate tra diversi altri Ministeri (es. quello della Pubblica istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, degli Affari esteri, dell’Interno). In Italia si è assistito pertanto a caratteristiche d’intervento estremamente frazionate, legate spesso solo alla sensibilità e alla disponibilità delle varie figure politiche presenti in questo settore. Questo ha determinato un quadro estremamente disomogeneo e variegato che ha portato ad uno sviluppo a “macchia di leopardo”. I Progetti giovani, istituiti presso gli enti locali a partire dagli anni settanta nel loro insieme di iniziative e soprattutto nel loro sviluppo di collaborazione fra pubblico e privato, spesso sono stati un primo intervento in un’ottica di prevenzione del disagio giovanile. La creazione di Servizi Informagiovani è forse il settore che i Progetti giovani hanno sviluppato in modo più originale, tanto che questi Servizi (gli unici pensati per i giovani e presenti, anche se in misure diverse, su tutto il territorio nazionale) sono sorti anche dove di fatto non esisteva un Progetto giovani. Così, definire cosa sono oggi le politiche giovanili, richiede alcune riflessioni. In Italia sono parecchi gli interventi che si rivolgono ai giovani, pur senza porre l’accento su di loro, ma concentrandosi invece sull’oggetto. Si pensi per esempio ad aspetti quali il lavoro, la salute, la cultura, l’istruzione, la formazione professionale, l’informazione, la casa, la mobilità, i fenomeni di devianza, ecc. . Ogni ambito è oggetto di specifici interventi pubblici in cui l’attenzione per la dimensione giovanile convive con problematiche di carattere più generale che coinvolgono l’intera popolazione. Ma chi si occupa di questi interventi? Si tratta di molti attori che spesso agiscono da “separarti in casa”: sono soggetti pubblici di livello nazionale (Governo e Ministeri) e locale (Regioni, Province e Comuni), soggetti di natura privata e non-profit (associazioni, cooperative giovanili, organizzazioni non governative, fondazioni, ecc.). In ultimo, la riflessione va posta anche su chi sono i giovani, almeno rispetto alla fascia d’età: minori? Giovani oltre l’obbligo scolastico? Adulti sotto i 35 anni? Così è corretto affermare che oggi non esiste una politica nazionale per i giovani, se con ciò s’intende un insieme coerente, unitario ed integrato di iniziative rivolte al mondo giovanile, ma si registra invece la presenza di una molteplicità di politiche, diversificate per finalità e settori di intervento, che spesso hanno dato origine, pur nella loro ricchezza di originalità, a sovrapposizioni, duplicazioni o lacune impreviste o indesiderate. 2.2 LA STORIA DEI PROGETTI GIOVANI Per quanto detto in precedenza, è chiaro che le politiche per i giovani non sono da considerare una somma di interventi, ma una politica di programmazione delle città che tiene conto del mondo giovanile (abitazione, socialità, lavoro, cultura, informazione, ecc.). Così oggi sono ancora pochi i Comuni dove le politiche giovanili vengono affrontate, anche se le ricerche condotte in Italia nel corso del tempo (vedi Tab. 2) hanno indicato diversi e consistenti ritmi di diffusione di Progetti giovani nei Comuni italiani. Storicamente, a partire dagli anni ‘70, sono state molte le iniziative rivolte ai giovani da parte del tessuto associativo (sportivo, culturale, ricreativo, educativo, che ha costituito e costituisce tuttora,

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un riferimento significativo) e della Chiesa cattolica con le strutture parrocchiali e le molteplici attività formative e ricreative. Tab.2: Le ricerche sulla presenza di Progetti Giovani ANNO ENTE CAMPIONE RISULTATI 1984 ANCI 267 Comuni con più di 30.000 abitanti 41%

1992 Gruppo Abele

Ministero degli Interni 1.038 Comuni con più di 10.000 abitanti

58%

1996

A.Aster

214 Comuni 43%

Come detto, quello che è mancato è lo sviluppo organico di un insieme di opportunità d’incontro, svago, cultura, partecipazione, attivato e realizzato direttamente da istituzioni pubbliche, non vincolato dall’adesione ad associazioni od organizzazioni di qualsiasi tipo. Vi è stato una sorta di rigetto nei confronti di “forti” azioni politico-formative rivolte ai giovani. Il passaggio alla vita adulta e professionale, così come l’educazione alla democrazia ed alla partecipazione sociale, sono state affidate alla famiglia ed alla scuola da un lato e, dall’altro, ai soggetti “associativi” (partiti, associazioni, sindacati) operanti nella società civile. Così, come già affermato, ogni Amministrazione locale ha dovuto procedere “navigando a vista” e lo sviluppo di una progettualità è avvenuto più su basi di sensibilità (spesso personali), che per riferimenti normativi certi. Le iniziative che dalla metà degli anni ’70 (grazie anche al nuovo quadro di competenze che a partire dal 1977 sono state delegate dallo Stato alle Regioni ed ai Comuni) hanno cominciato a susseguirsi, hanno prodotto essenzialmente i Centri di incontro per giovani, gli Informagiovani e le Consulte (o Forum) giovanili. Dopo l’esperienza di Torino altri Comuni5 hanno seguito l’esempio ed hanno attivato, Progetti giovani. Per diversi anni si è trattato di amministrazioni comunali collocate prevalentemente nel Nord e di entità medio grande. Successivamente l’esempio è stato seguito anche da molte altre città e di dimensioni demografiche medie. La distribuzione territoriale, come detto, è stata a “macchia di leopardo”, con un progressivo miglioramento per l’Italia meridionale ed una situazione di stabilità per il Centro. Si è evidenziato anche un aumento degli investimenti nei Comuni piccoli. Gli interventi sono stati in aree molto problematiche sotto il profilo sociale, per cui hanno riguardato prevenzione (promozione di attività educative e informative sulle droghe) e apertura di strutture di animazione e di socializzazione. Ciò anche perché i fondi nazionali prevedevano l’erogazione di contributi su interventi per il contrasto alla tossicodipendenza (T.U. 309/90) e alla criminalità giovanile (L. 216/91). Se più difficile è stata l’elaborazione di politiche nazionali per infanzia e giovani, oggi c’è sicuramente una maggior sensibilità verso questi temi rispetto agli anni passati, soprattutto grazie all’entrata in vigore della legge 285/976, che ha diffuso logiche di gestione in forma associata tra enti per la realizzazioni di interventi per infanzia e adolescenza, riuscendo a superare i localismi (o campanilismi) ed integrando progetti su bacini di utenza più ampi7. 5 I primi 10 Progetti giovani sono stati a Torino (in assoluto il primo, nel 1977), poi Bologna, Forlì, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Voghera, Ravenna, Perugia, Terni. 6 Anche grazie al fatto che questa legge ha stanziato fino a oggi oltre 530 milioni di euro ed i contributi transitano attraverso la Regione che svolge azione di programmazione, ora di concerto con le Province. In precedenza infatti vi erano solo due normative di riferimento, il TU 309/90 sulla tossicodipendenza che dedicava una parte di risorse alla prevenzione (nel corso degli anni circa 900 milioni di euro) e la Legge 216/91 inerente il finanziamento di interventi per minori a rischio di coinvolgimento in attività criminali (e che fino alla sua abrogazione ha potuto utilizzare circa 130 milioni di euro). 7 Si pensi ad esempio a quanto ciò sarebbe funzionale anche per la gestione di impianti sportivi, presenti in ogni Comune, grande e piccolo, solitamente poco sfruttati da un singolo Ente.

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2.3 NUOVE PROSPETTIVE PER LE POLITICHE GIOVANILI Per le politiche giovanili, oggi, la sfida è dunque posta tra il poter leggere e interpretare la specificità dei bisogni legati alla condizione dei giovani, saperne trarre una progettualità mirata e, allo stesso tempo, integrare questa progettualità con approcci più complessivi ai problemi. La questione per le politiche giovanili è, perciò, quella di uscire dalla settorialità e tentare di interagire, prima, e integrarsi, poi, con le politiche sociali rivolte ad altre tipologie di utenza e con altre politiche che vanno poste al centro dell’attenzione: politiche attive del lavoro, della formazione, dell’istruzione, del tempo libero, della sanità, della cultura. A questo fine la legge di riforma del welfare (L. 328/2000) tenta di far evolvere in maniera più adeguata alle esigenze socio-economiche attuali gli interventi in campo sociale e assistenziale, creando un nuovo sistema di welfare al quale anche le politiche in favore dei giovani si riferiscono. Il nuovo quadro istituzionale di fatto legittima le condizioni che consentono l’avvio di un processo di co-costruzione dei bisogni che porti a ridefinire valori, norme, appartenenze comuni che qualificano una comunità in quanto tale. Non solo, ma i diversi soggetti che formano una comunità locale sono chiamati ad assumersi la responsabilità di definire l’interesse comune, il bene collettivo di quella comunità, tenendo fermi i diritti sociali di cittadinanza che la Costituzione sancisce. In primo luogo si riconosce nel Comune l’istituzione che più di tutte ha una responsabilità diretta nell’individuare i bisogni della collettività, nel costruire le condizioni per risposte efficaci, rendere disponibili le risorse necessarie per consentire un effettivo esercizio del diritto di cittadinanza, laddove i singoli cittadini si dichiarino in condizione di bisogno e, dunque, non potendo provvedere loro stessi, chiamano in soccorso l’ente che li rappresenta e tutela. Più volte è stato sottolineato che il ruolo dei Comuni, ma più in generale degli Enti locali (Regioni, Province), oggi si é trasformato in un ruolo di regia, per cui il governo diretto della comunità diventa capacità di governare interazioni, processi, risorse, interessi diversi compresenti in un territorio, indirizzandoli verso obiettivi comuni e condivisi che realizzino, appunto, il bene8 “comune” o della “collettività”. Il termine “bene” ha una doppia valenza: indica benessere economico (e quindi perchè non trattare le politiche giovanili proprio quando si elaborano i “patti territoriali”?) e sociale, cioè il grado di relazionalità, l’intensità dei legami, il livello di fiducia che si costruisce in un territorio (cioè il “capitale sociale”, il cui accumulo rende la città e l’individuo più sicuri). La questione generale dovuta alla carenza di una progettualità per i giovani, comporta l’assenza di un punto di vista “giovane” (cioè dei giovani) quando si parla di sviluppo di città. Dal punto di vista urbanistico, ad esempio, nei progetti di aree e centri commerciali9, piuttosto che di strade e tangenziali spesso non viene preso in considerazione il punto di vista dei giovani, degli adolescenti e dei bambini. Talvolta ciò è dovuto al fatto che si crede che la progettazione degli spazi urbani possa prescindere dal tenere in considerazione le minime esigenze dei ragazzi. E, soprattutto, non si pensa alle conseguenze che su di loro avranno le scelte che le Amministrazioni stanno facendo. Passa cioè l’uguaglianza tra qualità della vita e qualità di servizi e infrastrutture. Questa è una frontiera importante: bisognerebbe parlare prima di tutto di città vivibili (non solo efficienti o

8 Mary Rimola, “Dalla L.R. 16/95 ai tavoli di progettazione per e con i giovani” , Castelletto Ticino, 7 dicembre ’02. 9 Infatti un esempio è proprio la questione relativa ai centri ed alle aree commerciali: avere un punto di vista dei giovani su queste ques tioni significa, prima di tutto, scoprire che per loro questi luoghi sono diventati un polo d’attrazione. Sono spazi che non rappresentano più soltanto il luogo in cui la famiglia va a fare la spesa, ma vengono invece frequentati da gruppi di adolescenti per passare il tempo, per mangiare una pizza o un gelato, per incontrare amici. Ci si va quando “si bigia” a scuola oppure quando si ha del tempo libero, con la giustificazione che vi è qualcosa da comperare o semplicemente da vedere. Certo è che i centri commerciali rappresentano una sorta di “ambiente protetto”, in cui la gradevolezza dei luoghi, l’estensione degli spazi, l’arredo e le luci sfavillanti sono una componente essenziale e accattivante, soprattutto per i giovani. Sono luoghi dove non vi sono regole, vi è ampia libertà di muoversi, di fare ciò che si vuole, sottraendosi anche agli obblighi di comunicazione, di partecipazione. Inoltre, in un epoca in cui il senso di appartenenza al proprio ambiente di vita risulta molto debole, la “piazza” del centro commerciale sostituisce la piazza della propria città, del proprio paese o quella, anonima, spesso anche brutta, del proprio quartiere.

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sicure), posti in cui la dimensione umana e relazionale è tenuta in forte considerazione, sia nel quotidiano che nella progettazione. Ma qui sta il punto: va elaborato oggi un progetto complessivo di “città educativa”, dentro cui si integra il progetto giovani,10 cioè un piano di intervento per chi è tra i 16/18 anni ed i 30. Si tratta di costruite luoghi in cui si dia parola ai giovani, che li interpelli, li stimoli, li renda protagonisti: oggi infatti, nessuno può dirsi “portavoce” dei giovani. Non cogliere questa sfida educativa da parte delle istituzioni (rappresentate da adulti) vuol dire non investire per i propri figli, ma non per il loro domani, già per il loro oggi! E sono investimenti che autogenerano risorse, che portano sempre ad ottenere esternalità positive per la città ed il territorio, che permettono costruire legami di fiducia. Come? Tutte le agenzie educative11 (a partire dalla famiglia) possono seguire questi nove punti12: 1 riconoscere i giovani nelle loro competenze (l’approccio di chi lavora con i giovani deve essere

quello di considerare le generazioni di oggi come culturalmente significative, dotati di grandi fermenti13);

2 la relazione deve essere il mezzo per crescere e progettare (cioè vanno incontrate le persone ed affrontati i problemi e non il contrario, cercando di intercettare anche le “domande mute” di quei giovani che non fanno rumore, ma sono in situazioni di sofferenza, fragilità, noia o si rifugiano in mondi virtuali);

3 ricordare che i giovani oggi hanno bisogno anche di cose pratiche, di fare cose concrete, in un mondo dove si comunica meno (infatti l’uso di sms, e.mail è relativo a comunicazioni virtuali e non relazionali, ma non solo: dal 1986 ad oggi il numero dei vocaboli usati dai giovani è passato da 1600 a 600);

4 occorrono “spazi” in cui rielaborare vissuti e sperimentare emozioni, luoghi in cui vi sia comunicazione e ascolto, in cui si costruiscano con i giovani orizzonti culturali e prospettive diverse rispetto a quelle che penetrano quotidianamente dai media. Queste, oggi più che mai, “arrivano e colpiscono”, attraverso pubblicità, telefilm, telenovelas proponendo scenari ideali, modelli, atteggiamenti e stili di vita14 in cui contano denaro, potere, seduzione, competizione, arrivismo, avere cose, immagine, agonismo sociale, piacere, estrema ricerca del rischio, eccesso di ricerca della bellezza. Ed il bombardamento di questo scenario ideale, confrontato con la vita reale, può far nascere depressioni e fughe;

5 aiutare quindi a calare il reale nel virtuale; 6 usare linguaggi differenti, superando, per gli adulti, le vecchie categorie mentali che rischiano

di farsi imprigionare nel capire i giovani, la realtà che ci circonda ed i rapidi cambiamenti; 7 lavorare sulle differenze e sulle diversità; 8 aiutare a vivere la dimensione collettiva; 9 credere nei giovani, nel senso che i giovani “ci sono e ci stanno” quando incontrano “adulti

colorati”, attenti, in grado di coinvolgerli e ascoltarli, mettendo a loro disposizione spazi adeguati per aiutarli a scoprire il positivo, infondendo fiducia, coraggio e passione.

Mai come oggi si può dire di vivere in una società “adultocentrica” che tende ad escludere categorie “non ancora e non più” adulte e quindi non ancora o non più produttive, in un contesto dove non vale più il precedente patto tra generazioni tipico della “società fordista”, ma sembra non essere ancora periodo di stipularne uno nuovo. Società che sembra cerchi di ritardare sempre più i momenti di ingresso nei giovani nella vita adulta e quelli del prendersi carico delle prime responsabilità, società che sembra abbia abdicato al ruolo normativo ed educativo e che, se e quando lo fa, si preoccupa dei giovani, in vista di ciò che potranno divenire in futuro e non rispetto

10 Giovani però intesi come cittadini e non come una categoria sociale a parte, una minoranza. 11 Per questo a senso parlare di “città educative”, formate da percorsi dove comunque alcuni contenuti non possono essere messi da parte perchè i bisogni non cambiamo (si pensi a quelli legati alle relazioni, all’ascolto, all’affetto). 12 Luigi Ciotti, Pombia 7 febbraio ’03. 13 Si pensi alle grandi manifestazioni per la pace e contro la guerra in Irak. 14 Oggi si può dire che il 70% dell’azione educativa (intesa come trasmissione di valori e modelli) è lasciata alla tv.

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a ciò che già oggi sono, cioè da una parte dei sensori privilegiati rispetto ai problemi dei vari contesti sociali e dall'altra anche dei possibili “indicatori” di soluzione degli stessi. Oltre ad essere cittadini dell’oggi e non già di un domani. Nel senso che spesso si dice che bisogna investire sui giovani perché “saranno i cittadini del futuro”. Questa frase però ha in sé un elemento di ambiguità, cioè l’uso del futuro (saranno): infatti spesso non si riconosce che i giovani sono, già da ora, cittadini con sensibilità, bisogni, istanze ben precise delle quali le Amministrazioni pubbliche dovrebbero farsi carico, senza rinviare ad un domani o comunque investire sui giovani in vista di quel che diventeranno e non di quello che sono. Infatti anche questa seconda logica potrebbe essere fuorviante: si pensi ad esempio al sistema formativo progettato con logiche di questo tipo senza tenere conto di aspirazioni e desideri degli interessati, ma in vista esclusivamente di quel che dovranno diventare. Mentre il grado di civiltà e di “profezia” di un Paese si misura comunque sulla voglia di futuro e sulle responsabilità verso le nuove generazioni. E questo vale ancora di più oggi, quando si scopre che l’Italia è una società sempre più adulta ed anziana (primo paese al mondo per grado di invecchiamento, avendo superato anche il Giappone), in rapido cambiamento anche culturale (si pensi ai paradigmi valoriali o del lavoro), in cui vi è una complessiva carenza di prospettive nel contesto politico sociale generale. E questo genera per i giovani una fatica in più nel costruire la propria identità personale e sociale, vista anche la difficoltà presente in molti contesti a costruire relazioni sociali significative e alla limitata resistenza dei giovani a stare in situazioni di conflitto e di privazioni. 2.4 QUALI CRITERI PER LE POLITICHE GIOVANILI? La scelta dunque deve essere quella di occuparsi, invece di preoccuparsi, di giovani, agendo nella prevenzione , che vuol dire promozione (di socialità, di opportunità, di diritti), condividendo ogni giorno insieme a loro la ricerca di senso e significato, ascoltandoli ed accompagnandoli sul cammino del diventare adulti, infondendo coraggio, anziché paure, garantendo loro il diritto di sbagliare insieme alla pretesa dell’impegno, per raggiungere l’autonomia diventando cittadini responsabili. La scommessa è dunque di puntare sul protagonismo giovanile e sul binomio giovane-risorsa invece che giovane-problema. Di conseguenza la metodologia d’intervento è quella caratterizzata da un agire progettuale che parte dai bisogni della persona e non dai problemi, fondato sulla relazione. Si tratta di bisogni fondamentali di adolescenti e giovani quali quelli dell’affettività e dell’amicizia, del dialogo, della comunicazione e dell’ascolto, del confronto, il bisogno di poter esprimere le proprie risorse e capacità, il bisogno di significati profondi. Ma anche altro: la ricerca da parte dei giovani di sicurezza (rispetto al poter contare), il riconoscimento (negli ambiti sociali, a partire dalla famiglia), l’autonomia (assumersi i rischi per arrivare gradualmente ad essere più liberi e più adulti) e la responsabilità (punto di arrivo che necessita un grande impegno). Partendo dai dati di tutte le ricerche sui giovani che indicano oggi un grado di fiducia mai così basso nei confronti delle istituzioni tradizionali, è possibile porsi già un primo obiettivo. Infatti la sfida sta nello scommettere sulla “relazione” con i giovani, che diventa lo “strumento quotidiano di lavoro” per accompagnarli nel percorso di attribuzione di senso a giornate ed azioni che appaiono ripetitive, faticose, schiacciate sulla dimensione della pura esistenza. La relazione è lo strumento che consente di accompagnare adolescenti, giovani, ma anche adulti, anziani in questa faticosa presa di coscienza. Quindi vivere la relazione nella quotidianità è essenziale, passaggio necessario. Tuttavia va promosso il festivo, il gioco, l’evento eccezionale (la “notte”), perché è proprio nello scarto tra quotidianità e festa, tra normalità ed eccezionalità che si colloca la possibilità di attribuire nuovi significati all’esistenza. L’evento eccezionale ci pone in uno spazio in cui è possibile trasgredire, sperimentare nuove identità, nuove relazioni o modalità relazionali. Gli esiti di questa sfida sono più alti livelli di fiducia, base per la costruzione di significativi legami sociali. Garantire luoghi e spazi di incontro dove i giovani possono ritrovarsi e scambiarsi idee, dove giovani e adulti

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possono insieme creare cultura e trovare significati condivisi15, spazi dove il “clima” è buono, perché in questi contesti possono emergere potenzialità, idee e risorse di chi vi partecipa. Scommettendo su un lavoro educativo, di più lungo periodo, per restituire parola sulle cose che si stanno dicendo, studiando, vivendo. Come fare? Ecco alcuni criteri16: 1. lavorare sui legami sociali (forti, relazioni autentiche): mancano appunto luoghi e spazi di incontro per i giovani dove potersi confrontare per trovare significati comuni (anche con il mondo adulto) in vista di una progettualità condivisa. E ciò dovrebbe avvenire partendo dalla scuola, dalle parrocchie, dalle associazioni. In questi spazi bisognerebbe quindi preoccuparsi da far nascere “legami sociali”17; 2. costruire luoghi di esercizio della democrazia: negli “spazi sociali” descritti prima ci deve essere la possibilità di sperimentare “laboratori di partecipazione” (cioè “palestre di democrazia diretta”) in modo da vivere l’educazione civica e civile. Così allora gli operatori sociali (e nella scuola gli insegnati) arrivano a svolgere funzione di “mediatori culturali”, che aiutano a vedere le cose nella loro complessità, cercando insieme risposte; 3. continuare a “produrre azioni” insieme al “pensiero sull’azione”, cioè prevedere “tempi e luoghi” adeguati per riflettere e valutare quanto progettato ed attuato. Così l’esperienza può divenire apprendimento condiviso, sapere collettivo, patrimonio comune; ciò significa dare valore al lavoro sociale; 4. continuare a svolgere un’azione di promozione culturale e sociale della questione giovanile, che è stata a lungo dimenticata, taciuta: un silenzio che il mondo adulto ha mantenuto nel timore di affrontare l'argomento, consapevole del fatto che esso lo chiama in causa in prima persona. Inoltre è una tematica a valenza debole (nel senso che i bilanci sono spesso irrisori se comparati con quelli di altri ambiti della spesa pubblica) verso la quale c'è sempre stata poco attenzione, al di là delle dichiarazioni ufficiali. Infatti ai giovani mediamente viene destinato lo 0,24% del totale delle uscite dei bilanci comunali; 5. agire sulla prevenzione, che vuol dire promozione di socialità, di opportunità, di diritti (come già detto), in un contesto che vede la fascia d’età tra i 16 ed i 25 anni con il più alto numero di consumatori di sostanze illecite, in particolare di quelle che vengono chiamate “nuove droghe”. Si tratta di un fenomeno che mette di fronte ad un nuovo tipo di consumatore che contempera un’esistenza “di normalità” con una trasgressività intensa, temporanea e reversibile legata al tempo libero (la notte, il fine settimana, le vacanze)18. Qui c’è però un altro dato allarmante: quest’anno sono incrementate del 66% le vendite di antidepressivi e ansiolitici, quindi c’è un enorme consumo di sostanze da parte del mondo adulto che segnala che oggi è proprio questa la realtà che fa più fatica, la più disorientata, a disagio, ma che ha un ruolo e delle responsabilità educative da svolgere nei confronti dei giovani, a cui non può sottrarsi. La richiesta “ad esserci” rispetto ai giovani è allora un grande impegno per il mondo adulto, inteso come famiglie, scuola, imprese, parrocchie, ecc. .

