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1 FONDI STRUTTURALI 2021-2027 Lucio Scognamiglio Presidente Eurosportello Confesercenti [email protected] 1. Il quadro generale La Commissione europea ha presentato il 2 maggio 2018 il nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027. La proposta di bilancio, che alloca le necessarie risorse finanziarie per conseguire le priorità politiche dell’UE, è oggetto di una roadmap finalizzata al raggiungimento di un accordo tra i Capi di Governo degli Stati membri entro il 2019. Il bilancio proposto rimane ridotto (il limite superiore di spesa dei vari programmi è previsto in 1.135 miliardi di euro, a prezzi 2018, pari all’1,11% del PIL dell’UE a 27, sostanzialmente stabile rispetto al settennio precedente), ma continua lo spostamento verso progetti “comuni” (innovazione, investimenti infrastrutturali e politiche di sicurezza e gestione dei fenomeni migratori) con ridimensionamento delle politiche tradizionali (la politica di coesione e la PAC a prezzi costanti subirebbero un decurtamento di risorse pari rispettivamente al 7 e al 12 per cento). (NB: Per l’Italia è una sfida importante: sia le nostre imprese, in prevalenza piccole e poco innovative, che le nostre amministrazioni pubbliche sono in genere meno capaci di proporre progetti innovativi laddove i fondi europei sono distribuiti a mezzo di bandi.) Si mira a semplificazione e aumento trasparenza struttura del bilancio (con minore frammentazione dei programmi e delle fonti di finanziamento), riduzione oneri amministrativi per i beneficiari e per le autorità di gestione (con norme più coerenti e omogenee tra programmi) e accrescimento flessibilità (sia all’interno dei singoli programmi sia tra programmi) a fronte di eventi imprevisti e nuove emergenze. La Commissione propone di: 1. ampliare la propria quota di gettito dei dazi doganali, dimezzando (al 10 per cento) la quota trattenuta dagli Stati membri a titolo di spese di riscossione; 2. semplificare i contributi nazionali basate sull’IVA e sul reddito nazionale, eliminando progressivamente tutte le correzioni e le riduzioni forfettarie di cui beneficiano alcuni Stati membri; 3. istituire tre nuove risorse proprie. In particolare, confluirebbero nel bilancio della UE: una quota pari al 20 per cento delle entrate provenienti dal sistema di scambio delle quote di emissioni nocive; un’entrata pari al 3 per cento della base imponibile armonizzata delle imposte sulle società (in corso di definizione); un’imposta sugli imballaggi in plastica non riciclati, pari a 0,8 euro per kg.

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FONDI STRUTTURALI 2021-2027

Lucio Scognamiglio Presidente Eurosportello Confesercenti [email protected]

1. Il quadro generale

La Commissione europea ha presentato il 2 maggio 2018 il nuovo quadro finanziario

pluriennale 2021-2027. La proposta di bilancio, che alloca le necessarie risorse finanziarie per

conseguire le priorità politiche dell’UE, è oggetto di una roadmap finalizzata al raggiungimento

di un accordo tra i Capi di Governo degli Stati membri entro il 2019.

− Il bilancio proposto rimane ridotto (il limite superiore di spesa dei vari programmi è

previsto in 1.135 miliardi di euro, a prezzi 2018, pari all’1,11% del PIL dell’UE a 27,

sostanzialmente stabile rispetto al settennio precedente), ma continua lo spostamento

verso progetti “comuni” (innovazione, investimenti infrastrutturali e politiche di

sicurezza e gestione dei fenomeni migratori) con ridimensionamento delle politiche

tradizionali (la politica di coesione e la PAC a prezzi costanti subirebbero un

decurtamento di risorse pari rispettivamente al 7 e al 12 per cento).

(NB: Per l’Italia è una sfida importante: sia le nostre imprese, in prevalenza piccole e

poco innovative, che le nostre amministrazioni pubbliche sono in genere meno capaci

di proporre progetti innovativi laddove i fondi europei sono distribuiti a mezzo di

bandi.)

− Si mira a semplificazione e aumento trasparenza struttura del bilancio (con minore

frammentazione dei programmi e delle fonti di finanziamento), riduzione oneri

amministrativi per i beneficiari e per le autorità di gestione (con norme più coerenti e

omogenee tra programmi) e accrescimento flessibilità (sia all’interno dei singoli

programmi sia tra programmi) a fronte di eventi imprevisti e nuove emergenze.

− La Commissione propone di:

1. ampliare la propria quota di gettito dei dazi doganali, dimezzando (al 10 per

cento) la quota trattenuta dagli Stati membri a titolo di spese di riscossione;

2. semplificare i contributi nazionali basate sull’IVA e sul reddito nazionale,

eliminando progressivamente tutte le correzioni e le riduzioni forfettarie di cui

beneficiano alcuni Stati membri;

3. istituire tre nuove risorse proprie. In particolare, confluirebbero nel bilancio

della UE: una quota pari al 20 per cento delle entrate provenienti dal sistema

di scambio delle quote di emissioni nocive; un’entrata pari al 3 per cento della

base imponibile armonizzata delle imposte sulle società (in corso di

definizione); un’imposta sugli imballaggi in plastica non riciclati, pari a 0,8 euro

per kg.

