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mensile di cultura cinematografica E 1,00 2012 numero 1 anno XXXII Addio ad un grande autore del cinema italiano È morto il 28 novembre 2011 in Calabria, dove abitava, il maestro Vittorio De Seta Educare la memoria con il cinema 27 gennaio 2012: giornata mondiale della memoria La chiave di Sara Dal 13 gennaio sugli schermi di Cinemazero Pasolini in India, un ritorno Un ampio omaggio nelle principali città indiane C’eravamo tanto vestiti Alla Reggia di Venaria “150 anni di eleganza” italiana Tonino Guerra. Diario di un poeta In mostra fino al 26/02 le opere del grande uomo di cinema Sempre incerto il futuro delle piccole sale di provincia Un’iniziativa di grande successo sempre sul filo della precarietà Domani accadrà Ovvero se non si va non si vede Gennaio 12 spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo paga- mento resi

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mensile di informazione cinematografica, 2012 - numero 1 - anno XXXII

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Addio ad un grande autore del cinema italianoÈ morto il 28 novembre 2011 in Calabria, dove abitava, il maestro Vittorio De Seta

Educare la memoria con il cinema27 gennaio 2012: giornata mondiale della memoria

La chiave di SaraDal 13 gennaio sugli schermi di Cinemazero

Pasolini in India, un ritornoUn ampio omaggio nelle principali città indiane

C’eravamo tanto vestitiAlla Reggia di Venaria “150 anni di eleganza” italiana

Tonino Guerra. Diario di un poetaIn mostra fino al 26/02 le opere del grande uomo di cinema

Sempre incerto il futuro delle piccole sale di provinciaUn’iniziativa di grande successo sempre sul filo della precarietà

Domani accadràOvvero se non si va non si vede

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spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45%contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo paga-mento resi

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In copertina: Kristin Scott Thomas in una scena del film La chiave di Sarah

cinemazeronotiziemensile di informazione cinematograficaGennaio 2012, n. 01anno XXXII

Direttore Responsabile Andrea CrozzoliComitato di redazione Piero ColussiRiccardo Costantini Sabatino LandiTommaso LessioSilvia MorasMaurizio SolidoroCollaboratori Lorenzo CodelliLuciano De GiustiElisabetta PierettoDirezione, redazione, amministrazioneP.zza della Motta, 233170 Pordenone,Tel. 0434.520404Fax 0434.522603e-mail: [email protected]//www.cinemazero.itProgetto graficoPatrizio A. De Mattio[DM+B&Associati] - PnImpaginazioneTommaso LessioComposizione e FotolitiCinemazero - PnPellicole e Stampa Grafiche Risma - Roveredo in PianoAbbonamenti Italia E. 10,00Estero E. 14,00Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981Questo periodico è iscritto alla

Unione Italiana Stampa Periodica

Addio ad un grande autoredel cinema italiano

Vittorio De Seta era venuto a Sacile nell’ormai lontano 1996, allasesta e ultima edizione di quella breve e gloriosa stagione rappre-sentata da Ambiente-Incontri, festival internazionale su natura eambiente. Un Festival che, con orgoglio, poi “figliò” ispirando lanascita di CinemAmbiente-Environmental Film Festival giuntoora, a Torino, alla 15ma edizione. Dal 1991 al 1996, accolti dal pre-sidente del festival Franco Piavoli, passarono per Sacile: MonicaFlaherty figlia del grande Robert, pioniere e maestro del documen-tario; Marceline Loridan Ivens compagna di Joris, ritenuto uno deipiù grandi documentaristi del XX secolo; Jean Rouch, etnologo,antropologo e regista francese famoso per i suoi fondamentalicontributi all'antropologia visuale; Michelangelo Antonioni e, per l’ul-tima edizione, Vittorio De Seta e Ermanno Olmi. Il grande De Seta, clas-se 1923, era quell’anno presidente di giuria a Sacile e presentò,portandoli con se sotto il braccio, alcuni suoi documentari tra i

quali Lu tempu de li pisci spata (1954), Isole difuoco (1955) e Pescherecci (1959). Tutte copienuove, a 35mm, di una bellezza folgorante. Il suo stile descrittivo, visivamente impeccabi-le e il suo sistema di lavoro autonomo e glo-bale (seguiva la fotografia, il montaggio, lacolonna sonora oltre alla regia) facevano dilui un unicum nel panorama italiano.Nonostante prestigiosi riconoscimenti inItalia e all'estero De Seta era di una rarasemplicità e immediatezza congiunta a unrigore morale e a una coerenza unica nelvariegato mondo del cinema. Del suolavoro diceva: «Lo sguardo neutrale è unamenzogna, specie nel mio lavoro, dovebasta spostare la macchina da presa dipochi centimetri perché tutto cambi». Il suo primo lungometraggio Banditi aOrgosolo (1961), girato con una troupecomposta da tre persone: lui, la moglieVera Gherarducci e Luciano Tovoli, diret-tore della fotografia, è una lucida analisidel fenomeno del banditismo sardo, ed èstato di recente riproposto a New York daMartin Scorsese come omaggio a De Seta.Era ritornato al lungometraggio dopomolto tempo con Lettere dal Sahara(2006) dove affrontava il problema del-l’immigrazione. Eravamo rimasti semprein contatto, dai tempi sacilesi, e lo aspet-tavamo a Pordenone per un incontro conil pubblico sul suo ultimo film. Viveva a Sellia Marina in provincia diCatanzaro e l’aeroporto più vicino perVenezia era quello di Lamezia Terme.Rimase imbottigliato in un mega ingorgoquando la polizia bloccò tutte le strade perun sanguinoso delitto di mafia ai danni diun magistrato. Perse così l’unico aereoper Venezia e tutti noi perdemmo l’occa-sione, unica, di rivederlo, riascoltarlo eriabbracciarlo per l’ultima volta.

È morto il 28 novembre 2011 in Calabria, dove abitava, il maestro Vittorio De SetaA

