GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo...

119
GAS CROMATOGRAFIA UNA INTRODUZIONE Luigi Mondello Dipartimento Farmaco-chimico Università degli Studi di Messina

Transcript of GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo...

Page 1: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

GAS CROMATOGRAFIA

UNA INTRODUZIONE

Luigi Mondello

Dipartimento Farmaco-chimico Università degli Studi di Messina

Page 2: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

2

SOMMARIO

Introduzione p. 1

CAPITOLO 1 Strumentazione Gas cromatografica p. 2

CAPITOLO 2 Fase mobile p. 8

CAPITOLO 3 Iniezione del campione p. 11

CAPITOLO 4 Processo cromatografico p. 13

CAPITOLO 5 Concetti e terminologia di base p. 19

CAPITOLO 6 Fasi stazionarie p. 35

CAPITOLO 7 Rivelatori p. 41

CAPITOLO 8 Analisi qualitativa e quantitativa p. 55

CAPITOLO 9 Programma di temperatura p. 65

CAPITOLO 10 Argomenti speciali p. 71

Page 3: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

1

INTRODUZIONE

La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo, quando Ramsey realizzò la separazione di miscele di gas e vapori su materiali adsorbenti come il carbone e Tswett separò alcuni pigmenti delle piante mediante cromatografia liquida. Tswett è indicato come ‘il padre della cromatografia’, per aver coniato il termine cromatografia (dal greco χρώµα, colore, e γραφή, scrittura) e per avere descritto dal punto di vista scientifico il processo cromatografico. La cromatografia è un metodo di separazione nel quale i componenti di un campione si ripartiscono tra due fasi: una di queste è un letto di fase stazionaria con estesa area superficiale, l’altra è un gas che fluisce attraverso la fase stazionaria e rappresenta la fase mobile. Il primo importante lavoro di gas cromatografia fu pubblicato nel 1952, quando Martin ed il suo collega James concretizzarono quella che 11 anni prima era stata un’ispirazione dello stesso Martin, con un lavoro sulla cromatografia di ripartizione che vinse il premio Nobel. Presto la gas cromatografia si sarebbe rivelata come una tecnica semplice, veloce ed applicabile alla separazione di molti materiali volatili. Oggi, la gas cromatografia è una tecnica molto sviluppata e di grande importanza, al punto che è difficile immaginare un laboratorio analitico che non abbia un gas cromatografo. In brevissimo tempo la gas cromatografia (GC) è diventata la più importante tecnica per la separazione e l’analisi quali-quantitativa di composti volatili. La definizione ufficiale IUPAC (Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata) è: “La cromatografia è un metodo fisico di separazione nel quale i componenti da separare sono distribuiti tra due fasi, una delle quali è fissa (fase stazionaria), mentre l’altra (fase mobile) si muove in una direzione definita. La gas cromatografia è una tecnica adatta all’analisi di sostanze volatili che prevede la vaporizzazione del campione in esame e il suo successivo trasporto nella fase mobile, attraverso una colonna contenente la fase stazionaria. Una sub-classificazione delle tecniche è basata sullo stato fisico della fase stazionaria: se la fase stazionaria è un solido, la tecnica GC è chiamata cromatografia gas-solida (GSC), se è un liquido, cromatografia gas-liquido (GLC). La GLC è di gran lunga la più usata e prevede che i componenti del campione in esame (soluti o analiti) si separino gli uni dagli altri sulla base delle loro differenti pressioni di vapore relative ed affinità per la fase stazionaria. Questo tipo di processo cromatografico è detto eluizione. La cromatografia di eluizione è una tecnica nella quale la fase mobile è fatta passare in continuo attraverso tutta la lunghezza del letto cromatografico, mentre il campione viene introdotto nel sistema in quantità finita”.

Page 4: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

2

Capitolo 1

STRUMENTAZIONE GASCROMATOGRAFICA

Sin dall’introduzione in commercio dei primi sistemi, nel 1954, la strumentazione in GC ha subito una continua evoluzione. In figura 1 è riportato un sistema gas cromatografico di ultima generazione con le varie componenti richieste per un suo funzionamento ottimale.

Figura 1. Gas cromatografo e varie componenti strumentali: 1)Bombola di gas; 2) manometro a due stadi; 3) sistema di controllo del flusso; 4) autocampionatore; 5) iniettore; 6) colonna; 7) zona a temperatura controllata (forno); 8) sistema di rivelazione; 9) sistema di elaborazione dei dati. Siringhe In figura 2 è mostrata una siringa per liquidi da 10 µl, generalmente usata per iniettare volumi da 1 a 5 µL di liquidi puri o soluzioni. Il pistone di acciaio inossidabile aderisce strettamente all’interno di una barra di precisione fatta di vetro borosilicato. L’ago, anch’esso di acciaio inossidabile, è rimovibile e si avvita all’estremità della barra. Altri modelli hanno un ago epossidizzato all’interno della barra. Per volumi più piccoli è disponibile anche una siringa da 1 µl. Per l’iniezione di campioni gassosi fino ad un volume di circa 5 millilitri si può usare invece una siringa a tenuta di gas da 10 millilitri. Un’utile regola generale è di usare siringhe il cui volume totale sia pari ad almeno il doppio del volume da iniettare.

Figura 2. Siringa per iniezioni gas cromatografiche.

Page 5: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

3

Uso della siringa Quando si deve riempire una siringa con del liquido, bisogna prima espellere tutta l’aria in essa contenuta. Questo si fa aspirando ripetutamente del liquido nella siringa e poi espellendolo di nuovo rapidamente nel volume di liquido. I liquidi viscosi vanno aspirati nella siringa lentamente; l’espulsione troppo veloce di un liquido viscoso potrebbe infatti crepare la siringa. Se troppo viscoso, il campione può essere diluito con un solvente idoneo. E’ opportuno prelevare più liquido di quanto se ne intende iniettare. Mantenere la siringa in posizione verticale con l’ago rivolto verso l’alto, cosicché l’aria rimasta all’interno della siringa andrà verso la sommità della barra. Poi fare scendere il pistone fino a leggere il valore (volume) desiderato; l’aria in eccesso dovrebbe essere stata a questo punto espulsa. Asciugare poi l’ago con un fazzoletto e una volta misurato il volume esatto di liquido aspirare dell’aria all’interno della siringa. Quest’aria servirà a due scopi:anzitutto, darà spesso origine ad un picco nel cromatogramma, utile per misurare il tempo morto (che sarà descritto in seguito); secondo, servirà a prevenire la perdita di liquido in caso il pistone fosse accidentalmente abbassato. Per iniettare, usare una mano per guidare l’ago all’interno del setto e con l’altra fare forza per forare il setto e anche evitare che il pistone venga espulso a causa della pressione all’interno del gas cromatografo. L’ultimo punto è importante quando si iniettano grandi volumi (per esempio, campioni gassosi) o quando la pressione d’iniezione è estremamente alta. In questi casi, se non si fa attenzione, il pistone verrà spinto fuori dalla siringa. Inserire quindi rapidamente l’ago attraverso il setto e poi nella porta di iniezione, quindi spingerlo verso il basso, aspettare uno o due secondi, quindi ritrarre l’ago (sempre tenendo il pistone abbassato) il più velocemente e delicatamente possibile. Con colonne tubolari aperte spesso si opera diversamente. Bisogna fare attenzione perché la maggior parte delle porte di iniezione sono riscaldate e ci si può facilmente bruciare. Tra un campione e l’altro bisogna pulire la siringa. Quando si usano liquidi altobollenti la siringa andrebbe lavata con solventi volatili come cloruro di metilene o acetone, aspirando ripetutamente il liquido di lavaggio all’interno della siringa e poi espellendolo. Infine, il pistone va rimosso e la siringa asciugata aspirando aria all’interno con una pompa da vuoto (con una trappola adeguata) o un aspiratore d’aria. E’ utile aspirare l’aria anche attraverso l’ago per impedire che della polvere entri nella barra otturandola. Autocampionatori Gli autocampionatori sono dei dispositivi meccanici, generalmente collocati sulla sommità del gas cromatografo, designati per l’iniezione automatica dei campioni. In figura 3 è mostrato un autocampionatore capace di gestire 150 campioni.

Page 6: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

4

Figura 3. Autocampionatore per sistema gas cromatografico. Gli autocampionatori simulano il processo di iniezione appena descritto, mediante una siringa come quella riportata in figura 2. Dopo il lavaggio con solvente, prelevano ripetutamente il campione da un apposito contenitore sigillato (vial), poi iniettano un volume definito nella normale porta di iniezione del GC. Gli autocampionatori consistono in un carrello che contiene il posizionamento di un dato numero di campioni e solventi di lavaggio, i quali vengono a turno posizionati sotto la siringa attraverso lo spostamento di un braccio meccanico e di un carrello mobile. L’utilizzo degli autocampionatori ha due peculiarità fondamentali: primo, minimizza l’errore umano, offrendo una precisione di gran lunga maggiore rispetto all’iniezione manuale, con valori tipici di deviazione standard relativa (RSD) dello 0,2%. In secondo luogo, offre la possibilità di iniettare un elevato numero di campioni, previa impostazione mediante software delle procedure di iniezione da eseguire. Setti L’iniezione con siringa viene effettuata attraverso un setto autosigillante, un polimero di silicone stabile ad alte temperature. In commercio sono reperibili diversi tipi di setti; alcuni sono fatti a strati, altri hanno un film di Teflon dalla parte della colonna. Le proprietà da considerare nella scelta di un setto sono: stabilità ad alte temperature, grado di perdita (decomposizione) del setto, misura, durata e costo. Colonne In gas cromatografia si incontrano generalmente due tipi di colonna, colonne impaccate e colonne capillari. In passato, gran parte dei lavori erano effettuati con colonne impaccate. Attualmente, queste sono state quasi totalmente rimpiazzate dalle colonne capillari, caratterizzate da maggiore efficienza e tempi di analisi ridotti. In Figura 4 è mostrata schematicamente una colonna impaccata in sezione trasversale.

Page 7: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

5

Figura 4. Sezione trasversale di una colonna impaccata. La colonna è in genere di acciaio inossidabile ed è strettamente impaccata con la fase stazionaria su un supporto solido inerte di terra di diatomee, rivestito con un sottile film di liquido. La fase costituisce tipicamente il 3, 5 o 10% in peso della fase stazionaria totale. Le colonne impaccate sono lunghe normalmente 1, 2 o 4 metri, con un diametro esterno da 1/4” o 1/8” (pollici). L’acciaio inossidabile è il materiale più usato, soprattutto per la sua robustezza; le colonne in vetro sono invece preferibili per l’analisi di pesticidi e campioni bio-medici che, se posti in contatto con l’ acciaio inossidabile, potrebbero facilmente subire degradazione. Le colonne capillari sono realizzate in silice fusa (figura 5), con la superficie interna rivestita da un sottile film di fase liquida.

Figura 5. Sezione trasversale di una colonna capillare.

Queste colonne vengono chiamate “tubolari aperte a parete rivestita” o semplicemente colonne WCOT (wall coated open tubular). A differenza delle colonne impaccate, le colonne capillari sono aperte, quindi generano una resistenza al flusso molto bassa; questo consente l’utilizzo di colonne con lunghezze notevoli, fino a 100 metri.

Page 8: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

6

Rivelatori Il rivelatore monitorizza l’effluente della colonna e registra graficamente il processo cromatografico, sotto forma di cromatogramma. Il segnale generato dal rivelatore è proporzionale alla quantità di ciascun soluto (analita), rendendo così possibile l’analisi quantitativa. Le caratteristiche ideali richieste ad un rivelatore per gas cromatografia sono: - Adeguata sensibilità - Buona stabilità e riproducibilità della risposta - Linearità fra concentrazione e risposta del rivelatore, in un intervallo di

parecchi ordini di grandezza - Temperatura di esercizio fino ad almeno 400°C - Tempi di risposta brevi ed indipendenti dal flusso - Alta affidabilità e facilità d’uso - Risposta altamente prevedibile e selettiva nei confronti di una o più classi

di soluti - Non distruttività del campione Naturalmente non esiste un rivelatore in grado di soddisfare tutte le richieste sopra citate. Sono stati però sviluppati, migliorati ed ampiamente utilizzati numerosi i sistemi di rivelazione in gas cromatografia. Sistemi di elaborazione dati Dal momento che le colonne OT producono picchi “veloci”, il requisito principale di un buon sistema di analisi dei dati è l’abilità di misurare il segnale GC con alte velocità di campionamento. Grazie ai progressi della tecnologia informatica, attualmente esiste una varietà di sistemi in grado di svolgere facilmente questa funzione. In generale, ci sono due tipi di sistemi in uso comune – integratori e computer. Gli integratori basati su microprocessori usano un convertitore analogico-digitale (A-to-D) per produrre sia il cromatogramma (segnale analogico) sia un report digitale per l’analisi quantitativa. La maggior parte degli integratori effettua calcoli di area percentuale, percento in peso, standard interno, standard esterno e normalizzazione. Per rivelatori non lineari si possono iniettare standard multipli che coprano l’area del picco di interesse, il programma effettuerà quindi una calibrazione multilivello. L’operatore sceglierà poi una calibrazione di routine per l’integratore adatta per la risposta specifica del rivelatore. Molti integratori offrono una programmazione BASIC, il controllo digitale dei parametri strumentali e la possibilità di analisi automatizzate, dall’iniezione del campione al lavaggio della colonna e all’iniezione del campione successivo. Quasi tutti gli integratori usano un’interfaccia RS-232-C per rendere il segnale in uscita dal GC compatibile con i network digitali dell’utente. I sistemi basati su personal computer hanno ormai fatto il loro ingresso definitivo nei laboratori di cromatografia. Essi forniscono un mezzo semplice per gestire sistemi cromatografici singoli o multipli e sono in grado di inviano la risposta sia a terminali locali che remoti. I computer hanno una maggiore flessibilità nell’acquisizione dei dati, nel controllo della strumentazione, nell’elaborazione dei dati, nella visualizzazione e nel trasferimento ad altri dispositivi. Il fatto di

Page 9: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

7

possedere maggiore capacità di memoria, velocità di elaborazione ed interfacce flessibili per l’operatore li ha resi più popolari degli integratori. Zone a temperatura controllata Le varie parti componenti del gas cromatografo (iniettore, forno e rivelatore) operano a temperatura controllata al fine di poter garantire la massima riproducibilità delle diverse condizioni analitiche adottate per le diverse separazioni gas cromatografiche. L’iniettore deve essere abbastanza caldo da vaporizzare il campione rapidamente, al fine di non provocare alcuna perdita di efficienza. Di contro, la temperatura della porta d’iniezione deve essere sufficientemente bassa da evitare fenomeni di decomposizione termica o riarrangiamento chimico. Nell’iniezione per vaporizzazione flash, una regola generale è di mantenere la temperatura di iniezione circa 50 °C più alta del punto di ebollizione del campione. Una maniera pratica per individuarla consiste nell’aumentare gradualmente la temperatura della porta di iniezione; se l’efficienza della colonna o la forma dei picchi migliorano, significa che la temperatura della porta di iniezione era troppo bassa. Se il tempo di ritenzione, l’area del picco o la forma cambiano drasticamente, allora la temperatura potrebbe essere troppo alta e potrebbe essersi verificata una decomposizione o un riarrangiamento. La temperatura della colonna deve essere abbastanza alta perché i componenti di un campione la attraversino ad una velocità ragionevole. Non è necessario che sia più alta del punto di ebollizione del campione; di solito infatti si preferisce mantenerla ad un livello considerevolmente inferiore. Se questo appare illogico, si ricordi che la colonna opera ad una temperatura alla quale il campione si trova allo stato di vapore – non è necessario che sia allo stato gassoso. La separazione gas cromatografica può essere condotta in condizioni di isoterma o in programma di temperatura. L’analisi in isoterma prevede di mantenere una temperatura costante del forno e, quindi, della colonna. Il termine programma di temperatura indica invece un aumento lineare della temperatura della colonna nel tempo. Il programma di temperatura è molto utile per la separazione di miscele di campioni con punti di ebollizione molto diversi. In GC, la temperatura della colonna deve essere mantenuta al di sopra della temperatura di vaporizzazione del campione, ma non al di sopra del suo punto di ebollizione. Inoltre, il controllo della temperatura del forno contenente la colonna separativa è fondamentale per ottenere una buona separazione in tempi ragionevoli. I forni installati negli strumenti di ultima generazione consentono di impostare rampe di temperatura che vanno dalla temperatura ambiente ai 450 °C, con una precisione del centesimo di grado. Per quanto concerne la temperatura del rivelatore, essa dipende dal tipo di rivelatore impiegato. Come regola generale, tuttavia, il rivelatore ed i suoi collegamenti all’uscita della colonna devono essere abbastanza caldi da impedire la condensazione del campione e/o della fase liquida. Se la temperatura è troppo bassa si verifica la condensazione, con possibile allargamento della banda cromatografica o perfino la totale perdita dei picchi.

Page 10: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

8

Capitolo 2

FASE MOBILE

Un gas inerte (elio, argon, azoto, idrogeno) fluisce in continuo dalla bombola attraverso l’iniettore, la colonna e il rivelatore, spingendo le diverse componenti della matrice in esame. E’ importante che il gas di trasporto abbia un’elevata purezza, poiché contaminanti quali idrocarburi, ossigeno e/o acqua possono attaccare chimicamente la fase liquida della colonna e distruggerla. Inoltre, tracce di acqua possono provocare il rilascio di contaminanti dalla colonna e generare l’innalzamento della linea di base (background) o addirittura la rivelazione di sostanze non appartenenti alla matrice, i cosiddetti “picchi fantasma”. Un parametro fondamentale correlato al gas di trasporto è il flusso presente in colonna. Esso risulta essenziale sia per l’efficienza della colonna che per l’analisi qualitativa. Per quanto concerne l’efficienza della colonna, essa dipende da un’ idonea velocità lineare del gas; questa può essere determinata cambiando la velocità di flusso fino a raggiungere la maggiore efficienza del sistema analitico. Considerando l’analisi qualitativa, invece, è essenziale ottenere valori di flusso costanti e stabili nel tempo al fine di ottenere separazioni riproducibili. In cromatografia l’approccio più semplice e veloce per l’identificazione di un composto consiste infatti nel confronto dei tempi di ritenzione. E’ possibile che due o più composti abbiano lo stesso tempo di ritenzione, ma nessun composto può avere due tempi di ritenzione diversi; i tempi di ritenzione sono quindi caratteristici di un soluto, ma non unici. Ovviamente, un buon controllo del flusso è essenziale per questo metodo di identificazione. Sistema di controllo del flusso Il primo sistema di controllo del flusso è un regolatore a due stadi collegato alla bombola di gas che riduce la pressione del serbatoio, di 200 bar, fino ad un livello di esercizio che varia da 5 a 10 bar. Il primo indicatore segna la pressione residua nella bombola di gas, mentre il secondo consente di regolare la pressione in uscita dalla bombola a seconda delle condizioni operative richieste dallo strumento. Ciascun manometro è munito di valvole di sicurezza e filtri interni per prevenire l’ingresso di inquinanti.

Misurazione del flusso I due strumenti più comunemente usati per la misurazione del flusso sono: - flussimetro a bolla di sapone (figura 6a); - flussimetro digitale (figura 6b);

Page 11: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

9

Figura 6. Flussimetri - dispositivi per la misurazione del flusso: a) a bolla di sapone; b) digitale. Il flussimetro a bolla di sapone non è altro che un tubo calibrato, in genere una pipetta o buretta modificata, attraverso il quale fluisce il gas di trasporto. Schiacciando un bulbo di gomma, una soluzione di sapone viene fatta salire nel percorso del gas che fluisce. Dopo che il tubo è stato inumidito da diverse bolle di sapone, una bolla viene accuratamente cronometrata mentre attraversa un volume definito, con un cronometro. Da questa misurazione si può facilmente calcolare la velocità di flusso del gas di trasporto, in mL/min. Alcuni flussimetri elettronici funzionano in base allo stesso principio, ma utilizzano delle radiazioni luminose per le misure. I gas cromatografi di ultima generazione sono provvisti di speciali dispositivi, integrati nello strumento, capaci di controllare elettronicamente il flusso del sistema (elemento 3 di figura 1). Comprimibiltà del gas di trasporto Il gas di trasporto che entra in una colonna GC è sotto pressione mentre l’uscita dalla colonna è in genere a pressione atmosferica, quindi la pressione d’ingresso, pi, è maggiore della pressione in uscita, po. Di conseguenza, il gas è compresso all’ingresso e si espande al suo passaggio attraverso la colonna; così la velocità volumetrica di flusso aumenta procedendo dall’ingresso della colonna verso l’uscita. Usualmente la velocità volumetrica di flusso è misurata all’uscita, dove raggiunge il massimo. Per ottenere la velocità media di flusso, cF , il flusso in uscita va moltiplicato per il cosiddetto fattore di comprimibilità, (j):

Page 12: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

10

j =

1pp

1pp

23

3

o

i

2

o

i

(2)

e:

cc jxFF = (3)

Per calcolare il volume di ritenzione dal tempo di ritenzione si usa la velocità media di flusso; il volume di ritenzione risultante è chiamato volume di ritenzione corretto, 0

RV :

cRRR FjtjVV ==0 (4) Questo termine non va confuso con il volume di ritenzione corretto che sarà presentato successivamente.

Page 13: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

11

Capitolo 3

Iniezione del campione

Il sistema di introduzione del campione (iniettore), dovrebbe essere adatto per una grande varietà di campioni inclusi gas, liquidi e solidi e consentire che questi vengano introdotti rapidamente e in maniera quantitativa nel flusso di gas di trasporto. In tabella 1 sono riportati i sistemi di campionamento più comunemente utilizzati per i due principali tipi di colonne utilizzate:

Colonne impaccate Colonne capillari Vaporizzatore flash Split

On-column Splitless On-column

PTV

Tabella 1. Colonne GC e sistemi di campionamento usati. Idealmente, il campione andrebbe iniettato istantaneamente in colonna, in pratica ciò è impossibile e pertanto un obiettivo più realistico è di introdurlo in una banda affilata e simmetrica. La difficoltà di mantenere il campione in una banda ristretta può essere facilmente compresa considerando ad es. che la vaporizzazione di 1 µl di benzene , genera 600 µL di vapore, i quali ad un flusso di 1 mL/min, tipico di colonne capillari, impiega circa 36 secondi per trasferirsi in testa alla colonna. La lentezza del trasferimento del campione dalla camera di iniezione in testa alla colonna risulta in una banda iniziale molto allargata, che abbassa l’efficienza del sistema. Chiaramente il campionamento è una fase molto importante del processo cromatografico e anche la dimensione del campione è critica. Non esiste un valore ottimale per quanto concerne la quantità di campione da iniettare, ma sono disponibili alcune linee guida generali. In Tabella 2 sono riportate le quantità di campione tipiche per tre tipi di colonne. Per ottenere la miglior forma possibile dei picchi e la massima risoluzione si dovrebbe sempre usare la minima quantità possibile di campione.

Page 14: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

12

Tipo di colonna Volume Regolare analitica impaccata: 1/4” o.d.*, 10% di liquido 0,2-20 µL Impaccata ad alta efficienza: 1/8” o.d.*, 3% di liquido 0,01-2 µL Capillare (tubolare aperta): 250 µm i.d.*, 0,2 µm di film 0,01-3 µL *o.d. e i.d.: diametro esterno e interno, rispettivamente.

Tabella 2. Volumi di campione per diversi tipi di colonne. Maggiore è il numero di componenti presenti nel campione, maggiore potrebbe essere la quantità di campione necessaria. Nella maggior parte dei casi, la presenza di altri componenti non influenza la posizione e la forma del picco di un dato soluto. Nell’analisi in tracce o su scala preparativa è spesso meglio usare grandi quantità di campione, sebbene queste sovraccaricheranno la colonna. Verosimilmente, i picchi più abbondanti risulteranno fortemente distorti, ma i picchi di interesse (corrispondenti ai composti in traccia) saranno anch’essi più larghi, consentendo così di raggiungere i risultati desiderati. Campionamento di gas I metodi di campionamento dei gas richiedono che l’intero campione si trovi allo stato gassoso nelle condizioni operative. Particolari difficoltà insorgono nel caso di miscele gas-liquido. Se possibile, la miscela dovrebbe essere o riscaldata, per convertire tutti i componenti in gas, o compressa per convertire tutti i componenti in liquido. Purtroppo non sempre questo è possibile. I metodi di campionamento più comunemente usati consistono nell’uso di siringhe a tenuta di gas e valvole per il campionamento di gas. La siringa è più flessibile, meno costosa, ed è lo strumento usato più di frequente. D’altra parte, una valvola per il campionamento di gas offre una migliore ripetibilità, richiede meno manualità e si presta maggiormente ad essere automatizzata. Campionamento di liquidi I liquidi si espandono notevolmente quando vaporizzano, perciò è preferibile usare piccole quantità di campione, dell’ordine di microlitri. Le siringhe rappresentano il dispositivo standard universale per l’introduzione di liquidi; le misure più comunemente usate sono 1, 5 e 10 µl. In situazioni in cui campioni liquidi sono riscaldati (come in tutti i tipi di iniezione per vaporizzazione) per consentirne una rapida vaporizzazione prima del passaggio in colonna, bisogna fare attenzione ad evitare il surriscaldamento, che provocherebbe ad una decomposizione termica. Campionamento di solidi Nel caso di solidi la procedura migliore consiste nel discioglierli in un solvente appropriato ed usare una siringa per iniettare la soluzione ottenuta.

Page 15: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

13

Capitolo 4

PROCESSO CROMATOGRAFICO

In figura 7 è riportato schematicamente un processo cromatografico.

Figura 7. Rappresentazione schematica di un processo cromatografico. Le linee orizzontali rappresentano la colonna; ciascuna linea è un’istantanea del processo in tempi differenti (il tempo aumenta dall’alto verso il basso). Nella prima rappresentazione il campione, formato dai componenti A e B, viene introdotto in una zona ristretta in testa alla colonna; esso viene quindi trasportato dalla fase mobile (da sinistra a destra). Ciascun componente si ripartisce tra le due fasi, come mostrato dai picchi al di sopra e al di sotto della linea. I picchi al di sopra della linea rappresentano la quantità di un dato componente nella fase mobile, quelli al di sotto della linea la rispettiva quantità nella fase stazionaria. Il componente A si distribuisce maggiormente nella fase mobile e di conseguenza viene trasportato attraverso la colonna più velocemente rispetto al componente B, che permane invece più a

Page 16: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

14

lungo nella fase stazionaria. Quindi, la separazione di A da B si verifica durante il loro percorso attraverso la colonna. Infine, i componenti lasciano la colonna e vengono rivelati generando delle variazioni di segnale all’interno della camera di rivelazione. Il segnale in uscita dal rivelatore dà origine ad un cromatogramma, mostrato nella parte destra della figura 7. Dalla figura si evince come ciascun picco cromatografico subisca un “allargamento di banda” nel corso del processo cromatografico. La tendenza di un dato componente ad interagire con la fase stazionaria viene descritta in termini chimici attraverso una costante di equilibrio nota come costante di distribuzione, o anche coefficiente di ripartizione (Kc). La costante di distribuzione è in linea di principio simile al coefficiente di ripartizione che controlla un’estrazione liquido-liquido. In cromatografia, maggiore è il valore della suddetta costante, maggiore è l’affinità del soluto per la fase stazionaria. In alternativa, questa attrazione può essere classificata in base al tipo di assorbimento del soluto. Se l’interazione analita/fase stazionaria avviene solo sulla superficie della fase stazionaria si parla di adsorbimento, mentre se l’interazione interessa la parte più interna dello strato di fase stazionaria liquida, si usa il termine assorbimento. La costante di distribuzione fornisce un valore numerico per l’assorbimento totale del soluto all’interno o al di sopra della fase stazionaria. Essa descrive pertanto il grado di interazione e regola i movimenti del soluto attraverso il sistema cromatografico. Sono proprio le differenze nelle costanti di distribuzione (parametri sotto controllo termodinamico) a rendere possibile la separazione cromatografica. Alcuni termini e simboli cromatografici Lo IUPAC ha provveduto ad ufficializzare termini, simboli e definizioni convenzionali per tutte le tecniche cromatografiche; prima di questa pubblicazione del 1993 non esisteva del resto alcuna uniformità. La costante di distribuzione, Kc, è il fattore che governa l’equilibrio di ripartizione tra un soluto e la fase stazionaria. Essa è definita come il rapporto tra la concentrazione del soluto A nella fase stazionaria e la sua concentrazione nella fase mobile:

Kc = [A]S / [A]M (1)

Questa costante è un valore termodinamico, dipendente dalla temperatura, che esprime la tendenza relativa di un soluto a distribuirsi tra le due fasi. Differenze nelle costanti di distribuzione risulteranno in differenti velocità di migrazione dei soluti attraverso una colonna. La figura 8 mostra un tipico cromatogramma per un singolo soluto, A, con un altro piccolo picco all’inizio del cromatogramma.

