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Page 1: FUNZIONI COGNITIVE A TEATRO...Funzioni cognitive a teatro di Lorelle Carini Illustrazione di copertina: Paolo Rovegno, To analyse. Grafica: Lorenzo Bolzoni Prima edizione gennaio 2011

FUNZIONI COGNITIVE A TEATRO

Collana teatro

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Un ringraziamento speciale all’amica KiKi, al secolo Garlinzoni M. G.,

senza la quale non sarebbe stato possibile scrivere il libro.

Ringrazio anche Tino Rossi il regista del mio gruppo teatrale “Quarta

Parete” ed infine Lidia e Paolo Rovegno per la disponibilità e l’amicizia.

Funzioni cognitive a teatrodi Lorelle Carini

Illustrazione di copertina: Paolo Rovegno, To analyse.Grafica: Lorenzo Bolzoni

Prima edizione gennaio 2011 - ISBN: 9788895153261I diritti sono d’esclusiva proprietà dell’autore

[email protected]

© Edizioni L.I.R.Via Romagnosi 31 - 29100 Piacenza - tel. 0523 338474per ordini: [email protected] - www.libreriaromagnosi.it

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Lorelle Carini

FUNZIONI COGNITIVE A TEATRO

Presentazione di Valeria Ottolenghi

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INDICE

Presentazione .................................................................................................................................. 6

Introduzione .................................................................................................................................... 9

1. Input ...............................................................................................................................................19

Percezione sfocata e superficiale .........................................................................................20

Orientamento temporale e spaziale................................................................................... 23

Orientamento temporale .........................................................................................................24

Un momento, sto improvvisando ........................................................................................26

Orientamento spaziale ..............................................................................................................28

Conservazione delle costanti ................................................................................................. 33

Precisione e accuratezza nella raccolta dei dati ...........................................................36

Uso simultaneo di due o più fonti di informazione ................................................... 40

2. Elaborazione ............................................................................................................................43

Capacità di cogliere l’esistenza di un problema. ...........................................................44

Capacità di distinguere i dati rilevanti da quelli non rilevanti ...............................46

Comportamento comparativo spontaneo ......................................................................49

Ampiezza del campo mentale ............................................................................................... 53

Bisogno di comportamento sommativo ........................................................................... 55

Proiezioni di relazioni virtuali ................................................................................................. 57

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Bisogno di prove logiche ..........................................................................................................62

Comportamento di interiorizzazione ................................................................................65

Comportamento di pianificazione ......................................................................................68

Percezione attiva e complessa della realtà .....................................................................69

3. Ouput ............................................................................................................................................71

Modalità di comunicazione egocentrica .......................................................................... 72

Blocco ................................................................................................................................................ 75

Risposte per tentativi ed errori .............................................................................................77

Trasposizione visiva .................................................................................................................... 80

Banca dati delle emozioni........................................................................................................84

Bibliografia essenziale ...............................................................................................................86

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PER lA sCUOlA E NON sOlOdi Valeria Ottolenghi

È sempre un piacere sapere qualcosa in più, ma la sensazione si fa davvero speciale quando ci si rende conto di aver acquisito nuove competenze,

qualcosa che non solo si aggiunge quantitativamente ma diviene strumento per la vita. Una gioia di forza ed energia che fa crescere l’autostima, un sentimento che allontana insieme la paura verso il mondo, sempre tanto difficile, complicato: ma come è possibile tenere acceso questo desiderio di conoscere la realtà intorno, mettersi alla prova, non cedere alla rinuncia, che pure a volte ci attrae?

Diverse le strategie, a volte anche costruite individualmente, conoscendo le proprie debolezze, cercando di motivarsi sul piano psicologico, di accettare fragilità che però vanno anche debellate perché la società intorno chiede, sempre più spesso e senza tregua, una perenne flessibilità, la disponibilità a imparare, ad aggiornarsi sul piano delle conoscenze e insieme del saper fare.

Come uscire dal “fai da te”, trovare supporti che sappiano individuare le diverse debolezze e favoriscano la crescita di competenze che restino al nostro interno, perdurino e si migliorino? Non è facile si sa, e non è un caso se negli ultimi decenni sia il teatro che il metodo Feuerstein siano stati utilizzati ad ogni livello: nelle scuole, nei centri di formazione, nelle aziende, in situazioni per loro natura educativa, ma anche per favorire l’impegno condiviso, un maggiore benessere, un migliore rendimento lavorativo... e rendere possibili più alti profitti!

Le motivazioni possono essere diverse. Ma al centro c’è sempre l’idea preziosa della modificabilità della persona. Che non è semplice adattamento! Sappiamo - la storia l’ha dimostrato e ancora purtroppo se ne ha terribile esperienza in tante parti nel mondo - che l’individuo riesce a sopravvivere anche nelle situazioni più disperate di privazione e di dolore. No, non questo: qui c’è l’idea - e la dimostrazione, con percorsi agibili - che una serie di interazioni rendono possibili, migliorandole, le capacità di apprendimento delle persone, in ogni situazione ed età.

La stessa disponibilità ad “accettare” chi rivela particolari difficoltà finisce per assomigliare a un’odiosa condiscendenza - come per la “tolleranza” verso le diversità in generale - che rischia di confinare chi non rientra in presunte “norme” predefinite in spazi “altri”. Sì, ognuno è quello che è: sappiamo del potere delle mappe genetiche! Ma nello stesso tempo siamo consapevoli dell’influenza dell’ambiente. E Feuerstein ce lo insegna bene nel suo libro diventato ormai un classico: “Non accettarmi come sono”.

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Un’adattabilità positiva, capace di infondere fiducia e coraggio. Del resto lo stesso Feurstein, lavorando in campi di raccolta profughi, in Israele, nei primi anni Cinquanta, si era chiesto come fosse possibile che i ragazzi riuscissero a dare una svolta positiva alla loro vita dopo esperienze così radicalmente traumatiche, divenendo capaci di guardare al futuro in forma attiva.

La nostra mente possiede i requisiti per poter correggere le funzioni cognitive carenti, produrre nuove motivazioni dall’interno, favorire il pensiero riflessivo, e così via. Ma è importante che ci siano mediatori in grado di compiere valutazioni, di offrire gli strumenti per avviare questi complessi itinerari.

Nel suo ultimo libro, “The Mind’s Eye”, il neurologo Oliver Sacks, raccontando di alcune difficoltà di visione nate da patologie legate sia al cervello che agli occhi, mette in evidenza, in una concezione olistica della persona, le diverse forme di reazione dell’individuo, riconoscendo, nella prefazione, il coraggio, l’energia, e le risorse interiori di chi si trova ad affrontare nuove modalità d’esistenza.

La scuola da sempre sa immaginare percorsi creativi per venire incontro alle necessità dei propri studenti, rielaborando metodologie, tenendo conto delle situazioni, creando laboratori. Dalla materna alle superiori, forse anche all’università. Gli insegnanti che non sono disposti ad accettare sconfitte per i propri allievi tenacemente sperimentano nuove vie per motivarli allo studio, aprire le loro menti, infondere coraggio dando loro la prova di precise competenze acquisite, di progressi raggiunti.

Purtroppo le proposte di aggiornamento per insegnanti sono andate diminuendo nella scuola. E il numero di allievi è andato crescendo. E le risorse per percorsi laboratoriali, attività specifiche, ridotte terribilmente.

Ma gli insegnanti più sensibili difficilmente si arrendono: indispensabile per sentirsi meglio nella vita avvertire che si sta lavorando bene, con buoni esiti per il benessere e la crescita dei ragazzi. Perfetto allora questo libro di Lorelle Carini che intreccia metodo Feurestein e teatro. Sorprendentemente: perché agli inizi davvero ci si interroga su tale convivenza metodologica. Ma basta riflettere meglio, leggere anche solo qua e là qualche pagine di questo volume/guida, per rendersi conto di tanti punti di convergenza, preziose alleanze, reali sinergie.

Un grazie speciale dunque a Lorelle Carini che ha così intelligentemente strutturato - rendendola percorribile, praticabile a tutti - la sua esperienza. Avendo la scuola come riferimento primo, ma con la certezza che “Funzioni cognitive a teatro” potrà essere molto utile in un’infinità di altre situazioni, dal mondo dei laboratori teatrali a quello produttivo, aziendale.

Provare per credere!

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A Fausto.

“Insegnando agli altri, insegni a te stesso.”Stanislasvskij

Ai miei studenti.

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Anni fa iniziai la mia esperienza teatrale vissuta sotto tre aspetti: quello di attrice della compagnia teatrale “Quarta Parete”, quello della conduttrice

di laboratori a scuola ed infine quello provato da docente di lingua 2, come strumento didattico per insegnare il francese con le tecniche teatrali.

Nel 2000 cominciai la mia formazione di applicatrice del Metodo Feuerstein e, grazie alla bravura di formatrici del calibro di Paola Vanini e Michela Minuto, sono riuscita a comprendere la potenza e la forza di questo metodo sia dal punto di vista didattico che personale.

Dalla mia esperienza teatrale mi aspettavo solo un po’ di distrazione e, al massimo, di aumentare la motivazione e la capacità di interagire in lingua dei miei alunni.

Uno era un metodo scientifico molto affascinante basato sulla mediazione, le funzioni cognitive, la carta cognitiva ecc., una pedagogia del potenziamento dell’intelligenza; l’altro un approccio più fantasioso, basato su improvvisazioni, memoria, creazioni di personaggi, copione, sottotesto, interpretazioni…

Superato il contrasto fra i due criteri, ho iniziato ad intravedere una convergenza sorprendente durante un corso di formazione a Bucarest, dal titolo: “Insegnare il francese con le tecniche teatrali”. Il Metodo Feuerstein e le tecniche teatrali potevano condividere insieme l’obiettivo di potenziare le strutture cognitive: un approccio completava l’altro e ad un impiego più attento si integravano in modo singolare.

Che Cosa è iL metodo Feuerstein

Questo metodo fornisce una serie di strumenti che aiuta ognuno di noi ad utilizzare le proprie risorse per ristrutturare, in modo profondo, le

modalità di apprendimento potenziando la propria intelligenza. L’intelligenza è, quindi, qualcosa che si può insegnare grazie alla mediazione di un genitore, di un insegnante o di un operatore teatrale.

La proposta del prof. Feuerstein si basa su due teorie: teoria deLLa modiFiCabiLità Cognitiva strutturaLe.teoria deLL’esperienza di apprendimento mediato.

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modiFiCabiLità Cognitiva strutturaLe

Il metodo Feuerstein si basa sull’idea che l’essere umano è modificabile proprio perché la sua struttura cerebrale è plastica.

“Il concetto di modificabilità, nel contesto della teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale, significa che i cambiamenti che sono necessari non sono conseguenze frammentarie o episodiche dell’esposizione a certe esperienze, ma piuttosto delle modifiche che riguardano le strutture di base del comportamento. La recente conferma scientifica del concetto di neuropsicologia “strutturale” del cervello umano ci dice che gran parte della struttura del cervello può essere modificata da certi tipi di attività”.1

Tale possibilità, che si manifesta a condizione che si realizzino certe esperienze, è una caratteristica tipicamente umana e dipende dalla plasticità di cui sono dotate le cellule neuronali; plasticità ormai documentata in modo scientifico, variabile da individuo ad individuo e in rapporto alle situazioni più molteplici, ma pur sempre presente.

In altre parole, i neuroni del nostro cervello, in determinate condizioni, possono potenziare la loro rete di connessioni, con un conseguente incremento della quantità e della qualità degli apprendimenti realizzabili.

L’entità del progresso cognitivo a cui ogni persona può accedere, non è delimitabile a priori, tale progresso dipende in larga misura, nella prospettiva di Feuerstein, dalla forza della Mediazione Educativa.

apprendimento mediato

La mediazione è intesa come la possibilità che un adulto ha di stimolare, aiutare o frenare il discente e lo guida a migliorarsi utilizzando il confronto

fra oggetti o avvenimenti, cercando collegamenti, insegnandogli ad avere fiducia, a valutare obiettivamente i successi ottenuti e a fare tesoro dei propri errori. “La mediazione potenzia semplicemente la strutturazione cognitiva del soggetto perché questi possa utilizzare nel modo migliore anche l’esperienza diretta”.2

La comunicazione mediata permette di stabilire relazioni positive, più ricche e profonde. Feuerstein e la sua équipe hanno messo a fuoco 12 Criteri di Mediazione, ossia 12 tipologie di comportamenti che l’educatore impara a scegliere per insegnare in modo efficace vale a dire per esempio facendo dell’errore un’opportunità incredibile, dando fiducia e cercando di capirne i

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motivi, eliminando i blocchi.

Ecco la lista dei 12 criteri:

1. Intenzionalità e reciprocità2. Mediazione della trascendenza3. Mediazione del significato4. Mediazione del senso di competenza5. Mediazione della regolazione e del controllo del comportamento6. Mediazione del comportamento di condivisione7. Mediazione dell’individualizzazione e della differenziazione psicologica8. Mediazione della ricerca, scelta conseguimento e comportamento di

monitoraggio di un obiettivo9. Mediazione della difficoltà: la ricerca della novità e della complessità10. Mediazione della consapevolezza della modificabilità dell’essere umano11. Mediazione della ricerca di un’alternativa ottimistica12. Mediazione del sentimento di appartenenza13. Mediazione della consapevolezza

I primi tre criteri sono presenti in ogni cultura ed in ogni tempo, imprescindibili per fare mediazione.

L’intenzionalità del mediatore lo porta a cercare, in modo consapevole, modalità e strategie varie per attivare nel discente la motivazione e la reciprocità.

Facendo mediazione di trascendenza, il conduttore fa in modo di andare oltre l’esperienza immediata, del qui ed ora. Dà un valore forte all’interazione collegando argomenti che non lo sono di primo acchito.

La mediazione del significato coinvolge l’aspetto motivazionale della relazione: cercare un significato riguardo a quello che si sta apprendendo, creare un bisogno di conoscenza incentrato sul soggetto.

Lavorando con lo studente, il mediatore rafforza e crea comportamenti che diverranno il patrimonio metodologico e strumentale attraverso

cui il ragazzo, in seguito, affronterà autonomamente la realtà. Di fronte ad un problema, l’allievo ha gli strumenti cognitivi per affrontarlo. Feuerstein, spesso, porta l’esempio del ragazzo servito e coccolato. Il genitore gli prepara e cucina il suo piatto preferito, il pesce. In questo caso il ragazzo è semplicemente un recettore passivo e troverà difficoltà a cavarsela quando sarà solo. Ma se noi insegnanti/genitori gli insegniamo come pescarlo e come cucinarlo avrà gli strumenti necessari per sopravvivere ed essere autonomo.

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La metodologia della mediazione ha dunque come fine la modificazione cognitiva e si avvale, per il lavoro con i discenti, di una strumentazione concreta e strutturata che Feuerstein indica con il termine: “Sistemi Applicativi”, proprio perché non si tratta di un semplice strumento, ma di un insieme articolato e organico di strumenti.

sistemi appLiCativi

I sistemi applicativi “storici” a cui si deve la notorietà del metodo sono: 1. L.P.A.D. (Learning Propensity Assessment Device) o batteria per la

valutazione dinamica del Potenziale di Apprendimento (Metodo per la Valutazione Dinamica del Potenziale di Apprendimento), con finalità prevalentemente diagnostica.

2. P.A.S. (Programma di Arricchimento Strumentale) con funzione essenzialmente didattica.

3. La costruzione di Ambienti Modificanti.

iL p.a.s. e Le Funzioni Cognitive

Il Programma di Arricchimento Strumentale, messo a punto negli anni Cinquanta, è organizzato in 14 strumenti, ciascuno dei quali si rivolge a particolari funzioni

cognitive. Si presentano come schede ( sono circa 500) su cui lavorare con carta e matita. Ogni strumento ha circa una ventina di schede. L’ordine dei compiti è sequenziale e la loro risoluzione permette al soggetto di consolidare “abilità” di base, ossia di sviluppare specifiche aree cognitive, come la percezione analitica, la capacità di anticipare mentalmente le azioni, l’orientamento nello spazio e nel tempo, il comportamento comparativo, la classificazione, ecc.

Gli strumenti sono, quindi, strutturati in modo da ottenere dei risultati per correggere le funzioni cognitive carenti e sono:

1. Organizzazione di Punti2. Orientamento Spaziale I3. Orientamento Spaziale II4. Confronti5. Percezione Analitica6. Classificazioni7. Relazioni Familiari8. Relazioni Temporali9. Progressioni Numeriche

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10. Istruzioni11. Sillogismi12. Relazioni Transitive13. Sagome14. Illustrazioni

Il materiale è preso in considerazione non come fine ma come mezzo, quindi si è orientati più al processo che al prodotto. L’arricchimento strumentale ha come obiettivo principale l’acquisizione dei prerequisiti del pensiero.

Ecco come entrano in scena l’atto mentale e le relative funzioni cognitive.

atto mentaLe

L’atto mentale è quel particolare processo che entra in gioco quando siamo di fronte ad un problema più o meno complesso.

Per esempio per confezionare un vestito occorre comprare la stoffa in base alla misura, disegnare un modello di carta, tagliare la stoffa in modo adeguato, pensare alla fodera.. insomma, per chi come me non è sarta, è praticamente impossibile riuscire a cucire un vestito portabile. Tuttavia se decidessi di seguire un corso di sartoria è molto probabile che il vestito, al secondo o terzo tentativo, possa essere indossabile. Le operazioni mentali coinvolte sono molteplici: identificazione, analisi, confronto, ragionamento logico, pensiero ipotetico, trasposizione visiva ecc.

Se invece qualcuno mi dà un bottone e mi chiede di andare a comprarne uno uguale nella merceria che è proprio qui sotto casa, diminuirà di parecchio la complessità dell’operazione.

L’atto mentale viene diviso da Feuerstein in 3 fasi: input, elaborazione e output. L’input è il momento dell’inserimento e della raccolta dati, l’output è il prodotto finale. La parte centrale, l’elaborazione, è un processo che stabilisce relazioni: cercare collegamenti, trovare più soluzioni, pianificare, confrontare, memorizzare…

Occorre precisare che i processi cognitivi avvengono in modo estremamente rapido: infatti il dialogo fra le varie fasi è dinamico e continuo, una funzione

è strettamente legata ad un’altra e a volte si intersecano.Per ogni fase Feuerstein e la sua équipe individuano le funzioni cognitive carenti

per facilitare il nostro lavoro di insegnanti. La funzione colta dovrà essere trattata opportunamente proprio perché chiara e osservabile direttamente.

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Che Cosa è una Funzione Cognitiva?

