Gazzetta Ottobre 2011

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La Gazzetta Mensile d’informazione sociale della Cooperativa Itaca - n°10 - Ottobre 2011 Formazione delle badanti a domicilio grazie alle Coop sociali Come a casa solo a casa L’area Territoriale Anziani punta su persone, famiglie e territorio SSA e SET Distretto Nord Itaca confermata fino al 2016 Orchestrazione n. 19: L’Attesa Portogruaro 15-22 ottobre

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Gazzetta della cooperativa Itaca

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La GazzettaMensile d’informazione sociale della Cooperativa Itaca - n°10 - Ottobre 2011

Formazione delle badanti a domicilio grazie alle Coop sociali

Come a casa solo a casaL’area Territoriale Anziani punta su persone, famiglie e territorio

SSA e SET Distretto NordItaca confermata fino al 2016

Orchestrazione n. 19: L’AttesaPortogruaro 15-22 ottobre

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2 La Gazzetta | Ottobre 2011ARTICOLO DI FONDO

SOMMARIO

L’area Territoriale Anziani ritorna alla comunità 2 - 7

L’economia uccide più delle bombe! 8 - 14

Formazione delle badanti a domicilio grazie alle Coop sociali 15 - 16

SSA e SET: Itaca confermata fino al 2016 17

Itaca ottiene l’accreditamento per il Servizio di Volontariato Europeo 17

Orchestrazione n. 19: Portogruaro 15-22 ottobre 18

Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità (Sacile 28 ottobre) 20 - 21

Al via le iscrizioni ai corsi di Competenze minime 21

Ora sono in galera, e l’ora d’aria non basta 27 - 28

Piace il nuovo Centro diurno di Romans d’Isonzo 29

Tutto per Tutti a Villanova 29 - 30

Pordenone

Nell’area produttiva Territoriale Anziani al 31 dicembre 2010 operavano 135 addetti, pari all’11,2% dei lavora-tori della Cooperativa Itaca, di cui 126 donne e 9 uo-mini. Le donne sono una presenza preponderante ed estremamente significativa nel settore dal momento che rivestono ruoli di responsabilità, direzione e coor-dinamento. Il personale dell’area per l’80,3% è com-posto da addette all’assistenza delle quali il 63,6% è qualificato.I servizi in capo al Territoriale Anziani risultavano 24, distribuiti tra Friuli Venezia Giulia e Veneto nelle provin-ce di Pordenone, Gorizia, Udine, Treviso e Venezia. Die-ci i servizi attivi da oltre 10 anni, 7 da più di 5 anni ed altrettanti da meno di 5. I committenti sono composti da 11 Comuni, 4 Ambiti socio assistenziali, una Azienda sanitaria, una associazione, oltre ad utenti a gestione propria e Fap (Fondo per l’autonomia possibile, fondo regionale che finanzia progetti di assistenza persona-lizzati per le persone che scelgono di rimanere a casa nonché aiuti per abbattere il costo delle assistenti fami-liari assunte regolarmente).Le persone beneficiarie dei servizi sono 1523, di cui

524 non autosufficienti e 438 autosufficienti, 225 gli utenti con età minore di 65 anni, 291 tra i 66 e i 75 anni, 363 tra i 76 e gli 85 anni, mentre gli ultra 85enni sono 300.Segno più per l’evoluzione del fatturato, in ripresa nel 2010 dopo una tendenza alla stasi degli ultimi tre anni: dai 2,404 milioni di euro si arriva infatti ai 2,842 milioni di euro.Di nascita recente, l’evoluzione dell’area è al momento confrontabile soltanto su due annualità poiché i servizi agli anziani si sono scissi solo nel 2009 in area Territo-riale e area Residenziale. Per quanto concerne l’utenza servita, rispetto all’anno precedente (1338) vi è un au-mento dovuto all’acquisizione di un nuovo servizio.In relazione al genere, nel 2010 sono stati rilevati 930 utenti di sesso femminile (61,1%%) e 509 di sesso ma-schile (33,4%) su 1523 complessivi. Quanto al perso-nale, l’area è composta essenzialmente da operatori di genere femminile: nel 2009 i maschi erano 11, scesi a 9 nel 2010, mentre le femmine sono salite da 115 a 126.

Responsabile del settore Leopoldina Teston, che abbia-mo incontrato per approfondire insieme alcuni aspetti peculiari dell’area.

L’area Territoriale Anziani ritorna alla comunità

Come a casa solo a casaLa centralità e il valore delle persone, delle famiglie e del territorio

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3La Gazzetta | Ottobre 2011ARTICOLO DI FONDO

Nell’introduzione ad un libro a cura di Giovanni Cravan-zola edito nel 1999, don Benzi afferma che «gli anzia-ni sono persone, soggetti di diritti e doveri come tutti i cittadini». Frase banale o principio basilare per una politica sociale davvero non emarginante nei confronti dei vecchi? Don Benzi fa anche un’altra osservazione: «L’anziano che rimane solo, o che si ammala e diventa cronico, che è affetto da demenza precoce o da altri malanni, ha bisogno di rimanere in famiglia».

Come a casa solo a casa (sottotitolo “Per una mi-gliore vecchiaia”) è il titolo del libro. Leopoldina, può essere sintetizzata così la filosofia del settore?Offrire la possibilità alle persone anziane, qualora lo de-siderino, di rimanere nel proprio contesto sociale, ter-ritoriale e sopratutto abitativo è certamente la filosofia sposata dell’area Territoriale Anziani. Direi di più, la pe-culiarità che ci contraddistingue ogni giorno nell’esple-tamento di tutti i nostri servizi.

Cosa si può fare per contrastare l’istituzionaliz-zazione delle persone in terza o quarta età?Si può fare molto, specialmente per le tante persone non autosufficienti, ad esempio attraverso il sostegno alla domiciliarità, che consente la salvaguardia di una buona qualità della vita in sicurezza, mantenendo le proprie relazioni affettive e sociali.Il servizio di assistenza domiciliare (Sad) in particolare, ma tutti i servizi più in generale, quali i Centri diurni

e sociali, devono essere pensati sempre di più come parte di una più ampia “rete” di risposte e pratiche as-sistenziali, che gli Enti pubblici, insieme alla comunità tutta, possono offrire ai complessi e molteplici bisogni degli anziani e delle famiglie.

Sembra di leggere nelle sue parole la necessità di una sorta di ritorno alle origini, di “ritorno alla comunità”, la comunità composta da perso-ne e da relazioni sane - e non individualiste - tra le persone.In molti aspetti del quadro legislativo odierno, in effet-ti, troviamo inviti espliciti a un lavoro non più centrato esclusivamente sulle competenze dei servizi, ma orientato alla valorizzazione delle competenze e delle risorse della comunità. Parlare di comunità vuol dire riscoprire e soste-nere legami sociali, relazioni fiduciarie, forme di responsa-bilizzazione e di cittadinanza attiva a livello locale.In tale azione, rientrano non solo interventi diretti, quali i servizi sociali e sanitari integrati, ma anche lo stimolo e l’appoggio al senso di comunità e di appartenenza. Mi riferisco in particolare all’attivazione di tutte le risorse del territorio, del volontariato, del privato sociale e della società civile non organizzata.Per questi motivi l’area territoriale Anziani della Coope-rativa Itaca ha inteso di non poter più prescindere dalla necessità di ricorrere ad una metodologia che affermi la centralità e il valore delle persone, delle famiglie e del territorio.

Le immagini contrassegnate con il simbolo © sono di Martina Cannoletta - Genius Loci

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4 La Gazzetta | Ottobre 2011ARTICOLO DI FONDO

In che modo?Gli obiettivi che i servizi territoriali si propongono sono articolati. Anzitutto mirare alla promozione e al mante-nimento - il più a lungo possibile - delle capacità fun-zionali della persona, per limitare o impedire i processi di decadimento e diminuire al contempo il carico assi-stenziale da parte della famiglia. Poi fare in modo che la persona sia progressivamente in grado di “pensarsi in relazione” e svolgere la propria parte al fine di svilup-pare il sentimento di comunità e sostenere la comunità come soggetto, elaborando iniziative a forte valenza sociale.

Come sono strutturati i servizi nel settore?All’interno dei servizi territoriali per anziani vi sono i “Centri diurni”, servizi semiresidenziali orientati alla prevenzione dell’istituzionalizzazione, che offrono acco-glienza ad anziani autosufficienti e non autosufficienti nell’arco della giornata. Particolarmente intensa è stata nel tempo l’attività di promozione dei servizi semiresi-denziali anche per anziani non autosufficienti o affetti da demenze.Poi ci sono i “Centri sociali”, Centri di aggregazione per anziani autosufficienti, attivati per favorire la socializ-zazione e il mantenimento delle abilità, attraverso le proposte degli educatori e il raccordo delle risorse dei partecipanti stessi.Ancora i “Sad”, ossia i già citati Servizi di assistenza domiciliare che mirano al mantenimento delle persone nel loro ambiente, prevenendo la non autosufficienza, limitando il numero dei ricoveri per le persone con defi-cit rilevanti di autosufficienza, supportando gli utenti e coloro che li assistono.

Come vengono ‘vissuti’ i servizi erogati dagli an-ziani, che valutazione ne danno i committenti?Come in tutte le altre aree produttive della Cooperativa Itaca, anche nella nostra la soddisfazione viene ‘misura-ta’ attraverso uno specifico questionario che ogni anno viene somministrato a utenti, soci e committenti. Molto alta è risultata la soddisfazione degli utenti degli otto servizi campionati, con una media di 9,2 punti (in una scala da 1 a 10). La maggiore soddisfazione la hanno espressa gli utenti di Casa Incontro con 9,61, a seguire

l’Ambito di Latisana con Fap e Sad rispettivamente a 9,47 e 9,43. In generale gli utenti sono molto soddisfat-ti per l’“adeguatezza degli operatori al contesto”.Elevata anche la soddisfazione dei committenti, la me-dia complessiva è stata pari a 8,29. Il punto di forza dei servizi, così come è stato rilevato, risiede nella “qualità dei rapporti con la Cooperativa”, voce che ha segnato la media più alta pari a 8,56. Il picco massimo di sod-disfazione lo tocca l’Ambito distrettuale Comune di La-tisana con 8,8, seguono Gaiarine, Caorle, Portogruaro, Codogné.Ottima anche la media generale di soddisfazione dei soci dell’area che si attesta a 3,52 (scala da 1 a 4). Nell’analisi per genere, le socie hanno un grado di sod-disfazione generale alto pari a 3,56 e i soci molto più basso, pari a 3,08. Infine, analizzando le medie per le quattro classi in cui è stato suddiviso il questiona-rio, troviamo il livello di soddisfazione massima per la voce “organizzazione” con 3,64, a seguire “conoscen-za” 3,54, “motivazione” 3,51 e “relazione” con 3,49 che saggia il clima lavorativo.In conclusione, si registra decisamente un trend posi-tivo e di crescita nell’evoluzione della soddisfazione di utenti, soci e committenti. La soddisfazione degli utenti cresce da 8,97 a 9,2, quella dei committenti sale da 7,9 a 8,29, mentre quella dei soci cresce da 3,47 a 3,52.

A cura di Fabio DELLA PIETRA

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5La Gazzetta | Ottobre 2011ARTICOLO DI FONDO

(LT) Tra i servizi a gestione propria un cenno merita il Centro diurno “Al centro gli anziani” sito a Francenigo di Gaiarine (Tv), struttura che Itaca gestisce dal 2000 e che può accogliere sino a 15 ospiti anziani non autosuf-ficienti e 5 autosufficienti di entrambi i sessi. A dicem-bre 2010, i beneficiari del servizio frequentanti il Centro erano 28, non tutti presenti contemporaneamente ma in fasce orare e gior-nate diverse.Il Centro diurno di Francenigo è un ser-vizio accreditato per la Regione Veneto ed è gestito autonoma-mente da Itaca in con-venzione con il Comu-ne di Gaiarine. Aperto dal lunedì al venerdì in orario 7.45-18.45, di-spone di una fitta rete sociale che comprende Pio Istituto, aziende del territorio, medici

di base, Distretto sanitario, Servizi sociali, Associazione nazionale Alpini, Associazione Pescatori, Associazione Pet-Therapy, Comune, Parrocchia, scuola primaria e scuola dell’infanzia, volontari (il centro è anche sede della guardia medica, funge da punto prelievi e viene utilizzato per gli incontri tra Amministrazione comunale e cittadini).

Servizi a gestione propria

“Al centro gli anziani”Francenigo di Gaiarine

Dal 1° gennaio 2010 la Cooperativa Itaca si è aggiudi-cata l’appalto per la gestione del Servizio di assistenza domiciliare nell’Ambito distrettuale 6.1 di Sacile. Tratta-si di un servizio rivolto alla cittadinanza, con lo scopo prioritario di garantire il diritto alla domiciliarità e con la finalità di prevenire e contrastare situazioni di bisogno, disagio ed emarginazione. La sfera di intervento riguar-da tutti i Comuni che lo compongono ovvero, oltre a Sacile (Comune capofila), Fontanafred-da, Aviano, Budoia, Caneva, Polcenigo e Brugnera.Molti degli ambiti interessati sono per la maggior parte in territorio monta-no, pertanto vi è una forte concentra-zione di utenza in alcune zone e una forte dispersione in altre. Il servizio di assistenza domiciliare non si con-centra solo su una tipologia di uten-za ma spazia dagli anziani ai mino-ri, dalle persone con disagio sociale ad utenti interessati da malattie psi-chiatriche o da problemi di dipenden-za.A 31 dicembre 2010 gli utenti erano 222, 144 femmine e 78 maschi, 120 gli utenti non autosufficienti. Il progetto di gestione ha previsto un percorso di

Servizi in appalto

Assistenza domiciliare (Sad) Ambito distrettuale 6.1Sacile

ricongiungimento tra i diversi territori attraverso l’atti-vazione di gruppi di lavoro tra le assistenti sociali, e tre gruppi di lavoro che hanno coinvolto tutti gli operatori.Diversi gli argomenti affrontati dalla presa in carico alla formazione specifica, al monitoraggio del servizio pasti a domicilio. Obiettivo finale ottenere un metodo di intervento il più simile possibile in tutti i Comuni dell’Ambito. (LT)

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6 La Gazzetta | Ottobre 2011ARTICOLO DI FONDO

Pordenone

Tra i servizi storici in capo a Itaca, un approfondimento merita sicuramente il Centro diurno “Casa Incontro”, un tempo situato in via Piave a Torre di Pordenone e chiuso il 31 dicembre 2010. Operativo dal 2003, Casa Incontro nasceva in risposta ad uno dei problemi emer-genti della società contemporanea, ovvero quello delle persone affette da demenze e morbo di Alzheimer. La Cooperativa Itaca, infatti, da anni si occupa di assisten-za agli anziani e attraverso la costituzione di questo Centro ha intrapreso la via del supporto alle famiglie che si trovano a gestire i loro cari affetti da una malat-tia tanto importante, quanto destabilizzante, come la demenza.Lo stesso nome dato alla struttura, “Casa Incontro”, vo-leva far pensare ad un luogo familiare, dove garantire, nel rispetto dell’individualità, della riservatezza e della dignità della persona, una qualità di vita il più possibile elevata alla persona anziana, considerandone i peculia-ri bisogni sotto ogni punto di vista.L’appartamento stesso, in cui si trovava il Centro diurno, era stato pensato e strutturato in modo tale da risultare il più familiare e confortevole possibile per gli ospiti. Gli spazi, l’arredamento, la differenziazione dei locali e l’illuminazione consentivano di creare un ambiente si-curo, che dava un senso di protezione, una sensazione di casa, cercando di evitare all’ospite possibili situazioni

Memorie di un’esperienza

La “Casa Incontro” che sollevava le famiglieTorre di Pordenone

destabilizzanti sia dal punto di vista orientativo che psi-cologico.Nell’ottica dei principi etici e professionali, si è lavo-rato con le persone, finalizzando l’intervento al man-tenimento ed al recupero delle capacità della persona affetta da demenza nella sfera cognitiva, socio relazio-nale e psico-motoria.Casa Incontro, oltre a fornire un servizio per le perso-ne anziane, fungeva anche da appoggio alle famiglie offrendo loro un momento di sollievo e strutturando incontri periodici con persone competenti qualora sen-tissero la necessità di un aiuto nel gestire il loro caro. Erano previsti anche gruppi di auto-mutuo aiuto, un valido supporto nell’affrontare e gestire la malattia.Le attività previste spaziavano dalle attività manuali per mantenere le capacità residue degli ospiti, alle attività motorie per stimolare le restanti capacità psico-moto-rie. Erano poi previste attività mnemoniche e cognitive per stimolare le capacità intellettive rimanenti, attività di stimolazione sensoriale, aromaterapia e attività di stimolazione musicale.All’interno del Centro era impiegato personale qualifica-to e formato rispetto alle malattie ed alle metodologie utili nell’affrontare la stessa. Veniva posta molta atten-zione all’acquisizione di strumenti comunicativi efficaci per operare cambiamenti sugli stati emozionali e con-seguentemente sui disturbi comportamentali.Vi era poi un ottimo rapporto tra gli operatori e i familia-

Momenti dell’inaugurazione di “Casa Incontro”

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7La Gazzetta | Ottobre 2011ARTICOLO DI FONDO

ri degli ospiti sempre nell’ottica di instaurare tra le parti una sorta di alleanza terapeutica per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Proprio il servizio, permetteva di avere con i familiari un rapporto umano tale a per-mettere loro di esporre dubbi, perplessità o lamentele qualora ve ne fosse la necessità.Analizzando però i rapporti del Centro con gli enti pub-blici, emerge negli anni una scarsa se non del tutto inesistente interazione fra la struttura e la rete territo-riale esistente. Gli unici rapporti creati nel tempo sono state delle convenzioni con l’Aifa (associazione italiana fra anziani) per quanto riguarda i trasporti. Vi è stata inoltre una buona collaborazione con il Comune di Por-denone che ha dato la possibilità di utilizzare la struttu-ra, presso cui era ubicato il Centro, in comodato d’uso gratuito.Purtroppo, questo prezioso servizio dedicato agli anzia-ni affetti da demenza, non ha mai visto un vero svilup-po, né la collaborazione di una rete che promuovesse l’importanza del Centro diurno come servizio interme-dio territoriale a sostegno dell’anziano e a supporto del-la famiglia. Ciò ha portato ad una costante diminuzione della richiesta di nuovi ingressi e non c’è stato pertanto il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Si è perciò deciso, con grande rammarico degli anziani, dei familia-ri, dei responsabili, degli operatori, e della Cooperativa Itaca stessa, di concludere l’attività.Tutto il personale in servizio a Casa Incontro ha espres-so la propria gratitudine agli ospiti, alle famiglie e a tutte le persone che negli anni hanno contribuito a rendere “Casa Incontro” una struttura speciale, un luogo dove l’affetto e la gratitudine degli utenti ha dato la spinta

per lavorare ogni giorno in un’ottica di cura e centralità della persona attraverso un approccio professionale e umano di grande qualità.

