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FRAMEWORK E STANDARDS CONTABILI DELLO IASB: ALLA RICERCA DI UN DIFFICILE SINCRETISMO Roberto Di Pietra* SOMMARIO: 1. – L’introduzione del quadro concettuale nell’ambito dei principi contabili internazionali; 2. – La funzione del Framework : il ricorso alla logica deduttiva rispetto ad una impostazione di problem solving; 3. – L’obiettivo conoscitivo del Bilancio perseguito dallo IASB; 4. – La particolare “gerarchia” dei postulati di Bilancio definita dal Framework ; 5. – La struttura del Bilancio individuata dallo IASB; 6. – I principali metodi di valutazione adottati all’interno dei principi contabili internazionali; 7. – Riflessioni di sintesi ed osservazioni critiche. 1. LINTRODUZIONE DEL QUADRO CONCETTUALE NELLAMBITO DEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI Il Framework dell’ International Accounting Standards Board (IASB) è stato approvato e pubblicato nel luglio del 1989 allo scopo di sostenere il perseguimento dell’obiettivo della standardizzazione contabile internazionale, attraverso la definizione di un quadro concettuale da cui far discendere per via deduttiva un insieme coerente di principi contabili 1 . Tale documento si inserisce in un più ampio progetto dell’allora International Accounting Standards Committee (IASC) finalizzato a perseguire una migliore comparabilità internazionale delle informazioni contabili 2 . Nel documento in parola vengono affrontate le questioni fondamentali per la definizione del Bilancio e del relativo processo di redazione. All’interno del Framework devono, per definizione, essere affrontate tutte le principali questioni riguardanti la finalità del Bilancio, l’identificazione dei destinatari delle informazioni contabili, la struttura da attribuire al documento di sintesi annuale, la gerarchia dei postulati e dei principi di redazione da rispettare, il significato delle principali voci di Stato patrimoniale e di Conto economico. Nella versione del 1989 del suo quadro concettuale lo IASC aveva ritenuto di favorire il processo di standardizzazione contabile internazionale grazie alla definizione di un Bilancio capace di fornire informazioni utili ai processi * Professore Straordinario in Economia Aziendale, Dipartimento di Studi Aziendali e Sociali, Università degli Studi di Siena. 1 Sulla nozione e sul significato di Framework si faccia riferimento ai contributi di E. PERRONE (1992: 283), B. CAMPEDELLI (1994: 39 e ss.), S. AZZALI (1996: 95 e ss.), A. PICOLLI (1998: 19 ess.), E. SANTESSO, U. SOSTERO (1999: 1 e ss.), P. NAVA (2000: 581). Più estesamente sullo stesso argomento ci sia consentito rinviare ad un precedente contributo (R. DI PIETRA, 2002). 2 Sui problemi e la nozione di comparabilità rinviamo a quanto proposto in un precedente contributo (R. DI PIETRA, 2000: 25 e ss.).

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FRAMEWORK E STANDARDS CONTABILI DELLO IASB: ALLA RICERCA DI UN DIFFICILE SINCRETISMO

Roberto Di Pietra*

SOMMARIO: 1. – L’introduzione del quadro concettuale nell’ambito dei principi contabili internazionali; 2. – La funzione del Framework : il ricorso alla logica deduttiva rispetto ad una impostazione di problem solving; 3. – L’obiettivo conoscitivo del Bilancio perseguito dallo IASB; 4. – La particolare “gerarchia” dei postulati di Bilancio definita dal Framework ; 5. – La struttura del Bilancio individuata dallo IASB; 6. – I principali metodi di valutazione adottati all’interno dei principi contabili internazionali; 7. – Riflessioni di sintesi ed osservazioni critiche.

1. – L’INTRODUZIONE DEL QUADRO CONCETTUALE NELL’AMBITO DEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI

Il Framework dell’International Accounting Standards Board (IASB) è stato approvato e pubblicato nel luglio del 1989 allo scopo di sostenere il perseguimento dell’obiettivo della standardizzazione contabile internazionale, attraverso la definizione di un quadro concettuale da cui far discendere per via deduttiva un insieme coerente di principi contabili1. Tale documento si inserisce in un più ampio progetto dell’allora International Accounting Standards Committee (IASC) finalizzato a perseguire una migliore comparabilità internazionale delle informazioni contabili2.

Nel documento in parola vengono affrontate le questioni fondamentali per la definizione del Bilancio e del relativo processo di redazione. All’interno del Framework devono, per definizione, essere affrontate tutte le principali questioni riguardanti la finalità del Bilancio, l’identificazione dei destinatari delle informazioni contabili, la struttura da attribuire al documento di sintesi annuale, la gerarchia dei postulati e dei principi di redazione da rispettare, il significato delle principali voci di Stato patrimoniale e di Conto economico.

Nella versione del 1989 del suo quadro concettuale lo IASC aveva ritenuto di favorire il processo di standardizzazione contabile internazionale grazie alla definizione di un Bilancio capace di fornire informazioni utili ai processi * Professore Straordinario in Economia Aziendale, Dipartimento di Studi Aziendali e Sociali, Università degli Studi di Siena. 1 Sulla nozione e sul significato di Framework si faccia riferimento ai contributi di E. PERRONE (1992: 283), B. CAMPEDELLI (1994: 39 e ss.), S. AZZALI (1996: 95 e ss.), A. PICOLLI (1998: 19 ess.), E. SANTESSO, U. SOSTERO (1999: 1 e ss.), P. NAVA (2000: 581). Più estesamente sullo stesso argomento ci sia consentito rinviare ad un precedente contributo (R. DI PIETRA, 2002). 2 Sui problemi e la nozione di comparabilità rinviamo a quanto proposto in un precedente contributo (R. DI PIETRA, 2000: 25 e ss.).

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decisionali delle numerose categorie di utilizzatori. Tali soggetti compiono le specifiche scelte valutando la solidità finanziaria dell’azienda, la capacità di distribuire dividendi, la possibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti, etc. Per conseguire tale risultato occorreva ampliare il contenuto informativo dei Bilanci, pur dovendo comunque ricorrere a fonti estranee alle rilevazioni contabili.

L’iniziale impostazione del Framework ha subíto una rilevante modificazione durante il processo di riforma avviato nel 1995 accogliendo l’idea che la finalità delle informazioni di Bilancio deve essere primariamente orientata alla soddisfazione dei bisogni degli investitori. Tale cambiamento può essere ricondotto all’accordo intervenuto con l’International Organization of Securities Commissions (IOSCO) al fine di favorire l’accoglimento dei principi IAS presso le principali borse mondiali.

A questa evoluzione occorre tuttavia premettere come la stessa struttura iniziale del Framework è stata ampiamente influenzata da differenti impostazioni teoriche sulla finalità dei Bilanci e, tra queste, ha assunto particolare rilevanza l’esperienza del quadro concettuale adottato dal Financial Accounting Standards Board (FASB) nelle versioni del 1978 e del 1985. I riflessi dell’esperienza statunitense sono, in questo senso, evidenti quando si consideri che anche nel caso del FASB la finalità primaria attribuita al Bilancio consisteva nell’esigenza di fornire a tutti gli utilizzatori ed in particolare agli investitori informazioni utili ai loro processi decisionali3.

Nel presente contributo cercheremo di presentare le caratteristiche del Framework dello IASB nell’intento di apprezzare, anche in chiave critica, la difficoltà di conciliare un‘impostazione metodologica prettamente deduttiva su un preesistente impianto di tipo induttivo.

Occorre fin da subito chiarire come l’idea e l’esigenza di fare riferimento ad un quadro concettuale discende da un modo di intendere la contabilità ed il Bilancio come il frutto di una costruzione che, partendo da assiomi di carattere generale, giunge alla progressiva identificazione di regole particolari. La consapevolezza di potere fare ricorso ad un sistema coerente ed organico di regole, ovvero ad una teoria del Bilancio, si infrange nella possibilità (per niente remota) che si manifestino situazioni estranee all’originaria impostazione, magari frutto dell’evoluzione dello scenario economico – aziendale. In queste situazioni la “tenuta” della base teorica dipende dalla possibilità di ricondurre a questa il caso non previsto od emergente attraverso un processo di interpretazione “per analogia”. Proprio la natura soggettiva di questi processi contribuisce a rendere significativamente ampia la serie di soluzioni individuate per affrontare una specifica questione contabile, cosa che presumibilmente non favorisce la comparabilità dei Bilanci.

In posizione opposta alla precedente si colloca quella che prevede la risoluzione di casi particolari da cui derivare, per induzione, un insieme di regole cui fare riferimento per affrontare il problema generale della redazione del Bilancio. La logica del problem solving consente così di individuare una soluzione

3 In particolare, vengono enfatizzate le esigenze informative relative all’assunzione di decisioni sulla capacità di una data azienda di generare flussi di cassa od equivalenti (cfr. E. PERRONE, 1992: 287 e ss.).

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che può essere indicata come univocamente accettabile in un determinato momento al punto da costituire lo standard di riferimento cui convergere ed uniformarsi. In questo senso, la definizione e l’accettazione di uno standard costituisce una soluzione efficace ed efficiente fino a quanto non emergeranno variazioni di contesto o punti di vista particolari che richiederanno una revisione, un aggiornamento o ancora un ripensamento dello standard medesimo. Nella impostazione appena menzionata la definizione di una serie di soluzioni specifiche ed il loro progressivo cumularsi non necessariamente discende da una visione complessiva ed organica del Bilancio. In essa possono convivere posizioni tra loro differenziate rispetto alla logica sottostante, nonché rispetto al momento storico in cui esse sono state formulate ed adottate. L’accumularsi di differenti soluzioni presume, inoltre, la possibilità che si manifestino problemi da risolvere che, o non ricadono all’interno di uno specifico principio contabile, oppure si pongono al margine di diversi documenti senza interessarne uno in particolare.

