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corso di illuminotecnica Le radiazioni elettromagnetiche Generalmente una radiazione elettromagnetica è prodotta da una variazione periodica di un campo elettrico o magnetico. Nello stesso modo in cui si genera un’onda muovendo con continuità l’estremità di una molla tesa, la successione continua d’impulsi elettromagnetici genera un’onda elettromagnetica. La radiazione elettromagnetica è caratterizzata dai seguenti parametri: frequenza, intensità, direzione, lunghezza d’onda, energia. La frequenza indicata, con n , è misurata in Hertz (cicli/sec). Rappresenta il numero di oscillazioni nell’unità di tempo. La lunghezza d’onda, indicata con l , rappresenta la distanza tra due massimi successivi del profilo d’onda (o più in generale la distanza tra due punti consecutivi in concordanza di fase), si misura in metri. I vettori E e H rappresentano rispettivamente il campo elettrico e il campo magnetico della radiazione, nel caso di radiazione polarizzata tali piani sono perpendicolari fra loro. I è l’ampiezza o l’intensità della radiazione. arch. DomenicoTripodi [email protected]

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corso di illuminotecnicaLe radiazioni elettromagnetiche

Generalmente una radiazione elettromagnetica è prodotta da una variazione periodica di un campo elettrico o magnetico. Nello stesso modo in cui si genera un’onda muovendo con continuità l’estremità di una molla tesa, la successione continua d’impulsi elettromagnetici genera un’onda elettromagnetica.

La radiazione elettromagnetica è caratterizzata dai seguenti parametri:

frequenza, intensità, direzione, lunghezza d’onda, energia.

 

 

La frequenza indicata, con n , è misurata in Hertz (cicli/sec). Rappresenta il numero di oscillazioni nell’unità di tempo.

La lunghezza d’onda, indicata con l , rappresenta la distanza tra due massimi successivi del profilo d’onda (o più in generale la distanza tra due punti consecutivi in concordanza di fase), si misura in metri.

I vettori E e H rappresentano rispettivamente il campo elettrico e il campo magnetico della radiazione, nel caso di radiazione polarizzata tali piani sono perpendicolari fra loro.

I è l’ampiezza o l’intensità della radiazione.

Il numero d’onda è l’inverso di l cioè l-1 .

L’energia è direttamente proporzionale alla frequenza nella relazione e=hn dove h è la costante di Planck (6,63 x 10-27 erg sec ).

La velocità con cui una radiazione elettromagnetica viaggia, nel vuoto, per tutte le frequenze, è di c=3x108 m/s.

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corso di illuminotecnicaSi ha inoltre la relazione n = c/l. Ne segue che l’energia è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda e=c/l.

Le radiazioni elettromagnetiche possono variare in frequenza entro limiti grandissimi, dalle radio onde ai raggi cosmici, secondo la seguente tabella.

Onde radioPartendo dalle radiazioni con l più grande, troviamo il gruppo delle onde radio (suddivise in lunghe, medie, corte, ultracorte) che coprono complessivamente una gamma molto estesa: dalle migliaia di chilometri fino a pochi centimetri. Le più lunghe sono usate per le trasmissioni radio a grandissima distanza. Le più corte servono nei trasmettitori e ricevitori radiofonici, televisivi e nei radar.

MicroondeLe microonde hanno lunghezza d'onda che varia da 1 mm a circa 30 cm. Tali radiazioni sono in grado di penetrare l'atmosfera terrestre e numerose sono le loro applicazioni.Sono adottate tra l'altro nelle telecomunicazioni via satellite, nelle ricerche di fisica delle particelle e di radioastronomia, nel telerilevamento, in medicina a fini diagnostici e nelle terapie antitumorali. Le microonde vengono utilizzate per il monitoraggio della superficie terrestre. Gli impieghi di tipo domestico riguardano i sistemi di allarme antintrusione e i forni per la cottura in profondità dei cibi.

InfrarossoL'infrarosso, detto anche IR, si estende in un intervallo dello spettro che va da 780 nm (vicino alla regione del visibile dalla parte del rosso) fino a 1 mm (si osserva come l'infrarosso estremo risulta adiacente alla radiazione microonde) e pertanto l'energia radiante può essere generata sia da una sorgente a microonde che da una sorgente incandescente.Approssimativamente metà dell'energia elettromagnetica che arriva dal sole è di tipo infrarosso e le comuni lampade a bulbo emettono radiazioni luminose all'infrarosso nell'intervallo (3000-10000 nm).Sensori all'infrarosso sono usati per la rivelazioni di sorgenti di calore (per esempio localizzare la dispersione del calore di un edificio), per vedere di notte, per osservare da satellite lo stato della vegetazione al suolo, e sono particolarmente utilizzati per determinare differenze di temperature tra oggetti. Sono disponibili telecamere all'infrarosso che producono immagini termografiche.

VisibileLe onde elettromagnetiche visibili sono comprese tra l’infrarosso e l’ultravioletto e la loro lunghezza d’onda varia da 750 nm a 400 nm.

UltraviolettoL'ultravioletto, detto anche UV, è immediatamente adiacente al violetto, l'ultima regione della luce, si estende fino alla regione dei raggi X (l compreso tra 390 nm e 1 nm). Le radiazioni ultraviolette con lunghezza d'onda inferiore a 290 nm distruggono i microorganismi. Alcune creature hanno sviluppato sensori sensibili ai raggi UV, ed utilizzano i raggi UV, provenienti dal sole, per navigare anche in giornate con cielo coperto.Esistono sensori per ricerche nel campo dell'astrofisica sensibili ai raggi UV. Sono realizzati anche laser, pellicole e microscopi UV per diverse applicazioni. Le radiazioni ultraviolette , presenti anche nella radiazione solare , ma fortemente assorbite dall’atmosfera , possono essere prodotte mediante scariche elettriche in un gas rarefatto. Lo studio dell’interazione tra l’UV e la materia può fornire notevoli informazioni sulla struttura atomica.

Raggi Xarch.

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corso di illuminotecnicaI raggi X hanno lunghezza d'onda (minore di 1 nm) molto piccola, con elevata energia elettromagnetica. Sono particolarmente utilizzati per visualizzare gli organi interni di esseri viventi mediante appropriate metodologie tra cui la tomografia e la risonanza magnetica nucleare.La tomografia usa radiazioni che penetrando nell’oggetto e attraversandolo da diverse angolazioni vengono proiettate su uno schermo in modo da formarne l’immagine.Le radiazioni che colpiscono lo schermo saranno attenuate a causa dall'oggetto attraversato e in base al percorso effettuato dai raggi X.

Raggi gammaI raggi gamma e poi i raggi cosmici occupano l'area estrema dello spettro con lunghezze d’onda piccolissime ed energia associata molto grande. Dalle esplosioni nucleari si sprigionano i raggi gamma. Dagli spazi siderali riceviamo sia i raggi gamma che i raggi cosmici.

Spettro visibile

Il campo visibile delle radiazioni è solo un porzione limitatissima di tutto l’insieme delle onde elettromagnetiche, estendendosi circa dai 750 nm 400 nm ai, corrispondenti rispettivamente al violetto e al rosso.

Spettro del visibile delle radiazioni elettromagnetiche

Solo all'interno di questo intervallo l'organo visivo dell'uomo e in grado di ricevere e di tradurre in impulsi nervosi le radiazioni elettromagnetiche. L'occhio umano, attraverso le cellule della retina, è in grado di tradurre le onde elettromagnetiche in impulsi elettrici che vengono trasmessi, mediante le fibre nervose, a specifiche stazioni e aree del cervello.   

Definiamo luce la sensazione prodotta dalle radiazioni

comprese tra questi valori estremi di .

Grazie alla luce, le sostanze organiche complesse, costituite da molecole di carboidrati, sono sintetizzate, con il rilascio di ossigeno nell'aria, a partire da sostanze inorganiche semplici. In questa piccola regione dello spettro elettromagnetico è concentrata l'energia indispensabile alla vita di tutta la biosfera.  La percezione della luce  

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corso di illuminotecnicaL’occhio non  ha la stessa sensibilità a tutte le lunghezze d’onda e la sensibilità dipende a sua volta dall’intensità della radiazione. La retina dispone di due tipi di cellule sensibili alla luce. I bastoncelli che funzionano con bassa intensità producendo la sensazione acromatica della visione notturna. I coni, invece, contengono pigmenti di tipo diverso, capaci di assorbire luce di differente lunghezza d'onda, che producono la sensazione visiva del colore.

In condizioni di alta intensità (visione diurna) si ha la cosiddetta visione fotopica; la luce è percepita principalmente dai coni al centro della retina e la sensibilità massima è circa a 550 nm.

sensibilita relativa V(l) in regime fotopico

 In condizioni di bassa intensità si ha la visione scotopica (visione notturna); la luce è percepita principalmente dai bastoncelli situati sul perimetro della retina, la sensibilità massima si ha a 507 nm.La visione cromatica, come abbiamo detto, dipende dalla sensibilità dei coni. L'occhio umano dispone di tre tipi di coni, dotati, ciascuno, di uno specifico pigmento sensibile ad una particolare lunghezza d'onda della luce: il rosso (R), il verde (G) e il blu (B). Ogni tipo di cono ha una differente risposta allo stimolo luminoso e la sua risposta è proporzionale, entro certi limiti, all’intensità della luce che lo colpisce; per esempio il cono sensibile al blu ha il limite inferiore di sensibilità più basso che gli altri due, mentre il rosso ha il limite superiore (soglia di saturazione) più alto.Questo modello di visione, detto visione additiva, sottostà a tre leggi principali (leggi di Grassman):

l’occhio umano può rilevare tre variabili della luce: la cromaticità (Hue), la saturazione (Saturation) e la luminosità (Brightness); queste tre variabili indipendenti sono necessarie e sufficienti a caratterizzare un colore in modo univoco;

la percezione di un colore può essere provocata da diverse combinazioni di colori primari (sintesi additiva), indipendentemente dalla loro distribuzione spettrale; per esempio la percezione di un certo colore può corrispondere ad una luce monocromatica o a un sovrapposizione di emissioni a diverse lunghezze d’onda;

qualunque percezione di colore può essere ottenuta sovrapponendo tre colori primari (RGB) di opportune intensità.

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corso di illuminotecnicaGrandezze illuminotecniche  Flusso luminosoIl flusso luminoso esprime la quantità totale di energia luminosa (flusso energetico pesato secondo la curva fotopica V()) emessa da una sorgente in un intervallo di tempo; si ottiene moltiplicando lo spettro di radiazione per la curva di sensibilità dell’occhio. L’unita di misura è il lumen (lm) e il simbolo è la lettera greca   

                     Il flusso luminoso non dà alcuna informazione sulla qualità della luce, né sulla sua distribuzione nello spazio. Tale grandezza viene utilizzata per confrontare sorgenti luminose; nel caso di lampade per l’illuminazione può variare da poche decine di lumen (lampade ad incandescenza) a decine di migliaia di lumen (lampade a scarica). L'efficienza luminosa è il rapporto esistente tra il flusso luminoso e la potenza della sorgente, espressa in watt. Rappresenta quindi il rendimento di una lampada o di un apparecchio illuminante. L'unità di misura è il Lumen/Watt (lm/W). Intensità luminosaL'intensità luminosa è una grandezza che esprime la quantità di luce che esce da una sorgente in una certa direzione. L'intensità luminosa è una grandezza vettoriale. Per esprimerla, non è sufficiente indicare solo il valore numerico ma occorre anche indicare una direzione associata a quel valore. 

