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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA CENTRE FOR HIGH DEFENCE STUDIES CENTRO MILITARE DI STUDI STRATEGICI MILITARY CENTRE FOR STRATEGIC STUDIES FORZE ARMATE ITALIANE E NUOVE MINACCE ALLA SICUREZZA NAZIONALE EVOLUZIONE DI TIPOLOGIA ED ASSETTI Supplemento 2 Osservatorio Strategico 2015

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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA

CENTRE FOR HIGHDEFENCE STUDIES

CENTRO MILITAREDI STUDI STRATEGICI

MILITARY CENTRE FOR STRATEGIC STUDIES

FORZE ARMATE ITALIANEE NUOVE MINACCE ALLASICUREZZA NAZIONALE

EVOLUZIONEDI TIPOLOGIA ED ASSETTI

Supplemento 2Osservatorio Strategico 2015

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Il Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS) è un organismo istituito nel1987 che gestisce, nell’ambito e per conto della Difesa, la ricerca su temi dicarattere strategico. Tale attività permette di accedere, valorizzandoli, a stru-menti di conoscenza ed a metodologie di analisi indispensabili per dominarela complessità degli attuali scenari e necessari per il raggiungimento degliobiettivi che le Forze Armate, e più in generale la collettività nazionale, si pon-gono in tema di sicurezza e difesa.La mission del Centro, infatti, nasce dalla ineludibile necessità del Ministerodella Difesa di svolgere un ruolo di soggetto attivo all’interno del mondo dellacultura e della conoscenza scientifica interagendo efficacemente con tale realtà,contribuendo quindi a plasmare un contesto culturale favorevole, agevolandola conoscenza e la comprensione delle problematiche di difesa e sicurezza, siapresso il vasto pubblico che verso opinion leader di riferimento.

Più in dettaglio, il Centro:● effettua studi e ricerche di carattere strategico politico-militare;● sviluppa la collaborazione tra le Forze Armate e le Università, centri diricerca italiani, stranieri ed Amministrazioni Pubbliche;● forma ricercatori scientifici militari;● promuove la specializzazione dei giovani nel settore della ricerca;● pubblica e diffonde gli studi di maggiore interesse.

Le attività di studio e di ricerca sono prioritariamente orientate al soddisfaci-mento delle esigenze conoscitive e decisionali dei Vertici istituzionali dellaDifesa, riferendosi principalmente a situazioni il cui sviluppo può determinaresignificative conseguenze anche nella sfera della sicurezza e difesa.Il CeMiSS svolge la propria opera avvalendosi di esperti civili e militari, ita-liani e stranieri, che sono lasciati liberi di esprimere il proprio pensiero sugliargomenti trattati. L’Osservatorio Strategico è uno studio che raccoglie analisi e report sviluppatidal Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS), realizzati da ricercatori spe-cializzati.Gli elaborati delle singole aree, articolati in analisi critiche e previ-sioni, costituiscono il cuore dell’“Osservatorio Strategico”, sono riportati inlingua italiana ed arricchite da un Executive Summary in lingua inglese, perconsentirne la lettura anche ad un lettore internazionale. Inoltre, l’Osservatorio si arricchisce di un elaborato in lingua inglese denomi-nato “Quarterly”, pubblicato con cadenza trimestrale.

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FORZE ARMATE ITALIANEE NUOVE MINACCE ALLA

SICUREZZA NAZIONALE

EVOLUZIONE DI TIPOLOGIA ED ASSETTI

Supplemento 2

Osservatorio Strategico 2015

CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE DISTUDI STRATEGICI

MILITARY CENTRE FORSTRATEGIC STUDIES

CENTRE FOR HIGHDEFENCE STUDIES

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“Forze Armate Italiane e nuove minacce alla sicurezza

nazionale. Evoluzione di tipologia ed assetti”

Supplemento 2Osservatorio Strategico 2015

a cura di Centro Militare di Studi Strategici

in collaborazione con:Centro Studi Difesa e Sicurezza

Questo volume è stato curatodal Centro Militare di Studi Strategici

DirettoreAmm. Div. Mario Caruso

Vice Direttore Capo Dipartimento Relazioni InternazionaliC.V. Vincenzo Paratore

Progetto graficoMassimo Bilotta

Stampato dalla tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa

Dipartimento Relazioni InternazionaliPalazzo Salviati

Piazza della Rovere, 83 00165 – ROMAtel. 06 4691 3204 fax 06 6879779

e-mail [email protected] numero è stato chiuso nel mese di luglio 2015 e finito di stampare nel mese di Novembre 2015

ISBN 978-88-99468-12-5

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Introduzione 7Gen. C.A. Massimiliano Del Casale

Premessa 9Luigi Ramponi

Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostreForza Armate alle minacce attuali e prevedibilmente future? 11Luigi Ramponi

Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostreForza Armate alle minacce attuali e prevedibilmente future? 25Giulio Fraticelli

Prospettive per la configurazione delle Forze Armate 29Mario Buscemi

Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostreForza Armate alle minacce attuali e prevedibilmente future? 33Carlo Jean

Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostreForza Armate alle minacce attuali e prevedibilmente future? 39Sergio Biraghi

L’Intelligence e le attuali minacce alla sicurezza nazionale 43Bruno Branciforte

Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostreForza Armate alle minacce attuali e prevedibilmente future?, 49Alessandro Picchio

Indice

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Uno sguardo al futuro 57Mario Arpino

Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostreForza Armate alle minacce attuali e prevedibilmente future?, 61Vincenzo Camporini

Aspetti relativi alla componente Aeronautica Militare 65Tiziano Tosi

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In questo volume, Supplemento n. 2 dell’Osservatorio Strategico 2015 delCeMiSS, sono raccolti gli atti di un convegno che si è tenuto presso la sededel Centro Alti Studi per la Difesa, organizzato in collaborazione tra il CentroMilitare di Studi Strategici (CeMiSS) ed il Centro Studi Difesa e Sicurezza (Ce-StuDiS). L’evento ha segnato l’avvio della collaborazione tra i due Centri, offrendo unapreziosa opportunità di arricchimento reciproco che, si auspica, possa con-tribuire, in qualche misura, al rinnovamento, peraltro già avviato, delle Isti-tuzioni dello Stato e, in particolare, delle sue componenti della Difesa eSicurezza.Il convegno si proponeva di analizzare la necessità di revisionare tipologia edassetti delle nostre Forze Armate, alla luce delle nuove minacce alla sicurezzanazionale ed ha di sicuro costituito un interessantissimo momento di rifles-sione. Sento il dovere di indirizzare un particolare ringraziamento al Senatore Ge-nerale Luigi Ramponi che, in qualità di Presidente del Centro Studi Difesa eSicurezza, ha saputo coinvolgere, con una tempestività unica, relatori di ele-vatissima caratura i quali, avendo ricoperto ciascuno incarichi di verticenelle Forze Armate, hanno portato un preziosissimo ed interessantissimo con-tributo di esperienza e di pensiero che viene ora messo a disposizione dellacollettività e dei decisori istituzionali, chiamati a dare un indirizzo al nostroPaese.Ringrazio, poi, tutti i Relatori intervenuti:• Generale Mario ARPINO, già Capo di Stato Maggiore della Difesa;• Ammiraglio di Squadra Sergio BIRAGHI, già Capo di Stato Maggiore dellaMarina;• Ammiraglio di Squadra Bruno BRANCIFORTE, già Direttore del SISMI, epoi AISE, e Capo di Stato Maggiore della Marina;• Generale di Corpo d’Armata Mario BUSCEMI, già Sottocapo di StatoMaggiore dell’Esercito;• Generale Vincenzo CAMPORINI, già Capo di Stato Maggiore della Di-fesa;• Generale di Corpo d’Armata Giulio FRATICELLI, già Capo di Stato Mag-giore dell’Esercito;• Generale di Corpo d’Armata Carlo JEAN, già Presidente del Centro AltiStudi per la Difesa;• Ammiraglio di Squadra Alessandro PICCHIO, già Sottocapo di StatoMaggiore della Marina Militare nonché Consigliere Militare del Presidentedel Consiglio dei Ministri;• Generale di Squadra Aerea Tiziano TOSI, già Comandante della SquadraAerea.

Introduzione

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A tutti loro va la riconoscenza per aver saputo condurre questo incontro, es-primendosi come portatori di idee innovative e pertinenti, delineando conchiarezza l’ambiente ed i presupposti attraverso i quali deve essere condottoqualsiasi processo di rinnovamento istituzionale.

Generale di Corpo d’Armata Massimiliano DEL CASALEPresidente del Centro Alti Studi per la Difesa

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Le Forze Armate, nell’ambito dell'Organizzazione difesa e sicurezza di unanazione, costituiscono lo strumento dello Stato per proteggerla dalle minacceche tendono ad incidere negativamente sulla sua sicurezza nonché per svolgeregli ulteriori compiti previsti per legge (istituzionali e concorsi) o connessi conla salvaguardia degli interessi nazionali.Esse esistono quindi per fronteggiare tali situazioni. Debbono pertanto esserein condizione di intervenire con successo e vanno calibrate sulla forza, pe-ricolosità e imminenza delle situazioni da affrontare. La loro struttura e tipo-logia devono naturalmente adeguarsi nel tempo al variare delle minacce, aglisviluppi della tecnologia applicata ai sistemi di difesa, agli impegni delle al-leanze difensive eventualmente concordati.Tale adeguamento della tipologia e dell’entità delle forze avviene progressi-vamente e richiede sempre tempi lunghi per essere realizzata, considerata lacomplessità sia dell’intera organizzazione sia, la sofisticazione tecnologicadei sistemi e dei mezzi di difesa. La stragrande maggioranza dei sistemid’arma, oggi presenti negli arsenali bellici dei più avanzati paesi al mondohanno, salvo qualche rara eccezione e con qualche adeguamento, dai venti aiquarant’anni di vita e sono stati concepiti dieci, venti anni prima di esseremessi in campo. E’ pertanto necessario, da una parte controllare con la massima attenzionel’evolversi della minaccia e i suoi possibili sviluppi nel tempo e dall’altra cer-care di impostare la realizzazione di nuovi assetti e strumenti, con il massimopossibile anticipo, proprio in funzione dell’entità e della tipologia che le mi-nacce assumeranno nel momento in cui potranno essere attuati i cambiamentie schierati i nuovi sistemi.L’apparire di nuove minacce deve comportare tempestivi adeguamenti dellostrumento difensivo, auspicabilmente partendo con il massimo possibile anti-cipo, in funzione delle segnalazioni e previsioni di una efficiente intelligence,cosi come l’attenuarsi o lo scomparire di vecchie minacce deve indurre, al-trettanto tempestivamente, alla riduzione o eliminazione di vecchi sistemi didifesa non più utili.Il convegno vedrà l’esposizione del proprio pensiero in proposito, da parte deivari relatori che in precedenza hanno assunto incarichi di responsabilità divertice nell’ambito delle Forze Armate nazionali.

On. Luigi RamponiPresidente del Centro Studi Difesa e Sicurezza

Premessa

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Premessa

Il paragrafo 297 del libro bianco recita: “nel termine di sei mesi, sulla base

degli indirizzi contenuti nel Libro Bianco e sotto la supervisione del Ministro

della Difesa , Il Capo di Stato Maggiore della Difesa predisporrà, per l’appro-

vazione del Ministro , una Revisione Strategica della Difesa, nella quale sa-

ranno definiti la struttura delle forze, inclusa la futura Riserva, i livelli di

capacità, la preparazione e la prontezza dello Strumento Militare , con l’indi-

cazione delle necessarie risorse umane, materiali e finanziarie”.

In coerenza con quanto indicato e previsto dal Libro Bianco, come appena ac-

cennato, al fine di offrire un contributo di pensiero alla realizzazione dei con-

cetti espressi, il gruppo di lavoro costituito da persone che hanno accumulato

nell’arco della vita lunga esperienza nel settore militare, ha ritenuto opportuno

preparare una serie di considerazioni riferite proprio all’assunto del Libro

Bianco.

Le Forze Armate, nell’ambito dell'Organizzazione difesa e sicurezza di una na-

zione, costituiscono lo strumento dello Stato per proteggere la Nazione dalle

minacce che tendono ad incidere negativamente sulla sua sicurezza nonché per

svolgere gli ulteriori compiti previsti per legge (istituzionali e concorsi) o con-

nessi con la salvaguardia degli interessi nazionali.

Esse esistono, quindi, per fronteggiare tali situazioni. Debbono pertanto essere

in condizione di intervenire con successo e vanno calibrate sulla forza, peri-

colosità e imminenza delle situazioni da affrontare. La loro struttura e tipologia

devono naturalmente variare in funzione: del variare delle minacce, degli svi-

luppi della tecnologia applicata ai sistemi di difesa, della forza delle alleanze

difensive eventualmente concordate.

Tale adeguamento della tipologia e dell’entità delle forze avviene progressi-

vamente e richiede sempre tempi lunghi per essere realizzata, considerata la

complessità sia dell’intera organizzazione sia, l’odierna sofisticazione tecno-

logica dei sistemi e dei mezzi di difesa.

La stragrande maggioranza dei sistemi d’arma oggi presenti negli arsenali bel-

lici dei più avanzati paesi al mondo hanno, salvo qualche rara eccezione e con

qualche adeguamento, dai venti ai quarant’anni di vita e sono stati concepiti

dieci, venti anni prima di essere messi in campo.

On Luigi Ramponi

“Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostre Forze Armatealle minacce attuali e prevedibilmente future?”

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

E’ pertanto necessario, da una parte controllare con la massima attenzione

l’evolversi della minaccia e i suoi possibili sviluppi nel tempo e dall’altra cer-

care di impostare la realizzazione di nuovi assetti e strumenti, con il massimo

possibile anticipo, proprio in funzione dell’entità e della tipologia che le mi-

nacce assumeranno nel momento in cui potranno essere attuati i cambiamenti

e schierati i nuovi sistemi.

L’apparire di nuove minacce deve comportare tempestivi adeguamenti dello

strumento difensivo, auspicabilmente partendo con il massimo possibile anti-

cipo, in funzione delle segnalazioni e previsioni di una efficiente intelligence,

cosi come l’attenuarsi o lo scomparire di vecchie minacce deve indurre, altret-

tanto tempestivamente, alla riduzione o eliminazione di vecchi sistemi di difesa

non più utili al contrasto per l’attenuarsi o lo scomparire della minaccia.

1. Quadro odierno delle minacce

L’evoluzione della situazione internazionale ha portato, negli ultimi decenni,

a un sostanziale cambiamento del quadro delle minacce, con notevoli varia-

zioni nel campo delle possibili occasioni di impiego delle Forze Armate, nel

senso tradizionalmente inteso. Conseguentemente anche gli assetti, la tipologia,

la preparazione e gli equipaggiamenti dello strumento di difesa sono mutati,

anche grazie all’applicazione delle innovazioni realizzate in campo tecnolo-

gico. Tale evoluzione, tuttavia, oggi non pare essere stata capace di seguire,

pur considerando una naturale isteresi del sistema, l’evolversi delle minacce.

Sia in termini di presenza e intensità da parte di quelle tradizionali sia in termini

di novità da parte di quelle apparse più recentemente, i cambiamenti, nel quadro

complessivo delle minacce, sono stati di grande importanza. Appare quindi op-

portuno effettuare un accurato esame della esistenza e delle prospettive di ogni

singola minaccia, al fine di individuarne pericolosità, possibilità di sviluppo

nel tempo e modi e mezzi per assicurarne il contrasto in un quadro di efficienza

operativa, da un lato, e di rapporto positivo di costo/efficacia, dall’altro.

2. Minaccia convenzionale

La minaccia di aggressione condotta con sistemi convenzionali terrestri aerei

e navali, sin dalla fine dell’esistenza dell’URSS e del PATTO di VARSAVIA,

nei confronti nazionali e dell’Alleanza Atlantica, è andata progressivamente

attenuandosi e si è modificata nella natura, così che oggi può essere considerata

fortemente attenuata, al punto da non ritenersi pagante il mantenimento di un

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

forte strumento difensivo di tipo convenzionale. Esistono tuttavia, molto at-

tuali, alcune esigenze di impiego di tipo convenzionale dovute alla possibile

necessità di intervenire in operazioni internazionali per il ristabilimento della

pace in aree caratterizzate da conflitti di carattere razziale, religioso e territo-

riale. La stessa esigenza d'intervento si può manifestare nei confronti di orga-

nizzazioni o basi addestrative terroristiche situate in paesi i cui Governi sono

tacitamente compiacenti, o, addirittura volutamente organizzatori. Per la verità,

anche a seguito delle gravose esperienze maturate nelle operazioni internazion-

ali per il ristabilimento della pace condotte nell’ultimo decennio, in ambito

occidentale si è manifestata la tendenza a impegnare le proprie forze in termini

di supporto e di sostegno operativo a forze locali, più che ad interventi diretti

di presenza sul terreno. Le ragioni, di carattere politico ed etico, sembrano oggi

prendere piede e rendere sempre meno probabili interventi diretti e presenza

in loco di proprie truppe; appare invece esaltata la necessità di disporre di sis-

temi di supporto operativo. L’esigenza di disporre di mezzi di contrasto e difesa

di carattere convenzionale appare quindi ridotto rispetto al passato.

Se esaminiamo la presenza di armamenti di tipo convenzionale nell’ambito

delle principali Forze Armate Europee, secondo quanto pubblicato dal MILI-

TARY BALANCE 2015, si rileva una presenza elevata di mezzi e sistemi

d’arma, francamente sovradimensionata rispetto alle esigenze di difesa contro

possibili minacce e interventi di tipo convenzionale come sopra configurati.

In particolare si rileva la presenza di più di:

- 120/130 brigate;

- 7000 carri armati;

- 40.000 veicoli da combattimento per fanteria;

- 20.000 tra artiglierie e mortai;

- 200 navi da combattimento;

- 2500 aerei da combattimento.

Di fronte a tali cifre nascono spontanee le domande: quando, contro chi e per

reagire a quali possibili minacce o attacchi dovremmo poter attendibilmente

impiegare un tale arsenale? Anche se prendiamo in esame, sulla stessa fonte,

l’entità delle forze Russe, in un'improbabile ipotesi di attacco, l’arsenale solo

europeo appare di gran lunga superiore. Diventa poi enorme se si considera la

NATO nel suo complesso.

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

3. Minaccia nucleare

La minaccia di un attacco nucleare appare a sua volta, rispetto al periodo della

confrontazione tra i due blocchi, molto attenuata. Più che una reale capacità di

manifestarsi, che diventa sempre più remota, ciò che fa rimanere in vita tale

minaccia è la presenza nel mondo di un numero spropositato di ordigni e di

relativi vettori, mantenuti in vita da una sorta di reciproca dissuasione, priva

di senso. Dopo Hiroshima e Nagasaki il mondo intero, per bocca dei respons-

abili dei vari Governi, durante la cerimonia in occasione della ricorrenza an-

nuale dei due bombardamenti, dichiara la ferma volontà di non fare mai più

ricorso all’impiego dell’ordigno. Malgrado ciò, gli ordigni nel mondo sono an-

cora parecchie migliaia. Le conseguenze di un attacco nucleare, portato anche

da un solo ordigno, sarebbero tali da renderne improponibile una sua at-

tuazione, anche al più avventato dei Governanti. Per quanto riguarda diretta-

mente l’Italia, sarebbe bene che, in un quadro di decisione Europeo concordata

in sede Nato e in accordo con la Russia, fosse eliminata la presenza di ordigni

tattici sul suolo europeo. Costituirebbe un passo concreto verso la denucleariz-

zazione ma, a tutt’oggi, la cosa appare non realizzabile. Ad ogni modo il dis-

corso nucleare nel suo complesso si sviluppa al di sopra del livello nazionale

e, come tale, può essere affrontato e in qualche modo risolto solo in ambito In-

ternazionale.

4. Minaccia chimica/biologica/radiologica

Le tre minacce vanno di pari passo con quella nucleare, nel quadro generale

dell’impiego di testate di distruzione di massa. Il loro impiego appare, a sua

volta, assai remoto dal momento che convenzioni internazionali sulla

proibizione di produzione, stoccaggio ed impiego di tali ordigni sono state sot-

toscritte ed approvate dalla stragrande maggioranza degli stati del mondo. Solo

alcuni paesi, che comunque non costituiscono minaccia potenziale per l’Italia

(quali Somalia, Egitto, Corea del nord, Angola) non hanno sottoscritto le cor-

rispondenti convenzioni. Si deve, tuttavia, tener ben presente che, specie per

quanto ha tratto con ordigni con aggressivi biologici e chimici, essi possono

venire in possesso di organizzazioni terroristiche. Ne tratteremo nel paragrafo

dedicato a tale tipo di minaccia.

5. Minaccia terroristica

Costituisce la minaccia di gran lunga più pericolosa e immanente nei confronti

della società nazionale ed ha forti possibilità di manifestarsi con attacchi sul

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

territorio nazionale. Il terrorismo è una forma di lotta i cui procedimenti sono,

di norma, adottati dal più debole dei due contendenti, che di solito non dispone

di una importante organizzazione militare. E’ una forma di lotta antichissima

che in tempi più recenti, è stata adottata nelle lotte per l’indipendenza dai do-

mini coloniali o nelle lotte razziali o religiose. Non costituisce di per sé una

vera e propria entità anche se, generalmente, si usa parlare di terrorismo e basta.

Deve sempre essere qualificato da un aggettivo che ne indica l’origine e lo

scopo. I procedimenti e gli obiettivi degli attacchi invece sono più o meno gli

stessi, condotti con maggiore o minore ferocia. Le sue possibilità di colpire

pressoché chiunque e dovunque, l’economicità della sua organizzazione, la

pratica impossibilità da parte del colpito di effettuare ritorsioni con i mezzi

tradizionali a disposizione, anche per la dispersione e il facile occultamento

dell’origine della minaccia, la conseguente impossibilità di adottare una strate-

gia della deterrenza, le ispirazioni etiche dei suoi combattenti, spesso disponi-

bili al sacrificio della vita e quindi non frenati da nessuno spirito di

conservazione, rendono tale minaccia difficilmente contrastabile da parte dei

pur molto più potenti mezzi a disposizione dell’aggredito e, come si suole dire,

rendono il conflitto asimmetrico. Le armi, i mezzi, i procedimenti di cui può

avvalersi il terrorismo per portare i suoi attacchi sono i più svariati e vanno dal

sequestro di persona all’attentato dinamitardo, all’aggressione armata, all’uso

di aggressivi chimici, biologici o radiologici ad attacchi nelle spazio ciber-

netico, a tutti i tipi di attacco di dimensione limitata o molto grande che,

purtroppo, specie nei più recenti decenni, si stanno verificando nel mondo. La

minaccia terroristica oggi e nel prossimo prevedibile futuro, nei confronti del

mondo occidentale, è costituita da quella di origine Jahadista e Alquedista, con

carattere religioso razziale e quindi di estrema pericolosità e ferocia.

