Gian Piero Gasperini - truciolisavonesi.it 42 In copertina Gian Piero Gasperini ritratto da...

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Marzo 2016 anno 7 - n°42 5 RIVISTA DI ECONOMIA, POLITICA E CULTURA IN LIGURIA Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –70% CB-NO /GENOVA n.42 anno 2016 porto INFORMAZIONE BLUFF? a pag. 16 economia TUTTI PER LA CARIGE a pag. 26 sanità UN LIBRO BIANCO a pag. 28 Gian Piero Gasperini Un allenatore che sa parlare in maniera forbita, ma che sul campo ama il coraggio e l'attacco

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Marzo 2016 anno 7 - n°42 5 €

RIVISTA DI ECONOMIA, POLITICA E CULTURA IN LIGURIA

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –70% CB-NO /GENOVA n.42 anno 2016 portoINFORMAZIONE BLUFF?a pag. 16

economiaTUTTI PER LA CARIGEa pag. 26

sanitàUN LIBRO BIANCOa pag. 28

Gian Piero GasperiniUn allenatore che sa parlare in maniera forbita, ma che sul campo ama il coraggio e l'attacco

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42In copertina Gian Piero Gasperini ritratto da Marcello Scavo

Marzo 2016 anno 7 - n°42 5 €

RIVISTA DI ECONOMIA, POLITICA E CULTURA IN LIGURIA

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –70% CB-NO /GENOVA n.42 anno 2016 portoINFORMAZIONE BLUFF?a pag. 16

economiaTUTTI PER LA CARIGEa pag. 26

sanitàUN LIBRO BIANCOa pag. 28

Gian Piero GasperiniUn allenatore che sa parlare in maniera forbita, ma che sul campo ama il coraggio e l'attacco

editoriale – Renzi: razionalizzare il sistema per vincere il referendum di Paolo Lingua 4 | bébert -

L'imperatore Giovanni L'isola che non c'è (ma la compra il Re dei Re?) 5 | l'economista - Le "nuove"

banche tra interessi e crediti: ci sarà una ripresa? di Mario Margiocco 6 | la finestra sul mondo – Primarie

usa, un’electoral comedy con una nonna-regina di Luciano Clerico 7 | ritratto – GIAN PIERO GASPERINI

di Maurizio Michieli 8 | ritratto – Elogio di un allenatore bravo, esperto e vincente di Claudio Onofri 11 |

ritratto – Non bisogna aver paura di giocare con grinta (e cervello) all’attacco di Pinuccio Brenzini 12 |

politica – Toti alla guerra per la leadership di Forza Italia di Caffaro di Rustico 14 | porto - Gli equivoci del

"servizio pubblico" di Paolo Lingua 16 | porto - Riforma dei porti: forse questa è la volta buona di Francesco

Nittolo 18 | porto - La lunga attesa d’un nuovo presidente di Paolo Lingua 20 | innovazione - IIT: Genova

capitale della ricerca avanzata 22 | economia - La sfida di Malacalza per una nuova Carige di Paolo Lingua

26 | sanità - Dal "libro bianco" alla riforma della sanità di Matteo Cantile 28 | agricoltura - Meglio i

gamberi delle trivellazioni di Paolo Lingua 30 | gastronomia – Quanti misteri nei nostri piatti di Lucullo

34 | teatro - Quale sarà l’avvenire del Teatro a Genova di Vittorio Sirianni 36 | costume e società - La

magia del cosplay a Palazzo Pfanner di Carlo Brozzo 38 | televisione - Red Carpet tra evasione e riflessione

di Paolo Zerbini 42 | turismo – Marina di Varazze: non solo yacht di Francesca Licata 44 | bitgeneration

– Il futuro dell’artista in 3D di Matteo Cantile 46 | moda – Mai più senza di Francesca Licata 47 |

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béberteditoriale

I l Governo – ma forse sarebbe meglio parlare di leadership – di Matteo Renzi, sia pure con quale

fatica e qualche sbando non sempre di alta politica, ha chiuso con una sostan-ziale vittoria tre passaggi importanti dell’ambizioso programma di riforme: la nuova legge elettorale, l’abolizione del Senato, la normativa sulle unioni civili. Abbiamo accennato a qualche “sbando” nella manovra, primo tra tut-ti il tentativo di incastrare in qualche modo il movimento “5 Stelle”. Alla fine della travagliata discussione sulla legge sulle unioni civili ha prevalso un gioco scontato ma efficace dell’ac-cordo di maggioranza, con l’aggiunta del gruppo dei cosiddetti “verdiniani” che ormai sono una appendice dei rag-gruppamenti che fanno capo a Casini e ad Alfano. È probabile che se il re-ferendum, sul quale Renzi si gioca la fortuna politica, avrà un esisto positi-vo per il premier, tutti questi gruppetti faranno un partito unico di centro mo-derato per superare la soglia del 3% allearsi poi con il PD avviato a una complessa trasformazione. La scel-ta sembra obbligata perché se Renzi vincerà in maniera netta il referendum non sono escluse elezioni politiche anticipate e la situazione generale di tutte le parti in cause, tra confusioni e contraddizioni, non fa intravedere per il momento un ritorno dei cosiddetti “moderati” (di radicata convinzione o transfughi parlamentari) nell’area di centrodestra, anche per via del netto contrasto con la Lega Nord di Salvini e, in parte, con Fratelli d’Italia.Matteo Renzi però deve mettere a fuo-co più razionalmente la sua strategia. Il

L'Imperatore Giovanni Sulla Terra sognava di costruire castelli e fortezze sull'isola la Bella Pamela, ma non si aspettava la ribellione dei pescatori... e delle pescatrici

Forte sulle riforme istituzionali, la debolezza del premier sono le scelte economiche

leader fiorentino gioca con spregiudi-catezza e con una certa accelerazione le sue carte. È abile nel gioco delle riforme istituzionali: anche se, talvolta, lascia sul terreno imprecisioni e approssimazioni, alla fine dei suoi percorsi porta a casa la sostanza di quel che vuole ottenere. La sua debolezza semmai è la strategia sul piano delle scelte economiche: forse nella materia Renzi ha un background più gracile, ma, per molti aspetti, forse anche condizionato dalle forze che si collocano alla sua sinistra nel partito e fuori del partito, non riesce a imporre un salto al problema che è il più serio e il più grave di questo momento storico. Certo, la crisi economica in Occidente è complessa e dolorosa; i rapporti di for-za e di mercato a livello mondiale sono cambiati e non torneranno, come si dice correntemente, “mai più come prima”. Ma Renzi deve superare per l’Italia il clima cupo e persecutorio – purtroppo diffuso – nei confronti di chi opera per investire e produrre ricchezza e posti di

no ascoltare. Non potranno farne a meno. E diventerò Re dei Re”.In fondo al porticciolo si udirono dei clamori. Una piccola folla furibonda di pescatori veniva loro incontro: “Vogliamo i nostri pesci, non voglia-mo castelli sulla nostra isola”. Una delle pescatrici con grande gonna a fiori e fazzolettone vermiglio in testa come un turbante e con una cesta di vimini sottobraccio era la più agita-ta: “Ribelliamoci al tiranno – gri-dava – difendiamo la nostra terra!” Pellegrino tirò via l’imperatore per il mantello. “Ma siamo sicuri che siano pescatori? A me quella donna pare di conoscerla…” Grampiedone snudò lo spadino: “Indietro marrani. A me, armigeri!” Mentre le guardie accorrevano con le alabarde tese, i pescatori si dispersero, ma la donna infuriata sfasciò il cesto pieno di novellame sulla testa del povero Grampiedone che si rialzò a fatica scrollandosi di dosso i piccoli pesci. Arrivò trafelato sulla galea che stava mollando gli ormeggi: “Dio come puzzi, sta lontano” disse l’imperato-re. Pellegrino da Gatttinara si battè la fronte:”Ecco chi era la donna del cesto! Farfarella! Quella che è alla testa della Compagnia dei Rossi. È nata da queste parti e si è trave-stita!” L’imperatore agitò il pugno verso l’isola Bella Pamela mentre i rematori forzavano il ritmo della vogata: “Volevi diventare imperatri-ce – urlò – ma io ti ho già sconfitto. L’isola sarà presto piena di castelli e di fortezze. Parola di sovrano”. Dalla riva Farfarella agitava irosa uno scorfano contro il cielo.

L’ imperatore Giovanni Sulla Terra scese dal suo cocchio un po’ sballottato per le

pessime condizioni del fondo stradale e guardò l’orizzonte: in mezzo al mare si profilava il contorno roccio-so della Bella Pamela, l’isola che i pirati avevano restituito al suo regno. Si tirò indietro il mantello color porpora, quello delle grandi occa-sioni, e si rivolse al fedelissimo Gran Consigliere, Pellegrino da Gattinara. “Il mio predecessore, l’imperatore Burlamacco ha lasciato le strade in uno stato orribile. Lanceremo un grande progetto per rifarle con pietre di gran valore, marmo e porfido”. Pellegrino alzò gli occhi al cielo: “Ma dove li prendiamo i denari. Ab-biamo le casse vuote e non possiamo imporre nuove gabelle, se no scoppia la rivoluzione…” L’imperatore sorrise: “Gli scudi li recupereremo appena saremo approdati alla Bella Pamela. Vedrai”.Un agile galeone era attraccato al moletto. Ne scese, con armatura, elmo d’argento e spadino il prode Grampiedone, alto e saltellante: “I rematori sono pronti, mio signo-re”. Salirono a bordo e in breve tempo approdarono all’isola che era di fatto deserta. “È stata un nido di guerrieri per anni – disse Giovanni Sulla Terra – e adesso è nostra. Sulla cima del colle costruiremo un grande castello con otto torri e due cerchie di mura. La faremo comprare al Re dei Re che poi finirà per nominarmi suo successore. Lui dispone di grandi forzieri. Con il ricavato rifaremo le strade e sulle nuove strade arriveran-

lavoro, sia per chi si muove solo spinto dall’interesse imprenditoriale privato, sia per chi opera nel campo delle grandi opere pubbliche. I tempi per le conces-sioni e i permessi sono troppo lunghi, le leggi assurde e contraddittorie, la burocrazia lenta e inefficace, il sistema fiscale – nonostante la beffa delle grandi evasioni di cui noi italiani deteniamo il record mondiale – è persecutorio e irra-zionale. Le magistrature (penale, civile, amministrativa e della corte dei conti) producono ogni giorno stop, blocchi e inchieste contraddittorie e sovrapposte. “Summum ius, summa iniuria” . Alcuni provvedimenti (gli 80 euro, i 500 euro, il prelievo illegale, come un tiranno me-dievale, sulle pensioni in contrasto con le sentenze della Corte Costituzionale) si sono dimostrati inefficaci per la ripresa. Un po’ meglio il “job act”, ma solo ora si comincia a riflettere su una profonda ri-forma, con tagli anche lineari eguali per tutti (come in molti Stato dell’Occiden-te), mezzo quasi certamente efficace per far riprendere i consumi. Poi bisognerà tagliare le assurde spese e le gestioni di-spendiose di molti enti locali, a comin-ciare dalle Regioni a Statuto Speciale. Il recupero di popolarità dovuto al taglio alle tasse, supplirà a certe perdite clien-telari per l’abolizione di situazioni assur-de. Solo così Matteo Renzi realizzerà la ambiziosa razionalizzazione del sistema e potrà aspirare a restare nella storia del nostro paese come uno statista (o quasi). Per ora, dall’unità d’Italia in poi, sono solo tre i politici che meritano di essere definiti tali: Camillo Cavour, Giovan-ni Giolitti e Alcide De Gasperi. Anche Amintore Fanfani e Aldo Moro restano una spanna sotto.

