Giornale ordine medici milano -luglio-settembre 2011

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 3 | 2011 Ordine Provincial e Medici Chirurghi e Odontoiatri Milano Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milano)  ANNO LXIV LUGLIOSETTEMBRE INCHIESTA Quale futuro per i giovani medici? • Giancarlo Roviaro: come superare la crisi vocazionale dei chirurghi? • Il pericolo di detenere un’arma • Quando lavorare diventa difficile

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3|2011

Ordine Provinciale Medici Chirurghie Odontoiatri Milano

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milan

ANNO LXIVLUGLIOSETTEMBRE

INCHIESTA

Quale futuro peri giovani medici?

• Giancarlo Roviaro:

come superare la crisi vocazionale dei chirurghi?

• Il pericolo di detenere un’arma

• Quando lavorare diventa difficile

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Organo ufficiale di stampa dell’Ordine

Provinciale dei Medici Chirurghi

e degli Odontoiatri di Milano

Inviato agli Iscritti e ai Consiglieridegli Ordini d’Italia

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

1

 

1

 Sommario 

 Autorizzazione Tribunale di Milano n° 366del 14 agosto 1948Iscritta al ROC Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 20573 (delibera AGCOM

n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008).

Direttore Responsabile: Ugo GarbariniComitato di Redazione: Valerio Brucoli,Dalila Patrizia Greco, Maria Grazia Manfredi,Luigi Paglia, Roberto Carlo Rossi

Redazione e realizzazioneTecniche Nuove SPAVia Eritrea 2120157 Milano - ItalyRedazione: Cristiana Bernini - 02 39090689Impaginazione: Alessandra Loiodice - 02 39090671e-mail bollettino.medici @tecnichenuove.com Segreteria Cinzia Parlanti

Via Lanzone 31 – 20123 MilanoTel 02 86471400 – Fax. 02 86471448e-mail: [email protected]

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Stampa: Arti Grafiche Boccia, Salerno (SA)

TrimestralePoste Italiane SpA – Spediz. In abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1,comma 2, DCB Milano

Dati generali relativi all’OrdineConsiglio DirettivoPresidenteUgo GarbariniVice PresidenteRoberto Carlo RossiSegretarioSalvatore G. AltomareTesoriereAngiolino BigoniPresidente OnorarioRoberto AnzaloneConsiglieri

Leandro Aletti, Gianpiero Benetti,Francesco M.A. Brasca, Valerio Brucoli,Dino Dini, Claudio Gatti,Giovanni Campolongo,Luigi Di Caprio, Raffaele Latocca,Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia,Massimo Parise, Giordano P. Pochintesta,Ugo G. Tamborini, Maria Teresa Zocchi

Commissione OdontoiatriPresidenteValerio BrucoliSegretarioErcole RomagnoliComponentiDino Dini, Claudio Gatti, Luigi Paglia

Collegio Revisori dei Conti

PresidenteGiovanni CantoComponentiLuciana Maria Bovone, Paola PifarottiTito Pignedoli

Anno LXIV - 3/2011 Luglio-Settembre

Editoriale  All’insegna del caos  InchiestaQuale futuro per il giovani medici? 4Maria Cristina Parravicini 

IntervistaPiù formazione e investimenti 10Federica Barberis 

Storie di medici

  Tre giovani, tre storie diverse 14Maria Cristina Parravicini 

IntervistaChirurghi, come superare la crisi vocazionale 18

 

Pierluigi Altea 

 AttualitàIl pericolo di detenere un’arma 22Carlo Alfredo Clerici 

Medicina del lavoroQuando lavorare diventa difficile 24

Giuseppe Leocata e Giovanna Castellini 

Finestra sull’odontoiatriaGestione delle fratture coronali e radicolari 30Luigi Paglia e Claudia Caprioglio

Storia della medicinaOspedali Militari di Riserva 34Dario Cova e Ugo Garbarini 

IntervistaPartire dalle parole… non dette 40

 Tiziana Azzani Dario 

Finestra sulla medicina sportivaNon tutti gli sport sono uguali 43Ugo Monsellato 

Corsi ECM  49 

In libreria 53 

Notizie  55

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C   on grande soddisfazione dei pochi lettori di questo Bollettino,questo numero non avrà quelloche, con una certa presunzionechiamano editoriale.Volevo parlare ancora dei CReG,

e così avevo titolato il pezzo.Leggi e norme in Italia hannola prerogativa di essere lette einterpretate in mille modi, hanno, inuna parola, il pregio della confusione.Perché tu non capisci niente, sidirà da sinistra o da destra mentreio, che mi credo l’ermeneuta delleleggi, non posso ammettere svarioniinterpretativi e strumentali.Da destra, il coro di lamenti di

medici che, come il sottoscritto,non possiedono il dono di unQI elevato e che vedono inquell’ormai famoso acronimoun altro mezzo di persecuzionesulla medicina convenzionata.Dagli illuminati di sempre, illuministidella convenzione, futuristi dellamedicina pubblica, assessori dellasanità in pectore, politici di razza

non solo vengono il disprezzo per [bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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EDITORIALE

All’insegna del caos

gli ignoranti cronici ma anche leingiurie e la richiesta di punizione per lesione del Codice Deontologico (!).

 Anche questa vicenda, cometante altre, ci ricorda il visto da

destra e da sinistra del grandeGiovannino Guareschi. Nell’Italiadei Comuni, dei quartieri e deisestieri ci si accapiglia su tutto.Non è il mezzo per controllarela spesa controllando i medici,anzi togliendo loro la potestà dicurare i propri assistiti ma, voilà,il sorvegliato a vista è il pazienteimpaziente, il paziente cronicoinosservante, colpevole di non seguire

le aggiornate terapie, oggi, dei propricuranti, domani, del gestore.È a lui che vengono tirate le orecchie.Ed ecco il rimedio, è il provider, ilgestore che si prenderà cura di luicui, oso supporre, invierà cartolinerosa precetto che gli ricorderanno, pena sanzioni, con uno scadenzarioscolpito nella pietra, che il giorno x deve fare questo, il giorno xx

quest’altro e via cantando.

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EDITORIALE

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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Quindi di che si lamentano i medicise viene loro sottratto gran partedel loro lavoro, tenendo contodel numero di cronici chegrava nelle loro liste? 

 Ai numerosi Colleghi che, preoccupati,intasano la nostra posta elettronicaraccomandiamo di aspettare fiduciosiil risultato della fase sperimentale. A quelli che ci insultano per il nostrocatastrofismo, rivendichiamo,ancora una volta (sembra ditornare agli anni’60), il nostro dirittodi esprimere le nostre opinionifelicissimi, nel caso di specie, di

riconoscere che avevamo sbagliato.

Vasilij Kandinskij,

Alcuni cerchi, 1926,

Guggenheim Museum,New York

Nel momento di dare alla stampail mio scritto, arriva la manovrafinanziaria anche questa scrittaapparentemente in italiano manecessitante di uno strumentodecrittatore: poca chiarezza

molta confusione, messaggi diminaccia. Una faticosa lettura delcapo XIV sembrerebbe escluderel’abolizione dell’Ordine come, alcontrario, i mezzi informativi hannoampiamente scritto e detto.Le manovre correttive dovrebberoesserci e dovrebbero consentire,deburocratizzando, un più facileaccesso alla professione.

Suppongo si tratti di abolire

l’esame di abilitazione, di validarel’autocertificazione (!) e altre amenità per favorire la concorrenza.Non posso, a questo punto, nonricordare la famosa Legge Bersaniche abolì lacci e laccioli soffocanti la

 pubblicità sanitaria, consentendo, in pratica, che solo potenti e intoccabilisocietà di servizi, inondassero, conogni mezzo, il mondo sanitariocon la peggiore pubblicità, promozionale, comparativa e nonraramente mendace e lasciando,isolato e impotente, il libero professionista a guardia del suostudio vuoto a fronte degli affollati

supermercati della Medicina.

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INCHIESTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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4

Maria Cristina Parravicini

Quale futuro per i giovani medici?

«C  

Nessuno, fino a qualche anno fa, si sarebbe posto unadomanda come questa, ma oggi anche i dati forniti sia alivello nazionale che regionale mostrano buchi sempre piùgrandi negli organici di tante specialità

ome Ordine dei Medici

di Milano – ricorda

Roberto Carlo Rossi,

 Vice Presidente – noi

constatiamo che diversi colleghi che

si laureano in Medicina e si affacciano

alla professione, per molti lunghi anni,

pur lavorando, ricoprono mansioni

anche molto impegnative, ma per

compensi decisamente miseri. Non sitratta di un problema nuovo, ma la mia

impressione è che il numero dei lavori

sottopagati, come pure l’entità delle

cifre che questi colleghi percepiscono,

stia diventando preoccupante; conosco

colleghi che lavorano a dieci euro lordi

l’ora, come dire la remunerazione

di una collaboratrice familiare. Va

poi osservato che a fronte degli

scarsi guadagni, spesso il peso delle

responsabilità è molto grande: turni

di notte pesantissimi, magari in Case

di Cura per pazienti molto abbienti in

cui, se durante il giorno l’assistenza

è perfetta, durante la notte un gran

numero di degenti viene lasciato

nelle mani di un neolaureato che può

avere delle difficoltà a seguire dei

quadri complessi, e soprattutto viene

pagato in maniera assolutamente non

decorosa.

Esiste poi il problema relativo a

quelli che io chiamo impropriamente

“gettonasti”; si tratta di colleghi

che hanno un contratto libero-

professionale con delle grosse/ 

medie strutture ospedaliere. Quello

che colpisce è che questo fenomeno

investe non solo le piccole realtà tipo

Case di Cura, ma anche diversi grossi

ospedali. Ad esempio, in Lombardia,è relativamente frequente l’usanza

di fare contratti libero-professionali

a colleghi che vanno poi a ricoprire

incarichi molto delicati come il medico

di Pronto Soccorso, trovandosi

a percepire uno stipendio lordo

appena decente, ma con fatturazione

della prestazione su cui devono poi

pagare il 20% di ritenuta d’acconto,

la previdenza, etc. Se consideriamo

che, vista la delicatezza dei lavori

che fanno, questi Colleghi devono

anche stipulare un’assicurazione

particolarmente robusta, alla fine, non

gli rimane attaccato niente e i soldi

che percepiscono sono nettamente

insufficienti per una vita dignitosa.

 Tutto questo fa sì che io sia veramente

preoccupato come Vicepresidente

dell’Ordine, sia pensando alla tutela

del cittadino, sia alla tutela etico-

deontologica della professione. Infatti,

io credo che un medico che viva

questa condizione, sia un medico

demotivato, un medico che corre il

rischio di livellare al basso l’assistenza

al paziente, non per sua colpa, ma per

le pessime condizioni in cui lavora: è

poco protetto dalla struttura, guadagna

quattro soldi, si deve pagare la

previdenza… e poi è ricattabilissimo.E tutto questo è molto grave in quanto

è ovvio che il collega che è assunto

nel senso vero della parola gode di

giuste tutele contrattuali e quindi non

 vive quella condizione di ricattabilità

del collega che viene assunto con

un contratto libero-professionale e,

proprio per questo, vive una situazione

di precarietà. Se un medico si deve

occupare di sbarcare il lunario, volente

o nolente, nella necessità di fare altro, 

sarà stanco e demotivato. Tutti questi

aspetti si ribaltano poi sull’assistenza

che viene erogata al cittadino e, se

pensiamo che spesso queste situazioni

si verificano nei Pronto Soccorsi,

si capisce perché bisogna essere

preoccupati».

«Fatte queste considerazioni –

prosegue Rossi – ritengo che

bisognerebbe avere il coraggio civile,

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INCHIESTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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da parte di tutti, di denunciare queste

situazioni pubblicamente: l’Ordine

può intervenire e fare la sua parte,ma solo se chi vive questa condizione

di precarietà denuncia il suo disagio.

Tuttavia, è necessario che soprattutto

le istituzioni (la Regione e le ASL, che

hanno il compito di controllare le

strutture ospedaliere) intervengano

una volta per tutte! Poiché il problema,

ci tengo a ribadirlo, non è solo di

carattere contrattuale/sindacale, ma è

assistenziale e deontologico in quanto

 viene svilita la prestazione che si eroga

e viene svilita la professione medica».

Durante e dopo la specialità«Altro problema di carattere più

spicciolo, ma non per questo meno

importante, è quello delle borse di

studio che, se per gli specializzandi

(delle scuole quinquennali) sono state

abbastanza rimpinguate, quelle per

il triennio di formazione specificain Medicina Generale, sono ancora

largamente insufficienti e va oltretutto

tenuto presente che questi giovani

non possono praticamente lavorare

(al più fanno qualche guardia medica

durante i weekend). È ovvio che in

queste condizioni o la famiglia si fa

carico di questi giovani, o non esiste la

possibilità di sbarcare il lunario.

Da qui il mio invito a chiunque possa

avere voce in capitolo, perché si facciaparte diligente affinché questi colleghi

 vengano pagati in modo decoroso,

o almeno come i loro colleghi

specializzandi quinquennali, perché

non esiste alcun tipo di differenza nel

percorso formativo».

Sfogliando il cahier de doléances 

della professione medica nella fase

 in fieri, Rossi osserva che, «un altro

problema, e non di poco conto, è

UN PO’ DI OSSIGENO

DALLA GIUNTA DELLAREGIONE LOMBARDIA

Ospedali e ASL lombarde assumeranno nel 2011

complessivamente 3.233 nuovi dipendenti. Loprevedono due nuove delibere approvate dalla

Giunta, su proposta dell’assessore Bresciani, che

dettagliano i piani di assunzione del personalemedico e infermieristico a tempo indeterminato

per l’anno in corso.

Inoltre, la Giunta ha deciso di sostenere, con un

primo finanziamento di 2 milioni, l’attivazione di 40contratti per medici specializzandi nelle Università,

aggiuntivi rispetto ai posti fissati dal Miur. Stanziati

anche altri 2.575 milioni per coprire i 31 contratti

aggiuntivi già attivati nel 2010 con fondi SSR.

quello che riguarda alcune specialità

che, stando alle notizie che ci arrivano,

stanno diventando sempre meno

appetite o appetibili per diversi motivi:

perché il tipo di lavoro è consideratotroppo gravoso e, in proporzione, 

poco remunerato. Dai numeri che ci

arrivano dal territorio, la pediatria

è una di quelle che registra un calo

crescente di iscritti per ragioni che

probabilmente vanno dalla lunghezza

dell’iter per diventare pediatri di libera

scelta, (raramente si apre qualche

zona carente), oppure dalla scarsa

disponibilità di posti nei reparti

ospedalieri in cui si fa pediatria, con il

rischio di percorrere un iter, a livello

di specialità, lungo e gravoso, ma con

scarsi sbocchi.

Ci sono poi una serie di specialità,

come la chirurgia generale, in cui

siamo di fronte a fenomeni assimilabili

ai temi della medicina difensiva nel

senso che queste specialità sono

bersagliate dai contenziosi medico-

legali e questo, inevitabilmente,

provoca una disaffezione da parte

dei giovani medici che temono, in

 futuro, di andare incontro a problemi

quasi sicuri. In questo senso, altro

aspetto a sfavore è quello legato

agli aumenti costanti dei premi

assicurativi in relazione all’incremento

dei contenziosi, cui si aggiunge una

giurisprudenza che, a mio avviso, è, 

purtroppo, marcatamente schierata

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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INCHIESTA

a favore del paziente e molto meno

del medico. Inoltre, per i giovani che

 frequentano una scuola di specialità è

difficile, oggi come oggi, percorrere in

Italia un iter paragonabile a quello che

c’è all’estero.

Mi riferisco al fatto che la parte

pratica della professione viene

insegnata in maniera non sufficiente

nella maggior parte degli Atenei. È

un peccato, perché la preparazioneteorica è eccellente ma i ragazzi

devono in qualche modo strappare la

professionalità dai colleghi già esperti.

Non è colpa del singolo che non

insegna al giovane, né che il giovane

sia pigro e non voglia imparare dal

 vecchio, la colpa – a mio avviso – sta

nel fatto che non si sono previsti dei

percorsi obbligati in cui se uno non sa

 fare una cosa non viene “specializzato”.

In teoria è già così, ma in pratica tutti,in maniera palese e chiara, dicono

che per lo specializzando imparare

il mestiere è difficile, per cui è il

singolo discente che si deve dare da

 fare chiedendo e seguendo il collega

anziano per cercare di avere gli

insegnamenti su quello che fa». 

«Un cardiologo – esemplifica Rossi

– dovrebbe uscire dalla scuola di

specializzazione in cardiologia sapendo

a mettere da parte – se c’è – il sciocco

timore della concorrenza e passare

tutto quello che abbiamo di buono achi viene dopo di noi».

Medico o burocrate?

Procedendo nella disamina degli

aspetti che possono indurre le

giovani leve a non intraprendere

il lungo percorso nella Facoltà di

Medicina, Rossi si sofferma sulla

burocratizzazione della professione

che «incide a sua volta tantissimo nel

senso che, se per i giovani è un aspetto

in parte tutto da scoprire, vero è che

ha un suo peso rilevante e che ha

cambiato anche il lavoro del medico. I

giovani sono forse avvantaggiati, non

solo perché nascono praticamente con

il computer in mano, ma anche perché

si abituano facilmente all’utilizzo di

sistemi informatici particolarmente

complessi.

Ma al di là della complessità deisistemi, oggi le cartelle cliniche

informatizzate sono delle “Treccani”…

Probabilmente per evitare contenziosi, 

si documentano tutti i passaggi in

maniera quasi maniacale e le cartelle

cliniche che impone la Regione

Lombardia sono pacchi e pacchi di

 fogli. Certamente dietro a questa

massa di documenti c’è la necessità

di evitare dei contenziosi, ma è anche

 vero che queste attività portano via deltempo all’assistenza del paziente. C’è, 

a mio avviso, un aspetto nel percorso

del medico giovane che è fortemente

penalizzato da questi elementi e cioè,

aumentando la parte burocratica, si

corre il rischio che le incombenze di

più basso profilo vengono scaricate

soprattutto sugli ultimi arrivati

colpendo ulteriormente la loro

professionalità. Ma è un problema che

 fare un po’ tutto, dalla cardiologia

interventistica alla cardiologia

ambulatoriale.Oggi, è inutile nasconderselo, tutto

questo di solito non avviene perché

sembra mancare un sistema che

preveda delle verifiche puntuali in base

alle quali, per restare nell’esempio,

il neo cardiologo debba saper fare

uno studio elettrofisiologico, un

cateterismo cardiaco, una coronografia

ecc. Al momento, la maggior parte

degli specializzandi con cui vengo

in contatto, mi dicono che fanno

 veramente fatica ad apprendere perché

manca un sistema che li metta al

centro, nella fase dell’apprendimento, e

non solo nella fase teorica».

«Se non saremo capaci di apportare

di dovuti cambiamenti – sottolinea

Rossi - noi formeremo degli specialisti

inadeguati che passeranno i primi anni

della professione a dover compensare

quello che gli è mancato nel cursus della specialità e tutto questo avrà una

ricaduta negativa sull’assistenza che

si offre al paziente, oltre a formare

dei professionisti con degli handicap 

di partenza che non saranno al passo

con i loro colleghi europei e che

rischieranno anche di più sotto il

profilo medico-legale. Noi lombardi,

quindi, dovremmo trovare il modo

di avere una levata d’orgoglio e di

pretendere che da oggi in poi le cosesi facciano in modo diverso rispetto al

resto della nazione. Bisogna che ci sia

un reparto di scuola, un ospedale dove

si impara, che tutto l’apprendimento

sia davvero pratico e che ci sia un

maggior numero di colleghi anziani

disponibili a seguire i colleghi in

 formazione. La trasmissione del sapere,

infatti, è fondamentale e, poiché

nessuno è eterno, bisogna imparare

Angelo Nespoli,

direttore della Scuola

di Specializzazione in

Chirurgia Generale

dell’Università degli

Studi Milano Bicocca.

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INCHIESTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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grava un po’ su tutti: basti pensare

ai MMG che non possono più fare a

meno di confrontarsi con una seriedi leggi e circolari che incombono

praticamente nel quotidiano».

Di padre in figlio?Se fino a qualche tempo fa “mestieri“

come quelli del medico, dell’avvocato,

del farmacista era prassi che si

tramandassero di padre in figlio,

secondo Rossi la «sensazione che mi

 viene parlando con tanti colleghi è che

una volta, nella nostra professione, 

il figlio cresceva effettivamente nella

bottega del padre, ed era frequente

 vedere un figlio medico di padre

medico Nei periodi difficili come

quelli post bellici i soldi erano pochi

e le famiglie risparmiavano molto per

cercare di avviare i figli alla professione

medica. Nella generazione successiva,

la scelta di fare medicina è stata spesso

per emulazione, perché esistevala bottega del padre che garantiva

stabilità economica nella sua qualità

di professionista (quando ancora i

medici facevano parte di una élite).

Oggi sento spessissimo padri che

cercano in tutti i modi di dissuadere

i figli ad intraprendere la loro stessa

professione, a indice del fatto che i

rischi medico-legali stanno diventando

enormi, i costi per poter usufruire

di un buon iter di studi stanno

diventando elevati, e dove il lavoro

che si svolge non è più socialmente

ed economicamente remunerativo.

In Inghilterra è ancora così, nel senso

che se un medico va in banca, ha

immediatamente e senza problemi

un’apertura di credito perché il livello

professionale, sociale e remunerativo

è ancora elevato. Se guardiamo le

statistiche, l’Italia è l’ultimo paese

del mondo occidentale per quanto

attiene la remunerazione dei medici

di famiglia, e uno degli ultimi perquanto riguarda la remunerazione

dei medici ospedalieri. Ed è un

problema perché la nostra credibilità

professionale e il nostro peso sociale

si misura anche su questi parametri.

 Altro aspetto che vedo, e con estrema

preoccupazione, è che aumenta il

numero dei medici poveri: un fatto

gravissimo che, una volta, riguardava

solo quei pochi che potevano avere

problemi di salute o di dipendenza.

Oggi invece sono in contatto con una

serie di colleghi che hanno bisogno

di assistenza, anche nel cibo, ed è un

 fatto incredibile per delle persone

che hanno nelle mani la salute degli

altri. Anche il fatto che il livello sociale

della professione si sia così ribassato

si ribalta ancora una volta sui giovani

per diverse ragioni: innanzi tutto

perché la professione appare menoappetibile di un tempo, poi perché

provoca anche il disamoramento di

chi deve insegnare. Se neanche gli

insegnanti del sapere medico ricevono

delle remunerazioni sufficienti per un

carico di responsabilità così gravoso e

pesante è chiaro che nessuno avrà più

 voglia di trasmettere ciò che sa.»

Crisi di vocazioni in chirurgia?Perde appeal la figura del chirurgo

se, come emerge dai dati, su 278

borse di studio annuali in Chirurgia

generale una su cinque non viene

assegnata per mancanza di candidati.

La ragione di questa emorragia,

andata consolidandosi nel corso

degli ultimi vent’anni, nasce da una

serie di concause ma, come dichiara

 Angelo Nespoli, Direttore della

Scuola di Specializzazione in Chirurgia

Generale dell’Università degli Studi

Milano Bicocca, «il fenomeno non

è solo italiano (negli USA accade

altrettanto), il lavoro del chirurgo

è diventato poco appetibile per i

giovani perché ai sei anni di Università

si vengono a sommare i sei anni

di scuola di specialità, quindi un

investimento a lungo termine. Fatta

questa considerazione, aggiungo che

non è vero che una volta diplomati nontrovino lavoro in Chirurgia: quelli che

abbiamo diplomato negli ultimi anni

sono stati tutti praticamente assunti

in qualche struttura. Il problema

riguarda il tipo di lavoro che nei

giovani ha poca corrispondenza:

è un lavoro difficile, un lavoro di

responsabilità e che impegna molto

sotto il profilo della qualità della vita.

Oggi, inoltre, il contenzioso medico-

legale è diventato pressoché la norma,

e anche questo incide notevolmente.

Le previsioni dicono che entro il 2015

in Lombardia, ma presumibilmente

anche in altre regioni a causa dei

numerosi pensionamenti previsti,

ci sarà una carenza di chirurghi.

 Anche questo è un segnale che deve

 far meditare e portare a mettere dei

correttivi e, uno di questi correttivi

dovrebbe essere la legittimazione

Roberto

Carlo Rossi,

vicepresidente

dell’Ordine dei

Medici Chirurghi e

degli Odontoiatri

di Milano.

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8

INCHIESTA

economica. Oggi infatti siamo di fronte

a un appiattimento generale che vede

sullo stesso piano professionisti concarichi di responsabilità assai diversi;

un esempio per tutti i professionisti

che lavorano nell’ambito di una branca

internistica, quindi di tutta tranquillità,

con un orario di servizio dal lunedì al

 venerdì pomeriggio, e professionisti

come i chirurghi che hanno impegni di

tutt’altro genere, da quello fisico, alle

responsabilità, alle guardie, ai turni di

notte e ai turni di sabato e domenica. E

non finisce qui perché il chirurgo, una

 volta operato il paziente, anche se non

è di turno si sente coinvolto, telefona,

e se lo chiamano interviene: è evidente

come tutto questo finisca con l’avere

un impatto non indifferente sulla

qualità della vita».

 Venendo ai contenziosi medico-

legali, Nespoli ricorda che «in termini

numerici le specialità più esposte sono

la ginecologia e l’ortopedia, mentrela chirurgia generale lo è di meno.

Dal punto di vista assicurativo noi,

come ospedale, abbiamo una buona

assicurazione; esiste comunque la

possibilità di fare una integrazione

assicurativa, che si aggira intorno ai

500 euro l’anno, che è utile nel caso di

greve responsabilità, ma raramente

 viene utilizza. Le stesse linee guida,

che in teoria dovrebbero cautelarci

nel caso di contenziosi medico-legali,non si sono dimostrate sufficienti nel

caso di ricorso in Cassazione, come ha

dimostrato una recente sentenza, ed è

sotto questo profilo che l’integrazione

assicurativa trova la sua logica.

Personalmente sono cresciuto con una

mentalità diversa, male non fare, paura

 non avere, ma certi episodi lasciano un

po’ di perplessità…».

Ma al di là delle forme cautelative

(medicina difensiva, assicurazioni,

etc.), Nespoli osserva che «un aspetto

molto importante è quello del rapportodi comunicazione con il paziente

che deve essere molto personale

e preciso, tale cioè da permette di

superare tanti problemi, a monte

anche di un possibile contenzioso

medico-legale. Come Direttore della

Scuola di Specialità cerco di insegnare

ai giovani questo aspetto, innanzi

tutto con l’esempio: durante il giro

in reparto, vedo il paziente, gli parlo

e instauro un rapporto dialettico

chiaro e mirato alla persona. Quello

che vale per il paziente vale per i

 familiari, nel senso che bisogna saper

spiegare in modo comprensibile e

inequivocabile i problemi relativi

all’intervento chirurgico, incluse le

possibili complicanze che vanno al di

là delle capacità tecniche del singolo

operatore. E questo è il punto cruciale:

una complicanza, tranne in casieccezionali, non può essere considerata

un errore ma un evento avverso.

