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Al prendere dimora del Padre e del Figlio e all’invio dello Spirito si aggiungono i doni che Cristo elargisce ai discepoli al mo- mento di lasciarli. In primo luogo la pace. Perché i discepoli sappiano di che si tratta, Gesù afferma, e lo ripete chiara- mente, che è la sua pace quella che egli dà ai suoi. Altrimenti, quanto facili sareb- bero qui le illusioni e le false speranze! È la pace di colui che sulla terra non aveva dove posare il capo, e che è dovuto anda- re sulla croce. È la pace con Dio e con gli uomini, anche là dove l’ira di Dio e de- gli uomini minaccia di annien- tarci. Solo questa pa- ce di Cristo ha consi- stenza. Ciò che offre il mondo può essere solo un sogno, dal quale non potremmo che ride- starci pieni di confu- sione e di angoscia. Colui che riceve la pace di Gesù, invece, non ha più motivo di lasciarsi prendere dalla confu- sione e dall’angoscia, quando il mondo senza pace si ritrova nel tu- multo. È questa la pace che Gesù dà alla sua comunità, e nessun al- tro se non lui la può da- re. Il secondo dono è la gioia. Nel tornare al Pa- dre – che “è più gran- de” di lui (ci si guardi qui dalle concezioni a- riane!), perché è nella gloria – Gesù dona a coloro che lo amano la gioia: ormai, infatti, an- che il loro Signore vie- ne esaltato e glorifi cato. Se il cuore dei disce- poli è davvero con Cristo, essi prendono dun- que parte, in un giubilo adorante, alla sua glo- rifi cazione, poiché sanno anche che il Glorifi cato ritorna e rimarrà con loro (notate che qui il ritorno concerne tutta la comunità!). Questa è la gioia in Cristo della comunità. La promessa di Gesù dona infi ne ai suoi la forza della fede. Ecco il terzo dono. Nulla av- viene che il Signore non abbia predetto. Tutto secondo la sua parola. Verrà il principe di que- sto mondo, ma non potrà nulla contro Gesù, poiché non tro- verà in lui nessun peccato. Non è per la potenza del de- monio, ma per offrire al mondo il segno che egli ama suo Pa- dre e che a lui soltanto fa ob- bedienza, fi no alla morte, che Gesù andrà sulla croce. In tut- to ciò, però, la comunità sa, per la parola di Gesù, che il suo Signore va al Padre e ri- torna. Essa crede alla sua pa- rola e attende il compimento della promessa. È in questa fede in Cristo, e in essa solamen- te, che la comunità ha la pace di Cristo e la gioia di Cristo. Nella fede essa ha la certezza dell’invio dello Spirito santo e accoglie il Padre e il Figlio, che porranno la dimora in coloro che amano Gesù Cristo e custodiscono la sua pa- rola. D. Bonhoeffer, Memoria e fedeltà, Edizioni Qiqajon PENTECOSTE PENTECOSTE PENTECOSTE Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani Giugno 2017

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Al prendere dimora del Padre e del Figlio e all’invio dello Spirito si aggiungono i doni che Cristo elargisce ai discepoli al mo-mento di lasciarli. In primo luogo la pace. Perché i discepoli sappiano di che si tratta, Gesù afferma, e lo ripete chiara-mente, che è la sua pace quella che egli dà ai suoi. Altrimenti, quanto facili sareb-bero qui le illusioni e le false speranze! È la pace di colui che sulla terra non aveva dove posare il capo, e che è dovuto anda-re sulla croce. È la pace con Dio e con gli uomini, anche là dove l’ira di Dio e de-gli uomini minaccia di annien-tarci. Solo questa pa-ce di Cristo ha consi-stenza. Ciò che offre il mondo può essere solo un sogno, dal quale non potremmo che ride-starci pieni di confu-sione e di angoscia. Colui che riceve la pace di Gesù, invece, non ha più motivo di

lasciarsi prendere dalla confu-sione e dall’angoscia, quando il mondo senza pace si ritrova nel tu-multo. È questa la pace che Gesù dà alla sua