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Il Bilancio contiene anche le dotazioni finanziarie a sostegno delle politiche di coesione da

realizzare attraverso i fondi strutturali. Al fine di favorire l’attuazione delle riforme necessarie

al corretto utilizzo dei fondi assegnati ai singoli Stati membri (“condizioni abilitanti" che gli

Stati membri devono soddisfare per poter ricevere il finanziamento), il Bilancio presentato

dalla Commissione prevede un programma di sostegno alla Riforme con una dotazione

complessiva di 25 miliardi. Riconoscendo che l’attuazione delle riforme rimane di competenza

nazionale, l’iniziativa della Commissione trova giustificazione nel fatto che la crisi ha

dimostrato come le mancate riforme in un paese possa avere ricadute negative sugli altri,

soprattutto all’interno dell’area dell’euro, e nella constatazione che le raccomandazioni rivolte

ai singoli paesi dal 2011, nell’ambito del cd Semestre europeo, vengono spesso disattese.

2. Le politiche di coesione

Le politiche di coesione vengono attuate attraverso i 7 Fondi strutturali e di investimento

europei che non sono gestiti direttamente dalla Commissione europea, bensì attuati in

partenariato con gli Stati membri che compartecipano finanziariamente in misura variabile,

nel quadro delle priorità definite dalla Commissione europea:

− FC: Fondo di coesione

− FEAMP: Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca

− FESR: Fondo europeo di sviluppo regionale

− FSE+: Fondo sociale europeo Plus

− AMIF: Fondo Asilo e migrazione

− BMVI: Strumento per la gestione delle frontiere e i visti

− ISF: Fondo per la Sicurezza interna

Un programma è costituito da priorità. Ciascuna priorità corrisponde a un unico obiettivo

strategico che consiste di uno o più obiettivi specifici. Più priorità possono corrispondere allo

stesso obiettivo strategico.

Secondo le attuali proposte di regolamento, le politiche di coesione dovrebbero continuare a

interessare potenzialmente tutte le regioni europee, anche quelle all’interno di paesi più

ricchi, con una suddivisione dei territori, come nel corrente ciclo, in tre fasce, “meno

sviluppati”, “in transizione” e “più sviluppati”. L’allocazione dei fondi tra le regioni

continuerebbe a essere largamente basata sul PIL pro capite (81 per cento del peso), ma

verrebbero aggiunti nuovi criteri, legati in particolare al mercato del lavoro (disoccupazione,

disoccupazione giovanile, livello di istruzione; peso: 15 per cento), all’accoglienza di migranti

(3 per cento) e all’emissione di gas serra (1 per cento).

− Le risorse comunitarie dei fondi FESR e FSE a disposizione dell’Italia per il ciclo 2021-

2027 ammonterebbero a 38,6 miliardi (a prezzi del 2018), un dato in crescita del 6 per

cento rispetto al precedente ciclo. Nella proposta post-2020, la riduzione relativa del

Fondo di Coesione a favore degli altri fondi strutturali (FESR e FSE+) nonché l’utilizzo

di ulteriori criteri oltre al PIL pro capite (in particolare il tasso di disoccupazione, molto

elevato nel Mezzogiorno), avvantaggerà le regioni italiane rispetto a molte regioni

dell’Est Europa.

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− Rispetto al ciclo precedente, l’Italia registra inoltre il declassamento di alcune regioni,

in particolare Molise e Sardegna da regioni “in transizione” a “meno sviluppate”, e

Umbria e Marche da regioni “più sviluppate” a “in transizione”. I primi tre casi sono

imputabili a una performance economica relativamente peggiore rispetto alla media

europea. Nel caso delle Marche vi influisce anche il previsto ampliamento della fascia

delle regioni “in transizione”, che interesserebbe quelle il cui PIL pro capite è compreso

tra il 75 e il 100 per cento della media dell’UE27 (fino al 90 nel ciclo 2014-2020).

− Il tasso di co-finanziamento degli Stati membri verrebbe aumentato e riportato ai livelli

precedenti la crisi. Seppur ridotta nel ciclo 2014-2020, la quota di co-finanziamento

nazionale in Italia era già più elevata della media europea.

− Le priorità di investimento dei diversi Fondi verrebbero accorpate e si ridurrebbero

dagli attuali 11 Obiettivi tematici della programmazione 2014-2020 a 5 Obiettivi

strategici definiti anche come Obiettivi di Policy (OP) articolati in Obiettivi Specifici

(OS):

OP 1) "un'Europa più intelligente attraverso la promozione di una trasformazione economica

intelligente e innovativa", provvedendo a:

I. rafforzare le capacità di ricerca e di innovazione e l'introduzione di tecnologie

avanzate;

II. permettere ai cittadini, alle imprese e alle amministrazioni pubbliche di cogliere i

vantaggi della digitalizzazione;

III. rafforzare la crescita e la competitività delle PMI;

IV. sviluppare le competenze per la specializzazione intelligente, la transizione industriale

e l'imprenditorialità;

OP 2) "un'Europa più verde e a basse emissioni di carbonio attraverso la promozione di una

transizione verso un'energia pulita ed equa, di investimenti verdi e blu, dell'economia

circolare, dell'adattamento ai cambiamenti climatici e della gestione e prevenzione dei rischi",

provvedendo a:

I. promuovere misure di efficienza energetica;

II. promuovere le energie rinnovabili;

III. sviluppare sistemi, reti e impianti di stoccaggio energetici intelligenti a livello locale;

IV. promuovere l'adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi e la

resilienza alle catastrofi;