 Anche se si cerca di agire sempre

per il meglio, quando si presenta una

complicanza bisogna saperla gestire,

non solo sotto il profilo pratico e

tecnico, ma soprattutto col paziente a

cui vanno spiegate le ragioni, anche

se a volte capita che nemmeno noi le

conosciamo».

Terminata la scuola di specialitàQuante le possibilità per un giovane

di ottenere un contratto a tempo

indeterminato in una struttura

ospedaliera? Pochissime come

lamentano in tanti? «È molto relativo.

In questo ospedale (San Gerardo,

 n.d.r.) avevamo tutta una serie di

contratti libero-professionali (troppi);

è stata fatta la richiesta alla Regione

di convertirli in rapporti a tempo

indeterminato e la Regione ha

acconsentito. Vorrei però precisare che

un giovane appena diplomato dalla

scuola di specialità, che viene assunto

in una struttura pubblica, nonostante

i sei anni della scuola di specialità

non lo si può ancora considerare un

chirurgo finito in grado di operare

autonomamente.Nel corso degli anni di specialità

si viene maturando un percorso di

crescita che permette di arrivare al

diploma con un buon curriculum di

esperienze vissute direttamente in sala

operatoria in presenza di un tutor. Il

regolamento delle scuole di specialità

prevede infatti che lo specializzando

arrivi all’esame di diploma con un

certo numero di interventi fatti».

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INCHIESTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

9

Numero programmato:i test d’ingresso

«Qui nella nostra Facoltà di Medicina(Milano Bicocca,  n.d. r .) lavoriamo

tutti gli anni con centinaia di ragazzi,

di cui il 70% donne, e circa il 95% di

questi ragazzi arriva alla laurea negli

anni previsti dal corso. C’è una bassa

percentuale di rinunce, ma si tratta di

casi in cui lo studente si rende conto di

non aver fatto una scelta ottimale e il

cambio di facoltà avviene rapidamente.

Tornando per inciso alla alta

percentuale di donne iscritte,

devo riconoscere che sono molto

più motivate e mature rispetto ai

colleghi maschi e qui, alla scuola di

specialità, la metà degli specializzandi

è rappresentato da ragazze molto

determinate, che non si fermano

davanti a nessun ostacolo. Quanto al

numero programmato, è stata una

necessità. Attualmente il Ministero ci

ha più o meno imposto di aumentareil tetto e siamo arrivati al 30% in più

su base nazionale. Il discorso però è

un po’ più complesso. Che ci voglia

un test di ingresso personalmente

lo ritengo indispensabile ma, quello

che è criticabile, è la qualità dei test

da tanti punti di vista. Io darei molto

più spazio ai test di logica rispetto

ai test di conoscenza perché quello

che noi facciamo tutti i giorni nella

professione è fare esercizi di logica;

 fare un ragionamento diagnostico è

un test di logica in qualsiasi specialità.

L’aspetto ancora critico è che il test di

ingresso viene fatto nello stesso giorno,

con le stesse modalità in tutta Italia.

Noi, per esempio, vediamo presso

la nostra Facoltà ragazzi che hanno

ottime valutazioni ma che non entrano, 

e quegli stessi ragazzi che non sono

entrati qui avrebbero potuto entrare in

altre Università. Esiste però un’ipotesi

che sarebbe molto bella se attuata: che

si facesse cioè una graduatoria unicanazionale, possibilità che, al momento,

è inattuabile. È stato fatto un tentativo

qualche anno fa per la Facoltà di

Odontoiatria ma, dal punto di vista

pratico, si tratta di un problema molto

complesso nel senso che, se riusciamo

a far partire il corso di laurea, a

gennaio dell’anno successivo abbiamo

 fatto in fretta.»

Tornando al sistema dei test che resta

tema di polemiche tra favorevoli

e contrari, Nespoli osserva che,

«quello che noi non potremmo mai

 fare con i test, è valutare l’attitudine

a fare il medico e, nel caso della mia

specialità, a fare il chirurgo. All’esame

per la scuola di specialità quest’anno

ho nove iscritti su quattro borse di

studio, e questo da una parte mi fa

piacere perché mi conferma che

la mia scuola di specialità è moltoambita. Personalmente non mi pongo

il problema di essere sotto il numero

programmato, ma il fatto è che questo

esame che è un test, e che io ritengo

orribile, è una necessità. Come per

l’iscrizione alla Facoltà di Medicina

anche nel caso della Scuola di

Specialità i test vengono dal Ministero

e l’esame si svolge nello stesso giorno

in tutte le scuole di specialità d’Italia,

escludendo quindi la possibilità di

tentare l’esame in sedi diverse. Il tempo

che intercorre poi tra la prova dei test e

quella di pratica è molto poco e questo

toglie la possibilità di valutare questi

ragazzi sull’attitudine: perché vuoi fare

il chirurgo? Il mio maestro, Vittorio

Staudacher, a noi giovani studenti

diceva sempre «ricordatevi che non

sono io che ho scelto voi, siete voi che

avete scelto me».

  n

Conseguito il diploma di specialità,

tra pubblico e privato, quali saranno

le possibilità concrete di un lavoro

a tempo indeterminato? «Nel corso

degli ultimi anni – ricorda Nespoli

- ho visto tanti giovani che hanno

preferito andare a lavorare nel privato

convenzionato per svolgere un’attività

di nicchia, nel senso che anche lì non

hanno le guardie, ma si occupano di unsettore limitato della chirurgia, come

ad esempio la chirurgia senologica,

quella dei melanomi che sono meno

complicate (la definisco «chirurgia

di superficie») e dove è difficile che

sopravvenga la complicanza, la

chiamata notturna perché il paziente

operato durante il giorno sanguina,

anche se certamente può succedere

(5%)».

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

10

 

10

Federica Barberis

Più formazione e investimenti

 S   

È l’impegno della S.I.G.M. perché non vengano dispersele motivazioni di quei giovani che hanno scelto quellodel medico come percorso di vita

econdo lo schema di Piano

Sanitario Nazionale per il

triennio 2011-2013 uno dei

capitoli più critici è quello delle risorse

umane: si stima, infatti, che entro il 2015

diciassettemila medici lasceranno ospedali

e strutture territoriali per raggiunti limiti

di età; di questi, una parte non verrà

rimpiazzata a causa della crisi economica

e tagli del personale, ma anche a causadella carenza di nuovi professionisti. La

crisi, secondo il Ministero della Salute,

avrà origine a partire dal 2012, anno in cui

si registrerà il primo “saldo negativo tra

pensionamenti e nuove assunzioni”. Ma

c’è una correlazione tra la carenza di nuovi

medici e il numero chiuso per l’accesso alla

Facoltà di medicina e chirurgia?

Per Martino Massimiliano Trapani,

 vice presidente del Segretariato Italiano

Giovani Medici (S.I.G.M.), «non è correttoparlare di numero chiuso, ma ci si

dovrebbe riferire più correttamente alla

definizione di numero programmato nel

settore sanitario, che dovrebbe essere

in funzione del fabbisogno di salute

espresso dalla popolazione. È infatti su

queste basi che si dovrebbe effettuare una

corretta programmazione delle nuove

professionalità mediche da formare per

soddisfare le carenze di organico. Un

discorso a parte meritano le modalità

di selezione per l’accesso alle Facoltà

Mediche, che dovrebbero mirare a valutare

oltre che il livello di preparazione anche le

attitudini alla medicina: i test di ingresso,

dovrebbero essere ri-tarati, soprattutto

sulla parte relativa alla cultura generale,

che dovrebbe invece essere sostituita con

quesiti più affini ai contenuti che sono

oggetto di studio nel corso di laurea inMedicina e Chirurgia. Un’altra criticità da

rimuovere è rappresentata dalla spesso

non ottimale capacità professionalizzante

del corso di laurea, a fronte invece di un

eccessivo apporto contenutistico, il che

costringe il giovane medico a colmare sul

campo le lacune, una volta avuto accesso

al mondo del lavoro. Il quadro appare

più sconfortante se si pone un confronto

a livello europeo: uno studio, pubblicato

nel 2004 sul Journal of Medicine & the

 Person, evidenziava come l’attesa media

di occupazione per uno studente italiano

che si iscriveva al primo anno di Medicina

era pari a 15-16 anni, con una tendenza a

un ingravescente allungamento dei tempi

di accesso all’esercizio della professione,

soprattutto nelle Regioni sottoposte alle

limitazioni introdotte dai Piani di Rientro,

in ossequio al Patto della Salute sancito nel

2006 tra Governo e Regioni. Un pari età del

Regno Unito, invece, ha già acquisito una

piena maturità e autonomia professionale.

Tornando al contesto Italiano, dopo la

laurea la strada si biforca: da una parte,

troviamo il percorso della formazione

specialistica, della durata di cinque o sei

anni, cui si accede per concorso annuale

a numero programmato, bandito dalle

singole Università in maniera coordinata

e congiunta sulla base delle direttive delMIUR, soggetto annualmente a ritardi

nell’espletamento (a causa di uno stato di

deroga connesso a una deriva burocratico-

normativa), tanto che, in funzione della

sessione in cui si consegue il diploma di

laurea, si può “perdere” anche più di un

anno per essere ammessi al concorso. Il

paradosso infatti è che la programmazione

del fabbisogno viene definita dal Ministero

della Salute di concerto con le Regioni,

mentre i posti da mettere a concorsosono decisi dal MIUR, che adotta come

criterio le capacità formative delle

scuole di specializzazione che, spesso,

non corrispondono con le esigenze

programmatorie del SSN. Dall’altra

parte, si può optare per il corso triennale

specifico di medicina generale, anch’esso

a numero programmato, ma gestito dalle

singole Regioni. Entrambi, il diploma

di specializzazione e quello di medicina

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

11

 

11

generale, in ossequio alle Direttive

Comunitarie sono requisiti indispensabili

per accedere alla dirigenza medica, nel

primo caso, e al rapporto convenzionato di

medicina generale, nel secondo».

Proposte migliorativeIl S.I.G.M., in risposta delle predette

criticità, si è fatto latore di proposte volte a

migliorare la condizione dei giovani medici:adozione di un sistema a graduatoria

unica su base nazionale e di criteri di

 valutazione quanto più possibile oggettivi

e uniformi, ai fini dell’accesso alle scuole di

specializzazione (da estendere per il Corso

di Laurea in Medicina e Chirurgia).

anticipazione nel contesto del Corso

di Laurea in Medicina e Chirurgia del

tirocinio professionalizzante dell’esame

di stato (laurea professionalizzante) e

rendere abilitante il concorso di accesso

alla specializzazione (e il concorso annuale

per l’accesso al corso specifico di medicina

generale): i vincitori del concorso e i non

 vincitori, purché superino una soglia

minima, conseguirebbero l’idoneità

all’esercizio della professione.

Tale sistema permetterebbe di abbreviare

i tempi medi di accesso alla professione

medica in Italia.

Trapani ricorda poi che «un altro

problema è la rete formativa delle scuole

di specializzazione che, ai sensi della

normativa vigente, dovrebbe aprirsi

anche alle strutture non universitarie,

pubbliche e private, in modo da offrire un

numero di prestazioni atte a soddisfare una

soddisfacente formazione tecnico-pratica.

Purtroppo, molte scuole si sono adeguate

soltanto sulla carta a tali incombenze e,

laddove invece si fossero adeguate in

concreto, non risultano chiare le modalità di

impegno dello specializzando che dovrebbe

essere posto nelle condizioni di ruotare

all’interno della rete formativa secondo un

programma ben definito. Questo aspetto

andrebbe quindi regolamentato per fare

sì che lo specializzando non si “nutra”

solo di teoria, ma possa fare la pratica

richiesta, che è fondamento di una realeprofessionalizzazione.

Gli specializzandi, di contro, spesso

 vengono trattenuti nei Policlinici

universitari per vicariare la carenza di

personale strutturato.

 Al fine di superare le predette criticità, il

S.I.G.M. chiede che si provveda a una reale

implementazione della rete formativa,

che dovrebbe aprirsi tanto alle aziende

ospedaliere, quanto ai vari presidi di

cura del territorio: in tal modo si avrà un

incremento dell’offerta formativa con un

ottimale rapporto tra casistica e medici

in formazione, oltre che mettere nelle

condizioni il giovane medico di essere

preparato a operare in tutte le articolazioni

del SSR, a cominciare dal territorio che,

in risposta all’incremento del bisogno di

salute ascrivibile alle patologie croniche,

cronico-degenerative e invalidanti, offrirà

maggiori sbocchi occupazionali».

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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INTERVISTA

Formazione post laurea«È il momento in cui i nodi vengono al

pettine per i giovani medici – dichiara

Trapani che prosegue. – La tendenza che

si sta consolidando è quella di offrirecontratti a tempo determinato o rapporti

di lavoro che alimentano un vero e proprio

regime di precariato; ciò per consentire alle

 Aziende Sanitarie di risparmiare e restare

nei budget assegnati. L’errore concettuale è

proprio quello di non investire sui giovani,

che rappresentano invece il futuro del

sistema sanitario nazionale. Il momento

attuale infatti vede l’adozione di contratti

libero professionali molto flessibili,

della disoccupazione/sotto-occupazione

giovanile trattenendo i migliori, anche se in

alcune regioni c’è il blocco delle assunzionie in altre ci sono difficoltà economiche;

quando infatti il sistema scoppierà, le

regioni, a fronte dei pensionamenti, prima

o poi dovranno assumere qualcuno (salvo

affidare tutto ai privati), con il rischio di

privilegiare la quantità a scapito della

qualità.

Il S.I.G.M., per evitare il ripetersi di

questi fenomeni, punta sulla corretta

programmazione, quali-quantitativa, del

 fabbisogno di professionalità specialistiche

e specifiche di medicina generale. In

risposta alla prospettiva di una carenza di

professionalità mediche, il Ministero della

Salute, dopo aver concordato col MIUR

un incremento dell’offerta formativa delle

Facoltà Mediche, applicato in itinere nel

corrente anno accademico, ha adoperato

l’unico strumento di cui dispone a tal

proposito, predisponendo al punto 1.6

“Risorse Umane del SSN” dello schemadi Piano Sanitario Nazionale (PSN)

2011-2013, l’innalzamento dell’attuale

contingente dei contratti per la formazione

specialistica dei medici, pari a 5000, che si

può realizzare solo attraverso un aumento

delle risorse», peraltro in recepimento delle

esigenze prospettate dalle Regioni negli

ultimi tre anni. Il nostro Segretariato, pur

riconoscendo la validità di tale iniziativa,

ritiene che sia indispensabile, al contempo,

dotare da subito gli Assessorati Regionalidella Sanità di strumenti ulteriori, utili a

esercitare una piena governance della

dotazione di professionalità mediche,

superando il ricorrente stato emergenziale,

e magnificando la dimensione regionale

alla luce delle innovazioni introdotte dalla

devoluzione in ambito di Sanità. Il S.I.G.M.

ha avanzato nelle sedi Istituzionali la

proposta di istituzione di un Osservatorio

Nazionale sulla Condizione Occupazionale

contratti limitati a sei mesi, uno o due

anni al massimo, mentre si registra una

sola assunzione a tempo indeterminato a

 fronte, mediamente, di tre pensionamenti.

Siffatta gestione delle risorse umane,oltre a non dare stabilità esistenziale ai

giovani medici che hanno affrontato

enormi sacrifici e investimenti per la loro

 formazione, crea l’effetto paradosso di non

 favorire il trasferimento delle conoscenze

tra i professionisti più attempati, che

presentano un prezioso bagaglio di

esperienze, e i giovani». Trapani ricorda

inoltre che «Stato e regioni dovrebbero

porgere maggiore attenzione al fenomeno

Nato dalle radici del S.I.M.S., Segretariato Italiano Medicie Specializzandi, si pone all’attenzione della comunitàmedica come realtà associazionistica (no profit) il cui scopoè dare un contributo qualificante alla formazione dei giovanimedici, ai profili etici e sociali della professione medica,alla crescita intellettuale, professionale, deontologica dellenuove classi mediche. Obiettivo del S.I.G.M. è di affermareun modello di medico che abbia padronanza della propriaprofessione in ogni condizione, oltre i confini geografici eculturali, aprendosi al confronto con le realtà assistenzialiinternazionali senza trascurare il miglioramento del

contesto nel quale opera. In quest’ottica il Segretariato offre ai propri iscritti servizi in

termini di formazione, occasioni di lavoro e perfezionamento in Italia e all’estero, di accessoalla ricerca scientifica, curando una corretta informazione e formazione sugli aspettitecnico-legislativi e intervenendo attivamente e criticamente sulle politiche sanitarie,professionali e previdenziali. Il S.I.G.M. ha inoltre prodotto il primo “Manuale del GiovaneMedico” con tutte le informazioni per quanti si affacciano alla professione, e la rivista sulweb “Capsula Eburnea” che pubblica articoli scientifici originali su argomenti di medicina,biomedicina, biotecnologie mediche, scienze motorie e psicologia medica. Il Segretariatoha anche realizzato la rivista “Giovani Medici”, periodo di informazione a carattere tecnicoprofessionale per giovani medici e professionisti della sanità a distribuzione nazionaleL’assetto organizzativo del Segretariato, ramificato sul territorio in sedi locali e provinciali,prevede un’articolazione in Dipartimenti autonomi ma coordinati da un direttivorappresentativo delle differenti specificità. Attualmente il Segretariato è presente in 27 sedidistribuite sul territorio nazionale. Il S.I.G.M., da Statuto, ha individuato la FNOMCeO e gliOrdini Provinciali dei Medici e Odontoiatri quali referenti istituzionali e modelli organizzativicui ispirarsi. Inoltre, i responsabili del Segretariato curano la gestione della moderazionedel Forum dei Giovani Medici, spazi tematici a libero accesso e luoghi di incontri virtuali(www.giovanemedico.it).

CARTA D’IDENTITÀ DEL S.I.G.M.

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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dei Giovani Medici, e di omologhi

Osservatori Regionali che insistano presso

gli Assessorati Regionali della Sanità,con il compito di rilevare e analizzare

quantitativamente e qualitativamente il

 fabbisogno di professionalità mediche,

svolgere attività di monitoraggio

sull’andamento occupazionale dei medici

e proporre interventi ai Policy Makers.

L’idea si fonda sul portare a regime un

sistema integrato di flussi informativi

occupazionali, che metta insieme il dato

rilevato nel SSN attraverso le Regioni e

le banche dati FNOMCeO e delle Casse

previdenziali (ENPAM, INPDAP, INPS),

nonché un ulteriore dato relativo al

 flusso di professionisti in incoming and

outgoing. Gli obiettivi sono ambiziosi:

ottenere un quadro completo e aggiornato

dei medici in attività sul territorio

nazionale, documentare eventuali carenze

di professionalità e pianificare azioni

adattative in funzione del bisogno di

salute, che è in continuo divenire. Inoltre,tale sistema, se opportunamente messo a

rete, potrebbe espletare una funzione di

raccordo tra le Regioni al fine di monitorare

le eventuali carenze o eccedenze di

professionisti sulla base delle quali definire

politiche di mobilità a garanzia di un

maggior equilibrio a livello nazionale».

«Altro settore in cui sarebbero opportuni

degli interventi – sottolinea Trapani – è

quello del privato. Circa l’occupazione nelle

strutture sanitarie private, si dovrebbeavviare, su base regionale, un monitoraggio

dell’impiego dei giovani medici: è noto,

infatti, che esistono dei casi di prestazioni

professionali mediche sotto retribuite. Si

tratta di segnalazioni provenienti da giovani

colleghi, i quali lamentano l’assenza di un

tariffario ben definito per le prestazioni

erogate nel privato. Siamo a conoscenza di

retribuzioni pari anche a sette euro l’ora! Si

tratta di cifre scandalose, se si tiene conto

dell’investimento dei giovani medici in anni

di formazione, a cui si sommano i costi per

la copertura assicurativa. A tal propositochiediamo che sia la Regione che l’Ordine

dei Medici prendano una posizione».

Il quadro prima rappresentato rende

ragione del trend in ascesa del numero

di giovani medici italiani, tra questi i più

motivati, che decidono di trovare asilo

professionale presso altri Paesi, e talora di

completare o addirittura intraprendere il

percorso formativo post laurea. Quadro

che viene confermato dai dati preliminari

di un questionario sulla condizione

occupazionale dei giovani medici, che il

S.I.G.M. sta somministrando attraverso

il Portale dei Giovani Medici (www.

giovanemedico.it ). Si stanno delineando

i contorni di una vera e propria fuga di

cervelli in sanità. Altri sistemi sanitari,

infatti, peraltro in sofferenza per carenza

di medici, garantiscono il raggiungimento

in tempi molto più brevi di maturità e

autonomia professionale, unitamente amaggiori possibilità di progressione di

carriera quanto di arricchimento sociale e

umano. Altri Paesi, dunque, in mancanza

di interventi urgenti, si avvarranno di

professionalità mediche formate a spese

dello Stato Italiano e delle rispettive

 famiglie. Non si tratta, quindi, di una

mera questione economica, per quanto

gli stipendi per i medici in Paesi quali la

Francia, il Regno Unito e la Germania

siano molto più sostanziosi. È lecitoperaltro interrogarsi sulla provenienza

delle professionalità mediche a cui il nostro

Paese dovrà ricorrere in futuro, a fronte

della carenza prospettica di medici italiani.

Affrontare i cambiamenti

nella sanità

Martino Trapani ribadisce che «la sanità

sta cambiando e, cambiando la sanità,

noi giovani medici possiamo essere

l’opportunità per approdare a questo

cambiamento, anche sotto il profilo

culturale; il passaggio principale non è

saper solo fare la propria professione, ma

bisogna anche essere mentalmente aperti,

più disponibili alle conoscenze informatiche

e al cambiamento della società. Il vecchio

management di una volta non c’è più

e, almeno a livello ospedaliero, tutti si

interfacciano con la tecnologia sempre più

avanzata che offre la possibilità di diagnosi

più certe e di terapie migliori. A livello di

Medicina di base, quindi territoriale, si stainiziando un percorso simile e già se ne

 vedono i risultati con i certificati medici

on line e, a breve, anche la ricetta on line.

Si tratta in parte di un progetto in fieri

che andrà ampliato sul territorio. I nodi

centrali che la politica deve affrontare sono

le risorse destinate alla salute pubblica,

la promozione di salute e prevenzione,

l’assistenza agli anziani e ai cronici, la

medicina territoriale, la motivazione

e il ruolo dei medici. La strategia èquella del cambiamento graduale, del

«miglioramento a piccoli passi, evitando

inutili e pericolose decisioni di vertice e

‘riforme’ dei sistemi, spesso utopiche, mal

studiate e mal gestite». Quindi nessuna

rivoluzione azzardata, basata su «grandi e

repentini cambiamenti senza una accurata

 valutazione preventiva dei vantaggi e degli

svantaggi», ma piuttosto un percorso

ponderato e serio.n

Martino

Massimiliano

Trapani, vice

presidente del

Segretariato

Italiano Giovani

Medici (S.I.G.M.),

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STORIE DI MEDICI

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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14

Maria Cristina Parravicini

Tre giovani, tre storie diverse

Dal contratto libero professionale del giovane neo-specializzatoin Chirurgia Generale, alla penuria di pazienti per l’Odontoiatra,alla farmacista… se non c’è la bottega di famiglia

Il chirurgo«I contratti di lavoro che ci vengono offerti

dalle aziende ospedaliere lombarde – dichiara

 A. D., neo-specializzato in Chirurgia

Generale e attualmente con un contratto di

collaborazione a termine in una struttura

universitaria lombarda – sono di tipo libero

professionale, cioè come consulenti esterni;

mi risulta però che la Regione Lombardia

abbia intenzione di tramutarli in contratti

con assunzione a tempo determinato. Tra

l’altro i contratti libero professionali spesso

prevedono solo lo svolgimento di alcune

specifiche attività: ad esempio un giovane

medico può essere assunto in un reparto di

chirurgia limitatamente al Pronto Soccorso,

 vedendosi così preclusa la possibilità

di svolgere l’attività di reparto e di sala

operatoria, limitando quindi enormemente

la sua crescita professionale. Accade perciò

che, arrivati al termine della specialità, si

resti per almeno tre o quattro anni in una

situazione precaria, con un contratto libero

professionale semestrale o annuale che non

prevede tutele quali maternità, malattia e

 ferie. Questo tipo di situazione spesso si

perpetua per diversi anni, rimandando il

raggiungimento di una solida preparazione

chirurgica spesso sino oltre i quarantacinque

anni circa. Dopo tanta attesa diventa quindi

difficile lasciare spazio ai più giovani!».

«La realtà libero professionale, come tipo di

contratto – prosegue A.D. – non da nessundiritto, nel senso che si dovrebbe lavorare

per 40 ore la settimana, ma in realtà non è

così e ci si ritrova regolarmente a lavorare

per 60-70 ore la settimana, alla mercé delle

necessità dell’ospedale nella speranza di

arrivare prima o poi a un’assunzione vera e

propria, come avviene per qualsiasi laureato

quando fa uno stage. Ma la differenza è che

noi abbiamo alle spalle sei anni di specialità,

con tempi che si dilatano, dai venticinque

anni degli altri laureati, ai nostri 32/33 anni.

Quanto poi alla remunerazione, i contratti

professionali hanno una scarsa incidenza

sulle casse dell’ospedale perché lo stipendio

è inferiore rispetto a quello di un’assunzione

a tempo indeterminato. In realtà il paragone

non è tanto sul tipo di contratto, quanto se

mai si relaziona alle ore effettivamente svolte

durante il giorno/settimana; spesso infatti si

 verifica che il tempo giornaliero si dilati alle

9/10 ore, alle notti e ai weekend senza termini

di confronto con altre professioni».

«Anche la qualità della vita per chi sceglie

la chirurgia – sottolinea A.D. – risulta essere

molto condizionata dai carichi di lavoro che

sono maggiori rispetto ad altre specialità.

 Aspetto, questo, che a sua volta si riflette

sul numero sempre più scarso di giovani

che decidono di intraprendere il percorso

della chirurgia. Se quindi una volta c’era la

corsa a fare il chirurgo, oggi questa corsa

sta rallentando per una serie di ragioni che vanno dai carichi di lavoro e responsabilità

che si riflettono sulla qualità della vita, al

sistema vigente in Italia che di soddisfazioni

personali ne elargisce pochine e, non ultimo,

ai contenziosi medico-legali che a loro volta

hanno il loro peso sulla qualità stessa del

lavoro. Io per esempio, come del resto i miei

colleghi, nello svolgimento della professione,

in particolar modo quella di Pronto Soccorso,

mi trovo molto spesso a praticare la

cosiddetta medicina difensiva».