Page 17: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

15

Figura 8. Cromatogramma. Soluti come A sono ritenuti dalla colonna e quindi caratterizzati da un volume di ritenzione, VR; il volume di ritenzione del soluto è rappresentato in figura come la distanza tra il punto di iniezione e la massima altezza del picco. Esso rappresenta il volume di gas carrier necessario ad eluire il soluto A. Questa caratteristica del soluto può essere anche indicata come tempo di ritenzione, tR, posto che la velocità di flusso, Fc, sia costante:

VR = tR x Fc (2)

Se non specificato diversamente, si assume che la velocità di flusso sia costante; il tempo di ritenzione è dunque proporzionale al volume di ritenzione ed i due termini possono essere usati indifferentemente per esprimere lo stesso concetto. Il piccolo picco all’inizio del cromatogramma rappresenta un soluto che non viene in alcun modo ritenuto dalla fase stazionaria – attraversa quindi senza interazione la colonna. In GC, questo comportamento è spesso mostrato dall’aria o dal metano ed il picco associato è frequentemente chiamato ‘picco d’aria’. Il simbolo VM, a volte chiamato volume vuoto o di ‘hold-up’ serve a misurare il volume interstiziale o interparticellare della colonna. Altri simboli approvati IUPAC includono V0 e VG, che rappresentano il volume di fase mobile gassosa nella

Page 18: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

16

colonna. Il termine volume morto, sebbene non convenzionale, è anch’esso ampiamente usato. L’equazione 3, una delle equazioni fondamentali della cromatografia, mette in relazione il volume di ritenzione cromatografico con la costante di distribuzione teorica:

VR = VM + KcVS (3)

V rappresenta un volume ed i termini R, M ed S in pedice stanno per ritenzione, mobile e stazionario, rispettivamente. VM e VS rappresentano perciò i volumi di fase mobile e fase stazionaria, rispettivamente, nella colonna. Il volume di ritenzione, VR, può essere descritto facendo riferimento alla figura 8. Attraverso l’equazione 3 è possibile esplicare il processo cromatografico. Il volume totale di gas carrier che fluisce durante l’eluizione di un solvente può essere considerato come composto di due parti: il gas che riempie la colonna o, alternativamente, il volume attraverso il quale il soluto è obbligato a passare nel suo percorso attraverso la colonna (rappresentato da VM), più il volume di gas che eluisce mentre il soluto non si sta muovendo ma è fermo sul letto della colonna o al suo interno. Quest’ultimo è determinato dalla costante di distribuzione (la tendenza di un soluto ad essere assorbito) e dalla quantità di fase stazionaria nella colonna, VS. Il soluto ha solo due possibilità: muoversi con il flusso di fase mobile mentre si trova nella fase mobile, oppure restare immobile assorbito dalla fase stazionaria. La somma di questi due effetti rappresenta il volume totale di ritenzione, VR. La gas cromatografia offre numerosi e importanti vantaggi:

• Analisi veloci, tipicamente nell’ordine di minuti • Efficiente, in grado di fornire elevata risoluzione • Sensibile, rivela facilmente quantità nell’ordine di ppm e spesso ppb • Non-distruttiva, rende possibile l’accoppiamento in linea, per esempio, alla

spettrometria di massa • Analisi quantitative altamente accurate, con RSD (Deviazione Standard

Relativa) dell’1-5% • Richiede piccole quantità di campione, tipicamente nell’ordine di µL • Affidabile e relativamente semplice • Poco costosa In ambito cromatografico vi è sempre stato un ovvio interesse ad ottenere la massima riduzione dei tempi di analisi; la tecnica GC è tra le più versatili in tal senso. La strumentazione attualmente in commercio consente infatti di realizzare analisi della durata di secondi. In figura 9 è riportata la separazione di un olio

Page 19: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

17

essenziale di limetta in soli 90 secondi, ottenuta con una strumentazione specificatamente designata per analisi veloci.

Figura 9. Analisi gas cromatografica veloce di un olio essenziale di limetta.

L’elevata efficienza della gas cromatografia è messa in evidenza in figura 9. L’efficienza può essere espressa in termini di numeri di piatti; le colonne capillari hanno tipicamente numeri di piatti dell’ordine di centinaia di migliaia. Come prevedibile, esiste una tacita competizione per chi riesce a realizzare la colonna con il più alto numero di piatti – la migliore colonna del mondo – e poiché l’efficienza di una colonna aumenta all’aumentare della lunghezza, questo significa fare a gara per realizzare la colonna più lunga. Attualmente, il record per la colonna più lunga, continua, è della Chrompack International, che ha realizzato una colonna in silice fusa di 1300 m (la misura massima che può essere alloggiata all’interno di un forno per GC convenzionale). Ha un numero di piatti di 1,2 milioni che è inferiore a quanto previsto, in parte a causa di limitazioni nelle condizioni operative. Recentemente, una colonna più efficiente è stata realizzata unendo insieme nove colonne da 50 m a formare un’unica colonna della lunghezza totale di 450 m. Sebbene molto più corta della Chrompack, l’efficienza di questa colonna era pari quasi al 100% di quella teorica, è stato calcolato infatti un numero di piatti di 1,3 milioni e si è riusciti a separare 970 componenti in un campione di nafta. La tecnica GC, eccellente per l’analisi quantitativa, ha trovato conseguentemente ampio uso in molte diverse applicazioni. Rivelatori sensibili consentono di ottenere analisi quantitative veloci ed accurate ad un costo relativamente basso. La gas cromatografia ha sostituito la distillazione come metodo di scelta per la

Page 20: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

18

separazione di composti volatili. In entrambe le tecniche la temperatura è una variabile critica, ma le separazioni in GC dipendono anche dalla natura chimica (polarità) della fase stazionaria. Questa variabile addizionale rende la tecnica GC più potente. In aggiunta, il fatto che i soluti si trovino a concentrazioni molto basse in colonna esclude la possibilità di formazione di azeotropi, che spesso inficiano le separazioni per distillazione. Entrambi i metodi sono tuttavia ristretti a campioni volatili.In pratica, un limite superiore di temperatura in GC è circa 180 °C, per cui i campioni devono possedere un’apprezzabile pressione di vapore (60 torr o più) a quella temperatura. Di solito i soluti hanno punti di ebollizione che non superano i 500 °C e pesi molecolari di 1000 Daltons. Questa notevole limitazione della tecnica è riportata di seguito, insieme ad altri svantaggi.

• Limitata a campioni volatili • Non adatta a campioni termolabili • Difficoltosa per la separazione su scala preparativa di grandi quantità di campione • Richiede analisi spettroscopiche, di solito mediante spettroscopia di massa,

per la conferma dell’identità dei picchi

Riassumendo, si può affermare che per la separazione di sostanze volatili in genere la gas cromatografia costituisce la tecnica di elezione per velocità, elevata capacità di risoluzione e facilità d’uso.

Page 21: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

19

CAPITOLO 5

CONCETTI E TERMINOLOGIA DI BASE

Costante di distribuzione La costante di equilibrio termodinamico prima definita come costante di distribuzione, Kc, è il parametro di controllo che determina la velocità alla quale un dato soluto si muove attraverso una colonna GC. Per un soluto o analita indicato come A, si ha:

Kc M

S

AA][][

= (1)

dove le parentesi quadre indicano concentrazioni molari e i simboli S ed M in pedice si riferiscono alle fasi stazionaria e mobile, rispettivamente. Maggiore è la costante di distribuzione, più forte sarà l’interazione del soluto con la fase stazionaria e più a lungo lo stesso soluto sarà ritenuto dalla colonna. Data l’esistenza di una costante di equilibrio, si potrebbe pensare che la cromatografia sia un processo all’equilibrio, cosa che chiaramente non è, perché la fase mobile gassosa spinge costantemente le molecole di soluto lungo la colonna. Tuttavia, se le cinetiche di trasferimento di massa sono veloci, il sistema cromatografico opererà vicino all’equilibrio e quindi la costante di distribuzione sarà un parametro adeguato ed utile per la sua descrizione. Si assume inoltre che i soluti non interagiscano l’uno con l’altro, cioè che le molecole del soluto A passino attraverso la colonna come se non fossero presenti altri soluti. Questa assunzione è ragionevole date le basse concentrazioni presenti nella colonna e dato la separazione tra i soluti aumenta durante il loro passaggio attraverso la colonna. Se si verificano delle interazioni, i risultati cromatografico si discosteranno alquanto da quelli teorici; soprattutto ne saranno influenzati la forma dei picchi ed i volumi di ritenzione. Fattore di ritenzione o di capacità Per comprendere meglio l’ importanza della costante di distribuzione in cromatografia, è utile dividerla in due termini:

Kc = k x β (2)

dove β è il rapporto di fase e k è il fattore di ritenzione.

Page 22: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

20

β = S

M

VV

(3)

Per colonne capillari il cui spessore di film, df, è conosciuto, β si può calcolare dall’equazione 4,

β = ( )

fc

fc

drdr

2

2− (4)

dove rc è il raggio della colonna capillare. Se, come di solito, rc >> df, l’equazione 4 si riduce a:

β = f

c

dr

2 (5)

Per colonne capillari, valori tipici di β sono nell’ordine delle centinaia, circa 10 volte il valore corrispondente per le colonne impaccate, per le quali del resto β non è facilmente calcolabile. Il rapporto di volume di fase è un parametro molto utile da conoscere, in grado di fornire preziose indicazioni nella scelta della colonna appropriata. Il fattore di ritenzione, k, è il rapporto tra la quantità di soluto (non la concentrazione di soluto) nella fase stazionaria e la corrispondente quantità nella fase mobile:

k = ( )( )MA

SA

WW

(6)

Maggiore è questo valore, maggiore sarà la concentrazione di soluto nella fase stazionaria e, quindi, più a lungo questo sarà ritenuto sulla colonna. In questo senso, il fattore di ritenzione esprime la misura in cui un soluto è ritenuto. Come tale, è un parametro importante quanto la costante di distribuzione e può essere facilmente calcolato dal cromatogramma. Dal riarrangiamento dell’equazione 2 e sostituendo in essa l’equazione 3 si arriva ad un’utile equazione:

k = M

SCc

VVKK

(7)

Richiamando l’equazione 3 riportata nell’introduzione,

Page 23: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

21

SCMR VKVV += (8)

e riarrangiandola si ottiene un nuovo termine, 'RV , il volume di ritenzione corretto,

SCRMR VKVVV ==− ' (9)

Il volume di ritenzione relativo è un parametro direttamente proporzionale alla costante di distribuzione termodinamica, ed è perciò un parametro spesso usato nelle equazioni teoriche. Rappresenta il tempo di ritenzione misurato attraverso il picco non ritenuto (aria o metano), come mostrato in figura 8. Riarrangiando l’equazione 9 e sostituendola nell’equazione 7 si ottiene un’utile definizione di k:

1'

==

M

R

M

R

VV

VV

k (10)

Poiché entrambi i volumi di ritenzione, '

RV e VM, possono essere misurati direttamente dal cromatogramma, è semplice determinare il fattore di ritenzione di un qualsiasi soluto, come illustrato in figura 10.

Figura 10. Rappresentazione del fattore di ritenzione k.

Page 24: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

22

Si noti che più un soluto è ritenuto dalla fase stazionaria, maggiore è il volume di ritenzione e più alto è il fattore di ritenzione. Quindi, anche se la costante di distribuzione per un dato soluto non è nota, il fattore di ritenzione può essere facilmente misurato dal cromatogramma ed usato al posto della costante di distribuzione per esprimere il grado relativo di assorbimento del soluto. Del resto, se β è conosciuto (come è in genere il caso per le colonne OT), la costante di distribuzione può essere facilmente calcolata dall’equazione 2. E’ importante assicurarsi di non confondere i due termini: il volume di ritenzione relativo sopra descritto e la definizione ad esso correlata di volume di ritenzione corretto. Ciascuno ha una sua particolare definizione: il volume di ritenzione relativo '

RV è il volume di ritenzione che esclude il volume misurato dal picco del metano o dell’aria, come mostrato nell’equazione 9; il volume di ritenzione corretto, 0

RV , è il valore che corregge per la comprimibilità del gas carrier e si basa sulla velocità media di flusso. C’è ancora un altro volume che rappresenta il valore sia relativo che corretto; esso è chiamato volume di ritenzione netto, VN:

( ) 00'MRRMRN VVjVVVjV −==−= (11)

Di conseguenza, in GC l’equazione 9 andrebbe riscritta in modo più appropriato come:

SCN VKV = (12) A seconda della particolare circostanza, i gas cromatografisti sostituiscono liberamente il volume di ritenzione relativo in situazioni nelle quali dovrebbero usare il volume di ritenzione netto. In cromatografia liquida non c’è invece alcuna comprimibilità significativa della fase mobile e i due valori possono essere usati scambievolmente. Fattore di ritardo Un altro modo per esprimere il comportamento di ritenzione di un soluto consiste nel paragonare la sua velocità attraverso la colonna, µ, con la velocità media della fase mobile gassosa, ū:

Ru

=µ (13)

Il nuovo parametro definito dall’equazione 13 è chiamato fattore di ritardo, R. Sebbene non sia ampiamente usato, esso può essere calcolato direttamente dai dati cromatografici ed introduce una interessante relazione con k.

Page 25: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

23

Per arrivare ad una definizione numerica, la velocità del soluto può essere calcolata dividendo la lunghezza della colonna, L, per il tempo di ritenzione di un dato soluto,

RtL

=µ (14)

dove L è espresso in cm o mm ed il tempo di ritenzione in secondi. In maniera simile, la velocità lineare media del gas è calcolata dal tempo di ritenzione di un picco non ritenuto come l’aria:

MtLu = (15)

Combinando le equazioni 10, 13 e 14 si ottiene le definizione di calcolo del fattore di ritardo:

R

M

VV

R = (16)

Poiché il valore di questi volumi può essere calcolato dal cromatogramma, il fattore di ritardo si calcola facilmente, come descritto per il fattore di ritenzione. Si noti che R e k sono inversamente proporzionali. Per giungere all’esatta relazione, l’equazione 16 va sostituita nell’equazione 8, ottenendo:

( )kR

+=

11 (17)

Il fattore di ritardo misura l’entità in cui il soluto è ritardato nel suo passaggio attraverso la colonna, o la velocità frazionale alla quale un soluto si sta muovendo. Il suo valore è sempre pari o inferiore a uno. Esso rappresenta anche la frazione di soluto nella fase mobile in un dato tempo e, alternativamente, la frazione di tempo che il soluto medio trascorre nella fase mobile. Per esempio, se un tipico soluto, A ha un fattore di ritenzione di 5, significa che è ritenuto 5 volte di più rispetto ad un picco non ritenuto. Il suo fattore di ritardo, 1/(1+k), è 1/6 o 0,167. Ciò significa che man mano che il soluto passava attraverso la colonna, il 16,7% di esso si trovava nella fase mobile e l’84,3% nella fase stazionaria, in ogni istante. Per un altro soluto, B, con un fattore di ritenzione di 9, le percentuali relative sono del 10% nella fase mobile e 90% nella fase stazionaria. Chiaramente, il soluto che ha maggiore tendenza ad essere assorbito nella fase stazionaria, nel nostro esempio

Page 26: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

24

B, trascorre una frazione maggiore di tempo nella fase stazionaria, il 90% contro il 10% di A. Il fattore di ritardo può essere anche usato per illustrare la tecnica di iniezione on-column. Quando B viene iniettato on-column, il 90% di esso viene assorbito nella fase stazionaria e solo il 10% passa allo stato di vapore. Questi numeri dimostrano che non è necessario evaporare tutto il materiale iniettato; infatti, la maggior parte del soluto va direttamente all’interno della fase stazionaria. Similmente, nel capitolo 9, R sarà di aiuto nella comprensione del programma di temperatura in GC. Il fattore di ritardo appenda descritto per la cromatografia su colonna è simile al fattore RF nella cromatografia su strato sottile, il che permette a chi lavora in cromatografia liquida di usare questi due parametri per confrontare dati TLC e HPLC. Infine, può essere utile nella comprensione del significato del fattore di ritenzione osservare che il concetto è simile teoricamente a quello di frazione estratta in un’estrazione liquido-liquido. Forma dei picchi Abbiamo visto che le molecole di soluto individuali si comportano indipendentemente l’una dall’altra durante il processo cromatografico. Come risultato, esse, dopo ripetuti assorbimenti e desorbimenti, producono un insieme randomizzato di tempi di ritenzione. Il risultato per un dato soluto è una distribuzione, o picco, la cui forma può essere approssimata come normale o Gaussiana. E’ la forma ideale di picco ed è mostrata in tutte le figure del libro eccetto per quei cromatogrammi reali i cui picchi non sono ideali. I picchi non simmetrici in genere indicano che durante il processo cromatografico si è verificata una qualche interazione indesiderata. La figura 11 mostra alcune forme che a volte si incontrano con campioni reali.

Figura 11. Forma dei picchi. a) ideale, b) allargato, c) fronting, d) tailing, e) sdoppiato.

Page 27: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

25

A seconda della loro forma, i picchi asimmetrici sono classificati come “fronting” (quando l’asimmetria è localizzata all’inizio del picco) e “tailing” (quando l’asimmetria è localizzata in coda al picco). L’entità di asimmetria è definita come fattore di scodatura (TF, figura. 12).

abTF = (18)

Sia a che b sono misurati al 10% di altezza del picco, come mostrato. Come si può vedere dall’equazione, un picco “tailing” avrà un TF superiore a uno; il caso opposto, cioè “fronting”, darà un TF inferiore a uno. Sebbene la definizione sia stata designata per dare una misura del grado di tailing ed è così chiamata, essa misura anche il fronting.

Figura 12. Picco cromatografico sul quale definire rapporto di asimmetria e fattore di scodatura. Un picco sdoppiato, come (e) in figura 11, può rappresentare una coppia di soluti non adeguatamente separati, un’altra sfida per il cromatografista. Si dovrebbe verificare che il picco sdoppiato sia ripetibile, perché questa forma di picco può anche risultare da una tecnica di iniezione inadeguata, troppo campione, o colonne degradate. Tutte le considerazioni che verranno effettuate, si assimileranno a picchi con forma gaussiana. Le caratteristiche di una forma gaussiana sono ben conosciute; in figura 13 è mostrato un picco cromatografico ideale. I punti di flessione si originano a 0,607 dell’altezza del picco e le tangenti a questi punti producono un triangolo con un’ampiezza di base, wb, uguale a quattro volte la deviazione standard, 4σ, ed un’ampiezza a metà altezza, wh, di 2,354σ. L’ampiezza del picco

Page 28: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

26

è 2σ al punto di inflessione (60,7% dell'altezza). Queste caratteristiche sono usate nelle definizioni di alcuni parametri, incluso il numero di piatti.

Figura 13. Picco cromatografico ideale, caratterizzato da una forma Gaussiana. Numero di piatti Per descrivere l’efficienze di una colonna cromatografica è necessaria una misura dell’ampiezza del picco, ma che sia correlata al tempo di ritenzione del picco, dal momento che come abbiamo visto prima l’ampiezza aumenta con il tempo di ritenzione. La misura più comune dell’efficienza di un sistema cromatografico è il numero di piatti, N:

222

54,516

=

=

=

b

R

b

RR

wt

wttN

σ (19)

La figura 14 mostra le misure necessarie per fare questo calcolo.

Page 29: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

27

Figura 14. Parametri cromatografici richiesti per definire il numero di piatti N di una colonna.

Diversi termini hanno origine dal fatto che la misura di σ può essere fatta a diverse altezze del picco. Alla base del picco, wb è 4σ, cosicché la costante numerica è 42 o 16. A metà altezza, wh è 2,354σ e la costante diventa 5,54 (fare riferimento alla Fig. 13). Indipendentemente dai simboli usati, sia il numeratore sia il denominatore devono essere espressi nelle stesse unità e, quindi, N è adimensionale. Tipicamente sia il tempo di ritenzione sia l’ampiezza del picco sono misurati come distanze sul tracciato cromatografico. In alternativa, entrambi possono essere espressi sia in unità di volume sia in unità di tempo. A prescindere dal calcolo eseguito, un valore alto di N indica una colonna efficiente, il che è altamente auspicabile. Da un cromatogramma contenente molti picchi i valori di N per i picchi individuali possono variare (dovrebbero aumentare leggermente con il tempo di ritenzione) a seconda dell’accuratezza con la quale è stata eseguita la misura. E’ pratica comune, tuttavia, assegnare un valore ad una data colonna sulla base di un’unica misura, anche se sarebbe meglio un valore medio. Altezza del piatto Un parametro correlato che esprime l’efficienza di una colonna è l’altezza del piatto, H,

NLH = (20)

Page 30: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

28

Dove L è la lunghezza della colonna. H è espressa in unità di lunghezza ed è migliore di N per confrontare le efficienze di colonne di lunghezza diversa. E’ anche chiamata altezza equivalente ad un piatto teorico (HEPT), un termine che deriva dalla terminologia della distillazione. Ulteriori chiarimenti su H si trovano più avanti in questo capitolo. Una buona colonna avrà un valore grande di N e piccolo di H. Risoluzione Un’altra misura dell’efficienza di una colonna è la risoluzione, RS. Come in altre tecniche analitiche, il termine risoluzione è usato per esprimere la misura in cui picchi adiacenti sono separati. In cromatografia, la definizione è:

( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )BbAbBbAb

ARBRS ww

dwwtt

R+

=+−

=2

2

(21)

dove d è la distanza tra i massimi dei picchi di due soluti, A e B. La Figura 3.7 mostra il calcolo della risoluzione. Per determinare le ampiezze dei picchi alla base si tracciano le tangenti ai punti di flesso. Normalmente, picchi adiacenti di uguale area avranno la stessa ampiezza di picco, e (wb)A sarà uguale a (wb)B. L’equazione 21 si riduce quindi a:

bS w

dR = (22)

In figura 15 le tangenti si toccano appena, così d = wb e RS = 1,0. Più alta è la risoluzione, migliore la separazione; una separazione completa alla linea di base richiede una risoluzione di 1,5. In concreto, le equazioni 21 e 22 sono valide solo quando le altezze dei due picchi sono uguali, come mostrato in figura 15. Per altri rapporti di altezza dei picchi, si può consultare il lavoro di Snyder per alcuni esempi.

Page 31: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

29

Figura 15. Due picchi quasi risolti per definire la risoluzione. TEORIA DELLA VELOCITA’ I primi tentativi di descrivere il fenomeno dell’allargamento di banda in cromatografia erano basati su un modello di equilibrio che diventò noto come teoria del piatto. Sebbene avesse una certa validità, non considerava le condizioni di non-equilibrio che in realtà esistono nella colonna e non trattava le cause all’origine dell’allargamento delle bande. D’altra parte è stato presto introdotto un approccio alternativo per la descrizione dei fattori cinetici, esso divenne conosciuto come teoria della velocità. L’equazione originale di van Deemter Il lavoro più significativo basato sull’approccio cinetico è stato pubblicato da van Deemter, Klinkenberg e Zuiderweg nel 1956. Esso individuava tre effetti che contribuivano all’allargamento di banda con colonne impaccate: la diffusione vorticosa detta anche “eddy-diffusion” (termine A), la diffusione molecolare longitudinale (termine B) e il trasferimento di massa nella fase liquida stazionaria (termine C). L’allargamento era espresso in termini di altezza del piatto, H, in funzione della velocità lineare media del gas, ū. L’equazione di van Deemter è così espressa:

uCuBAH ++= (23)

Page 32: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

30

Poiché l’altezza del piatto è inversamente proporzionale al numero di piatti, un valore piccolo indica un picco stretto – la condizione desiderabile. Quindi ognuna delle tre costanti, A, B e C dovrebbe essere ridotta al minimo per massimizzare l’efficienza della colonna. L’equazione di Golay In caso di colonne tubolari aperte o capillari, l’equazione di velocità non include il termine A. Questa conclusione è stata tratta da Golay, il quale ha anche proposto un nuovo termine per descrivere il processo di diffusione in fase gassosa nelle colonne tubolari aperte. La sua equazione aveva due termini C, uno per il trasferimento di massa nella fase stazionaria, CS (similmente a van Deemter) e uno per il trasferimento di massa nella fase mobile, CM. L’equazione di Golay assunse perciò questa formula:

( )uCCuBH MS ++= (24)

Il termine B dell’equazione 24 tiene conto della ben nota diffusione molecolare. L’equazione che governa la diffusione molecolare è:

GDB 2= (25)

dove DG è il coefficiente di diffusione del soluto nel gas di trasporto. L’equazione mostra come sia desiderabile avere un valore basso del coefficiente di diffusione, in modo che la diffusione sia minima, dando un valore basso di B e di H. In generale, un basso coefficiente di diffusione può essere ottenuto usando gas carrier con peso molecolare più elevato, come l’azoto o l’argon. Nell’equazione di Golay (24) questo termine è diviso per la velocità lineare, cosicché anche una velocità lineare o velocità di flusso ridurranno il contributo del termine B all’allargamento globale del picco. In pratica, una velocità elevata ridurrà il tempo che il soluto passa nella colonna e quindi il tempo disponibile per la diffusione molecolare. Il termine C nell’equazione di Golay fa riferimento al trasferimento di massa del soluto, sia nella fase stazionaria che nella fase mobile. In teoria, assorbimento e desorbimenti veloci del soluto manterranno vicine le molecole del soluto stesso minimizzando l’allargamento di banda. Il termine CS dell’equazione di Golay è:

( ) S

fS Dk

kdC 2

2

13

2

+= (26)

Page 33: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

31

dove df è lo spessore medio del film di fase stazionaria liquida e DS è il coefficiente di diffusione del soluto nella fase stazionaria. Per minimizzare il contributo di questo termine, lo spessore del film deve essere piccolo e il coefficiente di diffusione grande. Una rapida diffusione attraverso film sottili consente alle molecole di soluto di restare vicine l’una all’altra. Film sottili si possono ottenere rivestendo le pareti capillari con piccole quantità di liquido, ma i coefficienti di diffusione di solito non possono essere controllati se non scegliendo, per la fase stazionaria, liquidi a bassa viscosità. Il termine CS sarà minimo quando il trasferimento di massa dentro e fuori la fase stazionaria liquida è il più veloce possibile. Si può fare un paragone con una persona che salta dentro e fuori da una piscina; se l’acqua è poco profonda, il processo si compirà velocemente, altrimenti no. Se la fase stazionaria è solida sono necessarie delle modifiche al termine CS per correlarlo alle appropriate cinetiche di assorbimento-desorbimento. Ancora una volta, più le cinetiche sono veloci più il processo sarà vicino all’equilibrio e minore sarà l’allargamento di banda. L’altra parte del termine CS è il rapporto k/(1+k2). Valori alti di k risultano da elevate solubilità nella fase stazionaria; mentre questo rapporto è minimo per valori alti di k, mentre al di sotto un valore di k di circa 20 la diminuzione è molto piccola. Poiché valori alti del fattore di ritenzione risultano in lunghi tempi di analisi, si ottiene poco vantaggio da valori di k superiori a 20. Il trasferimento di massa nella fase mobile può essere ravvisato riferendosi alla figura 16 che mostra il profilo di una zona di soluto in conseguenza ad un flusso non turbolento attraverso un tubo.