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Argomenti tragici che hanno coinvolto la storia dell'umanità necessitano anni per sedimen-tare nella coscienza collettiva, come fosse una rimozione dell'anima della società.L'espressione artistica è uno strumento di valutazione privilegiato per la comprensione del-l'inconscio sociale e l'analisi delle modalità di rappresentazione del lutto. I corpi stremati disei milioni di ebrei (in totale i morti dal 1933 al 1945 sono stati circa 11-12 milioni), rastrel-lati nei ghetti europei, condotti nei campi di sterminio i cui nomi ancora oggi portano consé un alito di vento freddo carico di morte, cessano di essere fantasmi negli incubi di chi havissuto quegli avvenimenti e diventano parte della memoria storica impressa sulla celluloi-de solo nel 1993 con l'affresco in bianco e nero dipinto da Steven Spielberg in Schindler'sList. Ma c'è un fondamentale antecedente. Un piccolo omino ebreo, barbiere di professio-ne, dal nome buffo, Adenoid Hynkel, che con un discorso straziante sulla forza dell'amorescuote le coscienze del mondo. E' il 1940 l'omino è Charlie Chaplin e il film è Il grande dit-tatore (1940). Ne segue il buio per oltre venti anni. La storia, si sa, viene scritta da chi vince,così la Seconda Guerra mondiale viene raccontata in pompa magna dal cinema americanocome il trionfo dei valori “made in USA”, come Operazione Eichmann (1961) di R. G.Springsteen. In Italia i primi anni sessanta sono segnati da Kapò (1959) di Gillo Pontecorvo, in cui unagiovane ebrea scampa la morte prostituendosi, e il poco conosciuto La guerra segreta diSuor Katryn (Conspirancy of Hearts, 1960) di Ralph Thomas. Sempre di questi anni è la tra-sposizione cinematografica di uno dei più celebri documenti di testimonianza delle perse-cuzioni contro gli ebrei, Il diario di Anna Frank (1959). A fine degli anni ottanta il temadell'Olocausto ritornò a essere spunto per nuove opere cinematografiche. Nel 1981 lo sviz-zero Markus Imhoof gira La barca è piena - Das Boot ist voll e nel 1987 con ArrivederciRagazzi (Au revoir les enfants) Louis Malle affronta il tema dell'Olocausto in modo autobio-grafico. Jerry Schatzeberg nel 1989 racconta la tragedia degli ebrei in una coproduzionetedesca, L'amico ritrovato (Reunion) tratto dal romanzo di Fred Uhlman. Il 1993 rappresen-ta uno spartiacque dopo il quale affrontare l'Olocausto non è più un tabù insuperabile. InItalia c'è Francesco Rosi che, nel 1997, racconta il ritorno a casa dal Lager con La tregua, trat-to da un romanzo di Primo Levi e soprattutto La vita è bella, in cui Roberto Benigni si per-mette una rispettosa ironia sui lager. Questo film condivide lo spirito comico con Train deVie di Radu Mihaileanu, in cui un paese di ebrei organizza un finto treno di deportati perscampare ai lager nazisti e L'isola in via degli uccelli di Soren Kragh-Jacobsen Ancora ricor-diamo Il servo ungherese di Giorgio Molteni e Concorrenza sleale di Ettore Scola, che avevagià toccato il tema delle leggi razziali fascista in Una giornata particolare.Roman Polansky esorcizza i demoni del suo passato solo nel 2002 con Il pianista (The pia-nist), racconto estremamente autobiografico e sostanzialmente il documento di fiction piùsconvolgente mai realizzato a proposito della Shoa. Nel 2002 arriva Costa-Gravas con Amene Rosenstrasse di Margarethe von Trotta seguito da La rosa bianca di Sophie Scholl e Senzadestino di Lajos Voltai. Il tabù di Hitler è crollato a sua volta con La caduta di OliverHirschbielg, il ritratto degli ultimi giorni del dittatore che ha diviso la Germania e il mondoper il modo “umano” con cui è stato descritto Hitler. Seguono poi Katyn di Andrzej Wajda,

The Reader di Stephen Dal dry,I nazisti a Roma di Mary MirkaMilo, Hotel Meina di CarloLizzani, Il Bambino con il pigia-ma a righe di Mark Herman,Operazione Valchiria di BryanSinger, Defiance di EdwardZwick, Dall'altra parte del maredi Jean Sarto, L'Uomo cheverrà di Giorgio Diritti e Ventodi primavera di RoselyneBosch. In occasione delleGiornata della Memoria sonopreviste una serie di proiezionirivolte alle scuole nei giorni 24,25 e 27 gennaio 2012.

Educare la memoria con il cinema

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27 gennaio 2012: giornata mondiale della memoria

Per il programma completo delle proiezioni dedicate alla scuolaconsultate il box La scuola al cinema nell’ultima pagina

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Il 16 luglio 1942, alle quattro del mattino, ebbe inizio un'operazione di polizia militare cheportò all'arresto di 12.884 ebrei, di cui 4.051 bambini, 5.802 donne e 3.031 uomini. Furonotutti rinchiusi per giorni nel Velodromo d'inverno (Vel' d'Hiv) dove all'orrore delle deporta-zioni si aggiunse l'orrore delle condizioni in cui dovettero cercare di sopravvivere gli inter-nati. Cibo quasi nullo, assenza di toilette, temperature insopportabili dovute al mese diluglio e all'elevatissimo numero di persone in un luogo chiuso (era imposta la chiusura tota-le di porte e finestre). Solo nel 1995, a cinquant'anni dalla fine della guerra, il PresidenteChirac riconobbe la responsabilità della Francia nella Shoah. Tutto questo, e molto altro, èstato raccontato nel libro La chiave di Sarah di Tatiana De Rosnay, edito in Italia daMondadori e successivamente nel bel film eponimo del giovane regista Gilles Paquet-Brenner al quale abbiamo rivolto alcune domande.Come mai una scelta così impegnativa?«Ho letteralmente divorato il libro e l’avvincente storia, che oltre a narrare la retata di Vél'd'Hiv e i campi di concentramento nel Loiret, ha una prospettiva contemporanea. Dopo lascoperta di un segreto, una giornalista americana che vive in Francia capisce meglio la sto-ria del paese di adozione e vede la sua vita piano piano sconvolta da questa scoperta.». Sia il libro che il film esplorano anche le zone d'ombra della storia, come l'atteggiamentodei testimoni e i membri della resistenza dell’epoca che rimasero ai margini...«La maggior parte di loro distolsero lo sguardo, cercando solo di salvarsi la pelle, come iTezac, una famiglia che, in termini assoluti, non aveva fatto nulla di male ma si sentiva anco-ra in colpa, o il Dufaure, che diventarono eroi quasi contro la loro volontà. Ma, aldilà deglischemi, abbiamo i fatti e il loro impatto sulle generazioni future .». Sia il film che il libro hanno avuto in Francia un incredibile quanto meritato successo nelriprendere un avvenimento piuttosto scomodo della storia francese... «Io sono di origine ebraica e gli uomini della mia famiglia sono scomparsi in quel periodo.Mio nonno, un musicista ebreo-tedesco che aveva trascorso la sua vita in Francia, fu denun-ciato dai francesi e morì agli inizi della sua deportazione. Lo ricordo nel film attraverso il per-sonaggio dell’uomo con il violino che ha l'anello con il veleno che gli permette di deciderequando morire. Mia madre mi ha raccontato la sua storia per la prima volta durante la pre-parazione del film. Non c’ero quando mio nonno fu deportato, ma ho visto le conseguenzesu mia madre, le mie sorelle, mia nonna. Ho scoperto solo leggendo il libro che sono i viviche devono imparare a convivere con i morti.» A proposito del libro come è riuscito ad avere i diritti per la riduzione cinematografica? «Prima ancora di terminare la lettura del libro, volevo farne un film. Ho scoperto poi cheTatiana e Serge Joncour, l'autore di UV dal quale ho ricavato un mio precedente film, siconoscevano e apprezzavano. Grazie a Serge abbiamo contattato l'editore e l’autrice. Siamostati i primi a compiere questo passo grazie al fatto che avevo letto d’un fiato il libro appe-na uscito. Abbiamo così battuto sul tempo tutti gli altri, compresi gli americani.»