Recentemente si è costituita un'entità politico/territoriale, in una ampia area di

parte dell’Iraq e della Siria, che si è autonominata Stato Islamico di Siria ed

Egitto (ISIS) e successivamente Stato Islamico (IS o Daish), con una vera e

propria struttura governativa che garantisce il controllo di tale vasta area ter-

ritoriale. L’IS segue la linea oltranzista di Al-Queda e considera la Jihad globale

un dovere di ogni mussulmano. Avversa gli attuali stati mussulmani, rifacen-

dosi all’Islam delle origini, per aver deviato da quello che chiama “Islam Puro”,

per restaurare il quale ha costituito un suo califfato. Esso costituisce un'impor-

tante fonte di minaccia terroristica dichiarata, svolge una propaganda di pros-

elitismo diffusissima nei mass media, conduce azioni di carattere terroristico

di una ferocia estrema.

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Può diventare “nel tempo” l’origine di una strategia terroristica con attacchi a

sciame nei territori dell’occidente. Nei suoi confronti l’azione di contrasto as-

sume due connotazioni; la prima: la condotta di una vere e propria guerra con-

venzionale sul territorio occupato dall’IS e contro i suoi tentativi di

ampliamento, la seconda: lo sviluppo di una attività di contrasto agli attacchi

terroristici condotti nei paesi considerati nemici dall’IS.

Nei confronti della minaccia terroristica, le capacità operative degli arsenali

oggi esistenti in Italia, in Europa, nella Nato, sono assai poco efficaci. Da qui

l'asimmetria del conflitto.

Se si vuole contrastare efficacemente tale minaccia, si deve eliminare tale asim-

metria. Si deve diventare capaci di disporre di strategie, dottrine, procedimenti

d’impiego e strumenti bellici, idonei a contrastare tale minacce in maniera sim-

metrica anche se tale asimmetria è in parte diminuita con il materializzarsi sul

territorio di una formazione terroristica numericamente consistente che ha as-

sunto il carattere statuale (ISIS), quindi chiaramente individuabile nella sua

entità e consistenza convenzionalmente contrastabile.

A tale scopo serve una nuova strategia basata su prevenzione, protezione e re-

silienza. Sono strumenti in molti casi simili a quelli come poi vedremo in se-

guito, concettualmente adatti alla difesa contro attacchi cibernetici, seppur

assolutamente diversi in termini procedurali e tecnici.

Per sviluppare efficacemente una strategia della prevenzione, al di là delle in-

iziative di carattere politico/economico/diplomatico/religioso che debbono cer-

tamente essere perseguite a monte, ma che esulano dal presente contesto, sono

indispensabili:

- una fortissima capacità d'intelligence;

- un'elevata disponibilità di forze speciali;

- una buona capacità di presenza, di sorveglianza e di proiezione di forze ter-

restri, aeree e navali per colpire le origini e le basi della minaccia terroristica;

- una sicura capacità di intercettazione di attacchi vettoriali (pilotati, non pi-

lotati, missilistici) e non convenzionali;

- un efficiente sistema interno di protezione delle strutture critiche e di rileva-

mento interno delle minacce;

- un elevato coefficiente di resilienza delle strutture critiche;

- una forte capacità di intervento nel caso di attacco subito.

Per poter attuare una strategia basata sulla prevenzione è indispensabile poter

conoscere in anticipo l’intenzione di minaccia avversaria, proprio per poter

prevenire l’attacco.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

L’arma della conoscenza è l’attività d'intelligence che deve essere svolta da

una capillare presenza di informatori, inseriti nelle strutture dell’avversario

(HUMINT) e con la piena utilizzazione delle capacità SIGINT dei servizi in-

telligence, attraverso l’approvazione di una specifica legge, come in atto in

altri Paesi. Ciò per migliorare l’attuale situazione ,caratterizzata da risorse e

da capacità della struttura di intelligence nazionale che oggi sono assolutamente

inadeguate alle esigenze.

Gli interventi preventivi, condotti sulla base d' informazioni acquisite, sono

competenza delle forze speciali dotate di preparazione ed equipaggiamenti

adeguati e tali da reggere bene il confronto con i terroristi. La presenza in Eu-

ropa, come in Italia, di reparti di forze speciali è assolutamente inadeguato.

La capacità di proiezione di forze terrestri, navali ed aeree per colpire, nel caso

di necessità, le sorgenti del terrorismo o le minacce portate fuori dal territorio

Italiano ai cittadini o agli interessi nazionali appaiono sufficienti, specie nella

considerazione della nostra appartenenza alla Nato.

Nei confronti di possibili minacce vettoriali condotte da Stati guidati da Gov-

erni estremisti, la capacità nazionale è scarsa e appare necessario potenziarla.

Il sistema interno di protezione e di resilienza delle strutture critiche e di inter-

vento post attacco è, in ambito nazionale, di un livello tale da dichiararsi pre-

cario, fermo restando che è impossibile proteggere tutto e tutti da un attacco

terroristico. Proprio per questo risulta ancora una volta esaltata l’attività di in-

telligence, svolta nell’ambito dei possibili centri di ispirazione o appoggio ad

attentati terroristici , per una più efficace strategia di prevenzione e interventi

preventivi.

6. La minaccia cibernetica

L’enorme sviluppo della tecnologia cibernetica e la sua applicazioni ai sistemi

di controllo di tutti gli organi regolatori dell’attività della società in generale,

ha dato vita ad un nuovo spazio, nel quale possono essere sviluppate attività

aggressive e fraudolente. In realtà quindi è improprio parlare di minaccia ciber-

netica. Si debbono invece prendere in considerazione le minacce contro la so-

cietà, nelle sue varie organizzazioni politiche, economiche, finanziarie, di

servizi generali, cioè in tutte le sue strutture critiche di importanza strategica

per la vita e lo sviluppo della società nazionale, che possono essere condotte

in questo nuovo spazio. In esso possono operare, per fini propri, la criminalità

organizzata, le organizzazioni terroristiche, le attività di spionaggio di know

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Osservatorio Strategico

how o di bloccaggio di sistemi di governance da parte di contendenti rivali in

campo economico, finanziario, industriale ecc., sino ad arrivare agli stessi Stati

con attività di vera e propria cyberwar. Anche in questa nuova dimensione, gli

attacchi sono caratterizzati dalla possibilità di colpire chiunque, dovunque e

in qualsiasi momento; gli attaccanti vanno dal singolo haker a sistemi di origine

statale, tutti di difficilissima identificazione. Si tratta in sostanza di una asso-

lutamente nuova area operativa, nella quale possono essere condotti attacchi

che, al di la degli effetti determinati dalla criminalità o dalla attività di spio-

naggio, possono addirittura portare alla paralisi, in parte o in toto, delle attività

di funzionamento dei servizi essenziali per la vita della società a causa di at-

tacchi portati da uno Stato nei confronti delle strutture critiche di uno Stato ri-

vale. Questo nuovo tipo di ambiente, di minaccia e di procedimenti d’azione,

più che determinare conflitti di carattere asimmetrico, determinano conflitti di

carattere completamente nuovo e debbono essere affrontati con strategie, pro-

cedimenti e sistemi di difesa completamente nuovi sia in campo civile che in

campo militare.

Anche in questo caso, data la difficoltà di predeterminazione della minaccia,

della sua ubiquità senza limiti (sia per l’origine sia per gli obiettivi, per i tempi

e soprattutto per la gravità del danno che può essere arrecato all’intera popo-

lazione di uno stato con un attacco massiccio bloccante il funzionamento delle

sue strutture critiche) è essenziale adottare una strategia della prevenzione.

Tale tipo di strategia deve basare la propria azione sulla conoscenza preventiva

della possibile reale materializzazione di attacchi, nei cui confronti operare sia

con misure preventive di difesa sia con attacchi preventivi, accompagnati da

capacità di resilienza e interventi successivi all’ eventuale attacco subito.

Il successo di un tale tipo di strategia è basato e dipende in maniera determi-

nante, come per tutte le strategie di difesa preventiva, sull’apporto assicurato

da una efficiente attività di intelligence. A questa va accompagnata una elevata

capacità tecnica di intervento preventivo sulle fonti originatrici della minaccia

ed una blindatura delle infrastrutture strategiche insieme a un efficiente sistema

di CERT, inseriti in un contesto nazionale ed europeo (per la parte militare

anche nell’ambito delle strutture di difesa Nato).

Anche in questo settore la capacità nazionale sia di prevenzione sia di difesa

appare oggi inadeguata

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

7. Situazione internazionale e derivate per l’Italia

Per quanto ha tratto con i possibili riflessi nei confronti della sicurezza

nazionale, europea e della Nato, l’attuale situazione internazionale è caratter-

izzata da:

- alcune aree di conflitto: Ucraina, Isis, Siria, Libia;

- alcune aree di tensione più o meno latente e critica: Libano, Gaza/Cisgiorda-

nia, Egitto, Algeria, Tunisia, Afghanistan e Iraq.

Da tali situazioni di conflitto o di tensione possono derivare per l’Italia, e per

le sue Forze Armate, essenzialmente minacce di carattere terroristico (anche

in campo cibernetico) e impieghi in operazioni internazionali di peacekeeping,

per interposizioni, controllo del rispetto di accordi, ecc.

Per il secondo tipo d'impiego, le forze nazionali disponibili risultano superiori

rispetto alle prevedibili necessità e, per taluni sistemi, anche ridondanti. Nei

confronti della minaccia terroristica (oggi la vera, unica e reale minaccia) sia

nel campo dell’intelligence sia in quello delle capacità operative (forze spe-

ciali), per oggi e per il futuro le capacità appaiono scarse e assolutamente in-

sufficienti . In sostanza, appare sin da ora necessario impostare un programma

di completa revisione della struttura, coerente con le necessità di contrasto nei

confronti delle reali minacce odierne e del prevedibile futuro, concentrando

l’impiego delle risorse nella realizzazione di preparazione del personale, ac-

quisizione di sistemi d’arma, strutture di intelligence ed operative, sistemi di

protezione, calibrate sulle esigenze di contrasto e protezione nei confronti delle

reali minacce. Tale revisione non può che avvenire progressivamente nel

tempo. Ma va pensata e decisa oggi, dal momento che, nei fatti, cambiamenti

di strategia e conseguenti cambiamenti strutturali richiedono tempi lunghi e

obiettivamente incomprimibili.

Da tale progressiva ristrutturazione, potranno con certezza essere reperite, man-

tenendo costanti le attuali disponibilità di bilancio, le risorse necessarie per

mettere a punto uno strumento adatto a fronteggiare le esigenze prevedibili del

futuro. Alle minacce sopraindicate, che possono svilupparsi negli spazi con-

sueti, vanno aggiunte quelle che possono manifestarsi e in parte si stanno già

manifestando nello spazio cibernetico, nei confronti delle quali va realizzato

un sistema di difesa e, eventualmente, di attacco preventivo completamente

nuovo, diverso nei procedimenti e nelle strutture ma costituente, per il futuro,

elemento fondamentale per garantire la sicurezza e il progresso della vita so-

ciale della nazione.

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Osservatorio Strategico

8. Altre esigenze d’impiego di capacità operative delle F.A.

Oltre alla difesa dalle minacce e alla tutela degli interessi nazionali nel senso

gia' indicato, riconducibili alla necessità di realizzare condizioni di pace e si-

curezza, lo strumento militare deve svolgere compiti di concorso ad altre or-

ganizzazioni, fissati per legge, derivanti da esigenze connesse alla salvaguardia

delle libere istituzioni, alle pubbliche calamità e a ulteriori istanze caratterizzate

da particolare necessità e urgenza.

Tali compiti, trovano giustificazione nel fatto che lo strumento militare è una

struttura organizzata, addestrata e dotata di mezzi che si caratterizzano anche

per una sempre più spinta versatilità di impiego militare/civile (dualità)e che

pertanto risulta di pronto, efficace, utile ed economico impiego in un contesto

più esteso di quello bellico, nel senso tradizionalmente inteso e strettamente

legato al contrasto delle minacce.In molti paesi una parte di tali compiti di con-

corso vengono normalmente affidati a forze di riserva o " territoriali " (ad esem-

pio la Guardia Nazionale negli USA ). Nel nostro ordinamento militare questo

tipo di forze è assai ridotto e limitato a personale specializzato (la riserva se-

lezionata) non in grado di svolgere questo genere di interventi. Ne consegue

che sino a quando non si potrà disporre di una vera e propria riserva tale in-

combenza dovrà essere soddisfatta con le unità operative esistenti.Questa esi-

genza è destinata a permanere , anzi probabilmente ad accrescersi in futuro.

Basti pensare al concorso nel controllo dell'immigrazione e all'aumento stati-

stico degli impegni nelle pubbliche calamità, sul territorio nazionale e anche

all'estero. L'esigenza riguarda tutte le componenti e ha, conseguentemente un

impatto generalizzato (benché secondario) sull'assetto quantitativo e qualitativo

dello strumento militare, di cui occorre tener conto.

9. Forze Armate nazionali oggi

ESERCITO.

Brigate: 11 + Supporti combat e log.

Sistemi: Carri Ariete 200; Blindo 314; IFV 200 Dardo, 108 freccia; APC: 900;

AAV 16, ARTIGLIERIE 915 , ELICOTTERI, 50 Mangusta, 21 AB412, 18

Chinook, 21 NH90, + 120 AB205,AB 206, AB109, AB.212. SAM: 48(su vei-

coli ), 92 Stingher, più 250 Leopard tecnici.

MARINA.

Sottomarini 6, Portaerei 1, Destroyers 4, Fregate 11, Corvette 6, Pattugliatori

10, Cacciamine 10, Navi Anfibie 4, Mezzi da sbarco 30, 9 Unità Navali di sup-

porto, 18 Harrier, 54 Elicotteri e 2000 uomini della Brigata San Marco.

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AERONAUTICA

Aerei da combattimento 245, di cui: 69 EFA, 70 Tornado, 72 AMX;

Elicotteri: 58 Multiruolo.

Difesa Aerea: Spada; ; UAV 11.

FORZE SPECIALI.

Esercito: 1 rgt. Parac. Ass.(9°), 1 Rgt RAO (185°), Rgt, Alpini parac (4°).

Marina: GOI,GOS.

Aeronautica: 17° stormo incursori.

PARAMILITARI

Carabinieri 105000 unità; Guardi di Finanza 68000 unità; Guardia Costiera

11000 unità, Corpo Forestale dello Stato 12000 unità, Polizia 110000 unità.

CYBER: Struttura di DIFESA NAZONALE e NATO in via di strutturazione

secondo quanto previsto da DPCM dedicato.

10. Proposte conclusive

Si deve considerare che l’appartenenza ad una alleanza condiziona la tipologia

della struttura propria, la quale deve comunque rispondere agli impegni assunti

in sede internazionale. Abbiamo visto che oggi esiste una forte presenza di sis-

temi d’arma asimmetrici rispetto ai tipi di minaccia da fronteggiare, non solo

in ambito nazionale, quindi, ma anche in ambito UE e NATO. Appare neces-

sario porre il problema in tali sedi, facendosi leader di una trasformazione che,

senza danno alcuno per la sicurezza delle alleanze, ponga la loro capacità ope-

rativa più idonea a fronteggiare le vere minacce e le vere esigenze d’impiego

delle proprie forze armate.

Considerando che:

- da almeno vent’anni, la minaccia convenzionale è assai decaduta e altrettanto

ha fatto quella nucleare;

l’impegno in operazioni internazionali ha assorbito al massimo da un 20% della

forza convenzionale disponibile, integrato da un 40% in rimessa a punto e ad-

destramento, con progressiva diminuzione della esigenza di impegno di forze;

- l’orientamento attuale della Nato tende verso un impiego di supporto alle

forze locali, anziché ad un impiego sul terreno di proprie forze; il che riduce

l’esigenza di una entità di forze pari a quella tuttora disponibile, mentre au-

menta l’esigenza di forze di supporto;

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Osservatorio Strategico

- la minaccia, in fase progressivamente espansiva, è quella del terrorismo e di

una ipotetica anche se remota minaccia vettoriale con testate di distruzione di

massa;

- lo sviluppo della cibernetica ha creato un nuovo spazio nel quale possono

svilupparsi attacchi di origine terroristica, criminale, di spionaggio, sino a giun-

gere a forme di vera e propria cyberwar;

appare logico e necessario avviare per tempo una conversione dello strumento

di difesa verso una maggiore disponibilità di sistemi e capacità operative idonee

a eliminare l’asimmetria tra le nuove minacce e le potenzialità di contrasto, in

maniera progressiva, mantenendo quanto necessario delle strutture tradizio-

nali.

Tale conversione dovrebbe tendere alla realizzazione di:

- potenziamento della capacità di attività di intelligence, per il contrasto in am-

bito cibernetico e antiterrorismo, sostenuto dalla triplicazione delle risorse at-

tualmente loro destinate;

- triplicazione delle unità di forze speciali;

- incremento delle capacità di difesa antimissile

- disponibilità di velivoli non pilotatati da ricognizione e attacco, assai superi-

ore a quella attuale, sia per operazioni d’attacco, sia per il controllo d’area ter-

restre e marittimo;

- elevata disponibilità di naviglio per operazioni di controllo d’altura limitata

e controllo delle coste, specie in funzione anti immigrazione irregolare;

- maggiore disponibilità di reparti elicotteri per aderenti e tempestivi interventi

di forze speciali;

- una assai più elevata integrazione operativa tra le unità delle Forze Armate e

quelle di Polizia in chiave antiterrorismo;

- unificazione, sotto un unico comando, delle operazioni antiterrorismo;

- aumento di capacità addestrative da impiegare a favore di Forze armate dei

paesi in situazione critica, secondo i nuovi orientamenti di “no boots on ter-

rain”.

- realizzazione di una capacità di difesa contro attacchi cibernetici, in armonia

con le disposizioni interne previste dal DPCM del 24 gennaio 2013:”direttiva

recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica

nazionale”, e le disposizioni NATO;

- acquisizione di una capacità proattiva e preventiva nei confronti delle sorgenti

di attacco cibernetico.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Unitamente ad altre iniziative con specifico orientamento riferito al contrasto

delle minacce reali.

Il costo di tali trasformazioni, da attuarsi progressivamente, può agevolmente

essere coperto dalla riduzione di spesa ottenuta eliminando o riducendo il nu-

mero di reparti, sistemi d’arma, mezzi e strutture non più idonei o necessari

per contrastare l’attuale livello e tipologia delle minacce.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Il quadro delle minacce e dei rischi appena presentato e le conseguenti esigenze

di allineamento dello strumento militare,al fine di ridurre talune asimmetrie,

necessita di un paio di precisazioni, essenzialmente riferite alle forze conven-

zionali.

La prima riguarda gli assetti normalmente attribuiti alle forze armate europee.

Qui una valutazione quantitativa totale ,in contrapposizione a quella riferita ad

un possibile avversario ,non rende giustizia al fatto che dietro gli eserciti eu-

ropei non c’è una visione unitaria in grado di impiegarli con certezza nei vari

scenari di conflitto. Interessi geopolitici diversi emergono periodicamente

quando si arriva al " dunque " e costringe ,oltre che a pensare "europeo", a pen-

sare anche nazionalmente ,andando poi a ricercare compromessi sul piano

dell’operatività e dei costi. Pertanto, sino a quando non si sarà in grado di in-

tensificare l'integrazione europea, ad esempio mediante le collaborazioni raf-

forzate, l'effettiva capacità operativa esprimibile è da considerare certamente

inferiore a quella desumibile dalla sommatoria degli assetti appartenenti agli

stati membri. E ciò è tanto più vero se si pensa alla ben nota carenza di alcuni

sistemi abilitanti, quali l'early warning, il trasporto aereo e altri.

La seconda considerazione, sempre in tema convenzionale, riguarda la deter-

renza. Se oggi possiamo ritenere ragionevolmente poco probabile un impiego

su vasta scala di tali forze, che coinvolga l' Italia e altri paesi europei e dell'al-

leanza atlantica, ciò avviene perché' ci si trova in una situazione di sostanziale

equilibrio ,tale da rendere poco redditizio e comunque molto costoso in tutti i

sensi l'impiego della forza nel senso tradizionalmente inteso. Questa deterrenza

reciproca non può venir meno e pertanto, affinché' un conflitto convenzionale

su larga scala divenga sempre meno probabile e dunque anacronistico, è indi-

spensabile che il trend riduttivo delle forze sia condiviso non solo nell'ambito

delle alleanze/organizzazioni di cui l'Italia fa parte ,ma coinvolga ,in un con-

testo bilanciato e controllato, anche quei paesi che sono al di fuori di esse e

che potrebbero essere nostri avversari.

Purtroppo questa visione non sembra totalmente condivisa ad esempio dalla

Russia che ,sia sul campo -vedasi eventi in Ucraina-sia nei rapporti con l'occi-

Giulio Fraticelli (*)

“Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostre Forze Armatealle minacce attuali e prevedibilmente future?”

(*) Generale di Corpo d’Armata, già Capo di Stato Maggiore dell’EsercitoItaliano

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Osservatorio Strategico

dente - vedasi abbandono del trattato MBFR/CFE (Mutual Balanced Force Re-

duction/ Conventional Forces Europe) e dichiarazioni varie di alcuni suoi lea-

der militari - mostra di pensare e agire in modo diverso. Per non parlare poi di

tutti gli altri paesi, più lontani geograficamente ma globalmente vicini, che non

hanno mai partecipato ad alcuna alleanza con noi ne' ad accordi/esercizi di li-

mitazione e controllo degli armamenti convenzionali.

Queste considerazioni impongono cautela nella contrazione della componente

convenzionale ,che è poi la parte preponderante dello strumento, e ne spostano

nel tempo la realizzazione.

Se a questo si unisce il permanere degli altri compiti previsti per legge e non

connessi alla minaccia classica, e ciò che deriva dalla nuova minaccia terrori-

stica, già evidenziati nella parte generale di questo convegno, si vede facil-

mente che una riduzione sostanziale di unità operative, specie per la

componente terrestre, diventa molto problematica. E' invece auspicabile e pos-

sibile la trasformazione di una parte di esse, per rendere complessivamente

meno asimmetrico il quadro minaccia-risposta, senza provocare squilibri sotto

il profilo dei rischi.

E' evidente che nelle valutazioni che si fanno in materia di minacce e rischi ci

si vada sempre più spostando da una situazione in cui questi venivano visti in

termini di possibilità a un'altra in cui si afferma anche il concetto di probabilità

di una loro materializzazione, ma questo passaggio - giova sottolinearlo - non

può essere né unilaterale né di breve durata.

