FUORI CAMPO #26 Aprile-Maggio

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ORATORIO DI REBBIO Il giornalino dei giovani per i giovani!! ANNO 2013 NUMERO 26 Aprile - Maggio Carissimi giovani, Papa Francesco, che tanto ha affascinato con il suo modo di fare estremamente simpa- tico, ci invita spesso, in modo sem- plice e schietto, a riflettere su aspetti molto importanti del nostro cammino. Credo sia importante andare qualche volta a leggere i suoi messaggi, le sue parole, che sono di una radicalità e di una forza estrema. Vi riporto una parte di un messaggio, che ha letto ai giovani, lo scorso Aprile: Oggi in questa Piazza ci sono tanti giovani: da 28 anni la Domenica delle Palme è la Giornata della Gioventù! Ecco la terza parola: giovani! Cari giovani, vi ho visto nella processione, quando entravate; vi immagino a fare festa intorno a Gesù, agitando i rami d’ulivo; vi immagino mentre gridate il suo nome ed esprimete la vostra gioia di essere con Lui! Voi avete una parte importante nella festa della fede! Voi ci portate la gioia della fede e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, an- che a settanta, ottant’anni! Cuore gio- vane! Con Cristo il cuore non invecchia mai! Però tutti noi lo sappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e che ci accompagna è molto speciale: è un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. E voi non avete vergogna della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete cap- ito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pel- legrina attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo! La portate rispondendo all’invito di Gesù «An- date e fate discepoli tutti i popoli» (cfr Mt 28,19), che è il tema della Giornata della Gioventù di quest’anno. La por- tate per dire a tutti che sulla croce Gesù ha abbattuto il muro dell’inimicizia, che separa gli uomini e i popoli, e ha portato la riconciliazione e la pace. Evidenzio qualche concetto, anche se è quasi inutile, vista la semplicità delle pa- role di Papa Francesco! Fare festa attorno a Gesù. Ed è quella festa che porta alla gioia: sappiamo vivere la gioia? Cuore giovane! A volte, osservando noi giovani, ho l’impressione di vedere cuori vecchi, stanchi, adattati ad ogni situazione del mo- mento… cuori che non pulsano per qual- cosa di Grande. Spero di sbagliarmi… Un Re che ama fino alla croceIl nostro cuore sa amare fino alla croce? Non è masochismo, è amore, è donazione, è saper perdere completamente noi stessi per un qualcosa di più vero, di più pro- fondo, di più autentico, che non ci faccia accontentare di stare sulla superficie delle cose, delle situazioni e della vita. Buona riflessione. Don Federico IL SALUTO DI DON FEDERICO A n dat e, e fat e discepoli tutti i popoli G I OVA N I! Recital dei Giovani AD OCCHI APERTI Un grande messaggio, un grande cammino Perché un altro recital? Perché proprio ispirato alla figura di Peppino Impastato? Le solite domande. I recital non sono fini a sé stessi, sono parte del lungo percorso intrapreso da noi ra- gazzi e giovani quattro anni fa. “La felicità non è la meta, ma il viag- gio”: camminando su questa strada tra campi d’oratorio o vicariali, adorazioni, catechismo, Messe, ritrovi e animazioni si snoda anche la nostra, ed ogni anno passa da un diverso recital, un nostro spettacolo. Nostro” perché è di ognuno di noi, da chi lo scrive a chi lo mette in scena, ma anche da chi lo guarda, da chi fa sì che il nostro lavoro sia completo. Cos’è infatti un