Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

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Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente 2012

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Le 50 foto di Brindisi selezionate tra le tante postate sul gruppo Fb Brindisini la mia gente e pubblicate nel 2012 sul quotidiano cittadino ¨Senzacolonne¨ con i racconti e i commenti di Gianfranco Perri, amministratore del gruppo Fb Brindisini la mia gente.

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Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

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Gianfranco racconta 50 foto di Brindisini la mia gente Le Sciabiche Senzacolonne del 12 Gennaio 2012 Il Giro vespistico d´Italia passa da Brindisi - Ultimi anni ’50 19 Febbraio 2012 Corso Garibaldi - 1870 26 Gennaio 2012 La terrazza belvedere delle Colonne Romane - 1955 3 Febbraio 2012 La fontanella dei Giardinetti - 1968 9 Febbraio 2012 L´Ammiragliato - 1929 17 Febbraio 2012 Il Calvario -1904 23 Febbraio 2012 La Vendemmia e “li cufanaturi” - 1965 1 Marzo 2012 La demolizione del Teatro Verdi - 1960 8 Marzo 2012 “Lu Napulitanu” - 2000 15 Marzo 2012 Piccolo Lido - 1928 22 Marzo 2012 Sflilata di trattrici al Corso - 23 Agosto 1927 29 Marzo 2012 L´atmosfera tropicale dei Giardinetti - 1930 circa 5 Aprile 2012 “Fishing boats coming into Brindisi harbor” - 1868 12 Aprile 2012 Piazza Baccarini - 1903 19 Aprile 2012 Piazza Santa Teresa- 1950 26 Aprile 2012 Palazzo Titi su Corso Garibaldi - 1950 circa 6 Maggio 2012 Il Cinema Mazari - 1956 10 Maggio 2012 Le barche a vela - 1960 circa 19 Maggio 2012 Il Gran Caffé Torino - 1958 31 Maggio 2012 Villaggio pescatori - 1939 9 Giugno 2012 La Palestra Galiano - 1934 14 Giugno 2012 Via Sciabiche - 1958 21 Giugno 2012 Porta Lecce - 1903 29 Giugno 2012 Il Monumento Nazionale al Marinaio d´Italia - 1933 5 Luglio 2012 La spiaggia del primo Novecento - 1906 12 Luglio 2012 La vecchia Stazione Marittima - 1938 19 Luglio 2012 Il Faro delle Pedagne - 1859 26 Luglio 2012 Tra Piazza Sedile e Piazza Vittoria - 1955 8 Agosto 2012 Il Palazzo della morte - 1922 9 Agosto 2012 Santa Maria del Casale - 1951 23 Agosto 2012 Aereo austriaco catturato - 1918 2 Settembre 2012 Garibaldi in piazza del Popolo - 1920 8 Settembre 2012 Piazza del Castello - 1930 13 Settembre 2012 Giardino Stazione Porto - 1925 20 Settembre 2012 L´estate brindisina degli Anni 60-70-80 28 Settembre 2012 San Pietro degli Schiavoni - 6 Maggio 1941 4 Ottobre 2012 Gli angars Bresciani - 1916 e Savigliano - 1930 11 Ottobre 2012 Arco doppio in Via San Giovanni al Sepolcro - 1955 18 Ottobre 2012 Via Carmine - 1903 25 Ottobre 2012 Via Pompeo Azzolino allo specchio - 1952 4 Novembre 2012 Via Cittadella - 8 Novembre 1941 9 Novembre 2012 Le Sciabiche - 1906 15 Novembre 2012 Via Marina - 1905 22 Novembre 2012 Torre del Orologio - 1956 29 Novembre 2012 Castello Federico II -1880 5 Dicembre 2012 Via Bastioni San Giacomo - 1903 6 Dicembre 2012 Politeama Duca Degli Abruzzi - 1914 13 Dicembre 2012 Porta Mesagne ¨miracolata¨ - 1925 20 Dicembre 2012 La Valigia delle Indie del XX Secolo 27 Dicembre 2012

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13GIOVEDÌ 12 GENNAIO 2012

di GIANFRANCO PERRI

Tutti i brindisini conoscia-mo bene che “LeSciabiche” era lo storico

quartiere marinaro della nostracittá, ormai purtroppo quasicompletamente scomparso inseguito alle demolizioni chefurono consumate in due ondate,la prima intorno al 1934 duran-te il ventennio fascista per darespazio alla risistemazione dipiazza Santa Teresa con lacostruzione della FontanaImperiale, e la seconda intornoal 1959 per improbabili esigen-ze urbanistiche dando spazioalla salita che imbocca la viaCamassa, avendo stabilitoessere malsani fatiscenti ed irre-cuperabili tutti quei caseggiatidensamente popolati che anco-ra conformavano lo storicoquartiere. Ed in effetti la bella foto -diautore a me sconosciuto epostata dall´amico SimoneGalluzzo- riproduce, di quelloche fu quel quartire, un piccolis-simo scorcio prospicente almare sulla banchina del nostroincantevole lungomare. Peró “Le Sciabiche” altro nonsono che quelle suggestive retiin primissimo piano nella foto,stese ad asciugare sul piazzale equindi diligentemente rinaccia-te degli strappi della pesca dellanotte precedente dai laboriosipescatori “sciabbicoti”.Derivando il tutto dalla parolaaraba che indica quella tipolo-gia di rete: “sciabbach”.Le sciabiche sono reti da pescache, calate in mare a semicer-chio, catturano il pesce nel loroprogressivo avanzamento.Somigliano molto alle reti a

strascico, ma si differenzianosostanzialmente da queste ulti-me per la lunghezza dei bracci,tant'è che in realtà il corpo siidentifica con il sacco di raccol-ta.E perché quartiere storico?

Perché [Brindisiweb.it -Giovanni Membola] fu proprionel rione Le Sciabiche, il piúsimbolico della nostra cittá,che il 5 giugno del 1647 esplo-se spontaneamente il forte mal-contento dei pescatori, facendo

scoppiare la sommossa, unmese prima della più nota rivol-ta di Napoli capeggiata daTommaso Aniello D'Amalfi,Masaniello, iniziando cosíl´insurrezione che finí per coin-volgere l’intero meridione, che

era Regno di Napoli giá dal1509 e regnando in SpagnaFilippo III con Pedro Girónviceré a Napoli.Si racconta [Cronaca dei Sindacidi Brindisi - Pietro Cagnes eNicola Scalese, 1529-1787]:“Fu la revoluzione nel Regno diNapoli, e precise in questa città,e il sindico Ferrante Glianes fulapidato dal popolo, e fu piglia-to da casa sua, e portato carcera-to in una casa sotto la marina,dove lo trattennero tutto il gior-no, e poi la sera lo mandaronolibero in casa sua, e il capopo-polo, o vero i capopopoli, furo-no Donato e TeodoroMarinazzo, e levarono le gabel-le, non facendoli osservarecome era di solito.”In quel quartiere, al momentodel suo abbattimento definitivonel 1959, abitavano moltissi-mi dei nostri amici, ragazzi diallora i quali conservano ancoravivissimi i loro ricordi d´infan-zia e della loro gioventú “scia-bicota”: Arcangelo Taliento,Cosimo Prudentino, Luigi Iaia,Silvio Melpignano, RaffaeleGiove, o Remo Simoniello eAntonio Volpe che avevano inonni lí alle Sciabiche, oCosimo Signorile il cui padreera pescatore, ...solamente percitare alcuni di loro, tutti assi-dui sostenitori del nostro grup-po fb “Brindisini la mia gente”.

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di GIANFRANCO PERRI

Una foto bella ed anchemolto suggestiva, conun´atmosfera decisa-

mente festiva, sia per la corsain Vespa, sia per la presenzadelle luminarie decorative chesi intravedono, dobbiamoessere intorno alla festa diSan Teodoro, e sia per losfondo sereno e rilassato: unanave da crociera agli ormeggiportuali e la terrazza balconedella Stazione Marittima afine estate ancora ammobilia-ta con i tavolini da bar e gliombrelloni del Desiré a mare.E sul fondo anche la incon-fondibile siluetta della miticaVilla Skirmuth-Monticelli, lavilla dei misteri, forse nonancora completamente inrovina.Questa foto, ormai quasidimeticata, l´ho postata dopoaverla riscoperta sul fondo diun cassetto della mia vecchiascrivania a casa dei miei, invia Castello 3. Me l´avevaregalata nei lontani annidell´universitá un mio amicotorinese del Politecnico: aquel giro aveva partecipatosuo padre, che é uno deivespisti ritratti nella fotogra-fia.Da tanti, troppi, anni a questaparte invece l´atmosfera édecisamente cambiata: legrandi navi da crociera sonscomparse quasi completa-mente e la veranda del Desiré

a mare con la sua vista mozza-fiato, ci dicono sia adesso ilbalcone inutilizzato dell´uffi-cio del capo dell´autoritá por-tuaria, che appunto da un pódi anni sembra che occupi

quello che per tanto tempo fuil famoso salone delle festedella Stazione Marittima.Tantissime coppie brindisinefesteggiarono il loro matri-monio in quella bella sala e lí

si celebrarono tantissimiveglioni di carnevale e capo-danno, e poi le feste studente-sche dei liceali brindisini!Peró, pur nella convinzioneche non sia possibile costrui-

re un futuro migliore senzaben conoscere il proprio pas-sato, bisogna sempre guarda-re avanti, ed allora io l´avreida fare una petizione concre-ta al professor HerculesHaralambides, l´attuale capodell´autoritá portuaria: “Restituire a tutti i brindisiniquello spazio che per tantianni é stato luogo di pubbli-co ritrovo e che é ancora nellamemoria di tanti brindisini iquali non hanno mai perdona-to che gli sia stato abusiva-mente scippato”. Son sicuroche noi tutti gliene saremmoriconoscenti.Questa struttura dellaStazione Marittima solo par-zialmente riprodotta nellafoto, e cosí come noi la cono-sciamo, risale al 1940 annoin cui fu costruita per sosti-tuire quella anteriore moltopiú modesta stazione cheaveva operato durante 40anni. Dal 1901 e fino al 1914,sotto l´impulso delle attivitádella societá Peninsulare conla celebre Valigia delle Indie.

IIll GGiirroo vveessppiissttiiccoo dd´́IIttaalliiaa ppaassssaa ddaa BBrriinnddiissii --

LLee SScciiaabbiicchhee

GIOVEDÍ 19 GENNAIO 2012

1959

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GIOVEDÌ 26 GENNAIO 2012 33

di GIANFRANCO PERRI

Questa antichissima fotoappartiene alla serie diquelle che, datate

1870, integrano gli ArchiviAlinari e che furono espostein occasione della mostra“Brindisi negli ArchiviAlinari tra Unitá d´Italia ePrima guerra mondiale” aPalazzo Granafei Nervengadal 18 Giugno al 9 Ottobre2011. La foto originale é delloStabilimento Giacomo Brogi.Si tratta pertanto molto proba-bilmente della serie di foto-grafie piú antiche della nostracittá. In effetti, anche se lapreistoria della fotografiarisale agli ultimissimi anni del‘700, in Itali i primi esperi-menti di fotografia furonocondotti da Enrico FedericoJest e da Antonio Rasetti solonell'ottobre del 1839 con unmacchinario di loro costruzio-ne basato sui progetti del fran-cese Daguerre e le loro primefotografie italiane documen-tate, sono quelle che riprodu-cono alcune vedute di Torino.Bisogna osservare che nel1870 il corso si chiamavaancora Strada Amena, e finoal 1797 era stato percorso daun insano canale di scolo dirifiuti urbani di ogni tipo, dacui il nome di ‘strada dellamena’. In quell´anno 1797 ilcanale fu finalmente risanato

e la via denominata ufficial-mente Strada Carolina inonore alla moglie austriaca diFerdinando IV° re del RegnoNapoli al quale appunto

Brindisi apparteneva.Solamente nel 1880 con lamorte di Garibaldi fu asse-gnato il nome attuale al corsoche includeva anche l´attuale

Corso Roma.Al fondo della foto, si vaverso il mare, sulla destrac´erano i terreni della futurastazione marittima e sulla

sinistra, dopo gli edifici, i ter-reni dei futuri GiardiniVittorio Emanuele II° -Ligiardinetti- che al tempo dellafoto si chiamavano Largo SanFrancesco.La viuzza a sinistra in primopiano nella foto, quel porton-cino ad arco e la soprastantefinestra esistono ugualitutt´ora, é l´attuale Vico DeLubelli, che si chiamava VicoAmena 2°, mentre la viuzzaseguente si chiamava VicoAmena 1° ed é l´attuale ViaAmena. L´insegna a sbalzo sull´ango-lo dice Hotel D´Oriente el´edificio a tre balconi inprimo piano é tutto ancora lí,mentre la costruzione chesegue fino a Via Amena éstata sostituita da un edifico adue piani e cinque balconi.Finalmente segue attualmenteil grande moderno edificio alcui pianterreno ci sono il BarAusonia ed il Caffé de París.Poi, I nostri Giardinetti dellaStazione Marittima.

CCoorrssoo GGaarriibbaallddii nneell 11887700

di GIANFRANCO PERRI

Di questa foto un pó sgualcitama pur sempre bella, postatadall´amico Nikos Desillas,non é importante la data né, inquesto mio commento,vogliono esserlo le nostrefamosissime colonne romane,centrali nella foto, terminalidella Via Appia, e neanche lacasa di Virgilio, la casa cioéche occupa il luogo di quellamolto piú antica in cui il gran-de poeta romano PublioVirgilio Marone vi morí e cheoggi sostiene la targa comme-morativa di quell´evento, eneppure il Palazzo Perez sulladestra della foto.Il titolo che ho infatti sceltoper questa foto, postata dalnostro amico d´oltre mareNikos Desillas, richiama chia-ramente una semplice terraz-za, in primissimo piano nellafoto. Perché mai?Ma perché quella terrazzaconduce ad un balcone cheaffaccia su uno dei panoramipiú belli al mondo, di una bel-lezza assolutamente indescri-vibile, un panorama mozzafia-to sul porto interno, sulCasale, sul Monumento, sulcanale Pigonati, sul portoesterno, sul Forte a mare,...sull´infinito azzurro e lumi-noso del mare brindisino.Ma non é neanche stato soloper decantare tutto ció, che ho

voluto pubblicare questa foto.L´ho fatto invece perché quel-la terrazza, con il suo balconee il suo panorama, da semprea mia buona memoria patri-monio di tutti i brindisini, da

qualche anno é chiusa al pub-blico da un cancello: per pro-teggerala da vandali e spor-caccioni, ...ci hanno detto.Molto peggio la cura che lamalattia, e si potrebbe anche

dire che di certo é stata sceltala medicina peggiore, unamedicina che non cura lamalattia, una medicina che haucciso.Poi peró, dopo qualche anno

di amarezze ho scoperto chenon era cosí grave la cosa. Ineffetti la terrazza la si potevaancora visitare accedendovi inascensore dall´interno dei sot-tostanti locali del Museo dellaFondazione Faldetta.Naturalmente negli orari diapertura del suddetto museo,...e giá!Ma bisogna essere un privile-giato per avere accesso a que-sta informazione gelosamentecustodita come fosse un segre-to di stato. E si, ...perché micaé venuto in mente al responsa-bile del museo di mettere unpiccolo, magari anche minu-scolo, cartellino sul cancelloche sbarra l´accesso alla ter-razza per indicare, appunto, dadove si entra! Troppa immagi-nazione per farlo, troppainventiva per farsi balenareun´idea cosí originale e straor-dinaria. Mica é da tutti, non sipuó chiedere poi tanto!E adesso che il museo Faldettanon riaprirá?

LLaa tteerrrraazzzzaa bbeellvveeddeerree ddeellllee CCoolloonnnnee RRoommaannee -- 11995555

21VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2012

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GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2012 7

di GIANFRANCO PERRI

La fontanella dei ‘Giardinetti’della stazione marittima.Quante volte abbiamo fatto leveci di quel bambino o di quelpapá o nonno? Adesso non c´épiú la fontanella con la suapalma di datteri ormai abbat-tuta! Questa foto la scattai nel 1968quando frequentavo il ‘CentroServizi Culturali’ in Piazza delPopolo, piú esattamente mipare in Via Santa Lucia, alprimo piano subito affiancodella Pizzeria Romanelli.Avevamo lí anche una piccolacamera oscura ed io stesso svi-luppavo le foto che scattavo.Una breve ma simpatica edintensa stagione ‘artistica’ cheduró un paio d’anni prima diintraprendere l’avventura uni-versitaria a Torino.L’amico Pino Spina ha volutocommentare questa mia fotoscrivendo: “Non esiterei adattribuire a questa immagine ilvalore di documento storico,non credo che ci sia un solobrindisino che, almeno fino aquando è esistita, non ricordi diessere stato sollevato da terraper bere a quella fontanina.Grazie, per la pubblicazione.”Troppa generositá Pino, ma sonanche sicuro che questo com-mento sia ampiamente condivi-so da tanti brindisini di piúd’una generazione. E, permette-temelo, un solo altro commentotra i tantissimi e molto appas-sionati che ha stimolato questamia foto, quello dell’amico

Domenico Faraselli: “Le cosebelle o legate a ricordi indelebi-li della nostra infanzia credoche non si dimentichino mai efa sempre tano piacere riveder-le. Grazie per quel magico scat-to.”

Ma perché é stata tolta quellafontanella? Ma perché é stataabbattuta quella palma?Naturalmente ci deve esserestata una e forse piú d’unaragione ‘tecnica’, peró a noibrindisini la vita ci ha insegna-

to ad essere sospettosi e a diffi-dare degli amministratori comu-nali. E giá, forse perché furonoproprio amministratori comu-nali coloro i quali risolsero diabbattere la settecentesca torredell’orologio, di demolire il

teatro Verdi, di sradicare il parcodelle rimembranze, di cancella-re il quartiere delle Sciabiche,. . .E non voglio certamente tentardi stabilire forzate ed improba-bili equivalenze tra la fontanel-la e ed i celeberrimi monumenticitati. Per fortuna in questo casonon c’é stato di certo uno scem-pio storico, ...ma quella fonta-nella era la ‘nostra’ fontanella:semplice, umile, ma ‘nostra’!Quindi, siamo proprio sicuriche fosse veramente inevitabileil suo abbattimento, siamo pro-prio sicuri che non ci fosse unrimedio alle problematiche‘tecniche’ responsabili dellarisoluzione? Magari il rimediosarebbe anche potuto esseresemplice, o magari forse anchecomplicato, ma ci resta comun-que il sospetto che in fondo sitratti solo di una ulteriore mani-festazione di superficialitá edinsensibilitá di qualcuno per ilquale l’oggetto in questionenull’altro fosse che una vecchiapovera e inutile fontana disfun-zionante, attaccata ad un vec-chio albero malato. Mah! Certoche a noi restano solo il sospet-to e l’amarezza.

LLaa ffoonnttaanneellllaa ddeeii ggiiaarrddiinneettttii nneell 11996688

10 CRONACA DI BRINDISI VENERDÌ 17 FEBBRAIO 2012

di GIANFRANCO PERRI

Forse solo i nostri genitori piúanziani lo ricordano con questonome un pó suggestivo, o con ladenominazione di ComandoMarina. Noi invece, brindisini natipoco prima o poco dopo la secon-da guerra mondiale, tutti lo ricor-diamo come “Lu Prisidiu”.In effetti si tratta delle strutture diquella che in origine fu la casermad´ariglieria “Ederle”, dal nome diCarlo Ederle, maggiore di artiglie-ria nato a Verona nel 1892 e mortosul Piave nel 1917, medaglia d´oroal valor militare nella prima guer-ra mondiale. Il grande palazzo, che risalta sullosfondo della foto postata daSimone Galluzzo e anche ripro-dotta sul classico libro editado nel1985 “Parliamo di Brindisi con lecartoline” di Giuseppe Candilera,non esiste piú, ma proviamocomunque ad orientarci: La strada sulla destra é l´attualeViale dei Mille, vista da Via SantaAloy e subito a destra, non visibi-le nella foto ma tutt´oggi esistentedietro gli alberi, c´é la palazzinadell´Ammiragliato, nella qualealloggió il Re Vittorio EmnanueleIII° durante il periodo del suo sog-giorno a Brindisi dopo l´8 settem-bre 1943 durante i mesi in cuiBrindisi fu la capitale d´Italia. La costruzione bassa a forma dicapannone con il tetto a due spio-venti sulla sinistra invece, esisteancora, completamente fatiscentee da molti anni abbandonata:appartenne alla caserma Ederle edoccupa tutto il lato Nord di ViaCastello, tra Via Rodi e ViaCittadella nuova. Quella costru-zione bassa ha anche un secondolato contiguo non visibile nellafoto, tipologicamente uguale edisposto perpendicolarmente,

occupando ancora oggi tutto il latoovest di Via Cittadella nuova, traVia Castello e Viale dei Mille e, adangolo tra Via Cittadella nuova eViale dei Mille, c´é il Circoloricreativo della Marina. Esattamente in quello stesso ango-lo, fino a tutta la seconda guerramondiale, era invece posizionatala garitta del sentinella e, me loraccontava mia madre, il sentinel-la era puntualmente presente alsuo posto anche durante quella tra-gica notte brindisina tra il 7 e l´8novembre del 1941, mentre infu-riavano i bombardamenti inglesi:

le bombe cadevano in quell´areacon sempre maggiore insistenzaed una signora anziana, che vivevaal piano rialzato dell´edificio congli archi che si affacciava, e siaffaccia ancora, su Via Santa Aloya pochissimi metri da quell´ango-lo, scorgendo dalla sua finestrasocchiusa il soldato, cominció achiamarlo ingiungendogli di venirfuori dalla garitta e di rifugiarsinel portone dell´edificio, moltopiú solido ed un pó meno espostoalle bombe. Il sentinella non vollemuoversi e la signora dopo ripetu-ti quanto inutili richiami, scese per

strada, andó alla garitta e material-mente trascinó il soldato fuori finoa farlo rifugiuare nel portonedell´edificio. Erano trascorsi pochiminuti da quel momento quandouna bomba centró in pieno lagaritta: non ricordo il nome diquell´anziana signora, ne maiseppi quello del giovane soldato. Alle spalle dell´edificio e per tuttala sua notevole ampiezza c´era ungrande cortile, una grossa piazzad´armi denominata PiazzaCastello. Al posto di quella piazzae dello stesso palazzo “LuPrisidiu” c´é oggi la scuola

Salvemini. Dalla fine della seconda guerramondiale invece, tutto l´edificio fu“temporalmente” destinato a civileabitazione ed occupato da tantefamiglie di sfollati, una temporali-tá che duró quasi vent´anni: alcunidei miei compagni di classe allescuole elementari San Lorenzoabitavano “intra allu Prisidiu”. Iosono infatti nato e vissuto in ViaCastello N°3, esattamenteall´angolo con Via Cittadellanuova, proprio di fronte a ció cherestava della caserma Ederle.La caserma in origine occupavaper intero tutto l´isolato, che eraperfettamente rettangolare e con-teneva anche il palazzo delPresidio Militare, essendo delimi-tato dalle quattro strade: ViaCastello, Via Cittadella nuova,Viale dei Mille e Viale dellaLibertá, la quale in effetti non esi-steva ancora ed era una stradainterna alla Marina Militare, cosícome lo era anche l´attuale Vialedei Mille.La Ederle, era poi divenuta unacaserma di cavalleria, ed ai tempidella mia infanzia oltre ai soldatic´erano ancora i cavalli, poi neglianni divenne un deposito di armi.Me li ricordo bene i cavalli, dalbalcone di casa li osservavo ognimattina, con i soldati che li faceva-no uscire dalle stalle e li portavanoa bere nel beveratoio al centro delcortile, e poi li facevano passeg-giare un pó.

LL’’AAmmmmiirraagglliiaattoo nneell 11992299

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di GIANFRANCO PERRI

Questa é una bella vecchia car-tolina che fu editata da AngelaAnelli e illustra il Calvario sitosulla Via Santa Margherita adangolo con Via Carmine e la cuicostruzione originale deve inqualche modo essere stata legataalla esistenza di due importantistrutture religiose che eranostate previamente edificatenelle sue immediate adiacenze,da un lato e dall’altro. Un angolo di Brindisi certamen-te suggestivo ed assolutamentemolto presente nella memoriadi tanti di noi che da bambini ciincantavamo, anche un pó sug-gestionati ed impressionati, difronte alla figura del Cristomorto e della Madonna che locompiangeva, nella sera deisepolcri e durante tutta la setti-mana santa. Poi invece, pertutto il resto dell´anno le statuesparivano dalla vista, anche sela loro presenza la si potevaindovinare dentro la minutacupola che le custodiva e che hacontinuato a custodirle durantetantissimi anni: un angolo dellanostra storia.Cosí come lo ricorda la lapideancora apposta sulla colonna, asinistra nella foto, il Calvariofu fatto ergere nel 1830 (ADMD.CCC.XXX), da MonsignorPietro Consiglio, Arcivescovodi Brindisi e di Ostuni tra il1826 e il 1839, praticamenteaddossato al convento di SantaMaria delle Grazie i cui restiancora resistono in parte, pro-prio affianco al Calvario, su ViaSanta Margherita: il muro che siosserva sulla destra della foto

appartiene infatti alla strutturadel convento. L’intonaco suquesto muro è stato tolto direcente e si possono cosí notarealcune figure incise sulla pietraesposta, un cervo e poi deipesci in mare.

Su Via Santa Margherita, quandoeravamo bambini c´era solo unarco aperto, mentre adesso c´èun cancello ed al suo interno sipuò osservare un cortile che fuil chiostro del convento, conben riconoscibili gli archi ogi-

vali a sesto acuto, adesso chetutto é stato finalmente restau-rato dai proprietari attuali. Il convento aveva assunto ladenominazione di Santa Mariadelle Grazie solo dopo la rifor-ma dell’ordine eremitano ed il

piú antico documento noto chelo cita esplicitamente è datato1333. Dopo una prima soppres-sione venne utilizzato comeospedale, mentre in tempi menolontani invece, e dopo ladismissione definitiva del con-vento, l’edificio passó in pro-prietá al Comune e fu successva-mente destinato a civili abita-zioni. Dietro al Calvario, dove c'èadesso la birreria Gruit, il palaz-zo Gioia, c’era invece il ben piúantico Monastero degliAgostiniani, fondato nel 1193e di fatto collegato e tutt´unocon il Convento di Santa Mariadelle Grazie. Poi, piú vicino a PortaMesagne, nel 1526 fu costruitala chiesa di San Rocco, in uso aiCarmelitani, di cui non rimanepiù nulla se non la statua di SanRocco conservata nel cortile delpalazzo del Seminario. Di fron-te al Calvario finalmente, sor-geva la chiesa con l´annessoconvento della Madonna delCarmine, da cui il nome dellastrada. Si trattava quindi in effetti ditutto un antichissimo comples-so religioso e mistico e recen-temente é stato approvato unprogetto di restauro delCalvario e del palazzo exMonastero degli Agos

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GIOVEDÌ 23 FEBBRAIO 2012 15

IIll CCaallvvaarriioo nneell 11990044

di GIANFRANCO PERRI

Ho trovato simpatico compor-re queste due belle foto posta-te da Francesco Petrelli,emblematiche di quella chefino a un pó di anni fa era lavendemmia nelle nostre cam-pagne, e con l´intenzione direndere un omaggio a quegliuomini che della vendemmiabrindisina sono stati durantetanti anni i veri ed anche unpó eroici protagonisti: “licufanaturi”.Erano i personaggi di granlunga piú importanti dellafiliera produttiva della ven-demmia, erano giovani emeno giovani, ma sempre esicuramente forti e resistenti,ed erano pertanto quelli chetra i lavoratori del campoerano i meglio remunerati.Trasportavano con passo cele-re, quasi di corsa, alternando-la su una sola spalla, la“tinedda” zeppa d´uva, cheveniva auto-caricata seguen-do un movimento preciso,quasi acrobatico e rigorosa-mente coordinato, di solleva-mento da trerra mediantel´accompagnamento da partedi colui che era incaricato delsuo riempimento travasandole ceste o panari riempiti conl´uva raccolta dalle vendem-miatrici, le eroine della ven-demmia brindisina.Il tragitto della corsa eravariabile durante la lungagiornata e si allungava fino ad

anche una cinquantina e piú dimetri man mano che il tagliodell´uva avanzava finoall´estremo del filare per poiritornare indietro dal filareadiacente. Poi alla fine di ogni

corsa la scaletta in legno,necesaria per guadagnare ilciglio della botte o della cassadel camion, spesso resa ancheun pó viscida dalla terra e dalsucco d´uva che inevitabil-

mente finivano con l´avvolge-re gli scalini. Quella “tined-da” era veramente maledetta-mente pesante, ve lo possogiurare.A me infatti, come a tanti altri

miei coetanei, é capitato dastudente ancora in vacanza diandare a vendemmiare assol-vendo il compito di, appunto,sollevatore della tina, e noncerto quello fisicamente asso-lutamente impossibile di“cufanatori”. Quella tina erapesante anche vuota, figuria-moci piena. Era fatta di legnobello spesso perché dovevaessere resistente e durevole, epoi con il trascorrere delle oresi appesantiva ancor piú per-ché si inzuppava del succod´uva assorbito in abbondan-za.Da casa si usciva un pó primadell´alba per raggiungere lacampagna prestissimo ed ini-ziare il lavoro con le primissi-me luci. Ma coloro i quali cidovevano andare “cullu travi-nu” uscivano di casa a nottefonda, ed erano tantissimi “litravini” che si superavano perstrada, al buio e tutti con lalanterna segnaletica a petrolioaccesa e dondolando“sott´allu travinu” inun´atmosfera surreale scandi-ta dallo scalpiccio delle staffedei cavalli sull´alsfalto, e“sulle chianche”

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GIOVEDÌ 1 MARZO 201222

LLaa vveennddeemmmmiiaa ee ““llii ccuuffaannaattuurrii““ -- 11996655

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di GIANFRANCO PERRI

Una tristissima foto. Una fotoassurda che non sarebbe maidovuta essere scattata. Unafoto figlia dell´invidia, dellapolitica piú malsana,dell´ignoranza, della malafedee, purtroppo, anche dell´indif-ferenza della maggior parte deicittadini. Quell´indolenza chesembra trapelare anche da quelpasso frettoloso dei tanti chestanno passando inosservantidi ció che stava succedendo,anzi consumandosi, alla loropresenza. “...Dopo fasi di alterna fortu-na, come punto di arrivo di unlento declino, un commissarioprefettizio a nome Prestipino,insediato il 4 aprile 1959 acausa della crisi che avevainvestito l’amministrazioneretta dal Sindaco ManlioPoto, il 30 settembre del 1959decretò l’abbattimento del tea-tro ‘per salvaguardare la inco-lumità pubblica’. La demoli-zione fu eseguita fra una certaindifferenza generale da febbra-io a maggio dell’anno succes-sivo...” -da un intervento delSindaco Domenico Mennittidurante il ConsiglioComunale tenutosi sul TeatroVerdi il 20 Novembre 2006-.La sua costruzione avevarichiesto nove anni di lavori,dal marzo 1892 al marzo1901. Il primo spettacolo, unconcerto di musiche di Verdi,

fu tenuto il 24 marzo del 1901proprio per commemorare ilgrande musicista e l´inaugura-zione della prima stagionelirica avvenne invece il 17ottobre 1903, con la rappre-

sentazione della Traviata diVerdi. Nel Verdi si tennero nel 1926e 1927, anche tutta una seriedi importanti eventi lirici pro-mossi e partecipati dal grande

tenore leccese Tito Schipa, perla raccolta dei fondi necessarialla costruzione delMonumento al Marinaiod´Italia.Il teatro fu in minima parte

danneggiato durante l'ultimaguerra mondiale da bombeesplose nelle sue vicinanze, efu più volte riparato tra il1949 e il 1951. Il 21 luglio1951 una commissione di cuifacevano parte tecnici delgenio civile, della provincia edell´ordine degli ingegneri,concluse che “...il teatro nonrispondeva più alle esigenzeper le quali era stato costruito,che non era un monumentodegno di essere conservato,che l'area di grande valore incui si trovava poteva esseremeglio utilizzata...”. Non cisono le prove, ma quelle con-clusioni inducono, anzi obbli-gano, a credere nella assolutamalafede di quella commissio-ne. ...Si, perché la sola igno-ranza ed indolenza non avreb-bero potuto da sole spiegarel´assurditá di quella conclusio-ne. La struttura continuò comun-que a funzionare come cine-ma, finché il 23 agosto 1956la prefettura ne dispose lachiusura e nel 1959 il com-missario prefettizio ne decretóla demolizione.

LLaa ddeemmoolliizziioonnee ddeell TTeeaattrroo VVeerrddii -- 11996600

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GIOVEDÌ 8 MARZO 2012

di GIANFRANCO PERRI

Questa bellissima foto gentil-mente postata dall´amicaValeria De Robertis, riproduceil simpatico signor MauroDe Robertis, padre dell´amicoNicola e nonno di Valeria, eche purtroppo ci ha ormai edefinitivamente lasciato. E loriproduce dentro il suo piú chefamoso negozio di ViaFerrante Fornari, quello difronte alla chiesa degliAngioli ed alla scuola ele-mentari San Lorenzo: il nego-zio “ti lu Napulitanu” che,dopo quasi 100 anni di esi-stenza, ha anch´esso chiusoper sempre i suoi battenti. Si, purtroppo “LuNapulitanu” ci ha lasciatosenza i suoi ami per la pesca,i quaderni neri con il bordorosso, i tappi di sughero, lemaschere di carnevale di carto-ne, i denti per la fioscina, lichiumbi e li cranfarieddi, isalvadanai in terracotta, licurri, li mintini, i formagginidi cioccolata, le collane dizucchero, le giuggiole e lerotelle di liquerizia, i morta-retti e li fiscaluri, le fiale puz-zolenti, i soldatini e gli india-ni di plastica, parrucche barbee baffi finti, ceri per i santi eper i morti, e ...li tagghioli pili surgi... Quando serviva una

qualsiesi cosa a casa, lemamme ci dicevano “sirai lateni lu Napuliatanu”. In quelnegozietto si respirava un´ariaspeciale, tutta magica.A voler essere piú precisi, in

effetti i negozi chiamati “LuNapulitanu” in via FerranteFornari durante molti annisono stati due ed i due pro-prietari erano fratelli. Primaaprì il negozio di nonno

Mauro, che in principio fudello bisnonno di Valeria,padre di sua nonna, propriosull´ angolo di fronte allachiesa degli Angioli. Poi aprìl'altro, nello stesso palazzo

ma sull´altro angolo di viaFerrante Fornari, quello difronte alle scuole elementariSan Lorenzo, che però ebbevita più breve. I due negozi,anche se erano simili, furonogestiti diversamente. Noiragazzi per differenziarli, par-lavamo di “lu Napulitanu vec-chiu y lu Napulitanu nuevu, ogiovini”.Il vero cognome dei fratelliera Napolitano, ma ci fu unerrore all´anagrafe e così ilnegozio di nonno Mauro furegistrato con il nome di“Napoletano”, mentre l'altronegozio rimase Napolitano.Poi nonno Mauro fu addirittu-ra considerato essere napoleta-no per il suo modo di parlare.Non aveva infatti accentobrindisino, ma in realtá era diMolfetta e non certo diNapoli, ma quasi tutti senten-dolo parlare con uno stranoaccento e conoscendo il suocognome, fecero l'errore diconsiderarlo napoletano,anche di fatto.

“LLuu NNaappuulliittaannuu ““ -- 22000000

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di GIANFRANCO PERRI

Questa fotografiapostata dall´amicoAlberto Cafiero, ed

appartenente alla colezionedella Valigia delle Indie, é dadefinire quanto meno, deli-ziosa. Non si riesce a legger-lo peró, nella fascia centralee bianca dell´arco che rap-presenta un bellissimo sole,c´é chiaramente scritto“Piccolo Lido”. Un verogioiello, una costruzione dilegno in perfetto stileLiberty.E peccato che non ci sia datodi vedere, e neanche di sape-re, quali fossero i colori diquel sole e di quelle portedelle venti gabine dispostesui due piani, ma c´é da sup-porre che un architetto capa-ce di progettare una strutturacosí delicata ed armoniosa,deve averne di certo selezio-nato di perfettamente ade-guati all´incantevole atmo-sfera di quel luogo.E dove siamo? Esattamentesu quel pezzetto di spiaggiache rimaneva compreso tralido La Pineta e lidoGaudioso, precursore dellafamosa spiaggiaSant´Apollinare. La Pineta si

situava immediatamentealla sinistra della foto e difatto sotto la Villa Skirmut,quella degli spiriti, e si puóinfatti intravedere sotto

l´albero a sinistra nella fotoil portale a due colonne qua-drate sormontate da duegrossi portafiori che costitui-va l´entrata al terreno della

villa. Ancora un pó piú in lá dellaPineta, vi era infine la spiag-gia Fiume Piccolo. Il lidoGaudioso invece restava

immediatamente alla destradella foto e ne seguivanoaltri tre di lidi, in realtá tuttisulla stessa spiaggia, ma contre diversi nomi, lido Brento,lido Risorgimento e lidoCafiero.Il Piccolo Lido della foto,sorgeva quindi nella porzio-ne finale di quella che poisarebbe diventata la famosis-sima spiaggia diSant'Apollinare. Quando lacostruirono, Piccolo Lidoscomparve assieme agli altricuattro lidi, il Gaudioso, ilBrento, il Risorgimento e ilCafiero, ma rimase La Pinetadivisa da Sant'Apollinarecon un reticolo di filo spina-to che entrava in acqua perqualche metro. L´amico Raffaele Mauro checi ha voluto gentilmentespiegare tutta questa com-plicata ed ormai scomparsalogistica delle spiagge brin-disine, ci ha anche confidatodi aver bucato perlomeno un

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di GIANFRANCO PERRI

Una bella fotografiadella colezione G.Argese che ci rac-

conta tante cose dellaBrindisi che fu: gli alberi diquercia -lecci per la preci-sione- che su CorsoUmberto I° e su CorsoRoma erano stati piantatiqualche anno prima, intor-no al 1922, e che poi furo-no sradicati verso la finedegli anni ’60, per esserefinalmente sostituiti in annirecenti dalle palme. Ed ancora: in primo pianoun impeccabile lastricato,quello originale dei corsi.Sul fondo a destra l´incon-fondibile siluetta del tettodel teatro Verdi e financhela facciata della stazioneferroviaria. In primissimopiano a sinistra invece, itavolini del caffé Guarinoproprio di fronte allaPiazza Vittoria.Poi, i tanti tricolori con loscudo sabaudo e, all´iniziodi Corso Roma, che alladata ancora si continuava achiamare Corso Garibaldi,

vari calessi parcheggiaticon i rispettivi cavalli, itaxi dell´epoca.Ma la cosa piú interessantedella foto sono le famose

trattrici Fordson, con glisperimentati modelli F e gliinnovatori modelli N, chesfilano in occasione di unaimportante fiera o, come si

chiamavano allora, mostrao ancora meglio, esposizio-ne agricola industriale zoo-tecnica. Ci sono anche notizie e

documenti che ne registra-no una molto importante aBrindisi anche nell´ancorpiú lontano 1909 quando,essendo ancora provinciadi Lecce, vantava una rigo-gliosa attivitá commercialebasata sui numerosi pro-dotti della terra, interve-nendo industrialmenteanche sulla trasformazionecon i numerosi stabilimentivinicoli e oleari, nonchécon le molto diffuse masse-rie del circondario dove siallevava bestiame d´ali-mentazione e da tiro.E finalmente, da notare inostri concittadini, schiera-ti numerosi ed in buonordine, con moglie e bam-bini, e molto eleganti neiloro austeri, ma certamentedignitosi vestiti delladomenica di quella fineestate.

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SSffiillaattaa ddii ttrraattttrriiccii aall CCoorrssoo -- 2233 aaggoossttoo 11992277

paio di canotti su quel reticolo.