L’intensità luminosa è il rapporto tra il flusso luminoso d emesso all’interno di un determinato angolo solido d e tale angolo solido.

L’unità di misura è la candela (cd) e il simbolo è la lettera I:I = d/d

  La candela è un unità di misura fondamentale del Sistema Internazionale (SI): 1 cd è un flusso luminoso di 1 lm emesso in un angolo solido di 1 steradiante. 

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corso di illuminotecnica cd=lm/sr

 L'intensità, quindi, non ci dice solo quanta luce esce da una sorgente, ma soprattutto dove è diretta. Per questo motivo, l'intensità è una grandezza utile per caratterizzare i corpi illuminanti.          IlluminamentoL’illuminamento è il rapporto tra il flusso luminoso d incidente su una superficie e l’area di tale superficie dA. L'illuminamento esprime la quantità di luce che arriva su una superficie e dato che la luce è la forma di energia che consente la visione, l'illuminamento è la grandezza che esprime quanto agevolmente l'occhio può vedere. L’unità di misura è il lux (lx) e il simbolo è la lettera E:                                                  E = d/dA 

Un lux corrisponde ad un flusso di un lumen distribuito su una superficie di un metro quadro:

lux=lm/m2

 

L'illuminamento è una grandezza molto utile a caratterizzare un ambiente. Ad illuminamenti più elevati corrispondono funzioni visive più agevolate. Ad esempio, per eseguire lavori di precisione sono necessarie anche alcune migliaia di lux, mentre in un magazzino possono essere sufficienti poche decine di lux. Nella tabella sono indicati alcuni illuminamenti tipici: 

Luce solare a mezzogiorno 105 lxFlash fotografico a 2 m di distanza 104 lxGiorno nuvoloso 103 lxIlluminazione necessaria per leggere

100 lx

Luna piena 0.2 lxNotte senza luna 10-4 lx

 

 Luminanza La luminanza è data dal rapporto tra l’intensità luminosa I emessa,riflessa o trasmessa dalla superficie S nella direzione assegnata e l’area apparente della superficie stessa:                                                    L=I/S·cos                                              

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corso di illuminotecnica

   L’unità di misura è candele al metro quadrato (cd/m2) e il simbolo è la lettera L. La luminanza esprime la quantità di luce emessa da una superficie in una certa direzione, in rapporto all’area della superficie stessa. Due sorgenti luminose possono avere, in una stessa direzione la stessa intensità luminosa con due valori diversi di luminanza, se le due sorgenti hanno diverse superficie di emissione. La luminanza è la grandezza che determina la visione e la sensazione di abbagliamento.  Nella tabella sono indicate alcune luminanze tipiche:

Sole 109 cd/m2

Faro di automobile (anabbagliante)

107 cd/m2

Cielo diurno 104÷106 cd/m2

Lampada fluorescente 103÷105 cd/m2

Luna piena 103÷104 cd/m2

Minimo per visione fotopica 10 cd/m2

Minimo per visione scotopica 0.01 cd/m2

Illuminazione stradale 1 cd/m2

Cielo notturno con luna piena 0.01 cd/m2

Cielo notturno senza luna 10-6÷10-3  cd/m2

            

Le coordinate cromatichearch.

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corso di illuminotecnica

La terza legge di Grassman recita: qualunque percezione di colore può essere ottenuta sovrapponendo tre colori primari di opportune intensità. I tre colori primari standard sono stati scelti dalla CIE (Commision International dell’Eclarage) nel 1931 e definiti da ben precise distribuzioni di intensita spettrale, X(), Y(), Z().  

 Le coordinate cromatiche, x(), y(), z(), sono le corrispondenti funzioni X(), Y(), Z(), normalizzate a 1: x=X/(X+Y+Z) ; y=Y/(X+Y+Z) ; z=Z/(X+Y+Z) ; pertanto x+y+z=1 Nel diagramma cromatico gli assi x e y sono le coordinate cromatiche. Il diagramma cromatico CIE standard è riportato nelle figura seguente  

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                        I colori corrispondenti a lunghezze d’onda ben definite (colori spettrali) stanno su una curva a ferro di cavallo chiusa alla base dalla linea della “porpora pura”. Il punto B di coordinate (x=0.33, y=0.33) è il bianco o punto acromatico, cioè senza colore.Per ottenere il colore dominante di un colore P si congiunge il punto B con P e si prolunga il segmento fino ad incontrare la curva dei colori spettrali, il punto D indica il colore dominante, nel senso che P è una miscela di bianco e del colore D. Il punto C indica il colore complementare di D, cioè il colore che si ottiene togliendo al bianco il colore D. I colori C e D sono detti complementari.  

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corso di illuminotecnicaTemperatura di coloreLa temperatura di colore, espressa in °K (gradi kelvin), caratterizza la tonalità della luce emessa da una sorgente luminosa, per confronto con quella di un corpo nero riscaldato alla tale temperatura.  La temperatura di colore è quindi la temperatura che avrebbe un corpo nero per emettere una luce con la stessa tonalità di colore emessa dalla sorgente considerata. La temperatura di colore è compresa tra 2000 °K e 10000 °K. Temperature di colore comprese tra 2000 °K e 4000 °K emettono una luce ricca di radiazioni rosse e la sensazione è di una luce calda.Temperature di colore comprese tra 4000 °K e 6000 °K emettono una luce ricca di radiazioni blu e la sensazione è di una luce fredda. L’associazione di una temperatura di colore ad una sorgente è possibile se la distribuzione spettrale di energia della sorgente è molto simile a quella del corpo nero, per esempio la luce del sole o quella di una lampada a filamento. Nel caso in cui lo spettro della sorgente si discosta da quello del corpo nero, ma lo spostamento è prossimo nel triangolo CIE al luogo del corpo nero, si può definire una temperatura di colore correlata che rappresenta quella del corpo nero il cui spettro si avvicina il più possibile a quella dalla sorgente considerata, per esempio nel caso di lampade a scarica che presentano uno spettro diverso da quello del corpo nero.

Indice resa cromaticaSorgenti di ugual temperatura di colore possono comportarsi in modo alquanto diverso se hanno diagrammi spettrali diversi. Ad esempio una lampada ad alogeni (cioè ad incandescenza) che abbia una temperatura di colore di 3000 K irradia con continuità in tutto lo spettro ed è quindi idonea a darci una resa del colore completa in tutto il campo del visibile.Invece una lampada fluorescente che ha un diagramma spettrale più discontinuo e a scalini, pur avendo la stessa temperatura di colore di 3000 °K, avrà una resa del colore inferiore.  La temperatura di colore, facendo riferimento al colore risultante di una data luce, non ci dice nulla circa la sua composizione spettrale e quindi sull'attitudine a rendere in modo completo tutti i colori. L’indice di resa cromatica, IRC, vuole caratterizzare, con un unico valore, una sorgente luminosa in relazione a una gamma di colori normalizzati. In particolare la CIE ha selezionato otto campioni di colori per le applicazioni ordinarie più altri sei campioni da utilizzare per analisi più approfondite. L'IRC sarà pari a 100 solo in caso di perfetta concordanza per tutti gli otto colori di riferimento. Questo caso è sempre verificato per tutti i radiatori termici a spettro continuo, ossia per tutte le lampade a filamento incandescente, siano esse ad alogeni o normali, che hanno un'emissione sostanzialmente simile a quella del corpo nero. Per tutte le sorgenti a scarica nel gas, cioè con spettro a bande, l'indice sarà sempre minore di 100.  Tale indice esprime solo un valore "globale" e quindi non è in grado gli dirci nulla di veramente preciso circa la resa di un determinato colore. Per comprendere quale sarà la resa cromatica di un dato colore occorrerebbe conoscere in dettaglio gli scarti degli otto standard che per motivi di semplicità non vengono mai riportati nei cataloghi dei costruttori di lampade. 

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corso di illuminotecnicaVa notato comunque che un indice di resa cromatica elevato non è sempre sinonimo di buona realizzazione illuminotecnica. In alcune attività commerciali si preferiscono sorgenti luminose con elevate dominanti cromatiche; è il caso delle gioiellerie dove una luce con dominante azzurra valorizzerebbe le pietre preziose, o il caso delle macellerie dove è invece gradita una dominante rosa. Detto ciò, in linea di massima possiamo riassumere l’indice di resa cromatica nella seguente tabella: Ottimo             IRC = 90÷100 Grado 1AMolto buono     IRC = 80÷89 Grado 1BBuono             IRC = 70÷79 Grado 2ADiscreto           IRC = 60÷69 Grado 2BAccettabile       IRC = 40÷59 Grado 3Scarso             IRC < 40

Sorgenti luminose

Sorgenti ad incandescenza Le lampade ad incandescenzaLa prima lampada utilizzabile fu realizzata da Thomas Edison e fu accesa il 19 ottobre 1879: fu la prima sorgente luminosa disponibile a livello commerciale. Dal 1879 ad oggi la lampada a incandescenza è rimasta la sorgente luminosa più utilizzata. Nonostante la lunga e continua evoluzione tecnologica del prodotto, il principio di funzionamento è rimasto sostanzialmente immutato: un metallo ridotto a sottilissimo filamento, inserito in un bulbo di vetro in cui è praticato il vuoto spinto e di cui si è provveduto al riempimento con una determinata quantità di gas inerti, è attraversato da corrente elettrica, continua o alternata, che ne provoca il surriscaldamento fino all'incandescenza, a temperatura molto elevata, con emissione di radiazioni luminose, insieme ad una quota cospicua di radiazioni infrarosse e ad una piccolissima quantità di radiazioni ultraviolette.I principali limiti, per quanto attiene alle caratteristiche e alle prestazioni delle lampade a incandescenza, sono così sintetizzabili:

alti consumi (basse efficienze luminose); alte emissioni termiche; ridotta durata di vita; tonalità di luce calde; ridotte temperature di colore.

 Le lampade ad incandescenza con aggiunta di alogeniL'introduzione, nel bulbo vuoto di una lampada ad incandescenza, oltre che dei soliti gas inerti, anche di una miscela di sostanze alogene (il termine significa generatrici di sali), di norma iodio o bromo, determina un sensibile incremento dell'efficienza luminosa, della qualità dell'emissione e della durata della lampada. Il filamento, infatti, può essere portato a temperature più elevate di quelle normali per le lampade ad incandescenza.Le sorgenti cosiddette "a ciclo di alogeni" sono fornite di un filamento doppiamente spiralizzato di tungsteno ma hanno bulbi più piccoli, di dimensioni calcolate per rendere stazionario il regime termico interno. 

