Formula del sucesso per le banche in Italia · rappresentato dalla bassa redditività attuale del...
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F=maLA FORMULA DEL SUCCESSO PER LE BANCHE IN ITALIA
AUTORI
Claudio Torcellan, Partner
Giovanni Viani, Partner
Copyright © 2018 Oliver Wyman
INTRODUZIONE
La crisi finanziaria, nata in America più di dieci anni fa e poi propagatasi in Europa, ha
dimezzato la profittabilità del sistema bancario europeo. Per quanto riguarda l’Italia, la crisi
è stata affrontata in maniera tardiva, non sistemica ma caso per caso, e di conseguenza ha
lasciato ancora diverse situazioni di debolezza; i costi della crisi, contrariamente agli altri
paesi europei, hanno gravato quasi interamente sui bilanci e sul capitale delle banche, sotto
forma di accantonamenti su crediti deteriorati, aumenti di capitale di mercato e contributi
volontari. Queste dinamiche hanno contribuito ad un ritardo nei tempi di ripresa delle
banche e dell’economia, e ad una perdurante fragilità relativa del sistema. Infine, proprio
mentre il sistema bancario italiano ha iniziato a dare segni di recupero, nuovi e preoccupanti
segnali di crisi stanno riaffiorando sia a livello globale sia nazionale.
Ma è troppo tardi per rilanciare il sistema bancario italiano, nel duplice aspetto di motore
della crescita economica e di settore che crea valore per i propri azionisti? Siamo convinti di
no, anche se il ritardo accumulato e il ripresentarsi di segnali di crisi all’orizzonte richiedono
azioni immediate e coraggiose. Sulla base delle nostre ricerche crediamo che le banche in
Italia possano tornare a essere competitive e redditizie. Abbiamo analizzato la situazione
delle realtà italiane, intervistato il management, guardato ai punti di forza evidenziati in
questi anni di crisi e abbiamo individuato i percorsi che potranno permettere loro di tornare
a crescere e creare valore in futuro.
Copyright © 2018 Oliver Wyman 1
L’EREDITÀ DELLA CRISI
REDDITIVITÀ DIMEZZATA
Il primo effetto della crisi, guardando ai bilanci dei gruppi bancari europei e italiani, è
rappresentato dalla bassa redditività attuale del comparto. Tra il 2007 e il 2017, infatti, il RoE
medio del settore bancario in Europa si è quasi dimezzato. Il ritorno sul capitale degli istituti
del Vecchio Continente si attesta intorno al 5%: un livello che rappresenta un valore medio
anche per il sistema italiano nel suo complesso. Ma che non per questo deve rassicurare.
Il dato medio, infatti, nasconde una situazione più complessa e meno tranquillizzante
per il nostro Paese. La redditività delle banche italiane è ancora lontana dai paesi migliori
(Francia, Spagna e Paesi nordici in primis). A fronte di un RoE tra il 7 e il 9 per cento per i due
maggiori gruppi bancari italiani, le altre banche (profittevoli) si posizionano tra il 2 e il 4 per
cento, livello non sostenibile nel medio periodo (Figura 1). Inoltre è importante sottolineare
come il sistema bancario europeo, dopo il 2011/12, abbia imboccato con successo una via
virtuosa che ha portato la redditività prima a tornare in positivo e poi a crescere stabilmente,
grazie a soluzioni di sistema che hanno permesso di “ripulire” i bilanci e gettare le basi
per ripartire. Non si rileva invece un trend analogo nel comparto italiano, che si è mosso
in modo isolato, cercando soluzioni caso per caso, man mano che le crisi emergevano,
e con un contributo importante della parte “sana” del sistema. Un fatto che rende tuttora
il recupero della redditività più volatile, più fragile e maggiormente esposto a futuri
rallentamenti macroeconomici.
