Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006...

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IN Numero 2 Dicembre 2006 Periodico del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci Anno Scolastico 2006-2007 N^2

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IN

Numero 2 Dicembre 2006 Periodico del Liceo Scientifico

Leonardo da Vinci Anno Scolastico 2006-2007

N^2

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Editoriale & Indice

Salve a tutti! Eccoci di nuovo sulle pagine dell’Incon-tro, tornati ancora una volta con articoli su attualità, cultura, politica, musica e curiosità. Io e tutta la reda-zione tenevamo a precisare che nell’articolo “Lettere dal confino”, l’aneddoto sulla segreteria non era stato aggiunto per accusare questa di inefficienza, quanto far presente quali disagi comporta essere una delle classi al Palladio. Vi auguriamo di concludere questo breve ma intenso quadrimestre al meglio, e di trascorrere delle piacevoli vacanze natalizie, sperando di tenervi compagnia tra una fetta di panettone e un regalo da scartare (e ovvia-mente i compiti..). Vi ricordo inoltre che le iscrizioni per entrare nella no-stra redazione sono sempre aperte, quindi aspettiamo ogni giovedì dalle 14.00 alle 15.00 chiunque fosse inte-ressato a farne parte! Buone vacanze a tutti

La direttrice

Indice Giusto momento per riflettere 3 Il peso dell’anima 4 Divagazioni filosofiche 5 Saddam morto! (o no?) 6 Allah akbar 8 stati nuovi da uomini nuovi 9 Un’apostrofe divergente L’angolo della zanzara 10 Una postilla di precisazione 10 Fondi perduti ai giornali Pianeta scuola 11 Vita al palladio 12 Scandicci? Dov’è… Anzi cos’è? 13 Toscana-Veneto senza confini 14 Intervista ai rappresentati della consulta 15 Intervista ai rappresentanti d’istituto 15 Un voto per la vita Mondo giovani 16 Le luci di natale 18 Ladre di gnomi o Salvatrici di anime? 19 Hikikomori 19 I-pod pericolosi Humor 20 Oroscopo Music Box 22 Hvis Lyset Tar Oss – Burzum Liberi pensieri INcontro

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Editoriale

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Giusto momento per riflettere

Forse quello che sto per scrivere non servirà a nulla, ma io non dispero e mi auguro che le mie parole entrino, anche solo per un istante, nel cuore dei miei lettori. Voglio raccontare la mia storia ed esprimere il mio parere ri-guardo ad un argomento di cui tanto si parla ma che in realtà pochi conoscono e che fa più male di quanto si possa credere: l’anoressia. In questi giorni due ragazze so-no morte a causa delle compli-cazioni mediche subentrate do-po anni di malattia; subito i mass-media si sono affrettati a dare un loro superficiale quanto inadeguato giudizio, facendo fil-trare il ritratto di una mente de-vastata e quasi compiaciuta del-la sua sofferenza, come se pesa-re 40 kg fosse un traguardo e non la conseguenza di una patologia. L’anoressia causa la mancanza di appetito e odio verso il cibo non tanto perché si voglia dimagrire, trovandosi più attraenti a 36 – 32 – 27 kg (esistono, cre-detemi, casi di questo tipo), ma per una degenerazione e un’auto-soppressione del proprio io dentro e fuori. Non mi è sembrato giusto additare la giovane ragazza in que-stione come una psicopatica che “evidentemente non amava le curve”, senza tenere conto di quanto male, do-lore, disperazione, la potessero spingere a comportarsi come ha fatto; quando una donna, che fin da bambina vive e viene apprezzata solo perché percorre una passe-rella, comincia a percepire il messaggio errato che lei vale perché ha qualcosa da mostrare, perde fiducia in sé e si isola dal resto del mondo. Forse aveva capito che per tutti, a partire dai suoi genitori che l’hanno spinta a intraprendere questa carriera, lei era solo un immagine in passerella. Quando sul palcoscenico della vita cala il sipario e rimani al buio senza applausi certamente non ti senti a tuo agio, tanto più se non hai qualcuno che ti ama per quello che sei davvero.

Scusate se forse sono stata troppo veemente, ma dentro di me porto ancora i segni di anni di sofferenze a causa del-

l’anoressia, che mi ha coinvolta per problemi di varia natura tra cui il disprezzo, che molti non cercavano minimamente di vela-re, verso il mio sovrappeso. Per-tanto per debellare questa piaga sociale non ha alcun senso met-tere all’ingrasso le modelle di Versace, Armani o Dior, ma ser-ve insegnare a quella massa di ignoranti insensibili, quali si ri-velano a volte “gli altri”, ad amare il singolo più di loro stes-si, di farlo sentire importante e non giudicarlo per il solo aspet-to fisico; nel momento in cui una persona è apprezzata, accet-ta tutti i suoi difetti. Non voglio più, dall’alto del

mio metro e settanta per 46 kg, sentir pronunciare un’ul-teriore sentenza su quella ragazza, altrimenti la ucciderete una seconda volta, incolpandola dei suoi “sbagli”, che in realtà sono un po’ errori di tutti. Lei ha provato il dolore più atroce; riflettiamo con il cuo-re e speriamo che nessuno debba mai arrivare a tanto. Per concludere allego alcuni versi che ho scritto all’età di tredici anni, mentre già scontavo la mia lunga pena..

“Dimagrire e morire giorno dopo giorno

senza alcun ritorno… La vita si annulla inesorabile

e nella mente non rimane più niente per cui valga lottare”

una ragazza ad Ana Carolina Reston

IL PESO DELL’ANIMA

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Giusto momento per riflettere

Nel vano tentativo di immagazzinare il più possibile informa-zioni riguardanti il compito di Filosofia di venerdì, mi rendo conto che il fluire dei miei pensieri non si è interrotto e che in realtà, mentre leggo, la mia mente è un turbine di immagini. Mi scopro a rimuginare sulla mia vita (si sa, la Filosofia gioca brutti scherzi) di studentessa sgangherata ed apatica, e mi chiedo Perchè circoli quest’opinione nel “mondo degli adul-ti”- al quale noi dovremmo, a dire il vero, già in parte appartenere - l’opinione che noi adolescenti siamo un branco di indi-vidui poco interessati all’ambiente circo-stante, all’attualità, alla politica, a qual-siasi ambito e/o argomento, la cui distan-za dal nostro naso superi i due centimetri. Così, mi rammento di un articolo letto su L’Espresso non molto tempo fa, intitolato “Ragazzi ma che freddo fa”, che sì, forse è un po’ lontano da noi liceali – immaturi ed irresponsabili, assolutamente non pronti ad affrontare l’esame di maturità, dice qualcuno – ma che credo ci riguardi, comunque, più o meno da vicino. A sentire la giornalista, una certa Adriana Polveroni, la “nostra” generazione sareb-be l’esemplificazione, l’immagine, la re-incarnazione del disinteresse più assoluto (non vi sembra di provare come un déjà vu, o meglio un déjà senti?). Cito testual-mente: “L’amore? Va e viene, se viene. Storielle senza troppi sconquassi. La poli-tica? Per carità. A meno che non si tratti di pace nel mondo e che a dare la linea non sia Bono Vox. Gli amici? Quelli sì, importanti. Ma, per favore, i maschi con i maschi e le femmine con le femmine. La famiglia? Benino. Con mamma e papà che non si scandalizzano se ci si chiude in camera con la ra-gazza e che, magari, allungano pure una canna. Lo studio? Sì, ma poi? A parlare di lavoro cala la depressione.” Insomma ragazzi, rassegnatevi! Non siamo altro che un grup-po di sfigati in amore, apolitici (e qui qualcuno potrebbe stor-cere il naso), con tanti amici, ma che si comportano come alle elementari; con dei genitori irresponsabili e spacciatori, che nutrono un interesse per lo studio pari a zero. Fermi tutti: non generalizziamo. Ammettendo, pur con una punta di fastidio, che lo studio al momento - professori non togliete la sicura, non affilate le vostre spade, non rendete acu-minate le vostre lance - non è il primo dei miei pensieri, devo anche aggiungere che la situazione non mi sembra a tal punto irrecuperabile e disperata. Per lo meno, ho una certezza: i miei genitori non mi offrirebbero con un sorriso benevolo una can-

na e mio padre non sarebbe così tranquillo se mi chiudessi in camera con il mio ragazzo (sempre se ce l’avessi, ma questa è un’altra storia). Anzi. Purtroppo però, per quel che riguarda l’ambito politico, la so-praccitata giornalista ha ragione. Sarà perché la politica italiana sembra assomigliare sempre più ad una telenovela; e noi, giova-

ni automi, siamo stanchi di rivedere sempre le stesse puntate ed assistere agli infantili litigi tra senatori in parlamento ci annoia profondamente. O più proba-bilmente perché informarsi è faticoso e richiede tempo. Che, a quanto pare, si ritiene più opportuno impiegare in altri ambiti: dall’ultima acconciatura sfoggia-ta da Madonna, a chi, tra Genoveffa e Anastasia, abbia scelto il tronista di tur-no. Però, noia concessa, la soddisfazione di sapere rispondere ad una domanda posta dal professore che sfoggia il cono-sciuto ed odiato sorrisetto compiaciuto, paga qualsiasi fatica (ammesso che la conoscenza possa essere considerata in tal modo). Che i giovani siano poco informati è un dato di fatto, è però anche vero che tra questi ce ne sono molti che, raramente presi in considerazione, partecipano dal loro piccolo alla vita politica. Al perché di questa mancanza non rie-sco a dare una motivazione unica e cer-ta. Auspico solo che tutti coloro che sono immersi in questo torpore si sveglino d’un tratto e si rendano conto che non sono il fulcro dell’orbita mondiale, no-nostante sia stato scoperto da molto tem-

po che la Terra gira intorno al Sole. Inoltre vorrei ricordare che non manca molto tempo alla fine delle superiori e che la scuola, ambiente protetto, non può forni-re tutte le risposte. Dobbiamo imparare a pensare con la nostra testa, fatto possibile solo se possediamo il Sapere. Affinché nessuno di noi possa essere abbindolato ed indotto a sostenere false ideologie. La scelta rimane a voi, se rimanere burattini al servizio di Altri o se, consapevolmente, diventare Qualcuno.