comunità, e nessun al-tro se non lui la può da-re. Il secondo dono è la gioia. Nel tornare al Pa-dre – che “è più gran-de” di lui (ci si guardi qui dalle concezioni a-riane!), perché è nella gloria – Gesù dona a coloro che lo amano la gioia: ormai, infatti, an-che il loro Signore vie-

ne esaltato e glorifi cato. Se il cuore dei disce-poli è davvero con Cristo, essi prendono dun-que parte, in un giubilo adorante, alla sua glo-rifi cazione, poiché sanno anche che il Glorifi cato ritorna e rimarrà con loro (notate che qui il ritorno concerne tutta la comunità!). Questa è la gioia in Cristo della comunità.

La promessa di Gesù dona infi ne ai suoi la forza della fede. Ecco il terzo dono. Nulla av-viene che il Signore non abbia predetto. Tutto secondo la sua parola. Verrà il principe di que-sto mondo, ma non potrà nulla contro Gesù, poiché non tro-verà in lui nessun peccato. Non è per la potenza del de-monio, ma per offrire al mondo il segno che egli ama suo Pa-dre e che a lui soltanto fa ob-bedienza, fi no alla morte, che Gesù andrà sulla croce. In tut-to ciò, però, la comunità sa, per la parola di Gesù, che il suo Signore va al Padre e ri-torna. Essa crede alla sua pa-rola e attende il compimento

della promessa. È in questa fede in Cristo, e in essa solamen-te, che la comunità ha la pace di Cristo e la gioia di Cristo. Nella fede essa ha la certezza dell’invio dello Spirito santo e accoglie il Padre e il Figlio, che porranno la dimora in coloro che amano Gesù Cristo e custodiscono la sua pa-rola.