Figura 16. Illustrazione del trasferimento di massa in fase mobile.

Una miscelazione inadeguata (cinetiche lente) in fase gassosa può comportare un allargamento di banda poiché le molecole di soluto al centro della colonna si muovono più avanti rispetto a quelle alle pareti. Diametri ridotti delle colonne

Page 34: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

32

minimizzano questo allargamento poiché le distanze per il trasferimento di massa sono relativamente piccole. L’equazione di Golay per il termine CM è:

( )( ) G

CM Dk

rkkC 2

22

1241161

+

++= (27)

dove rc è il raggio della colonna. L’importanza relativa dei due termini C nell’equazione della velocità dipende soprattutto dallo spessore del film e dal raggio della colonna. Ettre ha pubblicato dei calcoli per alcuni soluti su delle tipiche colonne da 0,32 i.d.[5]. Da questi calcoli si evince che in film sottili (0,25 µm) il 95% dell’intero termine C è attribuibile al trasferimento di massa nella fase mobile, (CM), laddove invece per film spessi (5,0 µm) è solo il 31,5%. Estendendo questi calcoli ad altri valori di diametro delle colonne si nota che per diametri piccoli (es., 0,25 mm), il termine CM è meno importante, mentre per diametri maggiori (es., 0,53 mm) è circa tre volte più grande, fino a circa il 50%. Generalizzando, possiamo concludere che per film sottili (<0,2 µm), il termine è controllato dal trasferimento di massa nella fase mobile; per film spessi (da 2 a 5,0 µm), esso è controllato dal trasferimento di massa nella fase stazionaria; ed infine per film intermedi (da 0,2 a 2,0 µm) bisogna considerare entrambi i fattori. Per le colonne “wide-bore”, di dimensioni maggiori, l’importanza del trasferimento di massa nella fase mobile è considerevolmente maggiore. Infine, si nota che i termini C nell’equazione 24 sono moltiplicati per la velocità lineare, cosicchè diventano minimi a basse velocità. Basse velocità danno tempo alle molecole di soluto di diffondere all’interno e al di fuori della fase mobile e di diffondere attraverso la colonna nella fase mobile gassosa. Trasferimento di massa in fase mobile nelle colonne impaccate Come proposto in origine da van Deemter et al., il termine A tiene conto della diffusione longitudinale(“eddy-diffusion”) come mostrato in figura 17.

Figura 17. Illustrazione della diffusione longitudinale (eddy-diffusion).

Page 35: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

33

Nella figura sono mostrati i percorsi di diffusione di tre molecole. Tutte e tre cominciano dalla stessa posizione iniziale, ma trovano diversi percorsi attraverso il letto impaccato e giungono alla fine della colonna dopo aver percorso distanze differenti. Poiché la velocità di flusso del gas carrier è costante, esse arrivano in tempi diversi e sono separate l’una dall’altra. Quindi, per un numero grande di molecole, il processo di diffusione vorticosa o gli effetti di percorso multiplo risultano in un allargamento della banda come mostrato. Il termine A nell’equazione di van Deemter è:

pdA λ2= (28) dove dp è il diametro delle particelle della colonna impaccata e λ è un fattore di impaccamento. Per minimizzare A, si dovrebbero usare particelle piccole e strettamente impaccate. In pratica, il limite più basso delle dimensioni delle particelle è determinato dalla perdita di pressione attraverso la colonna e dall’abilità ad impaccare in maniera uniforme particelle molto piccole. Dimensioni intorno a 100/120 sono d’uso comune. Anche piccoli intervalli delle dimensioni particellari favoriscono l’impaccamento (minimizzando λ), così 100/120 è un intervallo di dimensioni migliore di 80/120. Dal momento che l’equazione originale di van Deemter non includeva il termine C, è stata proposta una forma estesa dell’equazione che includesse entrambi i termini A e C. Una versione semplificata di questa equazione estesa è:

[ ] G

p

S

f

Dud

Dk

ukduBAH

2

22

2

1

8 ω

π+

+++= (29)

dove ω è il fattore di ostruzione per letti impaccati (funzione del supporto solido). Quest’equazione è stata generalmente accettata, anche se ne sono state proposte altre che saranno discusse nella sezione successiva. Bisogna anche notare che il termine B nell’equazione originale di van Deemter includeva un fattore di tortuosità, γ, che tiene conto anche della natura del letto impaccato. Ovviamente, questo fattore non compare nel termine B per le colonne impaccate. Altre equazioni di velocità Altri ricercatori hanno proposto addizionali modifiche dell’equazione originale di van Deemter. Per esempio, si può discutere sul fatto che la diffusione vorticosa (termine A) sia parte del trasferimento di massa in fase mobile (termine C) o sia accoppiato ad esso. Giddings ha discusso a fondo il trasferimento di massa,

Page 36: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

34

preferendo un termine unico che combina la diffusione vorticosa ed il trasferimento di massa per produrre una nuova equazione. Altri hanno definito delle equazioni di velocità utili sia in GC sia in LC. Una discussione interessante che riepiloga gran parte di questo lavoro fu pubblicata da Hawkes. La sua equazione risultante è espressa nella stessa forma di quella di Golay, ma è meno specifica. Si consultino i riferimenti bibliografici per maggiori dettagli.

Page 37: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

35

CAPITOLO 6

FASI STAZIONARIE

Teoricamente, ad ogni composto o classe di composti corrisponderebbe una fase stazionaria ottimale. Prima classe: composti apolari, come idrocarburi o siliconi con costituenti non polari. Seconda classe: composti a bassa polarità, come esteri di alcoli ad elevato peso molecolare o derivati siliconici (polilossani) con sostituenti polari. Terza classe: composti polari, come poliglicoli, polialcoli e loro esteri. Quarta classe: composti molto polari, come glicoli, glicerina, idrossiacidi.

Classificazione delle fasi stazionarie In gas cromatografia la fase stazionaria può essere solida (GSC) oppure liquida (GLC). Nella cromatografia gas-solido (GSC), il meccanismo di separazione è basato sull’adsorbimento. La GSC viene applicata soprattutto nell’analisi di gas permanenti, di idrocarburi leggeri e di composti bassobollenti in genere (come formaldeide, metanolo, acqua). I materiali sono gli stessi usati per le colonne impaccate e per le colonne capillari PLOT (porous layer open tubular). Per la scelta della fase stazionaria solida è decisivo il grado di polarità delle molecole da separare: per molecole molto polari si usano fasi poco adsorbenti, in presenza di molecole polarizzabili si usano fasi abbastanza adsorbenti e polarizzabili (come il carbone attivo), infine nel caso di molecole apolari si usano fasi molto adsorbenti. Nel caso di colonne impaccate la granulometria non ha molta importanza, perché la separazione dipende soprattutto dalla selettività piuttosto che dall’efficienza della fase. I materiali più usati sono: • gel di silice • allumina • carbone attivo • setacci molecolari • zeoliti • sali inorganici

Page 38: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

36

Le fasi stazionarie liquide (GLC) nelle colonne impaccate e nelle SCOT (support coated open tubular) sono ancorate ad un supporto solido inerte che presenta i seguenti requisiti: inerzia chimica, in modo da non interferire nel processo cromatografico resistenza meccanica e termica, in modo da non pregiudicare

l’impaccamento ottimale della colonna buon grado di “bagnabilità” da parte del liquido di ripartizione, che deve

depositarsi come film sottile in modo molto uniforme bassa resistenza al flusso del gas disponibilità sotto forma di particelle di forma il più possibile sferica

Per quanto riguarda la granulometria delle particelle, le colonne impaccate richiedono materiali da 60-80 mesh (0,25-0,18 mm di diametro), 80-100 mesh (0,18-0,15 mm) e 100-120 mesh (0,15-0,13 mm). In pratica, con colonne di diametro interno di 3 mm, le migliori prestazioni si ottengono con una granulometria di 80-100 mesh. In generale, per ottenere un buon impaccamento il diametro interno (i.d.) della colonna deve essere almeno otto volte maggiore del diametro medio dei granuli del supporto. Le colonne SCOT e PLOT richiedono granuli di diametro medio inferiore a 1µm (colonne con 0,32-0,53 mm i.d.), mentre lo strato di materiale sulle pareti può variare da 5 a 50 µm di spessore. I materiali di supporto più comunemente usati sono : • terra di diatomee • teflon • microsfere di vetro Il liquido di ripartizione da depositare sul supporto solido o sulle pareti di una colonna capillare deve soddisfare numerosi requisiti, fra cui i più importanti sono: bassa tensione di vapore nelle condizioni di esercizio (0,01-0,1 mm Hg) elevata stabilità termica elevata inerzia chimica dei componenti della miscela, per il

supporto e anche per il materiale di cui è costituita la colonna buon effetto solvente sulla miscela, sia pure con una affinità diversa per

ciascun componente, per favorirne la separazione bassa viscosità alle temperature di esercizio

Page 39: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

37

Supporti solidi per fase stazionaria Dei molti materiali utilizzati, quelli realizzati con terra di diatomee (Chromosorb) si sono rivelati i migliori. Le proprietà dei principali tipi sono elencate in tabella 3, dove sono riportati anche i limiti superiori per alcuni supporti. Il limite più basso rappresenta in genere la quantità minima in grado di assicurare la completa copertura della superficie del supporto, una quantità che dipende dall’area superficiale.

ND: non disponibile

Tabella 3. Caratteristiche di alcuni supporti solidi. La superficie dei supporti a base di terra di diatomee è spesso troppo reattiva per campioni polari. Essi contengono infatti gruppi ossidrilici liberi in grado di formare legami idrogeno indesiderati con le molecole di soluto, provocando lo scodamento dei picchi cromatografici corrispondenti. Anche il materiale più inerte (Chromosorb W bianco) deve essere lavato con un acido (in questo caso, designato come AW) e silanizzato per renderlo ancora più inerte. Reagenti tipici per la silanizzazione sono il dimetildiclorosilano (DMDCS) e l’esametildisilazano (HMDS); i supporti bianchi disattivati sono conosciuti come Supelcoport, Chromosorb W-HP, Gas Chrom Q II e Anachrom Q. Uno svantaggio della disattivazione è che questi supporti diventano idrofobici, cosicché il rivestimento con la fase stazionaria liquida risulta difficoltoso. Come prima detto, l’impaccamento con particelle piccole produce colonne più efficienti, le dimensioni di vengono indicate secondo il “mesh range” (intervallo interstiziale), definito dalle dimensioni dei pori dei setacci usati per la selezione delle particelle. Intervalli tipici in GC sono 80/100 o 100/120 mesh. La quantità di fase liquida che riveste il supporto solido dipende dal tipo di supporto e varia in genere dall’1 al 25%. Dalla tabella 4 si evince che il 15% di fase liquida su un supporto Chromosorb P equivale a circa il doppio (25,7%) su Chromosorb W, a causa delle differenze di densità e area superficiale. D’latra

Nome Area superficiale

(m2/g)

Densità di impacchettamento

(gg/cc)

Dimensione dei pori

(µm)

% Max di fase

liquida Tipi a terra di diatomee

Chromosorb P® 4,0 0,47 0,4-2 30 Chromosorb W® 1,0 0,24 8-9 15 Chromosorb G® 0,5 0,58 ND 5 Chromosorb 50® 0,7 0,40 ND 7

Polimeri fluorocarbonici Chromosorb T® 7,5 0,42 ND 10

Page 40: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

38

parte, il tipo Chromosorb G può invece supportare solo modeste quantità di liquido (tipicamente il 3-5%).

Tabella 4. Equivalente in peso percentuale di fase stazionaria per tre supporti solidi. Si deduce infine che bassi carichi sono preferibili per ottenere un’alta efficienza e per composti altobollenti, mentre carichi elevati sono migliori quando si opera con grandi quantità di campione e per soluti volatili – ad esempio gas. In questo caso la preparazione del supporto prevede l’unione di una soluzione di fase stazionaria in solvente volatile al supporto solido e la successiva evaporazione del solvente. Il materiale risultante, perfino con il 25% di fase stazionaria liquida, apparirà secco e verrà facilmente impaccato all’interno della colonna. Fasi stazionarie liquide (GLC) Quasi tutti i liquidi non volatili comunemente presenti in un laboratorio chimico sono stati testati come possibili fasi stazionarie. Come risultato, una gran quantità di fasi liquide sono state introdotte in commercio e sono disponibili nei cataloghi dei diversi distributori (circa 200). Nasce quindi l’esigenza di individuare quelle poche che abbiano la capacità di adattarsi al maggior numero possibile di analiti. In generale, esse includono una colonna non polare come quelle a base di metil-siliconi, diverse a polarità intermedia, un silicone altamente polare come l’OV-275 ed un poliglicole come il Carbowax. Una seconda considerazione riguarda la quantità di fase stazionaria necessaria per rivestire il supporto solido. In pratica tuttavia è difficile ottenere dei rivestimenti uniformi, specialmente per liquidi polari e la quantità minima necessaria viene in genere determinata sperimentalmente dopo una serie di prove ed errori. Una terza considerazione riguarda la lunghezza della colonna, ma questa non è di importanza critica se lo strumento è in grado di operare con un programma di temperatura. Le colonne hanno in genere lunghezze ridotte (da 1 a 3 m), che risultano convenienti sia per l’impaccamento sia per la maneggevolezza.

Chromosorb P® Chromosorb W® Chromosorb G®

5,0 9,3 4,1 10,0 17,9 8,3 15,0 25,7 12,5 20,0 32,8 16,8 25,0 39,5 21,3 30,0 45,6 25,8

Page 41: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

39

Fasi stazionarie solide (GSC) A parte alcuni adsorbenti di uso comune, come il gel di silice e l’allumina, la maggior parte dei soluti usati come fasi stazionarie sono stati messi a punto per applicazioni specifiche in GSC. I due adsorbenti sopra citati danno risultati soddisfacenti in termini di forma dei picchi e numero di piatti, mentre al contrario molti dei solidi usati in GSC danno picchi scodati ed efficienze inadeguate. E’ da notare inoltre che su gel di silice l’aria non viene separata in ossigeno e azoto. La separazione dell’ossigeno dall’azoto è facilmente realizzabile su dei solidi conosciuti come setacci molecolari, che comprendono zeoliti esistenti in natura e materiali sintetici come alluminiosilicati di metalli alcalini. Questi setacci sono denominati in base alle dimensioni reali approssimative dei loro pori, ad es. il tipo 5A ha pori da 5 Å e il tipo 13X ha pori da 9 Å. La separazione tra ossigeno e azoto è all’incirca uguale su entrambi i setacci mentre una differenza si osserva nel caso del monossido di carbonio, che impiega circa il doppio del tempo per fluire dal setaccio molecolare da 5 Å. I Carbosieves sono tipicamente costituiti da solidi appositamente messi a punto per GC, in questo caso mediante pirolisi di un precursore polimerico che fornisce carbonio puro contenente piccoli pori e che funge da setaccio molecolare. I Carbosieves separano l’ossigeno dall’azoto e possono convenientemente sostituire i setacci molecolari appena descritti. Essi trovano anche applicazione per la separazione di idrocarburi a basso peso molecolare e formaldeide, metanolo e acqua. Altri nomi commerciali sono Ambersorb e Carboxen. Un’altra classe di adsorbenti a base di carbonio è rappresentata dai carboni neri grafitizzati (Carbopack), non porosi e non specifici ed in grado di separare molecole organiche sulla base della loro struttura geometrica e polarità. Spesso sono anche leggermente ricoperti con una fase liquida per migliorarne la prestazione e minimizzare lo scodamento dei picchi cromatografici. Nel 1996, Hollis sviluppò e brevettò un polimero poroso messo in commercio con il nome di Porapak che offrì una buona soluzione al problema analitico di separare ed analizzare l’acqua in presenza di solventi polari. Infatti, per la spiccata tendenza a formare legami idrogeno, di solito l’acqua dà origine a brutte scodature con la maggior parte delle fasi stazionarie. Originariamente esistevano cinque diversi tipi di polimeri, indicati da P a T in ordine di polarità crescente; oggi ne esistono invece otto versioni. L’acqua fluisce molto velocemente sui Porapak P e Q, rendendoli ideali per quelle applicazioni nelle quali normalmente l’acqua interferirebbe con i composti di interesse. Il Porapak Q può essere usato anche per separare ossigeno ed azoto a -78 °C. Una serie di polimeri competitivi per prestazioni è venduta sotto il nome commerciale di Chromosorb Century Series. In conclusione, è possibile individuare alcune grandi famiglie di fasi stazionarie: - Fasi stazionarie “legate” chimicamente ai gruppi ossidrilici della silice del supporto o alle pareti della colonna, molto usate nelle colonne capillari WCOT. Le fasi siliconiche vengono immobilizzate per reticolazione mediante iniziatori di

Page 42: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

40

radicali liberi (come i perossidi o i raggi γ); i ponti metilenici che si formano fra le catene polisilossaniche e la colonna rendono la fase particolarmente stabile sia al calore sia all’usura con il tempo. - Fasi stazionarie “ad azione mista” costituite da co-polimeri reticolati porosi a base di etil-vinilbenzene e divinil-benzene, che non hanno gruppi ossidrilici liberi e quindi consentono di minimizzare i fenomeni di scodamento (sempre presenti con le fasi silicee) in caso di composti molto polari (acqua, ammine, ammoniaca, alcoli ed acidi grassi). Tali fasi sono oggi molto spesso utilizzate per le colonne capillari PLOT. - Fasi stazionarie “chirali”, usate sia in GC che in HPLC, in grado di separare gli enantiomeri. Lo sviluppo di ammidi chirali ha portato alla messa a punto di fasi stazionarie chirali (CSP) a largo spettro, per la risoluzione diretta di un gran numero di sostanze otticamente attive mediante GC. Per la loro fabbricazione sono state messe a punto due strategie: la prima si basa sulla formazione di derivati con reagenti otticamente attivi, per formare una coppia di diastereoisomeri separabili su una colonna achirale; l’altra si basa sull’uso di un liquido chirale come fase stazionaria. A questo scopo sono state studiate molte fasi chirali a base di amminoacidi; in questo caso il frammento molecolare più importante per la ricognizione molecolare stereoselettiva è rappresentato dal gruppo –CONHCHRCONH- che permette di raggiungere elevati coefficienti di enantiorisoluzione (α). Recentemente alcune ciclodestrine variamente funzionalizzate sono state utilizzate con successo in GC capillare per la risoluzione diretta di miscele racemiche; in particolare l’α-ciclodestrina terpenilata ha fornito elevati valori di enantioselettività per gli zuccheri sotto forma di trifluoroacetil-derivati. Scelta della Fase stazionaria I criteri per la scelta del tipo di fase stazionaria sono sostanzialmente quattro: 1. I gas permanenti e gli idrocarburi bassobollenti (C1-C10) necessitano di fasi stazionarie solide. 2. Le miscele di composti con polarità simile, ma con punti di ebollizione abbastanza diversi, non richiedono un’elevata selettività della fase stazionaria, per cui solitamente se ne impiega una apolare, con la quale i composti saranno eluiti in funzione della loro volatilità. 3. In presenza di composti a polarità molto diverse, ma con punti di ebollizione molto simili, si possono usare fasi stazionarie sia polari che apolari. Nel caso di colonne polari, i componenti più polari saranno trattenuti maggiormente, per il più alto grado di affinità con la fase stazionaria. Al contrario nel caso di colonne apolari le sostanze polari trattenute meno saranno rese più volatili dalla repulsione con la fase stazionaria.

Page 43: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

41

4. Le miscele contenenti sia sostanze non polari sia sostanze polarizzabili (come per esempio n-esano e benzene) possono essere separate mediante fasi molto polari, capaci di polarizzare i composti aromatici stabilendo legami di tipo dipolo-dipolo indotto, trattenendo invece di meno i composti apolari. Solitamente le fasi stazionarie prevedono delle catene funzionalizzate con gruppi metilici, fenolici, -ciano, polisilossani, silareni o carbonati incorporati in uno scheletro di polisilossani. Per poter essere impiegate con colonne capillari, le fasi stazionarie polimeriche devono soddisfare ai seguenti requisiti: stabilità termica e fisica un determinato grado di ancoraggio (crosslinking) capacità di partizione inerzia chimica selettività di fase riproducibilità nella sintesi del polimero costituente

Page 44: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

42

CAPITOLO 7

RIVELATORI

Tranne poche eccezioni, la maggior parte dei rivelatori usati in GC sono stati specificatamente designati per questa tecnica. Le principali eccezioni riguardano il rivelatore a conducibilità termica (TCD), già in uso come analizzatore di gas al tempo in cui la GC cominciò a svilupparsi e lo spettrometro di massa (o rivelatore selettivo di massa, MSD), modificato in modo da supportare le elevate velocità di scansione necessarie in GC. Altre tecniche spettroscopiche, come l’IR e l’emissione atomica al plasma, sono state usate in seguito impiegate per monitorare l’effluente gas cromatografico. In totale, più di 60 rivelatori sono stati utilizzati in GC. Molti dei rivelatori specificatamente designati si basano sulla formazione di ioni, realizzata con mezzi diversi e, di questi, il rivelatore a ionizzazione di fiamma è diventato il più popolare. In questa sezione saranno discussi il FID, il TCD e il rivelatore a cattura di elettroni (ECD), dal momento che rappresentano i rivelatori di uso più comune. Anche altri rivelatori saranno discussi, seppure più brevemente; la combinazione di GC e spettrometro di massa (MS) è d’altra parte tanto importante da meritare una trattazione separata (capitolo 10). Dapprima, tuttavia, è utile fornire una classificazione dei diversi tipi di rivelatori e delle proprietà comuni, in modo da offrire un quadro d’insieme. Classificazione dei rivelatori Dei cinque sistemi di classificazione sotto elencati, in questa sezione saranno discussi i tre più importanti; gli altri due sono piuttosto ovvi. Classificazione dei rivelatori GC 1. Concentrazione vs. Velocità di flusso di massa

TCD ECD FID

2. Selettivo vs. Universale ECD (FID) TCD

3. Distruttivo vs. Non distruttivo (FID) TCD ECD

4. Grandi quantità vs. Proprietà specifiche TCD ECD FID

Page 45: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

43

5. Analogico vs. Digitale FID TCD ECD

Concentrazione vs. velocità di flusso di massa Questo sistema di classificazione distingue tra quei rivelatori che misurano la concentrazione di analita nel gas di trasporto e quelli che misurano invece la quantità assoluta, indipendentemente dal volume di gas di trasporto. Si noti che nel primo esempio dell’elenco sopra riportato, il TCD e l’ECD sono del tipo a concentrazione mentre il FID è del tipo a velocità di flusso di massa. Una conseguenza di questa differenza è che le aree dei picchi e le altezze dei picchi sono influenzate dalle variazioni nella velocità di flusso del gas di trasporto. Per capire la ragione di questa differenza nel tipo di rivelatore, si consideri l’effetto su un segnale TCD da un totale arresto del flusso. Nella cella del rivelatore rimane una data concentrazione di analita e la sua conducibilità termica continua ad essere misurata ad un livello costante. Al contrario, per un rivelatore a velocità di flusso di massa come è il FID, per il quale il segnale ha origine quando il campione viene bruciato, il completo arresto del flusso farà cessare l’arrivo di analita al rivelatore ed il segnale scenderà a zero. Questa differenza di prestazione ha altre due conseguenze. Prima di tutto, è difficile confrontare le sensibilità di questi due tipi di rivelatori poiché i loro segnali hanno unità diverse; è meglio piuttosto confrontare le quantità minime rivelabili, poiché queste sono espresse in unità di massa in entrambi i casi. In secondo luogo, un paragone valido tra i vari tipi di rivelatori richiede che il parametro velocità di flusso e la concentrazione siano specificate. Tutti i rivelatori offrono le migliori prestazioni se caratterizzati da volumi ridotti, in tal modo l’allargamento di banda è infatti minimizzato. Il volume ha particolare importanza nel caso dei rivelatori a concentrazione, per i quali è definito un volume di cella entro in cui avviene la rivelazione. Se, per ipotesi, il volume di cella di un rivelatore a concentrazione fosse così grande da poter contenere in una sola volta l’intera quantità di campione, il picco cromatografico risultante avrebbe una brutta forma, sarebbe slargato e distorto. E’ possibile stimare i requisiti del volume di cella ideale, considerato che l’ampiezza di un picco può essere espressa in unità di volume (ampiezza alla base, 4σ, mentre l’asse x è in unità di mL). Un picco stretto generato da una colonna capillare può avere un’ampiezza limitata a 1 secondo, che corrisponde ad un volume di 0,017 mL (17 µL) ad una velocità di flusso di 1 mL/min. Se il volume del rivelatore fosse uguale o maggiore, l’intero picco potrebbe essere contenuto al suo interno in una sola volta, ed il picco sarebbe molto slargato. Un rivelatore ideale in questo caso dovrebbe avere un volume significativamente più piccolo, diciamo di 2 µL. Se questo non è disponibile, si può ovviare al problema

Page 46: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

44

aggiungendo un gas di supporto (make-up gas) all’effluente della colonna, in modo da far passare il campione più velocemente attraverso la cella del rivelatore. Questo stratagemma si rivela utile per i rivelatori del tipo a velocità di flusso di massa, molto meno per quelli a concentrazione. Nell’ultimo caso infatti il gas di make-up diluisce il campione, diminuendo la concentrazione come pure il segnale risultante – in alcuni casi questa non rappresenta una soluzione soddisfacente. Di conseguenza, è necessario che i rivelatori a concentrazione abbiano volumi molto ridotti, per poter essere utilizzati con successo in GC capillare. L’uso del gas di make-up comporta infatti il rischio di diminuire il segnale. Selettivo vs. universale Questa caratteristica dei rivelatori fa riferimento al numero o percentuale di analiti che possono essere rivelati da un dato sistema. Un rivelatore universale teoricamente rivela tutti i soluti, mentre uno di tipo selettivo è sensibile solo a determinati tipi o classi di composti. Esistono diversi gradi di selettività; per esempio il FID non è molto selettivo e rivela tutti i composti organici; l’ECD è invece altamente selettivo e rivela solo le specie molto elettronegative, come i pesticidi alogenati. Entrambi i tipi di rivelatori offrono dei vantaggi. L’uso dei rivelatori universali si rivela particolarmente utile nello screening qualitativo di nuovi campioni, la cui composizione è sconosciuta. In questo caso si vorrà infatti avere la certezza che tutte le specie eluite vengano rivelate. D’altra parte, un rivelatore selettivo che ha una sensibilità pronunciata verso una ristretta classe di composti può consentire di effettuarne un’analisi in traccia, permettendone la determinazione anche in presenza di altri composti a concentrazione maggiore. Una rivelazione selettiva può inoltre rendere più semplice un cromatogramma complesso, rivelando soltanto pochi tra i composti presenti ed ignorando selettivamente tutti gli altri. Un esempio è rappresentato dal rivelatore a fiamma fotometrico (FPD), che consente di rivelare selettivamente i composti contenenti zolfo all’interno della miriade di picchi di idrocarburi normalmente presenti in un campione di gasolio o benzina. Distruttivo vs. non distruttivo L’uso di rivelatori non distruttivi diventa necessario quando gli analiti, dopo essere stati separati, devono essere sottoposti ad ulteriori analisi (per esempio nel caso in cui per l’identificazione sia richiesta una strumentazione ausiliaria al GC). Se invece si fosse costretti (o si desiderasse per altre ragioni) ad utilizzare rivelatori distruttivi in una situazione di questo tipo, una maniera per superare tale difficoltà potrebbe consistere nello “splittare” (dividere) il flusso di effluente della colonna cromatografica, inviandone una parte al rivelatore e mettendo da parte il resto per l’analisi.

