GIORNALINO D'ISTITUTO GIUGNO 2012

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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO PALERMO NUMERO 5 04/06/2012 Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo. Paolo Borsellino VII EDIZIONE DEL “PREMIO LIBERO GRASSI” ALFREDO CHIODI III E I l 10 gennaio 1991 il Giornale di Si- cilia riportava sulla prima pagina una lettera rivolta ad un “caro estortore” in cui un imprenditore spiegava ai mafio- si di non essere disposto a pagare il pizzo e che non avrebbe svenduto la propria dignità; dopo tre mesi Santoro lo invita alla trasmissione televisiva Samarcanda, dove, di fronte a tutta l’Italia, l’autore della lettera ribadisce di aver costruito la sua impresa con impegno ed onestà, e che nessuno, al di fuori di lui e dei suoi dipendenti, ha il diritto di trarne pro- fitto. È un concetto semplice da com- prendere, eppure questo imprenditore ricevette sostegno solo da parte della fa- miglia e da pochissimi amici e fu lasciato solo dall’omertà degli altri imprenditori e dallo Stato. La triste conseguenza: il 29 agosto del 1991 i telegiornali parlavano dell’assassinio di Libero Grassi. Oggi fortunatamente non è più così; esi- stono leggi contro il racket e grazie alle associazioni antimafia si può denunciare il pizzo senza perdere la vita. Tra queste associazioni vi è Solidaria, che nel 2004 ha istituito il “Premio Libero Grassi”. Si tratta di un concorso per ragazzi che, producendo temi, poesie e video, rinno- vano la memoria di chi si è sacrificato in nome di un ideale; quest’anno c’è stata una novità... Continua a pag. 2 PINO MANIACI, UN UOMO RICCARDO CALDARERA V D N on è poi tanto difficile abbandonar- si alla retorica. In fondo basta pren- dere un po’ di parole importanti, di quelle che nei discorsi dei politici fanno par- tire gli applausi, metterle insieme, e quando si è in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure “Le vostre idee non moriranno mai”. Certo, è più che lecito e doveroso ricordare SEM- PRE, non solo negli anniversari di stragi, chi ha dato la vita per la legalità, per il rispetto, per la democrazia. Per noi insomma, perché anche se può sembrare metaforico o idea- lista, la vita c’è chi l’ha persa per noi. E po- tremmo continuare ad elencare tutti i morti ammazzati dalla mafia nel corso degli anni, da Notarbartolo a Puglisi, e urlare all’indi- gnazione, a sfilare in cortei simbolicamente importanti, moralmente doverosi. Ma la no- stra generazione, è pronta per la concretezza? La mafia esiste eccome, meno tangibile for- se, ma più radicata grazie ai riscontri politici. C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto a cantare “I cento passi” nelle giornate com- memorative, e nelle altre di giornate urlare agli stessi mafiosi, quanto siano p.d.m.? I 30 anni di mediaset, il materialismo, l’egoismo, il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta vera e proprio nei confronti del crimine or- ganizzato? O ci fagociteranno, succhiandoci il senso civico fino al midollo, rendendoci inermi, frustrati ma contenti? Probabilmen- te questi punti di domanda si risolveranno in futuro prossimo. Rimaniamo nel presente, per adesso. Continua a pag. 3 EDITORIALE GIULIA CATALISANO V B Anche quest’anno siamo ar- rivati a giugno con la nostra ultima e faticosissima edizione di ObbiettivaMente. Per me, salvo imprevisti, sarà l’ultima edizione in assoluto e quindi in queste poche righe vorrei rivol- gere delle semplici parole a tut- ta la redazione. In questi ultimi anni abbiamo lavorato molto, a partire dalla grafica, comple- tamente rinnovata e alla quale ogni impaginatore ha apporta- to la propria impronta creati- va, e per finire con gli articoli stessi, che hanno assunto uno spessore ed un interesse sempre maggiore. Siamo cresciuti tutti e abbiamo imparato a lavora- re, oserei dire, come una vera redazione. Ho molta fiducia in ciò che accadrà nei prossi- mi anni perché conosco tutti voi e so che dopo tanto lavo- ro e magari qualche notte in- sonne, ObbiettivaMente non è più soltanto un giornale, ma soprattutto un gruppo di ra- gazzi che comunicano fra loro, pensano, riflettono insieme, si consigliano a vicenda e poi, soltanto dopo tutto ciò, ini- ziano a scrivere. Permettetemi di ringraziarvi per tutto quello che mi avete insegnato tutti in questi ultimi tre anni. In bocca al lupo ragazzi e ricordate che il giornale deve essere un mezzo di espressione per tutti gli stu- denti della scuola, non importa se di primo o di quinto anno. Tutti devono poter trovare uno spazio dove dire quel che pen- sano.

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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZAROPALERMO NUMERO 504/06/2012

“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo. ”Paolo Borsellino

VII EDIZIONE DEL “PREMIO LIBERO GRASSI”ALFREDO CHIODI III E

Il 10 gennaio 1991 il Giornale di Si-cilia riportava sulla prima pagina una lettera rivolta ad un “caro estortore”

in cui un imprenditore spiegava ai mafio-si di non essere disposto a pagare il pizzo e che non avrebbe svenduto la propria dignità; dopo tre mesi Santoro lo invita alla trasmissione televisiva Samarcanda, dove, di fronte a tutta l’Italia, l’autore della lettera ribadisce di aver costruito la sua impresa con impegno ed onestà, e che nessuno, al di fuori di lui e dei suoi dipendenti, ha il diritto di trarne pro-fitto. È un concetto semplice da com-prendere, eppure questo imprenditore ricevette sostegno solo da parte della fa-miglia e da pochissimi amici e fu lasciato solo dall’omertà degli altri imprenditori e dallo Stato. La triste conseguenza: il 29 agosto del 1991 i telegiornali parlavano dell’assassinio di Libero Grassi.Oggi fortunatamente non è più così; esi-stono leggi contro il racket e grazie alle associazioni antimafia si può denunciare il pizzo senza perdere la vita. Tra queste associazioni vi è Solidaria, che nel 2004 ha istituito il “Premio Libero Grassi”. Si tratta di un concorso per ragazzi che, producendo temi, poesie e video, rinno-vano la memoria di chi si è sacrificato in nome di un ideale; quest’anno c’è stata una novità... Continua a pag. 2

PINO MANIACI, UN UOMO

RICCARDO CALDARERA V D

Non è poi tanto difficile abbandonar-si alla retorica. In fondo basta pren-dere un po’ di parole importanti, di

quelle che nei discorsi dei politici fanno par-tire gli applausi, metterle insieme, e quando si è in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure “Le vostre idee non moriranno mai”. Certo, è più che lecito e doveroso ricordare SEM-PRE, non solo negli anniversari di stragi, chi ha dato la vita per la legalità, per il rispetto, per la democrazia. Per noi insomma, perché anche se può sembrare metaforico o idea-lista, la vita c’è chi l’ha persa per noi. E po-tremmo continuare ad elencare tutti i morti ammazzati dalla mafia nel corso degli anni, da Notarbartolo a Puglisi, e urlare all’indi-gnazione, a sfilare in cortei simbolicamente importanti, moralmente doverosi. Ma la no-stra generazione, è pronta per la concretezza? La mafia esiste eccome, meno tangibile for-se, ma più radicata grazie ai riscontri politici. C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto a cantare “I cento passi” nelle giornate com-memorative, e nelle altre di giornate urlare agli stessi mafiosi, quanto siano p.d.m.? I 30 anni di mediaset, il materialismo, l’egoismo, il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta vera e proprio nei confronti del crimine or-ganizzato? O ci fagociteranno, succhiandoci il senso civico fino al midollo, rendendoci inermi, frustrati ma contenti? Probabilmen-te questi punti di domanda si risolveranno in futuro prossimo. Rimaniamo nel presente, per adesso. Continua a pag. 3

EDITORIALEGIULIA CATALISANO V B

Anche quest’anno siamo ar-rivati a giugno con la nostra ultima e faticosissima edizione di ObbiettivaMente. Per me, salvo imprevisti, sarà l’ultima edizione in assoluto e quindi in queste poche righe vorrei rivol-gere delle semplici parole a tut-ta la redazione. In questi ultimi anni abbiamo lavorato molto, a partire dalla grafica, comple-tamente rinnovata e alla quale ogni impaginatore ha apporta-to la propria impronta creati-va, e per finire con gli articoli stessi, che hanno assunto uno spessore ed un interesse sempre maggiore. Siamo cresciuti tutti e abbiamo imparato a lavora-re, oserei dire, come una vera redazione. Ho molta fiducia in ciò che accadrà nei prossi-mi anni perché conosco tutti voi e so che dopo tanto lavo-ro e magari qualche notte in-sonne, ObbiettivaMente non è più soltanto un giornale, ma soprattutto un gruppo di ra-gazzi che comunicano fra loro, pensano, riflettono insieme, si consigliano a vicenda e poi, soltanto dopo tutto ciò, ini-ziano a scrivere. Permettetemi di ringraziarvi per tutto quello che mi avete insegnato tutti in questi ultimi tre anni. In bocca al lupo ragazzi e ricordate che il giornale deve essere un mezzo di espressione per tutti gli stu-denti della scuola, non importa se di primo o di quinto anno. Tutti devono poter trovare uno spazio dove dire quel che pen-sano.