Leopoldina TESTON

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8 La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

Perugia

“L’economia mondiale sta di-ventando sempre più ingiusta e insostenibile: uccide più del-le bombe”. “Quest’ingiustizia affonda le radici in un neolibe-rismo che non sa rispondere ai veri bisogni delle persone” e cresce in un’economia che privilegia “le rendite finanzia-rie e i guadagni speculativi an-ziché la produzione, la crescita quantitativa anziché la qualità, lo sfruttamento della natura e dell’ambiente anziché la loro protezione”. Dopo la crisi finanziaria di questi mesi non è difficile essere d’accordo con questa critica. Ma queste parole erano scritte 14 anni fa nell’appello della Marcia Perugia-Assisi “Per un’economia di giustizia” del 12 ottobre 1997. La Tavola della Pace, nata in quell’occa-sione, portò centomila persone a chiedere - con indubbia capacità di anticipazione - un’economia meno ingiusta.La pace si costruisce con la giustizia, e l’ingiustizia dell’economia che si globalizza è la fonte principale dei conflitti, “uccide più delle bombe”. La soluzione è in un ordine internazionale che faccia a meno delle armi - era ancora aperta l’occasione del disarmo alla fine della guerra fredda - e che riduca sottosviluppo e disugua-glianze. Per farlo, il potere dei mercati, della finanza e delle grandi imprese multinazionali deve cedere il pas-so agli strumenti della politica e ai diritti delle persone. Questo il filo del discorso di allora.L’analisi era precisa: le disuguaglianze aumentano ovun-que, i problemi di sopravvivenza della parte più povera dell’umanità sono irrisolti, il sottosviluppo genera disa-stri ambientali, lotta per le risorse, conflitti senza fine. L’ingiustizia viene dal neoliberismo e da una logica di profitto che impedisce il benessere di tutti; il mercato calpesta le persone e i benefici di tutto questo vanno ad “alcuni paesi più forti e alcune élite economiche e sociali, aumentando la marginalizzazione di milioni di persone”. Qualcosa è cambiato da allora, non molto nella sostan-za. Allora non si immaginava che l’Italia sarebbe stata messa fuori così presto dal gruppo dei paesi forti, che da allora a oggi il Prodotto interno lordo (Pil) italiano in termini reali non sarebbe praticamente aumentato. Cina, India, altri paesi asiatici, alcuni paesi dell’America latina hanno avuto un rapido sviluppo, i redditi medi sono au-mentati, ma così pure le disuguaglianze - enormi - inter-ne a quei paesi. L’ingiustizia non è diminuita. L’insostenibilità del modello neoliberista ha portato al grande crollo del 2008 e alla recessione attuale, ma il potere politico ed economico resta aggrappato all’intoc-cabilità della finanza e al mito dell’efficienza dei mercati. Così l’insostenibilità si aggrava.E’ cambiato - denunciato solo dai pacifisti - il ricorso alla forza militare, tornato all’ordine del giorno. Dalla guerra nei Balcani del 1999 ai bombardamenti in Libia di oggi

L’economia uccide più delle bombe!La crisi vista dalla Perugia-Assisi, 14 anni fa

- passando per le guerre del Golfo e in Afghanistan - l’oc-cidente e il nostro paese si sono rimessi a fare la guerra per imporre un ordine neo-coloniale, occasionalmente travestito con la tutela dei diritti umani. Le vittime - e le conseguenze - si moltipli-cano.Che cosa si chiedeva, 14 anni fa, ai potenti dell’eco-nomia? Partire dalle perso-ne, battersi contro povertà

e disuguaglianze, dare lavoro a tutti e dare dignità al lavoro, mettere cooperazione, democrazia e sostenibilità dentro l’economia. Mentre la globalizzazione neoliberi-sta costruiva i suoi pilastri - il “consenso di Washington” e l’Organizzazione mondiale per il commercio (Omc) - i pacifisti chiedevano ai governi un’autorità politica sovra-nazionale che bilanciasse il potere dell’economia globale e la perdita di sovranità degli stati. La scommessa era di democratizzare e riformare il sistema delle Nazioni Unite, dare spazio all’agenda illuminata delle grandi conferenze Onu degli anni ‘90 - sull’ambiente, le donne, lo sviluppo sociale, il razzismo, etc. - e alle convenzioni sul lavoro dell’Organizzazione internazionale del lavoro dell’Onu - creando una possibile difesa contro una globalizzazione pagata dai lavoratori. Quest’offensiva “cosmopolitica” ha avuto pochi risultati, l’Onu si è ripiegata su se stessa, soprattutto negli anni bui delle presidenze Bush, le conferenze Onu a dieci anni di distanza hanno tutte registrato un arretramento degli obiettivi di cambiamento. Ma anche la globalizzazione è finita, prima ancora della crisi del 2008; la “spinta pro-pulsiva” del libero commercio e dell’Omc si è esaurita, si è affermata una dinamica regionale - in Asia e America latina, come in Europa - che diversifica le traiettorie di sviluppo.Agli organismi sovranazionali - Fondo monetario e Banca mondiale - si chiedeva di cambiare politica e “la can-cellazione del debito estero dei paesi impoveriti, che ha raggiunto la cifra record di circa 2000 miliardi di dollari”. Ora il debito del terzo mondo non è più cosi pesante, e l’Italia da sola supera quella cifra, con un debito che in dollari vale 2700 miliardi. Perfino l’Fmi ha moderato la sua ortodossia liberista; in compenso, la sua vittima più recente è diventata la Grecia.Alle politiche dei governi si chiedeva “di redistribuire le ricchezze, di offrire nuova occupazione anche riducen-do gli orari di lavoro”, di tutelare i diritti dei lavorato-ri, di dare spazio alle donne e all’economia solidale. Su questo fronte - tutte responsabilità rimaste alla politica nazionale - nulla è stato fatto, continuiamo ad arretrare rispetto a 14 anni fa, le richieste di oggi sono le stesse. Il sistema politico degli stati sembra più immobile di quello mondiale.Per i pacifisti, poi, c’era la “responsabilità di agire”. Non

www.libera.tv

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9La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

solo marce e proteste. Si è lavorato a costruire reti tran-snazionali di società civile capaci di proporre alternative, che avessero ascolto nelle istituzioni globali. Per questo 14 anni fa a Perugia si tenne - prima della marcia - la prima Assemblea dell’Onu dei popoli con un centinaio di rappresentanti di movimenti, associazioni, comunità locali di altrettanti paesi diversi. E due anni dopo, nel 1999, la successiva Assemblea dell’Onu dei popoli si inti-tolava “Un altro mondo è possibile”: tre mesi dopo ci fu la rivolta di Seattle contro l’Omc e un anno e mezzo dopo il primo Forum sociale mondiale di Porto Alegre scelse lo stesso titolo. Incontri di massa di questo tipo tra i mo-vimenti di tutto il mondo sono diventati appuntamenti regolari, e la società civile - con le sue reti, campagne, eventi - è diventata un soggetto visibile e influente sulla scena globale.Agire ha voluto dire fare dell’economia di giustizia un tema condiviso da centinaia di associazioni ed enti locali, capace di mettere in moto migliaia e migliaia di persone, aprendo la via alle proteste di massa degli anni successi-vi contro la globalizzazione liberista, fino al G8 di Genova del 2001. Agire ha voluto dire incalzare la politica ad affrontare le ingiustizie, proporre alternative. Nel 2005 all’Assemblea dell’Onu dei Popoli ci fu un confronto con Romano Pro-di, candidato del centro-sinistra alle elezioni (vittoriose) dell’anno successivo. Fece qualche apertura sul ritiro ita-liano dalla guerra in Iraq - poi realizzato dal governo - ma difese la globalizzazione come forza positiva e l’in-tegrazione europea guidata da mercati e moneta. I risul-tati di quelle politiche - il crollo del 2008, la crisi dell’euro, disuguaglianze record - sono ora sotto gli occhi di tutti. Chissà se il centro-sinistra saprà imparare dagli errori commessi? Sarebbe interessante un nuovo confronto, a Perugia quest’anno. Oggi come 14 anni fa i nodi irrisolti restano il potere

dei mercati, della finanza e delle imprese, e l’assenza di una politica capace di affrontare le ingiustizie, nazionali e globali. Qui si misura il fallimento di un’Europa che ha costruito la sua integrazione sul liberismo e la finanza, e ora si trova sotto l’attacco della speculazione, divisa e indebolita. Troppe cose non sono state fatte allora. L’agenda per cambiare non è cambiata. Per limitare il potere della fi-nanza si chiedeva già allora la Tobin Tax sugli scambi di valute. Impensabile e irrealizzabile, ci rispondevano. Ora la fattibilità della tassa sulle transazioni finanziarie è sostenuta da Fondo monetario e Unione europea (Mer-kel compresa), ma manca ancora la volontà politica di introdurla. Più aiuti allo sviluppo si chiedevano allora; i governi dei paesi ricchi si sono reimpegnati all’Onu nel 2000 a de-stinare lo 0,7% del loro Pil agli aiuti allo sviluppo, ma hanno subito mancato le promesse; con la crisi attuale gli aiuti sono i primi tagli effettuati. Più occupazione e diritti per tutti i lavoratori, si chiede-va. Ora l’Unione europea ha 23 milioni di disoccupati - un problema non diverso da allora - e in più 15 milioni con lavori temporanei, a tempo pieno o parziale: una precarizzazione generale che 14 anni fa non avremmo sospettato.Le cose non fatte allora sono diventate urgentissime adesso, con l’ingiustizia che si è fatta strada nel nostro paese, i problemi aggravati dalla crisi, la politica sempre più screditata. Le alternative ci sono, oggi come allora. Le forze del cambiamento anche, unite da un filo che attraversa le mobilitazioni di decenni. Pacifisti e movi-menti saranno ancora sulla strada da Perugia ad Assisi, l’appuntamento è per la mattina presto, domenica 25 settembre 2011.

Flavio LOTTI e Mario PIANTA

A 50 anni dalla prima marcia Perugia-Assisi e a 14 anni dalla marcia “per un’economia di giustizia”, i pacifisti sono stati di nuovo in cammino il 25 settembre scorso. Nel mezzo della crisi europea, è questa una buona occasione occasione per rileggere l’appello di 14 anni fa, le cose non fatte allora diventate urgentissime adesso. Qui di seguito, l’appello che convocava la Marcia per la pace Pe-rugia-Assisi del 12 ottobre 1997.

Perugia, 31 maggio 1997

L’economia mondiale sta diventando sempre più ingiusta e insostenibile: uccide più delle bombe, semina guer-re e tensioni, alimenta la povertà, la disoccupazione e l’esclusione sociale. L’abisso che separa una minoranza

“Noi Popoli delle Nazioni Unite per un’Economia di Giustizia”L’appello

ricca e la maggioranza impoverita dell’umanità sta diventando sempre più profondo. Noi popoli delle Nazioni Unite, pre-occupati per la colpevole indifferen-za che continua a circondare questa realtà e per l’assenza di adeguate politiche nazionali e internazionali capaci di affrontare le radici di tanta sofferenza e miseria, abbiamo deci-so di dare vita, il 12 ottobre 1997, alla marcia Perugia-Assisi “per un’Economia di Giustizia”.

* Negli ultimi cinquant’anni il mondo ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti. La ricchezza pro capite è triplicata. Dovremmo, dunque, stare tutti meglio. E invece... Ogni 3 secondi muore un bambino che non abbiamo saputo proteggere. Le disuguaglianze aumen-tano. In 102 paesi oggi si vive peggio di 15 anni fa.

La Marcia per la Pace 2011www.perlapace.it

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10 La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

Nello stesso arco di tempo, il numero dei più ricchi è raddoppiato ma quello dei più poveri è triplicato. Ol-tre il 60% della popolazione mondiale è costretta a so-pravvivere con 2 dollari o meno al giorno. Tre quarti della produzione mondiale sono concentrati nei paesi industrializzati, e appena un quarto nei cosidetti “paesi in via di sviluppo”, dove vive l’80% della popolazione del pianeta. Anche all’interno dei paesi più avanzati au-mentano le diseguaglianze tra ricchi e poveri.

* L’ingiustizia economica provoca la maggior parte dei conflitti del nostro tempo alimentando instabilità e insicurezza in tutto il mondo. L’impossibilità per molti Stati di svilupparsi economicamen-te sta moltiplicando le tensioni e le fratture sociali, i danni ambientali, le carestie e la diffusione delle malat-tie, la crescita della criminalità orga-nizzata, i conflitti per il controllo di risorse vitali come la terra, l’acqua o l’energia, le guerre civili ed etniche, le distruzioni e i profughi.

* Quest’ingiustizia affonda le radici in un neoliberismo che non sa ri-spondere ai veri bisogni delle perso-ne e non rispetta i diritti umani. Essa cresce in un’economia organizzata per il profitto di pochi anziché per il benessere di tutti, che mette il mer-cato al di sopra delle persone e che privilegia: la competizione selvaggia anziché la cooperazione; i profitti resi possibili dalle disparità anzi-chè la riduzione di esse; le rendite finanziarie e i guadagni speculativi anziché la produzione; la crescita quantitativa dell’economia anzichè la qualità e la distribuzione dei beni e dei servizi; lo sfruttamento della natura e dell’ambiente anziché la loro protezione.

* Tutti i popoli dovrebbero beneficiare della crescen-te interdipendenza e dei progressi realizzati in campo scientifico e tecnologico. E invece... priva di ogni rego-lazione democratica, la globalizzazione dei mercati e dell’economia, con la forte crescita degli scambi com-merciali internazionali e degli investimenti esteri delle imprese multinazionali, sta favorendo solo alcuni paesi più forti e alcune élite economiche e sociali, aumentan-do la marginalizzazione di milioni di persone e dei paesi più poveri del mondo.

* L’economia mondiale che sta emergendo è fondata su una “ideologia del mercato e della competizione senza regole” che rischia di travolgere tutto e tutti, in una spi-rale verso il basso che riduce i salari e la protezione so-ciale, viola molti diritti umani, crea nuove povertà, provo-ca l’aumento della disoccupazione, distrugge le risorse e l’ambiente naturale, alimenta la diffusione dell’economia “sporca” e accentua la crisi della democrazia politica.

Di fronte a questa grave realtà è urgente cambiare strada. Occorre innanzitutto:

1. Mettere le persone al centro. L’ordine delle priorità va rovesciato. Non sono le persone che de-vono adattarsi al dominio del mercato, ma è l’eco-nomia che deve contribuire a soddisfare i bisogni delle persone. La crescita economica non può es-sere il fine ma solo un mezzo. Il fine è lo sviluppo umano, in un’economia rispettosa di tutte le diver-sità sociali, le culture e le identità, come affermato dalla Dichiarazione dell’Onu sul Diritto allo Sviluppo

del 1986. Per questo la promozione della crescita economica deve essere riconciliata con l’impegno politico per il pieno impiego, la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, la promozione di pari opportuni-tà per tutti e in particolare per le donne, la salvaguardia dell’am-biente e delle risorse naturali. E’ paradossale che i processi di integrazione economica siano re-alizzati aprendo le frontiere alla finanza, agli investimenti, alle merci e non alle persone. Mette-re le persone al centro vuol dire anche resistere alla “economiciz-zazione del mondo”, alla diffusio-ne dell’ideologia del mercato in tutte le aree della nostra vita.

2. Battersi contro la povertà e le disuguaglianze sociali mediante l’adozione di coerenti politiche e patti locali, nazionali e sovranazionali che coinvolgano

anche gli enti locali, le forze sociali e quelle econo-miche. Siamo la prima generazione che ha i mezzi e le capacità per eliminare la povertà, con tutte le sue conseguenze e i suoi costi umani e sociali. Ciono-nostante 1 miliardo e 300 milioni di persone sono ai margini di tutto. Molte sono donne, anziani, bam-bini e bambine. Ogni minuto 47 persone nel mondo diventano povere: circa 70.000 al giorno. Che ne facciamo di loro? Il diritto allo sviluppo è un diritto universale e inalienabile di tutti gli esseri umani o solo di alcuni? La povertà non è solo mo-ralmente ripugnante, ma anche economicamente distruttiva e politicamente pericolosa. Per questo la sua eliminazione deve diventare un obiettivo prio-ritario sia a livello nazionale che internazionale. Un passo decisivo in questa direzione deve essere la cancellazione del debito estero dei paesi impove-riti, che ha raggiunto la cifra record di circa 2000 miliardi di dollari, e la revisione del sistema di con-cessione dei crediti che genera processi insostenibili di indebitamento.

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11La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

3. Creare nuova occupazione e ridare piena di-gnità al lavoro e ai lavoratori di tutto il mondo. 35 milioni di disoccupati nei paesi industrializzati, di cui oltre 20 milioni in Europa. Più di 700 milioni di persone che, pur lavorando, non sono in grado di dare a se stessi e alla propria famiglia una vita dignitosa. Sono questi i numeri di quella che è la più grave crisi sociale del nostro tempo. Una crisi destinata ad aggravarsi nel prossimo futuro quando si produrrà sempre di più con molto meno lavoro. Bisogna ricercare nuove politiche nazionali e locali capaci di ridistribuire le ricchezze, di offrire nuova occupazione anche riducendo gli orari di lavoro, di favorire l’accesso paritario delle donne alle risorse, all’occupazione, ai merca-ti e al commercio, di sostenere lo sviluppo di un’economia plurale e solidale valorizzando il ruolo e le finalità del “Terzo settore” e di stimolare la realizzazione di espe-rienze, anche di piccola scala, che possono offrire alternative concre-te alla disoccupazione. Allo stesso tempo bisogna operare affinchè in tutto il mondo siano introdotti e difesi gli standard internaziona-li che proibiscono lo sfruttamento del lavoro minorile e garantiscono il rispetto dei fondamentali diritti economici e sociali dei lavoratori contenuti nelle Convenzioni fon-damentali dell’Organizzazione In-ternazionale del Lavoro (OIL) e in numerosi altri documenti interna-zionali.

