GiornaLED - Dicembre 2012

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di Daniele Tarolla E rano attese da 4 anni e alla fine le elezioni universita- rie sono arrivate: dopo vari rinvii per la riforma dello Statuto gli studenti possono scegliere i loro rappresentanti. A differenza della scorsa tornata stavolta la disfida a sin- golar tenzone è stata meno politicizzata e con meno concorrenti: le uniche due liste, Universitari Bergamaschi e Uni+, infatti si sono dichiarate indipendenti e apartitiche. Ovvio però che non tut- ti i candidati sono venuti dalla luna: ad esempio i giovani del Partito Democra- tico avevano invitato sul loro sito a vo- tare per Uni+, che ha presentato tra le sue file ben 6 candidati su 19 -quasi 1 su 3- iscritti all’organizzazione giovani- le del Pd. Stessa cosa si è verificata sul sito del Movimento Universitario Pada- no che ha appoggiato con propri espo- nenti gli UB, i quali avevano anche tre candidati tesserati al Pdl (di cui 2 eletti) e proponevano al Consiglio d’ammini- strazione una tesserata al Pd (in effetti la tipica logica destra vs sinistra non è la migliore per capire queste elezioni, e varie testate locali sono cadute nel tranello). La votazione poi è stata pre- ceduta da una campagna elettorale a nervi tesi: i ragazzi di Uni+ con tanto di foto hanno accusato gli avversari di fare propaganda sleale affliggendo manifesti abusivamente e monopolizzando la ba- checa della sede di Dalmine, mentre su Bergamosera un anonimo insinuava che Uni+ si pagasse i volantini coi soldi del Pd (roba da ergastolo). Infine è arrivata l’ora tanto attesa delle urne. Nei vari di- partimenti, eredi dei consigli di Facoltà dove ormai gli studenti hanno solo un ruolo consultivo sulla didattica, gli UB hanno vinto a Economia con 289 voti contro i 192 di Uni+, che è stata supera- ta anche a Ingegneria per 125-88. Nelle facoltà umanistiche di Città Alta invece Uni+ ha semplicemente dilagato: 205- 74 a Lingue, 107-24 a Lettere e 112-0 a Scienze Umane (dove gli avversari non candidavano nessuno). Termina invece sul filo del rasoio la sfida per Giurisprudenza: finisce 74-71 per Uni+ con qualche brontolio su Facebook dei rivali per 7 schede annullate. Il risultato più atteso però era per gli organi più importanti, dove erano chiamati al voto tutti gli aventi diritto: si tratta in pri- mis del Consiglio d’amministrazione e del Senato Accademico e poi del Nucleo di Valutazione e dei Comitati per il Di- ritto allo Studio e per lo Sport. Le vit- torie che contavano alla fine sono state appannaggio di Uni+, che ha trionfato col 55% (dai 748 ai 772 voti a seconda dell’organo da eleggere) lasciando gli UB al 45% (605-626 voti). Risultato fi- nale: tra seggi in cui non erano presenti abbastanza candidati e altre amenità Uni+ batte Universitari Bergamaschi 18 seggi a 10, ma alla fine a leggere le dichiarazioni sembra che abbiano vinto tutti, o quasi, anche se ha votato poco più del 10% degli aventi diritto. ELEZIONI UNIVERSITARIE: il dado è tratto ELEZIONI IN UNIBG SOVRAFFILLAMENTO AULA UNIBG E UNIMI RESIDENZA STUDENTESCA E SFRATTO SPAZIO AI GIOVANI MANIFESTAZIONE DEL 14 NOVEMBRE CONFLITTO: ISRAELE - PALESTINA BASSEZZE 26 OTTOBRE NOTIZIE DAL MONDO AMNESTY INTERNATIONAL ARCIGAY segue pag. (2) PIIIIIIIPPP PE- PIIIIIIIPPP PE- UNIVERSITÀ ATTUALITÀ RUBRICHE girnale2.indd 1 27/11/12 23.49

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Uscita di dicembre di GiornaLED

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Page 1: GiornaLED - Dicembre 2012

di Daniele Tarolla

Erano attese da 4 anni e alla fine le elezioni universita-rie sono arrivate: dopo vari rinvii per la riforma dello

Statuto gli studenti possono scegliere i loro rappresentanti. A differenza della scorsa tornata stavolta la disfida a sin-golar tenzone è stata meno politicizzata e con meno concorrenti: le uniche due liste, Universitari Bergamaschi e Uni+, infatti si sono dichiarate indipendenti e apartitiche. Ovvio però che non tut-ti i candidati sono venuti dalla luna: ad esempio i giovani del Partito Democra-tico avevano invitato sul loro sito a vo-tare per Uni+, che ha presentato tra le sue file ben 6 candidati su 19 -quasi 1 su 3- iscritti all’organizzazione giovani-le del Pd. Stessa cosa si è verificata sul sito del Movimento Universitario Pada-no che ha appoggiato con propri espo-nenti gli UB, i quali avevano anche tre candidati tesserati al Pdl (di cui 2 eletti) e proponevano al Consiglio d’ammini-strazione una tesserata al Pd (in effetti la tipica logica destra vs sinistra non è la migliore per capire queste elezioni, e varie testate locali sono cadute nel tranello). La votazione poi è stata pre-ceduta da una campagna elettorale a nervi tesi: i ragazzi di Uni+ con tanto di foto hanno accusato gli avversari di fare propaganda sleale affliggendo manifesti abusivamente e monopolizzando la ba-checa della sede di Dalmine, mentre su Bergamosera un anonimo insinuava che Uni+ si pagasse i volantini coi soldi del Pd (roba da ergastolo). Infine è arrivata l’ora tanto attesa delle urne. Nei vari di-partimenti, eredi dei consigli di Facoltà dove ormai gli studenti hanno solo un ruolo consultivo sulla didattica, gli UB hanno vinto a Economia con 289 voti

contro i 192 di Uni+, che è stata supera-ta anche a Ingegneria per 125-88. Nelle facoltà umanistiche di Città Alta invece Uni+ ha semplicemente dilagato: 205-74 a Lingue, 107-24 a Lettere e 112-0 a Scienze Umane (dove gli avversari non candidavano nessuno). Termina invece sul filo del rasoio la sfida per Giurisprudenza: finisce 74-71 per Uni+ con qualche brontolio su Facebook dei rivali per 7 schede annullate. Il risultato più atteso però era per gli organi più importanti, dove erano chiamati al voto tutti gli aventi diritto: si tratta in pri-mis del Consiglio d’amministrazione e del Senato Accademico e poi del Nucleo di Valutazione e dei Comitati per il Di-ritto allo Studio e per lo Sport. Le vit-torie che contavano alla fine sono state appannaggio di Uni+, che ha trionfato col 55% (dai 748 ai 772 voti a seconda dell’organo da eleggere) lasciando gli UB al 45% (605-626 voti). Risultato fi-nale: tra seggi in cui non erano presenti abbastanza candidati e altre amenità Uni+ batte Universitari Bergamaschi 18 seggi a 10, ma alla fine a leggere le dichiarazioni sembra che abbiano vinto tutti, o quasi, anche se ha votato poco più del 10% degli aventi diritto.

ELEZIONI UNIVERSITARIE:

il dado è trattoELEZIONI IN UNIBG

SOVRAFFILLAMENTO AULA

UNIBG E UNIMI

RESIDENZA STUDENTESCA

E SFRATTO

SPAZIO AI GIOVANI

MANIFESTAZIONE DEL 14

NOVEMBRE

CONFLITTO:

ISRAELE - PALESTINA

BASSEZZE

26 OTTOBRE

NOTIZIE DAL MONDO

AMNESTY INTERNATIONAL

ARCIGAYsegue pag. (2)

COPIA MENSILE

PRIMO NUMERO OTTOBRE 2012

da NoiMolti di voi si staranno chie-dendo cosa sia il giornale che tengono in mano. La domanda è più che legittima, ed essendo questa la nostra prima “uscita allo scoperto” ci sembra dove-rosa una breve presentazione.GiornaLED è un progetto di informazione attiva del colletti-vo LED (L'Effetto Domino): il nostro scopo è di sensibilizzare i lettori all'informazione, alla partecipazione politico-sociale, e alla conoscenza delle espres-sioni sociali, culturali, sportive e artistiche a livello territoriale, nazionale e internazionale.In un paese dove la differenza tra giornalismo e servilismo è spesso fin troppo labile, noi vogliamo distinguerci e fare informazione: ovvero svilup-pare una coscienza critica in grado di farci interpretare (o reinterpretare) in maniera autonoma gli avvenimenti che si sviluppano intorno a noi.Ispirandoci ai principi di liber-tà d’espressione e d’informazi-one, dichiarandoci fermamente contrari ad ogni sorta di discri-minazione e disuguaglianza (in conformità con tutti i principi di coesione e solidarietà sociale dello Statuto del collettivo LED), speriamo nel nostro piccolo di smuovere un po' le acque, di porci delle domande e di portare i nostri lettori a fare lo stesso.Non dobbiamo mai smettere di ricercare la verità, di informar-ci, per partecipare con quanta più consapevolezza possibile alla vita (politica e non) di un Paese sempre più in crisi.E il nostro altro non è che un piccolo ma fiducioso passo in questa direzione.

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SUDOKU FACILE

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UNIVERSITÀ

ATTUALITÀ

RUBRICHE

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2 GiornaLED

UNIVERSITÀ

In una botta di carità peraltro mol-ti media avevano parlato del 13% prima di essere corretti dai dati ufficiali che hanno rivelato anche

un’affluenza massima a Lettere e Eco-nomia (quasi 16%) e minima in Scien-ze umane (<4%). Certo il numero di votanti è superiore rispetto a 4 anni fa quando votò meno dell’8%, ma rimane il dato che circa 9 studenti su 10 hanno serenamente ignorato le elezioni. Ora però tocca governare ed è qui che si nota chi ha avuto le idee migliori. Nei loro programmi le liste puntano molto sul miglioramento degli orari dell’a-teneo e propongono una distribuzione più ragionevole degli esami e delle le-zioni che spesso si sovrappongono o sono troppo affollate. Un altro cavallo di battaglia bipartisan è lo sviluppo dei servizi per gli studenti: c’è chi cerca convenzioni per avere più corse degli autobus o pasti a basso costo e chi vuole più luoghi di aggregazione e di studio.