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VII EDIZIONE DEL “PREMIO LIBERO GRASSI”

ALFREDO CHIODI III E

VITA SCOLASTICA 2

PINO MANIACI, UN UOMO

ATTUALITÀ E CULTURA 3

RICCARDO CALDARERA V D

Il 10 gennaio 1991 il Giornale di Sicilia riportava sulla prima pagina una lettera rivolta ad un “caro estor-tore” in cui un imprenditore spiega-va ai mafiosi di non essere disposto a pagare il pizzo e che non avrebbe svenduto la propria dignità; dopo tre mesi Santoro lo invita alla trasmis-sione televisiva Samarcanda, dove, di fronte a tutta l’Italia, l’autore della lettera ribadisce di aver costruito la sua impresa con impegno ed onestà, e che nessuno, al di fuori di lui e dei suoi dipendenti, ha il diritto di trarne profitto. È un concetto semplice da comprendere, eppure questo impren-ditore ricevette sostegno solo da parte della famiglia e da pochissimi amici e fu lasciato solo dall’omertà degli altri imprenditori e dallo Stato. La triste conseguenza: il 29 agosto del 1991 i telegiornali parlavano dell’assassinio di Libero Grassi.Oggi fortunatamente non è più così; esistono leggi contro il racket e grazie alle associazioni antimafia si può de-nunciare il pizzo senza perdere la vita. Tra queste associazioni vi è Solidaria, che nel 2004 ha istituito il “Premio Libero Grassi”. Si tratta di un concor-so per ragazzi che, producendo temi, poesie e video, rinnovano la memoria di chi si è sacrificato in nome di un ideale; quest’anno c’è stata una novi-tà: Gli studenti sono stati invitati ad adottare ed interpretare un articolo della Costituzione, accompagnati da un lavoro da loro creato sul suo signi-ficato.La mia classe, la III E, è stata invitata da Solidaria (essendo io nipote di Li-bero Grassi) ad assistere alla premia-zione della VII edizione che si è svol-ta nell’aula magna “Paolo Borsellino”

del liceo Meli venerdì 25 maggio.La mattina si è aperta con il saluto di Giuseppe Verde, professore di di-ritto costituzionale, e con il discorso di Salvatore Cernigliaro, ideatore del concorso, che hanno ricordato l’im-portanza della nostra Costituzione riportando alla memoria chi ha dato la vita per difendere i valori che essa rappresenta. Subito dopo ha avuto inizio lo spettacolo “La diritta via” di Giuliano Turone, (magistrato in pen-sione che ha il merito di essere stato il primo ad occuparsi di “mani puli-te”), accompagnato col pianoforte da Mirko Lodedo. Durante questo mo-nologo Turone fa riflettere su quan-to sia valida la Costituzione Italiana, che tutela il lavoro, dando così una speranza a genti di altre nazioni che di speranza non ne hanno più, spinti in Italia da quel desiderio di libertà garantito proprio dalle nostre leggi. La nostra Costituzione è capace di di-fendere queste persone dalla brutalità del razzismo e delle guerre civili che distruggono i loro paesi d’origine, è capace di difendere noi cittadini ita-liani da gente che fa politica con il de-siderio di negarci la libertà di parlare, ed è capace di difendere se stessa da uomini potenti che più volte hanno cercato di modificarla. Tuttavia, se la popolazione si lascia corrompere dal-la criminalità, come spesso accade, la sovranità cessa di appartenere al popolo: in Italia la diritta via è stata smarrita. Il magistrato-attore recita la prima terzina della Divina Com-media tradotta in diverse lingue da vari immigrati e poeti, con l’intento di far capire che, come fa Dante nel suo viaggio raccontato nella “Divina Commedia”, anche noi dobbiamo

liberarci dai peccati che compro-mettono i nostri diritti. Lo spetta-colo risulta interessante anche grazie all’abilità dell’autore di modificarne il testo a seconda della situazione politica, economica e sociale in cui riversa lo Stato; avendo già assistito a “la diritta via” precedentemente in un periodo diverso posso assicurare che viene reso sempre molto attuale. A seguire si è tenuta la premiazione vera e propria, in cui i membri del-la famiglia Grassi, alcune autorità e altri componenti della giuria hanno chiamato sul palco gli autori dei la-vori migliori per conferirgli il premio e per dargli occasione di dire qualche parola al pubblico. Mi rende felice ve-dere come la memoria di mio nonno venga rinnovata ogni anno, e spero di vedere lavori interessanti come quelli di quest’anno anche per l’VIII edizio-ne, con ulteriore partecipazione da parte del Liceo Cannizzaro.

Non è poi tanto difficile abbandonarsi alla reto-rica. In fondo basta prendere un po’ di parole importanti, di quelle che nei discorsi dei politici

fanno partire gli applausi, metterle insieme, e quando si è in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure “Le vostre idee non moriranno mai”. Certo, è più che lecito e doveroso ricordare SEMPRE, non solo negli anniversari di stragi, chi ha dato la vita per la legalità, per il rispetto, per la de-mocrazia. Per noi insomma, perché anche se può sembra-re metaforico o idealista, la vita c’è chi l’ha persa per noi. E potremmo continuare ad elencare tutti i morti ammaz-zati dalla mafia nel corso degli anni, da Notarbartolo a Puglisi, e urlare all’indignazione, a sfilare in cortei simbo-licamente importanti, moralmente doverosi. Ma la nostra generazione, è pronta per la concretezza? La mafia esiste eccome, meno tangibile forse, ma più radicata grazie ai riscontri politici. C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto a cantare “I cento passi” nelle giornate commemorative,

e nelle altre di giornate urlare agli stessi mafiosi, quanto siano p.d.m.? I 30 anni di mediaset, il materialismo, l’e-goismo, il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta vera e proprio nei confronti del crimine organizzato? O ci fa-gociteranno, succhiandoci il senso civico fino al midollo, rendendoci inermi, frustrati ma contenti? Probabilmente questi punti di domanda si risolveranno in futuro prossi-mo. Rimaniamo nel presente, per adesso.Vi starete chiedendo forse, cosa voglia dire la sigla “p.d.m.” che ho utilizzato poco fa. E’ una sorta di cavallo di batta-glia, è una sigla, per motivi di censura, ma che spesso tro-va voce senza alcun abbreviazione, e se posso permetter-mi, l’acronimo si concretizza nella frase “Pezzi Di Merda”. E’ una delle invettive che sta più a cuore, a un Uomo con la “u” maiuscola, che risponde al nome di Pino Maniaci. Ex imprenditore edile, nel 1999 Pino Maniaci diventa direttore di una piccola emittente televisiva molto parti-colare: Telejato. Ne è il direttore e anche conduttore, in-sieme alla giovane figlia Letizia, promessa del giornalismo di professione. Collabora, tra gli altri, anche con Salvo Vitale, a suo tempo ex conduttore di Radio Aut con Pep-pino Impastato. Essendo Telejato una piccola emittente, le zone che essa copre sono le seguenti: San Giuseppe Jato, Partinico, Alcamo, Corleone, Cinisi, Castellammare del Golfo, Montelepre.Sono zone in cui la criminalità organizzata è davvero mol-to radicata, in cui spesso e volentieri dominano l’omertà e la negligenza. Pino Maniaci, con incredibile coraggio (o come preferisce dire lui, incoscienza), denuncia i mali legati alle Mafie, fa nomi e cognomi ormai da anni, e col tempo è diventato tanto un’icona della legalità, tra chi, a questa, ci crede ancora; tanto un personaggio scomodo, tra chi, nella criminalità organizzata, si sente costante-mente minacciato. Innumerevoli sono le intimidazioni che Maniaci riceve co-stantemente, sia di morte nei suoi confronti che della sua famiglia. Ma lui imperterrito ha sempre continuato senza lasciarsi intimidire, neanche dopo il misterioso incendio della sua macchina nel luglio 2008. Neanche dopo essere stato massacrato di botte. Addirittura neanche dopo aver subito un tentato omicidio da parte di Michele Vitale, figlio del boss Vito Vitale, nel gennaio del 2008. Certo, alla sua famiglia ha pestato tanto i piedi, come a moltissime altre famiglie che nella “merda”, come direbbe Lui, ci sguazzano.