Renzi: razionalizzare il sistema per vincere

il referendum

L'imperatore GiovanniL'isola che non c'è

(ma la compra il Re dei Re?)PAOLO LINGUA

no mercanti, banchieri, viaggiatori curiosi per acquistare i prodotti del nostro mercato…” Grampiedone si inginocchiò con fatica per via dell’armatura: “Mio imperatore e signore, siete un genio! E sarete l’erede del Re dei Re” Giovanni era eccitato: “Viaggeremo in continua-zione per l’Impero. In ogni paese mi fermerò e parlerò al popolo. Parlerò sempre: nei conventi, nelle chiese, nei teatri, sulle piazze, nei palazzi dei consoli, dei podestà…tutti mi dovran-

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opinioni

MARIO MARGIOCCO

Mario Margiocco, genovese, giornalista esperto di economia internazionale.

tenuti per conto delle banche un tasso negativo: la banca commerciale cioè paga per affidare parte della sua dispo-nibilità alla banca centrale. Qualche tasso negativo fece capolino negli Stati Uniti, sui titoli del Tesoro, nel grande panico dell’autunno del 2008 quando per assicurare i capitali certe banche e finanziarie erano disposte a pagare un prezzo. Sono tornati ora, per scelta pre-cisa di alcune banche centrali.L’obiettivo dei tassi sottozero è tripli-ce, ed è una spinta ulteriore rispetto ai tassi vicino allo zero e al quantitative easing, l’acquisto cioè di titoli sul mer-cato per immettere liquidità, praticato da quasi due decenni a tratti dalla ban-ca centrale giapponese, per anni dopo il 2008 dalla Fed americana da altri, e da un paio d’anni anche dalla Bce. Il primo obiettivo è spingere le banche commerciali a fare più credito visto che così guadagnano mentre lasciando i capitali in carico alla banca centrale perdono. Il secondo è spingere i clien-ti delle banche a chiedere più crediti, inevitabilmente si pensa offerti a minor costo. Il terzo, inconfessato, e contribu-ire con i tassi negativi a tenere basso il tasso di cambio della propria moneta agevolando così le proprie esportazio-

LE "NUOVE" BANCHE TRA INTERESSI E CREDITI:

CI SARÀ UNA RIPRESA?

PRIMARIE USA, UN’ELECTORAL COMEDY CON UNA NONNA-REGINA

P er ora le nostre banche non sono arrivate a chiedere al cliente una quota dei suoi depositi in cam-

bio del “favore” di tenergli i soldi in custodia, sul conto corrente o altrove. Non remunerano più i conti, da tempo, ma non fanno pagare, se non le spese di tenuta conto, cui si aggiungono i vari prelievi fiscali. Ma se dovesse conti-nuare la strada imboccata recentemente da alcune banche centrali europee, tra cui la Bce (le altre sono Svizzera, Sve-zia e Danimarca alle quali si è ora ag-giunto il Giappone) alla fine anche allo sportello potremmo sentirci dire: vuole lasciare i suoi soldi qui da noi? Fa l’1% l’anno di costo.Non si pagherebbe più il 26% sui rendi-menti perché i rendimenti non ci sono più, si pagherebbe sempre il bollo e lo 0,2 per mille (memento Monti) e quin-di a fine anno , ogni anno, il capitale nominale si ridurrebbe dell’1,3% circa. Fino a quando i tassi negativi, di per sé una aberrazione, non saranno conse-gnati all’archivio delle stranezze di politica monetarie decise nel tentativo di far correre, al piccolo trotto almeno, economie che continuano a procedere al passo, spesso lento, da ormai otto anni e a volte più. Il mese scorso l’agenzia Bloomberg ha calcolato che esistono già al mondo ti-toli di debito sovrano per circa 7 mila miliardi di dollari a rendimenti negati-vi, in Europa il grosso è in Germania, Francia, Olanda e Belgio, ma anche l’Italia ne ha per circa une ventina di miliardi. La forte domanda di titoli ha spinto i rendimenti in zona negativa e questo perché le varie Banche centrali ormai praticano per certi tipi di depositi

ni, in quella che è ormai una diffusa svalutazione competitiva a livello glo-bale. Se i tassi negativi dovessero con-tinuare per troppo tempo, dovessero arrivare a fine 2016 ad esempio e oltre, il rischio è quello di una ulteriore di-sincentivazione del risparmio e di una ulteriore spinta all’indebitamento in una fase, che dura almeno dall’inizio del terzo millennio, di già eccessivo indebitamento complessivo, a livello globale. Con tassi sottozero, dovessero venire trasferiti anche agli sportelli (e se il fenomeno dura ci si arriva, ormai i libretti postali non danno quasi nulla al risparmiatore e così i buoni postali, per parlare degli strumenti più semplici e diffusi) il concetto stesso di risparmio inteso come “mettere i soldi in banca” perderebbe ogni senso. Più si tengono i soldi in baca, a questo si arriverebbe, più si perde, mentre più “lungo” è il de-bito, cioè maggiore la sua durata, più si guadagna, poiché di fatto le banche “pagherebbero” chi chiede un prestito. Insomma, i tassi sottozero più ancora dei tassi a zero o quasi che abbiamo ormai da tempo, e gli Stati Uniti dopo circa 7 anni hanno a dicembre ritoccato al rial-zo, dovrebbero spingere a spendere, vi-sto che il denaro non rende. Ma è così?Come da più parti si è già osservato, l’E-conomist lo diceva nel settembre 2010, il basso rendimento dei risparmi potrebbe invece spingere chi può a risparmiare di più, poiché “quello che non mia dà la banca, lo aggiungo io”. Una forma di prudenza in un modo dove la logica de-gli ultimi 40 anni “compra adesso e paga dopo” cioè fai debiti, potrebbe essere al-meno in parte sostituita da un “risparmia di più ora per non soffrire in futuro”.

l'economista

Luciano Clerico, caposervizio ANSA è stato a lungo corrispondente dagli Stati Uniti.

T ORINO - Sempre bello segui-re le elezioni americane, so-prattutto le primarie. Perché

sono più che altro uno spettacolo, un electoral show che con la politica ha molto poco a che fare, ma molto - in-vece - ha a che fare con l'identità più profonda degli Stati Uniti.

In America ogni tornata elettorale si trasforma, di quattro anni in quattro anni, in una gigantesca macchina hollywoodiana pensata e realizzata per costruire consenso. I candidati non sono persone in carne ed ossa che si propongono con idee e pro-gramma sul palcoscenico della po-litica per cercare di convincere gli elettori su questa o quella proposta. I candidati sono personaggi costru-iti ad uso e consumo di conquistare audience. Vengono pensati e costru-iti da appositi staff che curano ogni loro gesto, vestito, parola. Sapendo che i loro campioni in quell'electoral show devono in primo luogo stupire, in secondo luogo attrarre, in ultima istanza convincere. Soprattutto nella fase delle primarie, è questo ciò che conta: l'immagine del personaggio che si vuole gettare in pasto al pubblico. Quelli che si presentato sul palcoscenico non sono persone in carne ed ossa, ma sono rappresentazioni di se stesse.Ed è grazie a quella rappresentazio-ne che raccolgono o meno consenso intorno a sè.

È in funzione di queste dinamiche hollywoodiane che sul versante re-pubblicano sta prevalendo Donald

LUCIANO CLERICO

la finestra sul mondo

La gigantesca macchina hollywoodiana pensata e creata per costruire consenso

Trump: a quel tipo di pubblico piace il personaggio estremo, il miliardario che viaggia col jet privato a bordo del quale si è fatto costruire una ca-mera da letto con annesso bagno con rubinetti in oro; piace, a quel tipo di pubblico, uno che si presenta come spaccone, proponendosi col presun-to coraggio di dire sempre ciò che pensa, come uno che - si direbbe in Italia - "parla come mangia". Poco importa che dal punto di vista poli-tico dica una serie di castronerie che un presidente degli Stati Uniti non potrebbe mai permettersi di dire. Lui può. Donald Trump in quell'electoral comedy che sono le primarie è un personaggio che "funziona", e come tale fa buoni ascolti. Paradossalmente è grazie a questa stessa logica che vincerà Hillary Clinton, oggi più che mai prima "ti-fosa" del miliardario dal ciuffo pro-rompente. Fino alla nomination, sua e di Trump. Perché se alla fine delle primarie si troverà ad avere come av-versario proprio lui, Donald Trump, sarà per lei facilissimo dimostrare sul piano della credibilità politica quante e quali sciocchezze lui sappia produr-re, bestemmie politiche che un Presi-dente degli Stati Uniti, non deve, non può permettersi. Senza contare che, sempre secondo la logica dell'electoral comedy, Hillary è personaggio vincente tanto quanto lui: alla fine non vincerà solo perché sul piano politico è molto più preparata dell'avversario; vincerà perché pia-ce agli americani l'idea che alla Casa Bianca entri per la prima volta una donna, una mamma, una nonna.

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ritratto

"L'Ajax era fantastico, giocava il 3-4-3 e i calciatori ballavano...". È nata con questa folgorazione la carriera di allenatore di GIAN PIERO GASPERINI, 58 anni, piemontese di Grugliasco, talentuoso centrocampista esterno di Pescara e Palermo, poi tecnico nelle giovanili della Juventus sino al grande salto tra i professionisti con il Crotone. Quindi, l'approdo al Genoa e l'inizio di una nuova storiaMAURIZIO MICHIELI

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ritratto

‟A metà degli anni Novanta allenavo le giovanili della Juventus. Usavo il 4-3-3 ma in Italia il 90% delle squadre

adottava il 4-4-2, era uno scimmiottare Sacchi. In Europa invece l'Ajax era fantastico, giocava 3-4-3 e i calciatori...ballavano. Dopo averli visti, mi sono stufato e mi sono messo anche io a tre dietro. I due at-taccanti avversari non vedevano palla, avevamo il possesso del gioco”. È fissato qui, a poco più di quattro lustri fa, il primo crocevia importante della carriera di Gian Piero Gasperini, 58 anni, piemontese di Grugliasco, ex centrocampista di talento espresso soprattutto nelle fila del Palermo e poi del Pescara, patria di Giovanni Galeone, un anarchico rivoluzionario del conservatore mon-do dell'italico pallone. La seconda svolta - o la seconda vita professionale del tecnico - si colloca invece nei primi anni duemila, quando Gasperi-ni decise di cambiare categoria e passando dai giovani ai professionisti dichiarò: “È cambiato tutto quando abbiamo perso alle finali Primavera davanti a 200 persone. Ho capito che i giovani non interessavano più: pensavo di smettere, sono andato a Crotone in C1.Quando l'ho detto a mia moglie, mi ha guardato come se fossi matto”. Già, la signora Cristina Pontoni, insegnante di educazione fisica, cono-sciuta sui banchi di scuola all'Istituto Somme-lier di Torino e sposata ai tempi della militanza nel Palermo, non si sarebbe mai immaginata che da quella prima esperienza in Calabria sa-rebbe nato tutto, ovvero il Gasperini allenatore, l'uomo che ha saputo restituire il Genoa agli onori del calcio che conta.Gasperini è ormai il secondo allenatore più "lon-gevo" nella storia della squadra rossoblù, avendo superato Franco Scoglio e Gigi Simoni e rima-nendo dietro soltanto all'irraggiungibile William

Garbutt, leggendario interprete dell'epoca dei pio-nieri. Nell'era moderna è Gasperson - soprannome che in realtà ha portato alterne fortune al suo pos-sessore, una volta cardine di un programma, un'altra "solo" abile ricostruttore di progetti altrui - ad avere simboleggiato in panchina la gestione Preziosi, con cui ha dato spesso vita ad un rapporto di amore e odio. Sportivi, ovviamente. È indubbio che il Genoa di Gasperini, soprattutto il primo, quello passato dalla B alla A e poi ai fasti dell'Europa, abbia avu-to una forte identificazione con il suo tecnico. Nel calcio moderno si ricordano, ciascuno nelle proprie dimensioni e proporzioni, il Foggia di Zeman, il Pescara di Galeone, il Milan di Sacchi e appunto il Genoa dell'allenatore di Grugliasco per effetto della forte simmetrie tra le idee del condottiero in panchi-na e la traduzione delle stesse sul terreno di gioco ad opera degli interpreti di turno.Una compagine votata all'attacco, con una me tali-tà offensiva rivolta sempre alla ricerca del risultato pieno, anche a costo di lasciare qualcosa sul terreno dei pareggi di comodo. Un "caos" organizzato, lo

L'avvento di Gasperini per i tifosi del Genoa è equivalso a una rivoluzione culturale: non più squadre da battaglia ma votate alla costruzione del (bel) gioco