D. Bonhoeffer, Memoria e fedeltà, Edizioni Qiqajon

PENTECOSTEPENTECOSTEPENTECOSTE

Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani

Giugno 2017

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LA TRINITA’ IN S.AGOSTINO

AGOSTINO E IL MISTERO DELLA TRINITA' C'è un misterioso processo che avviene in Dio. Il Vangelo ci dice che Gesù di Nazareth era il Figlio di Dio. Ma che cosa significa? Che cosa vuol dire che Cristo e il Padre sono uno solo? L'interezza del messaggio cristiano sta proprio in questa unità, che si realizza sulla croce, grazie alla morte di Gesù, in quanto uomo. A questo pro-posito l'intelletto umano può trovare solo analogie. E il genio di Agostino ha esposto, in quindici analisi incredi-bilmente valide, il suo modo di approssimarsi a questo mistero dell'incarnazione di Dio e dello Spirito Santo. Di questi 15 libri possiamo qui prenderne in esame solo uno, e anch'esso solo per brevi cenni. Che cosa c'è di più misterioso dell'incarnazione di Dio? D'altra parte fuori di te non esisteva nulla, da cui potessi trarre le cose, o Dio, Trinità Una e Trinità trina. Perciò creasti dal nulla il cielo e la terra ... Tu sei onnipotente e buono, per fare tutto buono, il cielo grande, come la piccola terra. C'eri tu e null'altro. AGOSTINO, Confessioni 12, 7, 7[...] Inoltre, partendo dalla creatura, opera di Dio, ho cercato, per quanto ho po-tuto, di condurre coloro che chiedono ragione di tali cose, a contemplare con l'intelligenza, per quanto era loro possibile, i segreti di Dio per mezzo delle cose create e ho fatto particolarmente ricorso alla creatura ragionevo-le e intelligente, che è stata creata ad immagine di Dio, per far loro vedere, come in uno specchio, per quanto lo possono e, se lo possono, il Dio Trinità, nella nostra memoria, intelligenza e volontà. Chiunque, con una intuizio-ne viva, vede che queste tre potenze, in virtù di una intenzione divina, co- stituiscono la struttu-ra naturale del suo spirito; percepisce quale co-sa grande sia per lo spirito il poter ricordare, ve-dere, desiderare la natura eterna ed immutabile, la ricorda con la memoria, la contempla con l'in-telligenza, l'abbraccia con l'amore, certamente vi scopre l'immagine di quella suprema Trini-tà. Per ricordare, vedere, amare quella supre-ma Trinità deve ad essa riferire tutto ciò che vive perché tale Trinità di- venga oggetto del suo ricordo, della sua contem- plazione e della sua compiacenza. Tuttavia ho mostrato, per quanto mi sembrava necessario, che questa immagine che è opera della stessa Trinità, che è stata deteriorata dalla sua pro- pria colpa, si deve evitare di compararla alla Trinità come se le fos-se in tutto simile, ma si de- ve vedere anche una grande dissomiglianza in questa tenue somi-glianza. AGOSTINO, De Trinitate, XV, 3 Lo scopo del De Trinitate è rendere ragione, per quanto è possibile, del fat- to che la Trinità è un solo Dio e che il Padre, il Figlio e lo Spirito San-to sono di una sola e mede- sima sostanza. I libri I-IV intendono innanzitutto mostrare che questo è il contenuto della fede nella Trinità, sulla ba-se dell'autorità delle Scrit- ture. I libri V-VII quindi formulano il dogma evitan- do gli errori opposti del triteismo (secondo cui il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sarebbero tre dèi) e del modalismo (secondo cui essi sarebbero soltanto manifestazioni estrinseche di un unico essere divino). Agostino si serve a tal fine della dottrina aristotelica delle categorie. Di Dio possiamo dire che è sostanza (substantia) o essenza (essentia); an-zi, Egli "è" nel senso più vero del termine, perché è immutabile. Proprio perché immutabile, il Lui non vi sono accidenti; le sue perfezioni (bontà, giustizia, ecc.) si predicano dunque secondo la sostanza, cioè si identificano con il suo stesso essere. Non tutto ciò che si predica in Dio, tuttavia, si predica secondo la sostanza. Alcune cose si predicano in Dio secondo la relazione. È il caso dei nomi "Padre", "Figlio" e "Spirito Santo", che indicano appunto non la sostanza di Dio, ma le relazioni che sussistono in Lui. Il Padre è tale non in se stesso, ma in re-lazione al Figlio, e viceversa. Anche nomi come "principio" e "Signore" sono predicati di Dio secondo la relazio-ne: essi fanno riferimento non all'essenza di Dio, ma alle sue relazioni nei confronti delle creature, o meglio alle relazioni che le creature intrattengono con Lui.