Page 47: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

45

Caratteristiche dei rivelatori La principale caratteristica di un rivelatore è ovviamente il segnale che esso produce; altre due caratteristiche importanti sono il rumore e la costante di tempo. Le ultime due saranno discusse per prime, in modo da fornire una base teorica per la successiva discussione sul segnale. Rumore Il rumore è il segnale prodotto dal rivelatore in assenza di campione. E’ anche chiamato “background” e si evidenzia dalla linea di base. In genere viene espresso nelle stesse unità del normale segnale del rivelatore. In condizioni ideali, la linea di base non dovrebbe mostrare rumore; in pratica si osservano delle fluttuazioni casuali originate dalle componenti elettroniche che costituiscono gli amplificatori, da segnale spurio derivante dall’ambiente, dalla presenza di contaminanti o perdite nel sistema. Un design accurato ed efficiente del circuito può consentire di abbattere parte del rumore, mentre un’appropriata schermatura e messa a terra del rivelatore possono isolarlo dall’ambiente. Un adeguato pre-trattamento del campione e l’ottenimento di picchi cromatografici il più possibile puri possono invece contribuire ad eliminare parte del rumore derivante dalla contaminazione. Il rumore a lungo termine (“long-term noise”) che si protrae per un periodo di circa 30 minuti, viene chiamato drift. Le cause del rumore andrebbero possibilmente trovate ed eliminate, o quantomeno minimizzate, in quanto influenzano negativamente il segnale minimo rivelabile. Un parametro molto utile nel descrivere le prestazioni di un rivelatore è il rapporto segnale/rumore (S/N); esso fornisce più informazioni riguardo al limite inferiore di rivelazione rispetto al rumore tal quale. Comunemente, il segnale minimo attribuibile ad un analita è considerato quello il cui rapporto segnale/rumore o S/N sia almeno pari a 2. Segnale La risposta del rivelatore o segnale è di particolare interesse nella rivelazione di un analita. L’ampiezza di questo segnale (altezza o area del picco) è proporzionale alla quantità di analita ed è alla base dell’analisi quantitativa. Le sue caratteristiche sono molto importanti poiché l’analisi quantitativa è un’applicazione di fondamentale rilievo in GC. Le specifiche da definire riguardo al segnale sono sensibilità, minimo di rivelabilità, intervallo lineare ed intervallo dinamico. Sensibilità La sensibilità, S, corrisponde alla risposta del rivelatore per unità di concentrazione o per unità di massa di analita nel gas carrier. La sensibilità si esprime in unità basate sulla misura delle aree dei picchi, che differiscono per i

Page 48: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

46

due principali tipi di rivelatori (quelli a concentrazione e quelli a velocità di flusso di massa). Per i rivelatori del tipo a concentrazione, la sensibilità è calcolata per unità di concentrazione di analita nella fase mobile gassosa,

CE

WAFS C == (1)

dove A è l’area integrata del picco (in unità come mV/min), E è l’altezza del picco (in mV), C è la concentrazione di analita nel gas carrier (in mg/mL), W è la massa di analita presente (in mg) e FC è la velocità di flusso del gas carrier (corretta) in mL/min. Le dimensioni risultanti per la sensibilità di questo tipo di rivelatore sono mV mL/mg. Per i rivelatori del secondo tipo, la sensibilità è calcolata per unità di massa dell’analita nella fase mobile gassosa, come riportato sotto:

ME

WAS == (2)

dove M è la velocità di flusso di massa dell’analita che entra nel rivelatore (in mg/sec), W è la massa dell’analita (in mg), A l’area del picco in ampere-sec e E l’altezza del picco in ampere. In questo caso, le dimensioni per la sensibilità sono ampere-sec/mg o coulomb/mg. Come notato prima, le differenze nelle unità di sensibilità tra i due tipi di rivelatori rendono difficile confrontare le rispettive sensibilità. Rivelabilità minima Rappresenta il limite più basso di analita che può essere rivelato; viene indicata in svariati modi tra cui: quantità minima rivelabile (MDQ), limite di rivelazione (LOD) e rivelabilità. Lo IUPAC ha definito la rivelabilità minima, D, come:

SND 2

= (3)

dove N è il livello di rumore e S è la sensibilità appena definita.

Si noti che il numeratore è moltiplicato per 2 perché, sulla base della definizione discussa prima, un segnale rivelabile dovrebbe essere almeno doppio rispetto al livello del rumore. La rivelabilità si esprime in mg/mL per un rivelatore a concentrazione, in mg/sec per il tipo a velocità di flusso di massa. Moltiplicando la rivelabilità minima per l’ampiezza del picco dell’analita misurato e usando le unità appropriate, il valore risultante è espresso in unità di mg e

Page 49: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

47

rappresenta la massa minima che può essere rivelata cromatograficamente, tenendo conto della diluizione del campione che risulta dal processo. Questo valore, talvolta chiamato MDQ, è un’utile misura di confronto dei limiti di rivelabilità di rivelatori di tipo diverso. Un termine correlato è il limite di quantificazione (LOQ), superiore al LOD. La maggior parte delle linee guida (es., quelle dell’American Chemical Society, ACS, sull’analisi ambientale) specificano che il LOD dovrebbe essere pari a 3 volte il S/N e il LOQ pari a 10 volte il S/N. Le definizioni della Farmacopea statunitense (USP) sono simili e stabiliscono anche che il LOQ non dovrebbe essere inferiore a 2 volte il LOD. Altre agenzie possono avere linee guida diverse, ma tutte derivano dalla necessità di specificare i limiti di rivelabilità e quantificazione e la relazione che tra essi intercorre, essendo diversi l’uno dall’altro. Intervallo di linearità Riportando in grafico la risposta del rivelatore rispetto alla concentrazione dell’analita rivelato, entro un determinato intervallo (range) di concentrazioni si ottiene una linea retta. Superato un certo valore, ad alte concentrazioni, si registra un appiattimento della risposta e l’andamento non è più lineare. Per poter misurare l’intervallo di linearità, diventa necessario stabilire il limite superiore di concentrazione. Poiché la linearità viene spesso rappresentata graficamente in scala logaritmica, le deviazioni dalla linearità sono minimizzate e la curva non è adatta ad evidenziare eventuali deviazioni. Un grafico migliore è quello della sensibilità in funzione della concentrazione, dove la concentrazione dell’analita si può esprimere in forma logaritmica, per ottenere un ampio intervallo mantenendo nel contempo la linearità per l’asse y (sensibilità). RIVELATORE A IONIZZAZIONE DI FIAMMA (FID) Il FID è un rivelatore a ionizzazione specificatamente designato per la GC. L’effluente della colonna è bruciato in una piccola fiamma aria-idrogeno e durante questo processo si producono degli ioni. Questi ioni danno poi origine ad una piccola corrente che genera il segnale. In assenza di campione, la ionizzazione sarà ridotta ad una piccola quantità di corrente derivante da impurezze nei contenitori di idrogeno e aria. Il FID è un rivelatore sensibile ad una proprietà specifica ed ha una sensibilità caratteristicamente elevata. Uno schema di FID è mostrato in figura 18.

Page 50: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

48

Figura 18. Schema di un rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID).

L’effluente della colonna è miscelato con idrogeno (combustibile) e condotto verso un piccolo puntale bruciatore circondato da un alto flusso di aria (comburente). Un sistema apposito provvede all’accensione della fiamma. L’elettrodo collettore ha una differenza di circa +300 V rispetto al puntale della fiamma e la corrente raccolta viene amplificata da un circuito ad alta resistenza. Nel processo di combustione si produce acqua, quindi il rivelatore deve essere riscaldato almeno a 125 °C per prevenire la condensazione dell’acqua e di campioni altobollenti; la maggior parte dei FID opera infatti a 250 °C o più. Il FID rivela tutti i composti organici che sono bruciati nella fiamma aria-idrogeno, dando un segnale all’incirca proporzionale al contenuto di carbonio. La ragione di questo fattore di risposta costante è la conversione di tutti gli atomi di carbonio di un soluto organico a metano, nel processo di combustione del FID. Tutti gli idrocarburi dovrebbero quindi mostrare la stessa risposta, proporzionale al numero di atomi di carbonio. Tuttavia quando sono presenti eteroatomi come ossigeno o azoto, il fattore decresce; i valori di risposta relativa sono spesso tabulati come numeri di carbonio effettivi, ECN; per esempio il metano ha un valore di 1,0, l’etano di 2,0, ecc. Chiaramente la conoscenza dei fattori di risposta è necessaria per una corretta analisi quantitativa. Per operare in modo efficiente, i gas (idrogeno e aria) devono essere puri e privi di materiale organico che aumenterebbe la ionizzazione di fondo. Le loro velocità di flusso devono essere ottimizzate per il particolare schema del rivelatore (e, in misura minore, per il particolare analita). A seguire un riepilogo delle caratteristiche del FID, i cui

Page 51: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

49

vantaggi sono: buona sensibilità, ampio intervallo di linearità, semplicità, robustezza e adattabilità a tutte le dimensioni delle colonne. Caratteristiche del rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID) 1. MDQ – 10-11 g (~50 ppb) 2. Risposta – solo composti organici, né gas permanenti né acqua 3. Linearità – 106 – eccellente 4. Stabilità – eccellente, poca influenza di variazioni di flusso o temperatura 5. Limite di temperatura – 400 °C 6. Gas carrier – azoto o elio RIVELATORE A CONDUCIBILITA’ TERMICA (TCD) Inizialmente era presente in quasi tutti i primi strumenti per GC; il suo uso è ancora piuttosto diffuso, specialmente per le colonne impaccate e per particolari analiti come H2O, CO, CO2 e H2. Il TCD è un rivelatore differenziale che misura la conducibilità termica dell’analita nel gas carrier, rispetto alla conducibilità termica del gas carrier puro. In un rivelatore convenzionale sono richieste almeno due cavità nella cella, sebbene sia più comune la cella con quattro cavità. Le cavità sono scavate in un blocco di metallo (in genere acciaio inossidabile) e ciascuna contiene una resistenza elettrica o filamento (i cosiddetti “hot-wires”, filamenti caldi). I filamenti sono montati su dei supporti, come mostrato in figura 19, o tenuti insieme concentricamente nella cavità del cilindro, un assetto che consente di minimizzare il volume della cella. Sono fatti di tungsteno o di una lega tungsteno-renio (i cosiddetti “filamenti WX”) ad alta resistenza.

Page 52: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

50

Figura 19. Schema di un rivelatore a termoconducibilità (TCD). I filamenti sono incorporati in un circuito costituito dal Ponte di Wheatstone, il metodo classico di misura della resistenza. Una corrente DC è fatta passare attraverso i filamenti per riscaldarli al di sopra della temperatura della cella, creando un gradiente di temperatura. Con il gas carrier puro che passa in tutti i quattro elementi, il circuito a ponte è bilanciato con un controllo a zero. Quando un analita eluisce, la conducibilità termica della miscela di gas nelle due cavità dove si trova il campione diminuisce, mentre la temperatura dei filamenti aumenta leggermente, causando un notevole aumento della resistenza dei filamenti ed il ponte diventa sbilanciato – cioè si origina un voltaggio attraverso gli angoli opposti del ponte. Questo voltaggio è diviso da un divisore di voltaggio (il cosiddetto attenuatore) e poi tutto o parte di esso è inviato ad un registratore, un integratore o un altro sistema di elaborazione dei dati. Dopo che l’analita è eluito completamente, la conducibilità termica nelle cavità contenenti il campione ritorna al suo valore originario ed il ponte ritorna bilanciato. Maggiore è la corrente di riscaldamento applicata ai filamenti, maggiore sarà il differenziale di temperatura e più alta la sensibilità. Tuttavia, alte temperature dei filamenti risultano anche in una minore durata dei filamenti stessi, poiché piccole impurezze di ossigeno ossidano velocemente i filamenti di tungsteno, arrivando infine a bruciarli. Da qui la necessità che il sistema GC sia privo di perdite e il gas carrier utilizzato privo di ossigeno. Il Ponte di Wheatstone può essere impiegato a voltaggio costante o a corrente costante; si può impiegare un circuito più elaborato per mantenere costante la

Page 53: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

51

temperatura dei filamenti. I controlli del rivelatore possono quindi specificare le impostazioni di corrente, voltaggio, temperatura o differenza di temperatura (∆T), a seconda del particolare tipo di controllo. Il controllo della temperatura dei filamenti per mantenerla costante provvede al bilanciamento del ponte, diversamente dal più semplice circuito che misura direttamente lo sbilanciamento del ponte. Il bilanciamento fornisce un intervallo di linearità più ampio, maggiore amplificazione, limiti di rivelazione più bassi e meno rumore. Come già spiegato, un volume piccolo della cella è preferibile per la riproducibilità della forma dei picchi e per una maggiore sensibilità. Tipicamente, le celle TCD hanno volumi intorno a 140 µL, ottimi per colonne impaccate o capillari wide-bore. Il loro uso con colonne capillari narrow-bore non è routinario, ma sono reperibili celle con volumi fino a 20 µL ed in alcuni casi è possibile ottenere dei buoni cromatogrammi. Quando si usa il TCD con colonne capillari è in genere richiesta l’aggiunta di gas di make-up. Una cella estremamente piccola, dal volume di 1 nL, è stata realizzata per un sistema micro-GC, su un chip al silicio. Un altro sistema utilizza una singola cella TCD di volume ridotto (5 µL); i due flussi di gas (campione e riferimento) vengono fatti passare alternativamente attraverso la cella ad una frequenza di 10 volte al secondo. Il gas di trasporto usato con il TCD deve avere una conducibilità termica (TC) molto diversa da quella del campione da analizzare; i gas più frequentemente usati sono di conseguenza elio e idrogeno, che hanno i più alti valori di TC. Tutti gli altri gas, come pure i liquidi e i solidi, hanno valori di TC molto più piccoli. Usando azoto come gas carrier ci si può aspettare di ottenere picchi di forma irregolare, spesso a W a causa di una parziale inversione. Lo stesso accade se si cerca di analizzare idrogeno usando l’elio come gas carrier. Sebbene la risposta del TCD non sia direttamente correlabile ai valori TC, è ovvio che per l’analisi quantitativa sono necessari dei fattori di calibrazione, similmente a quanto visto per il FID. A seguire un riepilogo delle caratteristiche del TCD, le cui principali proprietà sono: robustezza, universalità, moderata sensibilità. Caratteristiche del rivelatore a conducibilità termica (TCD) 1. MDQ – 10-9 g (~10 ppm) 2. Risposta – tutti i composti 3. Linearità – 104 4. Stabilità – buona 5. Limite di temperatura – 400 °C 6. Gas carrier – elio

Page 54: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

52

RIVELATORE A CATTURA DI ELETTRONI (ECD) L’invenzione dell’ECD è attribuita a Lovelock, sulla base di una sua pubblicazione risalente al 1961. Si tratta di un rivelatore selettivo che fornisce una sensibilità molto alta per quei composti che “catturano gli elettroni”. Questi composti includono materiali alogenati come i pesticidi e, di conseguenza, questo è stato uno dei suoi usi primari. E’ un rivelatore a ionizzazione, ma a differenza della maggior parte dei rivelatori di questa classe, i campioni sono rivelati a causa di una diminuzione del livello di ionizzazione. Quando non sono presenti analiti, il 63Ni radioattivo emette particelle beta come mostrato nell’equazione (5):

−→ βNi (5)

Queste particelle cariche negativamente collidono con il gas carrier idrogeno e producono altri elettroni (equazione 6):

+−− +→+ 22 2 NeNβ (6)

Gli elettroni formati in questo processo combinato risultano in una notevole corrente (circa 10-8 a) quando vengono raccolti da un elettrodo positivo. Quando un analita elettronegativo viene eluito dalla colonna ed entra nel rivelatore, esso cattura una parte degli elettroni liberi e la corrente è diminuita dando un picco negativo:

−− →+ AeA (7)

Gli ioni negativi formati hanno mobilità inferiore a quella degli elettroni liberi e non vengono raccolti dall’anodo. La relazione matematica per questo processo è simile alla legge di Beers usata per descrivere il processo di assorbimento di una radiazione elettromagnetica. Quindi, il grado di assorbimento o cattura è proporzionale alla concentrazione di analita. Il gas carrier usato per l’ECD può essere azoto puro (come indicato nel meccanismo illustrato) o una miscela del 5% di metano in argo. Quando si usa questo rivelatore con colonne capillari è in genere necessario un contributo di gas di make-up; in tal caso è conveniente usare il gas più economico, cioè l’azoto, come make-up e l’elio come gas carrier. Lo schema tipico di un ECD è mostrato in figura 20.

Page 55: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

53

Figura 20. Schema di un rivelatore a cattura di elettroni (ECD).

63Ni è stato indicato come emettitore di particelle beta, ma è stato usato anche il trizio; generalmente si preferisce il nichel perché può essere usato a temperature più alte (fino a 400 °C) ed ha una minore attività (oltre ad essere più sicuro). Sembra inoltre che applicando un voltaggio pulsato anziché continuo si raggiunge una migliore prestazione. Un impulso a onda quadra di circa -50 V è applicato ad una frequenza che mantiene una corrente costante, indipendentemente dalla presenza o meno dell’analita nella cella; di conseguenza la frequenza d’impulso è maggiore quando l’analita è presente. L’ECD pulsato ha un MDQ più basso e quindi un intervallo di linearità più ampio. Una limitazione dell’ECD è la necessità di usare una sorgente radioattiva che può rendere necessaria un’autorizzazione speciale o quantomeno un periodico test radiologico. Questo rivelatore è reperibile in commercio e può anche essere usato in condizioni diverse, come rivelatore a ionizzazione di elio. L’ECD è uno dei rivelatori più frequentemente contaminati ed è influenzato negativamente da ossigeno e acqua. Sono necessari gas ultra-puri e secchi, privi di perdite e campioni puliti. La contaminazione è in genere evidente da una linea di base disturbata o da piccole inflessioni negative prima e dopo ciascun picco. A volte si può effettuare un lavaggio operando con idrogeno come gas carrier ad alte temperature per bruciare le impurezze, ma spesso si rende necessaria una

Page 56: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

54

completa revisione del sistema. A seguire un riepilogo delle caratteristiche dell’ ECD, un rivelatore sensibile e selettivo per i composti alogenati, ma che può essere facilmente contaminato e più frequentemente causa dei problemi. Sommario delle caratteristiche dell’ECD 1. MDQ – da 10-9 a 10-12 g 2. Risposta – molto selettivo 3. Linearità – da 103 a 104 4. Stabilità – sufficiente Rivelatore fotometrico a fiamma (FPD) La fotometria a fiamma è stata adattata all’uso in GC con una fiamma simile a quella del FID, nel 1966. L’applicazione all’analisi di composti organici è utile soprattutto per composti contenenti zolfo (a 394 nm) e fosforo (a 526 nm), come quelli che si ritrovano nei residui di pesticidi e nei contaminanti ambientali. Lo schema di un rivelatore a fiamma fotometrica è riportato in figura 21.

Figura 21. Schema di un rivelatore a fiamma fotometrica (FPD). RIVELATORE AD AZOTO-FOSFORO (NPD) Quando è stato inventato (da Karmen e Giuffrida nel 1964) questo rivelatore era conosciuto come il rivelatore a ionizzazione alcalina di fiamma (AFID) perché consisteva in un FID al quale era aggiunto un letto di un sale di un metallo alcalino. Man mano che il rivelatore ha continuato ad evolversi anche il suo nome

Page 57: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

55

è cambiato nel tempo, da rivelatore a ionizzazione termoionica (TID), rivelatore a fiamma termoionica (FTD), rivelatore termoionico specifico (TSD), ecc. Sostanzialmente, Karmen e altri hanno osservato che il FID mostra una sensibilità maggiore quando nelle vicinanze della fiamma è presente un sale di un metallo alcalino. Nell’attuale configurazione del rivelatore, un letto di rubidio o cesio è riscaldato elettricamente nella zona in cui avviene la ionizzazione di fiamma. Sebbene il meccanismo non sia ben compreso, il rivelatore mostra una sensibilità più pronunciata per le sostanze contenenti fosforo, azoto ed alcuni alogeni. Rivelatore a bilancio di densità di gas (GADE) Questo rivelatore, inventato da Martin e James nel 1956, non ha avuto larga diffusione ma è ancora reperibile in commercio e possiede alcune caratteristiche uniche. Può essere usato per l’analisi quantitativa senza calibrazione, a condizione che le densità degli analiti siano conosciute, poiché si basa proprio su questa proprietà. Può anche essere usato per determinare i pesi molecolari degli analiti, se le analisi sono effettuate con due gas carrier diversi. Rivelatore a fotoionizzazione (PID) Anche questo rivelatore a ionizzazione ha subito diverse modifiche nella configurazione, fin dal 1960. Nel suo schema attuale, una lampada UV (per esempio, 10,2 eV) emette fotoni con energia sufficientemente alta da ionizzare direttamente molti composti organici. Gli ioni risultanti vengono convogliati ed amplificati per formare il segnale. Un rivelatore molto simile utilizza una scintilla per generare fotoni ad alta energia che provocano la ionizzazione del campione. Questo è chiamato rivelatore a scarto di ionizzazione (DID) e trova applicazione nell’analisi di gas permanenti presenti a concentrazioni più basse di quelle rivelabili con un TCD. Rivelatore selettivo di massa (MSD) Gli spettrometri di massa usati come rivelatori in GC devono avere caratteristiche operative compatibili e devono essere adeguatamente accoppiati al gas cromatografo. Alcuni di essi sono noti come rivelatori di massa selettivi (MSD), ma la tecnica accoppiata è più spesso chiamata GC/MS, indicando l’accoppiamento di due strumenti analitici, indipendenti per utilizzo e finalità analitiche. Al di là del nome, l’uso di uno spettrometro di massa accoppiato ad un gas cromatografo fornisce una combinazione molto potente, utile e diffusa; la GC/MS sarà oggetto di trattazione separata.

Page 58: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

56

CAPITOLO 8

ANALISI QUALITATIVA E QUANTITATIVA

La gas cromatografia, come già affermato, è una tecnica che si presta ad applicazioni analitiche sia qualitativi sia quantitative. ANALISI QUALITATIVA Il parametro cromatografico usato per l’analisi qualitativa è il volume di ritenzione (o qualche altro parametro strettamente correlato). Tuttavia, poiché i parametri di ritenzione da soli non consentono di confermare l’identità dei picchi, è uso comune accoppiare uno spettrometro di massa (MS) al GC per l’analisi qualitativa. La tecnica GC-MS è ampiamente utilizzata e sarà discussa in dettaglio successivamente. Parametri di ritenzione Il tempo di ritenzione di un dato soluto può essere usato per la sua identificazione posto che le seguenti variabili della colonna siano mantenute costanti: lunghezza, fase stazionaria e suo spessore (carico di liquido), temperatura e pressione (velocità di flusso del gas di trasporto). Come esempio, si consideri un campione incognito di cui si ottiene il cromatogramma; se si vuole sapere quali dei componenti sono n-alcoli, si può analizzare una serie di n-alcoli standard ottenendo il corrispondente cromatogramma. I picchi i cui tempi di ritenzione corrispondono a quelli degli standard possono essere identificati n-alcoli. Ovviamente questo sistema funzionerà soltanto se i componenti del campione incognito sono alcoli. La procedura non sarà efficace se il numero di possibili composti è elevato – i volumi di ritenzione non sono così caratteristici. Poiché i composti organici di uso comune sono più di 30000, la gas cromatografia non può essere impiegata da sola per identificare un singolo composto da un insieme così grande. I tempi di ritenzione sono caratteristici di un sistema GC, ma non sono unici e quindi non possono essere usati per la conferma qualitativa. D’altra parte, i volumi di ritenzione relativi sono più riproducibili dei volumi di ritenzione individuali, per cui i dati qualitativi andrebbero riportati su una base relativa. L’indice di ritenzione di Kovats è un metodo affidabile per riportare i dati di ritenzione ed è un buon sistema da usare a scopo di identificazione o classificazione. Di seguito sarà illustrata la teoria degli indici di ritenzione, che riveste una notevole importanza in un’indagine GC a fini qualitativi .

Page 59: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

57

Come già detto, in gas cromatografia le informazioni quantitative sono legate all’ampiezza dei segnali (picchi cromatografici) registrati per ciascun componente. Le informazioni qualitative sono legate al comportamento cromatografico di una determinata sostanza in un sistema cromatografico e, quindi, ai parametri di ritenzione cromatografica. Tra i parametri di ritenzione cromatografica si riconoscono, in ordine di affidabilità crescente: - Tempo di ritenzione (tr): tempo intercorrente tra l’introduzione del campione e il massimo della risposta per un dato componente. Tale valore dipende da tutte le variabili sperimentali connesse al processo cromatografico. - Tempo di ritenzione corretto (t’r = tR-tM): valore ricavato sottraendo dal tempo di ritenzione (tR) il tempo morto (tM). Il tempo morto è il tempo di ritenzione di un componente non trattenuto nella fase stazionaria che viaggia, quindi, alla stessa velocità del gas di trasporto. Il t’r dipende da tutte le variabili sperimentali, ad eccezione della velocità lineare del gas di trasporto. - Tempo di ritenzione relativo (t’R(1) / t’R(S)): valore del rapporto tra il tempo di ritenzione corretto di un composto e il tempo di ritenzione corretto di uno standard cui si attribuisce tempo di ritenzione relativo uguale a 1. I tempi di ritenzione relativi dipendono solo dal tipo di fase stazionaria utilizzata e dalla temperatura alla quale si effettua l’analisi. E’ importante ricordare che ciascun composto sarà caratterizzato da un comportamento di ritenzione differente su una specifica colonna, espresso dal tempo di ritenzione assoluto, dal fattore di ritenzione e dal tempo di ritenzione relativo. Dal momento che il tempo di ritenzione assoluto varia non solo al variare di tutti i parametri cromatografici (velocità lineare del gas, programma di temperatura, rapporto di fase, lunghezza della colonna), ma anche tra analisi successive condotte sulla stessa colonna, questa informazione non è molto valida nell’analisi qualitativa. Il fattore di ritenzione è più utile; esso tiene conto di alcune variabili come la velocità del gas e la lunghezza della colonna, includendo il tempo di ritenzione di un composto non ritenuto. Il tempo di ritenzione relativo considera anche variazioni nel rapporto di fase e non varia per colonne diverse nel caso in cui il picco considerato e la temperatura della colonna siano gli stessi. L’approccio dell’Indice di Ritenzione Nello sviluppo della gas cromatografia in programma di temperatura si possono individuare due diverse linee di indagine. La principale riguarda lo studio dell’indice di ritenzione in programma di temperatura (IT) ed è definita anche come “approccio dell’indice di ritenzione”. La seconda, definita “approccio termodinamico”, riguarda lo studio dei dati di termodinamica di base al fine di

Page 60: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

58

predire la ritenzione in diverse condizioni cromatografiche. Lo scopo di tali studi è lo sviluppo di procedure di calcolo necessarie all’impiego comune di importanti informazioni termodinamiche. I dati riguardanti il flusso, le dimensioni della colonna, i rapporti di fase, i programmi di temperatura vengono applicati per l’uso individuale. Entrambi gli approcci hanno avuto uno sviluppo parallelo nel tempo ed i loro concetti non sono necessariamente opposti; l’approccio degli indici di ritenzione tuttavia reca maggiori problemi, per due motivi fondamentali. IT non è riproducibile se non in condizioni cromatografiche altamente standardizzate; ciò è irrealizzabile sul piano pratico ed analitico poiché le temperature di eluizione dipendono dal particolare caso (analita) e dalla necessità di ottimizzare il processo di separazione. Diversamente da quanto si verifica operando in GC in isoterma, nella GC in programma di temperatura l’informazione termodinamica non può essere determinata dall’ IT. Il calcolo degli indici di ritenzione dai dati termodinamici è invece possibile sia in GC isoterma che in GC in programma di temperatura. Dal momento che il tempo di ritenzione di un soluto varia secondo la temperatura e l’entità del flusso in colonna, si deduce che è impossibile riprodurlo. La reale mancanza di un sistema di riferimento condusse Kovats a proporre un sistema per calcolare l’indice di ritenzione basato su serie omologhe di idrocarburi usati come picchi di riferimento. Egli ideò un calcolo applicandolo all’analisi GC in condizioni isoterme, dove il logaritmo del tempo di ritenzione corretto (t’r) è proporzionale al numero di carboni omologhi. Il sistema basato sugli indici di ritenzione si basa su due concetti fondamentali: - ciascun analita è indicato in base alla posizione tra due n-idrocarburi che includono il suo tempo di ritenzione, nel senso che i tempi di ritenzione di tutti gli analiti sono racchiusi nell’intervallo di ritenzione dei picchi di riferimento - il calcolo è basato su un’interpolazione lineare dei numeri di carboni dei due idrocarburi. Convenzionalmente, al fine di evitare l’uso di frazioni decimali, il numero di carboni viene moltiplicato per 100. Il tempo di ritenzione di un soluto è uguale al numero di carboni (x100) di una ipotetica n-paraffina che dovrebbe presentare lo stesso tempo di ritenzione corretto dello specifico soluto. Riassumendo, gli indici di ritenzione possono essere calcolati sia in condizioni di isoterma sia in programma di temperatura. Indice di ritenzione in isoterma Effettuando analisi in condizioni isoterme gli indici di ritenzione si ottengono in funzione di un calcolo semilogaritmico tra i tempi di ritenzione corretti degli idrocarburi ed i loro numeri di atomi di carbonio (cn):

log t’R = a x cn + b

dove a e b rappresentano delle costanti.