Con Serge Joncour avete firma-to la sceneggiatura, cosa avetecambiato rispetto al romanzo? «Non abbiamo cambiato molto,al di là del carattere di un perso-naggio. Nel libro, infatti, il fratel-lo minore di Sara va a nascon-dersi nel ripostiglio, mentre lasua famiglia viene arrestata. Nelfilm, è Sara che chiede al fratellodi andare a nascondersi nel ripo-stiglio, cambiando così il suocarattere e il suo senso di colpa.L'altro cambiamento importanteè stato, a differenza del libro,quello di sviluppare sullo scher-mo il personaggio di Sara adulta.

Ma l'adattamento in sceneggiatura non è stato molto difficile, poiché il libro è molto bencostruito. Le uniche vere sfide sono state quelle per gestire il passaggio da un'epoca all'al-

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Dal 13 gennaio sugli schermi di Cinemazero

La chiave di Sara

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tra - dal 1942 ad oggi - e di tenere tutto all’interno delle due ore nonostante 250 pagine dicopione.».È stato difficile trovare il finanziamento per il film ... Ovviamente si! Con la mia filmografia così caotica. L'uscita del film UV è stata un grandegioco. Ed è una strana sensazione fare un film di cui si è orgogliosi e che nel contempo tuttiodiano. Molti hanno subito amato la sceneggiatura di Sara, ma non il fatto che ci fossi io die-tro la macchina da presa. Se son riuscito a curare la regia lo devo solo a Stéphane Marsil, ilmio produttore, che ha mostrato tenacia e fedeltà rara in questo settore. Ha messo tutta lasua credibilità è in gioco. Perché ha scelto Kristin Scott Thomas per il ruolo della giornalista che, nel preparare un arti-colo sulla retata di Vel’ d'Hiv', incrocerà il suo destino con quello di Sara?«Il ruolo di Julia Jarmond l’ha un po' spaventata perché non aveva mai interpretato un per-sonaggio così vicino a lei. Ho incontrato Kristin negli Usa il giorno della vittoria di Obama,andando ad attenderla all’uscita dal teatro. Spinta dal desiderio di recitare in questa storia eprobabilmente presa dall'euforia che regnava a New York, ha detto di sì. Il suo impegno nelfilm è stato decisivo per finanziare il progetto. La sobrietà della sua recitazione e la sua clas-se naturale tengono il film lontano dalla trappola sentimentale.»Come mai la scelta di Niels Arestrup nel ruolo del contadino che raccoglie Sara, dopo la suafuga? «Niels ha la scontrosità, e il fisico pure,della gente che lavora da queste parti laterra. L’apparente freddezza è un contrap-punto interessante per il coraggio e labontà di carattere che emergono inseguito. La partecipazione al film di Niels,insieme a Kristin, da equilibrio al tutto.Solo lavorando con attori come Kristin oNiels si impara cos’è l'umiltà.»In questo film ritroviamo la rappresenta-zione diretta di Vél' d'Hiv. Come l’haiaffrontata?«Ho incontrato tutti i sopravvissuti che mihanno raccontato del caldo soffocante,dei suoni, degli odori, del formicolio deipiedi. Invece di filmare la rappresentazio-ne vera e propria, le loro testimonianzemi hanno convinto a seguire un lato piùcoinvolgente, per rendere questi sensa-zioni quasi in modo impressionistico. Poiho visto, per la prima volta, Mr. Klein. Emi sono reso conto che Losey ha giratonel velodromo di Vincennes JacquesAnquetil, un luogo che conserva la suastruttura come Vél' d'Hiv. Volevo che lospettatore avesse la sensazione del gran-de spazio Vél' d'Hiv, senza dover utilizza-re un’inquadratura complessiva delluogo, perché in questo caso, il punto divista sarebbe stato fuori o in contrastocon il mio desiderio di immersione totale.Tutte le inquadrature di Vél' d'Hiv sonoviste attraverso gli occhi di Sara.Seguendo questi destini diversi, spero diaver fatto un film in cui tutti possono sen-tirsi coinvolti. Un film che ci mostri la storia senza inuti-li prediche o banalizzazioni.»

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Due continenti letterari e geografici che siincontrano: Pier Paolo Pasolini, scrittore poetae regista italiano dalla forte vocazione univer-sale e l'India, paese emergente che negli ultimivent’anni, tra l’ultimo spicchio del ‘900 e i primianni “zero” di questo inizio secolo, ha saputo evoluto, con qualche contraddizione, coniugare tecnologia e tradizione in un mixesplosivo e ancora foriero di sorprendenti novità. Per la prima volta, dunque,l'India, in forma straordinariamente completa, rende omaggio all’intellettuale friu-liano che tanto ad essa era legato e che molto di quel paese ha raccontato, con arti-coli, libri e film, nel corso di poco più di un decennio, dal 1960 al 1973. Una mostrafotografica sul cinema di PPP, due pubblicazioni in lingua inglese (per la primavolta per quel che riguarda molti testi “indiani”), una retrospettiva in video: il tuttoorganizzato in collaborazione con Cinemazero e Lodi Città Film Festival dalloStrategic Research and Analysis Organization di Guwahati, una delle città piùimportanti dello stato nord-orientale dell’Assam, e con un “tour” di meravigliosee storiche città che dalla fine del mese di gennaio alla fine di febbraio prossimiattraversa Calcutta (Koolkata) e la sua gigantesca (proporzionata all’estensione delsuo territorio!) fiera del libro, e ancora in viaggio dalla capitale Dehli alla metropoligià nel futuro, Mumbai. Insomma, una celebrazione del cinema di Pier PaoloPasolini, del suo manifesta versatilità unita ad un talento multiforme e del suolegame profondo - e tuttora laggiù ancora sconosciuto – con l'India, come dettotestimoniato da film e libri. In definitiva, è un rapporto lungo un’intera vita, quellodi Pasolini con il subcontinente indiano, fatto di incontri forti, intensi, reali, maspesso improntato anche a contaminazioni culturali, ancora fecondo a più di tren-tacinque anni dalla tragica scomparsa a percorsi trasversali e a frequentazioni sot-terranee. Basta citare che il più antico ricordo “cinematografico” di Pasolini è tuttod'ispirazione indiana. Come ben ricostruito da Luciano De Giusti nel saggio “Ilmodello del ricordo nel sogno di un'opera” (uscito su Eidos, n.2 giugno 1988 e poiripreso su Cinemazeronotizie), tale memoria risale al 1927, quando il futuro poetae cineasta, a cinque anni di età si reca in sala con la famiglia a Conegliano e rima-ne letteralmente folgorato dalla visione della locandina del film in programma(magari riuscire a scoprire quale esattamente...), che ritrae un malcapitato avven-turiero divorato da una tigre. A distanza di quarant'anni, nel 1967, il ricordo diven-