La lampada al tungsteno-alogeno fu introdotta alla fine degli anni '50. Rispetto alle normali lampade a filamento di tungsteno, le lampade ad alogeni sono molto più efficienti in termini di

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corso di illuminotecnicalumen per watt. Infatti, al termine della loro vita, irradiano ancora il 95% della loro capacità iniziale, rispetto all'80% delle lampade comuni; inoltre hanno temperature di colori molto più elevate fino a 3400 Kelvin, che risultano in una luce più bianca e una migliore resa dei blu. La durata di queste lampade è compresa fra le 2000 e le 4000 ore. L'ampolla in cui il filamento viene racchiuso è realizzata in quarzo per resistere meglio alle alte temperature. L'ampolla di una lampada alogena raggiunge una temperatura minima di 250°C ma può toccare anche i 1200°C.Il tungsteno evaporato si combina in un composto chimico con l'alogeno. Mentre il composto si avvicina all' ampolla, il calore molto elevato lo riporta verso il filamento, dove la temperatura ancora più alta (circa 3000°C) scinde il composto e fa ridepositare il tungsteno sul filamento. Questo fenomeno è noto come "ciclo rigenerativo dell'alogeno". Se si riuscisse a far depositare il tungsteno esattamente nello stesso punto da cui era evaporato, la lampada durerebbe all'infinito.  Le alogene IRCHanno un riflettore che riporta parte del calore sul bulbo stesso e che quindi richiedono meno energia per avere il bulbo alla temperatura ideale di funzionamento.  Conseguenza: aumento dell’efficienza luminosa, risparmio energetico, minore dispersione di calore, maggiore durata, maggiore flusso luminoso, flusso costante nel tempo. Le alogene IRC sostituiscono le incandescenti tradizionali in casi dove ci vuole luce localizzata, necessità di riaccensioni frequenti - utilizzo discontinuo, immediata disponibilità di luce.

Sorgenti a scaricaIn un tubo di vetro o di quarzo ai capi del quale sono posti due elettrodi, viene praticato il vuoto e poi introdotta una piccola quantità di gas o di vapori metallici. Se applichiamo agli elettrodi una differenza di potenziale sufficientemente elevata, parte degli atomi che costituiscono il gas o il vapore si scindono in elettroni (cariche negative) ed in ioni (cariche positive). Gli elettroni si spostano velocemente verso l'elettrodo positivo e gli ioni verso l'elettrodo negativo, ma non tutti gli atomi a tali condizioni si dissociano: allorché gli elettroni liberi urtano con gli atomi non ancora dissociati, dalla collisione si liberano altri elettroni che in parte tornano ad associarsi agli atomi da cui sono stati allontanati. L'energia che questi ultimi cedono nel tornare nell'orbita del proprio atomo dà luogo al fenomeno della "Luminescenza"; proprietà dei gas di emettere luce se eccitati da cariche elettriche  L'arco elettrico che tra gli elettrodi fornisce le radiazioni ultraviolette da convertire poi, grazie ai vapori metallici contenuti nell'ampolla o alle polveri fluorescenti di rivestimento, in luce visibile, richiede per l'innesco una differenza di potenziale sufficientemente elevata, maggiore di quella di rete. Subito dopo però la corrente lungo l'arco elettrico appena instauratosi, grazie alla veloce ionizzazione dell'atmosfera in cui avviene, aumenta secondo un andamento che possiamo ritenere esponenziale, perciò in queste condizioni la corrente d'arco se non venisse opportunamente limitata dall'esterno tenderebbe ad assumere valori tali da causare la distruzione della lampada stessa. A tali limitazioni occorre quindi provvedere mediante apparecchiature esterne (alimentatore o reattore elettromagnetico).   Le lampade fluorescenti

Linerari arch.

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corso di illuminotecnicaIl tubo di scarica ha uno sviluppo lineare; è costruito in vetro chiaro rivestito nella parete interna da polveri fluorescenti trifosfori, con un indice di resa dei colori non superiore a 80, e multifosfori, con indice pari o superiore a 90, cioè con un'ottima resa dei colori.Nel tubo viene posto vapore di mercurio a bassa pressione: quando la lampada viene alimentata il mercurio emette radiazioni ultraviolette invisibili che colpiscono lo strato di polveri fluorescenti dando luogo a radiazioni visibili. Le lampade fluorescenti trifosfori dell'ultima generazione offrono ottime prestazioni per quanto attiene all'efficienza luminosa. L'efficienza varia in funzione della potenza e della tonalità di luce da un minimo di 65 lm/W ad un massimo di 90 lm/W. I campi di impiego delle lampade fluorescenti spaziano dall'illuminazione generale civile a quella industriale.

I vantaggi rispetto alle lampade ad incandescenza sono: -      una buona efficienza luminosa (da 4 a 6 volte rispetto alle lampade ad incandescenza) e

quindi economici costi di esercizio; -      bassa luminanza (0,3 - 1,3 cd/cm2) tale da ridurre sensibilmente il problema

dell'abbagliamento; -      buona resa cromatica (a seconda dei tipi); -     elevata durata di vita media (6.000 - 9.000 ore); -    nessuna limitazione per la posizione di funzionamento.  

Gli svantaggi sono:  

-      un impiego di apparecchiature ausiliarie per l'innesco della scarica (alimentatori e starter);

-      grandi dimensioni di ingombro; -      costo da 10 a 15 volte (a secondo dei tipi e compreso alimentatore e starter) rispetto

una lampada ad incandescenza di pari potenza.

La resa cromatica e la temperatura dl colore dipendono dalle polveri fluorescenti poste all'interno dei tubi. La versione più diffusa attualmente è quella con diametro di 26 mm, ma esistono versioni con diametri di 38 mm, 16 mm, 7 mm. Queste ultime si prestano a svariati utilizzi in spazi ridotti, come all'interno di mobili, in scaffalature, in vetrine o bacheche, per l'illuminazione di oggetti e opere d'arte. Le potenze disponibili variano dai 6 W ai 58 W secondo i tipi.

Compatte 

Queste lampade si caratterizzano per la riduzione di tutti gli ingombri delle componenti funzionali, ovvero per la loro miniaturizzazione. Le "compatte" sono considerate delle sorgenti luminose a basso consumo e a bassa emissione termica, avendo efficienze luminose che variano da 40 lm/W a 60 lmIW (fino a cinque volte superiori a quelle delle lampade a incandescenza) con una durata media di dieci volte superiore (10.000 ore). Le compatte sono prodotte in due tipologie: 

-      fluorescenti compatte integrate con tubo di scarica di diametro 12 mm, attacco a vite E27 o E14 (alimentazione incorporata elettromeccanica o elettronica), non necessitano di dispositivi esterni per il funzionamento (reattore, starter, condensatore di rifasamento);

-      fluorescenti compatte non integrate con tubo di scarica di diametro 12 mm o 18 mm, attacco a innesto (alimentazione esterna di tipo elettromeccanico o elettronico).

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corso di illuminotecnica 

Le fluorescenti compatte integrate si prestano ottimamente per tutti gli interventi di sostituzione delle lampade ad incandescenza con attacco a vite E27 e E14, cosa che non comporta alcuna modifica né nell'apparecchio, né nell'impianto di alimentazione.

I modelli elettronici hanno pesi e dimensioni ridotte e possono essere installati anche in apparecchi costruiti con strutture leggere (ad esempio gli apparecchi di tipo mobile, da tavolo o da pavimento). Le potenze disponibili variano da 5 W fino a 25 W secondo i modelli. Le versioni proposte sono: 

-     con alimentazione incorporata di tipo elettromeccanico, vetro di protezione del tubo di scarica di forma cilindrica;

-     con alimentazione incorporata di tipo elettronico, vetro di protezione del tubo di scarica di forma sferica oppure senza vetro di protezione con tubo circolare, con tubo triplo ripiegato a U, oppure con 4 tubi lineari collegati all'estremità.

Le fluorescenti compatte non integrate offrono il vantaggio, rispetto alle integrate, del peso ridotto e di essere ancora più economiche perché hanno il gruppo di alimentazione separato (lo starter è incorporato nello zoccolo) che è possibile riutilizzare al termine della vita della lampada. Ampia la gamma delle potenze disponibili: da 5 W fino a 55 W.   Le lampade a scarica ad alta pressione

A vapori di mercurio

Sono costituite da un piccolo tubo di quarzo contenete vapore di mercurio ad alta pressione ed un gas inerte (argon) per facilitare la scarica.  Le caratteristiche principali di queste lampade sono la buona affidabilità e le discrete prestazioni cromatiche. La tonalità della luce è tendenzialmente bianca intorno ai 4000-4500 K e l'indice di resa cromatica vale circa 50. Queste caratteristiche di colore risultano accettabili nelle applicazioni in esterni, dove però la scarsa efficienza luminosa rappresenta un punto debole: è principalmente per questa ragione che negli impianti di nuova concezione queste lampade vengono rimpiazzate da tipi più efficienti, come le lampade a vapori agli alogenuri metallici o a vapori di sodio ad alta pressione, particolarmente dove vengono utilizzate potenze elevate.  La gamma delle lampade a vapori di mercurio spazia da tagli di piccola potenza, utilizzati prevalentemente nell'illuminazione residenziale (50W, 80W) a tagli tipicamente previsti per l'illuminazione stradale o industriale (da 125 W a 1000W). Esistono anche delle lampade con configurazione a riflettore, utilizzate prevalentemente in impianti industriali di vecchio tipo.Nella famiglia delle lampade a vapori di mercurio esistono alcuni tipi con caratteristiche illuminotecniche migliori (lampade a luce corretta), ottenuti modificando il rivestimento di polveri fluorescenti in modo da fornire un colore più caldo, intorno ai 3500 K. Mediamente queste lampade migliorano l'efficienza di circa il 10% e la resa dei colori di 7 punti rispetto alle lampade a vapori di mercurio tradizionali. Le sorgenti a vapori di mercurio sono standardizzate (norma CEI 34.6) e sono pertanto compatibili tra i maggiori produttori. Dal punto di vista dell'alimentazione, le lampade funzionano con un reattore, senza bisogno di dispositivi di innesco aggiuntivi. 

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corso di illuminotecnica A luce miscelata

La lampada a luce miscelata è una sorgente luminosa a vapori di mercurio a cui viene aggiunto un filamento ad incandescenza in serie al tubo di scarica. Le lampade così realizzate presentano una luce detta appunto miscelata con una componente a spettro continuo tipica del filamento ad incandescenza. Il vantaggio delle lampade miscelate sta nella loro facilità d'uso, dovuta al fatto che non è necessario alcun tipo di ausiliario elettrico (sostituito dal filamento interno alla lampada), per cui risulta possibile connettere la lampada su un comune attacco Edison. L'efficienza e la durata di vita delle lampade a luce miscelata sono fortemente condizionate dalla presenza del filamento che inoltre le rende abbastanza sensibili alle variazioni della tensione, per cui ne risulta conveniente l'applicazione in quei contesti dove la facilità d'uso è più importante degli aspetti economici. La forte quantità di luce e la temperatura di colore più elevata rispetto alle lampade a filamento, hanno creato una notevole diffusione di queste lampade per l'illuminazione residenziale (giardini, garage ecc.).