Alle due prospettive appena indicate fanno riferimento due mondi che pur guardando al medesimo oggetto, il Bilancio, lo affrontano sulla base di teorie, metodologie e prassi chiaramente opposti. Nel paragrafo seguente cercheremo di illustrare come all’interno dello IASB, nella seconda metà degli anni ottanta, sia stata una qualche forma di conciliazione ricorrendo alla definizione di un Framework a sostegno ed integrazione delle soluzioni specificamente previste dai principi contabili internazionali.

2. – LA FUNZIONE DEL FRAMEWORK: IL RICORSO ALLA LOGICA DEDUTTIVA RISPETTO AD UNA IMPOSTAZIONE DI PROBLEM SOLVING

In termini generali una delle prime asserzioni relative al Conceptual Framework chiarisce la funzione di servizio che tale documento è destinato ad assolvere. Il quadro concettuale intende essere di ausilio, non solo all’attività di emanazione dello IASB, contribuendo anche all’operatività di altri enti contabili nazionali ed internazionali, ma anche al miglioramento qualitativo dei processi di redazione e di revisione dei Bilanci, nonché all’utilizzazione delle informazioni da parte di tutti i soggetti comunque coinvolti.

Nello stesso documento viene chiaramente stabilito che il Framework non si colloca in posizione sovra-ordinata rispetto agli standards. Nel testo attuale del quadro concettuale si può infatti leggere che il Framework non è un principio contabile internazionale applicabile e non può essere utilizzato per giustificare deroghe ai principi approvati. Il documento in esame non è un principio contabile e non definisce principi di valutazione né obblighi di informativa per nessuno specifico aspetto.

Il Board dello IASB ha, tuttavia, precisato che in alcuni casi particolari si possano manifestare situazioni di conflitto tra il quadro concettuale ed alcuni principi contabili. In tali circostanze prevale sempre il principio contabile internazionale.

Il primo obiettivo perseguito dal Framework consiste nel fornire assistenza al Board dello IASB nella definizione dei nuovi principi contabili internazionali, nonché

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nei processi di revisione ed aggiornamento degli standards emanati prima del 1989. In particolare, tale documento intende sostenere le scelte relative alla riduzione ed eliminazione dei metodi contabili alternativi presenti negli IAS, in coerenza ed in coordinamento con il progetto comparabilità definito con la pubblicazione nel 1990 dello Statement of intent.

Secondo lo IASB gli enti di regolazione contabile nazionale, siano essi istituzioni private od enti governativi, possono trovare nel Framework un sistema interpretativo cui fare ricorso nei processi di emanazione dei principi contabili nazionali ed internazionali.

Il quadro concettuale si rivolge, inoltre, a tutti i professionisti della contabilità che si occupano della redazione dei documenti di sintesi, nonché dei processi legati alla loro revisione.

Per i redattori del Bilancio il Framework costituisce un utile ausilio per l’interpretazione ed applicazione dei principi contabili internazionali, nonché per dedurre le soluzioni da adottare rispetto alle questioni contabili non ancora affrontate dallo IASB. Nel caso dei revisori dei conti il quadro concettuale costituisce un opportuno riferimento per valutare la conformità dei documenti di sintesi sottoposti all’attività di revisione rispetto ai principi contabili internazionali.

Al Framework fanno ricorso gli utilizzatori delle informazioni di Bilancio che trovano in esso la chiave interpretativa delle voci di Stato patrimoniale e di Conto economico, potendo così giungere alla razionale assunzione delle decisioni. Occorre, in ogni caso, ricordare che né nel Framework né in alcuno degli standards viene indicato un prospetto di Stato patrimoniale o di Conto economico cui fare riferimento perché ritenuto come preferito o raccomandato.

Il quadro concettuale dello IASB fornisce, infine, utili informazioni per comprendere e ricostruire il processo che ha condotto all’emanazione dei principi IAS.

La definizione ed adozione del Framework da parte dell’allora IASC si inserisce all’interno del progetto denominato comparabilità e costituisce un chiaro tentativo di dare un contenuto unitario ed organico ad un insieme di documenti da considerare separatamente. Con tale scelta si è quindi tentato di introdurre un tipico strumento di derivazione metodologica deduttiva su una struttura originaria esplicitamente induttiva.

L’integrazione effettuata deve, tuttavia, ritenersi parziale dato che, comunque, è stata sancita la netta prevalenza delle soluzioni contabili previste dagli standards, non necessariamente coerenti rispetto ai singoli principi o rispetto al quadro concettuale.

La qualità dell’integrazione tra uno schema deduttiva ed un approccio induttivo risulta peraltro carente rispetto alla definizione di uno schema di limitata generalità, posto che il Framework prefigura per il Bilancio un obiettivo nel quale trova riscontro una specifica tipologia aziendale.

Riguardo al contenuto del Framework, ovvero alla individuazione dei temi connessi alla redazione dei Bilanci, viene proposta la seguente articolazione relativa a:

a) gli obiettivi; b) i postulati;

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c) le caratteristiche qualitative che le informazioni devono possedere affinché siano utili per i processi decisionali;

d) le regole per la definizione delle voci di Stato patrimoniale e di Conto economico e le norme da seguire per la loro corretta iscrizione e valutazione;

e) i concetti di capitale e di “conservazione” dello stesso. Il quadro concettuale dello IASB riguarda la corretta redazione dei documenti di

sintesi annuale siano essi i Bilanci di esercizio, oppure quelli consolidati. Nell’impostazione dell’allora IASC il Bilancio veniva inteso come uno dei

principali strumenti utilizzati dalle aziende per realizzare la comunicazione economico – finanziaria nei confronti di tutti i potenziali destinatari esterni ed interni.

Il Bilancio comprende lo Stato patrimoniale, il Conto economico e lo schema di rendiconto finanziario. Il documento in parola contiene di norma anche i prospetti esplicativi delle voci di Bilancio e della gestione aziendale. Ad esso si aggiungono alcuni schemi supplementari relativi ad informazioni di dettaglio (come nel caso dei risultati conseguiti in specifici settori d’attività o in particolari aree geografiche).

Occorre notare, infine, come nel Framework si dichiari la possibilità di applicazione a tutte le tipologie aziendali, prescindendo dalla loro specifica attività economica (come nel caso delle aziende che operano nell’ambito di settori specializzati e tradizionalmente separati dal punto di vista normativo) e dalla differente natura giuridica (aziende private o pubbliche). Come vedremo questa dichiarazione sembra più apparente che reale, data la difficoltà di rendere accettabile la prospettiva del Framework per aziende di non grande dimensione e non soggette alla quotazione del loro capitale di rischio.

Le precedenti considerazioni hanno consentito di evidenziare come il ricorso alla definizione di un quadro concettuale da parte dello IASB non consente di trovare una piena integrazione tra l’impostazione induttiva (o di problem solving) e quella deduttiva. Infatti, l’espressa indicazione che il Framework non può essere considerato come uno standards e l’ulteriore precisione secondo cui prevalgono questi ultimi su qualsiasi indicazione prevista dal quadro concettuale evidenziano di fatto la netta prevalenza dell’impostazione induttiva su quella deduttiva.

Lo IASB emana standards e questi sono le norme da applicare nella risoluzione di problemi connessi alla redazione dei Bilanci. Al riguardo occorre sottolineare come il ricorso al termine principio per tradurre in italiano la parola standard conferma, come non mai, la possibilità di tradire il significato semantico presente in un determinato linguaggio. Culturalmente, prima che tecnicamente, il termine standard presuppone un processo che ipotizza la definizione di soluzione, ovvero di uno stato, verso cui convergere attraverso un processo di standardizzazione. Tale impostazione ipotizza di fatto un contesto di generale accettazione che rende possibile la validità di un qualsiasi standard e che, ove mancante o non più presente perché si è modificato lo scenario operativo richiede la definizione di un nuovo standard verso cui convergere.

La traduzione dell’espressione Accounting standards con quella italiana Principi contabili non riproduce, a nostro parere, questo significato dato che il termine “principio” evoca un significato differente, ovvero quello di una soluzione

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individuata come generalmente valida perché coerente rispetto ad un determinato quadro concettuale sovra ordinato e quindi accettabile in termini di principio. La traduzione ufficiale riscontrabile a livello normativo sui documenti della GUCE riproduce di fatto questo equivoco (se non questo tradimento) del traduttore. Meglio sarebbe stato lasciare ed utilizzare l’espressione originale di standards contabili internazionali con la quale si identifica uno specifico modo di regolare le questioni contabili nell’ambito di un approccio normativo tipico del contesto culturale anglofono4.

3. – L’OBIETTIVO CONOSCITIVO DEL BILANCIO PERSEGUITO DALLO IASB

Prima di esporre le finalità del Bilancio di esercizio, occorre precisare che il Framework dello IASB nella iniziale versione propone una propria classificazione dei diversi e potenziali destinatari delle informazioni contabili.

Gli utilizzatori sono distinti in relazione ai rapporti che intrattengono con l’azienda ed alle decisioni economiche che devono assumere5. Per ogni possibile destinatario vengono indicate le differenti esigenze conoscitive e le informazioni di Bilancio che, più di altre, possono favorire l’assunzione delle decisioni. Lo IASB in questo modo ribadisce il fine principale assegnato al Bilancio, ovvero la diffusione di informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico conseguito allo scopo di consentire la consapevole e razionale assunzione di decisioni da parte di un’ampia comunità di destinatari.

Nella prospettiva dello IASB tutti gli utilizzatori del Bilancio non si collocano sullo stesso livello, dato che è possibile individuare due categorie in base al potere di cui gli utilizzatori dispongono nell’ottenere le informazioni necessarie all’assunzione delle decisioni.

