Giancarlo Germanà Bozza · La presenza di manufatti greco-orientali o ... quest’ultima molto...

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Bollettino di Archeologia on line I 2010/ Volume speciale A / A5 / 1 Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n. 330 ISSN 2039 - 0076 www.archeologia.beniculturali.it 1 Giancarlo Germanà Bozza Importazioni greco-orientali e fenicie nei santuari arcaici della Sicilia orientale Le rotte commerciali più antiche nel Mediterraneo occidentale si possono attribuire agli Eubei di Calcide ed Eretria, ai quali si deve anche la fondazione delle prime colonie in Magna Grecia ed in Sicilia. L’esistenza di una rotta che univa il Vicino Oriente, in particolare l’emporio di Al Mina, con le colonie greche d’Occidente è stato già messo in relazione con i più antichi apporti euboici precoloniali presenti in entrambe le aree 1 . La presenza di manufatti greco-orientali o fenici in Sicilia si può attribuire agli intensi scambi commerciali che animarono il Mediterraneo durante l’età arcaica. Non sempre, però, la presenza di tali prodotti si può ricondurre a commerci con le popolazioni levantine, bensì alla mediazione svolta dai mercanti greci 2 . In base ai dati archeologici in nostro possesso, però, possiamo anche affermare che i primi contatti tra i Fenici e le popolazioni indigene della Sicilia si potrebbero collocare prima della colonizzazione greca, in un periodo compreso tra il X e l’VIII secolo a.C., dando alla nascita dei primi empori commerciali fenici in Sicilia una contemporaneità rispetto alla colonizzazione greca 3 . Per manufatti di un certo pregio, la cui presenza è attestata nei santuari sicelioti, si può anche ipotizzare una distribuzione mediata dai mercanti fenici, i quali potevano avere degli scali marittimi presso le colonie greche e gli insediamenti indigeni. Dopo la colonizzazione greca della Sicilia si poteva osservare una preponderanza di manufatti siro– fenici e ciprioti nella parte orientale dell’isola, mentre in quella meridionale ed occidentale predominavano quelli egizie. Un discorso a parte si poteva fare per Siracusa, dove alle limitate importazioni cipriote corrispondeva una notevole presenza di manufatti egizi, che prevalevano anche su quelli siro-fenici 4 . I manufatti fenici più comunemente attestati sono le lucerne e la ceramica ad ingobbiatura rossa lustrata, quest’ultima molto diffusa nei siti fenici della costa asiatica ed a Cipro. Questa ceramica è costituita generalmente da piccole e medie forme, soprattutto da mensa e si data fra il IX ed il VII secolo a.C. 5 Altrettanto diffuse nelle città siceliote sono le anfore commerciali di tipo fenicio, attestato in particolare a Mylae, Himera, Camarina e Megara Hyblaea 6 . 1 D’AGOSTINO 1985, 209–44. 2 PANVINI 2008, 211. 3 BERNABÒ BREA 1964-1965, 1–33; MUSTI 1980-1981, 250–52; 1984-1985, 336 ss.; 1991, 161–8. 4 GUZZARDI 1991, 942–9, fig. 5. 5 GRAS 1985, 303. 6 GRAS 1985, 287–323.

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Giancarlo Germanà Bozza

Importazioni greco-orientali e fenicie nei santuari arcaici della Sicilia orientale

Le rotte commerciali più antiche nel Mediterraneo occidentale si possono attribuire agli Eubei di Calcide ed Eretria, ai quali si deve anche la fondazione delle prime colonie in Magna Grecia ed in Sicilia. L’esistenza di una rotta che univa il Vicino Oriente, in particolare l’emporio di Al Mina, con le colonie greche d’Occidente è stato già messo in relazione con i più antichi apporti euboici precoloniali presenti in entrambe le aree1.

La presenza di manufatti greco-orientali o fenici in Sicilia si può attribuire agli intensi scambi commerciali che animarono il Mediterraneo durante l’età arcaica. Non sempre, però, la presenza di tali prodotti si può ricondurre a commerci con le popolazioni levantine, bensì alla mediazione svolta dai mercanti greci2.

