Gen. S.A. Carmine Pollice Gli ostacoli a un vero regime di ...

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8 Gli ostacoli a un vero regime di scambio Gen. S.A. Carmine Pollice COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Intervento del 6/12/06 presso lo Hudson Institute di Washington

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Gli ostacoli a un vero regimedi scambio

Gen. S.A. Carmine Pollice

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Intervento del 6/12/06 presso lo Hudson Institute di Washington

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Immaginiamo un futuro, spero non lontano, in cuiil mercato della difesa transatlantico sia completa-mente aperto e anche sul continente europeo, gra-

zie al perfezionamento del processo di integrazione, siafinalmente consolidata una politica di difesa comune,di cui facciano parte Forze Armate pienamente intero-perabili e un procurement integrato, per lo meno perquanto riguarda i grandi sistemi.

Proviamo a pensare che un’impresa americana sitrovi a competere in una gara europea, o che possavendere liberamente a un main contractor europeo unapparato destinato ad essere integrato in un sistemad’arma europeo, e ipotizziamo che questo possa avve-nire anche nella direzione contraria sulla base di unaqualche “General Licence”, valida per molti anni, rila-sciata ad imprese europee che sono considerate affida-bili dai rispettivi governi.

Proviamo, infine, a pensare che la mutua fiducia frale due sponde dell’Atlantico sia tale per cui ciascunPaese si fida delle capacità di giudizio e del senso diresponsabilità degli altri e, grazie anche alle garanzieofferte da un sistema comune di informazioni, noninterferisce con la loro politica esportativa. Qualisarebbero le conseguenze di quello che oggi, a molti dinoi, sembra solamente un sogno ad occhi aperti?

Sul piano industriale le imprese ne trarrebbero unenorme beneficio. Potrebbero concentrarsi e raziona-lizzarsi, collaborare o competere con un elevato gradodi libertà e, di conseguenza, diventare più efficienti edoffrire prodotti più competitivi.

Sul piano degli utilizzatori, ovvero delle ForzeArmate, si sarebbe molto più vicini all’effettiva affer-mazione del principio “best value for money”. Le mag-giori economie di scala contribuirebbero a ridurre icosti, mentre la scelta dei prodotti migliori porterebbead una maggiore comunalità degli equipaggiamentifra le diverse Forze Armate, aumentandone le capacitàoperative. Sul piano del procurement si potrebberosemplificare le procedure, ridurre i tempi di acquisi-zione e concentrare di più l’attenzione sui risultati,oltre che sul monitoraggio del sistema industriale edello sviluppo tecnologico militare e civile; dalmomento che il mio attuale incarico mi vede operareproprio in questo settore, credo di poter affermare chesaremmo senz’altro in condizione di lavorare meglio,sia per il nostro cliente – le Forze Armate – che perl’Industria.

Verrebbero infatti superate le attuali, lunghe e defa-tiganti procedure per definire gli impegni delle impre-se nei campi della localizzazione degli investimenti odel coinvolgimento di partner italiani, ma, soprattutto,

verrebbe semplificata l’impegnativa attività oggi neces-saria per consentire i trasferimenti tecnologici prima edurante l’esecuzione dei contratti. Si eviterebbe, inaltri termini, una parte di quegli “interventi artificiali”sul mercato che sono considerati da molti una dellecause primarie dell’odierna, scarsa efficienza.

Se però smettiamo di sognare e torniamo coi piediper terra, ci accorgiamo di quanto siamo ancora lonta-ni da questa situazione. E allora, non resta che rim-boccarci le maniche e lavorare per cambiare le cose:anche perché quelle appena descritte sono tutte oppor-tunità che Stati Uniti ed Europa stanno perdendo, afronte dell’obiettivo di rafforzare su base transatlanticala loro collaborazione.

Il processo di integrazione europeo

Prendiamo ad esempio il processo d’integrazioneeuropeo. Tale processo ha portato e sta portando a unforte aumento dei programmi di collaborazione inter-governativa, sia di ricerca e sviluppo sia di produzione,e alla nascita delle Transnational Defence Companies(TDCs), società europee al cui interno la componen-te di identità “nazionale” si sta fortemente riducendo.Tutto ciò spinge anche i Governi a rafforzare la lorocollaborazione nel campo del procurement, della ricer-ca, delle regole del mercato e dell’export, grazie ancheall’azione di accordi ed organizzazioni quali la LOI,l’OCCAR e l’EDA.