Appartengono al primo gruppo tutti i destinatari che, nell’esercizio di una specifica competenza, possono acquisire dalle aziende le informazioni contabili di cui necessitano per assumere decisioni. Tali utilizzatori, di norma, si rivolgono direttamente agli amministratori, ottenendo informazioni che, oltre al Bilancio, riguardano ulteriori strumenti conoscitivi (si pensi ad esempio ai flussi informativi derivanti dalla contabilità dei costi). Nelle categorie in esame rientrano sicuramente le aziende di credito, che nella prospettiva di erogare un finanziamento, dispongono del potere di chiedere all’azienda informazioni particolareggiate sulle sue condizioni finanziarie.

Nell’altro gruppo di utilizzatori lo IASB include tutte le categorie che sono prive del potere di ottenere dall’azienda informazioni aggiuntive rispetto a quelle normalmente disponibili. Fanno parte di questo gruppo i creditori commerciali,

4 Sul carattere culturale che determinate modalità di regolazione presentano e sul loro possibilità che la loro esportazione – importazione possa discendere da atteggiamenti di etnocentrismo rinviamo al contributo di WALLACE R. S. O., GERNON H. (1991) 5 Per un elenco delle categorie di utilizzatori delle informazioni economico – finanziarie rinviamo, tra gli altri, a C. HORNGREN , G. FOSTER (1987: 2) e G. CATTURI (1997). Ciascuna categoria, ovvero gruppo sociale, identifica uno specifico interesse (ovvero una posta in gioco) divenendo costi individuabile con la denominazione inglese di stakeholder. Cfr. R. FREEMAN (1984: VI Cap.), M. BERGAMIN BARBATO (1987), G. RUSCONI (1988: 33) e P. DI TORO (1993: 64 e ss.).

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oppure i piccoli risparmiatori, per i quali il Bilancio costituisce la principale, ed in alcuni casi unica, fonte per il reperimento di informazioni.

Nel quadro concettuale si afferma che nella redazione dei Bilanci dovrebbero essere enfatizzate proprio le esigenze conoscitive di questa seconda categoria di utilizzatori.

Nel primo gruppo rientrano tutti i soggetti che, a vario titolo, apportano il capitale di rischio, nonché i loro consulenti. Le loro esigenze conoscitive intendono trarre dalle informazioni di Bilancio elementi utili per apprezzare la rischiosità dell’investimento effettuato e l’entità della redditività che ne potrà conseguire (sia sotto forma di dividendi che di eventuali plusvalenze). Gli investitori necessitano, pertanto, di un’informazione contabile che permetta di valutare la convenienza ad acquistare, detenere o vendere una quota del capitale di una qualsiasi azienda, considerando inoltre le opportunità alternative d’investimento (offerte da altre aziende o relative ai mercati dei prodotti finanziari). Il riferimento agli investitori nel modo in cui risultato formulato nel Framework appare chiaramente richiamarsi alla realtà operativa di aziende orientate al mercato nel reperimento dei mezzi propri. Questo pone l’esigenza di precisare come la traduzione del termine investor non riesca ad evocare correttamente il significato originale, visto che con il termine investitori solo parzialmente, e non quasi esclusivamente, si pensa al ruolo ed alla posizione degli azionisti (effettivi e potenziali, di maggioranza e di minoranza). A questo in realtà e primariamente fa riferimento il quadro concettuale dello IASB e da ciò si ricostruisce la centralità delle società di capitali, per azioni e quotate in un listino ufficiale. Nella traduzione del termine investor prevale nettamente il significato di azionista piuttosto che quello di imprenditore amministratore (manager) che potremmo comunque associare alla nozione di investitore.

Nel caso dei dipendenti e delle organizzazioni sindacali i fabbisogni informativi riguardano principalmente la redditività e la solidità dell’azienda presso cui essi prestano la loro attività lavorativa, nell’intento di definire le richieste salariali e di apprezzare il livello di sicurezza del rapporto di lavoro. I dipendenti sono, inoltre, interessati a valutare la capacità dell’azienda nel garantire per il futuro la corresponsione delle remunerazioni pattuite e delle indennità pensionistiche accantonate, nonché di comprendere le opportunità di lavoro esistenti in termini prospettici.

Per quanto riguarda le istituzioni finanziarie ed i risparmiatori che hanno finanziato l’azienda (ad esempio, con l’accesso ad operazioni bancarie o ricorrendo all’acquisto di titoli di credito), occorre rilevare come tali soggetti siano primariamente interessati a raccogliere informazioni che consentano di effettuare una valutazione sul rischio di credito e di interesse, ovvero sulla possibilità di rimborso delle somme finanziate e di riscossione degli interessi dovuti. Tali obiettivi conoscitivi richiedono la realizzazione di un’articolata analisi della situazione finanziaria allo scopo di individuare eventuali situazioni di insolvenza.

Nel caso dei fornitori l’esigenza di fornire adeguata tutela ai loro crediti commerciali si traduce nella ricerca di informazioni che permettano di comprendere se il credito concesso sulle forniture sarà regolarmente onorato. I fornitori normalmente si limitano a valutare la solvibilità dell’azienda nel breve periodo. Nei casi di stringente relazione tra azienda e fornitore (l’azienda è uno

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dei principali clienti del fornitore che per questo motivo si trova in una situazione di dipendenza) il fornitore sarà interessato ad avere informazioni idonee a valutare la stabilità del rapporto commerciale nel medio e lungo termine. Un’analoga prospettiva si verifica quando la relazione commerciale riguarda beni a lento rigiro che vengono pagati con dilazioni di pagamento pluriennali6.

Anche nel caso dei clienti assumono una particolare rilevanza le informazioni relative alla stabilità del rapporto commerciale (soprattutto nei casi di dipendenza del cliente dall’approvvigionamento di beni e servizi).

Il Governo e le istituzioni pubbliche sono interessati ad ottenere informazioni sull’attività delle aziende allo scopo di conoscere l’allocazione e l’impiego delle risorse produttive, per programmare le politiche industriali o fiscali, nonché per determinare il reddito nazionale o per realizzare le rilevazioni statistiche nazionali. Nel caso delle comunità locali e degli enti che le governano, il Bilancio di esercizio per una comunità locale può, infine, rappresentare lo strumento attraverso cui apprezzare le prospettive di sviluppo economico.

Le precedenti riflessioni sulle diversificate esigenze conoscitive degli utilizzatori dei Bilanci hanno condotto lo IASB a ritenere estremamente difficoltosa la piena e contemporanea soddisfazione all’interno dei documenti di sintesi annuale. All’interno del quadro concettuale lo IASB rileva, tuttavia, come una parte delle informazioni contabili richieste alle aziende risulti comune ad una vasta gamma di utilizzatori. In particolare, le informazioni che consentono di soddisfare un’esigenza comune a tutti i destinatari del Bilancio riguarda la possibilità di valutare la capacità dell’azienda di generare adeguati flussi di cassa o equivalenti (valori prontamente liquidabili). Tale valutazione si fonda sull’analisi della situazione patrimoniale, economica e finanziaria.

La presenza di comuni esigenze informative per tutti i possibili destinatari ha condotto lo IASB ad operare la seguente scelta: “Nonostante le esigenze dei citati utilizzatori non possono essere tutte soddisfatte dal bilancio, vi sono alcune esigenze comuni a tutti. Poiché gli investitori sono i fornitori di capitale di rischio all’impresa, un bilancio che soddisfi le loro esigenze informative soddisferà anche la maggior parte delle esigenze di altri utilizzatori del bilancio” (Framework, 2001: § 10).

Il quadro concettuale in esame di fatto individua nella categoria degli investitori i principali destinatari delle informazioni di Bilancio, riconoscendo tale gruppo costituito primariamente da azionisti. Nel testo del documento in esame tale scelta non sembra pregiudicare le esigenze informative degli altri destinatari, dato che i documenti di sintesi redatti nella prospettiva degli investitori consentono di soddisfare anche le altre categorie di utilizzatori attraverso l’adeguata rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria, nonché del risultato economico.

In definitiva, il procedimento logico seguito dallo IASB è consistito nella costruzione di un Bilancio funzionale alle necessità informative e decisionali degli investitori (azionisti), ritenendo che il documento così redatto può consentire di aiutare gli altri utilizzatori nell’assunzione delle loro specifiche decisioni7.

6 Cfr. S. AZZALI (1996: 129). 7 Cfr. S. PERRONE (1992: 287).

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4. – LA PARTICOLARE “GERARCHIA” DEI POSTULATI DI BILANCIO DEFINITA DAL FRAMEWORK

Le considerazioni proposte nel precedente paragrafo sull’individuazione dei destinatari delle informazioni contabili hanno trovato chiara espressione nella seguente affermazione all’interno del quadro concettuale in base al quale l’obiettivo primario dei Bilanci consiste nel “fornire informazioni in merito alla situazione patrimoniale, all’andamento economico e ai cambiamenti della situazione patrimoniale – finanziaria dell’impresa, utili a un’ampia serie di utilizzatori nel processo di decisione economica” (Framework, 2001: § 12).

Gli utilizzatori dei Bilanci nell’assunzione delle loro decisioni devono disporre di informazioni relative alla situazione patrimoniale, al risultato economico, alla struttura ed alle variazioni finanziarie concernenti una determinata realtà aziendale. Gli investitori e gli altri stakeholders per l’assunzione delle loro decisioni devono, nella maggioranza dei casi, ricorrere ad “una stima sulla capacità dell’impresa di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti e sulla tempistica e sul loro grado di certezza” (Framework, 2001: § 15). La capacità di generare tali flussi può essere meglio apprezzata se gli utilizzatori dispongono di informazioni relative al reddito d’esercizio, al capitale di funzionamento ed alle dinamiche finanziarie.

Secondo lo IASB, la valutazione della capacità di generare flussi di cassa (od equivalenti ad essi), nonché di apprezzarne i tempi e di verificarne la certezza è alla base del processo decisionale degli utilizzatori del Bilancio. È da questa capacità che discende per una data azienda la possibilità di pagare gli emolumenti ai propri dipendenti, di restituire il capitale ricevuto in prestito (pagando gli interessi maturati), di regolare i debiti con i propri fornitori, di distribuire dividendi agli azionisti ed effettuare nuovi investimenti.