Gli UB inoltre vogliono coinvolgere gli studenti creando un filo diretto studenti-rappresentanti e dando loro la possibili-tà di valutare l’insegnamento e i servizi nell’ateneo. Uni+ invece punta forte sul concetto di equità e sui diritti pro-ponendo più borse di studio e una revi-sione della distribuzione delle tasse per fasce di reddito. Ma per quanto nobili possano essere gli intenti per compierli avranno bisogno di cifre e di numeri: le cifre sono semplicemente i soldi, e non sono pochi, che servono per realizzare le loro proposte; i numeri invece sono quelli che servono negli organi univer-sitari per far approvare lo stanziamento delle cifre. Ed è lì che le proposte cor-rono rischi: gli studenti infatti dovreb-bero in teoria rappresentare la stra-grande maggioranza della comunità universitaria, ma di fatto contano sem-pre meno: nel Senato Accademico ad esempio, dove si gestiscono la didattica e la ricerca gli studenti sono solo 3 su 19 membri; nel Cda, dove si dirigono le risorse economiche dell’ateneo sono 2 su 11. Dunque è facile presumere che appena gli studenti proporranno qual-

cosa di troppo audace potranno esse-re messi facilmente in minoranza. Gli anni scorsi su questo fronte sono stati d’esempio quando i rappresentanti non solo non difesero gli studenti dall’au-mento delle tasse d’iscrizione, ma ad-dirittura votarono a favore e lo stesso fecero col nuovo statuto che ha limitato i ruoli degli alunni nelle istituzioni uni-versitarie. Scarso potere e bassa parte-cipazione: sono i talloni d’Achille dei rappresentanti studenteschi, non solo bergamaschi, e sono strettamente lega-ti: perché più gli universitari perdono fiducia nella possibilità di cambiare la loro situazione tramite gli organi acca-demici e meno vorranno partecipare alla politica dell’ateneo; ma se parte-ciperanno sempre meno allora anche i rappresentanti avranno sempre minori spinte per far valere le loro posizioni, e allora il circolo vizioso continuerà, almeno per il prossimo anno e mezzo, fino alle prossime elezioni.

seguito pag. (1)

Elezioni universitarie: il dado è tratto

di Matteo Pesenti

In questo articolo abbiamo inter-vistato uno studente universitario che, riscontrata la concentrazione dei corsi solo nella seconda parte

dell’anno accademico, ha proposto una soluzione più consona alle esigenze di tutti i ragazzi frequentanti la facoltà di Lettere e Filosofia a Bergamo (lo stu-dente resterà nell’anonimato per espli-cita richiesta). Il problema toccato dagli studenti riguardava in prima persona i frequentanti e non, dal momento che entrambi erano impossibilitati a soste-nere gli esami nell’appello di genn aio. L'idea di questo studente, che prima di attivarsi e muoversi per risolvere il disagio ha cercato di coinvolgere un

ampio numero di colleghi universitari, è stata quella di preparare una serie di e-mail (12 per la precisione) da inviare agli organi competenti presso la facol-tà di CICI. Nella risposta da parte del preside Andrea Bottani, immediata e comprensiva dei problemi suscitati dal-la disorganizzazione, è stato concordato un incontro da svolgersi nel giorno im-mediatamente successivo. Nonostante il gran numero di studenti accorsi, il preside ha ricevuto tutti nel suo studio, tra cui l’uscente rappresentante d'istitu-to Federico Mondini. Dopo una chiara illustrazione del problema, gli studenti hanno proposto di spostare nel primo semestre alcuni dei corsi concentrati in-teramente nella seconda parte, in modo da permettere a tutti di sostenere gli esa-mi nella prima sessione di gennaio. Alla luce di questi fatti, il preside ha subito intuito il disagio e, una volta concluso il colloquio, ha preso provvedimenti al ri-guardo, mobilitando gli organi di com-petenza già a partire dal giorno stesso.

Nel giro di due giorni, la proposta ef-fettuata dagli studenti si è concretizzata nell’ufficializzazione del nuovo orario accademico, il quale prevede ora una più equa distribuzione dei corsi. Tutto ciò dimostra come una mobilitazione degli studenti legata ad un’attitudine collaborativa degli organi istituzionali competenti possa portare alla risoluzio-ne di problemi che coinvolgono gli stu-denti stessi collettivamente.

Soluzione a portata di mano.Ecco cosa succede quando gli stu-

denti si mobilitano.

di Daniele Tarolla

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GiornaLED 3

UNIVERSITÀ

Santi, santini e

la Corte dei Miracoli

di Mirko Maggioni

Giorni di tensione in universi-tà. Una Guerra Fredda senza precedenti, in cui banchetti e porte, temerariamente di-

fesi dagli uscieri, hanno preso il posto del famoso “Muro” come ultimo baluar-do a difesa della più alta espressione di democrazia qual è il voto sovrano. Una lotta all’ultimo sangue si è scatenata nei corridoi antistanti i seggi elettorali ed ha visto come protagonisti rappresen-tanti e candidati di entrambe le liste. Un eccesso di zelo che ha ampiamente compensato lo scarso interesse dimo-strato, anche quest’anno, dal popolo studentesco rispetto questo evento. Tutto parte nella campagna elettorale, una pioggia di volantini, in pieno stile futurista, tappezza città alta affermando che la lista Uni+ “si rifà” al movimento di Comunione e Liberazione mentre in città bassa serpeggiano voci di una loro affinità con lo stoico Partito Comunista di novecentesca memoria. Questi catto-comunisti! Andrea Zanchi, Universitari Bergamaschi, in merito a questo ha ri-badito la completa estraneità dei com-ponenti della lista, ritenendolo un gesto stupido e controproducente, un autogoal , in disaccordo con la linea predetermi-nata che incentrava la propria campa-gna sul mero contenuto del programma. Arriva il fatidico giorno e gli animi in Caniana (e non solo) si surriscaldano. Persone irrequiete aleggiano davanti al seggio. Zlatan Mrkva (Uni+) afferma: “ Dalla mattina, gli avversari hanno svolto, in modo capillare e sistematico, una vera e propria propaganda e non semplici chiacchiere con amici. Comizi improvvisati in cui esponenti della lista 1 esortavano a votare i propri candida-ti”. Marco Bonomelli, della lista Uni+, aggiunge: “Dalla mattina il loro gruppo faceva propaganda fuori dal seggio di via Caniana. Hanno ricevuto una se-

gnalazione per questo e il Presidente ha intimato loro di terminare tal com-portamento. Tuttavia non hanno cessa-to la loro azione, il che ci ha spinto a proseguire con le segnalazioni, fino a quando non abbiamo trovato un ragazzo che aveva ricevuto un santino il giorno stesso”, ribadendo inoltre che “ tutte le nostre segnalazioni sono state provate” . In risposta, per la lista Universitari Bergamaschi, Valentina Piazzoli af-ferma:“ Siamo stati ammoniti perché facevamo propaganda, cosa che anche gli altri facevano” mentre Matteo Villa aggiunge: “Non erano comizi, era un normale dialogo con amici e conoscen-ti che chiedevano informazioni sulle modalità di voto” . Diversi componenti della stessa lista hanno ribadito inoltre

tro tra destra e sinistra. Rimane solo la speranza che l’impegno, l’acume e la briosa ingegnosità posta in essere dai candidati durante questa campagna sia trasposta anche nella loro funzione di rappresentanti.

che tale situazione si è venuta a creare a causa dell’inefficiente organizzazio-ne del seggio, troppo piccolo per acco-gliere il flusso di studenti desiderosi di esprimere il proprio voto, molti di que-sti infatti, scoraggiati dalla lunga fila, avrebbero rinunciato a votare. E’ da sottolineare che gli stessi hanno ricono-sciuto l’effettivo passaggio del santino tra un membro della loro lista e un elet-tore, definendo il fatto come un errore ingenuo. Passa il tempo, vola qualche parola di troppo e la situazione preci-pita, gli addetti del seggio, infastiditi dalla massiccia presenza dei candidati, istituiscono un’area off-limits con tanto di trincee e filo spinato. In tutto questo

trambusto i verbali dei seggi si riempio-no di segnalazioni a carico delle due liste che si accusano reciprocamente di ledere il divieto di svolgere campagna elettorale nei giorni delle votazioni (in merito a questo l’Ufficio Elettorale si è così espresso nel Verbale n°2 del 16 No-vembre 2012 : “A seguito di verifiche non si sono riscontrate effettive gravi violazioni di cui all’art. 12, comma 8, del Regolamento per la partecipazione degli studenti agli organi ed alle atti-vità di Ateneo, e dunque le operazioni di voto risultano essersi svolte con re-golarità, fatti salvi gli errori materiali, e comunque sempre ininfluenti ai fini dell’esito delle votazioni.”). Terminano le elezioni, l’adrenalina scende, i gior-nali banalizzano il tutto in uno scon-

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4 GiornaLED

UNIVERSITÀ

ENJOY UNIBG

di Pietro Salimbeni

La novità all’Università di Ber-gamo quest’anno si chiama “Enjoy UniBg” la carta rea-lizzata dalla Banca Popolare

di Bergamo in collaborazione con l’ate-neo. Enjoy UniBg è una carta che fun-ziona come badge universitario al pari del vecchio tesserino (in possesso degli immatricolati ad anni precedenti all’a.a. 2012/2013) ed inoltre fornisce gli stessi servizi di una carta di credito. Grazie al doppio circuito di cui è forni-ta lo studente potrà la Enjoy sia come documento riconosciuto per accedere a tutti i servizi dell’Università sia come carta valida per compiere acquisti, pre-levare denaro,disporre e ricevere bo-nifici, pagare bollette, fare ricariche e acquistare in internet. Oltre a ciò molti costi (che in genere le banche applica-no ad alcuni servizi) qui sono azzerati. Ad esempio costi zero per i prelievi da sportelli ATM in Italia ed Europa e zero

costi per il canone mensile. Per posse-dere la carta lo studente stipula un vero è proprio contratto che lo lega alla ban-ca bergamasca (contratto di durata pari al periodo in cui lo studente risulterà iscritto all’ateneo) senza dover soppor-tare alcun costo se deciderà di utilizzare la sua Enjoy solo all’interno dell’uni-versità. LA ENJOY UNIBG NON E’ OBBLIGATORIA, quindi gli studenti del primo anno potranno scegliere se usufruire di questo servizio o meno.La domanda che sorge spontanea è: come mai la banca offra tutte queste agevolazioni? Probabilmente la rispo-sta è quella più semplice: gli studenti di oggi sono i lavoratori che un domani (se non lo hanno già fatto) avranno bisogno

di un conto. Meglio farglielo aprire subito e cattu-rare le loro simpatie per il futuro, no? Per maggiori info la carta è rilasciata a Dalmine (via Einstein, 2) per gli iscrit-ti alla facoltà di Ingegneria e a Berga-mo (ufficio webcam, via Moroni 255) per tutte le altre facoltà. Al momento non è disponibile per gli studenti che si sono immatricolati in anni precedenti al corrente anno accademico tuttavia l’in-tenzione è quella di riuscire a renderla disponibile a tutti gli studenti nel più breve tempo possibile. Al momento a noi vecchi immatricolati non resta altro che aspettare e capire quanto la Enjoy sia realmente soddisfacente e utile per lo studente.