V. promuovere la gestione sostenibile dell'acqua;

VI. promuovere la transizione verso un'economia circolare;

VII. rafforzare la biodiversità, le infrastrutture verdi nell'ambiente urbano e ridurre

l'inquinamento;

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OP 3) "un'Europa più connessa attraverso il rafforzamento della mobilità e della connettività

regionale alle TIC", provvedendo a:

I. rafforzare la connettività digitale;

II. sviluppare una rete TEN-T intermodale, sicura, intelligente, resiliente ai cambiamenti

climatici e sostenibile;

III. sviluppare una mobilità locale, regionale e nazionale, intelligente, intermodale,

resiliente ai cambiamenti climatici e sostenibile, migliorando l'accesso alla rete TEN-T

e la mobilità transfrontaliera;

IV. promuovere la mobilità urbana multimodale sostenibile;

OP 4) "un'Europa più sociale attraverso l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali",

provvedendo a:

I. rafforzare l'efficacia dei mercati del lavoro e l'accesso a un'occupazione di qualità,

mediante lo sviluppo dell'innovazione e delle infrastrutture sociali;

II. migliorare l'accesso a servizi di qualità e inclusivi nel campo dell'istruzione, della

formazione e dell'apprendimento permanente, mediante lo sviluppo di infrastrutture;

III. aumentare l'integrazione socioeconomica delle comunità emarginate, dei migranti e

dei gruppi svantaggiati, mediante misure integrate riguardanti alloggi e servizi sociali;

IV. garantire la parità di accesso all'assistenza sanitaria mediante lo sviluppo di

infrastrutture, compresa l'assistenza sanitaria di base;

OP 5) "un'Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e

integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali" provvedendo a:

I. promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato, il patrimonio

culturale e la sicurezza nelle aree urbane;

II. promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato a livello locale, il

patrimonio culturale e la sicurezza, anche per le aree rurali e costiere, tra l'altro

mediante iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo.

(NB:

- Per maggiori dettagli riguardanti il funzionamento del FESR e del Fondo di

Coesione: https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:8d2f7140-6375-

11e8-ab9c-01aa75ed71a1.0018.03/DOC_1&format=PDF

- Per maggiori dettagli riguardanti gli indicatori comuni di output e di risultato per il

FESR e il Fondo di coesione https://eur-

lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:8d2f7140-6375-11e8-ab9c-

01aa75ed71a1.0018.03/DOC_2&format=PDF

- Per un quadro sinottico complessivo https://eur-

lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:8d2f7140-6375-11e8-ab9c-

01aa75ed71a1.0018.03/DOC_3&format=PDF)

− I primi due obiettivi raccoglierebbero tra il 65-85 per cento delle risorse del FESR. La

distribuzione esatta delle risorse tra gli obiettivi, seppur vincolata dai regolamenti

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europei, rimane comunque una prerogativa degli Stati e delle Regioni, decisa

attraverso il cd. Accordo di partenariato.

− Nella proposta di regolamento sulle disposizioni comuni per sette fondi UE (FESR, FC,

FSE+, FEAMP, AMIF, ISF, BMVI) sono previsti vari interventi per la semplificazione delle

procedure e la riduzione dei controlli (sulla base del principio del cd. Audit unico), al

fine di evitare duplicazioni e oneri eccessivi per i beneficiari dei progetti. Si ridurrebbe

così la complessità amministrativa dei programmi, elemento che nel caso italiano è

considerato da tutti gli operatori coinvolti come uno degli ostacoli più rilevanti. Il

contrasto all’altrettanto diffuso rischio di corruzione andrà affidato ad altri strumenti

meno burocratici.

− Sempre a fini di maggior flessibilità e semplificazione, i programmi acquisirebbero una

durata quinquennale, al termine dei quali si terrebbe una valutazione intermedia (mid-

term review) e una riprogrammazione per gli ultimi due anni. Per l’Italia, dove alla fine

del quinto anno dell’attuale ciclo di programmazione la spesa effettuata ammontava

al 22,9 per cento della dotazione disponibile, la quota di risorse da ri-programmare

potrebbe essere significativa.

− È previsto infine un maggior legame tra la politica di coesione e le raccomandazioni

formulate ai paesi membri nell’ambito del Semestre europeo, sia nella fase di

programmazione iniziale sia nella riprogrammazione successiva alla mid-term review.

− Dal 2019, i negoziati sulla futura politica di coesione (Accordo di Partenariato) sono

collegati ai risultati delle verifiche effettuate dalla Commissione per ciascun Paese

nell’ambito del Semestre Europeo. La Commissione nel Country Report 2019 ha

individuato per l’Italia le seguenti priorità d’investimento (Allegato D):

1. Promuovere la diffusione di tecnologie avanzate e della digitalizzazione per

promuovere la crescita della produttività e la competitività delle imprese.

2. Promuovere l'efficienza energetica, una gestione sostenibile delle acque e dei

rifiuti e la transizione verso l’economia circolare.

3. Migliorare la connettività digitale attraverso reti a banda larga ad altissima

capacità e la rete di trasporto ferroviario con investimenti nelle tratte regionali

e completando la rete transeuropea.

4. Migliorare l’inclusione sociale ed economica, la capacità di assistenza sanitarie

e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro

5. Migliorare la capacità delle istituzioni e dei servizi del mercato del lavoro e

combattere il lavoro sommerso

6. Attuare strategie territoriali in sinergia con gli altri obiettivi politici per

promuovere lo sviluppo economico e sociale delle zone periferiche e/o più

povere. Promuovere il patrimonio culturale e dare sostegno alle imprese nel

settore culturale e creativo.

