Gilles Deleuze _ Il Pensiero_Fusaro

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    NEVEDICARNE DI CARA POLVERE

    e disegno la luna

    DISCLAIMER E DIRITTI D AUTORE

    MARGARITAS ANTE PORCOS PROVA CAMPIONE IN PDF

    MINUTE DALLA DURA MADRE.PDF

    Gilles Deleuze

    a cura di Diego Fusaro

    Non il caso di chiedersi quale sia il regime pi duro o il pi tollerabile, perch in

    ciascuno di essi che si scontrano liberazioni ed asservimenti Non il caso n di

    piangere n di sperare, si tratta piuttosto di cercare nuove armi.

    (La societ del controllo, 1990)

    .

    IL PENSIERO

    Negli ultimi sviluppi della filosofia francese centrale la ripresa del pensiero diHeidegger

    e, soprattutto, di Nietzsche. In Nietzsche e la filosofia (1962) e in Differenza e

    ripetizione (1968), Deleuze indica in Nietzsche il pensatore che, contro il primato

    dellunit e dellidentit, proprio della tradizione metafisica occidentale a partire da

    Platone, ha riconosciuto la positivit del molteplice, del diverso e del divenire; egli

    interpreta la volont di potenza di Nietzsche non come volont di sopraffazione e di

    dominio, ma come critica a ogni forma di potere e invito alla trasgressione e alla

    liberazione del desiderio . Nellopera scritta in collaborazione con Flix Guattari, LAnti-

    Edipo (1972), egli conduce unaspra polemica nei confronti della psicologia freudiana,accusata di contribuire alla repressione dei desideri inconsci a scopi di normalizzazione

    sociale. Il desiderio, invece, rappresenta la positivit, costruttivo e gli individui sono

    propriamente macchine desideranti o flussi di desideri, situati al di qua della

    di paolalovisolo

    http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/margaritas-ante-porcos-prova-campione-in-pdf/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/disclaimer-e-diritti-d-autore-si-prega-di-leggere/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/pdf/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/margaritas-ante-porcos-prova-campione-in-pdf/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/disclaimer-e-diritti-d-autore-si-prega-di-leggere/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/
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    distinzione tra soggetto e oggetto. Alla produzione desiderante, che si manifesta e

    prolifera in maniera polimorfa, in ogni societ si oppongono istanze antiproduttive, che

    facendo leva sulle paure ingabbiano i desideri. In questa situazione, la schizofrenia

    appare come una rivendicazione di libert assoluta, volta al soddisfacimento di tutte le

    potenzialit umane. Una domanda compare sin dalle origini del pensiero occidentale: che

    cosa significa pensare? Essa racchiude in s tutta lenigmaticit di un transito, di un

    continuo traghettamento verso territori brulli, aridi o altri floridi, quasi estatici. Non basta

    la semplice intelligenza per pensare, poich lintelligenza esige strappare unicamente una

    risposta, una soluzione possibile che tragga nellimmediato dal sottile inganno

    dellapparenza. Essa sembra accontentarsi di un guitto, dei pochissimi passi percorsi per

    accedere alla risoluzione di una contingenza, di ci che nel qui e ora. E gi Platone

    mette in guardia da coloro che sono gli imitatori dei sapienti, ai quali bisogna guardare

    con disprezzo, poich essi gettano discredito sugli amanti della conoscenza, coloro che

    inarcano il Logos rendendolo continua attesa, la tensione estrema verso il divenire del

    pensiero. Perch la domanda sul significato del pensare? Perch porsi ancora (in un

    ancora che la simultanea traccia di un interrogare e di un lasciarsi interrogare) una

    simile domanda nellepoca della tecnicizzazione dei saperi e dellapparente tramonto

    dellaltra questione filosofica fondamentale, che attraversa tutta quanta lontologia, sul

    senso dellessere? La questione non si presenta affatto, a nostro avviso, come il reiterare