Il mio ragno da compagnia che non vuole eseguire il triplo salto mortale dallo stipite della porta. Come ogni strega che si rispetti ho anch'io un famiglio, che vive agiatamente nei pres-si del mio antro, habitat quanto mai consono alla sua specie. Vi starete forse chiedendo dove io abiti, e la risposta è semplice: presso la Residenza Universitaria, meglio conosciuta come la

“Ragnidenza” (per ovvi mo-tivi). Decido di corrompere il mio ragnetto con del cibo caldo, e mi reco dunque nella sala mensa dove, an-ziché disporre non dico di un calderone, ma quanto-meno di un paio di fornelli, fanno capolino due meravi-gliosi forni a microonde dei quali il primo, detto “Poli-femo” poiché ha un unico pulsante, ha conosciuto personalmente Garibaldi; l'altro è invece più moder-no, direi quasi post-bellico. ORRORE E RACCAPRICCIO. Eppure mi mancheranno questi (dis)agi durante l'e-state; già, perché dalla fine del mese di Luglio fino a metà Settembre le Resi-

denze Universitarie sono tutte chiuse, e noi abbia-mo la possibilità di ubicare i nostri (pochi) averi 1)in via di Sotto al Ponte nume-ro zero 2)presso Contrada Discarica 3)nella Stanza delle Necessità 4)a casa di Godot (se arriva). Frotte di studenti, carichi di bagagli e briosi come i Mangiamor-te, si avviano verso l'uscita nella canicola estiva, ac-compagnati dallo sguardo dell'intramontabile spec-chio dell'ingresso (di quelli che si trovano agli incroci stradali pericolosi) che or-mai sappiamo essere una pessima imitazione dell'oc-chio di Sauron. Perlome-no nell'emigrazione dalla

Residenza non ci si può perdere; è sufficiente, in-fatti, come in Harry Potter, “seguire i ragni”, divenuti ormai creature tanto gran-di quanto senzienti, che indiwcano con zelo la via di uscita. I nati e cresciuti al di sotto del Po -che non possono permettersi un apparta-mento estivo- devono dun-que fare i salti mortali per recuperare la perdita di metà sessione d'esami di Settembre. RABBIA SOR-DA. A proposito di salti, ri-penso al mio ragnetto un po' discolo e alla Residenza vuota d'estate, e mi chiedo: chi darà da mangiare al mio Aragog?

Sapete cos’è che mi fa girare gli

ingranaggi?

di Gnoma Infingarda

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GiornaLED 5

UNIVERSITÀ

UNIMI: TUTTI ESAURITI ALLA

LEZIONE

IL PIANETA DELLE

SCIMMIE

di Gianluca Medina

Onorevoli colleghi, siamo giunti al termine del pri-mo semestre in quel di Via Festa del Perdono, e anche

quest’anno non sono mancate situa-zioni di ordinaria follia. Mi riferisco a tutti quei corsi, con situazioni trasver-salmente analoghe tra le diverse facoltà, in cui gli studenti hanno dovuto seguire lezioni in aule con capienza clamorosa-mente insufficiente. Tra i tanti, riportia-mo il caso del corso di Storia del Diritto

di Fabio Fusco

Sveglia! Una fitta diretta al cra-nio è ciò che puntualmente sento quando mi suona quella maledetta sveglia. Il cellulare

segna le consuete 6.15 a.m., posticipo di dieci minuti dicendomi che se faccio veloce posso recuperare quei dieci mi-nuti che a letto sono ben investiti. Perdo il pullman ovviamente. Aspetto quello successivo. Il freddo ha reso le unghie delle mani una nuova specialità findus ormai. Finalmente arriva il pullman con calma olimpica; salgo e vedo uno scena-rio alla “Pianeta delle scimmie”: nean-che un posto libero, persone sedute una sul’altra, qualcuna, addossata al vetro, sembra quasi voler trovare dello spazio scalando la gelida vetrata; la condensa ormai regna sovrana e rivela titaniche giocate a tris eseguite per ammazzare il tempo! Mi rassegno. Neanche un pertu-gio libero. Poso la cartella tra le gambe per poter fare un po’ di spazio alle futu-re scimmie che saliranno. Fine tratta e

Romano (M-Z) dove ad ogni lezione si è assistito a questa folle routine: alla ricerca disperata di un posto, studenti accalcati all’ingresso dell’aula fin da mezz’ora prima delle lezioni, che man-co ad un concerto rock. Non appena terminata la lezione precedente, al mi-nimo accenno di uscita di qualche stu-dente, irruzione della massa di persone come un fiume che sfonda una diga. All’inizio delle lezioni gente seduta in ogni angolo dell’aula e addirittura sui gradini e nelle zone di corridoio fuori dall’aula, che permette a malapena l’in-gresso del professore e la circolazione fuori dall’aula. Aria malsana e tempe-ratura media 30°, anche nelle mattinate più fredde. Non serve essere esperti giu-risti che conoscono il testo unico sulla sicurezza per rendersi conto che ogni standard legale viene vergognosamente violato. Per non parlare poi dell’aspetto economico: questo disservizio è un in-sulto ai sacrifici di studenti e\o genitori

scendo. Sono da un lato sollevato di po-termi scrollare da dosso tutta questa res-sa dall’ altro però, una volta al freddo, rimpiango “l’effetto stalla” tanto noto ai cristiani; e mentre mi incammino verso l’ università che si fa via via più vici-na, già pregusto il momento in cui pos-so poggiare le mie membra stanche su una sedia senza dover combattere con altri contendenti che bramano quanto me questo sollievo. Entro nell’aula e mi vedo il sequel del film visto sul pullman “il pianeta delle scimmie 2 , il ritor-no”. (Nei 5 min di maledizioni credo di averne inventate almeno una decina che mi varranno un bel posto all’inferno!).Prendo posto sulla “credenza” sotto la finestra e aspetto che finisca la lezione. Mi catapulto nell’aula dove si svolge-rà il tutorato con una rabbia dentro che potrebbe far impallidire anche Giobbe. Ovviamente assisto al sequel del sequel “il pianeta delle scimmie 3, e mo’ so ***zi!”. Scene simili si ripetono quoti-dianamente alla ricerca di un posticino nella biblioteca universitaria o quando cerco di stampare qualche materiale didattico. Dopo la rabbia, arriva la lu-cidità e scartabello attraverso i meandri statistici del nostro sito e vedo:ISCRITTI NELL’ANNO ACCADEMICO

con cui si pagano le tasse universitarie. Sono immaginabili le devastanti con-seguenze che deriverebbero in caso di pericolo, per noi e per chi è responsa-bile di questa situazione. Facendo tutti gli scongiuri del caso. Ma è questo il punto: noi studenti che crediamo nella nostra materia di studio, ossia le leggi ed il loro rispetto, non possiamo più accettare che in Italia si inizi a parlare del problema solo a tragedia avvenuta. Dobbiamo sempre aspettare l’Aquila o l’Albinia di turno per poi piangere sul latte versato? “È sempre stato così in questi corsi, che possiamo farci?” com-menta qualche studente. Ma abbiamo il dovere di capire che se un’assurdità di-venta un’abitudine ciò non la rende una normalità. GiornaLED mette a disposi-zione tutti i propri contatti e si impegna a dar uno spazio a chiunque voglia se-gnalare altri disservizi nella nostra uni-versità.

2010/2011: 15.000 CIRCA; POSTI A SE-DERE: 7.000 CIRCA;POSTI BIBLIOTECA:275;POSTAZIONI COMPUTER: 500 CIRCA;C’è una disparità disarmante in questi dati tra aventi diritto a servizi e servi-zi offerti! Ecco una questione che i neo eletti rappresentanti dovranno tene-re presente. Inoltre io personalmente quando compilavo tramite la segreteria on-line i questionari, non mi sono mai dimenticato di segnalare questo proble-ma, e come me molti altri. A fronte di ciò quindi mi viene da chiedere “come vengono letti questi “feedback” degli studenti e che provvedimenti vengo-no presi?”, facendo notare che si sono anche alzate le tasse. Rammento co-munque sempre che per avere miglio-ramenti tutti ci dobbiamo fare carico di partecipazione, non solo esercitando il nostro diritto dovere del voto, ma con una costante messa in gioco!Torno a studiare sul mio ramo!