Alice Gobbo 4°I

Divagazioni Filosofiche

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Giusto momento per riflettere

Il vecchio dittatore iracheno è stato condanna-to: morte per impiccagione! Per Saddam, quin-di, non si prospetta una bella fine… E mentre lui trema (tanto da proporre un’intesa tra i vari partiti del Paese… pazzesco! Sentirlo dire da chi ha sterminato le fazioni avversarie fino al-l’altro ieri, poi!) l’Occidente si divide: pena di morte sì, pena di morte no; “Sono contro l’im-piccagione, è una pratica barbara ma Saddam la merita”; “Va bene impiccarlo, ma solo se prima lo si scotenna a dovere”. Per quanto riguarda gli Americani, la loro po-sizione è scontata: lo vogliono morto, punto e basta. Non importa come… anzi, a proposito, imma-gino si rammarichino di non poter porre la fir-ma all’esecuzione del loro dittatore (sì, “loro”, perché negli anni Ottanta sono stati gli Ameri-cani a metterlo al posto dov’è stato fino a qual-che tempo fa…): dovranno infatti accontentar-si di un cappio, non potendo elettrizzarlo né fargli la puntura letale. Tra l’altro, per aprire una piccola parentesi, chi ha detto che Americani e Iracheni appartengo-no a società e culture poste agli antipodi, dia-metralmente opposte? Una cosa in comune ce l’hanno: la pena di morte. Interessante paralle-lismo: la più grande democrazia (o per lo me-no ritenuta tale) e uno Stato canaglia almeno su una cosa vanno d’accordo, ovvero eliminare i criminali con ponderata crudeltà. Ma lascia-mo perdere, perché il dibattito sulla pena capi-tale è infinito.. Dall’altra parte ci sono gli Europei benpensan-ti che avversano la condanna, indipendente-mente dal soggetto. Ammirevole la loro rettitu-dine morale e la loro coerenza… Ma qualcuno potrebbe obbiettare che in fin dei conti a Sad-

dam “gli sta bene”, “se lo merita”. E da questo punto di vista pure gli Americani se lo meritano perché l’hanno cercato così tanto che togliere loro il gusto di vederlo penzolare sarebbe crude-le… Crudele? Parliamo di crudeltà. Alcuni pensano addirittura che la condanna non sia abbastanza crudele… La punizione non è nemmeno lonta-namente commensurabile con la ferocia usata dall’ex dittatore contro oppositori politici ed et-nie nemiche. Per il promotore dell’allegra puli-zia etnica perpetrata contro i Curdi (con armi USA, fornite generosamente dallo Zio Sam, nel-l’intento che fossero usate contro l’Iran) l’im-piccagione non è una pena sufficiente. Si propo-ne quindi di torturarlo per bene prima di spedir-lo ad Allah in anticipo (tanto in Iraq è costume torturare). Ognuno la pensi come vuole; ma , la morte di Saddam risolverà la situazione? Consi-derando che l’Iraq è una bella palude dove i mi-litari di Bush si trovano loro malgrado a sguaz-zare, e considerando che questa palude è una polveriera in attesa di esplodere (se non è già esplosa nel frattempo), non sarebbe così strano pensare all’uccisione di Saddam come alla scin-tilla. La sua morte potrebbe davvero imprimere la spinta finale a una guerra civile da parecchio tempo latente in quel paese (anzi non così tanto latente, visto il fiume di sangue che non accen-na di smettere). Quindi prima d invocare la sua tanto attesa ulti-ma ora, non sarebbe il caso di riflettere se sia davvero necessario?

Stefano Maronese 4°F

Saddam Morto! (o no?)

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Giusto momento per riflettere

Condanna a morte tramite impiccagione. Così si conclude dopo poco più di un anno il processo, durante il quale assassinati tre avvocati difensori, all’ex rais iracheno Saddam Hussein, accusato d’avere respon-sabilità nella strage del 1982 di 148 sciiti a Dujail, per rappresaglia dopo un fallito attentato al presidente stes-so. Oltre a lui sono stati condannati alla pena capitale il suo fratellastro e capo dei servizi segreti al Tikriti e l’ex pre-sidente del “tribunale rivoluzionario” el Bander. Altri quattro incriminati invece puniti con pene variabili dai 15 anni all’ergastolo, un funzionario del Baath, l’ex par-tito del rais, prosciolto. Condanna a morte. Questo verdetto da sempre divide i paesi più avanzati, tecnologici, che scissi tra un conservatorismo rigido e severo, imbevuto di moralità, e un progressismo etico e filopacifico, slegato dal Medioevo del passato; qui sem-bra quasi tornare ad essere giustificato anche dai costan-ti indecisi del nostro tempo, rifacendoci precipitare in un Medioevo del presente. Come mai? E’ semplice: non si considera tanto la gravità della con-danna, quanto l’imputato in se stesso. Un uomo orribile, forse neanche definibile uomo, il dit-tatore di un popolo, autore di tanti e tanti massacri taciu-ti sotto il suo regime. Cosa può meritare? Solo la morte. Credo che questo ragionamento, abusato fin dai tempi più remoti, altro non ha portato se non l’aumento di morti innocenti, o comunque, al mantenimento di barba-rie compiute dallo stato che passanno ora sotto il nome di giustizia. Non può esserci giustizia nel dare la morte: sarebbe più corretto chiamarla “vendetta”, e la vendetta, come ben disse Cesare Beccaria in “Dei delitti e delle pene”, non è mai giustificabile, neppure per i cristiani più mo-ralisti, che anzi auspicano il perdono e la riconciliazio-ne. La pena di morte è un aborto della mente umana, è disu-mana per il solo fatto d’essere stata concepita. L’uomo, è giusto, si giudica per il reato che ha commesso: eppure molto spesso - indulti concessi o meno – tanti omicidi dopo dieci, vent’anni possono rivedere il sole. Perché ciò ci può risultare, anche se magari solo in mi-nima parte, tollerabile, mentre per Saddam ci parrebbe

inconcepibile una simile pena ridotta? Perché nel primo caso si tratta di una, due, tre vittime, nel secondo invece di vere e proprie stragi. Ma siamo tutti uguali, e una vita umana vale come mille. Non vale di meno. Allora dunque: o pena di morte agli omicidi, passionali premeditati o pure causati da insanità mentale, o una de-cisa revisione della condanna a morte al dittatore qui con-siderato. Non voglio certo difendere l’ex rais dalle sue colpe, quanto distinguere fra una persona umana e le sue azioni. Nel giudicare Saddam, certamente non si guarda solo alla morte di quei 148 sciiti ribelli. Dietro all’ex rais c’è un passato macchiato di tante altre orribili atrocità: un regi-me in cui più di 300.000 curdi moriranno nelle camere a gas (vi ricorda qualcosa?), una guerra persa contro l’Iran, una mai finita dal 1990 contro il Kuwait. Ci sarebbe anche un’altra accusa, che mi fa sorridere: la famosa questione della detenzione di armi di distruzione di massa, tanto cara come motivazione all’attuale presi-dente americano George W. Bush, che non ha esitato a dare il via alla sua personale guerra preventiva. (Preventiva contro un possibile attacco agli Stati Uniti, o forse preventiva alla spartizione del petrolio degli Emirati Arabi senza la sua supervisione.) Che poi queste armi non siano mai state reperite, e che i tanto contestati rapporti fra il “terrorista” giordano Al Zarqawi (spesso finanziato nelle sue stragi di pulizia etni-ca da Saddam) e Al Qaeda siano del tutto ovvi quanto quelli economici anch’essi fra il famosissimo leader della stessa Osama Bin Laden e casa Bush, beh, questo ovvia-mente non risulta un problema agli occhi degli Stati Uni-ti, che possono sempre e comunque accusare Saddam d’aver dato man forte al terrorismo internazionale. Loro invece, no. I delitti di cui s’è macchiato nel suo passato il rais sono dunque certo terribili: ma questo non basta a renderlo di-sumano. Disumana è l’impiccagione: una pratica barbara, orribile, che, seriamente, non augureremmo al nostro peggior ne-mico. Una morte senza decoro, che priva l’uomo della sua propria dignità. Dare la morte è disumano, darla per impiccagione ancora di più: ma Saddam Hussein, come chiunque altro al mon-do, non può meritare questa condanna, perché egli stesso non è disumano.

Allah Akbar ma gli uomini no.

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Quella che a prima vista potrebbe suonare come una be-stemmia, è invece pura riflessione sulla nostra natura, che di per sé, dando un’occhiata indietro nel corso degli eventi passati, certo buona non è. Dice Elio Vittorini nel suo famoso libro “Uomini e No”, riferendosi ai dittatori e alle ideologie del suo tempo complici d’uno dei più grandi genocidi della storia uma-na: “...Chi ha offeso l’uomo che cos’è? Mai pensiamo che anche lui sia l’uomo. Che cosa può essere d’altro? Diciamo oggi: il fascismo. Anzi: il nazi-fascismo. Ma che cosa significa che sia il fascismo? Vorrei vederlo fuori dall’uo-mo, il fascismo. Cosa sarebbe? Che cosa farebbe? Potrebbe fare quello che fa se non fosse nell’uomo di poterlo fare? Vor-rei vedere Hitler e i tedeschi suoi se quel-lo che fanno non fosse nell’uomo di po-terlo fare. Vorrei vederli a cercare di far-lo. Togliere loro l’umana possibilità di farlo e poi dire loro: Avanti, fate. Che co-sa farebbero? Un corno, dice mia nonna.” Per Saddam Hussein e il suo regime mili-tarista non è tanto diverso: anche in que-sto caso, come per Pol Pot, per Stalin, per Milosevic, per gli altri grandi dittatori fautori di tanti stermini, perfino prenden-do il caso di qualche famoso imperatore romano, il Cesare conquistatore di turno, non è diverso. Sono tutti uomini: perché è nell’uomo la capacità di fare il male, e quel male oscuro che lo caratterizza non lo fa diventare disumano, anzi. Permette le più terribili atrocità, ma tutte giustifica-bili per una qualche perversa ideologia e sopratutto possibili. Perché è l’uomo, e tutti coloro che lo seguono, a compierle. Cosa dunque è bene fare? Io non mi propongo di trovare una giusta condanna –sebbene consideri decisamente più umano l’ergastolo- ma, come l’ex presidente Ramadan ha detto durante il processo, che “il suo destino non è nelle mani del tribunale, ma in quelle di Dio, e in quelle dei muja-heddin" (combattenti nostalgici del deposto regime), ri-tengo fermamente che non spetti all’uomo, nè agli uo-mini in generale, seppure dello stesso popolo e nazione degli imputati, decidere della vita o della morte di un al-tro uomo. Spetta piuttosto allo stato non il compito di annientare, annichilire e sterminare: quanto quello di rieducare, di portare il reo ad una maturazione interiore.