    stanco di un assillo che tanto si sa senza risposta, poich ne va della genuina

    consapevolezza che, come esseri viventi, ci collochiamo in un mondo che il Mondo-

    della-Vita, la Lebenswelt husserliana che pone il soggetto nel suo essere diveniente. La

    domanda di estrema attualit, intendendo con ci un passaggio ineludibile della

    contemporaneit. La dispersione di un pensiero originario (la filosofia greca a noi giunta

    come sintesi del pensiero che ascrive a s la lacerazione di qualsiasi prospettiva,ponendo al tempo stesso lelemento del divenire come ci-che-avviene, come

    avvenimento) crea sempre il ri-pensare una novit che sia creativa, altrettanto

    generatrice quanto quella originaria. E per questo che noi ancora oggi raccogliamo i

    frammenti del pensiero antico, cercando unorigine che non sia sistema ma, come ha

    affermato G. Deleuze, una sorta di collage collocato su un piano di consequenzialit.

    La contemporaneit reduce da questa dispersione, dalla frammentariet del soggetto

    occidentale che si disgrega dinanzi alle enormi masse di individui che emigrano

    (contaminando); dalla lenta evanescenza che indica una frattura tanto grande quanto

    inavvertita la necessit di unanestetizzazione del pensiero. Questa visione della fuga(per certi aspetti apocalittica se non fosse per lassuefazione cui la nostra percettivit

    in parte condannata) minaccia un senso della permanenza che non esiste pi, che

    ormai dilatato assieme ai confini della Polis. Dilatazione determinata, a sua volta, dalla

    scomparsa di un centro riconoscibile, divenuto sempre meno visibile, sempre pi latente.

    Ascrivendosi alla dimensione della filosofia-del-divenire (o dei-divenire), Deleuze pone la

    domanda: che cos la filosofia? Tale domanda legata indissolubilmente alla prima

    (che cosa significa pensare?), poich ermeneuticamente ne traduce il senso, rendendo

    il pensiero non qualcosa di astratto, ma di immanente. Una domanda, insomma, che nel

    suo svolgersi farsi, indica cio il fenomeno del pensare come filosofia, come la scienzache si assume la responsabilit di porre la domanda fondamentale su qualsiasi domanda.

    M. Ferraris ha posto giustamente attenzione alla differenza tra il domandare di Deleuze e

    quello di Heidegger. Entrambi partono da una proposizione di metodo, fondante, simile

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    nella possibilit di accedere ad una alterit non formale del pensare. Tuttavia, mentre ci

    che caratterizza il domandare di Heidegger la ricerca dellorigine, dellessenza

    ontologica prima che giustifichi il suo discorso metafisico (il pensiero dellessere),

    Deleuze pone una domanda essenzialmente giuridica su che cosa giustifichi il pensiero

    nel fare, attualmente e non ermeneuticamente, delle differenze, e, in modo pi profondo

    e radicale, equivale a domandarsi se il pensiero stesso sia unattivit di per s legittima.

    Deleuze non d per scontato nulla e quando pronuncia la domanda: che cos la

    filosofia?, sembra contemporaneamente affermare: ci-che- la filosofia, ossia il farsi

    della filosofia. Heidegger si chiede: cosa da pensare (dieses zu-Denkende)? Il da-

    pensare diviene ci che contemporaneamente si distoglie (abwendet) dalluomo, ossia si

    sottrae, diviene mancanza, poich, per Heidegger, luomo non domanda pi circa il

    senso dellessere, nonostante egli abbia in s tale domanda. Deleuze si chiede: che cos

    la filosofia? A differenza di Heidegger, che si situa su un piano ontico, dinamico certo,

    ma sempre legato al tentativo di unire la dicotomia parmenidea essere/non essere,