STOCK DI NPL
Gli stock di crediti deteriorati in pancia agli istituti di credito rappresentano l’eredità più
gravosa della crisi da cui il sistema bancario sta cercando faticosamente di uscire. I Non
Performing Loan (Npl) sono così non soltanto la coda della lunga recessione in cui si è
dibattuto il nostro Paese negli scorsi anni, ma rischiano di diventare anche l’innesco di una
possibile ricaduta del sistema in una fase di peggioramento della situazione economica nel
nostro Paese. Seppur in calo nel 2018, lo stock di Non Performing Loan rimane ancora ben
superiore alla media europea, evidenziando a fine 2017 un’incidenza pari all’11 per cento sul
totale degli impieghi, rispetto a una media europea del 4 per cento (Figura 2)
Anche in questo caso osserviamo performance divergenti tra i vari istituti bancari: in quelli
maggiori la pulizia dei bilanci è già molto avanzata, nei gruppi di medie dimensioni i lavori
sono in corso, ma rimane una parte più o meno consistente del sistema che deve ancora fare
i conti con i propri crediti problematici.
2
Figura 1: Andamento ed evoluzione del RoE del sistema bancario italiano ed europeo
2007–2017, %ROE DEL SISTEMA BANCARIO, UE VS. ITALIA
ROE2007
9,7
NII
(5,3)
Commisioni
1,5
Costi
0,6
Costo del rischio
4,5
Altrevoci
3,21
ROE2017E
Altre banchegeneraliste2–4%
ISP/UCG7–9%
-4,5
Impatto positivo Impatto negativo
5,2
2007–2017, %EVOLUZIONE DEL ROE DI SISTEMA PER AGGREGATI DI P&L
0
15
5
-5
-10
10
CoE medio ITA 2017: 10,5%
2007 2009 201520132011 2017
-15
Italia UE
1. Include effetti di ricavi da negoziazione e valutazioni al fair value, minori oneri fiscali e variazione equity Fonte: SNL Financial, ECB, Analisi Oliver Wyman su bilancio delle banche Italiane e dati Prometeia «Previsione dei bilanci bancari», Maggio 2018
Figura 2: Quanto pesano i crediti deteriorati sui bilanci societari sui bilanci bancari in Europa
11
2017, %
PortogalloFrancia
3
Regno Unito
2
Germania
2
Spagna
5
15
4,0
Italia
11
Media UE
Fonte: EBA Risk Dashboard, ECB Structural Financial Indicators, Statista, World Bank
Copyright © 2018 Oliver Wyman
RICAVI FRAGILI E COSTI ELEVATI
Nel primo semestre 2018 i risultati a livello di sistema italiano hanno mostrato segni di
miglioramento rispetto all’anno precedente. Tuttavia la redditività caratteristica rimane
ancora lontana dal riuscire a remunerare adeguatamente il capitale investito. II conto
economico delle banche italiane resta sotto pressione sia sul lato dei ricavi sia su quello dei
costi. Le politiche quantitative della Bce, riducendo il costo del denaro, hanno assottigliato
il margine di interesse delle banche, che costituisce ancora una parte preponderante del
business mix. Come detto, la crisi economica, contrariamente agli altri paesi europei,
ha gravato per la stragrande maggioranza sui bilanci e sul capitale delle banche sotto
forma di accantonamenti su crediti deteriorati e contributi “volontari”. A controbilanciare
parzialmente questi effetti hanno provveduto il riposizionamento del business mix verso
la gestione del risparmio, che ha portato ad un significativo aumento della componente
commissionale, e i guadagni sul portafoglio titoli governativi, connessi al quantitative
easing. In prospettiva però entrambi questi elementi appaiono potenzialmente a
rischio: sulle commissioni impatterà la crescente tutela del consumatore esercitata a
livello europeo (attraverso le varie direttive PSD2, GDPR, MIFID 2, ecc.); il portafoglio titoli
obbligazionari non riuscirà a confermare i rendimenti cedolari storici, a causa degli yield
attuali ridotti (se non nulli) e la concentrazione sui titoli di stato nazionali appare oggi un
fattore di incertezza.
Guardando poi allo scenario europeo, la progressiva diffusione dei canali digitali comporterà
un allineamento della nostra marginalità a quella osservabile in Europa. La sempre maggiore
digitalizzazione del sistema allarga infatti la competizione, riducendo di conseguenza i
margini che gli istituti possono spuntare sulla propria attività (Figura 3).
