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1 FREUD E L’ “OCCULTISMO” GIOVANNI IANNUZZO L’interesse di Freud per il cosiddetto “paranormale”, ed in particolare per la telepatia, è stato oggetto di accese discussioni e di molteplici interpretazioni. Secondo alcuni studiosi egli non mostrò mai alcuna considerazione per un campo di studi così controverso e irrazionale; secondo altri il fondatore della psicoanalisi nutrì sempre un forte interesse nei confronti dell’argomento, che espresse in modo moderato nelle sue opere solo per motivi di opportunità scientifica. In questo articolo si tenta di comprendere, attraverso una attenta analisi delle sue opere, quale furono le reali convinzioni di Freud sul paranormale, l’”occultismo” e la telepatia. In una lettera a G. W. Groddeck, datata 29 maggio 1921, Freud, rispondendo ad un invito dell'amico a trascorrere da lui un pe- riodo di riposo: “È chiaro che non potrei stare da Lei solo per godermi il fascino della sua compagnia. Dovrei anche occuparmi degli strani influssi che Lei studia. Inoltre c'è la telepatia che bussa forte alle nostre porte pretendendo di entrare; e molte altre cose che vengono chiamate occulte”. In realtà, la telepatia e i fenomeni “occulti” attraevano fortemente Freud già da tempo, e i suoi interessi in questo campo non erano certamente nuovi. Nulla di strano: come numerosi altri scienziati che vissero e operarono nel periodo storico che sta a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, anche Freud fu affascinato da quel campo di ricerche che allora aveva diverse denominazioni (Okkultismus in Germania, ricerca psichica nei paesi di lingua anglosassone, metapsichica in Francia) e che attualmente viene definito “parapsicologia”. Sin dal 1911, per esempio, egli era divenuto membro della Society for Psychical Research inglese, una prestigiosa fondazione privata il cui fine statutario era lo studio dei misteriosi fenomeni che venivano considerati allora (ed oggi la situazione non è cambiata molto) con scetticismo dalla comunità scientifica: trasmissione del pensiero e telepatia, visione a distanza, previsione del futuro e altri ancora. Occuparsi di simili argomenti era un rischio per chiunque fosse nella condizione di Freud, quella cioè di uno studioso che aveva già affrontato diverse battaglie per l'affermazione scientifica della psicoanalisi. Occuparsi di telepatia e di occultismo non avrebbe giovato sicuramente all'immagine della psicoanalisi come scienza. Infatti, a fronte di ricerche scientifiche di tutto ri- spetto, come quelle di Morselli sulla medium Eusapia Palladino o quelle di Jung stesso, compendiate già nella sua tesi di laurea, esisteva un vasto e potente “movimento spiritico” fondato sulla credenza che si potesse comunicare con il mondo dei defunti e che i fenomeni “paranormali” fossero al tempo stesso una

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FREUD E L’ “OCCULTISMO”

GIOVANNI IANNUZZO L’interesse di Freud per il cosiddetto “paranormale”, ed in particolare per la telepatia, è stato oggetto di accese discussioni e di molteplici interpretazioni. Secondo alcuni studiosi egli non mostrò mai alcuna considerazione per un

campo di studi così controverso e irrazionale; secondo altri il fondatore della psicoanalisi nutrì sempre un forte interesse nei confronti dell’argomento, che

espresse in modo moderato nelle sue opere solo per motivi di opportunità scientifica. In questo articolo si tenta di comprendere, attraverso una attenta

analisi delle sue opere, quale furono le reali convinzioni di Freud sul paranormale, l’”occultismo” e la telepatia.

In una lettera a G. W. Groddeck, datata 29 maggio 1921, Freud, rispondendo ad un invito dell'amico a trascorrere da lui un pe-riodo di riposo: “È chiaro che non potrei stare da Lei solo per godermi il fascino della sua compagnia. Dovrei anche occuparmi degli strani influssi che Lei studia. Inoltre c'è la telepatia che bussa forte alle nostre porte pretendendo di entrare; e molte altre cose che vengono chiamate occulte”. In realtà, la telepatia e i fenomeni “occulti” attraevano fortemente Freud già da tempo, e i suoi interessi in questo campo non erano certamente nuovi. Nulla di strano: come numerosi altri scienziati che vissero e operarono nel periodo storico che sta a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, anche Freud fu affascinato da quel campo di ricerche che allora aveva diverse denominazioni (Okkultismus in Germania, ricerca psichica nei paesi di lingua anglosassone, metapsichica in Francia) e che attualmente viene definito “parapsicologia”. Sin dal 1911, per esempio, egli era divenuto membro della

Society for Psychical Research inglese, una prestigiosa fondazione privata il cui fine statutario era lo studio dei misteriosi fenomeni che venivano considerati allora (ed oggi la situazione non è cambiata molto) con scetticismo dalla comunità scientifica: trasmissione del pensiero e telepatia, visione a distanza, previsione del futuro e altri ancora. Occuparsi di simili argomenti era un rischio per chiunque fosse nella condizione di Freud, quella cioè di uno studioso che aveva già affrontato diverse battaglie per l'affermazione scientifica della psicoanalisi. Occuparsi di telepatia e di occultismo non avrebbe giovato sicuramente all'immagine della psicoanalisi come scienza. Infatti, a fronte di ricerche scientifiche di tutto ri-spetto, come quelle di Morselli sulla medium Eusapia Palladino o quelle di Jung stesso, compendiate già nella sua tesi di laurea, esisteva un vasto e potente “movimento spiritico” fondato sulla credenza che si potesse comunicare con il mondo dei defunti e che i fenomeni “paranormali” fossero al tempo stesso una

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sorta di mezzo di comunicazione con questa realtà trascendente e una sua manifestazione. Esso sosteneva inoltre credenze e ipotesi tutt'altro che scientifiche. Tale movimento ruotava infatti intorno a figure spesso molto discutibili sul piano morale, i cosiddetti medium, che non raramente frodavano per accrescere o mantenere il loro prestigio. La scoperta di queste frodi non aveva certamente favorito la nascita di un serio movimento di ricerca, anzi aveva allontanato ancora di più gli studiosi seri da questo campo. Vi erano a questa regola ben poche eccezioni, rappresentate da personaggi che ritenevano di avere sufficiente prestigio e autorità accademica per potersi dedicare disinvoltamente a questi studi, senza correre per questo il rischio di essere considerati di scarsa serietà. Anche l'interesse più sincero non poteva che cedere di fronte a questa obiettiva situazione. Il che spiega come mai all'interesse espresso da Freud in via privata non corrispose un uguale impegno pubblico. Nel 1912 Freud pubblicò un breve articolo sul concetto di inconscio in psicoanalisi, che apparve sui Proceedings della Society for Psychical Research, confermando così un suo ,generico interesse verso la ricerca psichica, ma senza con questo ammettere o negare premesse e conclusioni relative ai fenomeni paranormali. Già prima di allora, comunque, egli aveva incontrato fenomeni misteriosi nel corso della sua pratica di analista. Il confronto con questa realtà misteriosa e aliena alle conoscenze scientifiche del suo tempo fu, per un certo periodo, sicuramente critico. Nel 1899 egli aveva già scritto una breve nota su un caso occorso ad una sua paziente, che aveva sognato di incontrare una persona, cosa che poi realmente avvenne il giorno dopo nelle stesse circostanze del sogno: “La signora B., una signora intelligente e

dotata anche di spirito critico, racconta parlando d'altro, in modo nient'affatto tendenzioso, di aver sognato anni fa d'incontrare davanti al negozio di Hies, nella Karrnerstrasse il dottor K., suo medico di famiglia e amico d'un tempo. L'indomani mattina passa per quella strada e incontra effettivamente la persona indicata proprio nel luogo sognato. Fin qui la storia. Aggiungo che questo portentoso incontro non rivelò il suo significato attraverso alcun avvenimento successivo, non è dunque giustificabile ricorrendo al futuro”.