 A vapori di sodio a bassa pressione 

La lampada al sodio a bassa pressione è stata la prima lampada a scarica in gas, introdotta nel 1932, ed ancora oggi rimane la migliore sorgente luminosa in fatto di efficienza luminosa.Per questa ragione le lampade a vapori di sodio a bassa pressione sono impiegate nonostante la scarsa qualità della luce che è di tipo monocromatico, con un'unica banda di emissione vicina ai 600 nm, e quindi al punto di massima sensibilità dell'occhio umano prevalentemente per impianti stradali, industriali e di sicurezza.  Un altro aspetto interessante di queste lampade è la buona compatibilità ambientale, in quanto completamente prive di mercurio. Non ha invece senso parlare di resa cromatica, in quanto la percezione dei colori è praticamente nulla. Sono costituite da un tubo ripiegato su se stesso a forma di U, riempito con una miscela di gas inerti (neon ed argon) ai quali é aggiunta una certa quantità di sodio. Quando la lampada é fredda il sodio si deposita lungo il tubo in forma di goccioline; sotto l'effetto della scarica il sodio passa allo stato gassoso. I campi di impiego sono: l'illuminazione stradale generica, svincoli ed incroci stradali, gallerie, sottopassaggi e per segnalare situazioni di pericolo. E' l'illuminazione di quegli ambienti nei quali interessa più la percezione delle forme che dei colori.

 A vapori di sodio ad alta pressione

Le lampade al sodio in alta pressione rappresentano oggi lo standard per l'illuminazione stradale ed industriale, grazie principalmente all'elevata efficienza luminosa. La vastità delle applicazioni di queste lampade si riflette nel numero delle tipologie disponibili e sulla gamma delle potenze che varia da 50 W a 1000 W.  Quasi tutte le lampade sono disponibili sia in versione ovoidale, che in versione chiara tubolare per ottiche più moderne. Alcune tipologie sono anche disponibili con accenditore incorporato. Negli ultimi anni, questa categoria di lampade si è allargata con l'introduzione di nuove famiglie generalmente compatibili tra di loro, con caratteristiche migliorative sotto l'aspetto di efficienza e durata o di colore. Il panorama di queste lampade appare perciò abbastanza complesso.

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corso di illuminotecnica  A vapori di alogenuri metallici

Le lampade a vapori di alogenuri metallici o a joduri sono una famiglia di sorgenti luminose molto vasta e differenziata per forme, colorazioni, gamma di potenza e standard elettrici. Le lampade ad alogenuri metallici, molto simili nella costruzione a quelle con vapori di mercurio, contengono degli additivi come l'indio, il tallio ed il sodio che consentono di ottenere un sostanziale miglioramento nell'efficienza e nella resa dei colori. Questa tecnologia, infatti, consente di ottenere effetti molto diversi variando la tipologia e la quantità dei composti metallici che sono contenuti nel tubo di scarica. Ad oggi non esiste una standardizzazione tra i maggiori produttori, che hanno percorso strade differenti, privilegiando in alcuni casi la durata di vita e l'affidabilità, in altri casi le caratteristiche di colore e resa cromatica.

Le sorgenti luminose a scarica del tipo a vapori di alogenuri metallici hanno raggiunto standard qualitativi particolarmente elevati. La recente evoluzione tecnologica ha riguardato in particolare la costruzione del piccolo tubo di scarica. E' stato adottato il materiale ceramico traslucido (alluminio policristailino) già ampiamente sperimentato con successo in altri tipi di sorgenti a scarica (a vapori di sodio alta pressione). Questa innovazione ha permesso di costruire una lampada molto efficiente con tonalità di luce costante nel tempo (a temperatura di colore di 3000 K), in qualsiasi posizione di funzionamento e indipendentemente dalle variazioni della tensione di alimentazione. Accanto alle tradizionali lampade con potenze che vanno dai 400 ai 2000 W, recentemente sono state sperimentate e poste in commercio alogenuri da 35, 70 e 150 W che conservano le positive caratteristiche di grossa emissione luminosa e di buona resa cromatica. La loro limitata potenza ne permette l'impiego in ambienti interni come vetrine, locali di vendita ed ambienti pubblici, mentre i campi di impiego degli alogenuri con wattaggi superiori sono l'illuminazione di impianti sportivi e di grandi aree come centri urbani e parcheggi.  È possibile utilizzare lo stesso gruppo di alimentazione delle vecchie lampade a vapori di alogenuri metallici, compreso il portalampade. Non cambia, infatti, l'attacco (monoattacco o doppio attacco).Le efficienze variano da 89 lm/W a 92 lm/W. Temperatura di colore 3000 K, tonalità di luce calda.

Ad induzione elettromagnetica

Le lampade ad induzione elettromagnetica rappresentano un'innovazione fondamentale per il concetto stesso di sistema di illuminazione. Si tratta di sorgenti luminose di forma a bulbo che presentano interessanti aspetti di praticità ed affidabilità: la durata di vita è infatti di 60.000 ore, che corrispondono a circa 15 anni di funzionamento di un impianto di illuminazione per circa 11 ore al giorno. Inoltre, queste lampade generano luce istantaneamente anche dopo un'interruzione di funzionamento (tempo di innesco 0,1 s). Se a queste caratteristiche aggiungiamo una resa dei colori Ra pari a 80, la possibilità di scegliere fra tre diverse tonalità di colore ed un'efficienza complessiva di sistema pari alle lampade al sodio ad alta pressione, ci possiamo rendere conto della rilevanza di questa nuova tecnologia.

Il funzionamento della lampada si basa sulla generazione di campi elettromagnetici alternati da

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corso di illuminotecnicaparte di un elemento "antenna", al centro del bulbo, costituito da un avvolgimento e alimentato da un generatore elettronico ad alta frequenza. La lampada è la componente principale di un sistema che comprende uno speciale alimentatore elettronico e un particolare portalampada. Le potenze disponibili attualmente sono 55 W e 85 W mentre le efficienze variano da 65 lm/W a 70 lm/W, le temperature di colore 3000 K e 4000 K. Il vantaggio assai rilevante offerto dalle sorgenti a induzione è dato dalla lunghissima durata dovuta all'assenza di componenti sollecitate dal transito di corrente elettrica (non ci sono elettrodi).

Questa prerogativa consente di allungare considerevolmente i cicli di sostituzione. Si riducono le spese di gestione in tutti i casi in cui le operazioni di manutenzione risultino difficoltose e comportino interruzioni di servizi essenziali per la collettività.         LEDUn diodo a semiconduttori che emette radiazioni elettomagnetiche nel campo del visibile prende il nome di LED (light emitting diode). Le ricerche e i continui miglioramenti hanno permesso di passare dai primi esemplari (quasi cinquant’anni fà) a bassissima efficienza emittenti nel rosso a modelli più efficienti e con emissioni sempre più variegate. Le future lampadine prodotte con tecnologia LED saranno molto più efficienti e dureranno molto di più della maggior parte delle attuali sorgenti luminose. L’efficienza di una sorgente luminosa a LED è attualmente maggiore rispetto alle lampade ad incandescenza e alla maggior parte delle lampade alogene e si stà avvicinando velocemente all’efficienza della lampade fluorescenti, mentre la durata va da 50.000 a 100.000 ore in condizioni ottimali di funzionamento. Le principali caratteristiche sono:

Lunga durate di vita Funzionamento a basso voltaggio Mancanza di manutenzione Piccole dimensioni Notevole robustezza Alta afidabilità anche alle basse temperature Colori brillanti e saturi Assenza di emissioni ultraviolette e infrarosse

 Le principali applicazioni sono:

Illuminazione di musei Illuminazine di vetrine e armadi Illuminazione di piani di lavoro Illuminazione di nicchie

Apparecchi di illuminazione

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corso di illuminotecnicaL’apparecchio illuminante

Complemento indispensabile a qualsiasi sorgente luminosa, l'apparecchio illuminante assicura una triplice funzione di natura fotometrica, elettrica e meccanica.

1) Fotometrica

Deve assicurare una ripartizione spaziale della luce al fine di realizzare un'illuminazione che va dal tipo diretto concentrato a quello indiretto diffuso a seconda della natura del locale e del suo utilizzo.

2) Elettrica

Deve servire da collegamento tra la rete e la lampada o le lampade a mezzo degli accessori che contiene.

Da questo punto di vista la norma CEI 34-2 1, armonizzata a livello europeo relativa alle protezioni elettriche degli apparecchi distingue quattro classi:

Classe 0               : isolamento semplice senza messa a terra Classe I                : isolamento semplice con messa a terra Classe II               : doppio isolamento senza messa a terra Classe III              : alimentazione a bassissima tensione

3) Meccanica

Deve proteggere da qualsiasi agente esterno (intemperie, polveri, colpi, corrosione, ...) che può comportare un deterioramento delle lampade o una diminuzione delle loro qualità ottiche.

La norma CEI 70-1, armonizzata a livello europeo definisce un indice di protezione a due cifre (codice IP), di cui la prima è relativa alla impermeabilità ai corpi solidi ed alle polveri e la seconda all'acqua.

Caratteristiche fotometriche

 Intensità luminosa (I) di una sorgente in una data direzione

Rapporto tra flusso luminoso emesso dalla sorgente in un elemento di angolo solido contenente la direzione data e l'elemento di angolo solido.

Unità di misura: candela, cd.Nota: l'intensità luminosa degli apparecchi di illuminazione è normalmente rappresentata in un diagramma dell'intensità luminosa o in un diagramma isocandela.  

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corso di illuminotecnica Rendimento ottico di un apparecchio di illuminazione

 Rapporto tra flusso totale emesso dall'apparecchio, misurato in condizioni specificate, e flusso luminoso emesso dalla o dalle lampade funzionanti senza apparecchio nelle stesse condizioni specificate.  

 Asse del fascio La direzione passante per il centro dell'angolo solido delimitato da direzioni aventi intensità luminose pari al 90% dell'intensità massima di un apparecchio.  

 Apertura del fascio luminoso (angolo) Nel piano contenente l'asse del fascio, oltre il quale l'intensità luminosa scende al di sotto di una percentuale prefissata rispetto alla sua intensità massima.  

 Curva di ripartizione delle luminanze Curva rappresentante la luminanza di un apparecchio di illuminazione in un piano verticale in funzione dell'angolo zenitale.  

 Diagramma delle intensità luminose Intensità luminose rappresentate sotto forma di diagramma polare o tabella, in termini di candele per 1000 lumen di flusso di lampada. Il diagramma per distribuzione di luce non simmetrica fornisce la ripartizione di luce di un apparecchio di illuminazione in almeno due piani:

un piano verticale passante per l'asse longitudinale dell'apparecchio; un piano perpendicolare al suddetto asse.

 Nota: il diagramma delle intensità luminose può essere utilizzato: a) per fornire un'idea approssimativa della distribuzione della luce dell'apparecchio;c) per il calcolo dei valori di illuminamento in un punto; d) per il calcolo della distribuzione di luminanza di un apparecchio. Ripartizione della luce

 La riflessione 

La riflessione di una superficie è generalmente di natura mista, dovuta a una riflessione regolare o speculare. Questa obbedisce alle leggi dell'ottica geometrica con uguaglianza degli angoli di incidenza e di riflessione. É il sistema di controllo tipico dei proiettori a forma geometrica semplice come il paraboloide o l'ellissoide di rivoluzione, per esempio.

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corso di illuminotecnica           

Una riflessione diffusaIl fattore di riflessione può raggiungere 0,8-0,9(vernice bianca opaca e intonaco bianco).

La figura mostra l'aspetto delle intensità riflesse per riflessioni che vanno dal tipo perfettamente regolare (a) al tipo perfettamente diffuso (d). La riflessione dispersa si incontra soprattutto nel caso dei metalli satinati o opacizzati.