Figura 3: La pressione sui margini aumenta nei mercati in cui l’internet banking è più utilizzato
MINTER/Totale Attivo (%)
2016, %
51,0
2,0
3,0
4,0
5,0
15 25 35 45 55 65 75 85 95
Penetrazione dell’Internet banking (%)
Regno Unito
Belgio
SveziaPaesi Bassi
DanimarcaFinlandia
FranciaGermania
Austria
IrlandaSpagna
Slovenia
Portogallo
Bulgaria
Italia
Polonia
Croazia
Grecia
Fonte: EBC Datawarehouse, Eurostat
4
Il riflesso di questi elementi è la dinamica della marginalità degli attivi, calcolata come margine
di intermediazione su attivo totale: rimane ancora più elevata rispetto al dato europeo (con un
2,8% medio rilevato nel 2017 contro il 2,2% nell’Eurozona), ma è in calo progressivo (dal 3%
del 2007) rispetto ad un marginale recupero del dato europeo (2% nel 2007).
Sul lato dei costi permane un livello elevato e rigido: il rapporto tra costi operativi e attivo
totale è rimasto sostanzialmente stabile, dall’1,9% del 2007 all’1,8% del 2017, confermando
un gap di efficienza rispetto alla media europea, anch’essa sostanzialmente stabile nello
stesso periodo (dall’1,3% all’1,4%) (Figura 4). Il livello elevato e rigido della struttura di
costo delle nostre banche è ascrivibile in prevalenza a tre fattori: un mercato del lavoro
non fluido, una dimensione media modesta delle nostre banche e un ritardo strutturale
nell’evoluzione digitale.
Figura 4: La profittabilità degli attivi e il peso dei costi operativi
2017 2007
Italia
3,0
2,02,2
2,8
UE
27%
COSTI OPERATIVI/TOTALE ATTIVO, Italia vs. UE, %
MINTER/TOTALE ATTIVO, Italia vs. UE, %
Italia
1,9
1,3 1,4
1,8
UE
-22%
Fonte: ECB DWH
Copyright © 2018 Oliver Wyman
ISTITUTI SOTTODIMENSIONATI
Il processo di consolidamento del settore bancario ha avuto un’accelerazione con la crisi,
soprattutto nei paesi dell’Europa del Sud (Portogallo, Spagna, Grecia) colpiti come l’Italia
in maniera più pesante, ma anche in Europa. In tale contesto, il nostro settore bancario,
seppure caratterizzato da indici di concentrazione non significativamente dissimili da quelli
degli altri mercati europei, è affetto da una dimensione media degli istituti troppo piccola. A
fine 2017, l’attivo medio dei primi cinque gruppi francesi si attestava a circa 1.400 miliardi di
euro, quello britannico a 1.100 miliardi, per Spagna e Germania il valore era intorno ai 600
miliardi, mentre in Italia ci si fermava a 400 miliardi di euro (Figura 5).
Figura 5: Quanto valgono gli attivi totali nei primi cinque gruppi bancari
MEDIA TOTAL ASSET TOP 5 GRUPPI2017, €TN
Indice Concentrazione1, #
453574 250 965 519 1220
0,1
Portogallo
1,4
Francia
1,1
Regno Unito
0,6
Germania
0,6
Spagna
0,4
Italia
1. Herfidahl index: calcolato come somma dei quadrati delle quote di mercato di ciascun istituto bancario del paese, variabile tra 0 (mercato iperframmentato) e 10.000 (monopolio) Fonte: ECB Structural Financial Indicators, Statista, World Bank
RITARDO DIGITALE
Il modello operativo e distributivo italiano è ancora incentrato sulle reti fisiche e presenta una
insufficiente digitalizzazione di processi e prodotti. Il nostro sistema bancario, a fine 2016,
aveva uno dei più alti rapporti tra numero di filiali e numero di abitanti (circa 50 ogni 100mila
abitanti, secondo solo agli oltre 60 della Spagna) e al tempo stesso il più basso livello di
penetrazione dell’online banking nei Paesi europei, insieme al Portogallo. A fronte di questo
gap, i piani d’investimento digitale delle banche italiane sono, con importanti eccezioni,
ancora “timidi”. Le conseguenze della crisi e i limiti dimensionali sono anche tra le cause
dei modesti piani pluriennali di investimento programmati dagli istituti di credito del
nostro Paese (Figura 6). Accanto alla necessità di dirottare risorse e attenzione manageriale
sulla ristrutturazione dei bilanci e sul de-risking, a pesare sono anche le dimensioni del
nostro sistema bancario, insufficienti a sostenere gli investimenti necessari per digitalizzare
rapidamente il modello di business.