− Sarebbero mantenute sia le condizionalità ex-ante, rinominate condizioni abilitanti e

ridotte in numero a circa 20 (la metà rispetto al ciclo 2014-2020), sia le misure volte a

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vincolare l’erogazione dei fondi al rispetto delle regole della governance economica

europea (cd. condizionalità macroeconomica), che prevedono la possibilità di

sospendere gli impegni o i pagamenti a uno o più programmi di uno Stato membro nel

caso in cui esso non adotti azioni efficaci per correggere un eventuale disavanzo

eccessivo o non adempia a un programma di aggiustamento macroeconomico.

(In parte tratto da: Audizione su Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 dell’Unione

europea - Paolo Sestito, Capo del Servizio Struttura Economica della Banca d’Italia)

− Ciascuno Stato membro redige un accordo di partenariato che espone le modalità per un

impiego efficace ed efficiente dei fondi per il periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre

2027.

− Lo Stato membro presenta l'accordo di partenariato alla Commissione prima della

presentazione del primo programma o contestualmente.

− L'accordo di partenariato contiene gli elementi seguenti:

o gli obiettivi strategici selezionati (definiti anche come Obiettivi di Policy),

comprensivi dell'indicazione di quali fondi e programmi perseguiranno detti

obiettivi strategici e della relativa giustificazione;

o per ciascuno degli obiettivi strategici: una sintesi delle scelte strategiche e dei

principali risultati attesi per ciascuno dei fondi, la dotazione finanziaria, la sintesi

delle azioni che lo Stato adotta per rafforzare la propria capacità amministrativa,

nonché anche norme tecniche di coordinamento e gestione dei fondi.

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3. Avvio del confronto partenariale in Italia per la programmazione 2021‐

2027 (https://www.youtube.com/channel/UCuvVjMNGwaDIKE-N2MMvbxQ?app=desktop)

La politica di coesione 2021-2027 rinnova l’ambizione di rilanciare attenzione su grandi

traguardi europei sintetizzati in modo evocativo dai titoli dei cinque grandi obiettivi di policy

proposti (un’Europa più intelligente, più verde, più connessa, più sociale, più vicina ai

cittadini). In tale contesto, la politica mantiene i suoi caratteri multi tematici e, attraverso la

declinazione degli obiettivi specifici dei regolamenti di Fondo (FESR e FSE+), presenta un largo

campo di potenzialità di intervento.

Il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha

avviato a marzo 2019 il confronto partenariale in Italia per la programmazione 2021‐2027,

definendo criteri e finalità dei 5 Tavoli di confronto ciascuno dei quali dedicato ad affrontare i

singoli cinque grandi obiettivi di policy proposti dalla Commissione europea. Ferma restando

tale cornice, per finalizzare e rendere concreta la discussione partenariale sono stati proposti,

quale guida al percorso di programmazione quattro temi unificanti:

- lavoro di qualità

- territorio e risorse naturali per le generazioni future

- omogeneità e qualità dei servizi per i cittadini

- cultura veicolo di coesione economica e sociale

che ambiscono a mettere in luce le specifiche sfide che l’Italia deve continuare ad affrontare

per concorrere ai grandi obiettivi europei. Tali “temi unificanti” sono stati identificati a partire

dalle numerose analisi, sollecitazioni e indicazioni sulle principali questioni con cui

confrontarsi per la coesione economica, sociale e territoriale del Paese, oggi e per le

generazioni future. Non si tratta di una proposta alternativa alla struttura della

programmazione delineata nei Regolamenti, ma piuttosto un modo di riflettere

trasversalmente all’interno di quella struttura, per orientare il percorso di programmazione

sia nella fase più generale e sia nella fase in cui si faranno le scelte di dettaglio.

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La dimensione delle sfere raffigura, per ciascun Obiettivo di policy, il numero di OS (Obiettivi

Specifici, vedi sopra pag. 3) considerati di interesse per i temi unificanti. Le scelte da compiere

ai Tavoli devono quindi essere fatte in relazione ai 4 traguardi unificanti proprio per favorire

opportune sinergie nell’impostazione della programmazione di ciascuno dei primi quattro

grandi obiettivi di policy.

Nel caso dell’obiettivo territoriale (OP5 - che promuove lo sviluppo sostenibile e integrato

delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali, con soli due Obiettivi specifici nel

FESR con riferimento a diversi tipi di territori e approcci alle strategie urbane e locali), la natura

integrata e multi-settoriale segnala comunque la necessità di considerare in maniera integrata

tutti gli OS, ma impone un ragionamento ed un metodo appropriato nell’individuare priorità

e strumenti per affrontare ai diversi livelli territoriali le sfide poste dai temi unificanti.

5 Tavoli

- uno per ciascun grande Obiettivo di Policy

- composizione: amministrazioni e partenariato

- ogni tavolo avrà un presidio di coordinamento-facilitazione 4 incontri per Tavolo

(maggio – giugno – luglio - settembre)

- il terzo incontro interamente dedicato all’intervento nel Mezzogiorno 1 prodotto

finale per Tavolo

Mandati dei Tavoli:

- come i temi unificanti si relazionano con gli Obiettivi di Policy e gli Obiettivi specifici

dei Regolamenti 21-27?

