Gestione della conoscenza, mappa generale degli argomenti

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Gestione della conoscenza e metodi di rappresentazione Corso di Gestione della Conoscenza Docenti: Simone, Cabitza Studenti: Melania Mauri, Chiara Pedullà Università degli Studi Milano Bicocca A.A. 2012/2013

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Gestione della conoscenza e metodi di rappresentazione

Corso di Gestione della Conoscenza

Docenti: Simone, Cabitza Studenti: Melania Mauri, Chiara Pedullà Università degli Studi Milano Bicocca A.A. 2012/2013

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“An immense and ever-increasing wealth of knowledge is scattered about the world today; knowledge that

would probably suffice to solve all the mighty difficulties of our age, but it is dispersed and unorganized. We

need a sort of mental clearing house for the mind: a depot where knowledge and ideas are received, sorted,

summarized, digested, clarified and compared.”

(H.G. Wells in ‘The Brain: Organization of the Modern World’, 1940)

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Introduzione

In questa relazione analizzeremo la gestione della conoscenza e i metodi di rappresentazione di

quest’ultima, focalizzandoci su teorie e modelli, per poi concentrarci su alcuni su casi di studio.

Le origini della knowledge management.

Col termine Knowledge Management -in italiano, gestione della conoscenza- si intende la capacità di prendere un’informazione, interpretarla ed utilizzarla. Sebbene la gestione della conoscenza abbia le sue radici in numerose discipline (filosofia, sociologia, microeconomia ecc…), il termine venne effettivamente coniato nel 1986 da Karl Wiig, durante una conferenza allestiti dall’Organizzazione Internazionale dei Lavoratori dell’ONU; Wiig enunciò per primo i principi del KM, affermando che nell’ambito dei processi organizzativi occorra: domandarsi “perché” prima ancora di “come”; conoscere facendo, ma anche insegnando ad altri; privilegiare l’azione piuttosto che concetti e piani formalmente ineccepibili; considerare l’errore una componente ineliminabile dell’azione; liberarsi della paura poiché impedisce di convertire la conoscenza in azione; conoscere il contesto, capire come sostenere i propri progetti e convertire tale conoscenza in azione. Solo a partire dai primi anni ’90 però la gestione della conoscenza diventa una vera e propria disciplina, avvalendosi all’interno delle organizzazioni degli strumenti dell’information technology (IT).

Illustreremo ora gli argomenti affrontati a lezione.

Le comunità di pratica – COP

Coniato da Wenger negli anni ’90, col termine Comunità di Pratica si intendono strutture

spontanee, autogestite, volte a produrre e condividere conoscenza organizzata e di qualità, in cui

ogni membro ha libero accesso. Possono essere individuate 5 fasi evolutive delle CoP:

1. Potentiel;

2. Building;

3. Engaged;

4. Active;

5. Adaptive.

Durante il loro periodo di attività, le CoP possono trovarsi ad affrontare crisi, che a loro volta

possono portare o ad una crescita della CoP o a uno scioglimento di quest’ultima. I membri delle

CoP possono ricoprire diversi ruoli informali, tra cui: esperti, documentaristi, innovatori, membri

organizzativi e di relazione.

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Evoluzione

Data la tendenza delle COP a relazionarsi tra loro e alla situazione confusa riguardo alla

terminologia, nel 2005 Andersen provò a fare ordine analizzando dei casi di sua esperienza, di

conseguenza definì i GRUPPI D'INTERESSE come luoghi di accesso a informazioni, senza legame

forte tra i membri e la RETE INFORMALE come network di professionisti.

Il modello di Nonaka.

Nato negli anni '90, il Modello di Nonaka e Takeuchi, concepito nell'ambito della cultura

giapponese e ricavato dall'osservazione diretta di casi, fornisce un quadro generale delle

dinamiche sociali che, all’interno delle organizzazioni, portano alla creazione della conoscenza.

Secondo Nonaka e Takeuchi, esistono due tipi di conoscenza: la conoscenza tacita, che appartiene

all'individuo ed è soggettiva; e la conoscenza esplicita, rappresentabile con qualche linguaggio, e

per questa ragione oggettiva, in quanto tale viene considerata da Nonaka, informazione.

Vengono individuate quattro fasi sequenziali in cui avviene la creazione di conoscenza:

1. La socializzazione, in cui le persone attraverso un linguaggio condividono per quanto

possibile le conoscenze tacite. Le sue basi sono il linguaggio, il fare insieme e l'osservare.