Feuerstein dice che le funzioni cognitive sono “le condizioni mentali essenziali all’esistenza delle operazioni mentali e di ogni altra funzione del

comportamento. (...) Nell’affrontare la questione dell’apprendimento, è necessario distinguere i processi di pensiero dall’operazione. (...) Le funzioni cognitive possono essere comprese e descritte operativamente come naturalmente suddivise nelle fasi dell’atto mentale.”3 Sono quindi il presupposto affinché avvengano i processi di pensiero, vale a dire l’inizio della creazione. Più questo processo sarà reso consapevole e più si riuscirà a manipolarlo, analizzarlo, descriverlo e controllarlo.

Facciamo un esempio pratico: durante un laboratorio teatrale gli studenti volevano creare uno spettacolo frutto della loro fantasia per rendere omaggio a tre loro compagni scomparsi.

Non era facile costruire uno spettacolo sulla morte. Abbiamo iniziato con esercizi teatrali e piano piano l’azione scenica prendeva corpo grazie all’invenzione di vari personaggi. Abbiamo iniziato il lavoro inventando il nome del ragazzo defunto, Matteo per esempio, creandogli un’identità precisa e una storia, anche se di pura fantasia. Poi i ragazzi del laboratorio hanno creato dei monologhi, legati alla vita di Matteo.

Cosa c’entra questo esercizio teatrale con le funzioni cognitive? Avevamo da risolvere molte cose:

1. Raccogliere i suggerimenti dei monologhi dei vari personaggi inventati per evitare paradossi o contraddizioni.

2. Organizzarli per lo spettacolo.3. Dare più possibilità d’interpretazione della morte di Matteo (un omicidio?

E da parte di chi? Il pubblico si faceva la propria idea, l’obiettivo era quello di comunicare il sentimento del dolore per la perdita di un caro, lasciando all’immaginazione di ognuno la causa della morte di Matteo).

4. Trovare i costumi, le musiche, creare dei i movimenti fra un monologo e l’altro.

5. Produrre un azione scenica che il pubblico potesse capire, senza cadere nel patetismo.

Quali erano le funzioni cognitive coinvolte? Tante… direi tutte poiché il compito era complesso. Per esempio, erano coinvolte le seguenti funzioni.

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La percezione non superficiale del problema e la precisione nella raccolta dati: ogni ragazzo doveva tener conto di tutti i dati iniziali su Matteo e la sua vita per costruire il proprio personaggio.

L’orientamento temporale: ogni monologo si collocava in modo preciso in un tempo lineare: dalla morte di Matteo in poi.

Il comportamento di interiorizzazione e la comunicazione non egocentrica: ogni componente del gruppo interiorizzava il suo personaggio (amico, padre, fratello, professore…) Il comportamento di pianificazione: lo spettacolo è stato creato con musiche, gesti e movimenti seguendo una sequenza precisa. Ecco la lista completa delle funzioni cognitive individuate da Feuerstein e dalla sua équipe. Le prendo dal libro di Reuven Feuerstein, Raphael S. Feuerstein, Louis Falik e Yaacov Rand, Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, ed. Erickson – Trento - 2006.

Input

1. Percezione sfuocata e superficiale2. Orientamento temporale e spaziale3. Conservazioni delle costanti4. Precisione e accuratezza nella raccolta dati5. Uso simultaneo di due o più fonti d’informazione

Elaborazione

1. Capacità di cogliere l’esistenza di un problema2. Capacità di distinguere i dati rilevanti da quelli non rilevanti3. Comportamento comparativo spontaneo4. Ampiezza del campo mentale5. Bisogno di comportamento sommativo6. Proiezioni di relazioni virtuali7. Bisogno di prove logiche8. Comportamento di interiorizzazione

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9. Comportamento di pianificazione10. Percezione attiva e complessa della realtà

Output

1. Modalità di comunicazione egocentrica 2. Blocco 3. Risposte per tentativi ed errori4. Trasposizione visiva

per noi insegnanti è fondamentale capire la natura del processo di apprendimento, per saper distinguere gli errori dovuti a mancanza di

conoscenza da quelli dovuti a carenze nelle funzioni cognitive. Il gruppo di lavoro del prof. Feuerstein ha individuato e descritto le funzioni

grazie ad un lavoro complesso con diversi ragazzi in difficoltà (che dura tuttora a Gerusalemme presso il centro di studi I.C.E.L.P. (The International Center for the Enhancement of Learning Potential).

Per attuare interventi significativi e validi è opportuno saper ben valutare le carenze. Per esempio: mancare di precisione ed esattezza nella fase della raccolta dati sarà diverso dalla stessa mancanza in fase di output. Nel primo caso è probabile che l’alunno sbagli tutto l’esercizio poiché non ha raccolto tutte le informazioni necessarie, nel secondo caso potrà essere una mancanza di precisione nello scrivere la risoluzione del problema. Il nostro intervento sarà ben diverso in un caso o nell’altro (vedi Vanini P., Potenziare la mente? Una scommessa possibile, pag. 102).

e gLi eserCizi teatraLi?

Vediamo più da vicino come i due metodi si potenziano a vicenda attraverso le parole della formatrice Michela Minuto.

“La persona è concepita, da Feuerstein, come un sistema globale con una visione olistica, in cui favorire lo sviluppo cognitivo significa migliorare:

- il contatto con se stessi e le proprie risorse, - aumentare l’autostima, - la competenza emotiva, - la capacità di relazione”3

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Questa frase avrebbe potuto essere scritta da un operatore teatrale, è evidente, quindi, come i due metodi si completino in modo eccellente. La tabella, qui sotto, riprende i concetti espressi nella frase della formatrice Michela Minuto e li mette a confronto con gli obiettivi generali che un conduttore di un gruppo teatrale qualsiasi si prefigge:

METODOFEUERsTEIN

EsERCIZITEATRAlI

sviluppo cognitivosviluppano fantasia e creatività utili

per cercare soluzioni

Conoscenza di sépotenziano la conoscenza di sé con la valutazione delle proprie potenzialità

e dei propri limiti

aumenta l’autostimasviluppano consapevolezza sulle

proprie potenzialità

Competenza emotivasviluppano l’autocontrollo facendo superare

momenti di imbarazzo e di blocco

Capacità di relazioneinstaurano rapporti basati sulla fiducia,

la collaborazione e il dialogo aperto

Pensiamo per un momento di divertirci ad ampliare le schede del P.A.S. (Programma di Arricchimento Strumentale) con un’attività completamente

diversa: gli esercizi di laboratorio teatrale, all’inizio un divertissement che può diventare un utile supporto creativo.

In questo libro ho analizzato ogni funzione cognitiva da un punto di vista teatrale, dandone prima di tutto la definizione tratta dal libro già citato

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del professor Feuerstein, poi illustrandola con un brano teatrale classico, per concludere suggerendo esercizi teatrali che rafforzano o potenziano la funzione.

I processi di passaggio da una funzione all’altra sono rapidi, veloci e a volte si sovrappongono: per questo motivo molti brani e/o esercizi proposti potrebbero essere interscambiabili.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 662. Vanini P., Potenziare la mente? Una scommessa possibile, ed. Vannini, pag. 363. Feuerstein et al., Il programma di arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 178-1794. M. Minuto . R. Ravizza, Migliorare i processi di apprendimento, 2008, pag. 27.

Escher, Vincolo di unione, 1956.

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Input1. INPUT“Vorrei che dopo un mio spettacolo tutti

si sentissero un po’ meno soli, un po’ più allegri, un po’ più forti, vorrei abbracciarli tutti.

La risata è un abbraccio, un bisogno che ci sarà sempre.”

Antonio Albanese

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Percezione sfocata e superficiale

Definita da Feuerstein come “la mancanza di controllo dell’attenzione necessaria per raccogliere la quantità ed il tipo di dati occorrenti per il compito”. 1 Capita molto

spesso il caso di studenti che “scorrono i dati senza prestare attenzione alla loro qualità percettiva o al loro significato. Nel raccogliere le informazioni essenziali, l’attenzione è quindi passiva, perciò nella fase di input la percezione è sfuocata e superficiale.”2 Questa funzione cognitiva può essere sfocata per omissione di informazioni essenziali e per distorsione dei dati rilevanti.

Funzione cognitiva legata ai cinque sensi: l’uomo cerca quello che più si addice ai suoi bisogni e i suoi sensi possono essere affinati per percepirle meglio ed in modo più preciso. Si pensi ai diversi modi di percepire, quindi di definire, i vari componenti del vino da parte di un sommelier: il senso del gusto è così sviluppato che riesce a rilevare un minimo sapore di catrame o pipì di gatto!

Esistono molti test sugli inganni percettivi visuali: uno è quello delle frecce di Muller- Lyer che devono la loro celebrità al fatto che i segmenti tra le punte sono uguali in

entrambe le frecce, per quanto quello di sinistra sembri più lungo.

Un personaggio che subito mi viene in mente pensando a questa funzione cognitiva, è Otello, il Moro di Venezia messo in scena dalla fantasia di Shakespeare. Chi più di

lui ha una percezione insufficiente della realtà? Fidandosi delle parole dell’amico Iago, in realtà malvagio e infedele, arriverà a uccidere la dolce Desdemona, sua moglie.

Iago insinua in Otello il tarlo della gelosia e lo spinge a vedere e osservare il comportamento della moglie (e più avanti nella pièce a vedere il fazzoletto di Desdemona, suo regalo, nelle mani di Cassio, presunto amante della moglie, secondo Iago).

IAGO (…): Ora mi verrà fatto di mostrarvi a cuore scoperto tutto l’affetto e la devozione che ho per voi. E poiché mi fate obbligo di parlare, ascoltate. Premetto che non si tratta ancora di prove. Guardate vostra moglie. Osservatela bene, e con lei Michele Cassio. Tenete l’occhio aperto; ma così né geloso né tranquillo. Non vorrei vedere l’indole vostra, così nobile e leale, tradita proprio per la sua lealtà. Aprite gli occhi. Le donne del mio paese io le conosco bene;

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a Venezia usano mostrare al cielo certi trucchi che al marito non osano svelare: l’aspirazione suprema della loro coscienza non è nel non fare una cosa; ma nel fare che non si sappia”.

Shakespeare - Otello - Atto III - scena 3

Ecco è l’inizio della fine. Otello innamoratissimo di Desdemona, da questo momento inizierà a dubitare della fedeltà della sua sposa e ad essere geloso.

OTELLO: Come la ucciderò Iago?IAGO: Avete visto? Gongolava tutto a raccontare le sue prodezze. (riferito a Cassio)OTELLO: Oh, Iago!IAGO: E l’avete visto il fazzoletto?OTELLO: Era il mio?IAGO: Mani sul petto: il vostro. E veder il gran conto che fa di quella pazzerella di vostra moglie! Lei lo ha donato a lui: e lui l’ha dato a una puttana. (riferito a Bianca)

Shakespeare – Otello - Atto IV - scena 1

- esercizi di laboratorio teatrale -

mimo teLeFoniCo

Un componente A del gruppo, con l’aiuto del conduttore, esegue con gesti precisi e semplici una breve azione scenica, senza parole. A mostra i gesti a B. Intanto gli altri sono fuori scena e non vedono. B, di fronte ad A, lo osserva attentamente. (La sequenza gestuale potrebbe essere: mi alzo, mi lavo, mi vesto, apro la finestra e guardo fuori. Oppure: apro il frigorifero, prendo una bottiglia, la apro, la poso sul tavolo, prendo un bicchiere verso l’acqua e bevo).

B ripeterà esattamente la sequenza gestuale di A, o quello che ricorda, a C, senza nessun commento verbale. C la ripeterà a D, e così via. L’ultimo dell’esercizio rifarà la sequenza davanti a tutti.

A ripeterà quello che ha fatto all’inizio. Ci sarà quindi un confronto fra l’ultima sequenza di movimenti fatta e la prima.

L’attenzione rivolta ai gesti è fondamentale per raccogliere tutti i dati che daranno luogo alla scenetta (percezione analitica). Di solito lo scarto fra le esecuzioni è molto vario, sempre diverso comunque, in quanto ognuno interpreta a suo modo i movimenti (percezione globale). La ripetizione senza interpretazione è alquanto

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difficile poiché occorre un grado di concentrazione elevato, che si può acquisire con l’esperienza. Se l’esercizio viene ripetuto negli incontri successivi, cambiando ovviamente la sequenza dei movimenti, la precisione e l’esattezza nella raccolta dei dati aumentano.

Alla fine dell’esercizio abbiamo visto che si procede al confronto fra la prima sequenza di movimenti e l’ultima. Il conduttore chiede che cosa è cambiato, viene fatta l’analisi della sequenza gestuale e ognuno commenta dicendo dove “ha sbagliato”. Alcuni movimenti saranno stati interpretati, altri saranno stati solo accennati, altri inventati di sana pianta.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 185

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Orientamento temporale e spaziale

Feuerstein afferma che questa carenza cognitiva può essere definita in due modi: 1. mancanza di capacità ad organizzare una realtà attesa entro il sistema di relazioni temporali e spaziali strutturate2. difficoltà a manipolare oggetti ed eventi usando l’orientamento temporale e spaziale come sistemi di riferimento.

“I concetti temporali e spaziali fanno parte di un ampio spettro di conoscenze fondamentali e sono premesse indispensabili affinché il pensiero possa essere efficace.” 1

Quattro sono le caratteristiche legate all’organizzazione della realtà.1. Relazioni complesse fra i dati. Le relazioni, afferma Feuerstein, possono essere comprese e manipolate: ad esempio, le relazioni di causa-effetto dipendono da relazioni temporali per cui l’effetto viene dopo la causa.

2. Distanziamento dai dati forniti dalla percezione immediata. Grazie alle relazioni temporali e spaziali possiamo muoverci nel passato e nel futuro e spostarci oltre lo spazio fisico in cui ci troviamo al momento.

3. Percezione dei processi di cambiamento. Come esseri umani viviamo in una realtà in continuo cambiamento. “I nostri figli ci sembrano restare sempre gli stessi e poi improvvisamente ci appaiono completamente cambiati”2 : poi c’è la percezione del cosiddetto tempo psicologico. Infatti, un’ora trascorsa a chattare con gli amici è meno lunga di un’ora trascorsa a fare esercizi di matematica.

4. Memoria. I problemi di memoria non sono spesso dovuti a difficoltà di recupero delle informazioni, come si può ritenere, ma al modo di codificare i dati nella fase di input: se questi si codificano in modo casuale sarà più difficile ricordarli. Domande del tipo: “quando e dove è successo”3 aiutano a recuperare le informazioni. Questa fase di input è molto importante poiché si inseriscono i dati nel sistema cognitivo.Quando un attore deve studiare a memoria una parte, lo farà seguendo una codifica sua particolare, una strategia personale ma efficace e comunque non casuale.

Lo spazio scenico ed il tempo teatrale sono plasmabili grazie ai gesti, agli sguardi, alla voce dell’attore. Ogni movimento osservato attentamente nella velocità o nella

lentezza di esecuzione ha effetto su chi li esegue prima di tutto, ma anche sul pubblico. L’espressività, la comunicazione più o meno efficace si basa proprio sul tempo-ritmo.

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note:1. Feuerstein et al, Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 1862. Feuerstein et al, Il programma di arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 1873. Feuerstein et al, Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag 186-187

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Orientamento temporale

La funzione legata all’orientamento temporale, il senso del trascorrere del tempo della propria vita, come passato, presente, futuro, sono completamente messi in

discussione nei testi del teatro dell’assurdo. Uno dei capolavori di questo teatro è senza dubbio Aspettando Godot dell’irlandese Samuel Beckett. In questa opera il tempo lineare non esiste più: in scena c’è un albero che nel primo atto è spoglio e nel secondo è con le foglie. Lo spettatore si chiede: quanto tempo è passato dal primo al secondo atto? Beckett ce lo dice nella didascalia: “il giorno dopo. Stessa ora. Stesso posto. (…) l’albero è coperto di foglie (...)”1 Come può un albero non avere foglie il giorno prima ed “essere coperto di foglie” il giorno seguente? C’è da aggiungere che il pubblico non legge la didascalia quindi non sa, all’inizio del secondo atto, effettivamente quanto tempo è trascorso.

I personaggi Pozzo e Lucky diventano, nel secondo atto, uno cieco e l’altro muto, quanto tempo sia passato da questo cambiamento non ci è dato sapere.

In fondo poco importa a Beckett: quello che ci vuole comunicare è questo sentimento di attesa, poiché tutti noi aspettiamo qualcosa, qualcuno. Il tempo non ha quindi più nessuna dimensione di passato, futuro, ma è un tempo infinito, in sospeso.

POzzO: Un bel giorno mi sono svegliato cieco come il destino (pausa). A volte mi chiedo se per caso non sto ancora dormendo.VLAdIMIRO: Quando?POzzO: Non lo so.VLAdIMIRO: Ma se soltanto ieri …POzzO: Non fatemi domande. I ciechi non hanno la nozione del tempo. (Pausa). E non vedono nemmeno le cose del tempo. (…) VLAdIMIRO: Prima di partire, gli dica di cantare.POzzO: A chi?VLAdIMIRO: A Lucky.POzzO: di cantare?VLAdIMIRO: Sì. O di pensare. O di recitare.POzzO: Ma se è muto.VLAdIMIRO: Muto!POzzO: Precisamente. Non può neanche gemere. VLAdIMIRO: Muto! E da quando?POzzO (con ira improvvisa): Ma la volete finire con le vostre questioni di tempo? È grottesco! Quando! Quando! Un giorno, non vi basta, un giorno come tutti gli altri, è diventato muto, un giorno io sono diventato cieco, un giorno diventeremo sordi, un giorno siamo nati, un giorno moriremo, lo stesso giorno lo stesso istante, non vi basta?

Beckett - Aspettando Godot - Atto II.

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- esercizi di laboratorio teatrale -

improvvisazioni

Tutte le improvvisazioni teatrali prevedono un inizio, uno sviluppo e un finale e si basano sul concetto classico di “tempo”, gli attori devono inquadrare la scenetta seguendo l’evoluzione temporale.

Esempio di improvvisazione: a coppia uno fa un venditore, l’altro l’acquirente. Consegna: l’acquirente deve assolutamente comprare qualcosa, è un’impellenza,

ma il venditore dal canto suo, per vari motivi, non vuole vendere nulla. Lo sketch non si prepara , la coppia si mette d’accordo solo su chi interpreta il

compratore e chi il venditore. Ci sarà il momento iniziale, il punto di crisi e il finale.