Page 61: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

59

Gli indici di ritenzione di composti compresi tra due picchi di idrocarburi denominati z e z + 1 possono essere calcolati con la seguente equazione:

I = 100 [z + (log t’R i - log t’R z / log t’R(z+1) - log t’R z)

dove z indica la lunghezza della catena carboniosa dell’idrocarburo e i indica l’analita. Indice di ritenzione in programma di temperatura Durante il programma di temperatura la serie di n-paraffine eluisce in modo lineare. Ciascun picco aggiunge quindi un incremento costante al tempo di ritenzione del suo predecessore, invece dell’incremento crescente che si osserva nell’eluizione in isoterma. La relazione tra i tempi di ritenzione ed il numero di atomi di carbonio sarà:

tRT

= a’ x cn+ b’

dove a’ e b’ sono due costanti di proporzionalità. Nel caso di analisi in programma di temperatura l’indice di ritenzione viene espresso come segue:

IT = 100 [z + (tTR i - tT

R z / tTR (z+1) - tT

R z)

Gli indici così calcolati vengono denominati “indici di ritenzione lineari” (LRI). Per un dato soluto ed una specifica fase stazionaria, i valori degli indici di ritenzione ottenuti in isoterma e in programma di temperatura differiscono tra loro. Inoltre in programma di temperatura gli IT possono variare anche in relazione al particolare programma ed alla temperatura iniziale. Gascromatografia ad alta risoluzione/spettrometria di massa (HRGC/MS) L’identificazione dei componenti di una miscela gas cromatografica può basarsi sui parametri di ritenzione o sul confronto con degli standard, precedentemente analizzati o aggiunti alla miscela del campione. La corrispondenza dei tempi di ritenzione non costituisce prova dell’identità di un composto incognito; per giungere in tempi brevi ad una identificazione certa è particolarmente utile usufruire di un sistema di rivelazione che fornisca informazioni strutturali sui singoli composti, quale è un rivelatore di massa. Oggi l’impiego di GC/MS per l’analisi di miscele complesse è ampiamente diffuso. Normalmente i rivelatori di massa accoppiati ad un sistema gas cromatografico sono dotati di una o più librerie di spettri di massa, utilizzate per l’identificazione dei componenti del campioni in analisi mediante il confronto degli spettri con quello dell’analita. Il processo di identificazione prevede le seguenti fasi: acquisizione dello spettro, confronto dello spettro dell’analita con quelli presenti in libreria, selezione degli spettri in libreria più simili a quello dell’analita, elaborazione di una lista di

Page 62: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

60

composti disposti in ordine di similarità decrescente con il composto incognito. La probabilità di giungere ad una corretta identificazione è tanto più alta quanto più alta è la similarità tra lo spettro del campione e quello del composto standard. D’altra parte, anche la conoscenza generale della natura del campione è fondamentale per una corretta interpretazione dei dati spettrali. Le difficoltà riscontrabili nell’identificazione GC/MS sono connesse a due fattori fondamentali e distinti: il composto in analisi e la libreria utilizzata.

• Ragioni connesse al composto: - Alcune miscele complesse presenti in natura sono costituiti da un insieme di composti appartenenti alla medesima categoria (ad es. i terpeni), da loro derivati ossigenati e da composti alifatici ossigenati. Le difficoltà che si presentano nella identificazione GC/MS dei picchi di queste miscele complesse è connessa all’alto livello di similarità spettrale che molti di essi mostrano. Questa deriva dalle caratteristiche strutturali delle molecole, dalle frammentazioni ottenute ed infine dai riarrangiamenti in seguito alla ionizzazione. Perciò l’identificazione MS dovrebbe sempre essere accompagnata da ulteriori informazioni sul tempo di ritenzione che supportino la ricerca in una libreria spettrale - La composizione di una matrice complessa viene comunemente determinata attraverso una serie di separazioni su più fasi stazionarie polari /apolari. La procedura risulta lunga e laboriosa e spesso comunque inadeguata per il genere di campioni (ad es. oli essenziali). In tal caso, la rivelazione MS attendibile di molti composti incogniti, che punta all’ottenimento di spettri di massa di alta qualità, è impedita dalla presenza di composti interferenti.

• Ragioni connesse alla libreria: - Nelle librerie commerciali le informazioni sulle condizioni sperimentali sono inesistenti o poco accurate, perché gli spetti inseriti provengono dalla letteratura o da strumenti diversi (quadrupoli, magnetici, a trappola-ionica) che presentano differenze significative - In alcune librerie sono riportati spettri differenti per il medesimo composto, a causa di errori nell’interpretazione o nel campionamento - In alcune librerie sono riportati vari spettri per lo stesso composto, perché questo è menzionato con nomi diversi (nome sistematico e/o nome comune) o con diversi numeri di CAS.

L’uso di informazioni cromatografiche, come gli indici, può essere usato per filtrare in modo interattivo i risultati MS così da ottenere un’attribuzione più attendibile dei picchi dei componenti di una miscela complessa. L’LRI, parametro ben noto in gascromatografia, è stato introdotto nelle migliori librerie spettrali attualmente in commercio allo scopo di fornire maggiori informazioni sull’identità dell’analita, restringendo l’intervallo di percentuale di similarità nel quale uno spettro ricade dopo la ricerca. In molti casi, attivando questa funzione si ottiene un composto unico nella lista di quelli probabili. Questo genere di approccio

Page 63: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

61

consente l’identificazione di un elevato numero di componenti una miscela complessa di qualunque natura: vegetale, biologica, sintetica, farmaceutica, alimentare, con estrema precisione. La procedura di ricerca è enormemente semplificata ottenendo spesso soltanto il composto corretto, evitando inoltre la confusione generata dall’uso di librerie commerciali. Infatti, una ricerca su una comune libreria commerciale può anche fornire una lunga lista di possibili scelte per ogni componente, e la prima scelta non necessariamente è quella giusta. Rivelatori selettivi e rivelatori doppi L’uso di rivelatori GC selettivi, come precedentemente discusso, è a volte utile nell’identificazione di classi di composti verso i quali tali rivelatori mostrano una maggiore sensibilità. Più interessante è l’uso di due rivelatori diversi in parallelo all’uscita di una colonna GC – la cosiddetta rivelazione “dual channel” (a doppio canale). I rivelatori scelti dovrebbero mostrare differenze significative di sensibilità per differenti classi di composti. Entrambi i segnali sono registrati contemporaneamente per produrre cromatogrammi con un duplice segnale cromatografico. L’identificazione può essere effettuata dall’esame dei cromatogrammi o dai rapporti delle risposte dei rivelatori. Gli ultimi sono spesso caratteristici delle diverse classi di composti. Il rapporto dei dati di rivelazione usato in combinazione con l’indice di ritenzione può condurre all’identificazione di un particolare omologo all’interno di una data classe. Strumenti off-line ed analisi In linea di principio, si potrebbe raccogliere l’effluente da una colonna GC in una trappola fredda e identificarlo con uno strumento adatto. Il campione intrappolato può essere trasferito a un altro strumento per l’identificazione (MS, FTIR, NMR, UV), sottoposto a microanalisi, o fatto reagire con un reagente caratteristico per produrre un derivato caratteristico. Generalmente, gli strumenti più utili (MS e FTIR) sono però accoppiati on-line. Altri metodi che possono essere impiegati per l’identificazione includono la pirolisi, la derivatizzazione e la cromatografia a peso molecolare. Strumenti on-line La GC-MS è stata già menzionata come metodo di scelta per l’analisi qualitativa. Una tecnica complementare di identificazione è la spettroscopia infrarossa a Trasformata di Fourier accoppiata alla gas cromatografia (GC-FTIR). La migliorata sensibilità dei sistemi a Trasformata di Fourier nella gestione dei dati ha fortemente contribuito ad aumentarne l’utilità. Le due interfacce IR comunemente in uso sono la “light pipe” e la cosiddetta “matrix isolation” (isolamento su matrice). Nel primo metodo, l’effluente della colonna viene fatto passare attraverso una cella IR per gas riscaldata (light pipe);

Page 64: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

62

nel secondo, l’effluente è condensato e congelato in una matrice idonea per l’analisi IR. Poiché l’IR è una tecnica non distruttiva, è possibile accoppiare sia l’IR sia l’MS allo stesso GC, ottenendo un sistema GC-FTIR-MS. ANALISI QUANTITATIVA L’effettuazione di misure quantitative è sempre accompagnata da errori e necessita di una buona comprensione dei rivelatori e dei sistemi di elaborazione dei dati. Campionamento, preparazione del campione, validazione della strumentazione e del metodo e controllo qualità rappresentano fasi importanti del processo. L’analisi in traccia, che sta diventando sempre più popolare, richiede che tutte le fasi dell’analisi siano condotte con grande cura. A seguire sarà presentata una breve descrizione dei metodi statistici di trattazione degli errori nell’analisi, seguita da una breve discussione degli errori tipici. Seguirà un’introduzione ai più comuni metodi di analisi. Metodi statistici per il calcolo quantitativo Gli errori nelle misure si distinguono in determinati e indeterminati. Gli ultimi sono casuali e si prestano ad una trattazione statistica (statistica Gaussiana); i primi invece non sono casuali e la loro origine andrebbe individuata ed eliminata. Se il numero di misure effettuate è abbastanza alto, la distribuzione degli errori casuali dovrebbe seguire una curva normale o Gaussiana, già illustrata. Essa è caratterizzata da due variabili – la tendenza centrale e la variazione simmetrica intorno alla tendenza centrale. Due misure della tendenza centrale sono la media, X , e la mediana. Uno di questi due valori è in genere considerato come valore “corretto” per un’analisi, sebbene statisticamente non esista un valore “corretto”, ma piuttosto il valore “più probabile”. L’abilità dell’analista nel determinare il valore più probabile viene indicata come accuratezza. La distribuzione dei dati intorno alla media viene in genere misurata come deviazione standard, σ

( )( )1

2

−−Σ

=n

XXσ (1)

dove n è il numero di misure. Il quadrato della deviazione standard è chiamato varianza. L’abilità di un analista di acquisire dati con un valore piccolo di σ è chiamata precisione. Altri due termini sono comunemente usati per distinguere due tipi di precisione. Uno e la ripetibilità, che si riferisce alla precisione all’interno di un laboratorio, di un analista e su uno strumento. L’altro è la riproducibilità, che si riferisce alla precisione tra laboratori diversi e quindi analisti diversi e strumenti diversi. Come

Page 65: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

63

prevedibile, si verifica in genere che la riproducibilità non sia altrettanto buona come la ripetibilità. Un termine correlato usato dalla Farmacopea statunitense (United States Pharmacopoeia, USP) per indicare la riproducibilità strumentale è la robustezza. Essa fa riferimento ad un test effettuato in maniera molto rigorosa, dove lo stesso protocollo è usato da molti laboratori diversi e per un esteso periodo di tempo. In una serie di dati, la deviazione standard relativa (RSD) fornisce più informazioni della deviazione standard in sé stessa. La deviazione standard relativa, o coefficiente di variazione come viene a volte chiamata, è definita come:

XRSD rel

σσ == (2)

L’informazione minima fornita per corredare i risultati di un’analisi è una delle variabili di ciascuno dei due tipi appena discussi – solitamente la media e la deviazione standard relativa. Una fase di tutte le procedure quantitative è quella di calibrazione. La calibrazione è indispensabile e rappresenta spesso il fattore limitante per ottenere una buona accuratezza nell’analisi in tracce; una buona calibrazione e precisione forniscono un’alta accuratezza. Errori da evitare nelle misure In un’analisi quantitativa la separazione gas cromatografica rappresenta solo una fase dell’intera procedura. Eventuali errori in ciascuna delle fasi possono invalidare anche la migliore analisi cromatografica cosicché bisogna prestare attenzione a tutte le fasi. Le fasi di un’analisi includono generalmente: campionamento, preparazione del campione e lavorazione, separazione (cromatografia), rivelazione dell’analita, analisi dei dati (inclusa l’integrazione dell’area dei picchi e il calcolo). Considerati i significativi progressi nella strumentazione e nei sistemi di integrazione in GC negli ultimi 20 anni, la principali cause di errore sono in genere rappresentate dal campionamento e dalla preparazione del campione, specialmente se si ha a che fare con matrici complesse e ricche di impurezze. L’obiettivo della procedura di campionamento è ottenere una piccola quantità di campione che sia rappresentativa dell’insieme. La preparazione del campione include tecniche quali: triturazione e compressione, dissoluzione, filtrazione, diluizione, estrazione, concentrazione e derivatizzazione. In ciascuna fase bisogna fare attenzione ad evitare perdite e contaminazioni. Se si usa uno standard interno (discusso in seguito) bisogna aggiungerlo al campione prima che questo sia sottoposto qualsiasi trattamento. La separazione GC dovrebbe essere condotta secondo i suggerimenti indicati; alcuni obiettivi sono: buona risoluzione di tutti i picchi, picchi simmetrici, bassi livelli di rumore, tempi di analisi brevi, quantità di campione piccole e nell’intervallo di linearità dei rivelatore, ecc.

Page 66: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

64

L’analisi dei dati ed i sistemi di elaborazione sono discussi in una sezione a parte. Di particolare interesse è la conversione del segnale analogico in digitale. Questa può essere ottenuta in due modi – integrazione dell’area sottostante i picchi o misura dell’altezza dei picchi. Quello dell’area del picco è il metodo preferito con gli integratori elettronici e i computer di oggi, specialmente se durante l’analisi cambiano le condizioni cromatografiche, come la temperatura della colonna, la velocità di flusso o la riproducibilità di iniezione del campione. D’altra parte, la misura dell’altezza del picco è meno influenzata in presenza di sovrapposizione dei picchi, rumore o deriva della linea di base. Nella discussione che segue tutti i dati verranno presentati come aree dei picchi. Aggiunta di standard Anche in questo metodo lo standard viene aggiunto al campione, ma il composto chimico scelto come standard è uguale all’analita di interesse. Esso richiede un volume di campione altamente riproducibile, una limitazione in caso di iniezione manuale con siringa. Il principio di questo metodo è che l’incremento del segnale, provocato dall’aggiunta dello standard, è proporzionale alla quantità di standard aggiunto e questa proporzionalità può essere usata per determinare la concentrazione di analita nel campione originale. Per fare i calcoli necessari si possono utilizzare delle equazioni, ma il principio può essere compreso più facilmente da una rappresentazione grafica. In figura 8.8 è mostrato un grafico tipico di una calibrazione mediante aggiunta di standard. Si noti la presenza di un segnale laddove non è stato aggiunto alcuno standard; esso rappresenta la concentrazione originale che deve essere determinata. Il segnale aumenta man mano che aumenta la quantità di standard aggiunto al campione, producendo una linea retta di calibrazione. Per trovare la quantità originaria incognita la linea retta viene estrapolata fino ad intersecare l’asse delle ascisse; il valore assoluto sulle ascisse è la concentrazione originaria. In pratica, la preparazione dei campioni e il calcolo dei risultati possono essere effettuati in svariati modi. Matisóva e collaboratori hanno suggerito che la necessità di ottenere un volume di campione riproducibile può essere eliminata combinando il metodo dell’aggiunta di standard con un metodo in situ basato sullo standard interno. Nell’analisi quantitativa di idrocarburi del petrolio essi scelgono l’etilbenzene come standard per le aggiunte, ma usano un picco vicino incognito come standard interno al quale rapportare i dati. Questa procedura ha eliminato la dipendenza dalla quantità di campione, consentendo una quantificazione migliore del metodo di normalizzazione delle aree usato in precedenza.

Page 67: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

65

CAPITOLO 9

PROGRAMMA DI TEMPERATURA

La gas cromatografia in programma di temperatura (PTGC) è un processo nel quale la temperatura della colonna viene aumentata durante l’analisi. E’ un metodo molto efficace per ottimizzare un’analisi ed è spesso usata per lo screening di nuovi campioni. Prima di descriverla in dettaglio è opportuno considerare gli effetti generali della temperatura sui risultati gas cromatografici. EFFETTI DELLA TEMPERATURA La temperatura è una delle due variabili più importanti in GC, insieme alla natura della fase stazionaria. I tempi di ritenzione e i fattori di ritenzione diminuiscono all’aumentare della temperatura poiché le costanti di distribuzione sono dipendenti dalla temperatura in accordo con l’equazione di Clausius-Clapeyron,

+∆

−=RTHp

3,2log 0 costante (1)

dove ∆H è l’entalpia di vaporizzazione alla temperatura assoluta (T); R è la costante dei gas; p0 è la pressione di vapore del composto alla temperatura indicata. L’equazione indica che la pressione di vapore del soluto diminuisce logaritmicamente al diminuire di T. Una diminuzione della pressione di vapore risulta in una diminuzione della quantità relativa di soluto nella fase mobile, quindi in un incremento del fattore di ritenzione, k e del tempo di ritenzione. Questa relazione è illustrata in Figura 9.1 dal grafico del volume netto di ritenzione in funzione di 1/T per alcuni soluti tipici. Secondo quanto prevedibile in base all’equazione 1, all’interno di un intervallo limitato di temperatura si ottengono delle rette. La pendenza di ciascuna linea è proporzionale all’entalpia di vaporizzazione di quel soluto e si può considerare costante nell’intervallo di temperatura mostrato. In prima approssimazione, le linee in Figura 9.1 sono parallele, indicando che le entalpie di vaporizzazione di questi composti sono all’incirca uguali. Un esame più accurato rivela che in realtà molte coppie di linee divergono leggermente a basse temperature. Quindi generalizzando si può concludere che le separazioni in GC risultano migliori a temperature più basse. Di seguito sono elencate e discusse le diverse conseguenze di un aumento di temperatura in analisi GC.

Page 68: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

66

Effetto dell’aumento di temperatura Il tempo di ritenzione e il volume di ritenzione diminuiscono Il fattore di ritenzione diminuisce La selettività (α) cambia (generalmente diminuisce) L’efficienza (N) aumenta leggermente

L’effetto della temperatura sull’efficienza è piuttosto complesso e non sempre consiste in un aumento. In genere si tratta di un effetto di minore importanza, meno importante dell’effetto sui parametri termodinamici della colonna (selettività). Globalmente, tuttavia, gli effetti della temperatura sono molto significativi e la PTGC è una tecnica molto potente. VANTAGGI E SVANTAGGI DELLA PTGC Se un campione analizzato in GC contiene dei componenti le cui pressioni di vapore (punti di ebollizione) si estendono in un intervallo ampio, è spesso impossibile scegliere una sola temperatura ottimale che sia adatta per un’analisi in isoterma. Si consideri come esempio la separazione di un ampio intervallo di omologhi come nel campione di kerosene mostrato in Figura 9.2a. Un’analisi in isoterma a 150 °C impedisce la completa separazione dei componenti più leggeri (<C8) ed inoltre sono necessari più di 90 minuti per eluire la paraffina C15, che sembra essere l’ultimo composto. Tuttavia, questa è probabilmente la temperatura migliore per questa separazione in isoterma. La separazione può essere migliorata notevolmente usando un programma di temperatura. La Figura 9.2b mostra un’analisi di questo tipo nella quale la temperatura iniziale è 50 °C, inferiore alla temperatura usata nell’analisi isoterma in Figura 9.2a, ed è programmata a 8 gradi al minuto fino a 250 °C, a temperatura superiore a quella dell’isoterma. L’aumento di temperatura durante l’analisi diminuisce i coefficienti di ripartizione degli analiti ancora sulla colonna, cosicché essi si muovono più velocemente attraverso la colonna, il che risulta in tempi di ritenzione più bassi. Alcune importanti differenze tra le due analisi illustrano i vantaggi della PTGC. Per una serie di omologhi, i tempi di ritenzione sono logaritmici in condizioni isoterme, ma diventano lineari in programma di temperatura. L’analisi programmata facilita la separazione delle paraffine bassobollenti, risolvendo con facilità parecchi picchi prima del picco C8 ed aumentando nel contempo il numero di paraffine rivelate. Il picco C15 eluisce molto più velocemente (in circa 21 minuti) e si scopre che esso non è l’ultimo picco – in PTGC si osservano infatti altri sei idrocarburi. Tutte le ampiezze dei picchi sono pressoché uguali in PTGC; nell’analisi in isoterma si nota invece un certo scodamento frontale nei composti più altobollenti. Poiché le ampiezze dei picchi non aumentano in PTGC, le altezze dei picchi che eluiscono più tardi risultano maggiori (le aree dei picchi sono costanti), portando a una migliore rivelabilità. A seguire sono stati riepilogati vantaggi e svantaggi della PTGC.

Page 69: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

67

Vantaggi 1. Buon mezzo d’indagine (rapido) 2. Tempo di analisi inferiore per campioni complessi 3. Migliore separazione di composti con ampio intervallo di punti di

ebollizione 4. Migliori limite di rivelazione, forma dei picchi e precisione, specialmente

per i picchi eluiti per ultimi 5. Mezzo eccellente di pulizia della colonna

Svantaggi 1. Strumentazione più complessa 2. Segnali più rumorosi alle alte temperature 3. Limitato numero di fasi stazionarie adatte 4. Può essere più lenta, considerati i tempi di raffreddamento

Esiste anche la possibilità che il programma sia impostato in diversi “steps”, per ottenere la migliore separazione possibile nel minimo tempo di analisi. I programmi moderni consentono tipicamente fino a cinque rampe di temperatura. Operare a temperatura programmata è utile per lo screening di nuovi campioni, poiché si ottiene la massima quantità di informazioni sulla composizione del campione nel minimo tempo di analisi. In genere si è in grado di stabilire se l’intero campione è stato eluito, giudizio che è difficile dare quando si opera in isoterma. REQUISITI DELLA PTGC La PTGC richiede una strumentazione più versatile e specifici requisiti rispetto alla GC in isoterma, come elencato di seguito. Requisiti strumentali per la PTGC 1. Gas carrier secco 2. Sistema di programmazione della temperatura 3. Tre forni separati (iniettore, colonna, rivelatore) 4. Sistema di controllo del flusso (pneumatico differenziale o elettronico) 5. Doppia colonna o compensazione della colonna per ridurre il drift 6. Fase liquida adatta

La cosa più importante è riuscire a controllare l’aumento di temperatura programmato nel forno della colonna mantenendo nel contempo il rivelatore e la porta di iniezione a temperatura costante. E’ necessario un programmatore elettronico della temperatura unitamente ad un design adatto del forno, che abbia una massa ridotta, un elevato volume di ventilazione e una ventola per l’uscita dell’aria, anch’essa controllata dal programmatore.

Page 70: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

68

In cromatografia con colonne impaccate, il controllo del flusso del gas carrier si ottiene in genere per mezzo di una valvola differenziale pneumatica di controllo che viene posta nella linea del gas superiormente alla porta di iniezione. In cromatografia su colonne capillari è richiesta una regolazione a pressione costante per il campionamento split/splitless e non si può usare una valvola per il controllo del flusso. Di conseguenza, la velocità di flusso del gas carrier durante l’analisi a temperatura programmata a causa dell’aumento di viscosità del gas. Poiché la perdita di pressione attraverso una colonna OT è relativamente bassa, la variazione della velocità di flusso è meno grave rispetto a quanto avviene per le colonne impaccate. Una soluzione consiste nell’impostare la velocità di flusso iniziale al di sopra del valore ottimale e più vicina al flusso atteso a circa il 70% di durata del programma. Ciò assicura un flusso adeguato alle temperature più alte. D’altra parte, su alcuni strumenti è disponibile un controllo elettronico della pressione (EPC) ed esso può essere usato per mantenere un flusso costante aumentando la pressione durante l’analisi. Altri requisiti riguardano il gas carrier e la fase stazionaria. Come si evince dall’elenco della strumentazione per PTGC, il gas carrier deve essere secco per evitare che l’acqua (e altre impurezze volatili) si accumuli all’ingresso della colonna (prima dell’inizio di un’analisi), poiché questo fenomeno darebbe luogo a “picchi fantasma” durante l’analisi PTGC. Una comune soluzione a questo problema consiste nell’inserire un essiccatore a setaccio molecolare di 5Å nella linea del gas prima dello strumento. A seguire un elenco di alcuni requisiti della fase liquida. Requisiti delle fasi liquide per PTGC 1. Ampio intervallo di temperatura (ca. 200°C) con bassa pressione di vapore

nell’intero intervallo 2. Adeguata viscosità a bassa temperatura (per ottenere un valore alto di N) 3. Solubilità selettiva (per ottenere un valore alto di α)

Si ricordi che le colonne OT in silice fusa rivestite con poliammide non possono essere usate al di sopra di 380 °C, pena la degradazione del rivestimento. TEORIA DELLA PTGC La teoria della PTGC è stata trattata estesamente da Harris e Habgood e da Mikkelsen. La discussione che segue è tratta da una semplice ma esauriente trattazione di Giddings. In Figura 9.1 è stata illustrata la dipendenza del volume di ritenzione dalla temperatura. Vediamo quindi qual è l’incremento di temperatura necessario a ridurre il volume di ritenzione corretto al 50%, cioè:

( )( ) 2

1

2'

1'

=R

R

VV

(2)

Page 71: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

69

Poiché il rapporto dei volumi di ritenzione corretto è inversamente proporzionale al logaritmo del rapporto delle pressioni di vapore del soluto, secondo l’equazione integrata di Clausius-Clapeyron, possiamo concludere che:

211

2 2lnlnTRTTH

PP ∆∆

== (3)

dove ∆T è la differenza tra le due temperature T1 e T2. Calcolando il logaritmo e riarrangiando otteniamo,

HRTT

∆=∆

2693,0 (4)

Considerando la regola di Trouton secondo la quale ∆T/Teboll. = 23 ed una temperatura di ebollizione di 227 °C (500 °K) per un campione tipico:

( )( )( )( ) CT °≈=∆ 3050023

5002693,0 2

(5)

In maniera approssimativa, quindi, un aumento di temperatura di 30 °C dimezzerà il volume di ritenzione. Questa regola generale è utile anche per operazioni in isoterma. L’effetto di un programma di temperatura sulla migrazione di un tipico analita attraverso una colonna è mostrato in Figura 9.4, dove il valore di 30 gradi è usato per impostare le diverse fasi (steps). La velocità relativa di migrazione raddoppierà quindi ogni 30 °C. Si assume arbitrariamente che l’eluizione finale dalla colonna si verifichi a 265 °C, come mostrato nella figura. In realtà, il movimento dell’analita attraverso la colonna potrebbe procedere secondo la linea curva (mostrata pure in figura), poiché il programma di temperatura sarà graduale e non procederà linearmente come assunto nel nostro modello. Considerando x la distanza lungo la quale l’analita si è mosso attraverso la colonna negli ultimi 30 gradi di incremento della temperatura, allora metà di x sarà la distanza percorsa nei 30 gradi precedenti, un quarto di x quella percorsa nei 30 gradi ancora precedenti e così via. La somma di queste frazioni si avvicina a 2, che deve uguagliare la lunghezza totale L della colonna (2x=L). Quindi l’analita ha percorso l’ultima metà della colonna negli ultimi 30 °C, i tre quarti della colonna in 60 °C, ecc. Inizialmente il soluto era “congelato” all’ingresso della colonna, ma quando ha cominciato a migrare, la sua velocità di migrazione si è raddoppiata ogni 30 gradi di aumento della temperatura. I principi operativi in PTGC possono essere riepilogati come segue: il campione viene iniettato all’estremità fredda della colonna ed i suoi componenti rimangano lì condensati; man mano che la temperatura aumenta, gli analiti vaporizzano e percorrono la colonna a velocità crescente man mano che fluiscono. E’ per questo motivo che la tecnica di iniezione non è critica in PTGC e che tutti i picchi hanno

Page 72: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

70

all’incirca la stessa ampiezza – essi impiegano all’incirca lo stesso tempo ripartendosi attivamente lungo la colonna. Per una serie di motivi, come lavoro di routine si preferisce spesso operare in isoterma. Se si effettua uno screening iniziale mediante PTGC, si potrebbe essere interessati a conoscere la temperatura migliore da usare in isoterma. Giddings ha chiamato questa temperatura isoterma la temperatura significativa, T’. Ragionando sulla base del valore di 30 °C, egli ha scoperto che:

T’ = Tf – 45 (6)

dove Tf è la temperatura finale, la temperatura alla quale l’analita eluisce nell’analisi PTGC. Quindi, per esempio, un soluto che eluisce ad una temperatura di 225 °C in analisi PTGC sarebbe separato al meglio in isoterma a 180 °C. Altre tre variabili importanti sono la velocità del programma, la velocità di flusso e la lunghezza della colonna. In generale, la lunghezza non si varia ma si usano colonne più corte (e temperature più basse) e velocità di flusso relativamente alte. La velocità del programma si sceglie spesso in modo da essere abbastanza alta da risparmiare tempo ma nel contempo abbastanza lenta da ottenere separazioni soddisfacenti, qualcosa tra 4 e 10 °C/min. Tuttavia, per colonne OT, un gruppo di ricercatori ha concluso che sono da preferire basse velocità di programma (intorno a 2,5 °C/min) e alte velocità di flusso (circa 1 mL/min). Un altro studio condotto da Hinshaw su una miscela di pesticidi clorurati ha mostrato che una velocità di 8 °C/min era preferibile rispetto a velocità inferiori (fino a 1,5 °C/min) o superiori (fino a 30 °C/min). ALTRI APPROFONDIMENTI In questa sezione saranno discussi brevemente alcuni argomenti correlati al programma di temperatura. Analisi quantitativa I dati presentati in questo capitolo mostrano chiaramente l’effetto della PTGC sulle dimensioni e sulla forma dei singoli picchi. Questo potrebbe indurre a concludere che la PTGC non possa essere usata per analisi quantitativa, ma non è così. Si considerino i dati illustrati in Tabella 9.2 per l’analisi di una miscela sintetica di n-paraffine analizzate in isoterma e in PTGC. Essi mostrano che non ci sono differenze significative tra PTGC e GC in isoterma quando le calibrazioni sono effettuate coerentemente con l’una o con l’altra tecnica. Gli strumenti moderni consentono di mantenere costante la temperatura del rivelatore anche durante l’utilizzo delle colonna con un programma di temperatura, cosicché la quantificazione da parte del rivelatore non è influenzata ed è indipendente dalla temperatura della colonna.