15 In contrapposizione al rifiuto delle ideologie e della religione, altro dato forte che emerge dalle ricerche sui giovani. 16 Qui e nel resto del volume si fa riferimento al metodo animativo come prassi d’azione nel sociale in quanto, come stimolo ad un processo di cambiamento, sembra essere il più adatto a lavorare nell’ambito delle politiche giovanili, settore complesso, che richiede flessibilità, capacità progettuali, ma anche relazionali. La flessibilità del metodo dell’animazione infatti è motivata non solo dal suo svolgersi all’interno della complessità sociale, ma anche dalla imprevedibilità tipica dei processi di lavoro con le persone. 17 Franco Floris, “Come noi nessuno mai”, Verbania, 2001. 18 Allora gli interventi di lotta alla tossicodipendenza devono ricercare lo sviluppo di una progettualità nuova, fondata sull’informazione/educazione diretta, su strada e nei luoghi del consumo, che ha come epicentro il territorio. Le ricerche degli scorsi anni denunciano una forte vicinanza e contiguità dei giovani al mondo degli stupefacenti ed un aumento notevole del consumo di cocaina (rispetto all’eroina), insieme a quello di cannabis, marijuana, ecstasy e anfetamine. Si tratta di un uso nuove di sostante già note, consumate non più con un desiderio di fuga da una società che non piace, ma anche (o soprattutto) per migliorare le prestazioni e le modalità di inclusione nel sistema sociale.

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Capitolo 2 IL PIANO GIOVANI INTEGRATO INTRODUZIONE 1. CHE COS’È?

1.1 CHI NE È IL TITOLARE? 2. COME SI AVVIA?

21. IDEAZIONE 2.2 ATTIVAZIONE, 2.3 PROGETTAZIONE

2.3.1 La partecipazione giovanile 2.4 REALIZZAZIONE

2.4.1 Capire che cosa si sta facendo per i giovani 2.4.2 Come stanno i giovani e che problemi hanno 2.4.3 Di cosa ci sarebbe bisogno 2.4.4 Dalla diagnosi ad obiettivi e azioni

2.5 VERIFICA 3. COME SI GESTISCE E COSA FA .

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INTRODUZIONE L’opzione di fondo a quanto proposto in questo capitolo è quella di ritenere vantaggioso l’avvio di “processi di piano” anche nell’ambito delle politiche giovanili1. Le ragioni che argomentano e giustificano questa impostazione si possono ricondurre a due motivi principali: il progressivo aumento della complessità degli ambiti di intervento e la moltiplicazione dei livelli territoriali. Si assiste infatti ad un ampliamento dei centri decisionali caratterizzato ciascuno da specifiche responsabilità e competenze che, sovente, finiscono per sovrapporsi con quelle di altri centri. Le conseguenze più immediate ed empiricamente verificabili sono: ?? aumenta il numero di soggetti pubblici che hanno competenze rispetto a una determinata

domanda o bisogno; ?? l’intervento pubblico si innesta su terreni dove operano, in modi e forme differenti, gruppi del

privato sociale che nel tempo si sono dati forma organizzativa. Governare questo scenario implica gestire un certo livello di complessità al quale se ne aggiunge un altro: molti degli interventi per i giovani si caratterizzano per il fatto che non sono servizi con prestazioni rigidamente stabilite, bensì luoghi ove intrecciare relazioni e vivere esperienze, microsocietà dove vengono create molteplici funzioni. Il governo di tale complessità comporta l’adozione di una nuova strumentazione sia per la progettazione degli interventi che per la loro attuazione e valutazione. In questo quadro s’inserisce il Piano territoriale: il suo compito è di favorire l’organizzazione tra soggetti diversi che intervengono su ambiti differenti. Questo cambiamento costituisce una grossa sfida per le Pubbliche amministrazioni che, solitamente abituate a ragionare in una logica di tipo razionale come scelta della migliore soluzione fra un insieme di alternative, in questi casi si trovano a dover rinunciare a tale logica e a porsi con flessibilità di fronte alle incertezze legate ad un alto grado di complessità. L’avvio di un Piano ha bisogno che venga scelta consapevolmente la strategia da seguire. Schematizzando è possibile individuare due situazioni polari di gestione dei processi: ?? la strategia esclusiva, che si caratterizza per il coinvolgimento del minor numero di attori; ?? la strategia inclusiva che, viceversa, si caratterizza per l’apertura del processo decisionale a

tutti coloro che hanno un interesse, o che possono averlo alla “posta in gioco”. La scelta fra queste due strategie dipende dalla natura del problema ed in particolare dalla: 1. condivisione o meno degli obiettivi dell’azione pubblica; 2. presenza o meno di soluzioni condivise in grado di trattare il problema; 3. distribuzione delle risorse tecniche e conoscitive, politiche e finanziarie fra gli attori in campo. Di solito i programmi di natura sociale si caratterizzano per una sostanziale condivisione degli obiettivi generali (ad esempio è facile che più soggetti siano d’accordo sulla necessità di intervenire per prevenire il disagio degli adolescenti e i fenomeni di maltrattamento sui minori), ma anche per una certa mancanza di consenso sulle soluzioni in grado di assicurare l’efficacia dell’intervento (ad esempio, non tutti concordano sul fatto che un centro di aggregazione giovanile sia il modo più efficace di impiegare risorse pubbliche per fronteggiare il disagio degli adolescenti). Ci si trova, quindi, in una situazione in cui si tratta di procedere con una modalità “ad accumulo”, cioè per progressivi aggiustamenti nella costruzione di una politica pubblica locale. Il piano dovrà quindi scegliere una strategia il più possibile inclusiva al fine di coinvolgere un numero sempre più ampio di soggetti interessati al processo di costruzione delle politiche territoriali, anche se l’avvio può avvenire utilizzando strategie esclusive che possono poi essere superate in corso d’opera. Modalità di lavoro di questo tipo richiedono alte competenze relazionali da parte dei soggetti coinvolti, che consentano di stabilire relazioni orizzontali efficaci. Il possesso a priori di tali

1 Si tratta di accordi tra più enti, istituzioni e soggetti collettivi che tendono ad una armonizzazione di interessi diversi rispetto all’individuazione di obiettivi comuni di medio/lungo periodo, miranti allo sviluppo di un territorio.

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competenze non è scontato; spesso è frutto del processo di attivazione che è inevitabilmente anche un processo di apprendimento. Un quadro di lettura per i Piani Giovani Il Progetto giovani è stato essenzialmente un modo di pensare delle Amministrazioni locali alle iniziative rivolte ai giovani (spesso innovative), operando per obiettivi e centrando l’azione sul coordinamento e sull’integrazione di tutte le risorse interne ed esterne alla pubblica amministrazione, soprattutto davanti a bisogni nuovi (vedi tab. 1). Tab. 1: I progetti giovani: gli approcci seguiti

APPROCCIO TIPOLOGIA PROGETTI PRODOTTI

RISULTATI ATTESI

Giovani = soggetti deboli Assistenzialistico Servizi ed interventi interessanti ed adeguati

Giovani = fruitori

Giovani = persone conflit-tuali

Luoghi “protetti” per far esprimere ed agire il conflitto

“Nuove” forme di autorganizzazione

Nuove modalità di confronto tra società e giovani

Giovani = persone poco integrate socialmente

Intervento per sopperire al minor peso socializzante di famiglia, scuola e lavoro

Creazione di spazi a forte caratterizzazione educativa e formativa

Possibilità di esprimere modelli di comportamento diversi da quelli della società

Giovani = soggetti desi-derosi comunicare con gli adulti

Ricerca di spazi comunicativi Spazi per vivere esperienze e per sviluppare “nuove” modalità espressive

Sviluppo di analisi tra generazioni diverse

Così, quasi ovunque, il “Progetto” è stato pensato come strumento, e non fine. Le realtà in cui nascono rendono ardua l’identificazione di precise tipologie, in quanto si tratta di un’esperienza spesso creativa ed originale a forte carattere di localismo. Il Progetto valorizza l’amministratore: infatti è in grado di progettare chi è in possesso degli strumenti ed ha la cultura della previsione. Ogni Progetto costituisce una storia a sé, anche sul versante delle iniziative concrete che possono essere ricondotte a quattro ambiti, quello dell’informazione in primis, poi socializzazione e cultura, seguito da formazione e lavoro, per finire con quello dell’emarginazione e del disagio. Se allora il progetto è uno strumento, non un fine, è la politica per i giovani che deve coniugare le grandi finalità con gli strumenti, che quindi non sono solo i progetti (molto faticosi), ma anche altro. Cosa? Probabilmente anche “tutto il resto”, nel senso che non tutto ciò che è stato fatto per i giovani da parte delle Amministrazioni comunali è raccolto in un progetto e non tutto ciò che è stato scritto su un progetto è stato poi realizzato… A questo proposito in futuro i Comuni dovranno spostare l’attenzione più sull’agio che non sul disagio e gli interventi dovranno partire dal considerare i giovani come una risorsa (più che un problema) e dovranno considerare in modo completo tutti i campi e non solo quelli di cultura, tempo libero, informazione, lavoro. Per questo possono essere utili alcuni strumenti: 1. la qualificazione operatori: formazione di soggetti adulti che hanno rapporti con giovani2; 2. tradurre in atti amministrativi questi progetti/esperienze, avendo capito come funzionano; 3. per i Comuni che da tempo investono per i giovani, passare dal “produrre azioni” per i giovani al

“produrre pensiero sull’azione”. Infatti se non si prevedono “tempi e luoghi” adeguati per

2 Purtroppo la figura dell’operatore socio-culturale in Italia, se si esclude qualche regione, è ancora scarsamente codificata e lascia quindi spazio ad un accesso alla professione spesso ambiguo e confuso. È certo che il successo dei Progetti Giovani è legato alla presenza di validi professionisti che sanno destreggiarsi in percorsi articolati, che vanno dalla definizione degli obiettivi alla costruzione di reti di parternariato, alla stesura di un progetto, alla conduzione di iniziative, alla conduzione dei risultati ed alla riprogettazione. Riassumendo in un unico “must”: un professionista che sappia stare sul processo, in una situazione sociale complessa.

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fermarsi a riflettere e valutare quanto si è progettato e attuato si corre il rischio di non dare il valore a ciò che si fa: l’esperienza può così divenire area di sviluppo del proprio agire. Quindi ci si chiede: “come poter apprendere dall'esperienza realizzata?”;

4. ricordare che la qualità degli interventi, la credibilità delle azioni, la “dignità” degli spazi e delle strutture per i giovani, ma anche la gradevolezza del materiale promozionale danno senso e valore all’importanza che si assegna ai giovani nella società in cui vivono;

5. ricordare che tempo dei giovani e tempo delle istituzioni difficilmente sono conciliabili, soprattutto proprio dove si è individuato un bisogno, un desiderio, oppure raccolta una proposta da tradurre in una iniziativa concreta;

6. saper assumere i linguaggi (anche provocatori), non sempre agiti attraverso la parola, ma piuttosto attraverso simboli grafici, azioni dimostrative, rumori e suoni, manifestazioni, con cui i giovani si rapportano alle istituzioni come elementi di un progetto giovani3.

Infine bisogna ricordare che in questo campo i proclami non servono, ma le dichiarazioni di intenzioni senza conseguenze concrete aumentano soltanto il distacco dalle istituzioni, le promesse senza una progettualità coerente lasciano il vuoto. Servono, invece, progetti che contemplino l’ascolto dei giovani, l’implementazione di iniziative interessanti, costruite a dimensione di rete, includenti esperienze concrete di partecipazione, che mettono al centro il giovane, i suoi interessi, la valorizzazione delle sue capacità, nonché la possibilità di sperimentare partecipazione e “senso di contare”. Secondo Franca Olivetti Manoukian, per i rappresentanti istituzionali, la progettualità sociale consiste, più che nel disporre, nel proporre e soprattutto proporre significati, attorno a cui scoprire e costruire aggregazioni e risorse. La questione riguarda anche gli amministratori che, spesso pressati dalle urgenze, hanno minore tempo da dedicare all’ascolto. Se essi saranno in grado di “rallentare” talvolta le loro azioni, ricaveranno, dalle istanze e dai messaggi che provengono dai giovani e da coloro che li rappresentano, indicazioni preziose. Gli interventi di un Progetto Giovani devono essere quindi orientati a: ?? promuovere occasioni di partecipazione, di autonomia organizzativa e progettuale; ?? sperimentare organismi di rappresentanza; ?? fornire informazioni relative a tutti gli ambiti di loro interesse; ?? valorizzare e sostenere l’associazionismo giovanile, anche laddove esso si esprime nei piccoli

gruppi; ?? favorire l’opportunità di “presa di parola” attraverso vari linguaggi: dalla parola alla musica, dal

gesto alla danza, dal teatro alla poesia, ecc.; ?? fornire occasioni in cui i giovani possano sperimentarsi nell’impegno sociale e civile; ?? fornire occasioni positive per trascorrere il tempo libero, i fine settimana, le vacanze; ?? curare particolarmente progetti di orientamento verso il lavoro, di educazione alla legalità

democratica e di cittadinanza attiva, di studio dei sistemi di comunicazione; ?? sviluppare, nelle diverse iniziative, una attenzione alla “dimensione del fare” ed una “attitudine

al lavoro”, che permetta ai giovani di sperimentarsi in un “ambiente protetto”; ?? favorire occasioni (seppure temporanee) di sperimentazione di nuove professioni e quant’altro

possa essere “inventato” per valorizzare, far crescere, fare emergere le potenzialità giovanili4. Perché dunque fare un Piano Giovani Integrato? ?? Per evitare che il desiderio di fare “qualcosa” per i giovani porti a realizzare interventi

approssimativi, temporanei e frammentari; ?? per facilitare l’organizzazione dell’azione, attraverso l’utilizzo di un metodo che propone

l’analisi della situazione e la conseguente definizione di obiettivi, azioni, risorse, tempi; ?? per sviluppare le politiche giovanili attraverso la compartecipazione al piano di soggetto diversi

dall’Amministrazione comunale. Per essere chiari, un “Piano Giovani Integrato” non può essere scritto in solitudine, da nessuno.

3 R. Balbo, “Progetto Giovani”, Utet, Torno 2001 4 R. Balbo, “Progetto Giovani”, Utet, Torno2001

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1. CHE COS’È Un Piano Giovani Integrato è uno strumento di pianificazione delle politiche locali per i giovani. Quando si parla di Piano si pensa al piano regolatore che nei Comuni definisce la destinazione d’uso del territorio, oppure agli attuali Piani di Zona, previsti dalla Legge 328, attraverso i quali i Consorzi di Comuni possono disegnare il sistema di interventi e servizi sociali sul territorio. In questo caso Piano indica un documento in cui sono definiti finalità, attori, obiettivi, azioni, tempi, risorse delle politiche giovanili di un territorio. Di solito il Piano si occupa di un periodo di tempo ampio, almeno triennale. La parola Giovani richiama il fatto che il Piano si occupa di una particolare fascia d’età, quella giovanile appunto. Riconoscere la specificità di questa “fetta” di popolazione significa presupporre che la gioventù sia un’età da vivere pienamente e non rimpiangendo qualcosa che non è più o in attesa di un futuro che ancora non è. Indicativamente è possibile definire “giovani” i cittadini di età compresa tra i 16 i 30 anni. Integrato indica la necessità, perché il Piano Giovani sia efficace, di pianificare gli interventi per i giovani cercando due livelli di connessione: ?? intraistituzionale: dentro l’amministrazione comunale, evitando che Assessorati diversi

compiano interventi che si sovrappongono o per i quali, se si progettasse in maniera integrata, sarebbero necessarie meno risorse e si otterrebbero risultati migliori;

?? intersitituzionale: gli attori delle politiche giovanili sono molti, Amministrazione Comunale, Associazioni, Scuole, Asl, ecc. . Il Piano deve riconoscere l’esistenza di questi attori e facilitare l’integrazione fra obiettivi che ciascuno persegue e azioni che pone in essere.

Piano Giovani Integrato non indica solo un documento finale ma un processo attraverso il quale una comunità definisce le priorità d’azione per le giovani generazioni. Un processo che vede coinvolti tutti coloro che si occupano a vario titolo di giovani e i giovani stessi. Si tratta di creare contesti nei quali i soggetti, che hanno culture organizzative diverse e visioni diverse dei problemi e delle soluzioni, possono confrontarsi, ridefinire il loro punto di vista, originare soluzioni che non potrebbero mai nascere da un singolo. È un percorso lungo, la cui durata dipende dal numero dei soggetti coinvolti, dalle dimensioni dell’Amministrazione Comunale. Nei Comuni sotto i 5.000 abitanti può durare mesi, nei Comuni maggiori anche anni. Piano Triennale Giovani della Regione Piemonte La già citata L.R. 5/01 riguarda le deleghe in materia di politiche giovanili. Tra le competenze attribuite alla Regione c’è la pianificazione delle politiche giovanili: probabilmente già a partire dall’anno 2003 la Regione stenderà un Piano Triennale di orientamento per la progettazione locale. 1.1 CHI NE È IL TITOLARE? Titolare del Piano Giovani Integrato è l’Ente Locale, in genere un Comune o una Comunità Montana, oppure ancora un insieme di Comuni. La titolarità implica essere responsabili della realizzazione delle azioni previste e del rispetto dei tempi, essere garanti del processo di attuazione e valutazione del piano stesso, avere funzione di controllo. Fin da subito l’Ente titolare convoca tutti i soggetti che sul territorio si occupano di giovani (vedi par. 2.2). Incontrerà personalmente e poi invierà una lettera di presentazione dell’iniziativa a tutti coloro che si occupano di giovani, tra cui, ad esempio, presidi delle Scuole superiori, presidente del Consorzio socio assistenziale, direttore dell’Asl, responsabile del Sert, operatore dell’Informagiovani, Parrocchia, organizzazioni giovanili, coordinatori di eventuali progetti ex 309/90 e 285/97. Unica prerogativa è che chi si siede al tavolo lavori per e con i giovani. Viene così a formarsi il Tavolo Territoriale per le politiche giovanili: vale a dire un coordinamento dei soggetti attivi per i giovani. Il principale obiettivo del tavolo è dare concretezza

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alla parola “integrato” indicata prima come caratteristica del piano. È il luogo di incontro tra attori del territorio, che hanno una propria visione della situazione giovanile e che intervengono in maniera parziale con progetti e azioni. Si potrebbe dire che la prima azione dell’Ente rispetto al Tavolo è il riconoscimento dell’esistente. La forza del processo di stesura e di realizzazione del Piano è proprio in questo incontro. Incontro e non “selezione” degli aventi diritto. Più avanti il Tavolo Territoriale è definito come se fosse un soggetto: ma perché il tavolo diventi “soggetto” di politiche giovanili è necessario un lento processo di attivazione. All’inizio il Tavolo sarà una semplice somma di soggetti. Il processo di stesura del Piano può essere un’occasione perché si delinei un nuovo soggetto, con identità, punti di vista e modalità di lavoro proprie. Sarà cura di chi conduce i momenti di lavoro far sì che tutti i soggetti si conoscano tra di loro e interagiscano su oggetti concreti. Per questo sarebbe opportuno dare l’avvio al Tavolo con un primo incontro dedicato alla presentazione dei soggetti, delle loro organizzazioni e dei progetti attualmente in corso. Poi è necessaria un’attenzione a condurre sempre le riunioni con modalità attive che facilitino la produzione di gruppo. Infatti, durante la stesura del Piano Giovani Integrato, il Tavolo Territoriale è il primo luogo di elaborazione, è il primo spazio collettivo nel quale il processo si avvia e ciò implica la messa in comune delle proprie percezioni, presentazione di sé e delle proprie attività. È dunque un “luogo di valore”, perché lì si creano relazioni tra soggetti diversi (magari anche “inconsueti”), individuati come interlocutori significativi dei giovani e quindi aventi un “punto di vista giovane”. La prima sfida è allora quella di portare alla luce cose che “stanno in un angolo”, stanare forme organizzative diverse e trovare il modo di coinvolgere e farle partecipare al processo attivato. Bisogna quindi già pensare ad un Tavolo composto non solo dalle persone che fisicamente stanno lì intorno, ma che abbia un “assetto variabile”. Questa caratteristica diventa utile (se non indispensabile) con il procedere delle cose, quando vengono individuate le azioni concrete. Infatti in una prima fase vanno costruite le condizioni ed i percorsi affinché poi sia possibile coinvolgere i giovani, permettendo loro la “presa di parola” rispetto anche a dimensioni decisionali ed azioni del Piano stesso. Questo permette sia di “entrare nella pancia” del territorio per “dare voce”, sia di responsabilizzare la comunità, lavorando in un’ottica intergenerazionale, che porta a rendere manifeste agli adulti le innumerevoli ed insospettabili competenze dei giovani. Quindi, quando in una prima fase il Tavolo vuole creare le “condizioni per…”, i giovani possono anche non esserci, mentre quando l’obiettivo è il progettare ed il decidere le prime azioni, i giovani devono esserci. Siccome qui può diventare un problema stabilire i criteri di individuazione dei giovani (chi li rappresenta? Quali giovani invitare?), diventa indispensabile pensare, come detto, ad un Tavolo ad “assetto variabile”. Questa scelta, è il caso di esplicitarlo, significa considerare i giovani come soggetti attivi (invece che destinatari), ma ciò implica anche rivedere il ruolo degli adulti, ai quali sono richieste nuove competenze, in un epoca in cui tutte le generazioni vivono gli stessi problemi e le stesse ansie. Durante la fase di realizzazione del Piano, il Tavolo Territoriale sarà impegnato nel dare piena attuazione a quanto deciso, nel valutare i processi attivati, nel dare continuo impulso alla realizzazione delle azioni progettuali. Infine, a conclusione del periodo di validità del Piano, il Tavolo sarà impegnato nella valutazione e nell’eventuale decisione di dare il via a un secondo Piano Giovani Integrato. Le politiche giovanili sono per loro natura molto locali e per questo le Amministrazioni sono fortemente coinvolte e, come detto all’inizio, “titolari” del Piano. Ma quale professionalità e quali capacità sono necessarie per seguire i Tavoli istituzionali che nascono? E perché poi molti sperimentano il fallimento e muoiono poco dopo? In effetti la loro gestione richiede competenze molto elevate, pazienza e lungimiranza. Per tutto quanto detto fin ora, è solo il caso di ribadire che il Piano Giovani Integrato è anche un progetto educativo, nel senso che si chiede all’Istituzione titolare l’assunzione di responsabilità sul Progetto e quindi di svolgere un ruolo educativo, con adulti presenti con una forte dimensione etica nelle cose, in grado ci contrattare, per stabilire, le regole della convivenza, senza le quali non sarebbe possibile l’esercizio della democrazia.