Sigmund Freud L'interpretazione che egli diede di questo fenomeno non fece alcun riferimento alla sua presumibile obiettività: la paziente, cioè, non avrebbe incontrato realmente l'amico sognato bensì un'altra persona, alla quale per esigenze psicodinamiche specifiche, avrebbe attribuito l'identità dell'altro. Egli considera un'impressione il

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fatto d'avere ricordato un sogno presunto profetico, e lo ritiene un falso ricordo, interpretando il caso come successivamente, nella Psicopatologia della vita quotidiana, interpreterà i fenomeni di deja vu. [Questa nota fu pubblicata solo nel 1941]. Un altro riferimento ai sogni profetici si trova nella prima edizione della Interpretazione dei sogni, ed ha lo stesso carattere critico: “E il valore del sogno per la conoscenza del futuro? Naturalmente non è il caso di pensarci”. Anche nella Psicopatologia della vita quotidiana vi è un accenno ai fenomeni “occulti”, in particolar modo ai sogni precognitivi e ai presagi: “Non credo - scriveva Freud - che un evento verificatosi senza la partecipazione della mia vita psichica possa apprendermi alcunché di nascosto sulla forma che assumerà la realtà futura; credo invece che una manifestazione non intenzionale della mia propria attività psichica mi sveli veramente qualcosa di riposta, che a sua volta appartiene soltanto alla mia vita psichica; io credo dunque alla casualità esterna (reale), non a quella interna (psichica)”. Quest'opera è una testimonianza comunque del lavorio interiore di Freud riguardo a questi argomenti. Se infatti nella prima edizione non figurava molto sul paranormale, nelle successive edizioni il capitolo dodicesimo (“Determinismo, credenza nel caso e superstizione”) fu ampiamente rimaneggiato, sino ad assumere nella sua forma definitiva, delle connotazioni teoriche del tutto assenti nell'edizione originaria. A questo capitolo, nel 1907, fu aggiunto un nuovo, lungo paragrafo, nel quale Freud espose praticamente le sue credenze in fatto di telepatia e fenomeni paranormali. Dopo aver dato la sua interpretazione della su-perstizione, egli pone un problema fondamentale: “Ammettendo di non aver affatto esaurita

con queste osservazioni la psicologia della superstizione, dovremo d'altra parte almeno sfiorare il problema se sia da negare assolutamente che la superstizione abbia radici nella realtà, se sia cerro che non esistano presagi, sogni profetici, esperienze telepatiche, manifestazioni di forze sovrannaturali e simili. Sono lungi dal voler rigettare in blocco questi fenomeni, sui quali si hanno molte osservazioni accurate anche da parte di intellettuali eminenti e che molta opportunamente dovrebbero formare oggetto di ricerche ulteriori. È anzi da sperare che una parte di queste osservazioni trovi chiarimento in base alla nostra incipiente conoscenza dei processi psichici inconsci, senza imporci radicali alterazioni delle nostre concezioni odierne”.

George Walther Groddeck Per sostenere ancora meglio questa affermazione, nel 1924 Freud aggiunse al testo una nota che si riferiva a due lavori su questo stesso argomento di E. Hitschmann. Non riuscì però a dissimulare la sua vivace antipatia per le pretese degli spiritisti, che d'altra parte ribadirà spesso. Per cui, dopo

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avere ammesso candidamente che nemmeno la realtà delle pretese degli spiritisti potrebbe cambiare il modello scientifico della psicoanalisi, né creare alcuna “perplessità sulla connessione delle cose nell'universo”, esprime ironicamente il suo convincimento personale al riguardo: “Debbo purtroppo confessare di appartenere a quella categoria di individui indegni al cui cospetto gli spiriti rinunciano alla loro attività e il paranormale si disperde, cosicché non fui mai in condizione di provare cose che m'incitasse-ro a credere nei miracoli. Come tutti gli uomini, ho avuto presagi e ho subito disgrazie, ma le due cose si sono sempre evitate tra di loro, cosicché i presagi rimasero senza seguito e le disgrazie mi colpirono senza essere presagite”. E continua: “Neanche uno dei presagi narratimi dai pazienti ha potuto acquistarsi il mio riconoscimento di fenomeno reale”. Nell'edizione del 1924 aggiunse la frase: “Debbo tuttavia ammettere di avere fatto negli ultimi anni alcune singolari esperienze che avrebbero trovato facile spiegazione ammettendo la trasmissione telepatica del pensiero”. Si trattò, comunque, solo di un ampliamento delle sue vedute sull'argomento, reso necessario dalle sue esperienze cliniche e culturali dall'epoca in cui aveva scritto la prima edizione della Psicopatologia della vita quotidiana. Poco più oltre, infatti, nella stessa opera, afferma: “La credenza ai sogni profetici conta molti seguaci, perché può poggiare sul fatto che nel futuro si compiono effettivamente alcune cose così come il desiderio, nel sogno, le aveva costruite. Ma c'è poco da meravigliarsene, e tra il sogno e il suo adempimento, di regola, risultano forti divari che la credulità dei sognatori ama trascurare”. Freud, insomma, fu inizialmente scettico nei confronti delle tematiche “parapsicologiche”, ma successivamente

subentrò qualche cambiamento. Il più importante risale probabilmente al 1907, e coincide con .l'inizio dei suoi rapporti personali e professionali con CarI Gustav Jung. Freud e Jung si erano conosciuti personalmente nel marzo del 1907. Se le loro opinioni, allora, coincidevano su molti argomenti, sicuramente erano abbastanza dissimili per quanto si riferiva ai fenomeni “paranormali”.

Carl Gustav Jung Jung era non solo un entusiasta sostenitore della realtà di tali fenomeni, ma egli stesso ne era un attivo studioso, probabilmente anche un protagonista. D'altra parte sembra che egli avesse delle solide tradizioni di famiglia in questo campo; aveva inoltre studiato una medium quindicenne, dimostrando, alla fine, che i fenomeni spiritici in realtà non esistevano e che, invece, le diverse personalità che si presen-tavano nel corso delle sedute medianiche non erano entità di defunti, bensì un prodotto della dissociazione della

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personalità della medium, che dava vita a personalità alternanti. Su questo argomento elaborò la sua tesi di laurea in medicina. L'incontro tra l'entusiasta studioso svizzero e il razionale, prudente Freud, ebbe come conseguenza un rinnovato interesse di quest'ultimo verso i fenomeni “paranormali”, come è dimostrato dalla corrispondenza tra Freud e Jung fra il 1907 e il 1912. Nonostante che ne fosse sicuramente incuriosito, Freud non era del tutto convinto della validità degli interessi del suo “allievo” preferito. Spesso espresse anzi il suo disappunto per questo aspetto degli … ingombranti interessi di Jung. Non è improbabile che alla base di certi atteggiamenti di Freud vi fossero anche delle motivazioni personali, come sembra dimostrare un divertente episodio. Nel corso di una visita di Jung a Freud, mentre questi contestava all'allievo ancora una volta certi aspetti non condivisibili delle sue credenze, avvenne un fenomeno singolare: nella libreria si udì un fortissimo schianto, che non poteva essere spiegato in alcun modo normale. Jung sostenne allora che ce ne sarebbe stato molto probabilmente un altro, il che puntualmente avvenne, a testimonianza, quasi, che lo stesso Jung aveva capacità insolite - come si potrebbe peraltro evincere da quanto egli stesso descrive nella sua autobiografia. Freud rimase molto impressionato dall'episodio. Il suo turbamento però non durò molto a lungo. Quando Jung, in una lettera datata 2 aprile 1909 gli ricordò' l'episodio, Freud tentò di fornire una spiegazione meccanicistica e razionale, un po' secondo i criteri che lui stesso aveva enunciato nella “Psicopatologia della vita quotidiana”: “Dapprima - rispose - volevo considerare come una prova se il rumore, così frequente durante la sua visita, fosse completamente cessato in sua assenza; invece da allora si è ripetuto alcune volte, ma mai in