Il Bilancio deve, pertanto, rappresentare le potenzialità di una data azienda in un’ottica finanziaria di tipo prospettico, supportando gli utilizzatori nell’assunzione delle decisioni8.

Dall’osservazione di un Bilancio e dai relativi prospetti gli utilizzatori giungono alla definizione di un giudizio. Per quanto attiene alla Situazione patrimoniale, occorre rilevare come essa sia influenzata da un insieme di fattori tra i quali possiamo richiamare il ruolo assunto dalle risorse economiche gestite dall’azienda. Dalle informazioni relative a tali risorse e dalle modalità seguite per la loro utilizzazione e trasformazione in beni e servizi è possibile desumere la futura capacità dell’azienda a generare flussi di cassa o equivalenti.

Oltre alle informazioni sulle risorse economiche disponibili, un ulteriore elemento che influisce sulla Situazione patrimoniale consiste nella struttura finanziaria. Le informazioni relative a tale elemento possono consentire agli utilizzatori di ipotizzare le future esigenze finanziarie, le opportunità di raccogliere

8 Occorre, peraltro, notare come lo stesso Framework (2001: § 14) riconosca nel Bilancio uno strumento di controllo con il quale valutare la gestione aziendale evidenziando la responsabilità degli amministratori, nonché il grado di conseguimento degli obiettivi programmati.

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risorse monetarie nonché le forme di suddivisione (tra finanziatori e proprietari) dei flussi di cassa e dei profitti conseguiti9.

Dalle indagini condotte sullo Stato patrimoniale è possibile desumere le informazioni sulla capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni finanziari sia nel breve che nel medio e lungo termine, ricorrendo alla determinazione del grado di liquidità e di solvibilità aziendale.

Le informazioni sulle componenti positive e negative di reddito consentono anch’esse di cogliere utili informazioni sulla capacità di una data azienda di generare flussi di cassa od equivalenti. La valutazione del grado di redditività contribuisce a completare il quadro sulla valutazione degli investimenti finanziari od economici realizzati in un determinato periodo amministrativo.

Dal rendiconto finanziario è possibile conoscere i flussi finanziari che si sono resi necessari per l’acquisto delle immobilizzazioni e da questi apprezzare la capacità di una data azienda di generare risorse monetarie (o assimilabili alla moneta). Per le aziende che hanno effettuato investimenti ricorrendo al capitale di credito esse presentano la necessità di destinare una parte consistente delle risorse monetarie, disponibili nei futuri esercizi, per il pagamento degli interessi e per il rimborso del capitale. Le tracce delle risorse finanziarie acquisite, dei rimborsi del capitale e dei pagamenti degli interessi sono ricostruibili ricorrendo all’analisi dei rendiconti finanziari10.

Nel proprio Framework lo IASB ha inteso evidenziare come ogni prospetto costitutivo dei Bilanci fornisca un differente contributo informativo che, rispetto agli stessi fatti gestionali, trova una particolare espressione patrimoniale, finanziaria od economica. I prospetti di Stato patrimoniale, Conto economico e rendiconto finanziario singolarmente considerati enfatizzano un particolare aspetto della gestione e dei sottostanti fatti che la compongono. Un’indagine specifica e separata di ciascuno di essi non consente, tuttavia, di rappresentare la realtà aziendale in modo esauriente. Da ciò discende l’esigenza secondo cui ogni utilizzatore ricorra ad un’analisi congiunta dei tre prospetti, rifuggendo dall’idea errata di fare riferimento all’analisi di quello che sembra contenere le informazioni più interessanti.

Nel quadro concettuale tracciato dallo IASB, all’enunciazione dell’obiettivo di fondo che ciascun Bilancio deve perseguire, segue la presentazione dei sottostanti postulati, nonché la descrizione delle caratteristiche qualitative che le informazioni contabili devono assumere per risultare utili ai processi decisionali.

All’interno degli standards contabili l’allora IASC ha operato una classificazione che segue un preciso ordine gerarchico che prevede i seguenti livelli:

a) postulati del Bilancio, rappresentati dal criterio della competenza (accrual basis) e dal riferimento all’azienda in funzionamento (going concern);

9 Un’azienda particolarmente indebitata destinerà minori risorse finanziarie al pagamento dei dividendi e ricorrerà ad una prevalente destinazione verso coloro che hanno fornito il capitale di credito sotto forma di interessi e di rimborso del capitale nominale. 10 Sul rendiconto finanziario rinviamo, tra gli altri, a G. BRUNI (1991: 414 e ss.), G. FERRERO, F. DEZZANI, P. PISONI, L. PUDDU (1994: 203 e ss.).

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b) caratteristiche qualitative dell’informazione di Bilancio che comprendono la comprensibilità, la significatività, l’attendibilità e la comparabilità (le quali, a loro volta, conducono ai caratteri qualitativi di secondo livello).

La distinzione sopra riportata individua un ordine di priorità all’interno dei principi generali in base al quale il riferimento alla nozione di azienda in funzionamento ed alla competenza vengono elevati dallo IASB al di sopra degli altri, rappresentando le ipotesi fondamentali che governano l’intero processo di redazione del Bilancio. La comprensibilità, la significatività, l’attendibilità e la comparabilità costituiscono, invece, i principi che devono essere seguiti nell’ambito del medesimo processo per attribuire alle informazioni presenti in Bilancio le caratteristiche qualitative idonee a renderle efficacemente impiegabili nell’assunzione delle decisioni da parte degli utilizzatori11.

La struttura gerarchica proposta dal Framework per classificare i principi generali del Bilancio ed, in particolare, il “declassamento” di alcuni di questi a caratteristiche qualitative non trova risconto in tutti i sistemi contabili nazionali od internazionali.

Il primo dei due postulati individuati dal quadro concettuale riguarda la competenza in base alla quale gli effetti dei fatti amministrativi e degli eventi che interessano una qualsiasi azienda devono essere “rilevati quando essi si verificano (e non quando viene ricevuto o versato denaro o suo equivalente) ed essi sono riportati nei libri contabili e rilevati nel bilancio degli esercizi cui essi si riferiscono” (Framework, 2001: § 22).

La determinazione del reddito d’esercizio secondo il postulato della competenza deve, pertanto, derivare dal confronto tra i ricavi di competenza di un determinato periodo con i costi sostenuti nel medesimo arco temporale. Da tale scelta discende che ai fini dell’individuazione del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento il sistema di rilevazione dei fatti gestionali deve consentire di evidenziare il momento in cui si verifica la maturazione economica di ogni fatto gestionale (ovvero quando il costo è stato sostenuto ed il ricavo conseguito)12.

All’interno del Framework si esclude in modo esplicito che la rilevazione contabile dei fatti amministrativi possa avvenire ricorrendo alla loro manifestazione finanziaria.

La scelta della competenza quale postulato per la registrazione dei fatti amministrativi è stata compiuta dall’allora IASC per la sua valenza informativa. I Bilanci redatti in base alla competenza consentono, infatti, agli utilizzatori di apprezzare, oltre ai pagamenti ed agli incassi già verificati, anche i crediti e i debiti dell’azienda e conseguentemente i futuri pagamenti ed incassi. I Bilanci redatti secondo competenza forniscono un’informazione sulle operazioni effettuate e sulla situazione aziendale più utile all’assunzione di decisioni economiche.

Il secondo postulato individuato dal Framework concerne la situazione di azienda in funzionamento cui fare riferimento per definire l’oggetto delle osservazioni e delle rilevazioni contabili. Il postulato in parola assume, pertanto, che il Bilancio venga redatto nell’ipotesi che l’azienda si trovi in una normale situazione di funzionamento, presumendo inoltre che tale situazione continuerà a

11 Cfr. S. AZZALI (1996: 155). 12 Sulla nozione di competenza rinviamo alla definizione fornita dalla CSPC (1994).

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manifestarsi anche nel futuro. Qualora tale ipotesi dovesse essere modificata dal sopraggiungere di una situazione straordinaria (ad esempio, una liquidazione od una ristrutturazione aziendale), allora si renderebbe necessario modificare la logica di redazione del Bilancio ricorrendo a criteri differenti da quelli che caratterizzano l’ordinaria amministrazione (adeguatamente comunicati agli investitori ed agli altri utilizzatori).

Come accennato in precedenza, oltre ai due postulati appena illustrati, lo IASC ha individuato i caratteri qualitativi che devono presentare le informazioni di Bilancio. Le menzionate caratteristiche sono state suddivise in due livelli. Rientrano nel primo le seguenti caratteristiche:

a) comprensibilità, b) significatività, c) attendibilità, d) comparabilità. Le caratteristiche di secondo livello riguardano, invece, la rilevanza nell’ambito

della significatività; mentre rispetto all’attendibilità si indicano la prudenza (conservatism), la neutralità, la completezza, la prevalenza della sostanza sulla forma, la rappresentazione fedele13.

Nella redazione del Bilancio il rispetto delle caratteristiche qualitative e l’applicazione di corretti standards contabili (elaborati tenendo conto dei postulati e delle qualità sopra elencate) dovrebbero consentire di giungere alla rappresentazione chiara e fedele della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda considerata.

a) comprensibilità La caratteristica qualitativa della comprensibilità è stata definita come un

attributo essenziale delle informazioni di Bilancio. Tale carattere deve rendere possibile agli utilizzatori la piena comprensione delle informazioni trasmesse mediante i documenti di sintesi annuale. La comprensibilità esclude la presenza di inutili difficoltà o di contenuti informativi non necessari.

Il principio in parola fa riferimento sia alle singole voci di Bilancio sia all’intero documento. Nel primo caso si allude alla comprensione del significato di ciascuna posta, apprezzandone quella che possiamo definire come chiarezza estrinseca a carattere particolare. Il secondo caso interessa, invece, la complessiva valutazione dell’intero Bilancio.