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ELEZIONI FRANCIA 2012: “MONSIEUR NORMAL” BATTE SARKOZY

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ALESSANDRO DI SALVO III O

Come se non bastasse, Maniaci è stato addirittura que-relato centinaia di volte, e tra le querele, quella che lo ha messo più in difficoltà è la denuncia per indebito eserci-zio della professione di giornalista, non essendo iscritto all’albo dei giornalisti. Lui non è un giornalista! Sarebbe riduttivo, e se dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio, an-che offensivo definirlo giornalista. Insomma, messo alle strette dalla giustizia, corrotta, e dalla mafia, ne è sempre uscito con fiera dignità e con onore.Non deve essere facile mettere l’anima per i sordi e i cie-chi, mettere a repentaglio la vita di chi si ama (tra cui il figlio minore, che in occasione del matrimonio della figlia di Riina andò a filmare la cerimonia, per testimoniare che la rinomata povertà della famiglia, era in realtà lussureg-giante ricchezza), e mettere a repentaglio anche la propria stessa vita. Lui lo fa, forse ancora per poco però: come ben sappiamo l’Italia intera sta passando al digitale terrestre (Grazie Silvio). Dopo aver fatto diverse volte richiesta di essere incluso nel passaggio, e aver ricevuto solo risposte negative, il destino di Telejato è tanto ovvio quanto ormai segnato: Pino Maniaci dovrà chiudere l’attività. Si ritro-

verà solo, e nessuno sa come possa veramente tirare avanti senza l’appoggio di chi lo seguiva, lo aiutava, testimoniava e proteggeva. Non deve rimanere solo, ed è anche questo l’obbiettivo di noi ragazzi. Dobbiamo ricordare sì, chi è morto per noi, ma ricordarci che c’è ancora chi rischia la vita, e cercare in tutti i modi di tutelare questa gente, che passa sempre più inosservata, nel nome del futile e del semplice. Un eroe non è semplicemente un martire, e non diventa tale soltanto dopo essere stato ammazzato. Un eroe è anche, e soprattutto, chi in vita pure andando a fare la spesa rischia di ritrovarsi riverso per terra, con due pallottole ficcate nel cranio, ma continua per la sua strada speranzoso che le cose possano cambiare, concretizzando le sue idee, dando voce alla vera giustizia.

Il 6 maggio 2012 si sono svolte al secondo turno le elezioni presi-denziali in Francia, con la vittoria

di François Hollande che ha riporta-to dopo 17 anni un socialista all’Eli-seo. Il nuovo Presidente della Quinta Repubblica francese si è attribuito il titolo di “Monsieur normal” per pre-sentarsi come l’esatto contrario di Ni-colas Sarkozy.Figlio di un medico con idee di estre-ma destra, è cresciuto nella Parigi be-nestante, ha frequentato grandi scuole come l’École nationale d’administra-tion (Scuola nazionale di amministra-zione, ENA), che sforna da anni pre-sidenti e primi ministri. Molto presto ha frequentato la Parigi politica de-buttando nella corte socialista dell’E-liseo, ai tempi di François Mitterand. Grazie alla “caduta” di stile di Strauss-Kahn ( che in una stanza di hotel di New York avrebbe consumato uno stupro nei confronti di una cameriera africana), considerato il candidato so-cialista ideale per sconfiggere Nicolas

Sarkozy, Hollande a 57 anni ha vinto le Primarie ed è divenuto il candida-to che più della metà della Francia ha votato alle Elezioni Presidenziali, ripudiando e scrollandosi di dosso Sarkozy che, con dignità, ha telefo-nato a Hollande per complimentarsi. Hollande si propone di essere “Mon-sieur normal”, un presidente più alla mano, più semplice e meno arrogante nei confronti del governo, del Par-lamento e della magistratura. Sarà meno egocentrico del predecessore che sfilava nelle pagine dei rotocalchi rosa. Consulterà le parti sociali che Sarkozy considerava fastidiose e darà agli stranieri che pagano le tasse e ri-siedono da anni in Francia, il diritto di voto nelle elezioni amministrative. E’ per il matrimonio tra omosessuali e per l’adozione di bambini da parte di una coppia dello stesso sesso. Favori-rà inoltre l’uguaglianza uomo-donna, in particolare per quel che riguarda le retribuzione nelle aziende. Sul piano fiscale si propone di portare al 75%

l’imposta sui redditi superiori al mi-lione di euro all’anno. Subito dopo la proclamazione del 10 maggio, da parte del Consiglio costituzionale, François Hollande dovrà affrontare la prima prova dei mercati con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il primo viaggio all’estero avrà come destinazione Berlino, dove il neo presidente proporrà di aggiungere o di affiancare al Trattato di stabilità (Fiscal compact) un capitolo riguar-dante la crescita e, per quanto ri-guarda i rapporti con le altre capitali europee, Hollande, pur mantenen-do l’intesa franco-tedesca, vuole al-

largare il cerchio. Infatti è previsto un viaggio a Roma e oltre al G8 a Camp David, il vertice della Nato a Chica-go, dove annuncerà il ritiro entro un anno delle truppe francesi dall’Afgha-nistan. François Hollande è stato criticato, anche tra i socialisti, perchè troppo gioviale, abile nell’intrattenere ami-che e amici ma incapace di sostenere con fermezza le posizioni e persino perchè troppo piccolo e un pò paffu-tello. Ma “Monsieur normal” ha of-ferto proprio questa immagine al po-polo francese con la semplicità che si propone di imporre alla sua carica di Presidente della Repubblica francese. Buona fortuna Presidente!

“Noi andiamo avanti, tranquillamente, loro lo sanno: se mi devono fermare, se hanno le palle, mi devono sparare!”

Pino Maniaci

ATTUALITÀ E CULTURAATTUALITÀ E CULTURA

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USA, IL PAESE DOVE I DINOSAURI NON POSSONO BALLARE NELLA SCUOLE

DANIELE PISCITELLO VB

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KONY 2012

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MANFREDI LAGUARDIA II

Un povero dinosauro, per il suo compleanno, de-cise di ballare.Ecco un tipico esempio di una frase che, da

quest’anno, non potreste mai vedere su un libro scolastico Americano, anche se a dire il vero sarebbe difficile trovarla anche in uno nostro di libro, data la sua totale mancanza di senso... Ma quale è il grave pericolo che si cela dietro un semplice frase come quella, tanto da farle meritare la censura alla vista di milioni di studenti?Semplice, le parole che la compongono. In un paese dove il fondamentalismo religioso la fa da padrone, infatti, al-cune cose si teme potrebbero urtare la sensibilità dei pic-coli scolari.Bandita la parola “Dinosauro”, i creazionisti potrebbero lamentarsi che si tenta di convertire i propri pargoletti a credere nei lucertoloni verdi; vietato il termine “Hallowe-en”, festa pagana e oscura; impossibile parlare di “com-pleanno”, i testimoni di Geova non lo festeggiano e po-trebbero offendersi; lo stesso trattamento per “sigarette” e “ballo” che potrebbero far venire in mente strane idee ai ragazzi più puritani; per non parlare delle parole “po-vertà” e “divorzio” accusate di far cadere in depressione i bambini i cui genitori siano rispettivamente disoccupati o separati.E, come se non bastasse, rimarranno completamente oscurati addirittura interi eventi storici importantissimi quali la schiavitù, con la scusa per cui, i bambini afroame-ricani potrebbero offendersi.Ma se sono proprio le parole più dure, quelle più difficili da accettare, quelle che ci possono portare a uno scon-

tro di opinione con i nostri stessi coetanei, a scomparire, come è possibile costruirsi delle proprie opinioni sui temi più importanti?E’ proprio questo quello che contestano studiosi e peda-goghi, il “politicamente corretto”, tipico simbolo dell’ipo-crisia del nostro tempo, non si può permettere di entrare anche nelle scuole, sono già sufficienti i bidelli che sono diventati “personale ATA” e i cechi che sono diventati “non vedenti”, caso mai si offendessero a essere chiamati con il proprio nome.Ma le parole bandite in America non si fermano a quelle elencate qua, sono più di 50 quelle che quest’anno sono state aggiunte all’elenco e tutte, ne fanno parte, sempre per via di una mentalità chiusa considerante tutto ciò che è nuovo e diverso come necessariamente malvagio, esat-tamente la stessa mentalità che si rischia di andare a co-struire nella menti dei giovani ragazzi a cui viene negata la possibilità di discutere e affrontare i problemi delle società nascondendoli sotto il tappeto con la scusa di possibili risentimenti da parte di chi ne è vittima. Continuando per questa via, sarà sempre più difficile vedere qualcuno pensare differentemente dallo status quo.