2. L'esternalizzazione: le conoscenze sono descritte e rappresentate e comporta la

formalizzazione del linguaggio (naturale, tecnico, progettuale, visivo ecc.).

3. La combinazione è la fase dove prevale il dominio dell'informatica, quindi l'integrazione e

l'elaborazione.

4. L'internalizzazione è la fase d'apprendimento, è la più individuale delle quattro, in cui si

mette in atto ciò che si è appreso.

In realtà è difficile distingue tra le quattro fasi, in quanto non sempre sono separate.

Tassonomia gruppi

Il concetto di condivisione della conoscenza (knowledge sharing) si sviluppa entro due cornici

principali:

1. La Social learning theory;

2. La Knowledge learning theory;

A seconda di quali delle due scuole di pensiero si prenda in considerazione il concetto di comunità

di knowledge sharing, asume connotazioni diverse.

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Social learning theory

La social learning theory si concentra in maniera specifica sulla condivisione di conoscenza

all'interno di comunità informali, i cui membri sono più o meno co-locati.Negli ultimi anni il

concetto di Community ha trovato un terreno fertile nelle imprese, interessate ad ottenere un

ritorno positivo dalle conoscenze dei singoli soggetti facenti parte di esse, cogliendo così

l'importanza del concetto di Comunità di Pratica (Cop).

Per la Social learning theory l'apprendimento si ha quando, all'interno delle Cop, la conoscenza,

una volta condivisa, può portare allo sviluppo di soluzioni e idee. È importante fare una distinzione

tra il concetto di conoscenza e quello d’informazione, la conoscenza, infatti, è informazione

interpretata ed esperita da un individuo. Il concetto di pratica ricopre un ruolo fondamentale,

attraverso di essa, infatti, si guadagna conoscenza. La social learning theory pone il suo focus

d'attenzione su gruppi di persone che sviluppano e condividono conoscenza all'interno del loro

gruppo, conoscenza che sarà poi la base per l'apprendimento futuro.

Knowledge management theory

Aziende e compagnie erano alla ricerca di un modo che permettesse la condivisione delle

conoscenze dei singoli dipendenti, in maniera tale che quest'ultime potessero rimanere all'interno

dell'azienda; questo però non sempre è possibile, in primo luogo perché vi è spesso della reticenza

nel condividere ed esplicitare le proprie conoscenze, in secondo perché si è spesso restii ad

impiegare “conoscenze estranee”. Per queste ragioni si sono sviluppate nuove strategie il cui focus

è incentrato sull'incontro, sulla condivisione di conoscenza impersonale e su network e comunità

di conoscenza, questi network possono essere formati anche da persone non co-locate; infatti, le

Cop sono definite come gruppi di lavoratori di società diverse accomunati d’interessi comuni.

Gongla e Rizzuto (2001) definiscono le CoP come reti informali e non istituzionali di domini di

conoscenza ed identificano 7 caratteristiche fondamentali:

1. Sono globali;

2. Hanno un dominio di conoscenza;

3. Hanno dei ruoli comuni;

4. Vi è la possibilità di condividere conoscenza tacita;

5. Utilizzano software Ibm come Lotus Notes e Domino;

6. Sono sponsorizzate/sostenute dalle aziende;

7. Non sono gruppi/team aziendali.

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Ricerca metodologica.

J.H.Erik Andriessen si pone come obiettivo della sa analisi quello di identificare gli archetipi delle

comunità in cui vi è la condivisione di sapere, per fare questo segue 5 step:

Step 1: identificare le caratteristiche chiave ;

Step 2: viene assegnato un punteggio/caratterizzazione alle comunità analizzate (9 casi

studio);

Step 3: le dimensioni base vengono ricavate dai risultati ottenuti;

Step 4: vengono identificati gli archetipi.

Attraverso lo studio della letteratura, vengono identificate le caratteristiche chiave delle

knowledge communities:

Contract value: livello cui la comunità deve ottenere dei risultati concreti;

Scopo: avere un obiettivo comune;

Membership definita: se un gruppo è aperto a nuovi membri o no;

Grado di formalizzazione;

Composizione: solo membri esperti oppure sono ammessi anche neofiti;

Reciprocità (connettività): grado in cui i membri interagiscono tra di loro;

Identità: sentimento di appartenenza e coesione;

Organizzazione intra o inter;

Dispersione geografica;

Grandezza;

Tipo di interazione: faccia a faccia o mediata.