La qualità della comprensibilità deve, tuttavia, riguardare anche la piena conoscenza dei processi di valutazione che hanno condotto alla formazione delle grandezze aziendali presenti in Bilancio.

La comprensibilità deve essere apprezzata ponendosi nella prospettiva dei destinatari delle informazioni di Bilancio presupponendo che essi siano dotati di una media cultura economico – aziendale e contabile ed ipotizzando che essi intendano esaminare, con le necessarie tecniche, i documenti di sintesi ricorrendo a quella che nella dottrina giuridica italiana corrisponde alla la normale diligenza.

La difficoltà di analisi o comprensione di un determinato fatto amministrativo non può costituire giustificazione per la sua omissione all’interno del Bilancio. Le 13 Sulla nozione di informazione e sulle relative caratteristiche rinviamo a G. CATTURI (1996: 148–150).

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informazioni relative a questioni contabili complesse e difficili devono essere inserite nel Bilancio, dato che esse possono comunque contribuire ai processi decisionali degli utilizzatori.

b) significatività L’utilità a fini decisionali delle informazioni di carattere patrimoniale, finanziario

ed economico contenute nei Bilanci dipende anche dal requisito qualitativo della significatività.

Le informazioni tratte dai documenti contabili per essere significative devono avere la capacità di influenzare l’assunzione delle decisioni da parte degli utilizzatori. Le informazioni significative devono cioè consentire di valutare la gestione passata e presente dell’azienda e di ipotizzare il suo possibile e futuro andamento; esse devono, pertanto, permettere che gli utilizzatori possano confermare o correggere le valutazioni effettuate e/o le decisioni assunte in passato.

L’informazione di Bilancio assume il requisito della significatività quando risulta in grado di influire sul comportamento dei decisori, determinandone il tipo di decisioni.

Secondo le riflessioni proposte nel Framework le informazioni di Bilancio svolgono nello stesso tempo una funzione predittiva ed una di controllo dei fatti aziendali; in entrambi i casi le informazioni contabili devono essere ugualmente significative, ovvero capaci di influenzare le decisioni.

Riguardo alla funzione prospettica del Bilancio occorre, tuttavia, precisare che tale documento, rappresentando gli effetti dei fatti gestionali avvenuti in passato, non fornisce informazioni che possono essere immediatamente considerate come delle previsioni. Spetta cioè all’utilizzatore il compito di formulare, ricorrendo all’utilizzazione di apposite tecniche d’indagine, delle ipotesi sui possibili sviluppi delle situazione patrimoniale, finanziaria ed economica. La possibilità di realizzare delle previsioni attendibili risulta, peraltro, influenzata dalle modalità di rappresentazione dei fatti amministrativi in Bilancio.

La significatività di un’informazione può dipendere dalla sua natura e rilevanza quantitativa. In alcune circostanze per apprezzare la rilevanza, e la conseguente significatività, di una data informazione risulta sufficiente conoscerne la natura; mentre in altri potrebbe essere necessario fare ricorso sia alla natura che alla rilevanza quantitativa di un’informazione per determinarne la significatività14.

Sull’argomento lo stesso Framework ha proposto l’esempio delle scorte di magazzino per le quali è importante determinare sia il valore espresso nella moneta di conto (rilevanza quantitativa), sia la suddivisione per categorie (natura), allo scopo di individuare la possibile esistenza di merci obsolete difficilmente vendibili.

Un’informazione di Bilancio può, infine, essere considerata rilevante quando la sua omissione o la sua errata rappresentazione è in grado di determinare effetti sulle decisioni degli utilizzatori. La significatività di un’informazione può, peraltro, 14 Si pensi al caso in cui un’azienda annunci in Bilancio l’intenzione di sviluppare la propria attività in un nuovo settore economico, oppure in una differente area geografica. Tale informazione, pur non avendo alcuna rilevanza quantitativa, può contribuire ad apprezzare il rischio e la prospettiva di un simile progetto, aiutando l’utilizzatore ad assumere le proprie decisioni.

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dipendere dalla sua dimensione quantitativa, ovvero dalla rilevanza degli effetti connessi ad una sua omissione o imprecisa rilevazione in Bilancio. Secondo il Framework la rilevanza, non deve essere intesa come un requisito attribuibile alle informazioni, quanto piuttosto come un valore soglia che determina la significatività delle stesse.

c) attendibilità Lo IASB definisce la nozione di informazione attendibile quando essa risulta

“scevra da errori e distorsioni rilevanti e quando gli utilizzatori possono fare affidamento su di essa come presentazione attendibile di ciò che intende rappresentare o di ciò che si può ragionevolmente ritenere che essa rappresenti” (Framework, 2001: § 31). In tal senso, solo quando il redattore del Bilancio rappresenta in modo corretto gli eventi che hanno interessato la gestione aziendale in un determinato periodo amministrativo, l’informativa può essere considerata attendibile in quanto capace di rappresentare fedelmente la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda.

Nel quadro concettuale si precisa, inoltre, che nella rilevazione contabile di particolari fatti amministrativi possono sorgere eventuali situazioni di contrasto tra il requisito della significatività e quello dell’attendibilità delle informazioni di Bilancio15.

Per consentire ai destinatari del Bilancio di apprezzare l’attendibilità delle informazioni contabili lo IASB ha indicato alcune caratteristiche qualitative definite di secondo livello. Tali requisiti riguardano:

- la rappresentazione fedele, - la prevalenza della sostanza sulla forma, - la neutralità, - la prudenza e - la completezza. Il contenuto informativo del Bilancio deve essere in grado di fornire una

rappresentazione fedele dei fatti amministrativi. Di conseguenza, i prospetti e le voci di Bilancio devono corrispondere agli accadimenti osservati e rilevati in contabilità. In questo senso si ipotizza come punto di partenza la necessaria corrispondenza tra Bilancio e rilevazioni contabili, anche se questa viene inevitabilmente condizionata dalle numerose situazioni valutative che non trovano riscontro nelle informazioni della contabilità generale. Per lo IASB assume particolare rilievo l’esigenza di giungere alla ricostruzione di un quadro fedele della realtà aziendale (o di gruppo), così come si è sviluppata nel corso dell’ultimo

15 Per esemplificare una di tali situazioni di contrapposizione tra i due requisiti qualitativi delle informazioni il Framework propone il caso della richiesta di risarcimento danni fatta valere in giudizio. L’informazione di tale richiesta risulta sicuramente significativa ai fini del Bilancio. La somma di denaro prevista a titolo di indennizzo, pur essendo significativa, non può tuttavia essere iscritta in Bilancio (ad esempio, tra i crediti della società), dato che contribuirebbe a ridurre l’attendibilità del documento. La somma richiesta a titolo risarcimento, non essendo stata ancora liquidata e potendo non esserlo, non deve essere iscritta in Bilancio perché rischia di essere erroneamente quantificata, potendo determinare un’infedele rappresentazione della realtà aziendale.

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esercizio, allo scopo di eliminare il rischio che alcuni fatti aziendali non siano stati contabilmente registrati o che siano stati erroneamente riportati in Bilancio.

L’attendibilità delle informazioni di Bilancio presuppone, inoltre, che sia rispettato il requisito della prevalenza della sostanza sulla forma che un dato fatto aziendale può assumere. In alcune situazioni tali elementi possono non coincidere e, dunque, diviene necessario che al momento della rilevazione in contabilità si tenti di seguire la sostanza delle operazioni aziendali. L’emergere di una differenza tra l’aspetto sostanziale e quello formale di norma resta legato alla distanza tra il profilo economico e quello giuridico che caratterizza numerose vicende aziendali.

Le informazioni divengono attendibili in presenza di un ulteriore requisito che concerne la neutralità, ovvero l’assenza di pregiudizi da parte dei redattori durante la preparazione del Bilancio. Le informazioni devono essere state ottenute senza l’intenzione di preordinare un particolare giudizio da parte degli utilizzatori in favore di particolari decisioni. Tale comportamento condurrebbe alla diffusione di informazioni parziali e dunque inattendibili.

Nel processo di redazione dei Bilanci la determinazione del capitale aziendale e del reddito di esercizio presuppone una serie di processi di valutazione (per loro inevitabile natura) soggettivi. Il riferimento al principio della prudenza intende orientare tali giudizi secondo una prospettiva di estrema cautela. Tale atteggiamento nella prassi del nostro Paese assume il valore di una norma di comportamento nella quale si distinguono i casi in cui la valutazione riguarda un costo, oppure un ricavo; in altri termini il principio in esame assume un carattere di evidente asimmetria di comportamento nella valutazione dei costi siano essi effettivi o presunti, nonché nell’apprezzamento dei soli ricavi effettivamente conseguiti. Nel quadro concettuale tale asimmetria non sussiste per il semplice motivo che non viene esplicitata alcuna modalità operativa di conseguimento della prudenza. Costi e ricavi debbono essere compresi nelle valutazioni d’esercizio qualora la probabilità connessa alla loro manifestazione risulta sufficientemente certa. Anche in questo caso osserviamo una situazione nella quale la traduzione del termine inglese conservatism non trova pienamente riprodotto il suo significato nella corrispondente parola italiana dato che nel concetto della prudenza siamo culturalmente ancorati ad una differente modalità di comportamento16.

Nell’attuazione di tale caratteristica occorre evitare un comportamento eccessivamente cauto che sconfini, cioè, nell’errata rappresentazione dei fatti amministrativi connessa alla creazione di riserve occulte legate alla sottovalutazione delle attività e dei ricavi ed alla contestuale sopravvalutazione delle passività e dei costi.