Nella prima metà dello scorso Marzo è diventa-to famoso il video “Kony 2012”, della durata di circa mezz’ora, dove un giornalista americano,

Jason Russel, spiega cosa fa, chi è, e qual è il suo obiettivo.Jason Russel nel 2003 ha creato l’organizzazione no-profit Invisible Children, il cui scopo è di diffondere consape-volezza sui crimini del gruppo di guerriglieri ribelli LRA guidato da Joseph Kony in Uganda e in Sudan. Ma chi è Joseph Kony? Joseph Kony è il capo del movi-mento LRA (Lord’s Resistance Army), un gruppo di ribel-li formato da bambini soldato, rapiti dalle loro famiglie e costretti ad atti inumani come uccidere i propri genito-ri o mutilare loro i volti. Le femmine, invece, sono ses-sualmente sfruttate. Nel 2005 Kony fu condannato dalla Corte Penale Internazionale per omicidio, prostituzione, riduzione in schiavitù, schiavismo sessuale, induzione allo stupro, stupro, maltrattamenti e attacchi ai civili, saccheg-gio, rapimento e sfruttamento minorile, ma nondimeno riuscì ad evitare la cattura e fino ad oggi non è ancora stato catturato. Invisible Children dal momento della sua fondazione ha cercato un modo per fermare a tutti i costi Joseph Kony, ma c’era un unico problema: quasi nessuno sapeva chi fosse o cosa avesse fatto J. Kony. Cosi Invisi-ble Children iniziò a “fare pubblicità” a Kony: in tutti gli Stati Uniti i collaboratori di Invisible Children, tramite assemblee e manifestazioni, iniziarono questa “campagna pubblicitaria” di informazione e sensibilizzazione dell’o-pinione pubblica. Il governo degli Stati Uniti decise, cosi, di mandare in Uganda il suo supporto militare all’esercito locale per la cattura di J.Kony, ma questo aiuto fu vano, cosi iniziarono a ritirare le truppe, poiché questo inter-vento non portava interesse agli Stati Uniti, e continuare

a tenere i militari là, in Uganda, sarebbe stato inutile, ma se fosse stato l’intero popolo americano a chiedere que-sto intervento, il governo non poteva far finta di niente. Sucessivamente, Invisible Children si è posto l’obiettivo di riuscire a catturare Kony entro la fine del 2012, e cosi a Marzo è stato caricato il noto filmato “Kony 2012” su internet, che grazie ai social network ha fatto il giro del mondo diventando famoso. Questo video promuove il movimento STOP KONY, dove molte celebrità come Bill Gates, Rihanna, George Clooney e tante altre hanno annunciato il loro pieno appoggio. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 2012 sono stati attaccati in tutto il mon-do numerosi volantini e cartelloni con il volto di Kony, e tramite il sito www.kony2012.com è possibile acquistare “l’action kit”, un kit contenente una maglietta con il logo di STOP KONY, due braccialetti, spille, adesivi e poster, il ricavato è destinato al fondo del movimento, affinché i militari alla ricerca di J.Kony ricevano il giusto equi-paggiamento. Nelle settimane successive di marzo, però iniziarono a girare voci che Kony 2012, in realtà, è tutta una bufala, che Invisible Children ha manipolato i fatti a scopo tragico, esagerando con i numeri dei rapimenti e degli omicidi da parte del LRA, facendo passare J.Kony come un uomo molto più brutale e crudele di quanto sia già e giocando con le date. Molto strano è che quasi nessuno, azzarderei un 90% della popolazione mondiale, conosceva J.Kony prima di vedere i 29 minuti del video Kony 2012, e che il suo boom, aiutato anche dalle celebri-tà, abbia trasformato questa campagna in una pubblicità in stile Hollywood. Personalmente, penso sia normalis-simo dubitare di un’organizzazione che promuove una campagna pubblicitaria finalizzata alla richiesta di soldi per una giusta causa, perché è già accaduto che organiz-zazioni apparentemente no profit siano fuggite con i soldi raccolti, tuttavia mi sembra veramente stupido iniziare a polemizzare su qualunque cosa, a cercare il pelo nell’uo-vo e iniziare a contestare tutto: navigando su internet ho trovato persone che pensano che tutto ciò sia una falsità per motivi veramente stupidi, sono rimasto scioccato di come le persone si fermano su ogni minima cosa per ren-derla un caso di stato. Certo è che il problema comunque esiste in quei luoghi ove il grado culturale, l’evoluzione ed una condizione di vita tutt’altro che semplice, non fanno che amplificare gli eccessi ed il degrado. Perché spesso ciò aberra il lume della ragione: e come disse il grande Goya “il sonno della ragione genera mostri”.

ATTUALITÀ E CULTURA ATTUALITÀ E CULTURA

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‘’FREUDAZIONE’’ DEI SOGNIGASPARE IPPOLITO II B

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ANIMA NERA

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ANONIMO

Molti cercano di interpretare i sogni assurdi che la nostra mente perversa ci ‘’propone’’. Il sogno è un fenomeno strettamente legato all’apparato

psichico e si manifesta con una sequenza di immagini e di suoni che alla nostra apparenza sembrerebbero reali. Così reali che al nostro risveglio pensiamo che siano accaduti realmente. L’Oniromanzia è la scienza che cerca di inter-pretare i sogni delle persone. Però la questione è così com-plicata e surreale che quasi quasi non potremmo chiamar-la ‘’scienza’’, ma più semplicemente ‘’arte’’ di interpretare i sogni. Sigmund Freud ha dedicato gran parte dei suoi studi sull’interpretazione dei sogni e di come l’inconscio, chiamato solitamente subconscio, possa influenzare i so-gni. L’inconscio è importantissimo per interpretare i pro-pri sogni! è come se fosse una specie di ‘’ragione’’ che non è controllabile razionalmente. E’ l’insieme di esperienze, paure ed emozioni di cui il soggetto non ha conoscenza. Perciò un sogno può contenere delle verità nascoste che non avremmo mai potuto sapere. Questo è il pilastro su cui si basa la teoria di Freud. Non è difficilissimo interpre-tare i sogni. Gli uomini sognano ciò che fanno durante il giorno e quello che interessa loro la mente mentre sono svegli.Freud infatti ipotizza che un sogno possa trarre origine spesso da residui psichici diurni, ovvero da elementi ed impressioni indifferenti e che tali residui si possano iden-tificare in un sogno poiché sono desiderati dall’inconscio. La cosa divertente è che potremmo riuscire a riporta-re ogni elemento del nostro sogno a qualche pensiero o immagine percepita nell’arco della giornata. A volte però il nostro organismo durante la notte percepisce stimoli esterni facendone parte integrante dei sogni. Quindi non necessariamente potremmo riuscire a ricollegare ogni ele-mento alla vita reale. Generalmente i sogni permettono anche alle parti repres-se della mente di poter essere soddisfatte con la fantasia, mentre tiene la mente lontana da pensieri che causereb-bero un risveglio improvviso. Un tipo di sogno ricorrente è chiamato ‘’ lucido ’’. In questo sogno il soggetto prende coscienza del fatto che si è in un sogno e quindi manipola a piacimento gli oggetti e le cose che lo circondano. Per esempio quando mi capita cerco di cambiare il destino della mia storia ‘’ surreale ‘’, tornando addirittura indietro nel tempo!Ma sicuramente il sogno più interessante è l’incubo. Sono sicuro che almeno una volta nella vita tutti abbiamo avuto

gli incubi, che sono molto più rivelatori dei sogni norma-li. Gli incubi sono generalmente la manifestazione della rinnegazione di noi stessi. Quindi tutto ciò di cui ci ver-gogniamo, tutto ciò da cui ci siamo voluti allontanare per nostra volontà si manifesta in un incubo. L’incubo quindi non necessariamente deve essere una forma negativa pro-prio perché potremmo utilizzarla come una specie di ana-lisi interiore. Tutto ciò che richiama il suo spazio e la sua attenzione nel subconscio si trasforma in sogno o incubo che può essere risolto riportando alla luce ciò che siamo ma che non vogliamo essere.L’aspetto intrigante della scienza della psicoanalisi e dell’interpretazione dei sogni è proprio poter riuscire ad identificare e conoscere le paure, le esperienze e le emo-zioni delle persone. Non fidatevi dell’interpretazione dei sogni come se fossero delle rivelazioni di numeri al Supe-renalotto, sono semplicemente truffe poiché come avrete capito i sogni avvengono solo dentro la nostra testa, e non da illuminazioni profetiche esterne.nascondendoli sotto il tappeto con la scusa di possibili risentimenti da parte di chi ne è vittima. Continuando per questa via, sarà sempre più difficile vedere qualcuno pensare differentemente dallo status quo.

ATTUALITÀ E CULTURA PENSIERI E PAROLE

“Il sogno è incoerente, riunisce senza esitazione le più grosse contraddizioni, ammette cose impossibili, trascura le nostre cognizioni, così importanti durante il giorno, ci fa apparire eticamente e moralmente ottusi.”

S. Freud

BAROCCA LUCE

Svestito dell’abito mortalePercorri il sentiero della selva serale

In una notte buiaSenza stelle e senza vita

Con l’unica, pallida, luce del globoArgenteo

Tale luce irradia tutto il mondoMa tu, che sei sotto le arboree coperte

Ti senti protettoDa tanta magnificenza

Ma non creder che su di teNon cada prezioso gesto Della signora notturna

Le foglie, figlie della terra,Ti ricopron non tutto dal suo bianco seme

Ma sulla tua pelle Come in una cattedrale barocca

Si disegnano ghirigoriDi luce e di morte.