GIOVEDÍ 29 MARZO 2012

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CRONACA DI BRINDISIGIOVEDÌ 5 APRILE 2012 13

Il nostro amico NikosDesillas da Corfú continua aregalarci dalla sua inesauri-

bile colezione, immagini tantobelle quanto suggestive dellanostra cittá. Molte delle foto dalui postate ci risultano quasi deltutto sconosciute, e comunquetantissime delle sue foto sonosemplicemente fantastiche.Il titolo della fotografia parla di“atmosfera”, e non a caso maproprio perché é quella che dellafoto é la presenza piú meritevo-le di essere commentata, anchein considerazione del fatto chesembra sia stata recentementeun pó troppo smarrita in quelgiradino che ha giá ta tempocompito i cent´anni.Su tutte le vecchie mappe citta-dine reperibili, per esempio sulpiano del progetto per la stradaLa Mena del 1866, l´area sullaquale insiste il giardino vieneidentificata come Piazza SanFrancesco e in alcuni casi giáveniva simboleggiata come areaverde o giardino, per esempiosul piano del progetto di risiste-mazione della banchina centralee sue adiacenze del 1885. Quel terreno apparteneva al pro-prietario di un palazzotto situatosul posto in cui fu poi edificatoil palazzo della Banca d´Italia. Il

terreno del giardino fu donato alComune da quel proprietario,con la condizione che non vi sicostruisse nulla che potessetogliere la vista del mare dal suopalazzo. Meno male, e che for-

tuna! Il Comune si fece carico delgiardino, cambió il nome dellapiazza intitolandola a VittorioEmanuele II° e tra le vecchiecartoline, giá una del 1905 lo

illustra in tutto splendore: ungiardino particolarmente curatonella folta vegetazione, diligen-temente recintato con un´ele-gante inferriata alta non piú di inmetro ed aperto al pubblico.

Attorno ai primi anni ‘30 vennetrasferita ai giardini la fontanadei delfini proveniente dallavicina Piazza Baccarini e qual-che anno dopo venne ancheinserito un busto di Virgilio conlo sguardo rivolto verso il maree che in molti ricordiamo anco-ra molto bene.Adesso, non solo l´aspetto, maanche l´atmosfera sono comple-tamente cambiati: molti alberidi palma sono stati abbattuti,molti degli spazi sono stati pavi-mentati, anzi cementificati, lepalme rimaste sono cosí alte chelo sguardo dei passanti, ed ancorpiú se di bambini, non le cogliepiú. E poi, quei brutti chioschidi bevande ed alimenti! Peró eper fortuna, “li giardinetti” stan-no ancora lí, piú che centenari edisposti a resistere. C´é solo dasperare che prima o dopo unqualche amministratore con unpó di sensibilitá e di buon gusto,li faccia ritornare al loro anticosplendore e restituisca loroquell´atmosfera, forse un pómeno asettica, ma appena un póselvaggia, o quanto meno, piúnaturale!

Questo bellissimo oleo, cer-tamente meno noto del piúfamoso e celebrato dipinto

del porto di Brindisi di FilippoHackert che puó essere ammiratonella reggia di Caserta, é di unbravissimo pittore paesagistaamericano, Sanford RobinsonGifford vissuto tra il 1823 e il1880. Nel 1868 giunse a Brindisiper imbarcarsi per l´Egitto, ancorprima dell´inizio delle operazionidella Valigia delle Indie, e rimasecolpito dalla bellezza del paesag-gio portuale e dalla speciale luceche da quel mare scaturiva, tantoda decidere di dipingerlo, con lebarche a remi e le bellissime bar-che a vela dei pescatori e consullo sfondo, velato ma imponen-te, il nostro Forte a Mare. In realtá Forte a Mare costituiscesolamente una parte, la secondain ordine cronologivco di costru-zione, del fenomenale complessodifensivo costruito sull´isola diSant´Andrea all´ingresso delporto. Il primo nucleo fu fatto eri-gere nel 1481 da Alfonso Duca diCalabria dietro ordine del reFerdinando D´Aragona (da cui idue nomi di Castello Alfonsino odi Castello Aragonese). Si chiamóanche Castello Rosso, a causa delcolore che al tramonto assumevala pietra, cavata nell'isola stessa,con cui era costruito. Il secondo nucleo, il Forte a Mareappunto, fu edificato nella secon-da metá del XVI secolo, neglianni del regno di Filippo IId'Austria, figlio di Carlo V.Castello e Forte, divisi solo da unprofondo fossato, costituirono ungrande ed inespugnabile triangoloisoscele.

Poi, a partire dal 1900, il Forteperse la sua funzione difensiva eper un tempo fu utilizzato comelazzaretto ed il Castello Alfonsinocome sede di un faro e, durante laGrande Guerra, come deposito dimine. É aneddotico il racconto che ci hafatto l´amico Giancarlo Cafiero

dell´intenzione del magnate grecoAristotele Onassis di acquistare oquanto meno di affittare ilCastello per crearci un casinóinternazionale. Onassis venne aBrindisi di persona nei primissimianni ´60 ed intavoló con taleobiettivo, ma senza successo, col-loqui con le autoritá della Marina

Militare. Nel 1984, la Marina Militarefinalmente consegnò il complessodell'isola al Demanio dello Stato,che lo affidò alla Soprintendenzaregionale ai beni ambientali,architettonici, artistici e storici.Con i fondi dell'Unione Europeadestinati allo sviluppo del turi-

smo, e in particolare del turismod'affari, la Soprintendenza ha par-zialmente estaurato il Forte aMare, mentre la Provincia diBrindisi ha recuperato parte delCastello Alfonsino. Peró purtrop-po é da subito iniziato un nuovocapitolo di noncuranza e di quasiabbandono di una struttura, ungioiello architetonico e storico,che é certro tra i piú emblematicidella nostra cittá e della nostrabrindisinitá.Senza perdere l´ottimismo speria-mo in bene e comunque, noi diBrindisini la mia gente, abbiamoscelto l´immagine raffigurata inquesto bellissimo quadrodell´attento e sensibile viaggiato-re ottocentesco SanfordRobinson Gifford, per rappresen-tarla nella copertina del nostro bellibro Brindisini la mia gente. Delresto quelle barche a vela ciappartengono, appartengono allanostra memoria, in molti le ricor-diamo benissimo, ugualissime aquelle del quadro, approdate sullapanchina di fronte ai giardinetti efacendo la spola conSant´Apollinare fino a tutti iprimi anni ‘70.

Fishing bboats ccoming iinto BBrindisi HHarbor -- 11868

GIOVEDÌ 12 APRILE 2012 23

di GIANFRANCO PERRI

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GIOVEDÌ 19 APRILE 201211

Intitolare questa bellaimmagine alla PiazzaAlfredo Baccarini -

ministro dei lavori pubblicitra il 1878 e il 1883- primaancora Piazza dei Consoli epoi recentemente ribattez-zata Piazza San TeodoroD´Amasea, é certamenteriduttivo. E infatti, nellafoto la piazza é pratica-mente occultata dalla tantafrenetica attivitá mercanti-le che in essa vi si svolge. Si riconosce a stenti la fon-tana centrale, sul lato estre-mo destro della foto, prati-camente circondata dallebotti e situata di fronte alPalazzo Montenegro, nonvisibile nella foto. Quellastessa fontana, detta deidelfini, fu poi spostata neigiardini della PiazzaVittorio Emaluele II°, “Ligiardinetti”.La piazza su due lati eradelimitata da due palazzi esul terzo lato dalla banchi-na prospicente il mare, asinistra nella foto.Il quarto lato, alliniato conVia Santa Chiara, era inve-ce completamente liberocome si puó ben osservarenella foto. I due citatipalazzi delimitanti la piaz-

za erano il PalazzoMontenegro e, alle spalledel fotografo, un palazzot-to poi abbattuto con tutto ilrione al quale apparteneva,

Le Sciabiche.Si notano sullo sfondodestro della foto il belpalazzo del Grand HotelInternazionale e piú in

primo piano, il palazzo difine ottocento costruito adangolo con Via SantaChiara, senza ancora ilsecondo piano.

Ma sono tutte quelle navimercantili e tutte quellemerci i veri protagonoistidella foto, tutte quelle bottidi vino buono e di olio otti-mo, tutti quei sacchi colmidei tanti prodotti della terrabrindisina e pronti perl´imbarco e per l´esporta-zione.Erano per Brindisi anni dirigogliosa attivitá agricolae commerciale.E sicuramente alla fondadella stazione marittima,un pó piú in lá sulla ban-china del lungomare anchese non visibile nella foto,c´era pronto per partire ilpiroscafo della “Peninsulaand Oriental SteamNavigation Company”della famosa “Valigia delleIndie” che andava daLondra a Bombay viaBrindisi: in treno fino allastazione di Brindisi e poivia mare dal porto attraver-sando il canale di Suez.

Piazza Baccarini - 1903

GIOVEDÌ 26 APRILE 2012 9

Non so per quanti anniancora dopo quelloindicato come data di

questa bella foto, la PiazzaSanta Teresa sia rimastacosí. Solamente posso affer-mare che io, che sono natosubito dopo quell´anno, nonme la ricordo proprio conquest´aspetto. Un aspettoche mi sento di affermareapparenta essere abbastanzapiú bello di quello attuale.Appena l´amico GiancarloCafiero postó questa foto, iprimissimi commenti chel´accompagnarono si riferi-rono tutti alla PalestraBoxieri il cui portoned´ingresso si puó identificarechiaramente sul lato destrodel caseggiato que fa dasfondo alla piazza. Si puóanche chiaramente distin-guere il grande cartello ret-tangolare soprastanteall´ingresso, anche se pur-troppo non é possibile leg-gerne tutto il contenuto.... L´allenatori tinia lu razzumuzzu, forsi pi la guerra, ...Lu chiamaunu manu di taula,alla sicurduna ti scasciava lunasu, cussì ti llivavi lu pin-sieru, ... Era mestru Cosimu,... Dell´Atti? ... Noni, mestruCosimuuuu, Dell'Atti, Gigi,

venni dopu ti iddu. ... Ineffetti li dell'Atti erunu pic-cini e com'erunu a fari cu tispaccunu lu nasu! ... Sini eramestru Cosimo, calabresi...

Quandu mestru Cosimu,manu muzza, apria la pale-stra, si mittia vicinu all'in-gressu e spittava cu rrivavu-nu tutti l'atleti, la palestra

tinia quattru specchi sobbraalli toi lati e lu ring a centru,tretu...Dopu, la palestra divintau lafalegnameria ti mestru

Manucciu, quiddu ca lu fig-ghiu si chiamava Bartolo, capurtau la prima mini moto aBrindisi, e lu prima canialano ca si chiamavaRebon... E la Morgan azzur-ra ed il primo taxi inglese...Poi tinia li toi cani buldog,Maja e Red, e nui sciucava-mu a palloni e loro ndi sicu-tavunu...Piccinni stavumu semprisobbra a Santa Tresia pisciucari a palloni finu aquandu lu quisturinu no ndicacciava quando rrivvava lasera... Indubbiamente cosícom´é nella foto era una bel-lissima piazza, ricca diverde, ma non si potevanofare partite di calcio. Dopundi la ggiustara, e finalmenteavremmo potuto giocare legrandi partite, però non ave-vamo fatto i conti conGianni e Pinotto, le dueguardie municipali che con-tinuamente ci “rubavano” ilpallone!

di

Piazza Santa Teresa e la Palestra Boxieri - 1950

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Questa foto, postatadall´amico Maurizio DeVirgiliis, mostra in

primo piano un bel palazzo chenon c´é piú. Non era molto anti-co, ma giá nelle foto dei primis-simi anni del 900 vi appare, enon nuovissimo, tutto intero ilsuo pianterreno, nato quindi afine ottocento e che pertantoavrebbe avuto oggi molto piú dicent´anni.Sullo sfondo di una di quellevecchie foto, risalta una grandeinsegna nera orizzontale distri-buita aldisopra dei due archidella facciata che dá verso ilgiardino e che recitava a stam-patello “ProvveditoriaAdriatica” mentre in primopiano risalta il grande giardinoperfettamente recintato daquell´inferriata che é ancoraben visibile anche in questafoto. Un giardino appartenenteai terreni della stazione ferro-viaria di Brindisi Marittima. Non esisteva Via del mare, edal suo posto scorrevano appun-to i binari della Stazione. Ilgiardino aveva al suo internouna fontana con vasca circolaredi discrete dimensioni con unarocca al centro dalla quale zam-pillava un getto d´acqua. Ungiardino praticamente ubicatodi fronte a “li giardinetti”, conil Corso Garibaldi tra i due. Tornando al palazzo della foto,si tratta di Palazzo Titi, dalcognome della famiglia che neera proprietaria, ed il cui secon-do piano in bello stile Liberty

deve essere stato edificatoverso la fine degli anni ’20.Sul balcone centrale della fac-ciata che da su Corso Garibaldivi fu anche apposto lo scudo

greco durate i tanti anni in cuivi rimase insediato ilConsolato della Grecia.L´edificio a forna di rettangoloabbastanza allungato, occupava

tutto l´intero isolato, tra quellache successivamente dovevadiventare Via del mare ed arri-vando in fondo sulla Via DeFlagilla. Via del mare in effetti,

allineata con Via SanFrancesco, occupa una buonaparte di quello che fu il giardi-no descritto, mentre il restodello stesso giardino veso ilmare é occuopato dall´edificodella Stazione Marittima la cuicostruzione fu completata nel1940.Il Palazzo Titi peró sopravisseal giardino di parecchi anni,fino a quando, intorno ai primianni ’60, fu demolito per fareposto al grande edificio resi-denziale che tutt´ora esiste eche al pianterreno e piani rial-zati é occupato da locali com-merciali ed uffici vari.Anche le costruzioni che nellafotografia si intravedono esseredi fronte al Palazzo Titi,sull´altro marciapiedi del CorsoGaribaldi, non ci sono piú efurono anch´esse demolite percostruirvi altrettanti edifici, inquesto caso comunque si tratta-va di costruzioni relativamentemodeste e senza alcun pregioarchitettonico.

Palazzo Titi su Corso Garibaldi - 1950 circa

DOMENICA 6 MAGGIO 2012 15

GIOVEDÌ 10 MAGGIO 2012 21

Il cinema teatro Mazari, unacostruzione in stile Liberty pro-gettata dell'ingegnere

Tarchioni, fu inaugurato nel mag-gio del 1914, in Piazza del Popolo15. Spettacoli di varietà ed operet-te si alternarono con proiezionicinematografiche, sino al 1967,quando per il risanamento urbani-stico dell'area compresa tra piazzadel Popolo, piazza Anime, viaSanta Lucia e via San Sebastiano,la costruzione fu demolita. -www.brindisiweb.it-Questo recitava il biglietto da visi-ta del Mazari: posti di platea 500;posti di anfiteatro su due piani 150;posti in piedi 50.“...La prima cosa che colpiva lospettatore entrando nel Mazari, eral´odore, intenso odore di rosticce-ria. E non era una sensazione: apochi metri dal cinema infatti c’erala famosa pizzeria di Romanelli,dove tutti andavano a rifornirsi dipizzelle fritte che poi consumava-no durante la proiezione del film.A quei tempi il Mazari offriva unospettacolo nello spettacolo, nelsenso che spesso era più interes-sante e divertente quello che acca-deva nel cinema che non la pellico-la programmata. Ecco un episodiorealmente accaduto nel 1956. Siproiettava ‘i figli di nessuno’, unodei tanti lacrimevoli e fortunatifilms interpretati da AmedeoNazzari e Ivonne Sanson. Alle tredel pomeriggio la platea era gremi-ta di spettatori fermamente decisi a’succhiarsi’ il film tre o quattrovolte, a quel tempo si poteva. Inuna delle prime file c’era un vec-chietto dall´aria contadinesca, colmezzo toscano in bocca, a quel-tempo si poteva pure questo.Accanto a lui un ragazzone robu-

sto, decisamente intenzionato abattere il record personale di gas-sose e a tentare il primato mondia-le del rutto. Purtroppo, l’elementogassoso introdotto nell’organismodel giovane, non proveniva solodalla micidiale bevanda spumeg-giante, ma anche da una panta-gruelica razione di fagioli ingurgi-

tata due ore prima. Finchè è ilrutto, passi. Nei ruggenti anni ’50,era consuetudine normale e tollera-ta nei locali pubblici brindisini,esplodere in queste manifestazionidi liberazione oro-tracheale.’Liberazioni’ di altro genere nonsempre erano ben accette. Il giova-ne soffriva, si dimenava e si con-

torceva sulla sedia di compensato,la fronte imperlata di sudore.Finalmente l’occasione propizia:lo schermo proiettava la scena diun lungo treno merci che sferra-gliava rumorosamente nelle cam-pagne innevate. Il rumore eraassordante, certamente in grado dicoprirne altri. Ed il ragazo ne

approfittò per alleggerirsi, a breviintervalli regolari. Il treno si allon-tanava, cadeva un profondo silen-zio sul paesaggio ed il nostro spet-tatore tirò un respiro di sollievo. Ilvecchietto, rimasto impassibilefino a quel momento, si tolse ilsigaro dalla bocca e gli chiese avoce alta: ’scusa giovini, ma quid-du trenu ca è passatu, ccè scia cari-cu ti ‘mberda’? E non si può nonraccontare il fatto, che semprenegli anni ’50 vide protagonistaquel notissimo personaggio brindi-sino che era Virgilio Indini, Zio diPino Indini (Coco Lafungia). AlMazari si stava proiettando’Cesare e Cleopatra’ e mentre laregina d´Egitto accostava l´aspideal seno lasciando gli spettatori conil fiato sospeso, Virgilio lasciòandare una sonorosissima detona-zione che venne accentuata secca-mente dalla sedia di compensato. Ilcaso volle che, in quel precisoistante, la pellicola si interrompes-se e di conseguenza si accendesse-ro le luci in sala. Dopo un´oceani-ca risata generale, il pubblico dellaplatea tributò a quell’eccezionalecannonata un prolungatissimoapplauso. Virgilio, con quel sensodell´umorismo che lo caratterizza-va, ebbe la faccia tosta di alzarsi eringraziare con un inchino...” -dallibro Maria la brindisina e gli altri,del compianto Pino Indini-.

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SABATO 19 MAGGIO 2012

Questa foto, postata dalnostro solito e bravoamico d´oltremare

Nikos Desillas, é cosí bella ecosí suggestiva da sembrarequasi un quadro, nonostantei toni del bianconero e nono-stante l´abbondanza didettagli e di personaggiriprodotti tutti, nelleloro pose nei loro movi-menti e addirittura nelleloro espressioni, consorprendente realismo. La fotografia mostra unpaesaggio ormai defini-tivamente trascorso,certamente sconosciutoa tanti ragazzi giovani enon tanto giovani, eppu-re non cosí lontano neltempo.Un paesaggio assoluta-mente familiare, rima-sto di fatto quotidiano equasi immutato durantequella quarantina d´annia cavallo della secondaguerra mondiale, tra-scorsi tra la costruzionedel Monumento alMarinaio d´Italia nel1930 e la fine degli anni ’60,quando la spiaggia diSant´Apollinare chiuse persempre.Naturalmente quelle stessebarche a vela dei pescatoriavevano preceduto di moltis-

simo il sorgere delMonumento, solcando leacque del porto anche neisecoli precedenti, ed era

stato anteriore alMonumento anche il loroimpiego per trasportare ibagnanti sulle spiagge della

sponda opposta, tutte alli-neate subito a destra dopo ilpassaggio dal canalePigonati.

I brindisini e le brindisine,negli anni che seguironola fine della prima guerramondiale cominciaronoinfatti a a trascorrere almare le calde giornatedelle lunghe estati e lespiagge divennero ele-menti integranti del costu-me cittadino: Fiume pic-colo, La pineta, Piccololido, lido Gaudioso, lidoBrento, lido Risorgimentoe lido Cafiero erano inomi di altrettante spiag-ge tutte tra loro adiacenti,fino a quandoSant´Apollinare ne intególa maggior parte di esse inuna unica mitica e mera-vigliosa spiaggia, ancoravivissima nei ricordi diper lo meno tre generazio-ni di brindisini. ...Poi

giunse l´industrializzazione,e con essa l´inquinamentodelle acque del porto, e cosífurono chiuse le spiagge, sisradicarono le sciaie dellecozze e finalmente, ... scom-parvero anche le barche

Le barche a vela - 1960 circa

GIOVEDÌ 31 MAGGIO 2012 21

Una bella foto notturna diCorso Garibaldi,dall´angolo di Via

Rubini verso il mare, postatadall´amico Romeo Tepore, ilcui archivio fotografico costi-tuisce una miniera inesauribileper Brindisi e per i brindisini.Forse nell´intenzione del foto-grafo non c´era un particolareinteresse nel soggetto del GranCaffé Torino che é peró moltoben visibile sul primo pianosinistro della foto, con la suacaracteristica fila di tavolini sulmarciapiedi e con i suoi semprenumerosi avventori. Ma per ibrindisini non piú giovanissi-mi, ed appartenenti a di piúd´una generazione, invece, sonsicuro che sia proprio quel par-ticolare della foto che risvegliaricordi di un´epoca trascorsa inatmosfere certamente moltopiú provinciali delle attuali, maprobabilmente molto piú sere-ne.Nell´archivio di Brindisini lamia gente, di foto che raffigu-rano, sia centralmente che par-zialmente, il Gran Caffé Torinoce ne sono parecchie e quella dipiú antica data si riferisce al1918: il paesaggio urbano noné molto diverso da quello del1958 e la sola eccezione lafanno le automobili parcheg-giate sul marciapiedi di fronteal caffé, le quali nella foto del1918 non ci sono ed al loroposto ci sono invece le carroz-ze trainate dai cavalli. Ma

l´effetto grafico in veritá quasinon cambia e la differenza é,strano, abbastanza impercetti-bile.Poi ad un attento osservatore

della foto non sfuggirá l´inse-gna verticale a neon che é pre-sene sul lato destro e che,nonostante sia riprodotta informa speculare, racconta

ugualmente la parola”Alimentari“. Si tratta delnegozio conosciuto come “diAnelli”, credo il primo auto-mercato aperto a Brindisi.

Un´ultima curiositá, sulla sini-stra della foto, propriosull´angolo di Via Rubini súbi-to affianco al caffé, c´é l´inse-gna luminosta del casa editriceUTET, quella della famosaenciclopedia sulla quale abbia-mo in tanti fatto “le ricerche”,alle scuole elementari e allemedie. Ma per concludere ritorniamoal Gran Caffé Torino, definiti-vamente per tanti anniun´icona di Brindisi e dellasocietá brindisina: tantissimidei nostri padri e dei nostri zii enonni si sedevano ai suoi tavo-lini a prendere il caffé, leggereil giornale, commentare i fattisportivi politici e sociali, persvariate intere generazioni. Lemogli invece e i figlioletti enipotini, erano i protagonistiprincipali di quei tavolini soloalla domenica, al mattino edalla sera, a prendere il gelato, lacoppa di gelato, magari dopo lamessa.

i itá i d ll f t f i á l´i l t

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SABATO 9 GIUGNO 2012 21

Una bella foto postatadall´amico Nikos Desillas.Una foto molto bella del

Villaggio pescatori del Casale che,e per fortuna, potrebbe anche esse-re attuale, se non fosse per pochis-simi particolari: Il grande fascio lit-torio il cui bassorilievo risalta inbianco sulla facciata laterale delMonumento. I due fasci littori, unosu ognuno dei due lati delMonumento furono staccati edabbattuti dopo la caduta del gover-no fascista l´8 settembre del 1943 econ essi fu anche cancellata l´ulti-ma linea della targa commemorati-va, ancora appposta sulla facciataprincipale, e che recitava, “AnnoXII dell´era fascista - BenitoMussolini Duce”. E poi, la spiag-getta in sabbia sostituita dallo sci-volo in cemento per facilitare ladiscesa e la risalita in mare dellepesanti barche. Tutto qui, il restonon é piú cambiato da allora!Ma se l´amico Nikos ha postatoquesta foto offrendocela dalla suainesauribile colezione gelosamenteconservata in casa sua a Corfú,solamente uno sciabbicoto doccome l´amico Arcangelo Talientoci poteva raccontare del nome dellaspiaggetta in primo piano, “laspiaggia ti lu scangatu”, e sopratut-to del perché di quello stranonome: ...Si raccontava che quandoti facevi il bagno in quella spiag-getta, alle volte il piede poteva fini-re improvvisamente in qualcunodei tanti fossi presenti tra gli scoglidel fondale, e potevi anche fartimale. Dunque, il fondale non dove-va di certo essere molto regolare eper questo non era molto adatto aibambini, e neppure agli adulti.“Scangatu” sta appunto a significa-re, il fosso impietosamente lasciatoda un molare estratto.E adesso trascrivo qualche stralciodi una bella nota che sul Villaggiopescatori ci ha regalato il nostro

amico Enrico Sierra: ...Ricordo che una sera il mioamico Nzino che abitava alleSciabiche, guardando il Villaggiopescatori mi disse: ‘Enrí, la seraquando il Villaggio é illuminato, dacasa mia resto ore a guardarlo. Noncredi che somiglia ad un Presepe’...Dopo tanti anni, ma veramentetanti, sono tornato alle Sciabiche enon erano piú le stesse, ma ilVillaggio pescatori si vedeva anco-ra uguale e di sera le luci delle abi-tazioni mi fecero pensare alPresepe che vedeva Nzino. E allo-

ra, mi sono messo a fantasticare:Le barche dei pescatori fuori dalVillaggio, accoglieranno Giuseppee Maria che dopo un lungo viaggiosi fermeranno al Villaggio ed inuna di quelle barche nascerá ilBambinello. E tutti i pescatori e leloro famiglie canteranno ‘Tu scen-di dalle stelle’ mentre tutto intornola gente del posto ed anche quellavenuta dalla cittá daranno il benve-nuto a Gesú Bambino.Tutta la cittá era illuminata a festa,sulla parte destra luci e colori ovesi erge maestoso il Monumento al

Marinaio con la Madonna chedall´alto vigila sulla cittá e sui brin-disini, e sulla sinistra, dai giardinet-ti sino alle Sciabiche, tutte le abita-zioni illuminate a festa. I fuochid´artificio illuminavano il cielo etutte le case, mentre la gente corre-va per andare a trovare GesúBambino. Le luci illuminavano ilVillaggio e le barche, e in una diqueste barche c´erano Giuseppe eMaria ed il Bambinello, riscaldatodal Bue e dall´Asinello. Dal Casalescendevano ‘lu cani, lu iattu, li iad-dini, lu iaddu, tutto arzillo’. E tutti

i pescatori portavano doni e canta-vano. Una grande, meravigliosa,allegra festa. Su uno dei vaporetti, iTre Magi, Cosimo, Diamano eGhiatoru, portavano i doni alBambinello: olive, uva e pesce,tutti prodotti della nostra terra e delnostro mare. E mentre il vaporettocon i Tre Magi Brindisini si avvia-va al Villaggio guidato dalla StellaCometa, le barche piene di bambinigiovani, donne, nonne e nonni, por-tavano i loro doni a Gesú Bambino:‘stacchioddi, purpetti, cartiddati,purcidduzzi, friseddi, pizzelli, pet-tuli, vampasciuni, pani fattu a casa,e tanti frutti di mare, cozzi pilusi,cozzi neri, tiratufuli’ e tante altredelizie della nostra amata terra edel nostro mare.Oramai i Tre Magi erano arrivati alVillaggio, avevano posato i lorodoni vicino alla barca, culla delBambinello, ed insieme ai brindisi-ni cantavano e pregavano. Ed iopensavo anche a mio padre chediceva sempre che il Presepe vuoldire festa, gioia, vuol dire famigliaed amore. Finalmente, la notte calava sullacittá, le luci cominciavano a spe-gnersi ed io nel buio mi allontana-vo piano piano risalendo il lungomare. E tornando ricordavo connostalgia quella sera di molti annifa, quando Nzino mi disse: ‘Enrí, ilVillaggio pescatori non ti sembranu prisepio’. Sini Nzí, é vero, unvero Presepe, anzi il piú bello. Iltuo Presepe.

Villaggio Pescatori - 1939

GIOVEDÌ 14 GIUGNO 2012 17QUARTIERI

Appartengo molto pro-babilmente all´ultimagenerazione della glo-

riosa Palestra Galiano, ritrattadal suo esterno in questa fotodel 1934. Nel 1962 infatti,aprí le sue porte il nuovissi-mo Palazzetto dello sport delCasale (il 4 Novembre sidisputó la partita inauguraledella gloriosa LibertasBrindisi) e cosí, tutti i palla-canestristi brindisini ci trasfe-rimmo lí con giustificatoentusiamo e senza, perlomenonoi piú ragazzi allievi dellaFerrini del compianto e bra-vissimo maestro GinoMaiorana, renderci conto dellatrascendente pagina di storiabrindisina di gioventú e disport che stavamo chiudendo-ci alle spalle. La palestraGaliano, dov´é nato e cresciu-to il basket di Brindisi, dasempre e per sempre.Bella la palestra e bellissimol´ambiente. Alla Galiano, giánegli anni ‘50 c'erano oltremille spettatori ad assisterealle partite di basket all´aper-to, e si giocava anche sotto lapioggia: quando il pallonepalleggiando beccava la poz-zanghera lo si perdeva quasisempre. La gente assiepataovunque addirittura issata suicancelli per assistere alle par-tite dell´Adria, della Libertas,

dell´Assi, della Ferrini.Ma non si puó parlare dellapalestra Galiano senza parla-re di Spiditu Pennetta. Chiera? Chiese un amico allorché

Giancarlo Cafiero postó lafoto di quell´emblematico per-sonaggio brindisino. “...civorrebbe un'enciclopedia perraccontare Spiditu Pennetta”

gli rispose l´amico RobertoGuadalupi, e scrisse: “provo ariassumere. Ufficialmente erail custode della palestraGaliano, in realtà è stato uno

dei padri della pallacanestrobrindisina. Si inventava squa-dre, si inventava campionati,teneva la palestra aperta fino atardi la sera per far sosteneregli allenamenti, faceva gioca-re gli stessi giocatori, magarianche con documenti pocoiattendibili, in piú capionati.Certamente un grande per losport brindisino. Non ricordoa chi é intitolata oggi questapalestra, ma Spedito merite-rebbe in pieno questo titolo”. E poi tanti altri amici com-mentarono: “... quanti sicuta-ti culla scopa, quando si anda-va a pattinare fuori orario oquandu mbarcaumu lu paretipi pigghiari lu palloni candera cadutu intra allaGallianu... quando andavamoa fare educazione fisica nellapalestra, come si incazzava,ma era una bravissima perso-na... simpaticissimo e scher-zoso, sempre di battuta pron-ta e con lo sguardo vigile, lapalestra era il suo regno, citeneva che tutto fosse semprea posto...

di MARIALUISA GIULIANO

La Palestra Galiano - 193 4

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17GIOVEDÌ 21 GIUGNO 2012

Non è certo una foto bellaquesta, ma ha il merito dirappresentare qualcosa

che non c`è più: uno scorcio delleSciabiche, il quartiere dei pesca-tori brindisini demolito per interoin due ondate, nel 1930 e nel1959. Quella stradina al centro dellafoto, postata dall`amico e bravis-simo fotografo CosimoPrudentino nato e vissuto daragazzo alle Sciabiche, è l`iniziodella "Via Sciabiche", per gli abi-tanti del rione più conosciutacome "tret'a lu furnu". Una stradamolto lunga que partendo da lìscorreva parallela al mare che stasulla destra della foto, maall`interno, e quindi parallela-mente a via Tahon De Revel, finoall`attuale Largo Sciabiche, chesi chiamava in origine LargoSdrigoli, giusto dove cominciavia Lucio Scarano, che ne era unaspecie di continuazione e chetutt`ora conduce su in salita finoalla via Santa Aloy.E Cosimo Prudentino non è certoil solo dei nostri amici di“Brindisini la mia gente” che ènato alle Sciabiche, sono tantissi-mi.Ci racconta, Arcangelo Taliento: “...allu purtoni crandi abbitava lafamiglia Gorgoni: Micheli,Ferrucciu, Nzinu e tanti altri. Sulmarciapiede, dietro il lampione,si vede la fontana che a noi, allo-ra ragazzini, serviva come docciadopo le nuotate ed alle mammeper fare provvista di acqua.Quante litigate tra donne per ilturno: stava prima iu, nò tocca ammei, mò ti fazzu viteri iu, ma

viti questa c'è bbedda...”. L'uomo a sinistra si dirige in ViaPompeo Azzolino perpendicolarealla via Sciabiche e che non sivede nella foto, ma che è ancoralì, perlomeno in parte.La Via Pompeo Azzolino è infat-ti quella viuzza cieca parallela aVia Montenegro e che sbuca suViale Regina Margherita dal

quale é ancora possibile indovi-nare l´arco che porta in fondo allavia, é l´ultimo e quindi unicotestimone ancora in piedi di quelquartiere. Un testimone purttrop-po ridotto in pessime condizionied in pericolo di crollo tra l´incu-ria e l´indifferenza della cittá.“Pompeo Azzollino, vissuto nelXV secolo, fu un grande e valo-

roso condottiero brindisino.Ferdinando D´Aragona, stiman-dolo molto per le sue virtù milita-ri e per la fedeltà che dimostravaverso la casa regnante, gli avevaaffidato il governo della cittá. Fuun uomo che compì molte impre-se tra le quali da ricordare quelladel 1481 quando, insieme con isuoi uomini, liberò Otranto dai

turchi. Poi l´anno seguente scon-fisse in battaglia aperta il coman-dante veneziano GiacomoMarcello facendolo desistere dalrioccupare Brindisi. Ferdinandod´Aragona fu assai grato aPompeo Azzolino della vittoriariportata contro i turchi e volleper questo eternare la sua memo-ria con un´iscrizione che feceincidere sopra una tavola dimarmo collocata sulla facciatadella casa di Azzolino situata nelrione Sciabiche.” [Le perle diBrindisi. Personaggi illustri brin-disini - Franca Perrone e AngelaGiosa, 2008].E proprio in Via PompeoAzzolino è nato Arcangelo: “Ilprofumo delle reti si propagavaper tutto il rione. Quando le retivenivano raccolte noi, a queitempi ragazzini, potevamo fareesercizi ginnici sui cavalletti,come se fossero delle parallele.Quale palestra disponeva di tantinaturali attrezzi: le parallele (icavalletti), la piscina più cheolimpica (il mare), le piattaformeper i tuffi (le prue dei motope-scherecci e la banchina). Pensateche quando decidevo di farmiuna nuotata incominciavo a cor-rere da Via Montenegro e taleera la rincorsa, che potete benimmaginare dove arrivavo con iltuffo, quindi: Casale e ritorno”.

Via Sciabiche

Questa foto è bella edeccezionale, é datata1903, non l´avevamo

vista prima che fosse postatadall´amico Andrea Nicolau,che la pescó “nell'immensomare del web” e che chiesescusa in anticipo nel casostesse violando qualchecopyright.In realtá l´eccezionalitá nonsta certo nel soggetto, lanostra famosa Porta Leccevista da fuori le mura, quan-to nella data, nella qualitá esopratutto, nel testimoniochiarissimo dello storicoaspetto che quell´area ebbe econservó per tantissimi anni,prima che la voracitá, l´incu-ria e l´ignoranza dei respon-sabili della cosa pubblicabrindisina permettessero ilsuo sconvolgimento, la suadeturpazione e, per poco, lasua scomparsa. Quelle costruzioni posticceche si intravedono erano lebotteghe dei falegnami del-l'arte grossa, o dei maestrid´ascia che costruivano “litravini” e li aggiustavano,qualcuno di loro é rimastoattivo sino ai primi anni 60.... Certamente vedere le muralibere e non coperte dacostruzioni è tutt'altra cosa, éla prima volta che vedo lemura di Porta Lecce libere,se potessero tornare così...Questo uno dei tanti com-

menti che accompagnaronola pubblicazione di questafoto sullas bacheca fb delgruppo.Porta Lecce, una tra le piúimportanti della cittá, ...fu

costruita nel 1464 su ordinedi Ferdinando d'Aragona epotenziata nel 1530 da CarloV, che vi fece aggiungere ilproprio stemma sul corona-mento dell'arco, insieme a

quelli del suo architetto mili-tare Ferdinando Alarcon equello della città di Brindisi.L'ingresso alla città era dife-so dalle mura su entrambi ilati che avanzavano rispetto

alla porta, in maniera dacreare uno spazio di prote-zione di grande efficacia. Suentrambi i lati all'interno deltunnel d'ingresso sorgevanoambienti utilizzati per esi-genze militari e difensive...[www.brindisiweb.it]. Le mura, che nella foto siosservano ai due lati dellaporta, appartenevano al com-plesso murario difensivoche, nella sua massima esten-sione e senza soluzione dicontuinuitá, partiva dalCastello Svevo con iBastioni San Giorgio, passa-va per Porta Mesagne e pro-seguiva con i Bastioni SanCarlo, poi dopo un giro dicirca 90° continuava con iBastioni San Giacomo finoappunto raggiungere PortaLecce e proseguire ancora,con i Bastioni di Porta Lecce,seguendo la tracciadell´attuale Via del Mare finoa raggiungere il suo estremosul mare all´altezza di ViaMattonelle, racchiudendocosí l´intera cittá in un formi-dabile recinto protettivo datutto il suo retroterra.

Porta Lecce - 1903

VENERDÌ 29 GIUGNO 2012

- 1958

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Qualche osservatoreappena un pó attento,riconoscerá le stranez-

ze di questa foto del nostroglorioso Monumento. Si trattadi una foto che riposa negliarchivi dell´Ufficio Storicodella Marina Militare e rap-presenta il progettodell´arqchietto Luigi Brunatiche fu mandato in cantiere eche durante il corso dei lavorisubí qualche leggera modifi-ca, sicché quello finalmenterealizzato e che noi possiamotutt´ora contemplare é un pódiverso in certi dettagli daquello della foto. Le due statue che nella fototroneggiano ai due lati furonosostituite da due cannoni chedurante la prima guerra mon-diale erano appartenuti a naviaustriache. I tre fasci littoriche in bassorilievo eranoapposti aldisopra della targacommemorativa furono sosti-tuiti da due fasci molto piúgrandi apposti in bassorilievosulle due pareti laterali e suc-cessivamente rimossi. Ma la modifica certamentepiú rilevante é quella che siriferisce agli aspetti strutturalidell´opera: la banchina anti-stante il piazzale era nel pro-getto pronuciatamente conca-va con una scalinataanch´essa curva che dovevacoprire il dislivello dal piaz-zale al mare il quale in questomodo si avvicinava suggesti-vamente alla base del

Monumento. Fu proprio talevicinanza ritenuta eccessivache suggerí il cambio,ampliando di molto il piazza-le e ritirando in conseguenzail mare dalle fondazioni del

Monumento che sarebberopotute essere col tempo dan-neggiate dalla vicinanzadell´acqua.Comunque tutte le modifichedescritte non sconvolsero

l´essenza dell´opera diBrunati il cui progetto avevavinto il concorso tra moltissi-mi, 92 per l´esattezza, parteci-panti alla gara che era stataindetta.