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6 GiornaLED

UNIVERSITÀ

AVVISO DI SFRATTO

di Meursault

Giornaled si era già occupato, nel suo primo numero, del diritto allo studio univer-sitario, con un articolo sui

problemi nell’erogazione dei benefici economici a favore degli studenti.Ora, a due mesi dall’inizio dell’an-no accademico, è possibile analizzare con cognizione di causa un altro, non meno importante, strumento previsto per rendere accessibile l’istruzione su-periore ai ceti subalterni: le residenze universitarie. Si tratta, invero, di un tema fortemente evocativo, perché lam-bisce i territori dell’etica e dell’idea di una società egualitaria, nella quale ogni studente abbia diritto a condizioni di vita dignitose e, per quanto possibile, omogenee. In effetti, per chi desideri studiare a Bergamo, e provenga da lo-calità geograficamente distanti, si pone immediatamente il problema dell’allog-gio: il mercato immobiliare in Italia ci ha abituati ai fenomeni tristi dell’affitto “in nero” e della locazione a canoni da usura. Per questo, chi non ha redditi mi-lionari trova un approdo sicuro e finan-ziariamente sostenibile nelle residenze universitarie. A Bergamo, l’università ne ha in gestione tre: Dalmine, via Ca-boto, via Garibaldi. Dopo aver inter-pellato alcuni degli inquilini, ci è parso significativo segnalare il problema della chiusura estiva di tali strutture, prevista dalla fine di luglio alla seconda metà di settembre; chiusura che mette in seria difficoltà molti studenti. In particolare, chi proviene da Paesi extraeuropei non sempre è in grado di sostenere i costi del rientro in patria per le vacanze. Al ram-marico per la mancata visita a familiari ed amici, si aggiunge la drammatica ne-cessità di trovare un alloggio economi-

co in breve tempo. Impresa non facile in una città come Bergamo. Oltre a que-sta prima categoria, il disagio colpisce anche gli studenti italiani che proven-gono da località notevolmente distanti da Bergamo, i quali, per poter soste-nere gli esami dell’appello di settem-bre, spesso devono rientrare nella città lombarda molto prima della riapertura delle residenze universitarie, affrontan-do, oltre ai costi del viaggio, le spese per il pernottamento in esose strutture alberghiere. La soluzione a questi disa-gi, come spesso capita, ci è fornita dal raffronto con altre sedi universitarie. A Pavia, si legge nel bando per l’assegna-zione dei collegi, gli studenti che siano in possesso dei requisiti per la riconfer-ma nell’anno successivo e che abbiano comprovate esigenze di permanenza in città nel mese di settembre, possono in-dirizzare al Rettore una richiesta, che, una volta accolta, dà diritto ad usufruire del servizio abitativo al modico costo di 5 euro al giorno. A Torino, più sempli-cemente, gli studenti possono rimanere nelle proprie dimore fino al 23 settem-bre, salvo che non abbiano conseguito i requisiti di merito previsti per la ricon-ferma; e in tal caso devono liberare la stanza entro il 24 luglio. Nella “dotta” Bologna, si è previsto un sistema ancor più intelligente: i collegi vengono chiu-si dal 31 luglio al 1 settembre (comun-que meno che a Bergamo), ma alcuni di essi rimangono aperti proprio per ospi-tare gli studenti che ne abbiano bisogno.

Insomma, le strade percorribili sono diverse, ma Bergamo, come al solito, ha bisogno di una spinta per uscire dal provincialismo. Perché di questo si trat-ta: non si considerano gli studenti come individui autonomi, che vanno messi in condizione di autodeterminarsi, bensì li si tratta alla stregua di convittori del-le scuole medie, che nel periodo delle vacanze tornano nell’alveo famigliare. Sarebbe opportuno, invece, che le isti-tuzioni, accademiche e non, si dessero una svegliata e cominciassero a mettere in pratica gli slogan con cui riempiono i convegni e le cerimonie ufficiali: in-ternazionalizzazione, collegamento con il territorio, etc. Un primo segnale con-creto deve venire dal diritto allo studio (repetita iuvant), che in un periodo di attacco ai diritti sociali, com’è quello attuale, abbisogna di particolare atten-zione e sostegno.

Nel periodo estivo, le residenze uni-versitarie di Bergamo chiudono. Gli studenti che non vanno in ferie e non tornano dai propri famigliari vedono inciso in maniera profonda il diritto ad autodeterminarsi. E, spesso, in-combe su di loro l'urgenza dramma-tica di scampare l'addiaccio.

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UNIVERSITÀ

EX CUEM: occupare per

rimanere.di Flavio Panteghini

C'era una volta la CUEM, la libreria storica dell'Universi-tà Statale di Milano. Nata ai tempi delle lotte studentesche

più ferventi, era un punto di riferimen-to per molti universitari, in particolar modo per l'area di sinistra. Col tempo divenne una cooperativa come mille altre, ma attraversando varie “fasi al-terne” si spense definitivamente l'anno scorso.Molte le idee dei “piani alti” per riuti-lizzare lo spazio lasciato vuoto. Poche però le idee sensate, perlomeno in un contesto universitario. Basti pensare che la proposta più gettonata era quella di far nascere un'area ristoro dalle cene-ri della libreria, con tanto di macchinet-te e tavolini.Fu così che all'inizio del 2012 tra alcuni ragazzi iniziò a circolare un'idea: OC-CUPARE. Occupare per riappropriarsi di ciò che era stato tolto. Occupare per riprendere un elemento, la cultura, che l'università dovrebbe garantire ai suoi ragazzi ben più che snacks. occupare per rompere gli schemi di un'istruzio-ne sempre più standardizzata, occupare per dare voce a decine di studenti a cui non interessano né appalti né affarismi, occupare per dimostrare che anche noi giovani siamo in grado di autogestire uno spazio.Così avvenne. Un gruppo di ragazzi nato per l'occasione occupò lo stanzo-ne di quella che un tempo fu la CUEM. Scelsero un nome, EX-CUEM, e un obiettivo: portare all'interno dell'uni-versità quei valori (culturali e non) che li univano.Col tempo crebbero, si fecero più for-ti e più seguiti nelle mura dell'ateneo. Nacquero collaborazioni con case edi-trici indipendenti (sempre più soffocate dalle grandi “rivali”) e riviste di infor-mazione alternativa e antagonista, che portavano sempre più materiale.Gli studenti portavano lì libri di ogni tipo per far sì che circolassero di nuovo, che altri ragazzi potessero assimilare

qualcosa da pagine già consumate dal tempo.Manuali, dispense e appunti venivano continuamente scannerizzati e lascia-ti in pdf nel computer della libreria, in modo che chiunque, grazie alla libera circolazione del materiale didattico, potesse vivere l'istruzione senza essere costretto a ipotecare la casa ogni volta per comprare nuovi, costosissimi libri.Col tempo il collettivo si rese sempre più conto di quanto potesse dare al con-testo universitario, e inizò a organizzare incontri, percorsi culturali e molto altro, per sviluppare negli studenti quel sen-timento di libera partecipazione e di scambio necessario a vivere appieno la vita d'ateneo senza per questo diventare

solo un numero di matricola negli elen-chi polverosi conservati in chissà quale cassetto o ufficio.Sono passati mesi da quei momenti, da quell'atto che diede il LA a un tentativo di dar nuova linfa vitale alla Statale.Oggi è il 25 ottobre 2012. Sono seduto

per terra con altri due leddini, a gambe incrociate. Davanti a noi un ragazzo e una ragazza si preparano a rispondere alle nostre domande, alle nostre curio-sità. Siamo in una stanzetta dietro agli scaffali dei libri, ovviamente nell'EX CUEM. Ci accendiamo una sigaretta, e iniziamo a parlare, a parlare, a parlare. Due ore passano in un lampo, tra rac-conti, scambi di idee e pensieri, progetti futuri e un po' utopici, ma con i piedi sempre ben puntati nel presente.L'intervista è stata lunga e intensa, e non ho intenzione di farne un riassuntino, di incastrarla in una paginetta di giorna-le. La troverete a breve sul nostro sito (www.leffettodomino.it), ovviamente, ma non qui, non ora.Ciò che ho voluto fare è stato portare un racconto, una testimonianza che reputo fondamentale nella sua peculia-rità. Raccontare di uno spazio che, tra mille difficoltà e due sgombri, è e vuole continuare a essere un punto d'incontro che vada al di là dei libri, della cultura sterile troppo spesso propugnata da chi dice di volerci formare.Tra un caffè e l'altro, tra una sigaretta fumata in compagnia e un'altra e un'al-tra ancora, ho vissuto per qualche ora della mia vita un'esperienza che è an-data ben oltre le chiacchiere, che di per sé rischiano di essere fini a se stesse. Ho trovato ragazzi e ragazze che con-dividono un ideale, una passione, e la volontà di portare questi elementi nella vita comune dei loro coetanei, potenzia-li compagni di strada.Esemplare è stata la loro reazione al secondo sgombro, avvenuto il 25 set-tembre. Si sono riorganizzati, hanno deciso di lottare per mantenere ciò che già avevano ottenuto, e dopo sei giorni di “libreria ambulante” fuori da quelle mura hanno organizzato un concerto nell'atrio, e sono entrati di nuovo. “Le saldature non hanno retto al ritmo di jazz e flessibile, tra balli e cori gioiosi, proprio come in una festa. Sono cadute le porte così come è caduta la distanza tra noi e altri studenti che passando si sono uniti a queste danze così inusuali per l’Università a cui eravamo abitua-ti”, hanno scritto in un comunicato.Ora sono lì, lì per rimanere.“Che continuino le danze”, quindi. L'EX CUEM va avanti.

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ATTUALITÀ

Spazio spazio io voglio.

