Formula del sucesso per le banche in Italia · rappresentato dalla bassa redditività attuale del...

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F=ma LA FORMULA DEL SUCCESSO PER LE BANCHE IN ITALIA AUTORI Claudio Torcellan, Partner Giovanni Viani, Partner

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F=maLA FORMULA DEL SUCCESSO PER LE BANCHE IN ITALIA

AUTORI

Claudio Torcellan, Partner

Giovanni Viani, Partner

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INTRODUZIONE

La crisi finanziaria, nata in America più di dieci anni fa e poi propagatasi in Europa, ha

dimezzato la profittabilità del sistema bancario europeo. Per quanto riguarda l’Italia, la crisi

è stata affrontata in maniera tardiva, non sistemica ma caso per caso, e di conseguenza ha

lasciato ancora diverse situazioni di debolezza; i costi della crisi, contrariamente agli altri

paesi europei, hanno gravato quasi interamente sui bilanci e sul capitale delle banche, sotto

forma di accantonamenti su crediti deteriorati, aumenti di capitale di mercato e contributi

volontari. Queste dinamiche hanno contribuito ad un ritardo nei tempi di ripresa delle

banche e dell’economia, e ad una perdurante fragilità relativa del sistema. Infine, proprio

mentre il sistema bancario italiano ha iniziato a dare segni di recupero, nuovi e preoccupanti

segnali di crisi stanno riaffiorando sia a livello globale sia nazionale.

Ma è troppo tardi per rilanciare il sistema bancario italiano, nel duplice aspetto di motore

della crescita economica e di settore che crea valore per i propri azionisti? Siamo convinti di

no, anche se il ritardo accumulato e il ripresentarsi di segnali di crisi all’orizzonte richiedono

azioni immediate e coraggiose. Sulla base delle nostre ricerche crediamo che le banche in

Italia possano tornare a essere competitive e redditizie. Abbiamo analizzato la situazione

delle realtà italiane, intervistato il management, guardato ai punti di forza evidenziati in

questi anni di crisi e abbiamo individuato i percorsi che potranno permettere loro di tornare

a crescere e creare valore in futuro.

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L’EREDITÀ DELLA CRISI

REDDITIVITÀ DIMEZZATA

Il primo effetto della crisi, guardando ai bilanci dei gruppi bancari europei e italiani, è

rappresentato dalla bassa redditività attuale del comparto. Tra il 2007 e il 2017, infatti, il RoE

medio del settore bancario in Europa si è quasi dimezzato. Il ritorno sul capitale degli istituti

del Vecchio Continente si attesta intorno al 5%: un livello che rappresenta un valore medio

anche per il sistema italiano nel suo complesso. Ma che non per questo deve rassicurare.

Il dato medio, infatti, nasconde una situazione più complessa e meno tranquillizzante

per il nostro Paese. La redditività delle banche italiane è ancora lontana dai paesi migliori

(Francia, Spagna e Paesi nordici in primis). A fronte di un RoE tra il 7 e il 9 per cento per i due

maggiori gruppi bancari italiani, le altre banche (profittevoli) si posizionano tra il 2 e il 4 per

cento, livello non sostenibile nel medio periodo (Figura 1). Inoltre è importante sottolineare

come il sistema bancario europeo, dopo il 2011/12, abbia imboccato con successo una via

virtuosa che ha portato la redditività prima a tornare in positivo e poi a crescere stabilmente,

grazie a soluzioni di sistema che hanno permesso di “ripulire” i bilanci e gettare le basi

per ripartire. Non si rileva invece un trend analogo nel comparto italiano, che si è mosso

in modo isolato, cercando soluzioni caso per caso, man mano che le crisi emergevano,

e con un contributo importante della parte “sana” del sistema. Un fatto che rende tuttora

il recupero della redditività più volatile, più fragile e maggiormente esposto a futuri

rallentamenti macroeconomici.