A complemento di quantocommentato, sulla scheda diwww.brindisiweb.it dedicataal Monumento, si puó legge-re: Il 4 novembre del 1933 ilmonumento fu inaugurato conuna grande manifestazionealla presenza del re VittorioEmanuele III. Il 18 dicembredel 1955, nell'ampia nicchiaquasi in cima al monumento,fu posta una statua dellaMadonna del peso di 10 ton-nellate. Il 18 luglio 1965 ilministro della difesa GiulioAndreotti inauguró l´ara voti-va realizzata nel piazzaleinferiore, accendendone quel-la che doveva essere la “fiam-ma perenne”. Durante la ceri-monia vennero inoltre scoper-te le lapidi dedicate ai Cadutidella Marina Militare nellaseconda guerra mondiale. Nel1968 durante i lavori di dra-gaggio dell´avanporto furecuperata la campana dellacorazzata “Benedetto Brin”,affondata nel porto di Brindisinel 1915 in seguito all´esplo-sione della santrabarbara dibordo, e fu collocata all'inter-no del Sacrario delMonumento, nella suggestiva

Il Monumento Nazionale al Marinaio D’Italia - 1933

GIOVEDÌ 5 LUGLIO 2012 13GIRO TURISTICO

GIOVEDÌ 12 LUGLIO 2012 15CRONACA

Di questa bella foto panora-mica dei Fratelli Alinari,scattata dando le spalle al

nostro Castello di terra, ci aveva-no incuriosito molto le quattro ocinque casette, o baracche o cabi-ne, che sono in primo piano asinistra, sulla riva adiacente allabanchina delle Sciabiche, giustotra quel quartiere ed il castello. Del resto su un´altra foto ancorpiú panoramica e contemporaneadi questa, di quelle casette abbia-mo potuto contarne una quindici-na, tutte uguali ed allineate, comeposte a formare un treno. Ma di treni i quel luogo non nesono mai transitati. E allora? Chesi tratti di baracche per pescatori?Forse, ...ma no: sono cabine bal-neari e quella sul primo pianodella fotografia era infatti laspiaggia dei brindisini nei pri-missimi anni del 900. Una prova? Quelle cabine sonoidentiche a quelle visibili innumerose fotografie degli anniventi scattate sulle spiagge fuoridal porto interno, quelle situateimmediatamente a destra uscen-do dal Canale Pigonati: LidoGaudioso, Lido Cafiero, LidoRisorgimento, Lido Piccolo,Lido Pineta, tutte in fila e adia-centi tra di esse, fino a quandotutte meno La Pineta, si integra-rono nella bellissima e famosissi-ma Santa Pulinara.Ci dice Arcangelo Taliento:...queste cabine, raccontava miamadre che ha fatto i bagni nellaspiaggia della foto, avevano al

centro un´apertura sufficiente perrendere agevole la discesa delledonne in mare, e poter fare ilbagno lontane da occhi indiscre-ti: a quei tempi infatti, capitavache gli uomini le guardassero conocchi languidi e fissi, finendo

spesso col provocare con cióbotte da orbi distrubuite dai sem-pre numerosi fratelli alla malca-pitata guardata con insistenza...Quindi in origine le prime spiag-ge brindisine stavano nel portointerno, nel suo incontaminato

seno di ponente appunto, e solosuccessivamente passarono alporto medio, fuori dal CanalePigonati, Il Castello di terra, che dal 1814 efino ai primi anni del 900 erastato adibito a bagno penale, nel

1910 passó sotto la giurisdizionedella Marina Militare, che benpresto requisí la spiaggia dellafoto e, con l´approssimarsi dellaguerra, in quello stesso luogo vistabilí la stazione torpediniere.Fu cosí che le spiagge dei brindi-sini subirono il loro primo esodo,dal porto interno a quello medio. Aggiunge Arcangelo: ...infattiproprio quella zona divenne basenavale, dando involontariamenteuna spinta all'economia dei bar-caioli che incrementarono il lorolavoro che fino a quel momentoera stato limitato ai soli due tra-gitti "Banchina Montenegro-Pontile Santa Maria del Casale" e"Banchina Sciabiche-SpiaggiaLu scangatu" (villaggio pescato-ri) e viceversa.Ma poi la storia per le spiaggebrindisine si doveva ripetere, unnuovo e ben piú sofferto esodotra la fine degli anni ´60 ed iprimi anni ´70: dal porto, ormaiirrimediabilmente inquinato dallapetrolchimica, a fuori porto. Equesta volta anche per i barcaiolifu la fine di tutta un´epoca.Dapprima furono le esigenze“della difesa militare”, poi furo-no le esigenze dello “sviluppoindustriale”: un destino decisa-mente sfortunato, e ...triste!

La spiaggia di Brindisi nel primo Novecento - 1906

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Non so se anche amolti altri questafoto fará lo stesso

effetto, ma a me quandol´ho vista per la prima voltasullo schermo di Brindisinila mia gente, é sembrata unquadro: la maestuosa palmain primo piano, la bellissimavela e la boa posate sul maredileziosamente placido, epoi Brindisi sullo sfondo maal contempo dominante lascena, con in prima fila lavecchia stazione marittima,piccola ma molto funziona-le, con sul molo barche avela treno merci e scalettadel Lloyd Triestino inclusi.Viene quasi naturale osser-vare che oggi quella palma,con tutta la folta vegetazio-ne che come si puó osserva-re dalla foto la circondava,certamente non esiste piú.Probabilmente dal momentoin cui dovette irrimediabil-mente lasciare il suo postoal capannone industrialedella Montecatini, edificatointorno ai primissimi anni´60, quelli della grandesvoltá per l´economia brin-disina: la svolta ci fú, maahimé si doveva poi rivelarealquanto poco fortunata perla cittá ed i suoi abitanti.Poi, un pó piú dietro nellafoto, si possono notare chia-

ramente i lussureggianti¨Giardinetti¨ e quindi ilnuovo palazzo dellaDogana, la cui costruzionefu completata nel 1905.

La stazione marittima oStazione Porto come fudenominata originalmente,invece era stata costruitapoco prima, nel 1902 sotto

l´impulso del traffico inter-nazionle generato dal presti-gioso scalo della societáinglese Peninsular &Oriental Co, con la famosa

Valigia delle Indie.Si tratta probabilmente diuna delle ultime fotografiedi quella stazione marittima,giá che da lí a poco sarebbestata sostituita da una nuovastruttura, che é poi quellache ancor oggi tutti cono-sciamo e che fu costruita edinaugurata nel 1940: quelladella foto rimase in funzio-manento per quasi 40 anni einvece quella attuale ha giáda tempo compito i 70 e nonse ne parla di una nuova:certamente un é un buonsegnale.E finalmente, ancora piúdietro si intravedono nellafoto, a sinistra la cupolaottogonale della chiesa dellaPietá e a destra l´imponentemole della Cattedrale, lachiesa Madre, con il suocampanile molto ben visibi-le , e poi subito a destra,probabilmente, il campaniledella chiesa di Santa Teresa,o forse della Chiesa di SanPaolo, ma francamente nonne sono certo.

La vecchia stazione marittima - 1938

GIOVEDÌ 19 LUGLIO 2012 17CRONACA

Quello riprodotto dallafoto é un quadro, si unquadro inaspettato in un

posto assolutamente ed ancorpìu inaspettato: Il lobbydell`Hotel Wellington diMadrid. Il titolo del quadro:¨Faro e Porto di Brindisi¨.L`autore del quadro, un bravoartista spagnolo di Valencia:¨Calo Carratalà López¨. Questobel quadro, un´acquarella mono-cromatica di 106 cm x 146 cm,è stato premiato dallaFondazione Wellington nellamostra dell`anno 2004. Bello,suggestivo ed emozionante,. . .a tanti chilometri da casa!Ero alla reception dell`HotelWellington, nella Calle deVelazquez in piena Madrid,registrandomi, quando scorgoil quadro: . . .ma quello è un faro!. . .ma quello è il faro dellePedagne .. .Mi avvicino tratte-nendo il respiro e leggo la pic-cola leggenda affianco al qua-dro: ¨Faro e Porto di Brindisi¨-Calo Carratalà 2004.Veramente suggestivo ed asso-lutamente inaspettato, emozio-nante!Chiedo informazioni e miindrizzano all`ufficio dellaFondazione Wellington alprimo piano: una signoramolto gentile ascolta conattenzione e quasi incredula,. . .che io sono di Brindisi e checonosco benissimo quelfaro.. . , gli invio una bella fotodel nostro faro via mail e, dopopoco più di un mese mi giungeper posta una bellissima ripro-duzione che ho quindi scanne-

rizzato, la foto che avevo scat-tato non era riporoducibile per-chè aveva molti riflessi per viadel vetro che ricopre il quadroper proteggerlo.Le Pedagne sono un gruppo di

sei isolette che si trovanoall´entrata del porto diBrindisi: la piú grande é quelladi San Andrea nel porto mediodove cé il Forte a Mare, le piùesterne sono Pedagna Grande,

Giorgio Treviso, Monacello,La Chiesa, e Traversa che éappunto quella del faro.Il faro fu progettato nel 1834 efu eretto su un basamento circo-lare nel 1859. La portata del

suo fascio di luce è di circa 13miglia nautiche. Cominciò afunzionare a partire dal 1° feb-braio del 1861, consentendo ainaviganti di identificare facil-mente l’imboccatura del porto equindi evitare possibili colli-sioni con gli altri quattro iso-lotti presenti nella zona, oltre adue semisommersi.Si tratta di un faro di V° ordineche, situato in Lat.: 40° 39.4 ′Ne Long.: 17° 59.4′E, é attual-mente ancora in funzione comefanale rosso e che negli annidel contrabbando incontrastatoserví anche da deposito di siga-rette. Nel passato non tanto remotoera custodito da tre fanalisti chesi avvicendavano tra loro, inte-ressandosi anche della manu-tenzione. La sua torre bianca sorge al disopra della casa cilindrica disa-bitata, dove sono ancora pre-senti gli alloggi dei guardianicon cinque stanze e due cucine,oggi in completo degrado.Un´ultima curiositá: il pilotadel porto imbarca immediata-mente al di fuori della congiun-gente Punta Riso-Faro IsolePedagne.

Il faro delle Pedagne - 1859

GIOVEDÌ 26 LUGLIO 2012 41CINETURISMO

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MERCOLEDÌ 8 AGOSTO 2012 23IL BOOM

Bella, ma certamente tristefotografia.

Bella, anche per l´indubbia quali-tá tecnica ed artística conferitaglidal nostro amico e bravissimofotografo Cosimo Prudentino chela scattó verso la fine del 1955,“...allora ero apprendista fotogra-fo presso lo studio fotograficoSavarese. Una panoramica realiz-zata con due immagini e poi mon-tata, in mancanza di ottiche gran-dangolari. La foto originale é inbianco e nero, poi colorata da merecentemente con il computer.Faceva parte di una serie di rilie-vi fotografici per studiare il puntodove costruire il palazzodell'INPS. Il resto della serie,forse, giace negli archividell'INPS. La stessa foto fu modi-ficata, qualche tempo fá con uncielo nuvoloso, per un calenda-rio...”Triste, perché ci ricorda inevita-bilmente l´abbattimento dellabella torre settecentesca dell´oro-logio che domina sull´estremosinistro della foto: certamente unadelle sue ultime fotografie, vistoche “...fu il 13 febbraio del 1956quando il piccone demolitorecominció ad affondare i suoi colpisulla cupoletta a fastigio dellatorre, provocando nei cittadinistupore e sdegno per tanto delitto,di cui presto o tardi si risponde altribunale della Storia. Se un pód´amore per le cose della cittá,degne di essere conservate, aves-se albergato nel cuore di quanti nedecretarono la morte, la torredell´orologio, oggi, starebbe inpiedi...” [Alberto Del Sordo-¨Vecchia Brindisi. Tra cronaca e

storia¨-1978].Ma chi furono i responsabili?Certo piú d´uno! Ma chi eraSindaco a Brindisi quel 13 feb-braio 1956? Il Sindaco Francesco Lazzaromorí verso la fine del 1955 men-

tre era ancora in carica, fu un sin-daco molto rispettato, tanto che alsuo funerale partecipó tutta lacittá nonostante piovesse a dirot-to. Antonio Di Giulio fu nomina-to sindaco il 3 marzo 1956 restan-do in carica solo pochi mesi,

essendo succeduto da ManglioPoto nello stesso anno 1956. Quindi tra la morte di Lazzaro ela nomina formale di Di Giulio cifu un sindaco supplente (lo stessoDi Giulio?). E comunque ovvia-mente, la delibera dell´abbatti-

mento era stata approvata moltoprima e, sembra, con l´unanimitádei presenti. Certo é che in consi-glio comunale in pochissimi siopposero alla delibera presadall´amministrazione di sinistra(e sta volta sarebbe proprio ilcaso di dire “sinistra amministra-zione”) di Lazzaro. Eppure sarebbero bastate solo unpoco di inteligenza e di buonavolontá per averla lasciato inpiedi nonostante la costruzionedell´edificio della sede INPS:quell´angolo su Via Rubini nonera certo indispensabile che fosseintegrato al nuovo edificio!Certo é che, per tornare alla bellafoto di Cosimo Prudentino, tuttoció che in essa vi é ritratto, traPiazza Sedile a sinistra e PiazzaVittoria a destra, non esiste piú.Infatti sull´estremo destro dellafoto si puó anche riconoscere ilbel palazzo della vecchia sede delBanco di Napoli che, inauguratodal Re Vittorio Emanuele III il 22novembre 1931, fu ingenerosa-mente abbattuto per fare posto aquelo della nuova “piú funziona-le” sede inaugurata il 31 luglio1972.

Tra piazza Sedile e piazza Vittoria - 1955

La fotogarfia certo non étra le piú belle, né tra lepiú tecnicamente valide

fra quelle migliaia giá pubbli-cate su Brindisini la miagente, e peró mi é sembratointeressante commentare ilsoggetto: quel palazzo stra-no, e ormai sconosciuto aquasi tutti noi brindisini con-temporanei, che appare inprimo piano sul lato destrodella foto.La foto, scattata dalla PiazzaCrispi con le spalle allaStazione ferroviaria, mostral´inizio di Corso Umberto I°raggiungendo con l´obiettivoanche l´inconfondibile siluet-ta del glorioso Teatro Verdi. Un palazzo sconosciuto per-ché da svariati decenni inesi-stente in quanto abbattuto nel1931, anno in cui fu demolitoper far posto alla casa dellaGIL, che a sua volta fu distrut-tra dai bombardamenti degliaerei inglesi nella notte tra il7 e l´8 novembre 1941. Poi inquel lotto di terreno fu costrui-to nel 1954 l´Hotel Jolly, poiMajestic ed oggi PalazzoVirgilio.Quello strano palazzo erarimasto in piedi per ben 66anni, dopo essere statocostruito nel 1865 da OronzoCappelli, con quel nome unfaccendiere probabilmentenon brindisino, che lo avevaappoggiato sullo zoccolo delcinquecentesco Torrione diSan Giorgio, innecessaria-mente (ancora una volta!!!)

abbatuto per fare spazio allastazione ferroviaria, la cuistruttura peró non é che infatticoincidesse topograficamenteproprio con quella del torrio-ne. Mah!

Ma perché un palazzo strano?.. .Ma per il suo nome! “Dellamorte” . . .e perché mai?Ebbene strano, non solo per ilterrore che incuteva la sualucubre struttura e sopratutto

il sui lucubri interni, quantoper la diffusa credenza che inesso soggiornassero spiritimaligni che di notte vagava-no sotto gli archi delle suestrette finestre [Vecchia

Brindisi - Alberto Del Sordo -1978]. Certo é che il palazzo, conce-pito e costruito con logicaspeculativa, rimase parecchianni disabitato perché le suelabirintee forme architettoni-che incuterono disagio tra lapopolazione, compostocom´era da camere senz´aria,senza luce, senza cucine esenza bagni.Poi peró, come succede dasempre, la necessitá cedettealla speculazione ed il lucubrepalazzo fu per anni adibito aprivate abitazioni e vergo-gnosamente mantenuto inpidedi, nonostante fosse ubi-cato immediatamente agliocchi di quanti viaggiatorigiungevano a Brindisi per fer-rovia da ogni parte d´Itala edel mondo.Da un anonimo cronista degliinizi del ´900: “.. . una veraindecenza, anzi una vergo-gnosissima indecenza, quantomeglio sarebbe stato che ilpregiudizio avesse continuatoad allontanare gli abitatori ecosí forse sarebbe stata prestopresa la decisione di demolir-lo, senza tanti indugi”.

Il palazzo della morte - 1922

GIOVEDÌ 9 AGOSTO 201210 AUTO PIRATA

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GIOVEDÌ 23 AGOSTO 2012 15CRONACANon poteva che essere di NikosDesillas, il nostro fedelissimoamico d`oltre mare, questa ori-ginale fotografia della chiesa diSanta Maria del Casale.E l`originalità, che è al contem-po bellezza della foto, la costi-tuiscono l`ambiente assoluta-mente campestre e sopratutto levigne in primissimo piano, cosìprepotentemente invadenti chequasi tolgono la scena al magni-fico ed imponente monumentodella chiesa quattrocentesca,dove la tradizione storica vuoleche si celebrò nel 1310 l`iniquoprocesso contro tutti i Templaridel Regno di Napoli ....Il famoso processo infatti, fucelebrato a Brindisi, dovedovette essere trasferito tuttol’apparato della “Giustizia”.Probabilmente la scelta di talesede é segno che Brindisi dove-va rappresentare, nel Regno, illuogo di maggiore attivitá e dimaggiore frequenza di queiCavalieri, come del resto lodimostrano numerose altrecisrcostanze.I Templari a Brindisi precedette-ro i Gerosolimitani e la loropresenza ed attivitá é accertatacome anteriore all´anno 1244.Tra l´altro edificarono le chiese,a pianta circolare come tuttequelle dei Templari, di SanGiovanni al Sepolcro nel cuoredella cittá e di Gallico fuori lemura, verso gli ultimi anni del1100.Che il processo fu celebrato inS. Maria del Casale, non signifi-ca necessariamente che lo fudentro la attuale Chiesa (chenon esisteva in quanto edificatanel 1322 da Caterina di Valois

Principessa di Taranto, incorpo-randovi nell´interno un´anticaCappella), ma piuttosto in qual-che convento o edificio adiacen-te che dal titolo della Cappellaprendeva nome.

Quanto alla circostanza che perla celebrazione dell´infame pro-cesso fosse stato scelto un luogosolitario in aperta campagna, ciósi spiegherebbe col fatto che sitrattava di un “processo” (?)

che, per le assurde cose che sisarebbero dette e per le palesiingiustizie di procedura e disostanza che si sarebbero consu-mate, sembró piú opportuno agliorganizzartori (Carlo II

D´Angió Re di Napoli e suocugino Filippo il Bello Re diFrancia) di tenere il piú lontanopossibile da occhi che vedesseroe da orecchie che ascoltassero.Furono architettati ben 127 capidelle accuse piú assurde e con lepiú evidenti calunnie, fattesostenere da falsi testimoniprezzolati, nonché con preteseconfessioni estorte con la tortu-ra. L´autoritá papale del deboleClemente V non ebbe energiasufficiente per infrenare e tenertesta a tanta ignomia. GliArcivescovi di Brindisi e diBenevento, che erano stati offi-ciati tra i giudici, solo trovaronola forza di rifiutarsi di interveni-re al processo.Gli inquisitori si insediarono aBrindisi in S. Maria del Casaleil giorno 15 maggio 1310 e pro-cedettero alla sentenza controgli indifesi Templari, detenuti etorturati nel Castello di Barletta,impediti di prendere parte alprocesso che si svolgeva a loroinsaputa. Gli imputati furonocondannati, i beni incamerati etutto l´ordine dovette essere benpresto soppresso...[La mia sintesi dal libro ¨200pagine di storia brindisina¨ diGiuseppe Roma, EdizioniBrindisine, 1968.]

Santa Maria del Casale - 1951

DOMENICA 2 SETTEMBRE 2012

Una fotografia storica edabbastanza famosa,postata da Cosimo

Guercia ed appartenente allacolezione della Valigia delleIndie, con la seguente didasca-lia completa: “Aereo austriacoHansa-Brandemburg W.13 cat-turato a Brindisi nel giugno del1918”.La fotografia è interessanteanche perchè ci riproduce unoscorcio abbastanza cambiatodel lungomare brindisino tra lascalinata colonne, non ancoraallargata, e l`inizo del rioneSciabiche.L`insegna scritta direttamentesul muro del fabbricato che faangolo con la scalinata, recitasu due linee: “Sartoria F.Vallone”, poi una terza lineanon leggibile e finalmente laquarta “R. Marina” dove la R.sta per Regia.Il fabbricato dell`insegna fudemolito intorno al 1927 perfare spazio all`allargamentodella scalinata. Era invece giàal suo posto il bel palazzo cheera del Lloyd Austriaco, oggisede della società del gas.E non c`è più neanche il palaz-zo al fondo della foto, che difatto sbarrava il lungomareall`altezza di via Montenegro,quel palazzotto fu anch`essodemolito intorno allo stesso1927, segnando con la suademolizione, l`inizio del pro-cesso di sventramento delleSciabiche, poi consumato indue grandi ondate, nel 1934-36e nel 1959.L'Hansa-Brandenburg W.13 era

un idrovolante bombardieresviluppato in Germania nel1917 e utilizzato dalla marinaaustro-ungarica durante laprima guerra mondiale, l`equi-paggio era costituito dal pilota

e da un mitragliere. Il prototipoera stato offerto alla marinaimperiale tedesca che lo respin-se e fu poi accettato dalla mari-na austro-ungarica, che operavada basi sull`Adriatico durante

la campagna italiana. A queltempo gli aerei appartenevanoagli eserciti e gli idrovolantialle marine, non esisteva anco-ra l`arma aeronautica.Anche il gloroso idroscalo di

Brindisi apparteneva alla mari-na militare quando nel 1916nacque formalmente per megliocontrastare l'aviazione austria-ca di base a Durazzo, l`attualeDubrovnik. Sorgeva in localitàCosta Guacina, appena fuoridal porto interno, uscendo dalporto sul lato sinistro del cana-le Pigonati, su un´area costieracompresa tra Posillipo eFontanelle.Quel bellissimo specchiod´acqua, dalle condizioni natu-rali invidiabili, fu la pista dallaquale fin dal 1914, quando eraancora una semplice stazionedi idrovolanti, si levavano involo gli idrovolanti della squa-driglia guidata da OrazioPierozzi, eroico aviatore dece-duto in volo di addestramenteonel 1919 dopo aver guidatoinnumerevoli azioni di guerravittoriose. Soprannominatol´asso del mare, a lui dopo lasua tragica morte fu intitolatol´idroscalo e poi l`intero aero-porto militare fino alla suadismissione, avvenuta formal-mente nel 2008 quando l’aero-porto di Brindisi perse lo statusdi scalo militare aperto al traffi-co civile ed acquisitò la sempli-ce denominazione di aeroportocivile.

Aereo austriaco catturato- 1918

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GIOVEDÌ 13 SETTEMBRE 2012 15

Si, anche a Brindisi c`eraPiazza Castello e natural-mente era antistante al

castello, quello di terra, anchepiù comunemente conosciutocome Castello Svevo. Tale denominazione di PiazzaCastello è infatti già chiara-mente indicata sul piano rego-latore della città del 1883 ecomprendeva tutta una estesaarea piana intorno al castello,delimitata su tre lati pressoc-chè ortogonali dalle direttricidi quelle che dovevano diven-tare via Indipendenza, ViaCastello e Via Cittadella. In realtà quella grande esten-sione piatta e vuota era più chealtro una piazza d`armi, ed ineffetti così fu anche denomina-ta durante alcuni anni a partireda quando nel 1909 il castello,che fino ad allora era stato adi-bito a bagno penale della città,passò alla marina militare.Fu a seguito di tale assegnazio-ne che in quell`area si edificòa ridosso della prima guerramondiale quell`imponentepalazzo ben visibile nella fotodestinato a usi militari, occupa-to da uffici e dipendenze variedel comando della marinamilitare e quindi per questodetto anchedell`Ammiragliato.La Piazza Castello della foto èsolo una parte dell`estensioneoriginale: quella porzione ret-tangolare recintata e delimitataappunto dalla facciata delpalazzo dell`Ammiragliato equindi dalla parallela via

Indipendenza, quella stradache oggi si denomina vialedella Libertà. Gli altri due latidella piazza erano in primopiano nella foto l`attuale vialedei Mille e quindi sul lato

opposto via Castello.Quell`altro settore dell`esten-sione originale della piazza chenella foto rimane dietro alpalazzo dell`Ammiragliato, erainvece divenuto la Caserma

Ederle, un rettangolo ancoraoggi esistente tra via Castello,via Cittadella, viale dei Mille equella strada che dovevadiventare il prolungamento divia Rodi.

Per completare la descrizionedella foto, subito in primissimopiano in basso il ponte, che erastato levatoio, di ingresso alcastello con ben visibile unpezzo arcato del muro che erastato del fossato, quindi il bloc-co tozzo del corpo di guardia esulla sinistra della foto partedella palazzina del circolo uffi-ciali e collegata residenzadell`ammiraglio, quella stessaresidenza in cui doveva allog-giare il Re Vittorio EmanueleIII con la sua famiglia durantequei quattro mesi che seguiro-no all`8 settembre 1943, in cuiBrindisi fu capitale d`Italia inquanto sede del regio governo. Con la fine della seconda guer-ra mondiale poi, tutto l´edificiodell`Ammiragliato fu “tempo-ralmente” destinato a civiliabitazioni ed occupato da tantefamiglie di sfollati. Una tem-poralitá che duró quasivent´anni, fino alla definitivachiusura e successiva demoli-zione. Durante quei lunghi vent`annila sua denominazione popolarefu “Lu Prisidiu” ed oggi, alposto di quella piazza e dellostesso palazzo di “Lu Prisidiu”c´é la scuola media Salvemini.

Piazza Castello - 1930

SABATO 8 SETTEMBRE 2012

Chissà quando e perchèfu deciso di togliere ilbusto di Giuseppe

Garibaldi dall`aiuola di Piazzadel Popolo e sostituirlo con ilmolto più vistoso bronzo diAugusto, il primo imperatoreromano. Non è che l`ìmperatore non nefosse altrettanto degno, anzi! Esi racconta anche infatti, cheAugusto si trovasse proprio intransito a Brindisi quando loraggiunse la buona nuova dellasua nomina a imperatore.Ma il punto, che è ormai quasiun`intriga, è ancora una voltascoprire il perchè di questaapparentemente molto radicatasmania brindisina di voler adogni occasione “togliere” e “sostituire”... Ma non sarebbeforse stato molto meglio se lasmania fosse stata “mantene-re”, “migliorare” e sopratutto“aggiungere”!Se così fosse stato, magarianche solo negli ultimi 150anni, diciamo da quando nac-que il moderno stato italianoproprio grazie a quell`intrepitodel busto in questione, allora aBrindisi ci starebbero ancora:...la torre dell`orologio, il teatroVerdi, il parco della rimenbran-za, le Sciabiche, I Bastioni, ilpalazzo liberty del banco diNapoli e quello Titi giù sulcorso all`angolo con via del

mare, la fontanella dei giardi-netti ...e il busto di Garibaldi inPiazza del Popolo!Probabilmente il busto fu lì col-locato al tempo in cui, appena

morto il corsaro genovese nel1882, si decise di intitolare a luila strada Carolina con il nomedi Corso Giuseppe Garibaldi. Oforse più verosimilmente quan-

do nel 1905 quel corso fu, pro-prio partendo da quel punto,prolungato fino all`Addolorata.L`imperatore Augusto inveceentrò in scena certamente

durante il ventennio, conl`euforia generata dalla risco-perta dell`imperiale romanità, equando quella camicia rossaquel carattere condottieropopolare per nulla ortodosso equello spirito che per certiaspetti rasentava il libertario,non dovettero poi godere digrandi referenze.Ma che fine fece quel busto?Dove fu riposto? In qualchescantinato comunale? O nelgiardino di qualche casa patri-zia? Era una scultura di unqualche pregio artistico? O no?Neanche questo è dato di sape-re, ancora una volta nella piùclassica tradizione degli attidegli amministratori della cosapubblica brindisina. Ma forse è ancora lì, in buonacompagnia, magari con quelladelle statue delle due rane edelle due tartarughe che ador-navano la fontana di PiazzaCairoli prima che la stessafosse “sostituita” dalla fontanadelle ancore, proprio, appunto,in quegli stessi anni dell`impe-riale ebrezza.

Garibaldi in Piazza del Popolo - 1920

Page 23: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

GIOVEDÌ 20 SETTEMBRE 2012

Tutto ciò che ritrae questainteressante fotografiapostata da Romeo

Tepore, è irriconoscibile, sem-plicemente perchè da temponon c`è più. Eppure siamo nientemeno chedi fronte ai Giardinetti, pratica-mente su Corso Garibaldi, alsuo inizio dal lato del mare.Una foto quindi ormai storicache porta la firma, in basso asinistra, di Vincenzo Isceri,“...fotografo e ritoccatore dialto livello che nello studioriparava anche le macchinefotografiche” [pag. 4 diCicloStyle, Dicembre 2010].Dello “Studio fotograficoVincenzo Isceri - CorsoGaribaldi 73” abbiamo ancherintracciato un inserto pubbli-citario sul settimanale brindisi-no “il Monello” del 26 aprile1925. Il primo piano della foto è inte-ramente occupato da un giardi-no abbastanza curato, benrecintato e con una importantefontana. Si tratta del giardinoche apparteneva alla StazionePorto, della linea ferroviariache collegava la stazione diBrindisi con la stazione marit-tima, il cui fascio dei binarimoriva proprio immediatamen-te alla sinistra della foto.Il recinto con l`inferriata benvisibile nella foto, si affacciasu Corso Garibaldi giusto difronte ai Giardinetti e su tuttala loro stessa lunghezza, finocioè al lungomare di viale

Regina Margherita. La scritta a stampatello“Provveditoria Adriatica”, cheindica la presenza di un impor-tante magazzino di forniturenavali e marinare, è appostasulla facciata trasversale al

corso di quello che qualcheanno dopo, con la costruzionedi un secondo piano in perfettostile Liberty, diventerà il belpalazzo Titi.Sull`altro lato di CorsoGaribaldi invece, è riconoscibi-

le l`angolo con via SanFrancesco e poi l`insegna“Caffè Italia”. Quell` insegnadopo qualche anno muterà in“Caffè Ristorante” e si riferiràal “Ristorante Miramare” chedurante molti anni occuperà

tutto quell`angolo tra il corso evia San Francesco. Tutto il giardino ritratto nellafoto scomparirà completamen-te con la costruzione dellanuova stazione marittima,inaugurata nel 1940 e la cuistruttura principale sarà appun-to edificata sull`area centraledel giardino, mentre la porzio-ne al fondo sarà occupata dallanuova via Del mare allineatacon via San Francesco. Il palazzo Titi sopravviverà diqualche anno al giardino fino aquando, intorno ai primi anni`60, verrà demolito per lascia-re il posto a quel voluminosoed architettonicamente anoni-mo edificio di abitazioni che èancora lì sull`angolo tra via Delmare e il corso.E finalmente, anche gli edificiche nella fotografia si intrave-dono essere di fronte al palazzoTiti, sull´altro marciapiedi delCorso Garibaldi, furono neglistessi anni anch´essi demolitiper costruirvi quei palazzi chesono tutt`ora lì. In questo casocomunque, a differenza delpalazzo Titi, furono abbattuteedificazioni relativamentemodeste e senza alcun pregioarchitettonico.

Il giardino della Stazione Porto - 11925

Quando ho deciso di pubbli-care questi pochi frammentidi un` intervista rintracciata

per caso sulla web e fatta da non sochi a tre brindisini doc -GiancarloCafiero, Giorgio Tricarico eGaliano Lombardi- ho dubitato seaccompagnarli con questa fotoscattata ai Giardinetti o con quellapiù classica e più conosciuta cheriproduce in vista panoramica laspiaggia di Sant`Apollinare, e poimi sono finalmente deciso per que-sta foto dell`amico Pino Spina, cer-tamente più originale e probabil-mente più rappresentativa di quellaspeciale atmosfera cittadina estivache, ormai perduta, trapela da que-sti brevi commenti:“...In quegli anni a Brindisi nonavevamo tanto, ma vivevamo benee ci sentivamo felici. La città vive-va nel porto e con il porto, che erapieno di traghetti, italiani e non,che attraccavano e salpavano digiorno e di notte, mentre dai treniscendevano stormi di giovani cheprovenivano da tutto il mondo perpoi imbarcarsi alla stazione maritti-ma. ...Noi giovani, anche se non parti-colarmente colti, avevamo l`oppor-tunità di confrontarci e di ampliarei nostri orizzonti ricevendo nuovistimoli. Ci adoperavamo per impa-rare le lingue, fosse solo per unapproccio con le turiste o peraccompagnare un passeggero intransito presso le biglietterie, perconoscere qualche particolare dellavita nei luoghi di provenienza diquella gente, che ci appariva avolte strana, altre bizzarra, di certoemancipata rispetto alla culturaprovinciale del nostro profondosud. ...Con quei giovani stranieri riusci-vamo a comunicarci instaurarandospesso rapporti di amicizia e a volteanche sentimentali, mentre glianziani con il retaggio storico lega-

to all`antico passaggio dei trenidella Valigia delle Indie, all`arrivodei turisti esclamavano in coro: ‘errivvatu lu trenu ti li inglisi’ e quin-di, sconcertati dall’abbigliamentovivace e coloratissimo, dai modi difare, dai lunghi capelli e dalle gran-di fasce, incuriositi dai canti into-nati al loro passaggio in città, rima-nevano sbigottiti e si scambiavano

impressioni e commenti suspicaciche animavano le loro tranquillegiornate estive....Il nostro punto d`incontro dibuon mattino era il Banco diNapoli, o il bar Olimpia. Poi congli zoccoli ai piedi facevamo levascate andando a turiste, cioè ten-tando l`approccio con quelle giova-ni donne straniere, belle, emancipa-

te, con grandi cappelli bianchi dipaglia sulla testa, pantaloncinicorti, pesanti zaini in spalla e bor-racce appese al collo. ...I corsi erano pieni di insegne intante lingue: dall`inglese al grecoall`italiano. Le agenzie di viaggierano aperte giorno e notte, era unvero e proprio spettacolo assisterealla partenza delle navi: le luci, i

suoni, le manovre incantavanograndi e piccini....Molti turisti approfittavano lasosta per concedersi un bagno ecosì prendevano le barche a velache li portavano sulle spiagge , aSant`Apollinare, la Pineta, FiumePiccolo o Fiume Grande, spiaggetutte con un mare cristallino, curateed organizzate. Spesso alla sera,con panini cocacola e mangiadi-schi, animavamo feste che durava-no nottate intere intorno ai falòimprovvisati sulla spiaggia. ...Sul lungomare tutti celebravamola festa dell`uva con l`esibizione digruppi folkloristici provenienti daogni parte d`Europa: Ungheria,Cecoslovacchia, Grecia, etc. Lafesta delle feste era però la melona-ta del giorno di Ferragosto: su tuttele spiagge, sulle banchine, sul lun-gomare, si aprivano in allegria lefamose angurie giganti brindisine. ...All`Estoril organizzavamo ipomeriggi danzanti per permettereai più giovani ed alle ragazze brin-disine -che la sera dovevano rima-nere in casa- di divertirsi ballando.Ovviamente le loro scuse per usci-re di casa erano le più fantastiche enon mancavano le mamme chearrivavano improvvisamente perportar via le figlie. La sera invecel`Estoril si trasformava in night econ la Sciaia a mare si popolava digente proveniente da tutta la regio-ne per incontrare cantanti e artistifamosi che si esibivano o che tra-scorrevano a Brindisi le loro notta-te mondane...”

L’estate brindisina degli anni ‘60 - ‘70 - ‘80

VENERDÌ 28 SETTEMBRE 2012

Page 24: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Sfogliando un quotidianonazionale di questi nostrigiorni, alla pagina cultura-

le una notizia richiama la miaattenzione: “Migliaia di imma-gini in un solo archivio.L´archivio storico cinematogra-fico dell´Istituto Luce sbarca suYoutube con 30.000 video”. Una notizia veramente interes-sante, e non vinco la tentazionedi andare subito su youtube. Epoi, da lí all´archivio fotografi-co dell´Istituto Luce il passo émolto breve: http://www.archi-violuce.com/archivio/.Alla voce ricerca, naturalmentee senza esitare , scrivo“Brindisi”.Certo mi aspettavo di trovare,tra molti altri, i giá noti docu-mentari di Stato sulle visite aBrindisi del Re VittorioEmanuele III e di Mussolini inoccasione delle varie inaugura-zioni, del Banco di Napoli, delMonumento al Marinaiod´Italia, della prima pietra alCollegio Navale Tommaseo,della proclamazione dellaProvincia... E giá, fu nel del1927 ...e doveva durare solo 85anni a fronte dei milenni di pro-tagonismo storico, ...ma questoé tutto un altro discorso!Ma certamente non mi aspetta-vo di incontrare una bellissimaserie di 12 fotogtrafie datatetutte 6 Maggio 1941 e raggup-pate sotto un unico tema intito-lato “Brindisi: angoli caratteri-stici e scene di vita”. Le 12 fotografie sono tutte

molto belle e riconosco subitoin alcune di esse quelli che furo-no i vicoli e le case dello stori-co rione brindisino di SanPietro degli Schiavoni:Emozionante!Trascrivo i titoli di ognuna delle

dodici foto:Persone sedute e in piedi con-versano in un vicolo - Cactus erampicanti sulle mura esterne diuna casa - Signore e bambini difronte a una casa - Bambini gio-cano accanto alla porta di casa,

due donne stanno sulla porta - Ilcortile interno di una casa, fiorisul balcone interno, sotto sivede una vecchina in abito nero- Una donna e tre bambini sullaporta di casa, un gatto passasopra la porta ad arco - Una

donna anziana siede in un corti-le interno, in uno dei muri dipietra si vede una porta ad arcoacuto - Una coppia di sposi sfilalungo un vicolo seguita da uncorteo nuziale - Una donnaallatta un bimbo - Un gruppo didonne prepara della pasta in uncortile, un marinaio guarda lapasta in un piatto - Donne men-tre preparano le orecchiette -Donne preparano le orecchiette,un bimbo osserva in braccio auna di loro.Tutte dodici queste foto merite-rebbero essere pubblicate,...quella della mamma che allat-ta il bimbo é semplicementeuna vera “poesia”.Dopo non pochi dubbi e variripensamenti ho finalmentescelto di pubblicare quella chesi intitola “Una donna e trebambini sulla porta di casa, ungatto passa sopra la porta adarco”.Spero comunque che molti let-tori abbiano la possibilitá diaccedere a internet e cosísull´archivio del nostro gruppoBrindisini la mia gente potran-no estasiarsi contutte questebelle fotografie della nostraBrindisi che, in buona partre,ormai non c´é piú.

San Pietro degli Schiavoni - 6 maggio 1941

GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2012 21

La base aerea a Brindisi eranata come idroscalo militare,con gli albori stessi dell`avia-

zione nei primi anni del 900, intornoagli anni della prima guerra mondia-le. Invece l`aeroporto come loabbiamo poi tutti noi conosciuto,nacque nei primissimi anni 30, men-tre fino ad allora gli aerei civili emilitari avevano utilizzato il campoterrestre di San Vito Normanni, cheera sorto nel 1918 a circa 9 chilome-tri dalla città sulla strada per SanVito dei Normanni, tra i vigneti dicontrada Marmorelle.Ed è proprio quell`origine acquaticache spiega la presenza in riva almare, delle due serie contigue diangars ben visibili nel primo pianobasso della foto, sovrastata dai duebei G91 del glorioso 32º Stormo.Fu nel corso del 1916 che furonocostruite le aereorimesse per acco-gliere gli idrovolanti da bombarda-mento progettati dall´ingegnereLuigi Bresciani. Un incidente divolo in fase di sperimentazionecausó la morte del progettista e ladistruzione del prototipo e il proget-to fu abbandonato, peró il nomeBresciani rimase ai 6 hangars, quel-li più bassi allineati sulla sinistradella foto. Gli hangars Brescianicon muratura di tufi e cemento e concopertura a botte con sesto ribassatoin solaio latero-cementizio, sonoancora oggi, dopo quasi cent`anni,in servizio utilizzati dall´ONU.Già alla fine degli anni 20 sorse lanecessitá di nuovi hangars la cuicostruzione, stabilita a nord deglihangars Bresciani, fu commissiona-ta alla societá Officine Savigliano diTorino. I 4 hangars Savigliano,ognuno a pianta rettangolare di circa54 x 60 metri, furono completatiintorno al 1930 con ossatura retico-lare metallica a una campata e rive-stimenti in lamiere ondulate zincate,

cupolino centrale di aereazione adoppia falda in materiale policarbo-nato. Ognuno dei quattro accessiverso la banchina ha un´apertura dicirca 51 metri con piú di 12 metri dialtezza. L´ottima struttura metallica,

nonostante la sua vicinanza al mareè rimasta pressoché intatta ed éancora funzionale ai nostri giorni:uno degli hangars é gestitodall´ONU e negli altri tre opera lasocietá Alenia Aeronavali.

L`aeroporto terrestre, la cui costru-zione fu decretata dall'amministra-zione provinciale di Brindisi conl´esproprio ed acquisto dei terreniagricoli siti alle spalle dell'idrosca-lo, entrò in funzione nel 1933, inau-

gurato da Mussolini il 30 di luglio, el'aerostazione fu completata nel1937 con pista di lancio orientata anord, inizialmente di 50 x 600 metrie portata successivamente a 850metri. Durante gli anni 30 nell´aeroportodi Brindisi la compagnia di bandie-ra Ala Littoria gestiva, tra altre, lelinee Brindisi-Rodi; Brindisi-Roma-Trieste; Roma-Brindisi-Tirana-Salonicco; Brindisi-Atena-Rodi-Haifa; Roma-Brindisi-Bagdad;Brindisi-Durazzo-Lagosta-Zara-Lussino-Pola-Trieste.L'idroscalo militare era intitolato aOrazio Pierozzi, eroico comandantedella Squadra Idrovolanti Brindisidurante la prima guerra mondiale,che dopo aver guidato innumerevoliazioni di guerra vittoriose era dece-duto in volo di addestramenteo nel1919.Con la stessa denominazione venneinizialmente intitolato anche ilnuovo aeroporto, che era militare ecivile allo stesso tempo. Poi nel1938 l'aeroporto civile fu intitolatoad Antonio Papola, in memoria delbravo comandante di aeromobilecivile deceduto in quell`anno perincidente di volo, mentre il militareconservò l´intitolazione originale aOrazio Pierozzi fino a quando, nel2008, perdendo lo status di scalomilitare aperto al traffico civile,acquisitò la semplice connotazionedi aeroporto civile, con il nome diAeroporto del Salento.

