Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

7

description

Il primo capitolo del libro di Francesco Targhetta

Transcript of Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

Page 1: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie
Page 2: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

5

I

In via Tiziano Aspetti, scultorenon minore di fine Cinquecento, da quattro anni lavorano, ormai,alle corsie per il tram monorotaia. Si distende la sera sul quartieretra gli abitanti in giacche rifrangentie l’inedia cattiva delle anzianeammalate, e scesi, i dipendenti,dagli uffici, coi musi schiacciatidal buio pesto e chiamate non rispostenegli occhi, si scolano spritz macchiatidi led al bar all’imbocco di viad’Alemagna, dove paghi di piùse sei dell’Est e i fari delle macchine entrano scuri, scorrono bronzei sul ripiano di amari.L’Arcella, se la batti in lunghezza,somiglia alle puttane che la abitanodi notte: ti offre il suo corpo bisunto sgranando le maglie uncinatedei lampioni, protetta dalla cappadi polveri sottili come le palle

Page 3: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

6

di vetro sopra i cassettoni, e fuori dall’orario di lavoro,

quando molto più vili si fanno le filedi edicole sbarrate e cabine in disuso,è sfatta e triste come domeniche vuotesu arterie lontane dai centri commerciali. Ci arrivi, di solito, nei suoi rettifili, per stanze a prezzi bassi in appartamenti condivisi, come nei romanzi di Dostoevskij, tanto più in via Vecellio, tra ucraini e moldaviche svalutano anche i sassi, i visicurvi di angoli incisi, giganteschi: al quarto piano del numero 12 i Niculae si segnalano, puntuali, alle sette di ogni colazione, quando è norma svegliarsi con musiche folclorichea volumi, a tratti, da rave party – sardane gipsy e polke ipnotiche che poi si intubano, svanendo, nei giorni abortiti nei cantieri. Si spalancano, allora, le finestre, sopra parabole satellitari fuori dalle terrazze come sputnik circondati dai gerani, l’alimentari dei rumeni aperto fino a tardi, e il fisarmonicista direttocon i vedovi verso le panchine dove termina l’Alì, a trascinare la Slavonia zingaratra le pizze al taglio dei nostri pranzi economici –

Pizza-e-via di vicolo Bernini, chiusoil lunedì – Pizza-break di via Bissoni,

Page 4: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

7

aperto tutti i giorni – al MondoPizzadi via Machiavelli puoi osare la prosciutto

e funghi, o anche la radicchio e salsicciaquand’è stagione, al Pizzarcella – la nostra via crucis, da quando siamo qui, nel dribbling dei pasti, col bidone della cartache subito si stipa, e arrivaal sabato quasi peggio dei nostri stomaci esausti. Doppia ampia e luminosa, diceval’annuncio, astenersi matricole, e non sembrava vero che mancassela scritta ragazze soltanto!, in un carattere settantadue difficile da fraintendere, roba che ormai volevamo delinquere,a essere, così, presi per bruti, e anzi, appartamento misto,c’era scritto, lasciando un’impressionedi progressismo spinto. Quandoci siamo presentati, un novembre, io e Teo, scavalcati new jersey e transenne sui fumi dell’autunnoaddosso ai garage e alle zitelledai bruni foulard, d’istinto a Dario siamo stati simpatici:

«Ospiti solo ogni tanto, abbiamo avuto problemi con un tizio che portava sempre la sua ragazza, già siamo in sei, pensateviin sette, i bagni sono due, questo sarebbevostro e di Giacomo, la cucina la vedete,un po’ vecchia ma funziona, avreste due scomparti, qua, del frigo grande,

Page 5: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

8

dietro le arance c’è la busta per le bollette, turni di pulizia per le stanze in comune, lavatrice a pagamento, niente telefono fisso, linea wireless dei vicini finchénon mettono una password...»

e rifletti, mentre dannoin tivù i talk-show delle due, che casino gestirsi una casa, andare a vivere fuori, da soli, ma assieme a cinque inquilini (alcuni tuoi traumiadolescenziali: Piccoli omicidi tra amici, tutti i colloqui psico-attitudinali, ma anche, più tardi, Pao Pao di Tondelli,la vita di caserma in quel film con Dapporto, e il nesso con la naia che non si stana dal cervello,– il cameratismo, il nonnismo – meglio morto). «E voi, allora, come mai nella Padova topaia?»e gli spieghi, con il fritto dei Sofficiniche impregna i canovacci ricamati a grappoli, del dottorato, tu, dopo la laurea in storia, e dell’impiego, Teo,nella multinazionale, e ti chiedi chi è Giacomo, chi è Dario, chi sono gli altri due che mancano all’appello, e perché vivere con questi sconosciutidi cui sempre ignorerai i cognomi,scendendo a piedi tra i rimbombi dei muri, a fiutare le colonie dei vecchi su spire di corrimano panciuti, e davanti a ogni porta ti invade l’odore dei pranzi dei condòmini ignoti, e ti viene in mente casa tua,

Page 6: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

9

il tuo giardino, circondato dalle villette di quattro vedove sprezzanti, e tua madre che ti rimprovera coi guantiper i colori dei vestiti malamente abbinati

(«da piccolo mi chiedevi:“ci sta, mamma, coi pantaloni,questa maglietta, questo blu?”,perché, adesso, non ti importa più?»)

e le vie tematiche coi nomi dei montinella zona residenziale di Breda

di Piave, comunque megliodi quelle che ti crescono come tumoriattorno al cancello, tutte intitolatea qualche membro delle forze armate, che muoiono solo marescialli,qua, e sorelle in grisaglie vanamente devote. A Teo dici, fuori, che ti sembra perfetta, la stanza, grande abbastanza per tutti e due, e 120 sacchi a testaè un prezzo che non batte neppureun mono in via Anelli tra i nigeriani.E poi è bello, no?, con questo soleche ti tramonta tra le mani fendendodi sbieco i palazzi, le macchineparcheggiate storte, la scia dei pinimarittimi che inganna le betoniere,e copre, a sbuffi, i miasmi dei bidoni per l’umido e i vapori vaghi delle sere. A casa queste cose mica le incontri: ti si spiegano i soliti orizzonti,

le insegne a memoria, il postino a rilento,le pisciate dei cani, le fermate dei bus,

Page 7: Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie

e poi ti ritrovi a litigare coi padrinei bar senza parcheggi. «Per me va bene» fa, mentre all’angolocon via Aspetti ci sfiora forza lavorobielorussa guardata male dai pastoritedeschi, e ogni tanto qualche stabile sventrato come a Sarajevo,ma questo sole, adesso, sembra intonarsialla ruggine delle nostre pelli, ai nostri deserti post-studenteschi,venticinque metri quadri di tarli per educarsi al market al mocho al boiler. Il giorno dopo io e Teo accettiamo,e loro (gli estranei) accettano noi.