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Agostino dice di aver iniziato i libri Sulla Trinità da giovane e di averli pubblicati da vecchio (Prologo alla Lettera 174). La stesura dell'opera lo impegnò per più di vent'anni, a partire dal 400 circa. Il tema era in effetti uno dei più ardui anche per una mente come la sua. Nel Medioevo sorse al riguardo la nota leggenda destinata ad ave-re un'enorme fortuna iconografica: quella dell'incontro in riva al mare tra Agostino e un bambino che cercava di trasportare con una conchiglia o altro piccolo recipiente (a seconda delle versioni) l'acqua marina in una buca scavata nella sabbia, simbolo della vana pretesa di comprendere con l'intelletto umano il mistero infinito di Dio. La storiella, simpatica e istruttiva, non rende però giustizia all'instancabile sforzo agostiniano di avvicinarsi e avvicinarci alla luminosa verità del Dio uno e trino, alla cui visione beatifica l'uomo è chiamato per l'eternità. L'autentica spiritualità di Agostino, fatta di incessante ricerca sorretta dalla speranza di trovare, si coglie meglio dalle sue stesse parole: "Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché la Verità non avrebbe detto: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19), se Tu non fossi Trinità. Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio. E una voce divi-na non avrebbe detto: Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è un Dio Unico (Dt 6, 4), se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio. E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il Vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremmo nelle Sacre Scritture: Dio ha mandato il Figlio suo (Gal 4, 4; Gv 3, 17), né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: Colui che il Padre manderà in mio nome (Gv 14, 26) e: Colui che io manderò da presso il Padre (Gv 15, 26). Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede, per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato ed ho desiderato di vedere con l'intelli-genza ciò che ho creduto, ed ho molto disputato e molto faticato. Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudi-scimi e fa' sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi Tu la for-za di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolez-za: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoran- za; dove mi hai aperto, ricevi-mi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa' che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interamente. So che sta scritto: Quando si parla molto, non manca il peccato (Pr 10, 19), ma potessi parla-re soltanto per predicare la tua parola e dire le tue lodi! Non soltanto eviterei allora il peccato, ma acquisterei meri-ti preziosi, pur parlando mol- to. Perché quell'uomo di cui Tu fosti la felicità non avrebbe comandato di peccare al suo vero figlio nella fede, quando gli scrisse: Predica la parola, insisti a tempo e fuori tempo (2 Tm 4, 2). Non si dovrà dire che ha molto parlato colui che non taceva la tua parola, Signore, non solo a tempo, ma anche fuori tempo? Ma non c'erano molte parole, per- ché c'era solo il necessario. Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro nell'interno della mia anima misera alla tua pre-senza e che si rifugia nella tua misericordia. Infatti non tace il pensiero, anche quan- do tace la mia bocca. Se al-meno non pensassi se non ciò che ti è grato, certamente non ti pregherei di liberarmi dalla moltitudine di parole. Ma molti sono i miei pensieri, tali quali Tu sai che sono i pensieri degli uomini, cioè vani (Sal 94 [93], 11). Con-cedimi di non consentirvi e, anche quando vi trovo qualche diletto, di condannarli almeno e di non abbandonar-mi ad essi come in una specie di sonno. Né essi prendano su di me tanta forza da influire in qualche modo sul-la mia attività, ma almeno siano al sicuro dal loro influsso i miei giudizi, sia al sicuro la mia coscienza, con la tua protezione. Parlando di Te un sapiente nel suo libro, che si chiama Ecclesiastico, ha detto: Molto potremmo dire senza giungere alla meta, la somma di tutte le parole è: Lui è tutto (Sir 43, 27). Quando dunque arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste molte parole che diciamo senza giungere a Te; Tu resterai, solo, tutto in tutti (1 Cor 15, 28), e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e divenuti anche noi una sola cosa in Te. Signore, unico Dio, Dio Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri. Se in essi c'è del mio, siimi indulgente Tu e lo siano i tuoi. Amen."