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definì qualcuno. Ma molto efficace e divertente per i tifosi rossoblù, storicamente abituati più a forma-zioni da battaglia che non a collettivi simili a orolo-gi svizzeri, puntualisoprattutto nel trovare la via della rete attraverso precise simmetrie. È il luglio del 2006 quando Ga-sperini diventa l'allenatore del Genoa per la prima volta e al primo colpo riesce a riportare in serie A il Grifone dopo tredici anni di lontananza. Il traguardo raggiunto gli vale la panchina d'argentino del 2006-2007. Nel 2008 alla prima in serie A da allenatore arriva al nono posto in concomitanza con l'Atalanta. Nella stagione successiva riporta il Genoa alla vit-toria nel derby della Lanterna, il 7 dicembre 2008 grazie alla rete siglata da Milito. Vincerà anche la stracittadina di ritorno e nella stagione successiva riuscirà per la prima volta a stabilire il record di tre derby consecutivi vinti da un tecnico a Geno-va. Il punto più alto della sua prima esperienza in rossoblù è senza dubbio la qualificazione in Europa Leaugue, dopo avere accarezzato per un soffio la

Nei primi commenti tecnici televisivi del Genoa di Gasperini in serie B, nella cavalcata vincente verso la massima serie, mi veniva spontaneo sostenere con una frase, che a secco poteva risultare quasi offensiva ma, al contrario, risultava elogio incondizionato per il gioco espresso dai rossoblu, tutta l’ammirazione per quello che vedevo: “Il Genoa gioca come quando da ragazzi giocavamo all’oratorio!” Perché l’aggressività fisica e mentale nel cercare di recuperare la palla e ogni qualvolta cio’ riusciva la voglia di tutti nel volerla tra i piedi e diventare protagonista, mi ricordava appunto la felicità che io e miei amici in adolescenza avevamo dentro di noi nelle interminabili partitelle giocate “a pallone” all’Oratorio Santa Giulia a Torino. Altro aspetto determinante, anche a livello di cultura calcistica e non solo, il ritmo forsennato e continuo non lasciava un solo momento agli spettatori presenti per recriminare sulle decisioni arbitrali. Insomma un po’ di Premier League esportata nello Stadio più inglese d’Italia, dunque alchimia perfetta e spettacolo godibilissimo. Poi, ovviamente, i 50 milioni e passa di commissari tecnici italiani, in presenza di qualche risultato negativo, sottolineavano aspramente la troppa frenesia nel giocare sempre all’attacco, così come le critiche per la posizione sbagliata, in base alle caratteristiche individuali di alcuni soggetti costretti a spremere meningi e muscoli per dar una mano anche in difesa (Di Vaio docet). Come se nel calcio moderno questa fosse un’astrusità da rimarcare esclusivamente al tecnico di Grugliasco. Allenatore il quale, magari anche per aspetti caratteriali da limare a certi livelli, non ha avuto completamente sinora in carriera i riconoscimenti ampiamente meritati, dovuti ad un’espressione di concetti calcistici davvero rivoluzionari in quel preciso momento di cui sopra. Ma il “giovanotto” piemontese è ancora così giovane professionalmente per cui intatte le possibilità che possa ancora scalare le vette impervie di un calcio sempre più complicato da gestire, magari anche al di fuori del “Bel Paese”. Per ciò che mi riguarda tanti tanti complimenti grande Gasperson.

Non bisogna aver paura di giocare con grinta (e cervello) all'attaccoCLAUDIO ONOFRI

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ritratto

Champions finendo a pari punti con la Fiorentina che si qualificò all'Europa che conta soltanto grazie all'esito degli scontri diretti a favore. L'8 novem-bre del 2010 succede l'imprevedibile e Gian Piero Gasperini viene sostituito alla guida del Genoa da Davide Balla dini. Dopo le infelici esperienze a Milano con l'Inter e in quel di Palermo, nel 2013 Gasp ritorna al Genoa subentrando a Fabio Liverani e nel corso della stagione porta il Grifone alle 500 vittorie vittorie in serie A con la formula del girone unico. L'anno seguente - e siamo quasi ai giorni no-stri - riporta il Genoa in Europa piazzandosi al sesto posto superando in extremis proprio la Sampdoria in virtù di una super rimonta: la qualificazione sa-rebbe stata poi negata al Genoa per la mancanza della licenza Uefa a causa di mancati pagamenti su operazioni sull'estero, lasciando tanto amaro in bocca all'allenatore, pronto però a ricominciare subito per formare un nuovo collettivo al termine dell'ennesimo mercato restauratore. Il resto è dav-vero storia recente, complicata da qualche risultato andato storto - più per gli errori dei calciatori che del tecnico - e da una contestazione nei confronti di Gasperini che non ha neppure risparmiato l'uomo. Il quale, tuttavia, ha riscosso il suo più grande suc-cesso alla guida del Genoa quando nel corso della partita con l'Udinese il 95% dello stadio ha preso le distanze dai contestatori applaudendo fragorosa-mente l'allenatore e in particolar modo la persona. Per il professionista parlano a favore i numeri. L'uo-mo ha di certo un carattere angoloso, non facile da gestire, talvolta umorale, soggetto alle pressioni di un mestiere gratificante e solitario, ma interpretato sempre con grande serietà e correttezza. Gian Piero Gasperini è ormai un pezzo di storia di questa città, a cui ha dato tanto e dalla quale ha ricevuto mol-to. Non a caso l'allenatore del Genoa è stato scelto come uno dei relatori all'inaugurazione dell'ultimo anno accademico dell'Università di Genova. Se tutto ciò basterà a tenerlo ancora sotto la Lanterna (ha un contratto sino al 2018) nonostante le cor-renti contrarie dell'ala dura del tifo organizzato, è prematuro dirlo. Di sicuro si può affermare che da dieci anni, ormai, chiunque si è abituato a dire o a sentir pronunciare "Il Genoa di Gasperini", vivendo l'allocuzione come un dato di fatto, un neologismo naturale e spontaneo.

C i sono allenatori bravi ,allenatori esperti,allenatori vincenti. Gasperini a Genova è e ha saputo essere un allenatore, bravo, esperto e vincente. È arrivato dal Crotone ,dalla gavetta dopo aver per anni lavorato con i giovani nel mondo ovattato targato Juventus. Per molti allenatori è sempre molto difficile lasciare il settore giovanile, anche perchè deve scattare un meccanismo speciale, particolare, che ti spinga a metterti in discussione, che ti dia la forza di spiccare il volo e lasciare quel nido rassicurante che forse non ti rende ricco ma che ti permette di evitare cadute pericolose che il mondo pedatorio può comportare alternando successi a fallimenti clamorosi. Preziosi lo ha scelto andando due volte a Crotone a osservarlo di persona, perchè il Presidente è abituato ad osservare, capire e poi decidere. Nel calcio si sa il successo ti arride quasi banalmente con i risultati, ma Gasperini ha sbaragliato tutti con il gioco, il suo naturale 3-4-3 ha saputo catalizzare l’attenzione della critica e dei genoani che lo hanno eletto tra i tecnici più apprezzati della storia ultracentenaria del Grifone. “ Scusa Prof” recitava uno striscione recente che esaltava il Gasp, quasi un sacerdote della panchina genoana, ma proprio per questo amato e apprezzato per il coraggio al limite della follia tecnica con difensori che devono fare gli attaccanti e creare gioco e se poi si beccano un pò troppi gol pazienza... Insomma, tutta la sua filosofia professionale sintetizzata proprio in una risposta ad una mia domanda: “molto meglio un 4 a 2 che un 2 a 0”. Sembra ieri ma è trascorso un decennio; dalla serie B alla serie A sempre con buoni giocatori, a volte addirittura ottimi, ma sempre a dover rincorrere per i continui stravolgimenti dell’organico. Con Scoglio una similitudine speciale: non fortunato in altre piazze, straordinariamente decisivo a Genova, un po’ come il basilico che a Genova è ineguagliabile e non lo puoi superare. Carattere non sempre facile, a volte dispotico e poco accomodante con giocatori e società magari testardo nelle sue convinzioni ma capace di creare “un piccolo Barca” ammirato in Italia e all’estero. In crisi un anno, e colto dai cosiddetti “maldipancia” che lo portarono all’esonero, per essere poi richiamato a furor di popolo, dopo svariati allenatori sempre perdenti al suo confronto. Tanti i giocatori lanciati nell’Olimpo calcistico da Gasperini e anche qualche flop più legato a incompatibilità di carattere più che alla cifra tecnica. Passano gli anni e i logorii di un ambiente complicato per quanto passionale non sempre assicurano l’eternità e quindi sul futuro nessuno può dire... ma sull’amore riservato a Gasperini da parte del pubblico genoano non possono esserci dubbi e un pezzo importante e vincente della storia del Genoa sarà per sempre riservato al tecnico di Grugliasco, testardo, per alcuni anche presuntuoso ma proprio per questo uomo vero e per diritto acquisito comunque sia e comunque vada... Grifone per sempre!

Elogio di un allenatore bravo, esperto e vincentePINUCCIO BRENZINI

Nella partita con l'Udinese la stragrande maggioranza del pubblico rossoblù ha inneggiato all'allenatore, isolando i pochi contestatori di professione

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politica

imbocca la strada professionale del giornalismo in casa Mediaset. È brillante e pragmatico e fa rapidamente carriera. Dopo aver raggiunto la direzione del TG4. Passa alla politica militante. Prima è eletto eurodeputato nelle file di Forza Italia, poi viene candidato alla presidenza della Regione Liguria. Contro ogni pronostico vince approfittando d’un Pd squassato da guerre fratri-cide. È la storia di oggi che sappiamo tutti.Ma la Liguria per Toti è al tempo stesso una prova e un trampolino. Una prova perché in cin-que anni dovrà dimostrare di saper governare una regione piccola, ma assai complessa e per molti aspetti “difficile”. Il trampolino è quello che invece è ormai il suo “dream” dichiarato. Toti non intende uscire dal “cerchio magico” che ruota attorno a Berlusconi come gli anelli di Saturno. È probabile che di “cerchi magici” ce ne siano più d’uno, ma è certo che solo uno alla fine raggiungerà il traguardo di erede si Sil-vio e di leader nazionale del partito. Toti ha una precisa valutazione dei fatti e della situazione politica attuale: teme – lo ha anche detto indi-rettamente - che alcune forze del centrodestra, la Lega Nord di Matteo Salvini in particolare, squilibrino la linea ddell’intera area spostandosi troppo a destra e schiacciando in eccesso il piede sull’acceleratore del populismo. Giovanni Toti pensa che, prima o poi (ci sono ormai movimen-ti in questo senso), l’estrema sinistra si sganci definitivamente da Renzi e che il leader toscano punto verso il centro, un’area politica oggi fra-zionata, divisa, inquieta e i cui elettori, borghesi individualisti senza “patria” politica, perciò cat-turabile con un abile movimento d’opinione. Per questo Toti punta a diventare un leader nazionale ancorato al centro e a valori liberali e moderati, conservatori e pragmatici, proprio per sbarrare la strada a Renzi. Per Toti, l’arroccare a destra, con atteggiamenti alternativi, equivale a una sconfit-ta senza speranze. Non è una situazione agevole, né un progetto facile, sul piano dell’azione. Tutta la politica italiana è fragile, variabile d’umore e gli spostamenti degli elettori sovente impreve-dibili, considerate la brutte figure dei cosiddetti sondaggisti. Per questo Toti non molla nessuna possibile tribuna. In Inghilterra parlerebbe anche da una cassetta della frutta ad Hyde Park. Se-guirlo – tutto sommato appare in crescita conti-nua anche nel favore dell’opinione pubblica del-la sua area politica – sarà interessante. Per ora Berlusconi è una sfinge.