Gli hangars Bresciani-1916 e Savigliano-1930

GIOVEDÌ 11 OTTOBRE 2012

Page 25: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

GIOVEDÌ 18 OTTOBRE 2012

Quando l´amico AlbertoCafiero pubblicó una suafoto di questo scorcio cosí

suggestivo, sul nostro gruppoBrindisini la mia gente ci fu un pódi sconcerto nel cercar di indivi-duarne l´esatta localizzazione.Qualcuno parló di una traversa divia Appia, qualcun altro di una divia Appia, ma poi Alberto chiaríogni dubbio: ‘quel doppio arco sitrova nel vicoletto che unisce viaMarco Pacuvio con la piazzetta diSan Giovanni al Sepolcro’.Quindi un coro di “...ma é propriovero ...ma quello é il cortile dadove si entrava al ‘doposcuola deiBonatesta’ ...ma certo io ci sonoandato, anch`io ...pure io ...si évero il doposcuola del professorItalo Bonatesta ...e delle sue sorellele maestre Tetta Fulvia e AnnaBonatesta ... Ah! Ma quanti beiricordi“.E sí, quanti ricordi, e quante gene-razioni di ragazzini e ragazzinesiamo passati per quegli archi, perquelle scale, per quelle stanze, perquella terrazza sull´angolo tra viaPacuvio e via San Giovanni.E non solo ragazzini, Enrico Sierrail nostro amico decano del gruppoBrindisini la mia gente che vive aRimini, commenta: “Ciao Michela,io sono nato in via Marco Pacuvio,proprio dirimpetto alla casa dei tuoinonni ed ero amico di tuo padreItalo e di suo fratello Antonio, lacasa mia era di fianco alla vecchiacantina di Piccigallo proprio dirim-petto alla strada che porta alla piaz-zetta del Tempietto San Giovannial Sepolcro.Ma torniamo al ‘doposcuola’: gliamici ‘scaunari’ Angelo Catalano e

Antonio Miglietta che abitavano aSan Pietro degli Schiavoni, in viaTarantafilo e in largo De’ Calórespetivamente, da bambini eranodi casa in quel doposcuola. E poi Gianfranco Di Muri (...ericordo una grande tartaruga che

girava per casa), Nani Ernani (...dapiccolo in quel cortile ci abitava unmio amico, Enzo Strisciuglio),Paolo De Angelis (...ItaloBonatesta è stato il mio maestroalle elementari dal 67 al 72: chegran bella persona! La mattina

prima di entrare a scuola fumavamezza sigaretta, la spegneva efumava l'altrà mezza all'uscita). Ed ancora, Luana C. QuartaCampbel “...chi ha trascorso ipomeriggi al doposcuola dallesignorine Bonatesta? Anna, Tetta e

Fulvia, ...e come non ricordare ilprofessore Italo? ... I ricordi piu'belli della mia infanzia! ...Tutti ipomeriggi e le estati intere dallesignorine Bonatesta, ...ndamu fattuli megghiu risati...“.Ma gli anni passano inesorabili, deifratelli e delle sorelle Bonatestasolamente Anna é ancora tra noi, edé bello poterla salutare e rincontra-re nella sua stessa casa, che fuanche il ‘doposcuola’ ed usufruiredella sua preziosissima memoriastorica della familia.Ci racconta Anna: “…La foto deveessere stata scattata verso la metádegli anni ’50. La costruzione ori-ginale dell´arco risale a circa 150anni fa, e fu ristrutturato intorno al1985. Il signore con la bambina nelcortile con affianco la biciletta éGuglielmo Cesaria, di professionepescatore.Ma l´intero edificio ed il cortileannesso, appartenevano ad un benpiú grande ed aricolato complesso,edificato a ridosso del Tempio diSan Giovanni al Sepolcro e funzio-nante da convento o forse da ostel-lo. Negli scantinati del palazzo cisono ancora ampi magazzini sotter-ranei ed alcune delle sue stessemura celano antichissime edimportanti tracce architettoni-che...“.

Arco doppio in via San Giovanni al Sepolcro - 1955

GIOVEDÌ 25 OTTOBRE 2012

Quando l´amico GiancarloCafiero postó questavecchia fotografia appar-

tenente alla sua preziosa cole-zione della Valigia delle Indieed indicandone solamente ladata, si accese subito il dibattitosulla possibile reale identitádella strada brindisina in essabellamente rappresentata.E si, un dibattito difficile e pro-lungato, perché la prospettivadella foto non é per nulla scon-tata, e sopratutto perché gli edi-fici, anzi per dir meglio i caseg-giati ad un solo piano con ter-razze o tetti a spioventi, ripresiin primo piano su entrambi i latidella strada, da ormai moltissi-mi anni non esistono piú.Poi c´era quel folto albero chenon si riusciva a capire bene dadove sbucasse e finalmente,sullo sfondo, quel campanile: aquale delle tantissime chiesebrindisine apparteneva?Poi la rivelazione: É viaCarmine, la foto é stata scattatadando le spalle a Porta Mesagnee anzi, considerando la evidenteripresa dall´alto, probabilmenteproprio da sopra la Porta.Quell´albero é in quell´areaoccupata dal Calvario,sull´angolo con via SantaMargherita, e quindi la seguentestrada a destra, chiaramentedelimitata dalle ombre solari, évia Giordano Bruno.Il campanile non puó quindi cheappartenere alla chiesa degliAngioli, che sta proprio alla fine

di via Carmine, sull´incrocio adestra con via San Lorenzo daBrindisi.Eppure se Giancarlo avessevoluto metterla sul difficileavrebbe potuto asserire che si

trattava di quella strada chemolti anni prima era stata la viaMaestra.E si, Via Maestra, “...era l´anticavia che partiva da Porta Napoli,ora Porta Mesagne, e si displa-

nava fino al mare, fino alla PortaReale giá da tantissimo tempoinesistente, spaccando in due lacittá lungo un percorso attual-mente contrassegnato da trediversi toponimi, uno prosecu-

zione dell´altro: via Carmine,via Ferrante Fornari (chenell´800 era chiamata viaAngioli) e via FilomenoConsiglio.Quella Maestra era la via per ilmare, per le navi, per le parten-ze, le speranze, l´altrove. Era quella strada marina chepercorrevano i romani, e tuttiquelli venuti dopo di loro.” [ViaMaestra a cura di Clara Nubile eMichle Bombacigno-2011].Poi nel 1797, venne “il corso”che risanó il malsano canale incui si era trasformata nei secolil'insenatura marina che tagliavain due la città, della quale parlòStrabone. Dapprima si intitoló StradaCarolina in onore alla sposaaustriaca del re Fernando IV diBorbone e successivamente, il 7giugno 1882, la strada cambiònome per essere intitolata aGaribaldi, morto quell'anno: fuda lí in avanti che il nostroCorso Garibaldi definitivamentespiazzó la via Maestra, viaCarmine inclusa, dal suo piú chemillenario ruolo di strada princi-pale dell´urbe.

Via Carmine - 1903

Page 26: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

DOMENICA 4 NOVEMBRE 2012 13

Qualche settimana fa ilnostro amico, il bravofotografo Cosimo

Prudentino, ci ha voluto regala-re questo suo bel disegno con ilseguente commento: “Nel dia-rio di mio padre ho trovato que-sto disegno, uno scorcio di viaPompeo Azzolino, disegnato dame circa 60 anni fá”.In realtá il suo disegno é sola-mente quello della metá sinistradella fotografia, poi io mi sondivertito a duplicarlo specular-mente, un pó a mó di scherzo edun pó per adattarne il formato aquello di questa rubbrica. SperoCosimo non me ne voglia.E naturalmente ArcangeloTaliento e Salvatore Corsa, pun-tualmente, non hanno potutonon commentare quel suggesti-vo disegno della famosissimavia delle loro Sciabiche, e poiinterviene anche Luigi Iaia:Arcangelo Taliento: La nota suldisegno ci dice che lì abitava"Ndulirata la rossa" ed io possoaggiungere che ci abitava anche"Cocu uardastelli". Sta scalastava propria sott´alla finestra ticasa mia. Quistu eti nnu dise-gnu ti li tiempi quandu si ticia"a casa vecchia no mancunusurgi". Eri bravo Cosimì, ioricordo bene quando da bambi-no con il gesso disegnavi Tex,per terra in strada. Ueh Có, vitic'á tiniri puru nnu leoni ca disi-gnasti alla scola e ca paria nnafotografia. Ci lu acchi fanduluviteri...Salvatore Corsa: Questo dise-gno di Cosimo indica esatte-mente com´erano quella scala e

quel caseggiato. Formidabile!La casa di Cosimo aveva dueentrate, una da via Montenegroe una da via Pompeo Azzolino,credo che questo scorcio lui lovedesse spesso uscendo eentrando da casa sua. Ricordobene che sia il disegno che lafotografia erano le professioniche da bambino gli piacevano e

credo che finalmente l'ha azzec-cata, considerando le foto mera-vigliose che ha poi semprefatto...Cosimo Prudentino: Sott´aNdulirata la rossa abitava MariaLucia. Poi nc'era puru Filumenaca quandu ccuminzava a parlarinon la spicciava chiui, cu lu fig-ghiu Pippinu ca quandu ti salu-

tava cu la manu destraevidenziava lu tiscitumediu.Luigi Iaia: Puru iuaggiu natu in viaPompeo Azzolino.Tandu a quedda viaabitava Cuchecchia dizú Pippinu, Ntuniettati li Beddi, nunnaMaria, Maria la bion-da, Cunzilia diGinccu, Ntunietta laSpazzina, Furtunata ePeppu Sciarra. Poisobbra allu palazzuabitavunu l´atri, eabbasciu addó era luGabbiano, stava laputea ti salsamenteria.Arcangelo Taliento:Certo, Maria Lucia,che ti faceva tenerez-za, era cugina a miopadre e in vecchiaiaviveva, se ben ricor-do, da sola vicino a

Maria la bionda sorella diMimmo, il quale quando facevale cozze alla banchina sparivadentro alle condotte lasciandovedere solo i piedi, però riempi-va lu tilaru. "Li tilari" eranoquelle cassette che servivanoper contenere i pesci, eranonaturalmente di legno e oggi

sono di polistirolo. Luí, maaddai no abitava puruPizzuttinu? Vicinu alla scalina-ta ca stai ancora?Luigi Iaia: Propria alla scalina-ta ca tu tici ca stai ancora, abita-vo iu. E quandu chiuvia mamamittia lu rinali. Sotta abitavaMaria Lucia e ti costi abitavaVicenzina. Poi mama si pig-ghiau la casa ti fronti addó abi-tava nunna Maria Prudentino efeciru menza casa nui e menzacasa loro, ca rispundia in viaMontenegro.Arcangelo Taliento: Luí, ma ticce annu stà parli? Ca iu sciuca-va 'ntra casa ti Romeu. No staparli ti Cosiminu Prudentinu?Luigi Iaia: Iu sta parlu ca sontuti lu 58. Sta parlu ti nonnuCosimo Prudentino, lu maritu dinunna Maria. Poi chiú abasciuabitava Ginu ti Cunzilia e addaié rimastu ancora lu figghiuAntonio. Poi venni a abitari luconti Mantovanelli. Ti costi poi abitava Furtunata diGinccu Coppola ca tennu lacasa ancora addai. Sobbra allupalazzu poi abitava CocuCirvillera, Lina l´infermiera,Fischietto e Tonino Sciarra.Alla funtana poi abitava PeppuSciarra, e poi ti ticu puru l´atriArcá...

Via Pompeo Azzolino allo specchio - 1952

Proprio ieri ricorreval´anniversario N° 71 diquella terribile tragica

notte in cui Brindisi fu intensa-mente bombardata, tra il 7 el´8Novembre del 1941.Si rattó del più potente edistruttivo degli attacchi aereisubiti dalla nostra cittá.L´incursione iniziò a mezzanot-te circa e si protrasse per quasi5 ore con un attacco condottoda una formazione di bimotoriinglesi provenienti da Maltacon l'obiettivo di smantellare lefortificazioni del porto e la basenavale del castello svevo. Fuper questo motivo che propriotutta l´area di via Cittadella evia Sant´Aloy subí i danni mag-giori e fu quasi rasa al suolo,cosí come lo testimonia fintroppo crudamente la fotogra-fia. E purtroppo, ci furonoanche decine di vittime e centi-naia di feriti.Fu bombardata anche la casa diVito De Marco e Cosima Pati,su via Sant´Aloy quasisull´angolo con l´attuale viaLucio Sacrano. Erano i nonnimaterni di Albina Aprile -miamadre- che con loro viveva eche li indusse ad abbandonarela casa un solo istante primache venisse centrata dallabomba. Avevano appena attra-versato la strada per dirigersi invia Rodi a casa dei genitori dimia madre, ed erano ancora sulmarciapiedi di fronte alla casa,quando la bomba la colpí inpieno e la fece crollare comple-tamente lasciando in piedi solola facciata.Remo Simoniello, commentan-

do la foto ci racconta: ...Lezone colpite furono via DeSanctis e largo della Volta, poifra via Cittadella via Sant'Aloje via Lucio Scarano. Nei bom-bardamenti, un aereo fu abbat-tuto dalla contraerea e fu recu-perato dal fondo del mare nel1952, rimanendo per lungotempo sulla banchina all'altezza

di via Lenio Flacco.Le macerie "ti li scuffulati"

rimasero fino all´inizio deglianni '60. Dopo la guerra "luscuffulatu" era il nostro campod'azione: la sera ci andavano lecoppiette e "nui li pigghiaumu apetri". Ed erano anche comodiperché in un secondo scendeva-mo giù da basso per fare il

bagno alla spiaggetta dove tira-vano a secco le barche, unaspiaggetta tutt´ora esistenteanche se adesso é completa-mente cementata.Dopo quella terribile notte,circa l´80 percento della popo-lazione civile di Brindisi si tra-sferì per paura nei più tranquil-li paesi vicini della provincia, a

Mesagne ed altri.Sono tristemente sintomaticidel clima che regnava in cittáquell´8 novembre 1941, alcunidei registri di classe redattidalle maestre e dai i maestri cheandarono a scuola quella matti-na.Maria Franco, di 26 anni: Lascuola é vuota. Le famigliesfollano verso paesi piú sicuri.Nessuna presente delle 25 fre-quentanti. Il Provveditore, dapoco giunto in cittá, ha parlatoa noi tutti dell´ora terribile chesi attraversa... Luigi Pigna, di 31 anni: Lascuola é completamente vuotain quanto tutte le famiglie sonocostrette a sfollare. Per misureeconomiche di combustibile, ilMinistro ha protratto le vacanzefino al 18 Gennaio. Dei 51iscritti una decina frequentanoperché gli altri si sono riversatinei comuni vicini...Matilde Musaio Valletta, di32 anni: La disastrosa incursio-ne aerea, durata quasi 5 ore, hafatto spopolare la cittá. Lascuola é deserta.Le ripetute incursioni aereehanno fatto si che tutti sfollino.Dove potremo rintracciare inostri piccoli? Certamente nei paesi vicini!

Via Cittadella - 8 novembre 1941

VENERDÌ 9 NOVEMBRE 2012

Page 27: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Quello ritratto nellafoto é un paesaggiobrindisino che dal

1936 é drasticamente cam-biato. Si tratta infatti di unabella foto panoramica di queltratto di lungomare del senodi ponente appartenente allostorico rione delle Sciabichee che in quell´anno fu quasicompletamente abbattuto perfar posto al complesso dellanuova fontana imperiale conal fronte la via PasqualeCamassa e l´ampliato largoLenio Flacco e con alle spal-le la risistemata piazza SantaTeresa.La foto qui riprodotta, inrealtá rappresenta solo undettaglio di quella ben piúpanoramica appartenente alloStabilimento Fotografico deiFratelli Alinari e intitolata“Veduta del Porto 1905-1908”. E per fortuna, l´ottimaqualitá tecnica della foto ori-ginale mi ha permessoingrandire di parecchio que-sto eccezionale dettaglio ecosí ottenere un´ immaginecertamente inedita e che nonha uguali noti.Con un pó di buona volontá éanche possibile scoprire,sull´orizzonte dell´estremasinistra della foto, l´incon-fondibile siluetta del Forte amare, e sull´estremo destroinvece, quasi nero, l´angolopiú spinto verso il mare del

mastodontico complessoarchitettonico dell´attualesede dell´Archivio di Statoadiacente alla chiesa di SantaTeresa.Si tratta in qualche modo delpiú completo testimonio ditutto ció che in quell´anno1936 fu abbattuto: certamen-

te infatti, non molto di quan-to illustrato dalla foto dovevaessere cambiato per quelmomento e quindi, quelle chesi abbatterono non furonosolo costruzioni fatiscenti emalsane come le cronacheufficiali dell´epoca tentaronodi raccontare.

Di fatto, in quel 1936 si con-sumó la piú vasta delle cam-pagne demolitrici delleSciabiche, quella che interes-só la maggior porzione delquartiere e che in sostanzarisparmió solamente un limi-tato settore di case compresotra via Montenegro e quello

che doveva diventare il limi-te della nuova scalinataimperiale. Quelle demolizioni interessa-rono tutte le case sciabicoteche, su piani di varia altezzadegradanti da piazza SantaTeresa e da largo San Paoloal mare, esistevano aquell´epoca fino a largoSdrigoli, l´attualelargoSciabiche, e anche unpo piú in lá, fino al pendioFontana Salsa che é sullasinistra dopo giá imboccatavia Lucio Scarano.E questa foto, ormai da con-siderare a tutti gli effetti sto-rica, mostra anche la grandevitalitá di quel rione rigoglio-so che era abitato da centina-ia di marinai e di pescatoricon le loro famiglie numero-se: tutto il vasto spazio pro-spicente al mare tra la banci-na e le case, pullula di perso-ne, di reti da pesca -le sciabi-che appunto- poste ad asciu-gare, di merci pronte ad esse-re imbarcate e di mezzi edattrezzature per la pesca. Enon mancano i panni stesi adasciugare al sole!

Le Sciabiche - 1906

GIOVEDÌ 15 NOVEMBRE 201212

Sulla Pianta della Cittá diBrindisi a scala 1:2000 diCarlo Fauch del 1871, la

denominaione di Strada Marina éassegnata a tutto il tratto di lun-gomare compreso tra la StazioneMarittima, in realtá ancora inesi-stente come tale e nella cartinaindicata come Sanitá Marittima,e Largo Montenegro, di fronteappunto al Palazzo Montenegro.Per il resto, sia a levante che aponente, il lungomare vienesemplicemente denominato“Banchina”.E tale denominazione la si ritro-va ancora uguale sui disegni delPiano Regolatore della Cittá diBrindisi del 1883, sui quali perónon compaiono le diciture“Banchina”.Nel 1881, in due episodi separa-ti, l´11 gennaio il primo e l´11novembre il secondo, sullaStrada Marina si produconoaltrettanti crolli della banchinacentrale, praticamente contigui:di fronte all´attuale palazzo delturista e di fronte all´albergoInternazionale.

Lo documenta in dettaglio ilpiano intitolato “Planimetriadella Banchina Centrale delPorto di Brindisi, elaborato ascala 1:1000 in data 1 Agosto1882”. In questo piano si deno-minano con “Banchina delleSciabiche” e “Banchina dellaFerrovia”, quelle tratte rispetti-vamente a ponente e levantedella “Banchina Centrale”. E suquesto stesso piano, la SanitáMarittima é diventata

Capitaneria di Porto.La fotografia riprende il trattofinale, che culmina all´altezza divia Montenegro proprio doveattracca la motobarca per ilCasale, dell´attuale viale ReginaMargherita, che sull´altro estre-mo inizia all´altezza dellaStazione Marittima. A ponente il

lungomare prosegue con l´attua-le via Lenio Flacco e a levantecon la via Regina Giovanna diBulgaria.L´intitolazione alla ReginaMargherita di quella che era statala Strada Marina risale al 1900,quando una delibera comunalecambió i nomi }delle strade adia-

centi al lungomare, introducendoappunto quelli di via LenioFlacco per la strada sulla banchi-na di ponente e di via ReginaGiovanna di Bulgaria per la stra-da sulla banchina di levante. Quel palazzotto sul fondo dellafoto e che sbarra il lungomare,non c´é piú. Apparteneva al rione

Sciabiche e fu demolito intornoal 1924, era prospicente al maree con le sue spalle delimitava illargo Monticelli. Antistante alpalazzotto era piazza Baccarini,giá piazza Dei Consoli ed attual-mente piazzale San TeodoroD´Amasea, con al centro la fon-tana dei delfini, visibile nellafoto e poi spostata ai Giardinetti.Peró, non puó che imporsi allosguardo la presenza circostanzia-le ma sigificativa del protagoni-sta indiscusso della fotografia: ilcommercio, la rigogliosa attivitácommerciale molto vistosamenterappresentata dalle navi mercan-tili ormeggiate e da quelle tantemerci pronte per essere imbarca-te: le botti del vino e dell´olio edi prodotti della ben diversificataattivitá agricola della cittá e delsuo territorio. Un´attivitá che a cavallo tra i duesecoli era stata cosí tanto fruttife-ra da condizionare fortementeanche lo stesso paesaggio urbanoe portuale della cittá, cosí comece lo mostrano questa e tantealtre belle fotografie di Brindisi,che riprendono su tutto il lungo-mare quelle che per quell´epocaerano tipiche e frequenti scene diattiva vita quotidiana nella nostracittá.

Via Marina - 1905

GIOVEDÌ 22 NOVEMBRE 2012

Page 28: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Nel settembre del 1763, ilsindaco Stefano Plama dainizio ai lavori per la

costruzione della nuova Torredell´orologio, in piazza Sedile inprossimitá del palazzo comunale.La torre campanaria precedente, didimensioni molto piú modeste ededificata in quello stesso posto, erastata distrutta dal terremoto delfebbraio 1743. “...Quella nuova Torre dell´orolo-gio invece, testimone di tanti avve-nimenti storici specialmente delperiodo risorgimentale, fu demoli-ta nel febbraio 1956 per dar luogoall´erigendo palazzo dellaPrevidenza sociale. Per tale demo-lizione, clamori e proteste si leva-rono da piú parti, anche attraversola stampa, che peró non valsero afar ritornare sulle proprie decisionii geniali autori di tanta rovina”.[Storia non scritta di Brindisi, diAlberto Del Sordo - Gazzetta delMezzogiorno del 16.6.1977].Nel 1952, con l´unanimitá espressaper alzata di mano dei presenti, ilConsiglio comunale presieduto dalsindaco Francesco Lazzaro, accor-dó cedere tutta l´area di 1.285metri quadrati all´Inps per 11milioni di lire. Peró alcuni politici si opposero alladelibera: il senatore AntonioPerrino, allora presidente dellaProvincia, fu probabilmente il loromassimo rappresentante, recla-mando il mantenimento della Torreper il suo valore artistico, storicoed affettivo. E poi... “alla sua basec´erano quelle due carceri che ave-vano ospitato molti patrioti”.E non mancó neanche il dissensodegli intellettuali: “…Gli odiernibarbassori del cemento armatohanno progettato il solito scatoloneche sar[a adibito a sede della

Previdenza sociale. Gli accaniticongiurati, che impuniti imperver-sano sotto il segno della bruttezzacontro le nostre belle cittá, hannodannato alla demolizione l´interes-sante barocca torre dell´orologio,

poiché per loro é piú facile demo-lire che creare opere che possanoreggere il confronto con quelle purmodeste del passato” [Brindisiignorata, di Nicola Vacca - 1954]. E com´era? ...“Era costruita in car-

pano di Trepuzzi,contava 3 piani.Al piano terral´ingresso eras o r m o n t a t odall´arme dellacittá ed ospitavanel suo interno labottega dell´oro-logiaio Ranieri,addetto alla suamanutenzione.Al primo piano sinotava una lapi-de di marmodedicata aMazzini. Alsecondo piano ilq u a d r a n t edell´orologio, adue sfere e acifre romane. Alterzo infine, lacella campanariaa forma di cupo-la: le due campa-ne avevano duebatacchi a mar-tello azionati datiranti risponden-ti al sistema dio r o l o g e r i a ” .[Cronaca di un

inutile abbattimento, di NadiaCavalera - Quotidiano del30.11.1983].Rino Tasco: E’ questa la foto diMuraglia che io comprai al suonegozio. Il proprietario del salone

di fianco a quello dell´insegna, sichiamava Suppressa, io facevo ilgarzone e se si osserva bene, sottola porta c'é un ragazzo con lascopa: quello sono io. E ci si póscurdari du bellu suenu ca faciadan,dan,dan, din,din. Quantu cosindi ricurdava, era comu unu tifamiglia: Sunava quandu lu tataera a sciri fori, quandu nui erumu asciri alla scola o quandu erumu asciri alla nuvena alla chiesa ti SanPaulu. No vitiumu l'ora cu sunavaquandu erumu assiri ti la scola pisciucari mienzu alla strata cu lapalla ti pezza, o a fuci fucendumanué. E no vi ticu la menzatia tila cloria comu sunava!Romeo Tepore: Il Salone dell´inse-gna era di Giancola Luigi, mio zio.Subito dopo vi era un´altro salone,non ricordo il nome del titolare,ma era sordomuto e si trasferì aTorino. Attaccato alla Torre del-l'orologio, vi era il negozio di mer-ceria di Brunetti. Dalla porticinache si vede aperta si saliva sopra evi era una sartoria, subito dopo viera un negozio che vendeva pane.Per finire, la prima porta sulladestra della foto era ancora unsalone, del signor Saponaro. Remo Simoniello: Io ricordo cheall'angolo c'era anche un armeriadove compravo i piombini per ilfucile ad aria compressa e le cap-sule (li capsi ) per la pistola... assiati la scola Costanzo Ciano e sc'èfacia rifornimento...

La Torre dell’Orologio - 1956

GIOVEDÌ 29 NOVEMBRE 2012

MERCOLEDÌ 5 DICEMBRE 2012 9CRONACA

Agli albori dell´appartene-za di Brindisi al neofon-dato Regno d´Italia, un

interessante piano del GenioMilitare, datato 1° Agosto 1867elaborato a scala 1:4000dall´incaricato del “Serviziodella Piazza di Brindisi” LorenzoCalabrese, riproduce la cinta diBrindisi con l´indicazione delleporzioni che si dismettono alDemanio in osservanza delDispaccio del Ministero dellaguerra del 28 Marzo 1867.Ebbene la leggenda di quel pianoattribuisce al nostro Castello diterra la denominazione “Castellodella Vittoria usato a BagnoPenale”.Quindi ancora una nuova deno-minazione che si affianca alletante altre un pó piú conosciute,come quella suggestiva e moltodiffusa tra la fine dell´800 ed iprimi del 900, di “CastelloFederico Barbarossa” che ériportata nella didascalia dellacartolina riprodotta nella foto estampata nel 1905 dalla dittaNicola Passante e di un´altrastampata dalla ditta A. Anelli nel1905 e di tante altre ancora, frut-to tutte di un grossolano errorestorico e di una evidente diffusaignoranza. Per la cronaca, FedericoBarbarossa morí nel 1190 duran-te la terza crociata, gli succede ilfiglio Enrico VI che morirá gio-vanissimo nel 1197 ed il cuifiglio, Federico Ruggero, diverrál´imperatore Federico II diSvevia.

Quella di “Castello Federico II diSvevia” é certamente la denomi-nazione piú corretta, nel rispettodella storia che registra l´iniziodella sua costruzione nel 1227per volere del famoso re impera-tore, che fu un autentico innamo-rato di Brindisi: Federico II.

Circa un secolo dopo, Carlod´Angió fece aggiungere nuovefortificazioni, mente nel 1488,per volere di Ferdinando I diAragona, il castello subí impor-tanti modifiche con la costruzi-ne, attorno al nucleo federicianotrapezoidale originale, di un´alta

muraglia a pentagono provvistadi nuove torri e di un fossato. Dalí le denominazioni di “CastelloAngioino“ e di “CastelloAragonese“. Nel 1808, con Napoleone, altrono di Napoli giunseGioacchino Murat che nel 1814

decise di convertire il castello in“Bagno penale” per potervialloggiare un gran numero di for-zati da destinare ai grandi lavoridi escavazione del porto interno:sembra risultare esservi statoracchiuso anche il padre diAlexandre Dumás, il famosoautore del Conte di Montecristo,I tre moschettieri, etc., etc. Nel 1815 Gioacchino Muratdecadde dal trono e fu fucilato,ma il progetto di risistemazionedel porto interno con la manod´opera dei forzati del bagnopenale fu portato avanti daiBorboni: interessante esempio dicontinuitá amministrativa!Quel bagno penale continuó afunzionare fino al 1909, anno incui il Castello di Terra fu dato inuso alla Regia Marina Militare,in attenzione allo strategicoruolo che il porto di Brindisidoveva poi ricoprire nelle dueguerre mondiali. Un uso che per-mane tutt´ora nonostante la mari-na militare non sia piú regia enonostante non risulti se ne stiafacendo un gran uso militare.Speriamo che finalmente ilnostro bel Castello di terra sia abreve restituito ai brindisini!

Castello di Terra Federico Barbarossa (?) - 1880

Page 29: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Siamo in corso Umberto I° esulla sinistra della foto siriconosce l´inconfondibile

siluetta del fú teatro Verdi. Maanche l´edificio che é in primopiano nella foto non esiste piú damolti anni: era la sede di un tea-tro cittadino, il Politeama Ducadegli Abruzzi che nel giugno del1912 era stato edificatosull´angolo con via CesareBraico, proprio dove ha poi avutosede per tanti anni e fino a nonmolto, il Circolo Cittadino.Era un edificio in legno a duepiani con tre file di palchi in cuigli spettacoli lirici, cinematogra-fici e di rivista, iniziarono aesservi rappresenati il 22 marzodel 1913.Dopo pochissimi anni di eserci-zio, l´edificio in legno subí unrovinoso incendio che indusse ilproprietario a trasformarlo inun´arena: l´Arena Margherita chefunzionó sino all'estate del 1917,grazie alla buona qualità dellesue rappresentazioni ed a unaimportante affluenza di pubblico,che nei lunghi e caldi mesi estivibrindisini faceva spesso registra-re il tutto esaurito.Erano quelli dell´inizio del nove-cento, anni in cui Brindisi, dopo iprimi difficili decenni che tenne-ro dietro all´unificazione nazio-nale, aveva cominciato a cono-scere una discreta crescita econo-mica e si era anche popolata dinumerosi ritrovi pubblici comediretta coseguenza di un certobenessere diffusosi nelle classipiú facoltose e della tendenza diqueste a ricercare la felicitá a tuttii costi, secondo i canoni della

Belle Epoque, che nelle nostreregioni meridionali si protrassefino alle soglie degli anni 30,quando altrove ersa giá tramonta-ta [“Vecchia Brindisi tra cronacae storia” Alberto Del Sordo -1978].

Nel periodo citato infatti, l´inte-resse del pubblico borghese brin-disno per gli spettacoli teatrali emondani aveva incoraggiatoalcuni imprenditori nostrani acreare nuovi locali, che assecon-darono quelli già esistenti, come

l´antico teatro comunale MarcoPacuvio in via Ferrante Fornari, eil teatro del Festival, entrambi giàattivi fin dal secolo precedente.Il 1903 fu l´anno di due impor-tanti inaugurazioni: il 21 gennaioin piazza Cairoli si apriva il

Politeama Bellini, un teatro inlegno che anticipò di alcuni mesil'apertura ufficiale avvenuta il 17ottobre del vicino teatro comuna-le Verdi, comunque già funzio-nante da mesi con spettacoli diminore importanza. Nel maggio del 1914 fu inaugu-rato il cinema-teatro Mazari, unacostruzione in stile Liberty doverinomati spettacoli di varietà edoperette si alternavano con leproiezioni cinematografiche.Al termine della prima guerramondiale solo il Mazari ed ilVerdi riuscirono a riprendere leloro attività, peró nel 1925 si potèfinalmente disporre di una nuovamoderna sala cinematografica,costruita in muratura e ferrosull´area del vecchio teatroBellini, cessato fin dal 1911 e lacui platea era stata adibita a pistadi pattinaggio. Il nuovo cinema prese inizial-mente il nome "Eden" e poi, nel1936 e per ´ragioni di ordine pub-blico´ (un fantomatico generaleinglese aveva quel nome), fudenominato "Impero". Sul suoschermo furono proiettati i capo-lavori dell´arte muta fino a quan-do nel 1931, il ’muto’ fu soppian-tato dal ‘sonoro’.

Il Politeama Duca degli Abruzzi - 1914

GIOVEDÌ 13 DICEMBRE 2012

Questa foto di Brindisicostituisce certamenteuna sfida per chiunque si

voglia cimentare nell´arduaimpresa di identificarne l´esattaubicazione. E si, perché non solo la via nonesite piú con tale denominazioneo tale configurazione, ma anchequasi tutto il resto che é rappre-sentato nella foto, non esite piú.La via Circonvallazione eraquella che appare in bianco sullasinistra della foto e che poi, nelsettore ripreso dalla foto, mutóla sua denominazione a quelladi via Bastioni San Giacomo.In effetti, sul ”Piano regolatoredella cittá di Brindisi del 1883”tutta la strada compresa tra PortaLecce e Porta Mesagne, esternaalle mura e con un giro ad ango-lo quasi retto intorno al Bastionedi San Giacomo, si denominava”Strada di Circonvallazione”. Quindi, oltre all´attuale viaBastioni San Giacomo, corri-spondente a quella strada che érappresentata nella fotografia, lavia Circonvallazione compren-deva anche le attuali viaBastioni Carlo V, tra CorsoRoma e la stazione serroviaria, evia Bastioni San Giorgio, tra lastazione e Porta Mesagne.Il settore che nella foto é alladestra della strada bianca, fu poioccupato dal Parco dellaRimembranza, inaugurato nel1927 e sradicato nel dopoguerra

per far posto a edifici pubbliciche avrebbero potuto avere benaltra collocazione, invece diquella realizzata sull´unico pol-mone verde esistente nel centrocittadino.Il Bastione di Carlo V, quelloadiacente a Porta Mesagne, si

puó intravedere sul fondo dellafotografia, mentre il Bastione diSan Giorgio, quello che era sitodi fronte alla stazione ferrovia-ria, all´epoca della foto era giástato inspiegabilmente abbattutoproprio per far posto alla stazio-ne, la quale peró per nulla inter-

feriva con quel bastione. Mah! Il Bastione di San Giacomofinalmente, rimaneva invece allespalle della foto, sul lato destro.Fu per ordine di Carlo V che fucostruito il gran Torrione di SanGiacomo assieme alla cortinamuraria che, passando per il

Torrione di San Giorgio, rag-giungeva il Torrione di PortaMesagne e proseguiva quindifino al Castello di terra: una for-midabile cintura difensiva diterra compresa tra il Castello e,sul mare, la Porta Reale. Fino a quella antica porta infattisi estendevano i bastioni, dopoaver superato Porta Lecce. La Porta Reale, da tantissimotempo ormai scomparsa, eraubicata alla fne della StradaMaestra, la principale della cittá,che partendo da Porta Mesagnegiungeva fino al luogo in cui étutt´ora edificata la strutturadella Capitaneria di porto, dopoaver attraversato per interol´urbe medievale.E cosí, a completare l´intero cir-cuito perimetrale difensivo dellacittá non restava che solamenteil lungomare: dalla Porta Realeal Castello di terra infatti, tutto ilperimetro terrestre ai tempi delre di Spagna Carlo V (1500-1558) era formidabilmente pro-tetto.

Via Circonvallazione (B. San Giacomo) - 1903

aggravate.GIOVEDÌ 6 DICEMBRE 2012

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GIOVEDÌ 20 DICEMBRE 2012 11LEONI IN INDI

Mancó molto poco chequesta fotografia dive-nisse l´ultima foto di

Porta Mesagne, o di Porta Napoli,come si dice si chiamasse prima. E si, ...incredibile ma vero: i lavo-ri per la sua demolizione eranogiá iniziati quando DonPasqualino Camassa, il grandefilantropo brindisino ispiratorecon la sua ”Brigata degli Amatoridella Storia e dell’ Arte”dell´anima piú sensibile delnostro gruppo, vi si oppose, ...ecome!Papa Pascalinu appena informatodella decisione di abbattere lapericolante porta, inizió la suacrociata e quando vide che i lavo-ri di demolizione erano iniziati,non esitó a far trasportare il suoletto fin sotto l´arco della porta ea sdraiarsi su di esso: “Questaporta non si abbatte a meno chenon saró abbattuto anchi´io”.Tanta risoluzione sortí effetto!Nella prima metá del III secolo(nel 1243 per esattezza) la portaera stata fatta ricostruire, con conunica apertura a fornice di sestoacuto, da Federico II di Svevia.L´altra apertura, cosí come laconosciamo noi, fu poi praticatadi recente, alla fine degli annitrenta in occasione del restaurosucceduto al giá citato tentativofallito di demolizione, per soddi-sfare le esigenze della circolazio-ne pedonale che doveva esserenecessariamente separata da quel-la veicolare, ormai divenuta peri-colosamente intensa. Ma quella porta ”da sempre” erastata la principale ed a lungounica porta d´ingresso per via

terra alla cittá. Il suo complessooriginale risale infatti ad alcunidecenni prima della nascita diCristo, a quando Marco Antoniofece costruire quel tratto di cintamuraria che la comprendeva, perdifendere la cittá ed il suo strate-

gico porto dagli attacchi di terra.Da quella porta iniziava il suopercorso la medievale RuaMaestra, l´antica strada principa-le dell´urbe, che si displanavafino alla Porta Reale sul mare,spaccando in due la cittá lungo il

tracciato rimasto pressoché inal-terato ed attualmente contrasse-gnato da tre diversi toponimi, unoprosecuzione dell´altro: viaCarmine, via Ferrante Fornari(che nell´800 era chiamata viaAngioli) e via Filomeno

Consiglio.E su quella stessa porta, natural-mente, confluiva la Via Appia, laregina di tutte le vie “Regina via-rum” la cui costruzione partendoda Roma fu iniziata nel 312 a.c.dal censore Appio Claudio Ciecoe che per secoli e secoli fu transi-tata fino a Brindisi da imperatori,re, condottieri, avventurieri, viag-giatori di tutto il mondo e da tuttoil mondo, i quali tutti passaronosotto l´arco di Porta Mesagne perpoi guadagnare il mare perl´Oriente attraverso il porto diBrindisi, il piú sicuro di tutto ilMediterraneo, come sicuri loerano solo anche Giugno eLuglio. Interessante e per certi versid´attualitá é la targa marmoreaaffissa affianco alla modernaapertura laterale per il passaggiodei pedoni:

“Comune di Brindisi -Capoluogo di Distretto -Provincia di Terra d´Otranto”Tale infatti era lo status ammini-strativo di Brindisi, subito primache, nel 1927, Mussolini facesseotorgare alla cittá lo status di“Provincia“ suddividendo laProvincia Terra d´Otranto in treprovince: Lecce, Taranto eBrindisi.

Porta Mesagne “miracolata“ - 1925

GIOVEDÌ 27 DICEMBRE 201214

Avevo pensato che conquesta foto N° 50 sisarebbe potuta con-

cludere questa mia entusia-smante avventura, duratatutto un anno, dedicata a que-sta rubrica settimanale dicommenti alle piú interes-santi fotografie del gruppoFb “Brindisini la mia gente”.Entusiasmante per me, natu-ralmente, e spero gradita permolti dei lettori diSenzacolonne.Il nostro DirettoreGianmarco, con la sua usualegenerositá, mi ha invece sug-gerito di continuare e prolun-gare questa avventura. Nonho certo potuto dire di no,anche perché son sicuro chequella miniera di fotografiebrindisine che é diventato ilnostro gruppo “Brindisini lamia gente” non mancherá dioffrirmi ed offrirci ancoratante belle ed interessantissi-me fotografie da commenta-re.Ma permettetemi di scrivereche uno dei motivi piú validiper il quale credo che final-mente raccoglieró la sfida diprolungare la vita di questarubbrica, é sicuramente lega-to alla intima soddisfazioneprocuratami dai tanti com-menti che gli amici del grup-po “Brindisini la mia gente”,e non solo loro, hanno volutopuntualmente farmi giungeread ogni pubblicazione. Queicommenti sono stati tuttisempre molto gratificanti,

oltreché interessanti comple-mentari ed in piú di un’occa-sione finanche preponderantirispetto ai miei stessi com-menti iniziali, ed hanno per-ció costituito il mio principa-le stimolo ad andare avanti.

