Galimberti Su Hillman

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R2CULTURA� 48

VENERDÌ 28 OTTOBRE 2011

la Repubblica

CULTURA

smarrire a ciascuno di noi lanozione di “cittadino”, chesempre più maschera la no-stra condizione di impoten-za? Che ne è de La forza del ca-rattere (Adelphi) che rischia-mo di conoscere solo nellavecchiaia, quando più nessu-no si occupa di noi e, rifletten-do, ci accorgiamo che di noi cisi occupava solo a partire dal-la nostra efficienza e produtti-vità: puri funzionari d’appa-rato senz’anima.

E l’Anima(Adelphi), questaparola intorno a cui ruota tut-ta la riflessione hillmaniana,nulla ha a che fare con sfondireligiosi e neppure con il dua-lismo platonico e il suo bimil-lenario conflitto col corpo.

riore in cui si radica bellezza.Ma siccome per il Greco anti-co la bellezza individuale nonè raggiungibile senza una Po-litica della bellezza (EdizioniMoretti & Vitali), di nuovo ri-torna il motivo che solo unasocietà ben governata può ri-durre la sofferenza di tanti in-dividui.

Ma perché questo ritornoalla Grecità, già percorso daHölderlin, Nietzsche, Hei-degger? Non per motivi poeti-ci o filosofici, ma per resusci-tare quel politeismo della mi-tologia greca che, a differenzadel modello monocentricodella cultura giudaico-cri-stiana che tanto ha influenza-

Il celebre studioso è scomparsoall’età di 85 anni. Aveva allargatol’orizzonte della psicoanalisiconvinto che oggi il malessereindividuale affondi nella società

individuo è costretto a vivere,smarrendo quel pensiero delcuore, come scrive Hillmanne L’anima del mondo e il pen-siero del cuore (Adelphi), dicui erano capaci i Greci chepensavano col cuore.

Di qui il recupero hillma-niano della mitologia grecanon per un intento filologico oerudito, ma per mostrare co-me “si pensa col cuore”, quin-di non per concetti, ma perimmagini. Apprendiamo cosìdal suo Saggio su Pan(Adelphi) cos’è il panico, lamasturbazione, l’incubo, laseduzione delle ninfe, così co-me da La giustizia di Afrodite(Edizioni La Conchiglia) ap-

prendiamo come inscindibi-le sia la bellezza dalla bontà edalla verità. Concetti che lacultura cristiana ha separato,mentre il mito e la filosofiagreca tenevano ben saldi nel-la parola kalokagathon, belloe buono insieme.

Perché la “vera” bellezza ènella bontà che trasfigura ilvolto e rende lo sguardo sere-no. In gioco qui non c’è la ve-rità concettuale della scienzao della filosofia e ancor menoquella dogmatica delle reli-gioni, ma quell’essere perve-nuti alla conoscenza di sé, acui invitava l’oracolo diDelphi, perché in ciascuno sicreasse quell’armonia inte-

HILLMANDall’analisi di Jung ai miti greciaddio al poeta dell’anima

UMBERTO GALIMBERTI

Chi era James Hillman? Lo psicoanalista che ha allar-gato l’orizzonte della psicoanalisi al di là della con-dizione e della sorte dell’anima individuale, par-tendo dalla persuasione, che quella che oggi va cu-rata è, come lui la chiamava: l’“anima mundi” che

ha perso il mondo immaginale, per raccogliersi nel chiuso diuna ragione solo concettuale, dove non è più possibile rintrac-ciare quella capacità immaginativa del cuore che sa che cos’èl’amore, la bellezza, la giustizia, e quella verità interiore di cuiabbiamo perso sia l’origine, sia la traccia.

Esiste certo un malessere dell’individuo, ma le sue radici og-gi non vanno cercate tanto nella sua infanzia, che induce spes-so una condizione solipsistica e impotente di sé, ma nel modocon cui l’individuo interiorizza la società in cui vive, le sue for-me di potere, la conflittualità che la percorre, l’habitat che lo cir-conda perché, scrive Hillman. «Io non sono, se non in un cam-po psichico con gli altri, con la gente, gli edifici, gli animali, lepiante».