recital senza pub- blico, senza qualcuno a cui rivolgere il messaggio che vogliamo dare? E con esso lo spettacolo può iniziare. La nostra emozione prima di entrare in scena e mentre siamo sul palco ci aiuta a crescere, anno dopo anno; ogni volta è diversa, ma nemmeno la paura di fare errori ci aiuta a non sbagliare. Nessuno avrà notato tutte le volte in cui abbiamo saltato una battuta o dimen- ticato un passo, eppure siamo sempre preoccupati, come se quattro mesi di pre- parazione non fossero mai abbastanza; miriamo alla perfezione, pur sapendo che non esiste, ed è questo che conta: cam- miniamo insieme nella stessa direzione, condividendo emozioni e migliorandoci. La storia di questo recital è iniziata ques- ta estate, come al solito. Con il campo ad Albaredo dei ragazzi di prima e seconda superiore abbiamo scoperto la figura di don Peppe Diana. No, non è un er- rore: all’inizio lo spettacolo doveva es- sere sulla sua vita. Poi, però, abbiamo visto il film “I cento passi”, narrante la vita di Peppino Impastato, ed è cam- biato tutto: Peppino infatti è un giovane ragazzo siciliano ucciso dalla mafia. Non volendo però essere banali, non abbiamo trascritto la sua vita in forma di testo teatrale, ma abbiamo messo in scena la scoperta delle somiglianze tra l’Italia del Sud degli anni Settanta e la civilissima Lombardia odierna. Il risultato? Sono più simili di quanto si possa credere: la corruzione, i giri della mafia, i dissidi tra onesti e di- sonesti, tra padre e figlio, tra amici, le minacce, i pestaggi, la sottomissione di una moglie, il coraggio di combat- tere e molto altro è tutto ciò che ab- biamo messo in scena, oltre a parlare della società contro le mafie, Libera. Precedentemente a tutto ciò abbiamo lavorato come di consueto: con l’aiuto dei ragazzi universitari e giovani lavora- tori ci siamo divisi in gruppi (canto, bal- lo, recitazione, scenografia). Quest’anno però abbiamo anche scritto una canzone partendo dalle poesie di Peppino Im- pastato, «Quanto lunga è la notte»; un esperimento ben riuscito, si direbbe, poi- ché ha fatto sì che sentissimo il recital ancora più nostro. E forse non è ancora finita: anche se l’abbiamo rappresen- tato l’11 e il 12 maggio, probabilmente ci sarà anche una replica a settembre, per chi non ha ancora potuto vederlo. Oltre a ringraziare chi ci ha seguito e chi è venuto a vederci perché confidano nelle nostre capacità, dobbiamo ricor- dare in particolare anche il giornalista Brugnoli e lo scenografo Annoni, che ci hanno dato consigli su come scrivere il copione e su come metterlo in scena. Non dovremmo mai finire di dire “gra- zie”, mai. Per questo recital ci hanno aiutato (come anche in tutti gli altri) molte altre per- sone, chi ha preparato l’attrezzatura, chi ha prestato costumi di scena, chi ci ha permesso di utilizzare il te- atro, chi ha condiviso il nostro entu- siasmo, chi ci ha dato un consiglio... Personalmente vorrei dire grazie anche a tutti quelli che sono stati parte dello spetta- colo. Ormai siamo un gruppo abbastanza affiatato, e spero che continueremo così! Intanto consiglio a tutti di informarsi sulla storia di Peppe Diana, Peppino Im- pastato e tutti gli altri che hanno avuto il coraggio di gridare al mondo che «la mafia è una montagna di merda!», perché solo conoscendola si può com- battere, anche nel nostro piccolo, an- che solo essendo corretti verso il pros- simo e non vendendo la sua dignità. E, soprattutto, stando Ad occhi aperti! Mariaida Ortelli Ad Occhi Aperti!!