4. Puntare sulla cooperazione a tutti i livelli. Mai come oggi ab-biamo bisogno di una cooperazio-ne internazionale intensa ed effi-cace. Ma molti governi ritengono che se ne può fare a meno e spesso prevale la miope difesa dei cosidetti “interessi nazionali”. Affidarsi alle leggi del mercato e della competizione globale o a misure di carattere nazionale non serve a risolvere i problemi che dobbiamo affrontare e ad assicurare la governabilità del pianeta. A livello internazionale, l’Onu ha promosso una serie di importanti Conferen-ze, come il Vertice di Rio sull’ambiente e sullo svilup-po, il Vertice di Copenaghen per lo sviluppo sociale, il Vertice di Pechino sulle donne e il Vertice di Roma sull’alimentazione, nelle quali i governi hanno sotto-scritto numerosi impegni che ancora oggi attendo-no di essere applicati e rispettati. Basti pensare alla cooperazione allo sviluppo: le risorse disponibili nel mondo per l’aiuto ai paesi più poveri hanno toccato il livello più basso degli ultimi 25 anni. Ogni paese ha il dovere di invertire questa tendenza aumentando gli stanziamenti, finalizzando gli interventi alla promo-zione dello sviluppo umano, accettando un maggiore coordinamento internazionale e promuovendo la co-operazione diretta tra comunità locali.

5. Democratizzare l’economia. L’assenza di rego-le democratiche sulle grandi imprese multinazionali e sulle istituzioni economiche e finanziarie interna-zionali priva i governi della capacità di controllare le proprie economie e i cittadini di determinare il pro-prio destino. In particolare, l’assenza di controlli per il rispetto delle Convenzioni dell’OIL e delle norme commerciali internazionali da parte delle grandi im-prese multinazionali determina una grave situazione di arbitrio, sfruttamento del lavoro e degrado delle condizioni di vita, del lavoro e dell’ambiente. A livello globale è innanzitutto necessario democratizzare e rafforzare il sistema delle Nazioni Unite, cui spetta il

compito di gestire l’interdipenden-za, consentendogli di intervenire sulle scelte economiche che sono alla radice dei problemi globali che è chiamato ad affrontare. Occorre procedere alle riforme necessa-rie perchè il Fondo Monetario, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale per il Commercio agisca-no nel rispetto dei principi e degli impegni per lo sviluppo sostenibile fissati dall’Onu, garantendo la tra-sparenza, la partecipazione e il con-trollo democratico di tutti i paesi e della società civile. Democratizzare l’economia vuol dire anche modifi-care quelle regole del commercio internazionale che impediscono il libero accesso ai mercati dei pro-dotti dei paesi in via di sviluppo. La democratizzazione dell’economia esige, inoltre, una coerente azione anche all’interno dei singoli paesi, delle imprese e dei luoghi di lavoro dove é necessario rimuovere tutte le discriminazioni nei confronti del-le donne e promuovere una ripresa

di controllo dei governi e dei parlamenti, dei lavora-tori e della società civile sui problemi e le scelte da compiere. La democrazia si sviluppa se cresce a tutti i livelli, dalla città all’Onu, e se viene rispettato il principio di sussidiarietà.

6. Adottare un modello di sviluppo sostenibile. Pensare di continuare ad espandere l’attuale modello di sviluppo vuol dire alimentare l’ingiustizia e sottrarre diritti alle generazioni future. Bisogna invece ripensare che cosa si produce, come e perché. Bisogna rivedere gli stili di vita personali e collettivi eliminando gli spre-chi e gli eccessi, controllando e ripensando i consumi, sostenendo le esperienze di commercio equo e solidale, promuovendo una nuova gestione etica del risparmio. Bisogna mettere fine al deterioramento dell’ambiente da cui dipende il nostro benessere. Le grandi emergen-ze ambientali (riscaldamento globale, distruzione della biodiversità, deforestazione, desertificazione,...) devono essere al centro dell’impegno degli Stati, delle istituzioni internazionali e degli stessi enti di governo locale.

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12 La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

Questo, noi Popoli delle Nazioni Unite, chiediamo alle grandi imprese, alle istituzioni economiche internazio-nali, alle forze politiche, ai governi nazionali e all’Onu, dando attuazione a quanto previsto dall’art. 55 della Carta delle Nazioni Unite e agli impegni sottoscritti nel-le Convenzioni e nelle grandi Conferenze internazionali. Le risorse non mancano. Per decenni siamo stati capaci di spendere somme enormi per la difesa militare de-gli stati. Oggi è venuto il momento di spendere quelle stesse risorse per garantire la vera sicurezza delle per-sone, dei popoli e del pianeta.La nostra generazione ha la speciale responsabilità di cambiare. Per farlo è necessario passare dalla cultura del dominio e della competizione selvaggia alla cultura della cooperazione e della solidarietà: dalla cultura del-la guerra alla cultura della pace positiva. Molto dipende dalle decisioni dei responsabili della po-litica e dell’economia mondiale. Ma anche ciascuno di noi, donna e uomo, lavoratore, consumatore e rispar-miatore, può fare qualcosa: a partire da sè, nella pro-pria famiglia, a scuola o nel luogo di lavoro, nel proprio quartiere o nella propria città. Abbiamo il diritto di chiedere ma anche il dovere di agire. E, insieme, dobbiamo contribuire a rafforzare la

società civile mondiale che sta emergendo attraverso una grande rete di associazioni e organismi di cittadini impegnati nella promozione della pace e dei diritti uma-ni. Anche per questo, dopo le manifestazioni organizza-te per il cinquantenario dell’Onu, abbiamo convocato, dal 5 al 12 ottobre 1997, la 2° Assemblea dell’Onu dei Popoli, cui parteciperanno i rappresentanti della società civile di tutto il mondo. Con loro vogliamo dire: basta con “l’ideologia del mercato” e della competizione sel-vaggia. Lavoriamo insieme per costruire una Economia di Giustizia. Frutto della giustizia sarà la pace.

Al termine della Perugia-Assisi, che abbiamo convoca-to a cinquant’anni dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini, è stata presentata e approvata la mozione del popolo della pace. Principi, proposte e progetti.

Assisi, 25 settembre 2011

A conclusione della Perugia-Assisi, che abbiamo convo-cato a cinquant’anni dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini, vogliamo lanciare un nuovo appello per la pace e la fratellanza dei popoli.Lo facciamo richiamando il primo articolo della Dichia-razione Universale dei Diritti Umani che proclama: “Tut-ti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devo-no agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

La fratellanza dei popoli si basa sulla dignità, sugli eguali diritti fondamentali e sulla cittadinanza univer-sale delle persone che compongono i popoli. I diritti umani sono il nome dei bisogni vitali di cui è portatrice ogni persona. Essi interpellano l’agenda della politica la quale deve farsi carico di azioni concrete per assicu-rare “tutti i diritti umani per tutti” a livello nazionale e internazionale. La sfida è tradurre in pratica il principio dell’interdipendenza e indivisibilità dei diritti umani – ci-vili, politici, economici, sociali e culturali – e ridefinire la cittadinanza nel segno dell’inclusione. L’agenda politica dei diritti umani comporta che nei programmi dei partiti e dei governi ciascun diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato concretamente in politiche pubbliche e misure positive.

L’agenda politica della pace

La Marcia per la Pace Perugia-Assisi (Crocchioni) http://qn.quotidiano.net/

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13La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

Il nostro appello per la pace e la fratellanza dei popoli contie-ne alcuni principi, proposte e impegni:

Principi

Primo. Il mondo sta diven-tando sempre più insicuro. Se continuiamo a spendere 1.6 trilioni di dollari all’anno per fare la guerra non riusci-remo a risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo: la miseria e la morte per fame, il cambio climatico, la disoccupazione, le mafie, la criminalità organizzata e la corruzione. Se vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo smettere di fare la guerra e passare dalla sicurezza militare alla sicu-rezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza comune. Secondo. Se vogliamo la pace dobbiamo rovescia-re le priorità della politica e dell’economia. Dobbiamo mettere al centro le persone e i popoli con la loro dignità, responsabilità e diritti. Terzo. La nonviolenza è per l’Italia, per l’Europa e per tutti via di uscita dalla difesa di posizioni insuffi-cienti, metodo e stile di vita, strumento di liberazione, strada maestra per contrastare ogni forma d’ingiusti-zia e costruire persone, società e realtà migliori. Quarto. Se vogliamo la pace dobbiamo investire sulla solidarietà e sulla cooperazione a tutti i livelli, a livello personale, nelle nostre comunità come nelle relazioni tra i popoli e gli stati. La logica perversa dei cosiddetti “interessi nazionali”, del mercato, del pro-fitto e della competizione globale sta impoverendo e distruggendo il mondo. La solidarietà tra le persone, i popoli e le generazioni, se prima era auspicabile, oggi è diventata indispensabile. Quinto. Non c’è pace senza una politica di pace e di giustizia. L’Italia, l’Europa e il mondo hanno bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura politica nonviolenta fondata sui diritti umani. Quanto più si aggrava la crisi della politica, tanto più è ne-cessario sviluppare la consapevolezza delle respon-sabilità condivise. Serve un nuovo coraggio civico e politico. Sesto. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo co-struire e diffondere la cultura della pace positiva. Una cultura che rimetta al centro della nostra vita i valori della nostra Costituzione e che sappia generare com-portamenti personali e politiche pubbliche coerenti. Per questo, prima di tutto, è necessario educare alla pace. Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una responsabilità e un compito speciali.

Proposte e impegni

1. Garantire a tutti il diritto al cibo e all’acquaE’ intollerabile che anco-ra oggi più di un miliardo di persone sia privato del cibo e dell’acqua necessaria per so-pravvivere mentre abbiamo tutte le risorse per evitarlo. Ed è ancora più intollerabile che queste atroci sofferenze siano aumentate dalla speculazione finanziaria sul cibo, dall’acca-parramento delle terre fertili,

dalla devastazione dell’agricoltura e dalla privatizzazio-ne dell’acqua.

2. Promuovere un lavoro dignitoso per tuttiUn miliardo e duecento milioni di persone lavorano in condizioni di sfruttamento. Altri 250 milioni non hanno un lavoro. 200 milioni devono emigrare per cercarne uno. Oltre 12 milioni sono vittime della criminalità e sono costrette a lavorare in condizioni disumane. 158 milioni di bambine e di bambini sono costretti a lavo-rare. Occorre ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, giovani e anziani, di tutto il mondo.

3. Investire sui giovani, sull’educazione e la culturaUn paese che non investe, non valorizza e non dà spa-zio ai giovani è un paese senza futuro. La lotta alla disoccupazione giovanile deve diventare una priorità nazionale. Investire sulla scuola, sull’università, sulla ricerca e sulla cultura vuol dire investire sulla crescita sociale, politica ed economica del proprio paese.

4. Disarmare la finanza e costruire un’economia di giustiziaLa finanza, priva di ogni controllo internazionale, sta mettendo in crisi l’Europa politica e provoca un dram-matico aumento della povertà. Bisogna togliere alla fi-nanza il potere che ha acquisito e ripristinare il primato della politica sulla finanza. Occorre tassare le transazio-ni finanziarie, lottare contro la corruzione e l’evasione fiscale e ridistribuire la ricchezza per ridurre le disugua-glianze sociali.

5. Ripudiare la guerra, tagliare le spese militariLa guerra è sempre un’inutile strage e va messa al ban-do come abbiamo fatto con la schiavitù. Anche quando la chiamiamo con un altro nome è incapace di risolve-re i problemi che dice di voler risolvere e finisce per moltiplicarli. Promuovere e difendere sistematicamente

La Marcia per la Pace 2011 www.orvietonews.it

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14 La Gazzetta | Ottobre 2011EDITORIALE

i diritti umani, investire sulla prevenzione dei conflitti e sulla loro soluzione nonviolenta, promuovere il disar-mo, contrastare i traffici e il commercio delle armi, ta-gliare le spese militari e riconvertire l’industria bellica è il miglior modo per aumentare la nostra sicurezza.

6. Difendere i beni comuni e il pianetaSe non impariamo a difendere e gestire correttamente i beni comuni globali di cui disponiamo, beni come l’aria, l’acqua, l’energia e la terra, non ci sarà né pace né si-curezza per nessuno. Nessuno si deve più appropriare di questi beni che devono essere tutelati e condivisi con tutti. Urgono istituzioni, politiche nazionali e internazio-nali democratiche capaci di operare in tal senso. Oc-corre ridurre la dipendenza dai fossili, introdurre nuo-ve tecnologie verdi e nuovi stili di vita non più basati sull’individualismo, la mercificazione e il consumismo.

7. Promuovere il diritto a un’informazione libera e pluralistaUn’informazione obiettiva, completa, imparziale, plura-le che mette al centro la vita delle persone e dei popoli è condizione indispensabile per la libertà e la demo-crazia. Sollecita la partecipazione alla vita e alle scelte della collettività; favorisce la comprensione dei feno-meni più complessi che attraversano il nostro tempo, promuovere il dialogo e il confronto, costruisce ponti fra le civiltà, avvicina culture diverse, diffonde e conso-lida la cultura della pace e dei diritti umani.

8. Fare dell’Onu la casa comune dell’umanitàTutti nelle Nazioni Unite, le Nazioni Unite per tutti. Se vogliamo costruire un argine al disordine internaziona-le, i governi devono accettare di democratizzare e raf-forzare le Nazioni Unite mettendo in comune le risorse e le conoscenze per fronteggiare le grandi emergenze sociali e ambientali mondiali.

9. Investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativaSenza una società civile attiva e responsabile e lo sviluppo della cooperazione tra la società civile e le istituzioni a tutti i livelli non sarà possibile risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo. Raf-forzare la società civile responsabile e promuovere la democrazia partecipativa è uno dei modi più concreti per superare la crisi della politica, della democrazia e delle istituzioni.

10. Costruire società aperte e inclusiveIl futuro non è nella chiusura in comunità sempre più piccole, isolate e intolleranti che perseguono cieca-mente i propri interessi ma nell’apertura all’incontro con gli altri e nella costruzione di relazioni improntate ai principi dell’uguaglianza e alla promozione del bene comune. Praticare il rispetto e il dialogo tra le fedi e le culture arricchisce e accresce la coesione delle nostre comunità. I rifugiati e i migranti sono persone e come tali devono vedere riconosciuti e rispettati i diritti fon-damentali. Queste priorità devono essere portate avanti da ogni persona, a livello locale, nazionale e globale, in Europa come nel Mediterraneo.Per realizzarle abbiamo innanzitutto bisogno di agire insieme con una strategia comune e la consapevolezza di avere un obiettivo comune.Per realizzarle abbiamo bisogno di dare all’Italia un go-verno di pace e una nuova politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande determinazione sulla costruzione di un’Europa dei cittadini, federale e de-mocratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una Co-munità del Mediterraneo che, raccogliendo la straordi-naria domanda di libertà e di giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest’area di grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti.

La redazione della Marcia

Vuoi contribuire a La Gazzetta?Invia il tuo articolo, meglio se corredato da immagini in allegato jpg, a: [email protected] oppure al fax 0434 253266. Per informazioni chiama il 348 8721497.Il termine ultimo per il numero di novembre è lunedì 24 ottobre alle ore 12.Ricordo a tutti/e che le immagini a corredo dei vostri articoli NON vanno impaginate all’interno del file word, ma devono essere inviate in allegato jpg (via mail) o consegnate a mano.

Il socio Fil ippo Rosa Gastaldo e la moglie Paola Treppo sono diventati genitori di Emma, nata il 10 settembre alle 4.29. Congratulazioni a papà e mamma e benvenuta Emma!

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15La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

Trieste

Formazione delle badanti direttamente al domicilio della persona assistita, al via in Friuli Venezia Giulia a partire dal 17 ottobre a Trieste un innovativo progetto pilota che prevede la realizzazione di sette corsi per assistenti familiari straniere non provenienti dall’Unio-ne Europea. Saranno oltre un centinaio le professio-nalità che verranno formate grazie a “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia”, progetto cofinanziato dal Fondo Europeo per l’Inte-grazione di cittadini di Paesi Terzi (Fei) 2007-2013 e dal Ministero dell’Interno.A realizzare il percorso formativo quattro Cooperative sociali della regione, le Cooperative Lybra (beneficia-rio capofila) e La Quercia di Trieste, la Cooperativa so-ciale Itaca di Pordenone e la Cooperativa Codess Fvg di Udine. Sette i corsi ed altrettante le sedi sparse in tutta la regione: oltre a Trieste e Muggia, in provincia di Gorizia a Monfalcone, in provincia di Udine a Cervi-gnano del Friuli, Tarcento e Tolmezzo, in provincia di Pordenone a Sacile.