Chiarito questo, si può tentare di dare un'idea di quello che potrebbe essere lo

strumento operativo terrestre ,componente portante dell'intero strumento mili-

tare, limitatamente alle sue pedine fondamentali, le brigate.

Va ricordato che per esigenze di bilancio e in relazione all'evoluzione della mi-

naccia, l'Esercito negli ultimi 25 anni si è più che dimezzato, passando da 24

a 10 brigate e attuando una serie impressionante di ulteriori modifiche ordi-

native, anche in relazione alla professionalizzazione delle F.A., che ne hanno

cambiato letteralmente il volto. Oggi la Difesa ha un nuovo Libro Bianco, che

però non fissa un livello di impegno delle forze nei vari scenari per la tutela

degli interessi nazionali e quindi non delinea quella che dovrebbe essere la

nuova struttura ,rimandandola al termine di una revisione strategica di prossima

emanazione. Peraltro l' Esercito, a conclusione di un pregevole lavoro con-

giunto con l'industria nazionale per la Difesa (Prospecta), ha recentemente

avanzato un'ipotesi di struttura basata su 9 brigate pluriarma, per livelli di im-

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

pegno presumibilmente compatibili con quelli che scaturiranno dalla revisione

strategica Se cosi non fosse il discorso andrebbe rivisto.

Tenuto conto di quanto già osservato sia sull'evoluzione della minaccia sia su

talune cautele da cui non si può prescindere ,appare condivisibile una struttura

terrestre su 9 brigate per fronteggiare ,insieme alle altre componenti ,tutti i

compiti previsti, con alcune precisazioni e modifiche riguardo alla composi-

zione delle forze.

La prima riguarda l'esigenza, non più rimandabile, di un ulteriore potenzia-

mento delle Forze Speciali e suggerisce di prevedere un altro complesso del

livello Brigata oltre a quello esistente (9°, 4° e 185° rgt). La soluzione più lo-

gica appare quella di una graduale trasformazione di una brigata leggera e in

particolare della Brigata Paracadutisti Folgore, con i suoi tre reggimenti (183°,

186° e 187°) in questa nuova Brigata. Non può essere un cambio repentino,

poiché' per fare un incursore servono non meno di trentasei mesi e quindi ci si

riferisce a un target di operatività di almeno 3-5 anni. La trasformazione potrà

anche riguardare una revisione della distinzione tra "forze speciali" e "forze

per operazioni speciali", per tendere a un allineamento verso l'alto della capa-

cità operativa delle odierne unità. In tale contesto potrebbero essere adeguati i

procedimenti di impiego delle forze speciali, rivisitando, ad esempio, il con-

cetto del distaccamento; ciò al fine di tener conto delle nuove esigenze imposte

da una più spiccata ed estesa materializzazione sul terreno della minaccia ter-

roristica. In una prospettiva più lunga, la trasformazione in forze speciali po-

trebbe essere estesa a un'aliquota selezionata di altre unità leggere dell'Esercito

(Brigate alpine).

La seconda precisazione riguarda la necessità di una più decisa presenza dello

strumento nella nuova dimensione del cyber space. La componente terrestre,

al pari delle altre, deve tendere a realizzare, nella trasformazione già in atto,

una struttura più robusta e convincente dell'attuale CERT(Computer Emer-

gency Response Team), che è solo un embrione di risposta a questa esigenza.

E deve farlo con un orientamento non solo all'aspetto difensivo, ma anche a

quello offensivo, aspetti non separabili se si vuole essere efficaci nel contrasto

a tale tipo di minaccia. Tendere solo a "sopravvivere" nella nuova dimensione,

mentre si sta portando avanti un programma "contenitore" come Forza NEC

(Network Enabled Capability), è un'impostazione troppo limitativa e illusoria.

La conoscenza del potenziale avversario, fondamentale nel contrasto di qual-

siasi minaccia, dovrebbe qui essere accompagnata dalla sua neutralizzazione,

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

poiché' il passaggio di questo genere di attività, dallo stato potenziale a quello

esecutivo, può essere istantaneo e senza preavviso.

Una vera qualificazione cyber dell'Esercito presuppone un percorso formativo

e operativo in cui coniugare innovazione ed esperienza. Personale militare, in

particolare dell'area C4I (Command, control, communications, computers, in-telligence), in servizio ma anche della riserva (per ora riserva selezionata, più

avanti utilizzando nuove opportunità) e personale civile qualificato possono

costituire una vera capacità specifica della Forza Armata, ovviamente da rac-

cordare alle altre componenti, sia in ambito nazionale sia in quello internazio-

nale, soprattutto NATO. Abbiamo tutti un'idea della complessità

dell'argomento, che coinvolge non solo l'ambito militare ma tutta l'organizza-

zione statale e l'apparato produttivo del paese. Ciò tuttavia non può costituire

un alibi per ritardi nell'adozione di contromisure minime a tutti i livelli. E' per-

tanto giusto inquadrare il problema anche sotto il profilo normativo, ma è in-

dispensabile ,parallelamente, organizzarsi sotto il profilo tecnico-operativo,

acquisendo apparecchiature e formando il personale in modo da ridurre al mi-

nimo l'isteresi nella capacità di operare in questa nuova dimensione.

Un’ultima considerazione riguarda il tema delle risorse. A prima vista sembre-

rebbe un tema fuori programma; infatti il nuovo quadro delle minacce e dei ri-

schi trattato in questo convegno prospetta un livello di spesa sostanzialmente

simile o persino inferiore all'attuale, in cui le modifiche suggerite verrebbero

quindi attuate a costo zero, utilizzando i risparmi conseguibili con la riduzione

degli assetti non più necessari.

Per le osservazioni già fatte in premessa sull' impossibilità di procedere in

modo bilanciato e in tempi brevi con tutte le misure suggerite, soprattutto per

le forze convenzionali, uno spostamento di risorse è fattibile ma in misura li-

mitata e forse non sufficiente a coprire le spese per il potenziamento delle forze

speciali e della capacità cyber. Si può però pensare di recuperare qualcosa dalla

struttura di supporto. Comunque, è chiaramente un argomento ineludibile se

si vuole dare una patina di fattibilità all'insieme delle misure proposte. Ma è

anche un argomento da affrontare in modo tecnicamente completo.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

La configurazione delle Forze Armate è funzione di molteplici fattori: storici,

per il mantenersi vivo nel tempo delle tradizioni e dei ricordi sia positivi sia

negativi; di politica interna, per il peso che lo strumento militare ha nella co-

munità nazionale; di politica estera, per la situazione internazionale e per le

alleanze di cui facciamo parte. Notevole rilevanza hanno poi le condizioni

economiche che influiscono in misura determinante sulle possibilità di assu-

mere impegni innovativi nell’ambito delle disponibilità di bilancio. Tutti questi

fattori vanno tenuti presenti perché incidono sulla situazione in atto quando si

vuole avviare una qualsiasi revisione. Le Forze Armate non possono essere ri-

costruite ex novo, è piuttosto da quanto disponibile nel momento presente che

occorre partire per affrontare qualsiasi cambiamento.

A fronte di questa molteplicità di elementi da considerare si pone la definizione

della minaccia e delle conseguenti esigenze di difesa..

A partire dalla seconda metà dello scorso secolo, l’insorgere della guerra fredda

aveva dato luogo ad una individuazione piuttosto chiara del quadro politico-

strategico e della corrispondente necessità di uno strumento militare a questo

riferito. Tutti i problemi si riassumevano nella possibilità di disporre dei mezzi

e delle risorse, soprattutto economiche, per poter soddisfare esigenze chia-

ramente configurate. A mano a mano che la contrapposizione fra i blocchi si

attenuava, l’immanenza del conflitto riduceva la propria credibilità incidendo

così sulla percezione della minaccia. Si sentì perciò il bisogno di definire in

modo più ampio e generale le funzioni delle Forze Armate, estendendone anche

in termini formali, con la “legge dei principi”, i compiti e riferendoli non solo

alla difesa da una possibile invasione, ma anche alla salvaguardia delle libere

istituzioni ed al concorso al bene comune in occasione di pubbliche calamità.

Veniva così configurata esplicitamente la polivalenza dello strumento militare

quale garante del bene dello stato in termini più generali. Nel 1989 con la “ca-

duta del muro” scompare lo schema della guerra fredda, ma l’insorgere delle

molteplici turbolenze sulla scena mondiale, dovuto in buona parte alla rottura

dell’ equilibrio che si era a lungo protratto, dà luogo a nuove esigenze riferite

più genericamente all’interesse nazionale ed al peso che l’Italia vuole avere

sulla scena mondiale.

Mario Buscemi (*)

Prospettive per la configurazione delle Forze Armate

(*) Generale di Corpo d’Armata, già Sottocapo di Stato Maggiore dell’Eser-cito Italiano

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Di qui la ricerca di progressivi adattamenti con la spesso faticosa trasforma-

zione, ad esempio, di unità pesanti destinate al combattimento principale, in

complessi di forze più leggere e proiettabili. Oggi sussistono ancora numerosi

elementi di turbolenza anche gravi, ma lo scarso successo di molte delle costose

operazioni di supporto alla pace in tutto il mondo ha indotto ad una minor cre-

dibilità di questo impegno. Nel contempo sono emerse nuove forme di minac-

cia come la cyberwar e il pericolo del terrorismo, in uno con l’avvento di nuovi

mezzi e di nuove modalità di impiego. Tutto questo, che si somma al crescente

manifestarsi di invasioni pacifiche del territorio, contribuisce a sollevare ul-

teriori dubbi sulla natura delle forze da approntare, sui compiti da attribuire

alle stesse, sulla prevedibilità degli avvenimenti futuri di interesse della difesa.

A fronte di questa incertezza, cui va aggiunta la pressione ricorrente per ulte-

riori tagli alle spese militari, non resta che prevedere una struttura il più pos-

sibile equilibrata, flessibile e polivalente, in grado di far fronte a qualsiasi

esigenza, sia pure in misura più o meno adeguata, in relazione alle effettive ri-

sorse e disponibilità. Le Forze Armate debbono in sostanza evitare trasforma-

zioni radicali e mantenere la loro caratteristica essenziale di essere non solo

un mezzo di difesa da una specifica minaccia, ma un valido e poderoso stru-

mento in potenza, a disposizione dello stato per tutti quegli interventi che pos-

sano richiedere l’impiego di forze organizzate.

In tale contesto appare possibile dare una duplice interpretazione al Libro

Bianco della Difesa. In primo luogo, lo studio sembra prevalentemente diretto

al mondo politico e all’opinione pubblica in genere per porre in luce le proble-

matiche del presente e del prevedibile, sia pure incerto, futuro. A questo scopo

sembra dedicata la parte più ampia del testo, intesa a meglio chiarire l’impor-

tanza, troppo spesso sottovalutata, di disporre delle Forze Armate, da intendere

come valida ed essenziale componente dell’organizzazione stessa dello stato

e delle sue fondamentali istituzioni.

Nel contempo, proprio per dare maggior credibilità allo strumento militare, il

Libro Bianco indica l’orientamento a razionalizzare e compattare le strutture

esistenti eliminando duplicazioni ed accentrando a livello interforze talune

funzioni di particolare rilevanza. E ciò alla luce dei noti criteri di efficienza,

efficacia ed economicità che devono ispirare la generale revisione in atto di

tutti gli organi dello stato. Su quest’ultimo aspetto occorre però soffermarsi

per ricordare che non sempre riduzioni ed accorpamenti rispondono ai suddetti

criteri. Al contrario, il decentramento può rendere talvolta le procedure più

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

snelle e quindi in definitiva più efficienti. Ogni provvedimento deve essere

poi attentamente valutato in termini di costo-efficacia per accertare che le con-

trazioni diano luogo a vantaggi reali e non solo simbolici, a fronte dei sacrifici

da affrontare con le riduzioni e le eliminazioni di enti, organi e comandi la cui

capacità è consolidata da lungo tempo.

Le tre “E” della razionalizzazione devono infine essere poste a confronto con

un importante elemento di giudizio, il fattore “V”, cioè il riflesso sui Valori

che ciascuna componente esprime e che potrebbero avere un peso determi-

nante sui risultati da conseguire in termini concreti e non astrattamente valutati.

Le Forze Armate hanno un cuore, sono un corpo vivo e pulsante che non si

può modificare a piacimento come una apparecchiatura meccanica senza tener

conto dei riflessi che gli interventi possono avere sulla sua vitalità.

E in questo spirito appare significativo citare quanto recentemente esposto dal

Capo di Stato Maggiore della Difesa in termini di motivazione ed entusiasmo,

quali fattori determinanti delle istituzioni militari. Ma questi sentimenti non

si suscitano con semplici parole, essi discendono da una specifica politica del

personale intesa a dare sostegno ed a valorizzare la componente umana. In

tale contesto i recenti provvedimenti intesi ad apportare consistenti tagli al pro-

filo di carriera dei quadri, che hanno visto ridursi di ben due gradi le aspettative

di promozione, sono stati certo demotivanti. Il risparmio ottenuto non è certo

commisurato al sacrificio, anche morale, richiesto.

Ma c’è di più, nel Libro Bianco viene chiaramente definito l’orientamento ad

un drastico aumento della precarietà per i militari di truppa. A fronte dell’orien-

tamento ad accentuare le aspettative di uno sviluppo di carriera continuo, che

consenta ai più meritevoli di progredire anche con l’avanzamento a sottufficiale

e - perché no? – ad ufficiale, si prospetta ora la possibilità che almeno la metà

dei soldati vengano “licenziati” dopo dieci o quindici anni di servizio, ovvia-

mente senza nemmeno le tutele sindacali proprie dei lavoratori civili. Mentre

il governo vanta di aver cancellato la precarietà nelle scuole, mentre l’industria

è sempre assillata dalla prospettiva di dover ricorrere a drammatici licenzia-

menti, mentre il livello della disoccupazione è eccezionalmente elevato, non

sarebbe certo qualche corso di qualificazione o il riconoscimento di qualche

più o meno apparente specializzazione a garantire un sicuro reimpiego del no-

stro personale nel mondo del lavoro, facendo così delle Forze Armate una fu-

cina di disoccupati. In merito è da tener presente che solo il 30% degli incarichi

del personale di truppa nell’Esercito ha compiti operativi di combattimento

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

vero e proprio, mentre il restante personale è assorbito da funzioni tecniche,

amministrative e logistiche ( si pensi ad esempio ai conduttori di automezzi,

la cui entità organica è largamente prevalente rispetto a quella dei fucilieri).

Funzioni queste che possono essere ovviamente attribuite anche a personale

che ha superato i primi anni di servizio. Più della giovane età, ciò che conta è

disporre di uomini e donne che siano orgogliosi di essere soldati, perché il loro

impegno e la loro dedizione sono rispettati e riconosciuti non solo dall’opinione

pubblica ma anche soprattutto dalle norme che regolano la loro vita professio-

nale.

Negli ultimi trenta anni le nostre Forze Armate hanno riscosso solo successi

ovunque siano state impiegate, dando lustro ed onore alla Patria, evitiamo che

l’ansia di innovare a qualsiasi costo fiacchi il morale del personale, frustrando

così gli auspicati effetti positivi della configurazione che la compagine militare

dovrà assumere nel futuro.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

1. Contesto geopolitico della sicurezza italiana.

L’ordine geopolitico europeo del post-guerra fredda, determinato dall’allarga-

mento della NATO e dell’UE nell’Europa centrorientale e dalle speranze di

costituire uno spazio di sicurezza euro-asiatico con la collaborazione di Mosca,

è sfidato dalle iniziative russe in Ucraina e dalla crisi del “sogno europeo”. A

esse si aggiungono un consistente riarmo russo (convenzionale e nucleare), la

politica più assertiva di Mosca nei confronti dell’Intermarium ponto-baltico e

del Caucaso, la progettata estensione dell’Unione Eurasiatica, la crisi dell’Ea-stern Dimension della UE e l’inesistenza/inconsistenza della politica comune

europea di sicurezza e di difesa.

Quella che si può definire “minaccia russa” sarà solo marginalmente attenuata

dalla crisi economica e demografica di Mosca. Il dinamismo in politica estera

è essenziale per il mantenimento degli assetti del potere interno al Cremlino.

Attuato il programma di “democrazia sovrana” e di “verticale del potere”,

Mosca rivendica il ruolo di grande potenza non solo regionale, ma anche glo-

bale (SCO, esercitazioni con marina cinese in Mediterraneo, dinamismo poli-

tico nel Baltico e nei paesi MENA - e -, soprattutto in Siria, in Iran e anche in

Grecia, ecc.).

L’Europa si sta invece frammentando sotto le spinte della crisi dell’euro, della

ridotta crescita economica, del declino demografico, della riduzione delle spese

militari europee e delle forze nazionaliste e populiste. Fondamentale per la

coesione e forse per la stessa sopravvivenza dell’UE rimane la presenza ame-

ricana. Gli USA hanno però diminuito grandemente l’entità delle loro forze sia

sul continente che in Mediterraneo. Sono però gli unici che possano garantire

la sicurezza dei paesi europei centrorientali. Lo dimostrano la loro reazione

alla crisi ucraina e la volontà di preposizionare mezzi pesanti nei Paesi Baltici

e nel territorio degli alleati centrorientali. La loro opinione pubblica è però

sempre più marcatamente favorevole a un parziale disimpegno dall’estero. Gli

europei continuano ad affidare fideisticamente la loro sicurezza agli USA.

L’importanza dell’Europa è diminuita per gli USA, mentre questi ultimi riman-

gono essenziali per l’Europa.

Carlo Jean (*)

“Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostre Forze Armatealle minacce attuali e prevedibilmente future?”

(*) Generale di Corpo d’Armata, già Presidente del Centro Alti Studi per laDifesa.

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Interesse fondamentale per la sicurezza dell’Italia resta la solidità della NATO,

in particolare dell’art. 5 e della difesa comune. Solo gli USA hanno reagito a

quella che è percepita dai popoli centrorientali europei come una minaccia. Le

tensioni con Mosca crescono e possono sfuggire di mano. L’Alleanza resta il

riferimento principale della strategia di sicurezza italiana sia in Europa sia in

Mediterraneo/Medio Oriente-Africa Settentrionale (estesa al Corno d’Africa

e al Sahel).

Un altro scacchiere geopolitico di diretto interesse strategico per l’Italia è co-

stituito dai Balcani Occidentali, dove tuttora irrisolta resta la “questione alba-

nese” e dove sintomi di destabilizzazione sono avvertibili soprattutto in

Macedonia. La crisi greca può farle esplodere. Per fronteggiare l’instabilità

balcanica, oltre quella mediorientale è poi essenziale la cooperazione della Tur-

chia. Ankara rimane il riferimento essenziale di quanto resta delle popolazioni

musulmane nei Balcani. Mediterraneo, Balcani e Intermarium ponto-baltico

sono i tre scacchieri le cui esigenze hanno equivalente importanza per la sicu-

rezza dell’Italia e per la promozione dei nostri interessi nazionali. Il successo

delle forze curdo-siriane dell’YPG (Unità di Protezione Popolare), che hanno

cacciato l’ISIS dall’area di Tal Abyap, tagliando la principale via di riforni-

mento del Califfato, e la prospettiva di un governo di coalizione ad Ankara fra

l’AKP e il curdo HDP, fa intravvedere la possibilità di un ruolo più attivo della

Turchia nella Mezzaluna Fertile. Una soluzione della questione curda all’in-

terno della Turchia potrebbe preludere a un mutamento della politica turca

verso i curdi siriani e anche iracheni. Un blocco curdo-turco potrebbe costituire

la premessa per la riconquista di Mosul e per infliggere al Daesh una sconfitta

che ne diminuirebbe notevolmente la pericolosità anche nelle aree in cui Abu

Badr al-Baghdadi (ovvero il Califfo Ibrahim) ha ottenuto dichiarazioni di fe-

deltà da parte di gruppi islamisti radicali già operanti in esse. La questione è

particolarmente importante per la sicurezza italiana. L’ISIS, infatti, da Derna

(da cui è stato cacciato qualche giorno fa dagli islamisti della Brigata dei Mar-

tiri Abu Salim, legata all’Ansar al-Sharia) stanno rafforzando le loro posizioni

nella provincia di Sirte, occupando anche la base aerea di Gardabya, situata a

una quindicina di km. a sud della città. Potrebbero effettuare attacchi aerei sui-

cidi contro il nostro territorio, con i Mig che hanno catturato dall’aeronautica

siriana.

Altrettanto preoccupante è il fatto che qualche nucleo di miliziani si è infiltrato

a Tripoli e a Sabrata, ha respinto l’attacco delle milizie di Misurata e cerca di

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

prendere il controllo del lucroso traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Bal-

cani sud-occidentali e Libia costituiscono i teatri operativi più probabili per le

nostre Forze Armate.

2. Capacità militari di cui deve disporre l’Italia

La crisi economica (che non sarà mai superata, dato l’invecchiamento della

popolazione e l’inefficace sistema delle relazioni industriali e burocratiche,

che tanto danneggia la competitività del “sistema paese”) impedirà all’Italia

di svolgere un ruolo autonomo per la sua sicurezza. Sarà molto difficile che il

nostro Paese possa mantenere il suo attuale rango internazionale. Le sue limi-

tate risorse disponibili per la difesa vanno impiegate secondo una stretta scala

di priorità, riguardante non solo il Mediterraneo, ma anche il continente. Solo

la solidarietà atlantica potrà garantire la nostra sicurezza, anche nel lungo pe-

riodo. Lo potrà anche perché solo gli USA possono assicurare una capacità di

dissuasione (che nell’avvenire prevedibile rimarrà nucleare e convenzionale)

tale da evitare lo scoppio di una guerra maggiore in Europa, che non saremmo

in condizioni né abbiamo la volontà di fronteggiare.

Per l’Italia, la presenza americana costituisce poi un fattore che tutela il suo

rango nell’UE. Più debole delle grandi potenze europee e più grande delle pic-

cole, l’Italia non è in grado di aggregare attorno a sé queste ultime. Non è poi

in grado di seguire come nei primi ottant’anni dopo l’unità la politica del “peso

determinante” per gli equilibri europei. Infatti, è sistematicamente esclusa da

molti dei “club esclusivi” che contano. Infine, ha perso le rendite di posizione

di cui si era avvantaggiata durante la guerra fredda, “periodo d’oro” della geo-

politica italiana. Solo una solida presenza americana può tutelare il nostro status

di media potenza regionale. Per tale motivo, assumono importanza centrale

non solo economica, ma anche e soprattutto politica il TTIP e l’adozione di

scelte coerenti con quelle americane in ambito atlantico. E’ poi necessario raf-

forzare in ogni modo i rapporti con la Turchia, la cui importanza geopolitica è

destinata ad aumentare, come si è prima argomentato.