È ormai singolare, e degno di una atten-ta riflessione, il ruolo politico a livello nazionale che sta assumendo ormai il

presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. Da qualche mese si è accentuata la sua presenza nei media di ogni genere: non solo le emittenti del gruppo Mediaset dalle quali lui proviene pro-fessionalmente (presenza fisiologica potremmo dire), ma anche la Rai in tutte le sue sfumature politiche e La 7 che pure non gli è omologa ide-ologicamente.Toti inoltre rilascia interviste ai maggiori quo-tidiani nazionali, ma gli accenni che lui fa alla gestione della Liguria sono rari e al massimo gli servono per rafforzare o completare considera-zioni e ragionamenti di ordine nazionale (anche se a volte si spinge perfino sui temi di politica estera). Senza voler forzare a tutti i costi le situa-zioni, il presidente della Liguria appare sul piano della comunicazione (compresi i social network)

Toti alla guerra per la leadership di Forza ItaliaCAFFARO DI RUSTICO

Da qualche mese la presenza di Giovanni Toti si è accentuata sui media di ogni genere, non solo sulle emittenti Mediaset.

non solo per il suo presenzialismo, non comune a responsabili delle Regioni (se si escludono po-chi esempi ma soprattutto legati all’importanza socio-economica e alla dimensione anagrafica dell’ente stesso), ma perché sembra di capire che sia lo stesso Silvio Berlusconi, per tacito assen-so, senza una vera e propria investitura ufficiale, a lasciargli libero uno spazio che ormai appare quasi come istituzionale. Nel corso di queste apparizioni-comunicazioni, a volte estemporanee, ma sempre martellan-ti, Giovanni Toti, piano piano, ha dispiega-to quello che un tempo sarebbe stato definito ilo rapporto complesso tra pensiero e azione. Il suo pensiero politico ha alcuni punti precisi di riferimento: l’adesione alla federazione gio-vanile socialista tra la fine degli anni Ottanta e i primissimi anni Novanta. Siamo in era craxiana. Toti, poco più che verntenne, ancora studente universitario alla facoltà di Scienze Politiche

Pare sia stato Silvio Berlusconi, per tacito assenso, a lasciare campo libero al Presidente della Liguria

dell’università di Milano, è un laico modera-to che crede in un progressismo pragmatico di stampo occidentale. È caduto da poco il Muro di Berlino e i democratici europei, soprattutto i giovani, sono attratti dal leader inglese Tony Blair. Ma sopravviene il terremoto di Mani Pu-lite che spazza via democristiani, socialisti, re-pubblicani, liberali. Sopravvive un Pci trasfor-mista che si aggrappa al dilagare delle manette e all’assalto della magistratura al vecchio ceto politico. Quando Occhetto si mette alla testa del-la “gioiosa macchina da guerra”, molti giovani politicizzati della sua generazione si dividono: chi resta nella sinistra sperando di influenzarla in senso differente, memori della lezione craxiana; chi invece fa il salto e spera in Silvio Berlusco-ni, vecchio amico del leader socialista volato in Tunisia, nella convinzione che sia il “nuovo che avanza”, l’unico in grado di bloccare la marcia del post-comunisti. Toti è tra questi ultimi, ma

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porto

Gli equivoci del "servizio pubblico" Da tempo su delicate questioni riguardanti il porto di Genova una pioggia di notizie "fuorvianti"

I cittadini hanno il diritto a una informazione corretta e completa per capire i problemi del territorio

re morale esista davvero, anche per la Rai che poi, per motivi politici e di po-tere lo reclama solo per giustificare il canone?). Sarebbe interessante mette-re a fuoco anni e anni di finanziamen-ti politici di denaro pubblico (di che entità, ottenuti con quali motivazioni e con quali procedure) per poi sostenere cause di parte e magari lasciandosi an-dare all’isteria del “servizio pubblico” quando magari il tutto deriva da una commistione tra interessi di potere e istituzioni? È servizio pubblico, se ci è consentito il paradosso, intervistare il sole in diretta per giustificare l’infor-mazione ai cittadini sulla cosiddetta “allerta gialla”?Quando poi l’azionista di riferimento (oltre l’80% del pacchetto di control-lo) dell’emittente è un senatore della Repubblica che scende in campo per sostenere disinvoltamente questa o quella tesi (anche in contrasto con quanto si è affermato solo due anni prima) come se fosse un semplice og-getto privato, possiamo parlare ancora di “blind trust”, ovvero la separazio-ne del soggetto in questione (uomo politico) dal suo patrimonio al fine di non suscitare conflitti di interesse? La pubblicità e l’aspetto commerciale di una emittente, se sono realtà normali e alla luce del sole, non sono nulla di male. La diffidenza nasce da giochi distorti e di mixage di denaro pubblico e di interessi privati, proprio quando pare di veder emergere il temuto con-flitto di interessi.I cittadini, che sono poi i veri fruitori dell’informazione, devono poter capire sempre disponendo d’una informazio-ne corretta e completa per non essere fuorviati nelle loro valutazioni quale sia il vero interesse pubblico in fun-zione del buon andamento di strutture economiche pubbliche come il porto, geli enti amministrativi, le imprese di ogni genere che poi costituiscono la crescita sociale e la qualità della vita. È, alla fine, una questione morale e de-ontologica in tutti i suoi aspetti. In un mondi di crescita scientifica, di incal-zanti scoperte che, tra l’altro, portano profonde modificazioni al delicatis-simo settore della comunicazione e dell’informazione, la questione etica è la chiave vincente della salute del cit-tadino. Valga la legge delle XII Tavole della Roma repubblicana. ”Salus rei publicae suprema lex esto”.

D a qualche tempo, attorno alle vicende, sempre complesse e sovente contraddittorie, che

ruotano all’interno del porto di Geno-va, si muove un “qualcosa” che, sen-za calcare la mano, rende perplessi. Un’emittente regionale, Primocanale, è duramente polemica su alcuni aspet-ti della vita dello scalo e in particolare sul tema delle cosiddette “concessioni” da rinnovare a imprese già presenti su aree demaniali e della realtà portuale. Sia chiaro: la polemica o la critica a scelte politiche o imprenditoriali fanno parte del mestiere giornalistico. Ma ci sono molti aspetti collaterali che forse meritano risposte incontrovertibili o chiarimenti che non lascino dubbi.Non molti giorni fa, senza che nessuno lo abbia smentito, il giornalista Ferruc-cio Sansa de “Il fatto quotidiano” ha rivelato che l’emittente in questione ha ricevuto un finanziamento di 900 mila euro da Ligurcapital, finanziaria pub-blica che è emanazione della Filse a sua volta finanziaria della Regione Li-guria. I 900 mila euro, ha scritto ancora Sansa, sono frutto per la metà come erogazione diretta di Ligurcapital, pre-via disponibilità dell’altra metà del ver-samento di tre famiglie imprenditoriali genovesi: Messina e Dellepiane (ship-ping) più un’altra, (sanità privata). Da un anno l’emittente in questione so-

stiene tesi e obiettivi in campo maritti-mo e portuale affinché siano rallentati i procedimenti e le decisioni relative al rinnovo delle concessioni alle imprese operanti in porto che pure dispongono dei volumi di traffico e degli investimen-ti strategici per richiederle.L’Autorità portuale di Genova, com’è noto, sia nei mesi nei quali era anco-ra in carica il presidente dimissionario Luigi Merlo sia a maggior ragione ora in regime di commissariamento, ha nic-chiato facendo un po’ il pesce in barile, giustificando la “non scelta” nell’attesa di nuove norme governative, a diffe-renza della maggior parte degli scali italiani dove si è deciso rapidamente e con chiarezza, rinnovando le conces-sioni dove si è ritenuto opportuno così da consentire alle imprese investimenti finanziari e tecnologici.

La polemica innestata “a rullo” da Pri-mocanale si è spostata su diverse aree dello spazio a terra dello scalo geno-vese, anche con scarti non facilmente sostenibili, perché la contestazione tesa a bloccare le decisioni dell’Auto-rità portuale è partita in maniera pa-lese da imprese che presentano stalli produttivi e persino pesanti diminu-zioni di movimentazione e di traffico, magari anche a danno di imprese che invece stanno attraversando momenti positivi, crescite e progetti di impor-tanti investimenti per gli anni a venire. Nasce a questo punto un altro dubbio: ma si può sostenere, anche grazie a un finanziamento pubblico, un interesse palesemente privato? E poi si può a ogni piè sospinto reclamare per sé il ruolo di “servizio pubblico” (sempre che questa idea-forza o presunto valo-

PAOLO LINGUA

l'opinione

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porto

Riforma dei porti: forse questa è la volta buonaDa 24 a 15 Autorità di Sistema, per semplificare la catena di comando

Rum eicaestium re ped est odigendi ommoluptatur resequo ssumquat.Cus moluptat et quatur, suntem la commolorem ex et

Oltre al proprio scalo, La Spezia controllerà anche quello di Massa Carrara

Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste.La tanto attesa riforma cancella le Autorità Portuali, così come le co-noscevamo e si prefigge l’obiettivo di semplificare la catena di comando nei porti italiani, cercando, tramite la creazione di un sistema, di rendere il loro lavoro più organico, efficiente e competitivo.Il nuovo decreto emancipa le sedi di Autorità di Sistema Portuale affidando loro un ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento del sistema dei porti della propria area. Alle

che si erano venute a creare nei mesi scorsi, in tutto lo stivale, ma anche e soprattutto in Liguria.Savona e Vado Ligure, non senza una certa resistenza, vengono accorpate con Genova, perdendo, di fatto, la loro indipendenza gestionale e andando a confluire in quella che verrà rinomi-nata Autorità di Sistema Portuale del Mare Ligure Occidentale.Anche nell’estremo levantino dell’ar-co ligure cambierà più di qualcosa e, curiosamente, la nascente Autorità di Sistema Portuale del Mare Ligure Orientale sarà formata da due ex Au-torità Portuali divise da un confine geografico regionale: La Spezia sarà la sede centrale di questa nuova enti-tà e, oltre al proprio scalo, controllerà anche quello di Marina di Carrara. I due porti hanno competenze e traffici diversi che ben si integrano, ma pro-prio l’appartenenza a due regioni ita-liane differenti ha suscitato più di una perplessità sulla possibilità di operare insieme in maniera armonica ed ef-ficace. Una delle sfide principali che attendono il nuovo scalo, quindi, sarà proprio quella di vincere e superare questo alone di diffidenza.Il nuovo decreto, tuttavia, invita a esa-minare i porti non come entità locali, ma come parte di un sistema più ampio le-gato alla logistica. In questo senso esiste una logica: La Spezia e Massa Carrara hanno un entroterra comune, al pari di Genova e Savona. Il ragionamento da portare avanti non è di tipo orografico, dicono i difensori della riforma, ma si tratta di ragionare prendendo in consi-derazione le aree che servono.La speranza, ad ogni modo, che unisce tutti gli operatori del mondo portuale italiano è che la tanto attesa riforma, introdotta dopo vent’anni, riesca a restituire ai porti di casa nostra l’effi-cienza ormai smarrita per annullare il consistente gap di competitività logi-stica esistente con gli scali esteri.

S i è fatto lungamente attendere, ma finalmente si può parlare di un provvedimento portato

a compimento. Il 20 gennaio 2016, il Consiglio dei Ministri, ha approvato il decreto di riordino delle Autorità Por-tuali (ora denominate “Autorità di Si-stema Portuale”), che scendono da 24 a 15: Genova, La Spezia, Livorno, Ci-vitavecchia, Cagliari, Napoli, Palermo, Catania, Gioia Tauro, Taranto, Bari,

Genova accorperà Savona e Vado Ligure: insieme costituiranno l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Ligure Occidentale

sedi competenti viene, dunque, ricono-sciuta una maggior funzione di attrazio-ne degli investimenti sui diversi scali e la possibilità di fungere da raccordo tra le amministrazioni pubbliche.Il tutto sarà articolato dalla stretta connessione che verrà instaurata con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare per il Piano Regolatore di Sistema Portuale e i programmi infrastrutturali con contri-buti nazionali o comunitari.La riforma dei porti chiude con ogni probabilità le querelle campanilistiche

FRANCESCO NITTOLO

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porto

dell’Alta Velocità (oggi Terzo Valico), avrebbe avuto bisogno d’una più effi-ciente assetto autostradale. Il porto di Genova dovrebbe aver avuto da anni l’allargamento a mare della diga fora-nea. Per gli imprenditori e gli operatori occorrerebbe una politica di certezze, a cominciare dalle concessioni. Come è possibile che una impresa investa e si impegni se non è dato di sapere quan-to potrà restare sul territorio strategico degli approdi e della logistica? Per non parlare dell’arretratezza del sistema della cantieristica e delle riparazioni navali sottoimpiegate (per far piacere a chi? Altro mistero). p.l.