Un ampio omaggio nelle principali città indiane

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ta spunto di partenza per la realizzazione di Appunti per un film sull'India, uno deicapitoli del vasto, ambizioso e non completamente realizzato progetto degli“Appunti per un film sul terzo mondo”. Alla base degli “Appunti”, vi era il sog-getto intitolato “Storia indiana” (pubblicato per la prima volta da Cinemazero nel1979, nell’ormai leggendario volume curato dallo stesso De Giusti e intitolato “Ilcinema in forma di poesia” che di fatto inaugurava la fortuna critica ad oggi inin-terrotta della filmografia del regista-poeta), in cui l'avventuriero diventa un princi-pe, capace di farsi sbranare pur di dare nutrimento a un'affamata tigre-madre,rimasta senza cibo proprio quando deve dar da mangiare ai suoi tigrotti. In talemodo lo scrittore Pasolini amplia così lo spunto dettato dalla sua memoria per darspazio al Pasolini regista; ed è già forte delle sue esperienze e dell'approfonditaconoscenza culturale che ha potuto fare sul posto: è al giro di boa del 1960 quan-do, in compagnia di Alberto Moravia ed Elsa Morante, il futuro regista di“Accattone” intraprende un intenso viaggio in India. Di quel viaggio il poeta tieneun diario, che con regolarità, come se Pasolini fosse un inviato corrispondente,esce a tutta pagina su “Il Giorno” , in più puntate, seguendo proprio l'evolversi delviaggio umano, sociale e letterario che sta compiendo nel caotico subcontinenteindiano (parallelamente anche Moravia scrive le sue corrispondenze per “IlCorriere della Sera” che vedranno una pub-blicazione sistematica nel 1962 con il volume“Un’idea dell’India”) . Lo stesso anno gli“appunti” pasoliniani diventeranno un librodal titolo ormai celebre: “L'odore dell'India”.Uscito per Longanesi e ora disponibile nellacollana Garzanti Novecento con l'aggiunta dipreziosi inediti, il volume è riconosciuto dasempre quale libro-guida per gli aficionadosdei costumi e del modello culturale che l'Indiadagli anni sessanta ad oggi rappresenta peril mondo occidentali. Un ragionato montag-gio di quegli scritti di viaggio, insieme a unacollazione di testi tratti da altri volumi chetrattano argomenti affini - il terzo del mondoe i paesi in via di sviluppo - usciranno proprioper questa occasione per la prima volta in lin-gua inglese in un volume unico, sorprenden-te e prezioso, che intende restituire all'India,come specchio di allora per guardare megliol'oggi, lo sguardo rovesciato e in prospettivadel nostro grande e mai troppo rimpianto PierPaolo Pasolini, con la speranza nemmenotroppo segreta che la scoperta del suo cinema– come è stato per l'Italia nel 1961, con“Accattone”, suo esordio alla macchina dapresa – sia altrettanto folgorante.

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“Last but not least” dei 150.000 eventi per celebrare i 150 anni dell'unità italiana, la mostra“Moda in Italia. 150 anni di eleganza 1861-2011” si dipana attraverso due piani della restau-rata Reggia di Venaria, la Versailles in miniatura alla periferia di Torino. Frotte di scolareschein jeans e piumotto ridacchianti e spernacchianti vi scoprono come padri, nonni e bisavolisi erano abbigliati. Malgrado le intenzioni dei curatori - tra essi l'eccellente GabriellaPescucci -, dettagliate in un illustratissimo catalogo stile Vogue non a caso edito da CondéNast, si resta un po' allibiti di fronte alla disinvoltura con cui sono accumulati, stretti stret-ti, gomito a gomito, celebri costumi di film sull'800, vere divise e uniformi militari, abitinobiliari, ball gown, cappotti, taffetà di grandi sartorie contemporanee. Senza manco farliindossare a dei manichini, appesi lì, nel vuoto. Con qualche foto appiccicata sulla parete, equalche didascalia, a indicare vagamente i periodi storici che s'intrecciano rapidissima-mente. Ai cinefili fa ribrezzo come la “solita” Claudia Cardinale del Gattopardo e la “solita”Alida Valli di Senso, debbano sostenere in effigie tutto il senso di quel Risorgimento che sivorrebbe esaltare. Scordando che Luchino Visconti aveva inteso invece sovvertire l'elitariavisione - tramandata tuttora nelle aule scolastiche - di quell'era “eroica”. Costumi del genia-le Piero Tosi schiacciati in spazi così ristretti e mal illuminati che il grande Luchino nonavrebbe permesso d'usare neanche come camerini per le comparse. Sgargianti i panciottidi artisti futuristi quali Balla e Depero, peccato che manchi il minimo “montaggio per con-trasto” rispetto al non distante, e tuttora mefitico, orbace fascista. Piuttosto nazionalisticoribattezzare en passant “Pietro Cardin” Monsieur Pierre Cardin, nato sì nel trevigiano mache mai aprì atelier nel nostro Bel Paese, purtroppo. Nelle ultime stanze troppa grazia:Krizia, Prada, Valentino, Capucci, Armani, Missoni, Coveri, Max Mara, Fendi, Ferragamo &Co. si scontrano in duelli di esibizionismo kitsch più che di “eleganza”. Perfettamente spe-culari, nei loro sprechi di tele pregiate e decorazioni iperboliche, agli sdrucimenti e ai buchisul sedere che si sono imposti massicciamente negli ultimi tempi anche tra i divi miliarda-ri. Una sfilata di moda di candidi manichini di plastica con folla composta da manichini,

chiude il percorso; gelidamente auto-celebrando unmestiere avulso dalla realtà, ciò non secondo noi,secondo il tour che abbiamo appena fatto. Ci resta almeno un'immagine emozionante, indelebile,una foto in bianco e nero in un angolo de Le ragazze diPiazza di Spagna (Luciano Emmer, 1952): Lucia Bosè,Cosetta Greco, Liliana Bonfatti, sartine scapigliate chescendono la scalinata della celebre piazza indossandogrembiulini bianchi modestissimi; sublime semplicità,dei costumi, del trio, della messa in scena, di un'Italiache fu.Se tale mostra farà tappa, un giorno, al Victoria &Albert Museum di Londra - ove ricordiamo mirabili“costume exhibitions” - , non abbiamo dubbi che verràrispaziata, rimodulata, storicizzata in ben altro modo. Inquell'occasione sì che condivideremo le parole del piùfugace Ministro dei Beni Culturali del Pianeta: «Questamostra meravigliosa non potrà che destare stupore,ammirazione e interesse, rinnovando anche un senso diforte appartenenza e di orgoglio rispetto alla nostra cul-tura». Giancarlo Galan (23/III/2011-15/XI/2011).

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rteTonino Guerra è stato “Lo Sceneggiatore” del cinema italiano. Ma non solo.