- come agiscono e agiranno le altre politiche concomitanti (coesione nazionale,

politica ordinaria) in relazione ai 4 temi unificanti?

- come individuare adeguatamente i Risultati operativi attesi - più delimitati rispetto

agli ampi obiettivi specifici (dettagliando tipologie di intervento e/o azioni

considerando dati, esperienze, apprendimenti valutativi rilevanti)

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- per i Risultati operativi proposti esplicitare: gruppi, territori interessati e tempi

- Per le Azioni proposte, esplicitare:

o caratteristiche salienti e capacità richieste

o ipotesi di dimensionamento

o addizionalità: diversità o rafforzamento rispetto a altre azioni (non coesione

UE) concomitanti

o grado di continuità con azioni già in corso o che si avvieranno a breve

(comunque finanziate)

o possibilità e modalità per mettere in campo le azioni proposte in anticipo

(prima dell’avvio formale del ciclo 2021-2027)

(tratto da PCM – Dipartimento per le Politiche di Coesione: La politica di coesione 2021-2027

- Temi unificanti: quali e perché, connessioni con i Regolamenti, primi spunti per la discussione

partenariale

https://agcult.it/files/articoli/documenti/PROGRAMMAZIONE%202021_2027_PRESENTAZIONE%20A

VVIO%20LAVORI_DPCOE_ANPAL_ROMA%2027%20MARZO%202019.pdf)

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4. Le macro-tematiche di interesse

Dal quadro articolato e complesso finora descritto emergono alcune macro-tematiche

nell’ambito delle quali possono inserirsi interventi e/o azioni suscettibili di coinvolgere le

imprese del terziario. In particolare di seguito (evidenziati in giallo) vengono riportati gli

obiettivi specifici riferiti a ciascun Tavolo partenariale, oltre alla raccomandazioni emergenti

dal Country Report per l’Italia più attinenti alle Imprese del terziario e ai territori.

Le proposte dovranno non solo evidenziare la coerenza con le priorità strategiche individuate

dalla Commissione (Obiettivi di Policy) ma anche evidenziare il loro contributo concreto -

attraverso i risultati operativi attesi (per dettagli vedi: https://eur-

lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:8d2f7140-6375-11e8-ab9c-

01aa75ed71a1.0018.03/DOC_2&format=PDF) - al raggiungimento degli Obiettivi Specifici o

alla soddisfazione delle Raccomandazioni per l’Italia contenute nel Country Report della

Commissione. Più in generale dovranno - per quanto possibile - rispondere al mandato dei

Tavoli di confronto partenariale soprattutto con riferimento ai quattro temi unificanti:

- lavoro di qualità

- territorio e risorse naturali per le generazioni future

- omogeneità e qualità dei servizi per i cittadini

- cultura veicolo di coesione economica e sociale

essendo poi cura dei coordinatori valutare e recepire le proposte nei documenti finali.

Trattando i Tavoli di priorità strategiche di ampia portata le proposte di interventi/azioni

dovranno avere natura trasversale piuttosto che settoriale. In questo senso diventa cruciale

elaborare le proposte in un’ottica partenariale valutando la possibilità di coinvolgere nelle

proposte altri soggetti pubblici o privati con i quali è possibile sviluppare una comunanza di

interessi e una visione condivisa in grado di rafforzare azioni e interventi.

4.1 Tavolo 1 "Europa più intelligente”: promozione della trasformazione

economica innovativa

a) Permettere ai cittadini, alle imprese e alle amministrazioni pubbliche di cogliere i

vantaggi della digitalizzazione. Promuovere la diffusione di tecnologie avanzate e

della digitalizzazione per promuovere la crescita della produttività e la competitività

delle imprese (Raccomandazione del Country Report).

b) Rafforzare la crescita e la competitività delle PMI;

c) Sviluppare le competenze per la specializzazione intelligente, la transizione industriale

e l'imprenditorialità

Il Tavolo 1 tratta la tematica del passaggio all’economia digitale che non riguarda solo le punte

più avanzate della ricerca e della tecnologia, ma riguarda anche tutte le altre imprese a

prescindere da tipologie e dimensioni sulle quali ha (e avrà sempre più in seguito) un impatto

pervasivo dal quale nessuno sarà escluso. Insieme allo Sviluppo locale (Tavolo 5) si tratta della

principale sfida dei prossimi anni per le tutte le imprese comprese quelle del terziario. In vista

della prossima programmazione 2021 – 2027, queste risultanze inducono a porre una

maggiore attenzione a strategie, politiche e strumenti diretti a sostenere più diffusamente i

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processi d’innovazione, non solo quelli più legati alla ricerca avanzata e alle nuove tecnologie,

ma anche quelli di tipo organizzativo e di rafforzamento della capacità amministrativa con

interventi calibrati sulle imprese più piccole e sui territori.

Dal tavolo partenariale emergono – soprattutto come posizione della Commissione europea -

Con riferimento al punto a) occorre mettere in evidenza che:

- La digitalizzazione è un fenomeno trasversale che investe appunto Cittadini, Imprese

e PA. In questo senso proposte a supporto della digitalizzazione per le imprese del

terziario avranno probabilmente maggior impatto se integrate con quelle delle altre

tipologie di soggetti coinvolti in questi processi. Occorre infatti considerare che le

imprese del terziario sono uno dei vertici del triangolo relazionale con Cittadini e

Imprese, per cui la digitalizzazione dovrebbe tendenzialmente favorire un processo

integrato basato su modelli di cambiamento culturale condiviso anche con gli altri.