Page 73: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

71

Modalità criogenica Alcuni cromatografi sono dotati di forni in grado di operare a temperature inferiori a quella ambiente, estendendo così l’intervallo possibile di programmazione della temperatura. GC ad alte temperature C’è sempre stato un ovvio interesse a spingere la GC verso le più alte temperature possibili. Parecchi strumenti in commercio consentono limiti superiori di temperatura per i forni della colonna e del rivelatore fino a 400 °C. Tuttavia poche colonne possono essere utilizzate ad una temperatura così alta; è stato però pubblicato qualche lavoro in cui le colonne venivano programmate di routine fino a 400 °C. Da qui ha avuto origine la definizione di GC ad alta temperatura (HTGC) definita come quella in cui la temperatura di routine della colonna supera i 325 °C.

Page 74: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

72

CAPITOLO 10

ARGOMENTI SPECIALI

Gran parte della ricerca attuale è focalizzata sulle tecniche speciali accoppiate alla GC. La più importante è la GC-MS, acronimo comune per la tecnica in cui un gas cromatografo è direttamente accoppiato ad uno spettrometro di massa da banco. Altri argomenti trattati in breve saranno: la separazione di composti chirali, alcune tecniche speciali di campionamento (spazio di testa e micro-estrazione in fase solida) e la derivatizzazione. GC-MS Si stima che ci siano oggi in tutto il mondo più di 25000 sistemi GC-MS da banco e che le vendite annuali superino le 2000 unità. Che cosa rende questa combinazione così potente e popolare? Come abbiamo prima notato, la GC è la tecnica analitica più importante per la separazione di composti volatili. Essa combina velocità di analisi, risoluzione, facilità di operazione, eccellenti risultati quantitativi e costi moderati. Sfortunatamente, i sistemi GC non sono in grado di confermare l’identità o la struttura dei picchi. I tempi di ritenzione sono correlati ai coefficienti di ripartizione e sebbene siano caratteristici di sistemi ben definiti, non sono unici. I dati GC non possono quindi essere usati da soli per l’identificazione dei picchi. La spettroscopia di massa d’altra parte è un sistema di rivelazione capace di fornire una grande quantità di informazioni. Richiede solo microgrammi di campione, ma fornisce dati utili sia all’identificazione qualitativa di composti incogniti (struttura, composizione elementare e peso molecolare) sia per la loro quantificazione. Inoltre, può essere facilmente accoppiata ad un sistema GC. Strumentazione La Figura 10.1 illustra schematicamente un tipico spettrometro di massa a bassa risoluzione del tipo comunemente usato in GC. A causa delle sue ridotte dimensioni, è spesso chiamato spettrometro da banco. Sistemi di introduzione del campione Il sistema di introduzione consente di introdurre quantità molto piccole di campione da una varietà di matrici. Nel caso di gas si può usare una grande ampolla per introdurre campioni gassosi nella sorgente di ionizzazione attraverso un piccolo connettore. Un sistema a setto consentirà invece di introdurre facilmente liquidi o solidi in soluzione. Una quantità di altri metodi sono stati messi a punto per l’uso in GC.

Page 75: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

73

La Figura 10.2 mostra schematicamente l’accoppiamento di un sistema GC ad un sistema MS. Entrambi sono riscaldati (200-300 °C), entrambi usano composti allo stato di vapore, entrambi richiedono piccole quantità di campione (micro- o nanogrammi). I sistemi GC e MS sono molto compatibili. L’unico problema è che la pressione atmosferica in uscita dal GC deve essere ridotta ad un vuoto di 10-5-10-6 torr per l’introduzione in MS. L’accoppiamento richiede una riduzione della pressione ed è realizzato mediante un’interfaccia. In Figura 10.3 è mostrata un’interfaccia oggi comunemente in uso. La maggior parte dei sistemi GC-MS usano colonne capillari; i tubi in silice fusa consentono il trasferimento inerte e ad alta efficienza direttamente tra i due sistemi. Per velocità di flusso capillari di 5 mL/min o inferiori, è possibile l’interfacciamento diretto. I sistemi GC-MS da banco supportano facilmente queste velocità di flusso e forniscono una migliore sensibilità (il trasferimento del campione è quantitativo) preservando al meglio la qualità dei risultati GC. I vecchi sistemi GC-MS utilizzavano colonne impaccate, in genere con diametro interno di 2 mm, con velocità di flusso di circa 30 mL/min. Questi sistemi con colonne impaccate richiedevano un’interfaccia come il separatore di getto mostrato in Figura 10.3B. Questo separatore consiste di due tubi di vetro allineati a breve distanza (circa 1 mm). La maggior parte del gas carrier (in genere elio) proveniente dalla colonna GC viene allontanato da un sistema di vuoto separato. Le molecole del campione più grandi passano all’interno del secondo capillare e da qui all’interno della sorgente MS. Si verifica un arricchimento del campione e la pressione atmosferica iniziale è drasticamente ridotta, consentendo al vuoto dello spettrometro di massa di supportare la minore velocità di flusso. E’ necessario controllare accuratamente sia la temperatura sia l’attività di superficie del separatore di vetro, sia per massimizzare il trasferimento del campione sia per preservarne l’integrità. Sorgenti di ionizzazione Le molecole dell’analita devono essere anzitutto ionizzate per essere poi attratte (o respinte) dai campi magnetici o elettrici del sistema. Tra le numerose tecniche di ionizzazione, l’impatto elettronico (EI) è la più vecchia, la più semplice e la più diffusa. La sorgente di ionizzazione è riscaldata e sotto vuoto cosicché la maggior parte dei campioni sono facilmente vaporizzati e poi ionizzati. La ionizzazione si ottiene in genere mediante l’impatto di un raggio di elettroni ad alta energia (70 ev). Una tipica sorgente è mostrata schematicamente in Figura 10.4. L’effluente dalla colonna GC passa attraverso una sorgente di ionizzazione a vuoto ridotto. Gli elettroni sono estratti da un filamento di tungsteno da un voltaggio del collettore di 70 ev. Il voltaggio applicato al filamento determina l’energia degli elettroni. Questi elettroni ad alta energia collidono con le molecole neutre di analita, causandone la ionizzazione (generalmente perdita di un elettrone) e la

Page 76: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

74

frammentazione. Questa tecnica di ionizzazione produce quasi esclusivamente ioni postivi:

−+− +→+ eMeM 2 (1)

Tecniche alternative per ottenere la ionizzazione includono la ionizzazione chimica (CI), la ionizzazione chimica negativa (NCI) e il bombardamento atomico veloce (FAB). In CI, un gas reagente come il metano viene introdotto nella camera dove viene ionizzato, producendo un catione che va incontro ad ulteriori reazioni per produrre ioni secondari. Per esempio:

3544

44 2

CHCHCHCH

eCHeCH

+→+

+→+++

−+−

(2-3)

Lo ione secondario ( +5CH in questo esempio) serve da reagente per ionizzare in

maniera non troppo energica il campione. In genere questo processo esita in una minore frammentazione e produce spettri di massa più semplici. I principali picchi MS risultanti sono normalmente (M + 1), (M – 1) e (M + 29), dove M è la massa dell’analita in oggetto. Per ottenere la ionizzazione chimica, il volume di ioni dello spettrometro è in genere diverso da quello usato in EI, la pressione operativa è maggiore (in parte a causa del gas reagente addizionale) e la temperatura è inferiore. Certi tipi di molecole danno anche buoni spettri di ioni negativi in NCI, offrendo un’ulteriore opzione per l’analisi. Tuttavia, la maggior parte dei sistemi GC-MS da banco non consente di operare in CI. Analizzatori e rivelatori Dopo la ionizzazione, le particelle cariche vengono respinte e attratte da lenti cariche all’interno dell’analizzatore di massa. Qui le specie ioniche sono separate in base ai loro valori di rapporto massa-carica (m/z) da campi elettrici o magnetici. Analizzatori di massa tipici sono i quadrupoli e le trappole ioniche. Altri analizzatori sono: il settore magnetico a focalizzazione singola (“single-focusing magnetic sector”), il settore magnetico a doppia focalizzazione (“double-focusing magnetic sector”, alta risoluzione, più costoso) e il tempo di volo (“time of flight”, TOF). L’analizzatore di massa a quadrupolo consiste in quattro sbarre iperboliche poste ad angolo retto l’una rispetto all’altra (vedi Figura 10.6). A tutte le sbarre è applicato un voltaggio DC (sbarre adiacenti hanno voltaggi opposti) e i segni del voltaggio possono essere invertiti rapidamente. Alle quattro sbarre è applicata anche una radiofrequenza. A seconda della combinazione della radiofrequenza e del potenziale di corrente, soltanto gli ioni con un certo valore del rapporto massa-carica riescono a passare attraverso le sbarre e raggiungono il rivelatore. Gli ioni con altri valori del rapporto m/z collideranno contro le sbarre e verranno annullati.

Page 77: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

75

L’analizzatore a quadrupolo mostra i vantaggi di semplicità, dimensioni ridotte, costo moderato e velocità di scansione che lo rendono ideale per i sistemi GC-MS. E’ però limitato a circa 2000 Daltons e mostra una bassa risoluzione in confronto agli spettrometri a doppia focalizzazione. La Figura 10.7 mostra lo schema di un analizzatore a trappola ionica che è stato specificatamente sviluppato per GC-MS. Consiste in una versione più semplice del quadrupolo nella quale un elettrodo ad anello, al quale è applicata una singola radiofrequenza, funge essenzialmente da monopolo per definire una zona stabile per le specie cariche all’interno dello spazio dell’elettrodo circolare. Ci sono due cappelli terminali all’estremità superiore e inferiore dell’elettrodo circolare ad anello. L’effluente dal GC entra nel terminale superiore, alcuni analiti vengono ionizzati e poi intrappolati in traiettorie stabili all’interno dell’elettrodo ad anello. La radiofrequenza può essere variata in modo da espellere in sequenza ioni con un determinato rapporto m/z dalla trappola ionica e farli passare attraverso il terminale inferiore fino al rivelatore. Anche le trappole ioniche hanno un design semplice, sono piuttosto economiche e capaci di scansioni veloci per applicazioni GC-MS. Gli spettri generati sono spesso diversi dai classici spettri di un quadrupolo e alcuni ioni possono subire dissociazione e/o collisioni ione/molecola all’interno della trappola ionica. Una volta effettuata la separazione degli ioni un rivelatore, in genere una versione a dinodo continuo di un moltiplicatore elettronico, è usato per il conteggio degli ioni e per generare lo spettro di massa. Gli ioni provenienti dall’analizzatore di massa collidono contro la superficie del semi-conduttore e generano una cascata di elettroni. Questi vengono accelerati da una differenza di potenziale verso un’altra porzione della superficie del semi-conduttore, dove viene prodotta una cascata di elettroni più ampia. Questo processo viene ripetuto parecchie volte fino a che il debole segnale originario non viene amplificato di circa 1 milione di volte. Da notare che l’intero sistema MS è sotto vuoto. Questo è un requisito essenziale per evitare la perdita di specie cariche per collisione con altri ioni, molecole o superfici. Lo spettro di massa riporta semplicemente in grafico l’abbondanza degli ioni in funzione del rapporto m/z. In condizioni controllate, i rapporti di abbondanza ionica e le specifiche specie m/z presenti sono unici per ciascun composto. Essi possono essere quindi usati per determinare il peso molecolare e la struttura chimica di ciascun composto. Storia La spettroscopia MS cominciò il suo lento sviluppo come tecnica analitica da quando J.J. Thompson usò uno spettrometro di massa per separare degli isotopi di alcuni atomi, nel 1913. Essa si rivelò subito molto potente per l’identificazione di composti incogniti, così come per elucidare le strutture di composti organici ed

Page 78: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

76

inorganici. E’ stata ampiamente usata per la caratterizzazione dei derivati del petrolio e probabilmente si sarebbe sviluppata anche in maniera più evidente se, nel 1952, non fosse stata introdotta la GC. La spettroscopia MS fu per la prima volta accoppiata alla GC nel 1959, ad opera di Gohlke. I primi strumenti erano costosi, ingombranti e complessi, in genere mantenerli operativi richiedeva una notevole perizia e manutenzione. Gli strumenti a settore magnetico erano i tipi di analizzatori più diffusi; tuttavia essi non erano in grado di fornire la rapidità di scansione (pochi secondi) necessaria a generare lo spettro di massa di un picco che fluisce da un GC. Si rendevano perciò necessari degli analizzatori più veloci. Verso la fine degli anni ’60 fu chiaro che la GC rappresentava un mercato enorme nel settore analitico ed in rapida crescita, ma nessun rivelatore GC era in grado di fornire la stessa quantità di informazioni di uno spettrometro di massa. Nacquero così i sistemi “GC-MS”, nei quali un nuovo MS era designato come rivelatore per GC. Specificando che l’introduzione del campione avveniva attraverso un GC, i requisiti per l’MS furono semplificati. L’intervallo di massa poteva essere ristretto fino a circa 600 Daltons; la bassa risoluzione era soddisfacente poiché possedeva elevate capacità di risoluzione cosicché i picchi eluiti sarebbero stati, nella maggior parte dei casi, “puri”. La parte difficile consisteva nello sviluppo di dispositivi di scansione veloci (possibilmente 40-400 Daltons diverse volte al secondo) e strumenti più semplici e robusti da usarsi in laboratori analitici di routine. Queste necessità furono soddisfatte dal quadrupolo e, più tardi, dalle trappole ioniche. Capacità della GC-MS La GC-MS riunisce i vantaggi di entrambe le tecniche: l’elevato potere di risoluzione e la velocità di analisi del GC sono mantenuti, mentre la MS consente sia identificazioni positive sia analisi quantitative fino ad un livello di ppb. Per i sistemi a basso costo sono comuni intervalli di massa da 10 a 600 Daltons, che aumentano fino a 1000 Daltons per i sistemi più costosi. Limitazioni dei sistemi GC-MS La strumentazione GC-MS comporta l’investimento di un capitale; gli strumenti sono più complicati da utilizzare rispetto a un GC e c’è carenza di operatori esperti in GC-MS. Pochi istituti addestrano gli studenti su sistemi GC-MS a causa della mancanza di sistemi finalizzati alla didattica di insegnanti con un’esperienza adeguata. Analisi dei dati

Page 79: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

77

Un cromatogramma tipico (su colonna capillare) di un campione di idrocarburi ottenuto mediante GC-MS ha lo stesso aspetto di quello ottenuto con un FID; ad es. con i picchi affilati, tipicamente con ampiezze di circa 1 secondo o meno, a metà altezza. Ciò significa che il sistema MS deve riuscire a scansire il picco GC circa 10 volte al secondo per ottenere un buon spettro di massa. La Figura 10.10 mostra il meccanismo proposto per la frammentazione dell’n-esano (picco 4 in Figura 10.9) nella sorgente ionica di un sistema GC-MS. Un elettrone collide con la molecola parent, espellendo un elettrone e generando lo ione molecolare (m/z = 86). Questa specie però non è stabile e decompone rapidamente per dare frammenti più stabili; in questo caso m/z di 71, 57, 43 e 29 Daltons. Il frammento più abbondante, m/z = 57, è chiamato picco base ed il sistema di elaborazione dei dati lo riporta in grafico al 100% della scala dello spettro. Gli altri picchi sono riportati in rapporto al picco base ed il risultato è lo spettro di massa tipico dell’n-esano (vedi Figura 10.11). I dati possono essere elaborati in due modi; o come scansione totale (TIC-Total Ion Chromatogram) o come un piccolo numero di ioni individuali (SIM-Selected Ion Monitoring) caratteristici di un particolare composto (vedi Figura 10.12). Il TIC è usato per monitorare dei composti incogniti; viene esaminato un intervallo di massa specifico – per esempio 40-400 Daltons. –vengono riportati tutti i picchi cosicché lo spettro elaborato dal computer può essere usato per identificare ciascun picco. Il database del computer confronta rapidamente ciascun picco incognito con più di 150000 spettri di riferimento presenti nei files del suo archivio-libreria. Con gli ultimi sistemi di elaborazione dati il confronto richiede solo pochi secondi, per ottenere l’analisi qualitativa desiderata. La velocità di acquisizione dei dati necessaria per la scansione di tutti gli ioni è bassa; la sensibilità è limitata ed in genere la quantificazione non è ottimale (troppo pochi punti). Nella modalità SIM, invece, viene monitorato solo un numero limitato di ioni (tipicamente 6). La velocità di acquisizione dei dati è maggiore per la durata di un picco GC (circa 1 secondo), cosicché i dati quantitativi sono migliori e la sensibilità risulta nettamente migliore. Il SIM non può essere usato per analisi qualitative (non tutti i valori di massa vengono analizzati), ma rappresenta uno dei mezzi migliore per l’analisi in traccia di composti target, spesso fino ad un livello di ppb. Una versione più recente della trappola ionica consente che i frammenti originatisi dal processo di ionizzazione siano di nuovo esposti alle molecole di gas ad alta energia, causando una frammentazione secondaria dalla dissociazione indotta dalla collisione (CID). Il risultato è simile a quello ottenuto con uno spettrometro di massa a doppio stadio (generalmente indicato come MS/MS) e fornisce una selettività addirittura superiore; questa modalità operativa è chiamata monitoraggio selettivo di reazione (“Selected Reaction Monitoring, SRM”) ed è disponibile in alcuni strumenti GC-MS a trappola ionica più recenti.

Page 80: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

78

ANALISI CHIRALI MEDIANTE GC La separazione chirale mediante GC o HPLC rappresenta uno stadio essenziale nella sintesi, caratterizzazione e utilizzo di composti chirali (farmaci, pesticidi, aromi, ferormoni, ecc.). Come risultato della maggiore comprensione dell’importanza che la chiralità riveste nell’attività biologica, la legislazione in materia di composti chirali diventa sempre più severa e ampia, conseguentemente aumenta la necessità di tecniche di separazione ad alta risoluzione. La separazione chirale mediante GC capillare fornisce elevate efficienza, sensibilità e velocità di analisi, ma è limitata dal requisito di volatilità. La combinazione di fasi chirali in polisilossani ha avuto come risultato una maggiore stabilità nei confronti della temperatura. La separazione di enantiomeri mediante GC può essere effettuata sia direttamente (uso di fasi stazionarie chirali, CSP), sia indirettamente (conversione al di fuori della colonna in derivati diastereoisomerici e separazione mediante fasi stazionarie non chirali). il metodo diretto è preferibile in quanto è più semplice e minimizza le perdite durante la preparazione del campione. Il punto, ovviamente, è trovare una fase stazionaria chirale che sia selettiva e termicamente stabile, come già trattato, ci sono tre tipi principali di fasi stazionarie chirali per GC: (1) derivati di aminoacidi chirali; (2) composti ci coordinazione di metalli chirali; (3) derivati delle ciclodestrine. Le fasi a base di ciclodestrine si sono dimostrate le più versatili in gas cromatografia. TECNICHE DI CAMPIONAMENTO SPECIALI Spazio di testa I campioni che contengono materiali non volatili danno dei problemi in gas cromatografia. I componenti non volatili non possono essere iniettati in GC perché occluderebbero rapidamente la porta di iniezione e potrebbero anche distruggere la colonna GC. Comunemente si impiega una tecnica di separazione dei componenti volatili della matrice del campione da quelli non volatili, come l’estrazione liquido-liquido, l’estrazione in fase solida (SPE), la microestrazione in fase solida (SPME), l’estrazione con fluido supercritico (SFE) e lo spazio di testa. Il campionamento in spazio di testa è probabilmente la tecnica più semplice: il campione (liquido o solido) viene posto in un contenitore sigillato (“vial”) e riscaldato ad una temperatura prefissata per un determinato periodo di tempo. I componenti volatili del campione si ripartiscono tra la fase gassosa e il campione, raggiungendo in genere un equilibrio. Alcuni monomeri residui diffondono molto lentamente da certi polimeri ad elevato grado di “cross-linking”, per cui bisogna far trascorrere tempo sufficiente per la vaporizzazione di questi campioni. Un’aliquota dei componenti volatili nella fase gassosa (spazio di testa) viene rimossa e iniettata nel gas cromatografo. La tecnica di trasferimento più semplice

Page 81: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

79

consiste nell’uso di una siringa riscaldata a tenuta di gas per il campionamento manuale da contenitori adatti. Microestrazione in fase solida (SPME) La SPME è una tecnica recente di preparazione del campione per l’analisi GC in tracce. E’ un metodo semplice, senza solvente, che usa una fibra non polare (in genere dimetilpolisilossano) per estrarre gli analiti da una matrice polare (di solito acquosa). Una fibra di silice fusa è rivestita con un film sottile (7, 30 o 100 µm) di fase stazionaria. Le piccole dimensioni e la geometria cilindrica consentono di incorporare facilmente la fibra rivestita all’interno di una comune siringa per GC. La fibra ricoperta è esposta alla matrice del campione o allo spazio di testa e gli analiti vengono adsorbiti (estratti) dalla matrice del campione. Dopo essere stata rimossa dal campione, la fibra viene trasferita nel sistema d’introduzione riscaldato di uno strumento GC e gli analiti vengono desorbiti termicamente per l’analisi. La tecnica funziona bene per l’analisi in tracce di analiti non polari e semi-polari nell’acqua. La Figura 10.13 mostra schematicamente le due fasi principali, (a) estrazione (adsorbimento, fasi A-C) dalla matrice del campione e (b) desorbimento (fasi D-F) all’interno del GC. Fase A: la siringa con la fibra all’interno perfora il setto di una vial di campione. Molto spesso il campione è una matrice liquida, o una soluzione di un campione solido. Fase B: la piccola fibra si protende all’esterno della siringa ed è immersa nella soluzione per un certo periodo di tempo, preferibilmente sotto agitazione perché l’analita raggiunga un equilibrio tra la fibra solida e la matrice liquida del campione. Fase C: la fibra è ritratta all’interno della siringa meccanicamente stabile e rimossa dalla vial del campione. Queste fasi possono essere gestite manualmente o in maniera automatizzata con autocampionatori GC modificati. Fase D: la siringa perfora ora il setto di un GC e la fibra è esposta alla porta di iniezione riscaldata dove si verifica il desorbimento termico (Fase E). La fibra può essere lasciata nella porta di iniezione durante l’analisi GC in modo che si possa pulire completamente per la prossima analisi. Fase F, la fibra viene ritratta all’interno della siringa, la siringa è rimossa dalla porta di iniezione e il processo è pronto per il prossimo campione. Questa tecnica offre diversi vantaggi: 1) non si usano solventi organici per l’estrazione; 2) la tecnica è semplice e in modalità manuale i costi sono bassi; 3) la tecnica offre una precisione soddisfacente con il 10-15% di RSD per analisi in traccia (fino a 10 ppb). Sono disponibili rivestimenti sia non polari sia polari. Il dimetilpolisilossano è il più comune tra quelli non polari; uno spessore di film di 7 µm è il migliore per analiti ad elevato peso molecolare, il film di 30 µm è preferibile per pesi molecolari intermedi (pesticidi) e quello di 100 µm per i composti volatili. L’efficienza dell’estrazione dipende da molti fattori: la natura chimica

Page 82: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

80

dell’analita, della matrice del campione e del polimero di rivestimento; il tempo di estrazione e la temperatura; il grado di agitazione e la concentrazione dell’analita. La fase di desorbimento dipende primariamente dalla temperatura della porta di iniezione, dalla volatilità dell’analita e dallo spessore del film. I campioni volatili possono essere estratti semplicemente esponendo la fibra allo spazio di testa sopra un campione (matrice liquida o solida). I campioni solidi possono essere trattati sia con la tecnica dello spazio di testa sia solubilizzandoli in adatto solvente. In alcuni casi, l’aggiunta di sali (“salting out”) aumenta l’efficienza di estrazione di composti non polari da soluzioni acquose. In Figura 10.14 è mostrata una tipica applicazione SPME. DERIVATIZZAZIONE Sussistono diverse ragioni per effettuare delle reazioni chimiche sui campioni per formare dei derivati. Due ragioni che apportano vantaggi all’analisi gas cromatografica sono: la derivatizzazione rende volatile un campione non volatile, o ne migliora la rivelabilità. Questa discussione riguarda principalmente l’aumento della volatilità che può prevenire l’intasamento della colonna, un problema comune nelle bio-separazioni. Inoltre, la derivatizzazione presenta spesso un effetto secondario desiderabile, a causa della maggiore termostabilità dei derivati. La derivatizzazione offre un metodo per l’analisi di campioni relativamente non volatili mediante GC, ma secondo alcuni sarebbe meglio effettuare queste analisi con altri mezzi, per cui la scelta è soggettiva. Sicuramente, la formazione di derivati introduce una o più fasi aggiuntive nella procedura analitica, sollevando il problema di errori addizionali e richiedendo un’ulteriore validazione del metodo. L’uso di uno standard interno può rendere più semplice l’inserimento della derivatizzazione in un metodo quantitativo di analisi In questo caso, lo standard interno va aggiunto al campione prima di effettuare la derivatizzazione. Classificazione delle reazioni Le reazioni usate per produrre derivati volatili possono essere classificate come sililazione, acilazione, alchilazione e formazione di complessi di coordinazione. Alcuni esempi dei primi tre tipi sono riportati nella Tabella 10.1 che è organizzata per gruppi funzionali tra cui: acidi carbossilici, ossidrili, ammine e carbonili. Le ammine richiedono un discorso a parte anche se sono volatili. La loro spiccata tendenza a formare legami idrogeno rende spesso difficile fluirle da una colonna GC. Di conseguenza le ammine devono spesso essere derivatizzate sia che siano volatili o meno. Il quarto tipo di reazioni, la formazione di complessi di coordinazione, è usata con i metalli; reagenti tipici sono il trifluoroacetilacetone e l’esafluoroacetilacetone. Le reazioni di sililazione sono molto diffuse e richiedono ulteriore descrizione. Una grande varietà di reagenti sono reperibili in commercio,

Page 83: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

81

la maggior parte di essi è designata per l’introduzione di un gruppo trimetilsilil- nell’analita per renderlo volatile. In generale, la facilità di reazione segue l’ordine: alcoli ≥ fenoli ≥ acidi carbossilici ≥ ammine ≥ ammidi Se viene usato un solvente, esso è generalmente polare; le basi DMF e la piridina sono usate comunemente per assorbire i sottoprodotti acidi. Qualche volta per accelerare la reazione è richiesto il riscaldamento o l’uso di un catalizzatore acido (TMCS). Metodi di derivatizzazione I metodi di derivatizzazione possono essere divisi in varie categorie: metodi pre-colonna e post-colonna, metodi “off-line” (fuori linea) e “on-line” (in linea). Per esempio, la formazione di derivati volatili per GC si ottiene generalmente off-line in vials separate prima dell’iniezione nel gas cromatografo (pre-colonna). Esistono alcune eccezioni, come quando i reagenti sono miscelati e iniettati insieme; la reazione di derivatizzazione avviene in questo caso all’interno della porta d’iniezione calda del GC (on-line). Le reazioni pre-colonna che non vanno a compimento producono delle miscele ancora più complesse del campione di partenza. Il reagente in eccesso è quindi usato per spingere la reazione al completamento, lasciando così un eccesso di reagente nel campione. A meno che non si adotti un sistema di separazione preliminare, il metodo cromatografico dovrà essere messo a punto per separare queste impurezze addizionali. Se effettuate off-line, le tecniche pre-colonna possono essere impiegate effettuando delle reazioni lente e riscaldando per fornire migliori risultati quantitativi. Una migliore rivelabilità si ottiene in genere incorporando negli analiti un cromoforo. Un esempio tipico in GC consiste nell’incorporazione negli analiti di gruppi funzionali che aumentano la loro rivelabilità da parte di rivelatori selettivi come l’ECD. Lo scopo della formazione di derivati è di migliorare il limite di rivelazione o la selettività o entrambi. Un altro esempio è l’uso di reagenti deuterati per formare derivati facilmente distinguibili per il loro maggiore peso molecolare nell’analisi GC-MS.