STOCK DI NPL

Gli stock di crediti deteriorati in pancia agli istituti di credito rappresentano l’eredità più

gravosa della crisi da cui il sistema bancario sta cercando faticosamente di uscire. I Non

Performing Loan (Npl) sono così non soltanto la coda della lunga recessione in cui si è

dibattuto il nostro Paese negli scorsi anni, ma rischiano di diventare anche l’innesco di una

possibile ricaduta del sistema in una fase di peggioramento della situazione economica nel

nostro Paese. Seppur in calo nel 2018, lo stock di Non Performing Loan rimane ancora ben

superiore alla media europea, evidenziando a fine 2017 un’incidenza pari all’11 per cento sul

totale degli impieghi, rispetto a una media europea del 4 per cento (Figura 2)

Anche in questo caso osserviamo performance divergenti tra i vari istituti bancari: in quelli

maggiori la pulizia dei bilanci è già molto avanzata, nei gruppi di medie dimensioni i lavori

sono in corso, ma rimane una parte più o meno consistente del sistema che deve ancora fare

i conti con i propri crediti problematici.

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Figura 1: Andamento ed evoluzione del RoE del sistema bancario italiano ed europeo

2007–2017, %ROE DEL SISTEMA BANCARIO, UE VS. ITALIA

ROE2007

9,7

NII

(5,3)

Commisioni

1,5

Costi

0,6

Costo del rischio

4,5

Altrevoci

3,21

ROE2017E

Altre banchegeneraliste2–4%

ISP/UCG7–9%

-4,5

Impatto positivo Impatto negativo

5,2

2007–2017, %EVOLUZIONE DEL ROE DI SISTEMA PER AGGREGATI DI P&L

0

15

5

-5

-10

10

CoE medio ITA 2017: 10,5%

2007 2009 201520132011 2017

-15

Italia UE

1. Include effetti di ricavi da negoziazione e valutazioni al fair value, minori oneri fiscali e variazione equity Fonte: SNL Financial, ECB, Analisi Oliver Wyman su bilancio delle banche Italiane e dati Prometeia «Previsione dei bilanci bancari», Maggio 2018

Figura 2: Quanto pesano i crediti deteriorati sui bilanci societari sui bilanci bancari in Europa

11

2017, %

PortogalloFrancia

3

Regno Unito

2

Germania

2

Spagna

5

15

4,0

Italia

11

Media UE

Fonte: EBA Risk Dashboard, ECB Structural Financial Indicators, Statista, World Bank

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RICAVI FRAGILI E COSTI ELEVATI

Nel primo semestre 2018 i risultati a livello di sistema italiano hanno mostrato segni di

miglioramento rispetto all’anno precedente. Tuttavia la redditività caratteristica rimane

ancora lontana dal riuscire a remunerare adeguatamente il capitale investito. II conto

economico delle banche italiane resta sotto pressione sia sul lato dei ricavi sia su quello dei

costi. Le politiche quantitative della Bce, riducendo il costo del denaro, hanno assottigliato

il margine di interesse delle banche, che costituisce ancora una parte preponderante del

business mix. Come detto, la crisi economica, contrariamente agli altri paesi europei,

ha gravato per la stragrande maggioranza sui bilanci e sul capitale delle banche sotto

forma di accantonamenti su crediti deteriorati e contributi “volontari”. A controbilanciare

parzialmente questi effetti hanno provveduto il riposizionamento del business mix verso

la gestione del risparmio, che ha portato ad un significativo aumento della componente

commissionale, e i guadagni sul portafoglio titoli governativi, connessi al quantitative

easing. In prospettiva però entrambi questi elementi appaiono potenzialmente a

rischio: sulle commissioni impatterà la crescente tutela del consumatore esercitata a

livello europeo (attraverso le varie direttive PSD2, GDPR, MIFID 2, ecc.); il portafoglio titoli

obbligazionari non riuscirà a confermare i rendimenti cedolari storici, a causa degli yield

attuali ridotti (se non nulli) e la concentrazione sui titoli di stato nazionali appare oggi un

fattore di incertezza.

Guardando poi allo scenario europeo, la progressiva diffusione dei canali digitali comporterà

un allineamento della nostra marginalità a quella osservabile in Europa. La sempre maggiore

digitalizzazione del sistema allarga infatti la competizione, riducendo di conseguenza i

margini che gli istituti possono spuntare sulla propria attività (Figura 3).