In base ai dati archeologici in nostro possesso, però, possiamo anche affermare che i primi contatti tra i Fenici e le popolazioni indigene della Sicilia si potrebbero collocare prima della colonizzazione greca, in un periodo compreso tra il X e l’VIII secolo a.C., dando alla nascita dei primi empori commerciali fenici in Sicilia una contemporaneità rispetto alla colonizzazione greca3.

Per manufatti di un certo pregio, la cui presenza è attestata nei santuari sicelioti, si può anche ipotizzare una distribuzione mediata dai mercanti fenici, i quali potevano avere degli scali marittimi presso le colonie greche e gli insediamenti indigeni.

Dopo la colonizzazione greca della Sicilia si poteva osservare una preponderanza di manufatti siro–fenici e ciprioti nella parte orientale dell’isola, mentre in quella meridionale ed occidentale predominavano quelli egizie. Un discorso a parte si poteva fare per Siracusa, dove alle limitate importazioni cipriote corrispondeva una notevole presenza di manufatti egizi, che prevalevano anche su quelli siro-fenici4.

I manufatti fenici più comunemente attestati sono le lucerne e la ceramica ad ingobbiatura rossa lustrata, quest’ultima molto diffusa nei siti fenici della costa asiatica ed a Cipro. Questa ceramica è costituita generalmente da piccole e medie forme, soprattutto da mensa e si data fra il IX ed il VII secolo a.C.5 Altrettanto diffuse nelle città siceliote sono le anfore commerciali di tipo fenicio, attestato in particolare a Mylae, Himera, Camarina e Megara Hyblaea6.

1 D’AGOSTINO 1985, 209–44. 2 PANVINI 2008, 211. 3 BERNABÒ BREA 1964-1965, 1–33; MUSTI 1980-1981, 250–52; 1984-1985, 336 ss.; 1991, 161–8. 4 GUZZARDI 1991, 942–9, fig. 5. 5 GRAS 1985, 303. 6 GRAS 1985, 287–323.

G. Germanà Bozza – Importazioni greco-orientali e fenicie nei santuari arcaici della Sicilia orientale

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I vasetti egittizzanti rinvenuti a Siracusa, per lo più nelle necropoli, sarebbero di provenienza cipriota, come si può riscontrare anche a Gela ed a Mozia. In Sicilia sarebbero giunti seguendo una rotta che toccava anche Lindos7 e Camiros8 (Rodi) e Arkades (Creta)9. Avremmo una rotta commerciale che già nel VII secolo a.C. proseguiva lungo la costa meridionale della Sicilia, come conferma il rinvenimento di frammenti ceramici ciprioti in un contesto votivo a Gela10, per arrivare a Mozia.

Lungo rotte frequentate da mercanti aramei, fenici e greci giungevano in Sicilia i vasetti in pasta vitrea e l’Al Mina Glazed Pottery. Quest’ultima, in particolare, molto diffusa nel Vicino Oriente, è ampiamente attestate nella Ionia, nell’Egeo, nella Grecia continentale ed è importata anche a Siracusa ed in Etruria.

Lungo questa rotta dovevano circolare anche i vasetti plastici del tipo “Nilo”, prodotti presso il delta egiziano11 e diffusi durante la seconda metà del VII secolo a.C. negli empori del Mediterraneo orientale (Kition12, Rodi, Efeso), in Grecia (Erythrai, Tebe), in Africa (Cartagine13), in Sicilia (Siracusa, Selinunte) ed in Etruria (Caere)14.

Le importazioni di manufatti egiziani o egittizzanti a Siracusa durante il VII secolo a.C.superava quelle siro-fenicie e cipriote, evidenziando come esisteva una legame commerciale che univa questa città con Cartagine.

Nell’area sacra situata nel settore sud-occidentale di Naxos, presso la foce del torrente Santa Venera e vicino alla cinta muraria, gli scavi hanno riportato alla luce numerosi depositi votivi (fig. 1, a). All’esterno del sacello A sono stati rinvenuti notevoli quantità di ceramica di importazione, fra cui anche di produzione greco-orientale15. Nei depositi votivi presso il tempio B si segnala anche il rinvenimento di coppe ioniche (fig. 1, b)16.