Pensate ad uno spazio a Berga-mo che sia libero nel senso di partecipato, uno spazio in cui si possa creare, non sempli-

cemente adibito ad una disciplina o in cui formarsi, in cui si possa trasferire nella realtà e così condividere la propria passione. In cui un gruppo di teatro o di musica possa andare e fare. E questo spazio può anche essere la strada, anzi dovrebbe anzitutto essere la strada, la piazza, come luogo di incontro e parte-cipazione, io penso che la bellezza stia proprio in una città viva e piena, anche di teatro, musica, pensieri, parole e arte che non solo arriva nelle piazze ma che coinvolge il pubblico e i passanti che ne

diventano parte attiva.Il punto sta nell’iniziare a vivere gli spazi senza più solamente usarli ma partecipandoli, mettendo in gioco le proprie mani e la propria testa. Come possiamo farlo a Bergamo? Come fare quel passo dall’io al noi che ti permette di uscire dall’aula e far si che ciò che impari diventi un sapere in condivisio-ne, in continua crescita e mutamento, in una città e in un tempo in cui ci appare troppo difficile mettere nella realtà le idee e le sensazioni personali.Penso a Macao a Milano, al Teatro Valle a Roma, ad uno spazio realmente libero perché autogestito da chi lo vive, assu-miamoci la responsabilità si di essere anche idealisti, a quest’età permettia-mocelo assumiamoci in prima persona la responsabilità reale del vivere i nostri spazi, facciamone parte rendiamoli vivi e interessanti, stimolanti. Sarebbe bello poter far si che lo spazio diventi un luo-go di crescita, uno spazio fisico che pos-sono essere quattro mura come una stra-da come l’intera città ma che sia libero e autogestito e io non credo sia un’idea utopica, basta guardarsi attorno, esperi-

menti ce ne sono stati e anche vincen-ti. Penso che a Bergamo di uno spazio del genere se ne senta la mancanza, ci sono spazi comunali appaltati però a cooperative e associazioni, funzionano bene ma se invece il comune finanzias-se e sostenesse un progetto per la messa in sicurezza di uno dei tanti edifici ab-bandonati a Bergamo, lì noi (tutti colo-ro che avessero un’idea e la voglia di realizzarla) potremmo dare tutta la no-stra energia, i pensieri, le competenze apprese in tutti quegli anni di studio in licei e università che tanto si vantano di averci formati, la fantasia e la voglia di mettersi in gioco e anche in discussio-ne. Partendo da un’idea di creazione ar-tistica può diventare altro, un luogo di riflessione e discussione culturale e po-litica, anche di questo abbiamo bisogno non credete? Siamo mica per niente la generazione della crisi dei valori, disin-teressata e consumista, potrebbe essre un primo passo per assumerci la fatica e il piacere di crescere. E mettiamola in questi termini: saremmo così anche un servizio, una risorsa per il nostro “ter-ritorio”.

Rubrica 26 ottobre

Il nostro gruppo non nasce ora. Era già vivo ogni vol-ta che, seduti al tavolo di un bar, si accendeva una di-scussione sul proble-ma della disoccupazione giovanile; era vivo quando, durante le interminabili passeggiate, emergeva la questione della decadenza della scuola pubblica; era vivo ogni volta che si parlava di laicità o dell’apatia della gioventù verso i problemi che riguardano loro, il loro futuro e ciò che sta intro-

no ad essi. Il nostro sogno è istituire un gruppo dove i ragazzi possano scambiarsi opinioni ed arricchirsi intel-lettualmente, imparare a dialogare e crescere sotto l’aspetto umano. Un grup-po di discussione dove al parola chiave è condividere, in un’atmosfera di asso-luto rispetto verso i pen-sieri altrui, impegnandosi a restituire l’importanza che merita ad un termine formalmente così abusa-to e sostanzialmente così derubato del suo significa-to: de-mocrazia. Carattere essenziale di questa entità nascente è sicuramente l’indipendenza. Pensiamo che, rima-nendo autonomi

nel nostro pensiero e nel-la nostra attività, riuscire-mo a fornire a ciascuno di noi la possibilità di poter esprimersi liberamente senza alcun tipo di vincolo, che rappresenterebbe un ostacolo all’impostazione pluralista di cui vorremmo dotare il gruppo.Sarebbe facile vivere os-servando ossequiosamen-te quei valori venduti ogni giorno dal sistema che troppo spesso ci costringe a ridurre ciò che siamo ad un curriculum. Dobbiamo svincolare la mente dalle imposizioni della società moderna ed emanciparci dagli schemi che la cultura del consumismo ci ha fatto

credere, men-tendo, fosse-ro nostri. Vogliamo cercare di liberarci da quelli che sono i canoni diffusi dall’o-mologazione di massa. Vor-remmo camminare insieme alla ricerca di quegli ideali purtroppo solamente im-maginati, visti al massimo in qualche film o letti tra le righe di un libro. Voglia-mo riscoprire l’importanza della condivisione, dell’in-formazione e del confronto: vogliamo dare spazio alla nostra cultura. Ognuno di noi ha la capacità di formu-lare un’idea e deve essere un dovere lottare per essa. Il nostro contributo è indi-spensabile.

Spazio spazio io voglio, voglio spazio per cantare,

crescere errare e saltare il fosso della divina sapienza.

(Alda Merini)

di Giulia Costantini

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ATTUALITÀE’ un Mondo

difficile! Lottiamo “bene” per

renderlo migliore

di Alfredo Amodori

14 novembre 2012, una data che si aggiunge al calendario “nero” del nostro Paese. Decine di migliaia di manifestanti protestano nel-

la Giornata di Mobilitazione Europea contro le politiche di austherity impo-ste dai Governi facenti parte dell’UE. Roma: studenti sono entrati in contrasto con le forze dell’ordine, scatenando una vera e propria guerriglia urbana. Le te-stimonianze pervenute a tutti gli organi di stampa parlano di abusi di potere e prassi irregolari durante le cariche di al-leggerimento da parte di alcuni agenti di polizia. Altre testimonianze denunciano i gravi atti di vandalismo da parte di un gruppo di manifestanti, sorpresi, questi ultimi, nello smantellamento di segna-letica stradale e lancio di oggetti contro la polizia. 140 le persone identificate e più di 50 i fermati: 8 sono stati arresta-ti, altri 8 denunciati. Il contesto romano è stato quello più duro sotto il profilo degli scontri di piazza, anche se a Mi-lano, Torino, Brescia, Padova e in altre città italiane, i rapporti fra manifestanti e poliziotti non sono stati di certo paci-fici e sereni. Una giornata, quella del 14 novembre, che doveva portare alla luce i gravi disagi provocati della politica di austerità adottata dal nostro Governo e da quasi tutti i Governi europei. Invece, ad aver avuto rilievo sulla scena euro-pea, sono stati gli innumerevoli feriti tra i manifestanti e delle forze dell’ordine, le tanto discusse pratiche della polizia (come se avesse senso discutere sull’es-sere favorevoli o contrari al fatto che i poliziotti possano pestare a morte dei ragazzi bypassando le pratiche conces-se dalla legge) e l’aggressività e delin-quenza dei dimostranti scesi in piazza.

Madrid: La Polizia ha sparato proiet-tili di gomma e usato manganelli per disperdere centinaia di manifestanti nel centro di Madrid, dove ci sono sta-ti scontri e cariche. Un agente ferito. Almeno 70 gli arresti in tutto il Paese. Lisbona: Ampia adesione allo sciopero generale in Portogallo, dove la mobi-litazione, iniziata martedì sera alle 22,

ha paralizzato soprattutto i trasporti. 5 i feriti negli scontri con la polizia. Atene: Quasi in diecimila hanno sfilato, pacifi-camente, per le strade. Unica nota posi-tiva tra tutti i Paesi del sud Europa. Constatando quello che è successo per le strade del Vecchio Continente, viene da chiedersi se questo sistema di lotta contro le politiche distruttive dei nostri Governi sia davvero efficace. L’esa-sperazione che coviamo dentro ci può portare a gesti estremi, questo è vero: il non riuscire a garantire una corretta istruzione al proprio figlio o alla pro-pria figlia, il non potersi permettere di garantire un tetto sulla testa alla propria famiglia, morire di fame mentre rischi di perdere tutto ciò per cui hai lavorato duramente, disparità sociali sempre più rimarcate, sentire costantemente sui TG i tanti casi di malaffare che affliggono il nostro Paese, e la lista sembra infinita. Ridurre tutti questi problemi in un”semplice” scontro di piazza violento pare assai riduttivo. Nel rispetto delle poche condizioni elencate, che chi più chi meno stiamo un po’ tutti vivendo,

dovrebbero cessare certi gesti dimostra-tivi. Viviamo un periodo dove spicca l’individualismo, e il principio di soli-darietà che dovrebbe tenerci uniti pare un concetto troppo astratto e lontano. Un quadro davvero raccapricciante quello che ci si prospetta davanti, so-prattutto in chiave planetaria. Uno sce-nario, quello mondiale, di catastrofi, bombardamenti, povertà assoluta che dilaga, crisi economica, tagli e via di-scorrendo. Nei giorni scorsi (a partire proprio dal 14 novembre) abbiamo as-sistito a una vergognosa dimostrazione bellica da parte dell’esercito israeliano nei confronti del popolo palestinese. Un vero e proprio gioco al massacro quello che lo Stato israeliano sta compiendo. Dopo l’uragano Sandy, Cuba vive sen-za elettricità, mentre Haiti, oltre che i danni colossali dell’uragano, è in preda di una grave epidemia di Colera (entro febbraio di quest’anno erano già 7000 le vittime registrate). Una situazione drammatica, scon-fortante (in verità nemmeno la punta dell’ice-berg), ma che deve diventare la nostra forza, il nostro punto di partenza.

Ci sono situazioni che richiedono l’ap-poggio di tutti noi, cittadini nel Mondo.Cerchiamo quindi di sollevarci, so-prattutto partendo dal nostro “picco-lo”, iniziando a essere più coesi come popolazione. Studiamo nuovi modi alternativi di vivere la nostra società; partecipiamo attivamente a quella che è la vita del nostro Paese; solo in que-sto modo potremmo finalmente mo-dificare quelle che sono le sorti, fino ad adesso segnate, della nostra bella Terra.