Sono poi analizzate sei compagnie -Unilever, AtosOrigin, Delft Cluster, Oracle, Habiforum e Shell-

cui è dato un punteggio in base alle caratteristiche base (vedi sopra), dopo aver confrontato

visivamente i punteggi ottenuti, le sei compagnie sono state inserite in un grafico a due dimensioni

in cui l'asse x rappresenta il grado d’istituzionalizzazione (da basso ad alto), mentre l'asse y

rappresenta la connettività (unione tra i concetti di relazione e identità).

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Ecco il grafico:

Abbiamo dunque:

Comunità informali: gruppi di dipendenti della stessa azienda con passioni e interessi

comuni, spesso inerenti al loro lavoro, il loro obiettivo è di imparare l'uno dall'altro, ma

non contribuiscono ad arricchire la società per cui lavorano;

Reti informali: gruppi di lavoratori di aziende diverse con interessi comuni, pur

comunicando tra loro non s’incontrano; (sono network di professionisti.)

Gruppi d’interesse: sono caratterizzati da un grado di formalità molto basso, non ci sono

limiti alle interazioni e i membri possono entrare a far parte del gruppo o uscirne

facilmente;

Comunità strategiche: gruppi di esperti che collaborano assieme così da ottenere un

output vantaggioso per la società per cui lavorano;

Comunità di Delfi: non si è sicuri dell'esistenza di questo tipo di comunità, si pensa che

potrebbe essere un network di professionisti altamente formalizzato, ma con bassissima

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interazione tra i membri e scarso senso d'identità. Questo tipo di comunità non è ancora

stato trovato nella realtà, ma la sua esistenza è possibile dal punto di vista teorico.

Social capital

Le CoP sono gruppi di persone impegnati all’apprendimento e alla condivisione sulle basi

d’interessi comuni; per questo motivo è forte il senso di appartenenza tra i membri. Dato il

numero potenzialmente illimitato di componenti è importante coinvolgere nuove persone

all’interno della CoP, i neofiti si legittimano attraverso la partecipazione e l’interazione. La

comunicazione può essere mediata attraverso diversi mezzi, questo ha facilitato la nascita di CoP

anche laddove i membri non erano co-locati.

È importante la distinzione tra CoP e team poiché nelle prime i ruoli dipendono dalla pratica

mentre nei team vengono assegnati, inoltre la legittimazione dei membri delle CoP avviene

attraverso la pratica. In alcune organizzazioni/aziende viene riconosciuto il valore delle CoP, viste

come un valore aggiunto, in quanto mezzo principale attraverso cui la conoscenza viene

mantenuta nel tempo.

Nonostante questo, spesso è difficile che le aziende decidano di puntare sulle CoP, in quanto

quest'ultime spesso non sono riconosciute, vi sono dunque difficoltà nel sviluppare il c.d capitale

sociale.

(Nahapiet e Ghoshal) Col termine capitale sociale si intende l'insieme delle risorse disponibili e

derivate dalle reti di relazioni di un individuo o di un gruppo d’individui; il capitale sociale inoltre si

esprime attraverso 3 dimensioni:

Dimensione strutturale: gli individui si percepiscono come appartenenti ad un gruppo;

Dimensione relazionale: vi è un senso di appartenenza e fiducia;

Dimensione cognitiva: i membri del gruppo condividono interessi.

Queste tre condizioni possono essere applicate facilmente alle Comunità di Pratica, le quali,

attraverso la creazione di relazioni tra i membri e di un linguaggio comune, sono in grado di

generare capitale sociale utile alle performance aziendali; in maniera tali benefici consistono nel

supporto ai nuovi dipendenti e nel loro inserimento nella realtà lavorativa aziendale, nel supporto

alle domande e ai bisogni dei clienti (miglioramento dei processi di problem solving), nel riuso

della conoscenza e delle pratiche già sviluppate in precedenza ed infine nell'essere un terreno

fertile per nuove idee per prodotti e servizi, le CoP sono veicoli per l'innovazione grazie al continuo

scambio di opinioni e conoscenza tra i membri della comunità.

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Alla luce di prove che confermano il valore positivo delle CoP per le aziende, è possibile che in

futuro quest'ultime scelgano di sviluppare spazi e tempi specifici per favorire l'interazione tra

membri e la creazione di CoP.