Un’importante area sacra fuori dalle mura di Naxos ebbe un particolare sviluppo fra il VII ed il VI secolo a.C. Si tratta del santuario in proprietà Scalìa-Maloprovvido, a sud dell’abitato. Le indagini archeologiche hanno individuato la presenza di un sacello principale a pianta rettangolare17, intorno al quale probabilmente sorgevano altri edifici minori18. Per la presenza di più sacelli è stata ipotizzata l’esistenza di più aree sacre19. Dagli scavi è emersa anche una notevole quantità di materiali ceramici, in parte anche di importazione greco-orientale, ed un piccolo cippo in marmo bianco con l’iscrizione dedicatoria alla dea Enyò, databile al VII secolo a.C.20.

Un’altra area sacra è stata individuata in proprietà Cacciola, a nord-ovest dell’abitato21. Dal deposito in grotta22, oltre a piccoli stamnoi e da statuette femminili con colomba, si segnala il rinvenimento di alcune statuette raffiguranti il dio Bes.

Fra le colonie ioniche della Sicilia nord-orientale la meno conosciuta, soprattutto per le fasi arcaiche, è senz’altro Zankle (Messina). All’interno dell’abitato le indagini archeologiche hanno individuato l’area sacra in località S. Ranieri, presso la punta estrema del porto. Dagli scavi è emerso un piccolo deposito votivo contenente anche ceramiche di importazione greco-orientale23.

7 BLINKENBERG 1931, 355–7, tav. 57 (1307). 8 IACOPI 1931, 19, 388–90, fig. 440; 1932-1933, 279–365, 316–317, figg. 59-60. 9 LEVI 1927–1929, 317, tav. 21. 10 ÅSTRÖM 1968–1969. 11 È stato proposto come luogo di produzione anche Rodi, cfr. IACOPI 1932-1933, 308–10, figg. 44, 47, 49–51. 12 LAGARCE ET ALII 1976, 183–290. 13 MOSCATI 1972, 502–3. 14 RATHJE 1976; WEBB 1980; HÖLBL 1983, 1–17. 15 PELAGATTI 1972, 211–20; MARTIN ET ALII 1980, 627–8; PELAGATTI 1981, 291–311; ROMEO 1989, 5–54. 16 LENTINI 2000, 155–66, figg. 25, 27, 28. 17 PELAGATTI 1977, 43–65. 18 LENTINI 1997, 123–5. 19 LENTINI 1997, 125; 2000, 119. 20 GUARDUCCI 1985, 7–34. 21 PELAGATTI 1972, 211–20. 22 Il materiale di questo deposito votivo è andato disperso (cfr. VERONESE 2006, 170). 23 VALLET 1958; BACCI 1999, 52; ORSI 1929, 38–58.

XVII International Congress of Classical Archaeology, Roma 22-26 Sept. 2008

Session: Identità e multiculturalità nella Sicilia di età coloniale (VIII-IV sec. a.C.)

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Nel quadro dei contesti votivi nella Sicilia orientale possiamo inserire anche Katane (Catania). Le indagini archeologiche presso l’edificio settecentesco dei Padri Bene-dettini hanno riportato alla luce coppe ad uccelli di produzione rodia, crateri ed altre forme va-

scolari di produzione euboica24. Altri dati importanti sulla pre-

senza di materiali greco-orientali in contesti votivi a Catania si sono ag-giunti dopo il rinvenimento della stipe in Piazza S. Francesco25. Questo de-posito votivo ha restituito anche cera-miche chiote e rodie (fig. 2), a cui si aggiungono anche i balsamari dal cor-po a forma di kouros accovacciato o torso femminile, oppure di animale (vo-latile, scimmia).