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Fuori Campo #26 Il giornalino dei giovani per i giovani dell'oratorio di rebbio!!

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ORATORIO DI REBBIOIl giornalino dei giovani per i giovani!!

ANNO 2013NUMERO 26

Aprile - Maggio

Carissimi giovani, Papa Francesco, che tanto ha affascinato con il suo modo di fare estremamente simpa-tico, ci invita spesso, in modo sem-plice e schietto, a riflettere su aspetti molto importanti del nostro cammino.Credo sia importante andare qualche volta a leggere i suoi messaggi, le sue parole, che sono di una radicalità e di una forza estrema.Vi riporto una parte di un messaggio, che ha letto ai giovani, lo scorso Aprile:

Oggi in questa Piazza ci sono tanti giovani: da 28 anni la Domenica delle Palme è la Giornata della Gioventù! Ecco la terza parola: giovani! Cari giovani, vi ho visto nella processione, quando entravate; vi immagino a fare festa intorno a Gesù, agitando i rami d’ulivo; vi immagino mentre gridate il suo nome ed esprimete la vostra gioia di essere con Lui! Voi avete una parte importante nella festa della fede! Voi ci portate la gioia della fede e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, an-che a settanta, ottant’anni! Cuore gio-vane! Con Cristo il cuore non invecchia mai! Però tutti noi lo sappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e che ci accompagna è molto speciale: è un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. E voi non avete vergogna della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete cap-ito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pel-

legrina attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo! La portate rispondendo all’invito di Gesù «An-date e fate discepoli tutti i popoli» (cfr Mt 28,19), che è il tema della Giornata della Gioventù di quest’anno. La por-tate per dire a tutti che sulla croce Gesù ha abbattuto il muro dell’inimicizia, che separa gli uomini e i popoli, e ha portato la riconciliazione e la pace.

Evidenzio qualche concetto, anche se è quasi inutile, vista la semplicità delle pa-role di Papa Francesco!

Fare festa attorno a Gesù. Ed è quella festa che porta alla gioia: sappiamo vivere la gioia?

Cuore giovane! A volte, osservando noi giovani, ho l’impressione di vedere cuori vecchi, stanchi, adattati ad ogni situazione del mo-mento… cuori che non pulsano per qual-cosa di Grande. Spero di sbagliarmi…

Un Re che ama fino alla croce…Il nostro cuore sa amare fino alla croce? Non è masochismo, è amore, è donazione, è saper perdere completamente noi stessi per un qualcosa di più vero, di più pro-fondo, di più autentico, che non ci faccia accontentare di stare sulla superficie delle cose, delle situazioni e della vita.

Buona riflessione.

Don Federico

IL SALUTO DI DON FEDERICO

A n date, e fate d i s c epo li tutti i po po li

G I OVA N I!Recital deiGiovani A D O C C H I A P ERT I

Un grande messaggio, un grande cammino Perché un altro recital? Perché proprio ispirato alla figura di Peppino Impastato?Le solite domande. I recital non sono fini a sé stessi, sono parte del lungo percorso intrapreso da noi ra-gazzi e giovani quattro anni fa.“La felicità non è la meta, ma il viag-gio”: camminando su questa strada tra campi d’oratorio o vicariali, adorazioni, catechismo, Messe, ritrovi e animazioni si snoda anche la nostra, ed ogni anno passa da un diverso recital, un nostro spettacolo.“Nostro” perché è di ognuno di noi, da chi lo scrive a chi lo mette in scena, ma anche da chi lo guarda, da chi fa sì che il nostro lavoro sia completo.Cos’è infatti un recital senza pub-blico, senza qualcuno a cui rivolgere il messaggio che vogliamo dare? E con esso lo spettacolo può iniziare.La nostra emozione prima di entrare in scena e mentre siamo sul palco ci aiuta a crescere, anno dopo anno; ogni volta è diversa, ma nemmeno la paura di fare errori ci aiuta a non sbagliare.Nessuno avrà notato tutte le volte in cui abbiamo saltato una battuta o dimen-ticato un passo, eppure siamo sempre preoccupati, come se quattro mesi di pre-parazione non fossero mai abbastanza; miriamo alla perfezione, pur sapendo che non esiste, ed è questo che conta: cam-miniamo insieme nella stessa direzione, condividendo emozioni e migliorandoci.La storia di questo recital è iniziata ques-ta estate, come al solito. Con il campo ad Albaredo dei ragazzi di prima e seconda superiore abbiamo scoperto la figura di don Peppe Diana. No, non è un er-rore: all’inizio lo spettacolo doveva es-sere sulla sua vita. Poi, però, abbiamo visto il film “I cento passi”, narrante la vita di Peppino Impastato, ed è cam-biato tutto: Peppino infatti è un giovane ragazzo siciliano ucciso dalla mafia.Non volendo però essere banali, non abbiamo trascritto la sua vita in forma di testo teatrale, ma abbiamo messo in scena la scoperta delle somiglianze tra l’Italia del Sud degli anni Settanta e la civilissima Lombardia odierna. Il risultato? Sono più simili di quanto si possa credere: la corruzione, i giri