Ne deriva che l’Italia deve possedere anche la capacità di proiettare forze ae-

roterrestri abbastanza significative nel Mar Nero e sull’Intermarium ponto-bal-

tico. Le minacce provenienti da Sud (incluso lo Stato Islamico, la cui forza, a

parte la Mesopotamia, costituisce per ora un mito più che una realtà), quelle

cibernetiche (settore in cui le capacità di contrasto vanno certamente poten-

ziate, “in primis” con una razionale organizzazione sia a livello istituzionale,

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

sia nel coordinamento “pubblico-privato”), pur da non trascurarsi, non sono

né saranno mai in grado di compromettere l’integrità territoriale e l’efficienza

politico-economica del Paese. Nel recente Libro Bianco della Difesa non viene

a parer mio sufficientemente sottolineata tale esigenza, mentre si dedicano

troppe pagine alla difesa europea, vero e proprio fantasma politicamente cor-

retto: l’Europa non si trasformerà mai in Stati Uniti d’Europa, secondo le ge-

nerose fantasie dei “padri fondatori”.

3. Armi nucleari

L’“uscita propagandistica” dello “zero nukes” fatta da Obama a Praga nel-

l’aprile 2009 non va presa sul serio, per quanto possa attirare l’applauso di

qualche “circolo sportivo” più o meno informato e disinvolto. La conferenza

di revisione del TNP sta rilevandosi un fallimento. Gli USA hanno impostato

un programma trentennale (DI UN TRILIONE DI $!, di cui oltre 30 stanziati

nel bilancio attuale) per la ricostruzione della base industriale delle loro forze

nucleari e stanno sviluppando testate specializzate e miniaturizzate di genera-

zione completamente nuova. Le testate esistenti in Europa saranno ammoder-

nate. Gli USA, come d’altronde lo è anche la Russia, sono consapevoli che le

clausole limitative dell’accordo con l’Iran non impediranno la proliferazione

in Medio Oriente. Inoltre, l’assertiva politica cinese, stimolerà il “Pivot toAsia”, malgrado le difficoltà che conosce il TPP.

Abbandonati (ma non la capacità di “secondo colpo”) taluni dei concetti fon-

danti della MAD, il Pentagono sta riprendendo la logica operativa della NUTS

(Nuclear Utilization Targeting Strategy), d’impiego reale e non solo dissuasivo

delle armi nucleari, reso più credibile dagli sviluppi tecnologici delle nuove

testate miniaturizzate e specializzate. Decisivo comunque resta anche con la

NUTS il “coupling” fra le difese europee e il deterrente centrale USA.

Validi al riguardo restano i concetti espressi da Bernard Brodie sul fatto che le

armi nucleari servono per la dissuasione, non per la guerra, ma che la prima

può essere credibile solo creando una situazione d’incertezza circa i propri in-

tendimenti sull’uso effettivo della potenza nucleare, con quella strana logica,

valida durante tutta la guerra fredda, di scommettere sull’irrazionalità propria

e sulla razionalità dell’avversario.

La dottrina strategica russa è d’altronde basata sul ricorso anche preventivo

alle armi nucleari, soprattutto (ma non solo) in caso di aggressione da parte di

uno Stato che possieda armi nucleari.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Le forze convenzionali, anche se Mosca le sta notevolmente potenziando, co-

stituiscono solo un “filo d’inciampo”, sia a Ovest sia a Est. Nella dottrina di

“guerra ibrida” illustrata dall’attuale Capo di Stato Maggiore Generale, Gen.

Gerasimov, gli strumenti a disposizione della strategia russa spaziano dalle

forze russofile locali all’uso tattico e strategico delle armi nucleari. Queste ul-

time sarebbero tenute in riserva come deterrente, contro l’ipotesi d’interventi

esterni, sin nelle fasi iniziali (dopo l’Ucraina sarà la volta della Transnistria).

Non per nulla è stata fatta circolare la voce – non smentita da Mosca - che, du-

rante l’occupazione della Crimea, le forze nucleari russe sarebbero state messe

in stato d’allarme, con l’evidente scopo di prevenire una reazione statunitense

(quella europea non è presa sul serio).

La partecipazione dell’Italia alla NATO diverrebbe marginale se si discutesse

seriamente la dissociazione del nostro Paese dal gruppo di alleati che custodi-

scono sul suo territorio le poche testate sub-strategiche ancora schierate. Il fatto

che il Libro Bianco non ne accenni se non di sfuggita, parlando del concetto

strategico della NATO e dell’art. 5, deriva certamente dalla volontà di non su-

scitare un dibattito, che diverrebbe rapidamente emotivo e si presterebbe a stru-

mentalizzazioni nella lotta politica interna. Ma il problema esiste ed è cruciale

per il nostro sistema di sicurezza e per la nostra stessa appartenenza all’Alle-

anza.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Sulle minacce attuali e future si è parlato in maniera approfondita e lo scenario

più probabile inevitabilmente richiama l’esigenza di avere Forze Navali ade-

guate in quantità, qualità e capacità professionali per quegli impieghi nazionali

ed internazionali che inevitabilmente ci verranno richiesti. Ricordo i nostri

8000 chilometri di coste, le nostre innumerevoli isole, la nostra praticamente

totale dipendenza dagli scambi via mare (siamo ad oltre 80%), le nostre risorse

marine ittiche (3^ flotta peschereccia in Europa) ed energetiche (giacimenti di

petrolio e metano) presenti nella nostra Zona Economica Esclusiva (fino a 200

miglia dalla linea di costa).

Determinante inoltre la nostra posizione strategica in un Mediterraneo che pur

rappresentando solo l’1% del totale degli specchi marini assicura il 19% del

traffico marittimo mondiale, e infine la constatazione che tra i 18 paesi che vi

si affacciano ve ne sono vari di grande interesse strategico per il nostro Paese.

Queste considerazioni rendono evidente quanto l’Italia abbia bisogno di poter

contare su una Marina Militare adeguata al suo ruolo di Nazione leader in Me-

diterraneo ed alle sue vitali esigenze economiche e di sicurezza.

A queste evidenti ed inevitabili esigenze bisogna poi aggiungere le sempre più

probabili missioni internazionali in altre aree del mondo ed infine gli interventi

di protezione dell’ambiente marino e protezione civile per eventuali calamità

naturali.

Attualmente la Marina Militare dispone di 60 unità navali, un numero direi

minimo ma adeguato alle attuali e prevedibilmente future esigenze. Per ton-

nellaggio siamo i quinti in Europa, dopo Gran Bretagna, Francia (il doppio di

noi), Germania e Spagna e subito prima, ma di poco della Turchia.

Dal 2004 è in corso un programma per 10 Fregate Multi Missione (FREMM)

voluto dalla Marina Italiana e sviluppato con la Marina Francese ed è stato av-

viato un altro programma decennale per 6 Pattugliatori Polivalenti d’Altura

(PPA) e 2 unità logistiche maggiori.

Se teniamo però presente che in tutto il mondo la vita operativa delle unità di

linea viene valutata non superiore ai 30 anni e quella delle unità ausiliarie ai

40 ed esaminiamo nel dettaglio la nostra flotta scopriamo che tra 10 anni e

Sergio Biraghi (*)

“Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostre Forze Armatealle minacce attuali e prevedibilmente future?”

(*) Ammiraglio di Squadra, già Capo di Stato Maggiore della Marina Mili-tare

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

quindi al termine dei programmi di cui sopra avremo la disponibilità di 30

unità, esattamente il 50% della attuale flotta.

Il grosso problema per le unità militari è che da quando si avvia un progetto e

si assicura la necessaria copertura finanziaria a quando le unità entrano in linea

passano molti anni. Per esempio il programma FREMM è stato avviato nel

2004 e la decima fregata verrà consegnata alla Marina nel 2022. La Marina si

basa quindi su unità programmate e costruite nel tempo ma a partire da tanti

anni fa.

Tanto per dare qualche dato:

- 4 unita anfibie tutte da 27 anni (Garibaldi 1985-1987);

- 4 Destroyers: 2 da 24 anni;

- 11 Fregate: tutte mediamente da 32 anni (Maestrale 1981);

- 6 Corvette da 26 anni;

- 10 Pattugliatori: 4 da 24 anni;

- 10 Cacciamine: 2 da 31 anni e 8 da 24 anni;

- 6 Sottomarini: 4 oltre 25 anni;

- 3 Rifornitrici da 31 anni;

- 2 Unità supporto: 1 da 39 anni.

In pratica abbiamo una età media prossima ai 30 anni contro i 19,5 della Marina

Inglese e 22,8 della Marina Francese.

Riassumendo nei prossimi 10 anni usciranno dalla linea almeno 44 unità e

quindi avremo difficoltà a non scendere sotto il 50% della attuale consistenza

pur tenendo conto dei programmi approvati negli ultimi anni.

Tanto per dare un’idea di come si muove il Mondo si può citare “un’altro

mondo” la Marina Usa che, dall’alto dei suoi 168 mld di $ del bilancio 2016

(più del 30% del bilancio della Difesa), ha in corso il programma LCS, simili

come concetto ai nostri futuri PPA, e prevede di arrivare a 32 unità per poi pro-

seguire con altre 20 fregate più armate e potenti delle stesse LCS. Certo il loro

obiettivo è di arrivare ad avere 308 unità in linea, un altro mondo.

Ma anche la Francia vuole due portaerei notevolmente più grandi, e costose,

del nostro Cavour, 17 FREMM ed un numero ancora maggiore di un nuovo

tipo di unità simili alle nostre PPA.

Tutte le Marine anche di medio livello si stanno inoltre dotando di sottomarini

(ricordo la Grecia 11 - la Turchia 14 - la Libia 6 sicuramente fuori uso) ma

spicca in questa gara l’Australia che ha varato un programma navale di ben 34

mld. di $ che comprende 15 FREMM e 12 sottomarini particolarmente mo-

derni.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Singapore ai 6 sottomarini svedesi rimodernati ne aggiunge 2 tedeschi e perché

no anche una portaerei per gli F35B.

L’Arabia Saudita sta investendo 20 mld. di $ per unità tipo LCS/PPA. Anche

la “piccola” Marina Egiziana ha ricevuto la sua prima FREMM e gli USA le

rimodernano gli 8 sottomarini russi. Il Marocco alle sue 40 unità navali ag-

giunge 2 FREMM. Anche l’Algeria vuole 2 FREMM.

Inutile ricordare come la Marina Cinese si muova a grandi passi per diventare

la seconda al mondo e quella Indiana abbia recentemente varato la sua prima

portaerei, anche lei più grande e costosa del nostro Cavour, e stia lavorando

per la seconda.

Appare quindi evidente che in tutto il mondo le nazioni rivierasche ritengono

determinante e vitale avere il controllo e la protezione delle proprie acque e

delle linee di comunicazione marittime di interesse.

Ovviamente le Unità Navali per essere realmente operative hanno bisogno di

personale idoneo e qui, fortunatamente, non ci sono problemi. La formazione,

l’addestramento e l’accasermamento a bordo è molto diverso da quello normale

di terra ma la Marina Militare da sempre pone una particolare attenzione e cura

alle specificità di questo personale, per cui se non vengono introdotte novità

masochistiche, non dovremmo avere problemi nemmeno in futuro. Marine

meno evolute si appoggiano infatti alla nostra per formare il proprio personale

e le nostre scuole Ufficiali e Sottufficiali sono giustamente famose in tutto il

mondo.

Altro aspetto essenziale è poter continuare ad avere un efficiente Comando e

Controllo della Flotta sia in ambito nazionale, internazionale che NATO. Anche

in questo caso le attuali strutture della Squadra Navale sono assolutamente a

livello delle 2/3 Marine al top della NATO. Non è un caso se tutte le Marine

del Mediterraneo, oltre alle grandi Marine NATO, hanno delegato alla Nostra

l’organizzazione, lo sviluppo e la gestione del sistema di controllo di tutto il

traffico navale in Mediterraneo.

In conclusione se si vuole, per risparmiare, ridurre la Marina Militare “solo”

del 25/30 % , bisogna in tempi brevi avviare nuovi programmi per 10/15 unità

altrimenti la riduzione sarà del 50% e non credo che sia nell’interesse nazionale

e nei programmi governativi dimezzare la Difesa Italiana sul mare e dal mare

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Per rispondere alla domanda “Abbiamo un intelligence adeguato alle esi-

genze attuali?” è necessario prima stabilire quale deve essere il campo di

azione dell’intelligence o meglio quali sono le sue responsabilità.

Nel nostro paese infatti è sempre stato molto frequente ed è anche molto at-

tuale, quando si verifica qualcosa di imprevisto, lamentarsi della mancanza di

adeguate informazioni. Molti dei veri responsabili hanno troppo spesso potuto

nascondere le proprie inefficienze dietro una affermazione generica come: “La

nostra intelligence non era adeguata alle esigenze”. E’ quindi determinante

oggi più di prima dare un preciso indirizzo all’attività di intelligence, in-

dicando chiaramente gli obiettivi da perseguire e dotandola dei mezzi necessari

per conseguirli, sia in termini di risorse umane e finanziarie che di mezzi giu-

ridici.

E’ questo un passo determinante perché l’intelligence non agisce solo quando

si manifesta un pericolo, ma il suo valore aggiunto esiste quando si riesce ad

acquisire coscienza del pericolo prima che esso si manifesti ed a suggerire le

azioni necessarie per evitarlo od almeno limitarne i danni. Purtroppo devo dire

che per esperienza personale non tutti i decision makers del paese sono edu-

cati a questo tipo di approccio e spesso si limitano a valutare la situazione

relativa alle minacce sulla base di rapporti non istituzionali, se non addirittura

di rapporti personali con pseudo esperti o presunti faccendieri. Solo il mondo

militare è certamente più educato a pianificare e programmare sulla base di

valutazioni serie della minaccia, anche se, come sappiamo, talvolta si è portati

ad una sopravvalutazione della stessa.

Certamente nei precedenti interventi sarà stata sottolineata l’esigenza per il

paese di conservare le capacità militari per far fronte agli impegni nazionali

ed internazionali per operazioni di pace in aree di crisi o per rispondere ai pe-

ricoli derivanti dall’esistenza delle minacce nucleari, chimica, biologica, ma è

anche onesto riconoscere che questa esigenza viene compresa solo dagli addetti

ai lavori e non dall’opinione pubblica; d’altro canto ciò che oggi la società av-

verte a livello sociale è la necessità di una maggiore sicurezza dalla criminalità

organizzata, dal terrorismo internazionale ed aggiungerei dall’incertezza

economica manifestatasi dall’inizio della crisi del 2008.

Bruno Branciforte (*)

L’intelligence e le attuali minacce alla sicurezza nazionale

(*) Ammiraglio di Squadra, già Capo di Stato Maggiore della Marina Militare eDirettore del Servizio Informazioni e Sicurezza Militare

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

E’ mia personale convinzione che per quanto riguarda la prima di queste ultime

minacce le nostre Forze di Polizia siano in grado di contrastarla ed abbiano

l’esperienza ed i mezzi tecnologici e giuridici necessari per poter affermare

che la risposta dello Stato è oggi certamente adeguata sia in Italia che all’estero

nei confronti della mafia, della camorra e della ndrangheta, ecc.

In questo settore, viste le potenzialità ed i mezzi delle Forze di Polizia, il sup-

porto dei Servizi intelligence può essere soltanto complementare o indispen-

sabile quando fosse necessario intraprendere azioni che vanno al di sopra dei

loro poteri derivanti dalle leggi in vigore.

In questo senso forse una riflessione andrebbe comunque fatta, per chiedersi

se le Forze di polizia possono spingersi oltre quanto previsto dalla legge,

come può essere accaduto nel passato, e se invece tale tipo di operazione non

debba essere affidata dallo Stato ai Servizi, che hanno oggi l’obbligo della

trasparenza e le garanzie funzionali per portarle a termine.

Probabilmente una maggiore chiarezza politica e giuridica sulle responsa-

bilità dei singoli attori, ivi comprese le Forze Armate, nel campo della sicu-

rezza aiuterebbe a definire meglio le singole responsabilità nei casi controversi.

Un discorso molto diverso può essere fatto per il terrorismo internazionale,

perché le radici del terrorismo moderno non sono sul territorio nazionale ma

sono localizzate in altri paesi.

Per anni il territorio italiano (ma anche europeo) è stato un bacino di arruola-

mento di estremisti che successivamente si trasferivano in paesi come l’Iraq,

la Siria, l’Afghanistan, lo Yemen, il Pakistan, ed alcuni paesi nord-africani.

Da questo ruolo secondario, in alcuni paesi europei si sono sviluppati o si mi-

nacciano da parte di immigrati naturalizzati attacchi contro cittadini, istituzioni,

organizzazioni apparentemente per motivi religiosi, ma dietro di essi non sono

neanche troppo nascoste le lotte all’interno del mondo islamico ed interessi fi-

nanziari.

Se far fronte a tale minaccia significa assicurare che questi attacchi siano sven-

tati, credo che la risposta non possa essere positiva, ma certamente il livello di

sicurezza può essere innalzato attraverso l’adozione di provvedimenti a li-

vello giuridico e tecnologico.

Se guardiamo alle recenti adozione di provvedimenti legislativi in materia,

si può affermare che si tratta di iniziative di carattere giuridico prese nei con-

fronti di potenziali terroristi, ma non credo che siano sufficienti: l’effetto più

probabile è che chi dovrà adottare questi provvedimenti finirà per esercitarli

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

in maniera eccessiva per evitare che all’indomani gli venga contestato di non

aver dato corso ad arresti od espulsioni.

Credo che dovremmo anche fare un’altra riflessione, in relazione ai recenti

eventi francesi, sulla libertà di espressione. Visti anche gli effetti prodotti

dall’applicazione di questo principio nei confronti di una religione, forse an-

drebbe valutata l’eventuale necessità di istituire delle misure legali che ne li-

mitino l’impiego. Non si tratta di negare un principio democratico, ma di

regolarne l’uso per questioni di sicurezza nazionale: il problema principale

della nostra società pare essere oggi quello di convincere alcuni che non è pos-

sibile fare o dire ciò che si vuole. Come usiamo dire che in democrazia la li-bertà dell’individuo ha fine dove inizia la libertà di un altro, dovremmo nel

mondo attuale considerare un reato il mancato rispetto di una religione.

Lo stesso tipo di approccio dovrebbe essere assunto nell’affrontare le proble-

matiche dei rapimenti dei connazionali all’estero. Alcuni anni fa, quando

giornalisti o organizzazioni umanitarie andavano ad operare in aree a rischio,

la loro protezione era affidata ai contingenti nazionali dislocati in loco. Nei

tempi più recenti giornalisti e operatori umanitari vanno in aree di crisi senza

alcuna protezione, offrendo alle organizzazioni terroristiche locali l’opportunità

di rapimenti a scopo di estorsione. Per la risoluzione di queste problemati-

che, che dovrebbero essere evitate con un preventivo coordinamento con i Ser-

vizi e le F.A., devono successivamente intervenire i Servizi rischiando uomini

e mezzi.

Per individuare invece i possibili provvedimenti da intraprendere nel campo

tecnologico è necessario innanzitutto individuare quali tipi di attacco possono

essere condotti dal terrorismo internazionale e contro quali targets. Oltre a per-

sone specifiche sono a rischio di attacchi fisici, biologici, chimici e cyber, le

istituzioni in generale, i sistemi di distribuzione dei servizi, le comunicazioni,

il sistema dei trasporti, il sistema finanziario, per dirla in breve gli obiettivi

strategici nazionali.

Se si eccettuano le infrastrutture della Difesa, la quasi totalità dei predetti obiet-

tivi è scarsamente protetto sia sotto l’aspetto fisico che elettronico. A quest’ul-

timo aspetto voglio riferirmi quando affermo che queste strutture sono

vulnerabili. Da anni si parla di protezione delle infrastrutture strategiche del

paese ma nella sostanza nessuna di queste infrastrutture è più sicura di alcuni

anni fa. Le reti telematiche interne e le comunicazioni di strutture strate-

giche non sono spesso protette da cifranti nazionali.

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Eppure il clamore dei casi Wikileaks e Snowden avrebbe dovuto suggerire

alla leadership del paese di avviare rapidamente un programma di sviluppo

tecnologico per dotarci di cifranti nazionali, invece di limitarsi a proporre im-

probabili programmi europei o dichiarazioni di sorpresa per l’esistenza di at-

tività di spionaggio nei confronti di alleati.

L’unica iniziativa avviata si riferisce alla creazione di diversi CERT presso un

certo numero di Ministeri o organismi per il rilevamento di attacchi informatici

alle reti telematiche, ma questa organizzazione non appare avere un potere di

contrasto ai predetti attacchi se non quando sono già portati a termine.

Il vero problema è invece dotare le reti, di sistemi di difesa che impediscano

l’attacco, e per evitare che ciascun attore proceda seguendo strade diverse, è

indispensabile che venga stabilita da chi è preposto a farlo (Presidenza del Con-

siglio) una road map per la produzione della tecnologia e della normativa per

il suo impiego da parte di ogni organizzazione sensibile nazionale.

La Presidenza del Consiglio potrebbe assicurare lo sviluppo della tecnologia

per la protezione delle comunicazioni e dei sistemi di gestione delle attività

delle infrastrutture strategiche nazionali, costituendo un Comitato Scientifico

Nazionale con cui guiderebbe l’attività di produzione di un Polo industriale

comprensivo delle realtà nazionali già esistenti nel settore. Detto Polo, assistito

anche dal settore universitario dovrebbe in tal modo fornire soluzioni tecnolo-

giche standardizzate quando possibile agli attori operativi agenti nel settore,

eliminando di conseguenza duplicazioni di spesa.

La realizzazione in ambito nazionale di tale progetto innalzerebbe enorme-

mente il livello di sicurezza garantendoci dallo spionaggio politico, industriale

e sociale.

Oltre alla predetta attività di carattere difensivo, quello che deve essere incre-

mentato è il livello di controllo tecnologico delle attività dei gruppi terro-

ristici in coordinamento con le istituzioni degli altri paesi che combattono la

stessa battaglia.

Se infatti rimane rilevante la capacità humint dei Servizi tesa ad ottenere in-

formazione attraverso la ricerca condotta attraverso gli informatori, oggigiorno

i servizi informativi non possono fare a meno del mezzo tecnologico per la ri-

cerca, la pianificazione e la condotta delle loro operazioni: mi riferisco quindi

alle capacità di intercettazione di comunicazioni ed immagini e di esplorazione

del mondo internet attraverso sistemi convenzionali e satellitari .