Figura 3: La pressione sui margini aumenta nei mercati in cui l’internet banking è più utilizzato

MINTER/Totale Attivo (%)

2016, %

51,0

2,0

3,0

4,0

5,0

15 25 35 45 55 65 75 85 95

Penetrazione dell’Internet banking (%)

Regno Unito

Belgio

SveziaPaesi Bassi

DanimarcaFinlandia

FranciaGermania

Austria

IrlandaSpagna

Slovenia

Portogallo

Bulgaria

Italia

Polonia

Croazia

Grecia

Fonte: EBC Datawarehouse, Eurostat

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Il riflesso di questi elementi è la dinamica della marginalità degli attivi, calcolata come margine

di intermediazione su attivo totale: rimane ancora più elevata rispetto al dato europeo (con un

2,8% medio rilevato nel 2017 contro il 2,2% nell’Eurozona), ma è in calo progressivo (dal 3%

del 2007) rispetto ad un marginale recupero del dato europeo (2% nel 2007).

Sul lato dei costi permane un livello elevato e rigido: il rapporto tra costi operativi e attivo

totale è rimasto sostanzialmente stabile, dall’1,9% del 2007 all’1,8% del 2017, confermando

un gap di efficienza rispetto alla media europea, anch’essa sostanzialmente stabile nello

stesso periodo (dall’1,3% all’1,4%) (Figura 4). Il livello elevato e rigido della struttura di

costo delle nostre banche è ascrivibile in prevalenza a tre fattori: un mercato del lavoro

non fluido, una dimensione media modesta delle nostre banche e un ritardo strutturale

nell’evoluzione digitale.

Figura 4: La profittabilità degli attivi e il peso dei costi operativi

2017 2007

Italia

3,0

2,02,2

2,8

UE

27%

COSTI OPERATIVI/TOTALE ATTIVO, Italia vs. UE, %

MINTER/TOTALE ATTIVO, Italia vs. UE, %

Italia

1,9

1,3 1,4

1,8

UE

-22%

Fonte: ECB DWH

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ISTITUTI SOTTODIMENSIONATI

Il processo di consolidamento del settore bancario ha avuto un’accelerazione con la crisi,

soprattutto nei paesi dell’Europa del Sud (Portogallo, Spagna, Grecia) colpiti come l’Italia

in maniera più pesante, ma anche in Europa. In tale contesto, il nostro settore bancario,

seppure caratterizzato da indici di concentrazione non significativamente dissimili da quelli

degli altri mercati europei, è affetto da una dimensione media degli istituti troppo piccola. A

fine 2017, l’attivo medio dei primi cinque gruppi francesi si attestava a circa 1.400 miliardi di

euro, quello britannico a 1.100 miliardi, per Spagna e Germania il valore era intorno ai 600

miliardi, mentre in Italia ci si fermava a 400 miliardi di euro (Figura 5).

Figura 5: Quanto valgono gli attivi totali nei primi cinque gruppi bancari

MEDIA TOTAL ASSET TOP 5 GRUPPI2017, €TN

Indice Concentrazione1, #

453574 250 965 519 1220

0,1

Portogallo

1,4

Francia

1,1

Regno Unito

0,6

Germania

0,6

Spagna

0,4

Italia

1. Herfidahl index: calcolato come somma dei quadrati delle quote di mercato di ciascun istituto bancario del paese, variabile tra 0 (mercato iperframmentato) e 10.000 (monopolio) Fonte: ECB Structural Financial Indicators, Statista, World Bank

RITARDO DIGITALE

Il modello operativo e distributivo italiano è ancora incentrato sulle reti fisiche e presenta una

insufficiente digitalizzazione di processi e prodotti. Il nostro sistema bancario, a fine 2016,

aveva uno dei più alti rapporti tra numero di filiali e numero di abitanti (circa 50 ogni 100mila

abitanti, secondo solo agli oltre 60 della Spagna) e al tempo stesso il più basso livello di

penetrazione dell’online banking nei Paesi europei, insieme al Portogallo. A fronte di questo

gap, i piani d’investimento digitale delle banche italiane sono, con importanti eccezioni,

ancora “timidi”. Le conseguenze della crisi e i limiti dimensionali sono anche tra le cause

dei modesti piani pluriennali di investimento programmati dagli istituti di credito del

nostro Paese (Figura 6). Accanto alla necessità di dirottare risorse e attenzione manageriale

sulla ristrutturazione dei bilanci e sul de-risking, a pesare sono anche le dimensioni del

nostro sistema bancario, insufficienti a sostenere gli investimenti necessari per digitalizzare

rapidamente il modello di business.