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Per due volte l’apostolo Paolo, scrivendo alla comunità di Corinto, riporta questo comando di Gesù nel racconto dell’istituzione dell’Eucaristia. E’ la testimonianza più antica sulle parole di Cristo nell’Ultima Cena. «Fate questo». Cioè prendete il pane, rendete grazie e spezzatelo; prendete il calice, rendete grazie e distribuite-lo. Gesù comanda di ripetere il gesto con cui ha istituito il memoriale della sua Pasqua, mediante il quale ci ha donato il suo Corpo e il suo Sangue. E questo gesto è giunto fino a noi: è il “fare” l’Eucaristia, che ha sempre Gesù come soggetto, ma si attua attraverso le nostre povere mani unte di Spirito Santo. «Fate questo». Già in precedenza Gesù aveva chiesto ai discepoli di “fare”, quello che Lui aveva già chiaro nel suo animo, in obbedienza alla volontà del Padre. Lo abbiamo ascoltato poco fa nel Vangelo. Davanti alle folle stanche e affamate, Gesù dice ai discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). In realtà, è Gesù che benedice e spezza i pani fino a saziare tutta quella gente, ma i cinque pani e i due pesci vengono offerti dai di-scepoli, e Gesù voleva proprio questo: che, invece di congedare la folla, loro mettessero a disposizione quel poco che avevano. E poi c’è un altro gesto: i pezzi di pane, spezzati dalle mani sante e venerabili del Signore, passano nelle povere mani dei discepoli, i quali li distribuiscono alla gente. Anche questo è “fare” con Gesù, è “dare da mangia- re” insieme con Lui. E’ chiaro che questo miracolo non vuole soltanto saziare la fame di un giorno, ma è segno di ciò che Cristo intende compie-re per la salvezza di tutta l’umanità do-nando la sua car- ne e il suo sangue (cfr Gv 6,48-58). E tut- tavia bisogna sempre passare attraverso quei due piccoli gesti: offrire i pochi pani e pesci che abbiamo; ricevere il pane spezzato dalle mani di Gesù e distribuirlo a tutti. Fare e anche spezzare! Spezzare: questa è l’altra parola che spie-ga il senso del «fate questo in memo-ria di me». Gesù si è spezzato, si spezza per noi. E ci chiede di darci, di spezzarci per gli altri. Proprio questo “spezzare il pane” è diventato l’icona, il segno di ri-conoscimento di Cristo e dei cristiani. Ricordiamo Em- maus: lo riconobbero «nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Ricordiamo la prima comunità di Gerusalemme: «Erano perseveranti […] nello spezzare il pane» (At 2,42). E’ l’Eucaristia, che diventa fin dall’inizio il centro e la forma della vita della Chiesa. Ma pensiamo anche a tutti i santi e le sante – famosi o anonimi – che hanno “spezzato” se stessi, la propria vita, per “dare da mangiare” ai fratelli. Quante mamme, quanti papà, insieme con il pane quotidiano, tagliato sulla mensa di casa, hanno spezzato il loro cuore per far crescere i figli, e farli crescere bene! Quanti cristiani, come cittadini responsabili, hanno spezzato la propria vita per difendere la dignità di tutti, specialmen-te dei più poveri, emarginati e discriminati! Dove trovano la forza per fare tutto questo? Proprio nell’Eucaristia: nella potenza d’amore del Signore risorto, che anche oggi spezza il pane per noi e ripete: «Fate questo in me-moria di me». Possa anche il gesto della processione eucaristica, che tra poco compiremo, rispondere a questo mandato di Gesù. Un gesto per fare memoria di Lui; un gesto per dare da mangiare alla folla di oggi; un gesto per spezzare la nostra fede e la nostra vita come segno dell’amore di Cristo per questa città e per il mondo intero.