connessione con i miei pensieri e mai quando pensavo a lei o a questo suo problema specifico (anche in questo momento no, aggiungo come sfida)”. Si tratta di un episodio celebre che anche ]ones racconta nella biografia di Freud, mettendo l'accento sulla credulità di ]ung e sulla razionalità del fondatore della psicoanalisi: “In occasione di una delle sue prime visite a Vienna, il 25 marzo 1909, deliziò per una sera Freud con lo straordinario racconto dei SUOI esperimenti e fece mostra delle sue capacità di folletto eseguendo vari numeri basati sui rumori della mobilia. Freud ammise di essere rimasto impressionatissimo da questa impresa e cercò di ripeterla dopo che Jung se ne fu andato; scoprì allora le banali ragioni fisiche dei lievi rumori uditi e osservò che la sua credulità era svanita insieme all’incantesimo della personalità di Jung. Scrisse immediatamente all"amico ammonendolo di non scaldarsi troppo con storie del genere”. Forse, però, ]ones non narrò l'episodio con molta obiettività. Probabilmente ciò fu dovuto alla sua personale ostilità verso questi argomenti che lo portò persino a vedere in tali interessi di Freud una sua debolezza. Di certo ]ung se ne ebbe a male per quel commento, e se ne risentì in un'intervista a Bennett: “Ad ogni modo perché Ernst Jones non mi ha interrogato su questo ed altri episodi avvenuti precedentemente' Aveva il mio indirizzo e dato che ero l"unica persona ancora vivente fra quelle state presenti, avrei potuto raccontargli l"accaduto”. Se ]ung aveva contribuito a mitigare la durezza di alcune sue posizioni precedenti, su Freud ebbero comunque una influenza ben più determinante sia i rapporti con Ferenczi sia il suo celebre “viaggio americano”. Nel 1909, infatti, Freud si recò - insieme a ]ung e, appunto, a Ferenczi - negli Stati Uniti. Stanley Hall, il noto

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psicologo americano, lo aveva invitato a tenere alcune conferenze sulla psicoanalisi nella Clark University a Worcester, nel Massachussets. Alle conferenze di Freud assistette anche William ]ames, noto filosofo e psicologo e nel contempo uno dei più illustri sostenitori della validità scientifica delle ricerche “parapsicologiche”. Sino ad allora, nonostante alcune caute “aperture”, la posizione di Freud era ancora sostanzialmente scettica. Nella terza delle sue cinque conferenze americane, parlando dei sogni egli ancora una volta ripropose le sue tesi sul loro presunto contenuto profetico: “Confesso che non sento alcun bisogno di congetture mistiche per colmare le lacune delle nostre attuali conoscenze, ed è per questo che non ho mai potuto trovare nulla che confermasse la natura profetica dei sogni”. Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, partecipò ad una riunione, tenutasi una sera in casa di Stanley Hall, alla quale partecipò anche ]ames. Questi parlò dei suoi esperimenti con una celebre medium del momento, Eleonore Piper e dei risultati importanti che aveva ottenuto. Probabil-mente fu quella conversazione a risvegliare ulteriormente l'interesse di Freud per questi fenomeni misteriosi e questo suo risveglio dovette essere incoraggiato sia da ]ung che da Ferenczi. Quest'ultimo, infatti, era un brillante cultore degli studi sul «paranormale» e un convinto assertore della genuinità di tali misteriosi fenomeni. Su questo argomento compì anche delle ricerche personali. Influenzò certamente Freud tanto che, circa un mese dopo il suo ritorno in Europa, in data 17 ottobre 1909, il fondatore della psicoanalisi scrisse a ]ung di stare seguendo con Ferenczi il caso di una medium indovina di Berlino, con la quale condussero esperimenti i cui risultati convinsero Freud che la donna possedesse in realtà la capacità di “leggere il pensiero”.

Tracce di questo cambiamento si trovano già in un paragrafo aggiunto alla Psicopatologia nel 1910. In ogni caso, proprio in quel periodo, Freud cominciò ad occuparsi con un certo interesse di “occulti-smo” (ne è prova il fatto che nel 1911 divenne membro della Society for Psychical Research). Mantenne però questo interesse rigorosamente nella sfera del “privato”, perché occuparsene in pubblico avrebbe potuto avere conseguenze non irrilevanti. Avrebbe gradito, comunque, che ]ung e Ferenczi, entrambi accomunati dallo stesso entusiasmo per tali misteriosi fenomeni, se ne occupassero assieme. Per questo, in una lettera a ]ung, in data 11 maggio 1911, espresse il desiderio di ricerche concordate e condotte assieme dai suoi due allievi: “In fatto di occultismo sono diventato umile, dopo la grande lezione delle esperienze di Ferenczi. Prometto di accertare tutto ciò che possa sembrare al-meno un po' ragionevole: e - come Lei sa - non lo faccio con piacere. Ma da allora la mia ubris è andata in frantumi. Mi piacerebbe sapere che Lei e Ferenczi agiscono all'unisono, quando uno di loro sarà pronto ad affrontare il pericoloso passo della pubblicazione, e penso che ciò potrebbe essere del tutto compatibile con una piena indipendenza di entrambi nel corso del lavoro”. In quel periodo, comunque, né Jung né Ferenczi pubblicarono alcunché sull'argomento, da soli o insieme. Freud poté quindi continuare a dedicare tutte le sue attenzioni ai problemi del movimento psicoanalitico. Non erano anni facili. Anche se la scienza aveva cominciato ad accettare la dottrina psicoanalitica, all'interno stesso del movimento erano cominciate le “scissioni”. Fra il 1910 e il 1913 si susseguirono le “secessioni” di Adler, Stekel e dello stesso Jung. Freud si era quindi convinto, e a ragione, che gli sforzi fondamentali, suoi e dei suoi allievi, dovevano essere rivolti alla difesa del

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movimento psicoanalitico e del suo posto all'interno della comunità scientifica, anche se per ottenere questo risultato era costretto a rinunciare per il momento allo studio di un argomento che, comunque, suscitava il suo interesse. Bisognò quindi attendere il 1921 perché Freud si decidesse ad esporre in un articolo le sue idee sulla telepatia in maniera meno sfuggente di quanto avesse fatto sino ad allora. Ma nel 1921 il movimento psicoanalitico era sufficientemente strutturato e stabile da consentire qualche volo pindarico del suo fondatore. Nessuno avrebbe più messo in discussione la scientificità della psicoanalisi per il semplice fatto che Freud si occupava di telepatia. È presumibile che le obiettive condizioni storiche abbiano influito non poco su questa decisione. Da poco, nel 1919, Freud era stato nominato professore dell'Università di Vienna, un titolo acca-demico di grande prestigio. La psicoanalisi come movimento aveva anche avuto il suo momento di gloria: dopo la rivoluzione ungherese, a Budapest, su richiesta degli studenti, era stata istituita la prima cattedra universitaria di psicoanalisi che era stata affidata a Ferenczi. Nello stesso tempo il movimento aveva ricevuto una sostanziosa donazione da un paziente, il dottor Von Freund: questo contributo economico, nelle speranze di Freud, avrebbe potuto generosamente sovvenzionare tutte le attività della società di psicoanalisi. Inoltre, la psicoanalisi si era ormai pienamente affermata in Inghilterra e nei paesi anglosassoni in genere, dove non aveva incontrato le stesse resistenze che aveva invece dovuto superare in Europa continentale ai suoi esordi. Gli eventi storici successivi non confermarono, in buona misura, le aspettative di Freud, di Ferenczi e di altri (fallita la rivoluzione ungherese, fallì anche la cattedra e ben presto la donazione di Von Freund si rivelò non sufficiente al finanziamento di tutto il