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2. COME SI AVVIA? La fase di avvio include il processo di stesura del Piano Giovani Integrato e si conclude con la stesura definitiva del documento. Come già detto può durare da alcuni mesi ad anni. Nella fase di avvio è possibile distinguere cinque tappe, che sono: l’ideazione , l’attivazione , la progettazione , la realizzazione e la verifica.

2.1 IDEAZIONE L’idea di fare un Piano Giovani Integrato può venire all’Amministrazione Comunale5, ad attori istituzionali, oppure a cooperative o associazioni giovanili. Può essere che qualcuno ne abbia sentito parlare, che il Comune vicino ce l’abbia, che il sito Internet di altri paesi ne parli. L’idea spesso nasce dalla fatica e dalla solitudine di chi si occupa di politiche giovanili, dalla rilevazione di continui errori, dal desiderio di migliorare l’efficacia di quanto si fa. 2.2 ATTIVAZIONE L’idea, da chiunque venga, deve essere portata all’Ente Locale, titolato ad avviare il processo per la stesura del Piano Giovani Integrato. L’Ente Locale decide se dare l’avvio alla stesura del Piano Giovani Integrato. In questa decisione ha parte principale l’Assessore alle Politiche Giovanili, ma sarebbe utile un accordo dell’intera Giunta. Questo faciliterà l’integrazione intersettoriale, vale a dire la collaborazione tra assessorati diversi, ma che si occupano di giovani (es. sport, cultura…). L’Ente Locale può dare l’avvio al percorso utilizzando le risorse interne all’Ente, oppure farsi sostenere da un consulente che potrebbe farsi carico anche della gestione delle riunioni del Tavolo e dello sviluppo dell’intero processo. 2.3 PROGETTAZIONE Quando l’Ente Locale decide di stendere il Piano Giovani Integrato, ne progetta la stesura. Questo implica anzitutto prevedere un budget di spesa che consenta di coprire: ?? costi dell’eventuale consulente; ?? costi della comunicazione ai cittadini di quanto si sta facendo; ?? costi per la formazione e il mantenimento del Tavolo Territoriale per le politiche giovanili (è

necessario contrattare con i partecipanti al tavolo se la loro adesione è gratuita, coperta dall’Ente che rappresentano oppure dal Comune con un gettone di presenza);

?? costi di eventuali prime azioni (avvio servizi, iniziative, progetti, eventi, ecc.). L’Ente Locale promotore potrà elaborare una bozza di piano di lavoro che andrà discussa nel Tavolo Territoriale, che è un soggetto che ha una titolarità rispetto al Piano anche se, per quanto detto, meno forte di quella del Comune (vedi Cap. 1, par. 2.3 e 2.4). 2.3.1 La partecipazione giovanile In democrazia uno degli elementi comuni alle differenti amministrazioni è cercare il massimo grado della partecipazione dei cittadini per costruire insieme la società che si vuole. Partecipare è prendere parte, non semplicemente consumare. Sviluppare politiche per i giovani implica un plus qualitativo, comporta una democratizzazione dell’amministrazione, contribuisce a canalizzare la creatività giovanile e a far abbandonare gli scetticismi verso l’amministrazione. La domanda diventa: come partecipano i giovani alla stesura del Piano Giovani Integrato? Sono solamente spettatori di un lavoro degli adulti? La sfida è coinvolgere i giovani nel processo di stesura del Piano. Se l’obiettivo è avvicinare i giovani all’Amministrazione non ci si può permettere una loro esclusione.

5 Spesso su segnalazione di quei servizi che si occupano di giovani, es. l’Informagiovani

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Sarà cura dell’Ente Locale che promuove la stesura del Piano Giovani Integrato diffondere in primis l’informazione su quanto sta avvenendo, ad esempio scrivendo una lettera a tutti i giovani cittadini. Dall’informazione si passa alla partecipazione prevedendo modalità concrete attraverso le quali presentare il Piano in costruzione ai giovani, associati e non, raccogliendo idee e integrazioni. Naturalmente se nel territorio esiste un Forum, questo sarà il principale interlocutore per ogni azione che favorisca la partecipazione giovanile (vedi Cap. 3). In ogni caso saranno coinvolte tutte le realtà organizzate più rappresentative. Quando il Piano Giovani Integrato sarà terminato, sarà necessario farlo conoscere alla cittadinanza, giovane e meno giovane. Questo consentirà di rendere noto l’esito delle fatiche, contribuirà a fare sentire i giovani pare di una comunità progettante, darà lo stimolo a nuovi soggetti per ideare ulteriori sinergie. 2.4 REALIZZAZIONE L’entrata nel vivo della realizzazione, quindi della stesura vera e propria del Piano Giovani Integrato, implica alcuni passi che sarebbe utile seguire. 1. capire che cosa la comunità sta facendo per i giovani; 2. capire come stanno i giovani e che problemi hanno; 3. diagnosi: lo scarto tra quello che c’è e quello di cui c’è bisogno; 4. dalla diagnosi ad obiettivi e azioni.

2.4.1 Capire che cosa si sta facendo per i giovani Uno dei presupposti dell’intera “operazione” Piano Giovani Integrato è l’idea che le politiche giovani, o più in generale tutte le azioni che sono rivolte anche non specificatamente ai giovani sono a carico dell’intera comunità. È la comunità locale infatti che, attraverso la molteplicità dei soggetti che la compongono (Comune, Asl, Consorzio, Scuole, Servizi, Parrocchie, organizzazioni giovanili, ecc.) esprime attenzioni alle giovani generazioni. Ecco perché il primo passo per la stesura del Piano Giovani Integrato è descrivere tutti gli interventi che toccano la vita dei giovani realizzati a tre livelli: ?? amministrazione (intersettoriale): servizi, piani di sviluppo, anche di altri settori

dell’amministrazione (urbanistica, salute, educazione, formazione…); ?? altre amministrazioni (interistituzionali): servizi e progetti di consorzi, scuole, Provincia,

Regione, ecc.; ?? tessuto associativo giovanile (partecipazione giovanile): progetti e altro realizzati dalle

organizzazioni giovanili formali e non (concerti, feste, ecc.). Per una buona visualizzazione si può utilizzare lo schema della Tab. 2. Tab. 2: Elenco interventi per i giovani Temi Programma Costo indicativo Soggetto attuatore Politiche educative e culturali

Politiche d’accesso al mondo del lavoro

Politiche per la casa Politiche per la parte-cipazione democratica

Politiche per la promo-zione della salute

Altro……..

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Il passo successivo potrebbe essere una “Guida ai servizi per la gioventù”. Consente di avere una visione globale delle politiche per i giovani, serve come mezzo di informazione per loro, gli permette di conoscere l’amministrazione, cosa, come è organizzata; inizia a creare l’idea dell’integrazione tra interventi diversi sullo stesso territorio; sensibilizza gli altri settori dell’amministrazione. La guida deve avere alcune caratteristiche: essere gratuita, deve essere uno strumento di comunicazione agile; deve essere un po’ generica, non contenere progetti troppo specifici; per ogni servizio deve informare come utilizzarlo; devono essere indicate vie generali di contatto con l’amministrazione (pagine web, tel…); deve essere realizzata con un linguaggio giovane; deve essere suddivisa per argomenti (per esempio: educazione, cultura, abitazione, salute, partecipazione, ecc., oppure, meglio, cosa puoi studiare, dove puoi lavorare, come trovare un appartamento, ecc.), devono esserci i servizi dedicati ai giovani e i servizi per chi lavora con i giovani (per esempio come fare per chiedere uno spazio al Comune, ecc.). 2.4.2 Come stanno i giovani e che problemi hanno È necessario avere informazioni sui giovani; leggere, osservare, ascoltarli. Questa analisi è imprescindibile, ma non si tratta di fare azioni costose. È infatti possibile utilizzare le informazioni che già ci sono. Per esempio: tenere come riferimento indagini generali, bibliografie, utilizzare dati degli Osservatori. Si devono poi cercare le specificità del territorio, quantitative e qualitative. Lo si può fare attraverso l’ascolto di testimoni privilegiati, attraverso interviste ai giovani stessi, attraverso l’osservazione di specifiche realtà locali. Il Tavolo Territoriale può essere una preziosa occasione di confronto su informazioni e punti di vista sui giovani che ciascuno dei soggetti presenti possiede. Non solo: una ricerca sui giovani (o anche una più semplice raccolta dati) la cui progettazione e lettura finale avviene in comune, può portare a risultati e punti di vista condivisi ed è un ottimo punto di partenza, un “catalizzatore forte”, per un primo lavoro collettivo che innesca un percorso con dei soggetti che prima non si conoscevano o non collaboravano, agendo spesso da “separati in casa”. Una griglia di sintesi delle informazioni può essere quella dello schema riportato nella Tab. 3. È necessario impostare raccolte di informazioni che siano continue, perché il dinamismo giovanile crea in continuazione situazioni nuove. Per questo è importante mantenere un continuo contatto con le realtà (ad esempio con il Forum, vedi Cap. 3), creare occasioni di aggiornamento continuo sui giovani, aggiornare i dati statistici che si hanno. Tab. 3: Quadro sintetico della ricerca giovani Temi Necessità e problemi, sogni Obiettivi da porsi Politiche educative e culturali Politiche d’accesso al mondo del lavoro Politiche per la casa Politiche per la partecipazione demo-cratica

Politiche per la promozione della salute Altro ….

2.4.3 Di cosa ci sarebbe bisogno A questo punto l’Ente Locale e il Tavolo Territoriale hanno tra le mani una fotografia di come la comunità si occupa dei giovani ed una descrizione della situazione delle giovani generazioni in termini di bisogni, ma anche di sogni, desideri. Lo scarto tra questi due quadri dovrebbe facilitare nell’individuazione di obiettivi che ambiscano a colmarlo.

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Spesso questa fase viene tralasciata perché chi progetta è preso dalla foga di decidere “che cosa fare”. A volte, addirittura, si è già deciso cosa si può fare: ad esempio si pensa che un Centro Giovani può risolvere tutto. Può capitare che dalla descrizione di quanto attivato emerga un forte impegno della comunità nelle politiche educative. Tuttavia si scopre che i giovani sono preoccupati per il loro inserimento nel mondo del lavoro. In questo caso sarà necessario che le risorse vadano indirizzate verso lo sviluppo di politiche attive per il lavoro. È necessario stare attenti al delirio di onnipotenza: il Piano Giovani Integrato deve continuamente essere bilanciato tra l’ampio respiro (essendo di solito pluriennale) e la fattibilità delle scelte. È bene ricordare inoltre che i passi qui riportati sono proposti come linea guida. Sarà poi il processo innescato a richiedere di adattare quanto qui definito alle singole situazioni. A volte potrà capitare di non riuscire a identificare con chiarezza i bisogni, di definirne alcuni per poi scoprire in fieri che l’analisi era sbagliata, di individuare priorità che poi cessano di essere importanti. 2.4.4 Dalla diagnosi ad obiettivi e azioni A questo punto è utile dare concretezza a quanto si decide di realizzare, cercando di definire con una certa chiarezza obiettivi, indicatori, programma ed azioni per ciascun macro-settore di politiche giovanili. Gli obiettivi indicano la direzione del percorso e la meta da raggiungere. In ogni fase occorre individuare gli obiettivi specifici cui vanno collegati dei risultati concreti che permettano di verificarne il conseguimento. Gli indicatori sono elementi concretamente misurabili che dicono del raggiungimento dell’obiettivo (se l’obiettivo è stimolare la mobilità dei giovani di un comune, l’indicatore sarà il numero di giovani che è stato all’estero). Il programma d’attuazione conterrà le macro-azioni che si intendono svolgere per realizzare gli obiettivi. È necessario inoltre indicare i tempi e le risorse che verranno impiegate. Gli attori sono i diversi soggetti (persone, organizzazioni) che partecipano alla raggiungimento degli obiettivi. L’individuazione, in ogni fase, dei soggetti coinvolti è connessa con la definizione delle funzioni e l’assunzione delle responsabilità. Si può usare lo schema seguente (Tab. 4). Tab. 4: Obiettivi, indicatori, tempi e attori di un Piano Giovani Integrato Temi Obiettivi Indicatori Programma

d’attuazione Attori

Politiche educative e culturali Politiche d’accesso al mondo del lavoro Politiche per la casa Politiche per la partecipazione demo-cratica

Politiche per la promozione della salute Altro

Questa fase è per certi versi un momento di creatività comune : è importante esplorare buone soluzioni che altri hanno utilizzato in precedenza, cercare buone prassi che possono stimolare maggiore fantasia. Come accennato in precedenza, per la buona riuscita del Piano Integrato Giovani è importante che venga coinvolta l’intera Giunta comunale. L’integrazione tra le azioni per i giovani messe in atto dallo stesso Ente è già un obiettivo di alto livello. È necessario da un lato continuare ad occuparsi delle questioni di cui nessuno di occupa, mentre negli altri ambiti gli assessorati devono collaborare. Il Sindaco può parlare di questo in una riunione a tutti gli Assessori, può crearsi una commissione, ci si può impegnare perché in ogni iniziativa ci

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siano i giovani, ecc. . Anche solo una piccola parte del Piano può essere utilizzata per definire come realizzare l’integrazione intersettoriale. Per esemplificare si può indicare ogni azione, ogni settore e il livello di implicazione (1 poco, 2 abbastanza, 3 molto), utilizzando la Tab. 5. Tab. 5: Livelli di implicazione Soggetti Azione 1 Azione 2 Azione 3 Ecc. Sindaco 3 3 3 Assessore ai servizi sociali 2 2 0 Assessore allo Sport e alla Cultura 1 1 0 Assessore all’urbanistica 3 3 2 Altro … Ad ogni livello di implicazione corrispondono diverse azioni di partecipazione : per esempio al livello 3 può corrispondere la presenza a tutte le riunioni di programmazione, all’1 solamente la riunione iniziale, intermedia e finale. Naturalmente è l’Assessore che si occupa delle politiche giovanili il garante di questo processo. Pare scontato dire che qualora l’Ente Locale offra un servizio di Informagiovani, questo possa ritagliarsi un ruolo da protagonista nella stesura e realizzazione del Piano: può essere testimone privilegiato rispetto alla condizione giovanile, può essere diffusore delle informazioni sul Piano, può essere presente con l’Assessore nel Tavolo Territoriale, ecc. (vedi Tab. 6). Tab. 6: Scheda tecnica per un Piano Giovani Integrato Temi giovanili che un Piano Giovani Integrato può affrontare: Lavoro Sport Mobilità (Scambi interculturali, Volontariato Servizio di leva Pace Europeo e Nazionale, ecc…) Abitazione Informazione Nuove tecnologie Partecipazione e associazionismo Salute Solidarietà e cooperazione Spazi e infrastrutture Tempo libero Giovani disabili Educazione formale e informale Imprenditoria Accesso alla cultura e creatività Educazione alla legalità democratica Sostenibilità Educazione ai media Giovani donne Interculturalità Giovani famiglie Per elaborare un Piano può essere utile anche il confronto con i criteri. Tab. 7: Scheda tecnica con criteri di un Piano Giovani Integrato ??assicurare il coordinamento delle azioni. I piani devono, quindi, descrivere le azioni con un grado di analisi

tale da renderne concretamente possibile il coordinamento. La descrizione delle azioni, non può prescindere dall’indicazione degli obiettivi che ci si propone di raggiungere; va, inoltre, riconosciuto che di “azioni” specifiche si deve trattare, e non di generiche indicazioni di modalità di comportamento o di valori da perseguire;

??determinare i tempi dei progetti. Dunque non può prescindere dalla precisazione dei tempi relativi alle diverse azioni;

??determinare le modalità dei progetti. Le azioni non possono essere descritte semplicemente indicando l’oggetto o descrivendo in modo generico i contenuti, ma devono esser precisati puntualmente i contenuti progettuali; in altre parole, i progetti devono precisare nel contenuto concreto - e verificabile quanto all’attuazione - i piani territoriali di intervento;

??determinare il finanziamento dei progetti. Devono essere esplicitati i costi delle azioni, cioè dei progetti, e indicato il soggetto che si impegna a farvi fronte;

??determinare ogni altro connesso adempimento. I soggetti che lavorano al Piano sono liberi di arricchirlo con altri elementi ritenuti necessari.

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Infine, per elaborare un Piano può essere utile anche il confronto con un indice tipo (vedi tab. 8). Tab. 8: Scheda tecnica con indice tipo di un Piano Giovani Integrato Indice tipo: ?? definizione e analisi della situazione: cosa fa la comunità per i giovani? Come stanno i giovani?

Che problemi hanno?; ?? identificazione dello scopo generale e della strategia; ?? formulazione degli obiettivi specifici e dei prodotti attesi; ?? beneficiari dell’intervento o popolazione bersaglio o target; ?? modello d’intervento/attività; ?? determinazione di mezzi e risorse, tempi; ?? valutazione. 2.5 VERIFICA Al termine di questo processo di stesura del Piano Giovani Integrato sarà necessario verificare il processo attuato. Ogni soggetto coinvolto, dal Tavolo Territoriale all’Amministrazione Comunale, dovrà verificare se il processo ha innescato qualche cambiamento, se i tempi e le modalità concordate sono state rispettate, se l’obiettivo finale (stesura del Piano) è stato raggiunto, se i soggetti coinvolti sono soddisfatti di quanto fatto e se avrebbero fatto qualcosa in modo diverso. Se si decide che le politiche giovani saranno gestite anche in futuro attraverso Piani, è necessario fare memoria del processo attivato, raccogliere verbali delle riunioni, documentare gli esiti della valutazione al fine di fare tesoro dell’esperienza vissuta e non ripartire da zero nelle progettazioni successive. Una precisazione è necessaria. Se l’elaborazione del Piano è un percorso, va individuato cosa è più funzionale alla “produzione” che nelle cinque fasi descritte (ideazione , attivazione , progettazione , realizzazione e verifica) deve essere garantita. Questo per dire che potrebbe essere necessaria la costituzione di un Tavolo tecnico, esecutivo, rispetto alle decisioni politiche dei rappresentanti di enti ed organizzazioni. Non solo: questo Tavolo tecnico potrebbe essere composto da persone diverse da quelle presenti a quello politico, nel senso che ad esempio al Tavolo Territoriale può sedere il Preside di una Scuola, ma nella fase di realizzazione può esserci il docente delegato (magari nell’ambito della “funzione obiettivo”) al Progetto Giovani o al Programma di educazione alla salute. Questa divisione di ambiti diventa necessaria e funzionale soprattutto nelle fasi della gestione e realizzazione del Piano (vedi il successivo par. 3).

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3. COME SI GESTISCE E COSA FA Il Piano non è un documento statico, che una volta scritto può essere messo nel cassetto. Prevede impegni per la realizzazione di azioni, che una volta messe in atto genereranno altre azioni probabilmente non previste dal Piano originale. Si entra così nel “come si gestisce un Piano Giovani Integrato”. Durante la gestione del Piano prendono corpo le azioni e le collaborazione che erano state previste. Gli elementi imprevedibili che possono intervenire sono numerosi: può essere che un’associazione abbia dato la sua disponibilità, ma che nel frattempo abbia gravi problemi interni e per questo sia impossibilitata ad agire, può essere che da un’idea i giovani coinvolti ne propongano altre non previste, può essere che gravi cambiamenti del contesto obblighino a riformulare alcuni obiettivi (per esempio l’improvvisa chiusura di una fabbrica può creare un problema fino ad allora inesistente). Questi esempi, e mille altri ancora, suggeriscono come la gestione di un Piano Giovani Integrato non sia cosa facile. La realtà è in continuo mutamento, i giovani stessi sono in continuo mutamento. Iniziare a realizzare delle azioni causerà senza dubbio cambiamenti nella comunità. Ecco perché è utile prefigurarsi la gestione del Piano Giovani Integrato come un processo, che va governato dalle parti in gioco ma che per sua natura ha esiti non predeterminarti. È utile rivedere quali sono i ruoli dei diversi soggetti in questa fase: ?? l’Ente Locale: essendo l’Ente titolare del Piano è responsabile dell’attuazione delle azioni

previste, del rispetto dei tempi, è garante del processo di valutazione del piano stesso, ha funzione di controllo;

?? il Tavolo Territoriale: a seguito del percorso di stesura del Piano dovrebbe essere divenuto “soggetto”, avere una propria fisionomia, assumersi la realizzazione di parte del Piano. Esercita inoltre funzione di monitoraggio per esempio ricalibrando gli obiettivi durante il percorso. Sarà necessario pensare delle forme di comunicazione efficace e costante tra il Forum e il Tavolo Territoriale;

?? il Forum giovanile: parte delle azioni avranno il Forum (vedi Cap. 3) quale soggetto attuatore principale. Questo avrà cura in ogni occasione di accrescere la propria rappresentatività, di orientarsi alla totalità dei giovani cittadini, di interloquire costantemente con l’Ente Locale e il Tavolo Territoriale.