C ome era prevedibile per qua-lunque osservatore che, negli ultimi trent’anni, ha segui-

to le vicende del porto di Genova, la reggenza commissariale dell’ammira-glio Pettorino non durerà due-tre mesi come è stato affermato e accolto come eco (anche sul piano mediatico) dagli ottimisti a tutti i costi. Sino a giugno, percorsi di legge permettendo, anche l’esitante ministra Del Rio non riu-scirà a nominare il nuovo presidente dell’Autorità che dovrà assorbire Ge-nova e Savona, salvo modifiche della modifica, vecchio sport della politica e della burocrazia italiane. Così anche per un po’ ci si potrà sbizzarrire a dise-gnare l’identikit del futuro presidente: tecnico puro o impuro, politico più a destra, politico più a sinistra, impren-ditore, professionista, eccetera.Eppure lo scalo Genova-Savona (per ora chiamiamolo così in attesa di capi-re come si svolgerà la futura governan-ce, magari anche inventando due vice) avrebbe in questo momento di modifi-cazione veloce e profonda dello ship-ping mondiale di un timone in mani salde e di decisioni strategiche veloci, in accordo con una linea finalmente non clientelare localistica del Governo nei confronti degli scali italiani.Ovvero il contrario di tutto quello che sino a ieri è stata la scelta poco feli-ce di tutti i Governi, qualunque fosse

La lunga attesa d’un nuovo presidente

I tempi del commisariamento, come sempre, sono più lunghi degli annunci "ottimistici"

il loro colore politico. I porti del Nord Europa, i fortunati rivali in crescita di movimentazione e di traffici da sem-pre, continuamente ammodernati con legge e regolamenti che li hanno po-tenziati e sempre più agili e compe-titivi, a detta di molti esperti stanno raschiando il barile. Ci sono molti ele-menti che potrebbero segnare una net-ta crescita dei porti del Mediterraneo, in particolare l’asse dei porti liguri. Certo, l’Italia e i suoi governi hanno fatto del loro meglio per ritardare le decisioni strategiche ne per autopu-nirsi. La rete del Nord Ovest avrebbe avuto bisogno da vent’anni almeno

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innovazione

IIT: Genova capitale della ricerca avanzata

La Fondazione ha l'obiettivo di promuovere l'eccellenza nella ricerca di base ed applicata, favorendo lo sviluppo del sistema economico nazionale

Lo staff complessivo di IIT conta circa 1440 persone

I robot umanoidi hanno corpo e sensori che replicano quelli dell'uomo e permettono l'interazione con l'ambiente esterno.

2006 si è conclusa nel 2009.L'idea alla base della ricerca dell'Istituto Italiano di Tecnologia si fonda sul pre-supposto che il mimetismo tecnologico della natura e dei suoi processi possa for-nire soluzioni ai principali problemi che la società contemporanea deve affronta-re, migliorando così la qualità della vita dell'uomo e dell'ecosistema. In migliaia di anni di evoluzione la natura ha già se-lezionato i meccanismi più efficienti dal punto di vista energetico e tecnologico. Imitare la natura significa produrre una nuova generazione di tecnologie, sem-pre più eco-compatibili e a basso costo di produzione, soprattutto se si considera il consumo di energia, acqua e materie prime. Una evoluzione tecnologica che pone al centro l’uomo per diminuire il divario sociale e aumentare la conoscen-za a beneficio del pianeta. Il modello si basa su gruppi multidisciplinari con competenze trasversali in grado di va-lorizzare al meglio lo sforzo congiunto della ricerca di base, della ricerca appli-cata e del trasferimento tecnologico.Nel 2015 IIT ha ricevuto finanziamen-ti pubblici per circa 96 milioni di euro (80% del budget), conseguendo fondi esterni per 22 milioni di euro (20% budget) provenienti da 18 progetti eu-ropei, 17 finanziamenti da istituzioni nazionali e internazionali, circa 60 progetti industriali.Lo staff complessivo di IIT conta circa 1440 persone. L’area scientifica è rap-presentata da circa l’85% del personale. Il 45% dei ricercatori proviene dall’e-stero: di questi, il 29% è costituito da stranieri provenienti da oltre 50 Paesi e il 16% da italiani rientrati. Oggi il perso-nale scientifico è composto da circa 60 principal investigators, circa 110 ricer-

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è una fondazione di dirit-to privato - cfr. determinazione

Corte dei Conti 23/2015 “IIT è una fon-dazione da inquadrare fra gli organismi di diritto pubblico con la scelta di un mo-dello di organizzazione di diritto privato per rispondere all’esigenza di assicurare procedure più snelle nella selezione non solo nell’ambito nazionale dei collabora-tori, scienziati e ricercatori ”.IIT è sotto la vigilanza del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e del Ministero dell'Economia e delle Finanze ed è stato istituito con la Legge 326/2003. La Fondazione ha l'obiettivo di promuovere l'eccel-lenza nella ricerca di base e in quel-la applicata e di favorire lo sviluppo del sistema economico nazionale. La costruzione dei laboratori iniziata nel continua a pag. 24 X

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innovazione

Dal 2009 l'attività scientifica è stata rafforzata grazie alla creazione di 10 centri di ricerca su territorio nazionale e internazionale.

L'obiettivo è arrivare a circa 150 ricercatori entro il 2023

IIT attualmente conta circa 110 ricercatori, reclutati solo tramite la valutazione di esperti esterni

catori e tecnologi di staff, circa 350 post doc, circa 500 studenti di dottorato e bor-sisti, circa 130 tecnici. Oltre 330 posti su 1400 creati su fondi esterni. Età media 34 anni. 41% donne / 59 % uomini.IIT garantisce ai ricercatori infrastrutture (laboratori, strumenti, personale, ecc.) allo stato dell’arte e meccanismi di reclu-tamento e valutazione di tipo internazio-nale. IIT ha deciso di adottare un mecca-nismo in uso nei paesi ad alto sviluppo tecnologico, USA in primis, conosciuto come “tenure-track”. Tale modello di se-lezione prevede che il reclutamento dei ricercatori avvenga mediante una valu-tazione condotta esclusivamente da pa-nel di esperti esterni. In IIT sono previsti profili di tenure track junior (della du-rata di 5 anni al massimo) e senior (che

prevedono 5 anni aggiuntivi di durata). L’obiettivo è di arrivare a circa 150 ricer-catori in tenure entro il 2023, equivalente a circa il 15% dello staff totale di IIT a regime. Questo consente di mantenere l’età media dell’Istituto sotto i 38 anni.La produzione scientifica di IIT ad oggi vanta circa 6990 pubblicazioni, oltre 130 finanziamenti Europei e 11 ERC, più di 350 domande di brevetto attive, oltre 12 start up costituite e altrettante in fase di lancio. Dal 2009 l’attività scientifica è stata ulteriormente rafforzata con la creazione di dieci centri di ricerca nel territorio nazionale (a Torino, Milano, Trento, Parma, Roma, Pisa, Napoli, Lecce, Ferrara) e internazionale (MIT ed Harvard negli USA) che, unitamente al Laboratorio Centrale di Genova, svi-luppano i programmi di ricerca del piano scientifico 2015-2017.Dato il carattere internazionale dell’Isti-tuto sono necessari solidi processi di ve-rifica e di valutazione qualitativi-quan-titativi per la valutazione dell’attività di ricerca al centro della programmazione scientifica e mirati alla valorizzazione delle risorse umane. Tutto il personale attraversa periodicamente una fase di va-lutazione volta a mantenere gli standard “produttivi” elevati e ad applicare, dove necessario, azioni correttive. La merito-crazia è uno dei fondamenti sul quale si basa l’istituto e rappresenta uno dei re-quisiti essenziali per il raggiungimento dell’eccellenza e per attrarre risorse di alto livello da ogni parte del mondo. Il Comitato di Valutazione è esterno e pe-riodicamente si occupa di verificare il raggiungimento degli obiettivi scientifici e l’adozione di misure gestionali di stan-dard internazionale.

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economia

N el settembre 2010 “Il Po-tere” dedicò la copertina e alcuni ampi servizi dedicati

a Vittorio Malacalza. La nostra scel-ta editoriale era dettata dal fatto che Malacalza e il suo mondo imprendi-toriale erano da alcuni anni al centro dell’interesse del mondo economico e dell’opinione pubblica. Il gruppo Ma-lacalza era in crescita e anche la sua figura stava assumendo ormai un ruo-lo e un peso di leadership sia a livello locale, sia a livello nazionale. Pur di natura prudente e riservato Vittorio Malacanza assumeva, anche indiretta-mente, un ruolo di riferimento come “opinion leader”.C’era quindi da riflettere sul suo suc-cesso di imprenditore e di investitore finanziario, soprattutto, al di là di quel-lo che era il suo impero industriale,

proprio per l’intervento “importante” come azionista in crescita nella miti-ca “Pirelli” e del “duello” con Marco Tronchetti Provera. La vicenda, come tutti sanno, segnò un successo per gli investimenti del gruppo Malacalza. Di Malacalza era un “supporter” e gran-de estimatore il compianto Duccio Gar-rone che vedeva in lui un punto solido di riferimento per il mondo imprenditoriale genovese. La sua impresa era stata anche visitata “ufficialmente” dall’allora presi-dente delle Regione Claudio Burlando che aveva supportato, sia pure a livello politico, la ricerca di Malacalza di uno spazio strategico in Liguria per l’amplia-mento e il potenziamento di una attività produttiva che avrebbe portato investi-menti, nuovo reddito e occupazione. Ve-rificata l’impossibilità di insediarsi a Ge-nova, la nuova attività riuscì a collocarsi,

La sfida di Malacalza per una nuova Carige

C'è molta attesa per il Consiglio d'amministrazione che decollerà dal 31 marzo

L'imprenditore userà la sua esperienza di industriale per gestire la Carige.

prossimo si avranno, concretamente, le immissioni dei nuovi vertici che non po-tranno, a questo punto, fallire la prova.Nelle settimane passate, il titolo in Borsa (ma non solo quello della Cari-ge) ha avuto un andamento altalenan-te, ma, accanto ai cali ci sono stati ri-alzi non trascurabili, soprattutto dopo il coraggioso intervento del presidente della BCE Mario Draghi.Ma il gioco (qualche volta è corretto definirlo così) sovente perfido della Borsa non può essere l’unico elemen-to di giudizio, in un momento di grave situazione finanziaria sia in Europa, sia nel mondo. La Carige deve rimettere in sesto i suoi conti, ristrutturarsi, abbatte-re costi di gestione ed espellere entità estranee e nocive. Il compito di Vittorio Malacalza (che noi battezzammo sei anni fa “il profeta venuto da Bobbio”) e dei vertici sui quali ha riposto la sua fi-ducia – il presidente Giuseppe Tesauro, l’ad Guido Battistini per non parlare del consigliere prestigioso Luciano Pasqua-le, già presidente dell’assorbita Carisa – è arduo, affascinante e impegnativo. Ma un successo, con un rovesciamen-to di immagine, farebbe solo il bene della Liguria che ha bisogno di spinte intelligenti e corrette per una ripresa economica fondamentale e necessaria. Per certi aspetti la formazione di un imprenditore di tipo industriale, quindi legato alla visione e alla gestione d’una attività concreta e in continua verifica (dall’organizzazione della produzione e del lavoro sino al collocamento del pro-dotto sul mercato), è per certi aspetti più realistica e persino “sana” di quella del cosiddetto “finanziere puro”. Non va di-menticato che la crisi globale nella qua-le il mondo ancora oggi si dibatte, con alterne prospettive, tra le tante concause è stata anche provocata da gravi errori (non solo errori) legati al gioco sempre più arrischiato delle Borse e, per altri aspetti, dell’operato di alcuni istituti di credito. L’Italia non ne è stata esente.Per questo ben venga la forza e la ca-parbietà e il razionalismo di Vittorio Malacalza, che pochi sanno essere un appassionato di matematica (da studente aveva anche pensato di laurearsi in que-sta materia): dimostrerà di saper far bene i calcoli e restituirà ai Liguri – risparmia-tori e imprenditori - “loro” Banca, ideal-mente discendente da quella prima isti-tuzione benefica fondata nel XV secolo dal Beato Angelo da Chivasso.