movimento; tutto ciò senza contare che Freud stesso aveva perso diversi pazienti a causa dell'impoverimento generale succeduto alla guerra). Eppure la psicoanalisi era ormai stata riconosciuta come scienza clinica e sociale.. Oltretutto, i pochi pazienti consentivano a Freud di impegnarsi maggiormente nella sua attività teoretica e speculativa. Una parte delle riflessioni di Freud fu dedicata anche alla telepatia, in un periodo che vide, tra l'altro, la formulazione degli importanti concetti teorici esposti in Al di là del principio del piacere. Ancora una volta furono riflessioni comunque molto caute. Nel 1921 non si tenne il congresso della Società psicoanalitica, ma una serie di colloqui, in novembre, tra i membri del “Comitato”. In quella occasione Freud espose un lavoro che aveva preparato quell'estate, durante una vacanza a Gastein. Il lavoro, dal titolo Psicoanalisi e telepatia, non fu pubblicato, se non postumo nel 1941. Lo scritto è di grande interesse perché mostra dal un lato il cambiamento nelle idee di Freud relativamente all’argomento e dall’altro le sue costanti perplessità nei confronti del movimento “occultista”. . “Non è più possibile, a quanto sembra, - scrive Freud nella sua “Premessa”- rifiutare lo studio dei cosiddetti fenomeni occulti, di quei fatti, cioè, che parrebbero avallare la reale esistenza di forze psichiche diverse dalla mente umana e animale che conosciamo, o che parrebbero svelare capacità di questa mente che finora non sono state riconosciute” . Freud interpretava la forte affermazione dell'occultismo come risposta ad una perdita di valori dovuta alla guerra e alla necessità di “un tentativo di compensazione volto a trasporre in una sfera diversa, uItra-terrena, le gioie della vita che su questa terra hanno perduto il loro fascino”. D'altra parte, egli non nega che fra psicoanalisti e seri studiosi di “okkultismus” possa esserci

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un rapporto di reciproca simpatia: “Dovremmo essere preparati - scrive - a che sorga, tra queste due discipline, una reciproca simpatia. A entrambe è stato riservato lo stesso trattamento sprezzante e altezzoso da parte della scienza ufficiale (...) L'alleanza e la cooperazione tra analisti e occultisti sembrerebbe tanto naturale quanto ricca di prospettive”. Freud non sottovaluta comunque i rischi di questa alleanza. Il fondamentale di essi è il fatto che la stragrande maggioranza degli occultisti non vogliono fare scienza, né trovare conferme o smentite alle loro idee perché essi sono aprioristicamente convinti della assoluta verità delle loro convinzioni o vogliono soltanto, e in ogni modo, confermarle. Un tale atteggiamento fideistico ricorda le antiche fedi religiose e la psicoanalisi, che tutto sommato deriva “dall'ambito delle scienze esatte” non può che guardare con diffidenza a queste pretese. Inoltre l'analista ha per oggetto del suo lavoro “l'inconscio della vita psichica” che non può per nessun motivo abbandonare. Allora in cosa consisterebbe la disponibilità dello psicoanalista nei confronti dell'occultismo? La risposta di Freud è molto esplicita: “Ammesso che fenomeni occulti si impongano alla sua attenzione alla stessa stregua di altri fenomeni, certo egli non li eviterà, così come non evita gli altri fenomeni. Questo sembra essere l'unico proposito effettivamente compatibile con l'attività dell'analista”. Freud appare molto preoccupato non tanto dalle pretese dell'occultismo, quanto dalla possibilità che esse incontrino un favore sempre maggiore: “È praticamente certo che l'occuparsi di fenomeni occulti porterà ben presto alla conferma che un certo numero di essi si verifica effettivamente; c'è tuttavia da presumere che ci vorrà molto tempo prima che si giunga a una teoria accettabile riguardo a questi fatti nuovi. Cionondimeno

coloro che stanno lì a spiare con avida attenzione non attenderanno tanto a lungo. Ottenuto un primo consenso, gli occultisti dichiareranno che la loro causa ha vinto, estenderanno il convincimento relativo a una singola affermazione a tutte le altre, lo faranno passare dai fenomeni alle spiegazioni dei fenomeni che sono da essi predilette e che sono loro più congeniali. I metodi della ricerca scientifica devono servire infatti agli occultisti esclusivamente da trampolino per portarsi al di sopra della scienza. Ma guai se salgono così in alto!” “E non sarà - continua Freud allarmato - lo scetticismo degli astanti e degli ascoltatori a farli esitare, né una protesta collettiva a farli desistere. Verranno salutati come chi è venuto a liberarci dalla pesante costrizione intellettuale, e tutta la credulità che ancora sopravvive dai giorni infantili della storia umana e dagli anni infantili dei singoli individui si farà loro incontro con esultanza. Potrà allora essere imminente uno spaventoso collasso del pensiero critico, del postulato deterministico, della scienza meccanicistica: riuscirà il metodo scientifico a evi tarlo non abbandonando per nessun motivo i concetti quantitativi della forza e della massa e le qualità della materia?. Le perplessità di Freud erano fondamentalmente relative a quello che potremmo definire l'impatto sociale e filosofico di queste scoperte sulla nostra cultura e sulla visione scientifica del mondo. L'occultismo gli sembrava una bomba il cui scoppio avrebbe potuto incoraggiare un ritorno al pensiero magico infantile, all'irrazionalismo in tutti i suoi molteplici aspetti. L'interesse di Freud per alcuni fenomeni misteriosi, come la telepa-tia, era insomma abbondantemente controbilanciato dalla paura che questi studi sfuggissero dalle mani degli scienziati per costituire quasi una nuova religione dell' irrazionale. Egli stesso è perfettamente cosciente di questi due aspetti del suo

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pensiero in proposito: “Il mio atteggia-mento personale rispetto a questa materia continua ad essere riluttante e ambivalente”. Nel suo scritto, comunque, Freud espresse la fondamentale convinzione che per la psicoanalisi potesse essere plausibile l'accettazione dell'ipotesi della telepatia. Gli sembrava anzi che si trattasse di un problema fondamentale, sicuramente quello più importante in quel controverso campo di ricerche: “Come si vede tutto il mio materiale ha a che fare con un unico punto: l'induzione del pensiero; su tutte le altre cose prodigiose di cui parla l'occultismo non ho proprio niente da dire. La mia vita, come ho già affermato pubblicamente, ha dei trascorsi particolarmente miseri in fattO di occultismo. Forse il problema della trasmissione del pensiero vi appare decisamente insignificante se confrontato con il grande e magico mondo dell'occulto. Eppure pensate che passo enorme sarebbe rispetto alle concezioni di cui finora ci siamo fatti sostenitori se accogliessimo anche soltanto quest'unica ipotesi”. La severità mostrata da Freud, comunque, è rivolta soprattutto all’ambiente occultistico. Per quanto riguarda la telepatia la reputa una ipotesi degna di considerazione. Forse proprio per questo non si ritenne opportuno pubblicare la sua relazione. In realtà, Freud aveva, in privato, un atteggiamento molto diverso nei confronti dell'occultismo, di quanto appaia dai suoi scritti di quello stesso periodo. Lou-Andreas Salomè, per esempio, afferma che già nel 1913 Freud le aveva parlato di alcuni casi di telepatia che lo avevano particolarmente colpito (28). E, nella sua lettera a Groddeck - che risale a pochi mesi prima della sua relazione al “Comitato” - apparve molto più disponibile di quanto volesse far credere di essere. Evidentemente, Freud temeva di incoraggiare troppo i cultori dell'occultismo, occupandosi tra l'altro di argomenti che erano marginali rispetto alle