Le sue parole sono diventate fondamento per la riscoperta della poesia dialettaleitaliana, mezzo per interrogarci sulle trasformazioni in atto nella nostra società,strumento per accompagnare lo sguardo di importanti registi nazionali ed inter-nazionali.Dai primi anni cinquanta queste parole sono divenute indimenticate sceneggiatu-re per registi come Vittorio De Sica, i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, FrancescoRosi, Theo Angelopulos, Andrej Tarkowskij, Michelangelo Antonioni, Elio Petri,Federico Fellini.Un percorso di circa centoventi film, tra cui solo per citare due collaborazioni,dodici sceneggiature con Michelangelo Antonioni e quattro con Federico Fellini,tra cui “Amarcord”, premio Oscar nel 1974. Una carriera celebrata quest'anno conil conferimento del premio, da parte dell'Associazione Sceneggiatori Americani,del premio Jean Renoir quale primo sceneggiatore al mondo. La mostra “Tonino Guerra. Diario di un poeta”, in corso fino al 26 febbraio pros-simo presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone“Armando Pizzinato”, vuole essere un'opportunità per conoscere un nuovo aspet-to della poetica di Guerra, nello specifico la sua produzione artistica.Si tratta di un percorso di circa cento opere tra pastelli, dipinti, affreschi, cerami-che, sculture, grafiche e acquarelli, che costituiscono il più vasto progetto esposi-tivo mai ospitato presso uno spazio museale italiano.Non un tradizionale percorso espositivo, bensì un pro-getto che ha cercato di rimanere il più fedele alla poeti-ca e alle indicazioni dirette di Tonino Guerra, che dallasua dimora di Pennabilli, ha partecipato attivamentealla costruzione di questa mostra.Nella galleria viene esposta un'importante selezione diopere non basata su criteri tematici o cronologici, bensìorganizzata su gruppi di opere rapportati a testi trattidalla sua produzione poetica. In tal modo, parole edimmagini dialogano assieme e permettono di eviden-ziare la profonda vicinanza fra esse, e di come essesiano entrambe riflesso della sua straordinaria sensibi-lità.Come lui stesso scrive: “Per un certo periodo della miavita mi sono fatto tenere compagnia dal desiderio di farvedere delle figure, delle cose e sono ricorso ai pastel-li. In seguito mi sono sempre più affezionato a questomio interesse sapendo di non essere Picasso, consa-pevole della mia strada verso la decorazione. I mieiquadri vogliono tenere compagnia, sono come degliappunti, dei racconti, delle poesie, delle storie chepossono rendere più dolci i muri e suggerire dellefavole. Sono tanti piccoli cavalli di Troia per entrarenella memoria di chi guarda.”Durante la mostra, una serie di eventi collaterali per-metteranno di approfondire aspetti della produzio-ne letteraria e cinematografica di Guerra. In particolare, grazie alla preziosa collaborazione diCinemazero, si terranno presso l'auditorium dellaGalleria un ciclo di proiezioni di film sceneggiati daTonino Guerra: giovedì 12 gennaio Amarcord diFellini, giovedì 19 gennaio Nostalghia di Tarkovskij egiovedì 26 gennaio L'eternità e un giorno diAngelopulos. Le proiezioni saranno gratuite e inizie-ranno alle 20.15. Per maggiori informazioni:www.artemodernapordenone.it.

Tonino Guerra. Diario di un poeta

In mostra fino al 26/02 le opere del grande uomo di cinema

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Si avvia alla conclusione la V edizione del progetto CircuitoCinema, la manifesta-zione che ha saputo mettere insieme 9 piccole sale di provincia (Casarsa dellaDelizia, Codroipo, Cormons, Gemona, Maniago, Spilimbergo, San Daniele del Friuli, SanVito al Tagliamento e Zoppola) e che vedrà la sua terza ed ultima tranche di proiezioni acavallo tra gennaio e febbraio 2012. Un gran finale con le pellicole più attese dagli amantidel cinema di qualità come protagoniste. Ad inaugurare il nuovo anno, a partire dal 9 gen-naio a Cormons (GO) sarà Midnight in Paris, evento di apertura dell'ultimo Festival diCannes, dove scopriremo il segreto di Gil, giovane scrittore in vacanza con la fidanzata, cata-pultato nella Parigi degli Anni Venti attraverso una serie d'ironici incontri, spesso surreali,con tante personalità del passato, che lo renderanno protagonista di una commedia irresi-stibile, condita dalla consueta (auto)ironia del regista newyorkese. In contemporanea a per-correre le tappe del CircuitoCinema sarà il poetico Miracolo a Le Havre firmato dal grandeKaurismäki, anch'esso presentato in concorso sulla Croisette. Qui spetterà a Marcel, unattempato e spiritoso lustrascarpe, affrontare la sfida di ripensare la sua vita dopo cheIdrissa, un giovanissimo rifugiato del Gabon, ricercato dalla polizia di frontiera, chiederà ilsuo aiuto per soccorrere la madre ammalata e fare ritorno a casa. Da metà gennaio spazioa George Clooney, nel non facile compito di dirigere sé stesso, candidato alla presidenzadegli Stati Uniti d'America, in Le idi di marzo, dove il suo giovane responsabile della comu-nicazione sperimenterà bassezze, menzogne e trucchi della politica nella lunga corsa alla pol-trona più importante del mondo. In chiusura non uno, ma ben due appuntamenti da nonmancare. Il primo quello con l'intenso La chiave di Sara dove un doloroso episodio delrastrellamento nazista del Vel d'Hiv a Parigi nel 1942 si trasforma in un mistero familiare con-temporaneo e, infine, la rivelazione della stagione, The Artist, omaggio all'epoca dei “silen-ti” (cinematograficamente parlando) anni Venti, che sa appassionare e divertire per la suaoriginalità e creatività. Tra le tante proposte c'è però anche spazio per qualche riflessionegenerale e per un primo bilancio di una manifestazione, CircuitoCinema che con il nuovoanno festeggia il suo primo lustro tra soddisfazione per i risultati raggiunti e preoccupazio-ne per la costante condizione di precarietà in cui si trova costretta ad operare. Accanto alpositivo riscontro di pubblico, che incoraggia a proseguire in questa esperienza, il progettoCircuitoCinema registra, purtroppo, il persistere di una costante difficoltà nel pianificare leattività a lungo termine. Difficoltà dovuta soprattutto all'incertezza del sostegno pubblicoregionale. Nonostante la cifra non sia particolarmente elevata (si parla di 30mila euro - dasuddividere tra tutte le piazze coinvolte - pari circa alla metà dell'intero budget della manife-stazione) CircuitoCinema non è, infatti, ancora riuscito ad ottenere continuità nel finanzia-mento e questo costituisce oggettivamente un grave handicap, sia perché impedisce unaqualsiasi forma di programmazione di attività pluriennali ma anche, in prospettiva, impedi-sce il coinvolgimento di nuove realtà alle quali CircuitoCinema è costretto a chiedere un'a-desione “alla cieca”, senza potergli prospettare se la loro partecipazione sarà o meno soste-nuta dall'intervento pubblico, il che, per cinema delle dimensioni periferiche, non è unavariabile di poco conto. Tutti i cinema che ora fanno parte del CircuitoCinema sono, infatti,delle strutture monosala, spesso adibite a molteplici attività, e la cui gestione è messa ognigiorno a serio rischio dalla aggressiva proliferazione dei multiplex e da condizioni di merca-to che ne rendono sempre più difficile la sostenibilità. La loro messa in rete in unCircuitoCinema rappresenta, quindi, una risposta all'esigenza di fare massa critica e di otti-mizzare le gestione delle risorse in chiave economica ma anche la riscoperta di un patrimo-nio sociale e culturale determinato dalla rivalorizzazione di questi luoghi come centri diaggregazione per le comunità all'interno delle quali si trovano.