Come già accennato sopra, le attività teatrali sono legate anche al tempo-ritmo: molti esercizi vengono eseguiti con un ritmo preciso utilizzando il metronomo. Il tempo-ritmo è uno degli elementi fondamentali per la formazione dell’attore e Stanislavskij dedica un capitolo intero a questo argomento nella sua opera Il lavoro dell’attore su se stesso, scrive: “Il tempo = velocità o lentezza. Il tempo allunga o abbrevia l’azione, accelera o rallenta il discorso. L’esecuzione dell’azione, o la pronuncia del discorso esigono un tempo preciso”2, “azioni e discorso si svolgono nel tempo. Nel processo dell’azione bisogna coprire il passare del tempo alternando momenti di movimento con interruzioni. Nel processo del discorso bisogna coprire il tempo alterando momenti parlati di diversa lunghezza e pause.” 3

Le azioni e le battute degli attori si svolgono nel tempo, ogni movimento e ogni discorso possono essere eseguiti con diverse velocità in relazione con la pièce stessa e gli altri attori in scena.

tempo ritmo

1^ faseOgni componente del gruppo si esercita a creare una sequenza di gesti in base a

una situazione che ha in mente ma che non rivela, si mette in uno spazio suo e si esercita. I movimenti saranno memorizzati.

2^ fase Il gruppo diventa pubblico e si crea la scena. Il conduttore chiama un membro che

dovrà eseguire la sua sequenza, il pubblico indovinerà la situazione. Poi la sequenza dei gesti sarà scomposta e fatta prima al rallentatore e dopo in velocità.

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UN MOMENTO... sTO IMPROVVIsANDO

Scegliti sempre un nome

Sii al servizio degli altri

Improvvisazione è intuizione in azione

Non temere la follia

Sii costante

Parla lentamente

Esponi idee facilmente comprensibili

Anche se sbagli, vai avanti

Non dire mai di no

Agisci

Evita le ripetizioni

Lo sbaglio è un’opportunità, non sprecarla

Pensa che ogni tua battuta sarà significativa, come un mattone

Ci sarà sempre un conflitto da risolvere

La mancanza di idee è autocensura

Guarda intorno a te e raccogli i dati

Chiediti sempre perché

Pianifica le tue azioni

Ogni tua idea è unica, magica e irripetibile

Pensare modifica la tua mente

Il linguaggio costruisce pensiero

Confrontati con te stesso

Condividi, controlla

Sii coerente

Adattati

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note:1. Beckett, Aspettando Godot, 2002 pag. 572. Stanislavskij, Il lavoro dell’attore su se stesso, 2008 - pag. 4153. Stanislavskij, Il lavoro dell’attore su se stesso, 2008 - pag. 416

“Ci sono due forme di improvvisazione, quelle che partono da una

totale libertà dell’attore, e quelle che tengono conto di elementi

dati e talvolta costrittivi. In questo caso e a ogni rappresentazione,

l’attore dovrà “improvvisare” attraverso un rinnovamento sensibile,

riascoltare gli echi interni di ciascun dettaglio, in se stesso e negli

altri. Facendo così capirà che nessuna rappresentazione può mai

essere nei minimi dettagli esattamente uguale ad un’altra, ed è

questa consapevolezza che gli consente un rinnovamento costante.”

Peter Brook, La porta aperta

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Orientamento spaziale

Lo spazio, diversamente dal tempo, “non si modifica, ma il

sistema delle relazioni spaziali dipende ampiamente dalla posizione della persona e dalla struttura di riferimento individuale o geografica: indietro e avanti sono concetti che dipendono da come la persona è rivolta, e lo stesso vale per destra o sinistra.” 1 Secondo Feuerstein, questa funzione cognitiva è strettamente collegata al decentramento: solo se si riesce a mettersi nei panni di una persona seduta di fronte si può capire che tutto quello che è alla sua destra sarà alla mia sinistra. La relatività del punto di vista, della percezione, è il nodo centrale di questa funzione cognitiva

Per l’attore, l’orientamento spaziale rappresenta un elemento fondante nel suo rapporto con lo spazio scenico e la realtà ricostruita in quei pochi metri. L’attore si muove nello spazio, lo organizza e lo trasforma. È un elemento che si plasma a seconda dell’azione, delle battute. Sulla scena si può vedere quello che non c’è e quello che c’è può evocare qualcos’altro. La scena è metafora della creazione ed ogni rappresentazione è una composizione, una partitura nuova.

Nella commedia Piccoli crimini coniugali di Eric Emmanuel

Schmitt (autore francese, forse più noto per aver scritto il romanzo Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano) i due protagonisti Gilles e Lisa, marito Escher, Su e giù, 1947.

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e moglie, si affrontano attraverso dialoghi serrati e diversi colpi di scena spiazzanti per il lettore/spettatore. Lisa tenta di uccidere il marito Gilles che non si ricorda di nulla a causa del colpo preso in testa. Fatti imprevedibili della commedia non possono essere qui svelati: se ne raccomanda quindi la lettura, o, se possibile, la visione, poiché la tensione è palpabile grazie ad un ritmo incalzante.

Per quanto riguarda la nostra funzione cognitiva, legata al decentramento, interessanti sono le battute, verso la fine della pièce, fra i due protagonisti. Eccole:

GILLES: È contro natura amare per sempre, amare a lungo.LISA: Non è vero.GILLES: Per fare in modo che duri bisogna accettare l’incertezza, bisogna avanzare in acque pericolose, avventurarsi là dove si procede solo con la fiducia, riposarsi galleggiando su onde contraddittorie, certe volte di dubbio, certe volte di fatica, certe volte di serenità, ma mantenendo sempre la rotta.LISA: Tu non ti scoraggi mai?GILLES: Altroché.LISA: E allora?GILLES: Ti guardo e mi chiedo se malgrado i miei dubbi, i miei sospetti, le mie inquietudini e la mia stanchezza ho davvero voglia di perderti. E la risposta mi viene sempre, sempre la stessa. E insieme a lei mi viene il coraggio. Amare è irrazionale, è una fantasia che non appartiene alla nostra epoca, non si giustifica, non è pratico, la sua unica giustificazione è che c’è.LISA: Se mai arrivassi ad avere fiducia in te, smetterei di avere fiducia in me stessa. Mi riesce difficile avere fiducia.GILLES: “Avere” fiducia! Non si può “avere” fiducia. La fiducia non si possiede. Si dà. Si “dà” fiducia.LISA: È proprio quello che non mi riesce.GILLES: Perché ti poni come spettatrice, come giudice. Ti aspetti qualcosa dall’amore.LISA: Sì.GILLES: Invece è lui che aspetta qualcosa da te. Tu vorresti che l’amore ti dimostrasse che esiste. È una strada sbagliata. Tocca a te dimostrare che esiste.LISA: Come?GILLES: dando fiducia. (Lisa capisce, non può ammettere né accettare ciò che dice Gilles. È oppressa da un senso d’insicurezza. Non sa che fare di sé stessa, del suo corpo).

Eric-Emmanuel Schmitt - Piccoli crimini coniugali

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Interessanti le battute di Gilles che suggeriscono alla moglie di cambiare atteggiamento di fronte all’amore e alla fiducia. A questo proposito, Feuerstein analizza i principali ostacoli che impediscono lo sviluppo della capacità di decentramento, e afferma che la facoltà di prendere in considerazione altri modi di vedere le cose è fondamentale per superare l’egocentrismo della percezione.

Un altro esempio di orientamento spaziale, molto più concreto questa volta, ci viene da Finale di partita di Beckett. Hamm, cieco sulla sua poltrona, dà degli ordini

a Clov poiché dopo un giretto immaginario vorrebbe ritornare nel centro esatto di un ipotetico spazio, dico ipotetico perché gli spazi delle pièce di Beckett sono no man’s land indefiniti.

HAMM: Fammi fare un giretto. (Clov si mette dietro la poltrona e la spinge) Non troppo in fretta! (Clov spinge la poltrona). Fammi fare il giro del mondo! (Clov spinge). Rasenta i muri. Poi riportami al centro. (Clov spinge). È bene al centro che stavo, no?CLOV: Sì.(…)HAMM: Riportami al mio posto (Clov spinge la poltrona al posto di prima, la ferma). È qui il mio posto?CLOV: Sì, il tuo posto è qui.HAMM: Sicuro che sono al centro?CLOV: Adesso misuro.HAMM: Press’a poco! Press’a poco!CLOV: Ecco.HAMM: Sono press’a poco al centro? CLOV: Mi sembra.HAMM: Ti sembra! Mettimi bene in centro!CLOV: Vado a prendere la catena.HAMM: A occhio! A occhio! (Clov sposta insensibilmente la poltrona) Bene in centro!CLOV: Mi sento un po’ a sinistra. (Clov sposta insensibilmente la poltrona. Pausa). Adesso mi sento un po’ troppo a destra. (Azione come sopra). Mi sento un po’ troppo avanti. (Azione come sopra) Adesso mi sento un po’ troppo indietro. (Azione come sopra) Non startene lì (Clov è dietro la poltrona) mi fai paura.

Samuel Beckett - Finale di Partita – Atto I

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- esercizi di laboratorio teatrale -

Camminare Camminare e anCora Camminare…

Lo spazio è scena teatrale vuota da riempire, è un luogo concreto allo stesso tempo, metaforico, come si approfondirà nella funzione delle proiezioni di relazioni virtuali.

Tutte le camminate che si fanno durante gli esercizi teatrali tengono in conto lo spazio scenico in cui si svolge l’azione. Il gruppo deve controllare lo spazio camminando e svolgere le attività proposte dal conduttore.

Esempi di camminate: · Camminare liberi, sguardo in avanti : questo semplice esercizio è la camminata

base ed è importante perché si deve controllare lo spazio in rapporto con il proprio corpo e con gli altri. Non si devono formare “buchi” o creare “ronde”: occorre emanare energia, il portamento è fiero, il passo è leggero. Al cenno del conduttore si sta fermi e si conta fino a 7 e poi si riprende la camminata sempre in silenzio. Quando il gruppo riparte, potrebbero esserci esitazioni ma lentamente si vedrà che tutto il gruppo adotterà lo stesso ritmo. (Un metronomo può aiutare se il ritmo non diventa omogeneo).

· Camminare sulle punte, sui talloni, piedi in dentro, piedi in fuori …. Allo stop si cambia direzione, in modo preciso (giro a 180° per es.).

· Fissare un punto dall’altra parte della stanza/scena e raggiungerlo camminando con lo sguardo fisso all’obiettivo, con determinazione stando però sempre attenti agli altri.

· Camminare e pensare che si è contenti perché c’è un sole splendido. Ad un tratto, il cielo si annuvola e inizia a piovere, il sole va via, piove così tanto che l’acqua sale, sale fino quasi alla gola, state per annegare e siete costretti a nuotare. Poi lentamente l’acqua scende in modo graduale, prima solo al collo, alla vita, alle ginocchia. Finalmente, arriva il sole, ci si abbronza e si trova un posto dove fermarsi e prendere il sole.

· Fare una camminata come un animale, pensare sono quell’animale e faccio il verso dell’animale, incontro gli altri e difendo il mio territorio.

· Camminare e pensare di essere acqua di mare, acqua gassata con bollicine, acqua di fiume con molta energia, succo di pera, succo molto denso, vischioso, sciroppo, vino, champagne.

· Camminare e pensare che un filo invisibile vi sta tirando da un’estremità del corpo sarà il conduttore a dire quale (per es. il naso, una mano, un gomito ecc.).

· Camminare, ma c’è della colla che impedisce di andare avanti (disequilibrio – avanti indietro).

· Camminando, quando incontrate un compagno lo salutate: con le spalle, con i fianchi, con la schiena, con un piede…

· Camminare e salutare il compagno con il nome di un ortaggio, fiore, pianta…

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Lo speCChio

A coppia, uno di fronte all’altro, con musica di sottofondo. La distanza fra i due è quella di un braccio teso. Al segnale del conduttore uno dei due inizia a fare un movimento, lentissimo, semplice e preciso, l’altro lo esegue come se fosse il suo specchio senza distrarsi, guardando il compagno negli occhi e non i movimenti da seguire. Per esempio, se si alzerà il braccio destro verso l’alto, il partner farà esattamente lo stesso gesto in modo preciso ed esatto con il braccio sinistro, proprio come se fosse uno specchio. Durante l’esercizio, l’attore che conduce apporterà delle variazioni coinvolgendo le gambe, il tronco, la testa con movimenti più rapidi se capisce che il partner segue senza problemi. Trascorsi 5 minuti sarà l’altro a condurre il gioco.

Questo esercizio attiva l’analisi attenta e sistematica del movimento che il compagno esegue. Difficile è riprodurre a specchio il movimento, importante è la lentezza iniziale.

L’empatia che si forma tra i due partecipanti è alta poiché, man mano che l’esercizio prosegue, la distinzione fra chi conduce e chi è lo specchio non è quasi più percettibile dall’esterno.

Un sottofondo musicale aiuta a svolgere meglio l’esercizio, si avrà come l’impressione di una danza a specchio.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 188

Escher, Specchio magico, 1946.

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Conservazione delle costanti

Questa funzione cognitiva, commenta Feuerstein, “risiede nell’abilità e nella propensione dell’individuo ad identificare un oggetto come tale nonostante i suoi

possibili cambiamenti di dimensioni, caratteristiche e orientamento. Questa funzione è una precondizione per l’esperienza della stabilità percettiva e presuppone la capacità di discriminare le caratteristiche essenziali da quelle secondarie. (...) Si basa su due processi cognitivi diversi e indipendenti: il primo è la capacità di astrarre, che ci aiuta a isolare una o più caratteristiche dell’oggetto (...) Il secondo riguarda la “reversibilità” del cambiamento, ossia in quale misura il cambiamento dell’oggetto sia permanente o difficile da annullare per ritornare allo stato iniziale”. 1

Quante volte mi è capitato di incontrare un ex studente, ormai adulto (quindi molto cambiato), e di riconoscerlo dall’espressione degli occhi, dal sorriso. Gli studenti, loro, mi riconosco sempre dicendo che non sono cambiata!

Con questa funzione cognitiva il soggetto individua le caratteristiche stabili di un oggetto, di un personaggio e/o di un evento anche se intervengono dei cambiamenti, l’oggetto, il personaggio e/o l’evento saranno comunque riconoscibili. Il colore, la forma di un oggetto possono cambiare, ma l’oggetto resta lo stesso.

Don Giovanni è il personaggio mito per eccellenza che mantiene in tutte le diverse rappresentazioni le sue caratteristiche di conquistatore. Le interpretazioni di questa commedia di Tirso de Molina El Burlador de Sevilla y convidado de piedra, sono davvero numerosissime, ricordo solo alcune delle opere teatrali:

· Don Giovanni o Il convitato di pietra (1665) commedia di Molière.· Don Giovanni Tenorio (1736) tragicommedia di Carlo Goldoni.· Don Juan Tenorio (1844) dramma di José Zorrilla.· Don Giovanni explains (1887) dramma di George Bernard Shaw.· L’ultima notte di Don Giovanni (1922) dramma di Edmond Rostand.· Don Juan de Marana ou la chute d’un ange, (1836) Alexandre Dumas padre. · Don Giovanni, (1952-54) Bertolt Brecht. · Don Giovanni o l’amore per la geometria (1953) commedia di Max Frisch.· Don Juan, (1976) commedia di Dacia Maraini.· Don Giovanni, o Il dissoluto assolto (2005) di José Saramago.

Dalla lista (incompleta!) risulta chiaro che questo personaggio, anche se riveduto e attualizzato, è sempre moderno: infatti il mito di Don Giovanni mantiene costante la sua caratteristica di conquistatore impenitente.

Qui vorrei ricordare l’opera di Saramago, Don Giovanni o il dissoluto assolto. Questo Don Giovanni sarà umiliato, e diventerà semplicemente Giovanni, ma assolto da tutti i suoi crimini. Saramago pensa che “ … sulle male arti di Don Giovanni si era detto tutto, e non valeva la pena ripetere ciò che altri avevano già fatto meglio”, e “che qualsiasi cosa avessi scritto sarebbe stato come se piovesse sul bagnato. (…) Don Giovanni non poteva essere tanto cattivo come nel tempo lo avevano dipinto da Tirso de Molina in poi, né Donna Anna e Donna Elvira delle creature tanto innocenti (…)”.

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dON GIOVANNI (accasciato su una sedia): Ingannato! Miseramente ingannato! (Cambiando tono) E dunque hai deciso di venire qui per ridere di don Giovanni … Anche tu.zERLINA: Non sono venuta a ridere di te. Sono venuta perché eri stato umiliato, sono venuta perché eri solo, sono venuta perché don Giovanni era divenuto all’improvviso un pover’uomo cui era stata rubata la vita e nel cui cuore altro non sarebbe rimasto se non l’amarezza di aver avuto e di non avere più.dON GIOVANNI: Quell’uomo ormai l’hai visto, ora puoi andare. don Giovanni è morto tal quale don Ottavio.zERLINA: Non me ne andrò.dON GIOVANNI: Che vuoi che faccia con te?zERLINA: È tempo che io ti conosca e tu conosca me.dON GIOVANNI: E Masetto?zERLINA: Non amo Masetto, io amo te.dON GIOVANNI: Mi tremano le mani. Questo non é don GiovannizERLINA: Questo è Giovanni, semplicemente. Vieni.

Saramago - don Giovanni o il dissoluto assolto - scena 5

Antonio Albanese, nel suo spettacolo Personaggi, bello e divertente, illustra in modo efficace questa funzione: infatti lui è sempre lo stesso ma i suoi personaggi

cambiano. Diventa di volta in volta Epifanio, il sommelier, il bidello, l’immigrato.

- esercizi di laboratorio teatrale -

un movimento per varie interpretazioni

Ci si mette in cerchio e il conduttore fa un movimento con il braccio destro, lo porta verso l’alto. Ognuno dovrà fare il movimento quindi portare il braccio destro verso l’alto, dandogli un significato: per esempio: avvito una lampadina, colgo una mela, faccio una schiacciata a pallavolo, prendo qualcosa sopra ad un mobile, saluto dal finestrino ecc …

La nostra costante è il gesto al quale posso dare varie interpretazioni. variante: il gesto può essere fatto in altre direzioni: verso il basso, verso destra o

verso sinistra.

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orChestra umana

Uno alla volta, ogni componente del gruppo si sposta in mezzo alla scena ed emette un suono di qualche sillaba con un ritmo preciso. Un altro emette un altro suono e si armonizza con il ritmo precedente (o cerca di farlo). Poi un altro si aggiunge e così via. Tutti devono cercare di mantenere il proprio ritmo in sintonia con gli altri. Si mantiene per qualche minuto l’orchestra umana che si è formata.