esigenze “politiche” del movimento psicoanalitico nei suoi rapporti col mondo scientifico formale. Questa interpretazione è avvalorata da un misterioso episodio avvenuto proprio in quel periodo. Nella sua relazione su Psicoanalisi e telepatia, ad un certo punto Freud disse: “...durante queste brevi vacanze per ben tre volte ho avuto occasione di rifiutare la collaborazione a riviste di recente fondazione dedicate a questi studi”. L'episodio fu confermato da Jones nella sua biografia. Uno di questi inviti gli fu rivolto da un noto studioso americano di parapsicologia di quell'epoca, Hereward Carrington, membro autorevole della American Society for Psychical Research. Carrington disse in seguito che nel rispondergli Freud aveva scritto testualmente: “Se dovessi vivere una seconda volta mi dedicherei alla ricerca psichica più che alla psicoanalisi”. George Lawden, venuto a conoscenza del fatto, scrisse a Freud chiedendogli di smentire una simile affermazione alla quale, con tutto il rispetto dovuto al campo della ricerca psichica come campo applicativo della psicoanalisi, non riusciva a credere. La risposta di Freud, in effetti, fu consolante: “Mi dispiace che non abbia letto personalmente la lettera che ho scritto a Carrington: si sarebbe facilmente convinto .che non ho detto nulla che giustificasse tale affermazione. Sono contentò di poterLe confermare che il suo giudizio sui miei rapporti con la ricerca psichica è esatto” (31). I fatti in realtà andarono diversamente, come fu costretto ad ammettere lo stesso Jones: “Freud però smentiva a torto. Gli otto anni trascorsi avevano evidentemente cancellato il ricordo di questo passo sorprendente e inatteso: il Dr. Nandor Fodor infatti mi ha cortesemente fatto avere dal signor Carrington una fotocopia della lettera di

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Freud ed è indubbio che la frase in questione vi ricorra”. D'altra parte, proprio nel 1921, il 4 febbraio, rispondendo a Eitingon, Freud aveva espresso chiaramente le sue opinioni al riguardo: “Il solo pensiero di quella mela acerba mi fa rabbrividire, eppure non si può fare a meno di morderla”. E il primo consistente morso Freud lo diede nel 1922 con la pubblicazione del contributo Sogno e telepatia. Mentre nel primo caso si trattò di una relazione non pubblicata, nel secondo avvenne l'inverso: anche se Freud asserisce di avere letto la comunicazione al congresso della Società, ciò non avvenne, anche stavolta per considerazioni “politiche” inerenti alla stabilità del movimento psicoanalitico. L'articolo ha un contenuto insolito: se da un lato viene in esso ribadito l'invito alla prudenza, forse in maniera più decisa che nel primo, dall'altro viene data maggiore credibilità a tutta la problematica. “Un argomento come questo - scrive Freud all'inizio dell'articolo -, in tempi di così grande interesse per i cosiddetti fenomeni occulti, susciterà certamente aspettative ben precise. Mi affretto a dichiarare che tali aspettative saranno disattese e che da questo saggio nulla apprenderete sui misteri della telepatia e neppure potrete arguire se io credo o no all'esistenza di una telepatia”. Freud tenta di chiarire quali possano essere le relazioni tra il sogno e i fenomeni telepatici, e stabilisce alcuni fatti fondamentali: anzitutto che le percezioni telepatiche seguono, nel sogno, le stesse leggi psicodinamiche e gli stessi meccanismi (spostamento, condensazione, simbolizzazione) inconsci che regolano l'attività onirica in genere. In effetti Freud non dice nulla relativamente alla realtà obiettiva della telepatia. Se si fosse proposto di dimostrarne la realtà, avrebbe sicuramente cozzato contro le critiche inevitabili non solo all'interno, ma anche all'esterno del movimento psicoanalitico. Si

sforza invece di evidenziare quale interpretazione psicoanalitica possa essere data di questo fenomeno, posto che sia reale. Lascia, cioè, l'onere della dimostrazione, correttamente, a chi si occupa in altri termini di questi stessi pro-blemi. Nel suo lavoro Freud stabilisce dei punti di vista psicoanalitici per la comprensione dei fenomeni telepatici. Anzitutto “il fatto incontestabile che la telepatia è favorita dallo stato di sonno”, che comunque non è una condizione insostituibile per il verificarsi del fenomeno telepatico. Poi il fatto che un messaggio telepatico possa essere inconsciamente percepito anche con una notevole dissonanza temporale rispetto a quando il sognatore ne diventa cosciente. “Si può benissimo pensare che un messaggio telepatico giunga nello stesso momento in cui si svolge l'evento ma venga percepito dalla coscienza solo durante il sonno, nella notte successiva, o anche durante la veglia, ma dopo un po' di tempo, in una pausa dell'attività intellettuale”. Nello stesso tempo, la telepatia non può modificare in alcun modo le nozioni acquisite sul sogno. “La psicoanalisi, invece, può fare qualcosa per lo studio della telepatia giacché, grazie alle sue interpretazioni, rende un po' più comprensibili certi aspetti oscuri dei fenomeni telepatici, oppure riesce a classificare come telepatici certi altri fenomeni di natura ancora dubbia” (35). Alla fine dell'articolo, tenta ancora di scusarsi: “Vi ho forse dato l'impressione di essere segretamente incline a sostenere la realtà della telepatia in senso occulto? Se sì, sono molto spiacente che sia così difficile evitare una simile impressione. Perché io desideravo davvero mantenere un'assoluta imparzialità. E ho tutte le ragioni di voler essere imparziale, dato che non mi sono fatta un'opinione precisa e di queste cose

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non so nulla” (36). Ancora una volta si tratta di un'affermazione “diplomatica”, clamorosa-mente smentita persino dallo stesso lavoro nel quale Freud la espresse. Nell'introdurre l'argomento, infatti, egli si scusa dell'esiguo materiale casistico sul quale aveva fondato le sue argomentazioni: due soli casi narratigli per lettera da due suoi corrispondenti. “Né riuscirebbe a mettermi in imbarazzo chi da me volesse sapere perché non ho attinto alla grande quantità di sogni telepatici di cui abbonda la letteratura sull'argomento: non avrei dovuto andare lontano a cercarli, perché, in quanto membro della “Society for Psychical Research”, sia di quella inglese sia di quella americana, avevo a disposizione tutte le pubblicazioni del caso”. Risulta abbastanza difficile da credere che uno studioso della statura di Freud, dopo essere stato membro per undici anni della Society for Psychical Research inglese e per sei anni di quella americana (era stato nominato membro onorario nel 1915) non si fosse fatto alcuna idea in proposito di telepatia o non ne sapesse nulla. Freud non aveva rifiutato la membership delle due società, e quindi (come ha fatto notare Servadio) Freud aveva dimostrato di ammettere la possibilità dei suddetti fenomeni - poiché nessuna persona di buon senso potrebbe favorire o partecipare a una ricerca su problemi, o su fatti, di cui negasse assolutamente o irrevocabilmente l'esistenza. Nel 1925, infatti, apparve un suo nuovo scritto sullo stesso tema: Alcune aggiunte d'insieme all'interpretazione dei sogni (39). Un intero paragrafo; il paragrafo C, è dedicato al “significato occulto dei sogni”. Si trattò dell'ultimo suo contributo alla questione della telepatia e dei sogni telepa-tici per diversi anni, ed è quindi in qualche modo dimostrativo delle posizioni raggiunte da Freud in quel periodo di piena

maturità. “Sembra - scrive Freud - che vi siano due categorie di sogni ascrivibili ai fenomeni occulti: i sogni profetici e quelli telepatici. In favore di entrambi si esprime una massa innumerevole di testimonianze: contro di essi si erge l'ostinata ripugnanza o, se volete, il pregiudizio negativo della scienza”. Secondo Freud i sogni profetici non hanno significato scientifico e sono spiegabili con tutta una serie di interpretazioni alternative (inattendibilità del racconto, credulità del sognatore, paramnesie); la telepatia invece appare decisamente più credibile, possibile: “Ci si forma l'opinione provvisoria che la telepatia potrebbe anche esistere, e fornire un nucleo di verità a molte altre ipotesi che altrimenti sarebbero destituite di ogni credibile fondamento”. Pur mantenendo un atteggiamento di prudenza, Freud apre la via ad un discorso più esplicito: “Nonostante tutte le cautele richieste dall'importanza, dalla novità e dall'oscurità dell'argomento, io penso che avremmo torto se continuassimo a non rendere esplicite queste considerazioni sul problema della telepatia”. Anzi, aggiunge: “Sarebbe bellissimo che, con l'aiuto della psicoanalisi, riuscissimo a ottenere in-formazioni più ampie e precise sulla telepatia” . Per quanto riguarda l’interpretazione dinamica dei fenomeni telepatici, egli si ricollega ai suoi scritti precedenti aggiungendo che probabilmente esistono fattori emotivi inconsci che sono comuni alle persone coinvolte nella presunta comunicazione telepatica. Da allora in poi Freud, per diversi anni, si astenne dal fare commenti su questo argomento. Dopo avere sostenuto la legittimità scientifica di questa problematica per la psicoanalisi e aver suggerito l'opportunità di discuterne