È utile ricordare che il Piano dovrebbe avere durata almeno triennale. Tab. 9: Gli oggetti della valutazione La valutazione ha diversi oggetti: Valutazione dei risultati Si intende la verifica fatta alla fine del progetto che serve per definire i reali effetti prodotti sull'utente. Tale verifica confronta la situazione iniziale della popolazione con quella finale e con gli obiettivi posti. Valutazione di processo Si intende la raccolta di informazioni utili alla gestione del progetto, allo sviluppo delle decisioni necessarie per correggere gli eventuali errori prodotti durante la realizzazione concreta degli interventi. Valutazione di sistema Si intende la valutazione degli effetti prodotti dal progetto anche sul sistema città e non solo sulla popolazione direttamente coinvolta. L'analisi coinvolge anche altri settori relativi per esempio al sistema dei trasporti, al verde pubblico, ecc. . Tutti i settori sui quali ci si aspetta un effetto diretto o indiretto. La cura della sua gestione è dunque molto importante. Quindi trattandosi di un processo, non è facile prevedere il “cosa”, mentre è invece possibile il “come” si tratta ciò che succede. Il Tavolo

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cioè deve darsi delle regole di funzionamento ed individuare chi, a livello operativo e progettuale, segue lo svolgersi del percorso. Vale allora la pena segnalare l’importanza di un consulente-animatore che possa facilitare comunicazioni e creazioni di senso nei diversi contesti6, facilitato dal non essere direttamente coinvolto come parte del Piano stesso. Periodicamente sarà importante valutare quanto si sta mettendo in atto. Nel processo di valutazione sono implicati soggetti diversi: l’ufficio politiche giovanili, gli uffici coinvolti nel progetto, altre istituzioni coinvolte, esperti in materia, i giovani, la comunità. Ognuno di questi soggetti è titolato a dire la propria su come si sta sviluppando il Piano (vedi tab. 9). A prescindere dall’oggetto e dai soggetti coinvolti sarà necessaria: la costruzione degli strumenti di rilevazione e la raccolta delle informazioni È sicuramente una fase fondamentale nel processo di valutazione. In particolare la valutazione di processo si basa su informazioni di tipo corrente, costruite a partire da strumenti informativi utilizzati direttamente dagli operatori e nei quali si standardizzano le informazioni da rilevare. Si tratta di raccogliere informazioni legate ad eventi che si presentano o a registrare attività svolte (es. quanti giovani erano presenti al concerto?). Di natura diversa sono le informazioni che richiedono la raccolta diretta di percezioni, giudizi, atteggiamenti e comportamenti da parte dei giovani o di altri operatori coinvolti nel progetto. In questo caso si tratta di costruire specifici strumenti (es. un questionario ai giovani della comunità per chiedere giudizi su quanto sta accadendo). In alcuni casi, ed in relazione al tipo di popolazione coinvolta ed al tipo di obiettivi da perseguire, sarà necessario ricorrere a strumenti basati sull'osservazione. È poi necessario stabilire quando somministrare tali strumenti (es. interviste ai una campione di giovani a metà e alla fine della realizzazione del Piano). Se nella fase iniziale sono stati usati strumenti per rilevare bisogni e desideri dei giovani, alla fine si può riproporre lo stesso strumento, rilevare lo scarto ottenendo materiali per il successivo Piano. L'elaborazione e l'analisi dei dati L’analisi delle informazioni a fini valutativi pone alcuni problemi ulteriori rispetto alle avvertenze metodologiche da seguire nel normale trattamento delle informazioni. Tali problemi sono insiti nel fine ultimo della valutazione, vale a dire la costruzione di un giudizio sul progetto osservato. La strada da seguire è indicata dalla messa in rete delle diverse esperienze per consentire la formulazione di un giudizio relativo, basato sul confronto fra contesti simili. La valutazione dei singoli progetti deve aiutare i diversi attori a capire se i cambiamenti che si stanno producendo sono in linea con quanto prodotto normalmente da chi si è posto obiettivi simili su popolazioni simili. Queste analisi consentono di mettere a fuoco i fattori di successo o di criticità. La trasmissione delle informazioni Gli esiti della valutazione hanno diverse funzioni: servono a chi ha compiuto le azioni come ritorno, servono misurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, servono a “correggere il tiro” in fase progettuale. Gli esiti della valutazione possono essere rimandati al Tavolo Territoriale ed alla comunità, favorendo l’appropriazione del processo sia nel caso in cui vi siano gravi problemi, sia nel caso in cui gli esiti siano positivi.

6 Come già detto nel Cap. 1, la metodologia a cui si fa riferimento è quella dell’animazione socio-culturale.

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Capitolo 3 IL FORUM GIOVANILE INTRODUZIONE: LE FORME DELLA PARTECIPAZIONE GIOVANILE 1. CHE COS’È UN FORUM 2. COME SI AVVIA 3. COME SI GESTISCE 4. COSA FA

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INTRODUZIONE: LE FORME DELLA PARTECIPAZIONE GIOVANILE Prima di passare alla descrizione di un forum giovanile, può essere utile una premessa rispetto alle forme di partecipazione giovanile che un governo locale dovrebbe riuscire a riconoscere ed intercettare, insieme ad un’introduzione ai principali riferimenti legislativi che trattano di partecipazione giovanile (Libro Bianco, Carta del Consiglio d’Europa e LR 16/95). Dopo di che può essere utile porre l’annosa questione della rappresentanza giovanile e poi presentare il forum. Oggi sono molteplici le forme giovanili di impegno e di attività nella società civile, tanto che si possono considerare come modalità di partecipazione alla vita della città, oltre l’associazionismo, anche il volontariato, il partecipare ad attività sportive, il fare musica insieme agli amici, lo stare a scuola in un certo modo, suonare in una band, frequentare i centri di aggregazione giovanile (oratori, centri sociali, ma non solo), fino alle forme di espressionismo giovanile (i graffiti, ad esempio, l’allestire piste di skate o roller), ma anche e semplicemente frequentare il gruppo informale di amici ed oggi, probabilmente, il creare con le nuove tecnologie siti internet, il chattare, l’uso di sms ed mms. Se queste sono le forme, bisogna corrispondere con strumenti ed interventi che favoriscano l’associazionismo giovanile ed il suo rapportarsi con l’ente pubblico perché così si permette l’incontro tra giovani ed istituzioni, primo passo per conoscersi e co-costruire insieme un “pezzo di città”. Sono queste anche le disposizioni contenute sia nel Libro Bianco sulle politiche giovanili (Bruxelles, 2001), che nella “Carta Europea di partecipazione dei giovani1”, documento che in Piemonte è stato adottato dal Consiglio Regionale ed è considerato il primo passo delle Amministrazioni comunali per avviare una progettualità verso il mondo giovanile. Addirittura la Regione Piemonte nell’assegnazione dei contributi ai Comuni che avviano iniziative per i giovani (attraverso la L.R. 16/95, la cosiddetta “legge giovani”), privilegia quegli Enti locali che hanno adottato questo documento promosso dal Consiglio d’Europa nel 1990, ma ancora poco conosciuto. La “Carta” propone la scelta fra due modalità organizzative di partecipazione dei giovani ai processi decisionali, strutturate in organismi riconosciuti ufficialmente: ?? struttura di concerto: prende la forma di una “Commissione per la Gioventù”, un forum, cioè

un luogo dove esiste una logica politica pensata con e per i giovani ed avente la funzione di coordinamento e collaborazione con l’Assessorato;

?? struttura di co-gestione : prende la forma di un “Consiglio Comunale dei Giovani” ed ha le stesse funzioni di un Consiglio Comunale in quanto prevede la gestione di un bilancio annuale (che rappresenta la gran parte del bilancio giovanile stanziato dall'Amministrazione).

Mancando un organismo di rappresentanza nazionale2 alcune Regioni italiane (tra cui il Piemonte) hanno istituito Consulte e Consigli dei giovani, ma le esperienze locali sono comunque limitate e con risultati quasi mai completamente soddisfacenti. Nel paragrafo 1 viene descritto un forum giovanile locale, cioè un organismo di concertazione che collabora con l’Assessorato comunale per stabilire le iniziative per i giovani, che tra i suoi fini ha quello di sviluppare la partecipazione dei giovani alla vita della città, riconoscendola e ricercandola in tutte le sue forme, per cui anche in quella informale. Questa formula è preferibile a quelle più formalizzate in quanto meno sclerotizzata su modalità partecipative che i giovani dimostrano di non gradire (vedi Tab. 1) e che replicano i meccanismi tipici di un Consiglio comunale (posizioni pre costituite, voto, rappresentanza partitica, carenza di ascolto e dibattito, quasi assenza di co-costruzione, ecc.). Infatti il Forum è uno strumento più flessibile di una Consulta (la tipica forma di

1 La Carta sulla partecipazione dei giovani alla vita municipale e regionale fissa i principi volti a condurre i giovani a partecipare al processo decisionale che li riguarda e ai mutamenti sociali che intervengono nella via, nel quartiere, nel comune o nella regione in cui vivono. È stata elaborata dal Consiglio d’Europa nel 1990. 2 Questo comporta che le giovani generazioni italiane siano poco presenti nelle reti associative giovanili a livello europeo e non possano esprimere propri rappresentanti negli organismi europei dove si prendono decisioni sulle risorse e sulle politiche che li riguardano.

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rappresentanza, inserita o meno in un Consiglio comunale), è un organo progettuale (che non ha potere consultivo), quindi per questo meno formalizzato e vincolante, di riferimento per l’Assessorato (più che per il Consiglio comunale) e con una composizione dei membri più libera, aperta a tutte le realtà giovanili del territorio che desiderino farne parte. Si tratta quindi di un organo molto dinamico, tutt’altro che pesante, da costituirsi per dare visibilità ad una serie di attività e modo di pensare dei giovani. Tab. 1: Cosa pensano e chiedono i giovani in tema di partecipazione Il messaggio più importante lanciato dai giovani sancisce la loro volontà di partecipare attivamente alla società in cui vivono. Escluderli significa non consentire alla democrazia di funzionare pienamente. I giovani considerano ingiusta e non fondata l’opinione secondo cui sarebbero poco interessati e poco impegnati. Ritengono che non vengano dati loro né i mezzi finanziari né le informazioni o la formazione che consentirebbero loro di svolgere un ruolo più attivo. Come presupposto alla partecipazione, i giovani devono acquisire o sviluppare delle competenze. Si tratta di un processo graduale di apprendimento. In genere, la prima fase nel loro ambiente di vita (scuola, quartiere, comune, centro giovanile, associazione) si rivela di capitale importanza. Consente infatti di acquisire la fiducia in se stessi e l’esperienza necessaria per affrontare le fasi successive. Inoltre è proprio nell’ambiente locale che la partecipazione consente di realizzare mutamenti concreti, visibili e controllabili dai giovani stessi. Ed è ancora in tale ambito che i giovani hanno la possibilità non solo di esprimere il proprio parere, ma anche di essere parte integrante del processo decisionale... La partecipazione dei giovani non può essere limitata alla sola consultazione e ancor meno a sondaggi d’opinione ... I giovani giudicano insufficienti gli attuali meccanismi di partecipazione. Diffidano di alcune forme di democrazia rappresentativa, ma non nutrono la stessa reticenza quando vi è un impegno di prossimità, più diretto e immediato.... Sono pochi coloro che pensano che la scarsa partecipazione giovanile alla vita pubblica sia dovuta ad un rifiuto di principio o a una volontà deliberata della società…. I giovani rifiutano le forme di partecipazione puramente simboliche. Il coinvolgimento dei giovani deve esserci fino al processo decisionale. Una partecipazione di facciata infatti potrebbe scalzare la fiducia nelle istituzioni e nella capacità o nella volontà di queste ultime di garantire loro un posto a pieno titolo... L’istituzione di un quadro giuridico è considerata dai giovani come una delle condizioni necessarie per sviluppare una partecipazione reale, che deve prevedere aiuti alle strutture e si deve reggere sul principio di educazione alla democrazia... E deve essere prevista per tutti un’educazione civica... Corollario indispensabile allo sviluppo di questa cittadinanza attiva è quello dell’informazione. Fonte: Libro Bianco della gioventù, Commissione Europea, Bruxelles, 2001

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1. CHE COS’È UN FORUM A livello legislativo la L.R. 5/01 (in attuazione della c.d. “Bassanini”) stabilisce, all’art. 134, che ai Comuni e alle Comunità Montane è attribuita la realizzazione di interventi e progetti in favore dei giovani, favorendone la capacità progettuale e gestionale. Province, Comuni e Comunità Montane possono istituire forme di rappresentanza o Forum di associazioni ed aggregazioni di giovani. Ecco allora che l’articolo di questa legge ha una duplice valenza: un invito ai Comuni (quel “possono istituire”) e un tentativo di definizione di forum (“di associazioni ed aggregazioni di giovani”), contrapposto a “forme di rappresentanza”. Proprio da qui bisogna partire, dall’autonomia lasciata agli enti locali rispetto alla definizione della forma istitutiva (e quindi regolativa) del forum e della libertà nell’individuare associazioni e aggregazioni di giovani. Quindi una ricerca di soluzioni, anche fantasiose, per sviluppare la partecipazione dei giovani alla vita municipale. Si tratta dunque di un pensare ad un Forum, cioè ad uno strumento flessibile, aperto, interassociativo ed interaggregativo. Allora un’Amministrazione che ritiene importante e fondamentale il momento di confronto, può promuovere un luogo specifico dove i giovani possono avere la parola sui problemi riguardanti la comunità, promuovendo una formazione alla vita democratica ed alla gestione della vita cittadina. Finalità generali di un Forum sono quelle di costruire: ?? un luogo privilegiato di confronto e dibattito partecipato, dove raccogliere sollecitazioni e

proposte su tutto ciò che può riguardare la condizione giovanile e le azioni per i giovani per poi riportarlo in Assessorato, Giunta e in Consiglio Comunale;

?? uno spazio in cui valutare sia le azioni poste in essere dall’Amministrazione, che un luogo di ricaduta delle iniziative promosse da ogni organizzazione;

?? un punto di riferimento dell’Amministrazione per quanto riguarda il rapporto con la realtà giovanile;

?? un “volano”dal quale escano proposte per una serie di interventi a favore dei giovani; ?? una sperimentazione rispetto alla gestione “partecipata” di un bilancio annuale assegnato dal

Consiglio comunale che rappresenta una parte del bilancio giovanile del Comune. Il Forum è quindi una struttura democratica di rappresentanza e di partecipazione giovanile che è capace di incorporare i diversi modelli di aggregazione ed associazionismo giovanile, diventando un punto di incontro, di cooperazione e di scambio tra questi, permettendo la realizzazione di attività congiunte e co-progettate. Una volta attivato, il Forum diventa uno spazio di lavoro e dibattito che si caratterizza per pluralità e ricchezza, nel senso che integra persone, gruppi ed associazioni ben distinte, arrivando ad essere una piattaforma che permette di far arrivare domande e opinioni dei giovani all’istituzione ed alla comunità. Per questo il Forum è un organismo apartitico, indipendente dall’Amministrazione, un luogo dove non si impongono modi di pensare, ma che invece permetta ragionare rispetto a modelli culturali che tendono ad uniformare, dove si possa sviluppare un pensiero personale disposto a confrontarsi con altri, ma non ad essere acriticamente inglobato. Quindi uno spazio in cui si impari la “criticità”, un luogo dove si non si apprenda il giudizio, ma l’arte del giudicare, non il commento ma l’arte del commentare, non la protesta, ma l’arte del protestare. Occorre che le Amministrazioni abbiano il coraggio di fare questa scelta, rischiando, per avviare un processo che porti ad uno spazio di riflessione in cui emerganano anche elementi non previsti, forze che possano anche definirsi non “in completa sintonia” rispetto ai modelli culturali odierni e che vogliano cercarne insieme altri. Compito del Forum nel tempo sarà anche quello di rapportarsi sempre di più con tutte le realtà giovanili più o meno organizzate presenti sul territorio, supportandole nella realizzazione delle attività, soprattutto quelle che superano le capacità delle singole associazioni. Per questo è compito del Forum tenere ed aggiornare un’apposita anagrafe comunale delle aggregazioni giovanili, i cui rappresentanti possono partecipare al Forum (vedi par. 2). Ciò, dove esiste, in stretto contatto con il Servio Informagiovani, che può svolgere anche funzioni operative di segreteria (es. tenere i verbali, inviare le convocazioni, gestire l’indirizzario dei membri, ecc.).

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2. COME SI AVVIA Una volta messe a fuoco le finalità del Forum e compreso i principali compiti, “qualcuno” può proporne l’avvio. Ma chi è titolato? In generale tutti i giovani, singoli o in forma aggregata, oppure l’Amministrazione stessa, o un gruppo di studenti, insomma la proposta può arrivare da molte parti, ma prima o poi i conti con l’Amministrazione locale fanno fatti. Così, indipendentemente da chi è il proponente, va fatta una prima ricerca3 delle associazioni e delle aggregazioni giovanili presenti sul territorio, spiegando loro cosa sia un forum e verificando l’interesse della proposta. Può anche essere che l’avvio avvenga già con l’Amministrazione che mette a disposizione i propri uffici, a partire dall’Informagiovani che si occupa direttamente di contattare le aggregazioni giovanili illustrando la proposta. Come detto questa ricerca può partire dal nulla4 o può essere promossa dalle organizzazioni che già interloquiscono con l’Amministrazione, può avvenire nell’ambito di un Progetto Giovani locale o esserne il punto d’inizio. È difficile prevedere un esatto punto d’avvio, ma vi è invece una successione temporale delle fasi, il cui via è dato da una “scintilla” che si origina in circostanze diverse a seconda dei contesti. Bisogna avere fiducia, ma nel lavoro con i giovani la scintilla arriva sempre. A questo punto l’Amministrazione deve incaricare un soggetto “terzo5” che sappia coinvolgere nel progetto in generale e nell’elaborazione del regolamento6 del Forum in particolare. La capacità dell’Assessorato sta, oltre che nell’individuare il “soggetto terzo”, nel riconoscere le forme di aggregazione giovanile. Infatti se è più semplice pensare al mondo dell’associazionismo e della cooperazione giovanile, piuttosto che del volontariato (es. scout), è più difficile pensare a forme aggregative che non siano già organizzazioni costituite, piuttosto che a giovani già presenti in diverse associazioni (es. Pro Loco, associazioni sportive) o in istituzioni (es. Oratorio, Scuole, Università, ecc.). Se si vuole scommettere sui giovani allora è il caso di farlo fino in fondo e quindi lo slogan deve essere: “libere aggregazioni cercasi”. Ciò significa partire a censire quei gruppi di giovani (quattro o più ragazzi con legami più o meno stabili, non formalizzati, ma che durano da un tempo significativo) tra cui spiccano le band giovanili, insieme a graffittari, roller&skater (se ce ne fossero), altri giovani artisti (dee jay, poeti, ecc.), studenti, per arrivare fino alle nuove tecnologie con i gruppi di iscritti alle chat, piuttosto che a mailing list o a indirizzari di sms o mms, o amanti dei giochi di ruolo. Ma perché escludere allora le compagnie dei bar o degli angoli cittadini, piuttosto che quelli dei centri internet? Andando in questa direzione risulta veramente difficile mettere dei confini alle “libere aggregazioni”, per cui ci si può dare un tempo per una prima ricognizione, arrivando a costruire un primo report (una “anagrafe”) e lasciando la “porta sempre aperta” per future iscrizioni ed “uscite” (in fondo l’ufficio anagrafe funziona così...). Allora, terminata la prima fase, se si dovesse pensare a questa “anagrafe di associazioni giovanili” ci potrebbero essere: ??associazioni (es. Scout) e cooperative giovanili; ??gruppi di giovani appartenenti alle varie associazioni (es. Pro Loco, Acli, Arci, associazioni

sportive, Alpini, Protezione Civile, AIB, corale e bande, circoli, ecc.); ??gruppi di giovani appartenenti a varie istituzioni (es. Oratorio, Scuole, Univeristà7); ??studenti rappresentanti di istituti scolastici; ??giovani appartenenti ad associazioni di categoria; ??band musicali giovanili ( i “gruppi di base”); ??gruppi di graffittari, roller&skater, dee jay, poeti, ecc.; 3 Se i numeri non sono elevati, conviene adottare una metodologia a “valanga”, nel senso che si parte dall’intervistare i soggetti che già si conoscono, facendosene poi indicare altri e così via. 4 Significa ad esempio che un ragazzo è venuto a conoscenza del Forum e vuole proporlo anche nel suo Comune. 5 Un animatore di politiche giovanili, cioè una persona non appartenente alle aggregazioni del territorio, un po’ più adulto dei partecipanti al Forum, con forti competenze animative e forti capacità relazionali. 6 Il partire da una bozza potrebbe aiutare nel lavoro. 7 Es. giovani universitari del Comune di ...... di solito con specifiche caratteristiche ed esigenze (es. meno presenti nel Comune, hanno bisogno di spazi per studiare con fotocopiatrici, PC, internet, ecc.).

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??chatt liners e mailing lister’s; ??compagnie dei bar, gruppi della via; ??gruppi informali; ??squadra di calcio, ecc. . Si potrebbe mettere un limite a questo elenco? È ancora da dimostrare8, vanno però definiti degli standard rispetto a quattro criteri generali che ogni Comune deve darsi: ??l’età dei componenti (minima e massima, es. dai 16 ai 30 anni); ??il numero minimo di componenti per ciascuna aggregazione (es. cinque o dieci9); ??il periodo di tempo richiesto dalla costituzione dell’aggregazione al possibile ingresso nel Forum

(es. sei mesi, un anno10); ??il numero massimo di componenti che, per ciascuna aggregazione, possono partecipare al

Forum11. Rispetto a questo ultimo criterio va detto, anche se probabilmente risulta già chiaro, che il forum non è un organismo di rappresentanza degli interessi delle organizzazioni giovanili o un luogo di rivendicazione delle istanze di queste, ma uno spazio dove si pensa ad iniziative che portano fuori dal Forum, per andare nell’intera realtà giovanile cittadina. Un esempio può essere quello di un Forum che promuove un dibattito su una questione di particolare interesse locale, aperto a tutti i giovani, quindi su temi quali lavoro, dipendenze, ambiente, ecc.. L’operatore che promuove il Forum sarà allora una persona “ad hoc”, uno a metà tra l’istituzione ed i giovani, pagato sì (e scelto) dall’Amministrazione locale, ma non etichettabile per appartenenze locali. Un animatore insomma, che sappia innescare il processo e governarlo, ovunque esso conduca. Perchè “ovunque”? Perchè un’amalgama di così tanti giovani omogenei e disomogenei al tempo stesso può condurre ovunque, può essere la vera risorsa della comunità locale che si autorigenera, che scopre nuove culture, che si attiva per trovare risposte ai bisogni dei cittadini più giovani. Ma ad alcune condizioni, a partire dal fatto che sia una persona a metà tra Amministrazione e giovani, cioè un terzo professionista nella gestione di questi rapporti, capace di tessere con pazienza una fitta rete di relazioni. Una persona che all’interno del Forum sappia aiutare nel progettare, programmare e gestirne lavori ed attività, definendo l’ordine del giorno, stimolando riflessioni, accompagnando il lavoro degli organi (vedi par. 3), facendo da garante per l’Amministrazione. Si ritorni un attimo indietro. Dopo la fase del “contatto” con le realtà giovanili, si arriva alla prima convocazione , da curare con attenzione. Si può pensare ad una lettera a tutti i giovani già contattati per un invito all’incontro costitutivo in cui si discute ed approva il regolamento12. Successivamente si invia una lettera a tutti i giovani del Comune in cui si illustra il Forum e le modalità di partecipazione. Poi sarà il Forum stesso a promuovere le proprie iniziative, con il materiale promozionale che riterrà opportuno e, magari, anche attraverso uno spazio fisso sul Bollettino comunale. Conclude la fase di avvio l’approvazione da parte del Consiglio comunale della delibera istitutiva del Forum. A questo punto può seguire un evento pubblico (es. festa, concerto, ecc.) aperto a tutti i giovani del territorio che segnali l’avvio del Forum e lo illustri a tutti.