Le informazioni contabili devono essere complete. L’omissione di fatti o circostanze che hanno interessato la gestione aziendale in un dato esercizio

16 In base a tale principio, il redattore deve evidenziare la natura e la dimensione quantitativa delle incertezze che possono interessare alcuni fatti aziendali quali: la riscossione di crediti di dubbia esigibilità, le utilità cedute durante un qualsiasi esercizio dalle immobilizzazioni materiali ed immateriali (determinando cosi la probabile durata degli impianti, delle attrezzature o dei fabbricati), il valore dei beni in corso di lavorazione, etc.

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possono rendere l’informazione in Bilancio falsa o fuorviante e quindi inattendibile e non significativa, ovvero non in grado di aiutare i destinatari nei loro processi decisionali.

Occorre, tuttavia, notare che la completezza delle informazioni deve essere apprezzata considerando i limiti posti dalla rilevanza e dal costo. L’omissione di informazioni può trovare giustificazione nella loro scarsa rilevanza e nei costi connessi alla loro predisposizione.

d) comparabilità Le informazioni di Bilancio devono consentire agli utilizzatori di effettuare

confronti nel tempo e nello spazio. Tale esigenza dovrebbe consentire di apprezzare l’evoluzione temporale della struttura patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda considerata, oppure permettere di evidenziare le peculiarità gestionali che differenziano o rendono simile un’azienda alle altre.

Il requisito della comparabilità ha come presupposto l’impiego di omogenei metodi di redazione e di valutazione dei fatti aziendali, tali da consentire agli utilizzatori un corretto confronto con i Bilanci di una stessa o di differenti aziende. I destinatari delle informazioni devono, inoltre, conoscere i principi contabili adottati nella redazione dei Bilanci, i cambiamenti intervenuti sui criteri di valutazione impiegati, nonché gli effetti di tali variazioni sul reddito e sul patrimonio aziendale.

Nel Framework si consiglia di indicare per ciascuna voce di Stato patrimoniale e di Conto economico i valori dell’esercizio cui si riferisce il Bilancio e del periodo amministrativo precedente, nell’intento di facilitare un seppur minimo confronto temporale. Tale comparazione diviene significativa se sono stati impiegati gli stessi metodi contabili o se sono stati indicati i cambiamenti intervenuti con i relativi effetti.

Le precedenti considerazioni pongono in evidenza il ruolo assunto dalla costanza di applicazione dei criteri di valutazione come elemento in grado di garantire la comparabilità dei Bilanci. Tale principio non deve costituire una barriera agli opportuni miglioramenti dell’informativa contabile ed all’evoluzione degli scenari e dei fatti da rappresentare correttamente nei documenti di sintesi annuale. La continuità di applicazione dei medesimi criteri contabili può, infatti, condurre ad una rappresentazione dei fatti di gestione inattendibile e scarsamente significativa. L’esistenza di metodi contabili in grado di migliorare la rappresentazione della realtà aziendale deve essere sempre perseguibile anche se nel rispetto delle condizioni descritte in precedenza.

Riguardo alla caratteristica in esame occorre notare come essa non sia stata interpretata prevedendo la definizione di specifiche configurazioni di Stato patrimoniale e di Conto economico. In nessuno standards contabile risulta, infatti, indicata una specifica struttura formale relativa a tali schemi e ciò costituisce una evidente differenza rispetto alla modalità attraverso cui perseguire l’obiettivo della comparabilità delle informazioni di Bilancio.

Occorre, infine, precisare che la possibilità di fornire informazioni significative ed attendibili nella prospettiva del Framework presuppone che siano state superate alcune difficoltà che possiamo ricondurre al requisito della tempestività, all’equilibrio tra costi e benefici, al coordinamento tra le caratteristiche qualitative.

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Le informazioni di Bilancio per essere significative ed utili al processo decisionale devono essere prodotte dalle aziende e comunicate ai destinatari in modo tempestivo. Se, da un lato, la durata dei processi di elaborazione e di diffusione delle informazioni può contribuire a migliorarne l’attendibilità, dall’altro essa può limitarne la significatività rendendole meno utili ai fini decisionali. Per contro, la tempestiva comunicazione delle informazioni può favorire il requisito della significatività a scapito dell’attendibilità, dato che esse vengono rilevate e diffuse prima che siano noti tutti i possibili aspetti rilevanti. Spetta, pertanto, agli amministratori individuare un livello appropriato di tempestività che consenta un bilanciamento dei requisiti della significatività e dell’attendibilità delle informazioni.

Un ulteriore ostacolo ai requisiti delle informazioni di Bilancio riguarda la ricerca di un equilibrio tra costi e benefici. Com’è noto, l’elaborazione e la diffusione di informazioni agli utilizzatori richiede ad ogni azienda la definizione di un proprio sistema di rilevazione, da cui deriva il sostenimento di costi legati al suo funzionamento. In una logica economica tali costi devono risultare minori rispetto ai vantaggi derivanti dalla comunicazione dei fatti aziendali17.

La ricerca dell’equilibrio tra costi e benefici è un aspetto della produzione di informazioni di Bilancio che dipende dall’attività degli enti di emanazione contabile presenti in un determinato scenario. Maggiore è la complessità delle norme contabili, crescenti sono i costi sostenuti dalle aziende per adempiere alle disposizioni previste da tali norme e più limitata risulta la possibilità di conciliare i costi sostenuti con i benefici attesi.

Nella predisposizione di informazioni che risultino significative ed attendibili occorre, infine, individuare un’opportuna condizione di equilibrio tra le caratteristiche qualitative che consenta di prendere atto del loro difficile contemperamento. Tale equilibrio può essere raggiunto assumendo come obiettivo di fondo la finalità principale del Bilancio, ovvero l’esigenza di fornire informazioni utili al processo decisionale.

5. – LA STRUTTURA DEL BILANCIO INDIVIDUATA DALLO IASB

Secondo il quadro concettuale elaborato dallo IASB i Bilanci intendono fornire una rappresentazione fedele della gestione realizzata durante l’ultimo esercizio, ricorrendo alla redazione dello Stato patrimoniale, del Conto economico, del rendiconto finanziario e dei prospetti supplementari.

Gli elementi strutturali che all’interno del Framework vengono indicati come costitutivi del Bilancio d’esercizio sono: le Attività, le Passività, il Capitale netto, i costi ed i ricavi.

Le nozioni proposte prescindono da una qualsivoglia raccomandazione di uno specifica configurazione di Stato patrimoniale e di Conto economico quasi a volere escludere l’utilità che una tale indicazione possa assumere nel definire uno specifico livello di disclosure delle informazioni ritenute rilevanti e quasi a volere 17 Sulla relazione tra costi e benefici legati alla “produzione” di informazioni, il quadro concettuale dello IASB propone l’esempio dei costi sostenuti per realizzare la comunicazione di informazioni ai finanziatori che possono, tuttavia, offrire il vantaggio di limitare i costi sostenuti per l’ottenimento di finanziamenti.

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negare che una scelta opposta possa favorire la comparabilità dei Bilanci. In altri termini, sembra prevalere l’impostazione secondo cui le voci dello Stato patrimoniale e quelle del Conto economico possono essere soggette a specifiche riclassificazioni (per natura o per destinazione) nell’intento di ottenere informazioni più coerenti alle particolari esigenze decisionali degli utilizzatori. Ulteriori interventi possono peraltro riguardare la struttura del Conto economico e la sequenza dei ricavi e dei costi riorganizzati per determinare peculiari grandezze intermedie rispetto al reddito di esercizio.

a) i componenti dello Stato patrimoniale Per la rappresentazione della situazione patrimoniale di una determinata

azienda lo IASB ricorre all’identificazione delle sue Attività e Passività e del suo Patrimoni netto, fornendo per ciascuno di essi una specifica definizione:

a) le Attività sono risorse controllate dall’azienda (risultato di operazioni svolte in passato) dalle quali sono attesi futuri benefici economici;

b) le Passività sono obbligazioni attuali dell’azienda (nascenti da operazioni realizzate in passato) il cui regolamento condurrà all’uscita di risorse economiche che costituiscono benefici economici;

c) il Patrimonio netto è costituito dal valore residuo delle Attività dell’azienda dopo avere detratto tutte le Passività.

Nel quadro concettuale dello IASB si precisa, inoltre, che in alcuni casi alcune voci, pur possedendo le qualità per essere considerate come Attività o Passività, non possono essere iscritte in Bilancio perché non soddisfano tutti i criteri ritenuti necessari per tale rilevazione. A questo proposito, viene richiamato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma come riferimento cui ricorrere per il riconoscimento di un’Attività o Passività o del Patrimonio netto.

L’iscrizione in Bilancio di un elemento delle Attività deve soddisfare tutte le condizioni indicate nella definizione adottata dal Framework, ovvero essa deve:

a) essere controllata dall’azienda, b) essersi originata da operazioni passate e c) generare futuri benefici economici. La prima condizione individua una forma di controllo economico, inteso cioè

come possibilità di disporre e di gestire i benefici economici che deriveranno dal possesso di un certo bene. Il controllo su una risorsa in molti casi, ma non necessariamente, deriva dalla titolarità di diritti reali (e fra questi dal diritto di proprietà)18.

Relativamente ai fatti di gestione da cui può emergere un elemento delle Attività, il quadro concettuale dispone che esse includono l’acquisto da altre aziende, il caso di produzione in economia, la concessione da parte dello Stato (a fondo perduto o con agevolazioni nell’ambito di programmi a sostegno dell’economia), la scoperta di giacimenti.

Nel Framework si evidenzia, inoltre, come non necessariamente debba esistere un legame tra il sostenimento di un costo e l’acquisto di un’Attività. Tale circostanza non costituisce, infatti, una condizione sufficiente per il riconoscimento

18 Riguardo al diritto di proprietà su un determinato bene lo IASB precisa che esso non è essenziale per determinarne l’esistenza e per includerlo tra le Attività.

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di un’Attività, dato che esse possono non essere in grado (o trovarsi nella condizione) di cedere futuri benefici economici19.