La rappresentazione della conoscenza.

“Il vero apprendimento si verifica quando ci si attiva per comprendere il significato di quello che è stato memorizzato: è il significato, infatti, che conferisce valore all'apprendimento “

(Joseph Novak)

La rappresentazione della conoscenza è sempre stato un argomento che ha interessato il genere umano in tutti gli ambiti, scientifici e non. Per essere efficace la rappresentazione deve limitare le ambiguità interpretative, per farlo dunque non può avvalersi del linguaggio naturale, che genera interpretazioni differenti sia tra diverse comunità che addirittura tra diversi individui, ma deve ricorrere invece a linguaggi formali, riconosciuti e codificati, a seconda della disciplina cui ci si riferisce.

Il linguaggio formale diventa strettamente necessario poi quando si intende rappresentare la conoscenza servendosi delle tecnologie: uno strumento elettronico, per elaborare in modo automatico delle informazioni, ha bisogno che siano codificate in un linguaggio a lui comprensibile, a questo fine la rappresentazione della conoscenza, ramo dell' intelligenza artificiale (A.i) , studia il modo in cui avviene il ragionamento umano, al fine di renderlo comprensibile alle macchine attraverso simbolismi e linguaggi formali, rendendo possibili inferenze e generando così ulteriore conoscenza.

La definizione di linguaggi espressivi è il punto principale della rappresentazione della conoscenza; in linea generale, i linguaggi di rappresentazione della conoscenza forniscono una serie di costrutti che definiscono la sintassi del dominio di interesse e anche una serie di operatori che danno un significato, e quindi la possibilità di essere interpretabili, alle asserzioni del modello di riferimento.

La scelta del linguaggio determina le asserzioni che verranno formulate e che raccolte insieme formeranno una Base di Conoscenza o Knowledge Base (Kb), da cui sarà possibile estrarre nuova conoscenza. La base di conoscenza è un tipo di database per la gestione della conoscenza che ha come obiettivo la facilitazione della raccolta, organizzazione e distribuzione della conoscenza, è adatta a molteplici scopi (aziendali, culturali e didattici).

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Se ben progettata, prevede una struttura di classificazione che osserva determinati formati per i

contenuti, e dispone di un motore di ricerca eccellente che permette di individuare i documenti

presenti all’interno.

Il tipo di informazione contenuto in una base di conoscenza è il fulcro dell’effettiva utilità della

base, se contiene informazioni di scarsa utilità, perde valore l’intero sistema, per questo motivo è

importante quindi avere una buona strutturazione delle informazioni e un buon sistema di

recupero delle stesse, al fine di avere una base di conoscenza efficace.

Le rappresentazioni della conoscenza che costituiscono un “vocabolario” riferito ad un’area

specifica sono dette ontologie e indicano regole, concettualizzano informazioni in modo

condivisibile, dal punto di vista informatico, un’ontologia è un artefatto software in grado di

rappresentare, mediante l’uso di un linguaggio formale basato sulla logica matematica, gli aspetti

rilevanti di un fenomeno d’interesse, ad esempio: concetti, proprietà, fatti, regole e relazioni.

Gli elementi di un’ontologia sono:

un dominio di interesse, quindi un’area specifica;

un linguaggio comune;

una eventuale tassonomia che esprime l’ereditarietà dei concetti rappresentati;

un insieme di proprietà: istanze e restrizioni.

I modi per rappresentare la conoscenza sono molti, ognuno applicabile in un diverso ambito di

indagine e una diversa disciplina, tutti si servono di un linguaggio formale, elemento che abbiamo

già introdotto in precedenza. Nel dettaglio possiamo dire che per linguaggio formale si intende un

insieme di stringhe di lunghezza finita costruite sopra un insieme finito di oggetti semplici, che vengono

chiamati caratteri, simboli o lettere, a seconda che ci si riferisca all’ambito della matematica, della logica,

dell’informatica o della linguistica.

L’ambito di applicazione del linguaggio formale comporta la presenza di diversi modi per definirlo:

l'insieme delle stringhe derivate da una grammatica generativa

l'insieme delle stringhe fornite da un'espressione regolare

l'insieme delle stringhe accettata da un automa

le domande a risposta affermativa, nell'ambito di un problema di decisione, la cui risposta

è di tipo binario

I linguaggi formali vengono interpretati e riconosciuti dai modelli formali che generano le stringhe

di linguaggio e di fatto ne sono una definizione.