MANFREDI MARINO V E

BAROCCA LUCE

Forse, magariè essendo soli,

che i nostri sognideflagrano,

come tramonti di cuore.

Forse,è come la noia,

le nostre riflessioni,la nostra calma,

allorquandochiuderemo gli occhi.

In solitudine.

Forse,è perche siamo delle carogne,

che celebriamo,le nostre cadenze

d’Amore e paranoia. Grigia.

Forse,è per paranoia,

o per individualità,che usiamo vestirci

di mare.

Forse,è per il tempodi biasimarmi,

che già l’ ho perso,il cinguettio degli uccelli,

ed il vento frondoso.

Forse,se sono solo

al Crepuscolo,è perchè

sto morendo.Dentro.

Forse,ho poco tempo,

o sono passivamente interrotto.Forse il tutto,

mi sta cadendo dal cielo.Per seppellirmi.

MILAZZO EMANUELE I C

Cupo. Nero velluto soffoca ogni cosa. Solo una massa nel racchiuso spazio infinito. Una catena di stretti nodi tumultuosi, formicolanti: sembra che si allentino, si stringono. Catrame cola. Eppure la sua resinosa densità lo lega, nodo per nodo. Al centro un nucleo vitale: luce! È la felicità, forza propulsiva che esplode verso l’esterno, si fa spazio fra la fitta maglia; luce nel mio sentiero. Passa l’istante, si affievolisce, si spegne. Ciò che resta è dolore, logorante, che ti invade pesante come gocce di catrame; che non ti permette di respirare, soffocandoti con i suoi nodi ogni secondo che vivi.

Page 6: GIORNALINO D'ISTITUTO GIUGNO 2012

PENSIERI E PAROLE10

PENSIERI E PAROLE11

Quella notte era talmente buia, che mai prima d’allo-ra ne vidi una così tenebrosa e inquietante. O forse, più semplicemente, non prestai mai molta

attenzione al cielo notturno. Sempre immerso nelle letture più disparate com’ero, intento a cercar di soggiogare l’ine-sorabilità del tempo, l’unica luce che illuminava i miei da fare era quella dell’abatjour sul tavolino accanto la poltrona. Eppure la poltrona era adiacente alla finestra, sempre spalan-cata nelle tiepide serate di giugno, incorniciata da una sottile tenda di seta blu danzante, come festosa, accarezzata dagli sporadici soffi di vento e dalla brezza estiva. Ma questa volta alzai gli occhi oltre le persiane aperte in cerca della luna. Chissà dov’era finita. Scrutavo più volte , distrattamente, ogni singolo angolo di cielo che la ristret-ta visuale della finestra mi dava la possibilità di osservare. Sovrappensiero, sembrava stessi aspettando che il satellite uscisse fuori dal nascondiglio che si era trovato tra gli alberi per prendere in giro le mie scarse abilità d’osservatore. Invece no, proprio non c’era. E le stelle, solitamente così numerose e vanitose, non tro-vavano neanch’esse spazio in quel buio immenso che era la volta celeste quella notte. Sembrava fossero state inghiottite dall’oscurità. Forse un buco nero gigantesco, a milioni di anni luce di distanza , le aveva inglobate tutte annullandone la proverbiale luminescenza. O forse, povere, stanche di bril-lare si sono spente qualche minuto per riposarsi. Non dev’essere facile essere una stella d’altronde. Così gran-de, calda e luminosa, ma spodestata quotidianamente dalla luce riflessa di quel grande ammasso roccioso che è luna. Questa, come una prima donna, grande ereditiera ma di scarso talento e doti, entra in scena orgogliosa del suo alone misterioso e poetico, che tante penne ha guidato nel corso della storia. Tante penne affascinate dalla sua signorilità, e dalla sua evanescenza, dal suo candore e dalla sua misticità. E le stelle, così lontane, non sono altro che minuscoli bu-chi nella tela del cielo, nel palcoscenico della Prima Donna. Ospiti indesiderati.Continuavo a osservare la notte, ma senza ambizioni.-Forse le stelle l’hanno ammutinata- dissi tra me e me, sorri-dendo flebilmente. Così capaci, ma così orgogliose, sopraf-fatte dal tenore della luna, l’avevano rapita, condannandoci a notti avulse di poesia, costellate da un monotono morbillo di luce.

- Speriamo non chiedano il riscatto, devo ancora finire di pagare il mutuo della casa – pensai.Sovrappensiero, mi alzai ostentando fatica, data la mia, ose-rei dire, veneranda età, e, adagiato con cura il classico Sve-viano sul tavolino, mi diressi verso la cucina. Il mio era un appartamento piccolo. Il palazzo si trovava in periferia, e affacciava su di un boschetto sempre verde. Anche l’arredamento era scialbo. Avevo portato con me, dopo la morte della mia sposa, soltanto lo stretto indispen-sabile per ritirarmi in solitudine, nell’attesa che il destino staccasse anche il mio fiore dal prato della vita: una poltrona, due sedie, un letto singolo, una grande libreria, un tappeto persiano (di inestimabile valore affettivo, appartenuto a suo tempo a mia mamma, morta nel regalarmi la vita). Più pochi altri oggetti che mi resi conto non essere così importanti, come un grosso tavolo in legno massiccio, forse mogano, appartenuto a mio padre; un comodino secentesco, ma di dubbio valore; e soprattutto uno specchio. Un grande spec-chio, nella cui cornice in legno, era intagliata una fantasia floreale, come a voler trasmettere buon umore a chi, veden-do il riflesso di un uomo appassito, deturpato dalle rughe, buon umore non ha più.Avrei voluto portare un figlio con me, ma nel rispetto della vita, non ne misi mai al mondo. Avrebbe sofferto la fame, per una semplice libido di egoismo di un uomo inutile, quale sono e quale sono sempre stato. La cucina, angusta ma paradossalmente accogliente, era sede dell’unico mio acquisto: un frigorifero, nuovo modello, plu-riaccessoriato. Come se per tenere freschi i cibi ci volessero più accessori…Arrivai lì, davanti il frigo, trascinando i piedi, costretti sotto il peso di una schiena sempre più magra ma sempre più gre-ve. Lo aprii. Non sapevo neanche io cosa stessi cercando, ma rimasi piacevolmente soddisfatto da ciò che vi trovai e che, inconsciamente, mi aspettavo di trovare. Uno scolapasta rosso gremiva di insalata, ormai ammuffita ai bordi marroni, che sapevo da giorni non avrebbero toccato le mie labbra secche e sottili. Lì accanto, accatastate come vecchie cianfrusaglie nella bottega di un fabbro in pensione, altre verdure: carote, zucchine, pomodori... Soltanto il mar-rone della muffa rovinava lo spettacolo cromatico che offriva quel melange vegetariano.Chissà da quanti giorni non mangiavo. Ma fame non ne

avevo di certo.Ed eccola: nascosta, vibrante di paura, tra gli ortaggi c’era lei. Ansimava, e mi guardava terrorizzata, come se si aspet-tasse l’ennesima violenza: con ansia ma rassegnazione. Tre-mava in modo talmente violento e spropositato che gli stessi prodotti vegetali che gli facevano da inerme scudo, più iner-me di lei, pulsavano come fossero vivi ma morenti, in preda a folli convulsioni. Le si leggeva il panico negli occhi, e delle inconsce lacrime le rigavano il viso come intente a scappare da quei bulbi gonfi, pronti ad esplodere. Tesi una mano, in modo paterno e amico, ma si mise a urla-re, come nell timore di essere violentata ancora. O almeno, forse l’intento era quello di urlare, ma muta, l’unico frutto dell’estremo sforzo, fu quello di spalancare la bocca inutil-mente. Dopo qualche secondo, e dopo aver ritirato la mia mano, si accorse di non riuscire ad emettere alcun suono. Non aveva il diritto di urlare lei, ma soltanto l’onere di ascol-tare.Che peccato; così bella ma così sfortunata.Ci guardammo ancora per qualche secondo. Tentavo di rassicurarla, sorridendole. Lei ansimava, come una giovane donna nell’atto supremo d’amore di dare alla luce un figlio. Ma non c’era alcun amore; solo paura, panico vero e proprio.“Cos’è successo, piccola?” le domandai.Sentendo la mia voce calda e umana, provenire dalla bocca di me, mostruoso e inquietante, sembrò lì lì per acquietarsi. Lentamente smise di tremare, e prima di lei le carote, che non erano state ferme un secondo.Le lacrime cominciarono a scendere più lentamente, per inerzia. Forse si sentii protetta, forse mi riconobbe come “buono” dalla voce, innocuo. In fondo chi più di lei aveva conosciuti tanti uomini?Esitava, ma le labbra sussultarono ripetutamente, combat-tendo la paura che pian piano cedeva il posto ad un’innatu-rale fiducia, nel tentativo di rispondermi. Voleva risponder-mi, e l’avrebbe fatto. Paziente aspettai, qualche minuto o forse qualche ora, questo non lo so.“Perché lo fate?” esordì “ Perché vi uccidete, vi martoriate, deturpate le vostre vite, incendiate le case del vostro vicino? Perché rubate le donne, come fossero oggetti, e assassinate i vostri simili, colpevoli di reati nati dalla vostra stessa fantasia? Perché provate un macabro piacere a spogliare della dignità chi possiede soltanto quella, nel vanto di essere migliori del prossimo? Perché lo fate? Da millenni vi osservo, e osservo anche chi come voi, respira e si nutre. Non ho mai visto cani vendicare un morso uccidendo a sangue freddo famiglie di altri cani, o rapendo i loro cuccioli. Non ho mai visto leoni uccidere per divertimento, né ho mai visto pesci sollevarsi su