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Sempre incerto il futuro delle piccole sale di provincia

Un’iniziativa di grande successo sempre sul filo della precarietàG

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LA MUSICA DI TEHO TEARDOPordenone, Teatro Comunale Giuseppe Verdi, 10 Gennaio 2012Nel concerto saranno presentati brani tratti dalle colonne sonore di Teho Teardo edeseguiti dallo stesso compositore alla chitarra ed elettronica, Martina Bertoni al vio-loncello ed Alexander Balanescu al violino. Brani tratti da film che hanno goduto diun grande successo, basti pensare a Il Divo di Paolo Sorrentino o La Ragazza DelLago ed il recentissimo Il Gioiellino di Andrea Molaioli che indagava lo scandaloParmalat. Teardo e Balanescu avvicinano i loro percorsi per ristabilire nuovi equili-bri tra contemporaneità e tradizione classica.La chitarra e l’elettronica di Teardo ed il violino di Balanescu si interrogano sul pro-prio passato nella ricerca di nuove relazioni tra tradizione e sonorità contempora-nee, ridefinendone i confini.Con l’utilizzo dell’elettronica e dell’improvvisazione cercano un nuovo equilibrioche rimetta in discussione le reciproche esperienze musicali fino a scoprire unnuovo dialogo tra mondi apparentemente lontani ma che si sovrappongono, annul-lando i significati del tempo che li ha custoditi.Teardo e Balanescu hanno affinità anche nel loro rapporto con il cinema. Il primosta aprendo al cinema italiano le nuove possibilità di una scrittura che attraversaelettronica, minimalismo e musica da camera. Il secondo ha fissato nella storia delgrande schermo alcune delle più belle partiture di Michael Nyman.Il punto di incontro è nel suono, nella possibilità di trasformare il suono in scrittu-ra e quindi in visione. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it

TRIESTE FILM FESTIVALTrieste, dal 19 al 25 gennaio 2012L’associazione Alpe Adria Cinema è stata fondata con il preciso scopo di promuo-vere e amplificare tutte le iniziative nei campi del cinema, della sperimentazione edell’audiovisivo, contribuendo di fatto alla crescita culturale e alla ricerca nei paesidell’Europa centro orientale, l’Asia centrale e i paesi del Mediterraneo. Nei suoi 23

anni di attività l’associazione Alpe AdriaCinema e il suo progetto più importante,il Trieste Film Festival, si sono sempredistinti per l’originalità delle loro iniziati-ve. Il festival ha analizzato e portato visi-bilità a film e registi che erano statidimenticati per molti anni. Il Trieste FilmFestival ha acquisito sempre maggiore

rilevanza a livello nazionale e internazionale, divenendo un punto di riferimentounico nel suo genere, soprattutto per quanto riguarda le cinematografie dell’Europacentro orientale. A livello nazionale il festival ricopre un ruolo fondamentale, essen-do l’unico festival ad aver seguito la produzione cinematografica di questi paesi conscrupolosa attenzione.Accanto alle selezioni ufficiali e i programmi collaterali, a partire dal 2010 il festivalorganizza i meeting internazionali di co-produzione When East Meets West, checoinvolgono più di 120 professionisti del cinema provenienti da tutta Europa. Info: /www.triestefilmfestival.it

INCONTRI CON IL CINEMA DI TONINO GUERRAPordenone, auditorium galleria PARCO, 12-19-26 gennaio 2012In occasione della mostra “Tonino Guerra.Diario di un poeta” che si terrà fino al 26 feb-braio presso la Galleria d’arte moderna econtemporanea di Pordenone “A.Pizzinato”(PARCO) verranno proiettati, in col-laborazione con Cinemazero, tre indiscussicapolavori della storia del cinema di cuiTonino Guerra è stato sceneggiatore. Il calen-dario delle proiezioni è il seguente: giovedì12 gennaiosi potrà ammirare Amarcord(1973) di Federico Fellini, il 19 gennaioNostalghia (1983) di Andrei Tarkovskij edinfine il 26 gennai0 L'eternità è un giorno(1998) di Théo Angelopulos. Le proiezioni inizieranno alle ore 20.15 presso l’audi-torium della galleria e l’ingresso è libero. Info: www.artemodernapordenone.it

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i film

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Con Gary Oldman, ColinFirth, Tom Hardy, BenedictCumberbatch, Jared Harris. Titolo originale Tinker TailorSoldier Spy. Spionaggio,durata 127 min. - GranBretagna, Francia, Germania2011.

PRIMA VOLTA ASSIEME PER CLINT EASTWOOD E LEONARDO DICAPRIO

J. EDGAR DI CLINT EASTWOODIl prossimo film di Clint Eastwood sarà ancora una volta asfondo biografico su un personaggio realmente esistito nellastoria americana: il funzionario politico Edgar J. Hoover acapo dell'FBI per quasi cinquant'anni. Ad interpretare questafigura che ha visto passare ben otto diversi presidenti ameri-cani, sarà Leonardo DiCaprio. Hoover è il titolare di alcuneinnovazioni molto apprezzate all'interno dell'accademia nazio-nale per l'addestramento degli agenti come l'archivio delleimpronte digitali e l'introduzione dei laboratori scientifici. Siritrova a metà anni Venti in piena epoca di gangster e a lui sideve la cattura di John Dillinger chiamato il “nemico pubbliconumero uno”. In piena epoca maccartista fonda il CounterIntelligence Program attraverso il quale riesce a tenere sottocontrollo l'attività di gruppi di estremisti come le PantereNere, il Partito Comunista degli Stati Uniti d'America, il Partitodei Lavoratori Socialisti, il Ku Klux Klan e il Movimento degliIndiani d'America. Le indagini di Hoover sono molto detta-gliate e mirano a raccogliere informazioni anche su celebritàriguardo i loro interessi, le attività lavorative e il loro orienta-mento sessuale. Hoover per primo dà di che pensare alle forzedell'ordine a causa delle voci che lo attorniano sulle sue pre-dilezioni per i travestimenti. Tutto questo mentre gli Stati Unitiaffrontano situazioni delicate dove Hoover riesce a mettere ilnaso, dalla guerra in Vietnam agli assassinii politici di MartinLuther King e Kennedy.

UN'IDEA PICCANTE PER UNA COMMEDIA CHE DIVERTE

HYSTERIADI TANYA WEXLERLondra 1880. Il giovane Mortimer Granville è un dottore chelotta per far passare le nuove scoperte scientifiche negliambulatori e negli ospedali gestiti da vecchi medici fedeli aconvinzioni errate ed obsolete. In cerca di un nuovo impiegodopo l’ennesimo licenziamento, lo trova presso il dottorDalrymple, specializzato nella cura “manuale” dell’isteria cheaffligge buona parte delle signore di Londra e si manifestavariamente con tristezza, irritabilità, pianto frequente o incon-tenibile rabbia. Innamorato della seconda figlia di Dalrymple,Emily, e osteggiato dalla primogenita Charlotte, che lo vor-rebbe dedito a malattie più serie, Mortimer si ritroverà lette-ralmente fra le mani l’idea del secolo, durante una visita al suoamico e benefattore Edmund, un appassionato di congegnielettrici.La commedia di Tanya Wexler romanza non poco l’invenzionedel vibratore ad opera del signor Joseph Mortimer Granville(il quale lo aveva pensato, in realtà, come strumento per lacura dei muscoli indolenziti in fisiatria e non ci teneva affattoa legare il proprio nome a questo secondo uso) puntandotutto sulla straordinaria coincidenza per cui avvenne nella piùpuritana delle società, quella della classe agiatanell’Inghilterra della regina Vittoria.