Ciascun corso formerà 15 assistenti familiari straniere (extra Unione Europea) attraverso lezioni in aula (25 ore) e a domicilio (15 ore). Ogni ciclo formativo af-fronterà gli aspetti professionali del servizio di presa in cura con lezioni su tecniche di assistenza, primo soccorso e sicurezza sul lavoro, psicologia della re-lazione con le persone non autosufficienti, psicologia del lavoro in famiglia. Le date di partenza dei percorsi formativi sono così calendarizzate: la Cooperativa Lybra sarà la prima a partire il 17 ottobre a Trieste e poi a Muggia da gen-naio 2012; Codess Fvg aprirà il primo corso a Cervi-gnano del Friuli a fine ottobre e poi a Tolmezzo nel 2012; la Cooperativa sociale Itaca prevede infine un primo corso a Sacile in partenza da novembre, i corsi invece di Monfalcone e di Tarcento in fase di calenda-rizzazione.Articolato dunque il progetto che fornirà anche com-petenze utili all’integrazione delle assistenti nella so-cietà ospitante, attraverso moduli di lingua italiana applicata al lavoro di cura, normativa in materia di immigrazione e di lavoro, orientamento al sistema dei servizi territoriali socio-sanitari. Per coprire le assenze della lavoratrice durante le ore in aula, il datore di lavoro potrà usufruire del servizio di sostituzione da parte di personale qualificato.A rendere innovativo il progetto (uno dei 100 sele-zionati a livello nazionale su oltre 1000 proposte) è la formula “formazione in situazione” (couching on the job): per i moduli pratici, ogni assistente familia-re sarà infatti affiancata da un operatore qualificato nel settore dell’assistenza (assistenti domiciliari, Oss,

infermieri, psicologi), che offrirà consulenza sia sulla relazione con la famiglia sia sugli aspetti professionali del lavoro di cura.

La formazione a domicilio durante l’orario di lavoro porterà con sé un duplice valore aggiunto, consenten-do anzitutto di affrontare la frequente mancanza di preparazione professionale delle assistenti familiari – che spesso provengono da Paesi e occupazioni molto diversi dall’impiego attuale – senza pregiudicarne la presenza a casa della persona assistita. Usufruire del percorso formativo direttamente a casa della persona beneficiaria del servizio permetterà inoltre il coinvolgi-mento diretto della famiglia, attivando così un conte-sto di fiducia reciproca e garantendo non solo maggio-re competenza ma anche la supervisione sul corretto svolgimento dell’attività di cura.Già sperimentato con successo sul territorio nazionale in Emilia Romagna, Lombardia e Sicilia, il progetto pi-lota “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia” sarà a breve operativo grazie alle Coo-perative sociali Lybra, La Quercia, Itaca e Codess Fvg.

FVG: in partenza sette corsi per assistenti familiari

Formazione badanti a domicilio grazie alle Coop socialiIl progetto pilota “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia”

vede assieme Lybra, La Quercia, Itaca e Codess Fvg

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16 La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

Pordenone

Il 25 giugno 2007, attraverso la decisione del Consiglio dell’Unione Europea, è stato istituito il Fondo Europeo per l’integrazione dei cittadini di Paesi Terzi, per il pe-riodo 2007-2013, nell’ambito del programma generale “Solidarietà e Gestione dei flussi migratori”.Il Fondo ha lo scopo di aiutare gli Stati membri dell’Ue a migliorare la propria capacità di elaborare, attuare, monitorare e valutare tutte le strategie di integrazio-ne, le politiche e le misure nei confronti dei cittadini di Paesi terzi. Lo scambio di informazioni, buone prassi e la cooperazione possono aiutare e permettere a coloro i quali giungono legalmente in Europa di soddisfare le condizioni di soggiorno e integrarsi più facilmente nelle società ospitanti.Ed è proprio in termini di cooperazione che Itaca ha inteso realizzare un percorso formativo per l’integrazio-ne delle figure di assistenza e di cura, sul territorio del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con la Cooperati-va Lybra che ne è beneficiaria e capofila, la Cooperativa La Quercia e la Cooperativa Codess Fvg di Udine.Il progetto, denominato “Formazione in situazione: la-voro domestico e di cura in famiglia”, e cofinanziato dal Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini dei Paesi terzi e dal Ministero dell’Interno, ha un aspetto decisa-mente innovativo che risiede nel fatto che la formazione delle assistenti familiari verrà attuata, per alcuni moduli, direttamente presso il domicilio delle persone assistite.L’idea nasce dall’esigenza di migliorare il grado di inte-grazione nel territorio delle donne straniere, impiegate nel settore dell’assistenza alle persone non autosuffi-cienti. I servizi sociali territoriali infatti chiedono sem-pre più la compartecipazione delle famiglie nel sostegno alla non autosufficienza. Agli sforzi per sostenere i nu-clei familiari si devono aggiungere quelli per migliorare l’assistenza da parte delle lavoratrici straniere, tramite interventi formativi che permettano l’acquisizione delle competenze professionali.Si rende necessario pertanto fornire alle lavoratrici una serie di strumenti per acquisire competenze linguistiche e culturali che migliorino la loro integrazione nel territo-rio, migliorando in tal modo la comprensione del valore di cura che danno alla nostra comunità.Ad un fenomeno che si impone in maniera sempre più prepotente all’interno dei nostri servizi – quello dell’as-sistenza di persone anziane o comunque non autosuf-ficienti da parte di persone, il più delle volte, donne di origine straniera - si rende necessaria una risposta forte e concreta. Ovvero una “formazione costante” che accompagni queste nuove figure di cura, che molto spesso, oltre che provenire da Paesi e culture diver-se, hanno esperienze lavorative e titoli di studio molto lontani rispetto al settore nel quale sono invece attual-mente impiegate.Il progetto “Formazione in situazione: lavoro domestico

Assistenza, competenze linguistiche e conoscenza del territorioPiù integrazione per le donne straniere

Un programma innovativo coniuga tempo di lavoro e di formazionee di cura in famiglia” si propone, quindi, di promuovere l’integrazione delle donne straniere tramite la valorizza-zione dei loro percorsi formativi e attuando programmi innovativi che coniughino il tempo di lavoro con il tempo di formazione. In questo senso, la formazione a domici-lio permetterà, da un lato, all’assistente di migliorare le proprie competenze nell’attività di cura, dall’altro, sarà possibile coinvolgere anche le famiglie in un contesto di fiducia.All’interno del territorio del Friuli Venezia Giulia verran-no realizzati sette moduli formativi di 40 ore ciascuno, attraverso i quali verrà data ai lavoratori stranieri la possibilità di conciliare l’attività lavorativa con la for-mazione, offrendo loro delle attività didattiche che si svilupperanno sia in aula, previste in totale 25 ore, che presso il luogo di lavoro dove sono previste un totale di 15 ore.Ogni modulo formerà 15 assistenti familiari straniere, ex-tra Unione Europea. Le lezioni verteranno sulle tecniche di assistenza, primo soccorso e sicurezza sul lavoro, psi-cologia della relazione con le persone non autosufficien-ti, psicologia del lavoro in famiglia. Fornirà inoltre com-petenze utili all’integrazione delle corsiste nella società ospitante attraverso moduli di lingua italiana applicata al lavoro di cura, verranno affrontati moduli normativi in materia di immigrazione e di lavoro, orientamento al sistema dei servizi territoriali socio-sanitari. Le attività del progetto saranno realizzate in sette terri-tori corrispondenti ad altrettanti Ambiti socio assisten-ziali, raggruppati in tre aree: Area 1, di competenza territoriale della Cooperativa Lybra, Comune di Trieste e Ambito 1.3 Muggia, San Dorligo della Valle; Area 2 di competenza territoriale della Cooperativa Itaca, Sacile, Tarcento e Monfalcone; e Area 3 di competenza del-la Cooperativa Codess Fvg per l’area di Cervignano e Ass3 Tolmezzo. La Cooperativa La Quercia collaborerà con la Cooperativa Lybra alla realizzazione delle attività nell’Area 1.L’auspicio è che questo tipo di percorso possa au-mentare le competenze linguistiche specifiche delle assistenti familiari straniere, migliorando la loro cono-scenza del contesto normativo e socio-economico della società ospitante. Sarà fondamentale inoltre potenziare le competenze professionali nel campo dell’assistenza, favorendo la conciliazione della loro attività lavorativa con il tempo di formazione tramite percorsi formativi in situazione.Dato fondamentale di questo tipo di percorsi formativi, che coniugano la formazione centrata sulle tecniche di assistenza con quella finalizzata a potenziare le com-petenze linguistiche e la conoscenza del territorio di ri-ferimento, riguarda la possibilità di arricchire la qualità del lavoro da un lato e ampliare la consapevolezza dei diritti e doveri delle donne straniere dall’altro.

Stefania DE MARCO

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17La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

Distretto Nord di Maniago - SpilimbergoSSA e SET: Itaca confermata fino al 2016

Il servizio ex lege 41 è rivolto a persone disabiliManiago

Puntavano all’85% sulla qualità del servizio e solo al 15% sull’offerta economica i criteri di aggiudicazione di “Ssa” e “Set”, la cui procedura di gara era stata resa pubblica dal Comune di Maniago, ente gesto-re del servizio per i 24 Comuni del Distretto Nord, a fine maggio. Ingente l’importo complessivo oggetto dell’appalto, pari a 4,1 milioni di euro. Si tratta dei servizi di Sostegno socio assistenziale e Socio edu-cativo territoriale ex lege 41 rivolti a persone disabili, maggiorenni e minorenni, residenti nel Maniaghese e nello Spilimberghese.Il servizio è stato riacquisito dalla Cooperativa Ita-ca e prevede una copertura dal primo settembre di quest’anno sino al 31 agosto 2016. Ventiquattro, si di-ceva, i Comuni coinvolti e tutti appartenenti alla fascia montana e pedemontana. Si tratta di Andreis, Arba, Barcis, Castelnovo del Friuli, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Clauzetto, Erto-Casso, Fanna, Frisanco, Medu-no, Montereale Valcellina, Pinzano al Tagliamento, Sequals, San Giorgio della Richinvelda, Spilimbergo, Tramonti di Sopra, Tramonti di Sotto, Travesio, Vajont, Vito d’Asio, Vivaro.Gli interventi riguardano in particolare l’ambito sco-lastico con il sostegno socio assistenziale in istituto, le attività integrative di valenza socio educativa negli asili nido e nelle scuole di ogni ordine e grado, come anche l’ambito extra-scolastico con i trasporti indivi-duali ed il servizio di aiuto personale.

Un servizio oltremodo delicato quello coperto da Ssa e Set, che viene delegato dalle Amministrazioni locali e dai Servizi sociali con molta attenzione viste anche le finalità dello stesso, rivolte principalmente all’integra-zione delle persone diversamente abili. Tra gli obietti-vi il mantenimento della persona disabile nel proprio contesto abitativo, sociale ed affettivo, l’integrazio-ne scolastica, sociale e lavorativa, il mantenimento dell’autonomia residua. Ma anche il sostegno alla fa-miglia nella funzione educativa e socio-assistenziale, nonché l’attuazione del progetto individuale mirato all’autonomia e all’integrazione della persona svan-taggiata. Infine prioritarie per una corretta attivazione del servizio la promozione all’autonomia personale, lo stimolo delle abilità ed il supporto educativo.La Cooperativa Itaca collabora dal 1998 con il Comu-ne di Maniago in qualità di ente gestore dell’Ambito distrettuale 6.4 nell’attuazione dei Servizi di Sostegno socio assistenziale e Socio educativo territoriale per le persone disabili nella logica dell’imparare dall’espe-rienza. Il territorio di competenza dell’Ambito 6.4 si caratterizza per la sua vastità e discontinuità demo-grafica: accanto ai grandi Comuni di pianura (con po-polazione superiore ai 10 mila residenti) è presente infatti un numero consistente di Comuni di media o piccola ampiezza, con una decisa frammentazione e diversità delle richieste di priorità d’intervento da par-te dell’utenza disabile del territorio.

Fabio DELLA PIETRA

Pordenone

L’Agenzia Nazionale per i Giovani ha accreditato in qua-lità di Organizzazione di Ospitalità e Coordinamento nell’ambito del Programma Gioventù in Azione – Ser-vizio Volontariato Europeo - la Cooperativa Itaca. La validità di tale accreditamento è triennale e per Itaca avrà scadenza il 3 agosto 2014.Il Servizio Volontario Europeo - (Gioventù Az. 2) per i Giovani (Sve) propone una particolare esperienza di formazione a tutti i giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, che hanno l’occasione di conoscere meglio un altro Paese, un’altra cultura, un’altra lingua, par-tecipando alla realizzazione di un progetto. Quindi il servizio volontario europeo sostiene i servizi volontari transnazionali dei giovani.Lo Sve aspira a sviluppare la solidarietà e a promuovere la tolleranza fra i giovani, in primo luogo per rafforzare la coesione sociale nell’Unione Europea. Promuove la

cittadinanza attiva e migliora la comprensione recipro-ca. Inoltre è un servizio di “apprendimento”: attraverso le esperienze di approfondimento non formale i gio-vani volontari migliorano e/o acquisiscono competenze a vantaggio del loro sviluppo personale, formativo e professionale nonché della loro integrazione sociale. Gli elementi dell’apprendimento consistono nella defi-nizione comune dei risultati, processi e metodi che si attendono dalla formazione, nella certificazione delle competenze acquisite, nella partecipazione del volonta-rio al ciclo di formazione Sve e nella fornitura costante di supporto basato sui compiti da svolgere nonché di sostegno linguistico e personale.Dopo diversi anni dalle prime esperienze, Itaca si pre-para quindi ad ospitare nuovamente giovani europei che vogliano vivere quest’avventura. Il primo servizio che abbiamo accreditato è la nostra Comunità d’acco-glienza di via Ricchieri a Pordenone.

Chiara PIZZATO

Itaca ottiene l’accreditamento per il Servizio di Volontariato Europeo

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18 La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

Portogruaro

Il tema di Orchestrazione n. 19 (dicasi diciannove… anni di ricerca artistica…) è l’attesa. Ma cos’ha a che fare con l’atte-sa? Ben poco se la intendiamo nel senso di uno stato di passiva inattività, molto se invece l’assumiamo come un tendere a..., come una condizione di attivazione protesa verso ciò che può avvenire.L’attesa si può infatti intendere a par-tire da due diverse prospettive, una di chiusura nella difesa della proprie posizioni consolidate, si tratta in tal caso di un’attesa che ci consuma, come quella del Tenente Dogo nella fortezza Bastiani, e l’altra invece protesa verso la creazione di un orizzonte da tenere aperto e nel quale ciò o colui che sta per venire possa trovare spazio.L’attesa implica quindi un lavoro cronologicamente orientato verso il futuro. È in tal senso che si parla di attesa in ambito religioso ma che intendiamo an-che la maternità, come un’attesa. L’attesa allora non va disgiunta da un concetto che apparentemente le si

Portogruaro 15-22 ottobreOrchestrazione n. 19

Edizione 2011: L’Attesaoppone, quello di sorpresa. Già Eracli-to affermava che “chi non si aspetta l’inaspettato non scoprirà la verità”, questo perché anche il sorprendente deve trovare uno spazio in cui possa presentarsi a noi, e senza una tale di-sposizione passerebbe inosservato. A nostro avviso quindi il ruolo della po-esia e dell’arte sta proprio nel tenere aperto questo orizzonte di attesa in cui anche l’inatteso possa darsi.

Organizzazione: Associazione culturale Porto dei Benandanti con il sostegno del Comune di Portogruaro (Ve)

Dove Portogruaro, Galleria Ai Molini e dintorni, sede del Porto dei Benandanti, Studio ArkemaQuando Dal 15 al 22 ottobre 2011Chi 100 e più artisti, performers, attori, registi, musicisti…

Info 339 3215592 - www.portodeibenandanti.org - http://orchestrazioni.splinder.com/

Orari 15/10/11 16/10/11 21/10/11 22/10/1118.00 Presentazione Orchestrazione

19

18.30 “Asino che legge”Mirco Stefanon e Gazza ladra Presentazione libro

Simone Marcuzzi e FedericaManzon Presentazione incrociata libri

19.00 Inaugurazione mostra Presso Studio ArkemaTeresa Perulli

“Aracati” performance teatrale a cura di Officine Duende

19.30 “Qohelet” lettura a cura di Stefano Momentè

20.00 Nutri_menti: sorpresa + musica live

Nutri_menti: Polenta + formaggio/salame

20.30 Performance Musicale

21.00 Piero Simon Ostan e Le cose sicure performance poetica musicale

“Incroci” Performance finale dello stage teatrale

“Alogena”Performance musicale

21.30 Teatro del Bagatto, Fabriano“La collina, non al denaro, non all’amore né al cielo”

“Trentuno piccoli scatti e scritti “Linea B/N editore Presentazione libro

22.00 Demodè “le parole al vento”Presentazione CD

Orchestra cortile Performance musicale

22.30 Flavio di Nardo “The soloist” performance elettronica

Eventi Orchestrazione n. 19 - L’Attesa

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19La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

Reportage fotografico della manifestazione “ApertaMente” a Fossalato

Fabio Franzin presentato da Francesco Tomada Musica dal Consiglio Comunale Pubblico attento alle poesie di Fabio Franzin Pubblico di ApertaMente a Fossalato Valentina Bortolussi e dott. Angelo Pancheri

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20 La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

E io spettatore sedutoIn una sala vuota,

i palchi deserti, le luci spente,resto il solo del mio tempo,

davanti al sipario abbassato,con il silenzio e la notte

F.R. Chateaubriand

Sacile

L’area Domiciliare Anziani organizza il 28 ottobre a Sacile, in collaborazione con l’Ambito di Sacile, una tavola roton-da avente come argomento lo sviluppo della domiciliarità. “Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità. Un ponte fra passato e futuro” nasce come idea dal lungo la-voro svolto dall’area che ha visto la responsabile Leopoldi-na Teston intervistare l’84% dei responsabili di Ambito del Friuli Venezia Giulia e che merita alcune riflessioni sui dati emersi. A ciò va aggiunto il lavoro che si sta realizzando in regione sul piano dello sviluppo della domiciliarità.Diversi gli spunti di riflessione dell’appuntamento conve-gnistico sacilese, che qui di seguito si riassumono.

Diventare anziani oggi: bisogni, pregiudizi e opportunitàLa solitudine e le conseguenze dell’emarginazione. Pensare e progettare servizi, iniziative culturali, strutture per per-sone anziane oggi richiede uno sforzo di approfondimento anche sociologico e una vision proiettata verso il futuro.

La vecchiaia come risorsa: il volontariato attivoPresentazione di una esperienza da parte di una asso-

28 ottobre Tavola rotonda a SacileDall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità

Un ponte fra passato e futuro

ciazione di volontariato.