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Giusto momento per riflettere

Saddam non si è reso conto dei suoi errori, ancora ades-so, per quel poco che gli resta, rimane fermo e irremo-vibile nelle sue convinzioni: vincerà le nuove elezioni irachene, ha sempre agito nel bene del suo popolo, e, affermazione anche condivisibile, quel tribunale politi-co è “schiavo degli occupanti, traditore”. Tralasciando l’ultima affermazione, più di carattere po-litico internazionale, mi sconvolge l’idea che, dopo aver visto contro di lui non una comunità, non un popo-

lo, non uno stato ma più di mezzo mon-do, rimanga sicuro d’essere nella sua giustizia. Un po’ come il tribunale: con-vinto che invece la vera giustizia sia la propria, la capitolazione. Qui sta a mio parere la vera questione: Saddam non ha preso coscienza della sua responsabilità. Non ha ancora com-preso il suo ruolo di portatore di morte, non di pace e democrazia: con la morte, certo la sua convinzione non cambierà. Quelle migliaia e migliaia di vittime e martiri, di innocenti, non gli peseranno di più sulla coscienza dopo morto. Anzi, si sarà completamente tolto il problema. Non è questa la giustizia: la giustizia è comprendere il proprio errore ed espiar-lo qui, in vita, dove si soffre e si è sicuri che ci si potrà pentire dei mali commes-si. La morte è un escamotage, evita il problema e lascia insoddisfatti coloro che cercavano la vendetta. La compen-sazione che si attua non ristabilisce l’or-dine violato, ma aggiunge altro male al male che già c’è: non viene resa la vita a chi la perduta, la rabbia rimane nei cuori, la disperazione nei sopravvissuti. E i carnefici non scontano proprio nien-te. Aspettando dunque la riconferma della condanna in un nuovo grado di giudizio, e sperando che, come il capo dello stato

iracheno - il curdo Jalal Talabani - contrario alla pena di morte, anche i due vicepresidenti meditino sulla sen-tenza, ripenso ancora all’insistenza dell’ex rais su quel-le sole due parole: “Allah Akbar”: Dio è grande. Non l’uomo, con il suo voler imporsi al posto di un Dio stesso, con la sua giustizia incompleta e la sua vendetta, con il suo inscindibile male dell’essere.

Stella Grosso 4^ I

Page 8: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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Giusto momento per riflettere compromettermi troppo e cambiare velocemente discorso.

L’uomo moderno, nella sua molteplicità di manifestazioni, culture, relazioni, sistemi politici è, oggi più che mai, accomu-nato da delle difficoltà di carattere globale, problematiche che interessano ogni singolo individuo componente l’umanità e il suo ruolo come parte del tutto. Un’importante questione con la quale l’uomo del giorno d’og-gi è chiamato a confrontarsi è il cosiddetto problema ambien-tale: la Terra si è sporcata, anzi è stata sporcata ed il principa-le responsabile, come è chiaro, è l’uomo. L’industrializzazio-ne massiccia di intere regioni, l’inquinamento atmosferico do-vuto ai trasporti, la pesca e l’allevamento intensivi, lo sperpe-ro delle risorse idriche sono solo alcune delle cause attribuibi-li all’uomo che hanno nel corso degli ultimi decenni intaccato fortemente l’equilibrio ambientale del nostro pianeta portan-dolo ai nostri giorni vicino ad un grave pericolo di collasso. Vorrei esporre il mio punto di vista sulla questione comin-ciando a sintetizzare tali cause in due componenti originarie: lo Stato e il Cittadino. Ritengo che queste due entità non ab-biano saputo e continuino a non sapere svolgere con rigore e responsabilità i loro ruoli sociali. Lo Stato dapprima, che avrebbe la funzione cardine di garantire al Cittadino la possi-bilità di condurre la propria vita lavorando e soddisfacendo i suoi bisogni per il raggiungimento di quella che potremmo chiamare felicità, per un circolo perverso di concause è attual-mente guidato il più delle volte da personalità mediocri che nei loro limiti non sono in grado di contrastare la corrente di-rei demenziale che trascina la gran parte degli stati moderni in un abisso di confusione e immoralità. Tali uomini, i governan-ti non possono assumersi la responsabilità di scelte radicali, scelte che sarebbero necessarie, per paura di incorrere nel giu-dizio della comunità internazionale, giudizio che si manifesta con il discredito finanziario e la minor fiducia degli investito-ri. I governanti dunque hanno, per così dire, “le mani legate” e ancor più parlando di ambiente non hanno il coraggio di fare forti scelte politiche. E poiché qualcuno disse: “Nulla avrà va-lore se ci manca il coraggio”, i meriti ed il valore della classe politica odierna sono veramente infimi. Lo stato dunque, vincolato com’è dall’economia globale, da-gli interessi personali, dalle mafie e dalla corruzione, incapace di attuare un piano di riordino dei suoi apparati, di pulizia dei suoi ministeri, di riduzione delle sue spese e degli sperperi, non è affatto interessato, o meglio non ha la volontà di pren-dersi a cuore il problema dell’ambiente e tanto meno è un punto di riferimento e un modello di comportamento per i cit-tadini. Non si può certo pretendere da questi ultimi una condotta ed un comportamento esemplari in tema di attenzione all’am-biente, così come per parecchie altre tematiche, quando non si fornisce loro un’immagine di moderazione, mediocritas, etici-tà e morigeratezza nel consumo e nella gestione delle risorse. Il cittadino viene dunque ad essere disorientato, demoralizzato (nel significato letterale del termine), viene portato a non con-siderare più il suo ruolo fondamentale nello sviluppo civile del suo paese, a non ritenere d’essere fautore possibile di un possibile cambiamento. Ancor di più è tale la responsabilità dello Stato quando, come realmente accade in nazioni leader nel contesto internazionale, in nazioni potenti e ricche, in na-zioni tra le più industrializzate del mondo, che producono più

scarti ed inquinamento d’ogni altro paese, quando questo Stato manipola la sua comunità scientifica intimandole di non diffon-dere allarmismo e di negare effetto serra in eccesso, buchi nel-l’ozono e quant’altro, quando di fatto tale Stato nega l’eviden-za per poter continuare a fare un uso indiscriminato delle sue macchine di produzione e denaro; proprio quel paese che a Kyoto non ebbe il coraggio di firmare assieme agli altri quelle carte così importanti. Il cittadino dunque cosa può fare? Di certo non aspettare che l’educazione all’ambiente gli venga impartita dall’alto, viste le precedenti considerazioni. Il cittadino deve conoscere, innanzi-tutto, ciò che sta accadendo intorno a lui e poi deve responsabi-lizzare il proprio comportamento, autoeducarsi al rispetto del-l’ambiente così come dell’altro, e questo può accadere soltanto con un grande lavoro su se stesso. Il cambiamento può avvenire solo se ogni uomo sulla Terra avrà capito che qui non è solo di passaggio, ma che qui prima o poi una parte di quell’uomo, così come è convinto chi scrive, dovrà tornare a vivere nuovamente laddove aveva posto piede tempo addietro. Tale evoluzione av-verrà dunque solo quando l’umanità avrà capito che se è neces-sario mantenere in vita Gea, la Terra, lo è non solo per i nostri figli, ma anche per i nostri padri. Tutto ciò che ho scritto sono convinto sia valido per ogni luogo nel nostro Mondo, per città e villaggi, metropoli e aree rurali, quello che potrà fare la differenza infatti non è un catechismo di procedure diverse per ogni contesto differente, quelle verranno in seguito, è un atteggiamento diverso dall’attuale e uguale per tutti, una mentalità che può accomunare ogni uomo ed ogni cul-tura. Certamente le problematiche legate all’ambiente sono più o mento intense quanto più o meno massiccia è la presenza del-l’uomo e dell’industria sul territorio; ecco che le città risultano essere teatro esasperato dell’aggressività umana contro l’am-biente e non riescono a crescere ed a svilupparsi al passo con il flusso di inurbamento seguendo criteri etici e rispettosi di uomi-ni e ecosistemi. Un esempio di atteggiamento diverso nella co-struzione delle città è palesemente offerto dalla bioedilizia, quell’approccio nuovo alla costruzione che tiene conto, nella scelta dei materiali e nella fornitura di energia , dell’impatto che questi hanno sul sistema ambiente e sul sistema economico. Una diffusione di tali modalità potrebbe essere un primo passo verso il cambiamento di cui necessitiamo. Le città hanno però il vantaggio d’essere centri di aggregazione anche di uomini oltre che di palazzi, possono quindi facilitare lo scambio di conoscenze, ideologie, pensieri; sfruttando que-st’opportunità ritengo sarebbe utile creare dei centri di dibattito, di sensibilizzazione, delle scuole di educazione autogestita per diffondere una cultura nuova, per stimolare gli uomini a pensa-re e ad agire diversamente. Credo fermamente, voglio credere che l’umanità riuscirà a tro-vare la via di uscita dal labirinto in cui s’è persa; scioglierà i no-di che ha stretto attorno al problema ambiente come pure i nodi intorno ad altre gravi questioni. Dobbiamo però acquisire una mentalità nuova per saperci educare da soli in attesa che prima o poi, forse, da uomini nuovi nascano Stati nuovi.

Giovanni Tagliente 5° G

STATI NUOVI DA UOMINI NUOVI

Page 9: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

Vorrei intervenire a proposito dell’articolo pubblicato sul numero 1 di “INcontro”, a firma Ilaria Maroni (3° A). E’ bene stabilire, innanzitutto, che il fascismo è stato ri-gorosamente vietato dalla Costituzione Italiana subito dopo la guerra, e lo è tuttora; dire quindi che ci sia qual-che partito che richiama l’Ideologia fasci-sta è solo un’impressione di chi scrive, che deve essere dimostrata coi fatti, con fatti che possano oggettivamente far pen-sare che sia prossimo un colpo di stato per una nuova ascesa del regime fascista, altrimenti è inutile fare paragoni con la storia. A proposito del razzismo, sono convinta che fosse un aspetto tipico di fascismo e nazismo, anche se salta agli occhi che nell’uno lo era in una forma totalmente diversa dall’altro; ma il fatto che tuttora ci siano atti di razzismo non significa che ci siano leggi razziali ed è veramente una cosa grave, superficiale e strumentale fare dei confronti; soprattutto va precisato che il razzista non è per logica anche fascista, lo è per ideologia pura, tant’è che il razzi-smo storicamente trova origini molto più antiche del movimento mussoliniano. Il fascismo ed il nazismo possono essere paragonati al comunismo, facendo molta attenzione. E’ vero che l’ideale comunista è positivo, ma è altrettanto vero che le foibe non sono una invenzione storica, sono una realtà. In un sito (basta scrivere “foibe” nel motore di ricerca Google), ho trovato un pezzo agghiacciante in cui ve-niva spiegato quanto accadeva degli infoibati: “Comunemente, prima di essere gettati nelle fosse, gli uomini e le donne, rastrellati e strappati dalle loro case e condannati senza processo alcuno, erano evirati, stupra-ti, accecati, torturati. Le formazioni partigiane italiane, usavano le foibe per eliminare, gettandoveli dentro, i fa-scisti italiani, militari o civili che fossero”. Quindi, sarà anche vero che gli ideali comunisti sono una cosa gran-diosa imparagonabile a nessun altro tipo di “credo”, ma forse, visto che spesso si processa il fascismo solo per-chè in Italia il regime comunista non c’è stato, sarebbe

meglio mettere i puntini sulle i (tutti) e notare, ad esem-pio, che le repressioni politiche nazifasciste erano molto simili a quelle comuniste. Vorrei che si riflettesse sul fatto che forse l’uguaglianza sociale ed economica è praticamente impossibile da otte-nere e magari è più utile impegnare le forze per risolvere problemi presenti e quotidiani, uno ad uno, senza sognare