La scelta quindi di pubblica-re questa fotografia, non erastata assolutamente casuale.Dedicare quella che dovevaessere l’ultima foto dellaserie, alla gloriosa “Valigiadelle Indie” dei due bravi

brindisini e amici, GiancarloCafiero e GalianoLombardo, voleva infattiessere anzitutto un modestoma sentito e certamente con-diviso omaggio a due brindi-sini doc che hanno dedicato

gran parte della loro vita araccogliere, ordinare, classi-ficare e tramandare ogni purpiccolo testimone possibiledella nostra Brindisi passata,sottraendolo all’abbandonoall’incuria ed alla piú cheprobabile scomparsa. Manon solo... voleva ancheessere un simbolico passareil testimone della rubbrica...e nessuno meglio della“Valigia delle Indie” nesarebbe potuto diventare ilgeloso guardiano ed il fedeleperpetuatore.Con questa foto peró, voglioanche celebrare, con tutti ilettori di Senzacolonne e gliamici di “Brindisini la miagente”, i nientemeno che 30anni esatti di fortunata e for-tunosa esistenza della“Valigia delle Indie”, fondataappunto nel giá lontanonovembre del 1982 per visio-ne e volontá di Giancarlo eGaliano, e da loro due man-tenuta aperta per tutti noi, dasempre in quel di ViaTarantini N.20, con tantacaparbietá e non pochi gran-di sacrifici. Grazie Giancarlo e grazieGaliano! In tantissimi ve nesiamo grati.

La valigia delle Indie... quella del XX secolo

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Le Sciabiche

Pubblicato su SENZACOLONNE del 12 Gennaio 2012

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Tutti i brindisini conosciamo bene che “Le Sciabiche” era lo storico quartiere marinaro della nostra città, ormai purtroppo quasi completamente scomparso in seguito alle demolizioni che furono consumate in due ondate, la prima intorno al 1934 durante il ventennio fascista per dare spazio alla risistemazione di piazza Santa Teresa con la costruzione della Fontana Imperiale, e la seconda intorno al 1959 per improbabili esigenze urbanistiche dando spazio alla salita che imbocca la via Camassa, avendo stabilito essere malsani fatiscenti ed irrecuperabili tutti quei caseggiati densamente popolati che ancora conformavano lo storico quartiere. Ed in effetti la bella foto -di autore a me sconosciuto e postata dall´amico Simone Galluzzo- riproduce, di quello che fu quel quartiere, un piccolissimo scorcio prospicente al mare sulla banchina del nostro incantevole lungomare. Però “Le Sciabiche” altro non sono che quelle suggestive reti in primissimo piano nella foto, stese ad asciugare sul piazzale e quindi diligentemente rinacciate degli strappi della pesca della notte precedente dai laboriosi pescatori “sciabbicoti”. Derivando il tutto dalla parola araba che indica quella tipologia di rete: “sciabbach”. Le sciabiche sono reti da pesca che, calate in mare a semicerchio, catturano il pesce nel loro progressivo avanzamento. Somigliano molto alle reti a strascico, ma si differenziano sostanzialmente da queste ultime per la lunghezza dei bracci, tant'è che in realtà il corpo si identifica con il sacco di raccolta.

E perché quartiere storico? Perché [Brindisiweb.it - Giovanni Membola] fu proprio nel rione Le Sciabiche, il piú simbolico della nostra cittá, che il 5 giugno del 1647 esplose spontaneamente il forte malcontento dei pescatori, facendo scoppiare la sommossa, un mese prima della più nota rivolta di Napoli capeggiata da Tommaso Aniello D'Amalfi, Masaniello, iniziando cosí l´insurrezione che finí per coinvolgere l’intero meridione, che era Regno di Napoli giá dal 1509 e regnando in Spagna Filippo III con Pedro Girón viceré a Napoli. Si racconta [Cronaca dei Sindaci di Brindisi - Pietro Cagnes e Nicola Scalese, 1529-1787]: “Fu la revoluzione nel Regno di Napoli, e precise in questa città, e il sindico Ferrante Glianes fu lapidato dal popolo, e fu pigliato da casa sua, e portato carcerato in una casa sotto la marina, dove lo trattennero tutto il giorno, e poi la sera lo mandarono libero in casa sua, e il capopopolo, o vero i capopopoli, furono Donato e Teodoro Marinazzo, e levarono le gabelle, non facendoli osservare come era di solito.” In quel quartiere, al momento del suo abbattimento definitivo nel 1959, abitavano moltissimi dei nostri amici, ragazzi di allora i quali conservano ancora vivissimi i loro ricordi d´infanzia e della loro gioventù “sciabbicota”: Arcangelo Taliento, Cosimo Prudentino, Luigi Iaia, Silvio Melpignano, Raffaele Giove, o Remo Simoniello e Antonio Volpe che avevano i nonni lì alle Sciabiche, o Cosimo Signorile il cui padre era pescatore, ...solamente per citare alcuni di loro, tutti assidui sostenitori del nostro gruppo Fb “Brindisini la mia gente”.

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Il Giro vespistico d´Italia passa da Brindisi - Ultimi anni ‘50

Pubblicato su SENZACOLONNE del 19 Gennaio 2012

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Una foto bella ed anche molto suggestiva, con un´atmosfera decisamente festiva, sia per la corsa in Vespa, sia per la presenza delle luminarie decorative che si intravedono, dobbiamo essere intorno alla festa di San Teodoro, e sia per lo sfondo sereno e rilassato: una nave da crociera agli ormeggi portuali e la terrazza balcone della Stazione Marittima a fine estate ancora ammobiliata con i tavolini da bar e gli ombrelloni del Desirè a mare. E sul fondo anche la inconfondibile siluetta della mitica Villa Skirmuth-Monticelli, la villa dei misteri, forse non ancora completamente in rovina.

Questa foto, ormai quasi dimenticata, l´ho postata dopo averla riscoperta sul fondo di un cassetto della mia vecchia scrivania a casa dei miei, in via Castello 3. Me l´aveva regalata nei lontani anni dell´università un mio amico torinese del Politecnico: a quel giro aveva partecipato suo padre, che é uno dei vespisti ritratti nella fotografia.

Da tanti, troppi, anni a questa parte invece l´atmosfera é decisamente cambiata: le grandi navi da crociera son scomparse quasi completamente e la veranda del Desirè a mare con la sua vista mozzafiato, ci dicono sia adesso il balcone inutilizzato dell´ufficio del capo dell´autorità portuaria, che appunto da un po’ di anni sembra che occupi quello che per

tanto tempo fu il famoso salone delle feste della Stazione Marittima.

Tantissime coppie brindisine festeggiarono il loro matrimonio in quella bella sala e lí si celebrarono tantissimi veglioni di carnevale e capodanno, e poi le feste studentesche dei liceali brindisini!

Però, pur nella convinzione che non sia possibile costruire un futuro migliore senza ben conoscere il proprio passato, bisogna sempre guardare avanti, ed allora io l´avrei da fare una petizione concreta al professor Hercules Haralambides, l´attuale capo dell´autorità portuaria:

“Restituire a tutti i brindisini quello spazio che per tanti anni é stato luogo di pubblico ritrovo e che é ancora nella memoria di tanti brindisini i quali non hanno mai perdonato che gli sia stato abusivamente scippato”. Son sicuro che noi tutti gliene saremmo riconoscenti.

Questa struttura della Stazione Marittima solo parzialmente riprodotta nella foto, e cosí come noi la conosciamo, risale al 1940 anno in cui fu costruita per sostituire quella anteriore molto più modesta stazione che aveva operato durante 40 anni, quindici dei quali, dal 1901 e fino al 1914, sotto l´impulso delle attività della società Peninsulare con la celebre Valigia delle Indie.

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Corso Garibaldi - 1870

Pubblicato su SENZACOLONNE del 26 Gennaio 2012

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Questa antichissima foto appartiene alla serie di quelle che, datate 1870, integrano gli Archivi Alinari e che furono esposte in occasione della mostra “Brindisi negli Archivi Alinari tra Unità d´Italia e Prima guerra mondiale” a Palazzo Granafei Nervegna dal 18 Giugno al 9 Ottobre 2011. La foto originale é dello Stabilimento Giacomo Brogi.

Si tratta pertanto molto probabilmente della serie di fotografie più antiche della nostra città. In effetti, anche se la preistoria della fotografia risale agli ultimissimi anni del ‘700, in Itali i primi esperimenti di fotografia furono condotti da Enrico Federico Jest e da Antonio Rasetti solo nell'ottobre del 1839 con un macchinario di loro costruzione basato sui progetti del francese Daguerre e le loro prime fotografie italiane documentate, sono quelle che riproducono alcune vedute di Torino.

Bisogna osservare che nel 1870 il corso si chiamava ancora Strada Amena, e fino al 1797 era stato percorso da un insano canale di scolo di rifiuti urbani di ogni tipo, da cui il nome di ‘strada della mena’. In quell´anno 1797 il canale fu finalmente risanato e la via denominata ufficialmente Strada Carolina in onore alla moglie

austriaca di Ferdinando IV° re del Regno Napoli al quale appunto Brindisi apparteneva. Solamente nel 1880 con la morte di Garibaldi fu assegnato il nome attuale al corso che includeva anche l´attuale Corso Roma.

Al fondo della foto, si va verso il mare, sulla destra c´erano i terreni della futura stazione marittima e sulla sinistra, dopo gli edifici, i terreni dei futuri Giardini Vittorio Emanuele II° -Li giardinetti- che al tempo della foto si chiamavano Largo San Francesco.

La viuzza a sinistra in primo piano nella foto, quel portoncino ad arco e la soprastante finestra esistono uguali tutt´ora, é l´attuale Vico De Lubelli, che si chiamava Vico Amena 2°, mentre la viuzza seguente si chiamava Vico Amena 1° ed é l´attuale Via Amena.

L´insegna a sbalzo sull´angolo dice Hotel D´Oriente e l´edificio a tre balconi in primo piano é tutto ancora lì, mentre la costruzione che segue fino a Via Amena é stata sostituita da un edifico a due piani e cinque balconi. Finalmente segue, oggi, il più grande e più moderno edificio al cui pianterreno ci sono il Bar Ausonia ed il Caffè de Paris. Poi, i nostri Giardinetti della Stazione Marittima.

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La terrazza belvedere delle Colonne Romane - 1955

Pubblicato su SENZACOLONNE del 3 Febbraio 2012

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Di questa foto un po’ sgualcita ma pur sempre bella, postata dall´amico Nikos Desillas, non é importante la data né, in questo mio commento, vogliono esserlo le nostre famosissime colonne romane, centrali nella foto, terminali della Via Appia, e neanche la casa di Virgilio, la casa cioè che occupa il luogo di quella molto più antica in cui il grande poeta romano Publio Virgilio Marone vi morì e che oggi sostiene la targa commemorativa di quell´evento, e neppure il Palazzo Perez sulla destra della foto.

Il titolo che ho infatti scelto per questa foto, postata dal nostro amico d´oltre mare Nikos Desillas, richiama chiaramente una semplice terrazza, in primissimo piano nella foto. Perché mai?

Ma perché quella terrazza conduce ad un balcone che affaccia su uno dei panorami più belli al mondo, di una bellezza assolutamente indescrivibile, un panorama mozzafiato sul porto interno, sul Casale, sul Monumento, sul canale Pigonati, sul porto esterno, sul Forte a mare, ...sull´infinito azzurro e luminoso del mare brindisino.

Ma non é neanche stato solo per decantare tutto ciò, che ho voluto pubblicare questa foto. L´ho fatto invece perché quella terrazza, con il suo balcone e il suo panorama, da sempre a mia buona memoria patrimonio di tutti

i brindisini, da qualche anno é chiusa al pubblico da un cancello: per proteggerla da vandali e sporcaccioni, ...ci hanno detto.

Molto peggio la cura che la malattia, e si potrebbe anche dire che di certo é stata scelta la medicina peggiore, una medicina che non cura la malattia, una medicina che ha ucciso.

Poi però, dopo qualche anno di amarezze ho scoperto che non era così grave la cosa. In effetti la terrazza la si poteva ancora visitare accedendovi in ascensore dall´interno dei sottostanti locali del Museo della Fondazione Faldetta. Naturalmente negli orari di apertura del suddetto museo, ...e già!

Ma bisogna essere un privilegiato per avere accesso a questa informazione gelosamente custodita come fosse un segreto di stato. E si, ...perché mica é venuto in mente al responsabile del museo di mettere un piccolo, magari anche minuscolo, cartellino sul cancello che sbarra l´accesso alla terrazza per indicare, appunto, da dove si entra! Troppa immaginazione per farlo, troppa inventiva per farsi balenare un´idea così originale e straordinaria. Mica é da tutti, non si può chiedere poi tanto!

E adesso che il museo Faldetta non riaprirà?

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La fontanella dei Giardinetti - 1968

Pubblicato su SENZACOLONNE del 9 Febbraio 2012

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La fontanella dei ‘Giardinetti’ della stazione marittima. Quante volte abbiamo fatto le veci di quel bambino o di quel papà o nonno? Adesso non c´é più la fontanella con la sua palma di datteri ormai abbattuta!

Questa foto la scattai nel 1968 quando frequentavo il ‘Centro Servizi Culturali’ in Piazza del Popolo, più esattamente mi pare in Via Santa Lucia, al primo piano subito affianco della Pizzeria Romanelli. Avevamo lì anche una piccola camera oscura ed io stesso sviluppavo le foto che scattavo. Una breve ma simpatica ed intensa stagione ‘artistica’ che durò un paio d’anni prima di intraprendere l’avventura universitaria a Torino.

L’amico Pino Spina ha voluto commentare questa mia foto scrivendo: “Non esiterei ad attribuire a questa immagine il valore di documento storico, non credo che ci sia un solo brindisino che, almeno fino a quando è esistita, non ricordi di essere stato sollevato da terra per bere a quella fontanina. Grazie, per la pubblicazione.” Troppa generosità Pino, ma son anche sicuro che questo commento sia ampiamente condiviso da tanti brindisini di più d’una generazione. E, permettetemelo, un solo altro commento tra i tantissimi e molto appassionati che ha stimolato questa mia foto, quello dell’amico Domenico Faraselli: “Le cose belle o legate a ricordi indelebili della nostra infanzia credo che non si dimentichino mai e fa sempre tano piacere rivederle. Grazie per quel magico scatto.”

Ma perché é stata tolta quella fontanella? Ma perché é stata abbattuta quella palma? Naturalmente ci deve essere stata una e forse più d’una ragione ‘tecnica’, però a noi brindisini la vita ci ha insegnato ad essere sospettosi e a diffidare degli amministratori comunali. E già, forse perché furono proprio amministratori comunali coloro i quali risolsero di abbattere la settecentesca torre dell’orologio, di demolire il teatro Verdi, di sradicare il parco delle rimembranze, di cancellare il quartiere delle Sciabiche, ...

E non voglio certamente tentar di stabilire forzate ed improbabili equivalenze tra la fontanella ed i celeberrimi monumenti citati. Per fortuna in questo caso non c’é stato di certo uno scempio storico, ...ma quella fontanella era la ‘nostra’ fontanella: semplice, umile, ma ‘nostra’! Quindi, siamo proprio sicuri che fosse veramente inevitabile il suo abbattimento, siamo proprio sicuri che non ci fosse un rimedio alle problematiche ‘tecniche’ responsabili della risoluzione? Magari il rimedio sarebbe anche potuto essere semplice, o magari forse anche complicato, ma ci resta comunque il sospetto che in fondo si tratti solo di una ulteriore manifestazione di superficialità ed insensibilità di qualcuno per il quale l’oggetto in questione null’altro fosse che una vecchia povera e inutile fontana disfunzionante, attaccata ad un vecchio albero malato. Mah! Certo che a noi restano solo il sospetto e l’amarezza.

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L´Ammiragliato - 1929

Pubblicato su SENZACOLONNE del 17 Febbraio 2012

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Forse solo i nostri genitori più anziani lo ricordano con questo nome un po’ suggestivo, o con la denominazione di Comando Marina. Noi invece, brindisini nati poco prima o poco dopo la seconda guerra mondiale, tutti lo ricordiamo come “Lu Prisidiu”.

Il palazzo, che imponente risalta sullo sfondo della foto postata da Simone Galluzzo e anche riprodotta sul classico libro editato nel 1985 “Parliamo di Brindisi con le cartoline” di Giuseppe Candilera, non esiste più, ma proviamo comunque ad orientarci:

Si tratta del palazzo adiacente alle strutture di quella che in origine fu la caserma d´artiglieria “Ederle”, dal nome di Carlo Ederle, maggiore di artiglieria nato a Verona nel 1892 e morto sul Piave nel 1917, medaglia d´oro al valor militare nella prima guerra mondiale.

La strada sulla destra é l´attuale Viale dei Mille, vista da Via Santa Aloy e subito a destra, non visibile nella foto ma tutt´oggi esistente dietro gli alberi, c´é la palazzina dell´Ammiragliato, nella quale alloggiò il Re Vittorio Emmanuele III° durante il periodo del suo soggiorno a Brindisi dopo l´8 settembre 1943 durante i mesi in cui Brindisi fu la capitale d´Italia.

La costruzione bassa a forma di capannone con il tetto a due spioventi sulla sinistra della foto invece, esiste ancora completamente fatiscente e da molti anni abbandonata: appartenne alla caserma Ederle ed occupa tutto il lato Nord di Via Castello, tra Via Rodi e Via Cittadella nuova. Quella costruzione bassa ha anche un secondo lato contiguo non visibile nella foto, tipologicamente uguale e disposto perpendicolarmente, occupando ancora oggi tutto il lato ovest di Via Cittadella nuova, tra Via Castello e Viale dei Mille e, ad angolo tra Via Cittadella nuova e Viale dei Mille, c´é il Circolo ricreativo della Marina.

Esattamente in quello stesso angolo, fino a tutta la seconda guerra mondiale, era invece posizionata la garitta del sentinella e, me lo raccontava mia madre, il sentinella era puntualmente presente al suo posto anche durante quella tragica notte brindisina tra il 7 e l´8 novembre del 1941, mentre infuriavano i bombardamenti inglesi: le bombe cadevano in quell´area con sempre maggiore insistenza ed

una signora anziana che viveva al piano rialzato dell´edificio con gli archi che si affacciava, e si affaccia ancora, su Via Santa Aloy a pochissimi metri da quell´angolo, scorgendo dalla sua finestra socchiusa il soldato, cominciò a chiamarlo ingiungendogli di venir fuori dalla garitta e di rifugiarsi nel portone dell´edificio, molto più solido ed un po’ meno esposto alle bombe. Il sentinella non volle muoversi e la signora dopo ripetuti quanto inutili richiami, scese per strada, andó alla garitta e materialmente trascinó il soldato fuori fino a farlo rifugiuare nel portone dell´edificio. Erano trascorsi pochi minuti da quel momento quando una bomba centró in pieno la garitta: non ricordo il nome di quell´anziana signora, ne mai seppi quello del giovane soldato.

Alle spalle dell´edificio e per tutta la sua notevole ampiezza c´era un grande cortile, una grossa piazza d´armi denominata Piazza Castello. Al posto di quella piazza e dello stesso palazzo “Lu Prisidiu” c´é oggi la scuola Salvemini.

Dalla fine della seconda guerra mondiale invece, tutto l´edificio fu “temporalmente” destinato a civile abitazione ed occupato da tante famiglie di sfollati, una temporalitá che duró quasi vent´anni: alcuni dei miei compagni di classe alle scuole elementari San Lorenzo abitavano “intra allu Prisidiu”. Io sono infatti nato e vissuto in Via Castello N°3, esattamente all´angolo con Via Cittadella nuova, proprio di fronte a ció che restava della caserma Ederle.

La caserma in origine occupava per intero tutto l´isolato, che era perfettamente rettangolare e conteneva anche il palazzo del Presidio Militare, essendo delimitato dalle quattro strade: Via Castello, Via Cittadella nuova, Viale dei Mille e Viale della Libertá, la quale in effetti non esisteva ancora ed era una strada interna alla Marina Militare, cosí come lo era anche l´attuale Viale dei Mille.

La Ederle, era poi divenuta una caserma di cavalleria, ed ai tempi della mia infanzia oltre ai soldati c´erano ancora i cavalli, poi negli anni divenne un deposito di armi. Me li ricordo bene i cavalli, dal balcone di casa li osservavo ogni mattina, con i soldati che li facevano uscire dalle stalle e li portavano a bere nel beveratoio al centro del cortile, e poi li facevano passeggiare un pó.

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Il Calvario - 1904

Pubblicato su SENZACOLONNE del 23 Febbraio 2012

Questa é una bella vecchia cartolina che fu editata da Angela Anelli e illustra il Calvario sito sulla Via Santa Margherita ad

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angolo con Via Carmine e la cui costruzione originale deve in qualche modo essere stata legata alla esistenza di due importanti strutture religiose che erano state previamente edificate nelle sue immediate adiacenze, da un lato e dall’altro.

Un angolo di Brindisi certamente suggestivo ed assolutamente molto presente nella memoria di tanti di noi che da bambini ci incantavamo, anche un po’ suggestionati ed impressionati, di fronte alla figura del Cristo morto e della Madonna che lo compiangeva, nella sera dei sepolcri e durante tutta la settimana santa. Poi invece, per tutto il resto dell´anno le statue sparivano dalla vista, anche se la loro presenza la si poteva indovinare dentro la minuta cupola che le custodiva e che ha continuato a custodirle durante tantissimi anni: un angolo della nostra storia.

Così come lo ricorda la lapide ancora apposta sul pilastro, a sinistra nella foto, il Calvario fu fatto ergere nel 1830 (AD MD.CCC.XXX), da Monsignor Pietro Consiglio, Arcivescovo di Brindisi e di Ostuni tra il 1826 e il 1839, praticamente addossato al convento di Santa Maria delle Grazie i cui resti ancora resistono in parte, proprio affianco al Calvario, su Via Santa Margherita: il muro che si osserva sulla destra della foto appartiene infatti alla struttura del convento. L’intonaco su questo muro è stato tolto di recente e si possono cosí notare alcune figure incise sulla pietra esposta, un cervo e poi dei pesci in mare.

Su Via Santa Margherita, quando eravamo bambini c´era solo un arco aperto, mentre

adesso c´è un cancello ed al suo interno si può osservare un cortile che fu il chiostro del convento, con ben riconoscibili gli archi ogivali a sesto acuto, adesso che tutto é stato finalmente restaurato dai proprietari attuali.

Il convento aveva assunto la denominazione di Santa Maria delle Grazie solo dopo la riforma dell’ordine eremitano ed il più antico documento noto che lo cita esplicitamente è datato 1333. Dopo una prima soppressione venne utilizzato come ospedale, mentre in tempi meno lontani invece, e dopo la dismissione definitiva del convento, l’edificio passò in proprietà al Comune e fu successivamente destinato a civili abitazioni.

Dietro al Calvario, dove c'è adesso la birreria Gruit, il palazzo Gioia, c’era invece il ben più antico Monastero degli Agostiniani, fondato nel 1193 e di fatto collegato e tutt´uno con il Convento di Santa Maria delle Grazie.

Poi, più vicino a Porta Mesagne, nel 1526 fu costruita la chiesa di San Rocco, in uso ai Carmelitani, di cui non rimane più nulla se non la statua di San Rocco conservata nel cortile del palazzo del Seminario. Di fronte al Calvario finalmente, sorgeva la chiesa con l´annesso convento della Madonna del Carmine, da cui il nome della strada.

Si trattava quindi in effetti di tutto un antichissimo complesso religioso e mistico e recentemente é stato approvato un progetto di restauro del Calvario e del palazzo ex Monastero degli Agostiniani.

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La Vendemmia e “li cufanaturi” - 1965

Pubblicato su SENZACOLONNE del 1 Marzo 2012

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Ho trovato simpatico comporre queste due belle foto postate da Francesco Petrelli, emblematiche di quella che fino a un po’ di anni fa era la vendemmia nelle nostre campagne, e con l´intenzione di rendere un omaggio a quegli uomini che della vendemmia brindisina sono stati durante tanti anni i veri ed anche un po’ eroici protagonisti: “li cufanaturi”.

Erano i personaggi di gran lunga più importanti della filiera produttiva della vendemmia, erano giovani e meno giovani, ma sempre e sicuramente forti e resistenti, ed erano pertanto quelli che tra i lavoratori del campo erano i meglio remunerati. Trasportavano con passo celere, quasi di corsa, alternandola su una sola spalla, la “tinedda” zeppa d´uva, che veniva auto-caricata seguendo un movimento preciso, quasi acrobatico e rigorosamente coordinato, di sollevamento da terra mediante l´accompagnamento da parte di colui che era incaricato del suo riempimento travasando le ceste o panari riempiti con l´uva raccolta dalle vendemmiatrici, le eroine della vendemmia brindisina.

Il tragitto della corsa era variabile durante la lunga giornata e si allungava fino ad anche una cinquantina e più di metri man mano che il taglio dell´uva avanzava fino all´estremo del filare per poi ritornare indietro dal filare adiacente. Poi alla fine di ogni corsa la

scaletta in legno, necessaria per guadagnare il ciglio della botte o della cassa del camion, spesso resa anche un po’ viscida dalla terra e dal succo d´uva che inevitabilmente finivano con l´avvolgere gli scalini. Quella “tinedda” era veramente maledettamente pesante, ve lo posso giurare.

A me infatti, come a tanti altri miei coetanei, é capitato da studente ancora in vacanza di andare a vendemmiare assolvendo il compito di, appunto, sollevatore della tina, e non certo quello fisicamente assolutamente impossibile di “cufanatori”. Quella tina era pesante anche vuota, figuriamoci piena. Era fatta di legno bello spesso perché doveva essere resistente e durevole, e poi con il trascorrere delle ore si appesantiva ancor più perché si inzuppava del succo d´uva assorbito in abbondanza.

Da casa si usciva un po’ prima dell´alba per raggiungere la campagna prestissimo ed iniziare il lavoro con le primissime luci. Ma coloro i quali ci dovevano andare “cullu travinu” uscivano di casa a notte fonda, ed erano tantissimi “li travini” che si superavano per strada, al buio e tutti con la lanterna segnaletica a petrolio accesa e dondolando “sott´allu travinu” in un´atmosfera surreale scandita dallo scalpiccio delle staffe dei cavalli sull´asfalto, e “sulle chianche”.

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La demolizione del Teatro Verdi - 1960

Pubblicato su SENZACOLONNE del 8 Marzo 2012

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Una tristissima foto. Una foto assurda che non sarebbe mai dovuta essere scattata. Una foto figlia dell´invidia, della politica più malsana, dell´ignoranza, della malafede e, purtroppo, anche dell´indifferenza della maggior parte dei cittadini. Quell´indolenza che sembra trapelare anche da quel passo frettoloso dei tanti che stanno passando inosservanti di ció che stava succedendo, anzi consumandosi, alla loro presenza.

“...Dopo fasi di alterna fortuna, come punto di arrivo di un lento declino, un commissario prefettizio a nome Prestipino, insediato il 4 aprile 1959 a causa della crisi che aveva investito l’amministrazione retta dal Sindaco Manlio Poto, il 30 settembre del 1959 decretò l´abbattimento del teatro ‘per salvaguardare la incolumità pubblica’. La demolizione fu eseguita fra una certa indifferenza generale da febbraio a maggio dell’anno successivo...” -da un intervento del Sindaco Domenico Mennitti durante il Consiglio Comunale tenutosi sul Teatro Verdi il 20 Novembre 2006-.

La sua costruzione aveva richiesto nove anni di lavori, dal marzo 1892 al marzo 1901. Il primo spettacolo, un concerto di musiche di Verdi, fu tenuto il 24 marzo del 1901 proprio per commemorare il grande musicista e l´inaugurazione della prima stagione lirica avvenne invece il 17 ottobre 1903, con la rappresentazione della Traviata di Verdi.

Nel Verdi si tennero nel 1926 e 1927, anche tutta una serie di importanti eventi lirici promossi e partecipati dal grande tenore leccese Tito Schipa, per la raccolta dei fondi necessari alla costruzione del Monumento al Marinaio d´Italia.

Il teatro fu in minima parte danneggiato durante l'ultima guerra mondiale da bombe esplose nelle sue vicinanze, e fu più volte riparato tra il 1949 e il 1951.

Il 21 luglio 1951 una commissione di cui facevano parte tecnici del genio civile, della provincia e dell´ordine degli ingegneri, concluse che “...il teatro non rispondeva più alle esigenze per le quali era stato costruito, che non era un monumento degno di essere conservato, che l´area di grande valore in cui si trovava poteva essere meglio utilizzata...”.

Non ci sono le prove, ma quelle conclusioni inducono, anzi obbligano, a credere nella assoluta malafede di quella commissione. ...Si, perché la sola ignoranza ed indolenza non avrebbero potuto da sole spiegare l´assurdità di quella conclusione.

La struttura continuò comunque a funzionare come cinema, finché il 23 agosto 1956 la prefettura ne dispose la chiusura e nel 1959 il commissario prefettizio ne decretò la demolizione.

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“Lu Napulitanu” - 2000

Pubblicato su SENZACOLONNE del 15 Marzo 2012

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Questa bellissima foto gentilmente postata dall´amica Valeria De Robertis, riproduce il simpatico signor Mauro De Robertis, marito di Iolanda Napoletrano, padre dell´amico Nicola e nonno di Valeria, e che purtroppo ci ha ormai e definitivamente lasciato. E lo riproduce dentro il suo piú che famoso negozio di Via Ferrante Fornari, quello di fronte alla chiesa degli Angioli ed alla scuola elementari San Lorenzo: il negozio “ti lu Napulitanu” che, dopo quasi 100 anni di esistenza, ha anch´esso chiuso per sempre i suoi battenti.

Si, purtroppo “Lu Napulitanu” ci ha lasciato senza i suoi ami per la pesca, i quaderni neri con il bordo rosso, i tappi di sughero, le maschere di carnevale di cartone, i denti per la fioscina, li chiumbi e li cranfarieddi, i salvadanai in terracotta, li curri, li mintini, i formaggini di cioccolata, le collane di zucchero, le giuggiole e le rotelle di liquerizia, i mortaretti e li fiscaluri, le fiale puzzolenti, i soldatini e gli indiani di plastica, parrucche barbe e baffi finti, ceri per i santi e per i morti, e ...li tagghioli pi li surgi... Quando serviva una qualsiesi cosa a casa, le mamme ci dicevano “sirai la teni lu Napuliatanu”. In quel negozietto si respirava un´aria speciale, tutta magica.

A voler essere piú precisi, in effetti i negozi chiamati “Lu Napulitanu” in via Ferrante Fornari durante molti anni sono stati due ed i due proprietari erano fratelli. Prima aprì il negozio di nonno Mauro, che in principio fu dello bisnonno di Valeria, padre di sua nonna, proprio sull´ angolo di fronte alla chiesa degli Angioli. Poi aprì l'altro, nello stesso palazzo ma sull´altro angolo di via Ferrante Fornari, quello di fronte alle scuole elementari San Lorenzo, che però ebbe vita più breve. I due negozi, anche se erano simili, furono gestiti diversamente. Noi ragazzi per differenziarli, parlavamo di “lu Napulitanu vecchiu y lu Napulitanu nuevu, o giovini”.

Il vero cognome dei fratelli era Napolitano, ma ci fu un errore all´anagrafe e così il negozio di nonno Mauro fu registrato con il nome di “Napoletano”, mentre l'altro negozio rimase Napolitano. Poi nonno Mauro fu addirittura considerato essere napoletano per il suo modo di parlare. Non aveva infatti accento brindisino, ma in realtá era di Molfetta e non certo di Napoli, ma quasi tutti sentendolo parlare con uno strano accento e conoscendo il suo cognome, fecero l'errore di considerarlo napoletano, anche di fatto.

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Piccolo Lido - 1928

Pubblicato su SENZACOLONNE del 22 Marzo 2012

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Questa fotografia postata dall´amico Alberto Cafiero, ed appartenente alla collezione della Valigia delle Indie, é da definire quanto meno, deliziosa. Non si riesce a leggerlo però, nella fascia centrale e bianca dell´arco che rappresenta un bellissimo sole, c´é chiaramente scritto “Piccolo Lido”. Un vero gioiello, una costruzione di legno in perfetto stile Liberty.

E peccato che non ci sia dato di vedere, e neanche di sapere, quali fossero i colori di quel sole e di quelle porte delle venti gabine disposte sui due piani, ma c´é da supporre che un architetto capace di progettare una struttura così delicata ed armoniosa, deve averne di certo selezionato di perfettamente adeguati all´incantevole atmosfera di quel luogo.

E dove siamo? Esattamente su quel pezzetto di spiaggia che rimaneva compreso tra lido La Pineta e lido Gaudioso, precursore della famosa spiaggia Sant´Apollinare. La Pineta si situava immediatamente alla sinistra della foto e di fatto sotto la Villa Skirmut, quella degli spiriti, e si può infatti intravedere sotto l´albero a sinistra nella foto il portale a due colonne quadrate sormontate da due

grossi portafiori che costituiva l´entrata al terreno della villa.

Ancora un po’ più in là della Pineta, vi era infine la spiaggia Fiume Piccolo. Il lido Gaudioso invece restava immediatamente alla destra della foto e ne seguivano altri tre di lidi, in realtà tutti sulla stessa spiaggia, ma con tre diversi nomi, lido Brento, lido Risorgimento e lido Cafiero.

Il Piccolo Lido della foto, sorgeva quindi nella porzione finale di quella che poi sarebbe diventata la famosissima spiaggia di Sant'Apollinare. Quando la costruirono, Piccolo Lido scomparve assieme agli altri quattro lidi, il Gaudioso, il Brento, il Risorgimento e il Cafiero, ma rimase La Pineta divisa da Sant'Apollinare con un reticolo di filo spinato che entrava in acqua per qualche metro.

L´amico Raffaele Mauro che ci ha voluto gentilmente spiegare tutta questa complicata ed ormai scomparsa logistica delle spiagge brindisine, ci ha anche confidato di aver bucato perlomeno un paio di canotti su quel reticolo!

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Sfilata di trattrici al Corso - 23 Agosto 1927

Pubblicato su SENZACOLONNE del 15 Marzo 2012

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Una bella fotografia della collezione G. Argese che ci racconta tante cose della Brindisi che fu: gli alberi di quercia -lecci per la precisione- che su Corso Umberto I° e su Corso Roma erano stati piantati qualche anno prima, intorno al 1922, e che poi furono sradicati verso la fine degli anni ’60, per essere finalmente sostituiti in anni recenti dalle palme.

Ed ancora: in primo piano un impeccabile lastricato, quello originale dei corsi. Sul fondo a destra l´inconfondibile siluetta del tetto del teatro Verdi e finanche la facciata della stazione ferroviaria. In primissimo piano a sinistra invece, i tavolini del caffè Guarino proprio di fronte alla Piazza Vittoria.

Poi, i tanti tricolori con lo scudo sabaudo e, all´inizio di Corso Roma, che alla data ancora si continuava a chiamare Corso Garibaldi, vari calessi parcheggiati con i rispettivi cavalli, i taxi dell´epoca.

Ma la cosa più interessante della foto sono le famose trattrici Fordson, con

gli sperimentati modelli F e gli innovatori modelli N, che sfilano in occasione di una importante fiera o, come si chiamavano allora, mostra o ancora meglio, esposizione agricola industriale zootecnica.

Ci sono anche notizie e documenti che ne registrano una molto importante a Brindisi anche nell´ancor più lontano 1909 quando, essendo ancora provincia di Lecce, vantava una rigogliosa attivitá commerciale basata sui numerosi prodotti della terra, intervenendo industrialmente anche sulla trasformazione con i numerosi stabilimenti vinicoli e oleari, nonché con le molto diffuse masserie del circondario dove si allevava bestiame d´alimentazione e da tiro.

E finalmente, da notare i nostri concittadini, schierati numerosi ed in buon ordine, con moglie e bambini, e molto eleganti nei loro austeri, ma certamente dignitosi vestiti della domenica di quella fine estate.

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L´atmosfera tropicale dei “Giardinetti” - 1930 circa

Pubblicato su SENZACOLONNE del 5 Aprile 2012

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Il nostro amico Nikos Desillas da Corfù continua a regalarci dalla sua inesauribile collezione, immagini tanto belle quanto suggestive della nostra città. Molte delle foto da lui postate ci risultano quasi del tutto sconosciute, e comunque tantissime delle sue foto sono semplicemente fantastiche. Il titolo della fotografia parla di “atmosfera”, e non a caso ma proprio perché é quella che della foto é la presenza più meritevole di essere commentata, anche in considerazione del fatto che sembra sia stata recentemente un po’ troppo smarrita in quel giardino che ha già da tempo compito i cent´anni. Su tutte le vecchie mappe cittadine reperibili, per esempio sul piano del progetto per la strada La Mena del 1866, l´area sulla quale insiste il giardino viene identificata come Piazza San Francesco e in alcuni casi già veniva simboleggiata come area verde o giardino, per esempio sul piano del progetto di risistemazione della banchina centrale e sue adiacenze del 1885. Quel terreno apparteneva al proprietario di un palazzotto situato sul posto in cui fu poi edificato il palazzo della Banca d´Italia. Il terreno del giardino fu donato al Comune da quel proprietario, con la condizione che non vi si costruisse nulla che potesse togliere la vista del mare dal suo palazzo. Meno male, e che fortuna!

Il Comune si fece carico del giardino, cambiò il nome della piazza intitolandola a Vittorio Emanuele II° e tra le vecchie cartoline, già una del 1905 lo illustra in tutto splendore: un giardino particolarmente curato nella folta vegetazione, diligentemente recintato con un´elegante inferriata alta non più di in metro ed aperto al pubblico. Attorno ai primi anni ‘30 venne trasferita ai giardini la fontana dei delfini proveniente dalla vicina Piazza Baccarini e qualche anno dopo venne anche inserito un busto di Virgilio con lo sguardo rivolto verso il mare e che in molti ricordiamo ancora molto bene. Adesso, non solo l´aspetto, ma anche l´atmosfera sono completamente cambiati: molti alberi di palma sono stati abbattuti, molti degli spazi sono stati pavimentati, anzi cementificati, le palme rimaste sono così alte che lo sguardo dei passanti, ed ancor piú se di bambini, non le coglie più. E poi, quei brutti chioschi di bevande ed alimenti! Però e per fortuna, “li giardinetti” stanno ancora lì, più che centenari e disposti a resistere. C´é solo da sperare che prima o dopo un qualche amministratore con un po’ di sensibilità e di buon gusto, li faccia ritornare al loro antico splendore e restituisca loro quell´atmosfera, forse un po’ meno asettica, ma appena un po’ selvaggia, o quanto meno, più naturale!

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Fishing boats coming into Brindisi harbor - 1868

Pubblicato su SENZACOLONNE del 12 Aprile 2012

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Questo bellissimo oleo, certamente meno noto del più famoso e celebrato dipinto del porto di Brindisi di Filippo Hackert che può essere ammirato nella reggia di Caserta, é di un bravissimo pittore paesaggista americano, Sanford Robinson Gifford vissuto tra il 1823 e il 1880. Nel 1868 giunse a Brindisi per imbarcarsi per l´Egitto, ancor prima dell´inizio delle operazioni della Valigia delle Indie, e rimase colpito dalla bellezza del paesaggio portuale e dalla speciale luce che da quel mare scaturiva, tanto da decidere di dipingerlo, con le barche a remi e le bellissime barche a vela dei pescatori e con sullo sfondo, velato ma imponente, il nostro Forte a Mare.

In realtà Forte a Mare costituisce solamente una parte, la seconda in ordine cronologivco di costruzione, del fenomenale complesso difensivo costruito sull´isola di Sant´Andrea all´ingresso del porto. Il primo nucleo fu fatto erigere nel 1481 da Alfonso Duca di Calabria dietro ordine del re Ferdinando D´Aragona (da cui i due nomi di Castello Alfonsino o di Castello Aragonese). Si chiamò anche Castello Rosso, a causa del colore che al tramonto assumeva la pietra, cavata nell'isola stessa, con cui era costruito.