La non autosufficienza e la deprivazione socio eco-nomica. Lo stato dell’arte in FvgStudi nazionali e internazionali segnalano una relazione tra deprivazione socio economica e rischio di disabilità e non autosufficienza.

Il piano della domiciliarità: l’esperienza dell’Ambito di SacileL’ambito socio assistenziale, assieme al Comune di Sacile, ha avviato un lavoro inerente il tema della domiciliarità che verrà illustrato durante i lavori della giornata.

L’evoluzione delle professioni di cura nei servizi socio assistenzialiDal cambiamento dei bisogni al cambiamento delle risor-se e la qualità attesa dell’utente.Modelli a confronto: scambi di esperienze fra le regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto.Le carte vincenti sono senza dubbio l’efficienza gestionale basata su flessibilità e competenze diversificate nell’ero-gazione, sotto la stessa unità di direzione, di attività svolte in regimi giuridici e organizzativi diversi.

La giornata di lavoro – che sarà dedicata alla discussione del “fenomeno” della popolazione anziana che vive al’in-terno del proprio domicilio - avrà l’obiettivo di aprire rifles-sioni e fare il punto sull’avanzamento relativo alle azioni innovative di sistema, attraverso le quali ci si propone di incrementare l’efficacia delle politiche regionali a favore della popolazione tutta.

“Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità. Un ponte fra passato e futuro”

Sacile, Venerdì, 28 ottobre 2011SacilePalazzo Ragazzoni – V.le ZancanaroOrario 08.30 - 14.30

Orari Attività Relatori 08.30-09.00 Registrazione partecipanti

9.00-9.15 Saluti autorità:Sindaco Sacile

9.15 – 9.45 “Le politiche Regionali per la non autosufficienza”

Dott.ssa Faggionato Annalisa

9.45-10.15 Diventare anziani oggi:Bisogni, pregiudizi e opportunità.La solitudine e le conseguenze dell’emarginazione

Dott. Bonati

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21La Gazzetta | Ottobre 2011IN pRIMO pIANO

Al via le iscrizioni ai corsi di Competenze minimePordenone

Partono i corsi per le competenze minime nell’assistenza destinati sia ai disoccupati, sia a coloro che risultano occupati nel settore socio assistenziale, ma privi di titolo professionale. Il progetto prevede la realizzazione di 14 percorsi formativi che si terranno sul territorio del Friuli Venezia Giulia (tre a Trieste, due a Pordenone e Udi-ne, e uno ciascuno a Monfalcone, Cervignano del Friuli, Tolmezzo, Gemona del Friuli, Martignacco e Rivignano), principalmente destinati alle persone disoccupate, oltre a quelle in cassa integrazione e in mobilità (è possi-bile anche l’iscrizione di soggetti operanti nel settore con occupazione precaria, come ad esempio i lavoratori assunti a tempo determinato, per maggiori chiarimenti occorre contattare direttamente gli enti attuatori, che sono Enaip, Ires, Indar e Cramars).Sono state inoltre approvate dall’Autorità di gestione del Fondo Sociale Europeo, le graduatorie per altri 12 corsi promossi direttamente dalle imprese per la qualificazio-ne del loro personale. A fronte del fabbisogno evidenzia-to dalla Cooperativa e dagli stessi operatori, anche Itaca ha presentato domanda per la realizzazione di tre inter-venti, che avranno sede a Maniago, Pordenone e Udine. In altri territori (Trieste, Tolmezzo e Gorizia) la Coop ha collaborato con altrettanti enti esterni (Irsses, Cramars e Enaip) per la progettazione di corsi pluriaziendali ai quali potrà iscriversi anche personale di Itaca.

10.15- 10.30 “Vicini di casa: ieri, oggi e domani” Presidente Auser Provinciale di Pordenone

Esperienza progetto Munus nel territorio della bassa friuliana

Privato cittadino

10.30-11.00 Presentazioni esiti interviste ai Responsabili degli Ambiti.Un campo di riflessione.

Coop ItacaTeston Leopoldina

11.00 -11.20 Pausa caffè

11.20-12.30 Il piano della domiciliarità: l’esperienza dell’ambito di Sacile.

L’evoluzione delle professioni di cura nei servizi socio assistenziali.

La qualità attesa dell’utente.

“ I servizi Sociali in Accreditamento”

Dott. Roberto OrlichDott.ssa Katia Pantarotto

Dott.ssa E. Naibo

Un’esperienza del Veneto Dott. Antoniazzi Mauro(ULSS 7 Pieve di Soligo)

Dott.ssa Anna Zennarolla

12.30-13.00 Spazio dibattito e prime riflessioni Presidente Itaca

13.00- 14.00 Conclusioni Ass. Sernagiotto (Veneto)Ass. Kosic (FVG)

Dal 2005 ad oggi, sono stati approvati dalla Regio-ne oltre 200 corsi validi per il conseguimento delle competenze minime nei processi di assistenza alla persona, in tutte le aree territoriali del Friuli Venezia Giulia. Il progetto ha permesso ad oltre 3 mila opera-tori di acquisire quelle competenze che concorrono al mantenimento dei livelli assistenziali di base sia nelle strutture, che a domicilio. “Credo – ha spiegato qual-che giorno fa l’assessore regionale al Lavoro Angela Brandi - si possa dire superata la situazione di criti-cità rappresentata a suo tempo dal fatto che un gran numero di operatori era privo di una formazione ade-guata. Infatti, il possesso dell’attestato relativo alle ‘competenze minime’ rappresenta oggi anche un’op-portunità per gli operatori che mirano ad una crescita professionale, in quanto - conclude l’assessore - lo stesso titolo, oltre alla immediata spendibilità, costi-tuisce un credito formativo per la successiva qualifica di Operatore Socio Sanitario, spendibile attraverso la frequenza ai corsi di ‘misura compensativa’ che sa-ranno avviati entro il mese di ottobre”.Alla luce di queste dichiarazioni, confidiamo nella prossima attivazione dei corsi compensativi per chi è già in possesso del titolo di competenze minime, e attende di concludere la formazione e acquisire il titolo Oss.

Chiara PIZZATO

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22 La Gazzetta | Ottobre 2011ATTuALITà

Aumentate negli ultimi tre anni le imprese sociali in difficoltàCooperative sociali: sono in crisi quattro su dieci

Lo rivela l’indagine dell’Osservatorio Isnet su 400 Coop sociali italiane

Trento

In soli tre anni brusca crescita delle imprese sociali in difficoltà, secondo la rilevazione dell’Isnet: dal 15% del 2007 al 39% del 2010. Calate del 19% le organiz-zazioni che hanno registrato una crescita economica.Cresce la preoccupazione nel mondo della cooperazio-ne sociale per i tagli agli enti locali e le attese riper-cussioni sugli appalti. Il livello di tensione assume ora contorni definiti grazie all’indagine dell’Osservatorio Isnet, che da cinque anni monitora un panel di 400 cooperative sociali distribuite in tutt’Italia.

Secondo l’ultima rilevazione, condotta nel mese di marzo 2011, cresce del 23,7% la quota di realtà che si percepisce in una fase critica. Se il dato del 2007 si assestava sul 15%, in soli tre anni è schizzato a quota 39%. Parallelamente, sono calate del 19% le organiz-zazioni che hanno registrato una crescita economica (dal 44% del 2007 al 25% del 2010).Il 2011, d’altro canto, al mo-mento della rilevazione non prometteva niente di buono: il 39,8% del campione pre-vedeva nuove difficoltà. In particolare, tra le organizza-zioni che già si sentivano in crisi, oltre la metà (55,1%) pensava che la situazione non sarebbe migliorata. C’è però anche un 32,8% che prevedeva stabilità, mentre il 27,5% del campione si aspet-tava un 2011 di crescita.Per la sopravvivenza di una cooperativa è fondamentale

una buona gestione delle relazioni con la pubblica am-ministrazione, gli enti e le altre cooperative o associa-zioni. L’indagine, non a caso, mette in luce il rapporto direttamente proporzionale tra capacità relazionale e andamento economico:“Il 41,9% delle organizzazioni che ha aumentato in modo soddisfacente le proprie relazioni ha registrato una crescita – si legge nel report -, contro il 9,2% delle organizzazioni che ha diminuito i rapporti e non è soddisfatto”. Anche nei casi virtuosi, però, iniziano a vedersi delle crepe per il perdurare della crisi eco-nomica: “Le organizzazioni in difficoltà – avvertono i ricercatori Isnet – sono in leggero aumento tra quelle con gli indici relazionali più alti”.Nel dettaglio, risulta in aumento il numero di orga-nizzazioni che dichiarano rapporti in diminuzione con gli enti locali (+6,7%), anche se aumenta la quota dei soddisfatti di queste relazioni (+9,5%). “A fronte di una costante diminuzione dei rapporti con gli enti locali e gli enti pubblici – si legge nel report -, alcune cooperative sociali vedono nelle aziende un interlocu-tore alternativo”. Aumenta del 3%, infatti, la percen-tuale di organizzazioni che ha rapporti con le aziende profit (dal 16% al 19%) e migliorano anche gli indici di soddisfazione (55% nel 2011, contro il 48,1% del 2010). In crescita anche il numero dei soddisfatti nel rapporto con gli enti pubblici, come le Ausl: dal 36,1% registrato nel 2010 al 43,5% del 2011. Quanto ai rap-porti con le altre organizzazioni, sono praticamente invariati rispetto alla rilevazione precedente.

Fonte: http://impresasociale.net

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23La Gazzetta | Ottobre 2011ATTuALITà

Mentre militanti del Prc ma anche del Pd contestano la gara inventata da Bossi e gli amministratori di centro-sinistra negano il passaggio sui loro territori, Coopsette e Unieco sponsorizzano la kermesse delle due ruote targata Lega. Le due mega cooperative di costruzioni con sede a Reggio Emilia hanno fatturati importanti in Italia e all’estero. Coopsette: “Nessun problema, siamo un’impresa dalla mentalità aperta”

Due colossi del mondo cooperativo rosso dell’Emilia Ro-magna, le imprese di costruzione Coopsette e Unieco, sono tra gli sponsor del Giro della Padania promosso dalla Lega Nord. Mentre militanti dei partiti di sinistra, del Prc ma anche del Pd, contestano la gara ciclistica e gli amministratori di centrosinistra hanno negato il passaggio sui loro territori, come accaduto a Piacen-za, le due mega cooperative di costruzioni con sede a

Così le coop rosse hanno finanziato il Giro della Padania

“Coop sociali: reinventarsi per sopravvivere”Trento

Una stagione di grandi cambiamenti aspetta la coope-razione sociale, soprattutto a causa dei tagli agli enti pubblici, che saranno costretti a chiudere i rubinetti degli appalti. O ci si reinventa o si muore: non c’è altra via secondo Carlo Borzaga, economista trentino presidente della rete Iris. Che il momento sia delicato è reso evidente anche dai dati Isnet, secondo cui cre-scono le organizzazioni sociali che si sentono in una fase critica.

L’Osservatorio Isnet, da cinque anni monitora un pa-nel di 400 cooperative sociali distribuite in tutt’Italia. Secondo l’ultima rilevazione, condotta nel mese di marzo 2011, aumenta del 23,7% la quota di realtà che si percepiscono in una fase critica. Se il dato del 2007 si assestava sul 15%, in soli tre anni è schizzato a quota 39%. Parallelamente, sono calate del 19% le organizzazioni che hanno registrato una crescita eco-nomica (dal 44% del 2007 al 25% del 2010).

Borzaga, lei ha commentato i dati parlando della “fine di un ciclo”. Che cosa intende?I dati testimoniano la fine del ciclo espansivo basato sull’esternalizzazione, che è iniziato negli anni ‘90 con il crescente impegno degli enti pubblici nel welfare tramite la cooperazione. Questo portò alla crescita del numero di cooperative sociali, passate da 2mila alle 14 mila attuali. Ebbene, ora quella spinta si è esaurita: di risorse nuove non ce ne sono. Gli enti non cancelleranno quello che già c’è, ma tenteranno di ridurre i costi. Qualche cooperativa si troverà in difficoltà, perché a fronte degli stessi bisogni ci saranno meno risorse. Ma va anche detto che, al mo-mento, c’è una buona copertura dei bisogni.

Tuttavia ci sono sempre nuovi bisogni cui si deve dare risposta.Certo, ne stanno emergendo di nuovi, che difficilmente saranno coperti dagli enti pubblici. Le cooperative han-no il problema di reinventarsi e per farlo ci sono strade diverse: le realtà di tipo B (per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate) devono puntare – e alcune già lo stanno facendo – su nuovi mercati, nuovi settori. Ci sono già esperienze positive nell’ambito dell’agricoltura sociale, delle nuove energie, dei rifiuti. Serve, insom-

ma, una combinazione di più fonti di risorse e nuove opportunità occupazionali.

Quindi la strada maestra è quella di una conqui-stata autonomia?Sì, le cooperative devono sganciarsi dalla pubblica am-ministrazione andando verso settori non tradizionali, ol-tre la gestione del verde e le pulizie, per intenderci.

Quanto alle cooperative di tipo A?Le A (servizi socio assistenziali ed educativi alla per-sona, ndr) si stanno orientando verso la domanda pa-gante. Tra il 40% e il 50% delle cooperative dicono di erogare servizi gratuiti o ribassati ai soggetti svan-taggiati e non tutelati dal pubblico. Le risorse per far questo si trovano facendo pagare di più in percentuale ai benestanti. Poi c’è tutto il discorso della creazione di network, tramite il coinvolgimento delle aziende, ad esempio. E ci sono i voucher, strumento utile perché semplifica il rapporto tra cooperative ed ente pubblico e perché attiva la domanda privata. In Belgio questo funziona molto bene.

La situazione, perciò, non è tragica…Siamo in una fase di ripensamento del ruolo. Qualcuno certo ne uscirà con le ossa rotte se è troppo dipendente dal pubblico, ma non credo che sia neces-sariamente un male, perché riporta la cooperazione so-ciale alla sua origine, quando era forte la componente del volontariato.

Secondo lei ci sono i tempi per avviare concreta-mente questo cambiamento?Qualche cooperativa avrà il tempo e le risorse per avviare la riconversione, qualcuna l’ha già iniziata, qualcun’altra no e magari chiuderà o sarà inglobata. Ma questo è normale: siamo nel mondo dell’impresa. Chiuderanno alcune realtà, ma probabilmente ne nasceranno di nuo-ve. Certo, si ridurranno i tassi di crescita, ma questo non significherà minore capacità di erogare servizi. Ci sarà molto movimento che potrebbe portare, alla fine, perfino a un incremento dei servizi. Non mi aspet-to una crisi del modello, ma una sua trasformazione.

Fonte:Redattore Sociale

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24 La Gazzetta | Ottobre 2011ATTuALITà

Reggio Emilia e fatturati importanti in Italia e all’estero hanno deciso di essere di mettere mano al portafogli e finanziare l’iniziativa promossa dal Carroccio tramite regolarissimi contratti di sponsorizzazione.

“Collaboriamo per raggiungere un pubblico numeroso”. Per Coopsette nessun problema. “Siamo un’impresa dalla mentalità aperta e non ci spaventa sponsorizzare eventi come la festa del Pd, il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini oppure il Giro della Padania”, afferma il vice presidente Flavio Ferrari. Il numero due di Coopsette evita qualsiasi accenno alle polemiche e gli scontri che stanno avvenendo nel corso delle tappe di una competizione sportiva che pur conta sul rico-noscimento dell’Uci, l’Unione ciclistica internazionale. “Non entriamo nel discorso”, dice infatti Ferrari. “Noi non facciamo discriminazioni scegliendo di collaborare con amministratori di tutti i colori per raggiungere un pubblico numeroso”.

Del resto business is business e, si sa, la pubblicità – fatta anche attraverso un marchio che compare sullo sfondo in una discussa manifestazione sportiva – ne è l’anima. Ma come si è arrivati alla sponsorizzazione da parte delle due coop rosse? Il deputato leghista di Reggio Emilia Angelo Alessandri, che è anche pre-sidente dalla commissione ambiente e lavori pubblici della Camera spiega: “Il Giro di Padania è una bella opportunità. Gli sponsor sono stati cercati dal territo-rio e sul territorio, attraverso Province e Regioni che si sono mosse e hanno chiesto a vari soggetti economici. Coopsette e Unieco? Sono state individuate dal comi-tato promotore, che non è neanche tutto targato Lega Nord. Da dove siano arrivate queste sponsorizzazioni non ci interessa. A noi interessa che sia stato svolto l’evento. Niente di politico. Peccato che qualcuno non lo capisca e strumentalizzi la cosa”.

Costruzioni anche all’estero, dalla Bulgaria alla Turchia. Già, a una manifestazione serve denaro perché venga realizzata. E bussando a questi due colossi si sapeva che qualcosa si sarebbe potuto mettere insieme. Unie-co, “costruttori dal 1904”, come racconta sul suo sito, è accreditata tra i primi 10 general contractor italiani

e lavora tra edilizia, laterizi, settore ferroviario e am-biente varcando anche i confini nazionali. Lo scorso 5 settembre, infatti, annunciava la prossima realizzazione di una discarica a Sofia, Bulgaria, in consegna per il 2013, mentre tra altri lavori recenti compaiono centri commerciali, poli scolastici e tangenziali.

Coopsette, invece, segna le sue origini all’inizio del Nove-cento dandosi forma aziendale nel 1977, dopo l’unifica-zione di alcune cooperative edili. Con un valore della pro-duzione nel 2011 di 500 milioni di euro e 870 dipendenti, si muove in settori molti simili a quelli dell’altra realtà coo-perativa emiliana arrivando anche in Turchia, dove segue, all’interno di un raggruppamento temporaneo d’imprese, dell’ampliamento della tramvia di Kayseri.

Nel passato qualche ombra: tangentopoli e i sospetti sui subfornitori. Dopo gli inciampi giudiziari degli anni No-vanta, però, prendono le distanze da qualsiasi schizzo di fango venga rivolto a loro. Due decenni fa, ai tempi di tangentopoli, entrambe finirono nel mirino della procura di Milano per gli appalti della metropolitana del capoluo-go lombardo. La magistratura era tornata poi a occupar-si di Unieco nel 2008. La procura di Lucca voleva infatti vederci meglio negli incartamenti relativi alla costruzione di un pontile al lido di Camaiore e di un plesso scolastico. E da Reggio Emilia si rispondeva che tutto era regolare tanto che nessun esponente della cooperativa emiliana risultava raggiunto da informazioni di garanzia.