ad occhi aperti. Inoltre, predicare la pa-ce e poi dire che bisogna estirpare il male alla radice è un controsenso non indifferente, che mi fa venire in mente il ragionamento che faceva Hitler alla base del suo movimento, dato che il metodo è lo stesso! Anche il fascismo aveva degli ideali splendidi (l’amore per la patria, ad esempio, che per me è importantissimo per mantenere intatte economia e solidi-tà dello stato); inoltre credo sia oppor-tuno ricordare (lo si fa da sessant’anni ormai!) che molte istituzioni attuali so-no state fondate proprio da Mussolini. L’esperienza fascista è stata utile per accentuare la forza, l’unità e l’unicità del nostro stato, che si riconosce ancora più Italia perché ha superato la dittatura e i mali nazifascisti. Alla fine di queste righe, forse è meglio precisare che non volevano essere un encomio al regime fascista, anzi. Però non si possono mettere a confronto due mentalità tanto diverse analizzando di uno gli ideali e dell’altro le conseguen-ze, perché è chiaro che si giustifica l’uno e si criminalizza l’altro. Per quanto riguarda, infine, quella frase

di Romagnoli riportata, consiglio, per il futuro, di recupe-rare la parole testuali, perché è difficile fare un’argomen-tazione seria basandosi su ciò che una persona si ricorda, o le sembra di aver sentito, di quello che è stato detto; so-lo questa superficialità basterebbe a rendere inutile legge-re l’articolo intero, a prescindere dal fatto che il contenu-to sia giusto o sbagliato (cosa molto soggettiva). Gli argo-menti seri o si trattano in maniera seria, o è meglio non trattarli, altrimenti si finisce per riempirsi la bocca di eroismi per poi cadere negli stessi errori fatti da chi si vuol criticare.

Silvia Turchetto 2°D

Un’apostrofe divergente

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Giusto momento per riflettere

Page 10: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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L’angolo della zanzara

Non voglio cimentarmi in una critica al tuo articolo (sarebbe un circolo infinito!) ma solamente aggiunge-re un appunto, cara Silvia: il fascismo è sì vietato dal-la Costituzione Italiana, esiste si una legge per impe-dire la riorganizzazione del PFI in Italia (la cosiddetta DL 122, la Legge Mancino, –a mio parere un contro-senso della democrazia in se stessa-), ma nulla impe-disce che, implicitamente o meno, qualsiasi partito italiano possa aderire agli ideali e ai propositi del fa-scismo. Tu stessa parli di essere seri, basandosi sui fatti: bene, un celeberrimo esempio è il movimento giovanile di Forza Nuova. Il simbolo, una croce celti-ca, non è certo stato scelto a caso; il nome, che ricor-da il già sciolto Ordine Nuovo degli anni ‘70 (proprio perché ritenuto un tentativo di riformare il partito fa-scista! che caso...) e ai cui vertici le personalità non sono molto cambiate; i motti e gli inni; le svastiche a

Pochissimi lo sanno, ma lo Stato finanzia l’editoria e i giornali per circa 700 milioni di euro all’anno. Una cifra più che considerevole! A chi vengono dati questi soldi? Ma soprattutto… per-ché? Dal momento che in Italia siamo degli igno-rantoni (abbiamo una tra le più basse medie europee di laureati), si legge poco e la diffu-sione di giornali e riviste è purtroppo limita-ta rispetto ad altri Paesi, di conseguenza nessun giornale riesce a vivere di sole vendi-te. Così nel 1981 è stata approvata una legge, pensata proprio per dare so-stegno ai giornali di idee, come i giornali di partito, penalizzati dal mercato e sostenuti poco da pubblicità e affini. Ma in un’inchiesta (condotta da Bernardo Iovene) si sco-pre che in realtà i giornali considerati di partito oggi in tutto prendono solo il 5% degli stanziamenti.

Qualche notizia pungente...

nome dei forzisti. Eppure loro, e Alternativa Sociale, e Fiamma Tricolore sono tutti legittimati dalla nostra costituzione. Strano forse? No. Il fascismo esiste ancora, molto subliminalmente o meno, nelle forze politiche italiane. Certo è minorita-rio, quasi un nulla in confronto al toto, ma sarebbe ironicamente utopistico pensare che i pestaggi all’an-tifascista di turno, gli urli “Boia chi Molla” nelle loro manifestazioni (si, ho avuto modo di sentirli di perso-na, nella manifestazione a Padova del 28 novembre scorso, anniversario casualmente della marcia su Ro-ma voluta da Mussolini) siano solo goliardate di ra-gazzi immaturi. E anche nella nostra realtà trevigiana possiamo renderci conto di questi “eccessi nostalgici”: basta aprire gli occhi.

La vice capo redattrice

Una postilla di precisazione

Ma allora, il restante 95% dove va? I lettori dei quotidiani non lo sanno, ma lo sanno bene gli editori! Questi ultimi incassano notevoli contributi per spese telefoniche, elettriche e costo della carta; una fetta di finanziamenti va poi ad una miriade di giornali che li hanno ottenuti grazie alla firma di due deputati, spesso di

schieramento opposto, che hanno dichiara-to l’appartenenza della testata a un movi-mento politico. Alla fine della fiera i giornali prendono un sacco di soldi ma i giornalisti precari e sot-topagati sono sempre di più. Giusto per agganciarsi all’argomento del-l’altro mio articolo… tutti cercano di fare i propri interessi… (e quelli dei propri ami-ci). Tanto chi paga siamo noi!

Se qualcun altro volesse pungere.. scriva!

Stefano Maronese 4° F

Fondi perduti ai giornali

Page 11: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

cilmente, in verità, è possibile sbaragliare gli ostacoli umani per farsi strada e attraversare il prato ,regolarmente fradicio, che separa le due scuole solamente in un quarto d’ora). Impiegare un’ora per spiegare dove e cosa si stava facen-do e prendere i professori per sfinimento è considerata

oramai un’arte e questo vale an-che per il più tattico convinci-mento: metodo più complesso, ma che senza dubbio consiglia-mo come più rapido, e consi-stente nel convincere qualche “profugo” inseparabile dal liceo a fare l’operazione per voi (attenzione, meglio se più pic-colo). Per non parlare della cosiddetta “corsa alle navette” delle 13.05, diventata sport a tutti gli effetti! Bisogna inoltre ricordare le contraddizioni che avvolgono il nostro temporaneo alloggio: co-me mai ,ad esempio, possiamo sedere ai tavolini, ma dal mo-mento in cui ci sediamo venia-mo fissate come bestie rare e ci riteniamo fortunate del fatto che l’uomo non possegga la ca-pacità di dare fuoco agli oggetti solo con la forza del pensiero? C’è per caso una “mafia dei ta-volini” e noi non siamo state informate? Se qualcuno sa qualcosa per favore informate-ci!

Non possiamo neppure entrare a scuola dall’entrata prin-cipale ,ebbene sì, sembra un paradosso, bensì entrare da un’apertura laterale che, nel migliore dei casi, apre alle 8.05! Tutto questo ha movimentato parecchio la nostra monoto-na vita da studenti e ci ha distaccato per un po’ dal caoti-co ripetersi di centinaia di volti nuovi e dallo stress delle molteplici rampe di scale…

Valentina Bovo e Stefania De Marchi 4°E

Vita al Palladio Chi mai avrebbe potuto immaginare che avremmo avuto nostalgia del nostro caro vecchio “Da Vinci” , un insieme non definito di cemento e ferrame??? Di certo non noi. Giunte ormai al quarto anno di liceo, convinte ( e natural-mente solo noi…) che niente avrebbe potuto più stupirci, donne navigate e vissute, siamo state catapultate in una sottospecie di universo paralle-lo, con altri pochi esemplari di una specie che, nel lontano “Palladio”, sembra dirigersi ver-so l’estinzione: il genere femmi-nile. Una volta approdate ( termine propriamente usato a causa delle analogie che l’istituto presenta con uno strano tipo di nave…oblò in ogni dove, bacheche che ricordano le onde del mare…lasciamo a voi altre eventuali scoperte…), abbiamo ricevuto un caloroso, forse anche troppo, benvenuto sia dagli studenti che dai professori. In particolare gli insegnanti han-no esordito sconsolatamente con esclamazioni come: “Le ragazze ci sono!!! Anche se le hanno do-vute portare dal Da Vinci!”, af-fermazioni più o meno infelici che ci hanno fatto sentire simili a ordinazioni prese al ristoran-te… Come non sottolineare, poi, il totale stato di isolamento a cui siamo sottoposti? Lontani dalla nostra scuola, infatti, siamo all’oscuro di qualsiasi tipo di attività o pettegolezzo che, nelle larghe e luminose aule dell’istituto ( a questo proposito aggiungiamo che è una in-decenza che i banchi siano di una grandezza insensata ma sprovvisti di sottobanco), giunge in sordina o non giunge proprio. Consegnare moduli di iscrizione a eventuali attività, richie-dere assemblee di classe, giustificare le assenze e “manovre” simili sono tutte diventate operazioni complica-tissime che richiedono una certa abilità nella corsa ( diffi-

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Pianeta Scuola

Page 12: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

“SCANDICCI? DOV’E’…ANZI COS’E’?”

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Pianeta Scuola

La stragrande maggioranza delle persone si sarà domandata, leggendo la cir-colare opportunamente emanata dalla presi-de, cosa c’entrasse una classe di Scandicci con la 4^H del nostro istituto. La biblioteca occupata, facce nuove in giro per la scuola, uno strano e bellissimo dialetto fiorentino ri-conoscibile tra il brusio dei corridoi hanno immediatamente risposto alla domanda. Strano ma vero, il Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” è stato la sede di uno scambio ‘culturale’ interregionale (come i treni…ringraziamo a proposito le F.S. per il servizio garantito durante la settimana)!

Cominciamo dal principio, anzi, dal-la fine…dello scorso anno. La proposta è partita dal prof. Handjaras, ex insegnante del nostro istituto di recente tornato nella sua terra natia, la splendida Toscana. Pecca-to che il consiglio di classe della 4^H abbia dato il via libera all’iniziativa solo a settem-bre. Alla fine, tra una cosa e l’altra, abbiamo avuto un paio di mesi scarsi per organizzare tutto e il contrario di tutto. Così, con il fiato-ne, siamo arrivati alle 19.47 di domenica 19 novembre 2006 quando, con il cuore in gola e frementi per l’emozione, abbiamo accolto la delegazione toscana alla stazione di Trevi-so. Neanche a dirlo, alle 21.30 eravamo già tutti in centro!

