Francisco Goya

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FRANCISCO JOSÉ DE GOYA Y LUCIENTES Autoritratto a 69 anni, 1815, Olio su tavola, 46 x 35 cm, Museo del Prado, Madrid

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FRANCISCO JOSÉ DE GOYA Y LUCIENTES

Autoritratto a 69 anni,

1815, Olio su tavola, 46 x

35 cm, Museo del Prado,

Madrid

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LA VITA• Nasce a Fuendetodos, vicino Saragozza, il 30 marzo 1746, da Braulio José

Goya y Franque, maestro doratore, e Gracia Lucientes Salvador, appartenente

a una famiglia decaduta della piccola nobiltà aragonese.

• Frequenta il collegio delle Scuole Pie dei Padri Scolopi di Saragozza, da cui

riceve un educazione lacunosa ma comunque superiore a molti altri istituti

dell’epoca.

• Nel 1759 si trasferisce a Saragozza con la famiglia nel tentativo, da parte del

padre, di migliorare la loro condizione.

• A 14 anni diventa apprendista nello studio del pittore locale José Luzàn, dove

conosce Francisco Bayeu, suo futuro cognato, e apprende la tecnica del

disegno, entrando in contatto con la cultura rinascimentale e barocca italiana.

• Nel 1763 si trasferisce a Madrid e partecipa, senza successo, ad un concorso

per una borsa di studio dell’Accademia di San Fernando.

• Diventa apprendista di Bayeu, divenuto pittore di corte. Entra in contatto con la

figura di Mengs, Neoclassicista, e Tiepolo, esponente del Rococò, e con l’arte

di Giaquinto.

• Nel 1766 partecipa ad un altro concorso dell’Accademia di San

Fernando, fallendo nuovamente. Al suo posto, viene ammesso Ramòn Bayeu.

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• Tra il 1770 e 1771 compie, a spese proprie, un viaggio in Italia, alla ricerca di

una qualificazione professionale maggiore.

• Visita diverse città, quali Venezia, Siena, Napoli e Roma, entrando in contatto

con molti giovani artisti europei.

• Conosce Piranesi da cui, insieme a Rembrandt, Goya trarrà ispirazione per le

sue incisioni.

• Conosce le opere di Robert, Füssli, Michelangelo e Raffaello.

• Ritornato in Spagna, riceve subito diverse commissioni, grazie alle quali

acquista una certa notorietà.

• Nel 1773 sposa Josefa Bayeu, che non ha grande importanza nella vita privata

dell’artista.

• Nel 1775 ritorna a Madrid. Con l’aiuto del cognato e di Mengs, inizia a eseguire

cartoni per le manifatture reali di Santa Barbara, per cui lavorerà fino al

1792, realizzando più di 60 cartoni. A questa serie appartiene l’opera Il

parasole.

• Nel 1780 è infine ammesso all’Accademia di San Fernando.

• Goya ottiene commissioni da esponenti della nobiltà che ne accrescono la fama

e lo fanno uscire dall’ombra del cognato Bayeu.

• Negli anni ‘80 inizia a dedicarsi alla ritrattistica di eminenti aristocratici. Ciò gli

permette di avvicinarsi al re Carlo III.

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• Nel 1789 viene nominato pittore di corte dal nuovo re Carlo IV.

• Nel 1792 viene colpito da una gravissima malattia, alla quale sopravvive dopo

una lunga convalescenza, rimanendo quasi completamente sordo. Da questo

momento, la sordità e l’isolamento portano alla luce il senso di disperazione e

angoscia a lungo repressi e nelle opere iniziano ad affacciarsi elementi

fantastici e mostri, in un percorso che culminerà con le Pitture Nere.

• Si dedica quindi alla realizzazione dei Capricci, una raccolta di incisioni

pubblicata nel 1799.

• Nel 1800 gli viene commissionata La famiglia di Carlo IV che porterà a

termine l’anno successivo.

• Nel 1803 la Maja Vestida e la Maja Desnuda si trovano nell’inventario dei beni

appartenenti al ministro Godoy. Si ignora la data della committenza.

• In seguito all’instaurazione del regime napoleonico in Francia e lo

spodestamento del re Ferdinando VII in favore del fratello di Napoleone, Goya

assiste alle violenze e ai massacri della guerra di indipendenza spagnola.

• Nel 1814, dopo la Restaurazione, Goya proprone la realizzazione di due tele

per immortalare le azioni eroiche del popolo insorto contro Napoleone.

Realizza Il 3 maggio 1808: fucilazione alla montagna del Principe Pio.

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• Nel 1819, dopo essersi gradualmente allontanato dalla corte, compra una

casa nei dintorni di Madrid, che prenderà il nome di Quinta del Sordo.

• Si trasferisce fuori città con la compagna di 43 anni più giovane, la cui

difficile convivenza e il sopraggiungere di diverse malattie portano Goya

alla realizzazione tra il 1820 e 1823 delle Pitture Nere, dipinti realizzati

sulle pareti della Quinta del Sordo.