E allora cos’è quel Terribile amore per la guerra(Adelphi) cheaveva reso così inquietante la corrispondenza tra Freud e Ein-stein? Cosa sono quelle Forme del potere (Garzanti) che fanno

L’“anima” di Hillman non èneppure solo la contropartesessuale di ciascun di noi co-me il suo maestro Jung avevainsegnato, ma è, come lui scri-ve, quella «fede nelle immagi-ni e nel pensiero del cuore cheporta a un’animazione nelmondo. Anima crea attacca-menti e legami. […] Guardan-domi indietro, mi sembra cheAnima sia stata alla base ditutto il mio lavoro».

Se la società, nel modo concui è strutturata e nelle moda-lità con cui fa vivere gli indivi-dui è, più dell’infanzia, la re-sponsabile della sofferenza dicui si occupa Il mito dell’ana-lisi (Adelphi) è perché la no-

stra società non ha più anima,più non conosce le relazionitra gli uomini, se non come re-lazioni di interessi e di profit-to, più non si commuove per il

dolore del mondo, più non saimmaginare tutto ciò che nonrientra nella concettualità,nella funzionalità e nel calco-lo delle utilità, in cui ciascun

Individua l’originedella sofferenzanell’incapacità dipensare agli altricon il cuore

Le parole

James

La biografia

James Hillman si è spento ieri nellasua casa del Connecticut all’età di 85anni. Nato nel 1926 ad Atlantic City,medico nella Us Navy durante laseconda guerra mondiale, visse la suamaturità in Europa dove ottenne ildiploma di analista allo C. G. JungInstitute di Zurigo. In seguito, superòle stesse teorie junghiane proponendoun approccio psicoanaliticoalternativo al classico rapportoanalista-paziente, con il concetto di“psicologia archetipale” centrale inmolte sue opere, tra cui: “Senexet puer” (1964), “Il tradimento” (1967),“Re-visione della psicologia” (1975)e “L’anima del mondo” (1993)

Archetipi

“Sono i modelli più profondidel funzionamento psichico,come le radici dell’anima chegovernano le prospettiveattraverso cui vediamo noie il mondo, le immaginiassiomatiche a cui ritornanola vita psichica e le teorie cheformuliamo su di essa”

Anima

“L’uomo naturale si identificacon lo sviluppo armonico;l’uomo spirituale, si identificacon la perfezionetrascendente; l’uomo normalesi identifica con l’adattamentosociale e pratico. Deformati, simutano nell’uomo psicologico,che si identifica con l’anima”

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la Repubblica PER SAPERNE DI PIÙ

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ma come saldi depositari delle usanze edelle leggende, come custodi dei valorilocali, come esperti di arti e mestieri, co-me voci apprezzate del consiglio cittadi-no. Ciò che contava era la forza del carat-tere comprovata da una lunga vita. Lamortalità era associata semmai alla gio-vinezza: nati morti e mortalità infantile,ferite in battaglia, duelli, rapine, con-danne capitali, pirateria; i rischi profes-sionali delle attività agricole, della mi-niera, della pesca; faide familiari e delittipassionali; epidemie e pestilenze chefalcidiavano la popolazione nel fiore de-gli anni. I cimiteri erano punteggiati dal-le corte tombe dei bambini (...).

Il grafico della aspettativa di vita pos-siede una sua forza incontestabile (...). Lacurva non sa predire quando finirà la tualongevità; ma sembra piuttosto traspor-tarti sempre più avanti, all’infinito. Anzi-ché condurti verso la morte, rivelando ilnudo dato della tua mortalità, essa fungeda annuncio statistico di immortalità!

Se «durare» significa qualcosa d’altroe di più che superare in durata le aspet-tative statistiche, allora che cos’è che«dura»? Che cos’è quel «qualcosa» chepermane e tiene duro? Che cosa potràmai durare attraverso tutte le vicende diuna lunga vita, rimanendo costante dal-l’inizio alla fine? Né il nostro corpo né lanostra mente rimangono identici; corpoe mente non possono evitare il cambia-mento. Ciò che invece sembra rimanereidentico a se stesso per tutto il tempo e fi-no alla fine è una componente psicologi-ca costante che ti segnala come un esse-re diverso da tutti gli altri: il tuo carattereindividuale. Tu.(brano tratto da “La forza del carattere”,

traduzione di Adriana Bottini) © 2000 Adelphi Edizioni S.P.A. Milano

© James Hillman/Published byArrangement with Agenzia Santachiara

Nelle nostre società competiti-ve, «durare» ha finito per signi-ficare «durare di più di». «Hosuperato l’età di mio padre e di

entrambi i miei nonni!». «Secondo i dot-tori, dovrei essere morto da tre anni».«Con me, le compagnie di assicurazionefarebbero bancarotta. Ho già incassatodi pensione molto più di quanto abbianoversato». La fortuna e la misericordia delSignore sono sicuramente dalla mia par-te, perché nel grafico della speranza di vi-ta alla nascita ho oltrepassato la media.