UN FILM ROMANTICO, CARICO E DELICATO ALLO STESSO TEMPO

LA TALPA DI TOMAS ALFREDSONLondra, 1973. Control, il capo del servizio segreto inglese, ècostretto alle dimissioni in seguito all’insuccesso di una mis-sione segreta in Ungheria, durante la quale ha perso la coper-tura e la vita l’agente speciale Prideaux. Con Control se ne vaa casa anche il fido George Smiley, salvo poi venir convocatodal sottogretario governativo e riassunto in segreto. Il suocompito sarà scoprire l’identità di una talpa filosovietica, cheagisce da anni all’interno del ristretto numero degli agenti delCircus: quattro uomini che Control ha soprannominato loStagnaio, il Sarto, il Soldato e il Povero.

Con Leonardo DiCaprio,Armie Hammer, NaomiWatts, Judi Dench, EdWestwick. Biografico, durata 137 min. -USA 2012.

Con Maggie Gyllenhaal,Hugh Dancy, Jonathan Pryce,Rupert Everett, AshleyJensen. Titolo originale Hysteria.Commedia rosa, durata 100min. - Gran Bretagna,Francia, Germania 2011

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i film

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John Le Carré, prima di diventare uno dei massimi esponentidella letteratura di spionaggio, è stato dipendente del MI6 e haeffettivamente visto la propria carriera interrompersi a causadi un agente doppiogiochista al soldo del KGB. Di questa tra-sposizione per il grande schermo Le Carrè stesso ha dichiara-to: “sono orgoglioso di aver consegnato ad Alfredson il miomateriale, ma ciò che ne ha realizzato è meravigliosamentesuo”, e non potrebbe esserci verità più lampante e gradita.

UNA COMMEDIA AL FEMMINILE CONTRO L'INTEGRALISMO

ET MAINTENANT, ON VA OÙ? DI NADINE LABAKIIn un paese in una zona montuosa del Medioriente la piccolocomunità è divisa tra musulmani e cattolici. Se gli uomini sonospesso pronti alla rissa tra opposte fazioni le donne, tra cuispiccano le figure di Amale, Takla, Yvonne, Afaf e Saydeh sonoinvece solidali nel cercare di distogliere mariti e figli dal desi-derio di trasformare i pregiudizi in violenza. Non tralascianoalcun mezzo in questa loro missione, ivi compreso far piange-re sangue a una statua della Madonna o far arrivare in paesedelle ballerine da avanspettacolo dell'Europa dell'Est affinché imaschi siano attratti da loro più che dal ricorso alle armi. Siarriva però, nonostante tutto, a un punto di tensione tale in cuiogni tentativo di pacificazione sembra ormai inutile.Dopo averci deliziato con una beirutiana depilazione al profu-mo di caramello, Nadine Labaki lascia la città per tornare adaffrontare con stile diverso ma con intatta (se non addiritturamaggiore) efficacia il tema che sembra maggiormente starle acuore: la convivenza tra esseri umani che professano una reli-giosità diversa. In questo film, che si apre con una coreografiacimiteriale di grande effetto, Labaki svaria dalla commedia aldramma non negandosi neppure sprazzi di musical.

UN PUNTO DI VISTA POLITICO SUL MONDO SPORTIVO

L'ARTE DI VINCERE DI BENNETT MILLERGli Oakland Athletics sono una buona squadra di baseball cheperò non può competere con i budget stratosferici di squadrecome ad esempio i New York Yankees. Quando al termine diuna buona stagione il general manager Billy Beane si vedeportar via i suoi tre migliori giocatori, la loro sostituzionediventa impossibile, soprattutto con i pochissimi soldi adisposizione. A questo punto però Beane incontra PeterBrand, giovane laureato in economia che gli dimostra come sipossa costruire una squadra vincente basandosi sulle statisti-che invece che sui nomi altisonanti. Beane abbraccia la filoso-fia del ragazzo e rifonda la squadra con nomi sconosciuti oapparenti scarti, lasciando basiti tutti i collaboratori degliOakland Athletics, compreso l'allenatore Art Howe. All'iniziole cose non sembrano funzionare, ma pian piano il "sistema"messo in piedi da Beane Brand comincia a dare frutti inspera-ti… L'idea giusta nell'uomo sbagliato. Così potremmo sintetizzarel'idea portante de L'arte di vincere, seconda regia di BennettMiller presentata al Toronto Film Festival. Questa è la bellezzaintrinseca del personaggio principale, Billy Beane, interpreta-to alla perfezione da Brad Pitt: un uomo che è stato sconfittocome giocatore dal sistema vigente nel mondo del baseball eche da dirigente tenta con ogni mezzo di cambiarlo quando nevede la reale opportunità. Una figura tutt'altro che eroica quel-la tratteggiata dalla penna di Steven Zaillian e Aaron Sorkin eper questo molto interessante: Beane è ossessionato dal suolavoro, anche nel successo continua inconsciamente a sentir-si uno “sconfitto” – non guarda mai le partite allo stadio,sente dentro di sé di non portare fortuna alla squadra – e lospirito di rivalsa che lo attanaglia non è ben chiaro neppure alui. La star, colonna portante del film, gli regala carisma eanche una certa dose di ambigua rabbia repressa, che adesempio viene sfogata dal costante assaggiare ogni cosa chegli capita a tiro.

Con Claude Msawbaa, LaylaHakim, Nadine Labaki,Yvonne Maalouf, AntoinetteNoufaily. Drammatico, durata 110 min.- Francia, Libano, Egitto, Italia2011

Con Brad Pitt, Jonah Hill,Robin Wright Penn, PhilipSeymour Hoffman, ChrisPratt. Titolo originale Moneyball.Drammatico, durata 126 min.- USA 2011.