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Figura 6: Quanto investono sul digitale i principali gruppi europei e italiani

Totale Attivo€MLD

Orizzontetemporale

Investimenti annualizzati€MLDGruppo

Totale investimenti€MLD

1.4442016–2018 3,0SANTANDER 9,0

1.7632016–2019 1,2CRÉDIT AGRICOLE 4,9

1.9602017–2020 0,8BNP PARIBAS 3,0

2.1002015–2020 0,3HSBC 1,81

1.4742017–2020 0,2DEUTSCHE BANK 0,8

7852018–2021 0,7INTESA SANPAOLO 2,8

8272016–2018 0,4UNICREDIT 1,2

1662016–2019 <0,1BANCO BPM 0,1

1302015–2020 <0,1UBI BANCA 0,1

VS

1. Investimenti totali per 2,1 $MLD Fonte: Annual report, Comunicati stampa, Analisi Oliver Wyman

Il ritardo digitale è anche figlio di una infrastruttura Paese meno evoluta che negli altri Paesi

europei e che solo negli ultimi anni sembra voler provare a recuperare terreno, ma che

evidentemente sconta un ritardo storico. Oltre agli investimenti limitati, la ridotta diffusione

della banda larga e una conoscenza digitale limitata nel nostro Paese non hanno contribuito a

stimolare la domanda di servizi.

Il Digital Economic and Society Index, messo a punto dalla Commissione Ue, che riassume i

progressi compiuti all’interno dell’Unione Europea su una serie di indicatori chiave (connettività,

competenze digitali, servizi pubblici digitali, capitale umano, uso di internet), nel 2018 ci

posiziona al 25esimo posto (quart’ultimi nell’Europa a 28). Una arretratezza ben fotografata

sia dalla diffusione della banda larga nei nuclei famigliari (22% contro il 44% della media Ue)

sia dalla conoscenza digitale di base (44% della popolazione contro il 57% medio nell’Unione

Europea) (Figura 7).

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Figura 7: Infrastrutture e conoscenza digitale nell’Europa a 28

DIGITAL ECONOMIC AND SOCIETY INDEX SVILUPPATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA%, 20171

% nuclei familiari, 2017H11

CONOSCENZA DIGITALE% popolazione con conoscenza digitale di base, 20171

Paesi Bassi

74

Spagna

59

Portogallo

70

Regno Unito

49

UE

4440

Germania

22

ItaliaFrancia

22

Delta = 22

Paesi Bassi

79

Germania

68

Regno Unito

71

UE

57

Francia

57 55

Spagna

50

Portogallo

443

Italia

Delta = 13

DIFFUSIONE BANDA LARGA2 FISSA TRA LA POPOLAZIONE

Human capital Connettività

Usodi internet

Servizi pubblici digitali

Integrazione tecnologie digitali

Regno Unito 18 17

Spagna 14 16

UE 14 16

Portogallo 11 17

Francia 15 14

Italia 10 13

Germania 16 16

9

11

9

9

9

8

8

11Paesi Bassi

8

10

8

8

8

7

8

1019

9

7

8

7

6

6

8

1020

Media

61

58

54

53

52

44

56

70

Classifica UE 28

7

10

16

18

25

14

4

1. Commissione Europea 2. Velocità maggiore o uguale a 30 Mbps 3. Valore al 2016 per assenza del dato codificato al 201

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LE PROSSIME SFIDE

Nonostante i numerosi segnali di preoccupazione richiamati nelle pagine precedenti,

i fondamentali del mercato italiano restano strutturalmente interessanti, per la ricchezza

delle famiglie e la densità del tessuto industriale. Se questo elemento è di fondamentale

importanza per un recupero della redditività delle banche italiane, rende anche appetibile

il nostro mercato quale potenziale area di espansione per le banche europee di maggiori

dimensioni e più avanzate nel digitale: non a caso il consolidamento del sistema bancario

è tornato nuovamente in agenda in Europa e in Italia. Le sfide che attendono il nostro sistema

bancario sono quindi molteplici e complesse, ma appaiono ormai ineludibili alla luce dello

scenario competitivo che si sta disegnando sia all’interno dell’Unione Europea sia a livello globale.