Il requisito in parola è definito come il “potenziale contributo, diretto o indiretto, ai flussi finanziari e mezzi equivalenti che affluiranno all’impresa” (Framework, 2001: § 53). Per comprendere la capacità di un’Attività a produrre futuri benefici economici occorre fare riferimento al potenziale flusso di risorse finanziarie che da quella risorsa potranno derivare20.

Il riconoscimento di una Passività risulta anch’esso legato alla contemporanea presenza delle seguenti condizioni in base alla quali l’obbligazione deve:

a) essere presente alla chiusura dell’esercizio, b) essersi generata da operazioni compiute nel passato e c) essere regolata dall’azienda determinando un’uscita di risorse da cui

potrebbero derivare benefici economici. Il sorgere di una data obbligazione per un’azienda costituisce l’impegno ad

assumere un determinato comportamento sulla base di un obbligo disposto da un contratto o da una norma di Legge, o dalla specifica volontà dell’azienda21.

Per la definizione di una Passività occorre che l’obbligazione esista alla data di chiusura del periodo amministrativo. La potenzialità di un’operazione futura (ad esempio, l’acquisto di beni o servizi) non costituisce condizione sufficiente all’emergere di una Passività. Tali elementi patrimoniali, così come le Attività, esistono in quanto risultano da eventi ed operazioni passate, ovvero precedenti alla data di chiusura dell’esercizio22.

Al momento dell’estinzione di una Passività, in alcuni casi, si manifesta la cessione o la riduzione di risorse che potrebbero apportare all’azienda benefici economici futuri, mentre in altri si giunge ad un processo di stima (come per i fondi)23.

19 L’ipotesi in esame può essere esemplificata facendo riferimento a tutti quei casi in cui una data azienda dispone di beni ricevuti in donazione per i quali non è stato sostenuto un costo e che, invece, soddisfano le altre condizioni previste dal Framework . 20 La capacità di generare futuri benefici economici può derivare da differenti situazioni. Il possesso di un brevetto può, ad esempio, concedere il diritto di sfruttare economicamente un’invenzione relativa ad un nuovo processo produttivo che rende possibile una riduzione dei costi che così diminuiscono le future uscite. I futuri benefici economici possono, inoltre, discendere dalla realizzazione di cambi di attività esistenti con altri beni, ovvero dalla loro utilizzazione per l’estinzione di obbligazioni precedentemente contratte. 21 Gli obblighi contrattuali derivano dalle normali operazioni di compravendita, in base alle quali l’azienda si impegna a ritirare delle merci ed a pagare una somma di denaro per il loro acquisto. In altri casi l’obbligazione risponde a specifiche disposizioni di Legge. L’emergere di obbligazioni volontarie può, invece, essere collegato a particolari politiche commerciali legate al ritiro e/o riparazione di prodotti difettosi ed alla conseguente creazione di una specifica passività fittizia. 22 L’acquisto di merci origina un debito di natura commerciale, solo se il bene è già stato consegnato, oppure l’azienda si è impegnata in modo irrevocabile al suo acquisto nell’esercizio appena terminato, senza che ancora il pagamento sia stato eseguito. 23 L’estinzione di una Passività può avvenire secondo differenti modalità che comprendono il pagamento tramite contanti, la fornitura di beni e servizi, la sostituzione di un’obbligazione con un’altra, la conversione del Patrimonio netto o l’ingresso dei creditori nello stesso, infine mediante la rinuncia dei creditori ai loro diritti.

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Il valore del Patrimonio netto, inteso quale grandezza che residua dalle Attività sulle Passività, dipende dalla valutazione che il redattore compie degli elementi attivi e passivi. Allo scopo di favorire le decisioni degli utilizzatori, il Framework propone il ricorso ad una classificazione del Patrimonio netto in grado di evidenziare i vincoli legali (o statutari, nel caso delle società per azioni), oppure i differenti diritti in capo ai proprietari. In tale prospettiva di utilità nei confronti dei destinatari delle informazioni di Bilancio, le società di capitali potrebbero ricorrere all’indicazione del capitale versato dagli azionisti, delle riserve di utili (legali, statutarie, volontarie) e di quelle di rivalutazione. Il Framework chiarisce, inoltre, che gli accantonamenti a riserva non possono essere considerati come dei costi sostenuti, ma come la destinazione di utili non distribuiti.

b) le componenti del Conto economico Nel prospetto di Conto economico trovano sintesi e rappresentazione tutte le

cause positive e negative, ovvero i costi ed i ricavi di competenza economica, che hanno determinato il conseguimento di un utile od il sostenimento di una perdita. Tali grandezze possono essere intese come misura del risultato economico conseguito dall’azienda nell’ultimo esercizio, come espressione della redditività del capitale investito, o ancora come base per la determinazione dell’utile per azione nel caso delle società che presentano il loro capitale sociale così suddiviso.

Gli elementi della struttura del Conto economico, ovvero i costi ed i ricavi, che vengono impiegati per tali valutazioni sono così definiti all’interno del quadro concettuale:

a) i ricavi sono incrementi dei benefici economici nel corso dell’esercizio, sotto forma di afflusso o rivalutazione di Attività o di decremento di Passività; essi contribuiscono a determinare un incremento del Patrimonio netto;

b) i costi sono decrementi dei benefici economici nel corso dell’esercizio, sotto forma di deflusso o svalutazione di Attività o di incremento di Passività; essi contribuiscono a determinare un decremento del Patrimonio netto.

Lo IASB non prevede una specifica struttura formale da attribuire al Conto economico ed in base alla quale collocare i costi sostenuti ed i ricavi conseguiti. Nel Framework vengono, tuttavia, esemplificate alcune modalità di aggregazione dei costi e dei ricavi e vengono illustrate alcune possibili configurazioni di Conto economico precisandone le differenti valenze informative. Tra queste viene menzionata la configurazione denominata a “margine lordo industriale e risultato operativo”.

Riguardo alle modalità di classificazione dei costi e dei ricavi particolare enfasi viene attribuita alla distinzione tra la gestione caratteristica (tipica) e quella extra – caratteristica (atipica), dato che essa può consentire di valutare l’effettiva capacità di una data azienda di generare futuri flussi finanziari connessi allo svolgimento della sua attività principale. Dal verificarsi dei fatti di gestione straordinaria possono, infatti, emergere delle componenti di reddito (plusvalenze o minusvalenze) che in alcuni casi presentano importi estremamente rilevanti tali da rendere il reddito di un dato esercizio difficilmente ripetibile24. 24 La gestione caratteristica per lo IASB coincide con la gestione ordinaria, comprendendo operazioni che si compiono con frequenza quasi giornaliera e che rientrano nell’attività principale.

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Le classificazioni dei costi e dei ricavi assumono all’interno del quadro concettuale un significato relativo che può essere valido per un particolare settore di attività, rispetto al quale si individua la categoria della gestione ordinaria o straordinaria, tipica od atipica.

Relativamente alla competenza dei ricavi lo IASB ribadisce la definizione in base alla quale essi sono costituiti da incrementi di benefici economici derivanti dall’afflusso o dalla rivalutazione di Attività o dal decremento di Passività25.

Nella nozione di ricavi sono compresi sia quelli propriamente detti, sia gli utili lordi. Per lo IASB i primi si collocano nella gestione caratteristica dell’azienda e derivano dalla vendita di beni, dalla prestazione di servizi, dal conseguimento di interessi attivi, dai dividendi, dalle royalties, dagli affitti, etc. Gli utili lordi (o profitti), in quanto ricavi derivanti da incrementi di benefici economici, sono invece realizzati sia nell’ambito della gestione tipica, che in quella atipica potendo derivare da operazioni straordinarie. Tra gli utili lordi è possibile comprendere le plusvalenze derivanti dalla cessione di Attività immobilizzate ad un prezzo superiore al loro valore contabile, nonché i profitti non realizzati (riguardanti, ad esempio, la rivalutazione di Attività come le partecipazioni)26.

I costi di competenza sono stati definiti come decrementi dei benefici economici che si manifestano sotto forma di deflusso o svalutazione di Attività o di incremento di Passività. Così come rilevato per i ricavi, occorre distinguere tra costi sostenuti nell’ambito della gestione caratteristica da quelli che vengono definiti come perdite. Tra i primi è possibile comprendere le spese per il personale, gli ammortamenti, i costi per l’acquisto di beni e servizi, oppure gli oneri sostenuti per la vendita dei beni prodotti27.

Le perdite possono sorgere sia nell’ambito della gestione tipica, che atipica e possono determinare una riduzione dei benefici economici per l’azienda, oppure essere non sostenute28.

25 Le Attività che possono essere ricevute o che possono manifestare un incremento a seguito del conseguimento di ricavi sono, ad esempio, le disponibilità liquide, i crediti commerciali, ma anche le poste indicanti beni che sono stati ricevuti in pagamento dai clienti. I ricavi possono, inoltre, derivare dalla riduzione di una Passività, come nel caso di cessione di beni od apprestamento di servizi in relazione ad un adempimento per un debito precedentemente contratto. 26 Per la rappresentazione dei profitti non realizzati nel Conto economico occorre ricorrere ad una separata indicazione dagli altri componenti positivi e negativi dell’esercizio, in modo tale da permettere agli utilizzatori una corretta valutazione dell’andamento della gestione aziendale. 27 I costi propriamente detti assumono la forma di decrementi di benefici economici (ovvero, come deflusso o svalutazione di Attività) incorporati nelle Attività (ad esempio, la cassa, i crediti, gli immobili, gli impianti, etc.). I costi possono assumere la forma anche di incrementi di Passività (come nel caso dell’acquisto da un fornitore di beni che saranno pagati in futuro). 28 Rientrano, ad esempio, tra le perdite le spese derivanti da eventi straordinari come alluvioni ed incendi, ma anche le minusvalenze sostenute in seguito alla cessione di Attività ad un prezzo inferiore al loro valore contabile. L’inserimento delle perdite non sostenute nel Conto economico richiede la separata indicazione dagli agli altri costi d’esercizio, allo scopo di fornire corrette informazioni ai destinatari. Una perdita non realizzata può derivare, ad esempio, da un prestito contratto in una valuta estera. L’eventuale apprezzamento di tale moneta potrebbe comportare per l’azienda maggiori oneri relativi alla spesa che occorrerà sostenere per acquistare la medesima quantità di valuta necessaria all’estinzione del prestito ed al pagamento degli interessi.