Di fronte a questo fenomeno l’atteggiamento ame-ricano non è sempre lineare, ed appare comunqueconservativo.

Da una parte l’assunzione di maggiori responsabi-lità europee nel mantenimento della pace e nella con-divisione dei relativi costi è vista in maniera positiva,dall’altra le preoccupazioni connesse alla competizioneglobale proiettano un’ombra negativa che, di fatto,congela molte delle possibili iniziative di collaborazio-ne tra le due sponde dell’Atlantico. A tal proposito misembra il caso di ricordare che spesso, dietro alla fac-ciata di preoccupazioni del tutto legittime, si nascon-dano specifici interessi industriali.

La prima e più difficile attitudine da cambiare è lamentalità di molti responsabili delle amministrazionicoinvolte e delle stesse imprese. Il cambiamento, cometutti ben sappiamo, è sempre difficile, perché imponedi rompere con le vecchie abitudini al fine di adeguar-si a nuove regole e procedure, ma soprattutto perchésostanzialmente, cambiare significa rischiare. A mioavviso è comunque imperativo abbandonare le vecchieposizioni, ricercando punti di equilibrio in un’ottica

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dinamica anziché statica. I mutamenti intervenutinello scenario strategico impongono un adeguamentodi tutti gli aspetti connessi con la sicurezza e la difesa,anche nel campo del procurement dove invece il temposembra ancora fermo alla contrapposizione est-ovest.Se vogliamo salvaguardare l’essenza strategica dell’Al-leanza transatlantica dobbiamo introdurre nel sistemasoluzioni pragmatiche, basate su un più bilanciato edequo rapporto di responsabilità e doveri tra Paesi euro-pei e gli Stati Uniti.

Trasferimenti e national disclosure policy

Per quanto riguarda il controllo sui trasferimentitecnologici, teoricamente il miglior controllo consiste-rebbe nel non consentire alcun trasferimento! Questocomporterebbe tuttavia un duplice rischio: quello dispingere i paesi europei a sviluppare una loro tecnolo-gia – o, in alternativa, ad approvvigionarsi altrove nelmondo – e quello di minare la collaborazione transa-tlantica, favorendo la nascita di una “Fortress Europe”contrapposta a quella americana. Se queste sono lealternative, è opportuno che le autorità americane tro-vino un punto di equilibrio fra le loro giuste preoccu-pazioni di non favorire un uso incontrollato della tec-nologia militare e quella che dovrebbe essere un’altret-tanto giusta preoccupazione, vale a dire salvaguardarela collaborazione transatlantica che per quarant’anniha rappresentato la base della pace e della stabilitàinternazionale.

L’Italia si rende pienamente conto delle ragioni chestanno alla base della National Disclosure Policy (NDP)praticata dall’Amministrazione USA e dei processi adessa collegati, ma in base alla nostra esperienza vi è lasensazione che, almeno in alcuni casi, si faccia ricorsoall’NDP per evitare una partecipazione internazionale

in determinate aree che gli USA ritengono di impor-tanza strategica. La convinzione che abbiamo da que-sto lato dell’Atlantico è che, al contrario, queste stessearee siano di importanza strategica anche per i Paesialleati. È chiaro e comprensibile che, dal momento chegli Stati Uniti hanno investito miliardi di dollari nellosviluppo di tecnologie di punta in determinare aree diimportanza critica, può esistere una “ritrosia” a diffon-dere i risultati, per tutta una serie di ragioni di caratte-re strategico e legate a considerazioni di sicurezzanazionale e salvaguardia della proprietà intellettuale edel ritorno economico e commerciale. Nonostantequesto, un Paese alleato quale l’Italia si aspetta unadimostrazione di maggiore apertura mentale, soprat-tutto se si considera che tutte le necessarie misure disicurezza sono state attivate e sono in vigore e che ilnostro Paese sta già contribuendo finanziariamente adalcuni programmi, ed è disponibile a farsi carico,anche economico, di un’adeguata condivisione deidiritti. Il successo di una collaborazione dipende dalloscambio delle informazioni necessarie per portareavanti i progetti in collaborazione, oltre che dalla pos-sibilità di salvaguardare i requisiti di sovranità nazio-nale che ciascun paese, inclusa l’Italia, ha diritto diesprimere. In altre parole, il significato di “collabora-zione” travalica quello di “contribuzione”.