Un’altra criticità riguarda le agevolazioni riguardanti la digitalizzazione.

- Gli strumenti attualmente disponibili sono concepiti per l’industria con riferimento alle

cd tecnologie abilitanti, quindi inapplicabili per tutto il non manifatturiero. Considerati

i numeri e la diffusione delle piccole e micro imprese del terziario occorrerebbe

formulare una strategia articolata in misure di supporto dirette ad assicurare un “entry

level” digitale diffuso che avrebbe un significativo impatto al rafforzamento della

competitività di queste aziende che hanno scontato l’impatto economico maggiore

derivante dalla “rivoluzione digitale” iniziata con l’economia delle piattaforme (vedi

Amazon, Airbnb, Uber, Alibaba …). Non a caso dalle risultanze dell’indagine

dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano emerge

qualche segnale di cambiamento digitale solo nelle imprese di maggiori dimensioni del

commercio e nella distribuzione organizzata, qualche timido segnale nelle medie

aziende e praticamente nessuno in quelle piccole e micro.

Con riferimento al punto b) occorre mettere in evidenza che:

- Per il rafforzamento della competitività delle PMI non esiste uno strumento valido per

tutte. Al di là degli altri fattori che incidono fortemente sulla competitività (come

l’efficienza della PA, la diminuzione del carico degli oneri amministrativi e la

razionalizzazione di quelli fiscali, per un quadro più generale si rimanda la Country

Report per l’Italia), un aspetto peculiare di supporto alla competitività è disporre delle

risorse adeguate. Gran parte delle PMI del terziario sono poco patrimonializzate e

hanno difficoltà di accedere al credito anche per avviare processi di innovazione.

Consentire a queste imprese un accesso agevolato al credito attraverso il

rafforzamento del ruolo dei Confidi rappresenterebbe un’effettiva leva di supporto alla

competitività. In questo senso i fondi potrebbero essere finalizzati proprio alla

digitalizzazione e all’innovazione e i Confidi potrebbero avere anche un ruolo attivo

nella valutazione dell’azienda.

- La trasformazione digitale non si attua semplicemente con l’adozione di una soluzione

o di una piattaforma tecnologica ma implica un cambiamento più radicale che investe

il modello di business, le relazioni con le altre imprese operanti sul territorio, le

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capacità e le competenze interne (per un approfondimento vedi Impresa 4.0: Guida al

Cambiamento). Sarebbe altrettanto utile predisporre una gamma di soluzioni che

consenta di declinare in maniera ampia gli strumenti di ingegneria finanziaria finalizzati

a favorire l’accesso al credito per avere un significativo impatto al rafforzamento della

competitività di queste aziende che hanno scontato l’impatto economico maggiore

derivante dalla “rivoluzione digitale” iniziata con l’economia delle piattaforme (vedi

Amazon, Airbnb, Uber, Alibaba …). Non a caso dalle risultanze dell’indagine

dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano emerge

qualche segnale di cambiamento digitale solo nelle imprese di maggiori dimensioni del

commercio e nella distribuzione organizzata, qualche timido segnale nelle medie

aziende e praticamente nessuno in quelle piccole e micro.

- Commercio e Turismo non solo sono intimamente legati all’economia dei territori, ma

anche a tutti gli altri temi unificanti che fanno da raccordo trasversale ai diversi tavoli

di confronto. In questa ottica sarebbe opportuno favorire interventi a supporto ad

azioni di sistema diretti sia a enfatizzare gli attrattori territoriali sia piattaforme di

servizi condivisi in grado a rendere maggiormente fruibili la conoscenza delle

peculiarità locali, l’accesso ai luoghi, l’offerta dei servizi di accoglienza (cultura,

ristorazione, soggiorno ecc.).

Con riferimento al punto c) occorre ribadire che il concetto di innovazione è ampio e non

riguarda solo la ricerca scientifica e tecnologica. Il riferimento principale è nel Manuale di Oslo

che descrive diverse tipologie di innovazione che riguardano anche i processi, il design,

l’organizzazione, il marketing e l’accesso a nuovi mercati; tutti profili tipici delle aziende non

manifatturiere. Nella programmazione in atto gli interventi più importanti hanno tuttavia

prevalentemente riguardato (soprattutto in alcune Regioni come Piemonte e in Toscana) le

industrie più grandi e avanzate puntando sull’effetto “trascinamento” della filiera. Dalle prime

valutazioni in questi casi è mancato l’effetto “addizionalità” nel senso che non si registrano

benefici a favore dell’innovazione diffusa per l’economia dei territori che resta l’obiettivo

principale da conseguire. (Ad esempio dalla Nota di aggiornamento di medio periodo della

Strategia di Ricerca e Innovazione per la Smart Specialisation in Toscana del 2018 emerge che:

“Particolarmente bassi sono, i valori relativi all’introduzione di innovazioni tecnologiche od

organizzative e, più in generale, al peso che i settori a più alta intensità tecnologica o di

conoscenza hanno nell’economia regionale, nonostante i picchi di crescita di alcuni comparti

(farmaceutica) e l’emergenza di alcune economie legate allo sviluppo e all’applicazione di

soluzioni informatiche sul modello del paradigma 4.0. Emerge in modo particolare la bassa

presenza di servizi ad alto contenuto di conoscenza, ad indicare una bassa qualificazione del

settore terziario più orientato alla produzione di servizi per le famiglie che a quelli per le

imprese.”). A tal fine occorrerebbe fare una riflessione a livello regionale sull’attuazione e sui

risultati della Smart Specialisation Strategy, cercando di avviare un confronto anche politico

con le Amministrazioni regionali e le Autorità di Gestione dei POR FESR al fine di inserire nella

nuova programmazione assi e misure più adatti a favorire processi di innovazione diffusa

piuttosto che concentrata solo sui settori ad altissima specializzazione.