Questo esercizio aiuta a mantenere costante il proprio ritmo pur in presenza del “disturbo” degli altri e la melodia che scaturisce alla fine dell’esercizio dovrebbe essere armonica; ogni suono si sovrappone a quello precedente ed il risultato è un motivo musicale improvvisato.

1. IN

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note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 191-192

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Precisione e accuratezza nella raccolta dei dati

La carenza nella funzione di precisione e accuratezza è definita come “scarsa o assente consapevolezza della necessità di individuare il livello di precisione richiesto da un

particolare compito. Nella fase di input si evidenzia attraverso la mancanza di attenzione al mantenimento del livello di precisione richiesto per la raccolta dati, per cui il soggetto ne omette o ne distorce alcuni. (...) Quando il bisogno di esattezza è insufficiente, si manifesta la tendenza a raccogliere i dati in modo incoerente e impreciso. Tale bisogno può essere compromesso anche dall’impulsività, da una scarsa capacità di analizzare il compito dal punto di vista della precisione richiesta.”1 Quando spiego una regola grammaticale complessa, come per esempio il partitivo, per affrontare un esercizio di completamento, chiedo ai miei alunni molta precisione nella raccolta dati. La lista dei dati da tenere in considerazione è abbastanza lunga: se la parola che segue lo spazio è maschile o femminile, se è plurale, se inizia con vocale, se davanti alla parola c’è un aggettivo plurale, se il verbo è alla forma negativa, se questo verbo è il verbo essere, se c’è un avverbio di quantità, se ci sono alcune espressioni che non vogliono il partitivo.

Nell’opera teatrale che propongo, il barista di Stefano Benni raccoglierà i dati in modo preciso ed accurato ma, alla fine, purtroppo, non avrà calcolato la direzione

di una pallottola destinata al rivale del suo cliente e morirà.Il barista è una specie di Sherlock Holmes che riesce a dedurre numerose informazioni

dall’osservazione precisa ed esatta. Per esempio, capisce che il cliente ha avuto una delusione amorosa dal tipo di sospiro, che la sua innamorata è alta e bionda notando un capello biondo sulla spalla del cliente e un segno di rossetto sulla tempia; indovina, inoltre, che si chiama Maria, fa la hostess, le piacciono gli animali e ama andare al luna park.

CLIENTE: È tutto vero. Ma lei è un medium, indovino o cosa?BARISTA: Le ripeto, semplice spirito di osservazione baristica. Lei ha trasalito quando ho detto il nome del cocktail Bloody Mary, dal che ho dedotto che Maria o Marina doveva essere il nome della donna che la turba. Inoltre lei ha posto qui sul bancone un pacchetto di sigarette senza marca da bollo, e non essendo tipo da acquistare al contrabbando, ne deduco che glieli compri lei sull’aereo, e che anche la sua cravatta è un modello che si vende nelle boutique aeroportuali. Inoltre quell’accendino con il cockerino, via non è da lei. È un regalo di Maria, vero? Infine quello lì, vicino all’accendino, è un gettone da luna Park, autoscontri o qualcosa di simile.CLIENTE: È tutto esatto. Ma allora mi può dire anche perché Maria mi ha lasciato?BARISTA: Be’, innanzitutto la sua gelosia morbosa per quel pilota.CLIENTE: Vero anche questo. Ma lei come fa…

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BARISTA: Ovviamente, se lei è innamorato di una hostess non può che essere geloso di un pilota, infatti vedo che lei indossa giacca celeste e occhiali scuri, quindi inconsciamente tende a vestirsi come un pilota, per competere col fantasma del suo rivale.

Stefano Benni - Teatro, Sherlock Barman

Nel brano seguente invece, la precisione e l’accuratezza non sono tenute in considerazione. Si tratta dell’Avaro di Molière. Hanno appena rubato l’amata

cassetta piena di soldi ad Arpagone, il padrone di casa, e il suo cocchiere/cuoco Mastro Giacomo, per vendicarsi, cerca di incolpare Valerio, l’intendente innamorato della figlia di Arpagone. Mastro Giacomo non sa né chi è il ladro né come è la cassetta rubata, tuttavia riesce a descriverla ricavando, in modo abile, le indicazioni da Arpagone stesso.

MASTRO GIACOMO: Signore, se devo dire le cose fino in fondo, credo che a fare il colpo sia stato il vostro caro signor intendente.ARPAGONE: Valerio?MASTRO GIACOMO: SìARPAGONE: Lui, che sembrava così fidato?MASTRO GIACOMO: Lui in persona; sono convinto che a derubarvi sia stato lui. ARPAGONE: Come mai sei così sicuro?MASTRO GIACOMO: Come mai?ARPAGONE: Sì.MASTRO GIACOMO: Ne sono sicuro … perché ne sono sicuro.COMMISSARIO: Ma dovete dire su quali indizi vi basate. ARPAGONE: Lo hai visto aggirarsi attorno al punto in cui avevo messo il denaro?MASTRO GIACOMO: Sì è così. dov’era il denaro?ARPAGONE: In giardino.MASTRO GIACOMO: Per l’appunto: l’ho visto aggirarsi in giardino. E dov’era contenuto il denaro?ARPAGONE: In una cassetta.MASTRO GIACOMO: E quello aveva con sé una cassetta.ARPAGONE: E questa cassetta com’era fatta? Vediamo un po’ se è la mia.MASTRO GIACOMO: Com’era fatta? ARPAGONE: Sì.MASTRO GIACOMO: Era fatta … era fatta come una cassettaCOMMISSARIO: Si capisce ma descrivetela un po’. Per avere un’idea.MASTRO GIACOMO: Era una grossa cassetta.ARPAGONE: Quella che m’han rubato era piccola.

1. IN

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MASTRO GIACOMO: Eh! Sì piccola, in un certo senso; dicevo grossa per quel che contiene.COMMISSARIO: di che colore?MASTRO GIACOMO: di che colore?COMMISSARIO: Sì.MASTRO GIACOMO: di color … ecco , di un certo colore … Non potete venirmi in aiuto?ARPAGONE: Eh?MASTRO GIACOMO: Non era rossa?ARPAGONE: No, grigia.MASTRO GIACOMO: Ah! sì, grigio-rossa: era quel che volevo dire.

Molière - L’Avaro – Atto V - scena 2

- esercizi di laboratorio teatrale -

La mia giornata

1^ faseOgni componente del gruppo pensa di essere un personaggio (non politico o

famoso per non creare inutili conflitti) per esempio una vecchietta, un prete, una velina, un senza tetto ecc… Questo personaggio è ben preciso: dargli un nome, un’età, un’andatura che lo caratterizzi… È in casa e decide di uscire per fare qualcosa. Quindi, dopo avere ben interiorizzato il personaggio, ognuno inizia a camminare nello spazio scenico per andare dove ha in mente.

2^ faseNel momento in cui il personaggio va verso la sua destinazione incontra delle

persone (che sono gli altri del gruppo) con cui inizierà ad interagire. Occorrerà fare almeno 2 incontri. I dialoghi avverranno contemporaneamente, vale a dire che tutti parleranno con qualcuno e ci sarà un po’ di confusione per qualche minuto.

3^ faseFiniti gli incontri, il gruppo si dispone a pubblico e ogni componente, uno alla volta,

racconterà la sua giornata dicendo “oggi sono uscito e ho incontrato…” Durante il racconto gli altri stanno zitti e ascoltano quello che il personaggio ha da dire. Si presenterà e racconterà la sua giornata.

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sCambio d’ identità

A coppia

1^ fase Un componente del gruppo si presenta ad un altro in modo informale. (Mi

chiamo, mi piace…, sono qui perché… non sopporto… vorrei … ecc.) In questa fase, ogni presentazione dura circa 2 minuti per ognuno. Ci si presenta tutti contemporaneamente sottovoce senza fare troppo caso al brusio di sottofondo.

2^ faseSi mettono 2 sedie in mezzo alla scena e uno inizia a parlare e a presentarsi in prima

persona dicendo “io mi chiamo…”, ma, in realtà, presenta il compagno. Quando ha finito, l’altro inizia a sua volta la presentazione del compagno in prima persona.

Consegna importante: intanto che uno parla l’altro ascolta in silenzio anche se il compagno dice cose che non sono esatte. Solo alla fine potrà intervenire se qualcosa è stato dimenticato o distorto.

In questo esercizio l’attenzione all’altro e la raccolta dei dati sono fondamentali per esporre in modo preciso ed esatto quello che l’amico ha detto. Bisogna prestare attenzione poiché precisione non significa per forza esattezza: il compagno può dire qualcosa di molto preciso ma inventato.

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note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 192-193

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Uso simultaneo di due o più fonti di informazione

La memoria è importante per lo sviluppo di questa funzione, ossia recuperare i dati e analizzarli. Senza questa funzione difficilmente si potranno operare confronto, deduzione,

induzione, insomma tutti i processi mentali che mettono in relazione oggetti o eventi. “Questa funzione cognitiva è carente quando al soggetto mancano la prontezza e la

propensione a considerare simultaneamente tutte le fonti di informazione rilevanti, o le considera separatamente senza coordinarle.”1

Se riprendiamo la nostra regola sul partitivo accennata per la funzione precedente, tutti gli elementi elencati dovranno essere tenuti in considerazione pressoché in modo simultaneo ed avviare così la fase di elaborazione.

Nell’anti-commedia (come la definisce il suo autore), La cantatrice Calva di Ionesco, i due personaggi, i Signori Martin, non ricordano dove si sono incontrati e non

collegano la loro persona con gli eventi accaduti. Durante la scena il signor e la signora Martin scopriranno di avere lasciato Manchester nello stesso periodo, di avere preso lo steso treno, di avere viaggiato insieme nella stessa carrozza, stesso scompartimento, di aver viaggiato uno di fronte all’altro, di abitare in via Bromfield a Londra al numero 19 nello stesso appartamento, di dormire nello stesso letto, di avere una figlioletta con caratteristiche identiche! Solo alla fine della scena metteranno insieme le varie informazioni e ne dedurranno che sono marito e moglie. Siamo in pieno teatro dell’assurdo e ci fa sorridere il fatto che due persone non ricordano dove si sono viste pur essendo marito e moglie.

SIGNOR MARTIN: Mi scusi, signora, non vorrei sbagliare, ma mi pare di averla già incontrata da qualche parte.SIGNORA MARTIN: Anche a me, signore, pare di averla incontrata da qualche parte.SIGNOR MARTIN: Non l’avrò, signora, per caso intravvista a Manchester?SIGNORA MARTIN: Potrebbe darsi. Io sono nativa di Manchester! Tuttavia non ricordo ben, signore; non potrei dire se è là che l’ho vista, o no!SIGNOR MARTIN: dio mio è veramente curioso! Anch’io sono nativo di Manchester, signora!SIGNORA MARTIN: Veramente curioso!SIGNOR MARTIN: Veramente curioso! … sta di fatto però che io, signora, ho lasciato Manchester circa cinque settimane fa.SIGNORA MARTIN: Veramente curioso! Bizzarra coincidenza! Anch’io, signore, ho laciato Manchester circa cinque settimane fa. (…) SIGNOR MARTIN (sognante): Curiosa, curiosissima, incredibilmente curiosa circostanza! Nella mia camera da letto c’è un letto. Il mio

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letto è coperto da un piumino verde. Questa camera, con il suo letto e il suo piumino verde, si trova in fondo al corridoio, tra il water e la biblioteca, cara signora!SIGNORA MARTIN: Quale coincidenza, gran dio, quale coincidenza! La mia camera da letto ha un letto con un piumino verde e si trova in fondo al corridoio tra la biblioteca, caro signore, e il water!SIGNOR MARTIN: Quanto è bizzarro, curioso e strano! Mi lasci dunque dire, cara signora, che noi abitiamo nella medesima camera e che dormiamo nello stesso letto, cara signora. È forse lì che ci siamo incontrati!SIGNORA MARTIN: Oh! La curiosa coincidenza! È davvero possibile che sia là che ci siamo incontrati, e potrebbe persino darsi la scorsa notte. Ma non me ne ricordo, caro signore!(…)SIGNOR MARTIN (dopo aver lungamente riflettuto, si alza lentamente e senza fretta si dirige verso la signora Martin, la quale, stupita dall’aria solenne del signor Martin, si è alzata pure lei, molto tranquillamente; il signor Martin con la solita voce fiacca, vagamente cantante): Allora, cara signora, io credo che non vi siano più dubbi, noi ci siamo già visti e lei è la mia legittima sposa… Elisabetta, ti ho ritrovata!

Ionesco – La cantatrice Calva – scena 4

Tutti gli esercizi teatrali utilizzano simultaneamente due o più fonti d’informazione. L’attore infatti deve rapportarsi con vari dati come: il testo, i gesti, la musica, il

ritmo, la gestione dello spazio e l’interazione con gli altri personaggi. Durante le improvvisazioni molte informazioni sono recepite lì per lì (qui e ora) sia a

livello verbale che emotivo e gestuale.

- esercizi di laboratorio teatrale -

La vaLigia dei sogni 1^fase

Il gruppo è in cerchio. Consegna: “pensate che state per partire per la montagna, che cosa mettete nella valigia?

Dite a tutti quello che mettereste in valigia, una sola cosa, ma che sia bizzarra; utilizzate la fantasia, non i soliti maglioni, anche un animale, un amico, cose strane, strampalate”.

Ognuno pronuncerà ad alta voce il nome di un oggetto, l’altro a fianco ripeterà il nome dell’oggetto che il compagno ha appena detto e ne aggiungerà un altro. Alla fine i nomi saranno parecchi. Se il gruppo è piccolo, ogni componente può dire 2 o più nomi, il conduttore ne prenderà nota e Il gruppo via via li memorizzerà.

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Elabo-razione2^ fase Ci si divide in gruppi da 3 o 4 elementi circa. Ad ogni gruppo verrà dato una situazione

precisa da sviluppare, come improvvisazione, senza nessun tipo di preparazione. Vince il gruppo che nell’improvvisazione, ha pronunciato più nomi di oggetti memorizzati.

Esempi di situazioni possibili:Gruppo A: addobbare l’albero di natale … Gruppo B: andare ai grandi magazzini … Gruppo C: mission impossibile di agenti segreti … Gruppo D: al ristorante … Gruppo E: in fila dal medico …. Atre situazioni possibili: litigio fra amici, naufragio, in spiaggia, al cinema ecc …

Anche per questo esercizio occorre attenzione ai movimenti, alle entrate e alle uscite dalla scena. L’inizio e la fine dovranno essere chiari.

A che cosa serve questo esercizio? Quali sono gli elementi che vengono coinvolti contemporaneamente?

1. I nomi degli oggetti della prima fase servono poi nella seconda fase per costruire l’improvvisazione.

2. L’attenzione a quello che dice il compagno del gruppo è fondamentale per inventare la storia in base al suggerimento dato dal conduttore.

3. La gestione dello spazio scenico è un altro elemento da controllare in relazione, come al solito, alla singola persona e agli altri.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 194

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1. Elaborazione

Capacità di cogliere l’esistenza di un problema.

Feuerstein afferma che chi ha carenza di questa funzione presenta una discontinuità fra la percezione di un particolare evento e ciò che occorre fare per agire su di esso. Il problema può nascere dal fatto che le informazioni raccolte non sono corrette oppure l’evento è percepito come qualcosa di così inatteso e nuovo da non riconoscerlo come problema. “ La funzione cognitiva crea una relazione tra ciò che è noto del problema e ciò che è percepito, per definire il problema occorre una formulazione chiara che lo identifichi specificatamente e faccia emergere il bisogno di agire per risolverlo.”1

Elabo-razione2. ElABO-RAZIONE

“Il teatro ha un’intelligenzacosì acuta che arriva aconfondersi col cuore.”

Toni Servillo

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Capacità di cogliere l’esistenza di un problema.

Feuerstein afferma che chi ha carenza di questa funzione presenta una discontinuità fra la percezione di un particolare evento e ciò che occorre fare per agire su di esso.

Il problema può nascere dal fatto che le informazioni raccolte non sono corrette oppure l’evento è percepito come qualcosa di così inatteso e nuovo da non riconoscerlo come problema. “La funzione cognitiva crea una relazione tra ciò che è noto del problema e ciò che è percepito, per definire il problema occorre una formulazione chiara che lo identifichi specificatamente e faccia emergere il bisogno di agire per risolverlo.”1

Nella commedia di Achille Campanile L’Anfora, Paquito si rende conto che sua moglie lo tradisce e andrà dall’avvocato Arturo, amico peraltro dell’amante di sua moglie, per sapere

come comportarsi in caso di separazione. Ecco un brano tratto dalla quinta scena, in cui Paquito chiede consiglio a quello che crede essere l’avvocato ed invece è Battista, il suo maggiordomo.

PAQUITO (…): Intanto che mi consiglia di fare? BATTISTA: Perché non fa come me? Io sono assicurato contro le corna.PAQUITO: Che sciocchezza! Manco fosse assicurato contro la grandine. Non possono mica impedire che sua moglie la tradisca.BATTISTA: Già, è vero, non ci avevo mai pensato. E dire che pago le quote regolarmente; dormivo tranquillo, lasciavo che mia moglie facesse il proprio comodo, mi sentivo tra due guanciali. Tanto – pensavo – sono assicurato. (…)

Campanile - L’anfora, atto IV - scena 5

Battista, pagando una assicurazione contro le corna, ci dimostra la sua incapacità di cogliere l’esistenza del problema.

Peter Brook ci racconta nel suo saggio Il teatro e il suo spazio di come, durante una conferenza, abbia chiesto ad una signora di leggere come meglio poteva la prima

battuta di Gonerilla, dall’opera di Shakespeare Re Lear. La signora in questione non conosceva il testo shakespeariano e “lesse i versi con gran semplicità ed il discorso emerse denso d’eloquenza e di fascino”. 2 Allora Peter Brook le spiega che queste parole devono essere lette tenendo conto che chi le dice è ipocrita: infatti Gonerilla, figlia di Lear, non pensa quello che dice. “La signora provò a fare come le avevo detto ed il pubblico non tardò ad accorgersi quale lotta innaturale si era accesa tra il tentativo della lettrice di recitare secondo una definizione precisa e la semplice musicalità delle parole.”3 L’obiettivo di Peter Brook è quello di dimostrare che le parole non hanno un significato assoluto, l’imitazione di un dato periodo storico, per esempio romantico, non deve avere un’etichetta. I canoni sono relativi e se si imita anche in modo rispettabile uno stile, si farà un teatro che Brook definisce “mortale”, vale a dire un teatro convenzionale, senza spessore, imitativo.