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BISIO E SIANI SI SPOSTANO AL NORD

BENVENUTI AL NORDDI LUCA MINIEROTexas, primi anni '50... Il vero American psycho non è uno yup-pie dei rampanti anni Ottanta che abita in un attico dell'UpperEast Side, ma uno sceriffo che amministra la legge nel profon-do Texas dei prosperosi Fifties. Come Patrick Bateman, LouFord è una scheggia impazzita nella voluttà dei suoi tempi, chereagisce alla noia e alla frustrazione con la violenza più estre-ma e le più turpi perversioni. La somiglianza tra i due terminaqui, perché se il romanzo di Bret Easton Ellis tende a dare unavisione mostruosa ed esasperata della superficialità e delvacuo narcisismo dei nuovi ricchi, nel racconto originale “TheKiller Inside Me” scritto da Jim Thompson nel 1952 (quindiantecedente di ben quarant'anni il romanzo di Easton Ellis)non c'è alcuna traccia di possibile speculazione pseudo-socio-logica. È puro pulp. Come puramente pulp è anche la trasposi-zione di Michael Winterbottom, che, dopo essere divenuto unodei registi più quotati nei festival internazionali con un cinemadi denuncia sociale, fatto di una cruda ricerca del realismo,nella sua prima incursione americana mette da parte ogni pre-supposto ideologico e si concentra realmente sulla “polpa”,sulla matericità della sua matrice letteraria. Dal reale al iper-reale, il regista britannico si conferma un metteur en scèneeclettico, ma anche cinico e talentuoso quanto basta per dareal suo film la patina vivida e i colori saturi della grafica deiFifties. Il suo approccio alla sorgente letteraria è talmente filo-logico, che il suo film diviene una perfetta sintesi per immagi-ni del romanzo di Jim Thompson, con tanto di titoli di testafumettistici e colonna sonora a base di pezzi country-jazz. Siimmerge talmente tanto nella mente contorta del suo protago-nista, da costruire scene di violenza spietata e dirompente,tanto più insostenibili perché perpetrate sul corpo perfetto diJessica Alba e su quello morbido e dolce di Kate Hudson. TheKiller Inside Me non si propone né come un nuovo capitolo delpulp citazionista e “tarantinato”, né come una cavalcata nelneo-noir colto dei Coen. Winterbottom costruisce un universoletterario dove conta solo il piacere del racconto, e dove la vio-lenza, non più finalizzata ad un progetto di ricerca sulle iniquitàsociali o le violazioni dei diritti umani, viene utilizzata, piacciao non piaccia, come forma e contenuto della cultura popolare.E la sua personale “operazione Grindhouse” affascina, turba ecoinvolge come solo i grandi racconti sanno fare.

UN AMORE NATO DAL CIOCCOLATO

EMOTIVI ANONIMI DI JEAN-PIERRE AMÉRISJean-René (Benoit Poelvoorde - Coco avant Chanel, Niente dadichiarare?) è proprietario e direttore di una fabbrica di ciocco-lato, mentre Angelique, sua dipendente, (Isabelle Carré - Lavolpe e la bambina, Il rifugio) è un'esperta cioccolataia, soprat-tutto nella preparazione di golose praline di cacao. Entrambisono persone timide e soffrono di fobie sociali, tanto da nonriuscire quasi a proferir parola, nonostante amici e colleghi pro-vino a spronarli a vincere le loro insicurezze. Si innamoranol'uno dell'altro, ma dovranno trovare il coraggio di dichiararsireciprocamente i loro sentimenti e superare la mancanza difiducia nel mondo che li circonda. La pellicola di Jean-PierreAméris, acclamata al Tribeca Film Festival, ha riscosso un gran-de successo in Francia con 9 milioni euro d'incassi al botteghi-no ed è riuscito nell'impresa di mettere d’accordo pubblico ecritica. Il film si concentra molto sulle patologie sociali, raccon-tate dal regista con una certa dose di umorismo proprio perchélo ha vissuto in prima persona: "da sempre sono un timidosenza speranze, quando la riservatezza ha iniziato a limitareseriamente le mie scelte di vita, mi sono rivolto ai gruppi diaiuto degli Emotivi Anonimi, che adottano lo stesso approcciousato per curare anche altre dipendenze e fobie".

Con Claudio Bisio,Alessandro Siani, AngelaFinocchiaro, ValentinaLodovini, Nando Paone. Commedia, - Italia 2012

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Con Benoît Poelvoorde,Isabelle Carré, LorellaCravotta, Lise Lamétrie,Swann Arlaud. Titolo originale Les émotifsanonymes. Commedia, dura-ta 80 min. - Francia, Belgio2010.

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“LE PARODIE”

Totò e Cleopatraregia di Fernando Cerchio, 1963, 95 min.

Venerdì 27 gennaio 2012 - ore 21.00Mediateca Pordenone di Cinemazero Piazza della Motta, Pordenone

con il patrocinio del Comune di Pordenone INGRESSO LIBERO

FANS CLUBPORDENONE

TOTÒ

LA SCUOLA AL CINEMAprenotazione obbligatoria allo 0434.520945 (Mediateca)

LA SCUOLA AL CINEMA: SPECIALE GIORNATA DELLA MEMORIALE PROIEZIONI VERRANNO INTRODOTTE DA UN FORMATORE DI CINEMAZERO; AD OGNI DOCENTE VERRÀ

FORNITO MATERIALE DIDATTICO DI APPROFONDIMENTO. L’INGRESSO PER GLI STUDENTI È DI 4,00 EURO.PER ACCEDERE ALLE PROIEZIONI È INDISPENSABILE PRENOTARE TELEFONANDO ALLO 0434/520945.

LA CHIAVE DI SARA un film di Gilles Parquet-Brenner, Francia 2010 (111’)

Martedì 24 gennaio 2012, ore 09.00 e ore 11.00 Cinemazero, PordenoneVenerdì 27 gennaio 2012, ore 09.00 e ore 11.00 Cinemazero, Pordenone

Julia Jarmond, giornalista americana che vive in Francia da 20 anni, indaga sul doloroso episodiodel rastrellamento nazista del Vel d'Hiv a Parigi. Il soggetto di un possibile articolo giornalisticodiventa per Julia qualcosa di più personale, fino a svelare un mistero familiare.

Documentare la Memoria:

LA STRADA DI LEVI un film di Davide Ferrario, Italia 2005 (92’)Mercoledì 25 gennaio 2012, ore 09.00 Aula Magna Cinemazero, Pordenone

Dopo la liberazione dal campo di sterminio di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, Primo Levi intrapreseun lungo viaggio attraverso l’Europa per tornare a casa, in Italia. Davide Ferrario e Marco Belpolitiripercorrono quei seimila chilometri che separavano Levi da Torino, confrontando l’Europa descrit-ta nelle sue pagine con quella contemporanea. Una strada lunga dieci mesi, formalizzata ne "LaTregua", uno dei suoi romanzi più celebri sulla Shoah, sulla sopravvivenza e sul ritorno, seguito di "Se questo è unuomo".

La donna nella Memoria:

LA ROSA BIANCA un film di Marc Rothemund, Germania 2005 (117’)Mercoledì 25 gennaio 2012, ore 11.00 Aula Magna Cinemazero, Pordenone

Il 17 febbraio del 1943, quando il governo tedesco dichiarò caduta e perduta Stalingrado, un grup-po di studenti dell’università di Monaco si convinse che la fine della guerra fosse ormai prossima.I tempi e il popolo tedesco erano maturi per il loro sesto volantino rivoluzionario. Furono i fratelliScholl, Hans e Sophie, a offrirsi volontari e a immolarsi, ignari, per la causa. Quella mattina di feb-braio centinaia di volantini di denuncia contro i crimini nazisti vennero disseminati lungo i corridoi degli atenei.Un gesto azzardato che divenne il loro punto di non ritorno: sorpresi da un sorvegliante, furono interrogati dallaGestapo, processati dalla Corte Popolare di Giustizia e condannati alla ghigliottina in soli cinque giorni.