La presenza di ceramiche di produzione chiota nella stipe di Piazza S. Francesco pone Catania, insieme a Egina, Delo, Naukratis ed Histria, fra i pochi centri che intrattenevano rapporti commerciali con quest’isola durante l’età arcaica.

Nelle aree sacre di Leontinoi si trovano depositi votivi contenenti cera-miche greco-orientali26 e di produzione

locale. Oltre alle ceramiche sono numerose le statuette fittili che hanno i loro modelli nella scultura greco orientale, in particolare quella samia. Nell’area sacra situata alle pendici occidentali del Colle Metapiccola,

24 FRASCA 2000, 119–25. 25 RIZZA 1960, 247–62, figg. 14 e 16; 1996, 13. 26 RIZZA 1978, 26–37; 1983, 313–16.

Fig. 1 – Naxos, planimetria del santuario sud-occidentale (a sin.); thysia I-II D 7 (da LENTINI 2000, 19).

Fig. 2 – Catania, frammenti di ceramica chiota e rodia dalla stipe votiva di Piazza S. Francesco (da RIZZA 1960, 14).

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presso la porta meridionale della città, è stato individuato un deposito votivo formato da coppe con fondo ad omphalos e da statuette fittili di una tipologia nota nella stipe di Piazza San Francesco a Catania27.

A Megara Hyblaea sono ampiamente attestate le importazioni di ceramica greco-orientale, in particolare di produzioni rodie, chiote e di bucchero ionico ed eolico28.

Nell’area sacra a nord-ovest dell’abitato gli scavi archeologici hanno individuato un deposito votivo datato fra la fine dell’VIII e la fine del VII secolo a.C. Al suo interno sono stati rinvenuti anche frammenti di coppe ioniche, due scarabei, uno in avorio e uno in faïence, di produzione orientale ed una placchetta fittile decorata a rilievo con due leoni affrontati in una resa iconografica tipicamente orientalizzante29.

Da un altro deposito votivo individuato al margine settentrionale della terrazza rocciosa che si affaccia sul fiume Cantera30, poco al di fuori della cinta muraria, proviene una statuetta raffigurante Bes31.

A circa 250 metri da questa stipe, ai piedi del bastione della cinta muraria, è stata individuata una stipe votiva. Fra i reperti si segnala il rinvenimento di una placchetta in steatite decorata con simbologie egiziane e ritenuta dalla letteratura scientifica di provenienza fenicia32.

Le indagini archeologiche nel settore nord-occidentale hanno evidenziato la presenza di un santuario. Al suo interno sono state rinvenute ceramiche ioniche e rodie33.

Sul lato meridionale dell'agorà gli scavi hanno individuato un edificio a pianta rettangolare (edificio g), identificato come un luogo di culto per il rinvenimento all'interno della cella34 di resti sacrificali ed una notevole quantità di frammenti ceramici. Oltre a questi si segnala il rinvenimento di oggetti infaïence (scarabei) e numerosi oggetti in avorio databili al VII secolo a.C., tra cui un grande sigillo inciso con leone alato ed una placchetta dedalica con una figura femminile35.

Ad ovest del quartiere dell'agorà, sulla strada B in direzione di una delle porte nel settore occidentale della cinta muraria arcaica, è stato individuato il cosiddetto tempietto b36. Fra i materiali votivi rinvenuti al suo interno37 si segnala una statuetta raffigurante Bes insieme a numerose statuette femminili e maschere femminili di tipo ionico.

Durante una recente campagna di scavi nell’area del tempio C immediatamente a Nord del Faro Cantera38 sono stati riportati alla luce alcuni frammenti di importazione greco-orientale, una placca d’avorio da fibula della stessa tipologia di quella rinvenuta nel deposito votivo del tempio G di Megara Hyblaea39, uno scarabeo in pasta silicea ed un babbuino accovacciato in faïence40.

Le prime importazioni orientali a Siracusa si collocano nel VII secolo a.C. e sono costituite principalmente da manufatti egizi o egittizzanti (scarabei e idoletti).