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ATTUALITÀ

NOTIZIE DELL’ALTRO

MONDO

a cura di Alessia Palma

Grazie all’Erasmus, progetto finanziato dalla stessa Unio-ne, ho avuto la possibilità di fare amicizie internazionali

che mi hanno permesso di ottenere il punto di vista di ragazzi provenienti da Paesi che l’informazione puntualmente trascura.La prima testimonianza che ho raccolto è quella di Rodrigo, un ragazzo di 22 anni di Caracas (Venezuela), che studia Ingegneria. Da adesso in poi lascerò parlare lui.Il Venezuela, politicamente parlando, attualmente è diviso in due: da una parte ci sono i filogovernativi che sostengono il governo di Hugo Chávez, ex militare che ottenne il potere tramite un colpo di stato, e gli oppositori. C. governa da 14 anni a questa parte mediante una politi-ca populista, incentrata sul ceto basso, che rappresenta la maggioranza dei ve-nezuelani.C. offre programmi sociali a livello nazionale, chiamati “misiones”, che prevedono iniziative rivolte ai meno abbienti riguardo l’educazione, la sa-lute, la distribuzione di case popolari, alimenti gratuiti e mercati con prodotti a bassi costi . Tuttavia, per poter usu-fruire di queste “misiones” è obbliga-torio iscriversi al partito del governo, il PSUV (Partido Socialista de Venezuela)e, quando si avvicinano le elezioni, la popolazione viene intimidita dalle af-fermazioni del partito riguardo la sicura abolizione delle “misiones” che verreb-be attuata se dovesse salire al potere l’opposizione.Parrebbe che quello di C. sia un buon governo dal punto di vista sociale; tut-tavia, in Venezuela, in questi 14 anni, sono nati molti problemi che il Governo non è stato in grado di risolvere come

la sicurezza dello stato ( infatti il Ve-nezuela è uno dei paesi più violenti al mondo), le vie di comunicazione, l’in-flazione, la corruzione (il Venezuela è anche uno dei paesi più corrotti al mon-do), la scarsità dei prodotti alimentari di prima necessità, la dipendenza totale dal petrolio come attività unica del Pa-ese, la disoccupazione, la mancanza di rinnovamento e qualità negli ospedali pubblici, finanziamento limitato alle università autonome.Il Governo di C. è considerato autocra-tico perché detiene il controllo totale sui poteri di Stato quali il Legislativo, l’Esecutivo, il Giudiziale, l’Elettorale e il Cittadino. Detiene tale potere poiché durante le elezioni legislative del 2004, l’opposizione si ritirò dalle elezioni dei deputati a causa della sfiducia nel Con-siglio Nazionale Elettorale, costatando la presenza di brogli elettorali. Avendo il potere sul Congresso, egli poté eleg-gere con voti unanimi i rappresentanti per i restanti poteri di Stato. Questo permise al Governo di espropriare cen-tinaia di proprietà e attività private, ap-provare e/o modificare leggi a favore del suo partito, approvare la rielezione illimitata del Presidente, finanziare le campagne politiche con il denaro del-lo Stato, regolarizzare il prezzo del Dollaro, incarcerare o esiliare i diri-genti dell’opposizione, avere relazioni con paesi poco democratici come Iran, Cuba, Bielorussia, Siria, Libia, ect..Il paradosso più grande è che un pae-se come il Venezuela, uno dei maggiori produttori di petrolio del mondo, con i prezzi al barile superiori ai 100 dol-lari, abbia tanti problemi su questioni basilari e una crescita economica tra le minori dell’America Latina. Durante gli ultimi 14 anni, il Venezuela ha avuto l’abbondanza petrolifera più importante di tutta la sua storia e tuttavia i poveri continuano ad essere poveri e il Paese

continua ad essere afflitto da problemi economici e sociali basilari, a differen-za di paesi come Colombia, Perù, Cile, Ecuador e Brasile, che hanno uguali, se non minori, risorse naturali rispetto al Venezuela, e che invece sono cresciuti enormemente negli ultimi anni. È dif-ficile capire come un Paese in tali con-dizioni continui a votare a favore di un Leader che non ha portato soluzioni e non ha reso prospera la propria nazione. Recentemente, il 7 ottobre 2012, C. è stato rieletto per la terza volta consecu-tiva, il suo mandato durerà fino al 2021, arrivando, quindi, a 20 anni di potere. Le intimidazioni da parte del governo sull’eliminazione delle “misiones”, sul ritorno al Venezuela pre-Chávez, alla visione di un’opposizione che vuole solo il denaro dello Stato, manipolano il basso ceto. Al Governo interessa solo mantenere i poveri nella condizione di povertà affinché il potere rimanga nelle mani di C.C. è molto popolare anche perché c’è una connessione emotiva e sentimenta-le tra i poveri e lui. Finché C. rimarrà Presidente non importerà nulla dei pro-blemi del Paese perché lui è il loro sal-vatore, il loro messia. Il Venezuela ha grandi potenzialità per essere uno dei paesi più prosperosi dell’America La-tina, grazie alla sua posizione geogra-fica privilegiata, grazie alle sue risorse naturali, turistiche ed economiche però la popolazione è miope, non pensa al futuro ma solo al presente, finché han-no pane in tavola preferiscono pensare come il proverbio popolare “ meglio mal conosciuto che buono da conosce-re”.

“Meglio mal conosciuto che buono da conoscere”- Repubblica Boliva-riana del Venezuela

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ATTUALITÀ

Piano nomadi:

una violazione

dei diritti dei Rom

Si stima che in Italia le persone rom, sinti e cam-minanti siano tra i 130.000 e 170.000, circa lo 0,2% della popolazione italiana. La maggioranza di questi vive in insediamenti abita-tivi precari, spesso molto distanti dai centri urbani, senza la possibilità di acce-dere a quei servizi minimi e indispensabili per una vita dignitosa. Questa situazio-ne comporta il plurificarsi di atti di discriminazioni ol-

“I gay sono sensibili”. Vorrei trovarmi di fronte a chi ha messo in giro questa voce per dirgliene quattro. No, mi spiace dovervi informare che i gay non sono per defi-nizione né sensibili, né ne-cessariamente conoscitori della perfetta etiquette da adottare in qualsiasi situa-zione. Sorrido (tristemente) ad una frase di una collega. Immaginate la scena: bagni dell’ufficio, la sua scrivania da direttamente sulla por-ta. Una persona ben edu-cata prima di uscire si lava le mani. Non deve essere per forza gay, o lesbica, o donna etero per arrivare a

tre che dai singoli anche da parte delle autorità. Negli ultimi anni, infatti, per far fronte a un presunto pro-blema di “ordine pubblico e di sicurezza”, le autori-tà italiane hanno adottato misure discriminatorie che hanno contribuito ad ag-gravare ulteriormente la stigmatizzazione dei rom. Un caso recente è rappre-sentato dal cosiddetto “Pia-no nomadi”, il programma previsto dal decreto gover-nativo del maggio 2008 che ha dichiarato “l’emergenza nomadi” e spianato la stra-da allo sgombero forzato di migliaia di rom nonché al loro trasferimento in al-tri campi senza alcuna ef-fettiva consultazione degli stessi. Nel novembre del 2011, sulla vicenda è inter-venuto il Consiglio di Stato che ha stabilito l’illegitti-

un minimo di educazione. A quanto pare, invece, se-condo lei il maschio etero comune non ha questa do-tazione comportamentale. “Per fortuna che ci sono i gay almeno voi vi lavate le mani”.

Non voglio fare di questo episodio un dato statisti-co, né tantomeno andare a controllare le mani di chiunque vada in bagno per stabilirne l’orientamento. Però mi dà da pensare. Nel nostro piccolo, ragioniamo sempre per stereotipi, ge-neralizzazioni o classifica-zioni che chissà chi ci ha tramandato. Banalità come il caso riportato o pregiudizi

mità del decreto in quanto “non si evincono precisi dati fattuali che autorizzino ad affermare l’esistenza di un nesso tra la presenza sul territorio di insediamen-ti rom e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurez-za pubblica nelle aree inte-ressate”. La citata sentenza è stata impugnata dinanzi alla Cassazione, la quale, ne ha sospeso gli effetti ri-pristinando la possibilità di attuazione degli sgomberi.Amnesty International si è opposta agli atti di sgombe-ro ritenendoli in violazione delle norme internazionali. L’Italia, infatti, è obbligata sulla base di diversi trat-tati internazionali sui diritti umani (tra i quali il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e cultu-rali, la Convenzione inter-

più biechi.

Come il falso mito dell’HIV e di come questo sia la “malattia che affligge so-lamente gli omosessuali” Bene (anzi male), ma vor-rei trovarmi di fronte anche alla persona che ha messo in giro sta voce e chiedergli com’è che se io, in quanto omosessuale, abbia mag-gior rischio di contrarre l’HIV. Forse si è dimenticato delle lezioni di educazio-ne sessuale che imparti-vano alle medie. Beh no, la comunità LGBT non ha l’esclusiva sull’HIV. E non ne parlo a caso in questo numero. L’ho preso un po’ alla larga., lo confesso,

nazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discri-minazione razziale e altri ancora) a non effettuare e a prevenire tali sgomberi.

Amnesty, infine, attra-verso la raccolta di firme (possibile anche sul sito www.amnesty.it), chiede alle autorità competenti di intervenire a difesa delle violazioni dei diritti umani e porre fine agli sgomberi forzati.

ma sfrutto l’edizione di di-cembre per ricordarvi che l’1 dicembre è la giornata internazionale per la lot-ta all’HIV. Un’infezione che c’è. Un’infezione a cui tutt* siamo a rischio. Un’infezio-ne la cui arma di protezio-ne, a parte l’astinenza tout court. è la testa e informa-zioni corrette e complete sul tema, prima ancora di preservativo, lubrificante o dental dam.