Quanto alla scelta della specialità, secondo

 A.D. «molti giovani, quando si trovano

a prendere la decisione sulla specialità

da intraprendere, basano la scelta

anche sull’idea che nella professione del

chirurgo venga a mancare il rapporto

medico- paziente. In realtà, a mio avviso,

è esattamente il contrario nel senso che

il rapporto che il chirurgo instaura con il

paziente è sì più breve, ma estremamente

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STORIE DI MEDICI

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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più intenso perché fondamentalmente, salvo

patologie particolari, mentre l’internista

somministra una terapia farmacologicache il paziente si limita ad assumere, nel

nostro caso il paziente si deve fidare della

persona che lo opera. Certamente i ritmi

imposti impediscono di sedersi al letto del

paziente per poter interagire maggiormente

con lui. Aggiungo poi che durante le

 visite ambulatoriali, spesso si hanno a

disposizione solo pochi minuti a paziente;

questo significa che, in quel tempo limitato,

lo dobbiamo visitare, spiegargli quello

che deve o non deve fare, mentre in realtà

sarebbe meglio – anche a nostra tutela –

avere un tempo maggiore per esporre con

chiarezza i problemi che deve affrontare.

Ma non sempre questo tempo è sufficiente.

Ovviamente poi, sia che si tratti di un medico

internista o di un chirurgo, tutto sta alla

sua disponibilità e professionalità». Circa

le modalità di ammissione alla scuola di

specialità, A.D. ritiene che «il sistema dei

test sia un po’obsoleto perché ci obbliga astudiare cinquemila possibili quesiti quando

poi ce ne ripropongono novanta; basterebbe

quindi essere un novello Pico della

Mirandola e il risultato, nella prova scritta,

sarebbe il medesimo. La prova orale/pratica

normalmente consiste in una domanda

aperta su un caso clinico o un colloquio

orale ed è quindi più idonea per valutare le

competenze del singolo. Purtroppo però,

il percorso formativo durante gli anni

di specialità non risulta essere tracciatocon precisione. Al conseguimento della

specializzazione, i neospecialisti risultano

 far parte di una classe estremamente

eterogenea per competenze sviluppate e

capacità chirurgiche acquisite: la formazione

è fortemente condizionata dalla sede in cui

 viene svolta e spesso lasciata all’iniziativa

personale e, comunque, certamente al di

sotto della media europea.

 All’interno degli Ordini dei Medici si sono

dunque formate “Commissioni Giovani

Medici” che cercano di occuparsi di una serie

di problematiche che vanno dai contenziosidi carattere medico-legale alla formazione,

cioè la possibilità compiere un percorso

 formativo.

Quanto al futuro prossimo, l’attuale

situazione potrebbe in teoria rivelarsi

 favorevole per noi neo-specializzati perché

sono in atto molti pensionamenti e,

parallelamente, sono pochi i chirurghi che

si stanno formando; in realtà l’evoluzione

in positivo favorirà i giovani che verranno

dopo di me (che adesso ho trent’anni), perché

saranno quelli che beneficeranno di più della

mancanza di chirurghi. Questo significa

che se io sarò professionalmente pronto a

trentacinque anni, loro lo dovranno essere

da subito».

 Altro problema è quello della fuga di cervelli.

Per A.D. «il senso di precarietà che ha indotto

molti giovani a cercare lavoro fuori dai

confini nazionali è comune anche ai medici

neo-specializzati, chirurghi inclusi, che siritrovano - a trent’anni - a dover indovinare

il proprio futuro in uno scenario dalle

molteplici sfumature. Certamente la tendenza

ad andarsene c’è, componente economica a

parte. Non è vero infatti che i giovani italiani

sono bamboccioni (secondo la definizione

dell’allora Ministro Padoa Schioppa, n.d.r.);

io ho constatato che appena le borse di

studio per gli specializzandi sono passate da

800 euro a 1700, il numero di giovani che si

sono sposati da specializzandi è aumentato vertiginosamente. Questo significa che

non si resta a casa perché si è mammoni,

ma perché non ci si può permettere altro.

Lo stesso discorso vale per dopo: se ho un

contratto precario, come posso comperare

una casa, decidere di avere una famiglia?

Com’è possibile che un individuo adulto

possa gettare delle solide basi per costruirsi

un futuro? È ovvio che bisogna aspettare,

magari anche quattro o cinque anni».

 A. D. conclude sottolineando che «sarebbe

il caso di regolamentare maggiormente

il percorso di formazione, e in seguito di

assunzione, dei giovani medici così da

garantirci un futuro migliore e un presente

più solido. Questo ci permetterebbe di

svolgere la nostra professione con maggiore

serenità, senza dimenticare che i «fruitori»

della nostra attività non sono beni materiali,

ma persone! È solo basandoci su una realtàlavorativa, e più strettamente professionale,

più solida che possiamo aiutare i pazienti a

trovare la forza di affrontare serenamente e

con fiducia la malattia».

L’odontoiatra

L.C. odontoiatra ventottenne così si

racconta: «Mi sono iscritto alla Facoltà di

Odontoiatria su consiglio di amici di famiglia

e di colleghi; non avendo comunque parenti

nel settore, Odontoiatria rappresentava perme, nell’ambito delle diverse specializzazioni

della medicina, quella che mi era più

consona e che, in prospettiva, mi conferiva la

possibilità di gestirmi, in tempi ragionevoli,

in maniera autonoma. Per quanto riguarda

in termini concreti il mondo del lavoro,

 va subito detto che, per un odontoiatra, le

possibilità di inserimento nelle strutture

pubbliche (interesse accademico a parte)

sono pressoché inesistenti per mancanza,

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STORIE DI MEDICI

salvo in pochissimi casi, di offerta. Esistono

poi dei centri convenzionati con le ASL,

gestiti fondamentalmente dagli investitori,

che sono delle vie di mezzo tra gli ospedali

e il privato. Inoltre, aggiungo che i bandi/ 

concorsi per accedere nelle ASL come medici

strutturati non sono per niente pubblicizzati».

Per quanto riguarda in particolare le scuole

di specializzazione, L.C. ricorda che «sono

 fondamentalmente due, cioè chirurgia orale/ implantologia e ortodonzia che presentano

a loro volta notevoli difficoltà di ingresso.

Passa cioè il principio che ci entrano sempre

gli stessi… e il problema non è tanto

quello della scarsità dei posti banditi che

sono sufficientemente orientati al mercato

della domanda e dell’offerta. Il problema

dell’ingresso è sempre lo stesso e cioè che

non si entra su basi meritocratiche.»

 Abbandonata quindi la possibilità di

svolgere la professione in una strutturapubblica, chiediamo a L.C. quali ostacoli

deve affrontare un giovane odontoiatra che

decide di aprire uno studio: «Gli ostacoli

sono tanti ma, anche se sono giovane, l’idea

di poter lavorare in un mio spazio, magari

in collaborazione con un collega, la sto

prendendo in considerazione. Quanto agli

ostacoli, primo in assoluto è l’investimento

iniziale sia per poter avere una struttura

moderna e tecnologicamente competitiva sia

anche nel nostro settore, ma chi il lavoro

lo offre pretende da subito un «prodotto

 finito», cioè un odontoiatra con esperienzae totalmente indipendente nel suo lavoro.

Nessuno ha il tempo e forse neanche la

 voglia di accompagnarti in un percorso di

crescita. Per buona pace della maieutica».

Il farmacista

Quali sono le aspettative di un giovane

neolaureato in Farmacia che non abbia le

spalle coperte dalla “bottega di famiglia”?

La risposta non è, come ci si aspetterebbe,

quella di un futuro incerto, al limite della

sottoccupazione/disoccupazione ma, come

raccontaR.R., classe 1978, dipendente in

una farmacia di Milano «in riferimento alla

realtà di Milano l’aspettativa è quella di

trovare lavoro facilmente; si tratta infatti di

una Facoltà in cui, per quello che è l’ambiente

lavorativo, c’è una certa disponibilità alle

assunzioni da parte delle farmacie, almeno

 fino a qualche mese fa. Attualmente mi capita

di parlare con alcuni colleghi che hannodeciso di cambiare, perché la crisi si fa sentire

anche nel nostro settore (anche se qualcuno

qui ci gioca con la finalità di proporre

contratti meno vantaggiosi per il dipendente,

 vedi stage). È anche vero però che le nuove

disposizioni di legge (Legge 69/2009, art. 11)

che allargano le competenze territoriali delle

 farmacie a servizi erogati fin ora solo dal

SSN, porteranno, in prospettiva, all’ingresso

di nuovi collaboratori che potrebbero trovare

spazio nell’ambito dei servizi aggiuntiviprevisti». Circa l’altro punto dolente, che

per la maggior parte dei giovani laureati

è quello delle retribuzioni, R.R. aggiunge:

«personalmente ho avuto un percorso molto

lineare. Ho incominciato con un contratto a

tempo determinato che, come da promessa, è

stato convertito a tempo indeterminato. So di

colleghi a cui oggi viene proposto uno stage,

come purtroppo accade per la maggior parte

dei neolaureati, indipendentemente dalla

per poter rientrare nei parametri di sicurezza

e affidabilità giustamente richiesti dalle ASL,

e si tratta di un problema certamente di nonpoco conto. A seguire la capacità, nel senso

che il piccolo studio monoprofessionale è

ormai in decadenza a tutto vantaggio dei

grandi studi associati o multispecialistici;

tutto questo evidentemente non invoglia

ad aprire uno studio in proprio sia per

l’impegno in termini economici, sia per il

numero dei potenziali pazienti. Si tratta di

una realtà che ho verificato in prima persona

 frequentando nel tempo diversi studi, e di

questi, in crescita, ne ho visti veramente

pochi». Venendo ad altri problemi concreti,

come l’incidenza dei premi delle polizze

assicurative parallelo, per altro, al costante

incremento dei contenziosi medico-legali,

L.C. dichiara che «il costo dell’assicurazione

non grava particolarmente su un principiante

in quanto godiamo di particolari agevolazioni

(polizze triennali) con massimali molto alti,

e questo di per sé è una buona cosa, mi fa

sentire ben tutelato». Per restare all’attualitànostrana e alle altissime percentuali di

disoccupazione/sottoccupazione tra i

giovani neolaureati con la conseguente fuga

all’estero di tanti “cervelli”, chiediamo a L.C.

se questo problema riguarda anche i giovani

odontoiatri. «Per quanto ne so io sono molto

pochi i colleghi emigrati altrove; so di alcuni

che hanno frequentato corsi, master o

comunque specialità post laurea all’estero,

ma che se ne siano andati definitivamente ne

conosco solo un paio, entrambi in Inghilterra. Vorrei però concludere con un’osservazione

che riguarda il disagio che ho vissuto anch’io

nei primi anni di lavoro. Non dico che

l’Università non prepari a sufficienza, ma non

accompagna adeguatamente all’ingresso nel

mondo del lavoro, nel senso che c’è distanza

tra teoria e pratica e, come sento da colleghi

più anziani, c’è poca pazienza nei confronti

dei giovani. Di lavoro, purtroppo non ce n’è

tanto perché, come si sa, la crisi si fa sentire

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STORIE DI MEDICI

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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Facoltà di provenienza».

Quanto alla possibilità per i laureati in

Farmacia di avviare una attività in propriocon l’apertura di una parafarmacia, come

previsto a suo tempo dal Decreto Bersani,

R.R. ritiene che «sicuramente creare la

concorrenza permette di aumentare il

numero dei posti di lavoro; d’altro canto

non so dire se questo tipo di soluzioni possa

mettere in crisi altre realtà, cioè la farmacia

nella sua accezione storica, perché il bacino

di utenza, numericamente, rimane lo stesso.

Certamente la presenza delle parafarmacie

nelle grandi città ha consentito una buona

concorrenza sui prezzi dei farmaci da banco,

nello stesso tempo però sarebbe impensabile

una parafarmacia in realtà urbane di

dimensioni modeste perché non avrebbe

sufficienti margini di guadagno. Inoltre, per

un giovane che dalla sua ha la sua laurea e le

sue scarse o nulle possibilità di investimento,

la parafarmacia potrebbe rappresentare

una soluzione, se non altro perché i costi di

avviamento non sono neanche lontanamenteparagonabili a quelli di una farmacia che

resta una chimera».

Ma di fronte alla “chimera”, la farmacia,

quella con la F maiuscola, quali gli auspici di

R.R.? «Non è una domanda facile perché, in

base a quello che mi è dato sapere, la realtà

ci dice che per comperare una farmacia

ci vogliono tantissimi soldi e, per chi non

ha questa fortuna ed è costretto a fare un

investimento, magari a lungo termine,

il rischio potrebbe essere rappresentato

da liberalizzazione delle licenze, con la

conseguente possibilità che apra un’altra

 farmacia, a una distanza inferiore ai 200 metri

attualmente previsti; questo evidentemente

comporterebbe una caduta del proprio

 fatturato e l’impossibilità di rientro

nell’esposizione patrimoniale».

Scartato o momentaneamente accantonato

per una ragione o per l’altra il lavoro

autonomo, non rimane che vedere se la

soluzione apparentemente più logica, cioè

quella del lavoro come dipendente in una

 farmacia, vada bene così come è. «Sono un

po’ diviso su questo aspetto. Al momento,

avendo acquisito una buona esperienza,

mi piacerebbe pensare di potermi mettere

in proprio. Ma se lo volessi fare, dovrei

ricorrere a un prestito…e se ci dovesse essere

la liberalizzazione? Il rischio è quello che ho

espresso poc’anzi, anche se l’impossibilità

di vedermi proiettato in una realtà mia si

scontra con il mio desiderio di libertà. Nello

stesso tempo mi metto nei panni di chi ha

 voluto rischiare stando alle vecchie regole

previste almeno nelle città (200 m. di distanza

tra una farmacia e l’altra , n.d.r.)».

Se il problema dei giovani neolaureati

oggi è quello di guadagnare ai limiti della

sopravvivenza e della dignità professionale,

R.R. dichiara: «se guardo ai giovani farmacisti

che si affacciano oggi al mondo del lavoro

credo che faranno fatica per un po’. Se invece

guardo alla mia realtà, rispetto soprattutto

ad amici e conoscenti, mi posso ritenere

“fortunato” e non perché la retribuzione

sia particolarmente congrua, ma perché è

certamente superiore alla media rispetto ad

altre professioni, anche se non è certamente

proporzionale ai guadagni di una farmacia.

 Alla luce della mia esperienza, consiglierei

comunque a un giovane che si appresta a

iscriversi all’università di optare per Farmacia

perché il lavoro che facciamo è di grande

soddisfazione professionale: basti pensare

al rapporto umano che si viene a creare con

tanti clienti!».n

LIBERA PROFESSIONE: QUANDO I CONTRATTICAPESTRO NON HANNO ETÀ

G. L. T. cinquantadue anni, medico di base e libero professionista, riferisce che «mi è stato propostodi prestare la mia opera libero professionale presso una Casa di Riposo con un tariffario, ad aliquotaoraria, pari al 30% in meno rispetto a quella di un infermiere. Si tratta di una situazione a cui è difficileporre rimedio perché tanti colleghi la subiscono come una ovvietà. Ed è questo l’aspetto che più miaddolora. Sarebbe auspicabile infatti che tutti i colleghi si impegnassero se non altro nella difesa delladignità professionale, perché non si tratta solo del loro lavoro, ma della dignità di tutta la categoria giàpesantemente tartassata da una serie di decreti, in primis il decreto Bersani che ha tolto il tariffarioesponendoci ai “ricatti”, soprattutto da parte dei privati il cui fine ultimo è il solo profitto. Da qui lamancanza di scrupoli nel proporre tariffari mortificanti». Sulle ragioni per cui un infermiere percepisce unatariffa oraria pari al 30% in più rispetto a quella di un medico, G. L. T. aggiunge: «a mio avviso la ragionerisiede nel fatto che è più difficile trovare infermieri che medici per cui, davanti alla logica di mercatodella domanda e dell’offerta, le strutture private (soprattutto quelle per anziani) si adeguano. È evidente

che una situazione come questa è il medico per primo a doverla rifiutare: nella realtà mi trovo da solo adaffrontarla». «Quello che mi amareggia – prosegue G. L. T. – è che gli altri colleghi, quelli che accettanopiù o meno supinamente questa situazione, non sono giovani neo-laureati ma colleghi della mia età chelavorano nella Casa di Riposo come me da vent’anni. Di colleghi giovani infatti non ne ho mai visti, sia pergli effetti del numero chiuso alla Facoltà di Medicina, sia perché, magari giustamente, hanno altri interessi.Restano i colleghi extracomunitari che, per necessità, accettano qualsiasi compromesso».Quanto alla tariffa oraria, G. L. T. ricorda che «se prima le aliquote erano “dignitose”, nel corso degli ultimidue anni si è verificato un picco in discesa grazie al menzionato decreto Bersani. Vista quindi l’impossibilitàdi un’azione corale con i colleghi a tutela della nostra dignità professionale, ho deciso di presentare unesposto all’Ordine dei Medici perché intervenga. Le strutture private fanno ovviamente i loro interessi, mal’Ordine deve tutelare la dignità professionale che è un patrimonio di noi tutti. Il mio esposto all’Ordinesi rifà alla mia esperienza personale in una Casa di Riposo di Milano; vorrei però aggiungere che sono aconoscenza di situazioni altrettanto discutibili che riguardano strutture private convenzionate di Milano incui lavorano dei colleghi con contratti non solo annuali, ma anche bassi sotto il profilo retributivo, con tutto

quello che questo comporta in termini di incertezza per il posto di lavoro e la qualità della vita».

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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Pierluigi AlteaChirurghi, come superare

la crisi vocazionale

«A

Abbiamo chiesto a Giancarlo Roviaro le ragioni che hannoportato questa disciplina a divenire meno attrattiva e lesoluzioni proposte da chi nel 1991 realizzò in anteprimamondiale un intervento oggi considerato il “gold standard”in oncologia

ttualmente negli USA 

più di 500 ospedali non

hanno chirurghi nei loro

staff e gli abitanti di 925 contee non hanno

accesso locale alle cure chirurgiche. I

chirurghi degli ospedali periferici stanno

diventando progressivamente più vecchi, e

allorché vanno in pensione, pochi giovani

chirurghi hanno intenzione di sostituirli».

Solo le parole pronunciate nell’ottobredel 2009 dal Presidente dell’American

College of Surgeons, all’inaugurazione del

Congresso di questa che con oltre 80.000

 fellows è la più grande società scientifica del

mondo. La situazione italiana, per fortuna,

 fa sapere Giancarlo Roviaro, professore

Ordinario di Chirurgia e direttore della

Scuola di Specializzazione in Chirurgia

Generale dell’Università Statale di Milano,

una delle più importanti d’Italia, non è così

drammatica, anche se i segnali non sonoincoraggianti. Basti pensare che a Milano,

peraltro una delle realtà più felici per la

chirurgia italiana, quest’anno all’esame

di ammissione hanno partecipato solo 35

candidati: un numero in progressivo calo

rispetto al passato. Quali sono le ragioni

di questa disaffezione? Quali conseguenze

porterà? Lo abbiamo chiesto a chi la

chirurgia la pratica da tempo e proprio

quest’anno festeggia un’importante

ricorrenza (vedi box) che dovrebbe far

riflettere, soprattutto i giovani, sul valore e

sull’utilità sociale di questa professione.

 Professor Roviaro, perché i giovani

oggi sembrano meno interessati alla

chirurgia rispetto ad un tempo? 

È difficile dirlo. Certamente, alla base

di questa disaffezione vi sono fattori

socioeconomici, ambientali e culturali. Laprofessione del chirurgo non è più vista

come «economicamente attraente»: per

questo vengono preferiti corsi di laurea

con periodi di studi più brevi, che possano

garantire un inserimento più rapido nel

mondo del lavoro, che non prevedano turni

così stressanti e impegni lavorativi che assai

sovente scardinano il menage famigliare.

Nelle regioni del Nord Italia, i giovani

sono più attratti da facoltà che gravitano

nel mondo economico o del terziario:Economia e commercio, Ingegneria,

Giurisprudenza etc. Nelle regioni del Sud,

invece, la professione del medico e anche

quella del chirurgo hanno ancora una

loro attrattiva, sebbene non sia facile poi

per un giovane trasferirsi al Nord. Tra le

cause che contribuiscono a determinare

questa disaffezione, poi c’è sicuramente la

medicina difensiva, sviluppatasi in questi

anni anche in relazione alla criminalizzazione

in generale della sanità italiana (la cosiddetta

«malasanità»). Nessun giornale però

riporta le decine di migliaia di interventi

eseguiti quotidianamente con successo nei

 vari ospedali d’Italia, nessuno si ricorda

che l’OMS pone l’Italia, dopo il Canada,

al secondo posto come livello sanitario. I

mass–media sono solleciti nel riportare con

enfasi e drammaticità qualunque evento

letale possa verificarsi, soprattutto in

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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chirurgia, colpevolizzando tutta la categoria

dei chirurghi e dei medici in generale, la

malasanità appunto, senza però riferire

mai nulla quando i medici o i chirurghi

 vengono prosciolti dalle accuse o dalle

criminalizzazioni…..

 A quali conseguenze porterà questa

situazione? 

In questo clima è inevitabile che la medicina

difensiva e così ancora più la chirurgia

difensiva diventino pratiche diffuse.

Numerosi sono gli esami diagnostici eseguiti

per evitare che un domani si possa dire «il

caso non è stato sufficientemente studiato».

Operazioni particolarmente complesse

rischiano di non essere eseguite per paura

di possibili e probabili complicanze, quasi

sempre fonte di contenzioso medico-legale.

Queste ed altre situazioni ormai ben note

a tutti sono e saranno sempre più limitanti

per l’operatore e, ciò che più importa,

di svantaggio per il paziente. Se lo stato

attuale non si modificherà, assisteremo ad

una progressiva riduzione di coloro che

ambiscono a diventare chirurghi, prima

nel Nord Italia e poi, progressivamente,

anche nel Sud del nostro Paese. Si potrà

anche verificare il trasferimento di

chirurghi dal Sud verso il Nord, ma le

Lo festeggia il prossimo autunno il professor Giancarlo Roviaro che nell’ottobre del1991, agli albori della chirurgia mininvasiva, con i suoi collaboratori eseguì in anteprimamondiale, in toracoscopia, una lobectomia polmonare per cancro del polmone el’asportazione di un timoma. Pochi giorni dopo l’intervento (eseguito dunque senzatoracotomia e senza stereotomia), i pazienti furono dimessi. Ai collaboratori Roviaro

raccomandò di tenere segreto il fatto: voleva prima confrontarsi con alcuni colleghistranieri. Invece, la notizia trapelò, fu trasmessa dal Tg1 e pubblicata in prima pagina sulCorriere della Sera, suscitando particolare interesse e sorpresa nel mondo chirurgico.Dopo pochi giorni, la ripresa televisiva di quegli interventi fu presentata a Chicago,all’American College of Surgeons, il più importante congresso di chirurgia al mondo. Il videosuscitò sorpresa, interesse, congratulazioni per l’abilità tecnica, ma superata questa fase,la comunità scientifica internazionale, e soprattutto quella italiana, definirono l’intervento“assurdo, pericoloso, non valido da un punto di vista oncologico”. «Erano affermazionigravissime – ricorda Roviaro – che avrebbero dovuto fermarci nel proseguire la nostraattività, ma, supportati da pochi colleghi europei e statunitensi, decidemmo di continuarenella nostra esperienza e, dopo due anni, in Texas presentammo la prima consistentecasistica di questi interventi. Eravamo giovani, pieni di entusiasmo, ci sembrava di esplorare

un mondo nuovo, con tante prospettive, pieno di novità. Le ostilità nei confronti di questotipo di chirurgia, soprattutto per quanto riguardava il cancro del polmone, durarono quasi10 anni: nel frattempo pochi altri centri nel mondo iniziarono questo tipo di chirurgia,ormai convinti della sua validità. Fino a non molti anni orsono la nostra casistica fu la piùcospicua nel mondo, finché all’inizio del 2000 anche i chirurghi statunitensi e giapponesiadottarono questa tecnica nel trattamento del cancro del polmone in stato iniziale». Nel2009 e nel 2010 i congressi della S.T.S. (Society for Thoracic Surgery), dell’AATS (AmericanAssociatione for Thoracic Surgery) in un amplissimo studio policentrico, stabilirono che lalobectomia toracoscopia per cancro del polmone iniziale era l’intervento “gold standard” eche tutti i parametri (complicanze, mortalità, sopravvivenza) erano superiori alla lobectomiaconvenzionale.

UN IMPORTANTE ANNIVERSARIO

PER LA CHIRURGIA ITALIANA

Il professor 

Giancarlo Roviaro

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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INTERVISTA

sperequazioni continueranno a sussistere.

Con la liberalizzazione della specialità e

con il riconoscimento della professione alivello europeo è stato ipotizzato l’arrivo di

chirurghi stranieri in Italia, anche se questo

non è ancora avvenuto. Accade invece il

contrario. D’altronde, i salari dei chirurghi

in Francia, Germania e in altri Stati europei

sono almeno due–tre volte quelli italiani,

risultando dunque di interesse per i giovani

chirurghi.

Cosa si sta facendo per arginare il

 fenomeno? Come andrebbe affrontata la

questione? 

Si è fatto poco o pressoché nulla. È

mancata una programmazione per il futuro,

pur sapendo che moltissimi chirurghi

presto andranno in pensione, lasciando

gli ospedali orfani di importanti bagagli

professionali e culturali. Oggi finalmente

qualcosa si sta muovendo, o almeno pare,

ma con i tempi biblici che occorrono in

Italia per modificare situazioni costituite,ho serie perplessità che tutto ciò possa

 verificarsi in breve tempo. La costante

riduzione numerica delle nuove leve può

essere arginata solo da una maggiore

responsabilizzazione degli specializzandi, fin

dall’inizio della loro attività, ma soprattutto

da una riduzione drastica del contenzioso

medico–legale e della criminalizzazione

della categoria in genere. Non mancano

in alcuni Paesi europei esperienze positive

in questo senso. Recentemente il Ministrodella Salute e la Regione Lombardia

stanno prendendo in considerazione la

possibilità di attribuire una certa autonomia

agli specializzandi, dopo il 3° anno di

specializzazione. Sarebbe già qualcosa, ma

sono bizantinismi che dimenticano che la

parola «chirurgo», significa «colui che lavora

con le mani» e che la borsa di studio di

cui gode lo specializzando è per «chirurgo

in formazione», cioè per un medico

generazionali attualmente esistenti nei vari

reparti, dando ai giovani chirurghi maggiore

consapevolezza del proprio operato e del

proprio ruolo. Dopo la laurea, io ero ungiovane assistente chirurgo, oggi nei reparti

questi laureati, professionisti abilitati alla

professione, sono spesso definiti «studenti

di Chirurgia» o genericamente e in modo

limitativo “specializzandi”.