 

 

 La trasmissione 

Come la riflessione, la trasmissione può essere regolare, diffusa o mista.La trasmissione regolare, che si effettua senza un apprezzabile cambiamento di direzione, è caratterizzata dal fatto che la quantità di luce trasmessa è tanto più elevata quanto più i raggi incidenti formano con la superficie del materiale un angolo vicino ai 90°.

Il fattore di trasmissione regolare varia da 0,8 a 0,9.Il fattore di trasmissione diffusa è in genere compreso tra 0,1 e 0,6.Nella maggior parte dei casi, la trasmissione mista è caratterizzata da un fattore di trasmissione compreso tra 0,6 e 0,9.

La figura fornisce la rappresentazione delle intensità trasmesse da un materiale a facce parallele nei diversi modi.  

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corso di illuminotecnica

  

 La rifrazione

Si tratta di sfruttare i cambiamenti di direzione dei raggi luminosi conseguenti all'attraversamento di sezioni prismatiche.

Il rifrattore sarà perciò formato da più scanalature prismatiche con angoli ai vertici ben calcolati, poggianti su una base comune e realizzato in materiale plastico trasparente.

La figura mostra come un elemento di schermatura prismatica può disperdere o concentrare la luce a seconda della posizione delle sorgenti.

                                           

 La schermatura 

Alcuni apparecchi sono dotati di griglie di schermatura, o "paraluce", formate da elementi traslucidi od opachi che schermano la visione diretta delle sorgenti, fino ad un certo angolo di osservazione, allo scopo di evitare i fenomeni di abbagliamento.Questi paraluce sono caratterizzati dall'angolo di schermatura, tra l'asse verticale dell'apparecchio e quello della prima linea di visione, in cui le sorgenti cessano di essere visibili o abbaglianti.

Classificazione degli apparecchi di illuminazione

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corso di illuminotecnica Gli apparecchi di illuminazione per interni

 Fra i più importanti parametri usati per valutare un apparecchio di illuminazione, vi è il modo in cui esso distribuisce le intensità luminose nello spazio. La distribuzione nello spazio dell'intensità luminosa viene rappresentata graficamente per mezzo di una curva fotometrica o in modo tridimensionale con un solido fotometrico.  È possibile classificare gli apparecchi in funzione del tipo di emissione, e dunque della loro curva fotometrica, in base dell'angolo di apertura del fascio luminoso e al suo rendimento. 

Emissione diretta, indiretta e diffusa Una classificazione schematica del tipo di emissione di un apparecchio può essere fatta semplicemente sulla base della direzione prevalente in cui viene indirizzato il flusso luminoso.L'emissione diretta si ha quando l'apparecchio emette tutto il suo flusso direttamente verso la superficie da illuminare. La curva fotometrica è in questo caso interamente contenuta nel semipiano polare inferiore.  L'emissione indiretta si ha quando il flusso luminoso viene indirizzato verso il soffitto, e da questo riflesso verso la superficie da illuminare. Gli apparecchi illuminanti a luce indiretta vengono spesso detti "uplighter". La curva fotometrica è in questo caso interamente contenuta nella metà superiore del piano polare. Le emissioni semi-diretta, diretta-indiretta e semi indiretta si hanno quando sono presenti (con diversa rilevanza) sia la componente diretta che quella indiretta. Nell'emissione diffusa, il flusso si distribuisce in modo pressoché uniforme in tutte le direzioni. 

Emissione asimmetrica     L'emissione asimmetrica si ha quando il flusso viene indirizzato in una direzione prestabilita, asimmetrica rispetto all'asse verticale dell'apparecchio illuminante. Questo può essere il caso ad esempio degli apparecchi con emissione indiretta da installare a parete, per i quali è necessario indirizzare il flusso principalmente verso la parte centrale del soffitto.  Una categoria particolare di apparecchi asimmetrici sono i cosiddetti "wall-washer" che, installati a soffitto, sono destinati ad illuminare la superficie verticale della parete. 

Emissione batwing    L'emissione batwing (letteralmente ad "ala di pipistrello") prende il nome dalla tipica forma della curva fotometrica. Essa è molto usata negli ambienti di lavoro, nelle scuole e negli uffici per limitare i riflessi indesiderati. È caratterizzata dal fatto di proiettare la maggior parte del flusso nelle direzioni laterali piuttosto che verticalmente. Questo consente di sistemare gli apparecchi in posizione laterale rispetto ai posti di lavoro, anziché verticalmente sopra di essi.  Poiché come è noto le superfici speculari riflettono la luce in una direzione simmetrica rispetto a quella della luce incidente, questa disposizione fa sì che gli eventuali riflessi (prodotti ad esempio dalla superficie della carta patinata) vengano proiettati in una direzione laterale e dunque non colpiscano l'occhio dell'osservatore. 

Emissione darklight    L'emissione darklight (letteralmente "luce scura") si ha quando la luminanza per angoli superiori a 60° rispetto alla verticale è inferiore a 200 cd/mq. Un apparecchio illuminante darklight, installato a soffitto e osservato secondo il normale angolo di visuale di un

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corso di illuminotecnicaosservatore, appare appunto "scuro" perché la luminanza relativa all'angolo di osservazione è molto bassa.  Questo tipo di emissione è molto riposante perché limita al massimo gli abbagliamenti: l'osservatore infatti non viene mai colpito direttamente da luminanze di rilievo. Inoltre, essa è usata negli ambienti di lavoro con video terminali, perché riduce la luminanza dei riflessi prodotti dalla superficie dei monitor. Più adatti a questo ultimo scopo sono tuttavia gli apparecchi con emissione BAP.  

Emissione BAP     L'emissione BAP si ha quando la luminanza per angoli superiori a 50° è inferiore a 200cd/mq. L'obiettivo è quello di concentrare tutta l'emissione in un angolo ristretto, limitando al massimo la luminanza nelle direzioni laterali in modo che l'apparecchio, osservato dal normale angolo di visuale, appaia "scuro". Il criterio è analogo a quello usato anche negli apparecchi darklight, ma con un angolo ancora più ristretto.  Questo tipo di emissione è particolarmente adatto per la illuminazione di ambienti di lavoro dotati di video terminali. La superficie del video è fortemente riflettente, con comportamento speculare. La maggior parte del flusso viene convogliata entro un angolo ristretto, e dunque viene riflessa dal monitor verso il basso e non arriva all'occhio dell'osservatore.  

 Gli apparecchi di illuminazione per esterni

Gli apparecchi di illuminazione stradali si possono dividere in base al problema dell'abbagliamento secondo la classificazione CIE.

Le classi CIE sono le seguenti:

Apparecchi cut-off

Perché un apparecchio possa essere classificato  cut-off secondo la definizione fissata dalla Commission Internationale de l'Eclairage occorre che il valore massimo dell'intensità a 90° rispetto la verticale sia inferiore o uguale a 10 cd ogni 1000 lm (lumen) e comunque non superiore a 1000 cd, e sia inferiore o uguale a 30 cd ogni 1000 lm emessi a 80°.

La intensità massima della luce emessa dalle armature cut-off nel piano parallelo all'asse stradale sta tra zero e 65°. Oltre l'angolo limite di 75°  esse tagliano bruscamente l'emissione luminosa. In linea di principio non c'è corrispondenza biunivoca tra apparecchi totalmente schermati e apparecchi cut off CIE. Tuttavia spesso gli apparecchi cut off CIE sono anche totalmente schermati se installati con inclinazione dell'ottica  uguale a zero o, comunque, fortemente schermati se installati con piccola inclinazione dell'ottica.

Apparecchi semi-cut-off

Esiste una classe di apparecchi  di illuminazione stradali definiti dalla CIE semi-cut-off che sono più abbaglianti degli apparecchi cut-off. Il massimo dell'intensità emessa può cadere tra zero e 75°. Il valore massimo dell'intensità a 90° rispetto la verticale deve essere inferiore o uguale a 50 cd ogni 1000 lm e comunque non superiore a 1000 cd, e inferiore o uguale a 100 cd ogni 1000 lm a 80°. In genere essi non sono ben schermati per l'emissione sopra l'orizzonte.

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corso di illuminotecnica Apparecchi non schermati

Per gli apparecchi non schermati (es. con rifrattore prismatico o con diffusore) la Commission Internationale de l'Eclairage fissa un limite massimo di 1000 cd all'emissione a 90° dalla verticale. Le raccomandazioni CIE dicono di non utilizzarli sulle strade extraurbane e sulle autostrade.

Non sono tuttavia consigliabili in alcun tipo di impianto. Sono in genere estremamente dispersivi e inquinanti. I coefficienti di utilizzazione  degli impianti che li adottano sono molto bassi, il che è indice di spreco energetico. Il coefficiente di utilizzazione  esprime infatti il rapporto tra il flusso di luce utilizzato per illuminare l'area che interessa e il flusso totale emesso dalla lampada. Ove sono in vigore norme per la limitazione dell'inquinamento luminoso l'uso di questi apparecchi è proibito.

Rappresentazione grafica dell’emissione luminosa

Per caratterizzare in modo completo un apparecchio, bisogna avere una visione precisa delle intensità uscenti in tutte le direzioni. Bisognerebbe, in altre parole, disporre di una tabella, che ci dia per ogni direzione il valore dl intensità.

Molto più efficacemente si usano, in illuminotecnica, delle rappresentazioni dette curve fotometriche (vedi diagramma delle intensità luminose), che esprimono, in forma grafica, i valori di intensità associati ad ogni direzione. Sapendo qual è la direzione che ci interessa, possiamo leggere sul grafico il valore di intensità: un semplice disegno sostituisce dunque una intera tabella.

Al di là del loro significato strettamente tecnico, comunque, le curve fotometriche hanno una loro immediatezza visiva che le rende facilmente comprensibili ed esprime subito, di primo acchito, il comportamento di un apparecchio. É sufficiente appena un po' di pratica per distinguere subito apparecchi a fascio più o meno concentrato, a doppia emissione, asimmetrici ecc.

Le curve fotometriche sono di solito rappresentate sotto forma di diagrammi polari. I diagrammi polari sono dei grafici riportati su una porzione di piano, con un centro (l'origine), e un asse di riferimento che parte dal centro. Qualsiasi punto del piano può essere individuato semplicemente indicando l'angolo rispetto all'asse di riferimento e la distanza dall'origine.

Per facilitare la lettura di queste misure, di solito sui diagrammi polari vengono riportati dei cerchi concentrici attorno all'origine e dei raggi uscenti dall'origine che dividono il piano in spicchi. Ogni apparecchio illuminante ha la sua curva fotometrica caratteristica. L'origine del diagramma polare rappresenta il punto in cui è situato il corpo illuminante e l'asse di riferimento è rappresentato dalla verticale dell'apparecchio.

Per leggere sul grafico i valori di intensità associati ad ogni direzione, si procede in questo modo:

si individua l'angolo che ci interessa, si traccia il raggio uscente dall'origine in quella direzione;

si trova il punto di intersezione fra il raggio uscente e il grafico della curva fotometrica;

si misura la distanza tra questo punto e l'origine. Questa misura, rapportata alla scala della curva, rappresenta l'intensità dell'apparecchio per l’angolo cercato. Essa è

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corso di illuminotecnicafacilmente leggibile sulla scala graduata riportata in corrispondenza dei cerchi concentrici intorno all'origine.