Page 84: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

1

CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTA PRESTAZIONE

UNA INTRODUZIONE

Luigi Mondello

Dipartimento Farmaco-chimico

Università degli Studi di Messina Messina, Italia

Page 85: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

2

SOMMARIO

CAPITOLO 1 Introduzione

CAPITOLO 2 Cromatografia liquida

Cromatografia liquida su colonna

Cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC)

Fase mobile

Pompe

Valvola di iniezione

Colonna

Metodi di separazione più diffusi in HPLC

Rivelatori

CAPITOLO 3 Allargamento di banda in HPLC

Page 86: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

3

Capitolo 1

INTRODUZIONE

Il mondo reale è caratterizzato da matrici enormemente eterogenee, sia in termini di complessità sia in termini di composizione chimica. Alcune matrici, come i grassi e gli oli naturali (per es. burro, olio d’oliva, etc.) sono relativamente semplici, mentre altre, come l’aroma del caffè tostato o i prodotti petroliferi, sono altamente complesse. Un indice della complessità del mondo reale è riscontrabile nel numero totale di proteine presenti nei tessuti e nei liquidi umani, che è stato stimato essere superiore a 150000. La cromatografia, che è certamente la tecnica separativa più utilizzata da scienziati ed analisti, è stata scoperta all’inizio del ventesimo secolo dal botanico russo Tswett [1]. Questi effettuò la separazione di un estratto vegetale utilizzando una colonna impaccata con carbonato di calcio e osservò la formazione di una serie di bande colorate. Il termine “chromatography”, introdotto dallo stesso Tswett, è connesso a quella separazione visibile, e deriva dalle parole greche “chroma” (colore) e “grafos” (scrittura). Sfortunatamente, quell’idea brillante e rivoluzionaria non fu subito accettata dalla comunità scientifica, e la sua diffusione avvenne soltanto negli anni ’30. Sono molti gli scienziati che in seguito hanno apportato dei contributi notevoli all’evoluzione della cromatografia moderna. Uno dei più importanti è certamente A.J.P. Martin, il quale introdusse la cromatografia di ripartizione liquido-liquido nel 1941 [2] e la cromatografia gas-liquido nel 1952 [3], quando intuì che i gas potevano essere sfruttati come fase mobile. I notevoli progressi nel campo della cromatografia hanno portato allo sviluppo di numerose tecniche e, di conseguenza, non è semplice darne una definizione univoca. Oggi la definizione di cromatografia, ufficialmente riconosciuta dalla IUPAC, è quella di un metodo fisico di separazione nel quale i componenti da risolvere sono distribuiti tra due fasi, una delle quali è stazionaria (fase stazionaria) mentre l’altra (fase mobile) si muove in una direzione ben definita. Un processo cromatografico efficace si osserva quando le interazioni fisiche degli analiti nelle due fasi sono caratterizzate da forze diverse e quando le proprietà di trasferimento del sistema attraverso e tra le fasi sono favorevoli. Un processo di separazione ideale ha luogo quando tutti i componenti di una miscela sono localizzati in zone diverse, in modo tale da occupare delle bande distinte lungo la fase stazionaria in direzione della migrazione cromatografica. Il grado di allargamento di una banda di soluto è strettamente connesso alla capacità separativa del sistema cromatografico: un eccessivo allargamento della banda ha un effetto fortemente negativo sulla capacità del sistema. Quest’ultima può essere definita come il massimo numero di picchi che possono essere separati, con un valore di risoluzione specifico, in un dato intervallo temporale. Le tecniche cromatografiche vengono solitamente classificate in base allo stato fisico delle fasi coinvolte nel processo di separazione. Per esempio, nella cromatografia liquido-liquido (LLC o semplicemente LC) le due fasi sono liquide. Quando invece la fase mobile è un gas e la fase stazionaria è un solido o un liquido, le

Page 87: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

4

tecniche di separazione vengono definite rispettivamente come cromatografia gas-solido (GSC) e cromatografia gas-liquido (GLC).

Page 88: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

5

Capitolo 2

CROMATOGRAFIA LIQUIDA A differenza di quanto avviene in gascromatografia, in LC qualunque sia il meccanismo di separazione, i soluti interagiscono sia con la fase mobile che con la fase stazionaria. Infatti con la fase mobile liquida, il soluto subisce quantomeno delle interazioni che possono essere ricondotte alla solvatazione. Le tecniche di cromatografia liquida possono essere suddivise in base alla natura della fase stazionaria e, quindi, al processo di separazione:

cromatografia liquido-liquido o di ripartizione (denominata anche cromatografia su fasi legate) nella quale le fasi stazionaria e mobile sono entrambe liquide. È basata sulla solubilità relativa dei soluti nelle fasi, tra loro immiscibili; la separazione avviene per via della diversa affinità dei composti nelle due fasi (coefficiente di ripartizione, K).

cromatografia di adsorbimento nella quale la fase stazionaria è solida (un adsorbente). È basata sulla interazione tra i siti attivi dell’adsorbente solido (generalmente silice o allumina) ed i gruppi funzionali presenti nelle molecole dei soluti da separare. Queste interazioni sono il risultato di un fenomeno di competizione tra le molecole della fase mobile e del soluto per i siti attivi. Per quanto concerne questi due casi, si preferisce utilizzare una definizione che tiene conto della polarità delle due fasi:

nella cromatografia a fase normale, la fase stazionaria è di natura fortemente polare (per es. silice o silice funzionalizzata con gruppi polari quali ciano-, nitro-, etc.), mentre la fase mobile è non polare (per es. esano o tetraidrofurano) (Figura 1);

nella cromatografia a fase inversa, la fase stazionaria ha carattere non polare (silice chimicamente modificata con gruppi apolari quali l’ottil, ottadecil, etc.), mentre la fase mobile è un liquido polare, come ad esempio acqua o alcool (Figura 2).

cromatografia di esclusione (denominata anche filtrazione o permeazione su gel) nella quale la colonna è riempita con un materiale poroso. In questo tipo di cromatografia non si verifica interazione chimica tra i soluti e la fase stazionaria; la separazione avviene in quanto il supporto si comporta come un setaccio molecolare (Figura 3). I soluti a grande dimensione molecolare (maggiore dei pori) non vengono trattenuti, al contrario di quanto avviene per le molecole di minori dimensioni.. Le fasi fisse utilizzate si possono dividere in semirigidi e rigidi: i primi, costituiti da polimeri come polistirene, poli(stirene-divinilbenzene), ecc., presentano un grado abbastanza elevato di ramificazione onde consentire un più basso potere di rigonfiamento (da 1,1 a 1,8 volte il loro volume secco); i secondi, costituiti essenzialmente da vetri porosi o perle di silice microporosa, presentano una elevata rigidità che conferisce loro una maggiore stabilità e facilità di impaccamento.

cromatografia a scambio ionico nella quale la fase stazionaria reca una superficie ionica avente carica opposta a quella del campione. Questo metodo di separazione, che può essere considerato di adsorbimento, è utilizzato per

Page 89: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

6

Figura 1. Schema del meccanismo di separazione per LC a fase normale (NP).

analizzare composti ionici e ionizzabili. Quanto più forte è la carica del campione, tanto più esso verrà attratto dalla superficie ionica della fase stazionaria. La fase mobile è un tampone acquoso, contenente un sale che fornisce un controione la cui carica è dello stesso segno dei composti da separare ma di segno opposto a quella della fase stazionaria. La ritenzione e separazione cromatografica dipendono dalla competizione delle molecole di soluto e del controione per i siti attivi del materiale di impaccamento. Perciò un campione fortemente ionizzato entro una fase mobile ionizzata debolmente sarà fortemente ritenuto dalla colonna, mentre al contrario, le molecole di soluto debolmente cariche non saranno in grado di spostare gli ioni forti dell’eluente, e pertanto subiranno una ritenzione blanda, a secondo della loro funzione, i sistemi a scambio ionico sono scambiatori di anioni (Figura 4) oppure di cationi. Gli scambiatori di cationi contengono gruppi solfonici (fortemente cationici) o carbossilici (debolmente

HO

OH

SiO

O

OH

O

SiO

O

HO

CH3

Fase mobile (Esano)

Fenolo

2,6-Dimetilfenolo

Fase stazionaria

(Silice)

CH3

Page 90: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

7

Figura 2. Schema del meccanismo di separazione per LC a fase inversa (RP).

cationici), mentre gli scambiatori di tipo anionico hanno gruppi ammonio quaternario legati attraverso alcuni gruppi intermedi agli atomi di silicio. Una descrizione più articolata della cromatografia di adsorbimento e di ripatizione verrà fatta in seguito.

O

Si O

O

O

O

Si

O

O

Fase mobile (CH3CN-H2O)

H

Fenolo

Fase stazionaria (Silice chimicamente legata, C6)

Toluene

CH

Si

Si

CH2CH2CH2CH2CH2CH

CH2CH2CH2CH2CH2CH

Page 91: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

8

Figura 3. Schema del meccanismo di separazione per cromatografia di esclusione.

Fase mobile

Molecole di soluto

Fase stazionaria costituita da un gel poroso

A

B

C

Page 92: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

9

Figura 4. Schema del meccanismo di separazione per cromatografia a scambio anionico.

Cromatografia liquida su colonna La cromatografia liquida su colonna è la più antica delle tecniche cromatografiche; le colonne usate sono costituite solitamente da un tubo di vetro generalmente di 15-20 cm di lunghezza, diametro interno di 1-4 cm e riempita con un materiale di impaccamento (per esempio silice). La fase mobile viene aggiunta dalla parte superiore del tubo ed il processo di eluizione avviene per mezzo della forza di gravità. Bisogna aggiungere che l’applicazione del campione in testa alla colonna richiede una notevole abilità. Nonostante gli svantaggi evidenti di questo

O

Si O

O

O

O

Si

O

Fase mobile (CH3CN-H2O)

Fase stazionaria (Silice chimicamente legata, C6)

Si

Si

(CH2)3

(CH2)3

CH2

CH2

N CH3

CH3

CH3

N CH3

CH3

CH3

X Y

Cl

Cl

X

Y

Cl

X Y Molecole del campione caricate

negativamente

Controione

Page 93: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

10

metodo (soprattutto la lentezza, l’abilità manuale richiesta e lo scarso potere di separazione), non bisogna trascurare il fatto che esso ha consentito lo sviluppo rivoluzionario che avvenne nella chimica delle sostanze naturali negli anni 30’ e 40’. Cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) Nella cromatografia liquida ad alta prestazione o HPLC (dall’inglese “High Performance Liquid Chromatography”) vengono utilizzate sistemi interamente automatizzati, che permettono di ottenere delle separazioni rapide e ad alta risoluzione. Il flusso (costante e riproducibile) viene generato mediante pompe ad alta pressione, mentre la presenza di un iniettore dedicato permette l’introduzione di piccole quantità di campione in maniera altamente riproducibile. Le tipiche colonne da HPLC sono lunghe 10-30 cm, con diametro interno tra 2 e 5 mm e vengono impaccate con materiali a granulometria molto fine (3-10 µm). La disponibilità commerciale di rivelatori sensibili e con un’ampia gamma di applicazioni permette di ottenere dati quali/quantitativi molto attendibili. Uno schema di un sistema HPLC è illustrato in Figura 5. Gli svantaggi della tecnica HPLC consistono nei costi notevoli della strumentazione e dei materiali di consumo, nella necessità di manodopera specializzata e della necessità di accoppiamento di idonei sistemi di rivelazione spettroscopici per l’identificazione dei picchi.

Figura 5. Schema di uno strumento HPLC interfacciato con un PC.

Pompe

Iniettore

Colonna

Solventi

Rivelatore

Page 94: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

11

Fase mobile L’individuazione della fase mobile più opportuna rappresenta una delle fasi più importanti del processo di ottimizzazione del metodo cromatografico ed è in relazione alla sua forza di desorbimento o solubilizzazione (forza eluente). In HPLC si può usare come fase mobile un solvente o una miscela di due o più solventi. Durante l’analisi LC si può operare mantenendo costante la composizione della fase mobile (eluizione isocratica), o variando la composizione percentuale dei solventi (eluizione a gradiente). In Figura 6 viene illustrata una rappresentazione grafica di un’eluizione isocratica, caratterizzata da una fase

Figura 6. Rappresentazione grafica di eluizione isocratica (12% solvente B) e di eluizione a gradiente lineare: la percentuale di solvente B aumenta da 0 a 16 (+4%/min).

mobile contenente il 12% di solvente B (per il solvente B viene considerato sempre il più “forte”); nel caso dell’eluizione a gradiente si parte da 0% di B (per 1 min) fino a 16% di B ad un tempo di 5 min. Quando bisogna separare composti che presentano caratteristiche di polarità differenti: per esempio, operando in fase inversa (fase mobile più polare della fase stazionaria, che è apolare) è solito diminuire la polarità (cioè aumentare la forza eluente) della miscela dei solventi (i più comuni sono H2O, CH3CN, CH3OH) durante l’applicazione. In questo modo i soluti polari (meno ritenuti) vengono facilmente separati dai composti non polari (più ritenuti). L’eluizione a gradiente in LC si può considerare allo stesso modo gascromatografia a temperatura programmata. Oltre alla polarità, vanno considerati anche la viscosità e le caratteristiche che possono influenzare la funzione del rivelatore (per esempio, l’intervallo, “range”, di assorbimento nell’UV). La Tabella 1 elenca le fasi mobili più frequentemente usate in HPLC. Un confronto fra eluizione isocratica e a gradiente nell’analisi RP-HPLC di bifenili clorurati è riportato in Figura 7a-b. Come si può osservare, l’applicazione isocratica (Fig. 7a) (fase mobile costituita da metanolo e acqua in parti uguali) richiede 80 min; i picchi del cromatogramma risultante si presentano alquanto slargati. Durante l’analisi a gradiente (Fig. 7b) la polarità della fase mobile

20

16

12

8

4

0

0 1 2 3 4 5 6 7

20 16 12 8 4 0

0 1 2 3 4 5 6 7

% B

min

Isocratica

min

Gradiente % B

Page 95: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

12

diminuisce linearmente (la forza eluente aumenta); in questo caso, la separazione cromatografica avviene in 40 min, e i picchi sono molto meno slargati e più alti. Poiché tutti solventi presenti in commercio (anche quelli puri per analisi) contengono particelle in sospensione, la filtrazione dei solventi in HPLC, mediante filtri aventi pori con dimensioni dell’ordine del µm, è essenziale. Queste particelle possono infatti depositarsi all’interno delle pompe o in testa alla colonna, riducendone l’efficienza. Il serbatoio del solvente (o i serbatoi per operazioni in “gradiente”) è connesso alla pompa solitamente mediante un tubo di teflon.

Tabella 1. Fasi mobili più frequentemente usate nelle varie tecniche LC.

Figura 7a. Analisi RP-HPLC in isocratica di una miscela di bifenili clorurati.

Fase normale esano, CH2Cl2, CHCl3, CH3CN, CH3OH

Fase inversa H2O, CH3CN, CH3OH

Scambio ionico tamponi acquosi

Esclusione tetraidrofurano, toluene, CHCl3

1

2

3

4 5

67

0 20 40 60 min

a 50% Metanolo 50% Acqua

80

Page 96: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

13

Figura 7b. Analisi RP-HPLC in gradiente di una miscela di bifenili clorurati.

Pompe La pompa viene comunemente considerata il componente più importante di un sistema HPLC. La funzione della pompa è quella di inviare nella colonna la fase mobile ad una pressione tale da creare il flusso desiderato. Le pompe utilizzate negli strumenti HPLC devono possedere una serie di requisiti:

1) inerzia chimica 2) capacità di generare pressioni elevate (5000 psi) e flussi da 0,5 a 10

mL/min 3) assenza di pulsazioni o pulsazioni smorzate 4) flussi riproducibili 5) possibilità di cambiare rapidamente il solvente (eluizione a gradiente)

I tipi di pompe più utilizzate in HPLC sono a pistoni reciprocanti (molto comuni), a doppia testa a pistoni reciprocanti e a siringa (usati soprattutto per microHPLC). Le pompe reciprocanti sono costituite da una camma eccentrica rotante collegata ad un motore che forza il pistone ad espellere la fase mobile attraverso una valvola monovia (valvola di non-ritorno) (Figura 8). Quest’ultima assicura che il liquido scorra in una direzione sola, per cui quando il pistone torna

0 20 40 60 80 min

1

2

3

4 5

6

7

20% MeOH / 80% H2O (0 min) a

75% MeOH / 25% H2O (60 min)

Page 97: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

14

Figura 8. Schema di una pompa reciprocante a pistone singolo.

Figura 9. Schema di una valvola ad una via.

indietro la valvola di mandata si chiude, mentre si apre quella di aspirazione e si riempie la camera della pompa; quando il pistone è spinto in avanti si chiude la valvola sull’aspirazione e si apre quella sulla mandata e il solvente viene spinto

serbatoio

motore

camma

pistone

camera idraulica valvola monovia

valvola monovia

valvola a sfera di uscita

dal serbatoio

valvola a sfera di ingresso

movimento pistone

alla colonna

Page 98: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

15

nella colonna (Figura 9). È chiaro che sistemi del genere generano un flusso pulsato. Per questo motivo, si è cercato di ridurre al minimo questo aspetto negativo con l’introduzione delle pompe reciprocanti a doppia testa. Lo schema di un sistema di questo tipo è mostrato in Figura 10. Come si può vedere, entrambi i pistoni vengono azionati dallo stesso motore mediante una camma unica, permettendo uno di pompare mentre l’altro è in fase di aspirazione. Queste pompe forniscono un flusso costante, quasi ma non totalmente esente da pulsazioni. Le pompe a siringa consistono di un cilindro che contiene la fase mobile compressa da un pistone, che viene fatto avanzare da un motore che aziona una vite senza fine, generando un flusso esente da pulsazioni (Figura 11). Tra le limitazioni vanno considerate la limitata capacità del serbatoio ed una lieve variazione di portata all’avviamento. Bisogna aggiungere che a valle della pompa, è necessario usare connessioni in acciaio perché il sistema è sotto pressione.

Figura 10. Schema di una pompa reciprocante a doppia testa.

SERBATOIO

VALVOLE DI CONTROLLO

CAMERA IDRAULICA

PISTONE

CAMMA

MOTORE

CAMERA IDRAULICA

PISTONE

VALVOLE DI CONTROLLOCOLONNA

Page 99: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

16

Figura 11. Schema di una pompa a siringa.

Valvola di iniezione L’iniettore è un dispositivo importante e delicato, perché deve consentire di portare il campione liquido dalla pressione ambiente alla pressione presente in testa alla colonna, possibilmente senza alterare il flusso del solvente. I sistemi di iniezione mediante valvola, che sono gli iniettori maggiormente utilizzati in HPLC, consentono l’introduzione del campione con notevole riproducibilità e senza variazioni significative del flusso. Lo schema di un tipico iniettore a valvola è illustrato nella Figura 12 (le frecce indicano la direzione di flusso del campione): si tratta di tubi capillari d’acciaio montati su un disco metallico che viene ruotato su un perno. Il campione viene introdotto, mediante una siringa, entro un capillare di di acciaio (“sample loop”) caratterizzato da un volume specifico (per esempio, 20 µL). Il riempimento del “loop” avviene quando esso non è inserito nel circuito della fase mobile (la valvola è in posizione di carico) (Figura 12a). Al termine del processo di “filling” (quando il campione comincia a spurgare dal “loop”), la valvola viene fatta ruotare, cambiando così i collegamenti fra i circuiti idraulici (Figura 12b). In questo modo il “sample loop” viene portato in serie al circuito della fase mobile e il “loop” si inserisce nel cammino della fase mobile (processo di iniezione). Le connessioni tra i circuiti sono rese possibili dalla presenza di scanalature di piccole dimensioni sul rotore della valvola. Le scanalature e tutti gli altri volumi del sistema di iniezione sono di dimensioni minime, per evitare fenomeni di allargamento di banda al di fuori della colonna.

pistone

solvente

guarnizione

motore

Page 100: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

17

Figura 12. Iniettore a valvola in a) posizione di carico (“filling”): inserimento della siringa; b) posizione di iniezione (“injection”).

Colonna La separazione dei componenti in una miscela avviene all’interno della colonna, che può essere considerato il cuore di ogni sistema cromatografico. La maggior parte delle colonne disponibili in commercio hanno una lunghezza tra 3 e 25 cm, diametri interni di 2,6–3 mm, ovvero di 4,6–5 mm, e sono costruite in acciaio inossidabile. Solitamente le colonne vengono commercializzate già impaccate, con particelle con un diametro di 3, 5 o 10 µm. Le due estremità della colonna sono racchiuse da filtri di acciaio sinterizzato (frit), evitando così la fuoruscita della fase stazionaria. È stato menzionato che la colonna può essere danneggiata dalla presenza di particelle in sospensione nella fase mobile. Per evitare questo inconveniente, è utile far precedere la colonna analitica da una precolonna (assente nello schema di un sistema HPLC illustrato in Figura 5), che funge da filtro. La precolonna (definita anche “guard column”), che è lunga pochi mm, viene impaccata con lo stesso tipo di materiale usato per il riempimento della colonna (con particelle più grosse).

I sistemi HPLC possono essere operati a temperatura ambiente o a temperature superiori. In qualunque caso, la temperatura è un parametro che deve essere controllato se si desidera ottenere una buona riproducibilità analitica

a) carico

ingresso campione

uscita campione

capillare (loop)

rotore

ingresso eluente

colonna

b) iniezione

ingresso eluente

ingresso campione in

colonna

Page 101: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

18

(soprattutto nei tempi di ritenzione). Infatti, variazioni minime della temperatura possono avere un effetto notevole sugli equilibri termodinamici che si instaurano all’interno della colonna durante il processo cromatografico. In particolare, un incremento di questo parametro si traduce: a) nella riduzione della viscosità della fase mobile (e, quindi, delle pressioni di esercizio), favorendo i trasferimenti di massa; b) nella diversa solubilità degli analiti nella fase mobile e stazionaria; c) nell’aumento della velocità di migrazione ionica nei sistemi a scambio ionico; d) in picchi più simmetrici ed una selettività minore; e) nella riduzione della durata della colonna; f) in una riduzione dei tempi di analisi. Gli effetti di un incremento della temperatura di 25°C su un’analisi HPLC, in termini di velocità di analisi, forma dei picchi e risoluzione (che diminuisce), sono evidenti nella Figura 13.

Figura 13. Due analisi HPLC sullo stesso campione, effettuate a 40 e 65°C.

Metodi di separazione più diffusi in HPLC Come già menzionato, nella cromatografia di adsorbimento [liquid-solid chromatography (LSC)], che è una forma di cromatografia in fase normale, il meccanismo di separazione si basa sull’adsorbimento dei soluti sui siti attivi di una fase solida (gel di silice nel 94% dei casi, allumina 3%, carbone 1%, florisil 2%). Nella Figura 1 è stata illustrata una separazione NP-HPLC di fenolo e 2,6-dimetilfenolo, utilizzando esano come solvente e gel di silice come fase stazionaria. Come si può osservare, i due componenti vengono separati abbastanza

40°C

0 5 10 min

65°C

Page 102: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

19

agevolmente, in quanto il fenolo, che è più polare, viene ritenuto più fortemente rispetto al 2,6-dimetilfenolo, che è meno polare. Considerando che il gel di silice è di gran lunga la fase stazionaria più comune, la successiva discussione sarà limitata ad esso. Il gel di silice, che è una sostanza amorfa, polare e acida, è generalmente disponibile sotto forma di perle di vetro rivestite con uno strato di silice porosa (particelle pellicolari sferiche) o sotto forma di particelle totalmente porose (microparticelle porose). La superficie del gel di silice, in entrambi i tipi di particelle, non è mai omogenea ma sono presenti diversi tipi di gruppi funzionali, come illustrato in Figura 14. Le interazioni responsabili dell’adsorbimento sono principalmente i legami a idrogeno e le interazioni dipolo-dipolo, che si instaurano tra gli analiti e i gruppi silanolici. I “centri reattivi” presentano energie di legame elevate e possono generare dei legami irreversibili con composti molto polari. Per questo motivo è opportuno disattivare i centri reattivi, introducendo in colonna dell’acqua o un alcool, nell’analisi di composti polari, quali per esempio alcoli, ammine e acidi. In questo modo si bloccano i siti più attivi, il cui adsorbimento è quasi irreversibile.

Figura 14. Gruppi funzionali presenti sulla superficie del gel di silice: a) gruppi silanolici, b) gruppi silossanici, c) centri reattivi.