    Deleuze risponde: la filosofia (il pensare) un piano (infinito) di immanenza, sul quale i

    concetti si dispongono come delle isole, che definiscono (per differenze) i campi del

    sapere cui ineriscono. Deleuze introduce il tema della ripetizione come differente dalla

    rappresentazione. In Hegel, la rappresentazione Vorstellung, ci che possibile

    mostrare attraverso la concettualizzazione, le immagini che contengono unalterit che

    rimanda allambiguit della metafora. Le rappresentazioni in genere -afferma Hegel-

    possono essere pensate come metafore dei pensieri e concetti. La rappresentazione

    ermeneutica, interpretazione che si fa nel mentre la parola (fonema), Logos, si accosta al

    languore dellesplicazione, che la necessit della relazione. Quindi, la rappresentazione

    diviene in quanto atto sociale. Al contrario, la ripetizione, attraverso la molteplicit del

    suo s-doppiarsi, del suo comparire nella medesimezza di ci che altro (senza maiessere simulacro), diviene il solco su cui il rizoma sovrappone le sue intersezioni,

    rendendo levento filosofico il nodo che si chiude e si apre alla comprensione. 2. Il

    concetto dice levento, non lessenza o la cosa. Levento limmediatamente altro che

    appare dinanzi a noi, cui la fenomenologia ha dedicato (a ragione) cos ampio spazio. Se

    vero che noi prendiamo le distanze dal gi-accaduto nel momento in cui descriviamo

    levento (atto che indica una ripetizione) e lo comprendiamo, segniamo il non-afferrabile,

    lessenza. Avvertiamo, in questo modo, la formazione di una differenza. Differenza tra il

    gi-accaduto e lessenza; differenza tra un atto originario (sottratto alla tentazione

    cartesiana del pensiero che tutto appercepisce) e una ripetizione che, proprio perch tale, riproducibile. La ripetizione (non separabile dalla differenza) designa un movimento

    che avvicinamento, ci che delloggetto-evento giunge agli occhi dello spettatore.

    Nietzsche scardina la rappresentazione della (di una qualsiasi) Storia della filosofia,

    affermando semplicemente (con la forza del suo essere nella storia e, tuttavia,

    profondamente fuori dalla storia) che ogni speculazione che noi compiamo gi stata

    pensata dai greci, poich il nostro pensiero una continua attribuzione di valori.

    Nietzsche definisce questo processo la dcadence dei greci. Egli si muove su un piano di

    discontinuit, crea cio unonda discendente tra lesperienza del Logos e la subitaneit di

    un pensiero delle cose che si vorrebbe sempre nuovo, sempre originario. Noi reiteriamo,ripetiamo. E questa la scandalosa sentenza di Nietzsche-Zarathustra, di Nietzsche-

    Dioniso. Questa frattura depone nella contemporaneit il barlume di una consapevolezza.

    Un dissidio, lo chiamerebbe Lyotard. Un paradosso che non contraddizione ma lega la

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    tensione generata da opposti in un dissidio che non cerca soluzione, quindi sintesi. In

    questo dissidio si compie la differenza, il portale che apre allessere (nella sua

    dimensione soggettuale) il carattere di alterit in s insito. Soggettuale e non soggettivo.

    La distinzione non casuale, poich mentre la soggettivit conduce al percorso

    cartesiano della riducibilit del soggetto alla ragione (Descartes pronuncia le parole

    Cogito ergo sum, presupponendo il pronome Ego nella sua indissolubile unicit

    trascendentale), la soggettualit apre alla possibilit dellessere-soggetto nella diversit di

    un proporsi non solo pronominale ma di genere, che quellessenza della verit cui

    costantemente richiama Heidegger. Deleuze (ma si potrebbero citare Foucault, lo stesso

    Lyotard, Guattari), con la domanda iniziale che cos la filoofia?, indaga -non

    sentenziando alcunch- la mutevole condizione di tale soggettualit. Se, infatti, il

    soggetto si pone nellepoca post-moderna come frammentazione del senso dellessere, il

    soggettuale recupera la dimensione della presenza non stratificandola nelle mille

    tautologiche domande della metafisica, poich la soggettualit sinserisce nella piega del

    pensiero del fuori di cui parla Foucault e M. Blanchot. Il fuori il pensiero dellAltro

    ma anche dellaltro da s, che il piano della schizo-analisi deleuziana ha messo in

    evidenza come lantilinearit della ragione che determina unaltra funzione, lo

    sdoppiamento della coscienza. Se la soggettualit, allora, divenire, essa si pone in un

    ambito dimmanenza particolare, poich coesistenza co-estensiva, si dilata cio ai limiti