La curva fotometrica

La curva fotometrica non è altro che una sezione del solido fotometrico. Molto spesso i corpi luminosi hanno un'emissione simmetrica. In casi come questo, è sufficiente usare una curva, per avere una rappresentazione completa dell'intero apparecchio. In altri casi invece, il solido fotometrico può avere una forma più irregolare e mono simmetrica.

Questo accade ad esempio negli apparecchi fluorescenti, che hanno una delle due dimensioni molto più grande dell'altra. In casi come questo, non è sufficiente fornire una sola curva fotometrica, ma occorre fornirne diverse, ottenute tagliando il solido fotometrico secondo diversi piani. Normalmente, se ne forniscono almeno due relative a piani perpendicolari fra loro, indicandole con un tratto diverso su uno stesso grafico.

Solido fotometrico

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corso di illuminotecnicaUn'altra importante osservazione da fare riguarda l'unità di misura. Come abbiamo detto, l'intensità si misura in candele: dunque le curve fotometriche servono per leggere dei valori in candele. Molto spesso, tuttavia, le curve fotometriche non vengono espresse in valore assoluto, ma in candele su klumen. In molti casi (tipicamente negli apparecchi fluorescenti) l’apparecchio ha una certa distribuzione delle intensità che dipende dalle sue caratteristiche costruttive. La forma della curva fotometrica, dunque, è definita.

Tuttavia, accade che, in uno stesso apparecchio, possono essere montate lampade diverse, cui corrispondono diversi flussi. A lampade diverse dunque, corrisponderanno curve uguali nella forma, ma diverse nella grandezza o nella scala. In questi casi dunque, è più utile esprimere solo la forma della curva, dando un valore relativo, e lasciare all'utilizzatore il compito di calcolare il valore reale assoluto dell'intensità in funzione della lampada realmente utilizzata.

Le curve fotometriche espresse in cd/Klm (candele per klumen), esprimono quante candele vengono emesse per ogni 1000 lumen di flusso della lampada. Per ottenere il valore assoluto bisogna moltiplicare il valore letto della curva per il flusso della lampada diviso 1000.

Ad esempio:

 Lampada utilizzata

 = 5400 lm

 Valore letto sulla curva  

 = 250 cd/klm

  

Valore assoluto reale= 250 x 5400/1000 = 250 x 5,4 = 1350 cd

L'unità di misura adoperata (cd oppure cd/Klm) è sempre riportata sui grafici delle curve: occorre fare molta attenzione a non confondere e non confrontare valori assoluti (cd) con valori relativi (cd/Klm).Le curve fotometriche danno la possibilità di applicare delle formule con le quali è possibile calcolare gli illuminamenti prodotti da un apparecchio, conoscendo le intensità. Questa modalità di calcolo, tuttavia, richiede calcoli ripetitivi e laboriosi ed è dunque poco adatta ad essere svolta manualmente.Normalmente i calcoli vengono fatti da software dedicati in cui le curve fotometriche sono introdotte dai produttori o dallo stesso utilizzatore del software.

A seconda della natura del locale da illuminare, si sceglie generalmente uno dei cinque seguenti tipi di ripartizione della luce:

L'illuminazione diretta

Più del 90% della luce è emessa verso il basso. In questo caso c'è poco assorbimento da parte dei muri e del soffitto, ma le ombre sono marcate e conviene usare numerose sorgenti luminose per attenuarle. Questa illuminazione risulta ovviamente conveniente negli esterni (diretta concentrata), nei laboratori (diretta concentrata o diffusa), negli uffici o nei grandi magazzini (diretta diffusa).

L'illuminazione semidiretta

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corso di illuminotecnicaDal 60 al 90% della luce è orientata verso il basso, le ombre sono attenuate e "l'ambiente luminoso" è molto più confortevole. Può essere adatta ad uffici, abitazioni, mense, ecc.

L'illuminazione mista

Dal 40 al 60% di luce verso il basso, può essere usata solo in locali con pareti molto riflettenti per questioni di rendimento luminoso.

L'illuminazione semi-indiretta

Dal 10 al 20% della luce verso il basso.

L'illuminazione indiretta

Più del 90% del flusso luminoso verso l'alto è riservata soprattutto alle sale di spettacolo, certi ristoranti, ecc.

La figura sotto indica gli andamenti che possono avere le curve fotometri. che per questi diversi tipi di illuminazione.

      

     Progettazione

Definire un progetto illuminotecnico significa trovare la soluzione che meglio risponda alle esigenze di utilizzazione, scegliendo  tutti i fattori (tipo e potenza delle lampade, tipo di apparecchio, quantità, posizione, puntamento degli apparecchi ecc.) che concorrono a fornire l'illuminazione artificiale ad un ambiente.

Un progetto illuminotecnico, dunque, implica il controllo di molti fattori: livelli di illuminamento, abbagliamento, controllo delle luminanze, resa del contrasto ecc.  Sulla base di tali specifiche i progetti illuminotecnici sono sostanzialmente basati su due metodologie.  

 Metodo del flusso totale E' il metodo più semplice, applicabile alle geometrie che prevedono locali a forma di parallelepipedo e centri illuminanti disposti in modo regolare tali da produrre un illuminamento

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corso di illuminotecnicauniforme sul piano di lavoro. Le interdistanze tra i centri luminosi risultano contenute e gli apparecchi illuminanti sono tutti dello stesso tipo. In caso di situazioni differenti da quella descritta (e.g. locali di forma qualsiasi, centri comunque disposti ed apparecchi illuminanti di tipo diverso) il metodo del flusso totale può, in prima battuta, continuare ad essere applicato ma è da ritenere un metodo approssimato i cui risultati dovranno comunque essere sottoposti a verifica ed integrati mediante calcoli puntuali.  Calcoli con il metodo del flusso totale  Si tratta del metodo di calcolo detto del flusso totale o del fattore di utilizzazione, con il quale è possibile stimare l'illuminamento medio fornito da un numero noto di apparecchi installati in un locale o, al contrario, calcolare il numero di apparecchi necessari per ottenere l'illuminamento medio desiderato.

 Il livello di illuminamentoIl livello di illuminamento è il primo dei fattori da tenere sotto controllo nel progettare una installazione illuminotecnica (anche se, ovviamente, non è l'unico né il più importante). Esistono delle tabelle, pubblicate da organismi nazionali ed internazionali (ad es. UNI e CIE). che indicano i livelli di illuminamento consigliati per ciascuna tipologia di ambienti e attività.Sappiamo che l'illuminamento rappresenta la luce che arriva su una superficie, che si misura in lux, e che 1 lux rappresenta un flusso di 1 lumen distribuito su una superficie di un metro quadrato. Dunque, per sapere quanto flusso bisogna riversare su una superficie per ottenere un certo illuminamento, bisogna moltiplicare il valore dell'illuminamento desiderato (in lux) per la superficie (in mq).In questo caso si considera l'illuminamento sul piano di lavoro, cioè su una superficie orizzontale ipotetica, estesa a tutto il locale, e posta ad un'altezza corrispondente a questa in cui si svolgono le normali attività (scrivanie, banchi di lavoro, macchine utensili ecc.). Dunque, se ad esempio: il nostro locale ha una superficie di 20 mq e ci occorre un illuminamento di 500 lux,

dobbiamo fare in modo che sul piano di lavoro arrivi un flusso di:

20  x 500 = 10.000 lm 

Questo è il flusso che deve raggiungere il piano di lavoro: ancora non sappiamo, però, qual è il flusso totale che dobbiamo inserire nell'ambiente, perché sul piano di lavoro ne finisca la quantità desiderata.

Innanzitutto dobbiamo sapere che una grande quantità di luce emessa dalle lampade si perde per strada. Le lampade sono montate in apparecchi studiati per convogliare la luce nella direzione desiderata: nonostante gli sforzi dei produttori e la perfezione dei materiali difficilmente tali apparecchi riescono a tirar fuori più del 75-80% del flusso prodotto dalle lampade. I materiali usati per i riflettori assorbono una percentuale più o meno elevata di luce, e lo stesso accade per le pareti del locale.  Il fattore di utilizzazione  Il flusso prodotto dalle lampade solo in parte è utilizzabile per illuminare il piano di lavoro.

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corso di illuminotecnicaQuesta parte, detto fattore di utilizzazione (Fu), può essere espressa in percentuale, oppure con un fattore compreso fra 0 e 1, rispetto al flusso totale emesso dalle lampade.

Dalla precisione con cui si riesce a stimare il fattore di utilizzazione dipende l'affidabilità del calcolo dell’illuminamento. La formula che esprime l'illuminamento è la seguente:

Illuminamento medio = (Flusso Totale X Fattore di utilizzazione) / Superficie del localeSe il flusso totale è dovuto a n lampade tutte uguali la formula diventa:  

E = (n · Ø · Fu) /S (1) Dove:

E = valore dell'illuminamento (lux)n = numero di lampade montateØ = flusso luminoso di ciascuna lampada (lm)S = superficie del locale (mq)Fu = fattore di utilizzazione

Utilizzando la stessa formula è possibile calcolare il numero di apparecchi necessari per ottenere il livello di illuminamento desiderato. In questo caso l'incognita non e più il valore dell'illuminamento (E), ma piuttosto il numero di lampade (n), dal quale si potrà facilmente ricavare il numero di apparecchi. Cioè:  

n = (E · S)/ (Fu ·Ø) (2)

Di tutti i termini della formula l’unico non ancora noto è il fattore di utilizzazione Fu. 

Il fattore di utilizzazione dipende da molti elementi:

Tipo di apparecchio Geometria del locale Coefficiente di riflessione delle superfici (pareti, soffitto e pavimento)

I produttori di apparecchi forniscono delle tabelle, attraverso le quali si può arrivare a determinare i coefficienti di utilizzazione, tenendo conto di tutti i fattori sopra riportati. Per ogni prodotto (o famiglia di prodotti), è prevista una diversa tabella.  

 L’indice di locale

 Il fattore di utilizzazione dipende come detto sopra anche dalla forma del locale. Per caratterizzare geometricamente il locale dal punto di vista dell’influenza esercitata sul fattore di utilizzazione si utilizza un numero puro, ossia: l’indice del locale i, la cui  formula è:

i = (a·b) / (h·(a+b)) (3)arch.

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corso di illuminotecnica Dove:a = lunghezza del localeb = larghezza del localeh = distanza fra il piano di lavoro e l'altezza alla quale sono installati gli apparecchi  Per l’illuminazione indiretta e per la semidiretta h è la distanza fra il soffitto e il piano di lavoro.  

 Coefficienti di riflessione  Il coefficiente di riflessione è un numero che può variare a 0   ad   1 , ed esprime quanta parte della luce che investe una superficie viene restituita sotto forma di luce riflessa. Se tutta la luce che colpisce una superficie venisse riflessa tale superficie avrebbe un coefficiente di riflessione uguale a 1.Una superficie di un nero cupo, che assorba tutta la luce ricevuta, avrebbe invece un coefficiente di riflessione eguale a  0. Nella pratica, i coefficienti di riflessione dei materiali normalmente usati variano da circa 0.3, (per quelli più scuri) a circa 0.8 (per il bianco).   