Inutile soffermarsi punto per punto sulla settimana di fuoco che abbiamo tra-scorso, basti sapere che in cinque giorni ab-biamo visitato tre quarti, o meglio quattro settimi, del Veneto: Treviso ovviamente, Vi-cenza, Venezia e Padova, esclusivamente a piedi! Abbiamo consumato le suole e i nostri cuo-ri…ne abbiamo lasciato tutti un pezzetto in stazione, a salutare dal binario con le lacri-me che, chi più chi meno, scendevano a fiot-

ti, ininterrottamente, gia cominciando a fare progetti per il futuro: “Che ne dite, noi andia-mo giù per Natale, loro ci raggiungono l’8 di-cembre, poi a Pasqua si vedrà, e perché no, in campeggio insieme quest’estate e un’ipoteti-ca gita comune il prossimo anno (…qualcuno propone Amsterdam…preside, ci pensi su!) si potrebbe fare!” Abbiamo già tutti comin-ciato a fare il conto alla rovescia: circa due mesi e mezzo al nostro prossimo incontro certo.

Non dimentichiamoci però di tutto il lavoro che sta alla base dell’intero progetto, l’impegno sconfinato dei prof. Handjaras e Casoni (a cui auguriamo una prontissima guarigione) seguiti a ruota da tutto lo staff di-dattico di entrambi i licei, le presidi e natural-mente tutti gli alunni. Nulla ovviamente ri-marrà infruttuoso: un forum di discussione ri-servato alle due classi raccoglie pensieri e materiali riguardanti il lavoro dell’intera set-timana, a cui presto si aggiungerà la parte re-lativa alle testimonianze giornaliere, insom-ma una sezione riservata alle migliaia (…e non scherzo quando dico migliaia…) di foto-grafie scattate!

Questo mio articolo non vuole essere nient’altro che un ringraziamento: alla presi-de, agli insegnanti e soprattutto ai miei com-pagni, non fa differenza se trevigiani o fio-rentini, alla fine della settimana ci sentivamo tutti uguali e la gente ci scambiava per una sola, numerosissima (quasi 50 persone) e più che mai variegata classe. Per dimostrarvelo, passo la parola ai miei nuovi vicini di ban-co…a distanza!

Enrica Trevisiol 4°H

Page 13: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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Pianeta Scuola

Domenica 19 dicembre, la 4°E dell’Istituto Superiore Russell – Newton si è ritrovata nel cuore della sua città natale, che non avrebbe rivisto per un’intera settimana: Firenze. Volete la verità?? Beh, nessuno si preoccupava della nostalgia… Il treno delle 16.40 ci aspettava per in-traprendere un fantastico viaggio verso l’ignoto, alla scoperta di una città e una regione diversa, persone nuo-ve e sconosciute ci avrebbero accolto nelle loro case. La classe era in fi-brillazione: de-stinazione Tre-viso, l’avventu-ra iniziava! No-nostante avessi-mo preso, pri-ma della par-tenza, contatti telematici con i nostri ospiti, l’ansia e la cu-riosità hanno regnato per le quattro ore di viaggio. E se non ci fossimo trovati bene a Treviso?? Se ci fosse capitata una famiglia di scoppiati?? E chi se ne fregava, eravamo tutti pronti a vivere un’espe-rienza irripetibile!! L ’accoglienza, però, si è rivelata delle migliori: le famiglie trevigiane ci hanno accolto con affetto, facendoci sentire per una settimana parte della loro vita quotidiana, qualcuno addirittura si è sen-tito coccolare e viziare quasi come un figlio!!! Nel cor-so dello scambio sono nate amicizie e si sono creati le-gami forti tra la nostra 4°E e la 4°H del Liceo scientifico Leonardo da Vinci. Abbiamo scoperto di essere due par-ti di una bomba che non aspettava altro che unirsi per esplodere!! Per quattro mattine le lezioni si sono svolte regolarmente e con serietà nella biblioteca dell’istituto: qui tutti insieme abbiamo approfondito con i docenti di storia e filosofia, inglese, scienze e storia dell’arte, le

tematiche comuni che ci eravamo prefissati: la situazio-ne storica, scientifica e sociale del ‘500 e del ‘600, so-prattutto nell’area veneta. Nei due giorni rimanenti le due classi si sono recate dalla mattina alla sera in visita culturale a Vicenza e Padova, per approfondire lo stu-dio della pittura, della scultura e dell’architettura Sei-centesca. L’unica pecca del programma è stato non inserire una

gita a Vene-zia…ancora, sinceramente, dobbiamo capi-re perché no.. ma fortunata-mente i ragazzi Trevigiani sono stati disponibi-lissimi ad orga-nizzare un fuori programma!! Molto appro-fondito è stato anche il giro delle OSTERIE TREVIGIANE con tanto di ac-curata spiega-zione su come si fa lo spritz (è quasi una droga

per voi!!), e approfondita degustazione delle ombre! In conclusione questa prima parte dello scambio si è svolta in maniera davvero impeccabile grazie alla colla-borazione dei professori, ma soprattutto di tutte e due le classi. Inoltre non solo si sono formati tanti nuovi affet-ti con nuove persone, ma si sono approfonditi i rapporti anche con persone che eravamo abituati a vedere tutti i giorni, e se è vero che “chi trova un amico trova un te-soro” penso che toccherà a tutti noi aprire un conto in banca!! Beh, ragazzi, le motivazioni per continuare lo scambio ci sono, quindi vi aspettiamo!!

Serena Manucci, Ughetta Torrini e Luca Calamandrei

4°E, Scandicci

Cordialità, amicizia, disponibilità, interesse per la cultura: tutto questo è l’unione tra le classi 4° delle due regioni

TOSCANA - VENETO SENZA CONFINI Per la prima volta nel nostro liceo Scandiccese uno scambio tra regioni, e la partenza è stata delle migliori..

Page 14: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

mo di poterlo dimostrare quest’anno. Andrea: Personalmente devo ringraziare la mia esperienza del-l’anno scorso, che mi ha spronato a partecipare con rinnovato entusiasmo alla Consulta; ad esempio, la Giornata della Creati-vità: ogni anno se ne parla ma l’anno scorso non se n’è fatto niente… Intendiamo partire dagli errori dell’anno scorso per realizzare una manifestazione costruttiva e ben fatta.

Allora, visto che siamo in argomento, avete già delle idee per questa giornata della Creatività?

Andrea- Eleonora: È uno dei punti fondamentali del nostro pro-gramma… La giornata fino a pochi anni fa era organizzata per distretto e il tutto si esauriva, appunto, all’interno dei vari di-stretti in cui la provincia è suddivisa. Quest’anno si vorrebbe cambiare la struttura della giornata. Si pensava di organizzarla come un concorso a cui gli studenti partecipano e che permetta loro, attraverso selezioni, di arrivare a una giornata della creati-vità a livello regionale. Sarebbe un’ottima occasione per render-la più costruttiva e per coinvolgere chi ha talento e voglia di porsi in risalto.

E il fine ultimo di questo “concorso” per la Giornata della Creatività? Mi spiego meglio, gli “artisti” si esibi-ranno di fronte a qualcuno…

Andrea - Eleonora: Non sappiamo ancora come saranno orga-nizzate esattamente le cose, già le informazioni che ho e che vi ho appena detto non sono ufficiali, ma quel che è certo è che ci saranno novità. Sarà una sorpresa!

Bene… quindi chi vorrebbe già pensare di presentare qualcosa… è libero di fare!

Eleonora: Esatto. Per il resto, avete nuovi progetti? Idee per altre attivi-tà?

Andrea: Ci sarebbe il concorso per il logo della consulta. È un’idea che potrebbe apparire superflua, nata da due studenti di un istituto grafico che hanno fatto risaltare quanto è squallido il logo attuale… Si pensava che, essendo la consulta l’organo “creativo” della scuola, fosse importante dimostrare questa “forza creativa” anche nelle piccole cose… come il logo. Lo stemma che abbiamo ora è grigio e orribile, servirebbe qualcosa di originale e innovativo. Anche l’immagine conta, quindi vole-vamo introdurre il concorso per il logo all’interno del liceo, vi-sto che anche per lo stemma della scuola ogni anno si bandisce un concorso analogo.

E per quanto riguarda il vostro compito di mettere in relazione le varie scuole? Che progetti avete in mente?

Andrea: Io ho dei progetti e delle idee mie, e sono già emerse alcune proposte interessanti, ma, in qualità di rappresentanti della consulta, rappresentiamo gli studenti, quindi le idee devo-no venire da voi, e noi siamo aperti a qualsiasi proposta. Tra l’altro sono stato nominato referente allo sport, quindi per chi avesse l’idea di organizzare tornei di qualsiasi sport può rivol-gersi a me per aiuto e informazioni. Eleonora: Come dicevo prima questo è una delle ragioni che mi hanno spinta a candidarmi; ritengo fondamentale la collabora-zione e la comunicazione tra le varie scuole, è infatti fondamen-tale per la realizzazione di progetti concreti.

Stefano Maronese 4°F Stefania De Marchi 4°E

Intervista ai rappresentanti della consulta Abbiamo pensato di fare alcune domande ai nostri rappresentati della Consulta Provinciale i quali hanno dovuto penare così tanto per vincere la strana campagna elettorale di quest’anno…

Ciao ragazzi… come va? Cominciamo con le solite do-mande, passeremo poi a qualcosa di più interessante… Innanzi tutto cosa vi ha spinto a candidarvi in qualità di rappresentanti della consulta?

Eleonora: “ Per dire la verità la proposta mi è stata fatta da An-drea, che già l’anno scorso è subentrato come rappresentante del-la consulta, e che mi ha spiegato l’utilità che quest’organo può avere, le sue funzioni e le potenzialità. Ho trovato interessante questo tipo di esperienza, poiché penso che, oltre ad essere forte-mente formativa, può aiutare a dare sfogo al lato creativo dei li-ceali, che tende, purtroppo, ad essere perso di vista e sottovaluta-to. Inoltre, considerato che la Consulta ha la funzione di relazio-nare la nostra scuola alle altre, data la mia natura socievole mi sento particolarmente portata per questo tipo di iniziativa.

Andiamo al sodo. Ora che siete alla consulta, siete “dentro” i meccanismi della scuola… spieghereste ai nuovi arrivati a che serve la consulta, qual è l’utilità per la scuola? E per noi studenti, soprattutto… (ci sono pure membri “anziani” che sono qui da anni e non hanno an-cora capito a che serve quest’organo…)

Andrea: “La gente considera la scuola come un luogo dove si ap-prendono nozioni e basta; a queste persone la Consulta sembra non servire… Se, invece, consideriamo la scuola anche come un luogo di formazione sociale, ecco che la consulta assume un ruo-lo non indifferente: quest’organo ha l’importante funzione di far relazionare il nostro liceo con le altre scuole, fornisce le occasio-ni per il dialogo e lo scambio tra i vari istituti, organizza manife-stazioni e incontri. Però per fare tutto ciò, per avere effetti positivi e per poter svol-gere il suo compito a vantaggio di noi studenti, essa deve esser conosciuta ed avere il sostegno di tutta la scuola.”