della mafia, i dissidi tra onesti e di-sonesti, tra padre e figlio, tra amici, le minacce, i pestaggi, la sottomissione di una moglie, il coraggio di combat-tere e molto altro è tutto ciò che ab-biamo messo in scena, oltre a parlare della società contro le mafie, Libera.Precedentemente a tutto ciò abbiamo lavorato come di consueto: con l’aiuto dei ragazzi universitari e giovani lavora-tori ci siamo divisi in gruppi (canto, bal-lo, recitazione, scenografia). Quest’anno però abbiamo anche scritto una canzone partendo dalle poesie di Peppino Im-pastato, «Quanto lunga è la notte»; un esperimento ben riuscito, si direbbe, poi-ché ha fatto sì che sentissimo il recital ancora più nostro. E forse non è ancora finita: anche se l’abbiamo rappresen-tato l’11 e il 12 maggio, probabilmente ci sarà anche una replica a settembre, per chi non ha ancora potuto vederlo.Oltre a ringraziare chi ci ha seguito e chi è venuto a vederci perché confidano nelle nostre capacità, dobbiamo ricor-dare in particolare anche il giornalista Brugnoli e lo scenografo Annoni, che ci hanno dato consigli su come scrivere il copione e su come metterlo in scena.Non dovremmo mai finire di dire “gra-zie”, mai. Per questo recital ci hanno aiutato (come anche in tutti gli altri) molte altre per-sone, chi ha preparato l’attrezzatura, chi ha prestato costumi di scena, chi ci ha permesso di utilizzare il te-atro, chi ha condiviso il nostro entu-siasmo, chi ci ha dato un consiglio... Personalmente vorrei dire grazie anche a tutti quelli che sono stati parte dello spetta-colo. Ormai siamo un gruppo abbastanza affiatato, e spero che continueremo così!Intanto consiglio a tutti di informarsi sulla storia di Peppe Diana, Peppino Im-pastato e tutti gli altri che hanno avuto il coraggio di gridare al mondo che «la mafia è una montagna di merda!», perché solo conoscendola si può com-battere, anche nel nostro piccolo, an-che solo essendo corretti verso il pros-simo e non vendendo la sua dignità. E, soprattutto, stando Ad occhi aperti!

Mariaida Ortelli

Ad OcchiAperti!!

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G i ta d e i c h i e r i c h e t t iViaggio sulle orme di San Giovanni Bosco

“Perché il Signore realizzi tutti i sogni che ha su di noi”. Così nella preghiera comunitaria alla fine del nostro viaggio ci ha detto il diacono Pietro, che ci ha accompagnato. E la gita dei chierichetti del vicariato è stata in effetti incentrata su una figura di uomo su cui il Signore ha avuto sogni grandi, sogni che hanno cambiato la vita sua e di molte persone che gli stavano intorno: San Giovanni Bosco. Il percorso nella vita di questo grande santo è cominciato dalla fine della sua vita: dalla visita alla sua tomba in centro a Torino, proprio nella basilica che Don Bosco aveva cominciato a costruire vicino al primo oratorio, che abbiamo an-che avuto occasione di visitare. Sono stati momenti davvero intensi di spiritualità e di fede, che ci hanno anche permesso di riflettere su quello che è oggi per ciascu-no di noi l’oratorio, e su come sia cam-biato nel tempo rispetto a quel primo ger-moglio di Don Bosco, spesso in positivo