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apertamente, egli sembra avere escluso la telepatia dalle sue speculazioni. Il motivo di questo lungo silenzio va ricercato, ancora una volta, nell'opposizione che questo suo interesse trovava all'interno dello stesso movimento psicoanalitico e che si fece più intensa dopo la pubblicazione delle sue aggiunte alla Interpretazione dei sogni. Di tali fatti ha dato un ampio resoconto Jones nella sua biografia. In una lettera circolare da Vienna datata 15 febbraio 1925, di poco precedente quindi la pubblicazione delle Aggiunte, Freud si era espresso sulla telepatia in maniera molto diversa da come appare dal suo scritto pubblico: “Il lavoro letterario che mi ha più impressionato, questo mese, è stata una Re-lazione su esperimenti telepatici con il Prof. Murray, (“Atti della società di ricerche psichiche”, dicembre 1924). Confesso che l'impressione che mi ha fatto questo rapporto è così forte che sono pronto a rinunciare alla mia opposizione circa l'e-sistenza di una trasmissione del pensiero, sebbene naturalmente non possa mi-nimamente contribuire a spiegarlo. Sono quasi disposto a sostenere con la psi-coanalisi la questione della telepatia”. E, in un'altra lettera circolare datata 15 marzo: “Una di queste domeniche è stato qui Ferenczi. Noi tre (Freud, la figlia Anna e Ferenczi, n.d.a.) abbiamo fatto degli esperimenti di trasmissione del pensiero, abbastanza riusciti, soprattutto quelli in cui io fungevo da medium e analizzavo le mie associazioni. La faccenda sta acquistando per noi grande importanza”. A trattenerlo dai suoi propositi di una “alleanza” con la ricerca psichica fu la severità di Jones sull'argomento. Jones temeva che l'aperto sostegno della psicoanalisi alla causa dell'occultismo avrebbe danneggiato la reputazione scientifica della psicoanalisi stessa. Freud si convinse che Jones era nel giusto, e non intendeva mettere a repentaglio la

rispettabilità scientifica della psicoanalisi per nessuna causa al mondo. Anzi, sconsigliò a sua volta Ferenczi dal presentare al congresso di Homburg una sua relazione su esperimenti telepatici. “Con questo - gli scrisse -lei getterebbe una bomba nell'edificio psicoanalitico, che sicuramente esploderebbe. Certamente è d'accordo con me nel non voler affrettare questo inconveniente, forse inevitabile nel corso del nostro sviluppo”. Jones non aveva probabilmente tutti i torri, ergendosi a guardiano della ortodossia scientifica della psicoanalisi, visto che la pubblicazione di Sogno e telepatia in lingua inglese aveva scatenato un vero putiferio. Il rischio di vedere considerata la psicoanalisi una “branca dell'occultismo” era reale. Per questo motivo, anche se presumibilmente a malincuore, Freud non si occupò più dell’argomento per diversi anni. La lotta contro il “pregiudizio” scientifico era impari e i rischi per la psicoanalisi insostenibili. A fronte di pochi studiosi motivati da ragioni scientifiche, l'occultismo era sostanzialmente un calderone nel quale trovavano posto tutti gli aspetti dell'irrazionalismo moderno: spiritisti, Christian Science, cultori del pensiero magico che costituivano la stragrande maggioranza di coloro che si occupavano di questi argomenti. Gli studiosi seri, decisi a comprendere la natura di alcuni peculiari e misteriosi fenomeni (come, appunto, la telepatia) erano in netta minoranza. Medium, società spiritualistiche, circoli spiritici e ciarlatani rapprèsentavano un formidabile ostacolo all'affermazione di una ricerca peraltro legittima. Le resistenze di Jones e la prudenza di Freud, erano quindi pienamente giustificate. Nonostante questo, Freud nel 1925 era convinto della rilevanza scientifica della telepatia. Rispondendo a Jones che lo rimproverava di mettere a repentaglio l'esistenza stessa della psicoanalisi con la

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pubblicazione delle sue riflessioni sulla telepatia, Freud fu di una chiarezza straordinaria per quanto riguardava il suo personale atteggiamento al riguardo: “Mi dispiace moltissimo che le mie dichiarazioni sulla telepatia l'abbiano pre-cipitata in nuove difficoltà (...). Non vedo come poter calmare l'opinione pubblica inglese, ma vorrei almeno spiegare a lei la mia apparente incongruenza nella questione della telepatia. Lei ricorderà come già durante il viaggio della Harz io avessi anticipato un giudizio favorevole nei confronti della telepatia. Allora non ritenni necessario renderlo pubblico, io stesso non ero pienamente convinto e la considerazione diplomatica di evitare qualsiasi accostamento della psicoanalisi con. l'occultismo prese facilmente il sopravvento. Ora le revisioni dell'Interpretazione dei sogni per l'edizione integrale mi hanno spinto a riprendere in considerazione il problema della telepatia. Inoltre i miei esperimenti e le prove eseguite con Ferenczi e mia figlia mi hanno talmente convinto che le considerazioni diplomatiche hanno ceduto il campo. Mi sono trovato ancora una volta di fronte a un caso nel quale, in scala ridotta, ho dovutO ripetere l'esperimento cruciale della mia vita, e cioè esprimere una convinzione senza tener conto dell'eco suscitata nel mondo. Se qualcuno dice che ho ceduto al peccato gli rispondo calmo, che la mia conversione alla telepatia è un affare privato, come il fatto che sono ebreo, come la mia passione per il fumo e come mole altre cose, e che il tema della telepatia è in sostanza alieno dalla psicoanalisi” (47). Con queste affermazioni il discorso sulle convinzioni di Freud sulla telepatia si chiude. Naturalmente, ciò non implicava affatto l'adesione a certe assurde pretese occultistiche, il che è dimostrato da una durissima critica alle pretese degli spiritisti, inserita nello scrittoto L'avvenire di un’illusione, del 1927, nel quale considera

lo spiritismo come una sorta di religione che pretende di dimostrare empiricamente la sopravvivenza dell'anima, portando come prova di questa credenza presunti fenomeni obiettivi. “Purtroppo - scrive - non riescono a confutare l'idea che le apparizioni e le manifestazioni dei loro spiriti altro non siano che produzioni della loro stessa attività psichica. Hanno evocato gli spiriti degli uomini più grandi, dei pensatori più eminenti, ma tutte le manifestazioni e le informazioni che hanno ottenuto da costoro sono state così stupide, così desolatamente insignificanti, che nulla vi si può trovare di credibile salvo la capacità degli spiriti di adeguarsi alla cerchia degli uomini che li evocano”.