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4.2 Tavolo 2 "Europa più verde”: promozione di una transizione verso un'energia

pulita ed equa

a) Promuovere misure di efficienza energetica;

b) Promuovere le energie rinnovabili;

c) Promuovere la transizione verso un'economia circolare;

d) Rafforzare la biodiversità, le infrastrutture verdi nell'ambiente urbano e ridurre

l'inquinamento;

e) Promuovere l'efficienza energetica, una gestione sostenibile delle acque e dei rifiuti e

la transizione verso l’economia circolare (Raccomandazione del Country Report).

Le imprese del terziario come possono rispondere alle attuali sfide energetiche e ambientali?

Seppure si tratta di effetti legati a politiche macro piuttosto che micro, anche in questo caso

siamo di fronte a un progressivo cambiamento di paradigma culturale che investe i

comportamenti di Imprese, Cittadini e PA. In quest’ottica progetti integrati, che

contribuiscano all’affermarsi di un’attenzione e di una sensibilità maggiore che coinvolga

anche le imprese del commercio e del turismo, possono avere effetti positivi non solo sotto il

profilo ambientale, ma anche sotto quello economico. Si pensi alla maggiore attrattività degli

spazi urbani con infrastrutture verdi adeguate (le aiuole “adottate” da commercianti sono

indicative di questo legame). Un’altra sfida particolarmente importante è quella legata

all’economia circolare e più in generale alla riduzione degli sprechi.

- Come possono inserirsi le aziende, soprattutto della somministrazione, in questo

processo?

- Quale ruolo possono avere queste imprese nell’affermazione di nuovi modelli

culturali e comportamentali?

4.3 Tavolo 3 "Europa più connessa”: rafforzamento della mobilità e della

connettività regionale

a) rafforzare la connettività digitale;

b) promuovere la mobilità urbana multimodale sostenibile.

Operare in un territorio adeguatamente connesso alle reti è la pre-condizione indispensabile

per il progressivo passaggio a un’economia digitale. Parimenti anche dal punto di vista della

mobilità è essenziale assicurare l’accesso ai territori.

- Come può il tessuto economico locale contribuire con progetti integrati a favorire

questi processi?

4.4 Tavolo 4 "Europa più sociale”: attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali

a) Rafforzare l'efficacia dei mercati del lavoro e l'accesso a un'occupazione di qualità,

mediante lo sviluppo dell'innovazione e delle infrastrutture sociali;

b) Aumentare l'integrazione socioeconomica delle comunità emarginate, dei migranti e

dei gruppi svantaggiati, mediante misure integrate riguardanti alloggi e servizi sociali

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c) Migliorare la capacità delle istituzioni e dei servizi del mercato del lavoro e combattere

il lavoro sommerso (Raccomandazione del Country Report).

d) Migliorare l’inclusione sociale ed economica, la capacità di assistenza sanitarie e la

partecipazione delle donne al mercato del lavoro (Raccomandazione del Country

Report).

I comparti più del commercio e del turismo accedono al mercato del lavoro per cui l’efficienza

dell’incontro tra domanda e offerta in base a profili professionali definiti rappresenta un

importante fattore di competitività.

- Come può il tessuto economico locale contribuire con progetti integrati a favorire

questi processi?

- Qual è il ruolo della donna imprenditrice, come potrebbe migliorare la qualità di

vita attraverso misure mirate della quali possano beneficiare anche le dipendenti?

A tal proposito sarebbe opportuno considerare di intervenire con azioni o progetti diretti:

- A innalzare il livello di qualificazione professionale degli addetti con riferimento alle

nuove tecnologie digitali e ai processi di aggregazione tra imprese. Questo tipo di

competenze sarebbero dirette a far assorbire a questi settori non solo personale

ad alta intensità di manodopera, ma anche a formare e inserire personale con

capacità strategiche e ad alto valore aggiunto in grado di accompagnale le aziende

nei processi di trasformazione digitale.

- A promuovere progetti condivisi con altri partner diretti a favorire l’impegno delle

donne con maggiore attenzione ai tempi di lavoro, l’integrazione socioeconomica

delle comunità svantaggiate in modo che i territori che li ospitano possano

trasformare una criticità in vantaggio soprattutto in termini di miglioramento dei

servizi pubblici e di presidio.

4.5 Tavolo 5 "Europa più vicina ai cittadini”: promozione dello sviluppo sostenibile

e integrato

a) Promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato, il patrimonio

culturale e la sicurezza nelle aree urbane;

b) Promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato a livello locale, il

patrimonio culturale e la sicurezza, anche per le aree rurali e costiere, tra l'altro

mediante iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo;

c) Attuare strategie territoriali in sinergia con gli altri obiettivi politici per promuovere lo

sviluppo economico e sociale delle zone periferiche e/o più povere. Promuovere il

patrimonio culturale e dare sostegno alle imprese nel settore culturale e creativo

(Raccomandazione del Country Report).