Controllo tecnologico significa intercettare le comunicazioni, rilevarne la po-

sizione geografica, gli orari, analizzarne il contenuto.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Questo tipo di lavoro è sempre stato effettuato dai Servizi delle Forze Armate

nei confronti delle F.A. dei paesi potenzialmente ostili (l’URSS fino al 1989).

La stessa organizzazione ha la tecnologia per estendere tale attività al terrori-

smo internazionale (lo fa quando i nostri contingenti sono all’estero in area

operativa per la protezione delle truppe nazionali).

La stessa attività è svolta con adeguata tecnologia dai Servizi nell’ambito di

un’attività di collaborazione internazionale per la lotta al terrorismo, ma

certamente di fronte alla minaccia attuale sarebbe necessario incrementare si-

gnificativamente il numero del personale oggi esistente. In Francia e in U.K.

il personale addetto è almeno venti volte quello nazionale.

Un’idea potrebbe essere quella di concentrare le risorse dei vari organismi na-

zionali, ma conoscendo i possibili interlocutori non ritengo semplice in questo

paese la creazione di un organismo come la NSA americana, o il CGHQ inglese

o uno dei tanti centri Sigint di tanti altri paesi occidentali e non. Pur tuttavia

non è possibile non sottolineare quali grandi vantaggi ci sarebbero se le

intercettazioni dovessero essere condotte da un organismo istituzionale

che offre garanzie totali di riservatezza non avendo alcun contatto con il

mondo politico, industriale e privato.

La riforma dei servizi iniziata nel 2007 ha in questi anni portato alla raziona-

lizzazione di molti aspetti, alcuni dei quali molto importanti come quelli sulla

normativa sul segreto di stato, sul reclutamento, sulle garanzie funzionali, sul-

l’affidamento ad una sola Procura delle autorizzazioni per le attività preventive,

sulla comunicazione istituzionale.

La struttura ha negli ultimi anni dato certamente grande prova di trasparenza

ed efficienza, ma forse alla luce della minaccia attuale nel suo processo evo-

lutivo è giunto anche il momento di pensare ad una struttura unificata e

non più duale e basata su una impraticabile suddivisione geografica delle atti-

vità operative. Una soluzione di questo tipo probabilmente conferirebbe alla

struttura una ancora maggiore efficienza e costituirebbe un ottimo esempio per

la lunga strada da percorrere .

I predetti provvedimenti in ogni caso innalzerebbero la soglia di sicurezza na-

zionale contro i possibili attacchi del terrorismo internazionale sul nostro ter-

ritorio, a prescindere dalle decisioni che il livello politico deciderà di adottare

per le crisi internazionali in atto.

A fronte delle nuove minacce tutti gli autorevoli analisti concordano sull’esi-

genza di un’adeguata intelligence, ma pochi sanno realmente quali sono le con-

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

crete azioni da porre in atto per ottenere questo risultato perché sostanzialmente

non esiste nel paese una cultura intelligence.

Molti cadono nell’errore di confondere l’attività investigativa con l’intelligence

e questo non è un errore da poco, perché la prima ha lo scopo di perseguire i

colpevoli di reati, la seconda quello di ottenere informazioni che consentano

di adottare le decisioni più appropriate per la sicurezza del paese in campo po-

litico, militare, economico, sociale.

Fino a quando non ha fatto la sua comparsa sulla scena delle minacce o dei ri-

schi alla sicurezza il terrorismo internazionale, questo equivoco non ha avuto

una grande rilevanza, ma quando ciò è accaduto molte entità istituzionali hanno

intrapreso od esteso le proprie attività di ricerca ed analisi nei confronti di tale

fenomeno, promuovendo anche iniziative che possono portare alla realizza-

zione da parte di diverse amministrazioni di doppioni di reti o sistemi od alla

stipula di accordi internazionali che dovrebbero essere coordinati a livello cen-

trale dalla Presidenza del Consiglio.

La riforma dei Servizi della Legge 123 del 2007 aveva ben chiarito la specifica

competenza della Presidenza del Consiglio sulla materia, con la conseguente

responsabilità di definire la strategia da adottare in campo nazionale per la si-

curezza delle infrastrutture critiche, delle comunicazioni, delle informazioni e

per la reazione ad eventuali attacchi. Per ciascuna di queste esigenze è oggi

necessario intraprendere azioni concrete che consentano di elevare il livello di

sicurezza attuale che appare ancora insoddisfacente.

Se si guarda al quadro della sicurezza del paese è evidente che nei confronti

del terrorismo internazionale l’amministrazione della difesa è dotata della più

completa capacità di difesa, anche perché nell’ambito della Nato ha avuto

modo di sviluppare un’efficiente organizzazione interna per la protezione dei

propri mezzi, infrastrutture ed informazioni, utilizzando la tecnologia più avan-

zata dell’alleanza contro la minaccia militare dell’URSS fino al 1990 e contro

la minaccia asimmetrica negli anni successivi.

La Difesa avrebbe potuto essere la guida nello sviluppo della strategia nazio-

nale per il contrasto della minaccia del terrorismo internazionale, avendo già

in atto peraltro programmi di collaborazione internazionale con tutti i paesi

Nato ed amici. Alcune iniziative da intraprendere richiedono solo eventuali

riorganizzazioni no cost, fra le quali potrebbe essere prevista una revisione

degli stessi Servizi d’informazione o l’approvazione di leggi ad hoc che con-

sentano di ampliare il campo della ricerca tecnologica, altre richiedono l’ar-

ruolamento di nuove professionalità

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Desidero rivolgere un saluto a tutte le Autorità presenti e un ringraziamento

particolare al Gen. Ramponi per l'iniziativa di aver organizzato questo interes-

sante convegno e soprattutto per avermi coinvolto nel progetto dandomi spazio

per portare un piccolo contributo sul tema.

Essendoci nel gruppo di lavoro due ex Capi di Stato Maggiore Marina, nel de-

finire il mio contributo ho evitato di trattare tematiche che riguardano diretta-

mente quella Forza Armata.

Ciò anche per non dover commentare cambiamenti retrogradi o inversioni di

rotta di chi pilota la Marina, con risultati e conseguenze ben note a tutti.

Mi sono quindi limitato ad aspetti che hanno stretta attinenza con le esperienze

che ho avuto negli ultimi anni di servizio, come capo del reparto personale

dello Stato Maggiore della Marina Militare prima e della Difesa poi, come con-

sigliere militare a palazzo Chigi, dove ho visto una Difesa totalmente chiusa

in se stessa e arroccata in un angolo, in mezzo agli altri Ministeri sgomitanti

per guadagnare nuovi spazi di attività e di competenze, di frequente proprio in

danno della Difesa stessa; infine come consigliere militare alla Rappresentanza

italiana presso le United Nations, a New York, dove ho visto all'opera le Na-

zioni che governano il mondo, un gruppo da cui l'Italia è esclusa (viene coin-

volta solo quando può risultare utile per i servizi che dà, ma quasi mai per le

decisioni che contano) perché considerata solo una provincia periferica del-

l'impero occidentale, per certe dinamiche interne un po' bizzarra, controllata

mettendo ai vertici delle sue Istituzioni solo servitori fedeli e comunque sempre

ben pilotabili.

Il focus del mio contributo è andato quindi su infrastrutture critiche, sorve-

glianza dello spazio, cyber defence, problematiche di personale, integrazione

interforze e leadership.

1. Infrastrutture critiche

In ambito nazionale è già attivo un sistema interno di protezione e di resilienza

delle infrastrutture critiche e di intervento post attacco; fermo restando che è

impossibile proteggere tutto e tutti da un attacco terroristico e che il livello del

Alessandro Picchio (*)

“Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostre Forze Armatealle minacce attuali e prevedibilmente future?”

(*) Ammiraglio di Squadra, già Consigliere Militare presso la Rappresentanzaitaliana presso le United Nations, a New York.

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Osservatorio Strategico

sistema di protezione dà sicuramente soddisfacenti garanzie, ancora molto c'è

però da organizzare per far sì che le infrastrutture critiche possano essere con-

siderate pronte in termini di protezione e di resilienza; ne è una prova tangibile

l'attentato di qualche mese fa alle linee informatiche dell'alta velocità a Bolo-

gna. Nello specifico settore c'è dunque ancora tanto da fare; me ne sono occu-

pato in prima persona quando ero alla Presidenza del Consiglio (fino a febbraio

2012) e, pur se grandi passi avanti sono stati fatti in questi ultimi 3 anni, la si-

tuazione richiede ancora un livello di attenzione elevato.

E' mio parere che anche in questo settore la Difesa debba essere parte attiva

per svolgere il ruolo che le spetta in quanto rientra tra i suoi compiti di “difesa

del territorio” avere piani di difesa di molte infrastrutture critiche; non bisogna

aspettare che venga dichiarato dal Parlamento lo stato di guerra perchè la Di-

fesa si occupi di infrastrutture critiche.

In coordinamento e collaborazione con i Ministeri e i settori della Pubblica

Amministrazione responsabili di specifici aspetti, la Difesa deve svolgere il

suo ruolo nella protezione delle infrastrutture critiche e deve, fin dal tempo di

pace, poter addestrare il personale, testare la disponibilità e l'utilizzo dei mezzi,

preparare i piani da attuare in caso di emergenza, collaborare anche nelle atti-

vità di intervento post-attacco.

2. Minaccia ai satelliti nazionali - difesa dello spazio esterno

Il 22 ottobre 2010 il Consiglio dei Ministri approvò il documento “Indirizzi

del Governo per la politica spaziale italiana”. La nostra Nazione ha un capitale

di assoluto rilievo investito nei sistemi satellitari e l'industria nazionale dello

spazio costituisce un settore strategico di straordinaria importanza per le risorse

impiegate, umane e finanziarie, per la ricerca e per il know-how che ne deriva,

per le ricadute positive sull'occupazione e sull'economia.

La sicurezza dei satelliti nazionali in orbita intorno alla terra è esigenza di pri-

maria importanza e addirittura strategica se si parla dei satelliti per le comuni-

cazioni e per l'osservazione della terra, sia civili che militari. E' superfluo in

questa sede enfatizzare l'importanza della sicurezza e della sopravvivenza nello

spazio dei satelliti, che è certamente a tutti ben nota, dalla minaccia rappresen-

tata dalla enorme moltitudine di oggetti non controllati (space debriz) presenti

nelle orbite intorno alla terra, ma anche da vettori controllati da altri paesi.

Già alla fine del primo decennio del 2000 l'Unione Europea aveva dichiarato

la ferma intenzione di dotarsi di una specifica propria capacità di osservazione

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

e identificazione, in grado di integrarsi con il sistema statunitense, che ha più

volte fornito, anche all'Italia, importanti “warnings” per mettere in sicurezza

alcuni satelliti nazionali da possibili collisioni.

In tale contesto, il Governo italiano aveva richiamato nel documento di politica

spaziale che ho prima citato “la sorveglianza dello Spazio (Space SituationalAwareness), indispensabile per evitare l'alto rischio oggi presente di collisioni

accidentali dei satelliti con detriti pericolosi e salvaguardare gli assetti in orbita

. . . ” come uno dei “settori sui quali è necessario concentrare l'attenzione e gli

sforzi per l'importanza delle possibili applicazioni nell'ambito dei programmi

europei ed internazionali”.

So che recentemente è stato portato a realizzazione con un finanziamento del

MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), a suo tempo

interessato sul progetto dalla Presidenza del Consiglio, il prototipo del Fly-

eyes un sistema di osservazione che costituisce un nuovo fiore all'occhiello

per l'inventiva e la capacità italiana. Si tratta ora di sostenere, con un investi-

mento di pochi milioni, la realizzazione del progetto brevettato in Italia per

consentire all'industria nazionale di consolidare la posizione leader conquistata,

attrarre così investimenti europei benefici anche per l'occupazione e impedire

che altri possano appropriarsi dell'idea indebitamente.

3. Cyber space

Così come accade per lo spazio terrestre, marittimo ed aereo, la Difesa ha pri-

marie ed ineludibili responsabilità dirette militari nella difesa dello spazio ci-

bernetico e deve dunque avere organizzazione, mezzi e uomini dedicati nella

giusta necessaria quantità alla difesa, al contrasto ed all'offesa nel cyber spazio;

non mi riferisco ovviamente alla difesa del cyber space delle Forze armate, per

il quale sono già attivi i CERT Difesa, ma del cyber space nazionale sul quale

essa deve essere in grado di intervenire efficacemente in caso di attacchi mas-

sicci o di scenari complessi nei confronti dei quali i sistemi di protezione delle

singole organizzazioni, già oggi esistenti ed attivi, non dovessero riuscire da

soli a fermare l'aggressione. La nostra Difesa deve anche dare un contributo

altamente qualificato e di adeguate capacità quantitative, anche in ambito

Unione Europea e NATO.

E' necessario quindi potenziare la Struttura di Difesa Nazionale nel cyber space,

in via di realizzazione secondo quanto previsto da DPCM dedicato, prevedendo

un organismo totalmente interforze, di adeguata capacità e potenzialità, in

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

prima analisi con un livello di forza di almeno alcune centinaia (1.000-1.500)

specialisti.

Questo anche perché la minaccia terroristica, come l'ISIS ha dimostrato, cerca

di aumentare la propria efficacia e potenza sfruttando la libertà di comunica-

zione in generale e la libertà di divulgazione di notizie assicurata da INTER-

NET; ciò sia per l'organizzazione propria e delle attività operative dei gruppi

terroristici, con finalità anche di “comando e controllo” e di funzionamento

della rete terroristica internazionale, in secondo luogo per la diffusione di im-

magini violente e di forte impatto emotivo per un'efficace e mirata azione di

influenza psicologica (vere e proprie PSYOPS) sulla popolazione del mondo

occidentale e con un altrettanto mirata azione di influenza sulla popolazione

islamica per propaganda, proselitismo e sostegno alle iniziative terroristiche.

E' anche proprio in questo spazio della comunicazione che utilizza per lo più

strumenti del mondo cibernetico che si deve contrastare e combattere la mi-

naccia terroristica.

A proposito della tematica della cyber defence con soddisfazione ho potuto ve-

dere che il Libro Bianco della Difesa di recente pubblicato dà rilevanza alla

specifica questione e ha previsto la costituzione di un Comando interforze.

4. Personale, integrazione interforze e leadership

In ultimo, ma non per importanza che è invece assolutamente primaria, le que-

stioni del personale, dell'integrazione interforze e della leadership. Sono settori

questi in cui la Difesa ha perso, secondo il parere di molti osservatori, nume-

rosissime opportunità e c'è realmente tantissimo da fare e presto.

In seguito all'abolizione della leva era stata a suo tempo progettata la trasfor-

mazione della struttura del personale Forze armate in un sistema di soli pro-

fessionisti, con un'ampia basa di personale con rapporto di impiego a termine

che doveva garantire di alimentare e di avere in servizio nelle forze operative

risorse umane giovani, indispensabili alle esigenze di impiego nelle operazioni,

per una reale efficienza ed efficacia operativa delle forze.

Per vari motivi ed interferenze, il progetto ha subito poi profonde modifiche

che ne hanno snaturato l'armonicità iniziale, con la conseguenza che oggi le

Forze armate vedono aumentare sempre più l'età media del personale, fatto che

porta con sé notevoli problemi di impiego ed effetti negativi sulla operatività.

La riforma in senso interforze della Difesa varata negli anni '90, per effetto di

provvedimenti entrati in vigore negli anni seguenti e anche di un'azione interna

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

a vari livelli contraria allo sviluppo di un'equilibrata integrazione interforze,

ha subito reiterate battute d'arresto, culminate negli ultimi due-tre anni in veri

e propri ritorni al passato.

Complice la presenza, forse è meglio dire la collocazione voluta, nei posti che

contano all'interno dell'organizzazione, e in qualche caso addirittura ai vertici,

di personalità conservatrici, legate a miti di un passato remoto ormai anacro-

nistico, che non hanno saputo o voluto far nulla per creare trasparenza (anzi!)

e fiducia tra Forze armate per favorire così il giusto affiatamento interforze.

Ciò magari per proprio interesse e tornaconto o per accondiscendenza verso

lobbies di vario genere, di cui sono servitori, o più semplicemente per quieto

vivere.

In tempi anche recenti sono addirittura arrivati in posti chiave, e anche alla ri-

balta delle cronache per fatti giudiziari penali legati a mala gestione o consentiti

dalla carenza di alta vigilanza, alcuni che hanno addirittura avuto all'interno

della Difesa un atteggiamento demolitore di quel poco di spirito interforze che

era stato faticosamente costruito; ciò per tutelare in modo esasperato interessi

di parte e personali, o addirittura di singoli corpi o componenti all'interno della

singola Forza armata; personaggi che sembrano aver ignorato e ignorare il bene

della Difesa, la limpidezza dell'Istituzione e soprattutto l'interesse superiore

del bene nazionale di cui la Difesa deve essere espressione.

Realizzare l'interforze non è difficile, ma sono indispensabili nella gestione e

nei rapporti tra elementi di organizzazione e persone assoluta lealtà, reale one-

stà intellettuale e totale trasparenza in modo da non creare diffidenze; un vero

e proprio confidence building all'interno della Difesa che invece vive oggi per

lo più di contrapposizioni.

Sono, queste, problematiche nevralgiche per la Difesa che, ho potuto constatare

con una certa soddisfazione personale, trovano ampi spazi di trattazione nel

Libro Bianco pubblicato dal Ministro Pinotti con obbiettivi di ripristinare tra-

sparenza, chiara e corretta gestione amministrativa, onestà intellettuale.

Quello da poco pubblicato è un Libro Bianco molto coraggioso, perché prevede

di introdurre nella complessa macchina della Difesa tutti (o quasi) quei corret-

tivi che sono oggi ormai indispensabili per eliminare vizi radicati, a volte pro-

fondamente purtroppo, che hanno fatto e fanno il male delle Forze armate:

frazionamenti interni dettati da interessi di singole o piccole componenti, vi-

sioni e strategie separate e spesso contrapposte, a volte in modo molto acceso,

sprechi di risorse umane e finanziarie, ridondanze di strutture, di livelli gerar-

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

chici e di metodi di lavoro, poca o nulla trasparenza amministrativa che ali-

menta grandi e piccoli centri di potere a tutti i livelli, burocrazie che sono ca-

paci, in alcuni casi per tornaconto o esclusivo prestigio personale, di mettersi

di traverso per impedire la modernizzazione e il miglioramento dell'Organiz-

zazione.

Il libro Bianco nei capitoli dal 5 all'8, in un crescendo di definizioni e di rife-

rimenti concettuali nei quali ogni singola parola o verbo risulta, al lettore at-

tento, oculatamente scelta e sapientemente dosata, delinea una riforma della

Difesa molto incisiva, direi una rivoluzione, che vuole andare a cambiare ra-

dicalmente aspetti vitali, talvolta dimenticati nel passato, dell'organizzazione

e del funzionamento della Difesa.

Il Libro non cede mai alla tentazione di fare qualche accusa pungente o un qua-

dro impietoso della situazione più recente e odierna, che ha caratterizzato e ca-

ratterizza la Difesa. Esaminando però con attenzione le novità che introduce,

presentandole sempre in termini positivi, emergono prepotentemente chiare le

pesanti lacune che il Ministro Pinotti, che ha una profonda e lunga conoscenza

della Difesa già maturata in altri ambiti e incarichi politici, in questi due anni

di lavoro al Vertice del Dicastero ha senz'altro potuto constatare di persona.

E così le strategie, le direttive e i provvedimenti per i necessari correttivi non

potevano mancare. E tutti onestamente dobbiamo riconoscere che sono perfet-

tamente attagliati per dare al progetto concretezza e ampie possibilità di rea-

lizzazione. Un passaggio, da alcuni criticato, è che il Libro Bianco vuole

riprendere, per portarla a compimento, la riforma avviata ad inizi anni '90 dal

Ministro Andreatta.

A ben pensarci è una bella stilettata, un riferimento impietoso! Vuol dire che,

in questi venti anni, la dirigenza della Difesa non è riuscita ad avanzare, se non

forse che solo di qualche piccolo timido passo, nella direzione a suo tempo in-

dicata secondo i più con lungimiranza.

Forse alcuni non hanno voluto?

Occasioni perdute per riformare e modernizzare dall'interno la nostra Difesa,

con artefici principali i dirigenti e i vertici militari?

Responsabilità?

Riforma bloccata dalle resistenze interne al cambiamento, dall'incapacità di

aprirsi al nuovo che avanza, da un approccio burocratico di tutela esasperata

dell'interesse di pochi, di cordate a scapito del bene dell'Istituzione?

E' un Libro Bianco coraggioso, nel quale esce nella sua piena dimensione la

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

volontà del Ministro e del mondo politico di innovare in modo sostanziale e di

modernizzare realmente tutta la complessa macchina della Difesa.

Il suo modo pacato di porsi traspare nel testo ove non vi è alcuna parola di ac-

cusa o di denuncia, ma le direttive e le indicazioni che si addensano in ogni

paragrafo la dicono lunga su quali sono gli aspetti che il Ministro giudica oggi

non soddisfacenti o addirittura critici e dunque da riformare, rinnovare, tra-

sformare, modernizzare e via dicendo.

Ha previsto anche, giustamente, delle scadenze puntuali per l'attuazione del

progetto e delle sue direttive politiche.

Sembra che non si possa scappare, che lo vogliano o no le burocrazie!

Anche se non mancheranno come sempre mille scappatoie e altrettanti sotter-

fugi, pressioni lobbistiche esterne e interne, per frenare o fermare il progetto;

ora viene il bello e il Ministro dovrà tenere alta la guardia e procedere senza

pietà a verifiche continue.

Speriamo che non si veda costretta a far saltare anche qualche testa!

Il progetto per l'adeguamento delle Forze armate prevede una profonda trasfo-

mazione della risorsa umana. “Il personale è l'elemento essenziale per il suc-

cesso della trasformazione” sottolinea il Libro Bianco (ndr paragrafo 180) e

proprio sul tema del personale vengono sviluppate direttive puntuali e previ-

sioni di profonda riforma degli aspetti e delle normative che lo regolano.

Una riforma pesante, anche per la nuova cultura che dovrà connotare il perso-

nale militare, e radicale da definire nel dettaglio appena entro un anno, il 20

aprile 2016: una sfida!!

La revisione della governance, dell'Amministrazione della Difesa, dei metodi

di lavoro e la riforma della dirigenza sono elementi anch'essi essenziali del

progetto; dovranno essere ridotti i livelli gerarchici e la complessità organiz-

zativa, eliminati la frammentazione delle competenze e le duplicazioni.