    (ancora il con-fine-limen) dellAltro, determinando (ma andando oltre) quel mondo delle

    intersoggettivit che in Husserl piano dimmanenza preferenziale vissuta attraverso

    lesperienza (Erlebnis), su cui il Mondo della vita (Lebenswelt) si adempie. La

    soggettualit apre lEssere alla possibilit dello straniero come figura concettuale, i

    personaggi concettuali cui richiama Deleuze, come mimesi attraverso cui il soggetto

    individua nellaltro la coestensivit nomadica del proprio divenire alterit. Lo straniero ildoppio (Der Doppelgnger) o il perturbante freudiano (Das Unheimliche) che rimanda a

    quella condizione dellEsserci che Heidegger chiama spaesamento e che conduce ad una

    delle caratteristiche della contemporaneit come epoca di transizione. Nel volume

    deidcato a Foucault, Deleuze scrive: il doppio non mai una proiezione dellinteriore,

    al contrario uninteriorizzazione del fuori. Non uno sdoppiamento dellUno, ma un

    raddoppiamento dellAltro. Non una riproduzione dello Stesso, ma una ripetizione del

    Differente. Non lemanazione di un Io, ma la immanentizzazione di un sempre altro e di

    un Non-io. Tale immanentizzazione s la condizione dello spaesamento (Unheimlich),

    generato dallEssere gettato nel mondo (sua originaria e ultima condizione), marappresenta anche la dimensione fuori/dentro con cui continuamente si confronta

    luomo occidentale: il suo essere una immanentizzazione dellinevitabile rapporto con

    laltro e con ci che perturba, che inquieta. La soggettualit sta nel rapporto

    immanente con lessere-presente, che co-esistenza, si avvicina (dimensionalmente)

    al piano del con-esserci heideggeriano e dellintersoggettivit husserliana. In quanto

    temporalit, lessere della soggettualit si manifesta nella contemporaneit, che il tempo

    co-estensivo del presente (dei valori immanenti dellet della tecnica), dove il presente si

    reitera in una sorta di ripetizione senza presupposti e, soprattutto, senza domande. Come

    ha scritto M. Perniola: Il tempo colmo di presente, cos come lo spazio colmo dipresenze: non c pi tempo per il passato e per il futuro, cos come non c pi posto

    per lassenza. Il presente della contemporaneit ci che rende simulacro la presenza.

    La contemporaneit eredita questa dimensione del presente come tutto cui fare

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    riferimento, il qui e ora che soddisfa qualsiasi pulsione, qualsiasi desiderio purch sia

    mercificato, purch reso oggetto appetibile-godibile, nonch immediatamente fruibile. E

    il tratto schizofrenico collettivo, che situa il soggetto nella sua dimensione patologica

    quotidiana, rendendolo perfettamente idoneo alla trasparenza di una presenza (la propria)

    che ricerca disperatamente una originariet, negandola. Dobbiamo continuare a rimanere

    in guardia circa il monito lanciato alcuni anni fa da J. Baudrillard? Egli dice:

    Nellindeterminazione il soggetto non n luno n laltro, resta semplicemente lo

    Stesso. Ecco nuovamente la ripetizione. Ecco il Simulacro. 3. Una domanda

    unistanza che richiede attenzione. Su questo territorio (che designa un campo di

    afferenza, una filosofia della Terra che ci precede sempre nellincedere della questione

    attorno alla cosa) non banale o scontato sostenere che Deleuze ha attraversato, come