Non soltanto ho battuto la mia ereditàgenetica, i miei compagni di infanzia e gliattuari, ho respinto la morte stessa. La vi-ta: una competizione con tutti e con lamorte, sicché il fatto di vivere più a lungodiventa una vittoria, che a ogni com-pleanno ripropone il famoso passo disan Paolo: «La morte è stata ingoiata perla vittoria... O morte, dov’è il tuo pungi-glione?».

La nostra esperienza dell’invecchia-mento è talmente imbevuta delle cifresugli anni che restano da vivere fornitedalle tabelle sulla longevità, che stentia-mo a credere come per secoli l’età avan-zata sia stata associata non già con lamorte, bensì con la vitalità e il carattere.I vecchi non erano pensati principal-mente come individui arrancanti conpasso incerto verso la porta della morte,

figure mitologiche in cui l’a-nima può rispecchiarsi e, ri-specchiandosi, avere un’im-magine di sé, per non viverealla cieca, a propria insaputa.

Non si legga Hillman soloper la potente seduttività del-la sua scrittura. A percorrerlaper intero c’è una radicale re-visione dello scenario psicoa-nalitico, a partire dalla per-suasione che, se l’uomo è unanimale sociale, non c’è soffe-renza individuale disgiuntadal mondo in cui si vive. Ed èsu questo mondo e sulla suaanima che Hillman ha punta-to il suo sguardo lucido e criti-co.

to la psicoanalisi di Freud,consente di recuperare quel-la dimensione policentrica,così essenziale oggi, dove la

confluenza delle culture chie-de una disposizione dell’ani-ma che consenta quella tolle-ranza e quell’accoglienza chesolo il relativismo, di cui le re-ligioni sono incapaci, sa con-

cedere. «Gli dèi morirono dal gran

ridere quando udirono cheun Dio voleva essere il solo»scrive Nietzsche. Hillmannon raccoglie sarcasticamen-te e neppure polemicamentequesto riso, ma ci proponetutti gli dèi, celesti e inferi, noncome semplici espressionidelle passioni umane e quin-di iscritte nella “patologia”(«Gli dèi sono diventati malat-tie» ebbe a scrivere Jung), maper restituirli alla “mitologia”,dove nessun dio vuol essere ilsolo, perché, nonostante Lavana fuga dagli déi (Adelphi)propria dell’Occidente cri-stiano, indispensabili sono le

Ha superatol’insegnamento deimaestri, puntandouno sguardo lucidoe critico sul mondo

QUANDOLA VECCHIAIAERA SIMBOLODI SAGGEZZAJAMES HILLMAN

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Carattere

“Per la teoria della ghiandaesiste un’immagine individualeun carattere, che appartienealla tua anima, così come nellaghianda c’è il destino dellaquercia. Bisogna chiedersi:come posso essere utile aglialtri? Domandarselo puòrivelare perché si è qui”

Maestro

Negli anni ’50 Hillman studia aZurigo, del maestro Jung dirà:“Per lui l’estetica è un deboleiniziale, stadio di sviluppo.Jung adotta la visionetedesca secondo cui l’eticaè più importante dell’esteticae disegna un netto contrastotra i due concetti”

Puer

“Questo archetipo fondel’Eroe, il fanciullo divino, lefigure di Eros, Ermes, ilBriccone e il Messia. Nel Puerriconosciamo una gammamercuriale di ‘personalità’:la narcisistica, la curiosa,l’inventiva, la pensosa,l’ardente, la capricciosa”

dente, di energia e anche di giovinezza».Il vostro rapporto ha avuto anche una

natura affettiva?«Fin dall’inizio è stato così, e ho seguito

le varie fasi della sua vita. È stato un rap-porto molto buono, con le vicissitudinieditoriali che si possono immaginare: unlibro che ritarda o che si deve rifare, ma èandato sempre tutto bene. L’ultima volta

l’ho visto un paio di anni fa, a Milano - ve-niva spesso in Italia, dov’era più conosciu-to che nel suo Paese».