invisibili piedistalli comandando e alienando chi, come loro, condivide la stessa acqua.” Colpito dal dovuto stupore, mi lasciai trascinare sempre più dalla voce così innocente e fru-strata della mia interlocutrice. Andava a ruota libera, si stava sfogando e difficilmente riuscivo a starle dietro. Ma capivo. Capivo benissimo quello che stava cercando di comunicar-mi. Non era stata violentata, né torturata. Era soltanto stata spettatrice involontaria della bestialità dell’uomo. Ma lei era la Luna, e non poteva scappare.“Perché?! E’ la domanda che vi ponete più spesso questa: -perché?- . Neanche voi sapete darvi una risposta, e vi arro-vellate costantemente per trovarla, nella consapevolezza che non esista, davvero, un perché. Sono stanca, non riesco più a guardarvi, ostentando forzati sorrisi, regalandovi la luce. Vivete nell’oscurità, voi e le vostre anime, non avete più bi-sogno del mio candore.”La guardai sconfortato negli occhi, ormai nuovamente gonfi di lacrime. Il suo sguardo mi penetrava con veemenza, come il proiettile d’un soldato penetra il corpicino di un bambino vestito soltanto della sua nudità. E attraverso le sue stesse lacrime vedevo il sangue, più di quanto la televisione me ne abbia mai fatto vedere. Vedevo stupri, infanticidi, vedevo denaro, denaro e denaro. L’angoscia mi assaliva. Baudelaire e Poe niente erano a confronto. Questa era la realtà, e la sua sofferenza continuava a ricordarmelo, con spietata crudezza e insensibile sensibilità. “Luna. Non tornare lassù. Non sei mai stata la bella ere-ditiera, lo riconosco adesso, non hai deciso tu di sederti in prima fila, non hai deciso tu che film vedere né che cosa essere. Forse adesso ho capito chi sei veramente e quanto son fortunate le stelle, così lontane, così ignare. La tua bellezza è stata straziata dalla nostra ira, dai nostri impulsi, dalle no-stre bramosie. La tua poesia è fuggita via col tempo, e con essa i pochi sognatori che ancora scrivevano di te e per te, che ti accudivano e ti cullavano tra le loro immense braccia. Sei sola, costretta tra le sbarre della gabbia dell’infinito, e il sangue macchia costantemente la tua candida pelle, il tuo frastagliato suolo.”Mi guardava fisso negli occhi, stupita di tanta umanità, che raramente ancor le capitava di notare. Le avevo ridato la vita, inconsapevolmente. Sbalordita, si scosse ripetutamen-te, come a riprendere coscienza e mi sorrise. “Vieni via con me.”Si voltò ancora sorridente di malinconia, guardando attra-verso la porta, quella che conduceva al mio studio. Seguii il suo sguardo e arrestai improvvisamente il mio, sconvolto, su di me. Ero seduto sulla poltrona, con il classico Sveviano tra le mani. La testa leggermente inclinata, abbandonata sul

RICCARDO CALDARERA V D

IL VECCHIO E LA LUNA

Page 7: GIORNALINO D'ISTITUTO GIUGNO 2012

LE STELLE E IL LORO CICLO VITALE

ERUZIONI SOLARI

SCIENZA E TECNOLOGIA13

SAMUELE NERI I S

Il sole è la stella, costituita soprattutto da idrogeno ed elio, da cui riceviamo luce e calore. Prima nel mese di genna-io, poi a marzo, il sole ha emesso grandi quantità di energia, provocando disagi alle comunicazioni via satellite, dato che un flusso di protoni si stava avvicinando alla terra a una velocità di 7 milioni di chilometri all’ora. Per fortuna l’eruzione si è calmata in poche ore. L’origine di queste tempeste solari è un brillamento, ossia delle violente emissioni di energia alle quali si associa un intenso flusso di particelle atomiche. Spesso queste esplosioni avvengono vicine a macchie solari (aree meno calde, che appaiono perciò di colore più scuro) dove il campo magnetico si contorce fino a spezzare le proprie linee e ricomporsi nuovamente. L’energia emessa dai brillamenti fuoriesce sottoforma di raggi X e raggi gamma. Le esplosioni si classificano in 5 classi ( A, B, C, M, X), a seconda dell’intensità, dove ogni classe è 10 volte più potente della precedente. Qualche settimana fa, si sono riuniti i rappresentanti di oltre 25 tra i paesi tecnologicamente più avanzati per l’International Living with a Star (ILWS), in Germania, per discutere l’importanza di sviluppare metodi migliori per le previsioni meteorologiche spaziali. Come si è già detto sopra le esplosioni solari provocano disagi agli apparecchi tecnologici, quindi un’esplosione più grande di quella del mese di Marzo potrebbe disturbare a lungo la tecnologia terrestre. Ad esempio, nel 1989, una tempesta solare particolarmente intensa annullò i segnali di un’intera provincia canadese. Ma in questo periodo il rischio di eruzioni solari è in aumento, di conseguenza crescono anche le conseguenze per la Terra. In questo momento, il Sole è in una fase di attività crescente, e raggiungerà il massimo nel 2013, quindi secondo gli esperti l’allarme non cesserà fino alla fine del 2013.

La vita milionaria delle stelle è forse uno dei fenomeni più magnifici che esistano nell’universo; potremmo quasi paragonarla alla vita umana, poiché, come questa, è instabile. Essa ha inizio nelle nebulose molecolari, cioè un luogo in cui si sono ammassati materiali in grado di dare alla luce una stella partendo dalla formazioni di idrogeno molecolare. Dopo un certo

periodo di tempo, i materiali presenti nella nebulosa collassano sotto l’influenza della loro stessa forza di gravità, dando origine a una protostella che, in seguito (anche dopo milioni di anni), darà origine a una stella. Il tempo che una nebulosa impiega a formarsi varia in rapporto alla grandezza del corpo :• Lestellemassiccerimangononelperiododicollassopercircauncentinaiodimigliaiadianni;• Lestelledidimensionimedieesconodalcollassodopodiecioquindicimilionidianni;• Lestelletroppopiccoleperinnestarelereazionidifusionenuclearedarannoallaluceunananabruna;Una volta superato il periodo di collasso arriviamo all’innesto, fase in cui iniziano i processi di fusione nucleare, generalmente fusioni formate da catene del tipo protone-protone; nelle stelle massicce, invece, le fusioni sono del genere di ciclo CNO (carbon, nytrogen, oxygen), così la tendenza dell’astro ad espandersi dovuta alle forze create dalle razioni nucleari viene contrastata dalla tendenza a concentrarsi dovuta alla forza gravitazionale. Entrata in questo processo di stabilità finalmente la stella è nata. Essa per il 90% della sua vita rimarrà in questa fase di stabilità (sequenza principale) in cui gli atomi di idrogeno si fondono continuamen-te e danno origine ad atomi di elio. La sua durata dipende dalle dimensioni della stella e dal tempo in cui si esaurisce l’idrogeno utilizzato per la fusione nucleare. Stelle come le supergiganti o le giganti rosse esauriscono il loro carburante in molto meno tem-po rispetto alle stelle più piccole che rimangono così per miliardi e miliardi di anni. Inoltre, sono determinanti per la durata della sequenza principale anche l’intensità del campo magnetico e la quantità di materia espulsa dal vento solare. Arriviamo ora a una parte molto importante dell’evoluzione stellare, poiché deciderà la sorte della stella che, avendo esaurito l’idrogeno necessario per alimentare la fusione nucleare , a seconda della sua grandezza, si trasformerà in stelle di diverse caratteristiche:- Se la stella ha dimensioni minori rispetto a quelle del Sole, darà origine a una nana bianca, astro molto denso che dopo diversi miliardi di anni si trasformerà in una nana nera;- Se la stella ha dimensioni medie, simili a quelle del Sole, per prima cosa si avrà una grossa contrazione seguita dall’aumento di temperatura del nucleo che farà espandere gli strati esterni della stella. A questo punto saranno necessari delle reazioni nucleari che produrranno molto più calore ed energia (ciclo CNO) e che daranno origine ad una gigante rossa e, successivamente, ad una nebulosa planetaria;- Se la stella, invece, ha delle dimensioni che superano di 60 volte quelle del Sole, innanzitutto, attraverso le reazioni nucleari cre-erà al suo interno quasi tutti gli elementi esistenti nell’universo fino a quelli sempre più pesanti, e in seguito, dopo aver subito un’ implosione ed una forte esplosione chiamata supernova, disperderà i suoi strati esterni in cui erano presenti molti degli elementi che si sono formati dalle reazioni nucleari, originando un buco nero o, in altri casi, una stella di neutroni.