Stavate facendo notare che la consulta non viene tenuta in grande considerazione…Come se non bastasse voi era-vate anche l’unica lista ad essersi presentata, cosa pensa-te di questo?

Andrea: Come dicevo, la consulta ha peso all’interno della scuo-la se c’è partecipazione. Il problema è che la consulta non viene presa sul serio, e questo è un danno per noi ragazzi… perché le scuole i cui rappresentanti non sono convinti e motivati sono svantaggiate e non hanno modo di intervenire attivamente all’in-terno di quest’organo non potendo conseguentemente sfruttarne appieno le potenzialità. Questo succede anche perché non c’è informazione e perché la maggior parte delle persone non hanno idea dell’utilità di que-st’organo. Eleonora: Come tutti ben sanno, non c’è stata molta competizio-ne poiché noi eravamo gli unici candidati, e in questo gli studenti sono penalizzati; ciò non toglie, però, che noi rappresentanti sia-mo motivati a far sì che alla Consulta venga attribuito il giusto peso, a proporre dei progetti interessanti e iniziative coinvolgenti per gli studenti, siamo aperti ad ogni tipo di proposta.

Quindi bisogna necessariamente puntare alla promozio-ne e far conoscere il vostro lavoro a tutti...

Eleonora: Naturalmente! Noi siamo fortemente motivati e speria-

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Pianeta Scuola

Page 15: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

Ripenso a questi ultimi giorni di scuola distruttiva che sono scivolati via, sulle note del pearl jam…E cerco di ragionare su un paio di cose che mi hanno fatto riflettere. Spesso in-fatti, dopo un voto non esattamente eccellente, capita che ci si senta poco intelligenti, dei falliti che non riescono a per-seguire i loro obiettivi. Ebbene è innegabile che i voti servono a misurare la nostra preparazione, non possono essere eliminati e sono indi-spensabili; quello che però è il messaggio che voglio tra-smettere è il dare loro la giusta importanza, perché altro non sono che numeri, piccoli puntini in una lunga esisten-za. Nella vita reale, indipendentemente dal successo scolastico, quello che ci porta anni luce avanti agli altri, la vera vitto-ria,ciò che ci permette di affrontare a testa alta qualsiasi ti-po di discussione, è la certezza di avere qualcosa che nes-

4-Cosa vi aspettate da questa esperienza? M:Sarà un grosso impegno ma sono sicura che sarà una bellissi-ma esperienza. G:Sinceramente ieri ero molto preoccupata (abbiamo avuto il consiglio d’istituto) avevo paura di non essere all’altezza, ma poi mi sono tranquillizzata e credo sarà una splendida occasio-ne per mettersi in discussione. 5-Pensate di riuscire a conciliare il vostro compito con lo stu-dio? M:Si, certo, e poi secondo me è fondamentale avere altri inte-ressi oltre allo studio in quanto la nostra vita non è solo la scuo-la. G:Spero vivamente di si, lo studio è importante e non lo si può trascurare. 6-A scuola si parla spesso di una festa di fine anno avete inten-zione di organizzarne una? M:Si sarebbe una nostra idea, sarebbe un modo per conoscerci e socializzare. G: Sono d’accordo, è un buon modo per socializzare, ma non vogliamo creare un vero e proprio ballo, di quelli che si vedono nei film. Ecco quello che hanno intenzione di fare le neo elette, per ora lasciamole lavorare tranquille e aspettiamo. Intanto ci dicono che il consiglio d’istituto è andato bene e che hanno lavorato molto sulle gite per dar modo a tutte le classi di fare almeno un’uscita.

Vanessa De Bortoli 3I

Intervista ai rappresentanti d’istituto Intervista ai rappresentanti d’istituto Come ogni anno siamo andati a torturare con le nostre domande alcuni dei neo eletti rappresentanti d’istituto. Ecco cosa è emerso dalle risposte dateci da Maria Vittoria e Giorgia di 4°H. 1-Cosa pensate della vostra elezione? Perché credete vi abbiano elette? M: Sono molto felice e fiduciosa, mi auguro di svolgere con suc-cesso il mio compito. Credo ci abbiano votato per esclusione, non c’era molta scelta, anche se spero lo abbiano fatto cosciente-mente. G: Anch’io sono molto contenta e soddisfatta del risultato; m’im-pegnerò molto, non voglio deludere coloro che mi hanno votato. Probabilmente hanno votato per noi perché abbiamo fatto una buona impressione, alla fin fine il voto si basa molto sulla simpa-tia, visto che non tutti ci conoscono. 2-Che cosa pensate di fare ora?Che novità avete in serbo per noi? M: Speriamo di poter portare a termine il programma esposto in assemblea e siamo aperte a qualunque richiesta. G: Stiamo organizzando le assemblee, basandoci sul programma dell’anno scorso, e contiamo di poter discutere nuove proposte con lo staff; inoltre vorremo convocare più spesso il comitato studentesco e infine stiamo valutando la questione delle tessere prepagate da utilizzare al bar. 3-Cosa pensate del fatto di far parte di una componente solita-mente maschile? M: È una novità e spero sia una cosa positiva. G:È una buona occasione per dimostrare il nostro potenziale e le nostre capacità.

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Pianeta Scuola

suno può portarci via, qualcosa che non è esprimibile con un numero, un voto, con un giudizio, che è radicato nel-l’animo delle persone ed è diverso per ognuno, le idee e la cultura. Il liceo ha la funzione di preparare, far sì che gli studenti imparino a pensare individualmente e giudicare. Però è so-lo una delle molte funzioni della scuola. Io credo che ulti-mamente, a causa della crisi di valori che colpisce dura-mente le nuove generazioni, la conoscenza disinteressata del mondo e delle varie materie, il vero fine ultimo a cui si dovrebbe tendere, si stia perdendo di vista favorendo la corsa al voto più alto, fonte di soddisfazione, certo, ma non necessariamente di importanza fondamentale per la vita dello studente.

Stefania De Marchi IV E

Un Voto Per la Vita

Page 16: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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Mondo Giovani

Le Luci Di Natale

Era sicuramente l’inverno più freddo che avevo trascor-so in tutta la mia vita. Camminavo sola, tra lunghi viali, addobbati per l’imminente Natale e colmi di gente, e piccoli giardini innevati che all’arrivo della primavera si sarebbero riempiti di fiori e di canti di uccellini. « Paris: la ville dont j’ai toujours rêvé était là, devant moi... » Così amavo scrivere nel mio adorato quaderno di francese, parlando della città in cui mi trovavo duran-te quelle vacanze di Natale: sì, era sempre stato un so-gno andare a Parigi, un sogno che finalmente si stava realizzando… Da sette ore girovagavo per la città e ormai le mie gam-be sentivano la stanchezza… ma, allo stesso tempo, mi sentivo sollevata da terra, come se stessi facendo un viaggio in un mondo immaginario, perché avevo l’im-pressione di aver sempre vissuto a Parigi: il Quartiere Latino, la Sorbonne, la Place de la Concorde… mi sem-bravano luoghi che avevo visto fin da piccola. Quella sera ero talmente stanca che mangiai pochissi-mo, andai su in camera e disfeci le valigie, pensando che durante il mio soggiorno di una settimana o poco più a Parigi avrei dovuto improntare il mio nuovo libro. Da alcuni anni facevo la scrittrice e quell’attività era di-ventata in poco tempo lo scopo della mia vita; quel viaggio nella città dei miei sogni doveva servirmi anche per trovare ispirazione da tutto quello che avevo sempre visto come immaginazione. Dopo una rinfrescata, mi lasciai andare ad un bel sonno. Quando più tardi però mi svegliai, aprii il balcone che dava sul terrazzo della mia stanza: faceva molto freddo ed ero molto emozionata. C’era una vista bellissima: la città era illuminata dalle luci di Natale e, davanti a me, l’imponente Arco del Trionfo: era un sogno! Mi sentivo come se fossi la spettatrice di una serata di gala. A quel-la vista mi vennero le lacrime agli occhi… Rientrai e iniziai a buttare giù qualche idea per il mio nuovo libro, ma niente: “Troppo banale… Troppo sdolcinato… Soli-to…”. Queste erano le uniche idee che avevo, così mi addormentai. La mattina seguente faceva meno freddo: mancavano solo due giorni a Natale, ma la mia vacanza sarebbe du-rata ancora una settimana. Quello sarebbe stato il mio primo Natale trascorso da sola, lontano da tutto e da tut-ti, in una città che nascondeva mille volti e il giorno se-

guente ne avrei scoperto solo uno fra tanti… Trascorsi la mattinata seguente facendo un po’ di shop-ping e visitando ancora la città. Per prima cosa comprai delle cartoline, poi acquistai un maglioncino e un paio di guanti rosa. Ripresi la mia passeggiata e poco dopo mi ritrovai davanti a Notre- Dame. Sentivo che mi man-cava il fiato: quelle torri imponenti, quelle vetrate, il ro-sone… Tutto era come lo descrivevano i libri di scuola: « La cathédrale était la Bible du peuple…C’est un lieu à couper le souffle… ». Quando entrai rimasi affascina-ta dalle enormi vetrate:quel bellissimo posto aveva vi-sto i più importanti personaggi della storia francese: Napoleone, Rousseau, Montesquieu… Più tardi continuai la mia passeggiata tra viali e monu-menti importanti. Decisi di entrare in una libreria, un luogo che fin da piccola mi aveva affascinata; nel reparto della letteratu-ra infantile iniziai a sfogliare dei libri meravigliosi. Una voce infranse l’incantesimo che si era creato attorno a me, chiedendomi se avessi bisogno d’aiuto. Mi girai per ringraziare con una grande sorpresa... - Ivan!! Tu qui?- Non credevo ai miei occhi! Un mio grande amico d’infanzia che non vedevo da secoli lavo-rava a Parigi! – Anita!! Cosa ci fai tutta sola in una cit-tà del genere la vigilia di Natale?- mi chiese lui curioso. Gli spiegai brevemente la mia situazione e mi propose di incontrarsi come ai vecchi tempi dopo il lavoro, dato che era molto impegnato in quel momento. Ci ritrovammo poche ore dopo. Iniziò a tempestarmi di domande sul mio nuovo lavoro di scrittrice. - Non ti piace sapere che qualcuno vive nei tuoi personaggi, di-venta loro amico?- chiese Ivan. - Beh sì… Magari ve-dono la loro realtà riflessa in quella dei personaggi… Io cerco di essere il più reale possibile. Non ha molto sen-so evadere dalla realtà se poi quando chiudi il libro ti ritrovi il mondo in cui ora viviamo…- . Gli chiesi come mai avesse deciso di trasferirsi a Parigi e mi rispose che aveva voglia di cambiare la propria vi-ta, mantenendo la passione per i libri. Ero molto con-tenta di passare del tempo con lui a parlare di noi, delle nostre vite e dei nostri desideri dopo così tanto tempo: eravamo molto legati e ci raccontavamo tutto ma poi, percorrendo strade diverse, ci eravamo persi di vista.