È stato uno psicoanalista o piuttosto ungrande umanista?

«È stato il primo e forse l’ultimo di quel-li che sono partiti da Jung facendo poi unpercorso unico, originale, mentre gli altrisono rimasti più o meno prigionieri diquella che era la loro origine».

Allievo diretto di Jung, Hillman muoreesattamente cinquant’anni dopo il mae-stro zurighese. Che ha “tradito”, o no?

«Beh, è una storia complicata. PerchéHillman ha anche diretto l’Istituto Jung fi-no a quando non l’hanno cacciato via... ».

Ma è stato lui stesso a dire di aver avuto“una crisi di fede”, inventando poi la “psi-cologia archetipica”, ribattezzata a di-spetto del ridicolo “una terapia degli dei”.Lei come la vede?

«Io vedo lui molto solitario, sia in Ame-rica che in Europa, non un uomo da scuo-le... La cosa importante è stata il suo modo

di rovesciare il rapporto con il mito in ge-nere: non pretendere da psicoanalista dispiegare il mito, che sarebbe stata un’ope-razione ingenua. E’ il mito che spiega noi,e Hillman ha seguito questa idea con lastessa analisi, dove ad agire - lui dice - è ilmito apollineo...».

Contro la parola, il Logos, il cuore dellapsicoanalisi e della cultura occidentale...Ma non era un po’ troppo quando voleva“stendere l’anima del mondo sul lettino erimanere in ascolto delle sue sofferenze”?

«“Anima” è la parola chiave per capireHillman, un’anima che insieme è internaed esterna, appartiene anche al mondoproprio della natura, non della società eneppure del collettivo».

Qualcuno l’ha liquidato come “un bril-lante bricoleur”.

«Lévi-Strauss diceva che i miti stessi so-no un’operazione di bricolage, ma poi hapassato l’intera vita a tentare di capirecom’era fatto quel bricolage... Mi spiacenon fargli omaggio del libro per gli amiciche facciamo a fine anno, una specie di bi-bliografia ragionata di opere neoplatoni-che a partire dal Quattrocento fatta da ungrande libraio antiquario che è Paolo Pam-paloni e Marco Ariani, uno dei curatori del-la nostra Hypnerotomachia Poliphili. E’ancora in bozze, purtroppo non abbiamofatto in tempo».

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Roberto Calasso è a Barcellona, in una libreria. Controlla la data del primo libroche ha pubblicato di James Hillman, Saggio suPan, era il ’77. «Ma poi sono usci-ti i suoi due saggi fondamentali: Il mito dell’analisi nel ’79 e Revisione della psi-cologia nell’83...»

.Ma quando l’ha conosciuto?«All’inizio degli anni Settanta, ad Ascona, durante i colloqui di Eranos. Lì c’era gente

come Scholem, Corbin, Portmann, Eliade e ricordo come mi è apparso lui: l’unico ame-ricano e però perfettamente addentro a tutto il tessuto della cultura europea, era ancheil più giovane, ma con una grande intensità e una grande autorità naturale».

Interloquiva con il fior fiore degli intellettuali...«Ah sì, certamente. Non era affatto in soggezione».Aveva tutta l’aria di un puer, qualcosa di fanciullesco...«Fanciullesco forse è troppo dire... Ma sì, era un puer, con un suo slancio molto evi-

Il suo editore italiano lo racconta: “Per energia e slancio era un puer”

CALASSO: “UN PENSATOREORIGINALE E SOLITARIO”

L’EDITORE

Roberto Calassoha pubblicatoi grandi testidi Hillmanper AdelphiTra i più importanti“Il codice dell’anima”

“Certamente non eraun uomo da scuoleMa è impossibileliquidarlo comeun brillante bricoleur”

LUCIANA SICA

Il ricordo

SU “D”

Su “D”, domaniin edicola con“Repubblica”,un brano dellibro “Così è lavita” di ConcitaDe Gregorio(Einaudi StileLibero)

Disegno di Tullio Pericoli

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