6
Figura 6: Quanto investono sul digitale i principali gruppi europei e italiani
Totale Attivo€MLD
Orizzontetemporale
Investimenti annualizzati€MLDGruppo
Totale investimenti€MLD
1.4442016–2018 3,0SANTANDER 9,0
1.7632016–2019 1,2CRÉDIT AGRICOLE 4,9
1.9602017–2020 0,8BNP PARIBAS 3,0
2.1002015–2020 0,3HSBC 1,81
1.4742017–2020 0,2DEUTSCHE BANK 0,8
7852018–2021 0,7INTESA SANPAOLO 2,8
8272016–2018 0,4UNICREDIT 1,2
1662016–2019 <0,1BANCO BPM 0,1
1302015–2020 <0,1UBI BANCA 0,1
VS
1. Investimenti totali per 2,1 $MLD Fonte: Annual report, Comunicati stampa, Analisi Oliver Wyman
Il ritardo digitale è anche figlio di una infrastruttura Paese meno evoluta che negli altri Paesi
europei e che solo negli ultimi anni sembra voler provare a recuperare terreno, ma che
evidentemente sconta un ritardo storico. Oltre agli investimenti limitati, la ridotta diffusione
della banda larga e una conoscenza digitale limitata nel nostro Paese non hanno contribuito a
stimolare la domanda di servizi.
Il Digital Economic and Society Index, messo a punto dalla Commissione Ue, che riassume i
progressi compiuti all’interno dell’Unione Europea su una serie di indicatori chiave (connettività,
competenze digitali, servizi pubblici digitali, capitale umano, uso di internet), nel 2018 ci
posiziona al 25esimo posto (quart’ultimi nell’Europa a 28). Una arretratezza ben fotografata
sia dalla diffusione della banda larga nei nuclei famigliari (22% contro il 44% della media Ue)
sia dalla conoscenza digitale di base (44% della popolazione contro il 57% medio nell’Unione
Europea) (Figura 7).
Copyright © 2018 Oliver Wyman
Figura 7: Infrastrutture e conoscenza digitale nell’Europa a 28
DIGITAL ECONOMIC AND SOCIETY INDEX SVILUPPATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA%, 20171
% nuclei familiari, 2017H11
CONOSCENZA DIGITALE% popolazione con conoscenza digitale di base, 20171
Paesi Bassi
74
Spagna
59
Portogallo
70
Regno Unito
49
UE
4440
Germania
22
ItaliaFrancia
22
Delta = 22
Paesi Bassi
79
Germania
68
Regno Unito
71
UE
57
Francia
57 55
Spagna
50
Portogallo
443
Italia
Delta = 13
DIFFUSIONE BANDA LARGA2 FISSA TRA LA POPOLAZIONE
Human capital Connettività
Usodi internet
Servizi pubblici digitali
Integrazione tecnologie digitali
Regno Unito 18 17
Spagna 14 16
UE 14 16
Portogallo 11 17
Francia 15 14
Italia 10 13
Germania 16 16
9
11
9
9
9
8
8
11Paesi Bassi
8
10
8
8
8
7
8
1019
9
7
8
7
6
6
8
1020
Media
61
58
54
53
52
44
56
70
Classifica UE 28
7
10
16
18
25
14
4
1. Commissione Europea 2. Velocità maggiore o uguale a 30 Mbps 3. Valore al 2016 per assenza del dato codificato al 201
8
LE PROSSIME SFIDE
Nonostante i numerosi segnali di preoccupazione richiamati nelle pagine precedenti,
i fondamentali del mercato italiano restano strutturalmente interessanti, per la ricchezza
delle famiglie e la densità del tessuto industriale. Se questo elemento è di fondamentale
importanza per un recupero della redditività delle banche italiane, rende anche appetibile
il nostro mercato quale potenziale area di espansione per le banche europee di maggiori
dimensioni e più avanzate nel digitale: non a caso il consolidamento del sistema bancario
è tornato nuovamente in agenda in Europa e in Italia. Le sfide che attendono il nostro sistema
bancario sono quindi molteplici e complesse, ma appaiono ormai ineludibili alla luce dello
scenario competitivo che si sta disegnando sia all’interno dell’Unione Europea sia a livello globale.