ma anche tradendo talvolta purtroppo lo spirito originario. Ci siamo poi spostati verso Colle Don Bosco, dove si trova il luogo di nascita del Santo e dove sono stati edificati una serie di luoghi di culto. Dopo il pranzo ed alcuni giochi organiz-zati siamo stati accolti da un Padre sale-siano che ci ha fatto da guida in questo splendido luogo. Abbiamo in particolare visitato la casetta dove Don Bosco è vis-suto da piccolo, un luogo molto povero e semplice, e abbiamo a lungo parlato della figura della mamma Margherita, che è stata colei che l’ha istruito e l’ha educato ad un rapporto con il Signore di grande confidenza e a considerare Dio prima di tutto come un buon padre. Dopo la foto di gruppo, siamo rientrati a Prestino, e credo proprio che si possa dire che cias-cuno di quelli che c’erano è tornato a casa con qualche cosa di più, che sia cambiato.

Marco Radaelli

TROVERAI AlTRE fOTO dEllA VIA cRucIs E dEl REcITAl nEllA nOsTRA PAGInA fAcEBOOK!

Colle DonBosco

V I a c ru c i sPer le vie del quartiere - GALLERIA FOTOGRAFICA

Venerdì29\03\13

“Non camminare davanti a me,potrei non seguirti

non camminare dietro di me,non saprei dove condurti,

cammina al mio fianco, e saremo sempre amici”

Questo è il motto che ci ha accom-pagnato al Molo 14. Noi di terza me-dia siamo un piccolo gruppo, ma tut-ti amici e ci vogliamo bene, quando siamo insieme, qualunque cosa facciamo, troviamo sempre il modo di divertirci.La giornata in cui abbiamo parteci-pato al Molo 14 è iniziata presto, siamo arrivati nel parco di Villa Olmo alle 8.30, ancora assonnati , ma contenti di passare una giornata tutti insieme.Dopo aver sbrigato “le pratiche di im-barco”, abbiamo ballato insieme ad altri ragaz-zi e dopo dei brevi giochi di abilità ci sia-mo imbarcati insieme agli altri otto-cento ragazzi provenienti da diverse par-rocchie. Durante il tragitto in battello abbi-amo partecipato alla caccia al tesoro: ogni gruppo doveva comporre una mappa scam-biandosi figurine distribuite in maniera ca-suale tra le varie parrocchie. Un vero caos!Arrivati a ridosso dell’attracco di Bellagio il Vescovo ci ha accolti venendoci incon-tro su di una piccola imbarcazione allestita come se fosse una nave Pirata, il Vescovo ci salutava dalla punta della barca acco-gliendoci in modo festoso, tutti noi ragazzi abbiamo risposto inneggiando il Vescovo e cantando tutti insieme. Una vera gioia!Siamo scesi da quello che era il nostro

veliero e il vescovo Diego che ha cel-ebrato la messa e ci ha colpito con le sue frasi durante la predica: ”L’amore è la chiave della vita”, “ le parole di Dio valgono più di una cinquina al lotto”. Veritiere parole che possiamo tranquillamente applicare alla nostra vita.Finito il pranzo, siamo stati divisi in di-versi gruppi e a quel punto sono iniziati i giochi, che ci hanno occupato buona parte del pomeriggio. La giornata volgeva al termine e la stanchezza si sentiva, ma ci rimaneva ancora la forza necessaria per un ultima preghiera tutti insieme. Siamo tornati a casa consapevoli che questa avventura ci ha insegnato molto ed il nostro veliero ci stava aspettando per un’ultima rotta verso casa nostra con una nuova esperienza nel nostro bagaglio.

I ragazzi di 3a media

N o i A l... M O LO 1 4A Bellagio con il Vescovo

3a

Media