8 A questo proposito bisogna ricordare che il forum nasce per sviluppare la partecipazione giovanile alla vita della città, per cui i limiti dovrebbero essere solo organizzativi. 9 Ad esempio questa seconda ipotesi costringerebbe ad alleanze ad hoc tra aggregazioni più piccole (es. tra due band) per avere un rappresentante nel forum. 10 La variabilità e la mutevolezza delle aggregazioni giovanili è un dato da tenere in considerazione, inoltre la realtà giovanile è in continuo movimento. 11 Nei Comuni piccoli, anche 3 o 4 persone per ogni aggregazione (se non addirittura tutti gli associati), in modo da favorire una partecipazione significativa anche dal punto di vista quantitativo. 12 Bisogna valutare bene, se non conviene invece consegnare l’invito personalmente a tutti e spiegare nel dettaglio l’oggetto specifico dell’incontro.

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3. COME SI GESTISCE Il Forum è un organismo che va gestito e per questo regolato. Oltre alla funzione di una continua autopromozione ed interfaccia con il mondo giovanile, oltre all’aggiornamento periodico dell’anagrafe delle libere aggregazioni giovanili locali, il Forum deve dotarsi di uno statuto, dei relativi organi e di un regolamento. Ma prima va ricordato il perchè dovrebbe esistere un Forum giovanile, cioè le sue finalità. Infatti se prima (v. Introduzione e Tab. 1) si è parlato di quanto afferma il Libro Bianco sul valore della partecipazione giovanile, perchè ad ogni associazione conviene rapportarsi con l’Amministrazione comunale attraverso il Forum, invece che in modo autonomo? In primis perchè si rischierebbe di escludere quei giovani (solitamente la maggioranza) che non fanno parte di organizzazioni giovanili già costituite e quindi non si andrebbe nella direzione del coinvolgimento. Poi perché per una associazione, un gruppo, ma soprattutto per un singolo giovane, è un’opportunità di agire per determinare qualcosa di bello, da costruire nella e per la città. La sfida è alta ed allora ecco l’importanza di un forum, come uno strumento in grado di trovare risposte in modo più efficace alle esigenze dei giovani, che nel contempo crea, come valore aggiunto, legami sociali (tra gli stessi giovani e tra giovani ed adulti) basati sulla fiducia13. Viste queste premesse, ecco la necessità di prevedere uno statuto che regoli adesione, funzionamento e organi di un forum. Come detto il Forum è un soggetto di riferimento per l’Assessorato, al quale presenta proposte sulle tematiche giovanili, definendo azioni e proposte. Se addirittura in un Comune esiste un “Tavolo di progettazione14” formato da rappresentanti di più istituzioni che si occupano di giovani, sarà questo soggetto ad interloquire con il Forum. La gestione avviene attraverso degli organi che possono essere l’Assemblea, un Delegato, un Vicedelegato, un Segretario. Il Forum si può anche suddividere in commissioni a seconda delle aree, iniziative e progetti portati avanti. Le eventuali funzioni amministrative che necessitano possono essere svolte dal personale messo a disposizione dall’Assessorato alle Politiche Giovanili, mentre (come già detto) per aiutare il percorso di sviluppo del Forum, l’amministrazione può mettere a disposizione un operatore (animatore socio-culturale?), persona terza tra i giovani e l’Amministrazione che ha le competenze per favorire sia il lavoro di aggregazione e progettuale del forum, sia quello consulenziale nei confronti dell’Ente locale. Ritornando agli organi, questi sono: ??l’Assemblea, che è composta da un rappresentante per ciascuna delle aggregazioni giovanili

iscritte all’anagrafe (che deve delegare un rappresentante15); ??le commissioni (ed ognuna sceglie il proprio referente); ??Delegato, Vice e Segretario del Forum16 (scelti dall’Assemblea); ??la Convention. Infatti un Comune potrebbe prevedere (e riconoscere) come organo anche la “Convention”, cioè gli incontri e le manifestazioni promosse dal Forum ed aperte a tutti i giovani del territorio, che si incontrano per discutere su alcune tematiche o per “rendere pubblico” il loro lavoro (ad es. delle giornate di festa dove ci sono concerti di band emergenti, mostre di graffiti e fumetti, esibizioni di roller e skate, vendite di magazine e fanzine autoprodotti, ecc). Come detto, si rapporta direttamente con il Forum l’Assessore alle Politiche Giovanili (o il “Tavolo di progettazione”), ma potrebbero farlo anche gli altri componenti dell’eventuale Commissioni Consigliare giovani (o Cultura o Politiche sociali), oltre al Sindaco17.

13 Si tratta di capitale sociale. 14 O “Tavolo territoriale”, vedi Cap. 2. 15 Va stabilita l’età (ad esempio non inferiore ai 16 e non superiore a 29 anni all’atto della nomina) ed insieme alla delega deve esserci lo Statuto dell’organizzazione o la scheda dell’aggregazione con i nomi dei componenti. 16 La durata in carica va stabilita nel momento della nomina

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È necessario affrontare anche le questioni più tecnico-burocratiche, cioè stabilire la modalità di convocazione del Forum (es. su iniziativa del delegato e dalla maggioranza dei componenti d’Assemblea), i tempi (es. non meno di quattro volte l’anno, più sedute straordinarie), il luogo18 (es. Sala Consigliare), la validità delle convocazioni (es. se presente la maggioranza dei componenti) e delle decisioni (es. maggioranza dei presenti tranne eccezioni), le nuove adesioni, le espulsioni, la durata in carica, il rinnovo. Poi per ogni per ogni incontro dovrà essere redatto verbale dei contenuti, delle decisioni e delle presenze. Ma soprattutto un Forum necessità degli organi rispetto ai quali vanno stabilite le relative funzioni (un esempio è riportato nella Tab. 2). Tab. 2. Gli organi del Forum – Uno statuto tipo Organi Sono organi del Forum: l’Assemblea, un Delegato, un Vicedelegato, un Segretario. Il Forum si suddivide in commissioni a seconda delle aree, iniziative, progetti portati avanti. Le eventuali funzioni amministrative che necessitano verranno svolte dal personale messo a disposizione dall’Assessorato alle Politiche Giovanili. Per aiutare il percorso di sviluppo del Forum l’amministrazione mette a disposizione un operatore, persona terza tra i giovani e l’Amministrazione che ha le competenze per favorire il lavoro di aggregazione e quello progettuale del forum, sia quello consulenziale nei confronti dell’Ente locale. Il Delegato, il Vice, i referenti ed il Segretario. Il Forum è suddiviso in commissioni ed ognuna sceglie il proprio referente. Delegato, Vice e Segretario del Forum vengono scelti dai referenti delle commissioni. La durata in carica viene stabilita nel momento della nomina ed alla scadenza possono essere rinominati. In assenza del Delegato, nel corso delle riunioni, ne fa funzioni il Vice. Infine il Forum necessita di un regolamento. Un’ipotesi è riportata nella Tab. 3. Tab. 3. Un regolamento tipo del Forum 1 – Il Forum Giovanile si avvale del lavoro dei giovani e, su richiesta, anche del personale e delle attrezzature dell’Assessorato alle politiche Giovanili del Comune. 2 - La convocazione dell’Assemblea è comunicata ai membri con almeno 5 giorni di anticipo dalla data dell’Assemblea. È consentita la convocazione in via straordinaria tramite avviso telefonico con almeno 24 ore di anticipo. 3 - Ogni organizzazioni aderente al Forum Giovanile deve delegare, per iscritto, un rappresentante effettivo ed uno supplente. Ogni membro può, in ogni momento, sostituire il proprio rappresentante purché informi il Forum... 4 - Ogni organizzazione rappresentata perde l’appartenenza al Forum qualora due volte consecutive, senza darne giustificazione al delegato, non partecipi attraverso in membro effettivo o quello supplente. 5 - Le proposte, osservazioni mozioni del Forum qualora non sia possibile raggiungere l’unanimità, dovranno rispecchiare le diverse posizioni espresse dagli aderenti, che in ogni caso decide a maggioranza …. 6 – Il Forum relaziona direttamente all’Assessore (ed eventualmente anche al Consiglio Comunale), presentando osservazioni, proposte. Queste relazioni avvengono tramite il Delegato o un portavoce scelto di volta in volta. 7 - All’inizio di ogni riunione sarà data lettura del verbale della seduta precedente, per l’approvazione. Al termine di ogni riunione il Forum può proporre data ed argomenti da inserire nell’ordine del giorno della seduta successiva. 8 - Le proposte di modifica dello Statuto e del Regolamento devono essere presentate per iscritto al Delegato e saranno incluse nell’ordine del giorno della seduta successiva a quella della presentazione. Le modifiche dello Statuto devono essere approvate con la maggioranza dei due terzi dei membri. Le modifiche dello Statuto devono essere, tramite l’Assessore della gioventù, trasmesse al Consiglio Comunale per l’eventuale esame. 9 - Le Associazioni, gruppi, band che desiderano acquisire la qualità di membro del Forum devono fare una richiesta scritta al Forum che, verificati i requisiti, inserisce nell’ordine del giorno della riunione successiva l’approvazione da parte dell’Assemblea. Si dovrà ottenere una maggioranza qualificata di almeno i due terzi dei componenti l’Assemblea. La decisione deve essere comunicata per iscritto, a cura del Delegato, al richiedente. In caso di accettazione il nuovo membro entrerà a far parte del Forum dalla seduta dell’assemblea successiva a quella dell’approvazione della richiesta. 10 – Il Forum ha sede istituzionale presso il Comune, il quale fornisce anche i mezzi ed il personale per il servizio di segreteria, per: a) compilare ed aggiornare l’elenco dei nominativi dei membri del Forum; b) curare la convocazione dell’Assemblea e tenere i verbali delle sedute; c) aggiornare l’anagrafe delle band e dei gruppi di base locali. 17 Si potrebbe anche prevedere che quest’ultimo, l’Assessore ed i due terzi dei Consiglieri Comunali possono richiedere la convocazione straordinaria del Forum, quando lo ritengono opportuno. 18 Va individuato sia lo spazio riunioni, che la sede fisica dove ci siano a disposizione PC con collegamento a internet, armadi, tavoli e sedie affinché sia un vero luogo di incontro, il cui accesso e fruibilità venga concordato con l’operatore/animatore responsabile del Forum.

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4. COSA FA Innanzitutto il Forum fa. Nel senso che non è un organo solo progettuale, valutativo, ma è un luogo dove vi è forte una dimensione del fare , ad esempio per quanto riguarda progetti, iniziative, azioni. Ma questo anche perché in alcuni Comuni il Forum potrebbe essere l’unica realtà giovanile presente. Ecco in sintesi i nove principali ambiti di un Forum19: 1. è strumento di conoscenza delle realtà dei giovani; 2. promuove progetti, attività ed iniziative inerenti i giovani; 3. promuove dibattiti, ricerche ed incontri; 4. attiva e promuove iniziative per un miglior utilizzo del tempo libero; 5. favorisce il raccordo tra i gruppi giovanili e le istituzioni locali; 6. si rapporta con gruppi informali; 7. tiene ed aggiorna un’anagrafe comunale dei gruppi di base; 8. promuove rapporti permanenti con le Consulte ed i Forum presenti nel territorio regionale, con

le Consulte e i Forum presenti nelle altre regioni e si raccorda con il livello nazionale ed internazionale;

9. può raccogliere informazioni nei settori di interesse giovanile (scuola, università, mondo del lavoro, tempo libero, sport, volontariato, cultura e spettacolo, mobilità all’estero, servizio di leva, ambiente, vacanze e turismo) direttamente, con ricerche autonome, o a mezzo delle strutture amministrative comunali.

Da ricordare che il Forum è istituito dal Consiglio Comunale e che va prevista la modalità di relazione con questo organo (vedi tab. 2, punto 6). Detto questo e vista la sintesi dei principali ambiti del Forum, le funzioni prevalenti sono: ?? progettare, realizzare e valutare progetti, attività ed iniziative inerenti i giovani; ?? partecipare e/o promuovere l’elaborazione di un Progetto giovani locale; ?? co-gestire la parte del bilancio delle politiche giovanili destinato alle azioni del Forum20; ?? comunicare: ci si deve ricordare che anche la gradevolezza e la qualità del materiale promozionale danno senso e valore all’importanza che si assegna ai giovani nella società in cui vivono. Infine, il Forum deve saper valutare il proprio percorso, partendo dai tradizionali indicatori di verifica di percorso, che possono essere: numero riunioni, numero partecipanti, numero realtà coinvolte, numero di iniziative previste, numero di iniziative realizzate, qualità della progettazione, rispetto delle scadenze dei tempi, rispetto degli impegni dei singoli. Inoltre si potrebbe individuare una serie di interlocutori ed opinion leader locali a cui presentare questo progetto, dai quali possa emergere una valutazione rispetto ai bisogni della realtà e al grado di coinvolgimento dei giovani. Il ruolo di questo “nucleo di valutazione esterno” durante la realizzazione del progetto sarà quello di monitorarne gli sviluppi, favorendo la presa di coscienza delle trasformazioni e dei cambiamenti in corso.

19 Non è un elenco da intendersi esaustivo, a valore di bozza e va co-costruito. Uno statuto tipo di forum e la delibera istitutiva del Consiglio comunale, si possono trovare sul sito www.politichegiovanili.it . 20 Il bilancio di un Forum può prevedere le seguenti voci: spese per l’operatore/animatore, spese per i progetti, spese per le attività di comunicazione.

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Capitolo 4 L’ASSOCIAZIONISMO GIOVANILE INTRODUZIONE: 1. CHE COS’È UN’ASSOCIAZIONE 1.1 LE ASSOCIAZIONI DI ASSOCIAZIONI 2. COME SI AVVIA 2.1 DIRITTI E DOVERI 3. COME SI GESTISCE UN’ASSOCIAZIONE 3.1 LAVORARE IN GRUPPO PER PROGETTI 3.1.1 Definizione

3.1.2 Programmazione 3.1.3 Realizzazione 3.1.4 Completamento

3.2 LA GESTIONE ECONOMICA 4. COSA FA ALLEGATO 1: IL FUND RAISING

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INTRODUZIONE1 Se si hanno dei sogni, degli interessi, delle passioni e se queste sono condivise da persone che sono “vicine” e che hanno la stessa voglia di “scommettere” e di darsi da fare per impegnarsi nel raggiungere degli obiettivi comuni, allora è possibile “associarsi”! Associarsi infatti vuol dire stare insieme e condividere un progetto comune , creare qualche cosa di concreto e duraturo insieme ad altre persone. Se ad esempio si ha la passione per la musica, oppure se si suona con il proprio “gruppo”, se si ama l’arte, se diverte il ballo, se si pratica uno sport con passione, se piace recitare, se si vogliono aiutare gli animali, se si vuole fare “qualche cosa” per l’ambiente e una di queste attività occupa il tempo libero, tutto ciò può assumere una forma più “ufficiale” e “strutturata”, una forma che può aiutare ad organizzare al meglio le attività, ad entrare in contatto con tanti altri giovani che condividono gli stessi interessi e le stesse passioni. Riflettendo un attimo, si nota che quasi tutte le cose della vita si fanno “insieme con qualcun altro” a volte perché ci si è costretti, a volte per scelta, altre per piacere. Le ultime due ipotesi sono alla base dell’idea di costituire un’associazione. Soprattutto per le attività del tempo libero è molto opportuno imboccare la strada dell’associazionismo, quando cioè si può liberamente scegliere che cosa fare e con chi. Poi naturalmente bisogna avere i mezzi necessari, o comunque procurarseli. Costituire un’associazione crea una solidarietà tra i soci che condividono un’idea, un progetto. Ed aiuta senz’altro a trovare le risorse necessarie. Un singolo appassionato di pallavolo, ad esempio, difficilmente riuscirà a reperire una palestra per giocare, mentre un gruppo di appassionati che ha dato vita ad una piccola associazione sportiva, cioè, in questo caso, ad una squadra di volley, molto più facilmente troverà quanto serve per praticare lo sport preferito. Le associazioni dunque nascono per far star insieme le persone, i “soci”. Il loro prodotto più importante (la loro “mission”) è proprio la socializzazione . La loro finalità è infatti proprio questa: a differenza delle imprese infatti le associazioni sono “organizzazioni no-profit”, cioè non hanno scopo di lucro, quindi non hanno necessità di agire con logiche di profitto, ma le risorse vanno gestite in modo efficiente per permettere la vita sociale degli aderenti. Infatti qualunque “cosa” produca l’associazione, lo fa, almeno in via prioritaria, per i suoi soci. Questa “cosa” in generale è un servizio: l’organizzazione di una vacanza, un corso di fotografia, uno stage di judo... una “cosa” insomma che si può frequentare solo se si è soci o se lo si diventa. Infine un’associazione è lo strumento necessario per relazionarsi e dialogare con la Pubblica Amministrazione. Per realizzare interessi collettivi ed ottenere risorse per uno scopo condiviso da più persone, il Comune spesso è l’interlocutore privilegiato e per questo bisogna imparare a confrontarsi nel modo corretto. In effetti se si è giovani, alle prime esperienze occorre apprendere logiche e criteri dell’Amministrazione ed imparare a dialogare in modo costruttivo. Spesso infatti sono proprio le spinte delle organizzazioni giovanili che attivano le Amministrazioni comunali ad avviare alcuni interventi. L’associazionismo giovanile raggruppa quindi tutte quelle organizzazioni composte da giovani o che si muovono in campo giovanile. Infatti le associazioni giovanili sono quelle aventi specificità giovanile chiaramente indicata nella denominazione o nell’atto costitutivo o nello Statuto, o che prevedano espressamente tra le finalità l’azione a favore dei giovani, o costituite per almeno l’80% dei soci da giovani di età compresa tra i 18 ed i 35 anni, il cui atto costitutivo preveda: ?? l’assenza di fini di lucro; ?? l’elettività delle cariche associative; ?? l’obbligo di formazione del bilancio. Visto cos’è una associazione giovanile, nei paragrafi 1 e 2 si esamina in dettaglio cosa è perché si costituisce una associazione. 1 Da “Guida all’associazionismo giovanile”, Regione Piemonte, 2003.

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1. CHE COS’E’ UN’ASSOCIAZIONE In Italia le associazioni sono la tipologia di organizzazioni più numerose e più variegate: il Codice ci dice che sono “Enti costituiti da un gruppo di persone unite per il raggiungimento di un determinato scopo di interesse collettivo”. Semplificando molto, si può dire che le associazioni hanno in linea di principio lo scopo prevalente di “fare qualcosa” per i propri soci. Le Associazioni si possono dividere in “riconosciute” e “non riconosciute”: la differenza consiste nell’aver ottenuto o meno la “personalità giuridica2”. Le leggi che riguardano le associazioni sono molte e tra le più importanti ve ne sono quattro che stabiliscono regole generali. La prima (anche se in realtà è l’ultima nata) è la legge 383 del 7 dicembre 2000, che definisce le caratteristiche delle Associazioni di Promozione Sociale, le cosiddette APS. Questa legge “riconosce” formalmente l’Associazionismo e stabilisce alcuni requisiti statutari fondamentali. Fra le norme più rilevanti si trovano la disciplina delle fonti di finanziamento; la possibilità per le APS di ricevere donazioni ed eredità, di essere proprietarie di beni, pur non avendo personalità giuridica la capacità di “stare in giudizio”. Per quanto riguarda gli obblighi verso “terzi”, ad esempio un debito contratto da un socio che agiva per conto dell’associazione e non pagato, la legge 383 prevede che vi si faccia fronte con il “fondo comune” e, solo in via sussidiaria (cioè in seconda battuta) con il patrimonio personale di chi ha operato per conto dell’associazione. La legge garantisce alle APS agevolazioni amministrative e fiscali, facilitazioni nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni che riguardano – tra l’altro – la gestione di servizi in convenzione e la possibilità di avere sedi in uso a titolo gratuito e così via. Istituisce anche Registri nazionale e locali delle Associazioni di Promozione Sociale e fissa i requisiti per esservi ammessi, stabilendo che i sodalizi locali che fanno parte di APS nazionali godono automaticamente dei medesimi benefici; infine istituisce gli Osservatori Nazionale e Regionali dell’Associazionismo ed un Fondo nazionale per finanziare lo sviluppo di questi sodalizi. Il Decreto legislativo 460 del 4 dicembre ’97 (vedi Tab. 1) stabilisce un generale riordino fiscale del no profit e introduce regole e agevolazioni per gli enti senza scopo di lucro, suddivisi per tipologia. Per avere diritto alle agevolazioni fiscali ad esempio, le organizzazioni no-profit devono dotarsi di una statuto, redatto nella forma di atto pubblico da un notaio, oppure di scrittura privata autenticata, oppure ancora registrato3, sempre come scrittura privata all’Ufficio del Registro – Atti Privati. Lo statuto deve escludere assolutamente fini di lucro e prevedere che tutti i soci dell’Associazione abbiano i medesimi diritti e doveri e che tutti siano eleggibili alle cariche sociali; che si rediga un rendiconto economico finanziario annuale e che questo sia votato dall’Assemblea dei soci; che siano fissate le regole di ammissione e di esclusione da socio; che nel caso di scioglimento il patrimonio del sodalizio sia destinato ad un ente con finalità analoghe o comunque a fini di pubblica utilità ed altro ancora. Il decreto stabilisce inoltre quali attività si possano considerare “non commerciali” e quali invece siano comunque “commerciali”, entro quali limiti un’associazione può svolgere attività commerciali senza che ciò la obblighi a tenere contabilità e a pagare imposte come se fosse un’azienda profit. Questo decreto ha finito in realtà per dettare regole che vanno ben al di là dell’ambito fiscale e tributario.