Guardando in avanti, il comparto italiano appare ancora potenzialmente esposto a una serie di
fattori che ne potrebbero mettere di nuovo a rischio la stabilità. La conclusione delle politiche
monetarie di quantitative easing da parte della Bce a fine 2018 si tradurrà in prospettiva in un
maggiore costo del funding per le banche. A rendere ancora più incerte le prospettive sono
poi i problemi “paese” che si ripresentano ciclicamente, ma che ora sembrano manifestarsi
contemporaneamente: l’incertezza politica, l’aumento del differenziale dei rendimenti tra i titoli
governativi italiani e quelli degli altri Paesi dell’Eurozona, non solo quelli core, ma anche quelli
più vicini a noi per problematiche micro e macroeconomiche, l’elevato debito pubblico,
la ridotta capacità di crescita dell’economia che rende il Paese sempre a rischio di crisi
economiche, finanziarie, di funding.
In questo quadro si inserisce poi un fattore di novità costituito dalla mutata attitudine del
cliente nei confronti della banca di riferimento, che configura in prospettiva una clientela
più “mobile”: non più scelta “fideistica” e acritica, ma, come l’esperienza delle recenti crisi e
risoluzioni bancarie ha dimostrato, maggior attitudine a valutare pro e contro di una relazione e,
specialmente a fronte di percezione di maggior rischio, maggior propensità a cambiare fornitore.
Infine, le sfide giungono anche da aziende che fino a qualche decina di anni fa nemmeno
esistevano, ma che ora hanno tutti gli strumenti per entrare nell’arena bancaria, avendo
già iniziato a offrire prodotti di natura finanziaria e potendo mettere in campo massa critica,
capacità di investimento e competenze digitali superiori alle maggiori banche non solo
italiane, ma globali. La “minaccia” al sistema finanziario tradizionale derivante dalle Big Tech
(Amazon, Apple, Facebook, Google) è ormai già reale in molti Paesi e comincia ad esserlo
anche nel nostro. Inoltre il ritardo digitale delle famiglie non si riverbera sulla fascia giovane
del mercato: la percentuale di utenti italiani tra i 22 e i 34 anni pronti ad avvalersi di servizi
finanziari offerti da Big Tech è infatti in linea con quella europea per quanto riguarda i servizi
di investimento, ed è addirittura superiore (tra i 12 e i 14 punti percentuali in più) per quanto
riguarda i servizi assicurativi e quelli bancari. Big Tech che ovviamente puntano a conquistare
quote di mercato in segmenti profittevoli, offrendo una migliore customer experience a prezzi
competitivi, erodendo ulteriormente la marginalità delle banche italiane esponendole al
rischio di divenire meri “infrastructure provider” per conti correnti e pagamenti (Figura 8).
Copyright © 2018 Oliver Wyman
Figura 8: Alcune iniziative di servizi finanziari lanciati da Big Tech e il loro appeal sui giovani
Servizi assicurativi
3535
47
+12
Investment advice
44
46 46
+3
PERCENTUALE DI UTENTI TRA 22-34 ANNI CHE UTILIZZEREBBERO SERVIZI FS OFFERTI DA BIG TECH, %
Servizi bancari
38
52
40
+14
Europa1 Mondo Italia
PRODOTTI FINANZIARI LANCIATI DA BIG TECH – NON ESAUSTIVO
AMAZON PAYMENTS
AMAZON COINS
Lending
Payments Stati Uniti Regno Unito GermaniaLuxemburgo
AMAZON SME LENDING
PaymentsGlobale
PaymentsGlobale
(Passbook)
APPLE WALLET
Stati Uniti, Germania, Cina, India, Regno Unito, Francia, Spagna, Giappone
InsuranceStati UnitiRegno Unito
(financial products operator)
GOOGLE COMPARE
LendingChiuso
GOOGLE COMPARE
Payments Stati UnitiRegno Unito
MESSENGER PAYMENTS
PaymentsGlobale
APPLE PAY
Payments Stati UnitiRegno UnitoAustraliaSingapore
ANDROID PAYGOOGLE
AMAZON PROTECTInsuranceAustralia
Payments Stati UnitiRegno Unito
GOOGLE WALLET
2007 20122011 2014 20162015
1. Media risultati Benelux, Francia, Germania, Irlanda, Spagna, UK Fonte: Accenture Financial services 2017 global distribution & marketing consumer study: financial services report
10
LE RISPOSTE
Le sfide sono importanti, ma non è ancora troppo tardi per le banche italiane; bisogna
però “cambiar passo”, con coraggio e velocemente. Quali sono le ricette per stare al
passo con gli investimenti e poter rimanere competitivi con i migliori gruppi europei?