È stato un colpo di spugna che segna il vero cambiamento di rotta della Banca

mico ligure, ecco l’intervento deciso di Malacalza che diventa l’azionista di riferimento senza rivali. Al di là di quelle che saranno le valutazioni tecni-che dell’intera operazione che è ancora “in progress”, l’azione di Malacalza è stata emblematica e, da un certo punto di vista psicologico e sociologico, ha rappresentato una scatto d’orgoglio che in qualche maniera ha restituito l’onore alla Liguria. Le questioni di immagine e di orgoglio non vanno sottovaluta-te: hanno la funzione di ridare fiducia all’interno d’una struttura e di diffon-dere un messaggio positivo all’esterno.Ora, l’annuncio d’un drastico cambio di gestione e di management, con la ri-mozione di molti personaggi che, bene o male, hanno rappresentato una sorta di continuità con il passato, appare certa-mente una mossa azzeccata. Il 31 marzo

con l’entusiasmo delle istituzioni locali, in un’area nei pressi della Spezia.Ma la grande rentrée di Malacalza è stata l’operazione di conquista d’una Carige, il maggior istituto di credito operante in Liguria ormai con il fia-to grosso per gli scandali, i processi, le difficoltà e gli errori di gestione e con una preoccupante perdita di im-magine, non solo per lotte intestine, ma anche per i severi controlli e per l’atteggiamento preoccupato e criti-co degli ispettori della Banca d’Italia. Mentre la banca ligure per eccellenza, protagonista nel bene e nel male delle vicende di affari, finanza e imprendito-ria dal dopoguerra a oggi, annaspava e se ne temeva la conquista (l’inghiotti-mento?) da parte di strutture creditizie appostate come avvoltoi, nell’assoluta resa a discrezione del mondo econo-

PAOLO LINGUA

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sanità

Dal "libro bianco" alla riforma della sanità Dopo gli "Stati Generali" è iniziato il confronto tra la Regione e il settore sanità

L'assessore Viale traccia il percorso per giungere al "Modello Liguria"

MATTEO CANTILE

con un rapporto anziani – giovani che è tutto sbilanciato verso i primi, con quello che ne consegue in termini di costo sociale. Noi dobbiamo quindi costruire un sistema sanitario che si proponga di aumentare il più possibile la domiciliazione dell'assistenza, così da diminuire le ospedalizzazioni, e che riesca a minimizzare le cosiddette 'fughè, cioè coloro che scelgono altre regioni per curarsi. Si dice spesso er-roneamente che i liguri preferiscono le strutture della Lombardia mentre è il Piemonte la regione in cui moltis-simi nostri concittadini si recano per risolvere i loro problemi di salute”. Viale, per il futuro della Liguria, non pensa a una riduzione dei presidi ospedalieri ma intende rivedere l'iden-tità di ogni singola struttura: in sostan-za, secondo l'assessore, non tutti gli ospedali dovranno necessariamente offrire tutte le specialità, del resto se i liguri sono disposti a viaggiare per molti chilometri per andare a curarsi in Piemonte, in Lombardia o in To-scana, potranno anche percorrere un po' di strada all'interno della regione; “In questo modo – spiega Viale – le strutture saranno ottimizzate e potran-no offrire le cure migliori. Dobbiamo, anche per via delle nostre ridotte di-mensioni, abbandonare la nostra cul-tura provinciale, lavorare in chiave regionale, mettere a sistema le reti di eccellenza, che esistono e devono dia-logare al di là degli schemi ammini-strativi e burocratici”.Per concludere le consultazioni e met-tere la legge nero su bianco Sonia Viale si è presa un tempo davvero molto stret-to: “Mi sono impegnata a elaborare il testo definitivo entro il mese di luglio – conferma l'Assessore – l'approvazione poi dipenderà dai tempi del Consiglio Regionale ma sono fiduciosa”. Del resto il tempo non è un aspetto se-condario, la Liguria potrebbe non aver-ne molto per definire la legge regionale: Governo e Parlamento, infatti, stanno elaborando e discutendo una riforma della Costituzione che potrebbe priva-re le regioni di alcune prerogative nel campo della Sanità. Il Ministro alla Sa-lute Beatrice Lorenzin ha recentemente dichiarato che “La regionalizzazione della Sanità è stata un errore”: presto le competenze in materia potrebbero tor-nare a Roma e per incidere da Genova la nostra regione deve fare in fretta.

Sonia Viale, assessore alla sanità e vice presidente della Regione Liguria.

percepiscano che la scelta finale sarà l'elaborato del contributo di tutti, non un'imposizione calata dall'alto. Nel percorso che dovrà compiere la leg-ge di riforma all'interno del Consiglio Regionale intendo coinvolgere anche le opposizioni, perché il dibattito sia il più aperto possibile. Di tutto ha biso-gno il nostro sistema sanitario tranne che di una perenne conflittualità”. Se il Libro Bianco non contiene ricet-te specifiche, di certo Sonia Viale ha ben presenti le peculiarità del nostro sistema: “Dobbiamo premettere che la Liguria, con il suo milione e mez-zo di abitanti, è popolata come una provincia lombarda, non dobbiamo quindi confrontare dei modelli che sono strutturalmente diversi. I liguri, poi, hanno l'età media più alta d'Italia

R iformare la Sanità della Ligu-ria attraverso un percorso in-clusivo e partecipato: è questa

l'ambizione di Sonia Viale, Assessore alla Sanità e Vice Presidente della Re-gione, che ha presentato agli Stati Ge-nerali del settore il suo Libro Bianco.Centosettantasei slide piene di nume-ri che fotografano lo status quo e di obiettivi che prefigurano il futuro. Un piano preciso su come raggiungerli nel Libro Bianco non c'è, ma secondo l'Assessore Viale è questa la sua forza: "Da quando sono arrivata all'assesso-rato non ho fatto altro che ascoltare: l'opinione di chi ogni giorno affronta e risolve i problemi della Sanità, dai medici al personale infermieristico fino alle associazioni dei volontari, è fondamentale per non perdere nean-che un mattone della casa che voglia-mo costruire”, spiega. Secondo l'Assessore Viale l'offerta sanitaria della nostra regione è buona, con alcune punte di eccellenza: “Però manca un'adeguata comunicazione e anche su questo sarà importante in-tervenire. In Liguria ci sono luoghi di cura che giocano un ruolo importante a livello nazionale ma i nostri concit-tadini spesso non ne sono al corrente. Si parla solo del Gaslini, che è ovvia-mente il nostro fiore all'occhiello, ma è giusto che sia riconosciuto anche il lavoro di altre strutture perché le cose buone devono essere raccontate”.La scelta del Libro Bianco, quindi del confronto tra le parti, secondo Sonia Viale porterà anche a una diminuzio-ne dei conflitti, specialmente quelli successivi alla riforma: “È importante che tutti abbiano voce in capitolo e si confrontino – dice l'Assessore – che

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agricoltura

G amberi, scampi e pesci spa-da in cambio di petrolio (po-tenziale) trivellato in mezzo

al mar Tirreno? Sembra che questo sia il (non) vantaggioso patto stipulato (ma non ancora ratificato) tra la Fran-cia e l’Italia con grande indignazione e danno dell’economia turistica e ga-stronomica della Liguria. Lo afferma, in attesa di essere ricevuto, dopo lun-ga attesa, da esponenti del ministero degli stari del nostro Governo, l’as-sessore all’agricoltura della Regione Liguria, Angelo Mai. Tutto è nato, qualche mese fa, quando le autorità francesi hanno sequestrato, per qual-che giorno, un peschereccio ligure con il suo relativo equipaggio, ritenuto reo di aver violato le acque territoriali

francesi. La vicenda, un po’ confusa, avvenuta alla superfica d’una “fossa” tirrenica nota ai pescatori per la ric-chezza ittica di crostacei fortemente richiesti dal mercato.La vicenda è poi finita con le scu-se del governo francese e forse con un indennizzo. La il tutto è per ora avvolto nella nebbia. Dice l’assesso-re regionale all’agricoltura, Stefano Mai:”La situazione non è chiarissima, perché il nostro governo l’anno scorso ha formato un accordo con i francesi concedendo a loro il diritto di pesca in ampie zone del Tirreno dalla Cor-sica alle coste della Liguria e della Provenza che erano di fatto area ita-liana. Lo ha fatto, come si evince dallo stesso trattato, per consentire ai nostri

Meglio i gamberi delle trivellazioni

La Francia è indifferente ai danni delle ricerche petrolifere

ria è di oltre venti milioni all’anno e che non ci sono per ora alcune forse di compenso. Si delinea quindi una polemica dura e si rischiano ricorsi. Per non parlare poi del referendum che è alle porte. E se le trivellazioni non fossero abolite? Tutto da rifare, pover’uomo, per dirla come il famoso romanzo di Hans Fallada.Preoccupato per la pesca, l’assessore Mai appare più ottimista per l’avvenire dell’economia agricola della Liguria, regione dal territorio difficile e cer-tamente con un passato assai limitato per strategie del genere. “Penso che sia importante – spiega Mai – recuperare risorse e realizzare una politica nuova per quel che riguarda il territorio della Liguria che presenta la maggiore esten-sione, ovvero i boschi. Se riusciremo a equilibrare il rispetto per la natura inserendo giovani capaci di valorizza-re il prodotto e la qualità dell’offerta, ambientale, paesaggistica, turistica e gastronomica avremo la possibilità di ripopolare zone abbandonate”La scommessa del rilancio dei boschi è un progetto ambizioso collegato a un fe-nomeno che lo stesso ministero dell’a-gricoltura sta potenziando da tempo. Ovvero l’incremento della percentuale degli addetti all’agricoltura, soprattutto giovani alla prima occupazione. Spiega L’assessore Mai:”La Liguria, rispetto ad altre regioni italiane ha uno spazio limitato e prodotti che possono essere circoscritti i quantità molto modeste. Però c’è una serie di prodotti di qualità, la cosiddetta nicchia. In questo senso ci possiamo muovere, sfruttando i finan-ziamenti europei. “La scommessa sull’agricoltura dell Liguria “piccola è bella” a questo pun-to decolla. p.l.

Il sequestro del peschereccio: un errore grave

“cugini” di oltralpe interventi di tri-vellazione alla ricerca di giacimenti di idrocarburi. In Italia le trivellazioni sono contestate e presto avremo un re-ferendum in proposito. Il testo è con-fuso ma pare di intuire che forse se ci saranno scoperte petrolifere noi forse potremo ottenere partecipazioni mol-to modeste. Ma c’è dell’altro. Per la legge francese non c’è bisogno di rati-fica del trattato. In Italia è il contrario, ma sinora la ratifica non c’è stata. A questo punto mi chiedo che il trattato c’è o non c’è. Cercherò di capirlo nel-le prossime settimane: dovrei parlare con un sottosegretario e, se Dio vuole, anche con il ministro Gentiloni.”Mai fa capire che il danno ai mercati e alla filiera della pesca della Ligu-

C'è un progetto importante per il recupero dei boschi in funzione dell'uomo

cultura

Spettacoli&

Teatrodi Vittorio Sirianni

Marina di Varazzedi Francesca Licata

Gastronomiadi Lucullo

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gastronomia

Non sempre i nomi riflettono i luoghi d'origine di una ricetta: un gioco di abitudini e di fantasia.