Guardando in avanti, il comparto italiano appare ancora potenzialmente esposto a una serie di

fattori che ne potrebbero mettere di nuovo a rischio la stabilità. La conclusione delle politiche

monetarie di quantitative easing da parte della Bce a fine 2018 si tradurrà in prospettiva in un

maggiore costo del funding per le banche. A rendere ancora più incerte le prospettive sono

poi i problemi “paese” che si ripresentano ciclicamente, ma che ora sembrano manifestarsi

contemporaneamente: l’incertezza politica, l’aumento del differenziale dei rendimenti tra i titoli

governativi italiani e quelli degli altri Paesi dell’Eurozona, non solo quelli core, ma anche quelli

più vicini a noi per problematiche micro e macroeconomiche, l’elevato debito pubblico,

la ridotta capacità di crescita dell’economia che rende il Paese sempre a rischio di crisi

economiche, finanziarie, di funding.

In questo quadro si inserisce poi un fattore di novità costituito dalla mutata attitudine del

cliente nei confronti della banca di riferimento, che configura in prospettiva una clientela

più “mobile”: non più scelta “fideistica” e acritica, ma, come l’esperienza delle recenti crisi e

risoluzioni bancarie ha dimostrato, maggior attitudine a valutare pro e contro di una relazione e,

specialmente a fronte di percezione di maggior rischio, maggior propensità a cambiare fornitore.

Infine, le sfide giungono anche da aziende che fino a qualche decina di anni fa nemmeno

esistevano, ma che ora hanno tutti gli strumenti per entrare nell’arena bancaria, avendo

già iniziato a offrire prodotti di natura finanziaria e potendo mettere in campo massa critica,

capacità  di investimento e competenze digitali superiori alle maggiori banche non solo

italiane, ma globali. La “minaccia” al sistema finanziario tradizionale derivante dalle Big Tech

(Amazon, Apple, Facebook, Google) è ormai già reale in molti Paesi e comincia ad esserlo

anche nel nostro. Inoltre il ritardo digitale delle famiglie non si riverbera sulla fascia giovane

del mercato: la percentuale di utenti italiani tra i 22 e i 34 anni pronti ad avvalersi di servizi

finanziari offerti da Big Tech è infatti in linea con quella europea per quanto riguarda i servizi

di investimento, ed è addirittura superiore (tra i 12 e i 14 punti percentuali in più) per quanto

riguarda i servizi assicurativi e quelli bancari. Big Tech che ovviamente puntano a conquistare

quote di mercato in segmenti profittevoli, offrendo una migliore customer experience a prezzi

competitivi, erodendo ulteriormente la marginalità delle banche italiane esponendole al

rischio di divenire meri “infrastructure provider” per conti correnti e pagamenti (Figura 8).

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Figura 8: Alcune iniziative di servizi finanziari lanciati da Big Tech e il loro appeal sui giovani

Servizi assicurativi

3535

47

+12

Investment advice

44

46 46

+3

PERCENTUALE DI UTENTI TRA 22-34 ANNI CHE UTILIZZEREBBERO SERVIZI FS OFFERTI DA BIG TECH, %

Servizi bancari

38

52

40

+14

Europa1 Mondo Italia

PRODOTTI FINANZIARI LANCIATI DA BIG TECH – NON ESAUSTIVO

AMAZON PAYMENTS

AMAZON COINS

Lending

Payments Stati Uniti Regno Unito GermaniaLuxemburgo

AMAZON SME LENDING

PaymentsGlobale

PaymentsGlobale

(Passbook)

APPLE WALLET

Stati Uniti, Germania, Cina, India, Regno Unito, Francia, Spagna, Giappone

InsuranceStati UnitiRegno Unito

(financial products operator)

GOOGLE COMPARE

LendingChiuso

GOOGLE COMPARE

Payments Stati UnitiRegno Unito

MESSENGER PAYMENTS

FACEBOOK

PaymentsGlobale

APPLE PAY

Payments Stati UnitiRegno UnitoAustraliaSingapore

ANDROID PAYGOOGLE

AMAZON PROTECTInsuranceAustralia

Payments Stati UnitiRegno Unito

GOOGLE WALLET

2007 20122011 2014 20162015

1. Media risultati Benelux, Francia, Germania, Irlanda, Spagna, UK Fonte: Accenture Financial services 2017 global distribution & marketing consumer study: financial services report

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LE RISPOSTE

Le sfide sono importanti, ma non è ancora troppo tardi per le banche italiane; bisogna

però “cambiar passo”, con coraggio e velocemente. Quali sono le ricette per stare al

passo con gli investimenti e poter rimanere competitivi con i migliori gruppi europei?