C’è tuttavia una nota positiva da

segnalare: i giovani che oggi,

 nonostante tutto, accedono alla Scuola

di Specializzazione in Chirurgia

Generale sono particolarmente motivati. È vero? 

Sì, è vero. Il giovane laureato in Medicina

e Chirurgia fa una scelta motivata,

responsabile ed è pieno di entusiasmo. E

debbo dire che questo entusiasmo dura

e aumenta in tutti i sei anni della Scuola. I

nostri giovani specializzandi ruotano nei

 vari ospedali lombardi e stranieri della rete

 formativa della scuola: i giudizi espressi nei

loro confronti dai primari degli ospedali, i

laureato e abilitato che sta acquisendo una

 formazione chirurgica, e che merita pari

dignità, fiducia e responsabilità di quella

di cui gode nel resto d’Europa. Oggi,nella situazione legislativa attuale, sono

molto più numerose le attività proibite

allo specializzando di quelle concesse.

Quarant’anni orsono, invece, quando mi

laureai ed entrai nel novero degli assistenti

 volontari che il Direttore della Clinica

Universitaria selezionava tra quelli che

 frequentavano il reparto, partecipavo alle

guardie, alla sala operatoria, alla vita di

reparto: tutto ciò ovviamente avveniva

sotto diretta responsabilità del Direttore esotto la supervisione dei suoi collaboratori

più anziani. Ma allora non esisteva la

drammatica situazione medico–legale di

oggi, presente in nessun altro Stato europeo.

Credo che lo specializzando dovrebbe

tornare ad essere il «giovane assistente

chirurgo» del passato, con mansioni

di volta in volta attribuite in funzione

dei livelli tecnici conseguiti. In questo

modo si colmerebbero realmente i vuoti

È difficile dirlo, anche dando uno sguardo alla storia più recente. Negli anni ‘90 la chirurgiasubì mutamenti che nessuno avrebbe potuto prevedere. Interventi complessi, possibili solomediante ampie incisioni, laparotomiche o toracotomiche, cominciarono ad essere eseguiti,grazie al supporto di attrezzature sofisticate e a telecamere miniaturizzate, con incisioni dipochi millimetri. «All’inizio, l’establishment della chirurgia tradizionale - spiega GiancarloRoviaro - si oppose fortemente a questa nuova tipologia di chirurgia, che sconvolgeva tuttii canoni della pratica chirurgica. Ma la storia ha sempre dimostrato che le idee davveroinnovative sono inarrestabili». Quale sarà il futuro della chirurgia? «Non lo so – dice Roviaro– sono però convinto che dopo quanto avvenuto in questi ultimi decenni (oggi la quasi totalitàdelle colecistectomie, delle plastiche antireflusso, degli interventi per obesità, degli interventiper pneumotorace e per biopsie polmonari, e molti altri interventi, sono eseguiti con tecnica

mininvasiva e nella maggior parte dei casi sarebbe impensabile eseguirli diversamente), lanostra immaginazione e la nostra fantasia siano troppo limitate per poter prevedere il futuro.La genetica, la biologia, l’ingegneria molecolare ed altre scienze affini potrebbero introdurremetodiche e scoperte così importanti che i nostri successori, all’idea di come e perchéoperavamo certe patologie, soprattutto tumorali, potrebbero finire per sorridere».

COME SARÀ LA CHIRURGIA DI DOMANI?

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

21

loro tutors, sono sempre di grande encomio

ed è costante la richiesta di potere trattenere

questi giovani nei loro reparti per periodi

più lunghi di quelli previsti. Alcuni di questi

specializzandi, purtroppo non molti, hanno

potuto essere assunti nei reparti dove

avevano instaurato rapporti particolarmente

intensi e dove si erano fatti apprezzare per

le loro capacità. Sono persone che portano

una ventata di entusiastica gioventù che

rivitalizza equipe di età avanzata: ci sono

reparti, come il mio per esempio, in cui l’età

media dell’organico supera i 55 anni, con vuoti generazionali che non sono mai stati

colmati e per i quali il turn-over futuro si

presenterà difficile. Non dimentichiamoci

che per formare un chirurgo, completo,

in grado di affrontare con le sue proprie

 forze e capacità tutte le situazioni possibili,

occorrono almeno altri 5-6 anni da che

è diventato specialista in chirurgia. La

durata della Scuola di Specialità è troppo

lunga, la legge italiana e le normative

delle varie Regioni sono estremamente

limitative nell’attribuire un’assunzione

di responsabilità: da molti anni, con altri

Direttori di Scuole di Specialità, stiamo

portando avanti questa istanza, senza però

avere ottenuto almeno per ora risultati

concreti. Ancora oggi stiamo discutendo

se il giovane Specializzando possa eseguire

interventi chirurgici in prima persona,

sempre con la supervisione di un tutor:

stiamo ancora discutendo su quanti tutorsdebbano essere presenti in sala operatoria

ad affiancare lo specializzando. L’entusiasmo

che caratterizza gli specializzandi diminuisce

alla fine della specialità, quando i giovani

si trovano di fronte muri difficilmente

superabili: dopo anni di training in

prestigiosi ospedali debbono accettare

guardie mediche, turni notturni in case di

cura, gettoni di prestazione in P.S. sparsi in

 varie parti della Regione…

Sono numerose le difficoltà…

Sì, all’inizio lo specializzando in Chirurgia

 vede nella «chirurgia» il sogno della sua

 vita. Una volta, si diceva, fare il medico era

una missione. Oggi, superata la retorica

del passato, nella professione del chirurgo,

di ciò che si intendeva come missione è

rimasta solo la grande fatica nello svolgere la

propria attività che caratterizza i missionari

in terra di missione: turni snervanti,

notturni e festivi, carichi burocratici che

a volte superano, in termini di tempo,

l’impegno dedicato al paziente, minanol’entusiasmo e la professionalità. Gran

parte del lavoro del chirurgo dovrebbe

svolgersi in sala operatoria: il tempo restante

andrebbe dedicato alla vita di reparto e

agli ambulatori, a contatto con i pazienti.

Purtroppo, invece, il carico burocratico

imposto dalle normative vigenti riduce

progressivamente il tempo a disposizione:

non per niente crescono le problematiche

legate a carenza di comunicazione e

ad un’insufficiente umanizzazione. Ho

conosciuto, per questo, chirurghi all’apice

della carriera, delusi, che dalla professione si

aspettavano qualcosa di diverso.

Quali sono le sue previsioni, le speranze

 per il futuro di questa disciplina? 

Sono sempre stato un inguaribile ottimista,

ma oggi di fronte alla situazione attuale

comincio a nutrire qualche perplessità.

Certo, fare previsioni sul futuro è moltodifficile, anche perché condizionate da

problematiche politiche, economiche e

sociali del tutto imprevedibili, com’era del

tutto imprevedibile la crisi economica che

stiamo vivendo.

Le leggi sull’economia stabiliscono che

quando le risorse diminuiscono, diventa

necessaria razionalizzarle al meglio.

Sicuramente, in questo momento, ai

chirurghi competono mansioni che

potrebbero essere svolte da altre figure

istituzionali, come avviene negli altri stati

occidentali. Se il numero dei chirurghi

diminuirà, l’attività del chirurgo dovrà essere

limitata alla sala operatoria, al trattamento

delle eventuali complicanze post-operatorie,

al reclutamento e alle decisioni terapeutiche

dei nuovi pazienti.

 Al personale amministrativo dovranno

essere demandate tutte le attività

burocratiche che, attualmente, e con un

crescendo sempre più incessante, debbono

essere svolte dal chirurgo con un’importantedistrazione dai suoi compiti istituzionali.

 Alle nuove figure delle Lauree Specialistiche

ed Infermieristiche, accortamente

preparate a queste esigenze, e coordinate

da un medico internista, potrebbe essere

demandata l’assistenza in reparto dei

pazienti operati. Il chirurgo sarebbe a

disposizione solo quando se ne presentasse

la necessità.

Questa potrebbe essere la soluzione.

C’è però il rischio di un’ulteriore

disumanizzazione del rapporto chirurgo-

paziente a favore del tecnicismo ed

un probabile aumento dei contenziosi

medico-legali. Della chirurgia però non

si può fare a meno: rinnovata, continuerà

a vivere. Credo spetti alla classe politica

prendere in seria considerazione queste

problematiche migliorando i livelli qualitativi

di prestazione e soprattutto controllando

seriamente l’attacco mediatico alla medicina

in genere e alla chirurgia in particolare. La

«depenalizzazione» della colpa chirurgica,

ad esempio, è attesa e rinviata da molte

legislature: solo in Italia si pone questo

problema che in altri Paesi è stato risolto.

Per quanto ci riguarda, invece, dobbiamo

cercare di restare vicino ai giovani, la linfa

 vitale dei nostri reparti, affinché possano

diventare bravi chirurghi, quelli di cui avrà

sempre bisogno la nostra società. n

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ATTUALITÀ

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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22

Carlo Alfredo ClericiSezione di Psicologia, Dipartimento di Scienzee Tecnologie Biomediche, Facoltà di Medicina,Università degli Studi di Milano

Il pericolo di detenere un’arma

A

Clinici e rischio di abuso di armi legamente detenuteaggiornamenti sulla situazione italiana

Milano, nel 2003, in

una tranquilla via

residenziale in zona Fiera,

un uomo di trentatré anni uccide la

giovane moglie, una vicina di casa

e poi spara sui passanti dal balcone

di casa, ferendone tre in maniera

grave. Le forze dell’ordine dopo

alcune ore di assedio irrompono

nell’abitazione e scoprono che l’uomo

si è tolto la vita con la stessa pistolausata per la strage; l’arma risulta

regolarmente denunciata. Il grave

 fatto colpisce l’opinione pubblica e

resta un drammatico ricordo nella vita

milanese e italiana.

La normativa italiana sulle armi

Da allora, in seguito anche ad

altri gravi fatti di sangue, si sono

susseguite varie proposte di riformare

la normativa italiana sulle armi. Alcunicambiamenti sono annunciati in vista

dell’applicazione della normativa

europea. Nel 2008 la Direttiva del

Parlamento Europeo 2008/51/EC ha

infatti previsto che l’acquisizione e

la detenzione di armi da fuoco sia

permessa soltanto a persone che “non

possano verosimilmente costituire

un pericolo per se stesse, per l’ordine

pubblico o la pubblica sicurezza”.

La direttiva Comunitaria è stata

attuata nel nostro Paese dal Decreto

Legislativo 26 ottobre 2010, n. 204; fra

le altre modifiche all’attuale normativa,

alcune sono relative al tema delle

 valutazioni sanitarie.

È previsto che il rilascio del

nulla osta o del porto d’armi sia

subordinato alla presentazione

di certificato rilasciato dal settore

medico legale delle Aziende sanitarielocali, o da un medico militare,

della Polizia di Stato, o del Corpo

Nazionale dei Vigili del Fuoco,

dal quale risulti che il richiedente

non è affetto da malattie mentali

oppure da vizi che ne diminuiscono,

anche temporaneamente, la

capacità di intendere e di volere,

ovvero non risulti assumere,

anche occasionalmente, sostanze

stupefacenti o psicotrope ovveroabusare di alcool, nonché dalla

presentazione di ogni altra

certificazione sanitaria prevista dalle

disposizioni vigenti.

È disposto anche che il provvedimento

con cui è rilasciato un nulla osta

o un porto d’armi debba essere

comunicato, a cura dell’interessato,

ai conviventi maggiorenni, anche

diversi dai familiari, compreso il

convivente more uxorio, individuati

dal regolamento e indicati dallo stesso

interessato.

Una certificazione medica dovrà essere

prodotta ogni sei anni da chiunque

detenga armi senza essere in possesso

di alcuna licenza di porto d’armi

(art. 38 del T.U.L.P.S. modificato).

Le modalità di accertamento dei

requisiti psico-fisici per l’idoneità

all’acquisizione, alla detenzione e alconseguimento di qualunque licenza

di porto delle armi nonché al rilascio

del nulla osta saranno emanate con

decreto del Ministro della Salute, di

concerto con il Ministro dell’Interno,

entro 180 giorni dalla data di entrata in

 vigore del decreto, il 1° luglio 2011.

Con il medesimo decreto, sentito il

Garante per la protezione dei dati

personali, saranno definite le modalità

dello scambio protetto dei datiinformatizzati tra il Servizio Sanitario

Nazionale e gli uffici delle Forze

dell’ordine nei procedimenti relativi

all’acquisto e al conseguimento di

qualunque licenza di porto d’armi.

Medici e prevenzione del rischio

di abuso di armi

Grazie all’insostituibile collaborazione

dell’Ordine dei Medici di Milano

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ATTUALITÀ

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

23

 

23

il nostro gruppo di lavoro presso

l’Università degli Studi di Milano

(con i colleghi Angelo de’ Micheli e

Laura Veneroni) ha avviato nel 2009

una ricerca su medici e prevenzione

del rischio di abuso di armi. In

particolare la ricerca è stata dedicata

alla percezione nei sanitari rispetto al

problema del rischio di abuso di armi

legalmente detenute, alla formazione e

alle pratiche dei clinici per la gestione

dei casi problematici. Inizialmente

prevista in una forma limitata al

territorio milanese, grazie alla modalità

di distribuzione on-line dei questionari

la ricerca, ha potuto raccogliere dati

provenienti da 908 clinici in tutta la

penisola (296 medici responsabili

di certificazioni, 162 psichiatri e 450

psicologi). La ricerca attualmente

sottoposta per la pubblicazione a una

rivista internazionale ha permesso di

evidenziare punti di forza e limiti delle

attuali procedure. In particolare è statasegnalata una scarsa informazione

circa il possesso di armi nei pazienti,

proveniente per lo più in modo

informale. Se la conoscenza del

possesso di armi è considerata in ogni

caso importante per la quasi totalità

dei professionisti, la trasmissione delle

informazioni fra operatori sanitari

risulta invece migliorabile.

Soltanto in pochi casi, se il medico

di medicina generale ha in carico

il paziente da un periodo recente,

avviene una trasmissione dei dati

anamnestici dal precedente curante.

Nel caso di pazienti con disturbi

mentali a rischio di condotte

aggressive e in particolare in quelli

sottoposti Trattamento Sanitario

Obbligatorio mancano procedure che

consentano la verifica sistematica della

detenzione di armi da fuoco.

dell’autorizzazione al porto di fucile

per uso di caccia e al porto d’armi

per uso di difesa personale”) eorganizzate in due fasi. La prima fase

prevede che chi richiede una licenza

in materia di armi debba presentare

“un certificato anamnestico rilasciato

dal medico di fiducia di cui all’art. 25

della legge 23 dicembre 1978, n. 833,

di data non anteriore a tre mesi”. La

seconda fase prevede l’accertamento

dei requisiti psicofisici presso gli uffici

medico legali o i distretti sanitari delle

Unità Sanitarie Locali o le strutture

sanitarie della Polizia di Stato. Con

l’attuale riforma della normativa si

attende che un decreto del Ministero

della Salute “di concerto con quello

dell’Interno” definiscano le nuove

procedure di valutazione. Non è

ancora stato stabilito quale sarà il

ruolo del medico di famiglia e si

intravede il rischio che possa essere

perso l’osservatorio insostituibile dichi conosce e ha da tempo relazioni

con il soggetto da valutare. La ricerca

condotta grazie all’incoraggiamento

e il sostegno dell’Ordine di Milano

(in particolare del dott. Roberto

Carlo Rossi) potrà fornire dati utili

per orientare una ridefinizione delle

procedure ed è stata presentata nel

corso del XXVII Convegno Nazionale

di Studio sulla Disciplina delle Armi

tenutosi a Brescia l’8 aprile 2011. In

questo breve articolo ringraziamo tutti

i colleghi (fra cui particolarmente del

dott. Antonio Vitello della ASL Città

di Milano) che a vario titolo hanno

contribuito alla progettazione della

ricerca e a quanti hanno contribuito

allo studio attraverso la consultazione

del sito www.ricercawar.com e la

compilazione on-line del questionario

on-line.n

Certamente la tendenza a

considerare l’omicidio o il suicidio

con armi da fuoco come sintomo dipsicopatologia appare riduttiva ed

è opportuno sottolineare l’esigenza

di non restringere la lettura di

questi fenomeni entro parametri

esclusivamente medici o psichiatrici.

La violenza con armi da fuoco è infatti

un fenomeno complesso che deriva

dall’interazione di aspetti intrapsichici

e situazionali.

Il ruolo del medico di medicina

generale

Centrale è quindi il ruolo del

medico di medicina generale nelle

procedure di valutazione dell’idoneità

psicofisica alle licenze di porto

d’armi. Tali valutazioni sono state

 fino ad oggi regolamentate da

una normativa specifica (D.M. 28

aprile 1998, “Requisiti psicofisici

minimi per il rilascio ed il rinnovo

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MEDICINA DEL LAVORO

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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24

Giuseppe Leocata, dirigente medicoGiovanna Castellini, Medico del lavoro e Psicologa

entrambi presso: Centro Stress e DisadattamentoLavorativo - Unità Operativa Medicina del Lavoro 2 –Direttore Prof. Giovanni Costa - Ospedale MaggiorePoliclinico Milano - Fondazione IRCCS Cà Granda

Quando lavorare diventa difficile

 F   

Un angolo per affrontare lo stress occupazionalee le situazioni di svantaggio nei luoghi di lavoro

ino agli anni ’80 risultava

relativamente semplice la

distinzione tra quelle che

erano le competenze specialistiche

del medico del lavoro e le attribuzioni

dei clinici e dei medici di medicina

generale: per certi versi, infatti, i rischi

strettamente correlati all’ambiente

e all’attività di lavoro rimanevano

confinati ai luoghi e alle ore trascorsedal singolo soggetto nella propria

occupazione. Negli ultimi anni, in

relazione ai cambiamenti sia nella

società in termini di rapporti tra le

persone sia nel mondo del lavoro sia

nella relazione tra uomo e lavoro, gli

aspetti correlati ai disturbi della sfera

psichica e psico-somatica sono diventati

pervasivi e si possono presentare in

modo acuto o anche cronicizzarsi dando

luogo anche a vere e proprie patologie

e possono determinare situazioni

che condizionano la vita del singolo

individuo, le relazioni in azienda e quelle

nell’ambito extra-lavorativo.

Il punto di partenza per un approccio

corretto a questi aspetti individua il

benessere organizzativo negli ambienti

di lavoro sia come uno degli aspetti

critici nell’ambito delle problematiche

della salute dell’uomo che lavora

all’interno di ogni sistema organizzato,

particolarmente nei periodi di crisi

economica, sia come un obiettivo

il cui raggiungimento rappresenta

l’espressione globale della protezione

del lavoratore.

Lo Stress lavoro-correlato

Lo stress lavorativo è stato definito

già nel 1999 dal NIOSH 1 come «uninsieme di reazioni fisiche ed emotive

dannose che si manifesta quando

le richieste poste dal lavoro non

sono commisurate alle capacità,

risorse o esigenze del lavoratore»,

quindi il prodotto dell’interazione

dinamica fra la persona e il contesto

organizzativo e sociale in cui questa

lavora, costituendo la risultante di un

rapporto distorto tra le sollecitazioni

imposte dal compito/ruolo e le capacità

dell’operatore (in termini di “risposta”

psico-fisiologica, comportamentale,

operativa) a farvi fronte. L’Agenzia

Europea per la Salute e la Sicurezza sul

Lavoro, successivamente, nel 2000 ha

indicato le “aree chiave” da indagare

come pericoli 2, nel corso della analisi

del “contenuto del lavoro” e del

“contesto del lavoro”. I pericoli insiti

nel “contenuto del lavoro” sono stati

individuati come segue: a) ambiente

e attrezzature di lavoro (problemi

inerenti disponibilità, mantenimento,

utilizzo e manutenzione/riparazione di

attrezzature di lavoro e ausili tecnici);

b) disegno del compito lavorativo

(monotonia e ripetitività del lavoro, cicli

di lavoro brevi, lavoro frammentato e

senza scopo identificabile, sottoutilizzo

delle attitudini e capacità individuali,incertezza); c) carichi e ritmi di lavoro

(eccesso/difetto del carico psico-fisico,

scarso controllo sui ritmi, tempo

insufficiente per eseguire il lavoro);

d) orario di lavoro (turni, orari di lavoro

senza flessibilità e pause, imprevedibili,

protratti). Le “aree chiave” da verificare

nell’ambito del “contesto del lavoro”.

sono: a) organizzazione del lavoro

(scarsa possibilità di comunicazione,

bassi livelli di sostegno per la risoluzione

dei problemi e crescita personale,

mancanza di definizione degli obiettivi

aziendali), b) ruolo nell’organizzazione

(ambiguità o conflitto di ruolo,

responsabilità), c) carriera (incertezza

e immobilità di carriera o eccessiva

mobilità, retribuzione bassa, precarietà

nell’impiego, basso valore sociale

attribuito ad attività svolta), d) controllo/ 

libertà decisionale (partecipazione

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MEDICINA DEL LAVORO

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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25

ridotta a processi decisionali, scarso

controllo del lavoratore su attività

svolta), e) rapporti interpersonali sul

lavoro (isolamento fisico o sociale,

rapporti limitati con i superiori, conflitti

interpersonali, mancanza di supporto

sociale), e) interfaccia casa-lavoro

(richieste contrastanti casa-lavoro,

scarso appoggio in ambito domestico,

problemi di doppio lavoro).Nelle realtà produttive e dei servizi,

pubbliche e private, si riscontrano

 fenomeni singoli o diffusi di “stress

lavoro-correlato”, con effetti sulle

persone e sull’organizzazione specifici e

peculiari e che interessano sia la base sia

i vertici dell’organizzazione.

Le strategie di intervento sullo “stress”

devono prevedere la costituzione di un

gruppo di soggetti interno all’impresa

il quale agisca in collaborazione di

consulenti esterni “qualificati” (se

opportuno), con un “forte mandato”

e con il supporto da parte del datore

di lavoro e il quale metta in atto un

approccio “top-down” con la finalità

di individuare le possibili soluzioni

da reperire al fine di migliorare il

clima organizzativo e la qualità del

lavoro in azienda. In occasione di

questo percorso, è consigliabile che i

datori di lavoro diffidino di “pacchetti

preconfezionati” e di “questionari

prefabbricati” e anche di “figure

professionali improvvisate”; sono

proficui, piuttosto, il confronto con

le figure interne ed esterne esperte

e motivate e l’incontro con le parti in

gioco nel processo per stabilire con

queste: contenuti, modi e tempi di

azione e anche una successiva gestionecondivisa e trasparente dei risultati della

 valutazione. Non è, però, opportuna

l’effettuazione diretta della valutazione

di questo rischio direttamente da parte

del datore di lavoro, in quanto ciò

potrebbe inficiare la valutazione e le

relative conclusioni e conseguenze.

Un ruolo di rilievo deve, invece,

assumere il medico competente il

quale, oltre al ruolo insostituibile della

Sorveglianza Sanitaria (art. 41 commi a e

b del D.Lgs.81/08 e s.m. e i.), in relazione

alla sua formazione “umanistica” deve

acquisire e non perdere nel tempo la

capacità del contatto umano (fisico

e empatico) con il lavoratore, deve

assumersi il delicato e complesso

compito di individuare i segni e i sintomi

psichici e psico-somatici correlabili/ 

correlati al lavoro e di supportare il

singolo e il gruppo di lavoratori al

 fine del mantenimento di condizioni

lavorative umanamente dignitose e del

posto di lavoro e deve acquisire capacità

gestionali in merito alle problematiche

connesse alla valutazione di tutti i rischi,

all’organizzazione del lavoro e ai sistemi

di qualità.

Il Mobbing

 Altra fattispecie di pericolo in ambientedi lavoro è costituita dal “mobbing”.

Essa è stata ben definita da Lino

Greco, giuslavorista di Milano come

una «aggressione sistematica posta in

essere dal Datore di Lavoro o da un

suo Preposto o superiore gerarchico,

oppure anche da colleghi e compagni di

lavoro, con chiari intenti discriminatori

protesi a emarginare progressivamente

nell’ambiente di lavoro, per ragioni

di concorrenza, gelosia, invidia e

quant’altro di simile è possibile

ipotizzare a causa dell’ambiente di

lavoro e durante lo svolgimento

dell’attività lavorativa. Dall’aggressione

patita scaturiscono sindromi, a volte

gravi, di natura ansioso-depressiva

i cui sviluppi ed effetti sono spesso

imprevedibili e portano a conseguenze

disastrose per la salute del soggetto

(anoressia, bulimia, compromissione

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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MEDICINA DEL LAVORO

dei rapporti personali e familiari) con

 frequente rinuncia o perdita del posto

di lavoro». Nell’ordinamento giuridicoitaliano, la prova di “avversatività

lavorative” / “illeciti” sono a carico

del lavoratore e, qualora egli non sia

in grado di fornire prove ritenute

giuridicamente valide, non può partire

la sua tutela giudiziaria.

«Secondo gli insegnamenti della

Suprema Corte di Cassazione, in

generale, il mobbing si verifica

allorché il datore di lavoro tiene

una condotta sistematica e protratta

nel tempo, che concreta, per le sue

caratteristiche vessatorie, una lesione

dell’integrità fisica e la personalità

morale del prestatore di lavoro,

garantite dall’art.2087 del Codice Civile.

Recentemente, la Suprema Corte ha

precisato che in mancanza di una

specifica normativa, il mobbing non

può trovare una tutela penale; infatti,

nel nostro codice penale nonostante

“una delibera del Consiglio d’Europa

del 2000 che vincolava tutti gli Stati

membri a dotarsi di una normativa

corrispondente, non c’è traccia di una

che determinano quelle che sono

definite “Costrittività organizzative”

nella circolare Inail n. 71/2003, come diseguito illustrato.

 Vengono definiti “costrittività

organizzative” tutti gli atti e le azioni

che comportano conseguenze chiare e

rilevanti sulla posizione lavorativa e sulle

possibilità di svolgimento del lavoro del

soggetto coinvolto; esempi di questo

tipo di azioni sono: marginalizzazione

della attività lavorativa; svuotamento

delle mansioni; mancata assegnazione

dei compiti lavorativi, con inattività

 forzata; mancata assegnazione

degli strumenti di lavoro; ripetuti

trasferimenti ingiustificati; prolungata

attribuzione di compiti dequalificanti

rispetto al profilo professionale

posseduto; prolungata attribuzione di

compiti esorbitanti o eccessivi anche

in relazione a eventuali condizioni di

handicap psico-fisici; impedimento

sistematico e strutturale all’accessoa notizie; inadeguatezza strutturale e

sistematica delle informazioni inerenti

l’ordinaria attività di lavoro; esclusione

reiterata del lavoratore rispetto ad

specifica figura incriminatrice per

contrastare tale pratica persecutoria

definita mobbing. Sulla base del dirittopositivo e dei dati fattuali acquisiti la

 via penale non appare praticabile”

(Cassazione Penale Sezione VI, 26.06.09,

n.26594). Tuttavia, occorre anche

osservare che esistono nel nostro

sistema penale già una serie di reati

nei quali possono essere ricomprese,

di volta in volta, le più gravi condotte

mobbizzanti come, ad esempio,

maltrattamenti, ingiuria, diffamazione,

lesioni, violenza privata, estorsione. In

giurisprudenza italiana tutta la partita

si gioca, quindi, in ambito civile e non

penale a meno che non si imputi una

persona fisica specifica» 3.