2 Le associazioni e gli enti in generale costituiti da un “complesso di persone e di beni uniti per il conseguimento di uno scopo comune lecito e determinato e meritevole di tutela da parte dello Stato”, hanno i requisiti di base per chiedere ed ottenere dallo Stato, anche tramite le Regioni, il “riconoscimento” della personalità giuridica, diventando così “associazioni riconosciute”, con autonomia patrimoniale. 3 È la forma più usata e meno costosa.

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Tab. 1: Le onlus Il decreto 460/97 introduce un particolare “modo di essere” di alcuni enti no-profit, che si definiscono “ONLUS”, cioè Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale ; le ONLUS possono essere associazioni, ma anche cooperative o fondazioni. Sono ONLUS “di diritto” le Associazioni di Volontariato iscritte negli Albi Regionali, le ONG4, che devono essere iscritte all’elenco presso il Ministero degli Esteri; le Cooperative Sociali, anche loro iscritte necessariamente ad un apposito elenco presso la Prefettura. Tutte le altre Organizzazioni, comprese le associazioni non riconosciute; possono, se hanno i requisiti e se lo ritengono utile per riuscire meglio nei loro scopi istituzionali, richiedere l’iscrizione all’Albo delle ONLUS. In estrema sintesi: questi enti godono di ulteriori agevolazioni sul piano fiscale come premio alla scelta statutaria di dedicare la loro opera esclusivamente, o quasi, a persone particolarmente svantaggiate e bisognose di aiuto ( ad esempio portatori di handicap, ex detenuti) con fini sociali, educativi, assistenziali, o per la ricerca, o per la tutela dell’ambiente o del patrimonio storico e culturale. Per contro le ONLUS sono soggette a regole amministrative ed a controlli assai più severi delle associazioni. Queste associazioni hanno finalità prevalentemente culturale e sociale e sono indicate nello Statuto. Ad esempio le associazioni culturali possono svolgere attività in tanti campi diversi: dal teatro al collezionismo, alla poesia. Spesso si tratta di attività formative ed educative, ma in molti casi gli associati si ritrovano esclusivamente per il piacere di condividere la passione che li accomuna, per esempio il cinema. Le associazioni ricreative invece hanno come scopo statutario l’occuparsi dei momenti di svago degli associati, offrendo loro la possibilità di frequentare il circolo, che in questo caso diventa un vero e proprio luogo di ritrovo. Spesso succede che nel circolo vi siano un bar, o un ristorante (si dice, in termini burocratici, che vi si somministrano bevande e/o alimenti): questo servizio deve essere riservato sempre esclusivamente ai soci e deve rispettare alcune norme particolari, come ad esempio l’autorizzazione igienico-sanitaria da parte dell’ASL. Proprio la possibilità di scoprire modi diversi per fare ciò che si ama e quindi conoscere persone con altri interessi da condividere è uno degli aspetti più esaltanti dell’esperienza associativa. A questo scopo sono nate le Associazioni di Volontariato, le cui regole sono dettate dalla Legge 266/91. Si tratta di una “Legge quadro” che stabilisce quali caratteristiche devono avere tali associazioni per ottenere l’iscrizione agli Albi, fissandone diritti ed obblighi; la legge detta altresì i principi cui si debbono allineare le Regioni e gli Enti Locali nei rapporti con le organizzazioni di volontariato. Soprattutto riconosce il “valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l’autonomia e ne favorisce l’apporto originale”; fonda l’Osservatorio Nazionale per il Volontariato e i Centri di Servizio per il Volontariato diffusi su tutto il territorio nazionale, che hanno il compito di “promuovere il volontariato e svolgere attività di formazione, consulenza e informazione per le organizzazioni di volontariato”. Infine vi sono le associazioni sportive. La Legge 133/99, successivamente modificata dalla Legge 342 del 21 novembre 2000 prevede agevolazioni e nuovi obblighi per le Associazioni Sportive Dilettantistiche riconosciute dal CONI, dalle Federazioni Sportive e dagli Enti di Promozione Sportiva. L’insieme di queste norme per esempio consente alle Associazioni di compensare atleti, tecnici, organizzatori di attività sportive, con un regime agevolato, in pratica senza alcune imposizione fino a 5.000 euro annui e con imposizione ridotta fino a 25.000 euro annui per persona e consente loro di ricevere “erogazioni liberali”, cioè contributi da privati cittadini e da aziende senza che ciò venga considerato un provento tassabile, consentendo allo stesso tempo al donatore di detrarre entro certi limiti tale contributo dalle imposte dovute al fisco. Da anni infine è all’esame del Parlamento un progetto di legge che prevede un inquadramento generale delle Associazioni e Società Sportive e degli Enti di Promozione Sportiva, stabilendone le caratteristiche. Questa legge costituirebbe il completamento di un quadro legislativo sul no-profit 4 Si intende una Organizzazione che ha come scopo quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo nei confronti delle popolazioni del terzo e quarto mondo. Le ONG vengono ritenute idonee se iscritte nell’apposito elenco presso il Ministero degli Affari Esteri, iscrizione che si ottiene rispettando alcune condizioni, come ad esempio l’aver lavorato per almeno 3 anni nel Paese nel quale hanno scelto di intervenire.

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che comprende già leggi relative alle Associazioni di volontariato, di Promozione sociale, alle Cooperative sociali5, Piccole cooperative6. 1.1 LE ASSOCIAZIONI DI ASSOCIAZIONI Costituire un’associazione, soprattutto condurla e farla crescere, è sicuramente una bellissima esperienza, ma non è impresa priva di difficoltà. Ci sono tutti i problemi di gestione, ci sono le responsabilità, la necessità di tenersi aggiornati sulle nuove leggi… Per questo si consiglia di coinvolgere un commercialista o un esperto che dia una mano, soprattutto per gli adempimenti fiscali cui le associazioni sono sottoposte. In ogni caso le associazioni non sono sole nell’affrontare i problemi. Vi sono infatti in Italia “Associazioni di Associazioni”, che si prefiggono proprio di assistere i Circoli, le Società Sportive, le Associazioni fin dalla loro gestazione. Queste “Centrali Associative”sono talora specializzate in un particolare settore, talaltra raggruppano sodalizi diversissimi tra loro. Un esempio tipico di specializzazione sono le Federazioni Sportive Nazionali, che raggruppano ognuna le Società Sportive di un’unica disciplina: la FIDAL per l’atletica leggera, la FIGC per il calcio, e così via. Tutte le Federazioni Sportive fanno poi capo al CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Sempre dallo sport viene l’esempio di Centrali Associative “non specializzate”. Si tratta degli Enti di Promozione Sportiva, i quali hanno la “mission” di promuovere l’attività motoria e sportiva, quella che si definisce “Sport per Tutti”, con finalità educative e sociali, come pratica per il tempo libero, più che per fini strettamente agonistici. È il caso di Associazioni come il CSI, Centro Sportivo Italiano, la UISP, Unione Italiana Sport per Tutti, le PGS, Polisportive Giovanili Salesiane ed altre ancora. Ad esse aderiscono associazioni e praticanti sportivi un po’ di tutte le discipline. A talune addirittura non aderiscono solo Società Sportive, ma anche circoli culturali e ricreativi, come nel caso dell’AICS, Associazione Italiana Cultura Sport. Sia le Federazioni Sportive che gli Enti di Promozione Sportiva consigliano ed “assistono” le associazioni ad essi “affiliate”, oltre che organizzare per esse molte attività. Entrare a far parte di queste centrali, organizzate su scala nazionale e in alcuni casi internazionale, è sempre assai utile, talvolta indispensabile. Centrali analoghe esistono ovviamente anche al di fuori dell’ambito sportivo; affiliano Associazioni di volontariato, di assistenza, culturali, ricreative. Alcune addirittura riuniscono contemporaneamente associazioni con finalità differenti. Le Associazioni Nazionali di Promozione Sociale, alle quali si è già fatto cenno, rientrano in questa tipologia. Vi è infine una “superfederazione” che riunisce le Organizzazioni no-profit: il Forum Nazionale del Terzo Settore, che è organizzato anche su base regionale. Infine possono esistere organismi che raggruppano più associazioni con sede in un unico Comune (es. Consulta del volontariato o Consulta delle associazioni culturali) o organi di rappresentanza giovanile (i Forum, vedi Cap. 3) che spesso hanno come obiettivo l’elaborazione di un Piano giovani locale. 5 Le cooperative sociali fanno riferimento alla Legge 381 del 1991: questa legge le disciplina, come già accennato, dividendole in cooperative di tipo A, cioè cooperative di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, e cooperative di tipo B, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate attraverso lo svolgimento di possibili diverse attività agricole, industriali, commerciali e di servizi. Naturalmente la norma prevede obblighi e divieti e descrive che cosa si intende per “persone svantaggiate”: invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. 6 Le piccole cooperative sono nate grazie alla Legge 266 del 1997: infatti, nell’articolato, viene tra l’altro definita la “Piccola Società Cooperativa” che può nascere con un minimo di 3 soli soci, in luogo dei 9 soci, numero minimo previsto per le normali cooperative.

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2. COME SI AVVIA Quanto l’attività di un gruppo di giovani incomincia a crescere e a diventare più impegnativa ed è necessario relazionarsi anche con l'Ente Pubblico o con altre associazioni, allora spesso si sente l'esigenza di costituire un’associazione. Ciò significa che un gruppo di giovani, ben motivati, decide di dar vita ad un organismo in cui possano trovare un giusto compromesso la spontaneità legata all’attività sociale e le esigenze burocratiche-organizzative che comporta comunque l’essere un’organizzazione. Dopo i primi incontri è necessario probabilmente che all’interno del gruppo dei futuri “fondatori”, si individuino due o tre persone che più delle altre “tirino le fila” degli incontri, abbiamo in mente le tappe del percorso, le cose da fare, preparino in anticipo gli incontri, ecc. A questo punto il gruppo comincia a trovarsi per focalizzare meglio cosa farà e come funzionerà l’associazione, ma soprattutto il nome e la sede. Qui le discussioni sono spesso lunghe, ma è il momento in cui il sogno prende forma, si definiscono i tempi, si determinano gli obiettivi, si parla di costi. Infatti una sede può comportare dei costi fin dall’inizio (a meno che il Comune la conceda gratuitamente o che risulti presso l’abitazione di un socio), lo stesso il notaio7. La Costituzione Italiana riconosce l’importanza del ruolo della socializzazione nella formazione dell’individuo all’art. 2. L’articolo 9 riconosce il diritto alla cultura e alla formazione personale; l’art. 18 infine riconosce a tutti il diritto di associarsi liberamente. Per questo “il circolo e/o associazione è una libera associazione che nasce per volontà di un gruppo di cittadini che si uniscono per il perseguimento di uno scopo ideale, in ogni caso senza scopo di lucro”. Giuridicamente si tratta di una “associazione non riconosciuta” regolata dagli accordi liberamente presi dagli associati e dalla loro volontà di operare in modo organizzato e stabile. Sia che come gruppo ci si voglia occupare di sport, di cultura o di turismo il percorso per dare vita ad un organismo permanente nel tempo attraversa delle fasi prestabilite. Prima di tutto l’associazione ha bisogno di un vero e proprio “atto di nascita”: l’Atto Costitutivo. Deve cioè avere un nome ed una sede e dei fondatori che rappresentano il primo nucleo dei futuri associati ed anche il primo “organo dirigente”, il Consiglio Direttivo, dell’associazione neonata. Tra questi verrà eletto il presidente, il vicepresidente e il segretario e così via. Oltre a questi tre ruoli statutari, dal punto di vista organizzativo ne vengono stabili altri, tra cui il cassiere, il responsabile della comunicazione con i soci, l’addetto stampa, il responsabile del bilancio, l’incaricato della ricerca di risorse e di nuovi soci ed i responsabili dei vari progetti dell’associazione. Contemporaneamente all’atto di nascita, i primi associati stabiliscono regole e scopi precisi che sono concordati fra i soci e scritti in un patto associativo, lo Statuto della nuova associazione. La parola “patto” descrive bene il valore e l’importanza dello Statuto: lo scopo che ha unito, che farà incontrare altre persone che, se associate, entreranno a far parte della “famiglia”, i rapporti interni all’Associazione, la gestione pratica del “desiderio” che ora è diventato “vera attività”, sono infatti le cose più importanti, il primo vero patrimonio dell’associazione! Come detto, non è indispensabile ricorrere ad un notaio per redigere Atto costituivo e Statuto; devono però essere registrati presso l’Ufficio del Registro Atti Privati competente per territorio alla sede legale scelta per l’Associazione. La registrazione è indispensabile per stabilire una volta per tutte la data di nascita certa e lo scopo dell’organismo appena nato. Purtroppo comporta anche un costo, sia pur modesto: c’è infatti una tassa da pagare.

7 Affinché un’associazione nasca non è necessario che l’atto costitutivo sia redatto da un notaio, anche se questo fatto dà all’associazione maggiori tutele. Una soluzione intermedia può essere quella di depositare atto costitutivo e Statuto presso l’Ufficio del Registro. Il costo si aggira intorno agli 80 euro.

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È normale che all’inizio i soci siano pochi e gli incontri molto intensi, frequenti ed appassionati. In breve tempo, in seguito alle prime iniziative pubbliche, il numero degli associati aumenterà: tutti insieme “saranno l’associazione” e, quando si riuniranno, formeranno l’Assemblea dei Soci. Assemblea, Consiglio Direttivo e Presidente, sono gli “organi statutari” principali, l’ossatura dell’associazione, attraverso cui si sviluppa l’attività, la gestione quotidiana e la partecipazione democratica di tutti gli associati. La storia dell’Associazione è raccolta in un diario un po’ particolare, il libro dei verbali, che deve contenere il succo delle decisioni che il Consiglio Direttivo o l’Assemblea dei Soci prendono per conto dell’associazione quando si riuniscono. Inoltre obiettivi, proposte, scelte circa l’utilizzo dei fondi dell’associazione, debbono essere discussi e votati secondo quanto prevede lo Statuto e poi trascritti sul libro verbali; i verbali debbono essere letti e approvati dai presenti8. Trasparenza assoluta e democraticità, oltre che un obbligo, sono anche l’unico modo per gestire in accordo l’attività. E se, come può accadere, non tutti talora sono d’accordo, la decisione dovrà essere presa a maggioranza. Spesso nelle associazioni le scelte sono prese all’unanimità o quasi, nel senso che non vi sono correnti di maggioranza o di minoranza. Da quanto raccontato, è già ben chiaro che ciò che caratterizza l’associazionismo è la partecipazione. Partecipazione vuol dire avere tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri, quando si è in pochi come quando si diventa numerosi: le scelte dovranno essere sempre prese con chiarezza e rispetto reciproco, a cominciare dall’ammissione di nuovi soci. Naturalmente, perché ciò sia possibile bisogna sempre sapere con certezza quanti sono e chi sono i soci: ecco perché l’associazione deve avere un Libro dei Soci aggiornato, con i dati di ciascuno; uno strumento utile anche per tenersi sempre in contatto. Libro verbali, libro soci e, infine, anche il libro prima nota cassa, dove si registrano le entrate e le uscite relative all’attività. Anche in questo caso, oltre che un obbligo, la prima nota è l’unico mezzo per tenere “sotto controllo” la situazione economica, che non è cosa di poco conto, e per poter presentare agli associati il risultato della gestione dell’anno associativo. Infine è utile anche tenere un libro della corrispondenza ricevuta ed uno di quella inviata, che se si usa la posta elettronica può essere anche tenuto sul PC. 2.1 DIRITTI E DOVERI Una volta avviati, nel senso di costituiti, gli Enti associativi sono dei veri e propri soggetti di diritto: possono stipulare contratti, possono stare in giudizio, hanno un proprio fondo comune autonomo con cui fare fronte ai propri impegni economici. Con l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana nel 1948, lo Stato ha riconosciuto i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia come appartenente ad una formazione sociale. Questo sembra un diritto scontato, ma la negazione del diritto di associarsi è sempre stato un tratto distintivo di tutti regimi totalitari. Le associazioni, quindi, sono titolari di diritti e di doveri garantiti addirittura dalla Carta costituzionale (vedi tab. 2).

8 Ciò non deve sembrare un prevalere della burocrazia sull’attività. Infatti, anche grazie alla tecnologia, queste operazioni possono essere velocizzate, proprio per raggiungere l’obiettivo di una attività gestionale precisa, che faccia memoria delle decisioni prese. Quindi non un vincolo, ma una modalità efficace e di qualità dell’agire dell’associazione.

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Tab. 2: Diritti garantiti e doveri richiesti alle associazioni DIRITTI ?? Libertà d’associazione : un circolo, un’associazione che rispettino le norme vigenti non

necessitano di alcuna autorizzazione per decidere di costituirsi e perseguire i propri obiettivi comuni (art. 18 Cost.): la legge ovviamente non consente la costituzione di associazioni segrete o che perseguono finalità criminali.

?? Inviolabilità del domicilio: la sede di una associazione, è un luogo di privata dimora; perciò le leggi ne garantiscono l’inviolabilità e puniscono eventuali violazioni di tale diritto. Agli agenti di Polizia Giudiziaria è concessa la sola facoltà di visitare, e non perquisire, quei locali del circolo dove viene prestato un servizio regolato da una licenza di PS, o da un’autorizzazione amministrativa (ad esempio una sala adibita a bar ad esclusivo uso dei soci).

?? Libertà di manifestazione del pensiero, di stampa e di propaganda: all’associazione è garantita la più ampia libertà di pensiero, di manifestazione e di propaganda. In pratica è possibile produrre e diffondere qualsiasi tipo di stampa che non sia periodica (c’è per questo una legge apposita), usare altoparlanti o altri mezzi di diffusione (attenti ai rumori, però!), creare un sito internet, una bacheca sulla pubblica via, e così via.

?? Libertà di riunione: per riunirsi, non vanno chieste autorizzazioni; alle riunioni, che possono avvenire in qualsiasi luogo, possono partecipare soci e anche non soci. Solo nel caso in cui nella sede del circolo vi sia anche un bar, in occasione di incontri aperti ai non soci, il servizio bar deve essere sospeso.

DOVERI ?? Osservanza delle norme di legge. La Costituzione lascia ampia libertà all’associazione. In

poche parole si è tenuti, come tutti, a rispettare le leggi che, per alcune attività come ad esempio la gestione di un bar interno o l’attività di spettacolo, comportano particolari autorizzazioni amministrative ed il rispetto di norme fiscali.

?? Assenza di scopo di lucro, cioè è vietata la distribuzione ai soci, anche in modo indiretto, di utili, avanzi di gestione, fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che questa sia imposta dalla legge.

?? In caso di scioglimento va previsto che il patrimonio dell’associazione sia devoluto ad un altro ente con finalità analoga o avente fini di pubblica utilità.

?? Democrazia interna: nell’associazione tutti i soci debbono avere gli stessi diritti e doveri. Non possono esistere figure di “soci temporanei” con diritti limitati. Tutti devono poter partecipare, ad esempio, alla votazione delle cariche sociali ed esservi candidati. Ogni socio partecipa alle votazioni esprimendo un solo voto; le assemblee devono essere convocate secondo le forme di pubblicità previste dallo Statuto, così come pubbliche devono essere le deliberazioni, i bilanci o rendiconti, ecc.. Il socio ha diritto di lasciare l’associazione, se vuole, ma non può esserne escluso contro la sua volontà, se non per giustificati motivi e secondo le modalità previste dallo Statuto. Più in generale, lo Statuto deve assegnare con precisione le attribuzioni ed i limiti dell’autonomia di ogni organo statutario: Presidenza, Direttivo, Assemblea dei Soci.

?? Trasparenza economica: i dirigenti hanno l’obbligo di redigere il rendiconto economico e finanziario annuale dell’associazione, che deve essere portato a conoscenza e posto in votazione dell’intera assemblea.

??Intrasmissibilità della quota o contributo associativo. Un socio ad esempio non può “rivendere” la sua quota associativa ad un’altra persona.