Dai nostri approfondimenti e ricerche emergono una serie di spunti per il management

bancario e più di una opzione strategica. Esiste un futuro di successo a portata di molti,

anche a prescindere dalla dimensione, a condizione di diagnosticare con lucidità i propri

punti di forza e debolezza nel nuovo scenario ed agire coraggiosamente di conseguenza.

Abbiamo individuate due indirizzi, che abbiamo riassunto, parafrasando la formula della

forza (espressa nel secondo principio della dinamica ), nei due driver Massa e

Accelerazione. Il primo è chiaro: occorre crescere in termini dimensionali per generare

economie di scala. Ma non è l’unica possibilità, e non soltanto perché le nuove tecnologie

digitali sottintendono nuove competenze e nuovi modelli di funzionamento. I cambiamenti

di scenario e le relative minacce aprono infatti interessanti opportunità e l’evidenza di

molte medie e piccole banche italiane, che hanno mantenuto performance positive anche

durante la crisi, fornisce spunti importanti a coloro che, pur non avendo dimensioni rilevanti,

vogliono perseguire una trasformazione del proprio business per operare con successo in un

mercato sempre più competitivo.

MASSA

In uno scenario futuro, la dimensione sarà sempre più un fattore competitivo. Come abbiamo

visto, la dimensione permette scala negli investimenti, in termini di risorse economiche, ma

ancora di più di disponibilità di talenti da dedicare a nuove iniziative. Tutte le medie e piccole

banche italiane hanno sperimentato la difficoltà di avviare in parallelo e di concludere nei

tempi previsti più di due o tre progetti strategici alla volta, non per la mancanza di risorse

economiche, ma per la mancanza di risorse umane da dedicare a tali progetti.

La scala è dunque sempre più necessaria per gli investimenti in tecnologia e talento, che,

se ben gestiti, creano un vantaggio competitivo sostenibile. Se questo risulta già evidente

per le due grandi banche italiane, per le quali il campo di competizione è già oggi europeo,

resta una sfida da cogliere per la maggior parte delle “vigilate SSM” (il nuovo meccanismo

unico di vigilanza affidato alla Bce) che competono su scala nazionale o semi-nazionale con

le maggiori, ma dispongono di una frazione della loro capacità d’investimento in tecnologia

e talenti. La competizione sui talenti è oggi forse ancora poco percepita, ma già emergono

i primi segni di un gap crescente, ad esempio nella velocità e scala con la quale le banche

stanno creando team di analisti per sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale (AI) da

applicare in maniera sistematica all’innovazione dei processi e dei modelli di business, dalla

multicanalità al credito, al wealth & protection advisory, ai controlli antiriciclaggio (AML)

alla cybersecurity.

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Per le “vigilate SSM” quindi l’imperativo della crescita di Massa è dominante e dovrà

probabilmente essere perseguito attraverso integrazioni cross-border per le due maggiori,

mentre per le altre grandi il primo passo sarà costituito dall’integrazione con banche

domestiche di pari dimensioni. Chi si presenterà per primo con i conti in ordine (Npe ratio

sotto la soglia “psicologica” del 10%, posizione di capitale solida, cost/income competitivo)

avrà la possibilità di fare la prima mossa e garantirsi continuità e autonomia d’azione. Inoltre,

visto il gap rispetto alle altre nazioni europee, meglio sarebbe muovere prima per garantire

Massa comparabile nel possibile consolidamento cross-border, che sembra sempre più

auspicato da investitori e regolatori.

ACCELERAZIONE

Così come in Natura, la Forza, a parità di Massa, cresce con l’Accelerazione, così anche

nel banking l’alternativa all’essere grandi è quella dell’agilità. Essere agili per accelerare la

performance è la seconda opzione per i gruppi bancari italiani. Se si osserva la performance

del settore attraverso la crisi, si possono individuare molte banche medie e piccole che si

sono comportate molto meglio del mercato, nonostante una dimensione contenuta, e una

conseguente limitata capacità d’investimento (Figura 9).