L’INAIL e la denuncia di malattiaprofessionale da mobbing eda “costrittività organizzative”L’Ente Assicuratore, ai fini del possibile

riconoscimento di una sospetta malattiaprofessionale, prende in considerazione

sia la “Tabella delle attività mobbizzanti

e dei relativi effetti” proposta da Heinz

Leymann sia una serie di fattori/azioni

AZIONI MOBBIZZANTI EFFETTI SU

la dirigenza non dà possibilità di comunicare, il lavoratore viene zittito, si fanno attacchi verbaliriguardo le assegnazioni del lavoro, minacce verbali, espressioni verbali che respingono, ecc.

possibilità della vittima di comunicareadeguatamente

i colleghi non comunicano affatto più con il lavoratore o la dirigenza proibisce esplicitamente di

comunicare con lui, isolamento in una stanza lontano dagli altri, ecc.

possibilità della vittima di mantenere

contatti sociali

mettere in giro voci sul conto della vittima, azioni di messa in ridicolo, derisione circa eventuale

handicap o della appartenenza etnica o del modo muoversi o di comunicare, ecc.

possibilità della vittima di mantenere sua

reputazione personale

non viene assegnato alcun compito o solo dei compiti insignificanti, ecc. situazione professionale della vittima

si assegnano incarichi pericolosi di lavoro o si fanno minacce di lesioni fisiche,

molestie sessuali, ecc.su salute fisica della vittima

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MEDICINA DEL LAVORO

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

27

iniziative formative, di riqualificazione e

aggiornamento professionale; esercizio

esasperato ed eccessivo di forme dicontrollo. In relazione al mobbing,

l’INAIL riconosce, a seguito di indagine

e di valutazione medico legale, soltanto

le seguenti patologie:

- Disturbo dell’adattamento cronico

➜manifestarsi di sintomi emotivi

e comportamentali clinicamente

significativi in risposta a uno o più fattori

stressanti, identificabili e non estremi

- Disturbo post traumatico da stress

➜ risposta ritardata o protratta a

un evento fortemente stressante o a

una situazione di natura altamente

minacciosa o catastrofica, in grado

di provocare diffuso malessere in

quasi tutte le persone. In merito alla

denuncia delle “malattie psichiche

e psicosomatiche da disfunzioni

organizzative sul lavoro”, queste sono

state inserite nell’ambito del Gruppo

7 - “Lista II” del Decreto 11.12.09“Aggiornamento dell’elenco delle

malattie professionali per le quali

è obbligatoria la denuncia ai sensi

e per gli effetti dell’art.139 del testo

unico approvato con DPR 30.06.1965

n.1124 e s.m. e i.”. I disturbi presi

in considerazione sono, anche in

questa sede, soltanto il “Disturbo

dell’adattamento cronico” (con ansia,

depressione, reazione mista, alterazione

della condotta e/o della emotività,

disturbi somatoformi) e il “Disturbo

post-traumatico cronico da stress”, dei

quali bisogna indicare in denuncia le

“Costrittività organizzative” rilevate. Per

questo gruppo di “malattie”, l’origine

lavorativa è stata giudicata come

di “limitata probabilità”; a maggior

ragione, pertanto, la persona che accusa

un disturbo psichico e psicosomatico

da disfunzioni dell’organizzazione

del lavoro dovrà reperire prove

giuridicamente valide per confermare

l’origine lavorativa della sua patologia-

Le violenze sul lavoro

Il punto di partenza delle molestie

sul lavoro può essere individuatonei conflitti tra persone o nella

disorganizzazione di un’azienda.

Quest’ultima è sempre fonte di stress,

sia in caso di cattiva definizione dei

ruoli sia di un clima organizzativo

instabile sia in mancanza o carenza di

confronto tra le persone interessate e

di condivisione delle scelte per quanto

organizzativamente possibile. L’azienda

in entrambi i casi deve intervenire; il

conflitto degenera quando il sistemaorganizzato si rifiuta di occuparsene

e quando non vuole e/o non riesce

a trovare soluzioni dignitose e ad

intervenire. Se in un dato momento

qualcuno reagisce in maniera sana

e responsabile il processo si può

arrestare. Il rispetto della Persona

Umana è prioritario e i dirigenti devono

adottare tutte le misure necessarie

per garantirlo; inoltre, anche gli attori

sociali presenti nel luogo di lavoro e

 fuori da questo devono svolgere un

ruolo costruttivo per affrontare queste

problematiche nel pieno rispetto

dell’Uomo persona umana. La

“Persona Umana”, il lavoratore, non

è solo un costo, ma soprattutto una“Risorsa” che genera risultati, se

rispettata in quanto tale. Il “mobbing”

innesca un contenzioso infinito e

ingestibile e l’organizzazione deve

rispondere governando il disagio e non

deve lasciarsi trascinare nel baratro

da questo e deve definire dei “codici

di condotta”, intesi come norme di

comportamento e non come “pezzi

di carta” da dimenticare chiusi in un

cassetto e non rispettati. Le “regole”

 vanno definite, rispettate e condivise,

ma da sole non bastano; è necessario e

imprescindibile lavorare con l’Uomo e

per l’Uomo e creare cultura basata sul

rispetto e sulla solidarietà.

I medici di medicina generale

Nell’indagine clinica vanno considerate

le situazioni lavorative e quelle

esistenziali, al fine di reperire i percorsi

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

28

MEDICINA DEL LAVORO

più opportuni ed efficaci per garantire

il mantenimento dello stato di salute

globale della persona, e si valutanoanche le possibili interferenze e i

punti di intersezione tra le situazioni

lavorative e quelle esistenziali, al fine di

definire un rapporto di “concorrenza”

o di “indipendenza” tra le variabili

in gioco e i possibili diversi fattori

nel determinare il disturbo/malattia,

per gli eventuali provvedimenti

conseguenti, che andranno attuati

direttamente dal medico clinico di

medicina generale oppure ricorrendo,

tramite questa importante figura,

ad altri specialisti (medici del lavoro

aziendali – “medici competenti” - o

afferenti a strutture specialistiche

ospedaliere/universitarie, psicologi e se

ritenuto necessario anche psichiatri).

Il medico di medicina generale ha

il dovere etico e professionale di

riuscire a cogliere alcuni aspetti critici

nella salute dell’assistito, agendo al fine di evitare che questi giunga a

situazioni conclamate. In relazione alle

caratteristiche delle conseguenze delle

criticità lavorative, egli cercherà non

soltanto di diagnosticare dei quadri di

patologie ben definiti e che possono

essere insorti in relazione ad alcune

 fragilità del singolo soggetto ma anche

e soprattutto di utilizzare le sue capacità

cliniche per scoprire segni e sintomi

che potrebbero apparire generici easpecifici se non correlati a una causa

specifica: il lavoro con le sue coordinate

di “contenuto” e di “contesto”

può esercitare senz’altro un ruolo

significativo nello scatenarsi di situazioni

critiche capaci di compromettere

l’equilibrio della persona. Il medico di

medicina generale che ben conosce

il suo assistito cercherà di cogliere i

seguenti aspetti in relazione sia alla vita

quotidiana del soggetto sia a riferiti

problemi sul lavoro: cambiamenti delle

abitudini del soggetto (dieta, regolaritàdei pasti, esercizio fisico, fumo, alcool,

caffè); comparsa di disturbi sia organici

a carico dei diversi organi e apparati

sia psichici e/o neurologici e anche di

sintomi particolari (astenia, disturbi del

sonno, dell’umore e del comportamento,

difficoltà attentive e mnesiche). In alcuni

casi, gli effetti degli eventi avversi sul

lavoro possono interessare soggetti

particolarmente fragili e/o che soffrono

di disturbi psichici e/o psicosomaticicorrelati a cause indipendenti dal

lavoro. In questo caso, è fondamentale

indirizzare il soggetto presso il Centro

Psico Sociale di riferimento territoriale

al fine di provvedere alle cure del caso

specifico e non avviare procedimenti

legali che vedrebbero, con molta

probabilità, il soggetto soccombere

in ragione del suo malessere (pre-

esistente o concomitante le avversativitàlavorative). È opportuno che non sia il

medico di medicina generale né tanto

meno il soggetto interessato a definire

a priori come “mobbing” il disturbo o

il corteo di sintomi accusati, bensì la

diagnosi va lasciata ai centri specialistici

di secondo livello.

Il Centro Stress e

Disadattamento Lavorativo

Il Centro è operativo presso la Clinicadel Lavoro “L. Devoto” dell’Ospedale

Maggiore Policlinico di Milano da più

di 10 anni e ogni anno accoglie circa

1000 utenti in regime di day hospital

e ambulatoriale, provenienti in gran

parte dalla Lombardia, in parte da altre

regioni e circa il 30% da altri paesi

europei e anche da altri continenti (in

genere, sono più svantaggiati degli

indigeni). Le persone si rivolgono al

Centro per due ordini di motivazioni,

sempre in relazione al lavoro. Il primo

gruppo accusa diverse problematiche di

disagio lavorativo, a causa di situazioni

critiche legate all’organizzazione

del lavoro e/o a colleghi di lavoro e

narrano anche di vessazioni subite. I

secondi sono soggetti “svantaggiati”che giungono, perché seguiti da servizi

sociali pubblici e privati (disoccupati,

con diversi fallimenti lavorativi alle

spalle, con situazioni di emarginazione

sociale) o perché persone con disabilità

per le quali bisogna valutare le

capacità lavorative nella prospettiva

di un avviamento mirato al lavoro. Per

tutti vengono effettuati accertamenti

specialistici di medicina del lavoro

e psicodiagnostici mirati alle finalitàrichieste. Le persone con “sospetto

stress occupazionale”, a loro tutela,

giungono attraverso un percorso simile

a qualunque altro servizio ospedaliero.

Essi prendono appuntamento,

telefonando alla segreteria del Centro

e in questa occasione vengono fornite

loro le opportune indicazioni di base.

Quando si presentano, essi esibiscono

la certificazione redatta dal medico

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MEDICINA DEL LAVORO

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

29

di medicina generale su ricettario

del Servizio Sanitario Regionale

con richiesta di “accertamento

ambulatoriale” oppure “ricovero in

day hospital” (fino a nuove disposizioni

operative della regione) per “sospetto

stress occupazionale”. Prima della

data di accesso inviano in fax una‘memorià da loro redatta e che permetta

all’operatore del Centro a inquadrare

il caso. La prestazione in day hospital

diagnostico dura due giorni e durante

il ricovero, essi effettuano un colloquio

e una visita di medicina del lavoro -

per inquadrare l’anamnesi e il quadro

clinico in relazione agli eventi subiti

e riferiti. A seguito della prestazione

sanitaria, il medico del lavoro può

richiedere, se il caso, accertamenti

clinici specialistici presso altre strutture

dell’Ospedale Maggiore Policlinico. Poi

 viene effettuato un colloquio psicologico

e alcuni test psicodiagnostici ad hoc. 

 Al termine degli accertamenti il medico

del lavoro del Centro, in casi particolari,

prende contatti direttamente con il

medico di medicina generale al fine

di concordate alcune modalità di

approccio alla persona in relazione alle

risultanze delle prestazioni specialistiche

 fornite. In alcuni casi, inoltre, sarebbe

opportuno il contatto diretto e unacollaborazione tra il medico di medicina

generale e i medici competenti aziendali

per la gestione congiunta e più possibile

condivisa del supporto del soggetto

interessato nell’ambiente di vita e di

lavoro, sempre nell’ottica della massima

tutela della privacy, in considerazione

delle possibili criticità correlate alle

problematiche organizzative, gestionali

e relazionali rilevabili nel difficile mondo

del lavoro odierno.

 Al soggetto, in occasione delle

dimissioni, vengono forniti anche

consigli circa la strada più opportuna

da seguire in occasione del percorso

intrapreso; molti soggetti hanno

avviato o avvieranno un procedimento

legale (e qualcuno chiede anche il

supporto del sindacato), a partire da un

tentativo di conciliazione con l’azienda

per finire a delle vere e proprie causecivili. In proposito va valutato, di

 volta in volta e negli specifici casi, la

strada più opportuna e che arrechi il

danno minore al soggetto interessato

dall’evento lesivo. Circa il 50% degli

utenti del Centro presentano, al termine

degli accertamenti, disturbi di entità

 varia da stress lavoro-correlato con

sintomatologia clinica e problemi

psicologici e soltanto il 6-7% dei casi

 viene denunciato, in relazione ai disposti

dell’INAIL. I medici competenti inviano

casi a diagnosi in percentuale molto

ridotta, anche perché i soggetti che

giungono al Centro non comunicano

nulla a priori all’impresa né al medico

competente di questa e optano per

la richiesta di accertamenti clinici

per “sospetto stress occupazionale”

redatta dal proprio medico di medicina

generale. In alcuni casi, 30-40 lavoratori/ 

anno, questi giungono presso il Centro

in regime ambulatoriale quando il

medico competente, in occasione dellasorveglianza sanitaria o di verifiche

del clima aziendale nell’impresa,

ha la necessità di approfondimenti

specialistici di secondo livello e quindi

chiede al Centro una consulenza. La

pratica viene poi trasmessa al medico

competente, individuato come la

 figura di mediazione tra il lavoratore e

l’impresa. Gli utenti possono accedere

a un nuovo controllo presso il Centro,

almeno a distanza di un anno, qualora

persistano e/o si siano aggravate le

situazioni stressogene / di disagio

lavorativo che hanno motivato il

precedente accesso e la nuova richiesta

 viene valutata dalla equipe del Centro.

La riabilitazione del soggetto, finalizzata

al suo benessere psichico fisico e

sociale, rappresenta una delle priorità

del Centro al servizio dell’utente e, a tal

 fine, vengono proposti dei percorsi dipsicoterapia individuale o di gruppo,

compatibilmente con le risorse

disponibili presso il Centro. n

 Note

1.National Institute of Occupational and

Safety Health – USA

2. Proprietà o qualità intrinseca di un

determinato fattore avente il potenziale di

causare danni” - D.Lgs.81/08 e s.m. e i. art.2

 lettera r)

3. Mario Gallo in “Il benessere lavorativo:

evoluzione dell’atteggiamento del Legislatore” 

 Atti Convegno: “Lavoro umano. Il benessere

 nei luoghi di lavoro” – Università Cattolica del

Sacro Cuore – Roma 10.12.2009

4. Si ringraziano per la collaborazione gli

 psicologi che operano in “sala test” del

Centro: Paola Boari e Alessandro Pedrazzi

•••

Si ringraziano per la collaborazione gli

psicologi che operano in “sala test” del

Centro: Paola Boari e Alessandro Pedrazzi

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FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

30

 

30

Luigi PagliaIstituto Stomatologico Italiano MilanoResponsabile del Dipartimento

di Odontoiatria Infantile

Claudia CaprioglioLibero professionista

Gestione delle fratture coronalie radicolari

I   

Vengono presentate le linee guida della IADT (InternationalAssociation Dental Traumatology) per la diagnosie il trattamento delle fratture coronali e/o radicolaridi elementi permanenti

n generale il corretto

trattamento delle lesioni

traumatiche dentali deve

basarsi sull’utilizzo di appropriate

procedure di indagine e di approccio

al caso clinico che si possono così

sintetizzare.

 A) Esame clinico: le informazioni

che devono essere raccolte derivanodall’osservazione attenta del quadro

clinico e della dinamica che ha

generato il trauma. Particolare

interesse deve essere dedicato

alla zona colpita dal trauma e alla

 valutazione dell’estensione dello stesso

ad elementi dentali e strutture di

supporto vicine.

È importante sin dalla primissima

osservazione valutare quale sia il grado

di interessamento dei tessuti duri edi supporto per poter predisporre un

piano di trattamento che sia rispettoso

delle modalità di guarigione biologica

dei tessuti interessati.

Una corretta pianificazione del

trattamento deve infatti tenere in

considerazione sia l’entità del trauma

dal punto di vista quantitativo

(estensione del trauma) che qualitativo

(tessuti interessati).

B) Esame radiografico: l’Rx 

endorale viene usata di routine e sono

raccomandate più angolazioni.

- Rx-periapicale

- Piano occlusale superiore e/o

inferiore

- Rx-extraorale

- Ortopantomografia e MCT

Rx-periapicale. Questa indagine

radiografica è essenziale perdeterminare anche lo stadio di

 formazione radicolare e prevede

diverse angolazioni per ogni singolo

dente traumatizzato, secondo una

proiezione standard.

L’Rx-extraorale è utile se si associa

la dislocazione di un frammento

dentario (frattura corono-radicolare

con lacerazione labiale o della mucosa

orale). L’ortopantomografia è indicata

ogni volta si sospetti di una fratturadei mascellari o venga riscontrato un

problema dell’articolazione temporo-

mandibolare (traumi multipli).

La micro-craniotomografia (TAC

combine) è estremamente utile nella

diagnosi delle fratture radicolari,

specie se oblique; la ricostruzione

3D permette al clinico di definire

con grande precisione la tipologia e

l’estensione della lesione traumatica.

C) Esami strumentali:

- Esami fotografici

- Test di sensitività pulpare

La raccolta delle immagini del viso

e dell’area traumatizzata e delle

sequenze cliniche va effettuata. Le

 fotografie dovrebbero essere ripetute

ai controlli sempre con le stesse

proiezioni e lo stesso ingrandimento

per facilitare la comparazione.I test di sensitività pulpare sono

importanti per determinare

estensione del trauma, lo stato del

livello riparativo e la predicibilità di

complicanze.

Esistono diverse procedure, ognuna

delle quali ha una propria sensibilità,

specificità e precisione.

I test pulpari rappresentano una

controversia: si sono proposti stimoli

meccanici, stimoli termici, test elettricie fluometria laser-doppler (LDF).

I test iniziali eseguiti subito dopo una

lesione traumatica frequentemente

danno risultati negativi: tali risultati

potrebbero solo indicare una

mancanza transitoria di risposta

pulpare dovuta allo shock traumatico.

Controlli di follow-up sono necessari

per porre una diagnosi sullo stato

pulpare definitivo. Come sopra

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FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

31

 

31

ricordato è importante monitorare la

 vitalità pulpare degli elementi vicini

alla zona del trauma per stabilireuna loro eventuale e purtroppo non

infrequente compromissione.

D) Istruzioni per il paziente: una

buona guarigione seguente a una

lesione dei denti e dei tessuti orali

dipende, in parte, da una buona igiene

orale. I pazienti vanno consigliati

su come trattare i denti che hanno

subito un trauma. Il lavaggio con uno

spazzolino morbido e lo sciacquo con

clorexidina allo 0,1% sono consigli

utili per prevenire l’accumulo di placca

che danneggerebbe i processi di

guarigione tissutali. l’interessamento della componente

pulpare e parodontale che deve

essere attentamente monitorata e

trattata al fine di non complicare un

quadro clinico di per se stesso non

semplice e favorire la guarigione con

restituzio ad integrum dell’elementodentale interessato. In una indagine

condotta su 500 dentisti in Lombardia

sulle conoscenze nel campo della

traumatologia dentale proprio questi

quadri clinici più complessi e delicati

sono stati quelli che con maggior

 frequenza hanno dato luogo a risposte

non corrette.

 A) Frattura coronale non complicata

Riscontri clinici: la frattura coinvolge

smalto o dentina e smalto; la polpa

non è esposta. Il test di sensitività può

essere negativo inizialmente indicando

un danno pulpare transitorio;

controllare la risposta pulpare fino a

che possa essere attuata un a diagnosi

pulpare definitiva.

Riscontri radiografici: si eseguono

le diverse proiezioni per escludere

dislocazione o frattura radicolare. È

raccomandata la radiografia in caso

di lacerazioni di labbro o guancia per

cercare frammenti dentari o materiale

estraneo.

Trattamento: se il frammento dentale

è fruibile, può essere reincollato al

dente. Un’opzione del trattamentod’urgenza è coprire la dentina esposta

con un materiale vetro-ionomerico

o un restauro permanente usando

adesivo e resina composita. Il

trattamento definitivo per la corona

 fratturata può essere un restauro con

accettati materiali da conservativa.

 B) Frattura coronale complicata

Riscontri clinici: la frattura coinvolgesmalto e dentina con esposizione

pulpare. Il test di sensitività non è

di solito indicato inizialmente dal

momento che la vitalità della polpa può

essere negativa a causa dello shock

pulpare post-traumatico.Le visite di

controllo dopo il trattamento iniziale

includono il monitoraggio della vitalità

pulpare.

Riscontri radiografici: le diverse

TRAUMI AI TESSUTI DURI:

FRATTURA CORONALE NON COMPLICATA

frattura coronale complicata

frattura corono-radicolare

frattura radicolare

frattura alveolare

Traumi ai tessuti di sostegno: -concussione

sublussazione

lussazione estrusiva

lussazione laterale

lussazione intrusiva

exarticolazione

dente avulso con apice chiuso

dente avulso con apice aperto

Tabella 1. Classificazioni semplificata

delle lesioni traumatiche agli elementi

permanenti

Il trattamento delle fratture

coronali e /o radicolari

In questo lavoro prenderemo in

considerazione l’analisi delle linee

guida di trattamento in caso di fratture

interessanti elementi dentali e osso

alveolare. Sono lesioni che interessano

prevalentemente i tessuti duri o dentali

e/o alveolari. Nelle fratture radicolari

e corono-radicolari abbiamo anche

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

32

proiezioni radiografiche escludono

dislocazione o frattura radicolare.

È raccomandata una radiografia di

labbro o guancia in caso di lacerazioniper cercare frammenti dentari o

materiale estraneo. Il grado di sviluppo

radicolare può essere determinato

dalle radiografie.

Trattamento: in pazienti giovani,

con denti ancora immaturi, è

 vantaggioso preservare la vitalità

pulpare tramite l’incappucciamento

pulpare o la pulpotomia parziale.

Questo trattamento è la scelta

anche nei pazienti giovani con denticompletamente formati. Idrossido

di calcio e MTA sono materiali

adatti per queste procedure. In

pazienti più grandi, il trattamento

canalare può essere quello di scelta,

benché l’incappucciamento pulpare

o la pulpotomia parziale possano

essere attuati in specifici quadri

clinici e circostanze. Il timing del

primo intervento è cruciale: se

almeno come misura temporanea, fino

a che può essere formulato un piano di

trattamento definitivo.

 D) Frattura radicolare

Riscontri clinici: il segmento

coronale può essere mobile e dislocato.

Si ricorda che una frattura è visibile

solo se la sorgente radiogena ha una

direzionalità fra il 15-20° rispetto al

piano di frattura.

L’elemento può essere sensibile alla

percussione. Il test di vitalità può

dare risultati inizialmente negativi,

indicando danno pulpare transitorio o

permanente; è consigliato controllare

con test lo stato pulpare con prolungati

 follow-up anche radiologici.

Riscontri radiografici: la linea di

 frattura può coinvolgere la radice

del dente in un piano orizzontale

o diagonale. Linee di frattura

che decorrono orizzontalmente

possono essere di solito individuatein un’angolazione di 90°. Questo è

solitamente il caso di fratture nel terzo

cervicale della radice.

Se la linea di frattura è più diagonale,

che è comune in fratture del terzo

apicale e medio, una proiezione

occlusale è migliore al fine di

evidenziare la frattura stessa;

Recentemente con l’utilizzo delle nuove

metodiche di imaging come vedremo

nel case report che presentiamo si èaggiunta la possibilità per il clinico

di definire in modo molto preciso

la tipologia di lesione traumatica

attraverso l’utilizzo della TAC

combine. Ovviamente ricorriamo a

tale metodica quando riteniamo che

le informazioni supplementari che la

stessa ci può offrire sono determinanti

per migliorare la terapia e/o la

prognosi della lesione osservata.

trascorre troppo tempo tra il trauma

e il trattamento e la polpa diventa

necrotica, il trattamento canalare è

indicato per conservare il dente.

C) Frattura corono-radicolare

Riscontri clinici: la frattura coinvolge

smalto, dentina e struttura radicolare;

la polpa può essere o non essere

esposta. Altri riscontri possono

includere segmenti di dente liberi ma

a cui i tessuti molli conferiscono una

certa stabilità. Il test di sensitività è

solitamente positivo.

Riscontri radiografici: comenelle fratture radicolari, più di una

proiezione radiografica può essere

necessaria per individuare le linee di

 frattura nella radice.

Trattamento: le indicazioni sono

le stesse delle fratture coronali

complicate.

Inoltre, possono essere vantaggiosi i

tentativi di stabilizzare i segmenti liberi

di dente con materiale resinosi adesivi,

FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

33

Trattamento: riposizionare, se

dislocato, il segmento coronale il più

presto possibile.Controllare la posizione

radiograficamente. Stabilizzare

l’elemento dentale con uno splintaggio

 flessibile per 4 settimane.

Se la frattura radicolare è vicino

all’area coronale del dente, la

stabilizzazione è utile per un periodo

di tempo più lungo (fino a 4 mesi).

È consigliabile monitorare la

guarigione per almeno 1 anno per

determinare lo stato di vitalità della

polpa. Se subentra la necrosi pulpare,

è indicato il trattamento canalare del

segmento coronale fino alla linea

di frattura con mantenimento della

 vitalità del frammento apicale.

 E) Frattura Alveolare

Riscontri clinici: la frattura coinvolge

l’osso alveolare e può estendersi

all’osso basale; sono comuni riscontrimobilità e dislocazione del segmento

 fratturato. Spesso si riscontra una

incongruità del rapporto occlusale

dovuto al disallineamento del

segmento alveolare fratturato.

La risposta al test di sensitività è in

relazione al quadro clinico.

Riscontri radiografici: le linee di

 frattura possono trovarsi ad ogni

livello, dall’osso marginale all’apice

radicolare. L’indagine panoramicapuò essere di grande aiuto nel

determinare il corso e la posizione

delle linee di frattura.Questa deve

contenere i condili mandibolari per

poterne valutare l’ integrità.

Trattamento: riposizionare ogni

segmento dislocato e poi fissare

gli elementi dentali in modo da

stabilizzare il segmento fratturato

per 4 settimane.

Conclusioni

In molte situazioni cliniche emerge

l’importanza di un approccio

multidisciplinare alla traumatologia

dentale. Chirurghi, ortodontisti,

endodontisti, protesisti collaborano

in sinergia nella cura del medesimo

paziente, che solitamente si presenta allo

studio scosso, impaurito e con il dolore.