Il mio obiettivo, invece, è di rilevare l’esistenza di un problema: questa battuta non potrà essere interpretata a livello superficiale con un tono amoroso, bensì con un tono ipocrita, crudele. Il personaggio infatti è una lugubre megera (Brook) “… se Gonerilla

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non fa parte del mostro al suo primo apparire, ma si comporta semplicemente come la battuta suggerisce, allora cambia l’intero equilibrio del dramma e nelle scene successive la sua malvagità ed il martirio stesso di Lear non sono più tanto crudeli né tante elementarmente semplici come potrebbero apparire.”4

GONERILLA: Signore, io v’amo più di quanto possa esprimerlo a parole; voi mi siete più caro e della vista e dello spazio e della libertà, e più di qualsiasi cosa che si debba valutare rara e preziosa; e insomma non meno della vita, quando si sia in grazia di dio, in buona salute, e s’abbia bellezza e onore; vi amo più di quanto un figliuolo non abbia mai amato il proprio padre, o quanto mai un padre sentì d’essere amato; di un amore, insomma tale da rendere povero il respiro e incapace la parola, e superiore a tutti questi modi così straordinari d’amare “

Shakespeare - Re Lear - atto I – scena 1

- esercizi di laboratorio teatrale -

goneriLLaCome esercizio di laboratorio, riprendere la battuta di Gonerilla e farla interpretare

con vari stati d’animo: annoiato – esitante – arrabbiato.La prima difficoltà su cui riflettere con il gruppo è la discrepanza fra le parole e

l’atteggiamento che deve arrivare al pubblico, ma non al padre di Gonerilla.

riCetta deL tiramisÙQuesto esercizio propone un testo non teatrale, una ricetta da recitare con un

intento (per es. con dolcezza, cattiveria, ripugnanza, ecc…) Ogni gruppo, formato da 3-4 persone, dovrà individuare come rappresentare la ricetta: l’entrata, l’azione scenica e l’uscita. Le parole non hanno più un valore comunicativo ma evocativo.

L’ emozione non è nel testo come nell’esercizio precedente ; il dialogo esisterà solo dopo aver pensato a come rendere il testo credibile. Bisogna, quindi, definire bene l’intenzione da comunicare e renderla il più leggibile possibile da parte del pubblico. Per questo si può lavorare sul suono, ritmo e gestualità.

La discrepanza fra ciò che è l’esperienza acquisita con le tecniche teatrali e il problema di presentare un testo non teatrale, rende questo esercizio interessante per potenziare questa funzione cognitiva. Occorre infatti ricercare il modo per dare visibilità al sentimento e ristabilire l’equilibrio voluto dalla convenzione fra testo e tecniche teatrali.

varianti: il testo può essere una pagina dell’elenco del telefono, una bolletta, un resoconto aziendale, una relazione tecnica, un libretto d’istruzione di un apparecchio elettrico, ecc…

2.

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ZIO

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1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 1972. 3. 4. P. Brook, Il Teatro e il suo spazio, 1968, pag. 17-18

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Capacità di distinguere i dati rilevanti da quelli non rilevanti

Per Feuerstein la “mancanza di questa funzione cognitiva consiste nell’incapacità di distinguere le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti ai fini dello svolgimento

di un compito o della risoluzione di un problema. La rilevanza riguarda sia la necessità o meno di considerare l’informazione nella soluzione del problema sia l’entità del contributo che fornisce ad essa. (…) Questa funzione presume che la persona comprenda che le informazioni rilevanti per un compito o problema potrebbero essere del tutto irrilevanti per un altro, e che quindi la loro importanza è relativa, ossia dipende dal contesto: un’informazione è rilevante soltanto in relazione alla natura del problema che si sta affrontando.”1

Per illustrare questa funzione cognitiva ho scelto un brano tratto dal Caligola di Camus (versione del 1941). L’Imperatore ha appena perso sua sorella Drusilla, di cui

era innamorato. I senatori sono preoccupati perché Caligola è scomparso e temono che gli sia successo qualcosa. Ad un tratto riappare, sconvolto, non curante degli affari di Stato, e quando l’Intendente cerca di condurre la sua attenzione alla finanza pubblica, Caligola si prende gioco dell’Intendente dicendogli quello che vuole sentirsi dire, ossia, che il Tesoro è d’importanza capitale.

INTENdENTE (con voce incerta): Noi … noi ti cercavamo, Cesare.CALIGOLA (secco e deciso): Lo vedoINTENdENTE: Noi … cioè.CALIGOLA (duro): Che volete?INTENdENTE: Eravamo preoccupati, Cesare.CALIGOLA: (furioso, andandogli incontro) Con che diritto?INTENdENTE: Beh, insomma… (colto da improvvisa ispirazione, tutto d’un fiato) Sì, tutto sommato, sai che ci sono da sistemare certi problemi che riguardano le finanze pubbliche, il Tesoro.CALIGOLA (scoppiando a ridere): Il Tesoro? Ma certo, è vero, il Tesoro – è d’importanza capitale il Tesoro!INTENdENTE (soddisfatto): Ma certo, Cesare, certo.CALIGOLA (continuando a ridere, a Cesonia): Non è vero, cara? Non è vero che il Tesoro è fondamentale?CESONIA (dolcemente): No, Caligola. Non fino a questo punto.CALIGOLA: Non capisci niente. Il Tesoro è d’interesse estremo. È tutto così importante: le finanze, la morale pubblica, la politica estera, le spese militari, le leggi agrarie! Tutto fondamentale, te lo dico io. Tutto sullo stesso piano, la grandezza di Roma, la tua artrite.

Camus - Caligola - Atto I - scena 6.

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Il secondo testo che cito è la rappresentazione di un processo: La notte del 16 gennaio. La particolarità di questo dramma della scrittrice americana Ayn Rand, è che il

pubblico è coinvolto direttamente nell’azione e si trasforma in giuria. I giurati sono scelti in numero dispari e, alla fine della rappresentazione, emettono la sentenza. Quindi ogni volta che viene rappresentato il dramma il finale è a sorpresa.

L’imputata Karen Borg può risultare colpevole oppure no di aver ucciso il suo datore di lavoro e amante Carl Faulkner. La condanna dipende quindi dal pubblico/giuria e da vari fattori:

- la particolare sensibilità del pubblico /giurati, - le capacità persuasive dei due avvocati: della difesa e del pubblico ministero, - e, in generale, dall’interpretazione dei vari attori.

La giuria/pubblico raccoglierà i dati che a lei sembreranno più rilevanti ed emetterà la propria sentenza.

GIUdICE: Guardia. Andate a vedere a che punto sta la deliberazione (la guardia entra in Camera di consiglio (...))CANCELLIERE: Eccoli, vostro onore(La giuria riprende il posto di prima. Silenzio. La giuria guardi l’imputata. Tutti si alzano eccetto Karen Borg. Il giudice batte due colpi di martello e poi grida)GIUdICE: L’imputata si alzi. La giuria guardi l’imputata. Secondo la giuria Karen Borg è colpevole o non colpevole?(Sia che risposta sia colpevole o no, l’avvocato che ha perso interviene) AVVOCATO CHE HA PERSO: Ci appelleremo da questo giudizio.GIUdICE: L’udienza è tolta.

Ayn Rand - La notte del 16 gennaio

- esercizi di laboratorio teatrale -

statue da indovinare1^ fase Leggere i titoli delle statue:

2.

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BORA

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‘Le stelle sono scomparse’‘Grande pericolo al buio’‘Affogati in una torta di cioccolato’‘Dolore di principessa’‘Foto di gruppo con rana’‘Bambini e giochi pericolosi’

‘Foresta senza via d’uscita’‘Porcellino rosa in frantumi’‘Solitudine di diamante’‘Raggio di luce nell’oceano profondo’‘Turisti in un mare di guai’

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2^ faseUn membro del gruppo inizia l’esercizio scegliendo due compagni. Il conduttore

comunica loro un titolo di una statua da realizzare e il resto del gruppo deve indovinare di quale si tratti.

I 3 del gruppo si mettono d’accordo su quali saranno i gesti da eseguire per interpretare il titolo delle statue. Iniziano il loro mimo in mezzo allo spazio scenico. È ovvio che sceglieranno i gesti più rivelanti dal loro punto di vista per una comprensione immediata del titolo.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 199

Escher, Pozzanghera, 1952.

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Comportamento comparativo spontaneo

Feuerstein definisce “la carenza di questa funzione cognitiva come la mancanza della tendenza e /o la difficoltà ad attuare spontaneamente processi di confronto, che si

manifesta anche come assenza di successivi processi comparativi e di un fondamentale bisogno di effettuarne. (...) Dato il ruolo che svolge nella creazione di relazioni tra informazioni isolate, questa è una funzione cruciale. Le relazioni tra oggetti ed eventi sono infatti implicate nell’elaborazione di conclusioni, ipotesi, cause e conseguenze, tempo e spazio, sequenze, soluzioni di problemi, individuazione e selezione dell’obiettivo.”1

ORGON (…): È andato tutto bene in questi ultimi due giorni? Cosa avete fatto, qui? Come state?dORINE: L’altro ieri la signora ha avuto la febbre, fino a sera, e un terribile mal di testa.ORGON: E Tartuffe?dORINE: Tartuffe sta a meraviglia. Grande e grosso, la carnagione colorita e le labbra vermiglie.ORGON: Poverino!dORINE: La sera la signora ha avuto molta nausea, e a sera non è riuscita a toccare cibo, tanto era forte ancora il suo mal di testa!ORGON: E Tartuffe?dORINE: Ha cenato tutto solo, davanti a lei, con profonda devozione si è mangiato due pernici, e mezza coscia di montone al sugo.ORGON: Poverino!dORINE: Non è riuscita chiudere occhio per tutta la notte; della vampate di caldo le impedivano di riposarsi, così l’abbiamo dovuta vegliare fino al giorno dopo.ORGON: E Tartuffe?dORINE: Preso da una deliziosa sonnolenza, alla fine della cena si è diretto verso la camera, e si è infilato subito nel suo caldo lettuccio, dove ha dormito senza problemi fino al giorno dopo.ORGON: Poverino!dORINE: Alla fine, siamo riusciti a convincerla a fare un salasso, e si è sentita subito meglio.ORGON: E Tartuffe?dORINE: Ha ripreso coraggio a sufficienza e per fortificare la sua anima contro tutti i mali, al fine di rimediare alla perdita di sangue della signora, ha bevuto a colazione quattro bicchieri pieni di vino.ORGON: Poverino!dORINE: Adesso finalmente stanno bene tutti e due! Vado a riferire alla signora quanto vi siete preoccupato per la sua convalescenza.

Molière – Tartufo - Atto I - scena IV,

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In questa scena tratta da Il Tartufo, il genio di Molière riesce a mettere bene in risalto il confronto fra i momenti della giornata trascorsi dalla moglie di Orgon e quelli trascorsi

dall’ipocrita Tartufo. Attraverso il personaggio di Dorine, la cameriera furba, l’autore riporta gli avvenimenti dei due personaggi, con criteri e parametri precisi e sempre pertinenti : dalla salute, alla cena, al momento di dormire, alla colazione. Attraverso il confronto e la ripetizione di alcune parole Molière riesce a farci sorridere.

Le possibilità di confronto a teatro sono infinite. Quando, per esempio, con i miei ragazzi del laboratorio, partecipammo ad un concorso, la giuria, composta dai

ragazzi stessi, operò un confronto fra le varie performance. Do qui un esempio di griglia che propone parametri, con relativo punteggio, su cui i

ragazzi della giuria si sono confrontati per decidere quale pièce premiare. Il concorso è quello del Festival delle Scuole che si svolge a San Lazzaro di Savena (Bologna), al quale ho partecipato con il mio gruppo teatrale della scuola nel 2010.

1. PARAMETRI PRINCIPAlI

TESTO (punteggi da 1 a 100)

È fantastico! Mi ha emozionato (o commosso o divertito) tantissimo. Lo terrò sul comodino e continuerò a leggerlo all’infinito: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .90Carinissimo. Racconta una bella storia e non mi ha annoiato per niente. . . . . . . . . . . . . . . . 75Boh... Normale, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Banale e insipido. La solita storia raccontata per giunta con la solita retorica. . . . . . 30Non ho capito assolutamente niente della trama. Parole inutili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

RECITAZIONE (punteggi da 1 a 100)

Incredibili! Pensare che hanno solo 16 anni! Sembrano dei professionisti! . . . . . . . . . . . . .90Quasi tutti pieni di energia e di comunicativa. Bravi! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75Boh... Normali, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Si capiva poco persino di quello che dicevano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30Mamma mia... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

ORIGINALITÀ (punteggi da 1 a 100)

Yeah! Dei geni! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .90Wow! Che storia! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75Boh... Normale, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Hiii... Che barba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30Uffa... Ancora? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

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GRADO DI DIFFICOLTÀ (punteggi da 1 a 80)

Sono stati incredibili: un grande coraggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70Sono stati molto bravi: prova superata. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55Sono stati normali, direi: boh... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35Sono stati inadeguati: potevano mirare più in basso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

REGIA (punteggi da 1 a 70)

Tutto perfetto. Gran bel lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60Bello. Tutto è filato via liscio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40Boh... Normale, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25Tutto un po’ appiccicato, improvvisato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2. PARAMETRI sECONDARI

MUSICHE (punteggi da 1 a 50)

Giuste. Grandi atmosfere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40Boh... Normali, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20Inutili. Fastidiose. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

COSTUMI (punteggi da 1 a 20)

Giusti. Fantasiosi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18Boh... Normali, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12Casuali. Brutti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

SCENOGRAFIA (punteggi da 1 a 20)

Giuste. Utili. Grande efficacia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18Boh... Normali, direi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12Inutili. Brutte. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

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- esercizi di laboratorio teatrale -

stessa sCena per soLuzioni diverse.

Si dà la stessa scena a tutti i gruppi composti da 3-4 personaggi e si chiede ad ognuno di trovare una soluzione scenica nel giro di 15 minuti.

Quando i gruppi affrontano un qualsiasi esercizio teatrale, alla fine il conduttore avvierà sempre un confronto fra le varie prestazioni, l’operazione di confronto può essere attuata a vari livelli, stimola la creazione: scene, personaggi, ritmo, azione. Anche quello che si definisce sottotesto può essere confrontato: per quale motivo un personaggio fa e dice certe cose piuttosto che altre, quale sarà l’ambientazione, ecc…

ritmo e paroLe

1^ fase Ogni componente del gruppo sceglie un testo (di qualsiasi genere: una pagina di un

romanzo, novella, saggio, teatro, poesia, preso anche da un libro di testo) ne individua un passaggio di 3 -4 righe e lo legge in silenzio. 2^ fase:

Il conduttore sceglie 3 brani musicali molto diversi fra loro per genere, ritmo e melodia. Intanto il gruppo ascolta, chiude gli occhi e cerca di affidarsi all’andamento melodico del brano con il proprio respiro.

3^ fase In silenzio, ognuno prova a leggere il proprio testo sulla prima musica, poi sulla

seconda e infine sull’ultima.

4^ fase A questo punto il conduttore chiama un componente del gruppo che si mette in

mezzo alla scena, sceglie uno dei 3 brani ed inizia a leggere a voce alta cercando di armonizzare le parole con la musica. Infine legge ancora una volta il brano, ma questa volta senza musica, come se ci fosse ancora il sottofondo. Chi ascolta deve avere l’impressione che il ritmo della dizione non sia cambiato.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 201

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Ampiezza del campo mentale

Nel manipolare mentalmente più informazioni contemporaneamente e nel creare un sistema di relazioni, la componente intenzionalità è coinvolta poiché il

processo è controllabile. Feuerstein afferma che la conservazione e il recupero delle informazioni diventano un processo attivo e verificabile. Un’altra componente essenziale è lo sviluppo dei processi attuati per strutturare i dati e organizzarli per accrescere la capacità di memorizzarli. La memoria non è semplicemente un’area passiva di deposito di informazioni ma è un processo di ricostruzione di informazioni raccolte.

“Se il campo mentale è ristretto si presenta una grave limitazione nella combinazione e nella coordinazione delle informazioni necessarie per il funzionamento del pensiero e un comportamento che esamina i dati in alternanza e in successione, senza integrarli in maniera coordinata, cosicché gli oggetti e gli eventi sono considerati non in relazione reciproca ma come entità indipendente.”1

L’esecuzione di un qualsiasi atto teatrale presuppone l’ampiezza del campo mentale, infatti gli elementi da controllare sono numerosi: dall’emissione vocale al ritmo,

dallo spazio scenico all’ascolto del compagno, dalla memorizzazione delle battute al controllo del corpo e delle emozioni, all’energia trasmessa a chi guarda affinché l’azione scenica sia credibile.

Il teatro è proprio “lo spazio in cui far coesistere tante informazioni diverse per tutto il tempo necessario della scena, farle lavorare insieme e usarle in connessione fra

loro”. L’affermazione di Paola Vanini, mia formatrice per il Metodo Feuerstein, è riferita direttamente a questa funzione cognitiva ma può benissimo riferirsi al teatro: ho aggiunto solo la parola scena, riprendendo esattamente il suo commento.

Come scrive Peter Brook:

“Il teatro, attraverso l’energia del suono, della parola, del colore e del movimento, tocca un pulsante emotivo che in cambio invia fremiti tramite l’intelletto. Una volta che l’interprete sia collegato con il pubblico, l’evento può prendere molte direzioni.”

Peter Brook - La porta aperta

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- esercizi di laboratorio teatrale -

La sedia

Il conduttore mette una sedia in mezzo allo spazio scenico. Il gruppo è intorno allo spazio. Un componente entra in scena, esegue un movimento con la sedia, semplice e preciso, e poi esce. Un altro entra, ripete esattamente il movimento del primo e ne aggiunge uno suo, sempre con la sedia. Un terzo ragazzo ripete il primo, il secondo e aggiunge il proprio movimento. Si sommeranno tutti i movimenti. Il conduttore è libero di richiamare qualcuno che ha già fatto l’esercizio. Sarà il lui a decidere quando l’esercizio è concluso.

Tutti gli esercizi, che propongono la ripetizione di gesti, presuppongono l’ampiezza del campo mentale. I ragazzi devono tenere a mente ogni movimento fatto e in più aggiungere il proprio, che a volte risulta spiazzante, perché sono troppo concentrati nel ricordare la sequenza e quando devono aggiungere il loro nuovo gesto sono in difficoltà.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 203

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Bisogno di comportamento sommativo

Feuerstein, per spiegare questa funzione, porta l’esempio del brainstorming che diventa efficace se viene seguito da un’analisi delle diverse idee espresse. Per es.

un bambino potrebbe sapere bene il nome dei suoi fratelli e sorelle ma non rispondere immediatamente alla domanda: quanti sono? poiché la conoscenza è presente ma non è organizzata in modo quantitativo.