Lo spunto “sensibile”

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ATTUALITÀ

Perché esiste il conflitto israelo-palestinese? Un

po’ di storia

L’Impero Ottomano occupava tutti i ter-ritori del Vicino Oriente (dal Mar Medi-terraneo all’Iraq alla Penisola Arabica) e quando cadde, dopo la prima guerra mondiale, passarono sotto il controllo britannico. Nel frattempo le popola-zioni arabe già presenti si erano unite a formare quello che potremmo definire un prestato palestinese. In quei territori erano già presenti degli ebrei, ma era-no una piccolissima parte. Con la fine del secondo conflitto mondiale la per-centuale di ebrei aumentò in maniera smisurata, anche grazie alla nascita del-lo stato di Israele: il 29 novembre 1947 l’ONU approvò una risoluzione con 33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti (oggi è riconosciuto da 161 nazioni su 192), che prevedeva la creazione di uno stato arabo (sul 42,8% del territorio e con una popolazione di 800.000 arabi e 10.000 ebrei) e di uno stato ebraico (sul 56,4% del territorio, la maggior parte desertico, e con una popolazio-ne di 500.000 ebrei e 400.000 arabi). La maggior parte degli ebrei fu d’ac-cordo, mentre la popolazione araba fu contraria. Infatti a cavallo tra il 1947 e il 1948 iniziarono azioni di guerra civi-le da ambo le parti. Il 15 maggio 1948

le truppe britanniche si ritirarono e lo stesso giorno Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania attaccarono Israele. Nonostante fossero passati pochi mesi dall’ufficializzazione dello stato ebrai-co, Israele rimandò gli attaccanti a casa. Negli anni successivi la popolazione israeliana raddoppiò grazie all’arrivo degli ebrei presenti nei territori arabi limitrofi. Nel 1956 Israele, appoggiato da Francia, Gran Bretagna e USA at-taccò preventivamente l’Egitto perché questo si stava riarmando. Il tutto si risolse con un trattato. Israele attaccò preventivamente (siamo al terzo con-flitto) anche nel 1967, perché Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe sui confini e in soli sei giorni ri-uscì ad occupare vaste aree di territorio (cioè Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme est) al di fuori dei pro-pri confini originari. La quarta guerra arabo-israeliana avvenne nel 1973: Si-ria e Egitto attaccarono a sorpresa Isra-ele durante i festeggiamenti dello Yom Kippur. Nonostante un inizio non feli-ce, Israele riuscì a rispedire oltre i suoi confini gli attaccanti. Nel 1978 Israele attaccò il Libano e l’ONU fu costretta a creare una zona cuscinetto tra i due pa-esi presidiata dai caschi blu. È il 1978 e il trattato di Camp David sancì la fine delle ostilità tra Israele e Egitto con il riconoscimento di quest’ultimo dello stato ebreo. Negli anni a venire quasi tutte i paesi limitrofi strinsero accordi con Israele per evitare ulteriori conflitti. Nel 1980 Israele proclamò Gerusalem-me propria capitale, ma sia la comunità internazionale che la corte di giustizia internazionale (nel 2004) non la rico-nobbero come tale perché a Israele era

stata data solo una parte della città. Quindi la restante parte è tutt’ora con-siderata come “occupata”. Nel 1982 Israele invase il Libano per distruggere l’OLP (organizzazione - militare - per la liberazione della palestina, nata nel 1964) e riuscì a farle spostare la capita-le in Tunisia. Nel 1987 nacque un moto popolare chiamato Intifada che tentava di combattere l’occupazione israeliana con azioni di guerriglia urbana e disob-bedienza civile. È in questi anni che i gruppi islamici più fondamentalisti, che non si riconoscevano nell’OLP, si riunirono nel movimento terrorista di Hamas. L’OLP però era l’unico movi-mento palestinese a essere riconosciuto dagli altri paesi perché era molto più di-plomatico e meno violento. Infatti nel

LE ORIGINI.

di Roberto Pinotti

Nonostante il moderno sta-to di Israele sia nato uf-ficialmente nel 1948, la questione arabo-palesti-

nese (poi israelo-palestinese) nasce da molto tempo prima.

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1993 l’OLP e i vertici dello stato israe-liano si riunirono a Whasington e si de-cise, sotto la mediazione di Bill Clinton, che la striscia di Gaza sarebbe stato la-sciata ai palestinesi. Però fu un accordo un po’ ambiguo e non preciso e quindi gli scontri ripresero ben presto. Hamas iniziò a diventare sempre più popolare e Israele si fece sempre più rigida per evitare gli attacchi terroristici nei suoi confronti. In questo fu aiutata anche da-gli USA che erano sempre stati a favore delle loro tesi.

Strisca di Gaza. Di conseguenza Israele dichiara Gaza un’entità nemica strin-gendola sotto l’embargo e impedendo l’apertura dei confini. Intanto in Cisgior-dania Fatah accusa il partito islamico di aver fatto un colpo di Stato e fonda un governo di Emergenza. L’Autorità Pale-stinese, con a capo Abu Mazen, e Israe-le cercano di dialogare ma quest’ultimo non ne vuole sapere delle condizioni: lo status di Gerusalemme e dei profughi palestinesi. Nel giugno 2008 Hamas e Israele fanno una tregua: niente più raz-zi a sud di Israele se rivengono aperti i valichi della striscia. Si trattava di una quasi tregua considerati gli attacchi da parte degli israeliani e delle milizie le-gate con Hamas. Verso fine 2008 i corpi israeliani compiono attacchi dentro la Striscia. Hamas decise di riprendere il lancio di razzi nell’intenzione di riaprire una nuova tregua e garantire l’apertura dei confini. Il 27 dicembre 2007 Israele lancia una nuova offensiva (chiamata “Piombo Fuso”) che porta al bombarda-mento della Striscia di Gaza (per cinque

GIORNI NOSTRI.

VITTIME

OGGI.

(tra cui3 civili), secondo Israele.Perché in questi giorni sono ripresi i combattimenti? Qualche settimana fa, dopo la rivendicazione da parte del go-verno di Hamas del lancio di missili vicino a Tel Aviv, le forze dell’esercito di Israele hanno rivendicato l’uccisione del leader militare di Hamas Ahmed al Jabar. Sono quindi partiti bombarda-menti contro la striscia di Gaza. Israe-le è pronto ad invadere nuovamente la Striscia via terra, mentre Hamas sem-bra disposto a fermare gli attacchi solo in cambio del cessate il fuoco, nonché dello sgombero dei presidi israeliani a Gaza. In più Israele vuole che terminino i lanci di missili da parte di Gaza e che si fermino gli armamenti di Hamas. Di contro Hamas esige che Israele termini i suoi mirati assassini, ponendo anche fine al blocco nella Striscia. La via di-plomatica che la comunità internazio-nale sta cercando di portare avanti sarà molto difficile.

Nel novembre 2005 Israele, sotto la giuda del premier Sharon, consegna all’Autorità Nazionale Palestinese, un’istituzione stabilita per disciplinare il controllo dei territori palestinesi, la Striscia di Gaza. A fine gennaio 2006 Hamas vince le elezioni in Palestina (con il 60% dei consensi) ma il nuovo governo viene da subito boicottato da Israele e dalla comunità internazionale. Una nuova guerra tra Israele e Libano nel 2006 porta Hamas e Fatah (organiz-zazione politica e paramilitare palesti-nese facente parte dell’OLP) a formare un nuovo governo di unità nazionale. Hamas e Fatah però non vanno d’accor-do e a giugno 2007 Hamas conquista la

giorni consecutivi) e la successiva (il 3 gennaio) invasione da parte dell’eserci-to israeliano. L’offensiva fu violentis-sima, un esempio: il 6 gennaio un raid israeliano colpisce una scuola ONU adibita a rifugio per civili, dalla quale si riteneva fossero partiti lanci di razzi, e fa una cinquantina di morti. Il 18 gen-naio si arriva a una tregua e all’abban-dono di Gaza da parte dell’esercito isra-eliano. Bilancio di Piombo Fuso: 1203 vittime palestinesi (tra cui410 bambini), secondo Hamas; 13 vittime israeliane

Le guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti, del 1948 al 1973, - secondo Amnesty International - hanno causato la morte di circa 100mila persone. La prima Intifada, dal 1987 al 1992, ha causato la morte di 2 mila persone, in massima parte palestinesi. Dall’inizio della seconda Intifada (settembre 2000) al 20 giugno 2007, hanno perso la vita 4626 palestinesi e 1050 israeliani. Al-meno 214 palestinesi sono morti negli scontri tra le milizie di Hamas e Fatah. Il bilancio provvisorio della guerra nel-la Striscia di Gaza del dicembre2008/gennaio2009 è di quasi 800 palestinesi morti, quasi metà dei quali civili, e 11 vittime israeliane.

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ATTUALITÀ

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CULTURA

LE MONDE DU CORPS

di Federica Bellaviti

Gunther von Hagens’, nome che a molti non dice nul-la, ma che appartiene ad un uomo che ha rivoluzio-

nato” il mondo della ricerca medica e dell’ arte contemporanea. Negli anni ’70, durante i suoi studi in medicina e chirurgia, comincia per von Hagens’ la ricerca legata ad un metodo di con-servazione dei preparati anatomici de-ceduti, migliore dell’immersione in formalina, che conserva l’elemento de-siderato, ma non ne permette un analisi approfondita, una sezione e soprattutto non consente di toccare i preparati. L’ esperienza del nostro “chirurgo –ar-tista” è stata molto travagliata, sia per il contesto storico vissuto in Germa-nia (von Hagens’ fu infatti incarcerato dalla DDR per 2 anni per tentata fuga), sia per i numerosissimi fallimenti che hanno preceduto la scoperta della cor-retta formula chimica che ha portato quest’uomo al successo. La sua tecnica , brevettata presso l’istituto di Anato-mia dell’Università di Heidelberg nel 1977, è nota con il nome di “PLASTI-NAZIONE” , anche se originariamente la tecnica si chiamava “impregnazione con materia plastica di preparati biolo-gici decomponibili”e prevede (in parole brevi e poco tecniche),la sostituzione dei fluidi corporei con materiali sinte-tici, come la resina o il caucciù silico-nico, subito dopo il decesso dell’indi-viduo. In questo modo, si ottiene una perfetta conservazione dei soggetti e si tolgono tutti gli inconvenienti legati alla putrefazione, ottenendo in più la consistenza reale di ogni singolo or-gano, che può essere a questo punto studiato e “lavorato artisticamente”. E’ la curiosità che ci spinge a vedere una mostra di questo tipo, la voglia di scoprire come siamo fatti dentro. Per antitesi, la necessità di conoscere il la-voro di Hagens’, nasce dal domandarsi come questo “medico folle“ sia capace di divertirsi scarnificando le persone, ma ciò non toglie che resta comunque il desiderio di sapere cosa si cela dietro il

titolo “Body World”. E’ sufficiente re-carsi alla Fabbrica del Vapore di Milano fino a fine dicembre, pagare il biglietto e varcare la soglia. Lo scenario che ci si mostra è affascinate è lugubre allo stes-so tempo. wAd una prima osservazione risulta quasi difficile riuscire a credere che quei corpi avevano un nome e una storia, ma soprattutto quei corpi, respi-ravano ed erano vivi. Ci si imbatte in tutta una serie di campioni prettamente scientifici (probabilmente nati per studi universitari e per il mondo della ricerca) di organi e parti anatomiche plastinate e sotto teca. Tutto ciò fa capire quanto la ricerca medica sia stata profonda e in-cessante per quest’ uomo che, ispirato da antiche tecniche di mummificazio-ne, ha scoperto un metodo efficiente e perenne di conservare interi preparati umani. Interessante è il lavoro che il dottore svolge per mostrare le più dispa-rate patologie umane, mostrando agli spettatori gli organi sani comparati con quelli malati, oltre che diversi esempi di malformazioni e di interventi chirurgici come protesi ossee, o bypass coronarici. L’osservazione di questi campioni non desta nessun turbamento emotivo,se non la curiosità di osserva come siamo fatti, ma la parte che realmente crea di-sagio, sono gli “elaborati artistici” del dottor, che prevedono sezioni e compe-netrazioni di corpi e di organi presentati come in “esploso” o in “pose plastiche” che sfidano le leggi della gravità e della fisica. E’ noto che agli esordi il dottore si occupava principalmente di campioni animali, solo successivamente ha potu-to mettere mano a soggetti umani e la sua prima e più celebre composizione,