Dai nostri approfondimenti e ricerche emergono una serie di spunti per il management
bancario e più di una opzione strategica. Esiste un futuro di successo a portata di molti,
anche a prescindere dalla dimensione, a condizione di diagnosticare con lucidità i propri
punti di forza e debolezza nel nuovo scenario ed agire coraggiosamente di conseguenza.
Abbiamo individuate due indirizzi, che abbiamo riassunto, parafrasando la formula della
forza (espressa nel secondo principio della dinamica ), nei due driver Massa e
Accelerazione. Il primo è chiaro: occorre crescere in termini dimensionali per generare
economie di scala. Ma non è l’unica possibilità, e non soltanto perché le nuove tecnologie
digitali sottintendono nuove competenze e nuovi modelli di funzionamento. I cambiamenti
di scenario e le relative minacce aprono infatti interessanti opportunità e l’evidenza di
molte medie e piccole banche italiane, che hanno mantenuto performance positive anche
durante la crisi, fornisce spunti importanti a coloro che, pur non avendo dimensioni rilevanti,
vogliono perseguire una trasformazione del proprio business per operare con successo in un
mercato sempre più competitivo.
MASSA
In uno scenario futuro, la dimensione sarà sempre più un fattore competitivo. Come abbiamo
visto, la dimensione permette scala negli investimenti, in termini di risorse economiche, ma
ancora di più di disponibilità di talenti da dedicare a nuove iniziative. Tutte le medie e piccole
banche italiane hanno sperimentato la difficoltà di avviare in parallelo e di concludere nei
tempi previsti più di due o tre progetti strategici alla volta, non per la mancanza di risorse
economiche, ma per la mancanza di risorse umane da dedicare a tali progetti.
La scala è dunque sempre più necessaria per gli investimenti in tecnologia e talento, che,
se ben gestiti, creano un vantaggio competitivo sostenibile. Se questo risulta già evidente
per le due grandi banche italiane, per le quali il campo di competizione è già oggi europeo,
resta una sfida da cogliere per la maggior parte delle “vigilate SSM” (il nuovo meccanismo
unico di vigilanza affidato alla Bce) che competono su scala nazionale o semi-nazionale con
le maggiori, ma dispongono di una frazione della loro capacità d’investimento in tecnologia
e talenti. La competizione sui talenti è oggi forse ancora poco percepita, ma già emergono
i primi segni di un gap crescente, ad esempio nella velocità e scala con la quale le banche
stanno creando team di analisti per sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale (AI) da
applicare in maniera sistematica all’innovazione dei processi e dei modelli di business, dalla
multicanalità al credito, al wealth & protection advisory, ai controlli antiriciclaggio (AML)
alla cybersecurity.
Copyright © 2018 Oliver Wyman
Per le “vigilate SSM” quindi l’imperativo della crescita di Massa è dominante e dovrà
probabilmente essere perseguito attraverso integrazioni cross-border per le due maggiori,
mentre per le altre grandi il primo passo sarà costituito dall’integrazione con banche
domestiche di pari dimensioni. Chi si presenterà per primo con i conti in ordine (Npe ratio
sotto la soglia “psicologica” del 10%, posizione di capitale solida, cost/income competitivo)
avrà la possibilità di fare la prima mossa e garantirsi continuità e autonomia d’azione. Inoltre,
visto il gap rispetto alle altre nazioni europee, meglio sarebbe muovere prima per garantire
Massa comparabile nel possibile consolidamento cross-border, che sembra sempre più
auspicato da investitori e regolatori.
ACCELERAZIONE
Così come in Natura, la Forza, a parità di Massa, cresce con l’Accelerazione, così anche
nel banking l’alternativa all’essere grandi è quella dell’agilità. Essere agili per accelerare la
performance è la seconda opzione per i gruppi bancari italiani. Se si osserva la performance
del settore attraverso la crisi, si possono individuare molte banche medie e piccole che si
sono comportate molto meglio del mercato, nonostante una dimensione contenuta, e una
conseguente limitata capacità d’investimento (Figura 9).