“Il comportamento sommativo è l’espressione del bisogno fondamentale di raggruppare le relazioni tra i dati percepiti. Esso organizza le informazioni percepite singolarmente in gruppi significativi attraverso la creazione di relazioni usando criteri di inclusione come la quantità, la frequenza, la sequenza e/o qualsiasi altro parametro che possa giustificare il raggruppamento.”1

Quando si affronta un nuovo testo da realizzare, all’inizio capita spesso che si provino scene finali o intermedie e che non si segua un nesso logico per vari motivi pratici.

È inevitabile, comunque, giunti ad un certo punto fare il punto sulle scene, chiedersi quale scena è stata trascurata e che cosa resti da fare: musiche, scenografia, costumi ecc…

Nell’esempio che propongo, il personaggio si descrive in modo originale come totale di una somma. Si tratta di Porzia nel Mercante di Venezia. Si rivolge a Bassanio, il

suo innamorato, dicendogli che vorrebbe essere molto di più di quello che è in realtà (più in virtù, bellezza, ricchezza) e invece lei è solamente il “suo totale” e nient’ altro.

PORzIA: Voi mi vedete, signor Bassanio, quale sono. Sebbene per me stessa non ambirei essere più di quella che sono, tuttavia per voi vorrei triplicare venti volte, essere mille volte più bella, diecimila volta più ricca e solo per stare in alto nella vostra stima vorrei in virtù, bellezze, beni, amici superare ogni cifra: ma il mio totale è la somma di poca cosa: e cioè , in parole povere, una fanciulla senza cultura, istruzione, esperienza, in questo fortunata, che non è ancora così vecchia da non poter imparare: più fortunata ancora, non così rozza da non poter apprendere; e soprattutto fortunata perché il suo spirito remissivo s’affida per guida al vostro, come al suo signore, al suo precettore, al suo Re.

Shakespeare - Il mercante di Venezia – Atto III - scena 2

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- esercizi di laboratorio teatrale -

ad ognuno La propria sCena

1^ faseSi prendono delle scene da un’opera teatrale senza dire agli studenti di che opera

si tratta per non influenzarli. Ogni gruppo (3-4 gruppi) avrà una scena da gestire, è il conduttore che decide quale scena per quale gruppo. Le scene sono in ordine consequenziale rispetto all’opera. Consegna: ogni gruppo legge il testo e cerca di rappresentare in modo creativo e fantasioso la propria scena in breve tempo, in 15 minuti circa. Il testo non deve essere studiato a memoria, ma interpretato. La battuta finale del gruppo precedente è importante perché darà il segnale di avvio per l’inizio della rappresentazione del proprio gruppo.

2^ faseTutti i componenti, a tableau vivant (fermi come statue), sono in scena. Iniziano

i primi della prima scena e interpretano il loro pezzo. Intanto gli altri sono fermi. Quando l’ultima battuta viene pronunciata, ecco che, come d’incanto, inizia a recitare il gruppo successivo e il gruppo precedente si ferma a tableau vivant. Così di seguito finché tutto il brano viene rappresentato.

Alla fine la somma delle varie scene restituirà l’atto intero dell’opera teatrale in modo fantasioso e creativo.

una paroLa, una storia

Ci si mette in cerchio. Ogni componente a turno dice una parola per creare una storia, il compagno che sta alla sua destra la ripete e ne aggiunge un’altra (importante che sia una sola parola), piano piano si creerà una storia più o meno logica. La storia finisce quando decide il conduttore.

Questo esercizio rafforza la concentrazione, l’ascolto e la memoria. Allo stesso tempo occorre trovare un legame logico affinché la storia abbia un senso.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 205-206

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Proiezioni di relazioni virtuali

Feuerstein afferma che “le carenze di questa funzione cognitiva si manifestano attraverso la mancanza di prontezza nello stabilire relazioni fra singole informazioni

non collegate, soprattutto se non possono essere osservate direttamente o immediatamente. Spesso lo studente ha difficoltà a proiettare relazioni virtuali, perché fa eccessivo affidamento sull’esperienza interiorizzata, cioè rappresentata mentalmente. La percezione di relazioni virtuali richiede di proiettare relazioni – causali, di finalità – tra gli eventi. Ad esempio il concetto di “fratello” può essere proiettato su altre relazioni nelle quali “fratello” è un aspetto rilevante dell’esperienza, come può accadere in un gruppo di amici, ecc…”1

Tutto il teatro è una proiezione di relazioni virtuali, pensiamo allo spazio scenico che è la proiezione di qualsiasi luogo si voglia rappresentare. E che dire

dell’interpretazione di personaggi da parte dell’attore: complessa relazione virtuale fra quello che vede l’attore stesso in una prima fase, quello che vede il regista e quello che vede il pubblico. “ L’io dell’attore è il primo e unico ponte possibile verso il personaggio” (introduzione di G. Guerrieri, pag. XIV in Stanislavskij, Il lavoro dell’attore su se stesso). Il ponte della citazione è la relazione virtuale che si viene a creare fra attore e personaggio.

Proiezioni di relazioni virtuali, quindi, su vari livelli. Analizziamoli: prima di tutto l’autore che proietterà la storia nel momento della scrittura, poi la proiezione del regista che immaginerà una certa soluzione scenica, seguirà la proiezione dell’attore che interpreterà il personaggio analizzandosi, partendo da se stesso per arrivare a quello che gli altri possono capire e, per ultimo, la proiezione del pubblico. Non è per niente scontato che tutto quello che si rappresenta coincida con l’interpretazione di chi sta guardando, anzi. Le proiezioni di relazioni virtuali sono così complesse, variegate ed affascinanti che tutte le opere teatrali sarebbero da proporre!

Vorrei, comunque, ricordare Pirandello con i suoi Sei Personaggi in cerca d’autore. In questa opera, sei Personaggi cercano di mettere in scena la loro storia e così

diventare “reali”. Invaderanno la scena di un teatro dove un Capocomico sta realizzando, con i suoi Attori, una pièce dello stesso Pirandello, Il Giuoco delle parti. Il teatro nel teatro, il teatro come proiezione di se stesso, è il gioco di Pirandello che spezza la linea sottile che delimita la realtà dalla finzione scenica.

La tematica centrale della commedia è il contrasto fra i Personaggi e gli Attori. Gli Attori fanno la loro parte, ma quanto resta del Personaggio? Come può rappresentarlo al meglio? La relazione è solo virtuale, non reale, un’illusione.

Le parole del Padre sono eloquenti a tal proposito.

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LA FIGLIASTRA (facendosi avanti al Capocomico, sorridente, lusingatrice): Creda che siamo veramente sei personaggi, signore, interessantissimi! Quantunque, sperduti.IL PAdRE (scartandola): Sì, sperduti, va bene! (Al Capocomico subito) nel senso, veda, che l’autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non poté materialmente, metterci al mondo nell’arte. E fu un vero delitto, signore, perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più ! Morrà l’uomo, lo scrittore, strumento di creazione; la creatura non muore più! È per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché- vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità!IL CAPOCOMICO: Tutto questo va benissimo! Ma loro che cosa vogliono qua?IL PAdRE: Vogliamo vivere, signore!IL CAPOCOMICO (ironico): Per l’eternità?IL PAdRE: No, signore: almeno per un momento, in loro.[…]IL PAdRE (con uno scatto, alzandosi): L’illusione? Per carità non dicano l’illusione! Non adoperino quella parola, che per noi è particolarmente crudele!IL CAPOCOMICO (stordito): E perché, scusi?IL PAdRE: Ma sì, crudele! Crudele! dovrebbe capirlo!II CAPOCOMICO: E come dovremmo dire allora? […]IL PAdRE: Ora, se lei pensa a noi come noi (indicherà sé e sommariamente gli altri cinque Personaggi) non abbiamo altra realtà fuori da questa illusione!IL CAPOCOMICO: (stordito, guardando i suoi Attori rimasti anch’essi come sospesi e smarriti): E come sarebbe a dire?IL PAdRE: (dopo averli un po’ osservati, con un pallido sorriso) Ma sì, signori! Quale altra? Quella che per loro è un’illusione da creare, per noi invece è l’unica nostra realtà. (Breve pausa. Si avanzerà di qualche passo verso il Capocomico, e soggiungerà:) Ma non soltanto per noi , del resto, badi! Ci pensi bene. (Lo guarderà negli occhi). Mi sa dire chi è lei? (E rimarrà con l’indice puntato su di lui)IL CAPOCOMICO (turbato, con un mezzo sorriso) Come, chi sono? – Sono io!IL PAdRE: E se le dicessi che non è vero , perché lei è me?IL CAPOCOMICO: Le risponderei che lei è un pazzo! (Gli attori rideranno)[…]

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IL PAdRE: La invito a uscire da questo giuoco (Guardando la prima Attrice come per prevenire) – d’arte! d’arte! – che lei è solito di fare qua con i suoi attori; e torno a domandarle seriamente: chi è lei? IL CAPOCOMICO: (rivolgendosi quasi strabiliato e insieme irritato, agli attori) Oh ma guardate che ci vuole una bella faccia tosta! Uno che si spaccia per Personaggio, venire a domandare a me, chi sono!IL PAdRE: (con dignità, ma senza alterigia) Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata da caratteri suoi, per cui è sempre “qualcuno”. Mentre un uomo – non dico lei, adesso – un uomo così in genere, può non esser “nessuno”.IL CAPOCOMICO: Già! Ma lei lo domanda a me che sono il direttore! Il Capocomico! Ha capito?IL PAdRE (quasi in sordina, con melliflua umiltà): Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com’è adesso, si vede … come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, come allora le parevano – ed erano, erano realmente per lei! – Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si fa più; a tutte quelle cose che ora non le “sembrano” più come per lei “erano” un tempo; non si sente mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno, il terreno sotto i piedi, argomentando che ugualmente “questo” come lei ora si sente, tutta la sua realtà d’oggi così com’è, è destinata a parerle illusione domani?IL CAPOCOMICO (senza aver ben capito, nell’intontimento della speciosa argomentazione): Ebbene? Che vuol concludere con questo?IL PAdRE: Oh niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sé e gli altri Personaggi) oltre l’illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in sé, perché – come quella di ieri – è destinata a scoprirlesi illusione domani.

Pirandello - Sei personaggi in cerca d’autore

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- esercizi di laboratorio teatrale -

azioni senza oggetto

Ogni membro del gruppo mimerà un’azione utilizzando un oggetto che non c’è. Questo esercizio è un classico dei laboratori teatrali. Vediamo cosa dice Stanislavskij:

“io senza ricorrere a nessun oggetto, ho disegnato con la memoria il ritratto di mio zio, usando carta tela, matite e colori, tutti immaginari. Ma Paša (un allievo del gruppo) è stato molto esigente a mi ha corretto in continuazione: “Hai trovato la matita senza cercarla. L’hai afferrata troppo presto. Hai stretto troppo le dita. Prima di metterti al lavoro, non ti sei messo a posto le maniche della camicia. Anche oggi alla lezione di Torcov (Arkadij Nikolaevic Torcov direttore della scuola di recitazione) io non sono riuscito a fare niente. Il fatto è che quell’esercizio senza oggetti, mi aveva completamente annoiato. – Quante volte l’hai fatto? – Mi ha chiesto meravigliato Torcov. – Una ventina di volte, ma forse di più! – gli ho risposto, lamentandomi. – Oh! Quante! – ha continuato Arkadij Nikolaevic con ironia, – Salvini (grande attore), dopo la duecentesima replica disse che solo allora aveva cominciato a capire come si poteva interpretare Otello. E tu. Sei riuscito a creare la tua parte e perfino odiarla solo dopo averla provata dieci volte. Sono diventato rosso e non ho più parlato.”2 Questa citazione ci aiuta a capire fino a quale grado di analisi si può giungere. Ogni piccolo gesto a teatro deve essere motivato. L’attore si colloca rispetto all’oggetto in una relazione virtuale, poiché l’oggetto non c’è, e l’esecuzione gestuale dovrà essere coerente, altrimenti la comunicazione non passa.

variante: in cerchio ci si passa un oggetto immaginario, per esempio un chewing-gum (attenzione perché appiccica) una cassa pesante (troppo pesante), un formaggio che puzza, ecc...

non soLo FavoLe

In gruppi di 4/5 costruite una scena in base ad una favola classica (Cenerentola, Biancaneve…). Consegna:

- Identificare i personaggi e assegnarli ai componenti del gruppo. Ogni componente può interpretare uno o più personaggi.

- Identificare i passaggi fondamentali della favola e legarli a gesti evidenti.- Restringere l’azione scenica a qualche minuto (3 circa). - Rappresentare la scena dall’inizio alla fine e viceversa dalla fine all’inizio.

Nella seconda rappresentazione, dalla fine all’inizio, è importante che si faccia attenzione ai passaggi temporali organizzati in gesti che diventeranno dei punti di riferimento fondamentali.

L’esercizio proposto è utile poiché lo studente sperimenta le relazioni all’interno di una scena nota, che manipola lui stesso a livello virtuale prima e concreto poi.

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La difficoltà, poi, sta nel rappresentare la stessa scena al contrario: dalla fine all’inizio. Questo rafforza ulteriormente l’interiorizzazione delle relazioni, in quanto apporta in modo consapevole e controllato tutte le modifiche e, allo stesso tempo, è costretto a rilevare e scegliere i gesti più significativi a illustrare la favola narrata all’incontrario.

numeri virtuaLi

Il gruppo cammina nello spazio scenico con andatura energica. Il conduttore dirà un numero, 345 per esempio, e il gruppo dovrà scrivere il numero con il proprio corpo: le braccia , le gambe il tronco, stando in piedi o coricati. Il numero deve essere comprensibile all’ipotetico pubblico.

Difficoltà: l’esercizio viene fatto in silenzio. La modalità di scrittura del numero non è subito uguale per tutti: stiamo in piedi o coricati? Il pubblico dove si trova? Chi fa la curva del 3, chi la gamba del 4 ecc… Tutte le risposte alle domande mettono in atto una proiezione virtuale: il rapporto- spazio pubblico-numero-corpo.

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note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 2072. Stanislavskij, Il lavoro dell’attore su se stesso, pag. 551

Escher, Incontro, 1944.

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Bisogno di prove logiche

Questa funzione è legata a quella del riconoscimento dell’esistenza di un problema che ci spinge ad agire in modo razionale. “La mancanza del bisogno di prove

logiche per supportare o giustificare le proprie conclusioni o tentativi di risoluzione di un problema è una disfunzione cognitiva significativa che rispecchia carenze nella percezione razionale interna ed esterna che dovrebbe essere soggetta alle regole della logica.”1

Ne Le Nuvole di Aristofane, Strepsiade convince suo figlio, Fidippide, ad andare da Socrate per insegnarli ad avere ragione, anche se ha torto, per non pagare un

debito. Ma Fidippide userà queste armi, ossia convincere con le parole grazie al discorso peggiore o migliore, contro lo stesso padre.

STREPSIAdE (entra in scena inseguito da Fidippide): Ohi, ohi! Aiuto! Vicini, parenti, compaesani! Aiuto!Aiuto!Mi picchiano! Ahi povero me, la testa! Ahi la mascella ! delinquente, picchi tuo padre?FIdIPPIdE: Non lo nego papàSTREPSIAdE: Vedete? Ammette che mi sta picchiando.FIdIPPIdE: EccomeSTREPSIAdE: delinquente, scassinatore, parricida!(…) Vuoi picchiare tuo padre?FIdIPPIdE: Certo, per zeus, e ti dimostrerò che era mio diritto. STREPSIAdE: Infame scellerato, come potrà mai essere un diritto picchiare il padre? FIdIPPIdE: Riuscirò a dimostrartelo con un bel discorso, e tu vedrai che perdi.STREPSIAdE: Vuoi vincere con una tesi del genere?FIdIPPIdE: Bazzecole; scegli quale dei due discorsi vuoi che adoperi.STREPSIAdE: Quali discorsi?FIdIPPIdE: Ma sì quello migliore o quello peggiore.STREPSIAdE: Ma guarda tu che roba: io ti ho fatto imparare a contraddire la giustizia per sentirmi dimostrare che è buono e giusto che il padre le prenda dal figli? FIdIPPIdE: Penso proprio che ti convincerò, e tu stesso alla fine non avrai niente da ribattere. STREPSIAdE: Voglio proprio sentire cosa dici(…)FIdIPPIdE: Torno al punto in cui mi hai interrotto; per cominciare, ti farò una domanda: quando ero bambino mi picchiavi? STREPSIAdE: Certo, lo facevo per te, per il tuo bene. FIdIPPIdE: dimmi, allora: non è giusto che anch’io ti voglia bene

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nello stesso modo, e ti picchi, visto che picchiare vuol dire voler bene? Perché il tuo corpo dovrebbe risparmiarsi le botte e il mio no? Eppure di nascita libera lo sono anch’io (...) Mi dirai che si usa così, che le botte le prendono i bambini. Ma io ti potrei obiettare che i vecchi, come dice il proverbio, sono due volte bambini. E anzi è giusto che loro siano picchiati più dei giovani, in quanto hanno meno ragione di sbagliare.STREPSIAdE: Ma da nessuna parte è uso che al padre si facciano le stesse cose.FIdIPPIdE: Eppure quello che ha istituito per primo questa legge, non era forse un uomo come me e te, uno che ha convinto gli antichi coi discorsi? Ho forse meno diritto anch’io di istituire a mia volta questa nuova legge per il futuro, che i figli picchino il padre che li picchia? (...)

Aristofane - Le nuvole

- esercizi di laboratorio teatrale -

domande nonsense

L’esercizio proposto riguarda solo apparentemente il contrario della funzione, infatti di fronte a domande assurde, i componenti del gruppo spesso cercano una risposta logica.

Rispondere con un ragionamento corretto, anche se paradossale, rafforza questa funzione perché il processo attuato ha come prerequisito proprio il ragionamento logico.

Ci si mette in cerchio, qualcuno va al centro e fa una domanda assurda. Un componente risponde, e va a sua volta al centro rivolgendo una domanda alla quale un altro componente risponde, sempre in modo bizzarro e ridicolo.

variante: le domande sono poste dal conduttore.