Il secondo nucleo, il Forte a Mare appunto, fu edificato nella seconda metà del XVI secolo, negli anni del regno di Filippo II d'Austria, figlio di Carlo V. Castello e Forte, divisi solo da un profondo fossato, costituirono un grande ed inespugnabile triangolo isoscele.

Poi, a partire dal 1900, il Forte perse la sua funzione difensiva e per un tempo fu utilizzato come lazzaretto ed il Castello Alfonsino come sede di un faro e, durante la Grande Guerra, come deposito di mine.

É aneddotico il racconto che ci ha fatto l´amico Giancarlo Cafiero dell´intenzione del magnate greco Aristotele Onassis di acquistare o quanto meno di affittare il Castello per crearci un casinò internazionale. Onassis venne a Brindisi di persona nei primissimi anni ´60 ed intavoló con tale obiettivo, ma senza successo, colloqui con le autorità della Marina Militare.

Nel 1984, la Marina Militare finalmente consegnò il complesso dell'isola al Demanio dello Stato, che lo affidò alla Soprintendenza regionale ai beni ambientali, architettonici, artistici e storici. Con i fondi dell'Unione Europea destinati allo sviluppo del turismo, e in particolare del turismo d'affari, la Soprintendenza ha parzialmente restaurato il Forte a Mare, mentre la Provincia di Brindisi ha recuperato parte del Castello Alfonsino. Però purtroppo é da subito iniziato un nuovo capitolo di noncuranza e di quasi abbandono di una struttura, un gioiello architettonico e storico, che é certo tra i più emblematici della nostra città e della nostra brindisinità.

Senza perdere l´ottimismo speriamo in bene e comunque, noi di Brindisini la mia gente, abbiamo scelto l´immagine raffigurata in questo bellissimo quadro dell´attento e sensibile viaggiatore ottocentesco Sanford Robinson Gifford, per rappresentarla nella copertina del nostro bel libro Brindisini la mia gente. Del resto quelle barche a vela ci appartengono, appartengono alla nostra memoria, in molti le ricordiamo benissimo, ugualissime a quelle del quadro, approdate sulla panchina di fronte ai giardinetti e facendo la spola con Sant´Apollinare fino a tutti i primi anni ‘70.

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Piazza Baccarini - 1903

Pubblicato su SENZACOLONNE del 19 Aprile 2012

Page 61: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Intitolare questa bella immagine alla Piazza Alfredo Baccarini -ministro dei lavori pubblici tra il 1878 e il 1883- prima ancora Piazza dei Consoli e poi recentemente ribattezzata Piazza San Teodoro D´Amasea, é certamente riduttivo. E infatti, nella foto la piazza é praticamente occultata dalla tanta frenetica attività mercantile che in essa vi si svolge.

Si riconosce a stenti la fontana centrale, sul lato estremo destro della foto, praticamente circondata dalle botti e situata di fronte al Palazzo Montenegro, non visibile nella foto. Quella stessa fontana, detta dei delfini, fu poi spostata nei giardini della Piazza Vittorio Emaluele II°, “Li giardinetti”.

La piazza su due lati era delimitata da due palazzi e sul terzo lato dalla banchina prospicente il mare, a sinistra nella foto. Il quarto lato, allineato con Via Santa Chiara, era invece completamente libero come si può ben osservare nella foto. I due citati palazzi delimitanti la piazza erano il Palazzo Montenegro e, alle spalle del fotografo, un palazzotto

poi abbattuto con tutto il rione al quale apparteneva, Le Sciabiche.

Si notano sullo sfondo destro della foto il bel palazzo del Grand Hotel Internazionale e più in primo piano, il palazzo di fine ottocento costruito ad angolo con Via Santa Chiara, senza ancora il secondo piano.

Ma sono tutte quelle navi mercantili e tutte quelle merci i veri protagonisti della foto, tutte quelle botti di vino buono e di olio ottimo, tutti quei sacchi colmi dei tanti prodotti della terra brindisina e pronti per l´imbarco e per l´esportazione. Erano per Brindisi anni di rigogliosa attività agricola e commerciale.

E sicuramente alla fonda della stazione marittima, un po’ più in là sulla banchina del lungomare anche se non visibile nella foto, c´era pronto per partire il piroscafo della “Peninsula and Oriental Steam Navigation Company” della famosa “Valigia delle Indie” che andava da Londra a Bombay via Brindisi: in treno fino alla stazione di Brindisi e poi via mare dal porto attraversando il canale di Suez.

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Piazza Santa Teresa e la Palestra Boxieri - 1950

Pubblicato su SENZACOLONNE del 26 Aprile del 2012

Page 63: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Non so per quanti anni ancora dopo quello indicato come data di questa bella foto, la Piazza Santa Teresa sia rimasta così. Solamente posso affermare che io, che sono nato subito dopo quell´anno, non me la ricordo proprio con quest´aspetto. Un aspetto che mi sento di affermare apparenta essere abbastanza più bello di quello attuale.

Appena l´amico Giancarlo Cafiero posto questa foto, i primissimi commenti che l´accompagnarono si riferirono tutti alla Palestra Boxieri il cui portone d´ingresso si può identificare chiaramente sul lato destro del caseggiato che fa da sfondo alla piazza. Si può anche chiaramente distinguere il grande cartello rettangolare soprastante all´ingresso, anche se purtroppo non é possibile leggerne tutto il contenuto.

... L´allenatori tinia lu razzu muzzu, forsi pi la guerra ... Lu chiamaunu manu di tavula, alla sicurduna ti scasciava lu nasu, cussì ti llivavi lu pinsieru ... Era mestru Cosimu ... Dell´Atti? ... Noni, mestru Cosimuuuu, Dell'Atti Gigi, venni dopu ti iddu ...E poi, li dell'Atti erunu piccinni piccinni, e com'erunu a fari cu ti spaccunu lu nasu! ... Sini era mestru Cosimo, Calabresi...

...Quandu mestru Cosimu, manu muzza, apria la palestra, si mittia vicinu all'ingressu e spittava cu rrivavunu tutti l´atleti, la palestra tinia quattru specchi sobbra alli toi lati, e lu ring a centru, tretu...

...Dopu, la palestra divintau la falegnameria ti mestru Manucciu, quiddu ca lu figghiu si chiamava Bartolo, ca purtau la prima mini moto a Brindisi, e lu prima cani alano ca si chiamava Rebon,... e la Morgan azzurra e lu prima taxi nglese... Poi tinia li toi cani buldog, Maja e Red, e quandu nui sciucavumu a palloni loro ndi sicutavunu...

...Piccinni stavumu sempri sobbra a Santa Tresia pi sciucari a palloni finu a quandu lu quisturinu no ndi cacciava quando rrivvava la sera...

...Indubbiamente così com´é nella foto era una bellissima piazza, ricca di verde, ma non si potevano fare partite di calcio,... “dopu ndi la ggiustara” e finalmente avremmo potuto giocare le nostre grandi partite, però non avevamo fatto i conti con Gianni e Pinotto, le due guardie municipali che continuamente ci “rubavano” il pallone!

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Palazzo Titi su Corso Garibaldi - 1950 circa

Pubblicato su SENZACOLONNE del 6 Maggio 2012

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Questa foto, postata dall´amico Maurizio De Virgiliis, mostra in primo piano un bel palazzo che non c´é più. Non era molto antico, ma già nelle foto dei primissimi anni del 900 vi appare, e non nuovissimo, tutto intero il suo pianterreno, nato quindi a fine ottocento e che pertanto avrebbe avuto oggi molto più di cent´anni.

Sullo sfondo di una di quelle vecchie foto del 1925, risalta una grande insegna nera orizzontale distribuita al disopra dei due archi della facciata che dà verso il giardino e che recitava a stampatello “Provveditoria Adriatica” mentre in primo piano risalta il grande giardino perfettamente recintato da quell´inferriata che é ancora ben visibile anche in questa foto. Un giardino appartenente ai terreni della stazione ferroviaria di Brindisi Marittima.

Non esisteva Via del mare, ed al suo posto scorrevano appunto i binari della Stazione. Il giardino aveva al suo interno una fontana con vasca circolare di discrete dimensioni con una rocca al centro dalla quale zampillava un getto d´acqua. Un giardino praticamente ubicato di fronte a “li giardinetti”, con il Corso Garibaldi tra i due.

Tornando al palazzo della foto, si tratta di Palazzo Titi, dal cognome della famiglia che ne era proprietaria, ed il cui secondo piano in bello stile Liberty deve essere stato edificato verso la fine degli anni ’20.

Sul balcone centrale della facciata che da su Corso Garibaldi, vi fu anche apposto lo scudo greco durate i tanti anni in cui vi rimase insediato il Consolato della Grecia.

L´edificio a forma di rettangolo abbastanza allungato, occupava tutto l´intero isolato, tra quella che successivamente doveva diventare Via del mare ed arrivando in fondo sulla Via De Flagilla. Via del mare in effetti, allineata con Via San Francesco, occupa una buona parte di quello che fu il giardino descritto, mentre il resto dello stesso giardino vesso il mare é occupato dall´edifico della Stazione Marittima la cui costruzione fu completata nel 1940.

Il Palazzo Titi però sopravvisse al giardino di parecchi anni, fino a quando, intorno ai primi anni ’60, fu demolito per fare posto al grande edificio residenziale che tutt´ora esiste e che al pianterreno e piani rialzati é adibito locali commerciali ed uffici vari.

Anche le costruzioni che nella fotografia si intravedono essere di fronte al Palazzo Titi, sull´altro marciapiedi del Corso Garibaldi, non ci sono più e furono anch´esse demolite per costruirvi altrettanti edifici, in questo caso comunque si trattava di costruzioni relativamente modeste e senza alcun pregio architettonico.

Page 66: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Il Cinema Mazari - 1956

Pubblicato su SENZACOLONNE del 10 Maggio 2012

Page 67: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Il cinema teatro Mazari, una costruzione in stile Liberty progettata dell'ingegnere Tarchioni, fu inaugurato nel maggio del 1914, in Piazza del Popolo 15. Spettacoli di varietà ed operette si alternarono con proiezioni cinematografiche, sino al 1967, quando per il risanamento urbanistico dell'area compresa tra piazza del Popolo, piazza Anime, via Santa Lucia e via San Sebastiano, la costruzione fu demolita.

Questo recitava il biglietto da visita del Mazari: posti di anfiteatro su due piani 150; posti di platea 500; posti in piedi 50.

“...La prima cosa che colpiva lo spettatore entrando nel Mazari, era l´odore, intenso odore di rosticceria. E non era una sensazione: a pochi metri dal cinema infatti c’era la famosa pizzeria di Romanelli, dove tutti andavano a rifornirsi di pizzelle fritte che poi consumavano durante la proiezione del film. A quei tempi il Mazari offriva uno spettacolo nello spettacolo, nel senso che spesso era più interessante e divertente quello che accadeva nel cinema che non la pellicola programmata. Ecco un episodio realmente accaduto nel 1956. Si proiettava ‘i figli di nessuno’, uno dei tanti lacrimevoli e fortunati film interpretati da Amedeo Nazzari e Ivonne Sanson. Alle tre del pomeriggio la platea era gremita di spettatori fermamente decisi a ’succhiarsi’ il film tre o quattro volte, a quel tempo si poteva. In una delle prime file c’era un vecchietto dall´aria contadinesca, col mezzo toscano in bocca, a quel tempo si poteva pure questo. Accanto a lui un ragazzone robusto, decisamente intenzionato a battere il record personale di gassose e a tentare il primato mondiale del rutto. Purtroppo, l’elemento gassoso introdotto nell’organismo del giovane, non proveniva solo dalla micidiale bevanda spumeggiante, ma anche da una pantagruelica razione di fagioli ingurgitata due ore prima. Finché è il rutto, passi. Nei

ruggenti anni ’50, era consuetudine normale e tollerata nei locali pubblici brindisini, esplodere in queste manifestazioni di liberazione oro-tracheale. ’Liberazioni’ di altro genere non sempre erano ben accette. Il giovane soffriva, si dimenava e si contorceva sulla sedia di compensato, la fronte imperlata di sudore. Finalmente l’occasione propizia: lo schermo proiettava la scena di un lungo treno merci che sferragliava rumorosamente nelle campagne innevate. Il rumore era assordante, certamente in grado di coprirne altri. Ed il ragazzo ne approfittò per alleggerirsi, a brevi intervalli regolari. Il treno si allontanava, cadeva un profondo silenzio sul paesaggio ed il nostro spettatore tirò un respiro di sollievo. Il vecchietto, rimasto impassibile fino a quel momento, si tolse il sigaro dalla bocca e gli chiese a voce alta: ’scusa giovini, ma quiddu trenu ca è passatu, ccè scia caricu ti ‘mberda’? E non si può non raccontare il fatto, che sempre negli anni ’50 vide protagonista quel notissimo personaggio brindisino che era Virgilio Indini, Zio di Pino Indini (Coco Lafungia). Al Mazari si stava proiettando ’Cesare e Cleopatra’ e mentre la regina d´Egitto accostava l´aspide al seno lasciando gli spettatori con il fiato sospeso, Virgilio lasciò andare una sonorosissima detonazione che venne accentuata seccamente dalla sedia di compensato. Il caso volle che, in quel preciso istante, la pellicola si interrompesse e di conseguenza si accendessero le luci in sala. Dopo un´oceanica risata generale, il pubblico della platea tributò a quell’eccezionale cannonata un prolungatissimo applauso. Virgilio, con quel senso dell´umorismo che lo caratterizzava, ebbe la faccia tosta di alzarsi e ringraziare con un inchino...”

-dal libro Maria la brindisina e gli altri, del compianto Pino Indini-.

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Le barche a vela - 1960 circa

Pubblicato su SENZACOLONNE del 19 Maggio 2012

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Questa foto, postata dal nostro solito e bravo amico d´oltremare Nikos Desillas, é così bella e così suggestiva da sembrare quasi un quadro, nonostante i toni del bianconero e nonostante l´abbondanza di dettagli e di personaggi riprodotti tutti, nelle loro pose nei loro movimenti e addirittura nelle loro espressioni, con sorprendente realismo.

La fotografia mostra un paesaggio ormai definitivamente trascorso, certamente sconosciuto a tanti ragazzi giovani e non tanto giovani, eppure non così lontano nel tempo.

Un paesaggio assolutamente familiare, rimasto di fatto quotidiano e quasi immutato durante quella quarantina d´anni a cavallo della seconda guerra mondiale, trascorsi tra la costruzione del Monumento al Marinaio d´Italia nel 1930 e la fine degli anni ’60, quando la spiaggia di Sant´Apollinare chiuse per sempre.

Naturalmente quelle stesse barche a vela dei pescatori avevano preceduto di moltissimo il sorgere del Monumento, solcando le acque

del porto anche nei secoli precedenti, ed era stato anteriore al Monumento anche il loro impiego per trasportare i bagnanti sulle spiagge della sponda opposta, tutte allineate subito a destra dopo il passaggio dal canale Pigonati.

I brindisini e le brindisine, negli anni che seguirono la fine della prima guerra mondiale cominciarono infatti a a trascorrere al mare le calde giornate delle lunghe estati e le spiagge divennero elementi integranti del costume cittadino: Fiume piccolo, La pineta, Piccolo lido, lido Gaudioso, lido Brento, lido Risorgimento e lido Cafiero erano i nomi di altrettante spiagge tutte tra loro adiacenti, fino a quando Sant´Apollinare ne integrò la maggior parte di esse in una unica mitica e meravigliosa spiaggia, ancora vivissima nei ricordi di per lo meno tre generazioni di brindisini. ...Poi giunse l´industrializzazione, e con essa l´inquinamento delle acque del porto, e così furono chiuse le spiagge, si sradicarono le sciaie delle cozze e finalmente, ... scomparvero anche le barche a vela della fotografia.

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Il Gran Caffè Torino - 1958

Pubblicato su SENZACOLONNE del 31 Maggio 2012

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Una bella foto notturna di Corso Garibaldi, dall´angolo di Via Rubini verso il mare, postata dall´amico Romeo Tepore, il cui archivio fotografico costituisce una miniera inesauribile per Brindisi e per i brindisini.

Forse nell´intenzione del fotografo non c´era un particolare interesse nel soggetto del Gran Caffè Torino che é però molto ben visibile sul primo piano sinistro della foto, con la sua caratteristica fila di tavolini sul marciapiedi e con i suoi sempre numerosi avventori. Ma per i brindisini non più giovanissimi, ed appartenenti a di più d´una generazione, invece, son sicuro che sia proprio quel particolare della foto che risveglia ricordi di un´epoca trascorsa in atmosfere certamente molto piú provinciali delle attuali, ma probabilmente molto più serene.

Nell´archivio di Brindisini la mia gente, di foto che raffigurano, sia centralmente che parzialmente, il Gran Caffè Torino ce ne sono parecchie e quella di più antica data si riferisce al 1918: il paesaggio urbano non é molto diverso da quello del 1958 e la sola eccezione la fanno le automobili parcheggiate sul marciapiedi di fronte al caffè, le quali nella foto del 1918 non ci sono ed al loro posto ci sono invece le carrozze trainate dai cavalli. Ma l´effetto

grafico in verità quasi non cambia e la differenza é, strano, abbastanza impercettibile.

Poi ad un attento osservatore della foto non sfuggirà l´insegna verticale a neon che é presene sul lato destro e che, nonostante sia riprodotta in forma speculare, racconta ugualmente la parola ”Alimentari“. Si tratta del negozio conosciuto come “di Anelli”, credo il primo automercato aperto a Brindisi. Un´ultima curiosità, sulla sinistra della foto, proprio sull´angolo di Via Rubini subito affianco al caffè, c´é l´insegna luminosa del casa editrice UTET, quella della famosa enciclopedia sulla quale abbiamo in tanti fatto “le ricerche”, alle scuole elementari e alle medie.

Ma per concludere ritorniamo al Gran Caffè Torino, definitivamente per tanti anni un´icona di Brindisi e della società brindisina: tantissimi dei nostri padri e dei nostri zii e nonni si sedevano ai suoi tavolini a prendere il caffè, leggere il giornale, commentare i fatti sportivi politici e sociali, per svariate intere generazioni. Le mogli invece e i figlioletti e nipotini, erano i protagonisti principali di quei tavolini solo alla domenica, al mattino ed alla sera, a prendere il gelato, la coppa di gelato, magari dopo la messa.

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Villaggio pescatori - 1939

Pubblicato su SENZACOLONNE del 9 Giugno 2012

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Una bella foto postata dall´amico Nikos Desillas. Una foto molto bella del Villaggio pescatori del Casale che, e per fortuna, potrebbe anche essere attuale, se non fosse per pochissimi particolari: Il grande fascio littorio il cui bassorilievo risalta in bianco sulla facciata laterale del Monumento. I due fasci littori, uno su ognuno dei due lati del Monumento furono staccati ed abbattuti dopo la caduta del governo fascista l´8 settembre del 1943 e con essi fu anche cancellata l´ultima linea della targa commemorativa, ancora apposta sulla facciata principale, e che recitava, “Anno XII dell´era fascista - Benito Mussolini Duce”. E poi, la spiaggetta in sabbia sostituita dallo scivolo in cemento per facilitare la discesa e la risalita in mare delle pesanti barche. Tutto qui, il resto non é più cambiato da allora! Ma se l´amico Nikos ha postato questa foto offrendocela dalla sua inesauribile collezione gelosamente conservata in casa sua a Corfù, solamente uno sciabbicoto doc come l´amico Arcangelo Taliento ci poteva raccontare del nome della spiaggetta in primo piano, “la spiaggia ti lu scangatu”, e soprattutto del perché di quello strano nome: ...Si raccontava che quando ti facevi il bagno in quella spiaggetta, alle volte il piede poteva finire improvvisamente in qualcuno dei tanti fossi presenti tra gli scogli del fondale, e potevi anche farti male. Dunque, il fondale non doveva di certo essere molto regolare e per questo non era molto adatto ai bambini, e neppure agli adulti. “Scangatu” sta appunto a significare, il fosso impietosamente lasciato da un molare estratto. E adesso trascrivo qualche stralcio di una bella nota che sul Villaggio pescatori ci ha regalato il nostro amico Enrico Sierra: ...Ricordo che una sera il mio amico Nzino che abitava alle Sciabiche, guardando il Villaggio pescatori mi disse: ‘Enrí, la sera quando il Villaggio é illuminato, da casa mia resto ore a guardarlo. Non credi che somiglia ad un Presepe’ ...Dopo tanti anni, ma veramente tanti, sono tornato alle Sciabiche e non erano più le stesse, ma il Villaggio pescatori si vedeva ancora uguale e di sera le luci delle abitazioni mi fecero pensare al Presepe che vedeva Nzino. E allora, mi sono messo a fantasticare: Le

barche dei pescatori fuori dal Villaggio, accoglieranno Giuseppe e Maria che dopo un lungo viaggio si fermeranno al Villaggio ed in una di quelle barche nascerà il Bambinello. E tutti i pescatori e le loro famiglie canteranno ‘Tu scendi dalle stelle’ mentre tutto intorno la gente del posto ed anche quella venuta dalla città daranno il benvenuto a Gesù Bambino. Tutta la città era illuminata a festa, sulla parte destra luci e colori ove si erge maestoso il Monumento al Marinaio con la Madonna che dall´alto vigila sulla città e sui brindisini, e sulla sinistra, dai giardinetti sino alle Sciabiche, tutte le abitazioni illuminate a festa. I fuochi d´artificio illuminavano il cielo e tutte le case, mentre la gente correva per andare a trovare Gesù Bambino. Le luci illuminavano il Villaggio e le barche, e in una di queste barche c´erano Giuseppe e Maria ed il Bambinello, riscaldato dal Bue e dall´Asinello. Dal Casale scendevano ‘lu cani, lu iattu, li iaddini, lu iaddu, tutto arzillo’. E tutti i pescatori portavano doni e cantavano. Una grande, meravigliosa, allegra festa. Su uno dei vaporetti, i Tre Magi, Cosimo, Diamano e Ghiatoru, portavano i doni al Bambinello: olive, uva e pesce, tutti prodotti della nostra terra e del nostro mare. E mentre il vaporetto con i Tre Magi Brindisini si avviava al Villaggio guidato dalla Stella Cometa, le barche piene di bambini giovani, donne, nonne e nonni, portavano i loro doni a Gesù Bambino: ‘stacchioddi, purpetti, cartiddati, purcidduzzi, friseddi, pizzelli, pettuli, vampasciuni, pani fattu a casa, e tanti frutti di mare, cozzi pilusi, cozzi neri, tiratufuli’ e tante altre delizie della nostra amata terra e del nostro mare. Oramai i Tre Magi erano arrivati al Villaggio, avevano posato i loro doni vicino alla barca, culla del Bambinello, ed insieme ai brindisini cantavano e pregavano. Ed io pensavo anche a mio padre che diceva sempre che il Presepe vuol dire festa, gioia, vuol dire famiglia ed amore. Finalmente, la notte calava sulla città, le luci cominciavano a spegnersi ed io nel buio mi allontanavo piano piano risalendo il lungo mare. E tornando ricordavo con nostalgia quella sera di molti anni fa, quando Nzino mi disse: ‘Enrí, il Villaggio pescatori non ti sembra nu prisepio’. Sini Nzí, é vero, un vero Presepe, anzi il più bello. Il tuo Presepe.

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La Palestra Galiano - 1934

Pubblicato su SENZACOLONNE del 14 Giugno 2012

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Appartengo molto probabilmente all´ultima generazione della gloriosa Palestra Galiano, ritratta dal suo esterno in questa foto del 1934 con sullo sfondo il palazzo dell´Istituto Commerciale recentemente dismesso.

Nel 1962 infatti, aprì le sue porte il nuovissimo Palazzetto dello sport del Casale (il 4 Novembre si disputò la partita inaugurale della gloriosa Libertas Brindisi) e così tutti i pallacanestristi brindisini ci trasferimmo lì con giustificato entusiasmo e, perlomeno noi più ragazzi allievi della Ferrini del compianto e bravissimo maestro Gino Maiorana, senza renderci conto della trascendente pagina di storia brindisina di gioventù e di sport che stavamo chiudendoci alle spalle: quella della Palestra Galiano, dov´é nato e cresciuto il basket di Brindisi, da sempre e per sempre.

Bella la palestra e bellissimo l´ambiente. Alla Galiano, già negli anni ‘50 c'erano oltre mille spettatori ad assistere alle partite di basket all´aperto, e si giocava anche sotto la pioggia: quando il pallone palleggiando beccava la pozzanghera lo si perdeva quasi sempre. La gente assiepata ovunque addirittura issata sui cancelli per assistere alle partite dell´Adria, della Libertas, dell´Assi, della Ferrini.

Ma non si può parlare della palestra Galiano senza parlare di Spiditu Pennetta. Chi era? Chiese un amico allorché Giancarlo Cafiero posto la foto di quell´emblematico personaggio brindisino. “...ci vorrebbe un'enciclopedia per raccontare Spiditu Pennetta” gli rispose l´amico Roberto Guadalupi, e scrisse: “Provo a riassumere: ufficialmente era il custode della palestra Galiano, in realtà è stato uno dei padri della pallacanestro brindisina. Si inventava squadre, si inventava campionati, teneva la palestra aperta fino a tardi la sera per far sostenere gli allenamenti, faceva giocare gli stessi giocatori, magari anche con documenti poco attendibili, in più campionati. Certamente un grande per lo sport brindisino. Non ricordo a chi é intitolata oggi questa palestra, ma Spedito meriterebbe in pieno questo titolo”.

E poi tanti altri amici commentarono: “... quanti sicutati culla scopa, quando si andava a pattinare fuori orario o quandu mbarcaumu lu pareti pi pigghiari lu palloni ca ndera cadutu intra alla Gallianu... quando andavamo a fare educazione fisica nella palestra, come si incazzava..., ma era una bravissima persona... simpaticissimo e scherzoso, sempre di battuta pronta e con lo sguardo vigile. La palestra era il suo regno, ci teneva a che tutto fosse sempre a posto...

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Via Sciabiche - 1958

Pubblicato su SENZACOLONNE del 21 Giugno 2012

Page 77: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Non è certo una foto bella questa, ma ha il merito di rappresentare qualcosa che non c`è più: uno scorcio delle Sciabiche, il quartiere dei pescatori brindisini demolito per intero in due ondate, nel 1930 e nel 1959.

Quella stradina al centro della foto, postata dall`amico e bravissimo fotografo Cosimo Prudentino nato e vissuto da ragazzo alle Sciabiche, è l`inizio della "Via Sciabiche", per gli abitanti del rione più conosciuta come "tret'a lu furnu". Una strada molto lunga que partendo da lì scorreva parallela al mare che sta sulla destra della foto, ma all`interno, e quindi parallelamente a via Tahon De Revel, fino all`attuale Largo Sciabiche, che si chiamava in origine Largo Sdrigoli, giusto dove comincia via Lucio Scarano, che ne era una specie di continuazione e che tutt`ora conduce su in salita fino alla via Santa Aloy.

E Cosimo Prudentino non è certo il solo dei nostri amici di “Brindisini la mia gente” che è nato alle Sciabiche, sono tantissimi.

Ci racconta, Arcangelo Taliento:

“...allu purtoni crandi abbitava la famiglia Gorgoni: Micheli, Ferrucciu, Nzinu e tanti altri. Sul marciapiede, dietro il lampione, si vede la fontana che a noi, allora ragazzini, serviva come doccia dopo le nuotate ed alle mamme per fare provvista di acqua. Quante litigate tra donne per il turno: stava prima iu, nò tocca a mmei, mò ti fazzu viteri iu, ma viti questa c'è bbedda...”.

L'uomo a sinistra si dirige in Via Pompeo Azzolino perpendicolare alla via Sciabiche e che non si vede nella foto, ma che è ancora lì, perlomeno in parte.

La Via Pompeo Azzolino è infatti quella viuzza cieca parallela a Via Montenegro e che sbuca su Viale Regina Margherita dal quale é

ancora possibile indovinare l´arco che porta in fondo alla via, é l´ultimo e quindi unico testimone ancora in piedi di quel quartiere. Un testimone purttroppo ridotto in pessime condizioni ed in pericolo di crollo tra l´incuria e l´indifferenza della città.

“Pompeo Azzollino, vissuto nel XV secolo, fu un grande e valoroso condottiero brindisino. Ferdinando D´Aragona, stimandolo molto per le sue virtù militari e per la fedeltà che dimostrava verso la casa regnante, gli aveva affidato il governo della città. Fu un uomo che compì molte imprese tra le quali da ricordare quella del 1481 quando, insieme con i suoi uomini, liberò Otranto dai turchi. Poi l´anno seguente sconfisse in battaglia aperta il comandante veneziano Giacomo Marcello facendolo desistere dal rioccupare Brindisi. Ferdinando d´Aragona fu assai grato a Pompeo Azzolino della vittoria riportata contro i turchi e volle per questo eternare la sua memoria con un´iscrizione che fece incidere sopra una tavola di marmo collocata sulla facciata della casa di Azzolino situata nel rione Sciabiche.” [Le perle di Brindisi. Personaggi illustri brindisini - Franca Perrone e Angela Giosa, 2008].

E proprio in Via Pompeo Azzolino è nato Arcangelo: “Il profumo delle reti si propagava per tutto il rione. Quando le reti venivano raccolte noi, a quei tempi ragazzini, potevamo fare esercizi ginnici sui cavalletti, come se fossero delle parallele. Quale palestra disponeva di tanti naturali attrezzi: le parallele (i cavalletti), la piscina più che olimpica (il mare), le piattaforme per i tuffi (le prue dei motopescherecci e la banchina). Pensate che quando decidevo di farmi una nuotata incominciavo a correre da Via Montenegro e tale era la rincorsa, che potete ben immaginare dove arrivavo con il tuffo, quindi: Casale e ritorno”.

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Porta Lecce - 1903

Pubblicato su SENZACOLONNE del 29 Giugno 2012

Page 79: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Questa foto è bella ed eccezionale, é datata 1903, non l´avevamo vista prima che fosse postata dall´amico Andrea Nicolau, che la pescò “nell'immenso mare del web” e che chiese scusa in anticipo nel caso stesse violando qualche copyright.

In realtà l´eccezionalità non sta certo nel soggetto, la nostra famosa Porta Lecce vista da fuori le mura, quanto nella data, nella qualità e soprattutto, nel testimonio chiarissimo dello storico aspetto che quell´area ebbe e conservò per tantissimi anni, prima che la voracità, l´incuria e l´ignoranza dei responsabili della cosa pubblica brindisina permettessero il suo sconvolgimento, la sua deturpazione e, per poco, la sua scomparsa.

Quelle costruzioni posticce che si intravedono erano le botteghe dei falegnami dell'arte grossa, o dei maestri d´ascia che costruivano “li travini” e li aggiustavano, qualcuno di loro é rimasto attivo sino ai primi anni 60.

... Certamente vedere le mura libere e non coperte da costruzioni è tutt'altra cosa, é la prima volta che vedo le mura di Porta Lecce libere, se potessero tornare così... Questo uno dei tanti commenti che accompagnarono la pubblicazione di questa foto sulla bacheca Fb del gruppo.

Porta Lecce, una tra le più importanti della città, ...fu costruita nel 1464 su ordine di Ferdinando d'Aragona e potenziata nel 1530 da Carlo V, che vi fece aggiungere il proprio stemma sul coronamento dell'arco, insieme a quelli del suo architetto militare Ferdinando Alarcon e quello della città di Brindisi. L'ingresso alla città era difeso dalle mura su entrambi i lati che avanzavano rispetto alla porta, in maniera da creare uno spazio di protezione di grande efficacia. Su entrambi i lati all'interno del tunnel d'ingresso sorgevano ambienti utilizzati per esigenze militari e difensive... [www.brindisiweb.it].

Le mura, che nella foto si osservano ai due lati della porta, appartenevano al complesso murario difensivo che, nella sua massima estensione e senza soluzione di continuità, partiva dal Castello Svevo con i Bastioni San Giorgio, passava per Porta Mesagne e proseguiva con i Bastioni San Carlo, poi dopo un giro di circa 90° continuava con i Bastioni San Giacomo fino appunto raggiungere Porta Lecce e proseguire ancora, con i Bastioni di Porta Lecce, seguendo la traccia dell´attuale Via del Mare fino a raggiungere il suo estremo sul mare all´altezza di Via Mattonelle, racchiudendo così l´intera città in un formidabile recinto protettivo da tutto il suo retroterra.

Page 80: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Il Monumento Nazionale al Marinaio d´Italia- 1933

Pubblicato su SENZACOLONNE del 5 Luglio 2012

Page 81: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Qualche osservatore appena un po’ attento, riconoscerà le stranezze di questa foto del nostro glorioso Monumento. Si tratta di una foto che riposa negli archivi dell´Ufficio Storico della Marina Militare e rappresenta il progetto dell´arqchietto Luigi Brunati che fu mandato in cantiere e che durante il corso dei lavori subì qualche leggera modifica, sicché quello finalmente realizzato e che noi possiamo tutt´ora contemplare é un po’ diverso in certi dettagli da quello della foto.

Le due statue che nella foto troneggiano ai due lati furono sostituite da due cannoni che durante la prima guerra mondiale erano appartenuti a navi austriache. I tre fasci littori che in bassorilievo erano apposti al disopra della targa commemorativa furono sostituiti da due fasci molto più grandi apposti in bassorilievo sulle due pareti laterali e successivamente rimossi.

Ma la modifica certamente più rilevante é quella che si riferisce agli aspetti strutturali dell´opera: la banchina antistante il piazzale era nel progetto pronuciatamente concava con una scalinata anch´essa curva che doveva coprire il dislivello dal piazzale al mare il quale in questo modo si avvicinava suggestivamente alla base del Monumento. Fu proprio tale vicinanza ritenuta eccessiva che suggerì il cambio, ampliando di molto il piazzale e ritirando in conseguenza il mare dalle

fondazioni del Monumento che sarebbero potute essere col tempo danneggiate dalla vicinanza dell´acqua.

Comunque tutte le modifiche descritte non sconvolsero l´essenza dell´opera di Brunati il cui progetto aveva vinto il concorso tra moltissimi, 92 per l´esattezza, partecipanti alla gara che era stata indetta.

A complemento di quanto commentato, sulla scheda di www.brindisiweb.it dedicata al Monumento, si può leggere: Il 4 novembre del 1933 il monumento fu inaugurato con una grande manifestazione alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Il 18 dicembre del 1955, nell'ampia nicchia quasi in cima al monumento, fu posta una statua della Madonna del peso di 10 tonnellate. Il 18 luglio 1965 il ministro della difesa Giulio Andreotti inaugurò l´ara votiva realizzata nel piazzale inferiore, accendendone quella che doveva essere la “fiamma perenne”. Durante la cerimonia vennero inoltre scoperte le lapidi dedicate ai Caduti della Marina Militare nella seconda guerra mondiale. Nel 1968 durante i lavori di dragaggio dell´avamporto fu recuperata la campana della corazzata “Benedetto Brin”, affondata nel porto di Brindisi nel 1915 in seguito all´esplosione della santrabarbara di bordo, e fu collocata all'interno del Sacrario del Monumento, nella suggestiva cripta che a forma di chiglia capovolta é nella base del Monumento.

Page 82: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

La spiaggia di Brindisi nel primo Novecento - 1906

Pubblicato su SENZACOLONNE del 12 Luglio 2012

Page 83: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Di questa bella foto panoramica dei Fratelli Alinari, scattata dando le spalle al nostro Castello di terra, ci avevano incuriosito molto le quattro o cinque casette, o baracche o cabine, che sono in primo piano a sinistra, sulla riva adiacente alla banchina delle Sciabiche, giusto tra quel quartiere ed il castello.

Del resto su un´altra foto ancor più panoramica e contemporanea di questa, di quelle casette abbiamo potuto contarne una quindicina, tutte uguali ed allineate, come poste a formare un treno.

Ma di treni i quel luogo non ne sono mai transitati. E allora? Che si tratti di baracche per pescatori? Forse, ...ma no: sono cabine balneari e quella sul primo piano della fotografia era infatti la spiaggia dei brindisini nei primissimi anni del 900.

Una prova? Quelle cabine sono identiche a quelle visibili in numerose fotografie degli anni venti scattate sulle spiagge fuori dal porto interno, quelle situate immediatamente a destra uscendo dal Canale Pigonati: Lido Gaudioso, Lido Cafiero, Lido Risorgimento, Lido Piccolo, Lido Pineta, tutte in fila e adiacenti tra di esse, fino a quando tutte meno La Pineta, si integrarono nella bellissima e famosissima Santa Pulinara.

Ci dice Arcangelo Taliento: ...queste cabine, raccontava mia madre che ha fatto i bagni nella spiaggia della foto, avevano al centro un´apertura sufficiente per rendere agevole la discesa delle donne in mare, e poter fare il bagno lontane da occhi indiscreti: a quei tempi infatti, capitava che gli uomini le guardassero con occhi languidi e fissi, finendo spesso col provocare con ciò botte da orbi distrubuite

dai sempre numerosi fratelli alla malcapitata guardata con insistenza...

Quindi in origine le prime spiagge brindisine stavano nel porto interno, nel suo incontaminato seno di ponente appunto, e solo successivamente passarono al porto medio, fuori dal Canale Pigonati,

Il Castello di terra, che dal 1814 e fino ai primi anni del 900 era stato adibito a bagno penale, nel 1910 passó sotto la giurisdizione della Marina Militare, che ben presto requisì la spiaggia della foto e, con l´approssimarsi della guerra, in quello stesso luogo vi stabilì la stazione torpediniere.

Fu così che le spiagge dei brindisini subirono il loro primo esodo, dal porto interno a quello medio.

Aggiunge Arcangelo: ...infatti proprio quella zona divenne base navale, dando involontariamente una spinta all'economia dei barcaioli che incrementarono il loro lavoro che fino a quel momento era stato limitato ai soli due tragitti "Banchina Montenegro-Pontile Santa Maria del Casale" e "Banchina Sciabiche-Spiaggia Lu scangatu" (villaggio pescatori) e viceversa.

Ma poi la storia per le spiagge brindisine si doveva ripetere, un nuovo e ben più sofferto esodo tra la fine degli anni ´60 ed i primi anni ´70: dal porto, ormai irrimediabilmente inquinato dalla petrolchimica, a fuori porto. E questa volta anche per i barcaioli fu la fine di tutta un´epoca.

Dapprima furono le esigenze “della difesa militare”, poi furono le esigenze dello “sviluppo industriale”: un destino decisamente sfortunato, e ...triste!

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La vecchia Stazione Marittima - 1938

Pubblicato su SENZACOLONNE del 19 L:uglio 2012

Page 85: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Non so se anche a molti altri questa foto farà lo stesso effetto, ma a me quando l´ho vista per la prima volta sullo schermo di Brindisini la mia gente, é sembrata un quadro: la maestosa palma in primo piano, la bellissima vela e la boa posate sul mare deliziosamente placido, e poi Brindisi sullo sfondo ma al contempo dominante la scena, con in prima fila la vecchia stazione marittima, piccola ma molto funzionale, con sul molo barche a vela treno merci e scaletta del Lloyd Triestino inclusi.

Viene quasi naturale osservare che oggi quella palma, con tutta la folta vegetazione che come si può osservare dalla foto la circondava, certamente non esiste più. Probabilmente dal momento in cui dovette irrimediabilmente lasciare il suo posto al capannone industriale della Montecatini, edificato intorno ai primissimi anni ´60, quelli della grande svolta per l´economia brindisina: la svolta ci fu, ma ahimè si doveva poi rivelare alquanto poco fortunata per la città ed i suoi abitanti.

Poi, un po’ più dietro nella foto, si possono notare chiaramente i lussureggianti ¨Giardinetti¨ e quindi il nuovo palazzo della Dogana, la cui costruzione fu completata nel 1905.

La stazione marittima o Stazione Porto come fu denominata originalmente, invece era stata costruita poco prima, nel 1902 sotto l´impulso del traffico internazionale generato dal prestigioso scalo della società inglese Peninsular & Oriental Co, con la famosa Valigia delle Indie.

Si tratta probabilmente di una delle ultime fotografie di quella stazione marittima, già che da lì a poco sarebbe stata sostituita da una nuova struttura, che é poi quella che ancor oggi tutti conosciamo e che fu costruita ed inaugurata nel 1940: quella della foto rimase in funzionamento per quasi 40 anni e invece quella attuale ha già da tempo compito i 70 e non se ne parla di una nuova: certamente un è un buon segnale.