 Procedimento di calcolo

Di seguito vengono riepilogate tutte le fasi del procedimento per calcolare il numero di apparecchi necessari per garantire un livello di illuminamento in un determinato locale.

Si cerca nella documentazione di riferimento (es. norma UNI) il livello di illuminamento medio raccomandato per l’ambiente in questione.

Si stilano tutti i parametri di calcolo:

misure del locale,coefficienti di riflessione,altezza di installazione degli apparecchi,altezza del piano di lavoro. 

Si calcola l'indice del locale, applicando la formula (3). Si sceglie il tipo di apparecchio che si ritiene più adatto. Si sceglie il tipo di lampada da montare sull'apparecchio. Si prende in esame la tabella dei fattori di utilizzazione dell'apparecchio scelto, e si

cerca il valore del fattore corrispondente all'indice del locale e ai coefficienti di riflessione.

Si cerca, sui cataloghi dei fabbricanti il valore di flusso delle lampade scelte. Si applica la formula (2), includendovi tutti i dati precedentemente ricercati o calcolati

(flusso unitario, fattore di utilizzazione, superficie) e si ricava il numero totale di lampade necessarie.

Se l'apparecchio scelto monta più di una lampada, si divide il numero totale di lampade necessarie per il numero di lampade di ciascun apparecchio, per ottenere il numero di apparecchi necessari. Ovviamente, se il risultalo è un numero decimale, si arrotonda al numero intero più grande.

Si dispongono gli apparecchi necessari all'interno del locale, secondo una maglia che sia la più regolare possibile.

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corso di illuminotecnica 

 Il fattore di manutenzione

 Le formule fin qui utilizzate non tengono conto del fatto che: - le lampade, nel corso della loro vita, vanno riducendo il flusso emesso,- le proprietà ottiche (trasparenza e riflettanza) dell’apparecchio illuminante si degradano col tempo,- il coefficiente di riflessione delle pareti si riduce col tempo  a causa, sia del degrado naturale della vernice, sia della polvere che si accumula. E’ opportuno quindi tenere conto di un altro fattore che concorre a diminuire la quantità di luce utilizzabile. Si tratta del fattore di manutenzione o di deprezzamento, o ancora di conservazione. Il calcolo che abbiamo appena analizzato, va bene per stimare la resa di un impianto appena installato. Il fattore di manutenzione sarà tanto più vicino a 1 quanto più le condizioni di conservazione sono favorevoli (manutenzione e pulizia frequenti e agevoli, materiali di buona qualità, ambienti con attività pulite). Nei casi normali, il fattore di conservazione varia da 0,6 a 0,8 circa. Il fattore di manutenzione va moltiplicato per il fattore di utilizzazione trovato sulla tabella descritta al paragrafo precedente. Indicando con Fm il fattore di manutenzione, le due formule (1) e (2) diventano dunque le seguenti:

E = (n · Ø · Fu · Fm) /S

n = (E · S)/ (Fu · Fm ·Ø)

Considerazioni sul metodo del flusso totale

Per concludere, è necessario fare qualche considerazione su quale sia il modo corretto di usare il metodo che abbiamo appena illustrato.

Nell'esporre il metodo del fattore di utilizzazione, abbiamo sempre parlato di illuminamento medio. Questo metodo infatti non riesce a dare nessuna informazione sulla distribuzione sul piano degli illuminamenti ma considera solo il valore medio di illuminamento. Non sappiamo dunque se (e dove, e quanto) i valori reali di illuminamento si discostano dal valore medio.

Questo pone la più grande limitazione pratica all'utilizzo di questa metodologia di calcolo. Ha senso parlare di illuminamento medio solo quando si desidera un illuminamento molto uniforme, cioè quando si vuole che tutti i valori siano il più possibile vicini al valore medio. 

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corso di illuminotecnicaLa dislocazione degli apparecchi evidentemente non potrà essere che uniforme su tutto il locale, per evitare di lasciare zone di ombra. Progettare con questo metodo, ad esempio, l'illuminazione di una vetrina, non ha alcun senso perché, in quel caso, molto probabilmente si vorranno creare degli effetti scenografici giocando su zone con illuminamenti diversificati. Il metodo è più adatto, invece, per l'illuminazione degli ambienti di lavoro (uffici, officine, capannoni ecc.), dove si preferisce, nella maggior parte dei casi dare un illuminamento generale uniforme, in modo da avere la massima libertà nella dislocazione (e in eventuali successivi spostamenti) dei posti di lavoro. Anche questa tuttavia, non può essere presa come una regola generale perché spesso si preferisce operare in modo diverso, dando una quantità maggiore di luce dove realmente serve (sui posti di lavoro) e lasciando valori più bassi sulle zone di passaggio e di servizio.In questo ultimo caso, e in tutti i casi in cui si vogliano diversificare gli illuminamenti, bisogna ricorrere a metodi di calcolo più sofisticati ai quali abbiamo accennato all’inizio e che fanno spesso ricorso a procedure informatiche automatizzate. Poiché i progetti sviluppati con il metodo del flusso totale devono avere una illuminazione uniforme, bisognerà che il numero di apparecchi calcolato sia disposto nell'ambiente secondo una griglia regolare.

Bisogna fare molta attenzione a scegliere apparecchi che non abbiano un fascio troppo stretto rispetto alla maglia della griglia. Questo creerebbe infatti delle zone di ombra e delle zone di illuminazione più forte. L'illuminamento medio sarebbe quello desiderato, ma non avremmo l'uniformità necessaria a garantire la correttezza del metodo di calcolo. Un altro grosso limite del metodo del flusso totale è che esso consente di calcolare solo gli illuminamenti su piani di lavoro orizzontali. In molti casi questo tipo di calcolo non è adeguato alla situazione. Ad esempio, per illuminare una lavagna, per una esposizione di quadri o anche per l’illuminazione di una vetrina, l'illuminamento orizzontale non è il parametro principale: quello che interessa conoscere è l'illuminamento sui piani verticali. Anche in questi casi bisogna ricorrere a metodologie di calcolo più sofisticate. In definitiva il metodo del flusso totale è uno strumento semplice ed utilissimo, purché si tenga conto dei limiti di tale metodo.

     Metodo puntuale E' il metodo che si applica per calcoli illuminotecnici che esigono una certa precisione. Prevede il calcolo dell'illuminamento in tutti i punti del compito visivo mediante l'uso delle curve fotometriche degli apparecchi impiegati. Ciò consente maggiori gradi di libertà nelle specifiche e l'applicazione a locali di forma qualsiasi illuminati da apparecchi di tipologie differenti e comunque disposti.  Il metodo puntuale diviene indispensabile tutte le volte che siano richiesti valori di illuminamento diversi in diversi punti del compito visivo: in tal caso infatti interdistanze tra centri luminosi e/o tipi di apparecchi impiegati potrebbero differire tra essi. Sul metodo puntuale è basata la maggior parte dei programmi assistiti al calcolatore: le curve fotometriche sono accessibili al programma di calcolo mediante matrici numeriche contenenti i valori di

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corso di illuminotecnicaintensità luminosa in funzione degli angoli e dei piani. Il calcolo automatizzato consente la determinazione, in tempi contenuti, valori di illuminamento e luminanza su un gran numero di punti.  Nonostante ciò il metodo puntuale è spesso applicato anche manualmente per la verifica, su un numero limitato di punti, dei valori di illuminamento ottenuti con metodi approssimati. Va evidenziato che le formule per il calcolo dell'illuminamento dipendono dalla forma delle sorgenti (puntiformi, lineari, superficiali) ma la maggior parte dei programmi di progettazione illuminotecnica considerano le sorgenti luminose puntiformi. 

ILLUMINAZIONE RESIDENZIALE  L’illuminazione di ambienti residenziali ha diversi obiettivi, in particolare: assolvere esigenze estetiche e creazione di “atmosfere”; la composizione della luce, delle ombre e dei colori integrati nello spazio architettonico permettono di creare effetti i più disparati, modificare rapporti e proporzioni, lanciare messaggi in grado di coinvolgere gli osservatori a livello sensoriale e psicologico. Assolvere esigenze di ordine pratico e funzionale: anche le semplici azioni che si svolgono in ambito domestico come pranzare e cenare, guardare la televisione, leggere e scrivere, svolgere lavori domestici richiedono un’illuminazione adeguata che si realizza con un’opportuna scelta di apparecchi, lampade e del tipo di illuminazione di volta in volta più adatta. Un buon grado di comfort visivo incide sulla sicurezza della vita domestica e sulla salute dell’intero organismo. Obiettivo da perseguire è anche il contenimento dei consumi energetici che assieme all’aumento dell’affidabilità e durata dell’impianto di illuminazione rendono più economico la gestione di quest’ultimo.

UFFICI I principali compiti visivi che vengono espletati nei locali adibiti ad uffici , possono essere riassunti così: lettura e scrittura sul piano della scrivanialettura e scrittura su videoterminaliconsultazione di documenti in archivi, armadi e classificatorimovimento degli utenti all’interno dei localicompiti visivi meno impegnatici; riunioni, conversazioni. E’ di fondamentale importanza che l’impianto di illuminazione soddisfi le specifiche esigenze degli utenti in quanto influisce direttamente sulla capacità visiva, sulla sicurezza e sul confort delle persone. Obiettivi illuminotecnici dell’impianto di illuminazione, al fine di fornire una buona visione all’interno dell’ambiente da illuminare sono: adeguato illuminamentouniformità di illuminamentolimitazione dell’abbagliamentoottimale resa del coloreequilibrio delle luminanzecontrollo delle ombre

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corso di illuminotecnicaintegrazione luce artificiale - luce naturalerisparmio energetico Livelli di illuminamento Uno dei parametri principale a cui far riferimento è il livello di illuminamento. La scelta del livello di illuminamento dipende da un insieme di fattori così riassunti: dimensioni minime dei dettagli da riconoscerecontrasto di luminanza o di colore tra dettaglio e sfondocolore prevalente del compito visivorapidità richiesta nel riconoscimento dei dettaglicontinuità e gravosità del compito visivoripercussione degli eventuali errori nello svolgimento del compito visivoetà degli utenti La Norma UNI EN 12464-1 fornisce i parametri da considerare per la corretta progettazione dell’impianto di illuminazione e i relativi valori raccomandati. Di seguito per diverse tipologie di uffici  sono riportati i valori di illuminamento medio raccomandati Emedio (lux): Archiviazione, copiatura             300Scrittura,dattilografia,lettura, elaborazione dati            500Disegno tecnico                        750Postazioni CAD                        500Reception                                 300  I valori raccomandati sono validi per condizioni visive abituali, se le condizioni differiscono dalle abituali il valore di illuminamento può essere variato.La zona del compito deve essere illuminata il più uniformemente possibile, non ci possono essere variazioni troppo brusche tra zone del compito e zone circostanti, pena abbagliamento e conseguente affaticamento visivo.  A tal fine va mantenuto un determinato livello minimo di uniformità d’illuminamento sia nella zona del compito visivo che nella zona immediatamente circostante. L’uniformità di illuminamento è un parametro definito come il rapporto fra l’illuminamento minimo e l’illuminamento medio su una data superficie (Emin/Emedio). La norma UNI EN 12464-1 definisce due valori minimi di uniformità al di sotto dei quali non scendere; uno per le zone del compito visivo (almeno 0,7) ed uno per le zone immediatamente circostanti (almeno 0,5) Limitazione dell’abbagliamento Per abbagliamento si intende la sensazione visiva causata da una distribuzione sfavorevole delle luminanze e/o da contrasti eccessivi di luminanze nel campo visivo. L’abbagliamento si può dividere in due categorie: Abbagliamento diretto (chiamato molesto) che è provocato direttamente dalle sorgenti luminose, cioè dagli apparecchi di illuminazione o dalle finestre; Abbagliamento riflesso che è provocato dalla riflessione della luce su oggetti e superfici che fanno da specchio (es. schermo di computer);  Entrambi i tipi di abbagliamento sono da evitare, in quanto portano a cali di concentrazione ad aumento degli errori e a stanchezza.  L’abbagliamento molesto provocato dagli apparecchi di illuminazione viene valutato nella norma UNI EN 12464-1, attraverso il metodo dell’indice unificato di abbagliamento UGR (Unified Glare Rating). La norma fissa il valore massimo di UGR dell’impianto di illuminazione per diverse tipologie di locale, compito o attività.