Dalla stipe all’interno del temenos dell’Apollonion provengono frammenti ceramici in bucchero di produzione greco-orientale e di ceramica chiota41. Dall'area del temenos provengono inoltre uno scarabeo egittizzante in pasta vitrea blu e, dal terreno di colmata del settore orientale del tempio, la statua framentaria in granito dello scriba Pedù–Amon–Apet, datata al 656–625 a.C. (XXVI dinastia)42.

27 RIZZA 1963, 342–347; 1995, 332–33. 28 VALLET ET ALII 1964, 77–91. 29 VALLET ET ALII 1953, 38; DE POLIGNAC 1999, 212. 30 L’area è nota anche come “casa Vinci”. 31 DE POLIGNAC 1999, 212. 32 ORSI ET ALII 1890, 708 e 913–40; ORSI 1895, 307–17; DE POLIGNAC 1999, 212–3. 33 ORSI 1895, 307–17; 1921, 110 e 154–76; VALLET ET ALII 1954, 13–24; DE POLIGNAC 1999, 214. 34 L'edificio G è stato interpretato come un tempio in antis e la profondità del pronaos ha suggerito confronti con l'ambiente ionico (cfr. ROMEO 1989, 10). 35 VALLET ET ALII 1964, 273–74; 1967, 35; 1969, 19; 1976, 223–4; DE POLIGNAC 1999, 214. 36 VALLET ET ALII 1952, 21–38; 1954, 13–38; 1960, 267; DE POLIGNAC 1999, 216;GRAS ET ALII 2001, 5–58. 37 La stipe votiva si data ad una fase anteriore alla costruzione del tempietto b, cfr. GRAS ET ALII 2004, 359 ss. 38 VALLET ET ALII 1953, 28–33; 1960, 267; 1969, 27; GRAS 1995, 141–66; GRAS ET ALII 2004, 373–80. 39 GRAS ET ALII 2004, 442, fig. 422. 40 GUZZARDI ET ALII in corso di stampa. 41 GULLINI 1974, tav. 15, fig. 17. 42 ORSI 1919, col. 259.

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Sul litorale orientale di Ortigia sono stati rinvenuti alcuni pozzi contenenti materiale votivo43, dai quali proven-gono anche numerosi frammenti di ceramica greco-orientale ed un rilievo fittile raffigurante Bes44 (fig. 3, b).

Le campagne di scavi, avvenute l’ultimo decennio secolo scorso, in Piazza Duomo hanno in-dividuato dei pozzi votivi da mettere in relazione con le aree di culto presenti in quest’area. In un pozzo è stata segnalata la presenza di numerosi frammenti di kylikes di produzione ionica e lucerne greco-orientali, un calice di produzione chiota ed alcuni frammenti di piatti di slip-painted fenicia. Dagli scavi dell’Athenaion è significativo osservare il rinvenimento di ceramiche greco-orientali, in particolare frammenti di alabastron, di piatti fenici.

Da quest’area di Ortigia proviene anche un vaso di produzione rodia, scoperto negli scavi in via Minerva45.

Le indagini archeologiche condotte dalla Pelagatti46 e dalla Ciurcina47 nel cortile della Prefettura, a nord-est dell’area sacra dell’Athenaion e del tempio ionico, hanno individuato una notevole quantità di ceramiche di importazione.

Nel suo studio dei materiali ceramici provenienti dall’area della Prefettura, Fouilland48 individua anche un gruppo di coppe ioniche, uno di vasi con decorazione a bande di tipo ionico, due anfore di Samo, una piccola anfora di Lesbo ed alcuni frammenti ceramici del “Wild Goat Style” (fig. 3, a).……………………...

43 I lavori di scavo furono eseguiti tra maggio del 1890 e giugno del 1891 e ripresero la numerazione dei pozzi iniziata nel 1889 (cfr. ORSI 1891, 377–92). 44 ORSI 1891, 384. 45 ORSI 1919, 527–39. 46 PELAGATTI 1982a, 125–40; 1982b, 117–63. 47 CIURCINA 2000, 86–91. 48 FOUILLAND 2000, 115–8, figg. 1-4.