• Nel 1824 Goya si prepara per l’esilio in Francia.

• Vive gli ultimi anni a Bordeaux in una sorta si serena estraneazione dal

mondo.

• Nel 1826 si reca per l’ultima volta a Madrid a trovare il figlio.

• Muore a Bordeaux nell’aprile del 1828.

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Il parasole1777, olio su tela, 104 x 152

cm, Museo del Prado, Madrid

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• I cartoni rappresentano principalmente scene campestri e feste popolari spagnole.

Ne Il parasole sono rappresentati una maja, con un cagnolino in grembo, e un

majo che le fa ombra con un parasole.

• Il soggetto, poco significativo, è trattato con grande raffinatezza cromatica e

vivacità, il colore e la stesura a larghe pennellate erano inconsuete per la pittura di

corte.

• Il colore, spesso primario, è steso direttamente sulla tela, senza disegni

preparatori.

• L’opera è meno apprezzata rispetto alle altre, poiché si riscontra una diminuzione

dei personaggi, posti tra l’altro in primo piano, e uno sfondo paesaggistico poco

accurato. Questi elementi, non accettati dalla corte dell’epoca, sono però un segno

di modernità e indice di una libertà espressiva lontana dalle convenzioni

neoclassiche. L’opera presenta caratteri poi divenuti fondamentali per le correnti

artistiche successive, quali il romanticismo e l’impressionismo.

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I Capricci

• Raccolta di 80 incisioni, realizzate con la tecnica

delle acquetinte e dell’acquaforte, dal tono

sarcastico e critico.

• Denuncia i costumi viziosi, l’ignoranza e

l’incapacità della classe dominante, si pone

contro le superstizioni e il declino della ragione.

• Mezzo di condanna della follia universale e della

stoltezza della società spagnola.

• Il sonno della ragione genera mostri è il capriccio

n. 43: è un invito a non perdere il controllo della

ragione e anche una presa d’atto della caduta

dei valori dell’Illuminismo, è inoltre un’apertura

verso le deformanti visioni dell’inconscio.

Il sonno della ragione genera

mostri, Capricci n 43, 1799,

acquaforte e acquatinta, 21,5

x 15 cm, Museo del Prado,

Madrid

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La famiglia di Carlo IV

1800-1801, olio su tela, 280 x 336 cm, Museo del Prado, Madrid

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• Goya usa come riferimento l’opera Las Meninas di

Valàzquez (a fianco) e, come il suo predecessore, si

ritrae nell’ombra a sinistra mentre dipinge.

• È il più grande ritratto di gruppo che ha eseguito,

composto da 13 membri della famiglia reale più il

pittore stesso.

• Al centro della composizione c’è la regina Maria Luisa

con la figlia e il figlio più piccolo, il re si trova alla sua

sinistra leggermente più avanti, il resto della famiglia è

diviso in due gruppi, uno posto di fianco e davanti alla

regina e l’altro dietro il re.

• I personaggi sono raffigurati con splendidi costumi da

cerimonia che fanno risaltare l’espressione vacua dei

volti, che può essere intesa come assoluto realismo e

naturalismo intransigente o con intento satirico.

• All’epoca la nota satirica non venne percepita: il re

vedeva rappresentato il suo potere come la regina la

sua immagine in una veste d’oro.• Attraverso la ritrattistica, Goya denunciò effettivamente la decadenza e la vacuità dei

monarchi spagnoli, rappresentando gli adulti senza veli e mostrando quindi i loro difetti.

• In contrapposizione alle fisionomie sgraziate degli adulti, emerge il naturale candore

nello sguardo dell’infante Francesco, al centro del dipinto.

• Prima di eseguire il dipinto, Goya studiò con attenzione la fisionomia di ogni membro

della famiglia.

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Maria Josefa, sorella del re, nel

rappresentarla Goya mette in

mostra crudamente I suoi difetti.

Francisco de Paula Antonio,

nel rappresentarlo Goya fa

risaltare il candore di un

bimbo di 6 anni.

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Maja desnuda

1800 circa, olio su tela, 97 x 190 cm, Museo del Prado, Madrid

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Maja vestida

1800 circa, olio su tela, 95 x 190 cm, Museo del Prado, Madrid

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• Secondo alcune interpretazioni, la donna ritratta è la duchessa de Alba, per la quale

Goya aveva già eseguito diversi dipinti e alla cui morte i quadri sono passati a Godoy.

• Secondo altri, la donna rappresentata è l’amante di Godoy, Pepita Tudò, e i quadri

furono eseguiti per il suo gabinetto privato. Goya realizzò per prima la Maja

desnuda, e poi, su richiesta di Godoy, la Maja vestida in modo che, attraverso un

meccanismo, coprisse la prima per poi sollevarsi e renderla visibile.