Ma ancora, più recentemente, una pubblicazione e la stampa locale avevano sollevato sospetti a proposito di subfornitori delle due cooperative, subfornitori che si dicevano in odor di criminalità organizzata. “Le ditte richiamate”, avevano ribattuto le società, “sono state fornitrici delle nostre cooperative come di altre centi-naia di imprese. Coopsette e Unieco seguono rigoro-samente tutte le procedure e le norme previste dalla legge e operano esclusivamente con imprese in regola con i controlli effettuati dagli apparati dello Stato”.

Antonella BECCARIA e Matteo INCERTIFonte: ilfattoquotidiano.it

Un pomeriggio d’estate in una grande città. Poca gen-te in giro. Dall’androne di un palazzo esce un giovane dall’età indefinibile con un cane al guinzaglio. E’ Mario M., un ragazzo down con il suo cane. Il giovane barcol-la leggermente mentre il cane tira dritto, sa benissimo dove andare, conosce a memoria la strada fino al giar-dino pubblico più vicino. Per un down, portare a spasso il cane, in una grande città - siamo a Palermo - è un segno di forte autonomia, una scommessa. Basta poco - una leggera indecisione mentre attraversa la strada - per finire sotto un autobus - o mostrarsi insicuro - per

essere avvicinato da sconosciuti e correre il rischio di essere derubato di qualsiasi cosa, perfino del cane. Ma Mario accetta la scommessa ogni giorno, felice di anda-re incontro alla vita.Anche Giusi Spagnolo, palermitana affetta da sindrome di down, ha deciso di andare incontro alla vita. Il 21 marzo, Giornata mondiale sulla sindrome di down, si è laureata in Beni demoetnoantropologici alla facoltà di Lettere dell’università di Palermo, presentando una tesi sul ruolo del gioco nell’apprendimento. Giusi ha sempre cercato di evitare che etichette e

Le sfide emergenti della disabilitàIntervista ad Antonello Mura

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definizioni le piombassero addosso come un maci-gno. «Io non sono down, sono Giusi, Giusi Spagno-lo», ripete sin da piccola a parenti ed amici. Una affermazione di identità che rifiuta la marginalità e si apre alla costruzione di un progetto di vita. A Giusi aver conseguito la laurea a 26 anni non basta: «Mi piace lavorare con i bambini - racconta - spero di poterlo fare sul serio».Il 18 maggio, Claudio Imprudente, un ragazzo interessa-to da una tetraparesi distonica, ha conseguito la laurea honoris causa in Scienze della formazione presso l’Alma Mater di Bologna, per gli apporti al processo di inte-grazione. Potrà sembrare a qualcuno come una laurea pietosa, buonista, quasi un risarcimento alla disabilità. «In realtà il riconoscimento non è tanto alla persona ed alla sua vita, ma alle proposte che ha portato avanti e dimostrato», commenta il pedagogista Andrea Caneva-ro, che ha proposto la candidatura di Imprudente.E’ dunque possibile al soggetto che vive una difficoltà o una disabilità organizzarsi attorno ai propri limiti per superarli, sviluppando un percorso di «resilienza» do-vuto anche, ma non solo, alle sue caratteristiche perso-nali. Malattia, sofferenza, poste in relazione con l’am-biente (fisico, culturale, politico, sociale), condizionano le possibilità di realizzazione di ognuno di noi: questa relazione è ciò che oggi l’OMS e l’ICF (Classificazio-ne Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) intendono con il termine «disabilità». Ne consegue che la possibilità di contrastarla, ridurla o annullarla deve partire da un approccio multidimensio-nale. Per cercare di capire in quale direzione si muove oggi la Pedagogia Speciale, approfondiamo l’argomen-to con Antonello Mura, professore associato presso l’Università di Cagliari dove insegna Pedagogia Speciale e Metodologia e modelli della didattica Inclusiva. Socio fondatore e componente del Consiglio direttivo della Società Italiana di Pedagogia Speciale, Mura è curatore (e tra gli autori ) del saggio «Pedagogia speciale oltre la scuola» (Edizioni FrancoAngeli).

Professor Mura, il titolo del volume da lei curato delinea l’esigenza di andare oltre il già noto, non per disconoscerlo, ma per innestarvi nuova lin-fa vitale. Quali sono le dimensioni emergenti nel processo di integrazione culturale e sociale delle persone con disabilità?Il processo di integrazione è un itinerario culturale lun-go e complesso che coinvolge differenti soggetti e com-petenze e che nel nostro Paese ha una storia ormai quarantennale. Pur costellato di tante luci sono pre-senti anche delle zone d’ombra, per esempio pur ne-cessitando di un continuo miglioramento nella qualità dell’organizzazione, non si può negare che la scuola e i servizi di riabilitazione siano stati a lungo i temi domi-nanti nell’attenzione politico-sociale. Nel contempo lo studio approfondito di tali settori ha fatto emergere la necessità di pensare in maniera più ampia la realizza-zione della persona. Il volume rappresenta tale esigen-za e identifica alcune delle molteplici e per certi versi ancora latenti dimensioni di vita. Il tema dell’accessi-bilità finora considerato esclusivo appannaggio di un

sapere tecnico e specialistico, se letto pedagogicamen-te diventa pre-condizione di ogni possibilità realizzativa per il soggetto. In tal senso si innestano nella riflessio-ne pedagogica aperta dall’accessibilità gli altri temi del volume come l’identità, la progettazione integrata tra i servizi, l’autoimprenditorialità lavorativa, la sessualità, le problematiche di genere, la vita indipendente ed i rapporti tra disabilità ed etica.

Per prima cosa una persona con disabilità deve riuscire a superare la distanza tra il limite vissu-to e la sua rappresentazione. La Pedagogia Spe-ciale può impegnarsi nello sforzo di promuovere una sana e vitale rappresentazione di sé in chi vive una disabilità?Il compito della Pedagogia Speciale è eminentemente quello di favorire l’emergere di una soggettività autenti-ca e dunque di far assumere alla persona interessata da disabilità capacità di autodeterminazione e orientamen-to nelle proprie scelte di vita. Si tratta di un percorso non semplice poiché i pregiudizi e gli stereotipi culturali e sociali hanno per un tempo lunghissimo rinviato alla persona in situazione di disabilità un’immagine nega-tiva che, come scrive Montobbio, l’hanno fatta sentire un soggetto in costante terapia e dunque necessitante di assistenza. La Pedagogia Speciale è in parte riuscita a scardinare tale concezione e a dimostrare che, se la persona è supportata da una rete di sostegno diffusa, non vi sono limiti alle possibilità di emancipazione e realizzazione personale.

L’individuo con disabilità è portatore di bisogni educativi speciali. Può parlarci dei bisogni edu-cativi speciali?Il concetto di bisogno educativo speciale risponde mol-to efficacemente alla nuova definizione della disabilità esplicitata della Classificazione Internazionale del Fun-zionamento, della Disabilità e della Salute come «con-seguenza o risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui l’individuo vive». Risulta evidente che contraria-mente a quanto si è pensato per millenni, il focus del problema non può più considerarsi il deficit, poiché i fattori personali ed ambientali assumono un livello di pari rilevanza. Il bisogno speciale, allora, non è più ri-conducibile ad una eziologia medico-sanitaria, rinvia piuttosto a qualsiasi ostacolo o stigma possa condizio-nare l’apprendimento e lo sviluppo. In tal senso, ai bi-sogni educativi speciali si risponde con la strutturazione di un contesto entro al quale «ciascun individuo possa fruire di una pluralità integrata di opportunità (cultura-li, sociali, riabilitative, mediche, tecnologiche, econo-miche, etc.) che consenta la crescita, lo sviluppo e la realizzazione».

Quale ruolo assume il principio dell’accessibilità, in un’ottica inclusiva e partecipativa?Se si assume una matrice pedagogica per la lettura del principio di accessibilità indicato all’art. 9 della Conven-zione ONU del 2006 diviene immediatamente evidente

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Roma, 5 set.

“La Commissione Bilancio ha concluso ieri sera i propri lavori, ignorando gli appelli delle persone con disabili-tà: nel silenzio pressoché generale sono confermati i 40 miliardi di tagli previsti dalla ‘riforma’ assistenzia-le e fiscale”. Lo denuncia la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) onlus ricordando che da giovedì pomeriggio a questa mattina oltre 12.000 persone hanno sottoscritto e inviato ai capigruppo del Senato e alla Commissione Bilancio un appello a sgan-ciare la ‘riforma’ assistenziale da ogni automatico vin-colo pregiudiziale di cassa. La riforma prevista nelle due Manovre, infatti, impone un recupero di 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013, 20 nel 2014. “La Commissione Bilancio e le forze politi-che - denunciano i rappresentanti dei disabili - si sono sforzate di trovare soluzioni per non sopprimere le Pro-vince, per non imporre una tassa di solidarietà, per non incidere sui grandi redditi e patrimoni, ma non hanno attuato nessuna marcia indietro sull’assistenza e quindi sulle mire che colpiranno le persone con disabilità, i bambini, i non autosufficienti, le famiglie”.

L’invio dell’appello via mail, promosso dalla Federazione fra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità (Fand) e dalla Fish “prosegue - si legge nella nota - e aumenta di ora in ora, assieme all’adesione a qualsiasi forma ed iniziativa di lotta che contrasti questa mano-vra e renda evidenti le sperequazioni che genera nella società, nel mondo del lavoro e, soprattutto, nell’assi-stenza e nei servizi alle persone”. “La Manovra - si legge nella nota - è stata già boccia-ta dai mercati, rigettata dai sindaci per i pesanti tagli ai trasferimenti agli enti locali, portatrice di fortissime tensioni nel mondo del lavoro, condannata persino dal-la Chiesa per i molti aspetti di forte disequità, lonta-nissima dalle reali esigenze, istanze ed aspettative del nostro Paese”. “Tale manovra sarà causa di ancor maggiore esclusio-ne, cofinamento, impoverimento di milioni di persone. Da queste persone si alza sempre più forte un appello, per ora, inascoltato. L’assistenza deve essere poten-ziata, non oggetto di tagli e compressioni di spesa. Si sganci la riforma dell’assistenza dai vincoli di cassa”, conclude la nota.

Fonte: Adnkronos Salute

Disabili: Fish onlus

Commissione Bilancio conferma tagli di 40 mld

che esso è compatibile con la teorizzazione pedagogico speciale orientata alla riduzione/azzeramento della di-sabilità ed alla ricerca/promozione di modalità esisten-ziali e relazionali antropologicamente, culturalmente e socialmente sempre più umane ed umanizzanti. Come già sottolineato, il principio di accessibilità, al vaglio della riflessione pedagogica si rivela fondativo di ogni possibilità di realizzazione soggettiva e di inclusione. Ne deriva la necessità di un cambiamento sociale e culturale, di carattere politico ed etico, che invita al ri-pensamento del concetto stesso di uomo e di società, che reclama un nuovo modo di pensare ed agire. La declinazione operativa di tale principio, realizzabile nei differenti contesti di vita (istruzione, mobilità, lavoro, tecnologie, vita indipendente, etc.), delinea una nuova realtà preziosa per tutti, poiché agendo «per e con» il soggetto interessato da disabilità, si dilatano i confini dell’immaginario collettivo, si promuove e si determina una reale emancipazione delle condizioni di vita per l’in-tera umanità. Naturalmente tale dimensione realizzati-va coinvolge appieno, con specifiche responsabilità, i differenti soggetti sociali, politici e scientifico-culturali.

Il termine «disabilità» rimanda ad una carenza ma non significa assenza di abilità. Possiamo definire «abilitazione» e non «riabilitazione» il processo di maturazione e potenziamento delle risorse residue, indirizzato ad uno sviluppo com-pleto e significativo?Si è già detto sui diversi fraintendimenti e sul significato del termine disabilità alla luce delle riflessioni e delle indicazioni fornite a partire dall’ICF. Le esperienze di

integrazione promosse in ambito scolastico ed associa-zionistico, come quelle condotte nei centri diurni e nei centri socio educativi, documentano come l’intuizione di Vygotskij, di uno sviluppo incompleto delle funzio-ni psichiche superiori, notevolmente aggravato «dalla fuoriuscita del bambino anormale dalla collettività» fosse reale, e attestano come i migliori risultati siano stati ottenuti quando la tradizionale logica riabilitativa spesso impropriamente definita rieducativa sia stata integrata/sostituita da una logica educativa. L’utilizzo sempre più presente in ambito sanitario e psico-tera-peutico del termine «intervento rieducativo» al posto di «riabilitativo» se per un verso, quando utilizzato come sinonimo, denuncia una confusione semantica macro-scopica, per l’altro indica lo spostamento dell’ottica di intervento verso un settore che non si padroneggia, ma con il quale si sente una estrema necessità di dialogo. Con riferimento al soggetto con disabilità entrambi i termini sembrano impropri: non si tratta di reiterare alcunché, né in termini di abilità perse né in termini di educazione mancata, perché si tratta piuttosto, anche nei casi più complessi, di ricercare le condizioni migliori affinché l’individuo in quanto tale, infante o adulto che sia, possa svilupparsi e trovare realizzazione nel mi-glior modo possibile. Ancora una volta, quindi, i termi-ni «educazione» ed «intervento educativo» sembrano quelli più idonei ad orientare l’azione.

Rosalba MICELIFonte: La Stampa

Si ringrazia Caterina Boria per la segnalazione

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Mio figlio è prima di tutto una persona, non solo una patologia; ha un suo valore e una sua potenzialità. Quello che più mi interessa è riuscire a cogliere questi valori, imparare a conoscere sempre più a fondo il suo linguaggio e le sue capacità, per essere così in grado di valorizzare il più possibile il suo essere “persona”. Per questo ci vuole pazienza, serenità, tranquillità e soprattutto tempo. E di questo non sempre riesco a trovarne abbastanza. E se lo faccio rischio di farlo a discapito di Massimo e della sua vita che, di suo, chie-derebbe solo di essere normale…Questa è la situazione.

La disabilità grave, come quella di Fabio, si vive pre-valentemente in ambito domestico dove si sollevano pesi ben oltre i 20 chili consentiti da qualsiasi contrat-to di lavoro. E questo impegno dura 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno! In casa vivo situazioni di stress che non sono solo di carattere morale, è uno stress soprattutto fisico causato da pesanti fatiche, mancanza cronica di riposo, e tempo zero da dedicare a me stessa e alla vita sociale.Tra le mura di casa, dietro le quali regna sovrana la solitudine, si cambiano pannoloni tutti i giorni per tut-ta la vita, si passano nottate in bianco tutti i giorni per tutta la vita, si nutre qualcuno e ci si occupa della sua igiene tutti i giorni per tutta la vita, con fatiche fisiche al di sopra delle umane possibilità perché i di-sabili gravi sono, per definirli con una bruttissima pa-rola, “pluriminorati”: poca o niente mobilità, scarsezza o assenza di linguaggio, deficit sensoriali gravissimi, caratterialità disturbata.

Avere un figlio disabile significa essere stati esposti all’evento più traumatico che la vita possa riservare. Un uragano che spazza tutto quanto lo ha preceduto e che costringe a fare tabula rasa del passato, can-cellando quanto ci era stato insegnato, l’educazione ricevuta, buona parte del vissuto e... soprattutto sogni e progetti di vita, per ricominciare da zero come se si vivesse su un altro pianeta, dove come compagno c’è solo un lutto senza fine, che non si può elaborare né rimuovere.Chi ha vissuto un lutto importante sa di cosa parlo. Ci si vorrebbe annullare, dormire, sparire ma poi, col tempo, tutto viene metabolizzato e la vita prosegue. Al contrario, noi, che abbiamo un figlio disabile, non abbiamo neppure questa possibilità, non ci possiamo sottrarre, anzi… proprio da lì ha inizio la nostra im-mensa fatica quotidiana che ci toglie il sonno e le for-ze, che ci annulla come persone e soprattutto che ci consuma dentro e fuori…Giorno dopo giorno per tutti i giorni della vita. Un lutto senza fine, un dolore senza fine.Capire questo è rendersi coscienti che elencare le cose alle quali io, come persona, rinuncio, in nome del mio essere madre di Fabio, è impossibile e comunque

limitativo. Ci provo, comunque, consapevole di questa insormontabile incongruenza.

La prima cosa che mi viene in mente è la rinuncia al lavoro, o comunque la differenza tra il lavorare prima e il lavorare adesso. In pratica aver dovuto rinunciare ai turni, alle notti; essere passata giornaliera e quindi da 18 giorni lavorativi a 24, e sempre con lo stesso identico turno: 6-14. Una scelta obbligata, perché non ci sono baby-sitter sempre pronte, quando si tratta di un figlio disabile...Per questo orari vincolati, sul lavoro e non solo lì, ma anche a casa. Perché c’è da tener conto di tante cose in più: Fabio ha bisogno di una cura quotidiana e di un’attenzione costante, non può essere lasciato solo; c’è il fatto che “vivendolo” costantemente ogni giorno, ho imparato a interpretare al meglio ogni suo minuscolo segnale e questo spesso mi costringe a doverlo gestire sempre e comunque da sola, perché sarebbe impossibile per chiunque altro, dal di fuo-ri, capirne le esigenze e interpretarne i bisogni... E’ come aver cura di un neonato che, nel mio caso, adesso ha 7 anni e pesa 20 chili. E che, a differenza di un fratello sano, non raggiungerà mai o quasi mai certe autonomie.Ha passato i primi 4 anni sempre in braccio, rifiuta-va gli ausili, piangeva e strillava sempre. Non potevo portarlo in macchina perché anche lì voleva stare in braccio; non potevamo andare a fare una passeggiata perché anche lì strillava; ha una fobia delle moto e dei caschi in genere, quindi portarlo in giro o al mare in vacanza era un inferno, e così via! Ne consegue che dobbiamo passare tanto tempo a casa negando così, nel contempo, di vivere a Massimo una vita normale!Allo stesso modo è impossibile con Fabio impegnarsi in programmi a lunga scadenza, programmare viaggi lunghi o stressanti o, al contrario, lanciarsi in qualche occasione, sia di svago che di impegno, che può ca-pitare da un momento all’altro. Impossibile program-mare, impossibile improvvisare. Per lui, per noi e di conseguenza anche solo per me, per la mia vita di ogni giorno.Fabio pesa ogni giorno di più, la mia schiena peggiora di anno in anno… mi consigliano il nuoto, dovrei anda-re in piscina, dovrei farlo con costanza e sistematicità, ma come riuscirci? ...dove incastrarlo il nuoto senza nuocere o ledere la vita dei bimbi? … quando anche solo andare a prendere Fabio al pulmino, alle 17, è un compito che non posso delegare a nessuno?