è legata al mondo dello sport, di cui Ha-gens’ ci da una visione molto partico-lare, evidenziando con la sua tecnica le strabilianti abilità di cui l’uomo è dotato proprio grazie alla struttura anatomica che lo caratterizza. Il legante di tutti i suoi lavori è la resa del corpo come di un essenza diversa, le sue sono persone nelle quali è difficile riuscire a ricostru-ire le fisionomie, e ancora di più è ten-tare di immaginarle con la pelle ancora attaccata agli organi. La componente spirituale e artistica in queste opere tende a miscelarsi con una vena di ma-cabro e maniacale, che distingue questi lavori da qualsiasi altra sfera artistica, è impossibile durante l’osservazione non essere costantemente ossessionati dal-la domanda:”e se al suo posto ci fossi io?”. Attualmente sono 4000 i donato-ri che hanno disposto il loro corpo alle pratiche del dottor von Hagens’, ed egli stesso che nel 2011 ha riscontrato di es-sere affetto da Parkinson degenerativo, ha dato disposizioni che , alla sua mor-te, la moglie procederà alla plastinazio-ne di colui che per la critica è noto come “il dottor morte”.

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CULTURA

Di Alessandro Pilia

L’ombra scura poteva appena essere intravista da dietro l’angolo dal quale osservava pensosa.Sola-mente la luce annoiata della brace della sigaretta dava a tratti l’impressione di poter cogliere qualco-

sa di quel viso dipinto di buio,mentre spirali di fumo sali-vano lentamente,confondendosi con la pioggia incessante.La strada,torbida ed indistinta, lasciava intravedere i suoi ciottoli sudici e viscidi che si stendevano a perdita d’occhio alla sua destra e alla sua sinistra, mentre la solitaria e dondolante insegna di un pub conferiva l’unico barlume di vita a quel limbo silenzioso.Distolse lo sguardo dalla strada e con noncuranza buttò la sigaretta lontano,che si aprì facendo fuoriuscire il tabacco rimasto ed il filtro.In tutti quegli anni non era ancora riu-scito ad imparare a dare il giusto quantitativo di saliva per chiudere decentemente le sue sigarette.‘Lonza di maiale, sono terribilmente in ritardo’ penso’ sentendo rintoccare le 5,e,stringendosi il cappotto, si avviò rapidamente verso la strada che fino a quel momento ave-va solo soppesato in apparenza distrattamente.Oltrepassò velocemente la polverosa bottega del vecchio Kyuzo ed entrò nel pub,facendo tintinnare la campanella d’ottone.Il locale era caldo, grazie al tepore di un ampio camino in pietra nell’angolo,e scarsamente illuminato.Fa-cendo capolino all’ingresso non potè fare a meno di arric-ciare il naso alla zaffata di aria muffita che lo lo colpì come uno schiaffo.La puzza di sudore mista ad alcool scadente contribuivano a rendere un’impresa davvero non indiffe-rente il semplice respirare.Alla destra del camino, tre vecchi macilenti rallegravano l’atmosfera a suon di violino,riposandosi di tanto in tanto così da poter proporre brindisi insensati e rallegrare an-che se stessi.‘La Lama Intaccata’,così si chiamava il pub,era semplice, un luogo di ritrovo come tanti,situato più o meno in mezzo alla Periferia,e,a suo modo,si poteva dire che fosse acco-gliente.La Periferia.La Periferia che così tanto si contrapponeva al Borgo.Ad ogni modo,la comparsa dell’anonimo personaggio non parve destare le preoccupazioni dei presenti,che, per la maggior parte, sembravano o troppo impegnati nelle

proprie conversazioni (un uomo si vantava che il proprio gallo,in un combattimento avrebbe letteralmente rotto il collo a quello del proprio interlocutore) o semplicemente troppo sbronzi,stesi su tavoli a contemplare la propria di-storta immagine riflessa nel boccale.L’unica cosa che sembrò animarsi alla sua vista fu la terra battuta con cui era “pavimentato” il pub.A causa infatti della forte raffica di vento che era sgusciata dentro con l’apertura della porta,ora un turbinio denso e rossiccio aleggiava ai piedi del nuovo arrivato.Strofinando-si un po’ le mani per cercare di riattivare la circolazione,si avviò con il suo scuro cappotto svolazzante verso il banco-ne.Aveva fatto si e no un paio di passi quando quattro gelide e luccicanti morse micidiali gli inchiodarono le braccia e la vita e lo costrinsero di malavoglia a voltarsi,sollevandolo leggermente da terra,gocciolante.Poteva vedere che i quattro artigli metallici che ora lo te-nevano saldamente immobilizzato provenivano dal fon-do del pub,dal quale si erano incredibilmente allungati.Avvolto nell’ombra,il possessore di quelle strane armi tuonò:“Ahahah Adelchi Adelchi.Ma allora è vero!Chi l’a-vrebbe mai detto che saresti stato così coglione da torna-re?”.La baritonale ombra, ciondolando in avanti, resusci-tò a poco a poco dalla tenebra in cui era ristagnata fino a quel momento,fermandosi proprio a fianco del grande camino in pietra:era un uomo dalla stazza gigantesca con braccia potenti e spesse come tronchi di betulla.Ora che si era avvicinato alle vivaci fiamme del camino gli spettatori rabbrividirono notando che,per qualche motivo,metà del suo volto era verticalmente coperto da una liscia e lucida placca metallica, all’interno della quale, un occhio rosso più simile a quello di una macchina,era incessantemen-te aperto.Le quattro ganasce metalliche che ora tenevano Adelchi fermo in una morsa apparentemente incontra-stabile si andavano a conficcare direttamente nei fianchi dell’energumeno, che sembrava in qualche modo capace di controllarli.L’intero stanzone si era ormai ammutolito e gli occhi e le orecchie dei presenti erano fissi sulla scena.Il passo vellu-tato di un gatto sarebbe parso frastornante .L’unica cosa a cui riuscì a pensare Adelchi fu come prima avesse potuto anche solo pensare di entrare senza destare sospetti.La cosa lo fece scoppiare a ridere. Continua...

Una storia a puntate

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CULTURA

Il BergherasmicoVita, Arte,

Tecnologiadi Isacco Cividini

Quando leggerete questo pezzo probabilmente novembre sarà già finito o in via d’estinzione e a Bergamo si comincerà a sen-tire quel brivido freddo che ac-compagna l’arrivo di dicembre e dell’inverno. Novembre a Madrid ha portato freddo e pioggia, e proteste, tan-te e imponenti, e per noi studenti di lingue le scadenze dei primi esami.Lo scorso 14 novembre tutta la Spagna si è fermata per 24 ore per uno sciopero generale. A Madrid milioni di persone han-no manifestato e protestato già durante la notte contro la crisi e il governo. È stato quasi stra-niante trovarsi lì in mezzo. Non mi era mai successo di par-tecipare a qualcosa di così gran-de. Come non mi era mai neppu-re successo di finire in mezzo a degli scontri tra poliziotti e ma-nifestanti. Erano tutte esperien-ze che avevo sempre vissuto di seconda mano.Ma la protesta non si fa solo nel-la piazza. Si moltiplicano le ini-ziative grandi e piccole, tutte vol-te a ricreare un legame sociale che le persone sentono di avere perso. È creazione di comunità, di in-contro e scambio, piccolo come fare una libreria gratuita che vive di donazioni e volontariato, o creare un centro sociale che sia oltre ogni nostro (inteso riferito a noi italiani) pregiudizio su questi luoghi e che diventi un punto di riferimento per un intero quar-tiere, o grande, come un’uni-versità che si trasferisce per un giorno a fare lezione nelle strade aprendosi a tutti. Insomma, si tenta di ricostruire, insieme, una nuova comunità.

di Mara Piras

Il progetto scelto questo mese è Identità, opera di uno studente del terzo anno, Giacomo Regallo, iscritto nel corso di Nuove Tecno-

logie per l’ Arte (il secondo dipartimen-to dell’Accademia Carrara).Ciò che ci propone Giacomo è un’ in-stallazione multimediale : una pedana interattiva ricoperta di terra, che rea-gisce sonoramente al calpestare delle persone che vi camminano sopra scalzi e, una performance d’apertura, in cui la protagonista si muove su questa pedana, esegue una sorta di rituale cerimoniale, che diventa parte integrante dell’opera

nella quale veniamo immersi in un per-corso fisico e mentale e veniamo, inol-tre, chiamati a partecipare. Qui tempo e spazio coincidono con l’opera, che agi-sce slittando l’individuo da pubblico e folla: vuole quindi parlare facendo.Il teatro della vita si trasforma quindi in happening e la dicotomia fra opera e pubblico viene meno. La nostra intera-zione si confronta con segni quali suoni e armonie, interpretazioni non verbali, “altari” site specific, tutto in un ambien-te sensibile.Gli elementi fondamentali di quest’ope-ra sono l’abbandono del corpo, l’espe-rienza espansa e il primitivismo urbano frutto della relazione tra vita e tecnolo-gia, suggerendo lo stato di assuefazione e il forte condizionamento che il filtro tecnologico ha sulla vita.

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