Esempi di domande:Perché le nuvole sono in cielo?Perché gli alberi vanno verso l’alto?Perché le mucche non volano?Perché piove proprio oggi?Perché il pane fresco è quello caldo?

È necessario allenarsi a dare risposte anche senza senso alle battute di un compagno per affinare la concentrazione e il senso dell’umorismo.

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mini diaLogo

Il ragionamento logico entra in campo anche quando si deve dare corpo e voce ad un personaggio. Il sottotesto diventa importante, ci si chiede : quale sarà la sua andatura, che voce avrà, ecc… Ogni dettaglio scelto viene argomentato in modo logico. Il conduttore chiederà sempre il motivo di una determinata scelta interpretativa. Tirerà a sorte uno di questi testi e farà lavorare a coppia. 10 minuti di preparazione per concordare la messa in scena: inventare il sottotesto, il ritmo, il tono, i personaggi, i loro rapporti. Le soluzioni trovate risponderanno a una logica che il pubblico deve capire.

1.- Ma non posso- Non ti rendi conto- Di che cosa?- Te l’avevo detto! Io.- Me ne lavo le mani

2.- Che cosa significa?- Non lo so- Dai parla!- Sei troppo curioso- Ti piacerebbe, ma non te lo dico.

3.- Dove lo troviamo?- Forse là!- Sarebbe bello- Credi?

4. - Ci vediamo stasera?- Non come al solito!- Cosa intendi?- Lascia stare.

5.- Desidera?- L’altro, per favore.- Non ho che questo - Ma è molto alto.- E allora?

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 210

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Comportamento di interiorizzazione

Questa funzione cognitiva “riguarda l’interiorizzazione, cioè lo sviluppo di immagini mentali interiorizzate che vengono usate nelle operazioni della fase di

elaborazione. Se questa funzione non viene attivata o si attiva in maniera inadeguata, ci si affida eccessivamente ai dati concreti percepiti con scarsa considerazione delle rappresentazioni mentali astratte.”1

L’autore si chiede inoltre “se dovessimo dipendere dalle informazioni percepite in modo diretto, saremmo in grado di pianificare il futuro o riflettere sul passato? Ovviamente la risposta è no, il passato e il futuro sono dati che esistono solo attraverso rappresentazioni mentali. Un forte uso del pensiero rappresentazionale dipende da un alto livello di astrazione e induzione, dall’utilizzo di simboli e dalla capacità di manipolare queste rappresentazioni in modo logico.”2

Quando stiamo leggendo un romanzo che ci coinvolge particolarmente, ci raffiguriamo le immagini delle azioni dei personaggi. Per questo, forse, quando

poi andiamo a vedere la versione cinematografica del film, di solito siamo delusi. Quindi, questa funzione cognitiva è legata alla rappresentazione di immagini mentali e ha una ricaduta sul processo di pianificazioni, di problem solving. Uno studente che interiorizza una lezione, poniamo un capitolo di storia, riuscendo ad immaginare mentalmente tutte le cause e gli effetti di determinati avvenimenti, riuscirà molto meglio di uno studente che si limita a studiare a memoria uno schema preparato con molta cura.

Anche Grotowski (teorico e regista rivoluzionario) illustra il processo di interiorizzazione che avviene in ogni interprete di un opera teatrale “… mediante

questi esercizi (di laboratorio teatrale) cercammo una congiunzione fra la struttura di un elemento e le associazioni che lo trasformano nel modo di ogni attore, preso singolarmente. Come si possono conservare gli elementi oggettivi e, pur tuttavia, trascenderli orientandosi verso un lavoro puramente soggettivo? È questa le contraddizione insita nella recitazione: è la parte dell’allenamento.”3

Nel radiodramma in Panne di Dürrenmatt, il personaggio Traps, capitato per la macchina in panne a casa di un giudice, verrà sottoposto ad un gioco: il suo

processo. Lentamente Traps si sente sempre di più colpevole ed è convinto, alla fine del dramma, che sarà condannato a morte per un crimine che non ha commesso direttamente. Interiorizza il fatto che è un assassino e si comporta come se dovesse essere giustiziato. Ma il processo era solo un gioco, una macabra farsa e crede, nel brano che propongo, che Pilet lo stia preparando per essere ghigliottinato, mentre in realtà lo aiuta soltanto ad andare a letto. Certo, la presenza di una ghigliottina rafforza la sua convinzione. Ha pianificato il suo futuro, purtroppo in modo alquanto funesto.

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TRAPS: Una… una ghigliottina…PILET: Stupendo: toccate un po’. Legno di quercia. Aspettate, ora tiro sulla mannaia. Affilatissima. Là, ora è pronta, c’è voluto un po’ di sforzo.TRAPS: P… Pronta?PILET: Stupendo. Toglietevi la giacca.TRAPS: Capisco è inevitabile.PILET: Vi aiuto. Ora apriamo il colletto.TRAPS: Grazie, faccio da solo.PILET: Voi tremate. TRAPS: Ne ho ben motivo, no? Non è mica uno scherzo, tutto questo.PILET: Gli è che avete bevuto troppo: ecco il colletto è aperto.TRAPS: Non ho più nulla da dire. In fin dei conti sono un assassino. Fate presto.PILET: Stupendo.TRAPS: Sono pronto.PILET: E le scarpe?TRAPS: Le scarpe?PILET: Non volete togliervi le scarpe?TRAPS: Ma non è mica necessario!PILET: Ah, be’ sentite! Siete proprio un gentiluomo! Andate a letto con le scarpe?TRAPS: A letto?PILET: Non venite a dormire?TRAPS: dormire?PILET: Stupendo. Ecco, e ora sdraiatevi.TRAPS: Ma…PILET: Là , ora vi copro. Stupendo.TRAPS: Ma io sono un assassino, signor Pilet, devo essere giustiziato, signor Pilet, devo… Ecco, se n’è andato… ha spento la luce. Ma io sono un assass… sono un… sono… sono stanco, in fondo tutto è un gioco, un gioco, un gioco! (Si addormenta).

dürrenmatt - Radiodrammi - In Panne

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- esercizi di laboratorio teatrale -

iL muro

1^ faseTutto il gruppo è coinvolto, si nomina un capo-muro, che si mette in una certa

posizione, per esempio accovacciato, in mezzo alla scena. Tutti gli altri imitano il capo-muro e si mettono nella stessa posizione, attaccati l’un l’altro in modo da costituire un muro umano. 2^ fase

Un componente del gruppo esce dal muro ed inizia la sua improvvisazione coinvolgendo il muro.

3^ faseSi ricomincia da capo, dalla prima fase.

Attraverso questo esercizio il ragazzo coinvolto si crea un’immagine mentale di una situazione che non ha vissuto direttamente. Per esempio: può immaginare che oltre il muro c’è un prato con un toro che lo minaccia,oppure che il muro è stato appena costruito e ovviamente le battute si riferiranno alla recente costruzione del muro.

Che Cosa C’è neLLa sCatoLa?

I partecipanti si siedono in cerchio. Il conduttore mette in mezzo alla scena uno scatolone. Uno dei partecipanti viene ad aprirlo, ci guarda dentro e descrive agli altri ciò che loro non possono vedere. La scatola può contenere qualsiasi cosa: un vestito, un utensile oppure una Ferrari, la luna, il deserto, un paesaggio immaginario ecc… Chi racconta deve descrivere al gruppo tutto ciò che di incredibile scopre nella valigia. Quando ha finito torna al suo posto e qualcun altro aprirà la scatola per scoprire altre cose…

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note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 2122. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 2133. Grotowski, Per un teatro povero, 1970, pag.42

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Comportamento di pianificazione

La carenza di questa funzione cognitiva è definita come “difficoltà nel rappresentarsi obiettivi molto lontani dal presente e il cui contenuto potrebbe essere vago e si

manifesta come l’incapacità- di distinguere tra obiettivi, sotto obiettivi e mezzi per raggiungerli,- di organizzare gli eventi in una sequenza temporale, - di scomporre obiettivi indefiniti e futuri in componenti e fasi, - di determinare i criteri di opportunità e le alternative,- di valutare gli obiettivi in relazione ai bisogni così da accertarne la rilevanza.”1

Ne La Badante di Cesare Lievi la signora anziana pianifica molto bene la gestione dell’eredità che lascerà, invece che ai figli, alla sua Badante straniera, capendo che

il ruolo, la dedizione, la vitalità della donna, che ha lasciato i suoi figli in Ucraina per

accudirla, sono per lei l’unica fonte di sopravvivenza e forse anche di gioia.

- esercizi di laboratorio teatrale -

ogni Frase a suo posto1^ fase

Dare delle frasi-battute ad ogni componente del gruppo. Le frasi possono essere vere e proprie battute tratte da opere teatrali o versi poetici, frasi banali o proverbi. Memorizzare la propria fase.2^ fase

In gruppi da 2-4 persone, inventare una scenetta in cui si dicano quelle frasi e non altre. Si possono ripetere, spezzare, utilizzarle come si vuole. Il sottotesto è tutto da inventare. L’obiettivo è la pianificazione di un’azione che duri almeno 10 minuti e che abbia senso.

dare i numeriMentre il gruppo cammina nello spazio, ogni membro deve dire un numero in ordine

progressivo: da 1, 2, 3, ecc. fino al numero dei partecipanti. Se lo stesso numero è pronunciato da più persone contemporaneamente, si ricomincia daccapo.

Dopo un primo momento di confusione, il gruppo, intanto che esegue l’esercizio, cerca di trovare una strategia, per esempio: ci sarà chi dirà sempre lo stesso numero, chi aspetterà qualche secondo prima di dire il numero. Alcuni gruppi fanno fatica a trovare una strategia. Occorre insistere per creare coesione nel gruppo.

Questo esercizio è proposto nel libro di P. Brook , La porta aperta. Leggiamo il suo commento:”notate con attenzione cosa ne consegue. Da una parte c’è libertà assoluta. Ciascuno dice

un numero quando meglio crede. Dall’altro lato abbiamo due condizioni che impongono grande disciplina: una è quella di mantenere l’ordine ascendente dei numeri, e l’altra è di non parlare insieme a nessun altro (...) è un’altra semplice dimostrazione del rapporto che corre tra concentrazione, attenzione, ascolto e libertà individuale.”

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Percezione attiva e complessa della realtà

La carenza di questa funzione “si presenta quando ogni oggetto ed evento è colto isolatamente, senza istituire alcuna relazione con altri oggetti ed eventi incontrati

in contesti o tempi diversi. Tale tipo di percezione frammentaria rispecchia un atteggiamento passivo nei confronti dell’esperienza, senza alcun tentativo di contribuire ad essa attivamente organizzando gli eventi, ordinandoli, collegandoli, confrontandoli e quindi collocandoli all’interno di un contesto più ampio e significativo.”1

Come commento a questa funzione cognitiva mi piace prendere a prestito le parole di Pippo del Bono, attore, regista e autore dei suoi testi. L’articolo si riferisce a Urlo.

Pippo del Bono si chiede: che cosa è Urlo?

“Urlo è un grido, quello del neonato, ma anche lo strazio del torturato, la furia dell’arrabbiato che chiede la fine del tempo iniquo, proclama l’urgenza di un modo più umano. Nella lingua dei poeti, Urlo è anche l’ululato del vento, dei lupi e della schiera di potenti, il ringhiare dei cani da guardia dell’ordine dominante, il clamore della moltitudine del popolo non sottomesso...Ma grido anche il bisogno del bambino, grido la voglia di libertà. Perché il potere è anche quello che ognuno di noi ha di cambiare il proprio destino. diceva Chaplin: pensa alla forza che fa crescere gli alberi, pensa alla forza che fa girare l’universo. E poi pensa che quella stessa forza è dentro di te”.

Pippo del Bono

Da una situazione critica, Pippo del Bono riesce a estrapolare la bellezza, il sublime. Infatti, ogni opera teatrale riunisce poesia, danza, musica, mimo e parole. Visione ampia ed unica del teatro, da vedere per lasciarsi trasportare. “Io penso a un teatro popolare, totalmente popolare, ma non un teatro facile, è proprio l’opposto: si tratta di andare con sincerità dentro le cose che sono complesse, perché la vita è complessa. La crescita, il mondo, la vita, la morte, la sofferenza è complessa, quindi uno spettacolo non può che essere complesso. Però nella sua complessità deve arrivare alla gente. L’arte può rivelarsi un tramite con la natura più illuminata della nostra vita, e quindi è bello che possa passare a tante persone.”2

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- esercizi di laboratorio teatrale -

espressioni in immagini

1^ faseCamminare cercando di rendere con il proprio corpo il significato letterale di

alcune espressioni come:

essere sulla cresta dell’ondaandare con il vento in poppacamminare con la testa fra le nuvolesciogliersi in lacrime ardere dal desideriopiantare in assotrovarsi in cattive acqueremare al contrarionon sapere che pesci pigliarerestare a bocca apertanon vedere l’ora

Il conduttore dice un’espressione e il gruppo la mima come la sente. Al battito delle mani del conduttore la camminata torna normale.

2^ fase Mimare davanti al gruppo che è diventato pubblico l’espressione che meglio si è

memorizzata. Il pubblico dovrà indovinare l’espressione.

L’interpretazione scenica di queste espressioni aiuta a riflettere in modo inusuale su espressioni che si utilizzano spesso, collegando l’aspetto metaforico dell’espressione alla concretezza della mimica.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 2182. Barboni, Il teatro di Pippo del Bono, conversazione a cura di Alessandra Rossi Ghiglione, pag. 42

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“Perché ci occupiamo d’arte?Per abbattere le nostre frontiere,

trascendere i nostri limiti,riempire il nostro vuoto – realizzare noi stessi.”

Jerzy Grotowski

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Modalità di comunicazione egocentrica

La modalità di comunicazione egocentrica è “una difficoltà comunicativa che nasce dal modo in cui il soggetto si relaziona con gli altri e consiste nell’incapacità di

distinguere tra sé e gli altri: in altre parole, il soggetto non percepisce chi gli sta intorno come altro da sé. In mancanza di questa fondamentale distinzione, non può avere luogo una comunicazione chiara e reciproca. (...) Compromette il confronto e il dialogo, perché l’incapacità di percepire il punto di vista degli altri porta a fornire messaggi non chiari o significativi per l’interlocutore, in quanto basati su conoscenza e/o esperienze non condivise e quindi incomprensibili all’altro.”1

Se un gruppo di studenti andrà a visitare una centrale nucleare, il tecnico/guida utilizzerà termini semplici alla portata di tutti per farsi capire; un lessico diverso

verrà utilizzato se il gruppo sarà composto da colleghi in visita.

Commedia di Beckett.In questo atto unico, Beckett immagina 3 personaggi/voci rinchiusi in una giara

alta un metro circa che evocano lo stesso evento raccontato dal proprio punto di vista in modo assolutamente egocentrico, poiché non vedono gli altri due personaggi, e non ne conoscono i pensieri e le emozioni. Le facce immobili, “volti senza età, come obliterati, appena più differenziati delle giare. Ma senza maschere. Il passaggio della luce da una faccia all’altra è immediata (...) Volti impassibili. Voci atone, salvo dove un’espressione sia indicata. Dizione rapida.”

I proiettori si spengono. Buio. Cinque secondi. Forti proiettori simultaneamente sulle facce. Voce di forza normaled1: Gli dissi, lasciala perdere – - d2: Una mattina, mentre stavo cucendo – -U: Non era molto che stavamo insieme – -I proiettori si spengono. Buio. Cinque secondi. Proiettori su D1d1: Gli dissi , Lasciala perdere. Gli giurai su quel che avevo di più sacro –Proiettore da D1 a D2d2: Una mattina mentre stavo cucendo, davanti alla finestra aperta, lei arrivò in tromba e mi investì. Lasciatelo perdere, urlò, è mio. In fotografia ci guadagnava. Vedendola allora per la prima volta da capo a piedi e in carne ed ossa, capii che lui potesse preferire me.Proiettore da D2 a UU: Non era molto che stavamo insieme, quando lei sentì puzza di bruciato. Lascia perdere quella svergognata,disse, o mi taglio la gola – (singhiozzo) pardon – quant’è vero che dio mi vede. Sapendo che di prove non ne poteva avere, risposi che non avevo idea di che cosa stesse parlando.

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Proiettore da U a D2d2: di chi state parlando, dissi continuando a cucire come se niente fosse. Qualcuno che sarebbe vostro? Lasciar perdere chi? L’avete impestato, urlò lei, puzza di cagna.Proiettore da D2 a D1d1: Lo feci pedinare per mesi da un uomo di fiducia, ma mai l’ombra di una prova. E dovevo riconoscere che lui aveva per me le stesse … premure di sempre. Questo, e il suo orrore dei rapporti puramente platonici, mi facevano temere certe volte di accusarlo a torto.Proiettore da D1 a UU: di che cosa ti lamenti? dissi. T’ho forse trascurata? Come potremmo stare insieme come stiamo, se ci fosse una … donna nella mia vita? Amandola come l’amavo, voglio dire con tutto il cuore, non potevo che compiangerla.

S. Beckett - Commedia

Come si può capire, si tratta del classico triangolo in cui U è l’uomo, D1 è la moglie- fidanzata e D2 l’amante. L’egocentrismo nasce dal fatto che ogni personaggio

chiuso, nella propria giara, “narra” la vicenda in modo personale senza che ci sia il convenzionale battibecco che la situazione teatrale classica richiederebbe. Commedia è un pretesto originale per affrontare le tematiche preferite da Beckett: l’incomunicabilità, l’impossibilità di mettere in scena con la vecchia forma teatrale e l’impossibilità gestuale dei personaggi-urne che esistono solo attraverso la parola e la luce del proiettore.

Succede di frequente che, durante le improvvisazioni teatrali, una persona dica qualcosa o faccia qualcosa e l’altro non reagisca adeguatamente alla battuta del

compagno. Questo tipo di egocentrismo nasce perché si è troppo concentrati su di sé, sulla propria performance e non lo si ascolta.

- esercizi di laboratorio teatrale -

aLLa riCerCa deLL’assassino

1^ faseSi stabilisce che c’è stato un omicidio. Hanno ucciso qualcuno, per esempio si

può chiamare Paolo (dare un nome preciso al personaggio inventato, inquadrarlo dal punto di vista sociale, è sposato, ha dei figli, l’età … la descrizione deve essere il più precisa possibile, indicare inoltre il giorno dell’omicidio, il luogo e come è stato ucciso).

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2^ faseIl conduttore diventa il commissario e inizia l’interrogatorio di tutti i testimoni.

Nessun accordo precedente nel gruppo. Si mette una sedia in mezzo alla scena e man mano, quando uno se la sente, verrà interrogato dal commissario e lì per lì inventerà un personaggio che abbia un legame con Paolo (per es. il padre, l’amico, un prof, il suo panettiere, ecc…).