Ci sarà una nuova dirigenza che sarà valutata e selezionata a livello interforze

da una commissione presieduta dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, con

attribuzione dei gradi generali solo per necessità di ricoprire precisi incarichi

(avanzamento a vacanza organica), con comprovata esperienza in incarichi di

comando e di staff interforze, contrattualizzata, che dovrà lavorare per obiettivi

e con verifica dei risultati. Tutte cose che oggi vanno in maniera assai diversa.

In un contesto di revisione del concetto organizzativo della Difesa per “funzioni

strategiche” (direzione politica, direzione strategico-militare, generazione e

preparazione delle forze, impiego delle forze, supporto alle forze) particolar-

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

mente incisiva è la previsione di riorganizzazione della Direzione politica, con

riduzione del personale e delle strutture di diretta dipendenza del Ministro, ri-

collocando attività secondarie in Enti amministrativi, ma incrementandone le

competenze in funzioni prioritarie di valenza politica, in modo da garantire al-

l'Autorità politica piena autonomia e adeguati strumenti di azione sia per le

funzioni di indirizzo che per la verifica dei risultati. In tale ambito, innovazione

di non poco conto è che Ministro e Sottosegretari avranno libertà di scelta sul

personale da inserire nella struttura. Attenzione però a non cadere, come pur-

troppo è spesso accaduto in passato, nell'errore del clientelismo, o di costruire

“cerchi magici” di yes-men, di millantatori o collaboratori poco capaci e tra-

sparenti; professionalità di assoluto valore, di lealtà e onestà, efficienti ed ef-

ficaci sono un must, pena la credibilità politica del Ministro stesso!

Un ultimo aspetto da evidenziare sono le pesanti sciabolate che il Libro dà al-

l'organizzazione, struttura e capacità delle Forze armate e del vertice che le

guida; il Capo di Stato Maggiore della Difesa, organo tecnico-militare di ver-

tice, sarà unico responsabile verso l'Autorità Politica per la generazione e pre-

parazione delle forze (3^ funzione), per l'impiego (4^ funzione), per il supporto

generale e logistico delle F.A. (5^ funzione). Dettagliatamente vengono indi-

cati, con compiti e funzioni, gli elementi di organizzazione che da lui dipen-

deranno; tra essi spiccano i Capi di Stato Maggiore di Forza armata

pesantemente ridimensionati alla sola funzione di generazione e preparazione

delle forze, una scelta ineludibile perché non potevano essere riservate ai Capi

di S.M. altre funzioni senza correre il rischio di consentire, come fino ad oggi

è accaduto, di congelare la riforma Andreatta!

Termini come trasparenza, efficacia, efficienza, economicità o i relativi agget-

tivi ricorrono ripetutamente nel testo. E non si può dunque che essere d'ac-

cordo, anzi convinti sostenitori del progetto, sicuramente se si fa parte delle

persone oneste intellettualmente che hanno a cuore il bene del nostro Paese,

della Difesa e delle Forze armate, essendo lontane da interessi di parte o di

parrocchia o di piccole componenti o addirittura personali.

E' dunque un Libro Bianco coraggioso, molto. Perché progetta e vuole dare al-

l'Italia una Difesa realmente più moderna, con obiettivi di efficienza ed effica-

cia verificabili, con una effettiva integrazione interforze, anche tra militari e

civili del Ministero, tra Forze armate e società civile. Una Difesa che dovrà

essere realmente espressione della volontà del popolo italiano, attuata dal Par-

lamento, dal Governo e dall'Autorità politica preposta al Dicastero.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Una visione aerospaziale militare indubbiamente sottende un certo numero di

problematiche d’ordine dottrinale e culturale. Eppure, il nuovo libro Bianco –

pur apprezzabile in termini di sforzo – non ne fa cenno, se non in mezza riga

di un certo paragrafo. Eppure, già oggi non si può più parlare del mezzo aereo

in modo separato dalla sua collocazione ambientale, che include ormai anche

lo Spazio, o dal loop del Comando e Controllo. E’ giocoforza allora parlare

più correttamente, piuttosto che di generici mezzi aerei, di “sistemi aerospa-

ziali”. Il concetto è forse un po’ ampio, ma sicuramente più confacente alle at-

tese che, oggi, proiettano al presente ciò che ancora ieri sembrava solo futuro.

I tempi ancora non consentono un discorso sereno e maturo, e la difficoltà di

procedere con la nuova ristrutturazione riduttiva – l’ennesima – è puntuale te-

stimonianza di una vision sfocata, ancora non condivisa. Dopo 100 anni i si-

stemi sono stati accettati, ma persiste la difficoltà di far accettare anche i sistemi

organizzati che servono a razionalizzarne l’impiego, ovvero le Aviazioni mili-

tari. Il discorso tocca perfino gli Usa, e l’Italia non ne è esente. Dico ciò con

cosciente serenità, dopo due remoti - ma completi - cicli di esperienza profes-

sionale interforze.

Credo che tutto ciò che abbiamo visto dalla prima guerra del Golfo in poi rap-

presenti una tendenza ormai consolidata almeno per i prossimi cinquant’anni,

con le sole correzioni – mai concettuali - apportate dal rinnovarsi delle possi-

bilità offerte dalla tecnologia. Sta venendo il momento in cui tutti i mezzi

“amici” dovranno potersi muovere e reciprocamente posizionarsi in una sorta

di “etere informato” globale, di cui è necessario avere la chiave di accesso. Chi

non farà parte del sistema sarà emarginato o dovrà accettare di essere confinato

a ruoli ancillari. Ormai il sistema aerospaziale militare globale, almeno in Oc-

cidente, ha superato la fase iniziale di “impianto” e sta perfezionandosi. Lo fa

– a qualcuno può dispiacere, ma è così - avendo come riferimento il sistema

aeronautico statunitense.

E’ bene chiarire subito il campo perché, non essendoci alternative credibili, è

meglio contribuire a un sistema amico occidentale piuttosto che contrapporvisi,

sprecando risorse per inventare autarchici surrogati, destinati all’isolamento.

Mario Arpino (*)

Uno sguardo al futuro

(*) Generale, già Capo di Stato Maggiore della Difesa.

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Osservatorio Strategico

Contribuire e’ possibile, perché quello statunitense è un sistema aperto dove

ciascuno, se osserva determinate regole, può aggiungere il contributo delle pro-

prie nicchie. E noi ne abbiamo più d’una. Qui mi limiterei, anche sulla base di

ciò che ho imparato nei miei ultimi dieci anni di attività “retribuita”, vivendo

a contatto con industrie italiane e straniere, a cercare di descrivere l’”ambiente”

in cui i mezzi “aerospaziali”, si muoveranno nei prossimi cinquant’anni.

Se consideriamo le risorse in campo occidentale assieme alla riluttanza “mili-

tare” europea, è abbastanza facile immaginare che l’ambiente operativo aero-

spaziale globale del futuro sarà, come si è già accennato, quello predisposto

dagli Stati Uniti, e per essi dall’Usaf, il cui interesse per le attività spaziali mi-

litari non è mai venuto meno. Ancora molti anni prima dell’11 settembre, il

generale Charles “Chuck” Horner, già responsabile di Desert Storm e poi Co-

mandante dell’ U.S. Space Command, scontento della lentezza dei ritorni in-telligence e della gestione dei mezzi satellitari, si poneva come obiettivo la

centralizzazione delle attività spaziali di interesse militare. Oggi, negli Stati

Uniti l’intero comando e controllo della parte strutturale di ogni operazione

aerospaziale è saldamente nelle mani dell’Usaf.

Con Obama anche la vision statunitense si è alquanto offuscata, ma, nei fatti,

l’impostazione concettuale del Pentagono ha proseguito in questa direzione.

D’altra parte, anche prima delle modifiche strutturali, e indipendentemente dal

fatto che si trattasse di attività civili o militari, il controllo del DoD sui vari

programmi è sempre stato molto stretto ed esercitato per lo più attraverso i ca-

nali dell’Usaf. Chiunque abbia assistito a un lancio di “shuttle” al Kennedy

Space Center o abbia semplicemente visitato il Johnson Space Center di Hou-

ston si sarà reso conto che tutti i sistemi di controllo aerospaziale sono sempli-

cemente di proprietà dell’Air Force,

Se vogliamo spendere ancora due parole sulla dottrina, appare evidente come

negli Usa lo Spazio militare – nuovo concetto di Milspace - cominci ad avere

un peso sempre maggiore, fino ad aver reso indispensabile la revisione dello

stesso concetto di Air Power, tanto da trasformarlo in quello assai più ampio

di Space Control. Con buona pace del vecchio trattato di Mosca sull’uso mili-

tare dello Spazio (che la Cina, ad esempio, non ha mai rispettato). Ho voluta-

mente insistito sullo scenario futuro, sulle strutture e sulla dottrina perché,

come sempre è avvenuto, tutto ciò – presumibilmente - finirà per diventare

anche patrimonio della Nato e, quindi, anche noi saremo tenuti, almeno per le

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

piccole aliquote che potremo permetterci, ad avere un minimo grado di “con-

nectivity” a tutto il sistema ed in ogni parte del mondo, pena l’esclusione.

Per quanto riguarda le prospettive future di impiego del mezzo aereo propria-

mente detto, Afghanistan e Libia ci hanno già anticipato qualcosa sia in termini

episodici, sia di sistema. Per esempio, esiste da sempre il problema dei bersagli

mobili. Il coordinamento in tempo reale tra il Comando centrale, il CAOC di

teatro, un JSTARS in volo, Predator, Global Hawk e caccia aero-tattici muniti

di Link 16, ha dimostrato che è possibile la neutralizzazione di bersagli mobili

ritenuti di alto valore tattico o strategico. Per bersagli più modesti, sono stati

dimostrati attacchi efficaci condotti da Predator armati, ricognitore “intelli-

gente” in grado di colpire anche tra le montagne. In Libia, essendo venuto a

mancare dopo pochi giorni il supporto intelligence Usa, l’attività di targetingè stata posta in serio imbarazzo.

Tutto vero, ma è anche vero che la tecnologia avanzerà ancora e che queste

capacità dovranno essere presenti in nuce in tutti gli inventari del futuro. Le

Aviazioni militari saranno diverse, ma continueranno ad esistere. Magari, come

abbiamo visto, con compiti, dottrine e responsabilità differenti, che non è detto

siano inferiori a quelle attuali. Oggi siamo (quasi) convinti che le grandi guerre

classiche non ci saranno più (sebbene la ripolarizzazione del mondo non ce lo

garantisca), surrogate da guerre economiche, dalla “lotta al terrorismo” e dalla

cyberwar (con lo Spazio, altra illustre assente nel Libro Bianco). Ciò, tuttavia,

non sposta il problema. A tutto questo dovremmo già cominciare a prepararci,

perché stiamo davvero transitando da un’epoca in cui il limite era la tecnologia

ad un’altra in cui, con sempre maggiore evidenza, il vero, serio, unico limite

potrebbe rimanere l’uomo. Nell’industria, i buoni manager sanno che perio-

dicamente è necessario “cambiare”. Cambiare core business, prodotti, look e

filosofia operativa. A volte, anche le alleanze. Va fatto subito, non appena si

avvertono nell’aria segni di stanchezza, o di inadeguatezza concettuale. Non

per cambiare identità, ma per riaffermarla. Anche le Aviazioni militari, vista

la tendenza, dovranno sforzarsi a farlo, senza rimanere abbarbicate a cose sug-

gestive che – esaurita la propria funzione - potrebbero in parte sparire tra qual-

che decennio. L’F-35 probabilmente rappresenta - nell’arco dei suoi

quarant’anni di vita dopo questi primi vagiti – l’ultimo anello della transizione

verso un’epoca nuova, capace di un rapporto privilegiato con lo Spazio. E’ da

lì che si giocherà la prossima partita, ed è lì che dovremmo pensare di trasferire

parte della nostra identità prima che tutto cambi senza di noi.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Il libro bianco della Difesa ha certo dato dispiaceri a molti, in primis a tutti co-

loro - e non sono pochi, anche all'interno delle Forze Armate - che contavano

sulla tranquillità di continuare con l'andazzo di ogni giorno. Ma molte critiche

vengono anche dall'esterno, ed una in particolare mi ha colpito: "chi l'ha scritto,

si dice, ha avuto l'ardire di analizzare la politica estera strategica del paese e

di identificare quelli che sono gli interessi nazionali, con ciò entrando a gamba

tesa in un giardinetto altrui", peccato che il padrone del giardinetto abbia

omesso di definire nel dettaglio questi interessi in tempi recenti, lasciando

quindi la Difesa priva degli elementi di base fondamentali per effettuare una

razionale pianificazione delle necessarie capacità e delle strutture e dei mezzi

utili a concretizzarle.

Ben venga dunque questa invasione di campo commessa dalla Difesa, che per-

metterà ai vertici decisionali e in primo luogo a quelli politici di valutare a ra-

gion veduta come rimodellare questo che è diventato uno degli strumenti

principali della politica estera del paese.

Facciamo dunque una fotografia istantanea dell'esistente e, tenendo conto dei

progetti già avviati, proviamo a verificarne l'adeguatezza alle esigenze deli-

neate e la coerenza con i livelli di ambizione di un paese che vuole essere uno

dei quattro grandi europei, insieme a Francia, Germania e Gran Bretagna (in

rigoroso ordine alfabetico).

Partendo dalle forze di terra non si può sfuggire a valutazioni di tipo numerico,

che peraltro dovranno essere accompagnate a meno grossolane considerazioni

circa la tipologia di mezzi e capacità. Dovendo contribuire in misura adeguata

alla difesa collettiva nel quadro dell'Alleanza Atlantica, e tenendo in debito

conto i recenti sviluppi della situazione strategica ai confini orientali della

NATO, non si potrà perseguire ulteriormente la tendenza a privilegiare forze

di tipo medio-leggero, idonee a scenari di peacekeeping in ambienti semi-per-

missivi, che peraltro continueranno ad essere necessarie, ma che dovranno es-

sere affiancate da capacità di tipo più robusto, incluse quelle corazzate, che

negli ultimi decenni non erano più considerate di moda.

Vincenzo Camporini (*)

“Adeguatezza dell’assetto e della tipologia delle nostre Forze Armatealle minacce attuali e prevedibilmente future?”

(*) Generale, già capo di Stato Maggiore della Difesa.

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Sono valutazioni che stanno facendo anche i nostri alleati, come ad esempio

la Bundeswehr, cui la Cancelliera Merkel ha ordinato di togliere dalla naftalina

un numero non irrilevante di Leopard a suo tempo colonizzati.

Sui numeri, poi, rammento che non molto tempo fa in sede di Consiglio Su-

premo della Difesa era stato indicato in 12500 il numero di militari che l'Italia

doveva essere in grado di proiettare e di sostenere 'fuori area'; da allora ne è

passata di acqua sotto i ponti: il mondo occidentale è passato attraverso una

disastrosa crisi economica, da cui forse abbiamo iniziato faticosamente ad

uscire; su proposta del ministro Ammiraglio Di Paola il Parlamento ha appro-

vato la legge 244, che in prospettiva ha ridotto gli effettivi delle Forze Armate,

ad esclusione dei Carabinieri, a 150.000 unità, che potrebbe apparire insuffi-

ciente a garantire il citato livello di ambizione, e lo sarebbe davvero se si man-

tenesse l'attuale rigida separazione tra le strutture, in particolare quelle

logistiche, formative e addestrative, delle tre componenti e se non si procedesse

ad una integrazione e a un radicale ridimensionamento della struttura territo-

riale, che, solo per l'Esercito assorbe migliaia di unità. Appare peraltro evidente

che più che al numero complessivo bisogna puntare a quello delle unità ope-

rative integrate, con le diverse specialità ed anche con il ridimensionamento

in atto non appare impossibile mantenere in essere dieci brigate, con la neces-

saria flessibilità di impiego, purché si proceda appunto ad una razionalizza-

zione delle strutture e degli schieramenti e venga garantita nel tempo non solo

l'adeguamento tecnologico dei mezzi e delle dotazioni e il loro mantenimento

in efficienza, ma anche e soprattutto la continuità addestrativa in un ambiente

non solo nazionale.

Il tema dell'interoperabilità con gli alleati e i partner nel quadro dell'Alleanza

Atlantica e dell'Unione Europea è assolutamente ineludibile: al momento la si-

tuazione può dirsi soddisfacente solo sul piano del personale, anche grazie alla

familiarità conseguente ad anni di lavoro insieme nei più diversi teatri operativi.

Al contrario sul piano dei materiali condividiamo con i nostri partner la fram-

mentazione del tessuto industriale europeo, che ha finora impedito una sana

standardizzazione dei mezzi: è un'area questa dove sono indispensabili sostan-

ziali progressi che dipendono in minima parte dalla volontà delle gerarchie mi-

litari e si tratta di una esigenza connessa nel breve con la necessità ineludibile

di operare nel contesto di coalizioni multinazionali, mentre in prospettiva co-

stituisce un prerequisito per una futura auspicabile (ma purtroppo non certo

prossima) integrazione in un quadro europeo.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Al riguardo, nello sviluppo di metaprogrammi come Forza NEC l'aspetto della

integrabilità e della interoperabilità dovrà essere considerato come assoluta-

mente prioritario.

Le considerazioni fin qui fatte evidenziano come al momento le capacità di-

sponibili, pur se qualitativamente soddisfacenti, risentono in modo inaccettabile

della indisponibilità, per certi versi drammatica, di un minimo adeguato di ri-

sorse finanziarie certe per addestramento e manutenzione, talché solo una parte

delle unità teoricamente disponibili sono in realtà davvero pronte per l'impiego,

allontanando di molto l'obiettivo numerico precedentemente citato.

Ed è purtroppo questa una condizione assolutamente condivisa con le altre

componenti dello strumento militare. L'efficienza dei mezzi si situa su livelli

francamente inaccettabili, anche se apparentemente le funzioni quotidiane ven-

gono svolte in modo soddisfacente, ma le ore di moto delle unità della nostra

flotta, così come le ore di volo della nostra Aeronautica hanno subito negli ul-

timi anni un drastico calo e se non c'è stato un vero e proprio crollo lo si deve

alla disponibilità contingente, ma non mai garantita, delle risorse finanziarie

addizionali approvate per la partecipazione alle diverse missioni fuori area in

cui ci troviamo impegnati; ma questo meccanismo genera effetti perversi nel

senso che le scarse disponibilità vengono giustamente concentrate sulle unità

e sui mezzi di immediato impiego, con il risultato che gli altri vengono per

così dire "tenuti a dieta", con pesanti penalizzazioni per l'efficienza comples-

siva: in altre parole i numeri ci sono, ma sulla loro reale utilizzabilità è lecito

nutrire dei dubbi: gli equipaggi delle navi, gli equipaggi di volo devono essere

tenuti costantemente allenati per garantire una effettiva "combat readiness",

in caso contrario ci si può fare davvero molto male. Purtroppo le proiezioni di

bilancio per i prossimi anni che sono state rese note non consentono ottimismi,

al contrario non è così lontana dalla realtà una progressiva atrofizzazione delle

capacità così faticosamente e sapientemente costruite nel tempo .

E sarebbe un vero spreco, perché nel tempo anche Marina e Aeronautica hanno

progressivamente acquisito un insieme di capacità articolato e completo, per

quanto possibile ad una media potenza come la nostra e, in linea teorica ed

entro i limiti delle nostre dimensioni, sono in condizione di fornire un valido

e talvolta unico contributo in tutto lo spettro operativo, a volte più e meglio di

paesi ben più blasonati: al contrario della Gran Bretagna noi siamo in grado di

attuare una proiezione di forza dal mare, grazie a Nave Cavour e ai suoi AV8-

B, al contrario della Francia noi siamo in grado di effettuare missioni antira-

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

diazione, grazie ai Tornado ECR e ai loro missili Harm, solo per citare due

esempi. Ma se per mancanza di fondi non manteniamo un adeguato livello ad-

destrativo, se rallentiamo i cicli manutentivi, la reale disponibilità di tali capa-

cità rischia concretamente di scendere al di sotto della massa critica e di

diventare puramente simbolica.

Il numero dei mezzi in dotazione può dirsi sufficiente, in particolare la Marina

con il programma di costruzioni recentemente approvato dal Governo e dal

Parlamento si presenterà in un futuro non lontano come la migliore e più mo-

derna forza navale del Mediterraneo e potrà degnamente confrontarsi con la

flotta britannica e per quanto attiene alla ormai stucchevole questione F35

(che con buona pace di tutti i detrattori sta entrando in servizio attivo con i

Marines), se avremo la saggezza di unificare la gestione della flotta invece di

cedere a tentazioni campanilistiche, il numero di 90 potrà essere considerato

sufficiente, anche se senza margini.

In conclusione, se il Governo acquisirà piena consapevolezza che avere mezzi

moderni per tenerli immobilizzati nei piazzali delle caserme e degli aeroporti

o ormeggiati ai moli costituisce uno spreco delittuoso e che quindi è necessario

assicurare anno per anno le risorse per l'esercizio, al termine del processo di

razionalizzazione avviato con il libro bianco, avremo un dispositivo adeguato

ad integrarsi con quelli dei paesi alleati per il supporto alla politica estera, che

sia quella nazionale o, sperabilmente, quella comune dell'Unione Europea.

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Premessa

Le valutazioni formulate e le considerazioni di conseguenza sviluppate sono

essenzialmente riferibili alla componente Aeronautica Militare del “Sistema

Forze Armate” anche se, in molti dei loro aspetti, hanno anche una solida va-

lidità interforze.

Il documento è necessariamente essenziale nello sviluppo anche perché un più

ampio approfondimento di molti dei temi trattati richiederebbe spazi e tempi

molto maggiori; il tentativo qui esperito è stato quello di premiare la sinteticità

pur nella pregnanza di concetti che, comunque, si ritiene siano espressi in forma

esaustiva.

Sviluppo del documento

Di seguito viene tratteggiato lo schema logico di sviluppo del documento al

fine di renderne evidenti tanto il procedimento metodologico seguito quanto

la consequenzialità delle argomentazioni formulate:

• analisi sintetica, in chiave aeronautica, delle possibili minacce (convenzio-

nale/tradizionale, nucleare, asimmetrica - terroristica e/o di insurgents, cyber,

biologica o chimica o nucleare) riferite sia al territorio nazionale sia ad even-

tuali teatri operativi al di fuori dei confini nazionali, nell’ambito di coalizioni

internazionali o di operazioni solo nazionali;

• individuazione delle lessons learned nelle più recenti operazioni aeronautiche

(Afghanistan e Campagna di Libia);

• esame, parametrato sulle predette lessons learned e su alcuni contenuti del

“Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa” (ediz. 2015), in ter-

mini di adeguatezza ed efficacia di alcune strutture Interforze ed AM; di taluni

processi di decision making e di procedure di comando e controllo; di alcuni

mezzi e sistemi d’arma; dell’addestramento e dell’adeguatezza alla missione

degli uomini dell’A.M.; dell’inadeguatezza delle norme sul personale; del ri-

schio intrinseco al “miraggio di una difesa comune europea” in nome della

quale realizzare sostanziose economie di bilancio senza castigare l’operatività

dello strumento militare.