    Zenone, la cifra di un numero per giungere al nodo della plurivocit. Zenone di Elea

    colui che viaggia, instancabilmente, cercando un passaggio, una zona dombra che lasci

    intravedere lenormit di un orizzonte asimmetrico, disegnato non solo dallincontro di

    due linee di confine: la Terra e lo spazio aereo. Con il tratto spezzato della discontinuit

    (atto peculiare della contemporaneit) ci situiamo in un territorio del pensiero che piega

    continuamente le proprie forme, arretrando dinanzi allinfantile tentativo di

    universalizzare il sapere, di renderlo campo precipuo di specialisti che settorializzano e si

    spartiscono il (vuoto) serbatoio della scienza. Ci che chiamiamo contemporaneit

    designa listanza epocale che dalla modernit (che pone ancora la domanda sul senso

    dellessere) giunge alla postmodernit (che frammenta il pensiero sul senso dellessere)

    per rinnovare lulteriore passaggio che apre i confini dei divenire-pensiero, dei divenire-

    filosofia, lacerando e ricomponendo continuamente il Logos occidentale nella sua

    vanesia certezza. La riflessione di Deleuze-Guattari invita a manifestare costantemente

    una criticit capace di vedere-attraverso lapparenza per andare, con unespressione diHusserl, alle cose stesse, recuperando cos un tramite di verit. Nella sottile piega della

    differenza si fa spazio nel Theatrum Philosophicum (espressione notoriamente

    foucaultiana) occidentale una didascalia che sconvolge la linearit, il continuum, la pro-

    gressione del pensiero-Logos (dorigine platonica ma abbondantemente saccheggiato

    dagli illusi sofisticatori dellUno che comprende in s il Tutto). Tale didascalia la

    discontinuit che preannuncia la complessit, il non-previsto che si porta oltre il gi-

    accaduto (passato, tra(n)s-corso) e si realizza sul piano dimmanenza infinito, che

    Deleuze distende sotto i concetti. Il piano dimmanenza lanomalia selvaggia

    costituente il perch? di ogni interrogarsi, di ogni domandare che abbia unfondamento. Deleuze, nella contemporaneit, ritaglia uno spazio al senso del pensare,

    tracciando una mappa, una cartografia che si confronti con la complessit dei saperi,

    zone confinanti che si misurano con quella che egli stesso ha definito Geofilosofia,

    capace di rendere creativamente instabile qualsiasi sistema che abbia la pretesa di essere

    globale.. La Geofilosofia inevitabilmente richiama la multidimensionalit del concetto

    che si rapporta alla figura della Terra-Pensiero come piano del molteplice divenire

    filosofico), Dove si attesta il confine, se vero, come sostiene M. Cacciari, che il con-

    fine lega inevitabilmente ad un altro luogo (topos) che esso stesso immanenza, poich

    si situa sulla medesima Terra? Nella contemporaneit il confine limmediatamente altro,il luogo della relazione e della prossimit, luogo, infine, che unisce il concetto tra luno e

    laltro interstizio del pensiero. Eppure la contemporaneit si disillude della necessit di un

    pensiero dellaltro, delimita la terra come proprio con-fine, temenos da difendere

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    strenuamente a costo di massacri e genocidi. (Noi sappiamo che la reale mossa del con-

    fine la propria non-trasparenza, ossia il proprio sottrarsi nel momento in cui la linea

    stata tracciata la filosofia questo estremo superamento, il passare-oltre la traccia

    designata). La contemporaneit delimita il pensiero ad essere-simulacro (tema caro a