Ad esempio, in logica matematica, il modello per il linguaggio formale è una attribuzione di

significato alle formule, permette quindi di fornirne una interpretazione.

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La grammatica formale è una struttura che descrive i linguaggi formali in modo preciso servendosi

di un insieme di regole che delineano le stringhe che appartengono ad un alfabeto finito, come

descritto in precedenza.

Le categorie della grammatica formale sono due:

1. grammatica generativa (trasforma le stringhe) che è il genere più conosciuto, che forma un

algoritmo che genera stringhe linguistiche;

2. grammatica analitica (legge la lingua) che è un sistema di regole che presuppone una

stringa arbitraria come input che fornisce come output un risultato di tipo booleano si/no.

La teoria dei linguaggi formali è un ramo matematico che studia i linguaggi formali seguendo

approcci logici, informatici e linguistici.

Le teorie dei linguaggi formali seguono diversi approcci: generativo, riconoscitivo, algebrico,

trasformazionale.

Per concludere ci soffermiamo ora su due strumenti di rappresentazione della conoscenza più

grafici e schematici: gli alberi di decisione e le mappe concettuali.

Un albero di decisione è un grafo di decisioni e delle possibili conseguenze, applicabile in svariati

ambiti, viene utilizzato come supporto alle decisioni e alla creazione di un plan mirato al

raggiungimento di un obiettivo.

La struttura di un albero di decisione parte da un dato iniziale ( detto anche nodo radice) che

rappresenta il problema decisionale da cui partono tutti i rami, le ramificazioni portano a nodi

figlio che sono macro-classi di possibili soluzioni o obiettivi che vengono generati dal nodo.

Normalmente un albero di decisione parte da un dato iniziale che viene suddiviso in due

sottoinsiemi il traning set e il test set; l’albero di decisione viene anche utilizzato per classificare le

istanze di grandi quantità di dati, in questo caso i nodi rappresentano le classificazioni e le

ramificazioni l’insieme delle proprietà che portano alle classificazioni.

È molto utile vista la grande quantità di dati trattati, definire un criterio di halting, o di pruning

(criteri di arresto), per stabilire la profondità: la profondità di un albero infatti non implica che

questo sia un buon modello.

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Esempio di albero di decisione

Le mappe concettuali sono un ulteriore metodo di rappresentazione della conoscenza e delle

informazioni. Teorizzate negli anni ’60 dal Prof. Joseph Novak, sono strumenti grafici per

evidenziare i concetti principali e i rispettivi legami all’interno di un argomento.

Dal punto di vista strutturale, una mappa concettuale è composta da tre tipologie di elementi:

1. nodi concettuali: sagome che descrivono i principali concetti presenti nel dominio di conoscenza della mappa, all’interno delle quali viene riportata una descrizione testuale più o meno sintetica;

2. relazioni associative: archi di collegamento, in alcuni casi orientati, che rappresentano graficamente i legami tra i nodi della mappa;

3. etichette: descrizioni che possono essere introdotte per precisare il significato delle relazioni.

Nel complesso, le mappe concettuali appaiono come reticoli di nodi collegati da archi, che rappresentano significati mediante una combinazione grafico-testuale.

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Stando all’impostazione data da Novak, per costruire una mappa concettuale è necessario prima

individuare i concetti base dell’argomento che si intende affrontare, evitando di formularli

mediante predicati, l’accorgimento principale è di sviluppare la mappa dall’alto verso il basso per

delineare un percorso di lettura. Il passo successivo consiste nella creazione dei legami associativi,

da descrivere con etichette formulate con verbi.

La creazione della mappa naturalmente procede per rifiniture successive, eliminando le eventuali

ridondanze, fino ad un opportuno grado di dettaglio.

È importante sottolineare la diversità tra le mappe concettuali e le mappe mentali, a cui sono

spesso associate, quest’ultime hanno un orientamento creativo, evocativo ed emozionale mentre

le mappe concettuali si occupano di gestire la conoscenza, la formazione e risoluzione dei

problemi.

Per la costruzione delle mappe concettuali sono stati messi a punto alcuni programmi, tra i quali

ricordiamo Compendium e IHMC Cmap TOOLS, quest’ultimo è lo strumento che abbiamo deciso di

utilizzare per sviluppare la mappa generale degli argomenti affrontati nel corso di Gestione della

Conoscenza dell’anno 2012.