Tiziano Tosi (*)

Aspetti relativi alla componente Aeronautica Militare

(*) Generale di Squadra Aerea, già Comandante delle Squadra Aerea

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Analisi della minaccia

HOME LAND DEFENCEConsiderando la posizione geografica dell’Italia e l’attuale estensione e pro-

fondità della “cintura” di paesi alleati o di partnership che la circonda, una mi-

naccia convenzionale e tradizionale al nostro territorio nazionale, in termini di

attacco aereo da parte di una Forza Aerea contrapposta, appare abbastanza ana-

cronistico ed improbabile. Solo qualche paese della fascia rivierasca del con-

tinente africano, in un momento di totale instabilità, potrebbe esprimere una

certa flebile minaccia aerea ma la generalizzata vetustà ed inefficienza dei

mezzi in dotazione (Egitto escluso), la poca capacità tecnica del supporto di

terra e lo scarso addestramento degli equipaggi possono far pensare, nella peg-

giore delle ipotesi, a qualche missione di velivoli isolati al cui contrasto baste-

ranno assolutamente le forze della Difesa Aerea così come schierate ed

equipaggiate già da oggi.

Non sembra realisticamente configurabile, al momento ma anche per un futuro

abbastanza lontano, alcuna offesa aerea portata con armamento non conven-

zionale (= nucleare, biologico o chimico) vuoi per la oggettiva difficoltà a ma-

neggiare con proprietà ed efficacia la componente attiva di tale tipologia di

armamenti vuoi per la loro non comunissima disponibilità in efficienza.

Quella che invece appare essere concreta - e che già da tempo è considerata in

specifici piani di contrasto - è la minaccia asimmetrica e non convenzionale

costituita sia da velivoli commerciali dirottati da elementi terroristici sia da

vettori “slow mover”, questi ultimi con significative quantità di esplosivo a

bordo, decollati da avio superfici od aeroporti minori e destinati ad azioni,

anche suicide, su obiettivi di grande visibilità e risonanza.

Se la minaccia dei dirottamenti può essere considerata “continua” e perciò

viene contrastata con misure di sicurezza e prevenzione a terra, quella degli

“slow mover” (a meno di azioni estemporanee di fanatismo di singoli per le

quali sono ben poche le possibilità di contrasto efficace) è un tipo di minaccia

che si concretizza in circostanze ben definite (momenti di crisi molto acute,

grandi eventi, ecc.) durante le quali è già previsto vengano attivati dispositivi

di protezione e contrasto specifici e dedicati.

L’ultimo grido in termini di minaccia aerea asimmetrica sono i droni di pic-

cole-medie dimensioni capaci di un pay-load non eccezionale ma che possono

essere usati con grande impatto mediatico su grandi assembramenti di persone:

qui il contrasto è possibile solo con strumenti tradizionali come l’intelligence

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

preventiva oppure con il disturbo elettronico sulle bande di frequenza dei si-

stemi di radiocomando o con lo schieramento di tiratori scelti per la soppres-

sione fisica del drone prima del suo arrivo sulla verticale del target, ecc..

La cyber threat nel settore della home land defence non presenta specificità

aeronautiche particolari. Va invece sottolineato come la capacità di lavorare in

data link ed in network dei velivoli di ultima generazione consente una signi-

ficativa resilienza all’offesa cibernetica, resilienza che sarà ancora maggiore

con l’acquisizione di vettori della prossima generazione.

MISSIONI AL DI FUORI DEI CONFINI NAZIONALI (in coalizione o singlenation)

Va precisato anzitutto che, fino ad oggi, le missioni fuori dai confini nazionali

effettuate dalle Forze Armate italiane si sono sempre svolte in coalizioni di più

stati nonché sotto l’egida o con la legittimazione di organismi internazionali.

Peraltro, ai fini della valutazione qualitativa delle possibili minacce, l’essere

in teatro operativo come membro di una coalizione o come nazione singola

non comporta significative differenze.

Contemporaneamente in tutti i teatri in cui fino ad oggi si è operato, ci si è

sempre trovati in condizioni di air superiority quando non di air supremacy in

quanto le “forze contrapposte” o non possedevano alcuna capacità di air powero le campagne preventive di soppressione delle difese aeree (SEAD) avevano

raggiunto pienamente il loro obiettivo di inabilitazione.

L’unica minaccia alle operazioni aeree delle forze delle varie coalizioni è stata,

in tutti i teatri, la presenza di armamenti anti-aerei (difesa d’area con batterie

fisse di missili superficie-aria; difese di punto con batterie mobili, missili manportable, artiglierie radar asservite o convenzionali). Contro questo tipo di mi-

nacce le attuali difese (missili antiradiazioni, contromisure elettroniche, auto

protezione con chaff e flares, tattiche di impiego) sono risultate sempre molto

efficaci e risolutive.

Minacce non convenzionali (biologiche e chimiche) non sono mai state speri-

mentate proprio per la difficoltà intrinseca, da parte di forze non organizzate

ed addestrate, nella gestione degli specifici armamenti e nel loro uso (costitu-

iscono concrete indicazioni, in proposito, tanto gli episodi durante “Desert

Storm” in Iraq quanto i più recenti episodi in Siria).

Una minaccia sempre presente e concretizzatasi contro gli elementi di stanzial-

ità delle forze aeree (basi, piste di volo, depositi munizioni e carburante, ecc.)

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

è stata quella costituita da azioni terroristiche e/o di guerriglia urbana e non, il

cui contrasto, oltre a rifarsi ai mezzi ed alle tecniche comuni a tutte le FF.AA.

ed alle forze di sicurezza che operano “boots on the ground”, può avvalersi del

supporto ravvicinato di immagini (foto e video in tempo reale) e di fuoco forniti

dalla componente aerea (velivoli pilotati e non).

LESSONS LEARNED (operazioni in Afghanistan e Libia)

AFGHANISTAN (ISAF – International Security Assistance Force)

Lineamenti generali

● 11 anni di operazioni in teatro a connotazione aeroterrestre con impiego di

forze ed armamenti convenzionali; effettuate quasi 30.000 ore di volo; perso-

nale avvicendatosi in teatro: circa 13.000 unità;

● componenti aeree schierate: velivoli aerotattici pilotati (PA200 ed AMX),

velivoli non pilotati (Predator A e B), velivoli da trasporto strategico (C130J e

Boeing 737) e tattico intra-teatro (C27J); vettori per forze speciali e guerra

elettronica (C27J special ops e JEDI – disturbatore comunicazioni); elicotteri

(AB212);

● tipi di missioni volate: ricognizione, attacco al suolo, supporto ravvicinato a

fuoco e con immagini video alle truppe della coalizione; avio rifornimento;

aviolancio; aviosbarco forze speciali; interdizione elettronica alle comunica-

zioni; trasporti tattici e strategici; COMBAT SAR;

● protezione della base di Herat con fucilieri AM; nuclei di Forze Speciali as-

segnati alla TF 45;

● addestramento di componenti di personale dell’aeronautica militare afghana

come piloti, specialisti di volo e di manutenzione, controllori traffico aereo,

gestione servizi di emergenza e logistica generale aeroportuale.

Lezioni imparate

Il “campione” in esame ha caratteristiche di ampiezza e durata tali da renderlo

idoneo alla individuazione ed apprendimento di alcune lezioni:

● l’indiscutibile efficacia delle operazioni condotte sia in volo che a terra è

stata sempre strettamente connessa alla validità delle informazioni intelligence

rese disponibili a chi doveva operare; in questo senso è stata determinante la

meritoria attività ed il massimo utilizzo della Divisione Intelligence di RC Westche ha operato come un vero Fusion Center integrando fra loro e rendendo

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facilmente fruibili tutte le informazioni che affluivano dai vari “sensori” umani,

tecnologici, di analisi, ecc.; informazioni raccolte nei mercati zonali e nelle

moschee si sono rivelate fondamentali, ad esempio, per sospendere le oper-

azioni di detonazione indotta di IED (Improvised Explosive Device) - azioni

effettuabili con il JEDI - a causa del rischio di possibili danni collaterali;

● la configurazione “omologa” delle strutture dei vari comandi e la con-

seguente facilità di comunicazione fra i vari elementi di organizzazione ha reso

sempre facile la chiarezza dei rapporti e dell’interlocuzione consentendo ra-

pidità di comunicazione, unicità di intenti nonchè l’azione integrata joint e

combined delle componenti dei vari services impegnati (spessissimo i vettori

non pilotati ed i velivoli hanno operato in supporto a forze di altre nazioni ope-

ranti sul territorio afghano in aree al di fuori della giurisdizione di RC West);● spesso è risultata vitale l’azione delle forze speciali nelle loro attività di sco-

perta, sorveglianza e neutralizzazione di elementi leader dei guerriglieri nonché

nel fiancheggiamento asimmetrico delle operazioni sul terreno; quasi sempre

è avvenuto il supporto, diurno e notturno, di monitoraggio d’area o di obiettivi

puntiformi (sia fissi che mobili) fatto con i vettori a pilotaggio remoto;

● il problema di evitare al massimo i cosiddetti “danni collaterali” ha vincolato

all’impiego di solo armamento guidato ed ha insegnato che in ambiente urbano,

e talvolta anche in aree non urbane, l’uso di armamento di lancio o di caduta

di grosse dimensioni e peso è poco efficace ed anzi controproducente; l’inter-

vento di droni armati con piccoli missili a carica esplosiva ridotta a pochi kg,

spesso è la rapida ed efficace risoluzione sia di situazioni di grave rischio per

truppe di terra sia di azioni terroristiche di posizionamento di ordigni IED;

● nell’ambito delle azioni terroristiche poste in atto nel teatro afghano, mano

a mano che procedeva con successo l’addestramento delle forze locali ed il

loro coinvolgimento in attività operative, è risultato crescere in proporzione

anche il fenomeno del fuoco “green against blue” conseguenza di azioni di in-

timidazione e ricatto nei confronti di militari afghani operate anche con mi-

naccia o rapimento di loro familiari;

● nel rispetto dei dettami del NATO comprehensive approach ci sono stati ot-

timi risultati nei rapporti con le autorità e le popolazioni locali grazie all’azione

del PRT (Provincial Reconstruction Team) di Herat e la Divisione di RC Westdedicata alla Stability;● di fondamentale importanza è risultato il sostegno logistico diretto alle op-

erazioni, fornito con grande impegno e non senza difficoltà data la distanza

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dall’Italia del teatro operativo; fattore vincente è stato il riuscire a mantenere

sempre uno stretto e diretto contatto fra operativi e logistici così che si è con-

solidata una perfetta conoscenza delle esigenze operative ma anche una piena

consapevolezza delle concrete possibilità logistiche.

CAMPAGNA DI LIBIA (Odissey Dawn e Unified Protector)

Lineamenti Generali

● 32 settimane di operazioni in teatro a connotazione aeronavale per la coa-

lizione (impiego di navi e velivoli); le forze di terra erano costituite dalle for-

mazioni di insorti contro il regime;

● 18 nazioni in coalizione, di esse 4 non NATO; oltre 200 velivoli stranieri

impegnati con più di 2000 uomini schierati nelle basi AM e che hanno fruito

del supporto generale e specifico fornito dall’AM;

● componente AM: velivoli aerotattici (Eurofighters, F 16, PA 200, AMX), ve-

livoli non pilotati (Predator B), velivoli tanker (KC130J e Boeing KC 767),

velivoli da trasporto (C130J e C 27J), velivolo SIGINT (G222VS), elicotteri

(HH3F); 4800 uomini impiegati continuativamente nelle basi coinvolte;

● tipo di missioni volate: difesa aerea (CAP di controllo della no-flight zone),

SEAD, RECCE (con velivoli pilotati e non), OCA (Offensive Counter Air), ri-

fornimenti in volo, trasporto uomini, materiali e munizionamenti; COMBATSAR;● armamenti utilizzati: solo missili e bombe con guida di precisione

(laser/GPS/inerziale) per minimizzare il rischio di eventuali danni collaterali;

● attrezzature elettroniche di sorveglianza di obiettivi sensibili utilizzate da

componenti di fucilieri ed incursori AM in attività di sorveglianza anti terro-

rismo delle basi aeree AM.

Lezioni imparate

Anche il “campione” qui in esame ha caratteristiche di validità per l’intensità

delle operazioni (circa 250 sortite giornaliere) condotte in tutto l’arco delle 24

h da forze aeree di 18 nazioni sotto un unico comando joint e combined costi-

tuito ad hoc e che ha gestito i sottoposti Comandi di Componente Navale ed

Aerea.

● Intelligence operativo: le informazioni rese disponibili dalla catena “I” in-

terforze sono risultate generalmente insufficienti e poco aggiornate; fino al mo-

mento dell’inizio delle operazioni di volo le richieste di informazioni inerenti

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la Libia non sono state soddisfatte; non è stato possibile, quindi, formulare un

prudent planning degno di affidabilità; successivamente le informazioni sulla

scorta delle quali si è operato provenivano prevalentemente dalla catena dei

paesi “willing” durante Odissey Dawn (OD) e dalla catena NATO durante Uni-fied Protector (UP); non è stato inoltre possibile fornire nessuna target list na-

zionale (obiettivi di interesse da battere ed obiettivi di interesse da preservare)

alla Divisione incaricata del Targeting presso il Comando U.P. di Bagnoli;

● la efficace suddivisione delle competenze, frutto di facilità di comunicazione

e di chiarezza dei compiti, ha consentito uno sviluppo armonico delle opera-

zioni ed una loro valida finalizzazione con un positivo ed equilibrato senso

dell’urgenza; in aggiunta, lo strettissimo link creatosi fra il Comando dell’Ope-

razione ed i Comandanti di Componente Navy ed Air, il dialogo in tempo reale

e la condivisione effettiva dei vari processi decisionali, pur nel rispetto delle

deleghe di autorità e delle competenze di ognuno, sono stati i driving factorsdi un vero spirito joint e combined; quando ad esso si è sommato il reale coor-

dinamento fra le missioni della campagna aero-navale e le operazioni dei

gruppi armati di terra (grazie anche all’attività di net-working dei consiglieri

verosimilmente affiancatisi ai leader degli insorti) i risultati sono diventati sem-

pre più conclusivi;

● la concomitanza fra l’esigenza di contenere al minimo possibile eventuali

danni collaterali e la mancanza di armamento di lancio/caduta di piccolo peso,

e come tale idoneo all’uso in ambiente urbano, ha imposto la non accettazione

di un certo tipo di target da parte del Red Card Holder nazionale;

● le missioni, sia diurne che notturne, volate con vettori non pilotati in attività

di controllo d’area ma anche di sorveglianza di “obiettivi puntiformi”, sia statici

che mobili, hanno dimostrato la estrema validità di questo tipo di impiego non-

ché la sua possibile utilizzazione anche in azioni di contrasto ad attività terro-

ristiche e malavitose in genere; la futura dotazione di armamento adeguato

consentirà una ancor più pronunciata efficacia del sistema d’arma data la pos-

sibile strettissima consequenzialità fra la scoperta e l’identificazione del target

con la sua neutralizzazione;

● il rischio, reale anche se mai particolarmente accentuato, di azioni terroristi-

che contro le installazioni delle basi aeree coinvolte nelle operazioni, è stato

controllato grazie alle informazioni intelligence ricevute ed alla sorveglianza

e protezione dei punti più sensibili effettuata con specifiche attrezzature tec-

nologiche e con unità particolarmente addestrate alla loro utilizzazione ed al-

l’eventuale contrasto dinamico dell’azione terroristica;

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● la paventata utilizzazione della “bomba demografica” non è mai stata sotto-

valutata e sono state raccolte informazioni e documentazioni dei punti di rac-

colta dei migranti e dei porti dai cui moli potevano salpare i barconi;

● il considerevole numero e la diversa tipologia degli assetti schierati dalle na-

zioni della coalizione sulle basi A.M., uniti alla quantità delle missioni gior-

nalmente volate (circa 250), hanno comportato uno sforzo logistico di notevole

entità completamente a carico dell’Aeronautica Militare. La bontà e la conti-

nuità del supporto fornito agli alleati è stato riconosciuto con unanimi e con-

crete attestazioni ma, soprattutto, è risultato oggettivamente riscontrabile

nell’esiguo numero delle sortite (meno di dieci) non effettuate per problemi

imputabili a carenze del sostegno logistico fornito.

Adeguatezza Forze Armate

STRUTTURE

Catena Intelligence operativo

La genesi di una certa serie delle attuali inadeguatezze non risiede solo in prob-

lemi organizzativi né tramite adeguamenti delle strutture è pensabile di trovare

tutti i rimedi: è certamente anche un problema di risorse umane e finanziarie

dedicate. Tuttavia non agevola il fatto che il Centro Intelligence Interforze, che

dovrebbe essere assolutamente e prioritariamente orientato all’Intelligence op-

erativo, dipenda da un organo di Staff del CHOD, con tutto ciò che organizza-

tivamente e di quotidiano ne deriva.

Teoria organizzativa ed esperienza operativa praticata vorrebbero, infatti, che

le attività del Centro fossero parte essenziale delle attività del Comando Oper-

ativo Interforze fin dal tempo di pace così da mettere a disposizione del Co-

mando stesso, ed a cascata dei Comandi di Componente - giusto quanto accade

nelle strutture di altri Paesi e dei Comandi NATO – tutte le notizie e le infor-

mazioni generali e di specifico dettaglio che consentano la pianificazione, pru-

dente ma in tempi debitamente anticipati, di tutto il ventaglio delle possibili

operazioni. Ci sono innumerevoli attività che richiedono analisi e preparazioni

molto lunghe e complesse; di certo esse non possono venire compresse nelle

tempistiche spesso ridottissime dei momenti di crisi (alcuni esempi: la dovizia

ed accuratezza delle informazioni necessarie per redigere le “librerie” dei sis-

temi di autoprotezione o di utilizzo armamenti dei velivoli moderni; la necessità

di disporre di foto satellitari e di mappe digitali dei possibili obiettivi di una

campagna aerea; la necessità di supportare con informazioni fruibili le missioni

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umanitarie di soccorso ed evacuazione da territori stranieri di connazionali o

civili in genere nei momenti che immediatamente precedono o che coincidono

con l’inizio della crisi/emergenza, ecc.). Tutte queste esigenze hanno

un’altissima valenza ed un’altrettanto altissima priorità anche se, per loro

natura e complessità, devono entrare in logiche e programmi di lavoro quoti-

diano e parcellizzato a garanzia della certezza della loro assoluta affidabilità.

Questo lavoro di preparazione e di pianificazione “anticipata” costituisce la

base imprescindibile per le pianificazioni generali interforze e di singola com-

ponente che poi daranno vita alle pianificazioni operative di dettaglio nella im-

minenza e durante la crisi. Ciò che è in discussione non è certamente la

indubbia professionalità degli addetti ai lavori; è invece proprio l’organiz-

zazione attuale che fa mancare l’incipit di tutto il processo appena descritto e

tutti i tentativi di soddisfare comunque le esigenze hanno il peccato originale

di essere comunque dei surrogati. Senza questa decisa connotazione operativa

ed interforze, è molto difficile pensare ad un’organizzazione intelligence che

garantisca quel “global security environment” già perseguito nelle operazioni

NATO e di cui sono prima espressione quegli “intelligence fusion center” strut-

turalmente presenti negli HQs NATO e nei Comandi Operativi che già hanno

concretamente operato e che, proprio per questo, vantano strutture “combatproven”.

Se è vero che anche nel Libro Bianco Difesa - 2015 l’esigenza di un’efficace

organizzazione dell’Intelligence Operativo è sottolineata come una impre-

scindibile necessità per conseguire capacità ed efficacia di azione, è altrettanto

vero che nulla viene indicato, in concreto, circa le linee, le modalità ed i tempi

di un cambiamento di strutture, di una ridefinizione delle competenze e delle

modalità di funzionamento necessarie a rimediare, sovvertendola, all’attuale

situazione di pesante deficit funzionale e di oggettiva pochezza delle infor-

mazioni fornite ai Comandanti Operativi.

Comando Operativo Interforze (COI)

Da ormai quasi due lustri, e cioè fin dal primo momento della sua costituzione,

la struttura organizzativa, il ruolo ed i compiti assegnati nonchè le metodologie

di lavoro del COI sono oggetto di esame, discussione e proposte di variante.

Va anche detto che l’assetto odierno è comunque il frutto di numerosi interventi

di riorganizzazione e modifica, molti dei quali conseguenti ad esperienze fatte

e problematiche sofferte in operazioni internazionali che hanno messo a nudo

talune insufficienze od inadeguatezze.

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Osservatorio Strategico

Non è certo un problema di uomini e di professionalità, visto che in tantissime

circostanze proprio l’esperienza e la valentia degli addetti ai lavori, a tutti i li-

velli, ha potuto supplire alle carenze strutturali e di funzionamento. Sono so-

stanzialmente tre i punti cardine in cui si concreta l’inadeguatezza attuale del

COI: il primo è la variabilità e la pochezza dell’autorità conferita permanente-

mente o su delega al COMCOI in termini di Comando e Controllo sulle ope-

razioni in atto; il secondo è la non imposizione concettuale di una metodologia

di lavoro che sia trasversale alle singole FF.AA e che matricialmente interessi

gli elementi specialistici più preparati ed esperti nella pianificazione e nella

condotta di operazioni joint e combined; il terzo è l’assenza di un posto e di un

ruolo, internamente al COI, dei Comandanti di Componente (Army, Navy, Air,

Special OPS) che invece dovrebbero essere organici al COI stesso e parte viva

del combat staff del COMCOI.

In termini di comando e controllo delle operazioni dentro e fuori dai confini

nazionali, in funzione delle deleghe operate dal CINC Difesa verso il COM-

COI, sono questi i ruoli ipotizzati: COI = Staff operativo del CINC che detiene

il comando ed il controllo operativo; COMCOI esercita il Controllo Operativo

delle forze dedicate ad un’operazione nazionale (COMCOI = COMINFOR);

Comando (?) di Operazioni internazionali a leadership italiana. Essi si infor-

mano ad una filosofia di comando e controllo delle forze che prevede l’uso di

deleghe solo nelle fattispecie meno probabili e/o meno significative; questa

scelta operata in senso molto verticistico e che attribuisce al COMCOI un ruolo

di grande subordine è in netta antitesi con quanto avviene per i Comandanti di

Heaquarters Nato, UK e USA che sono esplicitamente tributari (e non solo su

delega) di autorità molto ben definite (ai JFCs della catena NATO è attribuita

la responsabilità della “… preparazione, pianificazione e condotta di operazioni

militari …”; nelle UK Armed Forces, al Chief of Joint OPS, quale Capo del

Permanent Joint Headquarters -PJHQs, è attribuito addirittura l’esercizio del

“operational command” delle forze assegnate “overseas” in operazioni joint ecombined).