    Deleuze-Klossowski), ossia eterna ripetizione di un medesimo che non simulazione ma

    oggetto-pensiero, qualcosa che tende continuamente ad altro, una tecnica del pensiero

    che si compiace e che crea in s il proprio carattere di differenza. Tracciare un piano

    dimmanenza significa individuare un oltre-confine; significa rendere possibile il

    percorso della filosofia nella contemporaneit, passando (senza lasciarsi fascinare) tra i

    simulacri ostentati delleccedenza che lestrema mercificazione degli oggetti-pensieri

    presuppone. La teoria della complessit assottiglia la linea di confine, spostando

    continuamente il margine tra due territori, due o pi regioni che si toccano. Essa cerca

    di risalire allevento, fiancheggiandolo e installandosi in esso come un divenire. Il

    complesso evoca i mille piani, leterogeneit di un pensiero che rimane nella tensione

    creativa dei concetti e rifiuta di rifugiarsi sul palco ad osservare; il complesso vive il/del

    paradosso inconciliabile tra ci che possibile comprendere e ci che invece rimane in

    uno stato di latenza a generare nuovi rizomi, nuove diramazioni frattaliche. Il caos

    spaventa perch linforme, lirrappresentabile. Esso rientra in ci che perturbante,

    nella dimensione dello spaesamento, della mancanza di un territorio originario, poich

    nellinforme il territorio non caratterizza in modo stabile i propri confini. Cosa fa il

    filosofo dinanzi al caos? Qual la domanda che egli pone? Esiste qualcosa, in questa

    epoca di transizione che la contemporaneit, che non sia estremamente seduttivo e,

    quindi, inconfessabile perch irrappresentabile? Se Deleuze si richiama (e col suo

    richiamare muta la propria voce proiettandosi verso laltro) a Klossowski, a Blanchot

    per chiarire il passaggio dellinconfessabilit, dellincommensurabilit come eccedenzapossibile unicamente in unepoca dove il segno simbolo mercificato: il segno che

    eccede se stesso, infatti, si porta sempre in un altrimenti che costantemente da

    indagare, perch dischiude un passaggio, il pensare altrimenti insito nellabbraccio

    dellinfinito intrattenimento. nellesperienza dellimpossibilit -afferma Blanchot-

    non predomina il raccoglimento immobile dellunico, ma linfinito capovolgimento della

    dispersione, processo non dialettico in cui la contrariet estranea allopposizione e alla

    conciliazione e in cui laltro non equivale mai allo stesso: dovremmo chiamarlo il

    divenire, il segreto del divenire? Su questo segreto gioco daccostamenti, funzioni di

    ripetibilit che si disperdono sul piano di una vita (che quella di Deleuze), il filosofocostruisce le proprie geometrie, un alternarsi di spazi che richiamano sempre al fuori,

    allessente-altro. 4. Il filosofo riporta dal caos delle variazioni che restano infinite, ma

    diventate inseparabili su superfici o in volumi assoluti che tracciano un piano

    dimmanenza secante: non sono pi delle associazioni di idee, ma dei riconcatenamenti

    per zona di indistinzione di un concetto. Rintracciare l, nel caos, una qualsiasi logica

    del senso pu significare solo non indietreggiare, attestarsi tra le pieghe di una linea che

    silenziosamente smuove il riterritorializzarsi delle regioni epistemologiche, camminare

    come nomadi sui terreni instabili della (s)ragione che pu tagliare in qualsiasi direzione il

    piano. In realt, tale taglio un attraversamento. Il pensiero fa da tramite, attraversa eunisce i solchi continui che coprono il piano filosofico, struttura che si designa come

    sovversiva, poich metamorfizza il piatto procedere della continuit con il passato, che si

    vorrebbe esclusiva certezza dellesatta predizione delle cose. Il futuro filosofico (che

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    presuppone sempre la domanda che cosa il pensiero-filosofia?) agisce dentro di s le

    discontinuit del divenire soggettuale come il continuamente altro dei concetti che si

    creano, si formano e trans-formano, smussati dal martello nietzscheano che lentamente

    erode i margini della fissit, della staticit, di chi vorrebbe a ogni pi sospinto decretare

    la morte del pensiero critico. Il piano dimmanenza -notano Deleuze-Guattari- prende in

    prestito dal caos le determinazioni con cui compone i suoi movimenti infiniti, i suoi tratti

    diagrammatici. Si pu, si deve quindi supporre una molteplicit di piani, poich nessuno

    di essi potrebbe da solo abbracciare tutto il caos senza ricadervi; oltretutto, ciascuno

    ritiene i movimenti che si lasciano piegare insieme. Il pensiero-oggetto-merce, che nella

    contemporaneit il pensiero che non riconosce il suo passato n si vede come pro-

    gettante, tende il suo sguardo unicamente al fare della tecnica che si compie da s e che

    degenera a tal punto la propria vocazione a creare strumenti s da trasformarsi esso

    stesso in un pensiero-della-tecnica onnicomprensivo. In questo contesto la domanda di