Non parliamo poi delle nottate passate in bianco per-ché spesso Fabio non riesce a dormire; di notte ha le crisi epilettiche e per questo, da quando è nato, divido il letto con lui. Ogni notte, in compagnia del suo bru-xismo continuo (stringere, serrare o digrignare i denti, ndr) e nel suo bisogno di essere girato, per cambiare posizione: non ricordo una notte con un’unica tirata

Ora sono in galera, e l’ora d’aria non bastaLettera della mamma di un bambino disabile grave

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di sonno. Ovviamente, per non fare differenze, an-che Massimo si è unito al lettone da quando aveva 2 anni… scelte doverose. Ho provato a metterli in ca-meretta, ma ero più in piedi che sdraiata e, alzandomi ogni mattina alle 5 per andare al lavoro, il male mi-nore resta svegliarsi 10 volte... ma riuscire almeno a restare sdraiata.

E dopo le notti in bianco e il lavoro, ci sono le al-tre mansioni, molte più di quelle cui è chiamata una mamma normale. Devo occuparmi di:

organizzare le terapie e anche farle secondo istru-• zioni;organizzare il tempo tra la piscina di Massimo e • l’assistenza per Fabio (adesso è solo la piscina, ma domani saranno tutte le altre attività che è giusto che anche lui possa fare senza ostacoli o rinunce);trovare ausili adeguati e battermi contro istituzio-• ni e burocrazie per averli sempre; assicurarmi che vadano davvero bene; tenermi informata su even-tuali novità più adeguate in materia (perché di so-lito funziona che loro si appoggiano ad una ditta e anche se ci sono ausili migliori e moderni, loro ti rifilano quelli vecchi...);affrontare e trovare le soluzioni ai problemi più • strani che si possono presentare e che per gli altri sono solo normalissima vita quotidiana: ad esem-pio, come gli lavo le manine, come lo faccio arriva-re al lavandino, come posso fargli il bagno senza spaccarmi la schiena, come riuscire a farlo gioca-re in maniera sempre nuova e meno complicata e pesante per lui e per me, cercando di coinvolgere Massimo, quando possibile..., ecc.;dimostrare di essere calma ed equilibrata perché, • così, quello che dico acquista un reale valore e non appare solo il frutto di ansie e preoccupazioni di una che “poverina, è la mamma di un disabile... bisogna capirla!”;sbrigare una serie infinita di burocrazie, file agli • sportelli, telefonate, colloqui, visite, esami, fino ad arrivare persino a fare diagnosi delle sue malattie perché i medici vedono solo la disabilità, al punto che sembra sempre che, trattandosi di un disabile, ogni altro sintomo o problema o malattia sia se-condario o per nulla rilevante;preparare e pensare sempre due cibi diversi ad • ogni pasto, perché Fabio non mastica;rinunciare ad una passeggiata al parco con le al-• tre mamme perché, mentre loro chiacchierano sulla panchina, io mi devo distruggere per far giocare continuamente Fabio, cosa che allo stes-so tempo pesa anche a Massimo, un po’ per ge-losia da un lato e un po’ per rinuncia dall’altro. In pratica, ogni movimento di Fabio, dal più minu-scolo a quello più complesso, è un mio movimen-to. Io gli devo fare tutto... lui dipende da me, io dipendo da lui. Come fratelli siamesi, in sostanza.

Massimo può dormire dai nonni, Fabio no perché non vogliono la responsabilità della gestione delle crisi, e quindi il distacco con Massimo è evidente. Vorrei go-

dermi a pieno il figlio sano, e dare a lui la possibilità di avere una vita piena di tutte le attività e gli svaghi che desidera, ma non posso come vorrei perché Fabio ha bisogno di me continuamente e per questo ha la prio-rità. E allo stesso tempo vorrei dare tutto quello che è nelle mie possibilità a Fabio ma talvolta mi sembra co-munque di non fare abbastanza, di privarlo di troppe cose... e così, spesso, mi sento ingiusta e inadeguata per non riuscire a fare tutto come vorrei e come meri-terebbero entrambi, seppur in maniera diversa...Massimo vuole spesso imitare Fabio, coi versi e con gli atteggiamenti. E’ un richiamo di attenzione, me ne accorgo, e anche questo fa male.

Ogni giorno che passa potrei aggiungere una riga, ma non rappresenterebbe pienamente la reale sofferenza, né fisica né morale. Sentirsi diversi fa male, sentirsi incapaci, inadeguati ed inutili per le cure dei tuoi fi-gli... accorgerti che non hai la soluzione per farli stare bene, nonostante tu faccia il massimo, questo è ter-ribilmente frustrante... è la più pesante delle rinunce da sopportare.E poi separarmi da loro, la domenica, e restare sola... Sì, ho tempo per la casa, per riposarmi, ma non era certo questo il concetto di famiglia in cui speravo...Prima non facevo grandi cose. Il mio sogno è sempre stato la famiglia, avevo progettato la mia vita solo su questo, e mi sembra più che sufficiente vedere cos’ho ottenuto per capire a cosa ho rinunciato...: non vado più a ballare? non vado più a nuotare? non posso fare questo o quel corso che mi piacerebbe? ...è questo l’importante?L’importante per me è che il mio sogno, le mie aspet-tative, il mio punto di riferimento - una famiglia nu-merosa e unita -, io non ce l’ho più... ormai non ho più nessun diritto, vivo in una situazione insalubre, nel dubbio di non riuscire a fare bene niente: di fare male la mamma di un figlio sano e male la mamma di un figlio disabile. Non ho una situazione affettiva, e il sogno di altri figli scade ad ogni battito di orologio (chi prende me deve prendere tutto il pacchetto, chi lo prenderebbe un pacchetto “avariato”?). Non riesco a seguire la casa, sono tutto e niente... devo pensare positiva al futuro? Certo... facile quando ti dicono che tuo figlio probabilmente entro i primi dieci anni si bec-cherà un tumore...Cos’è cambiato da prima a dopo?Ora sono in galera, e l’ora d’aria non basta.

Lil’ Flower

* Ho ricevuto questa lettera da una mamma. Per l’in-tensità della vita che racconta, le problematiche che affronta, l’amore per i suoi figli che pervade ogni sin-gola battuta, ho pensato di condividerla con voi. Gra-zie per il tuo “calore” e la tua “umanità”. Per la tutela della privacy, Fabio e Massimo sono nomi di fantasia, come anche la firma. (fdp)

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Visita a porte aperte al “Francesco Candussi”Piace il nuovo Centro diurno di Romans d’Isonzo

Dedicato al malato di Alzheimer è gestito dalla nostra Cooperativa

Romans d’Isonzo

Si è svolta giovedì 22 settembre, presso il nuovissimo Centro diurno “Francesco Candussi” di Romans d’Isonzo, una serata dedicata alla famiglia del malato di Alzheimer, occasione molto gradita anche per presentare al pubblico la struttu-ra, in una sorta di “visita a porte aperte” al Centro che è stata ap-prezzata sia dalla gente del posto che dalle autorità.La tematica principale, la gestione del malato a casa ed il supporto ai familiari della persona colpita da una malattia, il morbo di Alzheimer, che conta ormai oltre 36 milioni di malati in tutto il mondo ed il cui numero è destinato a crescere con l’allungamento della vita uma-na, è stata dibattuta dai relatori gentilmente intervenuti a supporto dell’iniziativa: la presidentessa dell’associa-zione “Alzheimer Isontino” Onlus, Solange Carneiro, ed il presidente dell’associazione “Centro Alzheimer Mitte-leuropeo”, Paolo Nutrizio, i quali hanno spiegato ai pre-senti le possibilità, gli aiuti concreti ed i servizi dedicati rispettivamente (ma non esclusivamente) ai familiari del Basso e dell’Alto Isontino.Servizi che entrambe le associazioni portano avanti in sinergia, ma mantenendo ciascuna le proprie peculia-rità, da parecchi anni: assistenza al domicilio, gruppi di stimolazione cognitiva, consulenze psicologiche e corsi di formazione sono solo alcune delle iniziative a favore delle famiglie, che si trovano a dover fronteggiare una malattia così destabilizzante per tutto il nucleo coinvolto, spesso abbandonato a se stesso e senza alcuna guida.Successivamente è venuto il turno della dottoressa Maura Clementi, responsabile del Servizio sociale dei Comuni dell’Ambito Alto Isontino, di spiegare che cosa

faccia esattamente l’Ambito e qua-li possibilità di sollievo ci possano essere per i familiari dei malati di Alzheimer. Non è mancata la pre-senza della giunta comunale di Ro-mans che nella persona del sinda-co, Davide Furlan, ha brevemente descritto quanto è stato fatto fino ad oggi dall’Amministrazione e quanto ancora si farà, grazie an-che al Centro diurno, nuovamente “inaugurato”.Durante il breve rinfresco che è se-

guito alle presentazioni ed alle domande dei presenti, le operatrici della Cooperativa Itaca, che ha in mano la gestione diretta della struttura, hanno accompagnato gli intervenuti per una visita al Centro, fornendo al con-tempo informazioni sul funzionamento di questo nuovo strumento, dedicato esplicitamente al benessere del malato di Alzheimer e della sua famiglia.Il Centro Candussi, attualmente, è frequentato già da 6 ospiti ma il numero di richieste sta aumentando vertigi-nosamente, tanto che si auspica di vederlo funzionare a pieno regime (per 10 ospiti) entro l’inizio di novembre.Il servizio, cui la popolazione ha risposto con entusia-smo, fortemente voluto dalle Amministrazioni dei Co-muni dell’Ambito Alto Isontino, applica il metodo “Gen-tlecare” nell’accudire e nell’accompagnare quotidiana-mente il paziente durante l’arco della giornata e sta già raccogliendo i primi riscontri molto favorevoli da parte di familiari ed ospiti. Una struttura di cui si sentiva la mancanza ed il bisogno, ha detto il sindaco di Romans, destinata a crescere fino a diventare il punto di riferi-mento ed il fiore all’occhiello in Friuli Venezia Giulia per l’assistenza del malato di Alzheimer.

Annapaola PRESTIA

Nuova tappa del progetto “Genius loci” che promuove il dialogo tra generazioni a PordenoneTutto per Tutti a Villanova

Mercatino dell’usato e distribuzione del primo numero di “Villanoviamoci”

Pordenone

Gente di diverse età che scende in piazza, cittadini di dif-ferenti culture che si incontrano sulle strade e instaurano relazioni di conoscenza o legami di amicizia, non è infatti loro intenzione organizzare una protesta ma invece li-berare le cantine e restituire vita ad oggetti inutilizzati. E’ “Tutto per Tutti a Villanova”, il mercatino dell’usato organizzato in quartiere grazie alla sinergia tra cittadini, associazioni locali e istituzioni pubbliche, con il patrocinio del Comune di Pordenone, che si è svolto domenica 9 ottobre dalle 14.30 alle 18 nel quartiere di Villanova a

Pordenone nell’area retrostante la Chiesa Cristo Re e il Centro sociale Glorialanza.L’onda è quella del dialogo e riconoscimento reciproco tra generazioni, da più di un anno infatti un’équipe in-terservizi composta da Azienda sanitaria n.6 “Friuli Oc-cidentale”, Provincia, Comune e Cooperazione sociale - con le Coop Acli, Fai e Itaca - sta portando avanti nella città sul Noncello “Genius loci”, un progetto unico nel suo genere sul tema dell’intergenerazionalità. Attraverso una sperimentazione in due quartieri, Borgomeduna e Villa-nova, “Genius loci” rappresenta un tentativo messo in atto dalle istituzioni per affrontare, tra le diverse criticità

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che presenta la società contemporanea ed individualista, quelle che concernono la comunicazione-interazione e il riconoscimento scambievole tra le due classi d’età agli estremi della società, ovvero gli anziani e i ragazzi, la terza e quarta età e le giovani generazioni.In particolare nel quartiere di Villanova, il partenariato interservizi sta portando avanti una serie di iniziative in cui la partecipazione attiva della cittadinanza è stata de-terminante. Un primo grande risultato è stato raggiunto attraverso l’uscita del primo numero di “Villanoviamoci”, uno spazio fatto di carta che aspira ad essere di tutti, nato dal desiderio di raccontare la quotidianità di chi vive a Villanova.La distribuzione di “Villanoviamoci” è avvenuta in oc-casione di “Tutto per Tutti a Villanova”, evento parte di un’azione progettuale condivisa intesa a valorizzare le ricchezze della comunità, rigenerare gli spazi di incontro e aggregazione, ma soprattutto ad innescare lo scam-bio e il confronto tra le persone. Passeggiando tra le bancarelle, ad animare la giornata hanno contribuito il piacevole sottofondo e le coinvolgenti danze del gruppo folkloristico Santa Lucia di Bagnarola.

Chiara BUONO (Itaca)Ivana FORESTO (Fai)

Nerina racconta-storie da Muggia“El confinà”

Muggia

Adeso che l’aria xe rinfrescada sentada in giardin ve contarò el seguito dela sto-ria come che me la ricordo. Co’ me go sposà in mezo luto per la morte de mio papà, guarnitor del Cantier San Rocco, iero contenta, cusì mia mama povareta, gaveva una boca de meno de sfamar, la faseva la coga in cusina dela Tratoria Ri-sorta de sua cognada, e la gaveva anco-ra due mas’ci de cresser.Tuti a Muia me diseva che son andada a star ben, perché i mii suoceri gaveva l’Osteria ala America e la casa granda con le capagne de Pissolon e de Cerei. Mio marì ciamado Giusto Bosich, gaveva fato i corsi serali alle Industriali de Trieste e cussì i lo gaveva ciamà per far de asistente de cantier per i futuri periti edili. I lo ciamava professor, ma lù no iera tanto contento perché i ghe gaveva cambià el cognome tirando via la ich, e ghe tocava meter la divisa nera come i bacoli e le trombe per el Natale de Roma. Iera tempi bruti, e i mii suoceri che parlava i dialeti slavi non podeva più parlar in ostaria coi aventori. Cussì, mio suocero che gaveva fato la guera in Galissia, e la gaveva con i taliani per via del’Austria che no iera più, e mio cognà che iera apena tornà del’Abissinia col casco e le braghe curte, malado per via del gas, i se grumava la bile contro i fasisti e assieme al fìo Giusto, mio marì, che no voleva ne re ne preti, co gà sciopà la guera - i scol-tava Radio Londra nela grande cantina che iera drìo, sul

Fugnan. Qualchidun gà fato la spia e cussì Giusto xe finì nel Batalion degli Alogeni, al confino come Sorvegliato Speciale. El campo dei militari sensa armi e carighi de pedoci iera in Umbria, e mi con mia fìa che gaveva sete ani semo andade a trovarlo col treno. I militari iera de tuta l’Istria e anca del Carso e i andava a taiar legni tuto el giorno perché no i se fidava de mandarli sul fronte. Mio marì no, per-ché i gaveva paura ch’el scampassi perché el iera antifascista e anca repubblican de Mazzini, cussì el gaveva sempre la scorta per el paese.El xe tornà dopo l’oto settembre quando

che l’Italia ga fato l’armistissio. Ma no iera gnanca pas-sà una setimana che in ostaria piomba un comandantur tedesco con una muiesana che fasseva de interprete, a Muia i la ciamava Angela tedesca, perchè la saveva la lingua, ma la iera polacca sposada col muiesan Gessi. La iera anca amica de famiglia e ghe tocava riferir i ordini de quei militari. Cussì gavemo lassà la casa, l’osteria e tutto, in man de quei tangheri per la trupa e gli ufiziai. E semo andadi a star in Culdenave de mia mama Toncia vedova, che iera restada sola perché la gaveva el fìo più grande a Bunchenvald e l’altro soto la Todt. Mio fradel più grande gaveva fato saltar un ponte coi partigiani. I mìi suoceri no xe vignudi via de casa perchè i gaveva le galine, i cunini e anca el porco drìo del’osteria e i dor-miva nela cantina granda. Mia suocera Ancia, dalmata, che iera una dona come un gendarme austriaco ne gà

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dito “Portè via el porco se no i tedeschi se lo magna” E cussì una sera col coprifuoco gavemo imbragà el porco su un careto, iutadi de Marco carboner ,cicio come mio suocero, e lo gavemo strassinà xò per el Fugnan che iera scoverto, dove adeso xe la via Venticinque Aprile, fin in Culdenave nela stala del vecio Polentin che una volta tigniva là i cavai. Le done de Culdenave gà protestà che el porco spussava e mi smachinavo perché gavevo ciolto a cotimo de cusir le divise dei militari italiani. Cussì mia fìa cola maniga e anca el secio lavava el porco, ciamado Billi, e netava la stala col forcass. La ghe portava anca de magnar coi stagnachi dele vansadure dela Trattoria Risorta dove lavorava mia mama. Ma la se vergognava perché i muli de contrada iera rassisti e i la ciamava sc’ia-va ciolendola in giro. Cussì un dopopranso la gà perso la pasiensa e davanti la pescheria la ga molà el stagnaco e la ga sburtà el più grande dei muli dentro el porto, drìo del casoto dei biglieti del vaporeto. I lo gà salvà per miracolo. La mula iera sempre col caratere malamente, quando che la se rabiava. Cussì l’ultimo ano de guera gavemo magnà sempre carne de porco asieme a quel che mio marì an-dava a cior in Friul sbagassando i ultimi nisioi del coredo. Ma ne xe vignù una granda orticaria perché i persuti iera tropo freschi e anca gavevimo i vermi, quei pici pici, che

spissa quando che i vol vignir fora dela pansa. Mio marì intanto gà perso el lavor perché el iera confinato e spes-so i lo vegniva a sercar e lui scampava sora el teto dela casa de Culdenave passando per la sofita.Finalmente ga finì la guera e anca el fasismo, ma no me dimenticherò mai quando sora la porta del’America che prima ga dovù cambiar el nome in tratoria Europa, i tedeschi gà messo la bandiera cò la svastica perché là iera el comando per i soldai e la Todt che fasseva le for-tificassioni sui monti de Muia. Co gà passà i ani anca le done podeva votar e cussi pri-ma de andar a meter la crose per el mio primo voto son andada dela paruchiera che i ciamava cola nominanssa de Dina Garibaldina a taiarme i cavei e farme la perma-nente, e ghe go fato taiar anca le code ala fìa che ogni matina per petinarla la risciava de perder el vapor per andar ale scole grande de Trieste. Cussì mio marì Giusto che gaveva trovà lavor de murador per riparar le case rote dei bombardamenti per poco no ne manda tute due via de casa perchè ierimo coi cavei come le pecore. El gha dito, che Dio ghe conservi l’anima dove chel xe ades-so “Va ben la democrassia, ma quando che se fa queste monade, bisogna prima interpelar i omini.De quela volta le done ga scominsà a far quel che le vole-va, sensa scoltar i mas’ci ma no so se iera tanto giusto.