Omelia 26 Maggio 2016

PAPA FRANCESCO E IL CORPUS DOMINI

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Di Simone (poi ribattezzato Pietro da Gesù stesso) i Vangeli, solitamente molto parchi nelle caratterizzazioni psicologiche, ci offrono un ritratto vivido. E' irruento, sanguigno: parla e agisce d'impulso, al punto da meritarsi i rimproveri del Maestro. Ma è anche colui che, ispirato dallo Spirito Santo, intuisce prima degli altri la natura divina di Gesù: «Io credo Signore che tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente». Da qui la chiamata a una particola-rissima missione, quella di guida e sostegno della comunità. «E io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edifi-cherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». E' questo stesso primato che la Chiesa cattolica riconosce nel Papa, i cui simboli, le chiavi e l'anello del pesca-tore, immediatamente rimandano alla figura dell'apostolo. Umanissimo nella sua fragilità, Pietro è, come gli altri discepoli, smarrito nel momento terribile della condanna e dell'agonia di Gesù. Ma più degli altri porta addosso un peso. «Non conosco quell'uomo»: con queste parole per tre volte rinnega pubblicamente Cristo, abbandonandolo di fatto al suo destino. Eppure, paradossalmente, proprio questo episodio gli consente di sperimentare, forse più di chiunque altro, l'abbraccio della misericordia. «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?», gli domanda per tre volte il Risorto, rinnovando poi subito la chiamata a guidare il gregge dei fedeli «Pasci le mie pecorelle». Una chiamata cui, dopo la Pentecoste, l'aposto-lo consacra la vita, diventando un riferimento per i Cristiani a Gerusalemme, in Palestina, ad Antiochia, e ope-rando miracoli nel nome di Gesù. Fin qui le fonti bibli-che: il resto è tradizione. Varie testimonianze raccontano di un trasferimento a Roma. Nel cuore dell'impero il discepo-lo vive per alcuni anni, predica e coordina la comunità. Muore martire sotto Nerone, probabilmente intorno al 67 d.C. PAOLO, DA PERSECUTORE DEI CRISTIANI AD APOSTOLO Molto diversa è la vicenda u- mana e spirituale di Paolo di Tarso, che, a differenza di Pie- tro, non ha modo di incon-trare il Gesù storico lungo le strade della Palestina. Lo incontra invece in modo miste- rioso, dopo anni di feroci persecuzioni contro la Chiesa. Per una parte della sua vita Saulo (questo il suo nome pri- ma della conversione) è un uomo inflessibile, spietato, e colpisce i Cristiani con una determinazione che sembra sconfinare nel fanatismo. Poi, improvvisamente, accade qualcosa. «Tutta la vita dell’Apostolo è segnata da quell’evento – leggiamo nel libro Le confessioni di Paolo, tratto da un corso di esercizi spirituali che il cardinale Carlo Maria Martini tenne nel 1981 - È difficile per noi capirlo, perché, in realtà, Paolo stesso comprende solo al momento della morte che cosa abbia significato per lui quell’episodio». E' la cosiddetta folgorazione sulla via di Damasco. E' quell'”incidente di percorso” che lo costringe a un cambio di prospettiva. E ad incamminarsi verso una vita nuo-va: inizia così il suo apostolato. Paolo comprende che il messaggio evangelico non si può limitare alle comunità giudaiche, ma ha una dimensione universale. Con lui la Chiesa si scopre a tutti gli effetti missionaria, aperta ai “gentili”, i pagani, i lontani. Uomo caparbio, infaticabile, di grande cultura, eccellente oratore, Paolo abbandona le sue sicurezze per mettersi costantemente in gioco, spinto da un'unica certezza: «per me vivere è Cristo», co-me scrive lui stesso nella Lettera ai Filippesi. I suoi viaggi lo portano dall'Arabia alla Grecia, dalla Turchia all'Ita-lia. A Roma viene arrestato, ma per un certo tempo riesce, pur tra mille difficoltà, a predicare. Come Pietro muore martire, probabilmente intorno al 67 d.C. Le sue 13 lettere, inserite nel canone del Nuovo Testamento, sono un pilastro dottrinale del cristianesimo e un riferimento imprescindibile per i fedeli di tutte le epoche stori-che e di tutti i continenti. I DUE APOSTOLI SIMBOLO DELLA CHIESA PLURALE«A Roma Pietro ritrova Paolo – scrive Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, commentando il Vangelo del 29 giugno - Non sappiamo se nel quotidiano della testimo-nianza cristiana, ma certamente nel segno grande del martirio. Paolo, “l’altro”, l’apostolo differente, posto ac-canto a Pietro nella sua alterità, quasi a garantire fin dai primi passi che la Chiesa cristiana è sempre plurale e si nutre di diversità».

SANTI PIETRO E PAOLO

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1 S. MESSA CELEBRATA P. CIRO BOVA, O.P. 5 CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE 16.30 7 CATECHISTI PREPARAZIONE CONVEGNO DIOCESI 16..30 12 COMMISSIONE CONSIGLIO PASTORALE COAZZO 16.0O 13 COMMISSIONE CONSIGLIO PASTORALE NOMENTANA 17.00 16 COMMISSIONE CONSIGLIO PASTORALE C.MONASTERO 18 17 FESTAINPIAZZA ORE 18.45 APERTURA FESTA MUSICA,GASTRONOMIA,RUOTA,FUOCHI 18 CORPUS DOMINI S.GIOVANNI IN LATERANO ORE 19.00 ***S.Messa ore 18.00 sospesa 19 CONVEGNO DIOCESI 20 CONVEGNO DIOCESI LABORATORI IN PREFETTURA 22 CONCLUSIONE ANNO PASTORALE ORE 16.15 ADORAZIONE,CELEBRAZIONE EUCARISTICA ANIMATA DON ROBERTO (S.Giuseppe Artigiano) 23 INCONTRO COMMISSIONI CONSIGLIO PASTORALE ore 16. 17.30 VESPRI SOLENNI SACRO CUORE 18.00 CELEBRAZIONE EUCARISTICA SACRO CUORE CONSACRAZIONE AL CUORE DI CRISTO 29 PELLEGRINAGGIO DI RINGRAZIAMENTO ANNO PASTORALE 2016/2017 GENAZZANO MADONNA DEL BUON CONSIGLIO In Parrocchia in questo giorno, la S.Messa ore 10,00, 18.00. ——————- Ufficio parrocchiale aperto: Martedi,Venerdi,Sabato 10.00-12.00/ 16.30-17.30