L’equipe odontoiatrica deve mostrarsi

pronta ad affrontare l’emergenza;la velocità d’azione,la rapidità

l’organizzazione e la collaborazione tra i

membri del team, nonché la competenza

di ognuno dei professionisti giocano un

ruolo fondamentale nell’esito finale e

quindi nella risoluzione ottimale del caso

al fine di recuperare funzione, estetica

ed autostima. In queste situazioni il

riferimento a linee guida riconosciute è

indispensabile.n

Bibliografia1. Flores MT, Andreasen JO,Bakland LK, Feiglin B, Gutmann JL,Oikarinen K, et al. Guidelines for theevaluation and management of traumaticdental injuries.Dent Traumatol 2001; 17:1-4; 49-52;145-8;97-102.2. Flores MT et al Guidelines for themanagement of traumatic dental injures.I Fractures and luxation of permenant teeth.Dental Traumatology 2007; 23: 66-71.3. Glendor U. Epidemiology of traumaticdental injuries – a 12 year reviewof literature. Dent Traumatol 2008; 25:19-31.4. Hecova H et al. A retrospective study of 889 injured permanent teeth.Dental Traumatology 2010;26: 466-475.5. Zadik Y, Maron Y, Levin L. Dentalpractitioners knowledge andimplementation of the 2007.International Association of DentalTraumatology guidelines for managementof dental trauma. Dental Traumatol

2009;25:490-493.

TEMPO 4 SETT. 6-8 SETT. 4 MESI 6 MESI 1 ANNO 5 ANNIFrattura coronale non complicata C (1) C(1)

Frattura coronale complicata C(1) C(1)

Frattura corono-radicolare C(1) C(1)

Frattura radicolare SC(2) C(2) S(*)C(2) C(2) C(2) C(2)

Frattura alveolare SC(3) C(3) C(3) C(3) C(3) C(3)

Tabella 2. Procedure di monitoraggio per elementi dentali permanenti fratturatie fratture alveolari (Tratto da International Society of Dental Trumatology)

S= rimozione dello splintaggioS(*)= rimozione dello splintaggio in fratture del terzo cervicaleC= esame clinico e radiografico

RISULTATI FAVOREVOLI RISULTATI NON FAVOREVOLI

1

Asintomatico; risposta positiva ai testpulpari; sviluppo radicolare continuonei denti immaturi. Continuare allaprossima valutazione.

Sintomatico; risposta negativa ai test pulpari; segnidi periodontite apicale; sviluppo radicolare noncontinuato nei denti immaturi; è indicato il trattamentocanalare.

2

Risposta positiva ai test pulpari (falsinegativi possibili fino a 3 mesi). Segnidi riparazione tra i segmenti fratturati.Continuare alla prossima valutazione.

Risposta negativa ai test pulpari (falsi negativipossibili fino a 3 mesi). Segni clinici di periodontite.Radiotrasparenza adiacente alla linea di frattura. Èindicato il trattamento canalare solo fino alla linea difrattura.

3

Risposta positiva ai test pulpari(falsi negativi possibili fino a 3 mesi).Nessun segno di periodontite apicale.Continuare alla prossima valutazione.

Risposta negativa ai test pulpari (falsi negativipossibili fino a 3 mesi). Segni di periodontite apicaleo riassorbimento esterno. È indicato il trattamentocanalare.

FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA

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on appena il 24 Maggio

1915, sul lungo e

difficile fronte italo-

austriaco, dallo Stelvio al mare, dai

 forti di Trafoi, di Gomagoi, di Luserna,

del Pozzacchio e giù fino a quelli

dell’Hermada cominciarono a tuonare

le potenti artiglierie ed i nostri valorosi

 fanti con impeto e valore leggendari

partirono all’attacco delle munitissime

dominanti posizioni nemiche, laDirezione di Sanità del III Corpo

d’Armata di Milano, sollecitata dai

Superiori Comandanti prendeva tutte le

disposizioni per assicurare il più ampio

e il più efficiente servizio sanitario in

città ed in provincia, organizzando,

allestendo ed attrezzando in Milano e

nei minori centri di sua competenza

territoriale in ausilio al grande Ospedale

Militare Principale di Milano, presso

Piazza Sant’Ambrogio, già funzionante

in tempo di pace, situato ove ora

sorge la sede milanese dell’Università

Cattolica del Sacro Cuore, una moderna

struttura ospedaliera “di riserva” in

grado di fronteggiare ad ogni possibile

emergenza bellica, come poi avvenne.

Il personale medico assegnato a

questa nuova e solida struttura

ospedaliera proveniva gran parte

dal servizio sanitario militare della

STORIA DELLA MEDICINA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

34

 

34

Dario CovaPrimario Emerito Onco-Geriatra, CommissioneCultura, Ordine dei Medici Chirurghi e degli

Odontoiatri di Milano

Ugo GarbariniPrimario Emerito Ospedaliero, Presidente Ordinedei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano

Ospedali Militari di Riserva

 N    

Nella Città di Milano una storia di eccellenza e umanità

durante la Grande Guerra

Figure 1 e 2 - La dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria

il 24 Maggio 1915, “Il Piave mormorava…”

riserva, integrato da quei medici civili

che, pur non avendo obblighi militari,

accettavano di prestare servizio in caso

di mobilizzazione di guerra, con gradi

(o assimilazione di grado) predisposti

dall’Ispettorato della Sanità Militare.

Dato il gran numero delle classi

mobilitate, era naturale che l’impianto

di nuovi ospedali dovesse assumere

proporzioni mai raggiunte nelle guerre

precedenti. Sulla scorta dei progetti

elaborati dai Direttori Territoriali di

Sanità fin dal tempo di pace, e di altri

progetti improvvisati all’emergere

di nuove esigenze si occuparono

caserme, scuole, collegi, seminari,

opifici, alberghi, che si trasformarono

in altrettanti ospedali. (1,2).

Per dimensione quantitativa dell’attività

svolta dagli ospedali di riserva,

Milano rimaneva il centro sanitario

più importante sia dal punto di vista

logistico che da quello clinico. Nella

sola Milano, negli anni di guerra, dallo

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STORIA DELLA MEDICINA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

35

 

35

scalo di Porta Vittoria, vennero ripartiti

sugli ospedali della città 179.826

infermi, di cui 4.213 ufficiali, giunti su

652 treni-ospedale. Da uno spoglio dei

registri delle ripartizioni, risulta che:

72.511 infermi erano affetti da malattie

mediche; 103.550 da forme chirurgiche

di cui 7.400 ferite cerebrali; 3.765 da

 forme specialistiche quali oftalmologia,

otorino, eccetera e 1.535 da malattie

infettive in genere. Dallo scalo di Porta

 Vittoria partirono 163 treni-ospedali di

Figura 3 - Grafico dimostrativo del Servizio Sanitario durante la I Guerra Mondiale,

da “Ospedalizzazione Militare in guerra”

sgombero con 44.709 infermi destinati

ad altri ospedali del Regno. (3,4)

La Direzione di Sanità Militare del

III Corpo d’Armata, che aveva la

giurisdizione sulla Lombardia, per

rendere più ampia ed efficiente

l’assistenza medica ai feriti e agli

ammalati sgomberati dal fronte in

zona territoriale, decideva di allestire

ex novo, ad integrazione dei servizi

offerti dall’Ospedale Militare Principale

di Milano, una moderna struttura

ospedaliera “di riserva” per interventi

di chirurgia, nella stessa Istituzione.

Inoltre l’autorità militare richiese la

disponibilità di strutture pubbliche, di

seguito riportate, non necessariamente

ospedaliere, ma allestite all’uopo, per

l’assistenza ai feriti di guerra a cui

 venne assegnato uno specifico servizio

sanitario.

 Tra gli ospedali della città di Milano la

Ca’ Granda svolse un ruolo importante

per la varietà dei servizi offerti, in

particolare quelli chirurgici. Nel

Padiglione Zonda, costruito grazie alla

generosità dei fratelli Emilio ed Enrico

Zonda, inaugurato il primo Maggio

del 1915 e adibito alla cura dei feriti,

il prof. Fasiani organizzò un centro di

alta specializzazione chirurgica. Tra

i feriti ricoverati ricordiamo Ernest

Hemingway che in “Addio alle armi”

ricorda il ricovero allo Zonda.

Il giovane Hemingway, assegnato

dapprima alla Sezione IV della Croce

Rossa Internazionale americana,

presso il Lanificio Cazzola a Schio,

cittadina ai piedi del Pasubio, fece

domanda di essere trasferito in prima

linea. Fu mandato sulla riva del basso

Piave, nelle vicinanze di Fossalta di

Piave, come assistente di trincea.

 Aveva il compito di distribuire generi

di conforto ai soldati, recandosi

quotidianamente alle prime linee

in bicicletta. Durante la notte tra

l’8 e il 9 luglio, nel pieno delle sue

mansioni, venne colpito dalle schegge

dell’esplosione di un mortaio austriaco

Minenwerfer.

Cercò di mettere in salvo i feriti ma,

mentre stava recandosi al Comando

con un ferito in spalla, fu colpito alla

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

36

SERVIZIO SANITARIOASSEGNATO

REPARTI OSPEDALIERIINFERMI RICOVERATINEI RISPETTIVI REPARTI

TOTALE

Chirurgia

Osservazione Ospedale Militare Principale 25.586 25.586

Chirurgia

Casa Musicisti VerdiOspedale Colonia FranceseIstituto BassiniMarcellineBenedettine

2.4004.8953.2587.68712.570

30.810

Chirurgia di guerra

Dormitorio PopolareOspedale Chirurgico (Via Pace)Istituti CliniciIstituto De MarchiAlbergo TrivulzioSuore Mantellate

Collegio LongoneSuore Sacro CuorePadiglioni Litta e Zonda

7.8525.1693.9641.42530.7002.943

5.3094.5002.020

63.881

Medicina

Ospedale MaggioreCollegio CabriniStabilimento BrioschiSuore MarcellineSuore AddolorataSuore CanossianeOspedale FatebenefratelliSuore CaritàSuore Marcelline (P.zza Tommaseo)

Clinica S. Barnaba

8.2706.5006.3403.7825.87010.7832.4005.2496.100

3.500

58.794

Otorinolaringoiatria

Albergo Minerva E ArgentinaAlbergo AuroraAmbulanza S. CoronaAmbulatorio Policonsultivo

6.21269020.835690

27.427

Medicina e Chirurgia

Seminario ArcivescovileStabilimento BisleriGruppo Ospedaliero (P.zza Fontana)Gruppo Stazione CentraleAlbergo Popolare (Via D’Oggione)Collegio Calchi - TaeggiAlbergo MortaraIstituto Missioni Estere

6.0203.7605.9751.96017.6902.600650960

39.615

Tabella 1 - Servizi assegnati ai reparti ospedalieri di Milano (esclusi i reparti staccati dell’Ospedale

Militare Principale di Riserva e degli Ospedali contumaciali, da “Sanità Militare in Italia durante

la I Guerra Mondiale”)

gamba destra dai proiettili di una

mitragliatrice che gli penetrarono nel

piede e in una rotula.

Il 15 luglio fu finalmente trasportato

su un treno-ospedale e il 17 luglio

giunse a Milano dove fu operato.

 All’ospedale, dove rimase tre mesi, si

innamorò, ricambiato, di un’infermiera

statunitense di origine tedesca, Agnes

 von Kurowski, che però non manterrà

la promessa di sposarlo, perché

considerava questa una relazione

giovanile, fugace e platonica. Dimesso

dall’ospedale e decorato con la Croce

al merito di guerra americana e con la

Medaglia d’argento al Valor Militare

italiana, ritornò al fronte a Bassano

del Grappa; smobilitato il 21 gennaio

del 1919, fece ritorno a Oak Park,

accolto come un eroe. Come sempre

la guerra, le guerre, avevano dato

impulso alla scienza, in particolare alla

medicina: Carlo Besta e Mario Donati

che caratterizzeranno i primi anni del

Figura 4 - Il giovane Ernest Hemingway

in uniforme, 1918

STORIA DELLA MEDICINA

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

37

Figura 5 - Carlo Besta in divisa militare durante

la Grande Guerra.

Medicina e Chirurgiacontumaciale

Scuola di Via TrevisoScuola di Via MorosiniScuola di Via Del VignolaScuola di Via G. RomanoScuola di Viale BrianzaScuola di Pzza SiciliaScuola di Via GentilinoScuola di P.zza Bandiera

Scuola di Via SondrioScuola di Via A. CostaScuola di Via BorgognoneScuola di Via GalvaniScuola di Viale LombardiaCollegio delle R. Fanciulle

2.00025.2963.1003.0008.00014.0006.71511 .019

14.0003.9693.0183.80016.3577.191

121.265

Chirurgia Ortopedica Istituti Rachitici 3.670 3.670

Sistema NervosoO.M. Padiglioni BuffiIstituto Zaccaria

3.2583.875

7133

Osservazione Scuola di Via S. Orsola 20.000 20.000

Tracomatosi Stabilimento Industriale 1.350 1.350

Centro Stomatologico Collegio Leone XIII 3.457 3.457

Medicina e Malarici Scuola di Via Massimo D’Azeglio 1.764 1.764

Dermoceltici Istituto Cattaneo 24.576 24.576

Malattie ApparatoRespiratorio

Scuola di Via Arena 14.000 14.000

Malattie infettiveOspedale Contagiosi DerganoScuola di Via Mantegna

3.5701 .601

5.171

OftalmicoCasa Salute S. GiuseppeScuola di Via AribertoCollegio Orsoline

60017.6305.914

24.144

Centro FisioterapicoScuola di Via ComasinaCase Popolari (Niguarda)Villa Marelli

10.98515.6801.500

28.165

Autolesionisti Scuola di Via Fabio Filzi 1.250 1.250

Mutilati e Storpi Conservatorio Verdi 400 400

Granulosi Gruppo Villini Franco 2.000 2.000

Centro NeurologicoCollegio GuastallaScuola di Via Benedetto Marcello

5.0002.400

7.400

Malattie di Petto Istituto Missionarie 5.000 5.000

Forme Psichiche Dormitorio di Via Cesare Balbo 1.600 1.600

 futuro Istituto Neurologico Vittorio

Emanuele III, ora Carlo Besta, avevano

entrambi maturato la convinzione che

le competenze acquisite al capezzale

del ferito di guerra non dovessero

essere disperse ma che negli anni

a venire avrebbero portato a nobili

realizzazioni, a grandi Istituzioni, si

ritroveranno di lì a qualche anno!

Ben presto, nel 1915 all’inizio

della guerra, Carlo Besta

 viene richiamato alle armi e

destinato all’Ospedale Militare

di Milano con il grado di

Maggiore Medico dell’esercito

e consulente neurologo, con

 visione preveggente progettò

di raccogliere in un’unica sede

lo studio e la cura dei feriti del

sistema nervoso provenienti dal

 fronte di guerra: per sua iniziativa

nasce, con la collaborazione del

Direttore dell’Ospedale Militare

Principale, Col. Schizzi, e del suo

STORIA DELLA MEDICINA

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

38

 Vice, Col. Massarotti, il centro per

i feriti del sistema nervoso, accolti

presso il Collegio Reale delle Fanciulle

nella centrale Via Guastalla a Milano,

nasce così il Centro Neurochirurgico

della Guastalla, diretto dal professor

Carlo Besta, che tra il 1915 e il 1918

ospiterà ben 5.000 neurolesi e che verrà

affiancato dal Centro Neurologico

delle scuole di Via Benedetto Marcello

diretto dal professor Eugenio Medea

che accoglierà 2.400 feriti neurolesi,

nell’arco del conflitto.

Il Centro Neurochirurgico della

Guastalla era capace complessivamente

di 450 letti, e svolse la propria attività

per un quadriennio (1915-1919):

l’organizzazione del nosocomio

comprendeva le strutture essenziali

per la cura globale dei neurolesi,

in modo particolare dei feriti e

lesionati al cervello; era dotato di una

camera chirurgica, un impianto di

radiodiagnostica e di Röntgenterapia

profonda ed un completo impianto per

le cure fisioterapiche e riabilitative.

L’autorità militare richiese la

disponibilità del vasto complesso

assistenziale per anziani e malati

cronici denominato Pio Albergo

 Trivulzio (popolarmente definito

“Baggina”) sollecitando il trasferimento

dei suoi ospiti, i “Vecchioni”, nella

sede di Porta Vittoria dell’Orfanotrofio

maschile dei “Martinitt”, a loro volta

sistemati nella casa di campagna di

Canzo, in Brianza.

Ma se il trasloco dei ricoverati anziani

e autosufficienti era fattibile, più

difficoltoso si presentava lo sgombero

del Cronicario, dove erano assistiti

per conto del Comune di Milano, oltre

800 malati inguaribili. A tale proposito

si svolsero amichevoli trattative fra

l’Autorità militare, le rappresentanze

del Comune di Milano e della Pia

 Amministrazione che si conclusero con

un accordo vantaggioso per entrambe

le parti. (5)

Il Cronicario rimaneva nelle sue

originarie strutture (edificio a sinistra

entrando) lasciando libero l’edificio

sulla destra (Ospizio dei sani) per

l’allestimento di uno spazioso ospedale

militare chirurgico di riserva, in

grado di far fronte ad ogni possibile

emergenza bellica, come poi avvenne.

Il complesso residenziale, che aveva

allora solo cinque anni di vita, era

quanto di meglio poteva offrire la

città di Milano: edifici moderni e

 funzionali, spaziosi e ben ventilati, con

buona esposizione solare, strutture

già attrezzate con impianti di base, che

potevano, con appropriati adattamenti,

essere utilizzati per le nuove esigenze

medico-militari.

 Tre mesi dopo la sua istituzione per

le drammatiche esigenze di guerra

e le sopravvenute epidemie di

colera, venne istituita una sezione

contumaciale, portando a 1240 i posti

letto normalmente disponibili.

L’Ospedale funzionò sempre al gran

completo, con la costante presenza di

 feriti gravi barellati: dal 22 agosto 1915

al 31 maggio 1921 i militari ricoverati

 furono ben 35.463 con un totale di

1.186.751 giornate di presenza.

Figura 6 - Milano, Centro Neurochirurgico della Guastalla.

STORIA DELLA MEDICINA

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

39

conosciuto, di eccellenza e umanità che

è giusto ricordare.

Nel giugno del 1918 le operazioni

belliche sul fronte italiano furonocaratterizzate dall’ultimo grande

attacco austriaco dal significativo e

minaccioso nome di “Operazione

Radetzki”. Dopo sei giorni di inutile

lotta gli austriaci abbandonarono il

terreno e come disse Ludendorff “Per

la prima volta avemmo la sensazione

della nostra sconfitta.” Di lì a qualche

mese Vittorio Veneto, la Vittoria!

Bibliografia• Massarotti G. - Il servizio degli

sgomberi. In: Ospedalizzazione militare

in guerra. Ravà & O. Editori Milano

1915

• Perego V. - Distribuzione dei feriti nei

centri sede di ospedali di riserva. In:

Sgombero dei feriti e degli ammalati in

guerra. Ravà & C. Editori Milano 1916

• Manganaro C. - Il servizio sanitario

militare in guerra. Società editrice

libraria Milano 1938

• De Napoli D. - Il servizio degli

sgomberi. In: La sanità militare in Italia

durante la I Guerra Mondiale. Editrice

 Alpes Roma 1989

• Gucciardi E. - La “Baggina in grigio-

 verde”. In: Il Pio Albergo Trivulzio nella

storia e nell’attualità. Editore Consiglio

Orfanotrofi e Luogo Pio Trivulzio.

Milano 1961.

Figura 7 - Pio Albergo Trivulzio, Ospedale chirurgico militare di riserva

(Civica raccolta stampe Bertarelli)

Nel complesso i feriti ricoverati in

chirurgia furono 19.463, dei quali

645 ufficiali, 16.909 di truppa e 2092

prigionieri di guerra.

Da rilevare la percentuale

estremamente bassa di decessi ove

si consideri il numero e la gravità dei

 feriti: lasciarono la vita 4 ufficiali, 321

soldati e graduati e 98 prigionieri.

La Città di Milano, con le sue strutture

civili “militarizzate” e le Istituzioni

sanitarie d’avanguardia, ebbe un

ruolo di primo piano in quell’immane

conflitto: un contributo, poco

STORIA DELLA MEDICINA

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opo la laurea in

odontoiatria Veronica

 Vismara, si specializza

in Omotossicologia e discipline

integrate, frequenta numerosi corsi

in Kinesiologia Applicata, si diploma

Trainer e Counselor in Programmazione

Neuro Linguistica (PNL),e ottiene il

Master Advanced in Ipnosi Eriksoniana.

È coautrice con Lorenzo Pierobon

del libro “Suoni dell’anima, l’essenza

nascosta della voce” (ed. Minerva), è

cantante jazz (ha inciso tre CD), pratica

il canto armonico e scrive liriche. Un

profilo con tante sfaccettature cheruotano tutte, come in un caleidoscopio

dalle mille forme colorate, attorno al

paziente, alla necessità profonda di

metterlo al centro della suo stato di

salute e di una relazione profonda

e autentica che richiede nuove

competenze al medico; non solo tecnica,

ma anche comunicazione.

In che modo la comunicazione

è un requisito importante per

l’odontoiatra moderno?

La comunicazione, non solo verbale,

ma anche paraverbale, cioè attraverso

l’uso della voce, e non verbale, tramite

il corpo, è il primo passo per una

relazione efficace tra medico e paziente,

relazione che in ambito odontoiatrico

può durare anche molto a lungo. È un

privilegio che abbiamo noi odontoiatri

rispetto ad altri colleghi medici con altre

INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

40

 

40

Tiziana Azzani

Partire dalle parole... non dette

D  

Il rapporto medico-paziente in odontoiatria

specializzazioni. Non di rado ci capita

infatti di incontrare un paziente quando

è bambino; se siamo capaci di costruire

un legame autentico, allora è probabile

che lo seguiremo per tutta la vita e con

lui anche la famiglia che lo circonda.

Per poter comunicare è necessario

prima di tutto saper ascoltare. È

 fondamentale imparare a comprendere

il linguaggio del corpo, la gestualità,

le sfumature della voce, per capire

 veramente quello che le persone ci

stanno chiedendo. Le persone spesso

non avanzano richieste verbali esplicite,

a volte non hanno le idee chiare equindi sta a noi, aiutarle a definire i loro

obiettivi. Solo se individuiamo questi

aspetti, riusciamo a rispondere ai loro

reali bisogni.

Pensiamo ad esempio a una prima

 visita. Io mi occupo soprattutto di

gnatologia e spesso i pazienti giungono

nel mio studio già informati, dopo aver

consultato altri colleghi. A differenza

di quanto possa sembrare, non è

assolutamente il prezzo che guida laloro scelta ma la fiducia che sentono

di poter riporre nel medico che si

trovano di fronte. E soprattutto al primo

incontro non è solo la mia competenza

quella che emerge, ma la possibilità di

sentirsi accolti, capiti e soprattutto di

potersi fidare. Solitamente il paziente

intuisce e successivamente apprezza la

mia capacità di ascolto, la mia chiarezza

e la mia autenticità. Le persone

capiscono istintivamente se crediamo

in quello che stiamo dicendo. È allora

 fondamentale imparare a essere

congruenti: congruenza tra quello che

si dice verbalmente e quello che si

comunica con il corpo, con i gesti, conla voce. Nei livelli più alti della gerarchia

dei miei valori ci sono l’autenticità,

l’equità e la congruenza e proprio per

questo è difficile che un paziente non

segua un mio consiglio, perché sa che

quello che gli sto proponendo è la cosa

migliore per lui.

Dove ha imparato e affinato

le tecniche di ascolto e di

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INTERVISTA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

41

 

41

comunicazione?

Lo studio dei processi comunicativi

secondo il modello PNL

(Programmazione Neuro Linguistica)

mi ha insegnato a leggere i messaggi

non consapevoli inviati della persona, verbali e non verbali e ad avere i sensi

molto vigili e recettivi per riuscire a

capirla e nello stesso tempo rimandarle

un messaggio coerente e in linea

con il suo modello comunicativo.

Mi ha aiutato in pratica a leggere

l’esperienza interna dei miei pazienti

attraverso i processi di cambiamento

comportamentali. Ogni comportamento

è comunicazione, anche il silenzio è

comunicazione. Un soggetto che sta

zitto mi comunica infatti la sua decisione

di non parlare. Ogni comportamento-inteso come linguaggio, movimenti

oculari, variazioni della respirazione,

della voce, cambiamenti del colore

della pelle- è la risultante di una serie di

processi neurologici interni e pertanto

 fornisce informazioni sui processi stessi.

L’arrossamento del viso di un soggetto

in conseguenza di un avvenimento

ci indica la reazione del soggetto in

relazione a quel tipo di situazione.

L’insorgenza di una fobia, ad esempio

l’odontofobia, può esprimere un trauma

avvenuto in un particolare contesto

e la reazione fobica non è altro che il

tentativo da parte dell’individuo di non

ritrovarsi nella stessa situazione.

Nella comunicazione oltre al

corpo anche la voce ha un ruolo

fondamentale.

La voce non comunica solo concetti,ma con i suoi diversi toni e sfumature

esprime le emozioni. È da tempo che

studio l’uso e il ruolo della voce nei

diversi contesti; la mia passione per il

canto (dopo l’odontoiatria, il canto è la

mia seconda passione) mi ha portato

a coltivare un uso della voce anche

dal punto di vista artistico e a toccare

con mano l’importanza dell’intenzione

che una persona mette nelle parole

che dice sia quando vuole comunicareuna prestazione clinica sia durante

una performance artistica. La voce,

attraverso tutti i parametri che possono

 variare, è una leva importante che uso

nella comunicazione con i miei pazienti,

anche con i più piccoli.

Quale comunicazione con i più

piccoli?

Con i bambini cerco una relazione

intima, lasciando “fuori” i genitori. Con

i genitori parlo a parte, ma quando

il piccolo è in poltrona io sono lì solo

per lui, per sostenerlo, per accoglierlo.

Non è difficile diventare complici, basta

parlare il suo linguaggio. Per ottenere

la sua fiducia bisogna sostenerlo e fargli

capire che gli crediamo. In PNL si parla

di “ricalco” del mondo del paziente. Se

mi dice che sente male, inutile sminuire

la cosa dicendo che non è possibile,magari deridendolo, perché così

significa prenderlo in giro e allontanare

la sua fiducia. Bisogna piuttosto

accogliere quello che comunica e

rispondere con dolcezza: “So che stai

sentendo fastidio o dolore, hai ragione,

ma tra un istante non sentirai più

nulla e potremo lavorare tranquilli”. È

molto utile con i bambini utilizzare un

linguaggio vago e ipnotico, mostrandosi

curiosi sui loro film o cartoni preferitied evocando immagini in modo da

spostare la loro attenzione. Hanno un

inconscio molto produttivo e ricco e, se

invitati, fantasticano volentieri.