E finalmente, ancora più dietro si intravedono nella foto, a sinistra la cupola ottogonale della chiesa della Pietá e a destra l´imponente mole della Cattedrale, la chiesa Madre, con il suo campanile molto ben visibile , e poi subito a destra, probabilmente, il campanile della chiesa di Santa Teresa, o forse della Chiesa di San Paolo, ma francamente non ne sono certo.

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Il Faro delle Pedagne - 1859

Pubblicato su SENZACOLONNE del 26 Luglio 2012

Page 87: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Quello riprodotto dalla foto é un quadro, si un quadro inaspettato in un posto assolutamente ed ancor più inaspettato: Il lobby dell`Hotel Wellington di Madrid. Il titolo del quadro: ¨Faro e Porto di Brindisi¨. L`autore del quadro, un bravo artista spagnolo di Valencia: ¨Calo Carratalà López¨. Questo bel quadro, un´acquarella monocromatica di 106 cm x 146 cm, è stato premiato dalla Fondazione Wellington nella mostra dell`anno 2004. Bello, suggestivo ed emozionante, ...a tanti chilometri da casa! Ero alla reception dell`Hotel Wellington, nella Calle de Velazquez in piena Madrid, registrandomi, quando scorgo il quadro: ...ma quello è un faro! ...ma quello è il faro delle Pedagne ...Mi avvicino trattenendo il respiro e leggo la piccola leggenda affianco al quadro: ¨Faro e Porto di Brindisi¨- Calo Carratalà 2004. Veramente suggestivo ed assolutamente inaspettato, emozionante! Chiedo informazioni e mi indirizzano all`ufficio della Fondazione Wellington al primo piano: una signora molto gentile ascolta con attenzione e quasi incredula, ...che io sono di Brindisi e che conosco benissimo quel faro..., gli invio una bella foto del nostro faro via mail e, dopo poco più di un mese mi giunge per posta una bellissima riproduzione che ho quindi scannerizzato, la foto che avevo scattato non era riproducibile perché aveva molti riflessi per via del vetro che ricopre il quadro per proteggerlo.

Le Pedagne sono un gruppo di sei isolette che si trovano all´entrata del porto di Brindisi: la più grande é quella di San Andrea nel porto medio dove c'è il Forte a Mare, le più esterne sono Pedagna Grande, Giorgio Treviso, Monacello, La Chiesa, e Traversa che é appunto quella del faro. Il faro fu progettato nel 1834 e fu eretto su un basamento circolare nel 1859. La portata del suo fascio di luce è di circa 13 miglia nautiche. Cominciò a funzionare a partire dal 1° febbraio del 1861, consentendo ai naviganti di identificare facilmente l’imboccatura del porto e quindi evitare possibili collisioni con gli altri quattro isolotti presenti nella zona, oltre a due semisommersi. Si tratta di un faro di V° ordine che, situato in Lat.: 40° 39.4′N e Long.: 17° 59.4′E, é attualmente ancora in funzione come fanale rosso e che negli anni del contrabbando incontrastato servì anche da deposito di sigarette. Nel passato non tanto remoto era custodito da tre fanalisti che si avvicendavano tra loro, interessandosi anche della manutenzione. La sua torre bianca sorge al di sopra della casa cilindrica disabitata, dove sono ancora presenti gli alloggi dei guardiani con cinque stanze e due cucine, oggi in completo degrado. Un´ultima curiosità: il pilota del porto imbarca immediatamente al di fuori della congiungente Punta Riso-Faro Isole Pedagne.

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Tra Piazza Sedile e Piazza Vittoria - 1955

Pubblicato su SENZACOLONNE del 8 Agosto 2012

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Bella, ma certamente anche triste fotografia. Bella, anche per l´indubbia qualità tecnica ed artistica conferitagli dal nostro amico e bravissimo fotografo Cosimo Prudentino che la scattò verso la fine del 1955, “...allora ero apprendista fotografo presso lo studio fotografico Savarese. Una panoramica realizzata con due immagini e poi montata, in mancanza di ottiche grandangolari. La foto originale é in bianco e nero, poi colorata da me recentemente con il computer. Faceva parte di una serie di rilievi fotografici per studiare il punto dove costruire il palazzo dell'INPS. Il resto della serie, forse, giace negli archivi dell'INPS. La stessa foto fu modificata, qualche tempo fa con un cielo nuvoloso, per un calendario...” Triste, perché ci ricorda inevitabilmente l´abbattimento della bella torre settecentesca dell´orologio che domina sull´estremo sinistro della foto: certamente una delle sue ultime fotografie, visto che “...fu il 13 febbraio del 1956 quando il piccone demolitore cominciò ad affondare i suoi colpi sulla cupoletta a fastigio della torre, provocando nei cittadini stupore e sdegno per tanto delitto, di cui presto o tardi si risponde al tribunale della Storia. Se un po’ d´amore per le cose della città degne di essere conservate, avesse albergato nel cuore di quanti ne decretarono la morte, la torre dell´orologio oggi starebbe in piedi...” [Alberto Del Sordo-¨Vecchia Brindisi. Tra cronaca e storia¨-1978]. Ma chi furono i responsabili? Certo più d´uno! Ma chi era Sindaco a Brindisi quel 13 febbraio 1956?

Il Sindaco Francesco Lazzaro morì verso la fine del 1955 mentre era ancora in carica, fu un sindaco molto rispettato, tanto che al suo funerale partecipò tutta la città nonostante piovesse a dirotto. Antonio Di Giulio fu nominato sindaco il 3 marzo 1956 restando in carica solo pochi mesi, essendo succeduto da Manglio Poto nello stesso anno 1956. Quindi tra la morte di Lazzaro e la nomina formale di Di Giulio ci fu un sindaco supplente (lo stesso Di Giulio?). E comunque, ovviamente, la delibera dell´abbattimento era stata approvata molto prima e, sembra, con l´unanimità dei presenti. Certo é che in consiglio comunale in pochissimi si opposero alla delibera presa dall´amministrazione di sinistra (e sta volta sarebbe proprio il caso di dire “sinistra amministrazione”) di Lazzaro. Eppure sarebbero bastate solo un poco di intelligenza e di buona volontà per averla lasciato in piedi nonostante la costruzione dell´edificio della sede INPS: quell´angolo su Via Rubini non era certo indispensabile che fosse integrato al nuovo edificio! Certo é che, per tornare alla bella foto di Cosimo Prudentino, tutto ciò che in essa vi é ritratto, tra Piazza Sedile a sinistra e Piazza Vittoria a destra, non esiste più. Infatti sull´estremo destro della foto si può anche riconoscere il bel palazzo liberty della vecchia sede del Banco di Napoli che, inaugurato dal Re Vittorio Emanuele III il 22 novembre 1931, fu ingenerosamente abbattuto per fare posto a quello della nuova “più funzionale” sede inaugurata il 31 luglio 1972.

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Il Palazzo della morte - 1922

Pubblicato su SENZACOLONNE del 9 Agosto 2012

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La fotografia certo non é tra le più belle, né tra le piú tecnicamente valide fra quelle migliaia giá pubblicate su Brindisini la mia gente, e però mi é sembrato interessante commentare il soggetto: quel palazzo strano e ormai sconosciuto a quasi tutti noi brindisini contemporanei, che appare in primo piano sul lato destro della foto. La foto, scattata dalla Piazza Crispi con le spalle alla stazione ferroviaria, mostra l´inizio di Corso Umberto I° raggiungendo con l´obiettivo anche l´inconfondibile siluetta del glorioso Teatro Verdi. Un palazzo sconosciuto perché da svariati decenni inesistente in quanto abbattuto nel 1931, anno in cui fu demolito per far posto alla casa della GIL, che a sua volta fu distrutta dai bombardamenti degli aerei inglesi nella notte tra il 7 e l´8 novembre 1941. Poi in quel lotto di terreno fu costruito nel 1954 l´Hotel Jolly, poi Majestic ed oggi Palazzo Virgilio. Quello strano palazzo era rimasto in piedi per ben 66 anni, dopo essere stato costruito nel 1865 da Oronzo Cappelli, con quel nome un faccendiere probabilmente non brindisino, che lo aveva appoggiato sullo zoccolo del cinquecentesco Torrione di San Giorgio, innecessariamente (ancora una volta!) abbattuto per fare spazio alla stazione ferroviaria, la cui struttura infatti non é che poi coincidesse topograficamente proprio con quella del torrione. Mah!

Ma perché un palazzo strano? ...Ma per il suo nome! “della morte” ...e perché mai? Ebbene strano, non solo per il terrore che incuteva la sua lugubre struttura e soprattutto il sui lucubri interni, quanto per la diffusa credenza che in esso soggiornassero spiriti maligni che di notte vagavano sotto gli archi delle sue strette finestre [Vecchia Brindisi - Alberto Del Sordo - 1978]. Certo é che il palazzo, concepito e costruito con logica speculativa, rimase parecchi anni disabitato perché le sue labirintee forme architettoniche incutevano disagio tra la popolazione, composto com´era da camere senz´aria, senza luce, senza cucine e senza bagni. Poi però, come succede da sempre, la necessità cedette alla speculazione ed il lucubre palazzo fu per anni adibito a private abitazioni e vergognosamente mantenuto in piedi, nonostante fosse ubicato immediatamente agli occhi di quanti viaggiatori giungevano a Brindisi per ferrovia da ogni parte d´Itala e del mondo. Da un anonimo cronista degli inizi del ´900: “... una vera indecenza, anzi una vergognosissima indecenza, quanto meglio sarebbe stato che il pregiudizio avesse continuato ad allontanare gli abitatori e così forse sarebbe stata presto presa la decisione di demolirlo, senza tanti indugi”.

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Santa Maria del Casale - 1951

Pubblicato su SENZACOLONNE del 23 Agosto 2012

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Non poteva che essere di Nikos Desillas, il nostro fedelissimo amico d`oltre mare, questa originale fotografia della chiesa di Santa Maria del Casale. E l`originalità, che è al contempo bellezza della foto, la costituiscono l`ambiente assolutamente campestre e soprattutto le vigne in primissimo piano, così prepotentemente invadenti che quasi tolgono la scena al magnifico ed imponente monumento della chiesa quattrocentesca, dove la tradizione storica vuole che si celebrò nel 1310 l`iniquo processo contro tutti i Templari del Regno di Napoli . ...Il famoso processo infatti, fu celebrato a Brindisi, dove dovette essere trasferito tutto l’apparato della “Giustizia”. Probabilmente la scelta di tale sede é segno che Brindisi doveva rappresentare, nel Regno, il luogo di maggiore attività e di maggiore frequenza di quei Cavalieri, come del resto lo dimostrano numerose altre circostanze. I Templari a Brindisi precedettero i Gerosolimitani e la loro presenza ed attività é accertata come anteriore all´anno 1244. Tra l´altro edificarono le chiese, a pianta circolare come tutte quelle dei Templari, di San Giovanni al Sepolcro nel cuore della cittá e di Gallico fuori le mura, verso gli ultimi anni del 1100. Che il processo fu celebrato in S. Maria del Casale, non significa necessariamente che lo fu dentro la attuale Chiesa (che non esisteva in quanto edificata nel 1322 da Caterina di Valois Principessa di Taranto, incorporandovi nell´interno un´antica Cappella), ma piuttosto in

qualche convento o edificio adiacente che dal titolo della Cappella prendeva nome. Quanto alla circostanza che per la celebrazione dell´infame processo fosse stato scelto un luogo solitario in aperta campagna, ciò si spiegherebbe col fatto che si trattava di un “processo” (?) che, per le assurde cose che si sarebbero dette e per le palesi ingiustizie di procedura e di sostanza che si sarebbero consumate, sembrò più opportuno agli organizzatori (Carlo II D´Angiò Re di Napoli e suo cugino Filippo il Bello Re di Francia) di tenere il più lontano possibile da occhi che vedessero e da orecchie che ascoltassero. Furono architettati ben 127 capi delle accuse più assurde e con le più evidenti calunnie, fatte sostenere da falsi testimoni prezzolati, nonché con pretese confessioni estorte con la tortura. L´autorità papale del debole Clemente V non ebbe energia sufficiente per infrenare e tener testa a tanta ignomia. Gli Arcivescovi di Brindisi e di Benevento, che erano stati officiati tra i giudici, solo trovarono la forza di rifiutarsi di intervenire al processo. Gli inquisitori si insediarono a Brindisi in S. Maria del Casale il giorno 15 maggio 1310 e procedettero alla sentenza contro gli indifesi Templari, detenuti e torturati nel Castello di Barletta, impediti di prendere parte al processo che si svolgeva a loro insaputa. Gli imputati furono condannati, i beni incamerati e tutto l´ordine dovette essere ben presto soppresso... [La mia sintesi dal libro ¨200 pagine di storia brindisina¨ di Giuseppe Roma, Edizioni Brindisine, 1968.]

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Aereo austriaco catturato - 1918

Pubblicato su SENZACOLONNE del 2 Settemnre 2012

Page 95: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Una fotografia storica ed abbastanza famosa, postata da Cosimo Guercia ed appartenente alla collezione della Valigia delle Indie, con la seguente didascalia completa: “Aereo austriaco Hansa-Brandemburg W.13 catturato a Brindisi nel giugno del 1918”. La fotografia è interessante anche perché ci riproduce uno scorcio abbastanza cambiato del lungomare brindisino tra la scalinata colonne, non ancora allargata, e l`inizio del rione Sciabiche. L`insegna scritta direttamente sul muro del fabbricato che fa angolo con la scalinata, recita su due linee: “Sartoria F. Vallone”, poi una terza linea non leggibile e finalmente la quarta “R. Marina” dove la R. sta per Regia. Il fabbricato dell`insegna fu demolito intorno al 1927 per fare spazio all`allargamento della scalinata. Era invece già al suo posto il bel palazzo che era del Lloyd Austriaco, oggi sede della società del gas. E non c`è più neanche il palazzo al fondo della foto, che di fatto sbarrava il lungomare all`altezza di via Montenegro, quel palazzotto fu anch`esso demolito intorno allo stesso 1927, segnando con la sua demolizione, l`inizio del processo di sventramento delle Sciabiche, poi consumato in due grandi ondate, nel 1934-36 e nel 1959. L'Hansa-Brandenburg W.13 era un idrovolante bombardiere sviluppato in Germania nel 1917 e utilizzato dalla marina austro-ungarica durante la prima guerra mondiale, l`equipaggio

era costituito dal pilota e da un mitragliere. Il prototipo era stato offerto alla marina imperiale tedesca che lo respinse e fu poi accettato dalla marina austro-ungarica, che operava da basi sull`Adriatico durante la campagna italiana. A quel tempo gli aerei appartenevano agli eserciti e gli idrovolanti alle marine, non esisteva ancora l`arma aeronautica. Anche il glorioso idroscalo di Brindisi apparteneva alla marina militare quando nel 1916 nacque formalmente per meglio contrastare l'aviazione austriaca di base a Durazzo, l`attuale Dubrovnik. Sorgeva in località Costa Guacina, appena fuori dal porto interno, uscendo dal porto sul lato sinistro del canale Pigonati, su un´area costiera compresa tra Posillipo e Fontanelle. Quel bellissimo specchio d´acqua, dalle condizioni naturali invidiabili, fu la pista dalla quale fin dal 1914, quando era ancora una semplice stazione di idrovolanti, si levavano in volo gli idrovolanti della squadriglia guidata da Orazio Pierozzi, eroico aviatore deceduto in volo di addestramento nel 1919 dopo aver guidato innumerevoli azioni di guerra vittoriose. Soprannominato l´asso del mare, a lui dopo la sua tragica morte fu intitolato l´idroscalo e poi l`intero aeroporto militare fino alla sua dismissione, avvenuta formalmente nel 2008 quando l’aeroporto di Brindisi perse lo status di scalo militare aperto al traffico civile ed acquistò la semplice denominazione di aeroporto civile.

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Garibaldi in Piazza del Popolo - 1920

Pubblicato su SENZACOLONNE del 8 Settembre 2012

Page 97: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Chissà quando e perché fu deciso di togliere il busto di Giuseppe Garibaldi dall`aiuola di Piazza del Popolo e sostituirlo con il molto più vistoso bronzo di Augusto, il primo imperatore romano. Non è che l`imperatore non ne fosse altrettanto degno, anzi! E infatti si racconta anche che Augusto si trovasse proprio in transito a Brindisi quando lo raggiunse la buona nuova della sua nomina a imperatore. Ma il punto, che è ormai quasi un`intriga, è ancora una volta scoprire il perché di questa apparentemente molto radicata smania brindisina di voler ad ogni occasione “togliere” e “sostituire”... Ma non sarebbe forse stato molto meglio se la smania fosse stata “mantenere”, “migliorare” e soprattutto “aggiungere”! Se così fosse stato, magari anche solo negli ultimi 150 anni, diciamo da quando nacque il moderno stato italiano proprio grazie a quell`intrepido del busto in questione, allora a Brindisi ci starebbero ancora: ...la torre dell`orologio, il teatro Verdi, il parco della rimembranza, le Sciabiche, I Bastioni, il palazzo liberty del banco di Napoli e quello Titi giù sul corso all`angolo con via del mare, la fontanella dei giardinetti ...e il busto di Garibaldi in Piazza del Popolo! Probabilmente il busto fu lì collocato al tempo in cui, appena morto il corsaro genovese nel 1882, si decise

di intitolare a lui la strada Carolina con il nome di Corso Giuseppe Garibaldi. O forse più verosimilmente quando nel 1905 quel corso fu, proprio partendo da quel punto, prolungato fino all`Addolorata. L`imperatore Augusto invece entrò in scena certamente durante il ventennio con l`euforia generata dalla riscoperta dell`imperiale romanità e quando, quella camicia rossa, quel carattere condottiero popolare per nulla ortodosso e quello spirito che per certi aspetti rasentava il libertario, non dovettero certo godere di grandi referenze. Ma che fine fece quel busto? Dove fu riposto? In qualche scantinato comunale? O nel giardino di qualche casa patrizia? Era una scultura di un qualche pregio artistico? O no? Neanche tutto questo è dato di sapere, ancora una volta nella più classica tradizione degli atti degli amministratori della cosa pubblica brindisina. Ma forse è ancora lì tutto impolverato e in buona compagnia, magari di quella dell´ orologio della torre, o di quella delle statue delle due rane e delle due tartarughe che adornavano la fontana di piazza Cairoli prima che la stessa fosse “sostituita” dalla fontana delle ancore, proprio, appunto, in quegli stessi anni dell`imperiale ebrezza.

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Piazza Castello - 1930

Pubblicato su SENZACOLONNE del 13 Settembre 2012

Page 99: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Si, anche a Brindisi c`era Piazza Castello e naturalmente era antistante al castello, quello di terra, anche più comunemente conosciuto come Castello Svevo.

Tal toponimo di Piazza Castello è infatti già riportato sul piano regolatore della città del 1883 e la piazza comprendeva tutta una estesa area piana intorno al castello, delimitata su tre lati pressocchè ortogonali dalle direttrici di quelle che dovevano diventare via Indipendenza, Via Castello e Via Cittadella.

In realtà quella grande estensione piatta e vuota era più che altro una piazza d`armi, ed in effetti così fu anche denominata durante alcuni anni a partire da quando nel 1909 il castello, che fino ad allora era stato adibito a bagno penale della città, passò alla marina militare.

Fu a seguito di tale assegnazione che in quell`area si edificò a ridosso della prima guerra mondiale quell`imponente palazzo ben visibile nella foto destinato a usi militari, occupato da uffici e dipendenze varie del comando della marina militare, e per questo detto anche dell`Ammiragliato.

La Piazza Castello alla quale é intitolata la fotografia è solo una parte dell`estensione originale: si tratta di quella porzione rettangolare recintata e delimitata appunto dalla facciata del palazzo dell`Ammiragliato e dalla parallela via Indipendenza, quella stessa strada che oggi si denomina viale Della Libertà. Gli altri due lati della piazza corrispondono, in primo piano nella foto,

all`attuale viale dei Mille e quindi, sul lato opposto, alla via Castello.

L`altro settore dell`estensione originale della piazza, che nella foto rimane dietro al palazzo dell`Ammiragliato, era invece divenuto la Caserma Ederle, un rettangolo ancora oggi esistente tra via Castello, via Cittadella, viale dei Mille e quella strada che doveva diventare il prolungamento di via Rodi.

Per completare la descrizione della foto, subito in primissimo piano in basso il ponte, che era stato levatoio, di ingresso al castello con ben visibile un pezzo arcato del muro che era stato del fossato, quindi il blocco tozzo del corpo di guardia e sulla sinistra della foto parte della palazzina del circolo ufficiali e collegata residenza dell`ammiraglio, quella stessa residenza in cui doveva alloggiare il Re Vittorio Emanuele III con la sua famiglia durante quei quattro mesi che seguirono all`8 settembre 1943, in cui Brindisi fu capitale d`Italia in quanto sede del regio governo.

Con la fine della seconda guerra mondiale poi, tutto l´edificio dell`Ammiragliato fu “temporalmente” destinato a civili abitazioni ed occupato da tante famiglie di sfollati. Una temporalità che durò quasi vent´anni, fino alla definitiva chiusura e successiva demolizione.

Durante quei lunghi vent`anni la sua denominazione popolare fu “Lu Prisidiu” ed oggi, al posto di quella piazza e dello stesso palazzo di “Lu Prisidiu” c´é la scuola media Salvemini.

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Il giardino della Stazione Porto - 1925

Pubblicato su SENZACOLONNE del 20 Settembre 2012

Page 101: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Tutto ciò che ritrae questa interessante fotografia postata da Romeo Tepore, è irriconoscibile, semplicemente perché da tempo non c`è più. Eppure siamo nientemeno che di fronte ai Giardinetti, praticamente su Corso Garibaldi, al suo inizio dal lato del mare. Una foto quindi ormai storica che porta la firma, in basso a sinistra, di Vincenzo Isceri, “...fotografo e ritoccatore di alto livello che nello studio riparava anche le macchine fotografiche” [pag. 4 di CicloStyle, Dicembre 2010]. Dello “Studio fotografico Vincenzo Isceri - Corso Garibaldi 73” abbiamo anche rintracciato un inserto pubblicitario sul settimanale brindisino “il Monello” del 26 aprile 1925. Il primo piano della foto è interamente occupato da un giardino abbastanza curato, ben recintato e con una importante fontana. Si tratta del giardino che apparteneva alla Stazione Porto, della linea ferroviaria che collegava la stazione di Brindisi con la stazione marittima, il cui fascio dei binari moriva proprio immediatamente alla sinistra della foto. Il recinto con l`inferriata ben visibile nella foto, si affaccia su Corso Garibaldi giusto di fronte ai Giardinetti e su tutta la loro stessa lunghezza, fino cioè al lungomare di viale Regina Margherita. La scritta a stampatello “Provveditoria Adriatica”, che indica la presenza di un importante magazzino di forniture navali e marinare, è apposta sulla facciata trasversale al corso di quello che qualche

anno dopo, con la costruzione di un secondo piano in perfetto stile Liberty, diventerà il bel palazzo Titi. Sull`altro lato di Corso Garibaldi invece, è riconoscibile l`angolo con via San Francesco e poi l`insegna “Caffè Italia”. Quell` insegna dopo qualche anno muterà in “Caffè Ristorante” e si riferirà al “Ristorante Miramare” che durante molti anni occuperà tutto quell`angolo tra il corso e via San Francesco. Tutto il giardino ritratto nella foto scomparirà completamente con la costruzione della nuova stazione marittima, inaugurata nel 1940 e la cui struttura principale sarà appunto edificata sull`area centrale del giardino, mentre la porzione al fondo sarà occupata dalla nuova via Del mare allineata con via San Francesco. Il palazzo Titi sopravviver di qualche anno al giardino fino a quando, intorno ai primi anni `60, verrà demolito per lasciare il posto a quel voluminoso ed architettonicamente anonimo edificio di abitazioni che è ancora lì sull`angolo tra via Del mare e il corso. E finalmente, anche gli edifici che nella fotografia si intravedono essere di fronte al palazzo Titi, sull´altro marciapiedi del Corso Garibaldi, furono negli stessi anni anch´essi demoliti per costruirvi quei palazzi che sono tuttora lì. In questo caso comunque, a differenza del palazzo Titi, furono abbattute edificazioni relativamente modeste e senza alcun pregio architettonico.

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L`estate brindisina degli Anni 60-70-80

Pubblicato su SENZACOLONNE del 28 Settembre 2012

Page 103: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Quando ho deciso di pubblicare questi pochi frammenti di un’intervista rintracciata per caso sulla web e fatta da non so chi a tre brindisini doc -Giancarlo Cafiero, Giorgio Tricarico e Galiano Lombardi- ho dubitato se accompagnarli con questa foto scattata ai Giardinetti o con quella più classica e più conosciuta che riproduce in vista panoramica la spiaggia di Sant`Apollinare, e poi mi sono finalmente deciso per questa foto dell`amico Pino Spina, certamente più originale e probabilmente più rappresentativa di quella speciale atmosfera cittadina estiva che, ormai perduta, trapela da questi brevi commenti:

“...In quegli anni a Brindisi non avevamo tanto, ma vivevamo bene e ci sentivamo felici. La città viveva nel porto e con il porto, che era pieno di traghetti, italiani e non, che attraccavano e salpavano di giorno e di notte, mentre dai treni scendevano stormi di giovani che provenivano da tutto il mondo per poi imbarcarsi alla stazione marittima.

...Noi giovani, anche se non particolarmente colti, avevamo l`opportunità di confrontarci e di ampliare i nostri orizzonti ricevendo nuovi stimoli. Ci adoperavamo per imparare le lingue, fosse solo per un approccio con le turiste o per accompagnare un passeggero in transito presso le biglietterie, per conoscere qualche particolare della vita nei luoghi di provenienza di quella gente, che ci appariva a volte strana, altre bizzarra, di certo emancipata rispetto alla cultura provinciale del nostro profondo sud.

...Con quei giovani stranieri riuscivamo a comunicarci instaurando spesso rapporti di amicizia e a volte anche sentimentali, mentre gli anziani con il retaggio storico legato all`antico passaggio dei treni della Valigia delle Indie, all`arrivo dei turisti esclamavano in coro: ‘e rrivvatu lu trenu ti li inglisi’ e quindi, sconcertati dall’abbigliamento vivace e coloratissimo, dai modi di fare, dai lunghi capelli e dalle grandi fasce, incuriositi dai canti intonati al loro passaggio in città, rimanevano sbigottiti e si scambiavano impressioni e

commenti suspicaci che animavano le loro tranquille giornate estive.

...Il nostro punto d`incontro di buon mattino era il Banco di Napoli, o il bar Olimpia. Poi con gli zoccoli ai piedi facevamo le vascate andando a turiste, cioè tentando l`approccio con quelle giovani donne straniere, belle, emancipate, con grandi cappelli bianchi di paglia sulla testa, pantaloncini corti, pesanti zaini in spalla e borracce appese al collo.

...I corsi erano pieni di insegne in tante lingue: dall`inglese al greco all`italiano. Le agenzie di viaggi erano aperte giorno e notte, era un vero e proprio spettacolo assistere alla partenza delle navi: le luci, i suoni, le manovre incantavano grandi e piccini.

...Molti turisti approfittavano la sosta per concedersi un bagno e così prendevano le barche a vela che li portavano sulle spiagge , a Sant`Apollinare, la Pineta, Fiume Piccolo o Fiume Grande, spiagge tutte con un mare cristallino, curate ed organizzate. Spesso alla sera, con panini cocacola e mangiadischi, animavamo feste che duravano nottate intere intorno ai falò improvvisati sulla spiaggia.

...Sul lungomare tutti celebravamo la festa dell`uva con l`esibizione di gruppi folkloristici provenienti da ogni parte d`Europa: Ungheria, Cecoslovacchia, Grecia, etc. La festa delle feste era però la melonata del giorno di Ferragosto: su tutte le spiagge, sulle banchine, sul lungomare, si aprivano in allegria le famose angurie giganti brindisine.

...All`Estoril organizzavamo i pomeriggi danzanti per permettere ai più giovani ed alle ragazze brindisine -che la sera dovevano rimanere in casa- di divertirsi ballando. Ovviamente le loro scuse per uscire di casa erano le più fantastiche e non mancavano le mamme che arrivavano improvvisamente per portar via le figlie. La sera invece l`Estoril si trasformava in night e con la Sciaia a mare si popolava di gente proveniente da tutta la regione per incontrare cantanti e artisti famosi che si esibivano o che trascorrevano a Brindisi le loro nottate mondane...”

Page 104: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

San Pietro degli Schiavoni - 6 Maggio 1941

Pubblicato su SENZACOLONNE del 4 Ottobre 2012

Page 105: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Sfogliando un quotidiano nazionale di questi nostri giorni, alla pagina culturale una notizia richiama la mia attenzione: “Migliaia di immagini in un solo archivio. L´archivio storico cinematografico dell´Istituto Luce sbarca su Youtube con 30.000 video”. Una notizia veramente interessante, e non vinco la tentazione di andare subito su youtube. E poi, da lì all´archivio fotografico dell´Istituto Luce il passo é molto breve: http://www.archivioluce.com/archivio/

Alla voce ricerca, naturalmente e senza esitare , scrivo “Brindisi”. Certo mi aspettavo di trovare, tra molti altri, i già noti documentari di Stato sulle visite a Brindisi del Re Vittorio Emanuele III e di Mussolini in occasione delle varie inaugurazioni, del Banco di Napoli, del Monumento al Marinaio d´Italia, della prima pietra al Collegio Navale Tommaseo, della proclamazione della Provincia... E giá, fu nel del 1927 ...e doveva durare solo 85 anni a fronte dei millenni di protagonismo storico, ...ma questo é tutto un altro discorso! Ma certamente non mi aspettavo di incontrare una bellissima serie di 12 fotografie datate tutte 6 Maggio 1941 e raggruppate sotto un unico tema intitolato “Brindisi: angoli caratteristici e scene di vita”. Le 12 fotografie sono tutte molto belle e riconosco subito in alcune di esse quelli che furono i vicoli e le case dello storico rione brindisino di San Pietro degli Schiavoni: Emozionante!

Trascrivo i titoli di ognuna delle dodici foto: Persone sedute e in piedi conversano in un vicolo - Cactus e rampicanti sulle mura esterne di una casa - Signore e bambini di fronte a una casa - Bambini giocano accanto alla porta di casa, due donne stanno sulla porta - Il cortile interno di una casa, fiori sul balcone interno, sotto si vede una vecchina in abito nero - Una donna e tre bambini sulla porta di casa, un gatto passa sopra la porta ad arco - Una donna anziana siede in un cortile interno, in uno dei muri di pietra si vede una porta ad arco acuto - Una coppia di sposi sfila lungo un vicolo seguita da un corteo nuziale - Una donna allatta un bimbo - Un gruppo di donne prepara della pasta in un cortile, un marinaio guarda la pasta in un piatto - Donne mentre preparano le orecchiette - Donne preparano le orecchiette, un bimbo osserva in braccio a una di loro. Tutte dodici queste foto meriterebbero essere pubblicate, ...quella della mamma che allatta il bimbo é semplicemente una vera “poesia”. Dopo non pochi dubbi e vari ripensamenti ho finalmente scelto di pubblicare quella che si intitola “Una donna e tre bambini sulla porta di casa, un gatto passa sopra la porta ad arco”. Spero comunque che molti lettori abbiano la possibilità di accedere a internet e così sull´archivio del nostro gruppo Brindisini la mia gente potranno estasiarsi con tutte queste belle fotografie della nostra Brindisi che, in buona parte, ormai non c´é più.

Page 106: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

Gli hangars Bresciani-1916 e Savigliano-1930

Pubblicato su SENZACOLONNE del 11 Ottobre 2012

Page 107: Gianfranco Perri racconta 50 foto di Brindisini la mia gente

La base aerea a Brindisi era nata come idroscalo militare, con gli albori stessi dell`aviazione nei primi anni del 900, intorno agli anni della prima guerra mondiale. Invece l`aeroporto come lo abbiamo poi tutti noi conosciuto, nacque nei primissimi anni 30, mentre fino ad allora gli aerei civili e militari avevano utilizzato il campo terrestre di San Vito Normanni, che era sorto nel 1918 a circa 9 chilometri dalla città sulla strada per San Vito dei Normanni, tra i vigneti di contrada Marmorelle.

Ed è proprio quell`origine acquatica che spiega la presenza in riva al mare, delle due serie contigue di hangars ben visibili nel primo piano basso della foto, sovrastata dai due bei G91 del glorioso 32º Stormo.

Fu nel corso del 1916 che furono costruite le aerorimesse per accogliere gli idrovolanti da bombardamento progettati dall´ingegnere Luigi Bresciani. Un incidente di volo in fase di sperimentazione causò la morte del progettista e la distruzione del prototipo e il progetto fu abbandonato, però il nome Bresciani rimase ai 6 hangars, quelli più bassi allineati sulla sinistra della foto. Gli hangars Bresciani con muratura di tufi e cemento e con copertura a botte con sesto ribassato in solaio latero-cementizio, sono ancora oggi, dopo quasi cent`anni, in servizio utilizzati dall´ONU.

Già alla fine degli anni 20 sorse la necessità di nuovi hangars la cui costruzione, stabilita a nord degli hangars Bresciani, fu commissionata alla società Officine Savigliano di Torino. I 4 hangars Savigliano, ognuno a pianta rettangolare di circa 54 x 60 metri, furono completati intorno al 1930 con ossatura reticolare metallica a una campata e rivestimenti in lamiere ondulate zincate, cupolino centrale di aereazione a doppia falda in materiale policarbonato. Ognuno dei quattro accessi verso la banchina ha

un´apertura di circa 51 metri con più di 12 metri di altezza. L´ottima struttura metallica, nonostante la sua vicinanza al mare è rimasta pressoché intatta ed é ancora funzionale ai nostri giorni: uno degli hangars é gestito dall´ONU e negli altri tre opera la società Alenia Aeronavali.

L`aeroporto terrestre, la cui costruzione fu decretata dall'amministrazione provinciale di Brindisi con l´esproprio ed acquisto dei terreni agricoli siti alle spalle dell'idroscalo, entrò in funzione nel 1933, inaugurato da Mussolini il 30 di luglio, e l'aerostazione fu completata nel 1937 con pista di lancio orientata a nord, inizialmente di 50 x 600 metri e portata successivamente a 850 metri.

Durante gli anni 30 nell´aeroporto di Brindisi la compagnia di bandiera Ala Littoria gestiva, tra altre, le linee Brindisi-Rodi; Brindisi-Roma-Trieste; Roma-Brindisi-Tirana-Salonicco; Brindisi-Atena-Rodi-Haifa; Roma-Brindisi-Bagdad; Brindisi-Durazzo-Lagosta-Zara-Lussino-Pola-Trieste.

L'idroscalo militare era intitolato a Orazio Pierozzi, eroico comandante della Squadra Idrovolanti Brindisi durante la prima guerra mondiale, che dopo aver guidato innumerevoli azioni di guerra vittoriose era deceduto in volo di addestramento nel 1919.

Con la stessa denominazione venne inizialmente intitolato anche il nuovo aeroporto, che era militare e civile allo stesso tempo. Poi nel 1938 l'aeroporto civile fu intitolato ad Antonio Papola, in memoria del bravo comandante di aeromobile civile deceduto in quell`anno per incidente di volo, mentre il militare conservò l´intitolazione originale a Orazio Pierozzi fino a quando, nel 2008, perdendo lo status di scalo militare aperto al traffico civile, acquistò la semplice connotazione di aeroporto civile, con il nome di Aeroporto del Salento.

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Arco doppio in Via San Giovanni al Sepolcro - 1955

Pubblicato su SENZACOLONNE del 18 Ottobre 2012

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Quando l´amico Alberto Cafiero pubblico una sua foto di questo scorcio così suggestivo, sul nostro gruppo Brindisini la mia gente ci fu un po’ di sconcerto nel cercar di individuarne l´esatta localizzazione. Qualcuno parlò di una traversa di via Appia, qualcun altro di una di via Appia, ma poi Alberto chiarì ogni dubbio: ‘quel doppio arco si trova nel vicoletto che unisce via Marco Pacuvio con la piazzetta di San Giovanni al Sepolcro’.

Quindi un coro di “...ma é proprio vero ...ma quello é il cortile da dove si entrava al ‘doposcuola dei Bonatesta’ ...ma certo io ci sono andato, anch`io ...pure io ...si é vero il doposcuola del professor Italo Bonatesta ...e delle sue sorelle le maestre Tetta Fulvia e Anna Bonatesta ... Ah! Ma quanti bei ricordi“.

E sì, quanti ricordi, e quante generazioni di ragazzini e ragazzine siamo passati per quegli archi, per quelle scale, per quelle stanze, per quella terrazza sull´angolo tra via Pacuvio e via San Giovanni.

E non solo ragazzini, Enrico Sierra il nostro amico decano del gruppo Brindisini la mia gente che vive a Rimini, commenta: “Ciao Michela, io sono nato in via Marco Pacuvio, proprio dirimpetto alla casa dei tuoi nonni ed ero amico di tuo padre Italo e di suo fratello Antonio, la casa mia era di fianco alla vecchia cantina di Piccigallo proprio dirimpetto alla strada che porta alla piazzetta del Tempietto San Giovanni al Sepolcro.

Ma torniamo al ‘doposcuola’: gli amici ‘scaunari’ Angelo Catalano e Antonio Miglietta che abitavano a San Pietro degli Schiavoni, in via Tarantafilo e in largo De’ Caló respetivamente, da bambini erano di casa in quel doposcuola.

E poi Gianfranco Di Muri (...e ricordo una grande tartaruga che girava per casa), Nani Ernani (...da piccolo in quel cortile ci abitava un mio amico, Enzo Strisciuglio), Paolo De Angelis (...Italo Bonatesta è stato il mio maestro alle elementari dal 67 al 72: che gran bella persona! La mattina prima di entrare a scuola fumava mezza sigaretta, la spegneva e fumava l'altra mezza all'uscita).

Ed ancora, Luana C. Quarta Campbel “...chi ha trascorso i pomeriggi al doposcuola dalle signorine Bonatesta? Anna, Tetta e Fulvia, ...e come non ricordare il professore Italo? ... I ricordi più belli della mia infanzia! ...Tutti i pomeriggi e le estati intere dalle signorine Bonatesta, ...ndamu fattu li megghiu risati...“.

Ma gli anni passano inesorabili, dei fratelli e delle sorelle Bonatesta solamente Anna é ancora tra noi, ed é bello poterla salutare e rincontrare nella sua stessa casa, che fu anche il ‘doposcuola’ ed usufruire della sua preziosissima memoria storica della famiglia.

Ci racconta Anna: “…La foto deve essere stata scattata verso la metà degli anni ’50. La costruzione originale dell´arco risale a circa 150 anni fa, e fu ristrutturato intorno al 1985. Il signore con la bambina nel cortile con affianco la biciletta é Guglielmo Cesaria, di professione pescatore.

Ma l´intero edificio ed il cortile annesso, appartenevano ad un ben più grande ed articolato complesso, edificato a ridosso del Tempio di San Giovanni al Sepolcro e funzionante da convento o forse da ostello. Negli scantinati del palazzo ci sono ancora ampi magazzini sotterranei ed alcune delle sue stesse mura celano antichissime ed importanti tracce architettoniche...“.

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Via Carmine - 1903

Pubblicato su SENZACOLONNE del 25 Ottobre 2012

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Quando l´amico Giancarlo Cafiero posto questa vecchia fotografia appartenente alla sua preziosa collezione della Valigia delle Indie ed indicandone solamente la data, si accese subito il dibattito sulla possibile reale identità della strada brindisina in essa bellamente rappresentata. E si, un dibattito difficile e prolungato, perché la prospettiva della foto non é per nulla scontata, e soprattutto perché gli edifici, anzi per dir meglio i caseggiati ad un solo piano con terrazze o tetti a spioventi, ripresi in primo piano su entrambi i lati della strada, da ormai moltissimi anni non esistono più. Poi c´era quel folto albero che non si riusciva a capire bene da dove sbucasse e finalmente, sullo sfondo, quel campanile: a quale delle tantissime chiese brindisine apparteneva? Poi la rivelazione: É via Carmine, la foto é stata scattata dando le spalle a Porta Mesagne e anzi, considerando la evidente ripresa dall´alto, probabilmente proprio da sopra la Porta. Quell´albero é in quell´area occupata dal Calvario, sull´angolo con via Santa Margherita, e quindi la seguente strada a destra, chiaramente delimitata dalle ombre solari, é via Giordano Bruno. Il campanile non può quindi che appartenere alla chiesa degli Angioli, che sta proprio alla fine di via Carmine, sull´incrocio a destra con via San Lorenzo da Brindisi.