Controllo delle esportazioni

Elementi di cambiamento potrebbero essere intro-dotti anche nel sistema di controllo delle esportazioni.Ad esempio, potrebbe essere sviluppato un serioapprofondimento sul concetto di “identità nazionale”dei componenti utilizzati in un sistema d’arma.Attualmente si tende a sostenere che la presenza in undeterminato sistema di anche un solo componente

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Airborne Laser © Lockheed Martin Corporation Scenari di difesa missilistica © EADS

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militare di origine americana imponga l’autorizzazionedel Governo di Washington affinché il sistema possaessere riesportato. Questa impostazione non solo gene-ra le conseguenze negative prima ricordate (ricerca dialternative e implicazioni sui rapporti transatlantici),ma ve n’è una ulteriore, che consiste nel coinvolgi-mento di tutti i paesi fornitori di componenti nellaresponsabilità politica dell’esportazione a paesi terzi.

Ciò in un certo senso “deresponsabilizza” il veroesportatore che, invece, dovrebbe essere consideratotale dalla comunità internazionale. Chi integra e vendeil prodotto finale deve assumersene la responsabilità difronte ai partners. Questo significa sostenere che icomponenti perdono la loro identità nazionale nelmomento in cui vengono integrati in un sistema d’ar-ma prodotto da un partner, sulla base beninteso di unaccordo che sancisca l’impegno dei governi parteci-panti e garantisca la selezione e il controllo delleimprese affidabili. Un significativo progresso è rappre-sentato, in questo settore, dal recente impegno delDipartimento della Difesa americano a semplificarel’iter di concessione delle licenze di esportazione versoi Paesi considerati “affidabili/sicuri” rispetto all’attualevalutazione caso per caso, che estende oltre misura itempi d’attesa. La proposta in fase di studio prevede ladeterminazione di soglie tecnologiche pre-definite chechiariscano quanto può essere oggetto di diniego equanto è invece autorizzabile, lasciando soggette allavalutazione “caso per caso” solo le richieste che nontrovano una precisa collocazione.

Anche l’Italia, in questi ultimi anni, si è fortemen-te impegnata nel ricercare soluzioni operative che favo-riscano un maggiore equilibrio tra le parti e consenta-no migliori possibilità di cooperazione con gli USAnel settore degli armamenti.

Devo dire che la risposta da parte del Department

of Defense, maturata sotto gli auspici della Declarationof Principles (DoP), e il personale impegno del Sotto-segretario alla Difesa Kenneth J. Krieg nonchè di AlVolkman, che insieme a chi scrive ha presieduto le ulti-me DoP, ha portato alla finalizzazione di accordi signi-ficativi, quali:• il Blanket Assurance Agreement relativo alla ri-espor-

tazione delle armi;• il Security of Supply, che sulla base della sottoscri-

zione da parte delle imprese di un impegno volon-tario (Codice di Condotta) introduce un sistemadestinato a regolare l’ordine di priorità da assegna-re alle commesse per la Difesa, qualora ciò fosserichiesto per esigenze di interesse nazionale;

• il Research, Development Test and EvaluationProjects, teso a verificare le aree di mutuo interessee razionalizzare le attività R&D;

• l’Engineers and Scientists Exchange Programme, checonsentirà lo scambio di scienziati e ingegneri inaree di particolare interesse per entrambi i Paesi.Tali accordi hanno contribuito a creare un clima

generale di maggiore fiducia reciproca, che potrà favo-rire ulteriori sviluppi nel settore degli armamentiquale, ad esempio, l’adozione di un’iniziale proceduradi “fast track” per accorciare i tempi di rilascio delleautorizzazioni ITAR (International Traffic in ArmsRegulation), che potrà essere seguita da una vera e pro-pria esenzione dalle norme in questione.

Un detto cinese afferma che “è con piccoli ma soli-di mattoni che è stata costruita la Grande Muraglia”:ovvero, ogni soluzione operativa tesa ad un più bilan-ciato ed equo rapporto di responsabilità e doveri tra iPaesi europei e gli Stati Uniti contribuirà ad eliminaregli ostacoli posti sulla strada di un efficiente mercatodella difesa ed a rafforzare l’essenza strategica dellanostra alleanza transatlantica.

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Ricerche e sviluppo di tecnologie virtuali Lancio di missile Scalp Naval dalla FREMM © MBDA