Fig. 3 – Siracusa, frammenti di ceramica greco-orientale dall’area della Prefettura(da FOUILLAND 2000, 1–4); Siracusa, rilievo fittile raffigurante Bes dal pozzo n. 11 sul litorale orientale di Ortigia (da ORSI 1891, 384).

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Di produzione greco-orientale sono anche un askos della seconda metà del VII secolo a.C. ed una

phiale in bucchero ionico della prima metà del VI secolo a.C. Insieme a questi materiali sono stati rinvenuti anche due piatti di fabbrica fenicia ed un frammento di kantharos in bucchero di produzione etrusca della prima metà del VI secolo a.C.

Manufatti di importazione orientale sono stati rinvenuti anche negli scavi nell’area dell’agorà. Fra questi materiali sono presenti numerosi frammenti di ceramica greco-orientale, in particolare coppe ioniche, insieme a frammenti di piatti di produzione fenicia. Oltre al materiale ceramico ricordiamo anche il rinvenimento di una placchetta in avorio a doppio disco ornamento di fibula49 ed uno scarabeo in pasta vitrea50.………………………………………………………

Dal territorio siracusano segnaliamo una statuetta raffigurante Bes–Ptah rinvenuta nel santuario ipogeico individuato nella grotta di Calaforno, presso Giarratana. Questo ipogeo fu utilizzato come luogo di culto fra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C., periodo in cui si può collocare la deposizione della statuetta di Bes-Ptah51.

Nella Sicilia sud-orientale abbiamo numerosi esempi di importazioni greco-orientali nei santuari di Gela.

Una serie di manufatti di produzione greco-orientale fu rinvenuta nel tempio arcaico di Athena sull’acropoli. In base alla datazione, compresa tra il VII e la prima metà del VI secolo a.C., è stata interpretata come una stipe votiva deposta nel momento dell’edificazione del tempio verso la metà del VI secolo a.C. Fra i reperti provenienti da questa stipe si segnalano numerosi statuette fittili di produzione o di imitazione rodia52 e samia53.

Ad una fabbrica greco-orientale si attribuisce anche una statuetta fittile maschile54, datata alla seconda metà del VI secolo a.C., raffigurante Bes-Ptah.

49 Museo Archeologico Regionale di Siracusa, inv. n. 49615. 50 BERNABÒ BREA 1947, 201–3 51 GUZZARDI 1973, 67–94. 52 Museo Archeologico di Gela, inv. nn. 8319; 8336; ORLANDINI ET ALII 1956, 209–10, fig. 6; MEOLA 1974, 50, tav. I b, a; DE MIRO 1984, 100–1, fig. 110. 53 Museo Archeologico di Gela, inv. n. 8320; ORLANDINI ET ALII 1956, 210–1, figg. 7 a, b; MEOLA 1974, 49–50, tav. I, a. 54 Museo Archeologico di Gela, inv. n. 8325; ORLANDINI ET ALII 1956, 213, fig. 10.

Fig. 4 – Gela, frammenti di ceramica cipriotarinvenuti presso il tempio di Athena (da ÅSTRÖM 1968-1969, 49).

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Dall’acropoli proviene anche una statuetta fittile di cavaliere di produzione rodia rinvenuta in una piccola stipe scoperta durante i lavori di costruzione dell’edificio del Museo e datata tra la metà del VII ed il primo quarto del VI secolo a.C.55.

Nella stipe rinvenuta a sud del tempio di Athena sono stati rinvenuti due frammenti di ceramica cipriota, mentre altri quattro frammenti si segnalano sul lato nord dello stesso tempio. In entrambi i casi il contesto del rinvenimento ha permesso di datare i frammenti al VII secolo a.C. attribuendoli al cosiddetto tipo Bichrome IV56. Questo tipo di produzione ceramica era caratteristico del periodo cipro-arcaico I (700–600 a.C.) ed a Gela potrebbe essere arrivato subito dopo la sua fondazione (fig. 4).