Q uando è nata la cosiddetta “colazione a buffet”? L’origine risale a Pierre Buffet, cuoco di Francesco I, re di Francia nelle

prima metà del XVI secolo. Il cuoco aveva ide-ato una cassa. Molto grande e trasportabile, nel-la quale era collocato il vasellame della corte e vivande preconfezionate. Quando la corte (allora era una realtà mobile) si fermava, la casa scoper-chiata diventava al tempo stesso una cassa e una credenza alla quale il re sedeva a mensa.Ma esiste il “brodo di giuggiole” o è solo una metafora, un modo di dire? Esiste, è un liquire dolce ricavato dalla giuggiole, che si confeziona e si consuma in Veneto, ad Arquà Petrarca, dove il grande poeta ha trascorso i suoi ultimi anni di vita.Lo sapete che la “parmigiana” non è nata a Par-ma? Si tratta d’un piatto di cucina meridionale confezionata con le melanzane importate dagli arabi e con il formaggio “parmigiano” assai ap-prezzato anche nel Medio Evo.Ma in Piemonte come è nata la “finanziera”, celebre e succulento piatto di rigaglie di pollo e vitello, cucinato con maestria e integrato con brodo ristretto e marsala secco? Il piatto nasce per merito dei cuochi astigiani al servizio del duca Carlo Emanuele I di Savoia. Ci vorranno un po’ di anni per arrivare al nome: il teatro del battesimo è il ristorante Cambio, quello reso fa-moso da Cavour. Il piatto era gradito dagli uo-mini d’affari e dai funzionari del governo, quelli addetti appunto alla “finanza” e che indossavano secondo la moda del tempo la “finanziera”, la lunga giacca a doppio petto.E la colomba quando diventa il dolce simbolo della Pasqua. Pare che il merito vada al famoso re dei Longobardi, Alboino, in occasione della presa di Pavia (metà del VI secolo d.C) che aveva resistito tre anni. Al re, in segno di pace, venne offerto dal popolo che s’era arreso, un dolce a forma di colomba, accompagnato da dodici bel-lissime fanciulle gio- vanissime. Il re apprezzò il gesto e promi- se che in futuro avrebbe sempre r i s p e t -tato le colom-be. Quando chiese alle

Quanti misteri nei nostri piattiLUCULLO

r a g a z z e quale fosse il loro nome tutte rispose-ro “Colomba”. Così Alboino le rimandò a casa ri-spettando il loro onore.E la zuppa inglese? È nata in Italia e ne abbiamo notizia dal confettiere e liquorista Vincenzo Agnoletti. Al servizio di Maria Luigia d’Asburgo Lorena, duchessa di Parma (già mo-glie di Napoleone). In una pubblicazione del 1832 spiega infatti che il dolce famoso si confezionava inzuppando nel rhum un biscotto emiliano so-prannominato “marangone”. Il liquore era allora identificato come il liquore della marina inglese per eccellenza. Di qui il nome.

E il nome “sartù” del famoso piatto di riso napo-letano da dove deriva? Dal francese “sur tout”, ovvero un piatto “soprattutto”, indicato per i menu più importanti e di prestigio. E visto che siamo in argomento di riso da dove deriva il

termine “supplì”? Anche qui corruzione dia-lettale romanesca del francese “surprises”

(sorprese, perché quando si apriva la crocchetta di riso si trovavano le riga-

glie di pollo del ripieno.E l’insalata “russa”? È nata nella Riviera ligure di ponente, a caval-lo tra il XIX e il XX secolo. È stata inventata dagli chef dei ristoranti di Sanremo e offerta come anti-pasto-fantasia ai nobili russi che soggiornavano a lungo nella zona

attratti dal clima mite e dalla natu-ra affascinante. Dopo è diventata un

piatto internazionale.Vale davvero la pena di “divorare” (è il

caso di dirlo) le oltre 450 pagine del bellis-simo volume “La storia di ciò che mangiamo”

di Renzo Pellati (Daniela Piazza Editore (€ 28). È un libro colto, ma divertente, limpido, di facile e allegra lettura, ma al tempo stesso rigorosamen-te scientifico e documentato. La storia “vera” è assai superiore alle leggende e alle fantasticheria che ancor oggi molta pubblicistica superficiale e ignorante divulga a caso. Renzo Pellati è un medico torinese specialista in Scienza dell’Ali-mentazione e in Igiene. Ha alle spalle molte pub-blicazioni scientifiche e divulgative. Ha ottenuto riconoscimenti e premi in Italia e in Europa.

La colomba pasquale, la "finanziera" piemontese, il buffet, la "parmigiana":ecco i misteri della nostra mensa

Renzo Pellati, medico e nutrizionista, da anni studia le origini e i nomi del nostro cibo.

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teatro

Paolo Rossi, attore, cantautore e comico italiano, ha debuttato sulla scena teatrale nel 1978.

C i si sta avviando verso la parte finale della stagione teatrale nella nostra città. E si comincia a fare qualche consuntivo,

ma soprattutto pensare al domani. La situazio-ne generale dei nostri teatri non è florida, come accade un po’ dappertutto. E si cerca di trovare soluzioni. Anche i responsabili culturali della Regione cercano di proporre soluzioni per quella che un tempo veniva definita: “La capitale dei te-atri”, cioè la nostra Genova. Ovviamente, come accade spesso da parte dei politici, le parole sono piene di speranza, le proposte molto allettanti, ma rimangono parole e speranze. Che la crisi abbia colpito le nostre strutture teatrali è fuori di dubbio. Ne hanno risentito in particolare l’Archivolto, poi la stessa “Tosse” e anche lo Sta-bile, che da un anno ha un nuovo Direttore, molto bravo, ma anche un po’ frastornato dai molti pro-blemi che gli sono sorti attorno. È cambiato anche il consiglio di amministrazione e, pensate, è entra-to anche un attore molto…bizzarro, appunto Luca Bizzarri, salito alla ribalta dei “media” per via delle sue contestazioni a Marta Vincenzi. Il nuovo presidente del teatro Stabile che si chiama Gian Enzo Duci, presidente nazionale degli spedizio-nieri. Nel programma che “Telenord” porta sullo schermo, dal titolo “Teatrando”, tutti questi pro-blemi vengono dibattuti, in particolare coi diretti interessati, cioè gli attori e le attrici che si susse-guono alle ribalte cittadine. E tutti sono d’accordo nell’elogiare, da una parte, le nostre strutture, ma dall’altre parte rivendicare un ruolo al teatro ita-liano e genovese che al momento non esiste pro-prio. Mentre il Direttore Pastore sta cercando di

Quale sarà l’avvenire del Teatro a GenovaVITTORIO SIRIANNI

“internazionalizzare” lo Stabile (contatti col teatro francese, tourneè in Europa), la Direttrice dell’Ar-chivolto, Pina Rando, sta cercando disperatamen-te risorse che non trova e allora ecco che si pensa ad una “fusione” fra l’Archivolto e lo Stabile. Ma sapete come vanno a finire le fusioni a Genova? Due strutture mediocri, ne nasce una sola…altret-tanto mediocre. Dobbiamo dire che l’unico teatro che funziona, tace… e cerca di vivere benino è il “Genovese”, di Savina Scerni. È un teatro leggero di intrattenimento, molto diversificato che piace ai genovesi, la “signora della Genova che conta”, Savina, da vent’anni conduce questa avventura, ne è sempre innamorata, e riesce ancora ad offrire un prodotto di primissimo ordine. Si diceva di “Tea-trando”, la nostra rubrica di spettacoli: da Paolo Rossi a Gianfranco Jannuzzo, da Branciaroli ed

Elisabetta Pozzi, tutti si sono detti molto felici di recitare a Genova, oggi nonostante tutto Genova è considerata una piazza talmente importante, ma la prossima stagione come sarà?Un dato è certo, nonostante tante parole, le isti-tuzioni non hanno soldi (o dicono di non averle), dunque pochi aiuti. Un dato sembra significativo: agli attori che abbiamo intervistato, alla domanda: “Cosa vuole il pubblico?”. Hanno tutti risposto: “Forse hanno voglia di divertirsi e sorridere un po’, anche a teatro”. Ecco perché ad oggi i pienoni li fanno (e guarda caso proprio al “Genovese”) i Fiorello, i Lillo e Greg, gli Ale e Franz. È questo un campanello d’allarme per chi vorrebbe fare, anche in teatro “alta cultura”? O è un segno di de-cadimento culturale? Lo capiremo dalle program-mazioni della prossima stagione.

La crisi ha colpito le strutture teatrali. Archivolto e Stabile pensano alla fusione

Il nuovo presidente della Stabile è Gian Enzo Duci. Cambio di "regia" anche in amministrazione, dove è entrato l'attore Luca Bizzarri.

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Q uante volte vi è capitato di vedere un film e chiedervi dove sono state girate le sce-

ne principali? A me capita molto spes-so. Ricordo ad esempio uno splendido film della fine degli anni novanta, Ri-tratto di signora, interpretato da Nico-le Kidman e John Malkovich ambien-tato in un suntuoso palazzo immerso nel verde. Guardando il film mi sono reso conto di aver già visto quel pa-lazzo in un altro film dell’inizio degli anni ottanta, Il Marchese del Grillo, di Mario Monicelli, magistralmente in-terpretato da Alberto Sordi. A questo punto mi è venuta la curiosità di tro-vare quella splendida location. Pensa-vo fosse un classico palazzo romano e invece, con mia grande sorpresa, ho

scoperto che questa dimora si trova a Lucca. Lo scorso novembre mi sono recato a Lucca per una manifestazio-ne della quale parlerò tra breve e ho potuto visitare Palazzo Pfanner, un angolo di paradiso incastonato all’in-terno delle mura medioevali. La storia di questo palazzo risale alla seconda metà del 1600 ma è solo dalla fine dell’ottocento che il palazzo venne acquistato dalla famiglia Pfanner, di origine austriaca. Il birraio austriaco, ma di origine bavarese, Felix Pfanner vi installò una delle prime birrerie in Italia, chiusa alla fine degli anni venti. Dal 1995 la famiglia Pfanner, tuttora proprietaria del palazzo, ha deciso di intraprendere un’impegnativa opera di ristrutturazione e valorizzazione. Oggi

La magia del cosplay a Palazzo Pfanner

Che cosa hanno in comune i film Ritratto di Signora e il Marchese del Grillo?

Selene interpreta “Elle” dal film Disney “Cenerentola”.

manutenere continuamente, ma quello che incide sono le continue attività di restauro dei beni e la conservazione del palazzo stesso. Per questo abbia-mo deciso da vent’anni di aprire una parte del palazzo e il giardino alle vi-site. Abbiamo voluto condividere que-sto patrimonio con la comunità”. In effetti non sono andato a Lucca solo per visitare questo palazzo ma per par-tecipare alla più grande mostra mer-cato del fumetto che si tiene in Italia. Alla fine di ottobre, ormai da decenni, Lucca si trasforma in una cittadina fe-stosa e fatata attraversata da decine di migliaia di appassionati del fumetto e del gioco. Da parecchi anni una delle componenti della fiera è la presenza

Una dimora del 1600, teatro di moderne rappresentazioni

Dove la tradizione e la creatività s’incontrano

il palazzo e il suntuoso giardino sono visitabili. Nel piano nobile, completa-mente restaurato, trova posto un’espo-sizione di strumenti medico-chirurgici appartenuti a Pietro Pfanner e addirit-tura la stanza da letto dove si svolse l’idillio, nel 1692, tra il Principe Fede-rico di Danimarca e la nobildonna luc-chese Maria Maddalena Trenta. Uno dei discendenti di Felix Pfanner è Da-rio Pfanner al quale ho chiesto come viene gestito oggi il palazzo: “Avere sulle spalle la gestione di un palazzo come questo è un onore ma anche un onere importante. Facciamo parte della rete delle dimore storiche che in Italia sono oltre 35.000. Ogni anno è necessario far fronte alla gestione or-dinaria, pensiamo al solo giardino da

costume e società

continua a pag. 40 X

CARLO BROZZO

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del fenomeno cosplay del quale ho parlato in un recente pezzo. A questo punto vi chiederete che cosa leghi il cosplay a palazzo Pfanner. Ebbene, un creativo fotografo toscano, Enrico Bertelli, da qualche anno trasforma palazzo Pfanner, durante i giorni della fiera, in un set a cielo aperto dove fo-tografi selezionati e cosplayer posso-no dare libero sfogo alla propria vena creativa. “Durante Lucca Comics & Games – racconta Enrico - l’incon-tro tra fotografi e cosplyer avviene in tutta la città e sulle mura medioeva-li. Quello che rende differente la mia iniziativa è il connubio tra una dimora storica e un fenomeno di massa come il cosplay. La possibilità di seleziona-re i fotografi presenti e dare modo ai cosplayer di mettere in mostra i propri

costumi in un ambiente tranquillo fa la differenza e i risultati si vedono”. Le foto di questo servizio rappresentano appunto i fotografi all’opera e alcuni cosplayer con ho deciso di fotografare per l’occasione. Selene, 19 anni, mi racconta: “Lo scorso anno sono an-data a palazzo Pfanner, interpretando “Ella” dal film “Cenerentola”. Un per-sonaggio che ha catturato l'attenzione di molti bambini, adulti ma soprattutto dei fotografi. In quella stupenda loca-tion ho collaborato con molti di loro che sono stati molto disponibili, cre-ativi e gentili. Ho apprezzato molto come abbiano voluto spendere il loro tempo a fotografarmi e sono rimasta colpita dalla pazienza, ma soprattutto dalla loro passione. È stato un duro “lavoro”, un po' stancante, ma è stato

Set a cielo aperto nei giardini di palazzo Pfanner

Silvia interpreta un “bambi” steampunk. Fotografi all’opera.

ripagato dai risultati”. Anche Silvia, 30 anni, che avevo avuto modo di in-contrare in altre fiere, è una veterana di palazzo Pfanner: “La considero una piccola oasi felice dove la location storica fa da cornice alle splendide foto che i pazienti fotografi realizzano. È un’occasione perfetta per conoscere altri che, come me, hanno la passione per il cosplay, scambiarci trucchi, co-noscere nuovi fotografi o consolidare vecchie amicizie. Quasi tutto quello che utilizzo per i miei cosplay lo rea-lizzo in casa. La parte progettuale che precede l’elaborazione di un cosplay è la più difficile, ma anche la più emo-zionante. Insomma la magia diventa realtà.” Quando gli ingredienti sono di ottima qualità ci sono buone probabi-lità che la ricetta riesca.

costume e società

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televisione

Presto a Tappeto Rosso partirà la

gara tra 4 Istituti alberghieri per

la conquista del Trofeo Marchiano.