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Casi

In quest’ultima fase analizzeremo alcuni casi pratici affrontati a lezione e a seminari tenutisi

all’interno del corso di Gestione della Conoscenza a.a 2011/2012.

Caso Pirelli (2001/2003)

Lo scopo del progetto è lo sviluppo di un sistema di Knowledge Management per supportare

l'esperto nel processo decisionale riguardo la progettazione di mescole per pneumatici di

autocarro.

La raccolta dei dati necessari per lo sviluppo del progetto è stata organizzata in due fasi:

Incontri organizzati con diversi ruoli manageriali in cui sono state illustrate le

caratteristiche dei prodotti Pirelli

Interviste individuali ai ruoli manageriali per approfondire le loro competenze.

I risultati della raccolta hanno messo in evidenza l’esistenza di un manufatto chiamato T-Matrix

che ha lo scopo di organizzare la memoria delle esperienze e della conoscenza.

La T-Matrix permette la traduzione dei differenti linguaggi utilizzati durante la progettazione

(chimico, matematico).

Il T-Matrix ha un ruolo importante per le CoP perchè formalizza un gergo e costituisce il codice

linguistico che definisce una comunità di pratica, aiuta a identificare i confini che definiscono i

rapporti con altre comunità che sono geograficamente separate, inoltre permette di condividere

gli elementi essenziali per la progettazione della mescola.

TP 1

TP 2

TP 3

BF 1 BF 2 BF 3 BF 4

RI 1

RI 2

RI 3

RI 4

Esempio T-Matrix

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Symbols Meaning

Correlation Strong

Good

Weak

No

Proportionality Direct

Inverse

Esempio codifica T-Matrix

Caso Telcordia

Lo scopo di questo lavoro era la progettazione di un supporto tecnologico per l'integrazione di

software, un supporto che possa essere utilizzato da tutti i professionisti e allo stesso tempo

sufficientemente potente per gestire la complessità d’integrazione tra tecnici e non tecnici

coinvolti nel progetto.

L’osservazione ha rilevato che le persone che svolgono ruoli diversi costituiscono una comunità di

pratica implicita quindi il centro d’indagine diventa il linguaggio della CoP.

Il gergo della società riconosce due tipi di componenti che sono chiamati Business Components

(BC) a cui sono associate le funzionalità, e Middleware componenti di servizio (MSC) che

definiscono l’ambiente per i componenti di business e sostengono la loro operazione; i due

componenti sono logicamente correlati.

Oltre le relazioni di dipendenza, i professionisti utilizzano due altre relazioni: la collaborazione alla

progettazione del prodotto e la compatibilità di progettazione.

Le relazioni di progetto sono più problematiche perché possono esprimere esigenze che le

soluzioni precedenti non hanno considerato. Per raggiungere l’obiettivo del lavoro è stato

sviluppato il Comp-Rep: la struttura del Comp-Rep aiuta i professionisti a individuare la nuova

soluzione e a inserirla come esperienza, cioè come un nuovo pezzo di conoscenza di base. Per ogni

coppia di BC, i criteri di ricerca del Comp-Rep sono in grado di costruire un percorso che collega il

MSC richiesto.

I requisiti che non rientrano nelle componenti BD e MSC sono raggruppati nell’Albero delle qualità

che è stato creato ad hoc dai professionisti intervenuti al caso.

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Ciascun elemento del Comp-Rep è associato un albero di qualità i cui valori sono definiti da un

esperto nella produzione. I valori sono espressi in termini qualitativi che utilizzano un insieme

stratificato di convenzioni linguistiche per semplificare i diversi linguaggi professionali. Gli utenti

del Comp-Rep possono selezionare i prodotti in base alle loro caratteristiche di qualità, per mezzo

di un meccanismo “query-by-esempio”. Gli utenti sono presentati con semplici, domande di alto

livello al fine di stabilire i valori qualitativi, ad esempio di propensione al rischio, i software e il

budget previsto. Lo strumento costruisce quindi l'albero che rappresenta la query, e lo invia al

modulo responsabile della selezione del prodotto.

Il modello a componenti, l'Albero di qualità e lo strumento d’integrazione costituiscono un quadro

concettuale e tecnologico che caratterizza l'azienda e supportare la gestione di parti rilevanti della

sua conoscenza di base.

Caso Fontana

Fontana, azienda produttrice di stampi per automobili e prototipi sperimentali, si trovò ad

affrontare il problema del riuso dell’esperienza sviluppata in passato.