Freud pubblicò il suo ultimo lavoro sull'”occultismo” nel 1932. Si tratta del contributo più completo e maturo, nel quale egli riassume le sue opinioni derivate da riflessioni che duravano, ormai, dal 1899. Si tratta della trentesima lezione della Introduzione alla psicoanalisi, dedicata al rapporto tra sogno e occultismo. Possiamo ritenere che lo scritto in questione rappresenti l'elaborazione definitiva, per quanto ci è dato di sapere, delle idee di Freud sull'argomento. E sono idee stavolta espresse senza ricorrere eccessivamente alla diplomazia che aveva caratterizzato tutti i suoi lavori precedenti sullo stesso tema. Freud, anzi, non si astiene dal dare una lezione di corretto spirito scientifico, non risparmiando eleganti critiche al dogmatismo talora presente nella scienza, “Forse dite dentro di voi: «Ecco un altro uomo che nella sua vita ha lavorato onestamente a indagare scientificamente la natura e che, invecchiando, è diventato debole di mente, devoto, credulone». So che alcuni grandi nomi rientrano in questa categoria, ma non crediate di potermi annoverare tra costoro. Devoto, perlomeno, non lo sono diventato e, spero, neanche

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credulone. È però vero che chi si è tenuto chino tutta la vita per schivare uno scontro doloroso con I fatti, è disposto anche nella vecchiaia a curvare la schiena di fronte a nuove: realtà”. Freud ammette la possibilità dell'esistenza della telepatia, e sembra anche avere superato la paura che lo studio di questi fenomeni, anche da parte della psicoanalisi possa favorire il misticismo. “Quando, più di dieci anni fa, si presentarono per la prima volta al mio oriz-zonte, anch'io temetti che fosse minacciata la nostra visione scientifica del mondo; ebbi timore che, nel caso in cui aspetti dell'occultismo si mostrassero validi, essa dovrebbe cedere il posto allo spiritismo o al misticismo. Oggi penso diversamente: credo che non sia segno di grande fiducia nella scienza il non stimarla capace di accogliere e rielaborare anche ciò che risultasse esserci di vero nelle affermazioni occultistiche”. Freud ipotizza, anche, che specialmente la trasmissione del pensiero possa fornire una migliore base scientifica per interpretare in modo meccanicistico il mondo spirituale: se l'atto mentale di una persona suscita il medesimo atto mentale in un'altra persona, può essere ipotizzabile che qualcosa di mentale si trasformi, per potere essere “trasmesso”, in qualcosa di fisico che poi venga ritrasformato al suo “ingresso” in un'altra mente in un contenuto psichico. La telepatia inoltre offrirebbe la possibilità, per Freud, di comprendere comportamenti naturali altresì incomprensibili, come la comunicazione e la volontà collettiva in grandi insiemi di insetti. Ancora, la telepatia potrebbe aver avuto una specifica funzione di comunicazione nell'uomo primitivo. “Nulla vieta di supporre che questo sia il mezzo originario, arcaico, di comu-nicazione tra gli individui, e che nel corso dell'evoluzione filogenetica esso sia stato sopraffatto dal metodo migliore di

comunicazione che si avvale di quei segni che gli organi di senso sono in grado di captare. Ma chissà che il metodo più antico non sia rimasto sullo sfondo e si affermi ancora in certe condizioni, per esempio nel caso di una folla eccitata dalle passioni. Tutto ciò è ancora incerto e denso di insoluti enigmi, ma non vi è ragione di spaventarsi”. Nello scritto in questione Freud, tra l'altro, fornisce una definizione molto circostanziata di “telepatia”. Ecco quanto scrive: “Come sapete “telepatia” è il fenomeno per cui si presume che un evento occorso in un determinato istante giunga pressappoco simultaneamente alla coscienza di una persona che è lontana nello spazio senza che si possa parlare di vie di comunicazione a noi note. Si presuppone tacitamente che questo evento riguardi una persona per la quale l'altra, quella che riceve la notizia ha un forte interesse emotivo. Così, per esempio, la persona A subisce un incidente, oppure muore, e la persona B, a lei strettamente legata - la madre, la sorella o l'amata - lo apprende suppergiù nello stesso momento mediante una percezione visiva o auditiva” . Abitualmente telepatia è ritenuto sinonimo di “trasmissione del pensiero”, ma Freud fa una distinzione, abbastanza sottile, tra i due fenomeni. Infatti scrive più oltre: “Per esempio il fenomeno dell'induzione o della trasmissione del pensiero è molto vicino alla telepatia e può in effetti senza eccessiva forzatura, essere fatto coincidere con quella. Esso dà per certo che processi psichici in una persona (rappresentazioni, stati di eccitamento, impulsi di volontà) possano trasmettersi attraverso il libero spazio a un'altra persona, senza valersi delle vie conosciute di comunicazione o fondate su parole e su segni”. Freud era piuttosto preciso nelle definizioni, e già il fatto che dica che telepatia e trasmissione del pensiero

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possono coincidere “senza eccessiva forzatura” indica che, chiaramente, non si tratta esattamente della stessa cosa. Jones, che aveva notato questa sottigliezza, le attribuisce un valore indicativo della mentalità scientifica con la quale Freud si accostava allo studio dei fenomeni “occulti”: “Freud - scrive - non volle mai ammettere che il credere nella telepatia sia così incompatibile con i dettami scientifici come sembra, e lo spiegava, in modo un pò approssimativo, facendo un'interessante distinzione (sebbene non fondamentale) fra trasmissione del pensiero e telepatia. La prima rappresenta probabilmente il processo più semplice: un messaggio verbale si trasforma in un'onda o raggio di natura sconosciuta, come in parte avviene di un messaggio telefonico; una volta ricevuto esso viene ritrasformato in termini mentali. La telepatia crea di per sé una particolare sensibilità, fondata su uno stretto legame emotivo tra due persone di natura siffatta che se a una delle due accade una contrarietà (nota bene: qualcosa di avverso), l'altra lo percepisce immediata-mente”. Un'altra suggestiva ipotesi di Freud è che la telepatia possa essere un ideale mezzo di comunicazione tra madre e figli. Ormai Freud si sentiva libero di poter discutere di temi tanto controversi: la raggiunta stabilità del suo movimento, la sua enorme fama, la mancanza di ulteriori ambizioni accademiche gli consentivano una libertà di pensiero prima di allora impossibile. Un ultimo episodio conferma ulteriormente la “svolta” che le sue idee avevano subìto. Nel 1938 egli espresse un giudizio estremamente favorevole su un lavoro di Nandor Fodor, decisamente insolito, molto più audace di quelli ai quali le sue stesse riflessioni lo avevano abituato. Fodor aveva preso in considerazione le vecchie credenze sui “folletti” che nelle case spostano i mo-bili o provocano altri disturbi ambientali, e

comunque i fenomeni di questo tipo (detti, poltergeist, cioè “spirito burlone”, con una espressione tedesca) che sembravano avvenire in certi edifici. Dell'argomento si erano ampiamente interessati gli studiosi di ricerca psichica, ma Fodor aveva fornito una nuova interpretazione di questi eventi, ipotizzando che a provocare i fenomeni fossero soggetti dotati di abilità paranormali, con un certo tipo di personalità. Bisognava chiarire in base a quali meccanismi psicologici questi sogget-ti potessero produrre fenomeni di questo tipo, veri o falsi che fossero dal punto di vista obiettivo. Freud rimase entusiasta dell'ipotesi di Fodor: “Il modo in cui lei svia il suo interesse dalla questione se questi fenomeni siano reali o falsificati, e lo volge allo studio psicologico del medium di cui indaga pure gli antefatti, mi sembra la via giusta per intraprendere quel piano di ricerche che condurrà a una spiegazione dei fatti in questione”. La lettera è datata 22 novembre 1938, e dimostra che ormai la disponibilità di Freud all'indagine sul paranormale in generale era completa. Quando Fodor lo andò a trovare giorni dopo, Freud gli confermò il suo parere e lo incoraggiò a proseguire le sue ricerche. Freud, insomma, dopo anni di tormentose riflessioni, era giunto ad accettare la realtà della telepatia e a ritenere legittimamente scientifico lo studio dei fenomeni “occulti”. Altri psicoanalisti lo avevano precedeto. Stekel aveva pubblicato, nel 1920, un intero volume sui sogni telepatici, applicando ad essi l'interpretazione psicoanalitica. [Quest'opera influenzò in qualche modo Freud, che si riferì ad essa nel suo saggio su Sogno e telepatia]. Hollos e Servadio furono tra i primi ad indagare su alcune idee timidamente espresse dallo stesso. Freud, e cioè sull'importanza dei fattori emotivi nel «rapporto telepatico», in parti colar modo in quello che può avvenire nella situazione terapeutica. Freud aveva