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3. COME SI GESTISCE UN’ASSOCIAZIONE Un’associazione è composta da persone, quindi gestire una associazione significa avere a che fare con persone, per cui bisogna avere capacità relazionali, saper gestire un gruppo, saper motivare le persone, monitorarne il lavoro, ecc. Infatti una associazione si caratterizza per successive entrate ed uscite di persone a seconda delle fasi, quasi ci fosse un ciclo di vita che comincia con l’entusiasmo, si sviluppa con la realizzazione delle prime iniziative, matura con il miglioramento di queste e poi si affievola a poco a poco. I responsabili delle associazioni devono sapere in quale fase di trovano e saper aiutare le persone a stare nell’organizzazione al meglio in ciascuna fase di vita, accompagnandone sia l’entrata che l’uscita. Qualunque cosa l’associazione faccia, piccola o grande, equivarrà a realizzare un “progetto”. Quindi costruire una piccola associazione con gli amici, così come impegnarsi per realizzare una grande iniziativa (provando magari ad ottenere un finanziamento e approfittare delle opportunità legislative), significa “lavorare per progetti”. E le strade da percorrere sono in sostanza sempre le stesse! Per elaborare un progetto si devono tenere presente alcune cose fondamentali: 1. costituendo un’associazione si è opportunamente scelto di lavorare con gli amici e quindi “in

gruppo”: in questo consiste l’essenza dell’associazionismo; 2. un progetto nasce, cresce e finisce seguendo sempre le stesse fasi: si tratta di dare le gambe ad

una idea e di verificare fino a che punto si è riusciti a realizzarlo. 3.1 LAVORARE IN GRUPPO PER PROGETTI Lavorare “insieme” condividendo un obiettivo comune è il modo migliore per costruire, ma non è sempre facile: all’interno del gruppo, per la sua funzionalità, uno o due devono assumere il ruolo di coordinatore delle attività di tutti. Un “buon coordinatore” deve riuscire ad “entrare” in quel gruppo specifico, tenendo conto delle sue caratteristiche, deve sapere gestire al meglio le risorse e le capacità dei collaboratori, infondere fiducia, saper ascoltare, mediare le opinioni differenti, essere sempre “presente”, assumere delle responsabilità, garantire regole di comportamento che permettano a tutti di esprimersi al meglio senza creare conflitti e incomprensioni. Per esempio è importante la puntualità, come segno di rispetto per tutti i membri del gruppo e per consentire al lavoro di non fermarsi perdendo tempo. È bene comunque che le regole siano concordate prima dell’inizio dei lavori e con il consenso di tutto il gruppo, se possibile. Allo stesso modo è importante che tutti abbiano consapevolezza del fine ultimo delle fatiche comuni, cioè degli obiettivi del progetto. Va poi messo in conto che qualcuno si senta frustrato, che ci sia chi pensa di poter dare di più, che qualcuno “produca” meno degli altri, che l’entusiasmo e l’attenzione non restino sempre costanti: sarà il coordinatore a frenare gli slanci esagerati, a infondere nuove energie nel gruppo approfittando dell’aiuto e del supporto dei ragazzi più adatti a fronteggiare determinate situazioni cercando sempre di mettersi nei panni degli altri e utilizzando tutta la flessibilità e la pazienza di cui dispone. Il progetto ha una vita sua, con delle fasi che sono più o meno sempre le stesse:

I. definizione: obiettivi e strategia da seguire; II. programmazione: caratteristiche di “questo” progetto, tempi, scadenze, budget;

III. realizzazione: controllo ed eventuali correzioni; IV. completamento: verifica, controllo, valutazione.

3.1.1 Definizione Scelto un obiettivo, per non buttare tempo inutilmente, per non cacciarsi in un “mare di guai”(alcuni progetti paiono bellissimi, ma sono più grandi di noi e se per caso “partono” davvero non siamo poi

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in grado di “corrergli dietro”), la prima buona regola è pensare alla concreta fattibilità: si è in grado di andare fino in fondo? Non è detto che la risposta sia sempre affermativa. A volte è meglio proiettarsi verso altri traguardi piuttosto che imbarcarsi in una avventura che non è del tutto sotto controllo! Valutati i rischi e l’impegno necessario, se l’idea continua a sembrare buona, allora si è pronti per partire. La prima fase è quella che apparentemente comporta meno sforzi: è solo una impressione poiché la buona riuscita del lavoro è direttamente proporzionale all’impegno in questa fase. Questo è il momento in cui costruire la squadra e darsi delle regole. Ci si incontra molto, si parla tanto, a volte si discute “animatamente”: se ne deve uscire con le idee chiare sugli obiettivi e sulle strategie utili a raggiungerli! 3.1.2 Programmazione Programmare vuol dire tenere conto dei vincoli del progetto: tempi, costi, qualità. Per lavorare in accordo e al meglio è buona regola prevedere “sulla carta” chi, con che tempi e in che modo dovrà portare avanti determinate azioni: nessuno può fare tutto e i compiti devono essere ben individuati e scomposti tra i componenti del gruppo. Si lavora meglio e con meno ansia se si sa nel dettaglio che cosa si deve fare e con quali tempi (soprattutto i tempi massimi!) e che cosa ci si deve aspettare dagli altri. Un progetto, grande o piccolo che, deve essere gestito “da subito” nello stesso modo! 3.1.3 Realizzazione Una volta cominciata l’attività, gli interventi di controllo, di verifica del livello di qualità, le eventuali correzioni sono all’ordine del giorno. Questa fase è quella più impegnativa dal punto di vista dell’attività vera e propria e anche in questo caso non deve mai mancare il contatto tra tutti i membri della squadra, sempre pronti ad aiutare il coordinatore durante tutta la gestione dell’iniziativa. Il coordinatore dovrà utilizzare le sue doti di pazienza e le sue capacità di negoziazione per apportare le correzioni necessarie, per trovare eventualmente nuovi aiuti, per ricordare al gruppo che si stanno raccogliendo i frutti del lavoro comune! 3.1.4 Completamento La fase di verifica finale della buona riuscita del lavoro parte andando a riprendere gli obiettivi che erano stati fissati nella fase iniziale e rileggendo l’eventuale documentazione prodotta (es. verbali, bilanci, ecc.). La verifica serve affinché il patrimonio di esperienze e di vita vissute insieme e che ha fatto del gruppo una squadra per un certo periodo di tempo non deve assolutamente andare sprecato e deve servire al gruppo e, possibilmente anche ad altri, per lanciarsi verso nuove imprese sempre con maggiore consapevolezza ed esperienza9. Quando l’attività finisce è normale avere la tentazione di pensare ad altro e di godersi la gratificazione che ha procurato ed è normale provare un po’ di stanchezza. Ma i momenti critici, i conflitti all’interno del gruppo, gli imprevisti, insieme alla soddisfazione per la strada compiuta, servono a rendere pronti per avventure più ardite. Anche questa fase, forse meno entusiasmante delle altre, va preparata con cura: dimenticarsi di verificare il punto di arrivo fa correre il rischio di aver sprecato inutilmente energie! 9 Alcune semplici domande da cui partire. Come è andato? Vi siete divertiti? Come vi siete sentiti? Le aspettative di tutti sono state rispettate? Quali inconvenienti avete incontrato? Quali tra questi siete riusciti a risolvere? Quali hanno creato maggiori problemi? Direste ad altri amici di ripetere la vostra stessa esperienza? E in questo caso, quali consigli potete dare loro? Cosa avete imparato che può essere utile anche per il futuro e/o “speso” altrove?

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3.2 LA GESTIONE ECONOMICA Idee, entusiasmo, passione, altruismo sono il vero grande patrimonio delle associazioni. Ma spesso questo patrimonio morale purtroppo non basta. Ci sono allora due grandi canali di finanziamento per le associazioni: le entrate di fonte privata e le entrate di fonte pubblica (vedi Allegato 1). ?? Le entrate di fonte privata sono:

1. quote sociali (tessera associativa); 2. contributi degli associati; 3. ricavi da vendita di beni o servizi, di solito ai soci; 4. donazioni, sottoscrizioni, raccolte di fondi, ecc.; 5. redditi finanziari e patrimoniali; 6. sponsorizzazioni.

?? Entrate di fonte pubblica: 1. contributi e sussidi a sostegno delle attività associative; 2. ricavi per contratti e convenzioni.

Semplificando un po’: le quote annuali per rinnovare l’iscrizione e i contributi a parziale copertura delle spese sostenute dalla associazione, per dare vita a corsi, manifestazioni e iniziative varie, versati dagli associati sono considerate entrate non commerciali, come i ricavi derivanti dalla gestione di un bar interno al circolo, che naturalmente deve essere un servizio “accessorio”, cioè qualcosa in più, a complemento di altre attività associative, non la ragione unica di esistenza del Circolo. Tutto ciò a patto che le attività che danno luogo a questi ricavi siano previste dallo Statuto. Anche i contributi degli enti pubblici locali, nazionali e internazionali sono considerati entrate non commerciali. Per gestire contabilmente entrate di questo tipo è sufficiente che il circolo, l’associazione possiedano il numero di codice fiscale. Se alle entrate usuali si aggiungono quelle provenienti dalla vendita di pasti, da pagamenti da parte degli enti pubblici di corrispettivi per determinati servizi che devono essere fatturati, allora l’associazione dovrà munirsi anche della partita IVA e tenere una contabilità separata tra questo ultimo tipo di entrate che sono considerate commerciali e quelle non commerciali. Ma per tutto questo si consiglia di rivolgersi ad esperti (vedi par. 1.1).

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4. CHE COSA FA Arrivati a questo punto, può sembrare banale ricapitolare ciò che una associazione può fare, ma conviene comunque stilare un elenco di attività. Infatti, una delle prime riunioni del gruppo fondatore può avere proprio come oggetto il definire sia gli scopi che gli oggetti specifici della propria associazione. Così ad esempio un’associazione giovanile che si occupa di musica può avere una finalità ben più ampia (es. favorire la diffusione della cultura giovanile, promovendo le produzioni artistiche giovanili, con particolare riguardo a tutte le forme musicali) e un oggetto comprendente la gestione di una sala prova, di uno studio di registrazione, la possibilità di fare concerti, di gestire un locale, ecc.. Così, a titolo di esempio, si riporta di seguito un elenco delle attività che possono caratterizzare un’associazione e che il gruppo dei fondatori può inserire o meno nello Statuto10. Ecco le principali: ?? organizzare convegni, mostre, proiezioni di video e films, dibattiti, concerti, spettacoli teatrali e

trattenimenti musicali; ?? organizzare incontri tra i soci in occasione di festività, ricorrenze, ed altro ed ogni altra attività

associativa, culturale, ricreativa ed editoriale lecita ed aderente agli scopi del circolo; ?? pubblicare riviste, bollettini, atti di convegni, ricerche, materiali informativi sul settore; ?? promuovere , perfezionare la formazione culturale, professionale, artistica dei propri soci; ?? offrire consulenza professionale ed artistica per la promozione di attività culturali; ?? mettere a disposizione sale prove, di registrazione, di montaggio audio e video, e ogni altro tipo

di attrezzatura di proprietà dell’associazione ai soci per la realizzazione di produzione artistiche; ?? realizzare produzioni artistiche degli associati; ?? acquistare con preferenza dei soci o vendere al pubblico con particolare riguardo ai soci,

articoli di produzione artistica, culturale, didattica, libraria, musicale, articoli di cancelleria, biglietti per spettacoli ed ogni bene o prodotto che necessiti ai soci;

?? fornire servizi di bar e ristorazione ai propri soci, anche mediante l’ausilio di distributori automatici;

?? fornire servizi di foresteria; ?? allestire sale d’ascolto, sale audiovisivi e postazioni informatiche per il collegamento a reti

telematiche e banche dati, idonee al conseguimento degli scopi sociali; ?? promuovere ed organizzare viaggi in riferimento a proposte nel campo artistico, aperte ai soci

che desiderino unire momenti di cultura con la crescita personale; ?? attuare ogni altra iniziativa od esercitare ogni altra attività necessaria o meramente opportuna al

fine del raggiungimento degli scopi che precedono; ?? partecipare ad altri circoli od associazioni aventi scopi analoghi, nonché partecipare ad enti od

associazioni con scopi sociali ed umanitari, anche a livello internazionale; ?? stipulare contratti o convenzioni, sotto qualsiasi forma prevista dalla legge, con enti pubblici o

privati; ?? rappresentare e tutelare i soci dinanzi allo stato e agli enti pubblici e privati, anche partecipando

a quelle iniziative che venissero prese a vantaggio dei soci; ?? compiere tutte le operazioni mobiliari, immobiliari, finanziarie, commerciali, bancarie che il

consiglio riterrà utili e connesse agli scopi sociali; prestare garanzie, fidejussioni, mutua assistenza e credito al fine di ricevere contributi, donazioni ed atti di liberalità.

10 Fac simile di Statuto associativo ed atto costitutivo tipo si possono scaricare dal sito www.politichegiovanili.it .

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ALLEGATO 1: IL FUND RAISING IL FUND RAISING: GLI ENTI PUBBLICI E GLI ENTI LOCALI Il fund rainsing sta ad indicare l’attività di raccolta fondi che un’organizzazione no profit può mettere in atto per reperire le risorse necessarie ad attuare un particolare progetto. La ricerca può indirizzarsi verso risorse di fonte pubblica o privata o seguire entrambe le strade: dipende dalla natura del progetto, dalle opportunità, dalle scelte dell’organizzazione no profit. Ma, in entrambi i casi, una regola vale sempre: non si ottengono finanziamenti per avviare un’organizzazione no profit, ma per dare vita a progetti mirati! Si possono ottenere fondi un po’ presso tutte le Amministrazioni Pubbliche. L’importante è bussare alle porte giuste. D’altra parte le procedure sono diverse, a seconda dell’Ente cui ci si rivolge ed a seconda dell’attività per la quale si richiede il contributo. Ogni Regione eroga, direttamente o attraverso le Province, contributi per attività di tipo culturale, sociale, sportivo e ricreativo che le associazioni propongono. Le Province, i Comuni, le Circoscrizioni possono poi finanziare con contributi le attività associative più diverse: sport, cultura, tempo libero, attività assistenziali ed educative... non c’è altra via, se si vogliono conoscere tutte le possibilità, che tenersi informati ed aggiornati! Alcune attività “di servizio”, invece (ad. esempio l’organizzazione di soggiorni estivi per ragazzi, alcune iniziative didattiche, di assistenza agli anziani e così via), sono spesso affidate dagli Enti Locali alle organizzazioni no profit, alle cooperative mediante bandi di concorso. Un’associazione può proporsi per la gestione di un servizio di pubblica utilità: ad esempio la gestione di corsi di musica per i ragazzi di un determinato Comune. L’Amministrazione comunale avrà emesso un bando nel quale descrive le caratteristiche del servizio da prestare e quali tipologie di soggetti (associazioni, cooperative…) possono partecipare alla gara per aggiudicarsi la gestione del servizio. L’associazione presenterà nei termini e nei modi richiesti un progetto che comprenderà anche la cifra richiesta per la prestazione. L’Amministrazione valuterà la bontà del progetto, il costo, l’affidabilità del proponente e assegnerà così il servizio al progetto ritenuto migliore o più economico. Altre volte è lo stesso Ente Locale a rivolgersi ad un’Associazione o ad una Cooperativa di cui apprezza le capacità, chiedendole di occuparsi delle gestione di un determinato servizio per suo conto. Le occasioni e le modalità sono davvero moltissime. Ciò che conta è essere informati sulle opportunità e conoscere le vie da seguire. A questo proposito, i migliori canali sono la ricerca diretta di informazioni presso gli Assessorati competenti (Sport, Cultura, Assistenza, Gioventù etc.) della propria città, della Regione, della Provincia o, più comodamente, le pagine sui rispettivi siti Internet, per gli Enti che li hanno attivati. IL FUND RAISING: I PRIVATI Se fin’ora si è parlato della raccolta fondi tra soggetti pubblici, il fund raising riguarda anche i privati. Premesso che l’azione della raccolta fondi è, soprattutto nel caso delle organizzazioni di volontariato, un’importantissima funzione interna dell’organizzazione, è assolutamente indispensabile per raggiungere gli obiettivi prefissati in autonomia e per “farsi conoscere”. Più si è conosciuti e più è facile ottenere finanziamenti e più si ottengono finanziamenti più si riesce a farsi conoscere: come sempre le prime volte sono le più difficili! Quando si rende necessario andare a cercare risorse private per dare vita ad un progetto, bisogna prima di tutto individuare gruppi di persone o aziende potenzialmente interessati a condividere l’obiettivo e perciò a sostenerlo. Una volta scoperti i possibili interessati, singole persone o aziende, si deve decidere come raggiungerli per spiegare loro che cosa si ha in mente di fare: è possibile fare di tutto, dalle telefonate personali al volantinaggio, l’importante è che la squadra che si mette in moto per cercare

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fondi lavori sempre seguendo una linea coerente, mandando messaggi chiari, condivisi dal gruppo e mai ambigui. Tutti devono essere precisi nell’indicare quale progetto si vuole realizzare, specificando i modi e i tempi della sua realizzazione: se qualcuno vi da del denaro, ha il diritto di sapere come verrà utilizzato. La legge autorizza le Associazioni raccogliere fondi con iniziative pubbliche (feste, lotterie, pesche di beneficenza etc.) senza che ciò configuri lo svolgimento di un’attività commerciale, purché ciò avvenga “occasionalmente” in non più di due iniziative ogni anno e che la somma così raccolta non sia superiore a 50.000 euro complessivamente. Di tali raccolte di fondi occorre tenere un riepilogo specifico e particolareggiato delle entrate. A operazione conclusa è importante ricordarsi di coloro che vi hanno aiutato, sia ringraziandoli e informandoli del risultato dell’azione sostenuta finanziariamente, sia coinvolgendoli periodicamente nella vita dell’organizzazione e nei suoi progetti futuri: tutto ciò serve a “fidelizzare” i sostenitori. Un’azione di raccolta fondi condotta in modo chiaro ed efficace aumenta la notorietà dell’organizzazione e crea interesse tra la gente, rafforza i legami esistenti all’interno dell’associazione e accresce la determinazione del gruppo verso gli obiettivi prefissati IL FUND RAISING: LE SPONSORIZZAZIONI Un’altra modalità per coinvolgere economicamente i privati è quella della sponsorizzazione , che viene spesso usata soprattutto dalle associazioni sportive. Lo sponsor interessato ad un particolare avvenimento può essere un’azienda che produce dei beni o dei servizi che hanno una qualche attinenza con l’evento o la manifestazione. Così ad esempio un negozio di articoli sportivi può essere interessato ad intervenire nel caso si stia organizzando una manifestazione sportiva, individuando negli atleti e negli spettatori altrettanti potenziali clienti. Oppure un’azienda può “approfittare dell’occasione” per raggiungere persone difficili da contattare seguendo gli usuali i canali di comunicazione aziendale: ad esempio un’impresa che produce abbigliamento per bambini può comunque essere interessata ad un evento culturale al quale parteciperanno sicuramente dei nonni. Naturalmente gli sponsor devono essere ringraziati, informati di eventuali altre iniziative e coinvolti nella vita dell’organizzazione, in modo da non dover ogni volta “ricominciare da capo”! Per essere realisti, si deve mettere in conto, prima di intraprendere un’azione di fund raising o di ricerca di sponsor, che non tutti i potenziali sponsor alla fine di una trattativa, accetteranno e finanzieranno. I risultati saranno sempre minori degli sforzi operati: la cosa non deve né sorprendere né demoralizzare il gruppo di lavoro!

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Capitolo 5 L’EUROPA PER E CON I GIOVANI INTRODUZIONE: EUROPA E GIOVANI 1. PROGRAMMA GIOVENTU’ 1.1 BASE GIURIDICA 1.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ 1.3 STRUTTURA (LE AZIONI) 1.4 CHI ATTUA IL PROGRAMMA 1.5 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) 1.6 LE PROCEDURE DI SELEZIONE 1.7 I PAESI PARTECIPANTI 1.8 LE SCADENZE 1.9 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE 2. PROGRAMMA LEONARDO DA VINCI 2.1 BASE GIURIDICA 2.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ 2.3 STRUTTURA (LE AZIONI) 2.4 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) 2.5 I PAESI PARTECIPANTI 2.6 LE SCADENZE 2.7 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE 3. PROGRAMMA SOCRATES 3.1 BASE GIURIDICA 3.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ 3.3 STRUTTURA (LE AZIONI) 3.4 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) 3.5 I PAESI PARTECIPANTI 3.6 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE 4. PROGRAMMA CULTURA 2000 4.1 BASE GIURIDICA 4.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ 4.3 STRUTTURA (LE AZIONI) 4.4 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) 4.5 I PAESI PARTECIPANTI 4.6 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE

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INTRODUZIONE: EUROPA E GIOVANI Dopo aver visto alcune possibile modalità e forme di lavoro per e con i giovani, si passa a valutare possibili opportunità per conseguire gli obiettivi individuati, adottando un respiro europeo e non solo. Aprire gli spazi e confrontarsi per costruire un Europa dei cittadini e non solo delle monete, degli Stati e delle Regioni. Ma come fare? A questa domanda sono state date diverse risposte: aiuto i giovani a lavorare meglio (Programma Leonardo), a studiare meglio (Programma Socrates), a muoversi all'interno dell'Unione e fuori (Programma Gioventù). E adesso, progettiamo con loro e per loro: attualmente sono circa 150 i programmi europei che, direttamente o indirettamente riguardano i giovani1. I principali sono il Programma Gioventù, il nuovo programma comunitario per la promozione dell’educazione non-formale, che comprende, tra le altre azioni, le attività individuali di volontariato giovanile transnazionale e di scambi internazionali giovanili. Nell’ambito dell’istruzione e della formazione, i programmi Socrates e Leonardo da Vinci, che nel 2000 hanno iniziato una seconda fase di durata settennale, ampliando le aree di intervento e rafforzando le competenze nei settori dell’istruzione e della formazione transnazionale. Cultura 2000 è invece il nuovo programma quadro culturale, sempre di durata settennale, che sostituisce i precedenti programmi comunitari Arianna, Caleidoscopio e Raffaello.

1. IL PROGRAMMA GIOVENTÙ Il Programma offre sostegno finanziario ai giovani e agli operatori giovanili per il loro progetti, fornisce informazioni, occasioni di formazione e opportunità per la creazione di nuovi partenariati in tutta l’Europa e oltre i suoi confini. Gioventù offre ai giovani occasioni di mobilità e di partecipazione attraverso attività educative non formali, il programma mira a contribuire alla realizzazione di un’Europa della conoscenza e a creare uno spazio europeo di cooperazione per l’elaborazione di una politica a favore della gioventù. Promuove inoltre il concetto di apprendimento lungo tutto l’arco della vita e lo sviluppo di competenze volte a favorire la cittadinanza attiva dei giovani. 1.1 BASE GIURIDICA Il programma d’azione comunitaria Gioventù è stato istituito con decisione n. 1031/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 aprile 2000. Esso comprende attività gia previste da programmi precedenti, quali Gioventù per l’Europa e Servizio Volontario Europeo. 1.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ I principali obiettivi del programma sono: ?? favorire l’integrazione dei giovani nella società e incoraggiare lo spirito di iniziativa; ?? aiutare i giovani ad acquisire conoscenze, capacità e competenze e a riconoscere il valore di tali

esperienze; ?? consentire ai giovani di esprimere liberamente il proprio senso di solidarietà in Europea e nel mondo e

sostenere la lotta al razzismo e alla xenofobia; ?? promuovere una migliore comprensione della varietà culturale, insita nel nostro comune patrimonio

europeo e dei nostri comuni valori fondamentali; ?? contribuire all’eliminazione di ogni forma di discriminazione e alla promozione dell’uguaglianza nella

società; 1 Per diffondere le informazioni relative a queste “euro-opportunità” vanno senz’altro divulgate e messe in rete le fonti principali. Per cominciare si possono consultare e siti riportati nei paragrafi seguenti e farsi inviare la “Guida Eurodesk alle opportunità promosse dall’Unione Europea nel settore della gioventù”, Bruxelles, Giugno 2002.

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?? introdurre nei progetti una dimensione europea con ripercussioni positive sulle attività giovanili a livello locale.