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6. – I PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE ADOTTATI ALL’INTERNO DEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI

Per la valutazione delle poste di Bilancio lo IASB chiarisce che essa costituisce il risultato di un processo di determinazione delle voci presenti nello Stato patrimoniale e nel Conto economico.

In tutti i processi di valutazione l’attribuzione di un valore comporta la scelta di un particolare criterio di valutazione, utilizzato specificamente per la redazione del Bilancio o in combinazione con altri. I metodi di valutazione illustrati dal Framework riguardano: il costo storico, il costo corrente, il valore di realizzo ed il valore attuale. Per ciascuno di essi vengono indicate le modalità di applicazione rispetto agli elementi attivi e passivi del capitale.

Ricorrendo al metodo del costo storico si prevede che le Attività siano valutate, al momento della loro acquisizione, considerando l’importo delle risorse finanziarie uscite, oppure il valore corrente dei beni ceduti in permuta. In base a tale metodo le Passività sono contabilizzate individuando l’ammontare di denaro ricevuto in contropartita rispetto alle obbligazioni assunte, oppure determinando l’importo di denaro necessario per estinguere il debito in normali condizioni di funzionamento.

Con il metodo del costo corrente le Attività sono iscritte in Bilancio indicando l’importo delle risorse finanziarie che dovrebbero essere impiegate per pagare un bene simile od uguale qualora esso fosse acquistato attualmente, ovvero il giorno della sua eventuale sostituzione (rimpiazzo). Le Passività sono rilevate con l’ammontare di mezzi finanziari che occorrerebbe pagare per estinguere attualmente l’obbligazione, ovvero nel momento in cui viene redatto il Bilancio.

In base al metodo del valore di realizzo (o di adempimento) le Attività sono contabilizzate registrando l’ammontare di denaro che potrebbe essere ottenuto vendendo sul mercato la stessa Attività in normali condizioni di funzionamento; le Passività figurano, invece, al valore delle risorse finanziarie che si prevede occorrano per estinguere il debito in normali condizioni di operatività.

Ricorrendo, infine, al valore attuale gli elementi dell’attivo patrimoniale vengono iscritti attualizzando il valore dei futuri flussi finanziari in entrata che si genereranno in normali condizioni di gestione. Per gli elementi passivi si procede all’attualizzazione dei futuri flussi finanziari in uscita che saranno necessari per giungere all’estinzione delle obbligazioni in normali condizioni di gestione.

Le precedenti definizioni dei metodi di valutazione delle Attività e Passività consentono di apprezzare la differenza che emerge dalla determinazione del valore da iscrivere in Bilancio basata sulla misurazione dei flussi finanziari in entrata ed in uscita, che hanno interessato o che potrebbero riguardare una data azienda. L’intero spettro dei metodi di valutazione, proposto all’interno del Framework, dovrebbe consentire di giungere ad una rappresentazione di Bilancio in grado di favorire l’assunzione delle decisioni da parte dei destinatari.

Lo IASB non indica il metodo di valutazione preferibile in assoluto, anche se si limita a constatare che il criterio di valutazione maggiormente adottato dalle aziende è quello del costo storico, che viene frequentemente utilizzato in combinazione con gli altri metodi. La medesima azienda ricorre al valore di mercato per la valutazione delle azioni di società quotate, al costo storico nel caso

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delle immobilizzazioni materiali, ovvero al minor valore che deriva dall’impiego del costo storico o del valore netto di realizzo per la valutazione delle rimanenze di magazzino29.

7. – RIFLESSIONI DI SINTESI ED OSSERVAZIONI CRITICHE

La struttura ed il contenuto del Framework emanato nel 1989 dall’allora IASC intendono rispondere all’esigenza di definire un sistema interpretativo in grado di offrire una visione organica dei fenomeni che interessano la redazione dei Bilanci.

Dall’esame del quadro concettuale emerge una serie di contenuti tutti finalizzati all’obiettivo di favorire l’assunzione di decisioni economiche da parte dei destinatari dei Bilanci. Tale obiettivo costituisce principio unificante cui si connettono i postulati, le caratteristiche qualitative, la struttura del Bilancio, i suoi prospetti ed i sottostanti metodi di valutazione.

Il Framework costituisce uno strumento che, in quanto tale, consente allo IASB di individuare una costante relazione tra i principi contabili e gli obiettivi di fondo cui essi sono chiamati ad ispirarsi e che devono condizionare la finalità del Bilancio. L’esistenza di questa relazione giustifica la revisione e l’aggiornamento degli standards emanati anteriormente al 1989 o gli interventi che, anche successivamente, si sono resi necessari. Nello stesso tempo, il riferimento al quadro concettuale definisce l’orientamento che pervade ogni nuovo standard, permettendo di individuare la soluzione adeguata all’emergere di particolari e nuove questioni contabili.

Alla capacità di fornire soluzioni molto dettagliate e puntuali che tipicamente caratterizza gli standards contabili, la creazione del quadro concettuale ha tentato di aggiungere l’esigenza di un adeguamento continuo rispetto al divenire degli scenari economico – aziendali. Se, almeno inizialmente, la funzionalità del Framework si inseriva nell’ambito del “progetto comparabilità” (che comprendeva anche il successivo documento denominato Statement of intent) nella situazione attuale occorre porsi una serie di interrogativi sulla portata ed il ruolo che il quadro concettuale dello IASB può e deve assumere nella qualificazione dell’informativa economico – finanziaria.

Occorre cioè tentare di comprendere se il Framework nella sua vigente versione corrisponde alle esigenze perseguite dall’Unione Europea attraverso il processo di omologazione degli IAS / IFRS, oppure se esso mostra i segni di un chiaro superamento.

Se, da un lato, lo IASB ha inteso avvalersi di una impostazione deduttiva, capace di dare completezza ed organicità, dall’altro, appare evidente come il ruolo del Framework rimanga confinato ad uno strumento di orientamento degli standards che sono e restano primario strumento di risoluzione di problemi operativi connessi alla redazione del Bilancio. Ed in tal senso, basti richiamare le 29 Nel quadro concettuale si precisa che il ricorso al criterio del costo storico potrebbe essere sconsigliabile nel caso dei Bilancio d’esercizio di aziende operanti in sistemi economici caratterizzati da elevata instabilità dei prezzi (economie iperinflazionate). In tali situazioni appare preferibile l’impiego del criterio del costo corrente (o del costo storico indicizzato), in modo tale da adeguare costantemente i valori di Bilancio alle mutevoli condizioni dello scenario economico.

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precisazioni poste ai punti 2 e 3 del quadro concettuale, laddove si precisa il ruolo del documento stesso ed il rilievo degli standards contabili internazionali. In altri termini, il tentativo di conciliare in una logica sincretica due differenti e, se si vuole, opposte metodologie incontra il suo limite nel riconoscere al Framework una funzione di riferimento sotto ordinata rispetto agli standards contabili internazionali, anche in presenza di evidenti contraddizioni tra questi ultimi ed il quadro concettuale, nonché tra differenti principi contabili.

Alla precedente osservazione occorre, inoltre, aggiungere (in una chiave prospettica) come alcune scelte effettuate nel Framework pongano più di un dubbio sulla reale possibilità di considerare i principi dello IASB come adottabili per la redazione dei Bilanci di una qualsivoglia impresa. In particolare, la piena adozione degli IAS / IFRS risulta difficilmente perseguibile nel caso delle Piccole e Medie Imprese (PMI). Non è solo un problema di eccessiva complessità delle disposizioni previste dagli standards contabili e, quindi, di evidente asimmetria tra costi e benefici, quanto piuttosto di una concezione del Bilancio difficilmente proponibile per le PMI. Il riferimento al punto di vista degli investitori ed il conseguente obiettivo di fornire informazioni utili per l’assunzione di decisioni economiche per stimare la capacità dell’impresa di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti costituisce una richiesta che appare coerente per aziende di grandi dimensioni ed orientate alla sollecitazione del pubblico risparmio. Tale prospettiva non corrisponde, invece, ai bisogni informativi che caratterizzano l’operare di aziende di medio – piccola dimensione e non presenti sul mercato dei capitali.

La circostanza rileva dunque un Framework i cui contenuti non definiscono una situazione generale riferibile a tutte le realtà aziendali. Volendo perseguire l’obiettivo della piena ed estesa utilizzazione degli IAS / IFRS si aprono due strade che, o conducono ad un ripensamento in chiave più generale del Framework, oppure impongono una scelta di separazione e specializzazione degli stessi principi contabili riferiti ad uno specifico Framework elaborato per le PMI. Occorre ulteriormente sottolineare come la definizione del quadro concettuale richieda quanto meno un aggiornamento delle posizioni espresse nel 1989 per tenere conto dei profondi cambiamenti che hanno determinato la creazione dello IASB, la sua struttura di governance e la sua operatività.

In ultimo giova richiamare le difficoltà emerse nel valutare il corretto e piano significato di alcuni termini inglesi che, come rilevato nei precedenti paragrafi, solo parzialmente trovano traduzione in italiano. In alcuni casi, il retroterra culturale connesso alla terminologia utilizzata nei documenti originali (standard, investor, conservatism) presuppone una logica ed una ratio che non riesce ad emergere dalla traduzione e che, di fatto, consiglierebbe il mantenimento della espressione iniziale.

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