Durante i lavori per la costruzione del Museo Archeologico furono rinvenuti altri edifici sacri. Sotto le fondazioni di un muro in blocchi calcarei, probabilmente di uno dei sacelli dell’acropoli, fu rinvenuto in pithos appoggiato sul banco roccioso in posizione verticale. Al suo interno è stata rinvenuta anche una statuetta fittile di produzione rodia raffigurante una banchettante distesa su una kline datata alla metà del VI secolo a.C.57.

Nel santuario di Hera, rinvenuto durante i lavori per la costruzione del Municipio, furono rinvenuti materiali votivi, collocati verso il fondo dei pozzi sotto abbondanti frammenti di tegole, che si datano fra l’inizio del VI e la fine del IV secolo a.C.

Dal pozzo n.1 si segnala il rinvenimento di due frammenti di un deinos di produzione rodia a decorazione dipinta dello stile di Vlastò. I frammenti dell’orlo e di parte della parete sono decorati con un fregio zoomorfo formato da un serpente rivolto a sinistra e un volatile retrospiciente con ali ripiegate. Nel campo si trovano riempitivi a palmette, a svastica uncinata, a croce, a spirali e a losanghe58.

Fra i materiali votivi rinvenuti presso il Thesmophorion di Bitalemi59 si segnalano manufatti di importazione orientale e di produzione locale imitante modelli orientali.

Del primo gruppo fanno parte gli aryballoi in bucchero ionico, alcuni dei quali con corpo baccellato60, datati alla prima metà del VI secolo a.C. e le coppe ioniche, quest’ultime attestate in notevole quantità61. Fra i prodotti di importazione ricordiamo anche la presenza di alcune ceramiche rodie62.

Alla coroplastica di importazione appartiene una statuetta fittile raffigurante Cibele di produzione greco-orientale63 datata alla metà del VI secolo a.C.64. A questa statuetta si aggiungono cinque balsamari di fabbrica greco-orientale configurati della metà del VI secolo a.C.65.

Ad una tipologia diversa appartiene un balsamario configurato con il corpo a forma di piede destro e parte della gamba resa fino alla caviglia con uno stivaletto66, che si può attribuire ad una fabbrica greco-orientale e datare alla metà del VI secolo a.C.67.

In questo gruppo possiamo inserire anche cinque statuette fittili di divinità assisa in trono datati alla prima metà del VI secolo a.C.68.

Fra i prodotti di produzione locale imitanti modelli greco-orientali si colloca una brocchetta di imitazione rodio–cipriota configurata con un volto umano dai grandi occhi aggettanti, il naso camuso, bocca piccola e mento aguzzo e datata fra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C.69.

55 ORLANDINI ET ALII 1962, 384, fig. 60; MEOLA 1974, 58, tav. XIX, b. 56 ÅSTRÖM 1968-1969, 332–3, tav. XLIX. 57 ORLANDINI ET ALII 1962, 371 e 377, fig. 43. 58 DE MIRO 1984, 87, fig. 68. 59 ORLANDINI 2008, 174, figg. 68-69. 60 L. Sole, schede dei reperti, in AA.VV. 1998, 170, figg. a-d. Per la tipologia cfr. LO PORTO 1978, 133, tav. LXIII, 4 (con bibliografia). 61 ORLANDINI 2008, 174, fig. 37. 62 ORLANDINI 2008, 174, fig. 38. 63 Museo Archeologico di Gela, inv. n. 18092. 64 ORLANDINI 1966, 25, tav. XIX, 1. 65 Museo Archeologico di Gela, inv. nn. 31307; 17610; 28962; 15856; 28743; ORLANDINI 1966, 25. 66 Museo Archeologico di Gela, inv. n. 28743. 67 L. Sole, schede dei reperti, in AA.VV. 1998, 175. Per la tipologia cfr. BOLDRINI 1994, 1. 68 Museo Archeologico di Gela, invv. nn. 29207, 31358, 31312, 23269, 23279. 69 ORLANDINI 1966, 69; MEOLA 1974, 69, tav. XIX, a; DE MIRO 1984, 79, fig. 40.