Sul “Molaro” soffia sempre E’ Vento Nuovo*All’interno del campo da gioco le diversità sono pari a zero

* Per motivi ‘tecnici’ indipendenti dalla nostra volontà, l’arti-colo pubblicato sullo scorso numero de La Gazzetta risulta-va monco o impreciso in alcune sue parti. Lo ripubblichiamo in versione integrale, scusandocene con i lettori e le lettrici, itacensi e non. (fdp)

Udine

Il Parco di Sant’Osvaldo ha ospitato anche quest’anno, dal 1° al 3 luglio, la Festa d’Estate, manifestazione che le associazioni È Vento Nuovo e Arum organizzano in collaborazione e con il sostegno delle Cooperative sociali Itaca e 2001 Agenzia Sociale. Come da tradizione, negli stessi giorni si è svolto il Torneo di calcio a 7 “Giorgio Molaro”, giunto alla sua settima edizione, che ha visto incontrarsi sul campo otto squadre provenienti dal terri-torio regionale ed extra regionale.L’associazione polisportiva È Vento Nuovo, che promuove l’integrazione sociale attraverso lo sport (www.anpis.it), ha organizzato e ospitato l’evento accogliendo gruppi di diversa provenienza e origine: la polisportiva Bellaria di Pontedera (Pi) e la polisportiva 2001 di Gorizia, amici ormai di vecchia data per la consolidata partecipazione al torneo, nate come È Vento Nuovo (che quest’anno si è aggiudicata il torneo, ndr) all’interno dei percorsi di pro-mozione di salute mentale; la rappresentativa Afghani-stan, ovvero un gruppo di giovanissimi afghani, arrivati a Udine negli ultimi dieci anni di nota storia, che attraverso il calcio hanno trovato il modo di mantenere uno stretto contatto tra loro, oltre che di farsi conoscere attivando

nuove relazioni; il Centro Balducci di Zugliano, conosciu-tissima realtà di accoglienza per immigrati e rifugiati po-litici; un gruppo Scout di Udine; il collettivo Porta Aperta, squadra nata pochi giorni prima dell’inizio del torneo per volontà di un gruppo di amici che hanno accettato la sfida calcistica dimostrando l’ottima capacità di mettersi in gioco con tutte le diversità presenti al torneo; infine il Marangoni 105, gruppo appartamento che ha scelto di diventare anche squadra sportiva.Oltre al calcio, si sono misurate sull’erba anche tre squa-dre di pallavolo, per un triangolare di green volley che ha visto l’incontro tra due formazioni di È Vento Nuovo (dallo scorso anno impegnata anche nella nuova avven-tura del campionato provinciale amatoriale di pallavolo) e una di Martignacco.L’agone sportiva, seppur autentica, è mezzo, più che fine. La percezione è che quest’anno tutte le squadre lo abbiano compreso e insegnato alle altre. Il tempo è stato scandito dal misurarsi sul campo e nei momenti conviviali, e tutti hanno dimostrato, in entrambi, genero-sità e altissimo livello tecnico.Il ripetersi di questo evento fa sì che l’organizzazione sia meno complessa, per certi aspetti abitudinaria. Risulta più semplice anche potersi concentrare sul senso di una simile manifestazione, dedicarsi all’ospitalità, incontrar-si attraverso lo scontro alla pari, riscoprire il valore e il tempo del gioco, azzerare le assurde diversità etichet-tate dalla provenienza o dallo stato di salute. Per tutti, indistintamente.

Davide CICUTTIN

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Muggia

Favorire lo scambio intergenerazio-nale fra anziani, minori e giovani al fine di incentivare un significativo arricchimento in termini di cono-scenza, usi e costumi delle singole generazioni. Obiettivo nobile, anche difficile se vogliamo, quello prefissa-to dal progetto intergenerazionale che ha visto la stretta collaborazione tra gli anziani della Casa di riposo di Muggia e il Ricremattina “Progetto giovani”.Complessivamente durante l’anno sono state una cinquantina le per-sone che hanno preso parte ad una serie di iniziative che ieri mattina hanno visto in piazza Marconi la ce-lebrazione del loro ultimo incontro stagionale. «La casa di riposo di Muggia già negli anni 2004-2005 aveva iniziato a favorire questi incontri as-sieme alla scuola dell’infanzia e all’istituto comprensi-vo “G. Lucio”, ma all’inizio gli incontri avvenivano solo in occasione delle festività: da tali incontri è emerso quanto gli anziani e i giovani traggono beneficio da queste esperienze», spiega l’assessore alle politiche sociali Giorgio Kosic.

Da qui la decisione assieme al “Pro-getto Giovani” di rinnovare l’ap-puntamento ogni anno, dando così la possibilità di vivere momenti di socializzazione, di confronto espe-rienziale e di stimolo alla parteci-pazione, alle iniziative pubbliche come soggetti attivi all’interno del-la comunità locale. Nelle settimane passate nei vari incontri che si sono susseguiti in casa di riposo, tra gli anziani e i ragazzi ci sono stati vari laboratori: in quello di cucina sono stati puliti e snocciolati 15 kg di su-sini serviti poi per la preparazione di una squisita marmellata servita per guarnire le crostate, nel labo-ratorio di taglio e cucito sono state create delle “Pigotte”, ossia le fa-mose bambole dell’Unicef, parten-

do dalla scelta delle stoffe alla creazione dei capelli; nel laboratorio creativo si è dato spazio alla propria fantasia lavorando materiali come la raffia, le foie de panocce e i venchi. Ai vari laboratori tenutisi si è avuta una presen-za media di 20 ragazzi e di 30 anziani. (tosq.)

Fonte: Il Piccolo di Trieste09-09-11, 26 Nazionale

In oltre cinquanta agli incontri tra generazioni in piazza Marconi

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Gorizia

Un altro anno di corsi è passato, ed altri passi in avanti, talvolta anche molto significativi, sono stati posati. Ave-vano dunque tutte le ragioni di fare festa, ieri mattina, gli utenti e gli operatori dell’importante corso di ippo-terapia realizzato di concerto dal Cisi, dalla Cooperativa Itaca e dal maneggio della Remuda, a Piuma (frazione di Gorizia, ndr). L’occasione è stata la consueta festa di chiusura del corso, al quale anche quest’anno hanno preso parte sei utenti del Cisi, Simone, Daria, Sabina, Franco, Barbara e Cristina.Durante gli ultimi 6 mesi, i disabili – con problemi in-tellettivi, relazionali e motori – hanno seguito le lezioni ed i consigli delle appassionate operatrici Marianna del Cisi, e Francesca della Cooperativa Itaca, che assieme a Barbara ed Aliosa della Remuda, hanno permesso loro di instaurare uno splendido rapporto con i cavalli. In questo modo, i ragazzi sono riusciti a superare, a piccoli passi, parte dei loro problemi.Davanti gli occhi dei genitori e dei parenti, dei soci del-la Remuda e delle autorità (erano presenti l’assessore

Silvana Romano per l’Ambito Alto Isontino, ed il consi-gliere comunale Franco Hassek), gli utenti hanno dato vita ad un piacevole spettacolo fatto di esercizi ed evo-luzioni a cavallo, mostrando le abilità acquisite. «Quelle che ad un occhio distratto potrebbero sembrare piccole cose, in realtà sono passi da gigante per questi disa-bili alle prese con grandi problemi – spiega l’assessore Romano -, ed è per questo che il corso di ippoterapia è così importante per il Cisi”.“L’iniziativa viene realizzata praticamente a costo zero, grazie alla determinazione ed alla passione infinita di Marianna e Francesca, che tengono molto al progetto. Le ringraziamo di cuore, assieme ovviamente ai titolari della Remuda che hanno mostrato ancora una volta un bell’esempio di collaborazione tra pubblico e privato. Sapere quanti mesi di lavoro ci sono dietro questi risul-tati, ed osservare i sorrisi dei ragazzi coinvolti, è qual-cosa di impagabile».

Marco BISIACHFonte: Il Piccolo di Gorizia

25-09-11, 28

L’ippoterapia corre in aiuto dei disabili

Monfalcone

Imparare l’inglese giocando. E’ quanto hanno potuto sperimentare i bambini che nelle due settimane prima dell’inizio dell’anno scolastico hanno frequentato “En-ghlish Party!”, il centro estivo organizzato dal Servizio Pari opportunità del Comune di Monfalcone nell’area verde di via Valentinis. Che si sia trattato di due set-timane all’insegna del divertimento lo ha confermato la festa finale, che ha riunito bambini, dai tre ai dieci anni, famiglie e gli educatori della Cooperativa Itaca, che ha gestito il servizio per conto dell’ente locale.Consultati attraverso un questionario, i genitori han-no già fornito dei suggerimenti per la prossima esta-te che danno la misura del gradimento dell’iniziativa: estendere il centro estivo almeno su tre settimane e, magari, prolungarlo anche in orario pomeridiano. «La nostra volontà è certo quella di riproporre un’attività - spiega l’assessore alle Pari opportunità e politiche sociali Cristiana Morsolin - che cade in un periodo di solito “scoperto” per i genitori, nonostante si sia alla fine di agosto e le ferie siano finite un po’ per tutto». «Eventuali ampliamenti - aggiunge l’assessore comu-nale alle Politiche sociali - dipenderanno dai fondi di-

sponibili, ferma restando la volontà di mantenere con-tenuto il costo di iscrizione, oltre che di parlare di altre lingue e altre culture».L’iscrizione quest’anno è costata alle famiglie 45 euro a settimana, comprensiva della merenda di metà mat-tina, fornita dalla Coop, che in questo modo ha sup-portato l’amministrazione comunale di Monfalcone. L’altra richiesta dei genitori è stata quella di poter ef-fettuare le iscrizioni on-line e non solo di persona. «Un suggerimento che accoglieremo, visto che il centro estivo è nato proprio all’insegna della flessibilità per rispondere alle esigenze di conciliazione delle donne e delle famiglie locali», afferma l’assessore Cristiana Morsolin.L’iniziativa quest’anno ha inoltre affiancato la Summer school di informatica e inglese organizzata nello stes-so periodo e con orari compatibili con quelli del centro estivo per fornire alle donne, disoccupate o sottoccu-pate, un’opportunità di potenziamento delle proprie conoscenze e competenze. Il centro ha accolto circa 50 bambini per settimana, dal 29 agosto al 9 settem-bre, dalle 7.45 alle 13.30. (la. bl.)

Fonte: Il Piccolo, Gorizia25-09-11, 73

Imparare l’inglese giocando al Centro estivo del Comune

Avviso ai gent.mi soci prestatoriA seguito del D.L. 138/2011, entrato in vigore il 13.08.2011, la soglia massima di utilizzo del denaro contante è stata fissata a € 2.500. Pertanto Vi informiamo che da tale data non potranno essere effettuati versamenti o prelevamenti in denaro contante (o in titoli al portatore) di valore uguale o superiore a € 2.500. Per qualsiasi chiarimento dovesse necessitare potete contattare l’ufficio amministrativo allo 0434 366064 (Paolo Corazza).

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34 La Gazzetta | Ottobre 2011pRECISE pAROLE

Il secondo volume edito da Hand“Una storia da raccontare”

A Pordenonelegge anche il Consorzio di Comunicazione Sociale

Pordenone

“Una storia da raccontare” di Paolo Cossi e Davide Pascutti, ovvero un’originale lavoro di storiografia a fumetti creato dai due abili di-segnatori. E’ il nuovo (e secondo) libro edito da Hand, Consorzio di Comunicazione Sociale presentato lo scorso 15 settembre a Porde-none nella sala conferenze intitolata a Tere-sina Degan all’interno della Biblioteca Civica di piazza XX Settembre. Inserita all’interno di Pordenonelegge, la presentazione è stata a cura di Gian Luigi Bettoli, storico pordenonese, presidente di Lega-coopsociali Fvg e vice presidente di Legacoop Fvg.

Il volume illustra in 70 agili e splendide tavole i punti salienti della storia della Casa del Popolo di Torre, dalla fondazione al ruolo centrale nell’or-ganizzazione della resistenza armata alle camicie nere, alle lotte dei tessili nel dopoguerra.Dopo “Imprese pubbliche & autogestite. La Cooperazione Sociale nel Friuli Venezia Giulia”, esce il nuovo libro edito dal Consorzio Hand, costituito due anni fa da 12 cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia (tra cui Itaca), nella quasi totalità Cooperative di inserimento lavo-

rativo e produzione lavoro, una minoranza delle quali non ancora sociali ma arricchenti tuttavia con le loro professionalità l’offerta consortile.

Precise Parole

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35La Gazzetta | Ottobre 2011

Confini provvisoriL’aria frizzante di queste mattinele folate di vento dal confine francesedove il fiume si divide in mille canali di silenzioindugiando nel tempo della rivalsa

si scuotono vani i pensieri al risvegliotra i rami e le foglie mobili a ventaglio di acaciesparate verso il cielo — s’incidono neri i solchisui confini provvisori di sempre

Lago di Lucernapiove sul lago di Lucerna — territoribassi di nubi distese sui rilievi alberati

nell’umida flora rigonfia di umorisi proietta verso sud una luce incostantea cambiare il volto ai suoni e alle parole —

nudi paesaggi segnati da frontiereda contrasti illusori di lingua e pensiero

Roberto Cogo

RICERCA PERSONALEAREA SALUTE MENTALERicerchiamo per Comuntà Psichiatrica Auronzo di Cadore (BL)

Educatrice/ore

Si richiede:• Laurea settore educativo; esperienza minima nei servizi educativi; possesso di patente B, auto propria.

Si offre:• contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali, incentivi non contemplati nel Contratto Nazionale.

AREA TERRITORIALE ANZIANIRicerchiamo per Servizio di Assistenza Domiciliare Portogruaro

Addetta/o all’Assistenza

Si richiede:• Qualifica Operatore Socio Sanitario o titoli equipollenti; esperienza minima nei servizi di assisten-za alla persona; possesso di patente B.

Si offre:• contratto a tempo determinato; full time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Redazione:Fabio Della Pietra - Cooperativa sociale ItacaIn copertina e quarta di copertina (alcune immagini): Genius Loci, foto di Martina Cannoletta Impaginazione / Grafica: La Piazzetta Cooperativa Sociale - TriesteStampa: Rosso Grafica&Stampa - Gemona del Friuli (Ud)Numero chiuso il 6 ottobre alle ore 12.30 e stampato in 1250 copie

AREA DISABILITàRicerchiamo per Comunità per Disabili Gorizia Addetta/o all’Assistenza

Si richiede:• Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza minima nei servizi di assistenza alla per-sona; possesso di patente B, auto propria.

Si offre:• contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Le domande vanno inviate ad uno dei seguenti recapiti: Cooperativa Itaca - Ufficio Risorse Umane

Vicolo Selvatico n. 16 - 33170 Pordenone 1. e-mail: [email protected]. Telefono: 0434-366064; 3. Fax: 0434-2532664.

Roberto Cogo è nato a Schio (Vicenza) nel 1963. Si è laureato in lingue e lette-rature anglo-americane all’Università Cà Foscari di Venezia. Ha pubblicato i libri: Möbius e altre poesie, Editoria Universi-taria, Venezia, 1994; In estremo stupore,

Edizioni del Leone, Venezia, 2002; Nel movimento, Edi-zioni del Leone, Venezia, 2004; Di acque / di terre, Edi-zioni Joker, Novi Ligure, 2006; Io cane, L’arcolaio, Forlì, 2009. Ha pubblicato le raccolte: Confondi il vento, in «La Clessidra», Edizioni Joker, Novi Ligure, n. 1, 2007; Mai identico riproporsi, in «Italian Poetry Review», So-cietà Editrice Fiorentina, Firenze, vol. II, 2007; Ancora nel luogo neutro e Il cielo dentro la montagna, nell’an-tologia, Dall’Adige all’Isonzo – Poeti a Nord-Est, Fara Editore, 2008; La luce è del sole, in La poesia, il sacro, il sublime, Fara Editore, 2009; Verso il leggero, in Sal-vezza e impegno, Fara Editore, 2010.La sua più recente raccolta poetica Supplementi di viaggio è disponibile come e-book all’indirizzo web http://rebstein.files.wordpress.com/2011/02/roberto-cogo-supplementi-di-viaggio.pdf. Ha tradotto dall’ingle-se vari poeti tra cui: John. F. Deane, Charles Olson, Les Murray e Gary Snyder. Nell’estate del 2009 è stato poe-ta in residence sull’isola irlandese di Achill nella contea di Mayo, ospite della Achill Heinrich Boll Association.

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Area Territoriale AnzianiLa centralità e il valore delle persone, delle famiglie e del territorio