Figura 9: Evoluzione della redditività in un campione di banche generaliste e specializzate
TIPOLOGIA DI BANCHE
EVOLUZIONE ROE %, 2013-2017
EVOLUZIONE C/I%, 2013-2017
BANCHE GENERALISTE
Banca Passadore Crédit AgricoleCredem
BANCHE SPECIALIZZATE NEL CREDITO
Banca FarmafactoringCompassFCA BankFindomesticIBL Banca
BANCHE SPECIALIZZATE NELLA RACCOLTA
Banca GeneraliFideuramFineco Bank
40
20
-20
2013 20152014 2016 2017
30
70
50
2013 20152014 2016 2017
80
Specialista raccoltaSpecialista credito Media ItaliaGeneralista
Fonte: Bilanci bancari, Prometeia «Previsione dei bilanci bancari», Maggio 2018, ECB, DWH, Interviste con top management bancari, Analisi Oliver Wyman
12
All’osservazione esterna si fatica a trovare un comune denominatore tra le banche minori
di successo: al contrario, troviamo modelli di business molto diversi tra loro, dalla banca
commerciale tradizionale a quella specializzata per prodotto o per segmento, dalla locale
a quella sviluppata in più paesi europei, da quella digitale a quella ancora prevalentemente
fisica, da quella indipendente a quella che appartiene a grandi gruppi. Abbiamo quindi
approfondito, con il management di un campione di questi leader di “Accelerazione”,
quali possono essere stati i fattori che hanno contribuito al loro successo, e abbiamo
provato a distillarne gli elementi più ricorrenti. Ne è emerso un quadro molto interessante
e confortante, alla portata di ogni banca, grande o piccola che sia, dove gli elementi del
successo risiedono più nel “come” si conduce il business piuttosto che nelle specifiche
strategie adottate: la chiarezza sugli intent strategici, una cultura aziendale distintiva e
marcata, un’organizzazione agile e reattiva sono emersi quali fattori competitivi - distintivi e
comuni a tutte - che hanno consentito di superare con successo la crisi dell’ultimo decennio e
continuare ancora oggi ad accelerare la performance e creare valore per i propri stakeholder,
nonostante la mancanza di Massa. Vediamo più in dettaglio queste caratteristiche.
Chiarezza di intent strategico. Avere ben chiaro, e quindi condiviso e compreso a
ogni livello dell’organizzazione, dove e come l’azienda crea valore, valorizzando la
specializzazione in quello che crea la differenza con i concorrenti. Stare di conseguenza
alla larga dai segmenti e prodotti non profittevoli o molti marginali. Poi un focus
“ossessivo” sulla comprensione delle esigenze del cliente come chiave del successo,
con l’obiettivo di offrire un’esperienza “best in class”. Infine, un allineamento costante
tra gli obiettivi dell’azienda e il sistema di incentivazione del management.
Marcata e distintiva cultura aziendale. La maggioranza degli intervistati ha sottolineato
che meritocrazia, forte senso di appartenenza, valorizzazione dei talenti interni
(e spesso basso turnover), importanza della squadra rispetto al singolo, focus sui
risultati, sono elementi fondamentali che caratterizzano la cultura della propria
azienda, “sentiti”, comunicati, vissuti e considerati dal vertice come essenziali per
operare con successo. A questo si accompagnano percorsi di carriera “orizzontali”
(i movimenti in crescita avvengono non nella stessa funzione/business, ma passando
da un’area all’altra) che consentono di avere manager che conoscono più aspetti
della propria banca e più aperti ad affrontare temi nuovi e al cambiamento.
Organizzazione agile e reattiva. Le caratteristiche dell’organizzazione sono il terzo
elemento che accomuna questi “acceleratori” di performance: chiara identificazione
delle leve di business critiche per la propria strategia, e forte presidio interno delle
stesse, anche a volte con scelte controintuitive (ad esempio, banche di media/piccola
dimensione che gestiscono il sistema informativo interamente all’interno, senza
utilizzo di partner terzi e senza outsourcing; oppure che, malgrado la scala ridotta,
possiedono interamente tutte le fabbriche , in quanto considerate “integrali” alla
strategia); governance (modello di relazione tra azionisti, stakeholder e management)
efficace; infine, organizzazione piatta, con “squadra corta” e vicinanza della leadership
alla front-line, e di conseguenza processi decisionali efficienti e veloci.