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A Bitalemi sono attestati anche manufatti di produzione fenicio-punica, come una statuetta in faïence raffigurante un suonatore di doppio flauto70 datata al VI secolo a.C. ed una piccola oinochoe a corpo piriforme con la raffigurazione della testa di un guerriero coperta dall’elmo tracciato a rilievo in nero71.

Dal santuario di Bitalemi si segnala il rinvenimento, nei livelli relativi al VI secolo a.C., di alcuni aryballoi globulari in faïence, decorati con un motivo a losanghe disposto a reticolo72.

Completiamo il quadro dei manufatti fenici rinvenuti nel santuario di Bitalemi con una collana formata da numerosi e piccoli vaghi discoidali di dimensioni poco differenti fra di loro, datata al VI secolo a.C.73

Il santuario demetriaco di Predio Sola ha restituito lucerne di produzione siro-fenicia e rodia. La presenza di queste lucerne, insieme a quella policroma a tre luci con doppio serbatoio e decorazione a teste maschili e protomi di ariete, si possono bene interpretare come strumenti rituali destinati ad illuminare l’oltretomba74.

La presenza di manufatti greco-orientali e fenici è attestata anche nel territorio sottoposto all’influenza di Gela, corrispondente alla parte centro-meridionale della Sicilia. Fra i manufatti più antichi si segnala il rinvenimento di un intarsio in ambra e avorio raffigurante delle palmette contrapposte, rinvenuto nel sacello B dell’acropoli di Polizzello e databile tra il VII ed il VI secolo a.C. In base allo schema decorativo ed al materiale con cui è realizzato, si può ipotizzare una sua provenienza da un’officina greco-orientale, in particolare da Rodi75.

Dall’esame dei manufatti greco-orientali nei depositi votivi della Sicilia orientale emerge che si trattava di manufatti di prestigio, ampiamente attestati anche nei corredi funerari. La loro presenza nei depositi votivi non è documentata in maniera uniforme in tutte le colonie greche. Questo dato può essere letto alla luce di una rotta commerciale che aveva come tappe principali Siracusa, Megara Hyblaea, Naxos e Gela.

In base a precedenti studi76 ed a quanto abbiamo potuto osservare in questa trattazione, possiamo ipotizzare una presenza fenicia nelle città siceliote prese in esame, in particolare a Siracusa ed a Megara Hyblaea. Si tratterebbe di piccoli gruppi “stranieri” inseriti nell’impianto urbano greco, che conservavano le loro caratteristiche culturali e costituivano un ponte tra la città che li ospitava e la loro madrepatria. In questa rete di scambi le comunità fenicie interagivano con le città greche delle Sicilia nella gestione delle risorse e nei traffici commerciali. Le forme di questi scambi culturali tra le città greche e l’elemento fenicio in esso contenuto si basavano su una “regolamentazione”, che allo stato attuale delle ricerche non può essere definita. La presenza di manufatti fenici in santuari greci, comunque, può contribuire all’individuazione di legami che certamente andavano oltre le attività commerciali. Ringraziamenti Un sentito ringraziamento va al dott. Lorenzo Guzzardi, Direttore del Servizio Archeologico della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Siracusa per avermi messo a disposizione una parte dei materiali presi in esame in questo studio e per i preziosi consigli nella realizzazione del lavoro, ed al Prof. Henry Tréziny per le preziose indicazioni fondamentali nella realizzazione dello studio delle stipi votive di Megara Hyblaea.

70 ORSI 1906, 720. 71 ORSI 1906, 719. 72 PANVINI 2008, 212. 73 ORLANDINI 1968-1969, 334 ss., fig. 2; AA.VV. 2004, 75, n. 98, tav. XXV. 74 ORLANDINI 2008, 173, figg. 16-17. 75 PANVINI 2008, 212. 76 CIASCA 1988-89, 75–88.

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Giancarlo Germanà Bozza

Docente a contratto di Storia dell’Arte greca e romana e di Storia dell’Arte medievale presso l’Accademia delle Belle Arti “R. Gagliardi” di Siracusa

Tel./fax.: 093133586

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