Lo sviluppo locale è definito come un processo di interazione tra soggetti locali (pubblici,

privati, ecc) che condividono, in modo esplicito o implicito, una idea di sviluppo basata sulla

valorizzazione delle risorse e delle ricchezze, materiali e non, di cui quel territorio dispone. Tali

soggetti locali, radicati nel territorio sia per vicinanza che per conoscenza, possono riuscire

meglio a comprendere, attivare, modificare e gestire le dinamiche socioeconomiche locali in

modo più efficace e duraturo rispetto a interventi esclusivamente esterni. Il territorio quindi

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sarà tanto più competitivo, anche a livello globale, quanto più sarà capace di individuare e

perseguire una propria strategia di sviluppo che massimizzi le specificità locali nel suo

complesso, il cosiddetto milieu locale.

Ne deriva che, data la capacità degli attori locali di individuare potenzialità e limiti del sistema

locale territoriale, obiettivi da definire e strategie da assumere, lo sviluppo locale non può

essere settoriale ma legato a politiche multidimensionali, integrate e intersettoriali in cui il

territorio è elemento centrale.

In questo modo il territorio diventa soggetto distinto attivo nello sviluppo con un proprio

patrimonio, valori e capitale e lo sviluppo locale è il processo di progettazione che il territorio

individua assumendo un ruolo tanto più attivo quanto maggiori e varie sono le risorse, i valori

territoriali, gli attori locali e la loro capacità di azione e di autorganizzarsi. (Tratto da Barbara

Nicolai: Lo sviluppo locale: dai modelli teorici alla nuova programmazione europea 2014 –

2020)

Lo scenario appena descritto è quello dove si gioca l’altra partita importante per le imprese

del terziario in quanto il territorio rappresenta – insieme all’innovazione - l’elemento fondante

della loro competitività in termini di attrattività, fruibilità, sostenibilità, valorizzazione delle

peculiarità locali. Se migliora il milieu economico locale, migliora anche quello aziendale. (Per

un esempio di partenariato progettuale vedi Paradigma Impresa 4.0).

La Commissione Europea conferma per il post 2020 la rilevanza dello sviluppo territoriale,

quale sfida da affrontare per far sì che le risorse dei fondi creino massa critica e apportino un

conseguente più efficace beneficio ai territori di riferimento. La proposta di Regolamento

Diposizioni Comuni dedica al tema particolare attenzione, introducendo per la prima volta un

obiettivo di policy dedicato “Un’Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello

sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali”,

dettando al contempo, negli artt. da 22 a 28, un quadro di regole più semplice e flessibile per

attuare le strategie territoriali. (Per approfondimenti: Teresa Cianni: Le prospettive dello

sviluppo territoriale nella programmazione dei fondi SIE 2021-2027).

Per quanto riguarda specificamente il commercio, di recente l’UE ha ribadito che “Un piccolo

commercio al dettaglio florido è essenziale per mantenere vitali i centri urbani europei e

mantenere in salute il commercio al dettaglio nelle zone rurali. I piccoli dettaglianti sono

un’importante fonte di occupazione e di attività economica. Essi, inoltre, rafforzano le

comunità e offrono ai clienti vantaggi quali la prossimità, l’accessibilità e servizi personalizzati.

Negli ultimi decenni, tuttavia, i piccoli dettaglianti hanno dovuto fare i conti con un numero

crescente di problemi, dovuti in gran parte ai cambiamenti radicali intervenuti nelle abitudini

di acquisto e di vendita. Il settore del commercio al dettaglio è stato testimone di un diffuso

passaggio dai piccoli negozi generalisti ai grandi magazzini, il che si è tradotto nella necessità

sempre più stringente per i negozianti locali di mantenersi competitivi sul prezzo. In tempi

recenti la nuova sfida da affrontare è la rivoluzione digitale.” (Guida pratica per promuovere

la rivitalizzazione e la modernizzazione del piccolo commercio al dettaglio – Unione europea

2018 da cui è stata tratta anche la Piramide delle Soluzioni).

Il piccolo commercio viene quindi riconosciuto come elemento fondante per la sostenibilità

economico sociale dei territori. A distanza di circa vent’anni l’UE torna a interessarsi di questo

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settore produttivo che, pur continuando a non rientrare nelle competenze comunitarie

(essendo la relativa regolamentazione prerogativa degli Stati membri), assume rilevanza

politica per rafforzare le strategie di coesione. La rinnovata attenzione dell’UE per il piccolo

commercio rappresenta quindi un fattore cruciale per evidenziare la sua dimensione

territoriale e quindi per rendere coerenti le condizioni regolamentari e contenutistiche

dell’Accordo di Partenariato e dei POR con misure a suo sostegno nel quadro di iniziative,

progetti e azioni afferenti allo sviluppo del territorio (urbano, rurale, periferico…).

La Guida indica un approccio (basato su storie di successo raccolte tra le migliori pratiche

europee, replicabili anche a livello locale) per avviare iniziative di rivitalizzazione e di

modernizzazione del commercio. Quella suggerita dall’UE (La Piramide delle Soluzioni) in

realtà è anche un’importante cornice metodologica adatta per costruire interventi di

innovazione organizzativa di più ampio respiro che, partendo dal commercio al dettaglio,

investono ambiti territoriali omogenei.