Page 17: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

Mi chiese se avessi nostalgia dei vecchi tempi e annuii, sincera. E arrivò la domanda che mi sorprese : - Verresti a cena da me stasera?- chiese Ivan. – Troppo disturbo! Non voglio sconvolgere la tua vita.- risposi. – Anita! Cosa ti salta in mente? Guarda che ci tengo veramente! E’ solo un modo per parlare più tranquillamente... Vor-rei che stessi ad ascoltarmi come una volta...- rispose sorridendo. Accettai l’invito e ci salutammo. “Certo che il destino fa brutti scherzi… Tutto è scritto ma niente si può legge-re…” pensai. Mi riposai un po’ e presi in mano nuovamente carta e penna, invano. Mi preparai per la serata e, uscita dall’al-bergo, trovai Ivan ad aspet-tarmi. Abitava al secondo piano di un elegante palazzo. Appena entrai fui stupita dall’ordine. - Permesso...- chiesi educata-mente. - Entra pure, Anita. Questa sera sei l’ospite d’onore…- mi rassicurò. Mi portò a vedere la sua ca-sa: non era molto grande ma, aveva saputo arredarla nel migliore dei modi. - Scusami un attimo, accendo il forno per scaldare la ce-na... Sai, gli ospiti vanno trattati bene…- disse con to-no ironico. Io risi. Lui mi invitò a seder-mi vicino a lui in salotto. - Non servivano tutti questi preparativi… Perfino l’albe-ro di Natale! Comunque grazie dell’invito… Non so proprio come ringraziarti…- dissi io. - Di niente! Come può essere Natale senza un albero? Ad ogni modo sono io che devo ringraziare te per essere venuta…- rispose. - Sai che hai proprio una bella casa?- dissi. - Grazie… Hai continuato il tuo libro? Dai, parlamene un po’!- - A dire il vero non l’ho nemmeno cominciato… Ogni volta che prendo in mano carta e penna ho l’idea che sia tempo perso.-

- Perché dici così? Anita, guardami: credi nelle tue ca-pacità?- - Quanto basta…- risposi, nemmeno convinta di quello che stavo dicendo. - E allora dimostralo!- mi incoraggiò. Continuammo a parlare, consumando la fantastica cena che aveva preparato. - Quando lascerai Parigi?- mi chiese Ivan. - Fra una settimana.- risposi. Questo mi dispiaceva molto: da troppo tempo sognavo quella città ed ora dovevo già pensare al mio ritorno…

Come se qualcuno mi stesse strappando qualco-sa dalle mani…Chissà se ci saremmo rivisti... Lui sembrò leggermi nel pensiero. - Non preoccuparti, Anita. Ci rivedremo…- Le sue parole erano rassi-curanti. - Come fai ad essere sem-pre così sicuro? A vivere sempre su certezze?- chie-si, con un tono un po’ de-ciso. - E tu, come fai ad andare avanti se non sei sicura di quello che fai?- mi chiese. - Riesci sempre a sorpren-dermi…- affermai stupita. Terminammo di mangiare in silenzio, mentre fuori una campana suonava un-dici rintocchi. Lui si alzò e mi invitò a

seguirlo in terrazzo. - Vieni, Anita. Ti farò vedere uno spettacolo che non dimenticherai!- La città risplendeva di luci. Sentivo nell’aria un’atmo-sfera particolare. Faceva freddo. Era la notte di Natale. Mi chiedevo chi se la sarebbe aspettata una vigilia di Natale così. Avrei tanto voluto cercare una risposta a quella doman-da, ma non riuscii. Ivan mi strinse a sé per vedere quello splendido spetta-colo.

Silvia Storer 4°E

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Mondo Giovani

Page 18: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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Mondo Giovani

Non si erano mossi da soli, come racconta qualche leg-genda, per tornare nella loro casa nel bosco. A portarli fuori dal cortile nel quale erano esposti, un paio di ladri. Anzi «ladre». E per divertimento. Era l'alba quando hanno tentato di «liberare», come di-cono loro, gli amici degli gnomi, 14 nani da giardino da una ditta di Olgiate Olona (Varese). Ma sono finite in manette. E coi tempi che corrono tutto sommato è anda-ta bene. Rischiavano di farsi sparare. Protagoniste della bravata due ragazze ventiquattrenni, incensurate, una impiegata e l'altra disoc-cupata, che hanno pensato bene di coinvolgere nel-l'impresa anche la sorella di una di loro, minorenne. Lei, 17 anni appena, se l'è cavata con una denuncia a piede libero. Non poteva essere accusata di viola-zione di domicilio e furto in abitazione: stava fuori a raccogliere le statuette che le passavano dall'altra parte della rete le compli-ci. Gli inquirenti stanno cercando di capire se le giovani facciano parte o meno dell'ormai storico «Fronte per la liberazione dei nani da giardino», or-ganizzazione nata in Fran-cia ma con «cellule» spar-se ormai in tutta Europa. Loro giurano di no. Ma ultimamente proprio tra Azzate, Varese, Cardano al Campo, Fagnano Olona e Sesto Calende, si è registra-ta una serie di sparizioni di «gessi». E in un caso, oltre che i nani, a volatilizzarsi è stata anche una candida Biancaneve. Le tre intrepide «liberatrici» di statuette, evidentemente dopo una notte brava, sono entrate in azione alle 4 del mattino scavalcando il recinto dell'azienda dove vive il proprietario con la famiglia.

E’ ora che qualcuno sveli la faccia degli eroi che tutti i giorni combattono contro le ingiustizie, senza mai chiede-re niente, lottano nell’ombra per la salvezza di molti. Questi sono i volontari del MALAG, Movimento Auto-nomo per la Liberazione delle Anime da Giardino. Perchè la notte rischiano la vita per liberare un piccolo oggetto di gesso? La loro voce si alza a favore di una fantasia più persona-le, a favore di una vita più ecologica, di giardini più ele-

ganti e soprattutto a favo-re del ritorno al rispetto per la Natura e per il suo mondo fantastico. Il MALAG è un movi-mento volontario e senza fini di lucro che ha come obiettivo la liberazione delle anime dei nanetti da giardino. Bloccati in un involucro di gesso, co-stretti a sorridere, al fred-do, sotto la neve e la pioggia, sberleffi di cani, lontani dal vostro mondo, lontani dal bosco ... come vi sentireste voi al posto loro? Pensateci, perchè milioni di nanetti da giar-dino (20.000.000 solo in Germania) soffrono le pene di questo orrore. Il MALAG conduce una guerra silenziosa contro questa moda kitch, con-tro il tentativo di coprire

le colpe umane degli orrori ecologici. Anche i nuovi liberatori affiliatisi hanno chiesto aiuto al Movimento e non volendo essere anch'essi dei carcerieri liberarono i nanetti immediatamente in campagna. Un in-credibile esempio del modo in cui la sensibilizzazione su questo tragico argomento stia dando i suoi frutti.

Roberta Natale 2^D, Eleonora Porcellato 1^C

LADRE DI GNOMI O SALVATRICI DI ANIME?

Page 19: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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La tecnologia fa interamente parte della vita di tutti noi, dall’ormai collaudato registro elettronico, ai videofoni-ni, al lettore mp3, la lista è quasi infinita. Perciò, benché essa abbia per certo migliorato la vita di molti e ci proietti forse verso un futuro più frenetico e alquanto innovativo, da molti è considerata una vera e propria “tana”. Mi riferisco a chi pratica Hikikomori, “i rintanati”, un termine che indica un nuovo fenomeno sociale scoppia-to in Giappone. Sono per lo più gli adolescenti le vittime di questa sorta di autocarcerazione che, spaventati dal mondo esterno, per paura di sentirsi inadeguati davanti alla pres-sioni sociali e familiari, davanti a chi ti chiede continuamente di essere il mi-gliore, il più competitivo, decidono di chiudersi nella loro stanza senza uscire più. Diventati schiavi della propria vita sedentaria, avendo come unico contatto con l’esterno una telecamera colle-gata al computer per restare in contatto con chi vive allo stesso modo, si sfondano di play-station, di chat, di sms, di televisione. Mangiano il cibo che i familiari passano loro dalla porta e non comunicano più con il mondo se non per vie vir-tuali. I passatempi preferiti di questi adolescenti, la maggior

parte dei quali dorme di giorni e sta sveglia la notte, sem-brano essere appunto internet e i videogiochi. In questo modo la tecnologia può essere pericolosa, poi-ché diventa un modo con cui estraniarsi completamente dal mondo. Quando ho letto il fatto degli Hikikomori sono rimasta al-quanto sbalordita: è mai possibile pensare che un giovane possa per un “banale” motivo chiudersi dentro, isolarsi dal mondo che lo circonda e forse non tornare più?

Questo impressionante fenomeno dimo-stra come la comunicazione affettiva stia sparendo sempre più, soprattutto in grandi e frenetiche città come Tokyo, e a prendere il suo posto siano blog e chat anonime. Dopo aver saputo di tutto questo mi è venuta un po’ di nostalgia per le vecchie lettere.. Si prende carta e penna e si ini-

zia a scrivere.. Sembra tutto molto più vero che guardare le parole sullo schermo.. Anche perché qui è facile, no? Se si sbaglia, si può tornare indietro, cancellare e rico-minciare, senza che nessuno se ne accorga. Invece sulla carta ti accorgi subito se qualcosa è stato cancellato.. Se si potesse fare così anche con la vita.. tornare indietro, cancellare, ricominciare così senza che nessuno se ne ac-corga. Sarebbe tutto più semplice.

Valentina Bovo 4°E

Hikikomori

Ragazzi, non fidatevi troppo di dare il vostro i-pod ai genitori, anche se per una giusta causa, perché potrebbe-ro farne un uso improprio.. soprattutto se sono esperti in sicurezza informatica come il signor Parson, che non avendo la passione delle cuffiette ha cercato in questo mp3 un diverso svago. Il signore in questione, dopo aver sequestrato l’arma del reato ai suoi figli, ha preferito clonare qualche carta di credito ai bancomat: usando l’USB dei sistemi di prelie-vo bancario, ha fatto in modo che il lettore musicale si trovasse interposto tra il cash dispenser e il collegamen-to al sistema informativo, per poter catturare le informa-zioni (anche criptate); successivamente i dati venivano memorizzati e si poteva passare ad un “normalissimo” processo di clonazione.

Vi direte: “Ma se questa lo sa vuol dire che la polizia l’ha beccato..” e invece vi sbagliate. Perché Parson non è stato scoperto in flagrante, ma dopo aver fatto una pericolosa inversione a U in centro a Lon-dra. La polizia l’ha fermato e ha notato il materiale elet-tronico e 26 carte di credito sparse per la macchina a cau-sa dell’azzardata manovra. Quindi vi ripeto: prima di lasciare il vostro prezioso i-pod nelle mani sbagliate assicuratevi della salute mentale di chi ve lo chiede! (Vi ricordo che con questo trabiccolo era stato progettato anche l’attentato aereo dello scorso agosto, e meno male che l’hanno sventato..)