ANTONIO SCHIFANI I A

PENSIERI E PAROLE12

comodo schienale, era rivolta verso la finestra. Ero pallido, e il petto immobile mi lasciava intuire che ero lì, ma al con-tempo, non lo ero più. L’abatjour era spenta, e impolverata, come il tavolino su cui poggiava. Mi avvicinai, varcando la soglia della porta, e mi fermai, ancora con la bocca aperta, inorridita, davanti al mio corpo esanime. Notai con estrema difficoltà, visto il paralizzante stupore del momento, dei fogli, adagiati in mezzo al libro che ancora, il mio me senza vita, teneva tra le mani fredde. Avvolto da una sensazione di annichilimento e smarrimento totale, presi, tremando, i fogli tra le mani e lessi. Intanto, una fioca luce entrava orgogliosa e invadente dalla

finestra, e illuminava con indiscrezione quei fogli, ricamati da una scrittura così dolcemente rude e delicata, che ricono-scevo essere la mia, ma d’altri tempi. Il testo cominciava così: “Quella notte era talmente buia, che mai prima d’allora ne vidi una così tenebrosa e inquietante. O forse, più semplicemente, non prestai mai molta atten-zione al cielo notturno. Sempre immerso nelle letture più disparate com’ero, intento a cercar di soggiogare l’inesorabi-lità del tempo, l’unica luce che illuminava i miei da fare era quella dell’abatjour sul tavolino accanto la poltrona.”

ANTONINO FARAONE III E

L’UOMO DEL TREMILA

Che tipo strano è l’uomo del tremila...È estremamente solitario, ma a che gli serve stare con gli amici, quando ha il suo mondo dentro casa?Non ama l’arte l’uomo del tremila. Per lui il più grande dei capolavori è il più alto dei grattaceli, il più evoluto

dei robot, il più divertente videogioco…Non sa scrivere l’uomo del tremila; non sa neppure cosa sia una penna. Ma che memorie deve tramandare? Che cultura dimostrare? A che fantasia deve dare libero sfogo? Non ha fantasia l’uomo del tremila; egli può fare di tutto, perché immaginare un mondo migliore? Non legge l’uomo del tremila. Non gli è consentito. A che serve conoscere Cicerone, Cesare e Platone? A cosa serve sapere che pensava Socrate? Citare Dante può far vincere una guerra? E poi no, i libri sono scomodi, danno troppi spunti di riflessione.Non sa amare l’uomo del tremila, ogni suo sentimento è represso; non c’è più tanta differenza tra Robot e umani nel tremila. Se i primi diventano sempre più intelligenti, i secondi sempre più simili alle macchine; piegare l’uomo al pro-prio volere non è poi tanto diverso da dare un comando ad un computer.L’uomo del tremila è immerso nel suo lavoro; e quando non lavora, ci pensano i computer a tenerlo impegnato. È vitale che l’uomo del tremila non si fermi mai a pensare; Pensare fa male…Non pensa l’uomo del tremila. Ma non ne ha bisogno, c’è chi lo fa al posto suo, si interessa di tutti e accontenta tutti a patto che tutti lo rispettino.Ma l’uomo del tremila accetta questa situazione. la sua giornata è troppo impegnativa per protestare.

Che tipo strano è l’uomo del tremila...

Pensaci, quanto è diverso dall’uomo del duemila?

Page 8: GIORNALINO D'ISTITUTO GIUGNO 2012

C NTEMPORANEAMENTE14

LO SAI CHE15

Il cioccolato è uno degli alimenti preferiti dall’uomo. Fin dai tempi antichi ci ha conquistato con il suo sapore dolce: per i Maya era il cibo degli dèi; gli europei, dopo averlo im-

portato negli anni successivi alla scoperta dell’America, l’han-no piantato nelle colonie africane. Ai nostri giorni, ogni anno vengono spesi circa 68 miliardi di euro per acquistare questa delizia, in particolare duranti il periodo di San Valentino. La domanda del cioccolato cresce annualmente, ma un evento sta sconvolgendo la popolazione di produttori e consumatori: la pianta del cacao, il Theobroma cacao, è in via d’estinzione. Le cause sono numerose e sono anche dovute alle condizioni difficili di coltura della pianta. L’albero del cacao è un sempre-verde alto dai cinque ai dieci metri e ne esistono dieci varietà che appartengono alla stessa specie. Il suo frutto, detto cabossa, ha la forma di una palla da rugby e contiene al suo interno i preziosi semi di cacao e una gelatina zuccherina: con i primi si fa il cacao, con la seconda il burro di cacao, l’ingrediente alla base del cioccolato bianco. La pianta richiede cinque anni per dare i primi frutti ed è capricciosa: il Theobroma cacao,infatti, cresce solo nelle fasce tropicali, perché ha bisogno di tempera-ture calde e di una continua irrigazione. I produttori del ca-cao sono, quindi, una parte molto ristretta della popolazione mondiale. Inoltre la pianta è estremamente suscettibile poiché moltissimi funghi e parassiti la attaccano da millenni e conti-nuano a farlo in maniera sempre crescente. In Brasile un fungo, detto “scopa delle streghe”, ha ridotto la produzione dell’80% dal 1988, spingendo molte famiglie di agricoltori ad emigrare nelle aree urbane. Un’altra malattia diffusa nell’ America La-tina è la “frosty pod rot”, che tradotto significa “marciume delle cabosse che lascia segni simili a quelli dovuti alle gelate” (alcuni nomi sono quasi intraducibili). In Africa occidentale è

presente il virus dello “swolen shot” (“gonfiore dei germogli”). Nell’Asia orientale una falena, la “cocoa pod borer”, perfora il guscio della cabossa, distruggendone i semi. Il problema è che questi parassiti potrebbero migrare e riuscire ad attaccare anche le piantagioni di cacao limitrofe. Ma non finisce qui, ci sono altri problemi che non dipendono dall’azione della natu-ra. La Costa d’Avorio e il Ghana producono il 70% del cacao mondiale e queste zone sono poverissime: la resa agricola è un terzo del totale e i contadini non possono permettersi insettici-di, fertilizzanti e altri sistemi di innovazione agricola. Perciò in questi luoghi il cacao è coltivato secondo i capricci della natura: basta un periodo di siccità o un aumento delle piogge (spesso provocato dall’inquinamento globale) ed il raccolto è rovinato, con un danno economico notevole per i produttori. Inoltre, il cacao in quei paesi assume la funzione di moneta: ad esem-pio, se un contadino non ha i soldi per ripagare i debiti, vende cinque o sei cabosse e ottiene la somma necessaria. La perdita dei frutti è, quindi, deleteria. Per risolvere questo problema le soluzioni, purtroppo, sono poche. Molti scienziati sudameri-cani e statunitensi che stanno analizzando l’albero del cacao dal punto di vista genetico hanno scoperto che, poiché le dieci varietà appartengono alla stessa specie, è molto probabile che queste risultino vulnerabili agli stessi parassiti, agli stessi funghi e agli stessi insetti. Per questo si cercano degli esemplari che siano particolarmente resistenti. Questi esemplari sono tuttavia molto rari e finora ne sono stati trovati due: il “vascular-streack dieback” nel sudest Asiatico ed una specie resistente alla “fro-sty pod rot” in Costarica. Quest’ultimo, però, produce cacao di bassa qualità; nonostante questo gli agricoltori dell’America Latina l’hanno utilizzato per creare degli innesti con lo scopo rafforzare le proprie piante. La strada per il raggiungimento di un’agricoltura sostenibile è ancora lunga, ma la collaborazione tra biologi e produttori garantirà lunga vita al “cibo degli dei” e… grande felicità al nostro palato.