Il commissario inizia l’interrogatorio chiedendo nome e cognome e in quale rapporto era con la vittima. In seguito, il procedere dell’esercizio dipende da quello che i vari testimoni dicono; qualcuno può fare l’ingenuo, qualcuno può accusare qualcun’altro o fare delle rivelazioni compromettenti… insomma la fantasia di ogni componente entrerà in gioco. Un testimone sarà l’assassino, ma non si sa chi, lo si dovrà indovinare alla fine dell’esercizio.

Durante le testimonianze/monologo la storia evolve attraverso le risposte date al commissario. Potrebbe quindi succedere che qualcuno sia costretto a cambiare personaggio perché un membro del gruppo l’ha già utilizzato.

In questo gioco l’ascolto di quello che dice il compagno è essenziale in quanto la testimonianza di ciascuno è legata a quanto dicono i compagni precedenti. Non è possibile prepararsi prima perché non c’è il tempo e non si può sapere quale sarà l’andamento della storia. Si potenziano: la concentrazione, l’ascolto e la flessibilità.

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 218-219

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Blocco

Feuerstein scrive: “il blocco avviene quando l’esecuzione di un certo compito viene sospesa e può essere dovuto alla mancanza di iniziativa nel reagire a nuovi bisogni.

Questa dimensione emotivo - comportamentale può avere origine da una difficoltà cognitiva che compromette la disponibilità del soggetto a reiterare uno sforzo che potrebbe portare a un nuovo insuccesso. Esistono numerosi fattori energetico - affettivi che possono indurre o accentuare il blocco. (...) La mediazione deve concentrarsi su due punti principali : la prevenzione e il recupero.”1 Prevenire regolando il comportamento per evitare che il soggetto agisca con impulsività e recuperare pianificando la risoluzione del compito andando oltre uno schema intuitivo automatico.

Riporto qui un interessante blocco da parte di un personaggio minore della commedia di Edmond Rostand Cyrano de Bergerac il personaggio è un seccatore

che, minacciato dalla spada di Cyrano, e dalla sua parlantina, non riesce più ad esprimersi.

CyRANO: Ed ora via - fuori dai piedi!IL SECCATORE: Ma …CyRANO: Via! - Ma ditemi perché mi guardate il naso?IL SECCATORE (atterrito): Io?...CyRANO (avvicinandoglisi): Cos’ha di così strano?IL SECCATORE (indietreggiando): Vostra Grazia si sbaglia …CyRANO: È molle e pendulo come una proboscide? IL SECCATORE (come sopra): Io non ho …CyRANO: O adunco come un becco di gufo?IL SECCATORE: Io …CyRANO: C’è una verruca sulla punta? IL SECCATORE: Ma …CyRANO: O forse ci passeggia qualche mosca? Insomma cos’ha di così straordinario? IL SECCATORE: Oh!CyRANO: È davvero così fenomenale? IL SECCATORE: Mi sono guardato bene dal guardarlo CyRANO: Perché non guardarlo?IL SECCATORE: Io avevo …CyRANO: Allora vi disgusta?IL SECCATORE: Signore …CyRANO: Ha forse un’aria malsana?IL SECCATORE: Signore!CyRANO: Una forma oscena?IL SECCATORE: No, niente affatto!

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CyRANO: E allora perché quell’aria critica? Vi sembra forse troppo grande?IL SECCATORE (balbettando): No, anzi lo trovo piccolo, piccolissimo, minuscolo!CyRANO: Come? Voi mi prendete in giro! Piccolo il mio naso? Ehi-là!IL SECCATORE: Oh, cielo!CyRANO: Enorme è il mio naso!

Edmond Rostand - Cyrano de Bergerac - Atto I - scena 4

Il blocco durante gli esercizi teatrali è frequente per vari motivi, soprattutto emotivi. All’improvviso non si sa più che cosa fare o che cosa dire, ci si blocca, ci si sente

a disagio. Fondamentale è il ruolo del conduttore che può prevenirlo con una giusta mediazione; per esempio può:

- dare più tempo per l’esecuzione dell’esercizio- accertarsi che la consegna sia stata capita: a volte è più difficile spiegare gli esercizi

che eseguirli, per cui un esempio da parte del conduttore rende tutto più facile poiché in quel momento anche lui entra in gioco fornendo eventuali strategie

- fare iniziare l’esercizio da chi si sente più sicuro- insistere che è più importante la strategia per risolvere un problema, piuttosto che

il risultato della improvvisazione- fare notare che il disagio diminuisce se l’esercizio verrà proposto parecchie volte.

- esercizi di laboratorio teatrale -

ti bLoCCo suL piÙ beLLo

ImprovvisazioniImpedire ad un personaggio di compiere un’azione, senza ricorrere alla violenza,

solo con le parole.Situazioni:

1. vedere la partita2. mangiare un pasticcino3. ritirare soldi al bancomat4. consultare una cartomante5. incontro galante

note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 219-220

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Risposte per tentativi ed errori

Il soggetto, spiega Feuerstein, “non è in grado di utilizzare efficacemente i tentativi che ha compiuto e di interiorizzare strategie e soluzioni già provate e quindi procede

unicamente per tentativi ed errori. In altre parole il soggetto risponde alle situazioni nuove con tentativi – che possono essere più o meno efficaci- senza applicare al nuovo contesto l’esperienza che ha acquisito in precedenza.”1

Ne Le furberie di Scapino di Molière, Scapino, servo di Leandro, ne combina di tutti i colori. È un malandrino di buon cuore a cui i giovani Leandro e Ottavio si confidano.

Nel brano che propongo, Scapino risponde alle domande di Leandro per tentativi perché non sa esattamente quello che Leandro vuole sapere e confesserà tutte le malefatte che ha commesso.

LEANdRO: E allora parla.SCAPINO: Ma vi ho forse fatto qualcosa, signore?LEANdRO: Sì, furfante, e la tua coscienza sa anche troppo bene di che cosa si tratta.SCAPINO: Io vi assicuro che non lo so.LEANdRO (avanzandosi per colpirlo con la spada): Ah, non lo sai!OTTAVIO (trattenendolo): Leandro.SCAPINO: E va bene signore, se proprio lo volete sapere, confesso di aver bevuto con i miei amici quel mezzo ettolitro di vino di Spagna che vi hanno mandato in omaggio pochi giorni fa; e che sono stato io a fare quello spacco nella botte,e bagnato tutt’intorno, per far credere che il vino se ne fosse uscito di lì.LEANdRO: Sei tu mascalzone, che hai bevuto il mio vino di Spagna, per cui io ho tanto sgridato la serva pensando che fosse lei a farmelo sparire?SCAPINO: Sì signore, e ve ne chiedo perdono.LEANdRO: Sono contento d’averlo saputo; ma al momento non è questo che m’interessa. SCAPINO: Non è questo, signore?LEANdRO: C’è un’altra storia che m’interessa molto più da vicino, e voglio che tu me lo dica!SCAPINO: Signore, io non ricordo d’aver fatto nient’altro.LEANdRO (cercando di colpirlo): Non vuoi parlare?SCAPINO: Eh!OTTAVIO (trattenendolo): Calma SCAPINO: Sì, signore, è vero: tre settimane fa, una sera, mi avete mandato a portare un orologio a quella giovane zingara di cui siete innamorato. Quando sono tornato a casa avevo tutti i vestiti sporchi di fango, e la faccia piena di sangue, e vi ho detto che

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avevo incontrato dei ladri, che mi avevano picchiato e portato via l’orologio. E invece, signore me l’ero tenuto io.LEANdRO: Tu ti sei tenuto il mio orologio?SCAPINO: Sì, signore, così so sempre che ora è.LEANdRO: Ah, ah, qui si vengono a sapere un sacco di belle cose; e davvero ho proprio un servitore fidato. Ma non è neanche, questo quello che voglio sapere.SCAPINO: Non è neanche questo?LEANdRO: No, infame: un’altra è la cosa che voglio sentirti confessare!SCAPINO: Accidenti!LEANdRO: Su, parla: ho fretta.SCAPINO: Signore, questo è tutto quello che ho fatto.LEANdRO (cercando di colpirlo): Questo è tutto?OTTAVIO: Eh!SCAPINO: E va bene! Sì, signore; vi ricordate quella specie di lupo mannaro che una notte, sei mesi fa, vi ha riempito di bastonate, tanto che fuggendo siete caduto in una cava e a momenti vi rompevate l’osso del collo? LEANdRO: E allora?SCAPINO: Quella specie di lupo mannaro, ero io. LEANdRO: Quella specie di lupo mannaro, traditore, eri tu?SCAPINO: Sì, signore, ma l’ho fatto soltanto per mettervi un po’ di paura, e farvi passare la voglia di farci correre in giro, tutte le notti, com’era vostra abitudine. LEANdRO: A tempo e luogo saprò ricordarmi di tutto quello che sono venuto a sapere. Ma adesso voglio venire al fatto, e che tu mi confessi quel che hai detto a mio padre.SCAPINO: A vostro padre?LEANdRO: Sì, imbroglione, a mio padre.SCAPINO: da quando è tornato non l’ho neanche visto.

Molière – Le furberie di Scapino - Atto II - scena 3

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- esercizi di laboratorio teatrale -

oggetto personaggio

C’è un oggetto qualsiasi in mezzo alla scena: un quaderno, un pezzo di legno, una scatola. Due del gruppo entrano in scena e devono cercare di entrare in relazione fra di loro coinvolgendo l’oggetto, ma senza toccarlo. Gli altri componenti del gruppo fanno da spettatori.

La scena è senza parole. L’oggetto diventa il perno delle azioni. A forza di tentativi la coppia entrerà in contatto e l’intesa tacita che evolve con sguardi, spostamenti, ecc. coinvolgerà anche l’oggetto.

Il gioco finisce quando uno dei due non riesce più a sostenere l’improvvisazione e a non toccare l’oggetto.

Per la prima coppia sarà più difficile fare l’esercizio, quelli che verranno in seguito impareranno dai primi ed entreranno in sintonia fra loro quasi subito.

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note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 220

Escher, Convesso e concavo, 1955.

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Trasposizione visiva

Questa funzione cognitiva è carente quando si ha “la difficoltà di conservare una figura mentre la si sposta mentalmente o di individuare la parte mancante che la

completa tra più possibilità che devono essere osservate su piani focali diversi.”1

In Uscio Chiuso, Sartre immagina che i suoi protagonisti siano morti e condannati a vivere insieme in quella stanza senza specchi e da cui ovviamente non possono uscire.

In questo passaggio, Estelle rivede il suo funerale.

ESTELLE: La cerimonia non è finita. (Parla in modo fin troppo naturale, ma come se vedesse quello che descrive) Il vento sposta la veletta di mia sorella. Fa quello che può per piangere. dai! dai! Ancora uno sforzo. Ecco! due lacrime. due piccole lacrime che brillano sotto la veletta. Olga Jardet è molto brutta questa mattina. Sostiene mia sorella con il braccio. Non piange a causa del rimmel e devo dire che al posto suo… Era la mia migliore amica.

Sartre - Huis Clos - scena 5 (traduzione personale)

Intanto che Estelle racconta con poche parole del suo funerale e lo “vede” come precisa Sartre, anche noi spettatori riusciamo a respirare l’atmosfera di questa cerimonia.

Prendo un altro esempio interessante di trasposizione visiva da un autore spagnolo, Valle Inclán, Luci di bohème. Il passo riportato parla di esperpento che significa,

come definisce il Diccionario della real Academia Española, “persona o cosa notevole per la sua bruttezza, trascuratezza o cattivo aspetto. Dissennatezza. Assurdo”. Ma per Valle Inclán il termine diventa metafora di una visione del mondo, deformata, tragica: tragedie grottesche che ritraggono l’umanità in generale, ma soprattutto la realtà spagnola, attraverso «un’estetica sistematicamente deformata», secondo le parole dell’autore.

MAx: don Latino de Hispalis, personaggio grottesco, ti immortalerò in un romanzo.dON LATINO: In una tragedia Max.MAx: La nostra tragedia non è una tragedia. dON LATINO: Sarà ben qualcosa. MAx: È un esperpento.dON LATINO: Non storcere la bocca Max ( …)MAx (…): L’esperpento lo ha inventato Goya. Gli eroi classici sono andati a passeggiare nel vicolo del Gato (il vicolo Juan Àlvarez Gato è una piccola strada di Madrid, vicino al Teatro Español, dove esistono tuttora degli specchi deformanti).dON LATINO: Sei ubriaco fradicio!

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MAx: Gli eroi classici riflessi negli specchi concavi danno l’esperpento. Il senso tragico della vita spagnola può essere reso solo da un’estetica sistematicamente deformata (…) In uno specchio concavo le immagini più belle diventano assurde. dON LATINO: d’accordo. Ma a me diverte guardarmi negli specchi del vicolo del GatoMAx: Anche a me. La deformazione cessa di essere tale quando è soggetta a una matematica perfetta. La mia estetica attuale è di trasformare con una matematica da specchio concavo le regole classiche.dON LATINO: E dov’è lo specchio?MAx: In fondo al bicchiere.dON LATINO: Sei geniale! Mi tolgo il cappello!MAx: Latino, deformiamo il nostro linguaggio nello stesso specchio che ci deforma i volti e che deforma tutta la vita miserabile della Spagna.

Valle Inclán - Luci di bohème - scena 12

- esercizi di laboratorio teatrale -

mimo oggettoIl gruppo composto da 3-4 persone dovrà mimare un oggetto in movimento. I

gesti fra i vari componenti saranno armoniosi e comprensibili. Si dà qualche minuto per la preparazione della scena. Ognuno mimerà una parte dell’oggetto. Il pubblico deve indovinare di quale oggetto si tratta. Esempi:

1. orologio a cucù2. pentola che bolle3. treno che si sposta

La funzione cognitiva entra in atto poiché chi guarda, ma anche chi esegue l’esercizio, dovrà visualizzare l’oggetto.

storia mimataA coppia ci si accorda su una storia da mimare. Il resto del gruppo ricostruisce la

storia narrandola.

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note:1. Feuerstein et al., Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, 2006, pag. 222

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INPUTPercezione sfuocata

e superficialeShakespeare - Otello Mimo telefonico

Orientamento temporale

Orientamento spaziale

Beckett - Aspettando Godot

Eric-Emmanuel SchmittPiccoli crimini coniugali

Beckett - Finale di partita

Improvvisazioni

Tempo - ritmo

Camminare camminare e ancora camminare …

Lo specchio

Conservazione delle costanti

Saramago - don Giovanni

Albanese - Personaggi

Un movimento per varie interpretazioni

Orchestra Umana

Precisione e accuratezza nella raccolta dati

Benni - Sherlock Barman Molière - L’avaro

Scambio d’identità

La mia giornata

Uso simultaneo di due o più fonti d’informazione

IonescoLa Cantatrice calva

La valigia dei sogni

ElABORAZIONE

Capacità di cogliere l’esistenza di un

problema

Campanile - L’anfora Shakespeare - Re Lear

Gonerilla

La ricetta del Tiramisù

Capacità di distinguere i dati rilevanti da quelli

non rilevantiCamus - Caligola Statue da indovinare

Comportamento comparativo spontaneo

Molière - Il Tartufo

Ayn RandLa notte del 16 gennaio

Stessa scena per soluzioni diverse

Ritmo e parola

Funzioni Brani EsErcizio di cognitivE opErE LaBoratorio

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Ampiezza del campo mentale

Peter BrookLa porta aperta

La sedia

Bisogno di comportamento

sommativo

Shakespeare Il Mercante di Venezia

Ad ognuno la propria scena

Una parola, una storia

Proiezioni di relazioni virtuali

PirandelloSei personaggi

Azioni senza oggetti

Non solo Favole

Numeri Virtuali

Bisogno di prove logiche Aristofane - Le NuvoleDomande nonsense

Mini dialogo

Comportamento di interiorizzazione

Dürrenmatt - In Panne Il muro

Che cosa c’è nella scatola?

Comportamento di pianificazione

Lievi - La BadanteOgni frase a suo posto

Dare i numeri

Percezione attiva e complessa della realtà

Pippo del Bono - Urlo Espressioni in immagini

OUTPUT

Modalità di comunicazione

egocentricaBeckett - Commedia

Alla ricerca dell’assassino

BloccoEdmond Rostand

Il Cyrano di BergeracTi blocco sul più bello

Risposte per tentativi ed errori

MolièreLe furberie di Scapino

Oggetto personaggio

Trasposizione visivaSartre - Uscio chiuso

Valle Inclán - Luci di bohème

Mimo oggetto

Storia Mimata

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banca dati delle emozioni

a bocca aperta abbandonato abbattuto accasciato addolorato affabile affettuoso affranto agitato allarmato allegro allibito alterato amareggiato angosciato annebbiato annoiato ansioso appagato apprensivo arrabbiato astioso atterritoavversoavvilito afflittobiliosocaloroso

caoticochiuso collerico colpevole colpitocompiaciuto confuso contento contratto cupo deluso depressodesolato di sassodi stucco diffidente disarmonico disgustato disilluso disordinato disorganizzato disperato diversodivertito dolente dubbioso eccitato esaltato

esitante espansivo esterrefatto euforico feliceferito fiducioso frustrato furibondofurioso gaio geloso gioioso goffo imbarazzato impacciato impaurito impaziente impressionatoincantatoincasinatoincavolato incazzato incerto incoerenteincomprensibile increduloindignato

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indistintoinfastidito infelice inferocito inorridito inquieto insicuro insoddisfattointeressato intimoritointrattabile invidiosoirato irrigidito irritabile lieto malinconico meravigliatomescolatomesto mortificato nauseatonervoso offeso oppressooscuroottimista particolarepauroso pavido penoso

perdente permaloso pessimista preoccupato prostratorattristato ripugnato risentitoritroso rivoltato sbalestratosbigottitosbilanciatoscandalizzato schifato scioccatosconcertatosconfortato sconnessoscontento scontroso sconvolto scoraggiato sereno sgomentato singolaresoddisfatto sollevato sorpreso sottosopra spaventato

spensierato speranzoso squallido squilibrato stizzoso stomacato stralunatostrambo strampalatostrano stufo stupefatto stupito suscettibile svilito tenero teso sbalorditotetro timido timoroso tormentato trasandato trascurato trasecolatotriste umile umiliato urtato vendicativo vergognato

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BIBlIOGRAFIA EssENZIAlE

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Teatro

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Benni S., Teatro, ed. Feltrinelli – Milano - 1999.

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