C’è un passaggio sempre più fitto di ospiti sul Tappeto Rosso di Telenord, al cen-tro della trasmissione che conduco il

giovedì,in prima serata, con una importante replica la domenica ,all’ora di pranzo.Già perchè agli ospiti, sempre interessanti e puntua-li, delle puntate normali, si aggiungono quelli delle puntate speciali,dedicate cioè ad un tema particola-re, di più forte impatto televisivo.Nelle occasioni speciali, l’obiettivo è il raggiungi-mento di un equilibrio tra tempi più forti, con quelli che hanno una leggerezza ben sperimentata, a parti-re dai piatti della cucina, o dalle occasioni di scopri-re angoli bellissimi della nostra Regione.

Red Carpet tra evasione e riflessione

Sul "tappeto" tanti ospiti, anche e soprattutto nel Giorno della Memoria

Testimonianze e musica per ricordare il ruolo delle donne nella conquista della libertà

PAOLO ZERBINI

Cosi è stato per la puntata dedicata al Giorno delle Memoria, con il ricordo degli avvenimenti accaduti in Liguria, (il Campo 52 in Fontanabuona, la rap-presaglia alla Sinagoga di Genova etc.) o per la pun-tata dedicata all’8 Marzo, dove la festa della Donna ha raccontato il tema della lotta per la conquista dei diritti e della parità.Qui sopra c'è la foto scattata da Irene, giovane foto-grafa figlia di Timi, il ristoratore proprietario de Il Sogno di Finale ligure, venuto ad onorare, con piatti di forte sapore di mare, il Tappeto Rosso dove regina era la Mimosa. Con lui anche Caterina Vio dell’a-zienda Bio Vio di Albenga, venuta a proporre vino, erbe, carciofi che sono vanto della piana savonese.

Per dare una idea del mix presente in Studio, la doppia Conduzione, con la presenza di Simona Rosso cronista di Telenord, che mi ha affianca-to proprio in onore delle donne, poi il sindaco di Cogorno Enrica Sommariva che ha raccontato le storie medioevali attorno alla Basilica dei Fieschi; Patrizia De Luise presidente di Confartigianato Liguria che ha affrontato il tema del lavoro della donna oggi; Laura Parodi Storica e Cantante che ha reso testimonianza delle figure femminili liguri del passato, in miniera, nelle risaie, nella raccolta di olive, nel trasporto dell’ardesia. E ha interpre-tato, sul Tappeto Rosso, canzoni simbolo: Sebben che siamo donne, paura non abbiamo, ‘Se 8 ore vi sembran pochè e ‘Bella ciao’ nella versione can-tata, nel primo '900, dalla Mondine.Luciano Pasquale presidente della Camera di Com-mercio di Savona e di Banca Carisavona ha parlato del credito, ma anche del valore del Salone Agroali-mentare di Finale, una delle 4 grandi manifestazioni legate al cibo, sviluppate in collaborazione con la regione Liguria.Adesso Tappeto Rosso vede partire una nuo-va iniziativa: una gara tra 4 Istituti Alberghieri della Liguria, quelli di Alassio, Finale, Genova-Sestri e La Spezia, per una edizione diversa del Trofeo Marchiano. Franco Laureri dello staff di Presidenza del Giacardi di Alassio, ha studiato un marchio splendido,filo conduttore di una gara che si svolge tutta nello Studio di Telenord, con vota-zioni via Webb.E ancora la prima lezione di un programma di va-lorizzazione dell’Olio di Oliva voluta da Coldiretti Liguria, per la regia di Gianni Bottino, destinata ad aprire la porta di un vero e proprio corso televisivo di avvicinamento ai grandi prodotti dell’agricoltura.Tappeto Rosso,ogni giovedi sera alle ore 21 e la do-menica alle 12:20. Vi aspetto.

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turismo

La Marina di Varazze ospita 800 posti barca, 900 posti auto e 36 unità residenziali.

L a Marina di Varazze è un punto di riferi-mento per i proprietari di yacht e barche a vela, ineccepibile sia per le postazioni riser-

vate (ben 800) che per i servizi offerti. Ma si riduce tutto a questo? Il porto turistico non è solo imbar-cazioni e marittima, ma anche spazi e soprattutto eventi dedicati a tutti, turisti e non. Partiamo dalla posizione, senza dubbio strategica: con il mare da un lato, la montagna dall'altro, la lo-cation si presta naturalmente a lunghe passeggiate e, perchè no, anche ad un bel giro nella zona commer-ciale per dedicarsi allo shopping o alla gastronomia, che spazia dalla cucina etnica a quella tipicamente regionale. Ottimo punto di partenza per escursioni

Marina di Varazze: non solo yachtUn ricco programma per l'estate 2016: paesaggio, sport, relax, "gioielli d'epoca" e molto altro ancora

Grande attesa per il #Marinadivarazzefest, che anche quest'anno tornerà a far ballare a cantare la Marina

FRANCESCA LICATA

nella Riviera dei Fiori, verso il Golfo del Tigullio o le Cinque Terre, Varazze è anche una perfetta località “d’attracco” per chi vuole scoprire le bel-lezze locali, magari noleggiando una bicicletta per pedalare tra le stradine dell'antico borgo della cit-tà. Irrinunciabile poi una gita al Giardino Botanico di Punta Aspera, percorso pedonale di circa 4500 metri quadrati di flora autoctona che sorge in parte sopra i capannoni degli artigiani della Marina.Shopping e paesaggio, a cui si aggiungono le nu-merose novità che la Marina di Varazze ha studiato per l’estate 2016. Per gli amanti dello sport, grazie alla collaborazione del Comune con il Parco del Beigua, verranno organizzate giornate dedicate alle

attività sportive outdoor, che si potranno “imparare” in Marina e praticare poi nel territorio, alla scoperta delle meraviglie che l’entroterra offre. Chi invece brama pace e relax, potrà godere della SPA all’aper-to, allestita con un elegante gazebo per massaggi e trattamenti estetici, persino sotto le stelle. Movimento, benessere ma anche divertimento, grazie ad un variegato programma di concerti ed eventi musicali tra cui spicca il #Marinadivarazze-fest, che si è già svolto nel 2015 sotto la direzio-ne artistica del cantautore varazzino Zibba e che quest’anno tornerà ad animare la Marina, con tutte le sorprese del caso. Anche chi è a caccia di “gioielli d’epoca” avrà il suo momento di gloria. Nel mese di giugno, un lun-go weekend verrà riservato proprio agli appassio-nati di un marchio che ha contribuito a scrivere la storia della nautica italiana: Sangermani, il cantiere di Lavagna dalle cui officine fin dagli ultimi anni dell’800 nascono imbarcazioni in legno realizzate artigianalmente e capaci di catturare la fantasia di intenditori e semplici appassionati. Dalle navi a moto ed auto, il passaggio sarà rapidissimo: il primo appuntamento dedicato sarà quello del 2 Giugno, quando le splendide vetture costruite tra il 1900 e il 1940 partecipanti al Raduno “A Spasso nel Tempo” sosteranno in Marina dopo la sfilata di rito in città. E per chi proprio non sa rinunciare al cappello da marinaio, via libera ai corsi di vela, lezioni di or-meggio, ma anche appassionanti match race, ap-puntamenti con finalità sociali, come regate e ve-leggiate dedicate ai ragazzi diversamente abili, corsi di sicurezza in mare con il coinvolgimento anche della Capitaneria di Porto. Tradizione e innovazione si fondono in un ricco buffet che promette di non lasciare nessuno a bocca asciutta. Rotta: Marina di Varazze.

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moda

MAI PIÙ SENZA

PRIMAVERA ALLE PORTE SIGNIFICA RIVOLUZIONE

NEL GUARDAROBA, MA BASTANO 5 SEMPLICI CONSIGLI

PER NON FARSI TROVARE IMPREPARATE

CHIODO. Pelle o ecopelle, nero o coloratissimo… uno tira l’altro!

SNEAKERS. Di qualsiasi forma o tipo, super colorate, super comode, super fashion!

SALOPETTE. Sia in versione

lunga che corta, preferibilmente

di jeans. Irrinunciabile

FOULARD E SCIARPE. di classe, possono risultare molto utili per ripararsi dal freddo. Quelle in cachemire, cotone o, addirittura, in seta sono da considerarsi le più adatte per la mezza stagione.

ZAINO. Non ha rivali in fatto di praticità ed eclettismo di stile: impossibile andare in giro senza.

Essere alla moda? è come un battito di ciglia, dura un secondo e quello dopo bisogna già essere pronte a cambiare,

a rinnovarsi di nuovo. Le tendenze, si sa, vanno e vengono e stare al passo può essere una vera impresa, ancora più

ardua quando si tratta di abbigliamento adatto alla mezza stagione. Poche e semplici regole però possono salvarvi da

ore interminabili passate davanti all’armadio a porvi la fatidica domanda: “Cosa mi metto oggi?”. Ecco la risposta: 5 must

have che vi traghetteranno verso l’estate, senza macchie sul curriculum! f.l.

bitgeneration

D alla ruota alla macchina per la stampa, dal motore a vapore al transistor, sono diver-si gli oggetti che hanno giocato un ruolo

decisivo nelle mutazioni economiche e sociali: in-venzioni che hanno avuto un impatto così vasto da cambiare il mondo. Il XXI secolo potrebbe lasciare in eredità una di queste straordinarie innovazioni, la Stampante 3D. Si tratta di una macchina dalle dimensioni variabili (le più piccole occupano lo spazio di una normale stampante da ufficio) capace di creare oggetti tridimensionali depositando strati di materiale uno sopra l'altro. Invece di gettare in-chiostro, come avviene per le semplici stampanti 2D, questa moderna tecnologia stende uno sull'altro uno strato di materia (che può essere plastica per modellare piccoli oggetti ma persino cemento per la costruzione di case o palazzi) che genera l'oggetto desiderato. Queste macchine, i cui costi sono note-volmente diminuiti negli ultimi anni, fino a renderle accessibili anche alla piccola e media impresa, sono piuttosto semplici da utilizzare: la parte complicata, riservata a dei professionisti esperti, è quella della progettazione che viene realizzata al computer con degli speciali software. Ma è facile ipotizzare che saranno presto diffusi dei modelli pre impostati che, assieme al continuo decremento dei prezzi, potran-no permettere a chiunque di disegnare un oggetto e di realizzarlo in casa propria.Le implicazioni di questa tecnologia sono im-mense: sul piano culturale sarà persino possi-

Il futuro dell’artista in 3DUn software sofisticato sostituisce abili mani per un prodotto di qualità.

bile riscoprire una sorta di artigianato contem-poraneo che invece di servirsi della perizia di un maestro utilizzerà la qualità di un software; dal punto di vista socio economico, poi, le tra-sformazioni potrebbero essere ancora più cla-morose: queste macchine potrebbero infatti so-stituire la gran parte del lavoro manuale. Basta pensare che nel futuro sarà possibile erigere un palazzo disegnandolo al computer e poi genera dolo, strato dopo strato, con una mega stampante 3D. Sembra impossibile? Perché, sbarcare sulla Luna non lo era? m.c.