CHE MONDO SARÀ SENZA NUTELLA?DAVIDE ANGELINI I C

Un po’ di satira con le divertenti vignette di Daniele Piscitello, di V B

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ALICE CALANDRA II H

RECENSIONI16

«Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo ad un altro tavolo da gioco. […] certo era stufa di perdere. Come le ho detto, aggiunse, cambiare le carte è impossibile, non resta che cambiare il tavolo da gioco»

TRE VOLTE ALL’ALBA

«Poi disse che bisogna stare attenti quando si è giovani perché la luce in cui si abita da giovani sarà la luce in cui si vivrà per sempre, e questo per una ragione che lui non aveva mai capito»

In Mr Gwin, romanzo di Baricco uscito lo scorso anno, si accenna a un libro scritto da un angloindiano e inti-tolato Tre volte all’alba; in questi mesi lo scrittore ci ha

regalato proprio la realizzazione di quel libro, «un po’ per dare un lieve e lontano seguito a Mr Gwin e un po’ per il piacere di inseguire una certa idea che avevo in testa».In 94 pagine Alessandro Baricco riesce a condurci in una realtà inverosimile nella quale il tempo ha il potere di in-trecciare, non si sa se per casualità o destino, varie vite, vari pensieri, varie sofferenze e varie seconde opportunità. Il libro consiste in tre capitoli per tre racconti, con una peculiarità: l’ordine in cui si leggono, qualunque sia, non cambia il senso ed il messaggio del libro. Questi seguono il filo della vita di un uomo rimasto orfano da bambi-

no e caduto, da adulto, in un illegale giro di soldi che l’ha portato alla prigione; incontra tre donne: dopo la

morte dei suoi genitori, una poliziotta prossima alla pen-sione che subito prova per lui tanta pena e tanta tenerezza; da adulto, una donna sua coetanea che si scoprirà legata anche lei alle forze di polizia; da anziano, ormai uscito di prigione, una ragazza giovane in cattiva compagnia. Le costanti sono cinque: un uomo, una donna, un albergo, il bisogno di trovare una casa, e un’alba che accompagna il loro conoscersi. La fantasia di questo scrittore e la sua ca-pacità di tessere trame così originali e profonde lascia sem-pre un po’ stupiti, e fa si che la riflessione sulla storia resti una necessità anche dopo avere concluso l’ultima riga.La scrittura è semplice ma di effetto: dialoghi brevi, vir-gole ponderate, scene descritte più attraverso i pensieri di chi le compone che tramite parole; tutto nel migliore sti-le di Baricco. Quest’ultimo riesce a rendere i personaggi umani e reali, abbastanza deboli da permetterci l’immede-simazione e la vicinanza ad entrambi, tanto deboli quanto particolari ed intelligenti.Tre volte all’alba è un bellissimo libro, e candidamente porta la certezza che il tempo, l’età, gli errori, le storie possono cambiare, ma l’amore è sempre la sesta costante.

IL SORRISO DELL’ IGNOTO MARINAIO

RECENSIONI17

ANTONINO FARAONE III E

Ne “Il sorriso dell’ignoto marinaio” di Vincenzo Consolo si seguono le vicende della tormentata Cefalù, città natale del barone Enrico Pirajno Di

Mandralisca, alle prese con i moti rivoluzionari del 1860. Il romanzo si apre con l’immagine del barone in viaggio su una nave da Lipari verso Cefalù con, al sicuro tra le sue braccia, un ritratto di ignoto di Antonello da Messina. Il dipinto l’aveva strappato dalle grinfie della figlia di uno speziale di Lipari che, infastidita dallo sguardo provoca-torio e dal sorriso irritante dell’uomo, lo aveva sfregiato incidendo due tagli proprio all’altezza di quel sorriso che sembra prendersi gioco dell’osservatore.Consolo non segue unicamente le vicende del Mandra-lisca, ma allarga i confini della narrazione “catturando” momenti di vita paesana: descrive i festeggiamenti di Ce-falù, il pellegrinaggio di un lavoratore di Pomice malato di silicosi verso il santuario della Madonna Nera di Tindaro, trova spazio anche per riportare frammenti di documenti ufficiali dell’epoca nonché della “enciclopedia dei gastero-podi di Sicilia” scritta dallo stesso Barone.Avviene un giorno ad Alcàra li Fusi un evento insolito, che porterà con se grande agitazione: Una domenica la messa viene interrotta dall’improvviso ingresso di un ere-mita che preannuncia morte e distruzione per tutto il paese; si tratta dell’ingresso dei Garibaldini in Sicilia e i seguenti moti rivoluzionari, accolti con veemenza dal po-polo contadino. Enrico Pirajno, recatosi ad Alcara presso il barone Cre-scenzio Manca per proseguire i suoi studi sulle lumache, rimane profondamente colpito dai moti del 17 Maggio 1960. Questo evento è per lui un enorme stimolo a ricer-care il suo vero ruolo nella società. Scriverà di suo pugno una lettera all’amico Interdonato, Procuratore della Corte di Messina, schierandosi in difesa dei contadini rivoluzio-nari della Sicilia.Il Barone è caratterizzato da una forte personalità, è tur-bato da profondi conflitti interiori e riesce a mettere in crisi l’idea che ognuno di noi ha di intellettuale.L’intellettuale di Consolo deve essere capace di “dar voce agli emarginati, ai perdenti, a coloro che brevemente hanno voluto opporsi con gesti estremi e che di conse-

guenza hanno dovuto affrontare un destino peggiore: la fucilazio-ne, la detenzione”. Non a caso Corrado Stajano sarà il primo a commentare l’ope-ra come «un nuovo “Gattopardo”, ma più sottile, più inten-so», seguito da Paolo Milano che parla del libro come un «Gat-topardo riscritto dai suoi avversari” ».L’opera, ricca di significati e suggestive immagini, è stato il primo grande capolavoro di Vincenzo Consolo, autore novecentesco originario di Sant’Agata di Militello, un pic-colo paese nei pressi di Messina.Il linguaggio di Consolo risulta piuttosto complesso per il lettore e molto più incline ad una forma di prosimetro, più che di prosa, rispecchiando la sua poetica secondo cui “Non si possono scrivere romanzi perché ingannano il let-tore”.Non bisogna però considerare Consolo un avanguardista, ma piuttosto un continuatore di quella linea che, parten-do da Verga e passando da Gadda, giunge fino al più mo-derno Mastronardi. La sua Lingua, ben diversa da quella che Leopardi chiamava “lingua geometrizzata”, è frutto della mescolanza di elementi dialettici e poetici. Seguendo questo complesso stile Consolo ha partorito meravigliosi endecasillabi come quello riguardo alla storia “Che vorticando dal profondo viene” , disegnando una contorta immagine della Sicilia e dei Siciliani che bene si identificano con il quadro dell’Antonello, da cui eredi-tano quell’aspetto di arrogante superiorità ed allo stesso tempo di profonda atopia; Siciliani sempre alla ricerca di un futuro che immaginano perfetto, quasi come la coclea delle lumache, che tanto appassionano il Barone e che inutilmente molti tentano di raffigurare.

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BU NE VACANZE!

E adesso, un po’ di svago! ecco qualche Sudoku e un Cruciverba adatto a noi studenti del liceo scientifico

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3 il più celebre dei giochi di logica: Il Sudoku. inserire nelle righe, nelle colonne e nei riquadri del-lo schema i numeri da 1 a 9 senza ripetizioni

Orizzontali1. Il matematico dellafoto12. Può esserlo il peso13. Lo sono alcuneparentesi16. Quattro e quattro17. Tipo di scavo pervalutare la natura di unterreno20. Negazione21. Può essere quadratama anche cubica26. I prodotti più noti31. Inizio di errore32. Quello di un punto èun intervallo aperto34. Chilometri quadrati35. Stati Uniti d’America36. Inizio di un database37. Cantante noto con unnumero39. Novara40. Collega il computeralla linea telefonica

42. Arrivano alla fine45. Società Anonima46. Divisione47. Doppia nella somma48. Ciocca di capelli nonliscia49. Fa coppia con allora50. Lo si dà un libroappena scritto52. Santissimo53. Lo sono i solidi il cuiasse non èperpendicolare alla base56. Strutture algebricheda matrimonio57. Dieci più di cento58. Moneta europea59. Ce ne sono due neiraggi60. C’è quello Medio

Verticali1. Una funzione che hal’incognita nell’esponente2. Libro di Banana

Yoshimoto3. Il fisico dellagravitazione4. Novantanove5. Olio inglese6. Dipartimento di Fisica7. Un tedesco8. Iniziali delmatematico degli insiemi9. Lettera greca10. Caratteristica dellematrici11. Disegno per idee14. Quantificatoreuniversale15. In mezzo alla radice18. Sorella19. Ottuso a metà21. Diminuire22. Studia le funzioni23. Consonanti nei dati24. Terreno bagnatodallo Ionio25. Cromo27. Vocali nel convesso

28. Vulcano siciliano29. Lo Shado di GuerreStellari30. Una nozione basilaredell’analisi31. Chiarisce la teoria33. Dittongo nelcoefficiente35. Udine38. Radiofrequenza41. Ellisse43. TomografiaComputerizzata44. Indice di borsa45. Sufficienza a scuola46. Data Source Name49. Né tuo né mio51.Millecinquantacinque54. In mezzo al chiuso55. Quozienterespiratorio56. Argento

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Docente Referente:Prof.ssa Elena Santomarco

Hanno Collaborato:Riccardo Caldarera V DAlessandro Di Salvo III ODaniele Piscitello VBDavide Marletta I AAlfredo Chiodi III EManfredi La Guardia II PManfredi Mariano V EEmanuele Milazzo I CSamuele Neri I SAntonio Schifani I AAlice Calandra II H

Fausto Carano VA