CALENDARIO GIUGNO2017

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CONVOCAZIONECONVOCAZIONE

CONSIGLIERICONSIGLIERI

OPERATORI,OPERATORI,

CATECHISTI,CATECHISTI,

LETTORI,LETTORI,

COMITATO FESTA.COMITATO FESTA.

ORDINE DEL GIORNO CENTENARIO DEDICAZIONE CHIESA DI S.ALESSANDRO APERTURA 17 GIUGNO 2017

5 GIUGNO 2017 ORE 16.00

7 GIUGNO ORE 17.00

PREPARAZIONE

CONVEGNO DIOCESANO

CATECHISTI

PARROCCHIA

INCONTRO IN

PREPARAZIONE

ALLA PARTECIPAZIONE AL

CONVEGNO DELLA NOSTRA

DIOCESI DEL 19 E 20

GIUGNO.

ALL’INCONTRO VENGONO

INVITATI

ALCUNI GENITORI DEI RA-

GAZZI ADOLESCENTI

PRESENTI IN COMUNITA’.

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12 GIUGNO ORE 16.00

COMMISSIONE

CONSIGLIO PASTORALE

ZONA COAZZO-CESARINA

13 GIUGNO ORE 17.00

ZONA NOMENTANA

16 GIUGNO ORE 18.00

ZONA CASAL MONASTERO

VECCHIO (Consorzio)

INCONTRI

COMMISSIONI

PER IL CENTENARIO

12-13-16 GIUGNO

NON LASCIAMOLI SOLI

ACCOMPAGNARE I GENITORI

NELL’EDUCAZIONE DEI FIGLI

ADOLESCENTI

19 GIUGNO 2017

ORE 19.00

S.GIOVANNI IN LATERANO

20 GIUGNO 2017

LABORATORI

PREFETTURE

CONVEGNO DIOCESANO 2017

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GIOVEDI 22 GIUGNO ORE 16.15

CONCLUSIONE ANNO PASTORALE

ADORAZIONE EUCARISTICA

ORE 18.00 CELEBRAZIONE EUCARISTICA

ANIMA L’INCONTRO

Don Roberto (S.Giuseppe Artigiano)

CONCLUSIONE ANNO PASTORALE

2016-2017

29 GIUGNO 2017

PELLEGRINAGGIO MARIANO

DI RINGRAZIAMENTO

PER L’ANNO PASTORALE

2016-2017

MADONNA DEL BUON

CONSIGLIO

DI GENEZZANO

PARTENZA ORE 08.00

VIA DANTE DA MAIANO

PELLEGRINAGGIO RINGRAZIAMENTO

A GENAZZANO

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4 GIUGNO

ORE 9.30 S.MESSA ORE 11.30 MATRIMONIO

11 GIUGNO ORE 9.30 S.MESSA

ORE 11.30 MATRIMONIO

CAMBIAMENTO ORARI

ATTENZIONE ORARI SANTE MESSE DOMENICHE

ORARIO UFFICIO PARROCCHIALE

MARTEDI,SABATO 10.00-12.00;17.00-18.00

TEMPO DELL ’ ESTATE BUONE VACANZE ALLE

FAMIGLIE

• SANTA MESSA FERIALE

ORE 18.00

SANTA MESSA FESTIVA

ORE 8.30,9.30,18.00

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CORPUS DOMINI 2017

A ROMA

DOMENICA 18 GIUGNO ORE 19.00

Da S.GIOVANNI IN LATERANO A S.MARIA MAGGIORE

PROCESSIONE * EUCARISTICA

PRESIEDUTA DAL S.PADRE PAPA FRANCESCO

*IN PARROCCHIA LA CELEBRAZIONE ORE 18.00 SOSPESA

SOLENNITA’