    Deleuze-Guattari che cos la filosofia? crea uno spazio di definizione e di

    territorializzazione, nel momento stesso in cui gli autori deterritorializzano lagire

    filosofico, collocandolo in un territorio che tramite esso stesso, una metaxy che unisce

    diverse afferenze che mai potrebbero richiamarsi ad un pensiero unico o della globalit.

    La filosofia -affermano Deleuze-Guattari- si riterritorializza sul concetto. Il concetto

    non oggetto ma territori. Deleuze accoglie in pieno e fa proprio il suggerimento che

    con forza Nietzsche lancia dalle pagine de La volont di potenza: bisogna costruire

    concetti, inventarli, poich essi non nascono a caso ma dalla minuscola piega che fa

    intravedere unapertura, ancora una possibilit. Ecco -afferma Nietzsche- cosa finisce

    per spuntare nel cervello dei filosofi: non devono pi soltanto lasciarsi regalare i concetti,

    non devono solo purificarli e chiarirli, ma devono anzitutto farli, crearli, costruirli e

    renderli persuasivi. Il pensiero si fa piano di immanenza poieutica, creatrice, poichdiviene la contingenza che pone come imprescindibile la pratica critica dellintenzione

    concettuale. In questo luogo altro (contingente perch umano), i solchi, i sentieri, le

    radure, i deserti e i fiumi divengono il paesaggio costruttivo della posizione del soggetto

    che si rapporta con altri soggetti, che intesse relazioni e si confronta costantemente con

    quella complessit frattalica che congiunge i diversi tasselli della polisemicit del

    pensiero, strappando al fantasma della realt la negazione al proprio divenire. Che cos

    la filosofia? diviene, allora, il farsi della filosofia, che reclama a pieno titolo nella

    contemporaneit la necessit di una serrata critica dei saperi, ponendosi su quel piano di

    immanenza che non astrazione, bens contingenza. 5. Tecniche del Soggetto/TecnichedellEssere? La contemporaneit sembra portare in s leredit post-moderna

    dellestrema frammentazione della domanda sul senso dellessere (si dice che Heidegger

    sia stato lultimo filosofo a porre tale domanda in senso metafisico, battendo ogni

    possibile via speculativa). La c ifra del senso non sta pi nella domanda fondamentale,

    ma nella possibilit di ritenere il non-senso non un errore di percorso, bens un

    passaggio che apre nuove e inedite prospettive. Il non-senso, come il senso, legato alla

    parola, allevento che dischiude una prospettiva di alterit. Non-senso, come ricorda

    Parmenide, pu avere il non-essere, tanto terribile nella sua pronuncia quanto profonda

    , invece, la polisemicit racchiusa nellessere. Platone ribalta la struttura concettualeparmenidea, poich apre un senso al non-senso dellessere. Apertura. Sembra essere

    questa la chiave di lettura. Deleuze (ammirevole critico, decostruttore e lettore di

    Platone) propone lampliamento del tratto caratteristico che, linguisticamente, viene