• La Maja desnuda è il ritratto di una donna che posa senza pudore su un letto

disfatto, fissando negli occhi lo spettatore. È il primo caso di nudo femminile

svincolato da un contesto mitologico. Il volto è affilato e sottile, con gli occhi uncinati e

senza trucco ma vivi e mobili, I capelli sono castani con riflessi più chiari e rossastri.

• La Maja vestida non rappresenta la stessa donna, ma una sorta di bambola

umana, visibile dalla carnagione chiara e le gote rosse, la fisionomia più tondeggiante

e I capelli neri. Rappresenta quindi una maja convenzionale, mentre solo la Desnuda

raffigura l’amante di Godoy.

• Il corpo femminile è realizzato con realismo, senza alcun intento di idealizzazione. La

carnagione chiara fa risaltare il corpo in contrasto allo sfondo scuro e sui toni verdi

così che il corpo sembri risplendere di luce propria. Nella Vestida il tessuto che ricopre

il corpo non ne nasconde le forme.

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Il 3 maggio 1808: fucilazione alla montagna del

Principe Pio, 1814, olio su tela, 226 x 345 cm, Museo

del Prado, Madrid

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• La scena rappresenta l’esecuzione di patrioti da parte delle truppe francesi.

Contrariamente alla tradizione, viene raffigurato un fatto contamporaneo, ed è

considerato il primo manifesto contro gli orrori della guerra.

• Nonostante la pittura sia larga e pastosa, stesa a tratti con la spatola, si crea un forte

effetto realistico (l’uomo a terra in una pozza di sangue).

• Il punto di massima tensione è l’uomo inginocchiato con le braccia distese in un gesto di

disperazione e illuminato dalla luce della lanterna, la sua figura attrae immediatamente

lo sguardo dell’osservatore.

• Posto di spalle, il plotone di soldati, allineati in diagonale e rappresentati con le loro

armi, sottolinea la rigidità, la compattezza e l’impersonalità di una macchina per

uccidere.

• La schiera di patrioti è divisa in 3 gruppi, guidati ciascuno da un uomo, che

rappresentano 3 momenti distinti dell’esecuzione come in una sequenza

cinematografica: il gruppo più a destra rappresenta il ‘prima’, il gruppo centrale l’’adesso’

e il gruppo a sinistra il ‘dopo’.

• L’uniformità dei militanti è posta in cotrapposizione alla varietà di atteggiamenti dei

partigiani.

• Sono presenti elementi della tradizione cristiana: la posizione dell’uomo in centro ricorda

il Cristo in croce, il frate intento nella preghiera, e la sagoma della chiesa che si staglia

su uno sfondo scuro. È sottolineata l’impotenza della fede di fronte alla drammaticità

degli eventi storici.

• Attraverso questo dipinto, Goya non vuole semplicemente raccontare un evento, ma

vuole impressionare l’osservatore comunicando il grido, la disperazione e la brutalità

vissuti durante la guerra di indipendenza.

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Le Pitture Nere • Realizzate tra il 1820 e il 1823 sulle

pareti della Quinta del Sordo.

• Comprende 14 dipinti su

muro, trasportati poi su tela alla fine del

secolo.

• Chiamate così per le tonalità scure e i

soggetti da incubo. Sono le opere più

personali di Goya.

• I temi sono religiosi e mitologici, per

quanto alcune scene sembrano

scaturire dall’immaginazione di Goya.

Sono state interpretate come riflessioni

sulla morte.

• È stata interpretata anche come pittura

pensante, in grado di porre riflessioni

trascendendo la forma.

• Il male scaturisce come entità in sè, non

più connesso all’uomo: la violenza, la

guerra, la follia, il caos appartengono

all’ordine delle cose.

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1821-1823, olio su muro trasportato

su tela, 146 x 83 cm, Museo del

Prado, Madrid

Saturno che divora

uno dei suoi figli

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• Tracciata al pianterreno della Quinta del Sordo, riceveva luce da una finestra

posta immediatamente alla sinistra, come indica la direzione della luce radente

da cui appare il dio cannibale.

• Derivazione mitologica: Saturno era una divinità agricola romana, identificata

con la divinità greca Crono, che, cacciato il padre, si fece signore del mondo.

Sposò Rea da cui ebbe numerosi figli, ma avendogli Gea predetto che uno di

essi l’avrebbe spodestato, li divorò tutti eccetto Giove, che fu messo in salvo da

Rea e che affrontò poi il padre sconfiggendolo.

• Esasperato impatto emotivo della scena.

• Traguardo informale raggiunto con quelle 4 pennellate con cui rappresenta i

quattro arti bruni del dio mutilati dal buio.

• Espressione della cieca bestialità del potere che teme l’usurpazione.

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Bibliografia

• Galleria d’Arte: I maestri della pittura dal Rinascimento ai grandi

protagonisti dell’arte moderna, Goya n. 26, De Agostini

• I Classici dell’Arte, GOYA, ed. Rizzoli, Corriere della sera

• Il nuovo arte tra noi, vol.4 dal Barocco all’Impressionismo,

Mondadori