In seguito alle indagini effettuate, è emersa l’assenza di un team di progetto definito, la

responsabilità infatti è affidata a una sola persona, con visione totale del progetto, di conseguenza

la comunicazione e la collaborazione tra i progettisti è, per forza di cose, carente.

La strategia d’indagine è consistita in una serie d’interviste non strutturate ad alcuni progettisti

senior con il fine di estrapolare le regole comuni per una buona progettazione, è emerso che la

conoscenza messa in gioco è di tipo procedurale e legata a vincoli riguardanti i problemi tecnici.

Per risolvere il problema del riuso è stato sviluppato una soluzione tecnologica ad hoc, un sistema

CAD con queste caratteristiche:

Viene attivato ad ogni fase del progetto;

Memorizza le informazioni e quindi ricorda i pezzi già progettati;

Consente di lavorare pur non seguendo l’ordine corretto delle fasi (il sistema ricorda che

bisogna completare qualche fase prima di terminare.)

I benefici apportati da questo sistema CAD riguardano soprattutto la formazione dei progettisti

neo assunti e la formazione di aree di interesse comune per questo è aumentata la condivisione di

conoscenza tra i progettisti.

IBM – Social media, cloud e business (seminario tenuta da Elena Sangalli)

Social media Vs. Social Business

Con il termine social media s’intende solitamente il marketing e le public relations; il social

business invece attraversa imprese e modelli di business.

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I reparti aziendali in cui vengono impiegati i social media sono: risorse umane e ricerca&sviluppo

(maggiore rapidità nell'individuare competenze all'interno dell'azienda) e vendita e marketing

(costi inferiori per pubblicità e promozione).

L'avvento dei social media all'interno delle aziende ha portato ad un radicale cambiamento

all'interno di quest'ultime, non solo in termini di riduzione di costi, ma anche di modifica delle

relazioni aziendali e della diffusione delle informazioni e del sapere tra i membri. Per quanto

riguarda i social media i possibili scenari implementativi futuri sono: l’implementazione degli

strumenti già esistenti (blog, wiki, contatti aziendali, file ecc...) e dell'intranet aziendale con una

piattaforma di social sharing & collaboration, in cui il social network rappresenterebbe il fulcro, in

quest’ambito IBM offre Lotus green house.

Il social business può utilizzare degli strumenti non top-down come l’UC² (Unified communitations

and collaboration) in cui la collaborazione tra I membri avviene attraverso un network e non è

gerarchica.

I possibili scenari implementativi futuri sono:

La creazione di un web portal framework, un portale che risponda alle esigenze di

sicurezza e che permetta allo stesso tempo la comunicazione e la personalizzazione. Un

web portal contiene al suo interno, oltre agli strumenti di social networking, anche file,

applicazioni, email contatti ecc.. (Esempio: portale ottica Avanzi con applicazioni

costumizzate in base ai ruoli).

La creazione di un modello di tipo Cloud che consenta di abbattere i costi dell'IT.

In specifico le caratteristiche di un modello Cloud sono:

Nessun impatto sul capex (Capital Expenditure: indicatore del flusso di cassa in uscita

relativa agli investimenti);

Pagamento di un canone annuale;

Implementazione immediata con l'intranet/extranet aziendale;

Gestione centralizzata;

Architettura sicura pensata appositamente per il business;

Riduzione dei costi operativi dell'IT;

Funzionalità erogate come servizi modulari;

Inoltre il Cloud offre tre diverse tipologie:

1. Public cloud in cui service provider rende disponibili al pubblico su Internet le risorse, come

applicazioni e storage;

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2. Dedicated cloud in cui sono utilizzati dei server solo per una determinata azienda;

3. On premises installato e funzionante sui computer dell'azienda;

IBM in quest’ambito ha sviluppato IBM smart cloud che ha le seguenti caratteristiche:

Possibilità di adottare le stesse Policy interne;

Integrazione dell'infrastruttura.

Caso Kana IQ

È una piattaforma 2.0 di social computing, uno strumento che può essere customizzato per gestire

la conoscenza.