Copyright © 2018 Oliver Wyman
CONCLUSIONI
Le problematiche del sistema bancario italiano sono note e tutte ben intrecciate e correlate.
La presenza di un quantitativo ancora elevato di Npl, eredità della crisi economica dell’ultimo
decennio, indebolisce alla base la stabilità dei bilanci e la loro redditività, che rimane tuttora
volatile e legata alle pulizie di bilancio, e resta in ogni caso contenuta e minacciata da una
struttura di costi ben superiore alla media europea.
Le dimensioni ridotte rendono difficoltosi gli ingenti investimenti necessari per portare
innovazione e razionalizzazione all’interno degli istituti, creare nuova domanda e permettere
un incremento della redditività. Tutto questo appare evidente alla luce del confronto
con i grandi gruppi europei, e, in un futuro ormai vicino, con le banche americane e
asiatiche, senza dimenticare la minaccia di Big Tech, con servizi e offerte innovativi, elevata
digitalizzazione, attenzione al cliente, risorse tecnologiche e finanziarie enormi, possibilità di
economie di scala a livello globale.
Eppure la partita è ancora ampiamente aperta e i vincitori potranno essere numerosi, sia
tra le banche grandi sia tra quelle piccole. La crescita di scala attraverso aggregazioni, sia
domestiche sia cross-border, è un’ovvia ricetta per rafforzarsi. La “scala” è dunque sempre
più necessaria per gli investimenti in tecnologia e talento, che, se ben gestiti, creano un
vantaggio competitivo sostenibile.
D’altra parte le banche minori potranno ovviare alla mancanza di Massa. Gli elementi del
successo risiedono più nel “come” si conduce il business piuttosto che nelle specifiche
strategie adottate. Come? Accelerando la propria performance con scelte strategiche
selettive e chiare, cultura aziendale distintiva e modelli organizzativi più agili.
Infine il settore dell’intermediazione finanziaria ha caratteristiche tali che chi saprà coniugare
la Massa, con i relativi effetti su efficienza da scala, capacità di investimento e di attrazione
di talenti, con la capacità di Accelerare le proprie performance attraverso chiarezza d’intent
strategico, forte cultura aziendale e organizzazione agile e reattiva, avrà sicuramente la Forza
per emergere come vincente nei prossimi cicli economici.
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GLI AUTORI
GIOVANNI VIANI Partner, Milano
Giovanni Viani è Partner dell’ufficio di Oliver Wyman a Milano,
dove è entrato nel 2007. È attualmente responsabile del mercato
Sud-Est Europa, che comprende uffici a Milano, Atene e Istanbul.
Nel corso della sua attività in azienda ha servito gran parte delle
maggiori banche italiane e molte banche europee su temi di retail
e business banking, organizzazione e governance, strategia,
ristrutturazione, gestione dei rischi e ottimizzazione del capitale.
Prima di entrare in Oliver Wyman ha maturato una conoscenza
approfondita del settore dei financial services, grazie a una
combinazione di esperienze nelle istituzioni finanziarie – in
particolare con responsabilità nell’ambito del retail banking
per una delle maggiori banche italiane - e in un’altra società di
consulenza strategica.
Si è laureato in Discipline Economiche e Sociali all’Università
Bocconi di Milano nel 1986.
CLAUDIO TORCELLAN Partner, Milano
Claudio Torcellan è Partner dell’ufficio di Oliver Wyman a Milano e
responsabile Financial Services per l’area Sud-Est Europa. Durante
la sua esperienza decennale presso Oliver Wyman, si è occupato
e ha diretto molteplici progetti di consulenza nelle seguenti aree:
strategia e organizzazione, ottimizzazione e sviluppo.
Prima di raggiungere Oliver Wyman ha lavorato per alcune delle
maggiori istituzioni finanziarie, accumulando una significativa
esperienza sia nel commercial che nell’investment banking.
Si è laureato in Business ed Economia all’Università Cattolica
di Milano.
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GIOVANNI VIANI Partner, Milano
+39 02 30577504
CLAUDIO TORCELLAN Partner, Milano
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20122 Milano
CONTATTI
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ASIA-PACIFICO
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