Eleonora Porcellato 1°C

I-POD PERICOLOSI

Page 20: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

* Oroscopo *

Arrivano Rampanti Iniziative Educative Tese a Esasperarti... Tentassi con Orazioni, Raccoglieresti Oltraggi! Gagliarde Emozioni Metteranno Enfasi contro Lo studio... Life Is now! Cacciati Anche ora Nei guai! Con il Natale Riceverai Ottimi risvolti!

Live & Enjoy Christmas! O lasciati andare... Natale E’ gioia, criminale! Veramente E’ ora: Ricomincia a Goderti Il Natale ma Non Esagerare! Buone Iniziative ti Lasceranno Aspettare Natale e Capodanno In Allegria! (W Mike!)

La redazione declina ogni responsabilità verso i risultati di questo pazzo oroscopo natalizio... e ne approfitta per augurar-

vi Buone Feste!!

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Humor

Page 21: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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Humor

Cerca di Avanzare Percependo le Richieste Intrinseche, la Conoscenza Ormai Richiede livelli Natalizi... O danteschi?! (che c’entra?) Speri Anche di Goderti Il Natale... Troverai Tanti Amici perduti Ricevendo Inoltre Orde di regali!

Giorgio Schiavon 4° H

Studiare non Consente Ora la Redenzione dai votacci... Pensa Invece Ove passare Natale E capodanno Aspetta Che Qualche Unguento magico Attivi Ricordi Intellettuali Ormai perduti. Potresti Espandere la tua Sapienza Conoscendo nuovi Individui!

Page 22: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

Hvis Lyset Tar Oss - Burzum Introspezione, malinconia ed ossessività. Queste le prime pa-role che mi vengono in mente ascoltando Hvis Lyset Tar Oss (Se la luce ci prende), album capolavoro di Burzum, one-man band diventata tristemente famosa per la biografia di Burzum stesso. E poichè i fatti che lo vedono protagonista agli inizi degli anni '90 sono necessari a comprendere il suo stile, parti-rò proprio da qui. Varg Vikernes (in arte Conte Grishnackh) decide di dar vita ad un proprio progetto solista nel '91, dopo alcune partecipazioni in quelle che lui considerava tipiche death metal band, nella sua Norvegia. Ispirato dai romanzi tol-kieniani, Varg sceglie come nome Bur-zum (=oscurità, nel linguaggio oscuro della terra di Mordor; comunque Viker-nes dichiarò che le influenze derivavano più dalla mitologia e dal paganesimo scandinavo, di cui il Signore degli Anelli è debitore). Dopo alcuni demo, nel 1992 vede finalmente la luce il primo album, l'omonimo Burzum. E da qui, comincia-no gli eventi particolari; in Norvegia, al-cune antiche chiese cominciano a brucia-re, grazie all'"aiuto" dello stesso Varg e di altri appartenenti ad una setta pagana norvegese(sebbene non satanista), l'Inner Circle, in cui erano radunati i più grandi gruppi Black dell'epoca. Nel 1993 andò via via aumentando un rancore tra Euro-nymous, chitarra solista dei MayheM, gruppo di cui il nostro era stato per un periodo bassista, e Vikernes stesso, ali-mentato da motivi mai chiariti. Il 10 ago-sto 1993 questo ebbe la sua tragica con-clusione con l'assassinio di Euronymous, pugnalato dal Conte 23 volte, di cui 16 alla schiena, 5 al collo e 2 alla testa. Fu condannato a 21 anni di carcere, pena og-gi aumentata a causa di una tentata eva-sione mal riuscita. Burzum inoltre fece parte del gruppo politico di estrema de-stra Hvit Arisk Motstand (Resistenza Bianca Ariana); in passato ha più volte espresso interesse per il nazismo, su cui ha anche scritto alcuni libri. E da qui si delinea l'estrema controversia del musicista e della sua storia. Tornando però all'album, Hvis Lyset Tar Oss è il massimo esempio di un Black Ambient Metal, con cui Viker-nes si era distaccato dal Black tradizionale già nel '94, appena iniziata la carcerazione. L'atmosfera cupa e ossessiva percorre tutto l'apparato musicale dell'opera; i riff di chitarra sono os-sessivi all'eternità, il cantato, in un growl black straziante e malato, quasi assente. Ma non per questo le canzoni sono ba-nali, anzi, l'album è un capolavoro unico nella sua perfezione. Solo quattro pezzi, con una durata media di 11 minuti ciascu-no; una rinascita di originalità nel panorama Black dell'epoca, che già cominciava a vedere le prime, pessime imitazioni an-glosassoni della tradizione norvegese, in cui però si avvertiva comunque una certa ripetizione. Il Disco si apre con il capola-voro Det Som En Gang Var (Ciò che c'era una volta), lunga, ripetitiva trasposizione del dolore della vita umana, che ha co-

me primo scopo una visione introspettiva dell'ascoltatore, nel suo esame di se stesso; è capace di suscitare un'incredibile, involontaria empatia nel confronto dell'artista, una sensazio-ne strana, strisciante, fino a quando le urla del Conte spezza-no il ritmo ormai diventato naturale per le orecchie dell'ascol-tatore. Le tastiere, pur non essendo una trovata particolar-mente originale per il periodo in cui è stato composto il cd, regalano al componimento una musicalità unica. Segue poi la title track, forse la meno bella dell'album, pur essendo un notevole esempio di cupezza e depressione nel

suo riffing che si sviluppa per tutta la sua lunghezza, e una maggior presenza del cantato, sempre più lancinante e penetrante, simbolo di un'agghiacciante dipartita, e portatore di un'immensa malinconia. La rabbia, cieca, della sua voce, e la tetra dimensione musicale proseguono nel pezzo successivo, Inn I Slottet Fra Droemmen (Nel castello del sogno): qui prende il sopravvento una dimen-sione onirica, unita ad ambientazione fantastiche e mitologiche, con la pre-senza costante del paganesimo di tradi-zione vichinga di cui Vikernes si è fat-to massimo esponente; il castello del sogno avvolge lo spettatore in braccia fredde e tenebrose, impedendogli di distogliere l'attenzione dalla melodia opprimente. Infine la traccia conclusiva, Thomet (vuoto), è l'espressione perfetta di quel-l'estrema malinconia, e di quell'intro-spezione psicologica che sono state al centro del progetto di questo album; stupenda track strumentale, in cui si distingue la purezza del suono della tastiera, che si stagliano dallo scenario silenzioso della scarsissima struttura sonora. Nella conclusione è massimo il

senso di estraneità, alienazione ed inconcepibilità della musi-ca del Conte, qualcosa di inafferrabile, che colpisce al petto, come le sue coltellate. E questo riporta alla mente il dilemma relativo alla figura del musicista: può essere considerato un genio, un artista, una persona così deviata, un vandalo, neonazista ed assassino? Se si è capaci di separare le due dimensioni, se possibile farlo, Burzum deve essere considerato senza alcun dubbio uno dei prodotti migliori dello scenario deviato del Norvegian Black Metal, il cui fascino non è di certo indifferente; senza quasi alcuna parola, riesce a trasmettere sensazioni uniche in que-sto album, qualcosa di straziante, e che non si può dimentica-re facilmente dopo che si è imparato ad apprezzare questa musica: un lamento del mondo contemporaneo, che ha ancora moltissimo da dire, e da farci riflettere.

Enrico Zanetti 4°F

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Music Box

Page 23: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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Liberi Pensieri

Lola is here

La divina sublime dea della lussuriaaaaa!!!

Supereroi contro la municipale! Super eroi… contro le forze del male! …senza di noi… non ci sarà più futuro!

Prova anche tu il brivido sollecitantedella dimensione metafisica

Giuseppe “Meron” Spina

W la setta dei puffi ribelli! Malefici

I play Russan Roulette It’s a man sport, With a bullet called life! S.O.A.D.

“Di giorno io non so chi sei non mi ricordo nemmeno il tuo nome

non so se sei vero o fantasia e non mi dispiace che tu non sia con

me Ma quando il giorno se ne va quando

mi ritrovo al bar con una bottiglia vuota in mano

all’improvviso arrivi tu Brancamenta butto giù io ti amo sempre più!

Ti amo quando sono sbronza ti amo di più!

Quando io sono ubriaca Mi piaci di più!” by Brancaday

Qualcuno ga dito mae...

Ma chi è quel mo*a li che sbatte le porte?! Ma che?! ...Oh?!!!!! (Germano Mosconi 4ever)

Non sempre la decisione giusta è quella che vuoi, ma non per questo non devi fare di tutto per appoggiarla.

Reluma was Here

Punto Morto . Brufolo!

Legalisacion! Ska-P

La libertà non è star sopra un albero non è neanche avere un’opinione La libertà è la partecipazione!

G. Gaber

Johnny Depp + Lussuria = Locus Amoenus

Ale ti adoro!

Miketto mio... Si questo sì Miketto è tutta colpa dell’Elliot!!!

by Boogie & Eliot

Il latino prima o poi scompari-rà... aspetta e spera!

Meglio avere culo negli affari che affari nel culo!!!

Leoni/e ci manchi! ma su questo ci torniamo dopo!

Per fortuna sei tornato da Londra!

Simon cambia scarpe!

L’amore è solo tristezza e infelicità. Non è vero, cioè lo è solo in parte!

Ninkita gimota rebda grilhu neramhi secisse 5 A! 5 euro a chi capisce!

Bix vive! era un dato di fatto

-Abbasso l’Inconcrtos (incontro in greco) -Cattiva!

-Come fai a sapere che è femmina? -Perchè la conosco!

Cheers!!! by Black Foggy (band)

Germano subito Santo! Se non bestemmio guarda...

Trapped inside this Octavarium!

Eddy 4ever by ediolognomomongoloide

Page 24: Giornalino1 2006 · 2016. 4. 7. · Title: Giornalino1 2006 Author: Felice Created Date: 12/23/2006 8:44:25 PM

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INcontro DIRETTORE: Lucia Crotti 4°H VICE-DIRETTORE: Stella Serena Grosso 4°I REDAZIONE: Federica Ortolan 5°B Valentina Bovo 4°E Stefania De Marchi 4°E Stefano Maronese 4°F Enrico Zanetti 4°F Alice Gobbo 4°I Ilaria Maroni 3°A Vanessa de Bortoli 3°I Roberta Natale 2°D Sara Vinello 2°N Eleonora Porcellato 1°C

IMPAGINATORE: Luca Mattiuzzo 4°H DISEGNATORI: Giorgio Schiavon 4°H Marta Calò 4°I Alka Cappellazzo 3°I Francesca Rizzato 3°I Francesco Feltrin 2°L COLLABORATORI ESTERNI: Enrica Trevisiol 4°H Serena Manucci Ughetta Torrini Luca Calamandrei