Funzionalità di Kana IQ:

Console di gestione

Knoledge editor

Web authoring

Workflow editor

Reportistica

Il software Kana IQ si rivolge a tutti gli utenti della knoledge base, sia agli utenti finali che ai

consulenti. Nel dettaglio Kana IQ permette di memorizzare la conoscenza e le best practice così da

rendere autonomi operatori e clienti nella gestione dei problemi; registra inoltre le sessioni degli

utenti così da supportarli nella navigazione (es. supporto multi linguaggio), permette poi

l’integrazione con i sistemi aziendali già esistenti per profilare i clienti e fornire delle risposte

mirate.

Caso Bi.Ticino

Bi.Ticino è un’azienda leader nel settore elettrico, civile e industriale della domotica. Lo scopo del

progetto è quello di migliorare la comunicazione su tre livelli:

Azienda – rete;

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Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013

Rete – Azienda;

Scambio di esperienza e conoscenza con la rete di vendita.

Sono emersi diversi bisogni collaterali quali:

Armonizzare i diversi software applicativi di supporto all’operatività;

Integrare e ordinare le fonti informative;

Valorizzare le informazioni che arrivano dalla rete di vendita (feedback dei clienti);

Creare un dialogo con i venditori.

Il progetto è sviluppato in due fasi, una di analisi e una di progettazione. Durante la prima fase si

sono raccolte le informazioni attraverso focus group e interviste, i dati raccolti hanno delineato

quattro interventi possibili tra cui è stato scelto di ottimizzare il progetto community aziendale.

Nella fase di progettazione invece ci si è concentrati sulla community caratterizzata da un taglio

tecnico-commerciale e da una grande quantità di informazioni utili per la comunicazione interna

(documentazione tecnica, supporti commerciali, strategie di marketing ecc...).

In questa fase è emersa la presenza di una Comunità di Pratica implicita.

Il gruppo di lavoro si è impegnato a progettare e promuovere un canale di scambio ad hoc

supportato da un ambiente web.

In questo progetto diverse figure hanno ricoperto ruoli fondamentali al fine di sviluppare e

promuovere all'interno dell'azienda il progetto Community:

Il Core Team: progettazione dell'ambiente web;

I Geni (o Esperti): intervengono nella community rispondendo a domande di tipo tecnico;

Stakeholder: figure aziendali che hanno un interesse nella buona riuscita del progetto;

La Redazione: definisce le iniziative utili al lavoro della CoP.

Dal punto i vista dell'implementazione web è stata adottata una piattaforma open source

configurata ad hoc in base ai bisogni della BiTicino.

Il lancio del progetto è passato attraverso un'azione di viral marketing (email, sms, filmati video).

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Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013

Attualmente la gestione del progetto è affidata al gruppo di Redazione, si stima che dalla data di

lancio almeno il 95% degli FTC (funzionari tecnici commerciali) utilizzi in maniera continua la

piattaforma; nel 2007 inoltre è stato lanciato anche un Blog aziendale (uno dei primi in Italia).

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Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013

Bibliografia

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Bandini S., Colombo E., Colombo G., Sartori F., Simone C., The Role of Knowledge Artifacts in Innovation Management: the Case of a Chemical Compound Designer CoP.

Erik Andriessen J.H., Archetypes of Knowledge Communities.

Lesser E. L.Storck J., Communities of practice and organizational performance, IBM Systems Journal, vol 40, no 4, 2001.

Nonaka, Theory of Organizational Knoledge Creation.

Orlandi D., KANA IQ® esperienze di uso di uno strumento di gestione della conoscenza aziendale, presentazione 2012.

Prusak L., Where did knoledge management come from?, Ssitem Journal, Vol. 40 No 4, 2001.

Relazione di progetto: L’esperienza di un’azienda commerciale: BTicino.

Sangalli E., IBM Lotus Techical Sales – Social Media, Cloud e Business, presentazione 2012.

Wenger E., Communities of Practice Learning as a Social System, Systems Thiker, June 1998.

Gli articolo sono stati supportati dagli appunti presi nel corso delle lezioni.

Sitografia

http://en.wikipedia.org/wiki/Knowledge_management

http://talentoincercadiorganizzazione.wordpress.com/tag/karl-wiig/

http://www.aib.it/aib/contr/bottin1.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_di_pratica

http://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenza_tacita

http://www.mi.camcom.it/upload/file/1392/696038/FILENAME/19Cozzi.pdf

http://dove-lane.com/blog/?page_id=224

http://www.ingegraf.es/mesas/COMUNICACIONES%20ACEPTADAS/P20.pdf

http://it.wikipedia.org/wiki/Ontologia_(informatica)

http://www.lemappedelpensiero.it/wordpress/