L’uso della voce cantata o parlata

ha anche un ruolo terapeutico.

In che modo?

L’uso della voce rientra in un percorso

di rieducazione funzionale del cavo

Veronica

Vismara

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

42

INTERVISTA

orale (RFCO) per la cura delle persone

che presentano abitudini viziate -morsicatura del labbro o di oggetti,

onicofagia, tic nervosi, serramento

e bruxismo- spesso associate ad

alterazioni dell’occlusione, deglutizione

atipica e respirazione orale a loro volta

correlate, secondo Laura Bertelè, e

secondo uno studio condotto con

lei e Antonio Busato su 120 pazienti,

alla presenza di scoliosi. In questi

soggetti, la terapia ortodontica, anche

se apparentemente può sembrare lasoluzione più appropriata, è in realtà

spesso da evitare almeno fino al

completamento della fase evolutiva

di crescita. Ovviamente non si può

essere categorici con decisioni simili,

ma il soggetto, qualora l’ortodonzia sia

inevitabile, va seguito e monitorato di

 volta in volta con molta attenzione. È

sempre auspicabile invece identificare

un intervento finalizzato innanzituttoall’elaborazione di strategie e

comportamenti che permettano

l’eliminazione delle abitudini viziate,

e in secondo luogo dedicato ad

esercizi specifici per ripristinare le

corrette funzioni, tra cui respirazione,

deglutizione e fonazione.

Questo ovviamente vale anche per i

pazienti non portatori di scoliosi, ed

equivale metaforicamente a togliere

il piede dal freno prima di schiacciarel’acceleratore! Tornando alla voce,

essa si sviluppa parallelamente alla

 verticalizzazione del bambino e una

buona emissione vocale accompagnata

da un atto fonatorio corretto aiuta a

rilassare i muscoli periorali, oltre che

aggiungere una componente ludica

dell’uso dello strumento primordiale

che ognuno di noi ha sempre a

disposizione. n 

IL SORRISO DEL DENTISTA

SE ARTE E PROFESSIONE SI FONDONO

Mi accoglie con un sorriso che è lo stesso che condivide con i suoi pazienti.Giulia Faggioni è una giovane odontoiatra che sente l’importanza, prima ancoradi prendere in mano gli strumenti di lavoro, di entrare in relazione con il pazientee di trasmettere la sua positività.«È sempre più importante costruire un dialogo con i propri pazienti. È una esigenzamia di medico per capire le situazioni che mi si pongono davanti: il paziente non è solo segnie sintomi ma è anche tutto il contesto in cui vive e tutto quello che vive. È un’esigenza delpaziente per affrontare più positivamente e con relax la seduta senza sentirsi “toccato oviolato” in una parte così intima come la bocca. Ingredienti essenziali per costruire un dialogosono l’ascolto, la comprensione dei gesti e della mimica e la complicità con un linguaggio,

soprattutto con i più piccoli, alla loro portata. Con i bambini mi piace inventare o farmiraccontare una storia, ridere con loro, imitare la voce di un cartone animato, canticchiare conloro. Accolgo e rispondo alle loro provocazioni in modo giocoso perché voglio che capiscanoche sono pronta a giocare con loro e che di me si possono fidare. Sono comportamenti chenascono dal mio bagaglio personale e che attingono dalla mia seconda passione, quella peril teatro. Non mi è dunque difficile coinvolgere i miei piccoli pazienti e sciogliere in loro lapaura di sentire male. Essere complice per me significa anche renderli partecipi di quello chesto facendo e quindi mostrare loro gli strumenti, spiegare gli interventi e quando necessariocondividere con loro delle esperienze, compresa la mia esperienza di paziente. Certo percostruire un dialogo serve tempo, ma solo con il tempo potremo riuscire a costruire unrapporto profondo e duraturo».

Giulia Faggioni

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el 2009 secondo i dati Istat

( Indagine sulle famiglie “Aspetti

della vita quotidiana, 2009” )

in Italia le persone dai 3 anni in su che

praticano sport sono poco più di 18

milioni, pari al 31% della popolazione;

di queste, il 21% si dedica allo sport

in modo continuativo, il 10% solo

saltuariamente.

Dal punto di vista territoriale, è evidente

come la pratica sportiva e l’attività fisica diminuiscano man mano che si

scende da Nord a Sud: il Nordest è la

ripartizione geografica con la quota

più elevata di persone che praticano

sport (39%), mentre il Mezzogiorno si

caratterizza per la quota maggiore di

sedentari. La ricerca scientifica ha ormai

inconfutabilmente dimostrato che la

vita sedentaria sia causa di numerose

patologie, valorizzando contestualmente

il ruolo dell’attività fisica in tutte le

 fasce d’età della nostra popolazione e

richiamando le istituzioni sulla necessità

di promuoverne la diffusione.

Malattie come ipertensione arteriosa,

obesità, dislipidemie, diabete mellito,

sindromi dispeptiche, sindromi ansioso

depressive e neoplasie sono sempre

più diffuse sia per l’allungamento della

 vita media nel nostro paese, ma anche

per la diffusione di abitudini di vita non

FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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43

Ugo MonsellatoSpecialista in Medicina dello Sport -

Docente Scuola dello Sport CONI - LombardiaNon tutti gli sport sono uguali

 N    

È necessario ripensare la normativa vigente per laformulazione del certificato di idoneità alla pratica sportiva;così come in futuro l’azione del MMG dovrà prevedere un correttoorientamento del paziente verso l’attività fisica a lui più consona

corrette: sedentarietà, cattive abitudini

alimentari, stress ecc.

Gli effetti positivi di una regolare attività

 fisica sono molteplici, come ad esempio:

• la riduzione del rischio di morte

improvvisa,

• la riduzione del rischio di infarto o di

malattie cardiache,

• la riduzione del rischio di sviluppare

tumori del colon,

• la riduzione del rischio di sviluppare ildiabete tipo 2,

• la prevenzione o la riduzione

dell’ipertensione arteriosa,

• la prevenzione o la riduzione

dell’osteoporosi,

• il minor rischio di sviluppo di dolori

del tratto lombare della colonna

 vertebrale,

• la riduzione dei sintomi di ansia,

stress, depressione e solitudine,

• la prevenzione dei comportamenti a

rischio derivanti dall’uso di tabacco,

alcol, diete non sane e atteggiamenti

 violenti,

• calo del peso corporeo con

diminuzione del rischio di obesità.

Nello studio del Medico di Medicina

generale e di Pediatria arrivano

richieste di certificazione di stato di

buona salute dagli utenti per le esigenze

più varie e l’emissione di questo

certificato rappresenta talvolta per il

medico una fonte di preoccupazione

non da poco. Quali sono le motivazioni

che spingono gli assistiti alla richiesta

del certificato di stato di buona salute?

Certificato di stato di buona salute

in ambito scolastico

 Tali richieste fatte dalla scuola sono

sottoposte a una specifica normativae vengono rilasciati gratuitamente

per gli alunni che svolgono attività

 fisico-sportive organizzate dagli organi

scolastici nell’ambito delle attività

parascolastiche (extrascolastiche),

che partecipano a gare e campionati

caratterizzate da competizioni tra

studenti in orario extracurricolare,

che partecipano ai Giochi Sportivi

Studenteschi nella fase Provinciale e

Regionale.

 Tale certificazione che riguarda giovani

utenti non rappresenta in genere

problematiche particolari: un’accurata

anamnesi e una corretta visita

consentono l’emissione del certificato

senza particolari rischi.

Frequenti sono invece le irregolarità

e/o l’abuso delle richieste; per esempio,

nella scuola elementare, essendo i

Giochi Sportivi Studenteschi limitati

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

44

 

44

alla fase d’Istituto con prove a carattere

polivalente (percorsi,circuiti,giochi...)

e in considerazione del fine ludicoeducativo, gli alunni non necessitano

di certificazione. Ma la maggior parte

delle richieste di certificato vengono

per altre attività.

Giovani praticanti attività fisica non

in ambito federale

Le richieste di certificato vengono

effettuate per la partecipazione a

• corsi di nuoto

• corsi di ginnastica

• attività di palestra

• attività in villaggi turistici ecc.

Giovani praticanti attività fisica

nell’ambito delle Federazioni del

CONI o degli EPS classificate come

attività sportive non agonistiche

In Tabella 1 sono elencati gli sport per

i quali vengono richiesti certificati di

stato di buona salute.

 Adulti praticanti attività fisica non

in ambito federale

propria immagine estetica

• Attività di palestra finalizzata alla

difesa personale• Corsi di nuoto

• Attività fisica organizzate in ambito

comunale

• Attività fisica organizzate in ambito

aziendale

• Attività consigliata o prescritta dal

medico specialista in presenza di

patologie che possono trarre beneficio

dall’attività fisica.

 Adulti praticanti attività fisica

nell’ambito delle Federazioni

del CONI o negli EPS ma tesserati

come non agonisti

Le richieste di certificato vengono

effettuate per le seguenti attività

non agonistiche:

• Allenatori di Calcio o di altri sport

• Calcetto

• Cicloturismo

• Corsa (mezzofondo, fondo )• Volley 

• Pallacanestro

• Arti marziali

• Danza

• Nuoto

• Sci di fondo

• Tennis

Non tutti gli sport sono uguali…Da un punto di vista fisiologico 

le attività sportive possono essere

classificate con modalità diverse

utilizzando ora questo, ora quest’altro

parametro biologico.

La classificazione più usata è quella

basata sulle “ prevalenti sorgenti

energetiche utilizzate nel lavoro

 muscolare (attività anaerobiche alattacide

o lattacide, aerobiche)” e dall’altro

sulle “caratteristiche biomeccaniche” 

proprie dei gesti sportivi delle singole

discipline (Dal Monte). Un altro

criterio di classificazione è quello

basato sull’ impegno cardiovascolareche esse comportano. Non è facile però

inquadrare gli sport in schemi rigidi,

tante sono le variabili tra sport e sport

e varie sono le risposte dell’organismo

umano all’interno dello stesso sport in

 funzione del livello di impegno con cui

 viene praticato.

 Vediamo di fare alcune distinzioni

semplici:

…per impegno metabolicomuscolareL’energia che noi utilizziamo ci viene

 fornita dagli alimenti che mangiamo.

Questa energia non viene direttamente

usata per effettuare lavoro, essa invece

 viene prima immagazzinata sotto forma

di glicogeno o tessuto adiposo e quando

necessaria utilizzata per caricare di

energia un altro composto chimico

detto adenosintrifosfato (ATP) il qualetrovasi in quantità diverse in tutte le

cellule dell’organismo particolarmente

in quelle muscolari. Solo con la

demolizione dell’ATP (in ADP + P)

l’energia può essere trasformata in

lavoro meccanico (e calore ).

In ogni cellula c’è solo una quantità

limitata di ATP pertanto deve essere

costantemente rigenerato.

 Tre sono i processi fornitori di energia

per la sintesi di ATP:

• Il sistema anaerobico alattacido

o il sistema del fosfageno con il

quale la resintesi di ATP avviene

per cessione di energia proveniente

dalla Fosfocreatina (PC) ciò avviene

durante attività fisica ad alta

intensità ma di brevissima durata

(lancio del disco, sollevamento pesi,

atletica velocità 60m)

• La glicolisi anaerobica o sistema

SPORT Età: fino a

Nuoto, danza, ginnastica art.,tennis, equitazione, twirling

7

Tennis da tavolo 8

Pallavolo 9

Pallacanestro 10

Calcio, karate, judo, sci di fondo 11Ciclismo, rugby 12

Pugilato 13

Kick boxing 10/13/16

Tabella 1

Le richieste di certificato vengono

effettuate per la partecipazione a:

• Attività di palestra a carattere

ricreativo e socializzante

• Attività di palestra finalizzata al

dimagrimento o al miglioramento della

FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

45

 

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dell’acido lattico che libera energia

attraverso la parziale degradazione

di glucosio o di glicogeno; ciòavviene durante attività ad alta

intensità della durata di qualche

minuto (corsa 400/800m, nuoto

50/100m)

• Il metabolismo aerobico o sistema

dell’ossigeno che utilizzando

carboidrati o grassi in presenza

di O2 (ossidazione); ciò avviene

durante attività di intensità media o

medio-elevata della durata anche di

ore (ciclismo su strada, maratona,

nuoto, sci di fondo).

L’intervento di uno di questi processi è

in funzione delle richieste energetiche

nell’unità di tempo: maggiore è la

richiesta energetica perché maggiore è

lo sforzo atletico, meno sufficiente sarà

la quantità di O2

trasportata ai tessuti, ne

consegue che maggiore sarà l’utilizzo

dei sistemi anaerobici. Quando il fisico è

impegnato più a lungo e più lentamentee le richieste energetiche sono minori,

l’O2

trasportato ai tessuti sarà sufficiente

a soddisfare le necessità del sistema

aerobico tipico dei lavori di resistenza

anche di lunga durata.

… per impegno cardiovascolareche comportanoUguali difficoltà si incontrano ancora

oggi nel classificare le diverse

attività sportive in base all’impegno

cardiovascolare che esse comportano.

Il COCIS (Comitato Organizzativo

Cardiologico per l’Idoneità allo Sport)

ha proposto una classificazione “dal

solo valore indicativo” delle attività

sportive in relazione all’impegno

cardiovascolare. Tale classificazione è

basata principalmente sull’analisi del

comportamento di alcuni parametri

di facile rilievo,

quali la Frequenza

Cardiaca (FC) e la pressione arteriosa,

e la loro integrazione con i parametri

 fisiologici, al fine di prendere in

considerazione tre indici fondamentali:

resistenze periferiche (RP), gettata

cardiaca (GC) e grado di stimolazione

adrenergica (quest’ultima correlata

anche a influenze emozionali). In

base a tali parametri è stato possibile

identificare 4 gruppi classificativi delle

attività sportive.

GRUPPO A: attività sportive

con impegno cardiocircolatoriodi tipo “neurogeno” 

Il gruppo A (Tabella A) è caratterizzato

da incrementi principalmente della

FC da minimi a moderati (senza

significativi aumenti della gettata)

dovuti, soprattutto in competizione, alla

componente emotiva. Di questo gruppo

 fanno parte sport quali:

• Bocce, Bowling,

• Golf 

• Pesca sportiva (attività marittime

e acque interne)

• Sport di tiro (tiro a segno, a volo,

tiro con l’arco, ecc.)

• Caccia sportiva

• Biliardo sportivo

GRUPPO B: attività sportive con

 impegno cardiocircolatorio di tipo

“neurogeno” 

Il gruppo B (Tabella B) è caratterizzato

da incrementi principalmente della

 frequenza cardiaca da medi a elevati

(e lievi della gittata cardiaca e delle

resistenze periferiche). Ad esso

appartengono i seguenti sport:

• Automobilismo regolarità, slalom,

karting

• Aviazione sportiva

• Equitazione

• Motociclismo (velocità)• Motonautica

• Paracadutismo

• Attività subacquea

• Vela

GRUPPO C: attività sportive con

 impegno cardiocircolatorio di tipo

 prevalentemente pressorio

Le attività del gruppo C (Tabella C) sono

caratterizzate da frequenza cardiaca

da elevata a massimale, resistenze

periferiche da medie a elevate, gettata

cardiaca non massimale. Si tratta di:

• Alpinismo

• Arrampicata sportiva

• Atletica leggera (velocità, lanci, salti)

FC

(Frequenza Cardiaca)

RP

(Resistenze periferiche)

GC

(Gittata Cardiaca)

+ = =/+

Tabella A

FC(Frequenza Cardiaca)

RP(Resistenze periferiche)

GC(Gittata Cardiaca)

++/+++ ++/+++ ++

Tabella B

FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA

FC

(Frequenza Cardiaca)

RP

(Resistenze periferiche)

GC

(Gittata Cardiaca)

++/+++ =/+ =/+

Tabella C

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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• Bob, slittino,

• Cultura fisica

• Mountain bike, BMX

• Ginnastica artistica

• Motociclismo (motocross,

enduro, trial)

• Pesistica

• Sci nautico

• Sci alpino

• Surfing

• Tuffi

GRUPPO D: attività ad impegnocardiocircolatorio da medio a

elevato (suddiviso in due gruppi

D1 e D2)

Gli sport del gruppo D1 (Tabella D1)

sono caratterizzati da variabile aumento

della FC, delle resistenze periferiche e

della gettata cardiaca. Di tale gruppo

 fanno parte:

• Tennis, Squash

• Baseball

• Bocce (volo)

• Calcio, calcio a cinque

Il corretto approccio a unarichiesta di certificato di stato

di buona saluteL’allenamento induce modificazioni

 fisiologiche (adattamenti) in quasi

tutti i sistemi dell’organismo, in

particolar modo nei muscoli scheletrici

e nell’apparato cardiovascolare;

non di minore importanza sono le

modificazioni della composizione

corporea, dei livelli ematici

di colesterolo e trigliceridi, la

modificazione della pressione arteriosa,

la modificazione dell’acclimatazione

al caldo ecc. adattamenti che non

sono esclusivi dei praticanti attività

agonistiche ma presenti in tutti coloro

che praticano attività fisica.

Infatti condizione essenziale affinché

si possano ottenere gli effetti benefici

dell’attività fisica è per tutti la continuità

dell’esercizio fisico con una guida

tecnica corretta. Il risultato sarà un

miglioramento dello stato generalee quindi una migliore qualità di vita.

Come abbiamo visto le attività sportive

sono tante e per numerosi aspetti anche

profondamente diverse. Se è vero che

lo sport fa bene a tutti (o quasi), qual

è il corretto approccio a una richiesta

di certificato di stato di buona salute?

Può un unico certificato così come oggi

 formulato rispondere alle esigenze

diverse del mondo dell’attività fisica

non agonistica? La risposta appare

ormai ovvia. La legislazione vigente

è sicuramente carente, infatti non

prevede certificazioni differenziate in

 funzione del tipo e dell’intensità dello

sport prescelto. Questo limite non

impedisce il MMG ad approcciarsi in

maniera responsabile al rilascio della

certificazione;

Come sempre è di fondamentale

importanza nei pazienti l’anamnesi

sia

FC

(Frequenza Cardiaca)

RP

(Resistenze periferiche)

GC

(Gittata Cardiaca)

+/++/+++ +/++ +/++

TabellaD1

• Rugby 

• Football americano

• Ginnastica ritmica, twirling

• Hockey su ghiaccio, su pista, su prato

• Lotta, judo, karate, taekwondo

• Pallacanestro

• Pallamano

• Pallanuoto

• Scherma

• Pallavolo, beach volley 

• Tennis tavolo

• Pugilato, kick boxing

Gruppo D2

Le attività sportive del tipo D2

(Tabella D2) sono caratterizzate da

regolari incrementi submassimali

o massimali della frequenza e della

gettata cardiaca, e da ridotte resistenze

periferiche.

Si tratta di:

• Atletica leggera (mezzofondo, fondo,marcia, maratona)

• Biathlon

• Canottaggio, canoa olimpica, canoa

 fluviale

• Ciclismo su strada e ciclocross

• Combinata nordica

• Danza sportiva

• Nuoto, Nuoto pinnato

• Sci di fondo

• Orientamento

• Pattinaggio sul ghiaccio, pattinaggio a

rotelle, pattinaggio artistico

FC(Frequenza Cardiaca)

RP(Resistenze periferiche)

GC(Gittata Cardiaca)

++/+++ -/= ++/+++

TabellaD2

… per gesto tecnicoGli sport non sono tutti uguali anche

per caratteristiche diverse da quelle

relative alle sorgenti energetiche

utilizzate o relative all’impegno

cardiovascolare, ma attinenti piuttosto

al gesto tecnico, più vicine quindi alla

biomeccanica del movimento e alla

neuro motricità (Tabelle 2-

5)

FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA

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SportMobilità articolare e

flessibilitàCapacità coordinative ed

equilibrioAbilità

e rapidità

Bocce (raffa e petanque,Bowling

++ ++ ++

Golf ++ +/++ ++

Pesca sportiva + ++ +

Sport di tiro (tiro a segno, avolo, tiro con l’arco,ecc.)

++ + ++

Caccia sportiva + + ++

Biliardo sportivo ++ + +

Equitazione ++ +++ ++

Attività subacquea, apnea + +++ +

Vela ++/+++ ++/++ ++/+++

Tabella 2

SportMobilità articolare

e flessibilitàCapacità coordinative

ed equilibrioAbilità

e rapidità

Alpinismo ++ ++ ++

Arrampicata +++ +++ +++

Cultura fisica (body building) ++ ++ ++

Ginnastica artistica +++ +++ ++

Motocross ++ +++ +++

Mountain bike + +++ +++

Sci, snowboard ++ +++ +

Tabella 3

SportMobilità articolare

e flessibilità

Capacità coordinative

ed equilibrio

Abilità

e rapiditàCalcio, calcio a cinque ++ ++ ++/+++

Ginnastica ritmica, twirling +++ +++ +++

Lotta, judo, karate +++ +++ ++

Pallavolo, beach volley,pallacanestro

++ +++ +++

Pugilato, kick boxing ++/+++ ++/+++ +++

Rugby +++ ++ +++

Scherma ++/+++ +++ +++

Tennis, Squash, tennis da tavolo ++ ++ +++

Spinning + + ++

Tabella 4

SportMobilità articolare

e flessibilitàCapacità coordinative

ed equilibrioAbilità

e rapidità

Atletica leggera (mezzofondo,fondo, maratona)

+ ++ +

Canottaggio, canoa fluviale ++ ++/+++ +++

Ciclismo su strada + ++ +

Danza, ballo ++/+++ ++ ++

Nuoto ++ ++ ++

Pattinaggio sul ghiaccio, a rotelle,artistico

++ ++ +++

Sci di fondo + ++ +/++

Aerobica (cardiofitness) ++ ++ ++

Cyclette (cardiofitness) + + +

Tabella 5

FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA

Tabella 2. Gruppi A e B:

attività sportive con impegno

cardiocircolatorio di tipo

“neurogeno” 

Tabella 3. Gruppo C: attività

sportive con impegno

cardiocircolatorio di tipo

 prevalentemente pressorio

Tabella 4. Gruppo D1:

attività sportive con impegnocardiocircolatorio da medio ad

elevato

Tabella 5. Gruppo D2:

attività sportive con impegno

cardiocircolatorio da medio ad

elevato

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

48

 familiare che personale, con particolare

attenzione alle abitudini alimentari

e voluttuarie anche nei soggetti inapparente stato di buona salute.

Spesso la richiesta perviene da soggetto

adulto che da anni non si presenta

in ambulatorio e che è portatore di

 fattori di rischio come fumo, abitudini

alimentari scorrette, stress ecc.

Un’attenta anamnesi e un normale

esame obiettivo ed eventualmente

una richiesta di accertamenti

specialistici (esami ematici di routine per

l’età ed un ECG ) possono rappresentare

un controllo clinico significativo nonché

un momento di prevenzione sanitaria

e, talvolta, di diagnosi precoce di

patologia in soggetto asintomatico.

 Va comunque presa seriamente

in considerazione la possibilità di

modificare la normativa vigente per la

 formulazione del certificato di idoneità

alla pratica sportiva con un contenuto

diverso da quello attuale; così comenecessariamente in futuro l’azione del

MMG dovrà prevedere un corretto

orientamento del paziente verso l’attività

 fisica a lui più consona, soprattutto

qualora affetto da forme patologiche,

anche se di apparente lieve entità.

Alcuni esempi di indirizzoall’attività fisica

 Ipertensione arteriosaCertamente l’attività consigliata deve

essere di tipo aerobico (Tabella D2 -

attività di resistenza ) corsa, nuoto, bici,

sci di fondo; mentre vanno sconsigliati

sport con incremento delle resistenze

periferiche (Tabella C - cultura fisica,

pesistica) e con moderazione quelli

indicati in Tabella D1 (calcetto, tennis).

Il più delle volte l’attività sportiva

praticata con regolarità consente una

riduzione del fabbisogno della terapia

 farmacologia antipertensiva.

Diabete mellitoI soggetti affetti da diabete mellito

possono praticare attività fisica di tipo

aerobico (tabella D2), purché siano in

buon compenso metabolico (esame

periodico dell’HB glicata ). Inoltre il

diabetico va informato sulle variazione

del metabolismo glucidico durante

attività fisica.

(Nota: i diabetici in buon compenso

metabolico possono praticare anche

attività agonistiche!)

Obesità

È indicata attività fisica di resistenza

di media intensità che utilizzi i grassi

come principale fonte di energia e che

abbia un basso impatto sull’apparato

locomotore ( tipo colonna o articolazioni)

meglio la cyclette della corsa, meglio

ginnastica a corpo libero che attrezzi.

Sindrome vertiginosa

Consigliata attività fisica a basso rischiotraumatologico e a ridotto impegno

posturale ( ginnastica dolce o posturale,

nuoto).

I rischi per il MMGIl certificato di buona salute come oggi

 formulato tutela certamente il tecnico

ma espone il medico al rischio di azioni

legali dalla conclusione facilmente

prevedibile.

In una società in cui l’attività fisica fabene anche in presenza di patologie

importanti ha ancora senso un

certificato così concepito?

Un esempio:

 Il soggetto , sulla base della visita

 medica da me effettuata e dei relativi

accertamenti eseguiti e/o visionati,

 risulta in uno stato di salute che non

controindica la pratica non agonistica e/o

 ricreativa dello sport del: TENNIS

• senza limitazioni particolari

• di moderata intensità

• di bassa intensità• solo mobilizzazione attiva

In presenza di patologie complesse o

croniche non è forse auspicabile per il

 futuro un rapporto di collaborazione

tra il MMG e il Medico dello Sport

del Centro territoriale? Io ritengo

che la collaborazione tra questi due

categorie di medici possa arricchire

professionalmente entrambi; Il medico

di MG potrebbe inviare a valutazione il

paziente potenzialmente a rischio ed il

Centro oltre a rilasciare la

certificazione per l’attività fisica

più consona al paziente può trasmettere

al medico relazione con i criteri di

 valutazione. Questo rapporto di

collaborazione è già presente in alcune

realtà territoriali, ma è ancora poco

sviluppato.

ConclusioniUna pur schematica e superficiale

classificazione delle attività sportive

credo abbia evidenziato come

le attività fisiche, anche a livello

NON agonistico, abbiano caratteristiche

profondamente diverse: GLI SPORT

NON SONO TUTTI UGUALI.

La certificazione di stato di buona salute

di tipo generico ha mostrato i suoi limiti

e per il futuro bisognerà adoperarsi permodificarla.Il MMG comunque può fare

tesoro di una richiesta di certificazione

di stato di buona salute trasformando

questo atto in un’opportunità di

controllo clinico e prevenzione sanitaria.