Eppure se Giancarlo avesse voluto metterla sul difficile avrebbe potuto asserire che si trattava di quella strada che molti anni prima era stata la via Maestra. E si, Via Maestra, “...era l´antica via che partiva da Porta Napoli, ora Porta Mesagne, e si dispianava fino al mare, fino alla Porta Reale già da tantissimo tempo inesistente, spaccando in due la città lungo un percorso attualmente contrassegnato da tre diversi toponimi, uno prosecuzione dell´altro: via Carmine, via Ferrante Fornari (che nell´800 era chiamata via Angioli) e via Filomeno Consiglio. Quella Maestra era la via per il mare, per le navi, per le partenze, le speranze, l´altrove. Era quella strada marina che percorrevano i romani, e tutti quelli venuti dopo di loro.” [Via Maestra a cura di Clara Nubile e Michele Bombacigno-2011]. Poi nel 1797, venne “il corso” che risanò il malsano canale in cui si era trasformata nei secoli l'insenatura marina che tagliava in due la città, della quale parlò Strabone. Dapprima si intitolò Strada Carolina in onore alla sposa austriaca del re Fernando IV di Borbone e successivamente, il 7 giugno 1882, la strada cambiò nome per essere intitolata a Garibaldi, morto quell'anno: fu da lì in avanti che il nostro Corso Garibaldi definitivamente spiazzò la via Maestra, via Carmine inclusa, dal suo piú che millenario ruolo di strada principale dell´urbe.

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Via Pompeo Azzolino allo specchio - 1952

Pubblicato su SENZACOLONNE del 4 Novembre 2012

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Qualche settimana fa il nostro amico, il bravo fotografo Cosimo Prudentino, ci ha voluto regalare questo suo bel disegno con il seguente commento: “Nel diario di mio padre ho trovato questo disegno, uno scorcio di via Pompeo Azzolino, disegnato da me circa 60 anni fa”.

In realtà il suo disegno é solamente quello della metà sinistra della fotografia, poi io mi son divertito a duplicarlo specularmente, un po’ a mo’ di scherzo ed un po’ per adattarne il formato a quello di questa rubrica. Spero Cosimo non me ne voglia.

E naturalmente Arcangelo Taliento e Salvatore Corsa, puntualmente, non hanno potuto non commentare quel suggestivo disegno della famosissima via delle loro Sciabiche, e poi interviene anche Luigi Iaia:

Arcangelo Taliento: La nota sul disegno ci dice che lì abitava "Ndulirata la rossa" ed io posso aggiungere che ci abitava anche "Cocu uardastelli". Sta scala stava propria sott´alla finestra ti casa mia. Quistu eti nnu disegnu ti li tiempi quandu si ticia "a casa vecchia no mancunu surgi". Eri bravo Cosimì, io ricordo bene quando da bambino con il gesso disegnavi Tex, per terra in strada. Ueh Có, viti c'á tiniri puru nnu leoni ca disignasti alla scola e ca paria nna fotografia. Ci lu acchi fandulu viteri...

Salvatore Corsa: Questo disegno di Cosimo indica esattemente com´erano quella scala e quel caseggiato. Formidabile! La casa di Cosimo aveva due entrate, una da via Montenegro e una da via Pompeo Azzolino, credo che questo scorcio lui lo vedesse spesso uscendo e entrando da casa sua. Ricordo bene che sia il disegno che la fotografia erano le professioni che da bambino gli piacevano e credo che finalmente l'ha azzeccata, considerando le foto meravigliose che ha poi sempre fatto...

Cosimo Prudentino: Sott´a Ndulirata la rossa abitava Maria Lucia. Poi nc'era puru Filumena ca quandu ccuminzava a parlari

non la spicciava chiui, cu lu figghiu Pippinu ca quandu ti salutava cu la manu destra evidenziava lu tiscitu mediu.

Luigi Iaia: Puru iu aggiu natu in via Pompeo Azzolino. Tandu a quedda via abitava Cuchecchia di zú Pippinu, Ntunietta ti li Beddi, nunna Maria, Maria la bionda, Cunzilia di Ginccu, Ntunietta la Spazzina, Furtunata e Peppu Sciarra. Poi sobbra allu palazzu abitavunu l´atri, e abbasciu addó era lu Gabbiano, stava la putea ti salsamenteria.

Arcangelo Taliento: Certo, Maria Lucia, che ti faceva tenerezza, era cugina a mio padre e in vecchiaia viveva, se ben ricordo, da sola vicino a Maria la bionda sorella di Mimmo, il quale quando faceva le cozze alla banchina spariva dentro alle condotte lasciando vedere solo i piedi, però riempiva lu tilaru. "Li tilari" erano quelle cassette che servivano per contenere i pesci, erano naturalmente di legno e oggi sono di polistirolo. Luí, ma addai no abitava puru Pizzuttinu? Vicinu alla scalinata ca stai ancora?

Luigi Iaia: Propria alla scalinata ca tu tici ca stai ancora, abitavo iu. E quandu chiuvia mama mittia lu rinali. Sotta abitava Maria Lucia e ti costi abitava Vicenzina. Poi mama si pigghiau la casa ti fronti addó abitava nunna Maria Prudentino e feciru menza casa nui e menza casa loro, ca rispundia in via Montenegro.

Arcangelo Taliento: Luí, ma ti cce annu stà parli? Ca iu sciucava 'ntra casa ti Romeu. No sta parli ti Cosiminu Prudentinu?

Luigi Iaia: Iu sta parlu ca sontu ti lu 58. Sta parlu ti nonnu Cosimo Prudentino, lu maritu di nunna Maria. Poi chiú abasciu abitava Ginu ti Cunzilia e addai é rimastu ancora lu figghiu Antonio. Poi venni a abitari lu conti Mantovanelli. Ti costi poi abitava Furtunata di Ginccu Coppola ca tennu la casa ancora addai. Sobbra allu palazzu poi abitava Cocu Cirvillera, Lina l´infermiera, Fischietto e Tonino Sciarra. Alla funtana poi abitava Peppu Sciarra, e poi ti ticu puru l´atri Arcá...

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Via Cittadella - 8 Novembre 1941

Pubblicato su SENZACOLONNE del 9 Novembre 2012

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Proprio oggi ricorre l´anniversario N° 71 di quella terribile tragica notte in cui Brindisi fu intensamente bombardata, tra il 7 el´8 Novembre del 1941. Si trattò del più potente e distruttivo degli attacchi aerei subiti dalla nostra città. L´incursione iniziò a mezzanotte circa e si protrasse per quasi 5 ore con un attacco condotto da una formazione di bimotori inglesi provenienti da Malta con l'obiettivo di smantellare le fortificazioni del porto e la base navale del castello svevo. Fu per questo motivo che proprio tutta l´area di via Cittadella e via Sant´Aloy subì i danni maggiori e fu quasi rasa al suolo, così come lo testimonia fin troppo crudamente la fotografia. E purtroppo, ci furono anche decine di vittime e centinaia di feriti. Fu bombardata anche la casa di Vito De Marco e Cosima Pati, su via Sant´Aloy quasi sull´angolo con l´attuale via Lucio Sacrano. Erano i nonni materni di Albina Aprile -mia madre- che con loro viveva e che li indusse ad abbandonare la casa un solo istante prima che venisse centrata dalla bomba. Avevano appena attraversato la strada per dirigersi in via Rodi a casa dei genitori di mia madre, ed erano ancora sul marciapiedi di fronte alla casa, quando la bomba la colpì in pieno e la fece crollare completamente lasciando in piedi solo la facciata. Remo Simoniello, commentando la foto ci racconta: ...Le zone colpite furono via De Sanctis e largo della Volta, poi fra via Cittadella via Sant'Aloy e via Lucio Scarano. Nei bombardamenti, un aereo fu abbattuto dalla contraerea e fu recuperato dal fondo del mare nel 1952, rimanendo per lungo tempo sulla banchina all'altezza di via Lenio Flacco.

Le macerie "ti li scuffulati" rimasero fino all´inizio degli anni '60. Dopo la guerra "lu scuffulatu" era il nostro campo d'azione: la sera ci andavano le coppiette e "nui li pigghiaumu a petri". Ed erano anche comodi perché in un secondo scendevamo giù da basso per fare il bagno alla spiaggetta dove tiravano a secco le barche, una spiaggetta tutt´ora esistente anche se adesso é completamente cementata. Dopo quella terribile notte, circa l´80 percento della popolazione civile di Brindisi si trasferì per paura nei più tranquilli paesi vicini della provincia, a Mesagne ed altri. Sono tristemente sintomatici del clima che regnava in città quell´8 novembre 1941, alcuni dei registri di classe redatti dalle maestre e dai i maestri che andarono a scuola quella mattina. Maria Franco, di 26 anni: La scuola é vuota. Le famiglie sfollano verso paesi più sicuri. Nessuna presente delle 25 frequentanti. Il Provveditore, da poco giunto in città, ha parlato a noi tutti dell´ora terribile che si attraversa... Luigi Pigna, di 31 anni: La scuola é completamente vuota in quanto tutte le famiglie sono costrette a sfollare. Per misure economiche di combustibile, il Ministro ha protratto le vacanze fino al 18 Gennaio. Dei 51 iscritti una decina frequentano perché gli altri si sono riversati nei comuni vicini... Matilde Musaio Valletta, di 32 anni: La disastrosa incursione aerea, durata quasi 5 ore, ha fatto spopolare la città. La scuola é deserta. Le ripetute incursioni aeree hanno fatto si che tutti sfollino. Dove potremo rintracciare i nostri piccoli? Certamente nei paesi vicini!

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Le Sciabiche - 1906

Pubblicato su SENZACOLONNE del 15 Novembre 2012

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Quello ritratto nella foto é un paesaggio brindisino che dal 1936 é drasticamente cambiato. Si tratta infatti di una bella foto panoramica di quel tratto di lungomare del seno di ponente appartenente allo storico rione delle Sciabiche e che in quell´anno fu quasi completamente abbattuto per far posto al complesso della nuova fontana imperiale con al fronte la via Pasquale Camassa e l´ampliato largo Lenio Flacco e con alle spalle la risistemata piazza Santa Teresa. La foto qui riprodotta, in realtà rappresenta solo un dettaglio di quella ben piú panoramica appartenente allo Stabilimento Fotografico dei Fratelli Alinari e intitolata “Veduta del Porto 1905-1908”. E per fortuna, l´ottima qualità tecnica della foto originale mi ha permesso ingrandire di parecchio questo eccezionale dettaglio e così ottenere un´ immagine certamente inedita e che non ha uguali noti. Con un po’ di buona volontà é anche possibile scoprire, sull´orizzonte dell´estrema sinistra della foto, l´inconfondibile siluetta del Forte a mare, e sull´estremo destro invece, quasi nero, l´angolo più spinto verso il mare del mastodontico complesso architettonico dell´attuale sede dell´Archivio di Stato adiacente alla chiesa di Santa Teresa. Si tratta in qualche modo del piú completo testimonio di tutto ciò che in quell´anno 1936 fu abbattuto: certamente infatti, non molto di quanto

illustrato dalla foto doveva essere cambiato per quel momento e quindi, quelle che si abbatterono non furono solo costruzioni fatiscenti e malsane come le cronache ufficiali dell´epoca tentarono di raccontare. Di fatto, in quel 1936 si consumo la più vasta delle campagne demolitrici delle Sciabiche, quella che interessò la maggior porzione del quartiere e che in sostanza risparmió solamente un limitato settore di case compreso tra via Montenegro e quello che doveva diventare il limite della nuova scalinata imperiale. Quelle demolizioni interessarono tutte le case sciabbicote che, su piani di varia altezza degradanti da piazza Santa Teresa e da largo San Paolo al mare, esistevano a quell´epoca fino a largo Sdrigoli, l´attuale largo Sciabbiche, e anche un po’ più in là, fino al pendio Fontana Salsa che é sulla sinistra dopo già imboccata via Lucio Scarano. E questa foto, ormai da considerare a tutti gli effetti storica, mostra anche la grande vitalità di quel rione rigoglioso che era abitato da centinaia di marinai e di pescatori con le loro famiglie numerose: tutto il vasto spazio prospicente al mare tra la banchina e le case, pullula di persone, di reti da pesca -le sciabiche appunto- poste ad asciugare, di merci pronte ad essere imbarcate e di mezzi ed attrezzature per la pesca. E non mancano i panni stesi ad asciugare al sole!

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Via Marina - 1905

Pubblicato su SENZACOLONNE del 22 Novembre 2012

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Sulla Pianta della Città di Brindisi a scala 1:2000 di Carlo Fauch del 1871, la denominazione di Strada Marina é assegnata a tutto il tratto di lungomare compreso tra la Stazione Marittima, in realtà ancora inesistente come tale e nella cartina indicata come Sanità Marittima, e Largo Montenegro, di fronte appunto al Palazzo Montenegro. Per il resto, sia a levante che a ponente, il lungomare viene semplicemente denominato “Banchina”.

E tale denominazione la si ritrova ancora uguale sui disegni del Piano Regolatore della Città di Brindisi del 1883, sui quali peró non compaiono le diciture “Banchina”.

Nel 1881, in due episodi separati, l´11 gennaio il primo e l´11 novembre il secondo, sulla Strada Marina si producono altrettanti crolli della banchina centrale, praticamente contigui: di fronte all´attuale palazzo del turista e di fronte all´albergo Internazionale.

Lo documenta in dettaglio il piano intitolato “Planimetria della Banchina Centrale del Porto di Brindisi, elaborato a scala 1:1000 in data 1 Agosto 1882”. In questo piano si denominano con “Banchina delle Sciabiche” e “Banchina della Ferrovia”, quelle tratte rispettivamente a ponente e levante della “Banchina Centrale”. E su questo stesso piano, la Sanità Marittima é diventata Capitaneria di Porto.

La fotografia riprende il tratto finale, che culmina all´altezza di via Montenegro proprio dove attracca la motobarca per il Casale, dell´attuale viale Regina Margherita, che sull´altro estremo inizia all´altezza della Stazione Marittima. A ponente il lungomare prosegue con

l´attuale via Lenio Flacco e a levante con la via Regina Giovanna di Bulgaria.

L´intitolazione alla Regina Margherita di quella che era stata la Strada Marina risale al 1900, quando una delibera comunale cambio i nomi }delle strade adiacenti al lungomare, introducendo appunto quelli di via Lenio Flacco per la strada sulla banchina di ponente e di via Regina Giovanna di Bulgaria per la strada sulla banchina di levante.

Quel palazzotto sul fondo della foto e che sbarra il lungomare, non c´é piú. Apparteneva al rione Sciabiche e fu demolito intorno al 1924, era prospicente al mare e con le sue spalle delimitava il largo Monticelli. Antistante al palazzotto era piazza Baccarini, già piazza Dei Consoli ed attualmente piazzale San Teodoro D´Amasea, con al centro la fontana dei delfini, visibile nella foto e poi spostata ai Giardinetti.

Però, non può che imporsi allo sguardo la presenza circostanziale ma significativa del protagonista indiscusso della fotografia: il commercio, la rigogliosa attività commerciale molto vistosamente rappresentata dalle navi mercantili ormeggiate e da quelle tante merci pronte per essere imbarcate: le botti del vino e dell´olio ed i prodotti della ben diversificata attività agricola della città e del suo territorio.

Un´attività che a cavallo tra i due secoli era stata così tanto fruttifera da condizionare fortemente anche lo stesso paesaggio urbano e portuale della città, così come ce lo mostrano questa e tante altre belle fotografie di Brindisi, che riprendono su tutto il lungomare quelle che per quell´epoca erano tipiche e frequenti scene di attiva vita quotidiana nella nostra città.

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La Torre dell´orologio - 1956

Pubblicato su SENZACOLONNE del 29 Novembre 2012

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Nel settembre del 1763, il sindaco Stefano Palma da inizio ai lavori per la costruzione della nuova Torre dell´orologio, in piazza Sedile in prossimità del palazzo comunale. La torre campanaria precedente, di dimensioni molto piú modeste ed edificata in quello stesso posto, era stata distrutta dal terremoto del febbraio 1743.

“...Quella nuova Torre dell´orologio invece, testimone di tanti avvenimenti storici specialmente del periodo risorgimentale, fu demolita nel febbraio 1956 per dar luogo all´erigendo palazzo della Previdenza sociale. Per tale demolizione, clamori e proteste si levarono da più parti, anche attraverso la stampa, che però non valsero a far ritornare sulle proprie decisioni i geniali autori di tanta rovina”. [Storia non scritta di Brindisi, di Alberto Del Sordo - Gazzetta del Mezzogiorno del 16.6.1977].

Nel 1952, con l´unanimità espressa per alzata di mano dei presenti, il Consiglio comunale presieduto dal sindaco Francesco Lazzaro, accordo cedere tutta l´area di 1.285 metri quadrati all´Inps per 11 milioni di lire.

Però alcuni politici si opposero alla delibera: il senatore Antonio Perrino, allora presidente della Provincia, fu probabilmente il loro massimo rappresentante, reclamando il mantenimento della Torre per il suo valore artistico, storico ed affettivo. E poi... “alla sua base c´erano quelle due carceri che avevano ospitato molti patrioti”.

E non mancò neanche il dissenso degli intellettuali: “…Gli odierni barbassori del cemento armato hanno progettato il solito scatolone che sarà adibito a sede della Previdenza sociale. Gli accaniti congiurati, che impuniti imperversano sotto il segno della bruttezza contro le nostre belle città, hanno dannato alla demolizione l´interessante barocca torre dell´orologio, poiché per loro é più facile demolire che creare opere che possano reggere il confronto con quelle pur modeste del passato” [Brindisi ignorata, di Nicola Vacca - 1954].

E com´era? ...“Era costruita in carpano di Trepuzzi, contava 3 piani. Al piano terra l´ingresso era sormontato dall´arme della città ed ospitava nel suo interno la bottega dell´orologiaio Ranieri, addetto alla sua manutenzione. Al primo piano si notava una lapide di marmo dedicata a Mazzini. Al secondo piano il quadrante dell´orologio, a due sfere e a cifre romane. Al terzo infine, la cella campanaria a forma di cupola: le due campane avevano due batacchi a martello azionati da tiranti rispondenti al sistema di orologeria”. [Cronaca di un inutile abbattimento, di Nadia Cavalera - Quotidiano del 30.11.1983].

Rino Tasco: E’ questa la foto di Muraglia che io comprai al suo negozio. Il proprietario del salone di fianco a quello dell´insegna, si chiamava Suppressa, io facevo il garzone e se si osserva bene, sotto la porta c'é un ragazzo con la scopa: quello sono io. E ci si po’ scurdari du bellu suenu ca facia dan,dan,dan, din,din. Quantu cosi ndi ricurdava, era comu unu ti famiglia: Sunava quandu lu tata era a sciri fori, quandu nui erumu a sciri alla scola o quandu erumu a sciri alla nuvena alla chiesa ti San Paulu. No vitiumu l'ora cu sunava quandu erumu assiri ti la scola pi sciucari mienzu alla strata cu la palla ti pezza, o a fuci fucendu manué. E no vi ticu la menzatia ti la cloria comu sunava!

Romeo Tepore: Il Salone dell´insegna era di Giancola Luigi, mio zio. Subito dopo vi era un altro salone, non ricordo il nome del titolare, ma era sordomuto e si trasferì a Torino. Attaccato alla Torre dell'orologio, vi era il negozio di merceria di Brunetti. Dalla porticina che si vede aperta si saliva sopra e vi era una sartoria, subito dopo vi era un negozio che vendeva pane. Per finire, la prima porta sulla destra della foto era ancora un salone, del signor Saponaro.

Remo Simoniello: Io ricordo che all'angolo c'era anche un armeria dove compravo i piombini per il fucile ad aria compressa e le capsule (li capsi) per la pistola... assia ti la scola Costanzo Ciano e sc'è facia rifornimento...

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Castello di Terra: Federico Barbarossa (?) - 1880

Pubblicato su SENZACOLONNE del 5 Dicembre 2012

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Agli albori dell´appartenenza di Brindisi al neofondato Regno d´Italia, un interessante piano del Genio Militare, datato 1° Agosto 1867 elaborato a scala 1:4000 dall´incaricato del “Servizio della Piazza di Brindisi” Lorenzo Calabrese, riproduce la cinta di Brindisi con l´indicazione delle porzioni che si dismettono al Demanio in osservanza del Dispaccio del Ministero della guerra del 28 Marzo 1867. Ebbene la leggenda di quel piano attribuisce al nostro Castello di terra la denominazione “Castello della Vittoria usato a Bagno Penale”. Quindi ancora una nuova denominazione che si affianca alle tante altre un po’ più conosciute, come quella suggestiva e molto diffusa tra la fine dell´800 ed i primi del 900, di “Castello Federico Barbarossa” che é riportata nella didascalia della cartolina riprodotta nella foto e stampata nel 1905 dalla ditta Nicola Passante e di un´altra stampata dalla ditta A. Anelli nel 1905 e di tante altre ancora, frutto tutte di un grossolano errore storico e di una evidente diffusa ignoranza. Per la cronaca, Federico Barbarossa morì nel 1190 durante la terza crociata, gli succede il figlio Enrico VI che morirà giovanissimo nel 1197 ed il cui figlio, Federico Ruggero, diverrà l´imperatore Federico II di Svevia. Quella di “Castello Federico II di Svevia” é certamente la denominazione più corretta, nel rispetto della storia che registra l´inizio della sua costruzione nel 1227 per volere del famoso re imperatore, che fu un autentico innamorato di Brindisi: Federico II.

Circa un secolo dopo, Carlo d´Angiò fece aggiungere nuove fortificazioni, mente nel 1488, per volere di Ferdinando I di Aragona, il castello subì importanti modifiche con la costruzione, attorno al nucleo federiciano trapezoidale originale, di un´alta muraglia a pentagono provvista di nuove torri e di un fossato. Da lì le denominazioni di “Castello Angioino“ e di “Castello Aragonese“. Nel 1808, con Napoleone, al trono di Napoli giunse Gioacchino Murat che nel 1814 decise di convertire il castello in “Bagno penale” per potervi alloggiare un gran numero di forzati da destinare ai grandi lavori di escavazione del porto interno: sembra risultare esservi stato racchiuso anche il padre di Alexandre Dumás, il famoso autore del Conte di Montecristo, I tre moschettieri, etc., etc. Nel 1815 Gioacchino Murat decadde dal trono e fu fucilato, ma il progetto di risistemazione del porto interno con la mano d´opera dei forzati del bagno penale fu portato avanti dai Borboni: interessante esempio di continuità amministrativa! Quel bagno penale continuò a funzionare fino al 1909, anno in cui il Castello di Terra fu dato in uso alla Regia Marina Militare, in attenzione allo strategico ruolo che il porto di Brindisi doveva poi ricoprire nelle due guerre mondiali. Un uso che permane tuttora nonostante la marina militare non sia più regia e nonostante non risulti se ne stia facendo un gran uso militare. Speriamo che finalmente il nostro bel Castello di terra sia a breve restituito ai brindisini!

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Via Circonvallazione (B. San Giacomo) - 1903

Pubblicato su SENZACOLONNE del 6 Dicembre 2012

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Questa foto di Brindisi costituisce certamente una sfida per chiunque si voglia cimentare nell´ardua impresa di identificarne l´esatta ubicazione. E si, perché non solo la via non esiste più con tale denominazione o tale configurazione, ma anche quasi tutto il resto che é rappresentato nella foto, non esiste più. La via Circonvallazione era quella che appare in bianco sulla sinistra della foto e che poi, nel settore ripreso dalla foto, mutó la sua denominazione a quella di via Bastioni San Giacomo. In effetti, sul ”Piano regolatore della città di Brindisi del 1883” tutta la strada compresa tra Porta Lecce e Porta Mesagne, esterna alle mura e con un giro ad angolo quasi retto intorno al Bastione di San Giacomo, si denominava ”Strada di Circonvallazione”. Quindi, oltre all´attuale via Bastioni San Giacomo, corrispondente a quella strada che é rappresentata nella fotografia, la via Circonvallazione comprendeva anche le attuali via Bastioni Carlo V, tra Corso Roma e la stazione ferroviaria, e via Bastioni San Giorgio, tra la stazione e Porta Mesagne. Il settore che nella foto é alla destra della strada bianca, fu poi occupato dal Parco della Rimembranza, inaugurato nel 1927 e sradicato nel dopoguerra per far posto a edifici pubblici che avrebbero potuto avere ben altra collocazione, invece di quella realizzata sull´unico polmone verde esistente nel centro cittadino.

Il Bastione di Carlo V, quello adiacente a Porta Mesagne, si può intravedere sul fondo della fotografia, mentre il Bastione di San Giorgio, quello che era sito di fronte alla stazione ferroviaria, all´epoca della foto era già stato inspiegabilmente abbattuto proprio per far posto alla stazione, la quale però per nulla interferiva con quel bastione. Mah! Il Bastione di San Giacomo finalmente, rimaneva invece alle spalle della foto, sul lato destro. Fu per ordine di Carlo V che fu costruito il gran Torrione di San Giacomo assieme alla cortina muraria che, passando per il Torrione di San Giorgio, raggiungeva il Torrione di Porta Mesagne e proseguiva quindi fino al Castello di terra: una formidabile cintura difensiva di terra compresa tra il Castello e, sul mare, la Porta Reale. Fino a quella antica porta infatti si estendevano i bastioni, dopo aver superato Porta Lecce. La Porta Reale, da tantissimo tempo ormai scomparsa, era ubicata alla fine della Strada Maestra, la principale della città, che partendo da Porta Mesagne giungeva fino al luogo in cui é tutt´ora edificata la struttura della Capitaneria di porto, dopo aver attraversato per intero l´urbe medievale. E così, a completare l´intero circuito perimetrale difensivo della città non restava che solamente il lungomare: dalla Porta Reale al Castello di terra infatti, tutto il perimetro terrestre ai tempi del re di Spagna Carlo V (1500-1558) era formidabilmente protetto.

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Via Circonvallazione (B. San Giorgio) - 1903

Pubblicato su SENZACOLONNE del 6 Dicembre 2012

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Sul ”Piano regolatore della città di Brindisi del 1883” tutta la strada compresa tra Porta Lecce e Porta Mesagne, esterna alle mura e con un giro ad angolo quasi retto intorno al Bastione di San Giacomo, si denominava ”Strada di Circonvallazione”. Poi la nuova toponomastica cittadina attribuì a tale strada circonvallante quelle che erano state le mura fortificate della città, tre differenti toponimi. Partendo da Porta Lecce: via Bastioni San Giacomo, fino a Corso Roma - via Bastioni Carlo V, fino a Corso Umberto - via Bastioni San Giorgio, fino a Porta Mesagne. Il resto di quello che era stato il perimetro fortificato, assunse i toponimi di via Dé Carpentieri, tra Porta Mesagne e la Torretta Inferno del Castello di Terra, e di via Del Mare, tra Porta Lecce e la Stazione Marittima, adiacente alla quale ai tempi delle fortificazioni di terra c´era stata la famosa Porta Reale, della quale s´é persa ogni traccia. La fotografia riprende il tratto dell´attuale via Bastioni San Giorgio, la strada bianca sulla sinistra, che guarda verso Porta Mesagne. La foto é stata infatti ripresa all´altezza dell´attuale Caserma dei Carabinieri.

I Bastioni Carlo V di Porta Mesagne si intravedono sul fondo della fotografia, ma quello che in essa più risalta é la grande ciminiera. Era la ciminiera dell´officina per la produzione d´energia elettrica della ¨Società Anonima Brindisina¨ sorta agli albori del novecento, al passo con le esigenze e le richieste di elettricità dei privati, per le proprie abitazioni e per le loro piccole aziende artigianali. Solo una decina di anni prima della data della foto, nel 1891, era sorto in contrada Ferriere, l´attuale via Cesare Battisti, il primo impianto cittadino per la produzione pubblica dell´energia elettrica, grazie al quale il Comune di Brindisi illuminerà i Corsi, il Lungomare e diverse altre vie del centro urbano. Non é un caso quindi, che in quella fascia di terreno libero nella parte centrale dell´immagine e che fiancheggia tutta la strada bianca che invece si allunga sul lato sinistro della foto, ci siano a tutt´oggi gli uffici della società elettrica nazionale, l´Enel, praticamente addossati al complesso murario del Bastione Carlo V. [Parliamo di Brindisi con le cartoline - Giuseppe Candilera.

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Il Politeama Duca Degli Abruzzi - 1914

Pubblicato su SENZACOLONNE del 13 Dicembre 2012

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Siamo in corso Umberto I° e sulla sinistra della foto si riconosce l´inconfondibile siluetta del fu teatro Verdi. Ma anche l´edificio che é in primo piano nella foto non esiste più da molti anni: era la sede di un teatro cittadino, il Politeama Duca degli Abruzzi che nel giugno del 1912 era stato edificato sull´angolo con via Cesare Braico, proprio dove ha poi avuto sede per tanti anni e fino a non molto, il Circolo Cittadino. Era un edificio in legno a due piani con tre file di palchi in cui gli spettacoli lirici, cinematografici e di rivista, iniziarono a esservi rappresenati il 22 marzo del 1913. Dopo pochissimi anni di esercizio, l´edificio in legno subì un rovinoso incendio che indusse il proprietario a trasformarlo in un´arena: l´Arena Margherita che funzionò sino all'estate del 1917, grazie alla buona qualità delle sue rappresentazioni ed a una importante affluenza di pubblico, che nei lunghi e caldi mesi estivi brindisini faceva spesso registrare il tutto esaurito. Erano quelli dell´inizio del novecento, anni in cui Brindisi, dopo i primi difficili decenni che tennero dietro all´unificazione nazionale, aveva cominciato a conoscere una discreta crescita economica e si era anche popolata di numerosi ritrovi pubblici come diretta coseguenza di un certo benessere diffusosi nelle classi più facoltose e della tendenza di queste a ricercare la felicità a tutti i costi, secondo i canoni della Belle Epoque, che nelle nostre regioni meridionali si protrasse fino alle soglie degli anni 30, quando altrove era già tramontata [“Vecchia

Brindisi tra cronaca e storia” Alberto Del Sordo - 1978]. Nel periodo citato infatti, l´interesse del pubblico borghese brindisno per gli spettacoli teatrali e mondani aveva incoraggiato alcuni imprenditori nostrani a creare nuovi locali, che assecondarono quelli già esistenti, come l´antico teatro comunale Marco Pacuvio in via Ferrante Fornari, e il teatro del Festival, entrambi già attivi fin dal secolo precedente. Il 1903 fu l´anno di due importanti inaugurazioni: il 21 gennaio in piazza Cairoli si apriva il Politeama Bellini, un teatro in legno che anticipò di alcuni mesi l'apertura ufficiale avvenuta il 17 ottobre del vicino teatro comunale Verdi, comunque già funzionante da mesi con spettacoli di minore importanza. Nel maggio del 1914 fu inaugurato il cinema-teatro Mazari, una costruzione in stile Liberty dove rinomati spettacoli di varietà ed operette si alternavano con le proiezioni cinematografiche. Al termine della prima guerra mondiale solo il Mazari ed il Verdi riuscirono a riprendere le loro attività, però nel 1925 si poté finalmente disporre di una nuova moderna sala cinematografica, costruita in muratura e ferro sull´area del vecchio teatro Bellini, cessato fin dal 1911 e la cui platea era stata adibita a pista di pattinaggio. Il nuovo cinema prese inizialmente il nome "Eden" e poi, nel 1936 e per ´ragioni di ordine pubblicò (un fantomatico generale inglese aveva quel nome), fu denominato "Impero". Sul suo schermo furono proiettati i capolavori dell´arte muta fino a quando nel 1931, il ’muto’ fu soppiantato dal ‘sonoro’.

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Porta Mesagne “miracolata” - 1925

Pubblicato su SENZACOLONNE del 20 Dicembre 2012

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Mancò molto poco che questa fotografia divenisse l´ultima foto di Porta Mesagne, o di Porta Napoli, come si dice si chiamasse prima.

E si, ...incredibile ma vero: i lavori per la sua demolizione erano già iniziati quando Don Pasqualino Camassa, il grande filantropo brindisino ispiratore con la sua ”Brigata degli Amatori della Storia e dell’ Arte” dell´anima più sensibile del nostro gruppo, vi si oppose, ...e come!

Papa Pascalinu appena informato della decisione di abbattere la pericolante porta, iniziò la sua crociata e quando vide che i lavori di demolizione erano iniziati, non esitò a far trasportare il suo letto fin sotto l´arco della porta e a sdraiarsi su di esso: “Questa porta non si abbatte a meno che non saró abbattuto anch’io”. Tanta risoluzione sortì effetto!

Nella prima metà del III secolo (nel 1243 per esattezza) la porta era stata fatta ricostruire, con unica apertura a fornice di sesto acuto, da Federico II di Svevia. L´altra apertura, così come la conosciamo noi, fu poi praticata di recente, alla fine degli anni trenta in occasione del restauro succeduto al già citato tentativo fallito di demolizione, per soddisfare le esigenze della circolazione pedonale che doveva essere necessariamente separata da quella veicolare, ormai divenuta pericolosamente intensa.

Ma quella porta ”da sempre” era stata la principale ed a lungo unica porta d´ingresso per via terra alla città. Il suo complesso originale risale infatti ad alcuni decenni prima della nascita di Cristo, a quando Marco Antonio fece costruire quel tratto di cinta muraria che la comprendeva,

per difendere la città ed il suo strategico porto dagli attacchi di terra.

Da quella porta iniziava il suo percorso la medievale Rua Maestra, l´antica strada principale dell´urbe, che si dispianava fino alla Porta Reale sul mare, spaccando in due la città lungo il tracciato rimasto pressoché inalterato ed attualmente contrassegnato da tre diversi toponimi, uno prosecuzione dell´altro: via Carmine, via Ferrante Fornari (che nell´800 era chiamata via Angioli) e via Filomeno Consiglio.

E su quella stessa porta, naturalmente, confluiva la Via Appia, la regina di tutte le vie “Regina viarum” la cui costruzione partendo da Roma fu iniziata nel 312 a.c. dal censore Appio Claudio Cieco e che per secoli e secoli fu transitata fino a Brindisi da imperatori, re, condottieri, avventurieri, viaggiatori di tutto il mondo e da tutto il mondo, i quali tutti passarono sotto l´arco di Porta Mesagne per poi guadagnare il mare per l´Oriente attraverso il porto di Brindisi, il più sicuro di tutto il Mediterraneo, come sicuri lo erano solo anche Giugno e Luglio.

Interessante e per certi versi d´attualità é la targa marmorea affissa affianco alla moderna apertura laterale per il passaggio dei pedoni:

“Comune di Brindisi

Capoluogo di Distretto

Provincia di Terra d´Otranto”

Tale infatti era lo status amministrativo di Brindisi, subito prima che, nel 1927, Mussolini facesse assegnare alla città lo status di “Provincia“ suddividendo la Provincia Terra d´Otranto in tre province: Lecce, Taranto e Brindisi.

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La Valigia delle Indie... quella del XX Secolo - 2012

Pubblicato su SENZACOLONNE del 27 Dicembre 2012

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Avevo pensato che con questa foto N° 50 si sarebbe potuta concludere questa mia entusiasmante avventura, durata tutto un anno, dedicata a questa rubrica settimanale di commenti alle più interessanti fotografie del gruppo Fb “Brindisini la mia gente”. Entusiasmante per me, naturalmente, e spero gradita per molti dei lettori di Senzacolonne.

Il nostro Direttore Gianmarco, con la sua usuale generosità, mi ha invece suggerito di continuare e prolungare questa avventura. Non ho certo potuto dire di no, anche perché son sicuro che quella miniera di fotografie brindisine che é diventato il nostro gruppo “Brindisini la mia gente” non mancherà di offrirmi ed offrirci ancora tante belle ed interessantissime fotografie da commentare.

Ma permettetemi di scrivere che uno dei motivi piú validi per il quale credo che finalmente raccoglierò la sfida di prolungare la vita di questa rubrica, é sicuramente legato alla intima soddisfazione procuratami dai tanti commenti che gli amici del gruppo “Brindisini la mia gente”, e non solo loro, hanno voluto puntualmente farmi giungere ad ogni pubblicazione. Quei commenti sono stati tutti sempre molto gratificanti, oltre che interessanti complementari ed in più di un’occasione finanche preponderanti rispetto ai miei stessi commenti iniziali, ed hanno perció costituito il mio principale stimolo ad andare avanti.

La scelta quindi di pubblicare questa fotografia, non era stata assolutamente casuale. Dedicare quella che doveva essere l’ultima foto della serie, alla gloriosa “Valigia delle Indie” dei due bravi brindisini e amici, Giancarlo Cafiero e Galiano Lombardo, voleva infatti essere anzitutto un modesto ma sentito e certamente condiviso omaggio a due brindisini doc che hanno dedicato gran parte della loro vita a raccogliere, ordinare, classificare e tramandare ogni pur piccolo testimone possibile della nostra Brindisi passata, sottraendolo all’abbandono all’incuria ed alla piú che probabile scomparsa. Ma non solo... voleva anche essere un simbolico passare il testimone della rubrica ...e nessuno meglio della “Valigia delle Indie” ne sarebbe potuto diventare il geloso guardiano ed il fedele perpetuatore.

Con questa foto però, voglio anche celebrare, con tutti i lettori di Senzacolonne e gli amici di “Brindisini la mia gente”, i nientemeno che 30 anni esatti di fortunata e fortunosa esistenza della “Valigia delle Indie”, fondata appunto nel già lontano novembre del 1982 per visione e volontá di Giancarlo e Galiano, e da loro due mantenuta aperta per tutti noi, da sempre in quel di Via Tarantini N.20, con tanta caparbietà e non pochi grandi sacrifici.

Grazie Giancarlo e grazie Galiano! In tantissimi ve ne siamo grati.

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BRINDISI “filia solis”

Nella parte più a nord del Salento è situata Brindisi, città antichissima crogiolo di culture e teatro di vicende entrate a buon diritto nei manuali della grande storia, città nobile e antica che secondo alcuni si dovrebbe chiamare Brunda. E' noto a tutti che questo nome significa testa di cervo, non in greco o latino, ma in lingua messapica, il porto di Brindisi ha infatti la forma di una testa di cervo, le cui corna abbracciano gran parte della città. Il porto è famosissimo in tutto il mondo e da ciò nacque il proverbio che sono tre i porti sicuri della terra: Giugno, Luglio e Brindisi. La parte più interna del porto è cinta da torri e da una catena, quella più esterna la proteggono gli scogli da una parte e una barriera di isole dall'altra: sembra l'opera intelligente di una natura burlona, ma accorta. La costa, che dal monte Gargano fino a Otranto è quasi rettilinea ed incurvata solo in brevi tratti, nei pressi di Brindisi si spacca ed accoglie il mare, formando un golfo che si insinua nella terra con uno stretto delimitato, come già detto, dalle torri e dalla catena. Un tempo, questa stretta imboccatura era profondissima e poteva essere attraversata con navi di qualsiasi grandezza. Da questo stretto, il mare si riversa per un lungo tratto dentro la terraferma attraverso due fossati naturali che circonvallano la città; è sorprendente, soprattutto nel corno destro, la profondità del mare che in qualche punto, dicono, supera i venti passi. La città ha all'incirca la forma di una penisola, tra i due bracci di mare. Sul corno destro, ha una fortezza di straordinaria fattura, costruita con blocchi di pietra squadrata per volere di Federico II, e poi ha il castello Alfonsino, il Forte a mare dei brindisini. Brindisi è cresciuta sul più orientale porto d'Italia che ne ha determinato il destino. Le colonne terminali della via Appia, specchiandosi dall'alto della loro scalinata nelle acque del porto interno, vigilano su quella che la tradizione vuole come l'ultima dimora di Virgilio. E poi Brindisi cela tantissimi altri frammenti di storia, le cui testimonianze sono ancora leggibili nel tessuto urbano, attraverso itinerari che si devono percorrere per ammirare l'eleganza dei suoi numerosi palazzi, le maestose dimore dei Cavalieri Templari, la ricchezza del suo patrimonio chiesastico e da ultimo, per scoprire l'essenza autentica della città che il grande Federico II definì “filia solis”, esaltando la mediterranea solarità di questo straordinario avamposto verso l'Oriente.