IL MESE DEL CUORE

DI CRISTO

23 GIUGNO ORE 17.30

VESPRI SOLENNI CUORE DI CRISTO

SANTA MESSA ORE 18.00

A CONCLUSIONE ATTO

CONSACRAZIONE

Page 12: giornalino GIORNALINO giugno 2017 giugno 2017/giornalino GIORNALINO giugno...sta proprio in questa unità, che si realizza sulla croce, grazie alla morte di Gesù, in quanto uomo.

È la prima delle quattro basiliche papali maggiori e la più antica e importante basilica d'Occidente[2]. Sita sul colle del Celio, la basilica e il vasto complesso circostante (comprendente il Palazzo Pontificio del Laterano, il Palazzo dei Canonici, il Pontificio Seminario Romano Maggiore e la Pontificia Università Lateranense) godono dei privilegi di extraterritorialità riconosciuti dallo Stato italiano alla Santa Sede che pertanto ne ha la piena ed esclusiva giurisdizione.

La denominazione ufficiale è "Arcibasilica Papale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Latera-

no"[1]. Papa Silvestro I, nel VI secolo, la dedicò al Santissimo Salva-tore; poi papa Sergio III, nel IX secolo, aggiunse la dedica a San

Giovanni Battista; infine papa Lucio II, nel XII secolo, incluse anche San Giovanni Evangelista[1]. È detta "arcibasilica" perché è la più importante delle quattro basiliche papali maggiori[3]; più precisa-mente, ha il titolo onorifico di Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum

Mater et Caput, ovvero Madre e Capo di tutte le chiese nella città e nel mondo[4]. È detta infine "in Laterano", o "lateranense"; Lateranus

era un cognomen della gens Claudia[5], e nella zona dove sorse la basilica si trovavano dei possedimenti (horti) di quella famiglia. NATIVITA ’

S.GIOVANNI BATTISTA

SOLENNITA ’

SOLENNITA ’

SANTI PIETRO E PAOLO

29 GIUGNO

Patroni

principali di Roma

CELEBRAZIONE

EUCARISTICA

ORE 9.30

ORE 18.00.

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ORARIO SANTA MESSA

UFFICIO

FERIALE

ORE 08.00

FESTIVA

ORE 8.30 S.GIUSEPPE

ORE 9.30 PARROCCHIA

UFFICIO:IL SABATO

5,12,19,26

ORE 17.00-18.00

SONO APERTE LE ADESIONE

AL CAMMINO

DI FEDE 2017/2018

PER I SACRAMENTI

DELLA RICONCILIAZIONE

(IV ELEMENTARE)

COMUNIONE

(V ELEMENTARE)

CRESIMA

(l, II MEDIA)

INFORMAZIONE UFFICIO ORARIO

UFFICIO ADESIONI

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IN CAMMINO VERSO IL

CENTENARIO

DELLA DEDICAZIONE

DELLA CHIESA

“FESTAINPIAZZA”

ORE 18.45 APERTURA

DELLA FESTA.

MUSICA,

RISTORAZIONE,RUOTA,

FUOCHI D’ARTIFICIO.

1918.S.ALESSANDRO.2018

1918.S.ALESSANDRO.2018

Cari Amici, Con la Festa di quest’anno si a-pre il Cammino in preparazione al Centenario della Dedicazione

della Chiesa avvenuta il 7 Giugno 1918.

Ognuno di voi, qui ha un Ricordo, Non manchiamo, veni-te a fare Festa a S.Alessandro.

Vi Aspettiamo.

Il Comitato della Festa