Una delle priorità chiave per la Commissione Europea è permettere ai giovani con minori opportunità di usufruire delle iniziative per la mobilità e l’educazione non formale promosse dal Programma Gioventù. 1.3 STRUTTURA (LE AZIONI) Il programma si articola in 5 azioni principali: Azione 1 – Gioventù per l’Europa Gli scambi giovanili offrono un’opportunità di incontro a gruppi di giovani (dai 15 ai 25 anni9 provenienti da diversi paesi. Essi hanno una valenza educativa e sono finalizzati all’apprendimento in un contesto non formale, in quanto i gruppi hanno la possibilità di approfondire temi comuni e di conoscere le rispettive culture. Azione 2 – Servizio Volontario Europeo (SVE) Nell’ambito di questa azione i giovani dai 18 ai 25 anni hanno l’opportunità di trascorrere all’estero un periodo massimo di codici mesi, lavorando come “volontari europei” in progetti localini diversi settori: sociale, ecologico e ambientale, artistico e culturale, nel settore delle nuove tecnologie, in quello dello sport e del tempo libero, ecc… Azione 3 – Iniziative Giovani Tramite questa azione i giovani di età compresa tra i 15-18 e 25 anni possono beneficiare di un sostegno per l’attuazione di progetti a livello locale. L’azione offre ai giovani la possibilità di sviluppare ed esprimere la propria creatività e il proprio spirito di iniziativa, essa mira inoltre a fornire agli ex-volontari europei una concreta opportunità di mettere a frutto l’esperienza e le competenze acquisite durante il servizio volontario. Azione 4 – Azioni Congiunte Questa azione riunisce i Programmi Socrates (istruzione), Leonardo da Vinci (formazione professionale) e Gioventù (educazione non formale). Ha l’obiettivo di sostenere iniziative che esprimono la natura complementare di questi tre programmi ed altri ancora, ad esempio Cultura 2000. Azione 5 – Misure di Sostegno Queste misure sostengono e integrano le altre azioni del programma Gioventù, al fine di consolidare e potenziare i risultati, favorire l’elaborazione e lo sviluppo di iniziative innovative a livello comunitario ed accrescere la qualità dei progetti, ad esempio tramite lo scambio di buone prassi o la formazione degli organizzatori di progetti. 1.4 CHI ATTUA IL PROGRAMMA La Commissione Europea: alla Commissione spetta la responsabilità del regolare funzionamento del programma, che lo ha istituito e ne gestisce il bilancio e ne definisce le priorità, gli obiettivi e i criteri. La Commissione ha inoltre la responsabilità del coordinamento delle Agenzie Nazionali, ossia degli uffici designati e istituiti dalle Autorità Nazionali competenti per le questioni relative alla gioventù in ciascun paese partecipante. La Commissione agisce in stretta colla orazione con le agenzie nazionali, delle quali sovrintende l’attività, essa, inoltre, guida e controlla l’attuazione generale, l’immagine, il seguito e la valutazione del programma a livello europeo. Le Autorità Nazionali: Gli Stati membri dell’UE e gli altri Paesi partecipanti sono coinvolti nella gestione di Gioventù, in particolare attraverso il comitato del programma, al quale partecipano i rispettivi rappresentanti. Essi sono inoltre responsabili della scelta e del monitoraggio delle Agenzie Nazionali.

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Le Agenzie Nazionali: Il loro compito principale consiste nel promuovere e attuare il programma a livello nazionale. Ciascuna Agenzia Nazionale funge da collegamento tra la Commissione Europea, i promotori dei progetti a livello nazionale, regionale e locale e i giovani, e costituisce un punto di contatto fondamentale. Le Agenzie sono responsabili della diffusione delle informazioni generali sul programma e hanno il compito di promuovere ed agevolare la costituzione di partenariati; sono altresì responsabili della selezione dei progetti ed organizzano vari tipi di attività di formazione; sono le fonti principali di informazioni per chi si avvale del programma. In Italia l’agenzia nazionale è presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Dipartimento delle Politiche Sociali e Previdenziali – Direzione generale per il volontariato, l’associazionismo sociale e le politiche giovanili. I coordinatori nazionali Euromed: per i Paesi partner del Mediterraneo, che partecipano al Programma in virtù del Programma d’Azione Euro-mediterraneo per la Gioventù, i Coordinatori Nazionali Euromed svolgono un ruolo analogo a quello svolto dalle Agenzie Nazionali dei Paesi partecipanti. La Rete Europea di Informazione Eurodesk: Sin dagli inizi degli anno ’90 la Commissione sostiene lo sviluppo e il consolidamento della rete informativa Eurodesk. Svolge, attraverso i Punti Locali Decentrati (PLD) delle reti nazionali, attività di informazione su tutte le opportunità promosse dall’Unione Europea nel settore della gioventù. Nell’ambito del Programma Gioventù, fornisce orientamento e supporto alla progettazione mediante i referenti locali della rete. 1.5 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) Possono partecipare al Programma gruppi di giovani, organizzazioni o associazioni non governative senza scopo di lucro, enti pubblici ed altri soggetti con esperienza nel campo della gioventù e dell’educazione non formale. Per partecipare alla maggior parte dei progetti cofinanziati dal Programma occorre costituire un partenariato con uno o più partner a seconda delle regole relative a ciascuna azione; il numero dei partner varia inoltre a seconda della loro provenienza (comunitaria o extra-comuitaria). 1.6 LE PROCEDURE DI SELEZIONE I giovani e gli operatori del settore interessati a presentare un progetto devono compilare i relativi moduli e seguire le procedure relative a ciascuna azione del programma. La maggior parte delle richieste di finanziamento viene esaminata a livello nazionale dalle Agenzie Nazionali. I progetti sono selezionati da comitati nazionali composti da persone competenti in materia di gioventù e di attività giovanili. Le selezioni sono condotte conformemente alle linee guida stabilite dalla Commissione Europea. Alcune tipologie di progetti sono gestiti e selezionati dalla commissione Europea. I comitati di selezione che si occupano di tali progetti sono costituiti da rappresentanti della Commissione Europea, delle agenzie nazionali, dei Coordinatori Nazionali e del Forum Europeo della gioventù. 1.7 I PAESI PARTECIPANTI Oltre ai 15 Stati membri dell’UE2, anche:

2 E cioè Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia.

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Paesi dell‘Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA) membri dello Spazio Economico Europeo (SEE) Islanda Liechtenstein Norvegia

Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea (Paesi in fase di pre -adesione) Bulgaria Ungheria Polonia Cipro Lettonia Romania Repubblica Ceca Lituania Slovacchia Estonia Malta Slovenia

I Paesi Terzi (solo partecipazione alle azioni 1, 2 e 5) Paesi partner mediterranei

(Programma Euromed) Comunità di Stati

Indipendenti (CSI)

Europa Sud-orientale

America Latina Algeria Armenia Albania Argentina Cipro Azerbaigian Bosnia-Erzegovina Bolivia Egitto Bielorussia Croazia Brasile Israele Georgia Ex- Repubblica Jugoslava

di Macedonia (FYROM) Cile

Giordania Moldova Repubblica Federale di Jugoslavia

Colombia

Libano Russia Costa Rica Malta Ucraina Cuba Marocco Ecuador Palestina Guatemala Siria Honduras Tunisia Messico Nicaragua Panama Paraguay Perù El Salvador Uruguay Venezuela 2.8 LE SCADENZE

Progetti selezionati a livello nazionale Per progetti con inizio Termine per presentare domanda

Dal 1° maggio al 30 settembre 1° febbraio Dal 1° luglio al 30 novembre 1° aprile Dal 1° settembre al 31 gennaio 1° giugno Dal 1° dicembre al 30 aprile 1° settembre Dal 1° febbraio al 30 giugno 1° novembre

Progetti selezionati a livello internazionale Per progetti con inizio Termine per presentare domanda

Dal 1° luglio al 31 dicembre 1° febbraio Dal 1° novembre al 30 aprile 1° giugno Dal 1° aprile al 30 settembre 1° novembre 1.9 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE Agenzia Italiana Gioventù, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Dipartimento delle Politiche Sociali e Previdenziali, Direzione generale per il volontariato, l’associazionismo e le politiche giovanili, via Fornivo, 8 –Pal. A, 00192 Roma Telefono di primo contatto: 06.36.75.44.39, fax di primo contatto: 06.36.75.43.54. web: www.gioventu.it ed e-mail di primo contatto: [email protected]

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2. PROGRAMMA LEONARDO DA VINCI Leonardo da Vinci II è il programma d’azione dell’Unione Europea per la realizzazione di una politica di formazione professionale. La seconda fase del programma è stata adottata per un periodo che va dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2006. Leonardo da Vinci II si propone di migliorare la qualità,l’innovazione e la dimensione comunitaria dei sistemi di formazione professionale, tramite la cooperazione transnazionale. IL programma rientra in un insieme di misure per la cooperazione europea nei settori dell’istruzione, la formazione e la gioventù, in particolare con Socrates II e Gioventù. 2.1 BASE GIURIDICA Il programma d’azione comunitaria Leonardo da Vinci fa riferimento all’articolo 150 del trattato CE ed è stato istituito con decisione del Consiglio del 26 aprile 1999. 2.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ I principali obiettivi del programma sono: ?? migliorare le capacità e le competenze, in particolare dei giovani, nella formazione professionale

iniziale; ?? migliorare la qualità e le possibilità di accesso alla formazione continua e l’acquisizione lungo tutto

l’arco della vita di capacità e competenze; ?? rafforzare il contributo della formazione professionale al processo di innovazione nel mondo

dell’impresa. 2.3 STRUTTURA (LE AZIONI) Il programma si articola in 5 misure transnazionali: Mobilità (tirocini transnazionali/scambi internazionali/visite di studio) L’azione mobilità comprende tre tipi di misure: i tirocini transnazionali che include la preparazione e l’attuazione di progetti di tirocini transnazionali per studenti, giovani laureati e lavoratori; gli scambi transnazionali che sostiene l’organizzazione di progetti transnazionali tra imprese, organismi di formazione professionale e università; le visite di studio per i responsabili della formazione professionale per quanto riguarda temi proposti dalla Commissione. Progetti pilota (azioni tematiche) L’azione per i progetti pilota fornisce sostegno ai progetti pilota transnazionali intesi a sviluppare l’innovazione e la qualità nella formazione professionale, includendo azioni volte all’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella formazione professionale. Competenze linguistiche (verifiche legate alla lingua e alla comunicazione/strumenti di apprendimento e formazione/progetti di diffusione) La misura competenze linguistiche sostiene la promozione delle competenze linguistiche, comprendendo anche le lingue utilizzate e insegnate in misura minore e la comprensione delle altre culture tramite la formazione professionale. Reti transnazionali La misura reti transnazionali fornisce sostegno a reti transnazionali per l’acquisizione di esperienza e la diffusione a livello europeo.

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Il sostegno comunitario è a disposizione per attività di reti multiple di formazione professionale che permettano l’incontro nei vari stati membri, a livello regionale o settoriale, i partecipanti del settore pubblico o privato. Strumenti di riferimento La misura strumenti di riferimento fornisce sostegno ad azioni per la creazione, l’aggiornamento e la diffusione di strumenti di riferimento. Le azioni che rientrano in questa misura devono contribuire a creare dei dati confrontabili sui sistemi della formazione professionale ed orientamenti, pratiche e nuovi approcci alle qualifiche e le competenze negli Stati membri; produrre informazioni rilevanti dal punto di vista quantitativo e qualitativo, analisi e osservazione di prassi corrette a sostegno delle politiche e delle pratiche nel settore della formazione professionale e la formazione permanente. 2.4 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) I privati (giovani, adulti in formazione o altre categorie di persone) possono ottenere una borsa nell’ambito del programma, ma essi non possono presentare progetti a titolo individuale. Il Programma Leopardo è invece aperto agli organismi e alle società, sia pubbliche che private, che operano nel settore della formazione o che sono interessate alle questioni della formazione professionale e raggruppate nell’ambito di un partenariato internazionale. 2.5 I PAESI PARTECIPANTI Oltre ai 15 Stati membri dell’UE3, anche:

I Paesi AELS che fanno parte dello Spazio Economico Europeo Islanda Liechtenstein Norvegia

12 Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea (Paesi in fase di pre-adesione) Bulgaria Ungheria Polonia Cipro Lettonia Romania Repubblica Ceca Lituania Slovacchia Estonia Malta Slovenia 2.6 LE SCADENZE Per il Programma Leopardo da vinci esiste un’unica scadenza annuale valida per tutte le azioni; tali date possono, nel tempo, essere modificate. Per conoscere quindi le scadenze per l’annualità in corso è consigliato prendere contato con l’Agenzia Nazionale responsabile del Programma per l’Italia. 2.7 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE ISFOL, Agenzia Nazionale del Programma Leonardo da Vinci, Via G.B. Morgagni, 30/b, 00161 Roma. Telefono: 06.44.59.01/06.44.59.04.90, Fax: 06.44.59.04.75 E-mail: [email protected] web: http://www.programmaleonardo.net 3 E cioè Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia.

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3. PROGRAMMA SOCRATES Socrates II è il programma d’azione comunitario per la cooperazione europea in materia d’istruzione; la seconda fase copre il periodo dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2006. 3.1 BASE GIURIDICA Il programma Socrates si fonda sugli articoli 149 e 150 del Trattato dell’Unione Europea che stabiliscono che la Comunità deve contribuire allo sviluppo di un’istruzione di qualità attraverso una serie di azioni da realizzare in stretta cooperazione con gli Stati membri. Esso è stato istituito con la Decisione 253/2000/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 gennaio 2000. 3.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ Gli obiettivi specifici del programma sono: ?? sviluppare al dimensione europea in materia di istruzione a tutti i livelli in modo da rafforzare il

sentimento di cittadinanza europea, attingendo dal patrimonio culturale di ciascuno Stato membro; ?? promuovere il miglioramento della conoscenza delle lingue dell’UE, in particolare quelle meno diffuse

ed insegnate; ?? migliorare qualitativamente e quantitativamente la conoscenza delle lingue dell’UE; ?? promuovere la dimensione interculturale dell’istruzione; ?? promuovere la cooperazione, a tutti i livelli dell’istruzione, tra gli istituti degli Stati membri; ?? incoraggiare la mobilità degli insegnanti, promovendo la dimensione europea della loro formazione e

contribuendo al miglioramento delle loro competenze; ?? incoraggiare la mobilità degli studenti, soprattutto nell’istruzione universitaria, consentendo loro di

compiere parte dei loro studi in Stati membri diversi da quello di appartenenza; ?? incoraggiare il riconoscimento accademico di diplomi e soggiorni di studi; ?? incoraggiare l’istruzione aperta a distanza nell’ambito delle attività di questo programma; ?? favorire scambi di informazioni e di esperienze affinché la diversità e la specificità dei sistemi didattici

negli Stati membri diventino una fonte di arricchimento e di reciproco stimolo. 3.3 STRUTTURA (LE AZIONI) Il programma sostiene attività in 8 settori: Istruzione superiore - Erasmus Socrates-Erasmus intende migliorare la qualità e la dimensione europea dell’istruzione universitaria sia incoraggiando la cooperazione transnazionale tra università e la mobilità di studenti e docenti universitari, che contribuendo ad una maggiore trasparenza e un riconoscimento accademico delle qualifiche e gli studi nell’ambito della Comunità. Istruzione scolastica - Comenius L’azione Comenius si divide in tre misure e sostiene l’attivazione di partenariati transnazionale tra scuole, i progetti transnazionali e attività di mobilità ideate per la promozione dello sviluppo professionale di tutti i tipi di personale impegnato nell’istruzione scolastica, la cooperazione in aree tematiche di importanza specifica per l’istruzione scolastica in un contesto europeo. Promozione dell’apprendimento linguistico - Lingua Lingua è il nome dell’azione del Programma Socrates che riguarda la promozione dell’insegnamento e l’apprendimento delle lingue. Essa ha l’obiettivo di favorire la pluralità linguistica in ambito europeo,

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contribuire al miglioramento qualitativo dell’insegnamento e dell’approfondimento delle lingue, promuovere l’accesso alle opportunità per lo studio delle lingue a qualsiasi età, commisurate alle esigenze specifiche di ognuno. Apprendimento aperto e a distanza; tecnologia dell’informazione e della comunicazione nel settore dell’istruzione - Minerva L’azione Minerva intende promuovere la collaborazione nel settore dell’apprendimento aperto e a distanza e della tecnologia dell’informazione e della comunicazione nell’istruzione. La funzione principale di Minerva è quella di sostenere lo sviluppo di servizi e pratiche innovative, ponendosi tre obiettivi principali: promuovere la comprensione tra insegnanti, allievi, responsabili delle decisione e grande pubblico su quelle che sono le implicazioni dell’AAD e della TIC per il settore dell’istruzione, nonché sull’uso critico e responsabile della TIC a scopi didattici; assicurare che nello sviluppo della TIC e di prodotti e servizi didattici multimediali sufficiente rilievo venga attribuito agli aspetti pedagogici; promuovere l’accesso a metodi e risorse educative più efficaci, così come alle buone prassi. Istruzione degli adulti ed altri percorsi educativi – Grundtvig Grundtvig si rivolge a coloro che, in qualunque stadio della loro vita, desiderano apprendere allo scopo di accrescere le proprie capacità di giocare un ruolo attivo nella società e sviluppare una sensibilità interculturale, migliorare le proprie capacità di impiego attraverso l’acquisizione o l’aggiornamento delle proprie competenze, migliorare le proprie capacità di accedere o reinserirsi negli schemi educativi convenzionali. Osservazione e innovazione dei sistemi e delle politiche nel settore dell’istruzione L’azione osservazione e innovazione intende promuovere la cooperazione europea nelle politiche dell’istruzione. Azioni congiunte con altri programmi comunitari Le azioni congiunte sono inviti a presentare proposte che vengono pubblicati nella GUCE. Tali inviti indicano i temi prioritari, i tipi di progetti presi in considerazione, gli aiuti disponibili, i criteri di ammissibilità e di selezione, nonché la procedura e le date limite per la presentazione delle richieste. Misure di accompagnamento Nel quadro delle misure di accompagnamento sono disponibili finanziamenti a sostegno di attività orientate a una maggiore sensibilizzazione circa l’importanza della promozione e della cooperazione europea in tutti i settori dell’istruzione, richiamare l’attenzione su esempi di pratiche corrette nell’organizzazione della cooperazione europea e la diffusione di informazioni su importanti sviluppi in un settore e/o aspetto specifico dell’istruzione. 3.4 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) I beneficiari del programma sono le università, ovvero ogni tipo di istituto di istruzione superiore che offra qualifiche o diplomi a livello universitario; gli insegnanti e il corpo insegnante, che siano in formazione o in attività e il personale che si occupa di educazione, amministrazione e direzione; gli studenti durante il periodo della scuola dell’obbligo, gli studenti delle scuole superiori, persone immatricolate nelle università; istituti di istruzione di tutti i tipi. 3.5 I PAESI PARTECIPANTI Oltre ai 15 Stati membri dell’UE4, anche: 4 E cioè Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia.

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I Paesi AELS che fanno parte dello Spazio Economico Europeo Islanda Liechtenstein Norvegia

12 Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea (Paesi in fase di pre-adesione) Bulgaria Ungheria Polonia Cipro Lettonia Romania Repubblica Ceca Lituania Slovacchia Estonia Malta Slovenia

Paesi associati dell’Europa Centrale e Orientale Bulgaria Lettonia Slovacchia Repubblica Ceca Lituania Slovenia Estonia Polonia Ungheria Romania

Altri Paesi Cipro Malta Turchia 3.6 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE Agenzia Nazionale Socrates Italia, INDIRE Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca Educativa, Via M. Buonarotti, 10, 50122 Firenze Telefono: 055.23.803.26/28/38/87/88/89, fax: 055.23.803.30/43/99 Web: http://www.indire.it/socrates, e-mail: [email protected] 4. PROGRAMMA CULTURA 2000 Cultura 2000 è il nuovo programma quadro culturale (2000-2006) che sostituisce i precedenti programmi Arianna, Caleidoscopio e Raffaello. 4.1 BASE GIURIDICA Il Programma Cultura 2000 fa riferimento all’articolo 151 del Trattato CE. Esso è stato istituito con la Decisione 508/2000/CE del 14 febbraio 2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio. 4.2 OBIETTIVI E PRIORITÀ Il Programma intende incoraggiare l’attività creativa, la conoscenza e la diffusione della cultura dei popoli europei. In tale contesto, favorisce la cooperazione tra artisti, operatori culturali, promotori privati e pubblici, attività di reti culturali ed altri partners, nonché istituti culturali degli Stati membri, i Paesi SEE e i Paesi candidati dell’Europa Centrale e Orientale. 4.3 STRUTTURA (LE AZIONI) Le azioni sulle quali si articola il programma sono:

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Azioni specifiche, innovative e/o sperimentali Le azioni annuali specifiche, innovative e/o sperimentali sostengono eventi e progetti realizzati in partenariato o sotto forma di reti di almeno tre Stati membri. Azioni integrate all’interno di accordi di cooperazione culturale, strutturati e pluriennali Le azioni integrate all’interno di accordi di cooperazione culturale, strutturati e pluriennali fanno riferimento a progetti significativi di risonanza europea, che vedono impegnati operatori culturali provenienti da almeno cinque Stati europei. Eventi culturali speciali di risonanza europea e/o internazionale L’azione eventi culturali speciali di risonanza europea e/o internazionale riguarda eventi di straordinaria portata e consistenza che comprendono in particolare la promozione del dialogo culturale sia all’interno che all’esterno del Comunità e l’organizzazione di eventi culturali innovativi che suscitano un forte interesse e siano accessibili ai cittadini europei in generale, in particolare nel settore del patrimonio culturale, le arti e la storia europea. 4.4 CHI PUÒ PARTECIPARE (I BENEFICIARI) Può presentare un progetto culturale nell’ambito del programma qualsiasi operatore culturale attraverso la propria organizzazione che abbia sede in un Paese ammissibile, ad eccezione dei singoli individui che possono essere coinvolti all’interno delle attività previste nei singoli progetti. 4.5 I PAESI PARTECIPANTI Oltre ai 15 Stati membri dell’UE5, anche:

I Paesi SEE/EFTA Islanda Liechtenstein Norvegia

12 Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea (Paesi in fase di pre-adesione) Bulgaria Ungheria Polonia Cipro Lettonia Romania Repubblica Ceca Lituania Slovacchia Estonia Malta Slovenia 4.6 PUNTI DI CONTATTO E INFORMAZIONE DG EAC C.2 – Culture 2000, DG Culture and Education, European Commission, 200, Rue de la Loi, B-1049 Brussels Telefono: +32.22.96.65.99 e fax: +32.22.29.99.283 e-mail: [email protected] e web: http://europa.eu.int/comm/culture/contact-point_en.html In Italia, informazioni presso Antenna Culturale Europea, c/o Istituto Universitario di studi Europer Piazza Castello, 9, 10123 Torino. Telefono: 011.54.72.08 e fax: 011.54.82.52 e-mail: [email protected] e web: http://www.arpanet.it/iuse/antenna.htm

5 E cioè Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia.

Page 72: GIOVANI & IDEE - Parolealtre · convegno “Dalla L.R. 16/95 ai tavoli di progettazione per e con i giovani” (che si è svolto a Castelletto Sopra Ticino venerdì 6 dicembre 2002,