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corso di illuminotecnica  Equilibrio delle luminanze Una luminanza bel bilanciata facilita l‘acuità visiva, la sensibilità al contrasto, l’efficienza delle funzioni oculari e di conseguenza anche il confort visivo.Vanno quindi evitate:luminanze troppo elevateluminanze troppo bassecontrasti di luminanza troppo elevaticontrasti di luminanza troppo bassiLivelli adeguati di luminanza per una zona di lavoro possono andare da 100 cd/m2 a 200 cd/m2.Le luminanze delle superfici dipendono dall’illuminamento, dal fattore di riflessione e dalla direzione della luce riflessa; gli intervalli consigliati dalla norma per i fattori di riflessione delle principali superfici sono: soffitto da 0.6 a 0.9pareti da 0.3 a 0.8piani di lavoro da 0.1 a 0.6pavimento da 0.1 a 0.5  Integrazione luce artificiale - luce naturale Il livello e la qualità della luce naturale variano durante il giorno, causando una condizione di variabilità di percezione luminosa. Tuttavia la luce diurna può fornire tutta o parte dell’illuminazione necessaria per i compiti visivi e contribuire a creare una equilibrata distribuzione delle luminanze insieme alla luce artificiale di tipo diffuso.Inoltre la luce diurna predispone psicologicamente le persone ad un miglior umore e di conseguenza ad un miglior rendimento sul lavoro, rispetto alla luce artificiale. L’illuminazione artificiale dovrà garantire l’illuminamento necessario sui posti di lavoro all’interno della stanza. Potranno essere usati dispositivi di accensione e/o di regolazione della luminosità, sia automatici che manuali, per garantire un’adeguata integrazione tra l’illuminazione elettrica e la luce diurna. Per ridurre l’abbagliamento causato dalle finestre, si dovrà provvedere ad un’adeguata schermatura. L’illuminazione artificiale, va sempre vista come necessaria integrazione della luce diurna, per aiutare il lavoro nei luoghi interni, creando un’atmosfera il più possibile naturale.   

 Di seguito, per diversi tipi di locale, vengono riportati i livelli di illuminamento consigliati per una corretta progettazione dell’impianto di illuminazione negli ambienti domestici. Zona di passaggio         50-150 luxZona di lettura               200-500 luxZona di scrittura            300-750 luxZona pasti                    100-200 luxCucina                         200-500 luxBagno – ill. generale      50-150 luxBagno – zona specchio 200-500 luxCamere- ill. generale      50-150 luxCamere – zona armadi   200-500 lux Le sorgenti luminose consigliate dovranno avere temperatura di colore compresa tra 2000 °K e 4000°K e un indice di resa cromatica IRC>90.

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corso di illuminotecnicaSCUOLE Gli edifici scolastici devono garantire una sufficiente luce naturale ed essere forniti di un sistema di illuminazione artificiale in modo da assicurare, alle persone che vi lavorano (studenti,insegnanti, operatori,..), la sicurezza, la salute e il comfort visivo.Più che in altri ambienti nelle scuole, l’integrazione luce artificiale - luce naturale deve essere considerata, in modo da non provocare disturbi sia sul piano fisico sia psichico degli studenti i quali, trovandosi in fase di formazione e di crescita, ne risulterebbero colpiti maggiormente.Una cattiva illuminazione provoca agli studenti affaticamento della vista e riflessi negativi sul comportamento e sul rendimento scolastico. Per una corretta progettazione e realizzazione dell’impianto d’illuminazione degli ambienti scolastici la norma di riferimento e la UNI 10840

ILLUMINAZIONE STRADALE Scopo dell’illuminazione stradale Scopo dell’illuminazione pubblica è quello di rendere più confortevoli e più sicure le strade durante le ore notturne sia per i pedoni che per gli automobilisti.Nelle strade destinate soprattutto al traffico pedonale l’illuminazione stradale ha come riferimento le esigenze del pedone, in particolare: l’identificazione delle persone e dell’ambiente circostantel’individuazione degli ostacoliil confort in termini di livelli di illuminamento e di resa dei colorila limitazione dell’abbagliamentola valorizzazione degli elementi naturali e architettonici Nel caso di strade a traffico prevalentemente motorizzato lo scopo dell’illuminazione pubblica è innanzitutto la sicurezza. L’impianti di illuminazione deve garantire i livelli di luminanza minimi sul manto stradale ai fini della sicurezza di tutti gli utenti della strada in base  alla classificazione della strada. A ciascuna classe è associato un "indice della categoria illuminotecnica", caratterizzato dal "valore minimo della luminanza media mantenuta", da 2 a 0,5 cd/m2, dai valori minimi delle loro uniformità, globale e longitudinale, nonché dal valore massimo dell'indice di abbagliamento debilitante.La norma attuale dà la possibilità di ridurre i livelli di illuminazione nelle ore notturne con minore flusso di traffico, al fine sia di ridurre i consumi energetici, sia di limitare il flusso luminoso emesso verso l'alto, a tutto vantaggio della riduzione dell’inquinamento luminoso. La norma di riferimento per la selezione della categoria illuminotecniche è  la UNI 11248.Per quanto riguarda le prestazione e le verifiche di un impianto di illuminazione stradale le norme di riferimento sono: UNI EN 13201-2, UNI EN 13201-3 e UNI EN 13201-3.

Le principali norme e raccomandazioni nel campo illuminotecnico

UNI 10819:1999 Luce e illuminazione - Impianti di illuminazione esterna - Requisiti per la limitazione della dispersione verso l'alto del flusso luminoso UNI 10828:1999 Riflettori catadiottrici - Terminologia e misurazioni fotometriche 

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corso di illuminotecnicaUNI 10840:2007 Luce e illuminazione - Locali scolastici - Criteri generali per l'illuminazione artificiale e naturale UNI 11095:2003 Luce e illuminazione - Illuminazione delle gallerie UNI 11142:2004 Luce e illuminazione - Fotometri portatili - Caratteristiche prestazionali UNI 11165:2005 Luce e illuminazione - Illuminazione di interni - Valutazione dell'abbagliamento molesto con il metodo UGR UNI 11222:2006 Luce e illuminazione - Impianti di illuminazione di sicurezza negli edifici - Procedure per la verifica periodica, la manutenzione, la revisione e il collaudo UNI 11248:2007 Illuminazione stradale - Selezione delle categorie illuminotecniche UNI 8097:2004 Metropolitane - Illuminazione delle metropolitane in sotterranea ed in superficie UNI EN 12193:2001 Luce e illuminazione - Illuminazione di installazioni sportive. UNI EN 12464-1:2004 Luce e illuminazione - Illuminazione dei posti di lavoro - Parte 1: Posti di lavoro in interni UNI EN 12464-2:2008 Luce e illuminazione - Illuminazione dei posti di lavoro - Parte 2: Posti di lavoro in esterno UNI EN 12665:2004 Luce e illuminazione - Termini fondamentali e criteri per i requisiti illuminotecnici UNI EN 13032-1:2005 Luce e illuminazione - Misurazione e presentazione dei dati fotometrici di lampade e apparecchi di illuminazione - Parte 1: Misurazione e formato di file UNI EN 13032-2:2005 Luce e illuminazione - Misurazione e presentazione dei dati fotometrici di lampade e apparecchi di illuminazione - Parte 2: Presentazione dei dati per posti di lavoro in interno e in esterno UNI EN 13201-2:2004 Illuminazione stradale - Parte 2: Requisiti prestazionali UNI EN 13201-3:2004 Illuminazione stradale - Parte 3: Calcolo delle prestazioni UNI EN 13201-4:2004 Illuminazione stradale - Parte 4: Metodi di misurazione delle prestazioni fotometriche UNI EN 14255-1:2005 Misurazione e valutazione dell'esposizione personale a radiazioni ottiche incoerenti - Parte 1: Radiazioni ultraviolette emesse da sorgenti artificiali nel posto di lavoro UNI EN 14255-2:2006 Misurazione e valutazione dell'esposizione personale a radiazioni ottiche incoerenti - Parte 2: Radiazioni visibili ed infrarosse emesse da sorgenti artificiali nei posti di lavoro UNI EN 14255-4:2007 Misurazione e valutazione dell'esposizione personale a radiazioni ottiche incoerenti - Parte 4: Terminologia e grandezze utilizzate per le misurazioni delle esposizioni a radiazioni UV, visibili e IR UNI EN 1837:2001 Sicurezza del macchinario - Illuminazione integrata alle macchine UNI EN 1838:2000 Applicazione dell'illuminotecnica - Illuminazione di emergenza

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corso di illuminotecnica CNR UNI 10017:1991 Illuminotecnica. Illuminanti A e D65 per la colorimetria. CNR UNI 10019:1991 Illuminotecnica. Osservatori CIE per la colorimetria. IEC/CIE 017.4-1987  International lighting vocabulary, 4th ed. (Joint publication IEC/CIE)  CIE 015:2004 Colorimetry, 3rd edition  CIE 016-1970  Daylight CIE 023-1973  International recommendations for motorway lighting  CIE 031-1976 Glare and uniformity in road lighting installations   CIE 040-1978 Calculations for interior lighting: Basic method  CIE 052-1982 Calculations for interior lighting: Applied method  CIE 055-1983 Discomfort glare in the interior working environment CIE 013.3-1995 Method of measuring and specifying colour rendering properties of light sources  CIE 066-1984 Road surfaces and lighting (joint technical report CIE/PIARC) CIE 069-1987 Methods of characterizing illuminance meters and luminance meters: Performance, characteristics and specifications CIE 088:2004 Guide for the lighting of road tunnels and underpasses, 2nd ed. CIE 140-2000 Road Lighting Calculations (Includes Rev. 1, July 2006)  CIE 054.2-2001 Retroreflection: Definition and measurement  CIE 150:2003 Guide on the limitation of the effects of obtrusive light from outdoor lighting installations  CIE 117-1995 Discomfort glare in interior lighting  CIE 127:2007 Measurement of LEDs  ISO/CIE 8995 Lighting of work places  

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