Figura 9: Evoluzione della redditività in un campione di banche generaliste e specializzate

TIPOLOGIA DI BANCHE

EVOLUZIONE ROE %, 2013-2017

EVOLUZIONE C/I%, 2013-2017

BANCHE GENERALISTE

Banca Passadore Crédit AgricoleCredem

BANCHE SPECIALIZZATE NEL CREDITO

Banca FarmafactoringCompassFCA BankFindomesticIBL Banca

BANCHE SPECIALIZZATE NELLA RACCOLTA

Banca GeneraliFideuramFineco Bank

40

20

-20

2013 20152014 2016 2017

30

70

50

2013 20152014 2016 2017

80

Specialista raccoltaSpecialista credito Media ItaliaGeneralista

Fonte: Bilanci bancari, Prometeia «Previsione dei bilanci bancari», Maggio 2018, ECB, DWH, Interviste con top management bancari, Analisi Oliver Wyman

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All’osservazione esterna si fatica a trovare un comune denominatore tra le banche minori

di successo: al contrario, troviamo modelli di business molto diversi tra loro, dalla banca

commerciale tradizionale a quella specializzata per prodotto o per segmento, dalla locale

a quella sviluppata in più paesi europei, da quella digitale a quella ancora prevalentemente

fisica, da quella indipendente a quella che appartiene a grandi gruppi. Abbiamo quindi

approfondito, con il management di un campione di questi leader di “Accelerazione”,

quali possono essere stati i fattori che hanno contribuito al loro successo, e abbiamo

provato a distillarne gli elementi più ricorrenti. Ne è emerso un quadro molto interessante

e confortante, alla portata di ogni banca, grande o piccola che sia, dove gli elementi del

successo risiedono più nel “come” si conduce il business piuttosto che nelle specifiche

strategie adottate: la chiarezza sugli intent strategici, una cultura aziendale distintiva e

marcata, un’organizzazione agile e reattiva sono emersi quali fattori competitivi - distintivi e

comuni a tutte - che hanno consentito di superare con successo la crisi dell’ultimo decennio e

continuare ancora oggi ad accelerare la performance e creare valore per i propri stakeholder,

nonostante la mancanza di Massa. Vediamo più in dettaglio queste caratteristiche.

Chiarezza di intent strategico. Avere ben chiaro, e quindi condiviso e compreso a

ogni livello dell’organizzazione, dove e come l’azienda crea valore, valorizzando la

specializzazione in quello che crea la differenza con i concorrenti. Stare di conseguenza

alla larga dai segmenti e prodotti non profittevoli o molti marginali. Poi un focus

“ossessivo” sulla comprensione delle esigenze del cliente come chiave del successo,

con l’obiettivo di offrire un’esperienza “best in class”. Infine, un allineamento costante

tra gli obiettivi dell’azienda e il sistema di incentivazione del management.

Marcata e distintiva cultura aziendale. La maggioranza degli intervistati ha sottolineato

che meritocrazia, forte senso di appartenenza, valorizzazione dei talenti interni

(e spesso basso turnover), importanza della squadra rispetto al singolo, focus sui

risultati, sono elementi fondamentali che caratterizzano la cultura della propria

azienda, “sentiti”, comunicati, vissuti e considerati dal vertice come essenziali per

operare con successo. A questo si accompagnano percorsi di carriera “orizzontali”

(i movimenti in crescita avvengono non nella stessa funzione/business, ma passando

da un’area all’altra) che consentono di avere manager che conoscono più aspetti

della propria banca e più aperti ad affrontare temi nuovi e al cambiamento.

Organizzazione agile e reattiva. Le caratteristiche dell’organizzazione sono il terzo

elemento che accomuna questi “acceleratori” di performance: chiara identificazione

delle leve di business critiche per la propria strategia, e forte presidio interno delle

stesse, anche a volte con scelte controintuitive (ad esempio, banche di media/piccola

dimensione che gestiscono il sistema informativo interamente all’interno, senza

utilizzo di partner terzi e senza outsourcing; oppure che, malgrado la scala ridotta,

possiedono interamente tutte le fabbriche , in quanto considerate “integrali” alla

strategia); governance (modello di relazione tra azionisti, stakeholder e management)

efficace; infine, organizzazione piatta, con “squadra corta” e vicinanza della leadership

alla front-line, e di conseguenza processi decisionali efficienti e veloci.

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CONCLUSIONI

Le problematiche del sistema bancario italiano sono note e tutte ben intrecciate e correlate.