La dimensione delle particelle di gel di silice è un parametro che va tenuto in grande considerazione, per diverse ragioni. Se vengono utilizzate delle particelle con un diametro ridotto (per esempio, 3 µm), le interazioni soluto-fase stazionaria sono più numerose in quanto l’area superficiale è maggiore. Inoltre, diminuendo la grandezza delle particelle e a parità di lunghezza della colonna, si ottiene un incremento dell’efficienza della colonna ma anche una maggiore resistenza al flusso. In Figura 15, vengono illustrate tre analisi NP-HPLC effettuate con colonne dalla stessa lunghezza ma impaccate con particelle di grandezza differente. Dalle informazioni riportate nella stessa figura si evince che, mediante l’utilizzo di particelle più piccole, si ottengono delle separazioni migliori, ma sono richieste delle pressioni di esercizio maggiori. Per poter essere separati mediante LSC, gli analiti devono essere caratterizzati da una certa polarità, visto che la fase stazionaria è di natura polare. La fase mobile dovrà avere caratteristiche tali da poter solubilizzare i soluti e competere con essi per l’adsorbimento sui siti attivi. Un composto di polarità elevata [per esempio, un acido carbossilico (-COOH)] si lega fortemente con la fase stazionaria, e, quindi, sarà necessario usare una fase mobile polare affinché avvengono processi efficaci

Si

OH

Si O Si

O

Si O Si

O OH H

δ –δ +aa bb cc

Page 103: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

20

Figura 15. Tre analisi NP-HPLC effettuate con particelle con un diametro di 5, 10 e 20 µm.

affinché avvengono processi efficaci di competizione e solubilizzazione (fase mobile ad alta forza eluente). Se si devono analizzare soluti di polarità ridotta [per esempio, un etere (ROR)] si ricorrerà ad una fase mobile con polarità bassa (fase mobile a bassa forza eluente). Se venisse usata, in questo caso, una fase mobile ad alta forza eluente, i soluti non sarebbero in grado di competere con essa nell’occupazione dei siti attivi e non sarebbero affatto ritenuti (come si dice, uscirebbero con il fronte del solvente). Per caratterizzare le diverse polarità dei solventi si è costruita la cosiddetta scala eluotropica dei solventi, ottenuta misurando la quantità di energia che si libera (sotto forma di calore) quando un solvente puro interagisce con una tipologia di fase stazionaria (ogni serie si riferisce ad una fase stazionaria specifica). Questo parametro, che viene indicato con ε, ci fornisce un’indicazione della forza eluente. In LSC, i solventi apolari presentano valori di ε molto bassi (~ 0); i solventi di polarità intermedia, come i chetoni, sono caratterizzati da valori di ε intermedi (~ 0.50), mentre i solventi di polarità elevata, come gli alcoli, presentano valori di ε alti (~ 0.90). La cromatografia LSC è molto efficace per la risoluzione di isomeri, in quanto le interazioni con i siti attivi dipendono dalla disposizione spaziale dei gruppi funzionali. Per esempio, gli isomeri -para sono generalmente più ritenuti degli isomeri -orto (Figura 16). La cromatografia liquido-liquido comporta la ripartizione degli analiti tra una fase mobile e una fase stazionaria, entrambe liquide. Esistono essenzialmente due tipi di cromatografia liquido-liquido: a) quando la fase stazionaria liquida impregna un supporto solido; b) quando la fase stazionaria liquida è chimicamente legata ad un supporto solido [denominata anche cromatografia su fasi legate (“bonded phase chromatography” – BPC)]. Nel primo caso, i liquidi utilizzati rispettivamente come fase stazionaria e mobile, debbono essere quasi del tutto immiscibili, e ciascuno deve essere saturo rispetto all’altro. Questo, per impedire la solubilizzazione graduale della fase stazionaria

part.: 5 µm 6000 N P: 3000 psi

11 mmiinn 11 mmiinn 11 mmiinn

part.: 10 µm 4800 N P: 900 psi part.: 20 µm

3000 N P: 500 psi

Page 104: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

21

Figura 16. Interazioni di isomeri -para -orto con i gruppi silanolici del gel di silice.

nella fase mobile. Attualmente, la cromatografia liquido-liquido è utilizzata raramente. La cromatografia BPC, applicata sia in fase normale che in fase inversa, è la metodica LC più diffusa. Il supporto generalmente usato è la silice, in quanto permette di ottenere facilmente particelle di forma sferica, con dimensioni e pori controllati (anche in questo caso si possono utilizzare particelle pellicolari o porose). La formazione di una fase legata su una base di silice necessita, per quanto possibile, che gli atomi di ossigeno superficiali siano in forma silanolica. La silice viene attivata mediante l’utilizzo di HCl e riscaldamento a riflusso; in questo modo, vengono idrolizzati i gruppi silossanici. Un metodo che produce fasi legate molto stabili (fasi silossaniche), implica la reazione della silice con un reagente silanizzante:

Cl Si

CH3

C18H37

CH3

OH + Si -HCl

O Si

CH3

C18H37

CH3

Si

Cl Cl Cl

Cl

O O

Si Si Si

O O

Si

OH OH OH OH

Page 105: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

22

Partendo dalla silice attivata, posta in sospensione in un solvente aprotico (per esempio, esano), si aggiungerà cloruro di dimetilottadecilsilano mantenendo la miscela in ebollizione (si libera acido cloridrico). In questo modo, viene prodotta una fase legata con due gruppi metilici ed una catena C18H37. Le catene hanno mobilità elevata e si comportano come una fase liquida superficiale. Le interazioni delle catene legate con i soluti e le fasi mobili, sono prevalentemente dovute a forze di dispersione (forze di Van der Waals), attrazioni dipolo-dipolo, legami -H o di tipo dielettrico. Nel caso della BPC in fase normale, la fase legata consiste in uno scheletro di natura apolare (etile, propile) recante un gruppo terminale polare, tipicamente un gruppo –CN o –NH2. Nelle applicazioni NP-HPLC, vengono utilizzati solventi non polari come l’esano, il cloruro di metilene ed il cloroformio. La cromatografia liquida di ripartizione in fase inversa, con fase legata ottadecilsilicica, è la metodica LC oggigiorno più diffusa. Tuttavia, vengono spesso usate fasi legate che possiedono una catena idrocarburica più corta, come ad esempio un gruppo octilsililicico. Si è generalmente osservato che le catena più corte mostrano una selettività più spiccata verso i componenti moderatamente polari, mentre quelle più lunghe sono più adatte per la separazione dei composti più liofili. La fase mobile è spesso costituita da acqua (anche se non sempre) e da un solvente miscibile meno polare, come il metanolo, l’acetonitrile, ecc. L’acqua è il solvente più debole in quanto interagisce in modo limitato con i soluti trattenuti nella fase legata apolare, generando tempi di ritenzione prolungati. Aumentando la concentrazione del solvente più forte (meno polare) nell’acqua, i soluti vengono eluiti più rapidamente. Ciò viene illustrato nella Figura 17, in cui si possono osservare i profili cromatografici di tre composti sottoposti ad analisi RP-HPLC, usando diverse miscele di acqua-metanolo. La scelta della fase mobile dipende da numerosi fattori come la solubilità del campione, la miscibilità dei solventi, la natura del campione, le caratteristiche del rivelatore e la viscosità. Per esempio, se si impiega un rivelatore UV a lunghezza d’onda variabile è molto

Figura 17. Tre analisi RP-HPLC dello stesso campione effettuate usando come fase mobile miscele diverse di acqua e metanolo.

importante considerare l’assorbanza UV della fase mobile nel “range” di lavoro previsto. Se si considera la viscosità, l’acetonitrile è caratterizzato da un valore

5 min 7 min10 min

50%H20/50% MeOH 40%H20/60% MeOH25%H20/75% MeOH

Page 106: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

23

molto basso (0,37 cP a 20°C) e pertanto verrà scelto quando è necessario mantenere la pressione di esercizio a valori bassi. Inoltre, l’acetonitrile darà per lo stesso motivo l’efficienza maggiore, in quanto i processi di trasferimento di massa sono agevolati. Per l’analisi RP-HPLC di miscele eterogenee, risulta sicuramente utile l’impiego di un “gradiente”. La scelta della miscela dei solventi segue gli stessi criteri usati nelle analisi isocratiche, con l’eccezione che debbono essere considerate le risposte del sistema di rivelazione ai singoli componenti, come per esempio nel caso dell’assorbanza UV. Infatti, se sussistono grosse differenze nei loro valori di assorbanza alla lunghezza d’onda prescelta, si potrebbe osservare uno spostamento della linea di base. Spesso, l’eluizione a gradiente risulta assolutamente necessaria per eluire tutti i composti presenti nel campione. In generale si desidera una variazione lineare della forza eluente se non esistono problemi di risoluzione in una parte del cromatogramma.

Rivelatori Il sistema di rivelazione (“detector”) ha il compito di misure un parametro caratteristico del soluto (assorbanza UV, indice di rifrazione, peso molecolare, ecc.) e di trasformarlo in un segnale elettrico, che viene inviato ad un sistema di elaborazione dati. I rilevatori si distinguono in “bulk property”, sensibili cioè a proprietà specifiche dell’insieme analita-fase mobile (per es. l’indice di rifrazione), e in “solute property”, sensibili cioè a caratteristiche specifiche del soluto (per es. l’assorbanza UV). Le caratteristiche fondamentali di un sistema di rivelazione sono:

il segnale di fondo la costante di tempo la sensibilità la quantità minima rivelabile (MDQ) la linearità l’universalità o la selettività

Il segnale generato dal rivelatore in assenza di analita (quindi, senza la presenza di un picco) produce un segnale di fondo (linea di base), che è spesso instabile. Le cause di ciò si esprimono in due parametri del segnale di fondo: il rumore o disturbo (il cosiddetto “noise”) e la deriva. Il primo è caratterizzato da oscillazioni in entrambi i sensi, che possono essere ad alta o a bassa frequenza; il secondo si può considerare essenzialmente come un’innalzamento graduale della linea di base (Figura 18); la deriva viene normalmente misurata per un tempo determinato. È importante limitare l’entità del rumore in quanto è un fattore che diminuisce la sensibilità analitica. La minima quantità rilevabile, un parametro strettamente connesso alla sensibilità del rilevatore, è definita come la quantità di un soluto che genera un picco che abbia un segnale di ampiezza pari ad almeno due volte l’ampiezza del rumore (rapporto segnale/rumore di 2). Rilevatori poco sensibili presentono valori elevati di MDQ. La costante di tempo (τ) è una misura del tempo di risposta caratteristico del rilevatore. In pratica é il tempo richiesto (in secondi o millisecondi) per rispondere

Page 107: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

24

Figura 18. Rappresentazione di rumore e deriva.

Figure 19. Costante di tempo.

.

t

∆E

0,632 ∆E

Flusso = 56 mL/min

100

0

0 20 40 60 Tempo (sec)

Risp.

Rumore

Deriva

Page 108: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

25

al 63,2% di una improvvisa variazione del segnale, come mostrato in Figura 19. La costante di tempo è un parametro che va selezionato con attenzione in quanto un valore troppo basso genera un rumore eccessivo (la sensibilità diminuisce) ed un valore troppo alto ha effetti negativi sulla separazione cromatografica. Gli effetti negativi connessi alla riduzione della costante di tempo sull’ampiezza del picco cromatografico sono evidenziati in Figura 20. Una raccomandazione tipica è che la costante di tempo sia inferiore al 10% dell’ampiezza del picco a metà altezza, wh.

Figure 20. Effetti di diversi valori di τ sul picco cromatografico.

Idealmente, vi deve essere una relazione lineare tra la concentrazione dei soluti nel campione e la risposta del rivelatore. Il “range” dinamico lineare viene misurato considerando la minima (MDQ) e massima quantità di uno specifico soluto che genera un segnale di entità proporzionale. In Figura 21 sono illustrati i “range” di due rivelatori, caratterizzati da sensibilità diverse (a parità di concentrazione forniscono una risposta diversa). I rilevatori selettivi vengono usati per la rivelazione solo di alcuni composti (per esempio, UV/Vis) mentre quelli universali sono adatti alla rivelazione di tutti i soluti. Nei sistemi HPLC vengono ampiamente impiegati come rivelatori spettrofotometri che lavorano nel campo dell’UV e del visibile (solitamente fino a 600 nm). L’assorbimento in questa regione dello spettro è specifico di ogni composto chimico, che sarà caratterizzato da uno spettro di assorbimento ben definito. La semplicità di funzionamento ed il costo accessibile fanno del rivelatore UV quello più usato. Un altro vantaggio notevole è costituito dal fatto che questi sistemi possono operare con i solventi più comuni, in quanto non interferiscono con assorbimenti di fondo elevati. I composti che assorbono le radiazioni UV sono caratterizzati dalla presenza di uno o più insaturazioni (le

0,1 sec0,2 sec

1sec

2 sec

Page 109: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

26

Figure 21. Risposta in funzione della concentrazione di due rivelatori con lo stesso “range” dinamico lineare, ma con una sensibilità diversa.

molecole con doppi legami coniugati presentano assorbimenti notevoli), oppure dalla presenza di doppietti elettronici non condivisi. I rilevatori più semplici sono a lunghezza d’onda fissa e utilizzano come sorgente una lampada a vapori di mercurio. Attraverso dei filtri viene isolata una riga di emissione (solitamente a 254 nm). Ovviamente, non si può utilizzare questo rivelatore per tutti quei composti che non assorbano alla lunghezza d’onda della radiazione (per es. a 254 nm non si possono analizzare gli zuccheri, trigliceridi, steroidi, barbiturici, ecc.). Per questo motivo, l’introduzione del rivelatore UV/Vis a lunghezza d’onda variabile può essere considerata una tappa fondamentale nello sviluppo della cromatografia liquida. Infatti, attualmente sono disponibili sistemi UV/Vis in grado di registrare simultaneamente lo spettro completo di una molecola, senza interrompere il flusso di solvente. Ciò viene permesso dalla presenza di una matrice di fotodiodi lunga una striscia (“strip”) sulla quale vengono disperse le radiazioni elettromagnetiche da parte del prisma o reticolo dello spettrofotometro. Ogni diodo misura l’intensità del segnale a una specifica lunghezza d’onda (Figura 22). Questo tipo di sistema richiede (da parte di un PC) l’elaborazione, istante per istante, di tutti i segnali provenienti dai diodi. Il rivelatore UV/Vis a lunghezza d’onda variabile è caratterizzato da una buona sensibilità (10-6 – 10-10 g) e selettività ed offre la possibilità di operare in gradiente.

Conc.

Risp. A

B

A

MDQ

Page 110: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

27

Figura 22. Schema di spettrofotometro UV/vis a serie di diodi.

Il rivelatore ad indice di rifrazione (RI) è un rivelatore universale, usato ampiamente per separazioni preparative. Presenta una sensibilità piuttosto bassa (~10-6 g) per cui non viene sfruttato per l’analisi di componenti in tracce. Un ben definito valore di RI è una caratteristica fisica di ogni molecola. Spesso nascono delle difficoltà nell’individuazione di una fase mobile che abbia un’indice di rifrazione notevolmente diverso da quello dei soluti da analizzare, condizione fondamentale per poter avere una buona sensibilità. Un ulteriore svantaggio è rappresentato dalla impossibilità pratica di operare in gradiente, perché alla variazione della composizione della fase mobile, corrisponde una deriva della linea di base. I rivelatori RI oggi usati sono di due tipi: a deflessione e a riflessione. Entrambi sono realizzati con una cella di misura ed una cella di riferimento. Uno schema del rivelatore a deflessione è illustrato in Figura 23; in questo caso viene sfruttato il principio della deflessione: si misura la deflessione di un raggio di luce al variare dell’indice di rifrazione del liquido nella cella di misura in confronto alla cella di riferimento. La presenza di un soluto provoca una modificazione dell’angolo di rifrazione, generando una variazione del segnale che raggiunge il rivelatore. L’entità del segnale è correlata alla concentrazione del soluto.

Specchio

Lampada Hg

Camera sorgente Filtro

Lampada WLampada deuterio

Filtro Fenditura

Reticolo

Specchio

Specchio

Cella

Camera spettroscopica

Serie di diodi

Page 111: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

28

Figura 23. Schema di un rivelatore ad indice di rifrazione del tipo a deflessione.

I rivelatori a fluorescenza sono lo strumento più sensibile per quei composti che sono fluorescenti (o che lo possono diventare attraverso la formazioni di composti derivatizzati). Sono sistemi altamente selettivi, caratterizzati da una sensibilità che può essere fino a mille volte più elevata rispetto ai sistemi UV. Il loro principio di funzionamento è basato sulla misurazione dell’intensità della radiazione di fluorescenza emessa quando un soluto è eccitato con una radiazione UV di opportuna lunghezza d’onda (o frequenza). L’attività di fluorescenza più intensa si ritrova in quelle molecole che hanno gruppi funzionali aromatici con transizioni di bassa energia (π→π*). Anche i composti alifatici lineari con gruppi carbonilici e i composti con doppi legami coniugati danno luogo ad una emissione di fluorescenza, seppure ad un’intensità minore. Uno schema di un fluorimetro è illustrato in Figura 24. In questo caso la sorgente è una lampada a Xe, con un monocromatore per selezionare la lunghezza d’onda di eccitazione; a 90° gradi rispetto alla direzione del raggio di eccitazione sono localizzati la cella ed il monocromatore di emissione. Un tubo fotomoltiplicatore (PMT) è usato per la rivelazione del raggio di emissione. Un esempio della sensibilità elevata di quest’approccio è illustrato in Figura 25, che riporta un cromatogramma HPLC relativo all’analisi di 5 pg di benzo(a)pirene.

LAMPADA W LENTE FENDITURA

CAMPIONE RIFERIMENTO

FOTODIODO CELLA

Page 112: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

29

Figura 24. Schema di un fluorimetro per HPLC.

Il meccanismo di funzionamento del rivelatore elettrochimico si basa invece sulla ossidazione o sulla riduzione di un soluto su un elettrodo e sulla misura della corrente risultante. Poiché l’entità della corrente è correlata direttamente alla concentrazione, il processo è quantitativo. Questi rivelatori si distinguono in due classi: amperometrici e polarografici. I primi sono i più diffusi mentre i secondi sono utilizzati per applicazioni particolari. La fase mobile deve essere resa elettricamente conduttiva, di solito mediante addizione di un sale. Ciò ne esclude l’utilizzo per tecniche cromatografiche caratterizzate da solventi apolari (per es. esano) e lo permette, invece, in metodiche HPLC a scambio ionico ed in fase inversa. Il campo di applicazione di questi sistemi, sebbene meno ampio rispetto ai rilevatori UV o a fluorescenza, comprende matrici di alto interesse biochimico (per esempio, plasma ed urina). In questi casi la possibilità di ottenere una elevata selettività e sensibilità (10-11 – 10-12 g/mL) è di estrema utilità.

Compartimento sorgente

Lampada Xe

Monocromatore di eccitazione

Compartimento di riferimento

Compartimento del campione Monocromatore

di eccitazione

Cella

Page 113: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

30

Figura 25. Cromatogramma HPLC ottenuto con un rivelatore fluorimetrico.

In HPLC si può utilizzare uno spettrometro di massa (MS) come sistema di rivelazione. La combinazione di queste due metodiche fornisce uno degli strumenti più potenti di indagine per l’analisi di miscele complesse, in quanto accoppia la capacità di separazione della cromatografia liquida e la capacità di identificazione di strutture molecolari della MS. Uno schema di sistema HPLC-MS è illustrato in Figura 26. È importante sottolineare che i sistemi MS vengono operati sotto alto vuoto; in HPLC, la fase mobile presenta un flusso di circa 1 mL/min, che vaporizzata sviluppa un volume incompatibile con i flussi di uno spettrometro di massa. Questo inconveniente viene superato mediante un’interfaccia, che elimina selettivamente gran parte del solvente prima del ingresso del campione nel sistema MS. Attraverso l’interfaccia HPLC-MS le molecole entrano nella camera di ionizzazione, in cui avviene la frammentazione ionica dei soluti, precedentemente separati dal sistema cromatografico. Gli ioni (lo ione molecolare e gli ioni frammento) prodotti vengono dapprima separati in base al loro rapporto massa/carica, e poi rivelati da un opportuno

Tempo

Iniezione

5 pg di benzo(a)pirene

Page 114: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

31

Figura 26. Schema a blocchi di un sistema HPLC-MS.

“detector” che genera lo spettro di massa. Un esempio di spettro di massa relativo ad un trigliceride, caratterizzato dalla presenza di frammenti ionici di mono- e digliceridi (lo ione molecolare è assente) con i loro pesi molecolari indicati, è illustrato in Figura 27.

Figura 27. Spettro di massa del trigliceride 1-palmitil-2-oleil-3-palmitilglicerolo.

Spettrometro di massa

Acquisizione dati

Spettro di massa

Effluente LC Solvente

Campione

Al vuoto

Campione concentrato

300 350 400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 m/z0e3

100e3

200e3

300e3

400e3

500e3

Int. 577

551

313339

370310 549389 606355 580430409 640489465 506 685 712533 743 777657 894856803826 874

POP [PO]+

[PP]+

[P]+ [O]+

Page 115: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

32

Attraverso il sistema MS viene prodotto un tracciato cromatografico misurando la corrente ionica totale (somma delle correnti ioniche dovute a tutte le masse) in funzione del tempo. Un cromatogramma RP-HPLC-MS della frazione lipidica di un campione di siero umano è illustrato in Figura 28.

Figura 28. Cromatogramma RP-HPLC-MS dei lipidi del siero umano.

colesterolo libero

trigliceridiesteri colesterolo

10 20 30 40 50 60 70 80 90 min

500e3 1000e3 1500e3 2000e3 2500e3 3000e3 3500e3 4000e3 4500e3 5000e3 Int. TIC(1.00)

Page 116: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

33

Capitolo 3

ALLARGAMENTO DI BANDA IN HPLC

La capacità separativa di una colonna impaccata viene definita come “efficienza della colonna” (o soltanto efficienza). Tale fattore è direttamente connesso al grado di allargamento di banda nello spazio e nel tempo. Questo processo cromatografico è dipendente sia dalle caratteristiche intrinseche della colonna (parametro non modificabile) sia dalle condizioni operative sperimentali (parametri modificabili). Depositando il campione in testa alla colonna, esso occupa un certo spessore dello strato del materiale con cui la colonna è impaccata ossia avrà una determinata larghezza (Figura 29: t0). Durante il processo cromatografico, oltre ad una migrazione differenziale dei composti, si ha un allargamento della banda iniziale del soluto. Quest’allargamento è funzione del tempo che il composto trascorre in colonna (Figura 29: t1 e t2). Questo fenomeno, comune a tutti i processi cromatografici, è dovuto al fatto che le molecole di uno stesso componente sono caratterizzate da velocità diverse.

Figura 29. Processo di allargamento di banda in colonna a tempo t0, t1 e t2.

t0 t1 t2

Page 117: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

34

Ovviamente, si cerca di effettuare una scelta ottimale dei parametri analitici per operare nelle condizioni di massima efficienza della colonna (o di minimo allargamento di banda). Il numero dei piatti teorici (N) è un termine adimensionale utilizzato per determinare l’efficienza:

dove wb è l’ampiezza del picco alla base. Un parametro più utile, che non dipende dalla lunghezza della colonna, è l’altezza equivalente di un piatto teorico (HETP) o semplicemente altezza di un piatto (H):

Generalmente si ricercano condizioni cromatografiche che permettano valori minimi di HETP (e quindi massimi di N). In un sistema HPLC, le molecole di analita in testa alla colonna sono disperse omogeneamente in una stretta banda di forma cilindrica. Quest’ultima, durante il processo di trasferimento lungo la colonna, subirà un graduale allargamento, mentre l’iniziale dispersione omogenea delle molecole di soluto si trasformerà in una distribuzione di tipo Gaussiano. Questo fenomeno, che dipende da una seriedi fattori non eliminabili, si può calcolare con buona approssimazione mediante l’equazione classica di Van Deemter: L’allargamento di una banda di soluto è funzione di tre fattori, contenuti nell’equazione: A, B, e C. Il primo, definito come “eddy diffusion” (diffusione turbolenta), dipende solamente dal tipo di impaccamento della colonna (è indipendente dalla velocità di flusso); più uniforme è l’impaccamento (l’uniformità aumenta al diluire della distribuzione del diametro delle particelle) minori sono le differenze fra i vari canalicoli e, quindi, ridotto sarà il contributo di A. Il secondo parametro, definito come diffusione longitudinale di un’analita in un liquido, è una misura della tendenza delle molecole di soluto a migrare da zone più concentrate a zone meno concentrate della colonna. Questo fattore è

N = ( wb tR

)2

HETP = L

N

HETP = H = A + B /µ + Cµ - -

Page 118: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

35

direttamente proporzionale al coefficiente di diffusione di un soluto nella fase mobile (DM) ed inversamente proporzionale alla velocità di flusso (µ). È chiaro che ad un valore di flusso ridotto, il soluto ha a disposizione più tempo per diffondere. Il fattore B è molto più importante nella GC dove i coefficienti DM sono molto più elevati. Il fattore C corrisponde alla somma della resistenza al trasferimento di massa in fase mobile e in fase mobile stagnante (CM) e la resistenza al trasferimento di massa in fase stazionaria (CS). La resistenza al trasferimento di massa in fase mobile è dovuto al fatto che le molecole più vicine alle zone di contatto tra le fasi, avranno un più facile accesso nella fase stazionaria rispetto ad altre molecole situate ad una distanza maggiore. Per questo motivo i soluti situati nella zone più lontane dalla fase fissa viaggeranno ad una velocità maggiore. Il contributo all’allargamento del picco dovuto a questo effetto è direttamente proporzionale alla velocità di flusso. La resistenza al trasferimento di massa in fase mobile stagnante è dovuto al fatto che la fase mobile contenuta entro i pori delle particelle tende a ristagnare. Le molecole di soluto quindi entrano ed escono da questi pori solo per diffusione. L’effetto è proporzionale alla velocità di flusso della fase mobile, poiché con l’aumentare della velocità di flusso aumenta la distanza percorsa lungo la colonna dalle molecole che subiscono una diffusione limitata all’interno dei pori rispetto a quelle che vi diffondono più profondamente. Il fattore CS misura le limitazioni in termini di diffusione dell’analita nella fase stazionaria. Le molecole più vicine alle zone di contatto tra le fasi, avranno un più facile accesso nella fase mobile rispetto ad altre molecole situate ad una distanza maggiore all’interno della fase fissa. Anche in questo caso, l’allargamento di banda dovuto a quest’effetto è proporzionale alla velocità di flusso. Riportando l’equazione di Van Deemter in grafico si ottiene un’iperbole (curva di Van Deemter) che ha un minimo nel punto in cui si ottiene il valore più basso di HETP (ovvero l’efficienza più elevata). La velocità (o flusso) corrispondente a questo optimum è la velocità (o flusso) ottimale della fase mobile. In Figura 30 sono riportate 3 curve di Van Deemter relative ad analisi HPLC di terz-butil benzene, utilizzando particelle da 3, 5 e 10 µm. Come si può osservare, l’efficienza della colonna aumenta con una riduzione del diametro dello particelle; inoltre, utilizzando particelle di impaccamento più piccole si ottengono flussi ottimali più elevati (il punto minimo della curva si sposta a destra) e la parte ascendente della curva si innalza più gradualmente (diventa possibile applicare flussi elevati senza ridurre eccessivamente l’efficienza della colonna).

-

Page 119: GAS CROMATOGRAFIA - sepsci.unime.it · 1 INTRODUZIONE La cromatografia, tecnica di grande rilievo nel campo della scienza della separazione, si sviluppò agli inizi del XX secolo,

36

Figura 30. Curve di Van Deemter relative ad analisi HPLC di terz-butil benzene (22°C), utilizzando particelle di impaccamento da 3, 5 e 10 µm.

Riferimenti bibliografici [1] M. Tswett, Ber. Dtsch. Botan. Ges. 24 (1906) 316. [2] A.J.P. Martin, R.L.M. Synge, Biochem. J. 35 (1941) 1358. [3] A.T. James, A.J.P. Martin, Biochem. J. 50 (1952) 679.

HETP

60

40

20

0 0 2 4 6 8

FLUSSO [ml/min]

22 °C ; terz-butil benzene

5 µm

3 µm

10 µm