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    assegnato al senso: un gioco, direbbe Wittgenstein. Deleuze suggerisce, appunto,

    unapertura. La logica del senso -afferma Deleuze- necessariamente determinata a

    porre tra il senso e il non senso un tipo originale di rapporto intrinseco, un modo di

    compresenza, che possiamo per il momento soltanto suggerire, trattando il non senso

    come una parola che dice il proprio senso. Esiste una distanza formale tra senso e non-

    senso che delimita la percezione dellevento: ci che immediatamente comprensibile ha

    senso, ci che non lo si inscrive nel campo del non-senso. Deleuze scardina il taglio

    netto creato dalla ragione occidentale (il famigerato cogito cartesiano) che tutto vuole

    ascrivere a s, sostenendo che il senso sempre un effetto; parimenti anche il non-

    senso si pone come una gradazione del fenomeno, una possibilit che differenza

    concettuale. Nel teatro di Differenza e ripetizione i concetti estendono il significato della

    rappresentazione, distinguendola dalla ripetizione. Nelle pagine profonde dedicate a

    Freud, Deleuze ammette la ripetizione a patto che non la si confonda con la

    rappresentazione e quindi la si sublimi attraverso la metaforizzazione del vissuto. La

    ripetizione un meccanismo di difesa, una resistenza (inconscia) che impedisce il lineare

    svolgersi della terapia. Essa permette la dimenticanza che, a sua volta, permette la

    ripetizione. (Qui sta il gioco del transfert: qual il luogo del vissuto per lamore del

    terapeuta? Esso nel setting che, come locus-spazio tangibile, contiene la ripetizione).

    Ancora, la ripetizione, secondo Freud, turba. Vi poi unaltra serie di esperienze che ci

    permettono anchesse di riconoscere senza fatica che soltanto il fattore della ripetizione

    involontaria rende perturbante ci che di per s sarebbe innocuo, insinuandoci lidea

    della fatalit e dellineluttabilit laddove normalmente avremmo parlato soltanto di

    caso. Il gesto, che (per un lapsus?) Freud definisce involontario e non, invece,

    inconscio, fa da tramite: la ripetizione porta ad una reiterazione del qui ed ora che in

    psicoanalisi circoscrive la relazione alla dualit. In essa sinserisce, sempre, un altrotramite, il perturbante appunto. Il passaggio che si vuole qui includere risiede nel ritenere

    la contemporaneit il luogo privilegiato del compimento pieno del pensiero della tecnica

    o, meglio, delle tecnologie. La societ occidentale, che crede di espandere ad libitum i

    propri confini, rende trasparenza qualsiasi pensiero dellEssere, del Soggetto, del Corpo:

    lidentit non coincide pi con lessere un soggetto ma si confonde, si dilata sino a

    perdere i tratti caratteristici che la filosofia tra Otto e Novecento ha suffragato. Le

    tecniche modificano sensibilmente il nostro approccio al soggetto che /e non pi

    lAltro, che sono e non sono pi Io. La Cura (die Sorge), che sorregge limpianto

    teoretico di Essere e Tempo di Heidegger, non pi la naturale propensione dellUomo(Esserci, Dasein) che intende sfuggire al proprio carattere di deiezione (Verfallen); non

    pi laver cura (Frsorge) e il prendersi cura (Besorgen) nella dimensione dellalterit

    che fenomenicamente rende significativa la presenza dellUomo. La Cura si

    trasformata in tecniche di cura che trattano, modificano e ricompattano un corpo

    senza organi, senza semen, senza significato: il senso non sta pi nel corpo che si

    muove, che vive, che soffre, che prova intensamente lemozione della Lebenswelt (il

    Mondo della Vita in cui racchiuso lesperire del Lieb-Corpo e della Leib-emozione), ma

    nella tecnica che seduce il corpo, modificandolo in sostrato che deve provare qualsiasi

    eccedenza gli proponga il Mondo dei Simulacri. Se il tempo del fuori concede unulteriore spazio al soggetto, esso si distende nella contemporaneit attraverso le mille

    intersezioni dei piani, che determinano a loro volta il continuo scambio dei divenire-

    filosofia. Da qui, la domanda deleuziana Che cos la filosofia? ci osserva col suo

  • 8/13/2019 Gilles Deleuze _ Il Pensiero_Fusaro

    9/9

    interrogare sospettoso.