La presenza di un quantitativo ancora elevato di Npl, eredità della crisi economica dell’ultimo

decennio, indebolisce alla base la stabilità dei bilanci e la loro redditività, che rimane tuttora

volatile e legata alle pulizie di bilancio, e resta in ogni caso contenuta e minacciata da una

struttura di costi ben superiore alla media europea.

Le dimensioni ridotte rendono difficoltosi gli ingenti investimenti necessari per portare

innovazione e razionalizzazione all’interno degli istituti, creare nuova domanda e permettere

un incremento della redditività. Tutto questo appare evidente alla luce del confronto

con i grandi gruppi europei, e, in un futuro ormai vicino, con le banche americane e

asiatiche, senza dimenticare la minaccia di Big Tech, con servizi e offerte innovativi, elevata

digitalizzazione, attenzione al cliente, risorse tecnologiche e finanziarie enormi, possibilità di

economie di scala a livello globale.

Eppure la partita è ancora ampiamente aperta e i vincitori potranno essere numerosi, sia

tra le banche grandi sia tra quelle piccole. La crescita di scala attraverso aggregazioni, sia

domestiche sia cross-border, è un’ovvia ricetta per rafforzarsi. La “scala” è dunque sempre

più necessaria per gli investimenti in tecnologia e talento, che, se ben gestiti, creano un

vantaggio competitivo sostenibile.

D’altra parte le banche minori potranno ovviare alla mancanza di Massa. Gli elementi del

successo risiedono più nel “come” si conduce il business piuttosto che nelle specifiche

strategie adottate. Come? Accelerando la propria performance con scelte strategiche

selettive e chiare, cultura aziendale distintiva e modelli organizzativi più agili.

Infine il settore dell’intermediazione finanziaria ha caratteristiche tali che chi saprà coniugare

la Massa, con i relativi effetti su efficienza da scala, capacità di investimento e di attrazione

di talenti, con la capacità di Accelerare le proprie performance attraverso chiarezza d’intent

strategico, forte cultura aziendale e organizzazione agile e reattiva, avrà sicuramente la Forza

per emergere come vincente nei prossimi cicli economici.

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GLI AUTORI

GIOVANNI VIANI Partner, Milano

Giovanni Viani è Partner dell’ufficio di Oliver Wyman a Milano,

dove è entrato nel 2007. È attualmente responsabile del mercato

Sud-Est Europa, che comprende uffici a Milano, Atene e Istanbul.

Nel corso della sua attività in azienda ha servito gran parte delle

maggiori banche italiane e molte banche europee su temi di retail

e business banking, organizzazione e governance, strategia,

ristrutturazione, gestione dei rischi e ottimizzazione del capitale.

Prima di entrare in Oliver Wyman ha maturato una conoscenza

approfondita del settore dei financial services, grazie a una

combinazione di esperienze nelle istituzioni finanziarie – in

particolare con responsabilità nell’ambito del retail banking

per una delle maggiori banche italiane - e in un’altra società di

consulenza strategica.

Si è laureato in Discipline Economiche e Sociali all’Università

Bocconi di Milano nel 1986.

CLAUDIO TORCELLAN Partner, Milano

Claudio Torcellan è Partner dell’ufficio di Oliver Wyman a Milano e

responsabile Financial Services per l’area Sud-Est Europa. Durante

la sua esperienza decennale presso Oliver Wyman, si è occupato

e ha diretto molteplici progetti di consulenza nelle seguenti aree:

strategia e organizzazione, ottimizzazione e sviluppo.

Prima di raggiungere Oliver Wyman ha lavorato per alcune delle

maggiori istituzioni finanziarie, accumulando una significativa

esperienza sia nel commercial che nell’investment banking.

Si è laureato in Business ed Economia all’Università Cattolica

di Milano.

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GIOVANNI VIANI Partner, Milano

+39 02 30577504

[email protected]

CLAUDIO TORCELLAN Partner, Milano

+39 02 30577558

[email protected]

Oliver Wyman

+ 39 02 305771

Galleria San Babila 4B

20122 Milano

CONTATTI

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Oliver Wyman è un leader globale nella consulenza manageriale che offre una conoscenza specialistica e focalizzata su temi di strategia, operations, gestione del rischio e trasformazioni organizzative.

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