Ma anche in un ambiente di deleghe minimali, come quello del COI, la pre-

senza di elementi joint sarebbe indispensabile per preparare e pianificare con

realismo e competenza operazioni interforze; ciò in quanto sono gli elementi

di ciascun comando di componente a conoscere nel dettaglio capacità, limiti,

impiegabilità dei vari sistemi d’arma ed alla loro competenza va demandata la

formulazione delle pianificazioni generali e dei piani operativi di dettaglio.

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Nelle linee di funzionamento concettuale del citato PJHQ è scritto che essendo

un comando “tri-services” il metodo di lavoro è quello dei gruppi multidisci-

plinari che sono estratti matricialmente dai comandi di componente (“… mul-tidisciplinary groups which are drawn from across Headquarters…”).

Il COI oggi non solo non beneficia della istituzionalizzazione di queste meto-

dologie di lavoro ma l’attività dei Comandi di Componente, sia per le pianifi-

cazioni che per il monitoraggio delle operazioni è surrogata da dei “LiaisonOfficers” che non sono organici al Comando stesso ed hanno una funzione di

raccordo-coordinamento a richiesta o on-condition.

E’ vero che in alcuni paragrafi del recente Libro Bianco si pone il dovuto ac-

cento sulla necessità di un cambiamento radicale del COI ma, ancora una volta,

alcune particolarità lasciano perplessi: la figura del COMCOI lascia il posto a

quella di un Vice Capo di Stato Maggiore della Difesa per le Operazioni; que-

sti, anche se viene indicato come responsabile della pianificazione operativa e

dell’impiego delle forze in operazioni, rimane pur sempre incardinato e co-

stretto in una posizione di Vice del “Comandante in Capo” dell’impiego delle

forze che si “avvale” del suo operato: resta legittimo il dubbio che sia rimasta

inalterata la vecchia filosofia verticistica e che l’esercizio del comando sarà

ancora una volta una prerogativa non connaturata all’incarico bensì concessa

on condition e solo su delega. Il Vice Capo di SM per le Operazioni si avvarrà

dei Comandi Operativi esistenti come Comandi di Componente che, a loro

volta, manterranno un “collegamento funzionale” con i rispettivi Capi di S.M.

di F.A.. Certamente il Libro Bianco non era la sede per definire rapporti e di-

pendenze ma di sicuro ciò che viene tratteggiato nel paragrafo 202 non ha il

pregio della chiarezza e della univocità di interpretazione in un settore della

massima delicatezza ed importanza quale è quello del comando ed impiego

delle forze.

Una riflessione comunque si impone: nel tradurre in atti concreti la riorganiz-

zazione del COI sarà determinante avvalersi a pieno delle esperienze già ma-

turate da altri ed ispirarsi a strutture, processi e modalità di funzionamento

ampiamente collaudati, che hanno il non trascurabile pregio di essere “combat

proven” e, come tali, di essere stati ottimizzati sulla scorta dei risultati conse-

guiti.

Un’ultima osservazione riguarda la competenza e la capacità dei Comandi a

svolgere le attività di pianificazione e di gestione delle operazioni. In ambito

NATO vige la regola della certificazione (l’idoneità alle proprie funzioni di

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

Reparti e Comandi viene valutata da team NATO secondo procedure standard

che vincolantemente precedono la clearance ad operare; il JFACC AM – JointForces Air Component Command – sarà certificato quest’anno); il superamento

delle procedure di certificazione e quindi l’idoneità a svolgere mansioni di co-

mando joint e combined è il risultato di attività di addestramento lungo e spe-

cifico che coinvolge quadri e dirigenti, anche nel grado di Generale, in

esercitazioni anche live (le operazioni belliche, rapide e complesse così come

sono oggi, presuppongono esperienza e competenza maturate in concreto).

Anche il COI, se vorrà essere comando di operazioni multinazionali, dovrà es-

sere certificato nonché risultare sommatoria di comandi di componente validati

NATO.

Strutture “orientate”

Tanto al summit NATO di Lisbona (Nov 2010) che a quello di Chicago (Mag

2012) è stata ribadita l’efficacia e quindi la necessità di gestire le crisi secondo

un comprehensive approach che coinvolga assetti e strumenti politici, civili e

militari nel comune sforzo di contribuire alla gestione dell’emergenza, alla sta-

bilizzazione della crisi ed alla ricostruzione post conflict. Da allora tutti Co-

mandi NATO hanno avuto elementi di organizzazione dedicati a queste

importantissime ed innovative funzioni. Per il nostro paese dovrebbe essere

imperativo muoversi attivamente ed essere paladini di innovazione su queste

problematiche, vista la particolare e naturale propensione dei nostri uomini a

svolgere questo tipo di ruolo (sono stati giudicati “straordinari” i risultati con-

seguiti ad Herat dal PRT e dalla Stability Division di RC West) ma considerata

anche la nostra collocazione geografica al centro del mediterraneo, area atavi-

camente attraversata da profonde crisi anche militari. Questa è un’esigenza

estremamente concreta dal momento che numerosi dei teatri di crisi degli ul-

timi 20 anni ci hanno interessato molto da vicino ed anche oggi, come nel

prossimo futuro, ci piaccia o no, saremo in prima linea. L’attenzione continua

a questo genere di problematiche genera conoscenze e competenze complesse

e lunghe da conseguire ma che sono l’unico presupposto per azioni efficaci a

favore delle popolazioni e dell’economia del paese teatro delle operazioni.

Contrariamente a quanto esiste ed opera in altre nazioni, nel nostro Paese

purtroppo non ci sono, al momento, unità organizzative, degne di questo nome

e che siano formalmente costituite in maniera permanente, nelle quali con-

fluiscano rappresentanti ed operatori di vari Dicasteri, Enti ed Organizzazioni

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

e che abbiano capacità di sostanziare l’approccio omnicomprensivo alle crisi.

In materia di strutture orientate, è interessante affrontare il tema della indivi-

duazione e della validazione delle liste degli obiettivi possibili di una eventuale

campagna aerea. Nello specifico: la NATO dedica un’intera direttiva al pro-

cesso di targeting (è la “Allied Joint Doctrine for Joint Targeting”) dove viene

definito un ciclo reiterativo che inizia con una fase teorica di pianificazione e

si chiude con la valutazione del risultato raggiunto, passando per l‘esecuzione

materiale dell’attacco. Durante la fase di pianificazione viene fatta una valu-

tazione strategica e vengono definiti, in ordine prioritario i possibili obiettivi,

il cui elenco è sottoposto ad un processo di validazione da cui si genera la

lista di tutti quelli leciti in ordine d’importanza (Joint Prioritized Target List –JPTL). All’interno di essa compaiono anche la lista degli obiettivi da non col-

pire (No-Strike Target List – NSL), perché protetti da norme di diritto interna-

zionale o così valutati in termini di opportunità dalla leadership

dell’operazione, nonchè la lista di obiettivi legalmente validi ma che non è

possibile colpire per restrizioni dovute a ragioni di opportunità temporanee o

permanenti indicate eventualmente anche dalle singole nazioni (Restricted Tar-get List – RTL). Le liste degli obiettivi, soprattutto quella degli RTL, dovreb-

bero essere individuate nazionalmente ed essere messe a punto per ogni area

di possibile/probabile crisi e con congruo anticipo così da consentire tanto l’ac-

quisizione di tutte le informazioni necessarie quanto le attività di “prudentplanning” caratteristiche del tempo di pre-crisi. La redazione di queste liste

di obiettivi, così come già avviene in altre nazioni, dovrebbe essere compito

di Commissioni “dedicate” in cui i rappresentanti di vari dicasteri e comunque

tutti gli “stake holders” forniscano contributo di pensiero e di documentazione.

LOGISTICA

Non è certamente scoperta di tempi recenti che una logistica efficiente ed ef-

ficace è condizione indispensabile al buon esito delle operazioni in teatro.

L’enfasi recentemente posta sul positivo impatto che una buona logistica ha

avuto sulle operazioni in Afghanistan ed in Libia non fa altro che confermare

la valenza strategica dell’avere disponibili tanto un efficace, immediato e spe-

cifico supporto alle attività combat quanto un ben organizzato sostegno di ca-

rattere più generale e sapientemente proiettato nel medio/lungo periodo.

Il continuo evolvere delle situazioni e delle conseguenti esigenze operative,

anche crisi durante, impone oggi più che mai che lo strumento logistico sia

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

versatile al massimo e sappia compendiare le proprie due anime: quella leggera,

agile ed immediatamente reattiva del supporto combat (fornito tanto da militari

quanto da contractors civili) e quella più lenta e più pesante, ma altrettanto in-

dispensabile, dei processi logistici industriali e di più lungo periodo. In am-

biente militare, allo sforzo concettuale ed organizzativo teso al conseguimento

della massima efficienza possibile fa riscontro, purtroppo, un aumento espo-

nenziale dei costi. Questa caratteristica di costi elevati della logistica è co-

mune, però, anche alle grandi realtà industriali ed imprenditoriali in genere,

per cui è praticamente ciclico assistere, tanto nel mondo militare quanto in

quello civile, a processi continui di riorganizzazione ed ottimizzazione che non

rispondono solo all’esigenza di adeguare l’elemento logistico a quello opera-

tivo ma anche allo sforzo di conseguire tutte le possibili economie di scala ed

il miglior rapporto costo/efficacia possibile.

Nel settore della logistica militare tanto il nostro Paese quanto molti altri in

Europa (sicuramente Francia, Germania e Gran Bretagna) hanno cercato l’ot-

timizzazione attraverso fasi successive di riorganizzazioni più o meno pro-

fonde. Anche per le FF.AA. straniere, un imprescindibile vincolo è stato, ed è

tutt’ora, il complesso delle norme che regolano le attività delle rispettive am-

ministrazioni pubbliche. Come noto in Italia tali norme sono un fardello par-

ticolarmente pesante e frenante; le riorganizzazioni possono ottimizzare

processi decisionali e dinamiche di funzionamento ma non possono certo por-

tare al bypass delle procedure di legge soprattutto quando ci si muove nel com-

plicato intreccio di talune norme molto datate e di altre più recenti che però

non le hanno completamente sostituite. L’ultimo articolato tentativo di riorga-

nizzare la logistica delle FF.AA. risale alla cosiddetta “riforma Andreatta” che

però è rimasto largamente incompiuto vuoi per resistenze interne al sistema

difesa, vuoi per oggettiva inadeguatezza di talune soluzioni a suo tempo pro-

spettate. Non è banale sottolineare come l’esistenza di forme di accentramento

di talune attività sostanzialmente comuni alle tre FF.AA. può essere un ottimo

veicolo di economie di gestione significative; contemporaneamente però va

fatta salva la specificità di taluni processi ed attività propri di ogni singola F.A.

ed indispensabili al supporto logistico operativo dedicato. Con buona appros-

simazione si può dire che un grosso limite concettuale della “riforma Andre-

atta”, nel settore della logistica, fu proprio l’idea di poter ricondurre, a strutture

e competenze fortemente accentrate, la quasi totalità della attività logistiche

lasciando ben poco spazio (ed autonomia) alle specificità della logistica combat

di F.A..

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

Altra annotazione non trascurabile è che l’esperienza insegna che quando ai

processi di accentramento tecnico nelle strutture della Difesa si sommano altri

provvedimenti indifferentemente applicati a tutte le amministrazioni pubbliche

(ad esempio quelli relativi alle procedure di approvvigionamento, con contrat-

tualistica centralizzata, di beni e servizi) il rischio di penalizzazione/blocco

delle attività diventa altissimo ed il prezzo pagato è l’inefficacia del sostegno

logistico con tutto ciò che questo comporta sul piano dell’operatività (è bene

ricordare che l’efficacia di un “sistema” non è data da una somma di capacità

bensì dal prodotto dei fattori ad essa concorrenti; basta che uno di questi fattori

sia nullo perché sia nullo il prodotto finale; di conseguenza non si può parlare

di livelli di efficacia ma molto più drasticamente si deve parlare di efficacia o

di inefficacia di sistema).

Nel recente Libro Bianco, la riorganizzazione della struttura della logistica

delle Difesa, peraltro sommariamente accennata nella ridistribuzione delle

competenze e nella creazione di nuove strutture, sembrerebbe dare spazio ad

una visione dell’organizzazione logistica decisamente spinta verso l’accentra-

mento. Il condizionale è sicuramente d’obbligo tuttavia, se questo fosse l’orien-

tamento maturato, non va trascurata la vitale importanza, che tutte le esperienze

fatte in operazioni “reali” hanno dimostrato, della specificità del supporto com-

bat; in proposito, è sempre risultato vincente il diretto contatto fra operativo e

logistico perché fonte, fra l’altro, della conoscenza dettagliata delle rispettive

capacità e possibilità. Ma la validità di questo rapporto di diretta consapevo-

lezza non può rimanere relegata in periferia e deve anzi essere alla base del-

l’organizzazione del supporto “pesante” e di matrice industriale.

Spersonalizzare accentrando forzatamente, anche se in nome di significative

economie di gestione, potrebbe portare, nella migliore delle ipotesi, al perpe-

tuarsi dello status quo e quindi ad una rarefazione, nel tempo, dello sforzo di

ottimizzazione voluto con la riorganizzazione. Rimarrebbe validissima invece,

se questo fosse l’intendimento, l’introduzione, nella responsabilità e nei com-

piti dei nuovi soggetti, di una prospettiva strategica interforze capace di indi-

rizzare gli sforzi logistici di medio e lungo termine, con un accentramento delle

funzioni accomunabili, mentre la logistica immediata e quella con cicli di breve

periodo dovrebbe caratterizzarsi, come detto, secondo le specificità di singola

F.A..

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

SISTEMI D’ARMA ED ARMAMENTI

I sistemi d’arma aeronautici, oggi in linea, sono adeguati al livello di ambizione

del sistema difesa e quindi ai compiti per esso configurati; va tuttavia consi-

derata l’obsolescenza di alcuni di loro che li porterà ben presto ad una pesante

inadeguatezza operativa.

Le recenti esperienze in teatri operativi variamente configurati hanno ampia-

mente dimostrato la necessità di dotare i velivoli non pilotati di armamento tat-

tico di precisione che abbia ridotte dimensioni e peso; simile esigenza si è

palesata anche per i velivoli aerotattici quando impiegati a supporto di truppe

di terra ed in contesti urbani.

PERSONALE

Addestramento

Mai come in questo periodo si può dire che le FFAA abbiano avuto il notevole

beneficio di una significativa quantità del proprio personale con grande espe-

rienza maturata in diversi teatri operativi. L’expertise, quindi, oggi è massima

anche perché la competenza è innestata su elementi professionisti e non su mi-

litari di leva; essa però ha il grande handicap di dover essere continuamente

ravvivata (anche con l’addestramento e con le simulazioni) pena il suo decadi-

mento vertiginoso che comunque, purtroppo, avverrà inesorabilmente a seguito

del progressivo invecchiamento d’età del personale attualmente in SPE.

Norme

In tema di personale, l’attuale quadro normativo più che un insieme organico

dà l’idea di essere un groviglio di disposizioni e norme stratificatesi nel tempo

ed abbastanza disarticolate fra loro.

Il problema sostanzialmente deriva dal fatto che, quando si è passati dallo stru-

mento militare fondato sulla coscrizione obbligatoria a quello odierno di tipo

professionale, le norme sul personale non sono state cambiate in maniera co-

erente ed adeguata al radicale mutamento strutturale ed organizzativo inter-

venuto. Si è preferita una politica di differimenti e di minime variazioni, queste

ultime mai tali da incidere in profondità ed apportare progressivi e decisi mu-

tamenti. Oggi però, a distanza di poco più di un decennio dal cambiamento,

anche l’operazione di re-styling mostra i segni di una decisa vetustà e di sempre

maggiore inadeguatezza. Ed oggi è il momento improcrastinabile di intervenire

nella consapevolezza che, sul personale, non è possibile operare con stravol-

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Osservatorio Strategico Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

gimenti subitanei ma, al contrario, il parametro temporale di riferimento deve

essere almeno decennale. La logica del cambiamento deve essere duplice: ar-

rivare ad un quadro di norme aperte e moderne che siano compatibili, se non

complementari, a quelle del mondo del lavoro esterno (pur sempre nel rispetto

della specificità della condizione militare), magari ispirandosi, con le dovute

correzioni e tarature, a quanto già è vigente in molti paesi occidentali; con-

seguire un continuum logico-normativo che copra uniformemente le varie ca-

tegorie (truppa, sergenti, marescialli ed ufficiali) con istituti fra loro simili, o

quantomeno compatibili, e che normalizzino una maggior permeabilità dei

ruoli verso l’alto.

Se, come già detto, i radicali mutamenti normativi necessari alla riforma non

potranno essere introdotti senza gradualità, ci sono però alcuni istituti che, più

di altri, mostrano pesanti segni di inadeguatezza e necessitano di intervento: il

servizio permanente effettivo (SPE); le piramidi organiche; l’avanzamento nor-

malizzato; l’ordinamento (inteso come strutture ed organizzazione). La loro

obsolescenza è legata a due fattori essenziali: la datazione delle norme che li

configurano e li regolamentano; la assoluta rigidità che li caratterizza e che

contribuisce a renderli anacronistici.

Lo SPE: non esiste nessun paese occidentale in cui FFAA professionali

prevedano questo istituto così esteso, radicato e dominante in tutte le categorie

di personale. Sono due le più pesanti conseguenze: la prima è l’invecchiamento

medio degli effettivi (se un ruolo prevede 1000 appartenenti per una perma-nenza di 40 anni lavorativi, ponendo l’età di ingresso a 20 anni, la metà deimille effettivi, cioè 500 persone, sarà costantemente al di sopra dell’età mediadi 40 anni: parliamo di personale operativo e non impiegatizio) che comporta,

inevitabilmente, sia un maggior costo del modello (più il personale è anzianoper età e per servizio e più è alta la sua retribuzione media) sia una minor

adeguatezza operativa (il cospicuo numero di anziani non alimenta certo iReparti Operativi ma, tendenzialmente, costituisce incentivo a creare strutturedi staff e di comando molto articolate e densamente popolate). Esistono diverse possibilità sul come potrebbe variare lo SPE nelle varie ca-

tegorie (Ufficiali, Marescialli, Sergenti e, specialmente, Truppa) raccordandolo

con vari tipi di ferma. Anche in questo caso si tratta di prendere a modello ciò

che già avviene in altri paesi, fare tesoro degli errori e delle inadeguatezze da

loro sperimentati e produrre norme che non siano avulse dal contesto di casa

nostra.

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Supplemento 2 - Osservatorio Strategico 2015

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Osservatorio Strategico

La seconda conseguenza dell’attuale normativa sullo SPE, peraltro diretta-

mente legata alla prima, è l’appiattimento delle carriere soprattutto in quelle

categorie dove in trentacinque-quaranta anni di servizio, i gradi sono massimo

quattro o cinque peraltro conseguiti nei primi 15 anni.

L’appiattimento, nelle categorie dei marescialli, sergenti e truppa, è anche di-

retta conseguenza della struttura organica non piramidale ma sostanzialmente

cilindrica dei rispettivi ruoli. Per ritornare ad una struttura piramidale, oltre ad

una diminuzione complessiva degli organici, andrebbe prevista la creazione di

discontinuità verticali (piramidi “a gradoni” con forti differenze numeriche fra

i singoli gradoni = gradi). Il risultato si può ottenere combinando sia le pro-

mozioni con avanzamento a scelta, sia una continua e razionale previsione di

outplacement di quote consistenti di personale dopo un certo numero di anni

di servizio e comunque in età compatibile con il reimpiego nella società civile.

Il reimpiego in aziende od imprese non necessariamente del settore pubblico,

effettuato a cura di società specializzate e competenti nel settore (e non con

agenzie governative tutto fare), potrebbe avvenire, a similitudine di quanto già

accade in Inghilterra, in Francia e negli USA, sfruttando la professionalità ac-

quisita nel mondo militare, ove direttamente fruibile, o “riorientandola” medi-

ante appositi periodi ed attività di preparazione al reimpiego. Così facendo le

aziende si troverebbero a poter utilizzare personale che non necessita di adde-

stramento se non in termini di un minimo di familiarizzazione con il nuovo

ambiente di lavoro. Il poter far conto su personale di sicura affidabilità, il

risparmio dei costi addestrativi e di preparazione al mondo del lavoro unito ad

eventuali agevolazioni fiscali o contributive costituirebbero un concreto incen-

tivo all’assunzione del personale militare in uscita dalle FFAA per termine

ferma. I posti di lavoro così occupati da ex militari e non fruibili da giovani

alla prima assunzione sarebbero direttamente compensati da un pari aumento

dei reclutamenti nelle tre FFAA che, in questo modo, si proporrebbero conc-

retamente come strumento di pubblica utilità capace di produrre addestramento

e professionalità nei giovani con sicuro abbattimento di molti costi oggi a

carico delle imprese private. Peraltro, dinamiche di questa natura potrebbero

consentire, alle FFAA, di avere maggiori volumi organici nei gradi bassi (=

forza lavoro giovane) e minor presenza in quelli alti (svuotati dall’outplace-

ment) con un costo complessivo del Modello pari se non minore all’attuale. E’

evidente come i termini temporali del reimpiego in aziende civili devono sod-

disfare due requisiti essenziali: una permanenza sufficientemente lunga come

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Stampato dalla Tipografia delCentro Alti Studi per la Difesa

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L’Osservatorio Strategico è uno studio che raccoglie analisi e report sviluppatidal Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS), realizzati da ricercatori spe-cializzati. Le aree di interesse monitorate nel 2015 sono:- Regione Danubiana – Balcanica - Turchia;- Medio Oriente - Nord Africa (MENA);- Africa Subsahariana;- Russia, Europa Orientale ed Asia Centrale;- Cina;- India ed Oceano Indiano;- Pacifico (Giappone, Corea, Paesi ASEAN, Australia);- America Latina;- Iniziative Europee di Difesa;- NATO e rapporti transatlantici;- Sotto la lente.

Gli elaborati delle singole aree, articolati in analisi critiche e previsioni, costi-tuiscono il cuore dell’“Osservatorio Strategico”, sono riportati in lingua italianaed arricchite da un executive summary in lingua inglese, per consentirne la let-tura anche ad un lettore internazionale. Inoltre, l’Osservatorio si arricchisce di un elaborato in lingua inglese denomi-nato “Quarterly”, prodotto nei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre.

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