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rimarcato, nel 1932, nel trentesimo capitolo della Introduzione alla psicoanalisi che a lui non era mai occorso un episodio di telepatia durante l'analisi, senza peraltro escludere che ciò potesse avvenire. Le emozioni che potevano avere una qualche rilevanza nella strutturazione del rapporto telepatico si ritenne che fossero provocate non solo da fatti inconsci o preconsci, ma anche dalla loro stretta correlazione con impulsi e conflitti più arcaici e profondi, come il voyerismo, l'esibizionismo, i complessi di castrazione, i desideri incestuosi. Sempre agli anni '30 risale anche un altro lavoro, che per la sua originalità aveva colpito lo stesso Freud: quello della Burlingham sugli strani episodi “incrociati” di telepatia tra bambini e madri durante il trattamento analitico dei bambini stessi. Freud si era espresso in merito con molta convinzione: “Di recente - scriveva nel 1932 - una studiosa meritevole di ogni fiducia, Dorothy Burlingham, ha scritto un saggio su osservazioni da lei fatte, che, se confermate, porrebbero fine ai restanti dubbi sulla realtà della trasmissione del pensiero”. Helen Deutsch aveva pubblicato, nel 1926, un suggestivo saggio sui fattori “occulti” nella relazione analitica e Zulliger aveva compiuto uno studio sui “sogni profetici”. Si trattava comunque ancora di contributi isolati, e fu solo dopo il 1940 che l'argomento della relazione tra psicoanalisi e parapsicologia cominciò ad essere considerato con interesse, senza eccessivi pregiudizi e da un numero consistente di psicoanalisti. Freud nel 1939 aveva dovuto raggiungere Londra. Aveva lasciato Vienna dopo l'Anschluss, ed era fortunosamente sfuggito alla Gestapo. Non sarebbe ritornato più sull'argomento; oltre tutto ormai il problema della telepatia e dell'occultismo era ampiamente sopravanzato da altri e ben più gravi problemi. Con il suo ultimo

contributo, nel 1932, Freud aveva sancito la legittimità di certe ricerche e la loro importanza per la comprensione della natura dell'uomo. Su questo particolare aspetto della vita e del pensiero di Freud, ]ones dà un giudizio abbastanza insolito: “In questo campo - scrive - Freud rivela un'impercettibile e continua oscillazione tra scetticismo e credulità, che ci permette di portare tante prove in funzione di un suo atteggiamento di dubbio quante in favore di una sua adesione alle credenze occulte”. In realtà, il percorso di Freud in questo campo estremamente razionale, discendendo direttamente dalla sua formazione positivista. La sua fede nella potenza del pensiero scientifico gli faceva ritenere che qualunque argomento potesse razionalmente essere indagato dalla scienza. La prudenza che utilizzò nei suoi scritti dipese da precise necessità imposte dalla politica del movimento psicoanalitico. Per il resto, e indipendentemente da fattori “diplomatici”, Freud continuò privatamente ad essere fortemente affascinato dall' “occultismo”, e in particolar modo dalla telepatia. D'altra parte, la mistica, quella “oscura autopercezione del mondo che è al di fuori dell'Io, dell'Es”, come la definì in una sua nota, esercitò sempre un fascino sottile ed arcano sul fondatore della psicoanalisi, anche quando sapeva che alcuni fra i suoi più diretti collaboratori, come ]ones, Eitington e altri ancora, non condividevano questi suoi interessi. Forse aveva fatto sue le parole di Mefistofele nel Faust di Goethe, peraltro una delle sue citazioni preferite: “Tanto quel che sai di meglio/ non puoi dirlo ai tuoi allievi”. BIBLIOGRIA ESSENZIALE Nota dell’Autore La bibliografia sul rapporto tra Freud e la ricerca psichica è vastissima, sia per quanto riguarda i testi specificamente dedicati all’argomento, sia per quanto

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attiene agli studi biografici generali su Freud. Nella presente bibliografia ho citato solo gli scritti che reputo essenziali per un approfondimento del problema, tenendo comunque conto del fatto che alcuni testi originali sono in concreto quasi introvabili [è per esempio il caso della monografia di Stekel, Der telepatische Traum, Berlino, senza data] che comunque è quasi sistematicamente riportato nelle rassegne storiche. La bibliografia citata ha l’intento pertanto di fornire esclusivamente indicazioni sufficenti per un primo approfondimento dell’argomento. Avvertenza: gli scritti di Freud sono citati cronologicamente in base alla edizione italiana delle “Opere” pubblicata da Boringhieri. BENNETT EA: C.G. Jung. Milano, Rizzoli: 1962. BURLINGHAM DT: Child ana1ysis and the mother. Psycho-Analytic Quarterly, 4,1935. DEUTCH H: Okkulte Vorgange wahrend der Analyse. Imago, 12, 1926. FREUD S: Un presentimento onirico avveratosi. Opere, vol. II, Torino, Boringhie-ri, 1968. FREUD S: L'interpretazione dei sogni. Opere, vol. III, Torino, Boringhieri: 1966. FREUD S: Psicopatologia della vita quotidiana. Opere, vol. IV, Torino, Boringhieri: 1980. FREUD S: Nota sull'inconscio in psicoanalisi. Opere, voI. VI, Torino, Boringhieri: 1974. FREUD S: Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909). Opere, vol. VI, Torino, Boringhieri: 1974. FREUD S: Sogno e telepatia (1921). Opere, vol. IX, Torino, Boringhieri: 1977. FREUD S: Psicoanalisi e telepatia (1921). Opere, voI. IX, Torino, Boringhieri:1977. FREUD S: L'avvenire di un' illusione (1927). Opere, vol. X, Torino, Boringhieri: 1971. FREUD S: Alcune aggiunte d'insieme alla “Interpretazione dei sogni” (1925). Opere, vol. X, Torino, Boringhieri: 1978. FREUD S: Introduzione alla psicoanalisi (Nuova serie di lezioni) (1932). Opere, vol. XI, Torino, Boringhieri: 1979. FREUD S: Risultati, idee, problemi. Opere,

vol. XI, Torino: Boringhieri, 1980. FREUD S, GRODDECK WG: Carteggio Freud-Groddeck, Milano, Adelphi: 1973. FREUD S, JUNG CG: Lettere tra Freud e Jung. Torino, Boringhieri: 1975. HITSCHMANN E: Zur Kritik des Hellsehens. Wien. klin. Rundsch , vol. 24, 1910. HITSCHMANN E: Ein Dichter und sein Vater, Beitrag zur Psychologie religioser Bekehrung und telepatischer Phanomene. Imago, 337, 1916. HOLLOS I: Psychopatologie alltaglicher telepathischer Erscheinungen. Imago, 19,

1933. IANNUZZO G: Freud, l’occultismo e la telepatia. Psicoterapia e Scienze Umane, XXII, 1, 1988. JONES E: Vita e opere di Freud. Milano, Garzanti: 1977. JUNG CG: Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti (1902). Studi Psichiatrici. Torino, Boringhieri: 1970. JUNG CG: Ricordi, sogni, riflessioni. A cura di A. Jaffè, Milano, Rizzoli: 1978. MORSELLI E: Psicologia e spiritismo. Torino, Fratelli Bocca: 1908. SALOME’ LA.: In der Schule bei Freud. Zurigo, Nichans: 1958. SERVADIO E: Psychoanalyse und Telepathie. Imago, 21, 1935. SERVADIO E: Psicoanalisi e parapsicologia. Rivista sperimentale di freniatria, 96, 1972. SERVADIO E: Freud e la parapsicologia. Giornale italiano per la ricerca psichica, I, 1963. ZULLIGER H: Prophetic drearns. International Journal of Psycho-Analysis., 15, 1934.

© Giovanni Iannuzzo, agosto 2008