Si rileva inoltre la necessità di una

maggiore collaborazione tra i CMS

e i MMG, soprattutto per l’indirizzo

all’attività sportiva dei pazienti portatori

di patologie croniche.n

FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA

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CORSO

Odontoiatria clinica: presentazionedi case report a cura degli iscritti

all’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghie degli Odontoiatri di MilanoSabato 19 novembre 2011

Istituto Suore Orsoline – Via Lanzone 53 – Milano

Sono previsti interventi della durata di 12 minuti con 3 minuti di discussione. Diversi colleghi hanno già aderito.Coloro che intendono partecipare sono pregati di inviare entro il 15 ottobre 2011 alla mia personale casella di posta

elettronica ([email protected]) un breve curriculum, titolo della relazione, un breve abstract e non più di 4 immagini a bassarisoluzione, significative del materiale che si vuole presentare. Sarò così facilitato nell’organizzare la giornata, riunendo le

relazioni per argomenti (chirurgia, conservativa ecc.).Claudio Gatti - Referente Aggiornamento Professionale degli Odontoiatri

SCHEDA DI ISCRIZIONE

L’iscrizione al Corso può essere effettuata via e-mail all’indirizzo [email protected] inserendo nella mail tutti i datirichiesti nella scheda sotto riportata. N.B. Si specifica che l’adozione di tale modalità comporta l’implicita autorizzazione

da parte dell’Ordine al trattamento dei dati ivi inseriti e che tali dati potranno essere cancellati o rettificati a Vostrarichiesta ex art. 7 D. Lgs. 196/2003. Le dichiarazioni di seguito rese sono autocertificazioni e come tali assoggettateal D.P.R. 445/2000 e alle sanzioni ivi previste. Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail potrà inviare la scheda

di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453.

Nome/Cognome.........................................................................................................................................................................................................

Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................

Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di......................................................................................................................................

 Albo Odontoiatriq

Residente a...................................................................................................................................................................................................................

Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................

CAP......................................................................Città.................................................................................................................................................

Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................

e-mail.................................................................................................................Codice fiscale................................................................................

Consenso al trattamento dei dati personali

 Il trattamento dei dati personali che La riguardano viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 sulla tutela

dei dati personali. Si raccomanda di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti.

AccettoNon accetto Firma........................................................................................................................................

L’accettazione al consenso al trattamento dei dati è fondamentale ai fini dell’iscrizione

• Informazioni generali

• L’iscrizione al Corso è gratuita

• Verrà rilasciato attestato di partecipazione

49

 

49

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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CORSI ECM

[bollettino OMCeOMI] 2/2011 APRILEGIUGNO

50

 

50

 

Consenso al trattamento dei dati personaliIl trattamento dei dati personali che La riguardano viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 sulla tutela dei dati personali. Si raccomanda

di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti, compreso il codice fiscale, indispensabile al fine di ottenere l’attribuzione dei crediti formativi.qAccetto

qNon accetto Firma............................................................................................................................................................................................................

L’accettazione al consenso del trattamento dei dati è fondamentale ai fini dell’iscrizione.

INFORMAZIONI GENERALI• L’iscrizionealCorsoègratuitaeverràdatalaprecedenzaagliiscrittiall’OrdinediMilano.

• IlCorsoèinfasediaccreditamentopressoilMinisterodellaSalute:verràrilasciatounattestatodipartecipazioneconcreditiformativiattribuitidallaCommissioneECM.

• L’attestatoverràrilasciatosoloacolorocheparteciperannoall’interaduratadeilavoriecompilerannoleschededivalutazioneediverifica.

Iscrizione agli eventi ECM dell’Ordinedei Medici e degli Odontoiatri di Milano

q1. Differenze di genere e tutela dell’individuo fragile -

Problematiche medico-legali

 Venerdì 7 ottobre 2011 – ore 13.45-19.00

q2. La prevenzione e la cura della fatigue, parte integrante delle

cure oncologiche

Sabato 5 novembre 2011 – ore 8.30-13.45

Nome/Cognome.........................................................................................................................................................................................................

Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................

Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di......................................................................................................................................

 Albo Mediciq Albo Odontoiatri q

Residente a...................................................................................................................................................................................................................

Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................

CAP......................................................................Città.................................................................................................................................................

Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................

e-mail.................................................................................................................Codice fiscale................................................................................

L’iscrizione ai Corsi ECM organizzati dall’Ordine dei Medici di Milano può essere effettuata via e-mail

all’indirizzo [email protected] inserendo nella mail tutti i dati richiesti nella scheda sotto riportata.

N.B. Si specifica che l’adozione di tale modalità comporta l’implicita autorizzazione da parte dell’Ordine al trattamento

dei dati ivi inseriti e che tali dati potranno essere cancellati o rettificati a Vostra richiesta ex art. 7 D. Lgs. 196/2003.

Le dichiarazioni di seguito rese sono autocertificazioni e come tali assoggettate al D.P.R.

445/2000 e alle sanzioni ivi previste. Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail

potrà inviare la scheda di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453.

Si prega di scrivere in maniera chiara e leggibile e di compilare la scheda in tutte le sue

parti in quanto tutti i dati devono essere trasmessi al Ministero della Salute.

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51

 

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

CORSI ECM

1Differenze di genere e tutela dell’individuo fragile

Problematiche medico-legali

13.45-14.15   Registrazione Partecipanti

14.15-15.00   Avv. Luciana Btli

Componente Comitato Pari

Opportunità Ordine degli Avvocati di Milano

Intduzin

“La snata a Kutz” di Lv Tlstj

Saluti da pat dll Autità:

Presidente Tribunale di Milano

Presidente Corte d’Appello di Milano

Presidente Ordine degli Avvocati di Milano

Presidente Ordine dei Medici Chirurghi

e degli Odontoiatri di Milano

MoDerATore

Dtt.ssa Luciana Bvn

Componente Commissione Pari Opportunità

Ordine dei Medici Chirurghi

e degli Odontoiatri di Milano

15.00-16.00 LA CERTIFICAZIONE MEDICA Il certificato medico

 nell’ambulatorio di Medicina Generale

  Dott. Roberto Carlo Rossi

Vice Presidente Ordine dei Medici

Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano

Il certificato medico in Pronto Soccorso

Dtt. Pit Main

Direttore del Dip. di Emergenza-

 Accettazione – Ospedale Fatebenefratelli – Milano

   Il punto di vista del medico legale

  Prof. Riccardo Zoia

Direttore Scuola di Specialità di

Medicina Legale e delle Assicurazioni

Università degli Studi di Milano

MoDerATore

Avv. Silvia Banfi

Presidente Comitato Pari Opportunità

Ordine degli Avvocati di Milano

16.00-17.00   ASPETTI GIURIDICI

   Il valore probatorio della certificazione medica

  Dtt.ssa Glia Svtti

Magistrato in Milano

   Aspetti deontologici

   Avv. enic Msclni

Consigliere Segretario del Consigliodell’Ordine degli Avvocati di Milano

   Aspetti giuridici

   Avv. Laua Hsch

Avvocato del Foro di Milano

MoDerATorI

Avv. Finza Btti

Consigliere Ordine degli Avvocati di Milano

Dtt.ssa Maia Tsa Zcchi

Consigliere Ordine dei Medici

Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano

17.00-18.30  STorIe Vere

  UN CASO GIUDIZIARIO

   Avv. Simntta Agnll Hnby 

Avvocato e scrittrice

EDUCARE e VIGILARE: la Scuola

  Prof.ssa Antonella Limonta

Dirigente scolastico

   ACCOGLIERE i l soggetto fragile

  Su Anna Maia Villa

Medico Responsabile Poliambulatorio

Opera San Francesco per i Poveri - Milano

   ANALIZZARE: la Perizia

  Dtt.ssa Ccilia ragaini

Neuropsichiatra Infantile e Consulente

 Tecnico per Tribunali e Procure

GIUDICARE: in Tribunale

  Dott.ssa Annamaria Gatto

Magistrato in Milano

18.30-19.00  Compilazione schede di valutazione e di verifica

in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Milano

Venerdì 7 ottobre 2011 – ore 13.45 - 19.00Aula Magna – Palazzo di Giustizia di Milano

ProGrAMMA 

n. 150 psti dispnibili

 Accditat p Mdic Chiug

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CoorDInATore

 Ada Bu

 Fondatrice e Presidente di Attivecomeprima Onlus

ProGrAMMA 

8.30-9.00   Registrazione Partecipanti 

9.00-9.30  Ada Bu

Dall’ascolto dei bisogni, un aiuto a vivere al di là del cancro  U pazit accta…(filmat)

9.30-10.15 Silvia Villa

Oncologo

Presidente Sezione di Merate (LECCO) Lega Italiana Tumori (LILT)

Responsabile Day Hospital Oncologico – Ospedale di Lecco

  La fatigu lla lttatua ll pal di u mdic ch l’ha vissuta

10.15-11.15  Albt ricciuti

Medico di Medicina Generale – Responsabile del

Servizio di Prevenzione e Cura della Fatigue – Attivecomeprima Onlus

   Vs u appcci sistmic alla fatigu: itptazi patgtica tapia

11.15-11.45 Discussi

11.45-12.00 Itvall

12.00-12.30  Aa Villaii

Biologo Nutrizionista – Istituto Nazionale dei Tumori di Milano

  Ftggia la fatigu l qutidia: il ul dll’alimtazi

12.30-13.00 Stefano Gastaldi

Psicologo e Psicoterapeuta – Istituto Minotauro – Attivecomeprima Onlus

  L’fftt dlla fatigu sul cicl di vita dl pazit dl “cagiv”

13.00-13.45 Discussione e compilazione schede di valutazione e di verifica

. 150 psti dispibili

 Accditat p Mdic Chiug

52

CORSI ECM

 

52

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

2La prevenzione e la cura della fatigue, parte integrantedelle cure oncologiche

Sabato 5 novembre 2011 – ore 8.30-13.45

Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo – Via Giotto 36 – Milano

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

53

IN LIBRERIA

Un camice per mamma Maria Rita Gismondo

Edizioni Ulisse, Lugano – CH, 2003

Maria Rita Gismondo – donna di scienza

e microbiologa di successo, catanese di

origine e milanese di adozione – si rivolge

alle figlie per ripercorrere, complice

una vacanza in Sardegna e un vecchio

baule pieno di fotografie, i ricordi di una

 vita segnata del desiderio e dalla ricerca

di libertà. Dalla Sicilia degli anni ‘50 e‘60 fino alla Milano di oggi attraverso

immagini nitide nella memoria, il racconto

si snoda evidenziando le contraddizioni

di una società in evoluzione, in conflitto

perenne con il desiderio di cambiare

di coloro che furono giovani allora. La

guerra, ancora viva nei racconti del padre,

la mitica Topolino, i pranzi domenicali,

necessariamente abbondanti per fugare il

ricordo delle privazioni, fanno da sfondo

agli anni difficili della scelta della carriera

di una studentessa per la quale, secondo

l’uso corrente, altri avevano scelto per lei.

Una lei caparbia e determinata che voleva

a tutti i costi diventare medico e che per

questo ha lottato.

Carlo Vergani,Tiziano Lucchi

Elsevier-Masson, 2a Ed., Milano, 2008

Il medico di medicina generale e il medico

ospedaliero dedicano gran parte della loro

attività alla cura del paziente anziano, cura

che presenta alcune criticità dovute alla sua

biologia, alla comorbilità e all’assunzione

contemporanea di più farmaci. Il testoelenca, le sindromi di più frequenti

riscontrate nell’anziano. Dopo un accenno

alla sintomatologia, spesso atipica, e alla

diagnosi differenziale, il libro riporta in

maniera chiara e aggiornata la terapia con

riferimenti alla posologia, agli eventuali

effetti collaterali e alle controindicazioni.

Un capitolo a parte viene riservato alla

 valutazione multidimensionale dell’anziano

la cui salute dipende non solo dalla

condizione fisica ma anche dallo stato

psicoaffettivo e dal rapporto sociale.

Il libro, destinato oltre che ai medici

a tutti coloro che operano nel settore,

è frutto di una lunga esperienza degli

autori a contatto con gli anziani in

ambulatori, day hospital e nel reparto

di degenza dell’U.O. di Geriatria

dell’Ospedale Maggiore Policlinico

di Milano.

Note pratiche di diagnosie terapia per l’anziano

Semina Sapientiae Massime, motti, proverbi, aforismi latini

scelti tradotti, annotati e disposti in

ordine tematico

Rocco Montano

Il volume, di facile consultazione, a

beneficio di studiosi e conoscitori del latino

e non, rappresenta un autentico scrigno

delle sentenze latine più significative,

raggruppate in rigoroso ordine alfabetico

degli argomenti. Come riporta nellaprefazione Marco Beck, “ora che la sua

attività professionale di medico è giunta al

termine, Rocco Montano ha deciso di dare

sfogo al suo gusto per la parola intrisa di

sintetica saggezza così come l’ha codificata

la grande tradizione filosofico-letteraria

della latinità, attraverso pagine immortali”.

L’autore non si è limitato a raccogliere e

riunire le massime in sezioni tematiche

in base alle loro affinità semantiche, ma,

continua Beck, “ le ha tradotte con forbita

precisione. Aggiungendo chiose puntuali,

ha ricostruito i contesti mitici, epici ,

 filosofici, storici, aneddotici che permettono

al lettore di cogliere tutte le risonanze dei

messaggi provenienti dall’antichità”.

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

54

IN LIBRERIA

I vent’anni di “Geriatricand Medical Intelligence –Medicina e Anziani”Rivista scientifica di medicinae geriatria

 Direttore Responsabile: Dario Cova

Motus Maior EditoreContinua l’attività editoriale di servizio

e promozione della cultura geriatrica e

gerontologica

Nel vasto panorama delle riviste mediche

che giungono alla nostra attenzione, 

“Geriatric & Medical Intelligence, Medicina

e Anziani”   si presenta come un utile

strumento di lavoro a chi si trovi ad

operare a vario titolo nel settore degli

 Anziani e a chi volesse approfondire il

 fermento in atto in questo ambito. Nel

1991, quando nasceva “Geriatric & Medical

 Intelligence”, l’obiettivo primario era quello

di divulgare la ricerca e gli avanzamenti

nella cura e nell’assistenza agli Anziani,

con particolare riferimento sia agli aspetti

gerontologici che diagnostico-terapeutici

e all’elaborazione di protocolli specifici

della realtà geriatrica nella pratica

clinica e nel campo della riabilitazione

La salute in Lombardia.Quarant’anni di storiaverso il futurocura di Maurizio Mauri, Roberto Satolli,

 Maria Rosa Valetto

FrancoAngeli, Milano, 2010

Il volume – promosso dall’associazione

culturale ABC... Salute e realizzato con

il contributo di Carlo Borsani, Vittorio

Carreri, Francesco Ceratti, AntonioFatigati, Claudio Garbelli, Maurizio Mauri,

Lorenzo Petrovich ed Emilio Triaca – è una

lettura super partes del modello sanitario

lombardo, frutto di un confronto fra

persone di diverso orientamento culturale

e politico, accomunate dall’esperienza e

dall’impegno in ruoli di responsabilità.

Da una dialettica serrata di domande e

risposte sui temi della salute e delle cure,

si cerca di capire cosa riservi il futuro,

ripercorrendo la storia degli ultimi 40 anni

della sanità in Lombardia, a partire dal

1970, data di inizio della regionalizzazione.

La Regione Lombardia, con la legge

n. 31 del 1997, ha messo al centro del

sistema la persona e la libertà di scegliere

dove e da chi farsi curare, ha introdotto

la competizione tra le diverse strutture

sanitarie, accreditandole senza distinzione

tra quelle di diritto pubblico e quelle di

diritto privato, separato gli acquirenti dai

 fornitori di prestazioni e il momento della

somministrazione delle cure da quello deicontrolli. L’analisi è critica e pragmatica,

evidenzia luci e ombre, occasioni colte e

perdute. I problemi aperti e le prospettive

 future sono oggetto di approfondimenti

in forma di intervista a diversi testimoni

privilegiati, da Carlo Borsani a Umberto

  Veronesi. Dall’opera emergono

 valutazioni, indicazioni e proposte,

sintetizzate in un Manifesto, per chi farà le

scelte future sulla salute e dovrà governare

sul territorio, sulla società e sulla sanità.

neuromotoria, cardiaca e respiratoria,

dell’oncologia e della pneumologia, della

 farmacologia clinica geriatrica di sempre

maggiore complessità. La rivista in effetti

 va ad individuare gli orientamenti e le

possibili risposte ad un problema sempre

più centrale nel nostro Paese, non solo

per la dimensione sanitaria, sociale ed

economica ma anche per la valenza

culturale del problema anziano, poiché

solo dalla condivisione di questo aspetto

si può apprezzare la linea editoriale

 finalizzata ad una progressiva ed armonica

crescita della cultura e della pratica

geriatrica.

Se “senectus ipsa morbus” non ci sarebbe

più necessità di impegno, intraprendenza,

cultura. L’agire quotidiano di tutti coloro

che lavorano con gli anziani non può che

partire dalla negoziazione di questa frase.Sostenere infatti che la vecchiaia è la stessa

cosa della malattia, significa progettare

inconsapevolmente il fare o il non fare

senza obiettivo.

L’impegno del direttore responsabile

della rivista, Dario Cova, primario emerito

onco-geriatra, accanto alla qualità grafica

e all’esperienza dell’Editore, forniscono

accuratezza e gradevolezza di lettura,

elementi che associati ai buoni contenuti

 fanno di “Geriatric & Medical Intelligence” 

un riferimento sicuro e coerente ai nuovi

orientamenti della Medicina sempre più

attenta alle problematiche del Paziente

anziano. Alla rivista che è giunta al suo

 ventesimo anno di pubblicazione, l’augurio

di un ulteriore sviluppo in un momento

ricco di importanti mutamenti e di grande

affermazioni cliniche e scientifiche in

ambito geriatrico e gerontologico.

Ugo Garbarini

Page 57: Giornale ordine medici milano -luglio-settembre 2011

5/10/2018 Giornale ordine medici milano -luglio-settembre 2011 - slidepdf.com

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NOTIZIE

[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

55

Previdenza: legittime aspettative e diritti acquisitiClamore e preoccupazioni per gli Amministratori delle Casse previdenziali deiLiberi professionisti dopo le due sentenze della Cassazione per il riconoscimento

agli iscritti delle previsioni regolamentari di calcolo delle pensioni col principio

del pro rata temporis. Il lavoratore stipula una specie di contratto col proprio ente

previdenziale: a fronte del versamento contributivo alla Cassa di previdenza,

questa riconosce determinate regole nelle modalità di calcolo della futura

prestazione. Il cambio delle regole non può dunque inficiare quanto stipulato:

è un diritto acquisito, non una legittima aspettativa. Solo dal momento del

cambiamento con nuove regole deve decorrere una diversa modalità di calcolo,

anzianità, contributiva ecc. Certamente per l’Amministratore sarebbe più

comodo correggere tutta la vita contributiva, ma ciò inficerebbe le aspettative

del lavoratore, incidendo su diritti acquisiti e pattuiti con un tacito accordo:

…per i contributi che ti ho versato, tu mi hai promesso e garantito queste

prestazioni, se cambi mi avvisi e solo da questo momento decorreranno le nuove

regole… Un’altra considerazione: basta col dare le colpe ai pensionati degli

eventuali dissesti economici delle Casse previdenziali; i pensionati non sono

colpevoli delle cattive gestioni amministrative per spese improprie o per inerzie

nell’attuazione di provvedimenti correttivi ( a questo proposito quanto incide

la spesa amministrativa nella gestione?). Basta dunque nel creare il conflitto

intergenerazionale coi giovani: i veri colpevoli sono gli Amministratori che non

hanno saputo fare esatte previsioni attuariali o sono stati inerti, per vari motivi,

 verso vere riforme e ora pretendono di togliere soldi ai pensionati per colmarei vuoti per le future pensioni. Inoltre, come mai le vecchie casse pensioni della

CPS (Cassa pensione sanitari) e CPDEL (Cassa pensione dipendenti enti locali),

pur con aliquote contributive più basse, erano fortemente attive (i patrimoni sono

poi serviti a ripianare i deficit vari di altri enti) nel giusto tournover, comprese le

pensioni anticipate (c.d. di anzianità), utili per nuovi posti di lavoro per i giovani?

Perché dunque debbono essere i pensionati o pensionandi a pagare gli errori di

queste politiche previdenziali?

Marco Perelli Ercolini

 Vice Presidente Vicario Feder.S.P.eV 

A proposito di malasanità

 Ha colpito l’opinione pubblica l’episodio,

avvenuto recentemente, nella Cardiologia

dell’Ospedale di Rho: VincenzoCapacchione, cardiologo, 49 anni, alle

6 del mattino di sabato è chiamato per 

un’emergenza cardiologica. Non sta

 bene, ha un dolore al petto, ma corre

 nella città ancora deserta per raggiungere

 nel più breve tempo possibile la sala

di emodinamica essendone, oltre che

 il responsabile, il reperibile di turno. Il

 paziente, un 70enne, ha in corso un infarto

 miocardico, le sue condizioni sono gravi. La

 procedura, un’angioplastica di salvataggio,

appare complessa e dura più del solito.

 L’operatore è sofferente ma nulla traspare

ai presenti sino a quando, finito con

successo l’intervento, il medico si accascia.

 Invano viene soccorso dagli astanti che

 non possono che constatarne il decesso.

Toccanti le parole di un suo collega: non si è

comportato da grande medico ma da vero

 medico. Si deve morire perché la gente

sappia che la sanità non è solo “mala” ma

soprattutto “buona”? 

Senza arrivare alle soglie del sacrificio,

aggiungo che questo è o dovrebbe essere il

comportamento del medico, grande o vero

che sia. Chi ha scelto questa professione

sa, o dovrebbe sapere, che è un lavoro,sicuramente intellettuale, ma anche e

soprattutto fisico, defatigante, senza orari.

 Il dott. Capacchione non è unico e voglio

 pensare che la gran parte dei medici, senza

arrivare a quel punto di sacrificio, conosca

 la sacralità della propria professione

che non deve essere distrutta da norme,

convenzioni, disposizioni la cui pedissequa

osservanza serve solo a svilire quella che

un tempo era la più bella tra le professioni.

Ugo Garbarini

 

 

CENTRO STUDI SO WEN

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ospedali convenzionati – 550 ore di studio personalizzato verificato – 300 ore di elaborati) pari a 64 Crediti ECTS (European Credit

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la Medicina Tradizionale dell’Università degli Studi di Milano. Al termine del primo e del secondo biennio esami presso il Centro

Collaborante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Medicina Tradizionale dell’Università degli Studi di Milano con rilasciodi Certificazione di Conformità della Formazione in Agopuntura e MTC agli standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE

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NOTIZIE

Il nuovo museo del Novecento a Milano

Forse chi crea aiuta gli altri a comprendere meglio il grande progetto di Dio e forse per questo i creativi e gli artisti, catturano tutti noi con le loro opere. A 

Milano ha aperto al Palazzo dell’Arengario ristrutturato, un nuovo spazio che

raccoglie opere emblematiche del XX secolo. L’Arengario, costruito fra le due

guerre, progettato da Portaluppi, Muzio, Magistretti, Griffini e decorato sulla

 facciata da bassorilievi di A. Martini, divenne nel corso degli anni sede di uffici

comunali. La necessità di trovare una collocazione alle opere del XX secolo,

 venne indiv iduata, su suggerimento del curatore M. Teresa Fiorio all’Assessore

Carruba, in questo Palazzo. Si diede quindi il via alla Pubblicazione del

Concorso vinto dal Gruppo Rota nel 2001. I lavori iniziarono nel 2007 e finirono

nel 2010 coinvolgendo 3500 m2 dell’Arengario e 2000 m2 dell’adiacente Palazzo

Reale. All’inizio del percorso sulla moderna rampa elicoidale, si incontra la

grande opera di Pelizza da Volpedo “Il Quarto Stato”. Questa tela dipinta

 fra il 1892 e il 1902, fu fortemente voluta dalla Cittadinanza Milanese che la

acquistò grazie a una pubblica sottoscrizione. Per questa ragione la sensibilità

dell’Amministrazione Comunale ha voluto che l’opera fosse installata prima

del percorso museale, affinché chi lo desidera, possa ammirarla senza pagare

il biglietto. Subito dopo, infatti, si entra nelle sale del museo dedicate alle

Collezioni Jucker, Boschi Di Stefano, alle sale monografiche, alle sale collet-

tive dove si ammirano una serie di capolavori assoluti: Picasso, Boccioni, De

Chirico, Morandi, Carrà, Melotti, Burri, A.Martini e tanti altri, tutti capaci di

raccontare, con la loro arte, la storia artistica di quegli anni e il dialogo con

la città. Si giunge poi a Lucio Fontana al quale è stato riservato il salone della

torre dove è installata una struttura al neon visibile, grazie anche alle pareti a

 vetro, dalla Piazza del Duomo sottostante. Altre sale offrono un percorso nelle

nuove figurazioni dal Realismo esistenziale alla Pop Art.Le opere esposte sono più di 400 e, pur essendo state quasi tutte già in

mostra alla Villa Reale di via Palestro, in questa sede prendono vita nuova,

come alleggerite da un respiro interiore, attirando la nostra ammirazione e

offrendoci un puro godimento spirituale. L’allestimento poi, seguendo l’ordine

cronologico, permette di capire meglio le temperie che hanno attraversato i

movimenti artistici del ‘900.

Durante il percorso museale, alla modernità dell’edificio si unisce il piacere di

godere attraverso le pareti a vetri, il panorama che offre: ora una parete del

Palazzo Reale, deliziosamente gotica con finestre ogivali trilobate, mai vista

prima perché prospiciente un vicolo inaccessibile, ora il duomo con le sue

guglie che par di poter toccare, ora la piazza con la sua bella pavimentazione

dalla quale si eleva il monumento a Vittorio Emanuele II, ora piazza Diaz e la

ardita fiamma del Monumento ai Carabinieri. Insomma, da vecchia milanese

che aveva vissuto gli anni d’oro dell’Arte in questa Città, sono molto orgogliosa

di veder tornare in essa, l’interesse e la considerazione per la Cultura che si era

un po’ appannata.

 Tante ristrutturazioni: il Campus dell’Università Bocconi nella sua parte nuova,

il Portello con i suoi nuovi edifici e la collina artificiale, la Stazione Centrale,

l’Hangar Bicocca e le sue colossali Torri Celesti di Anselm Kiefer, oltre al

restauro di quella meraviglia che è la Chiesa di S.Maurizio, fanno di Milano,

non solo la capitale della moda, ma anche una città in grado di offrirsi al turista

senza sfigurare.

Giovanna Marazzini

Segretaria Sezione AMMI Milano

“Il quarto stato”,Giuseppe Pellizzada Volpedo, 1896-1902,Museo del Novecento,Milano

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