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INDICE

IFEL - ANCI

14/07/2014 Il Giornale - Milano

Corsa contro il tempo per approvare i conti: rischiano di slittare i lavori nelle scuole7

14/07/2014 Il Secolo XIX - Imperia

MAURO BOZZARELLI VICE COORDINATORE PROTEZIONE CIVILE8

14/07/2014 Il Piccolo di Trieste - Nazionale

Duino Aurisina "ritorna" a Trieste9

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Case, il rebus dei nuovi valori11

14/07/2014 Gazzetta di Caserta

Bilancio di previsione rinviato a settembre13

FINANZA LOCALE

14/07/2014 Corriere della Sera - Nazionale

«No alle lobby Così cambiamo la pubblica amministrazione»15

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

La cedolare-affitti? In 3mila comuni è «superleggera»17

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

La compilazione resta variabile20

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Dal 2015 contabilità al restyling21

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Compensi elettorali in cerca di certezze22

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

L'obbligo del Pos non risparmia l'ente23

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Monitoraggio pagamenti a regime Assunzioni stabili, tre vie per superare i limiti aicontratti

24

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Valori "di massa" per aree omogenee27

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14/07/2014 ItaliaOggi Sette

È il comune a esentare l'Onlus28

ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE

14/07/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Renzi accelera, legge di Stabilità per Ferragosto31

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Contributi, tre strade in Unico peri minimi33

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Tasse sui processi, rincari fino al 700%35

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Ecco la mappa dell'Italia in crisi38

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

Mappa da rivedere per l'allarme sfratti43

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

L'Iva passa al setaccio i beni omaggio44

14/07/2014 Il Sole 24 Ore

L'immobile evita la non operatività47

14/07/2014 La Repubblica - Nazionale

Alitalia, oggi tocca alle banche Lupi: "Pronti 1,2 miliardi spero nel sì della Cgil"48

14/07/2014 La Repubblica - Nazionale

"La stabilità non si tocca ma le mie priorità adesso sono crescita e lavoro"50

14/07/2014 La Stampa - Nazionale

Il progetto Ue sui rifuti vale 136 miliardi52

14/07/2014 La Stampa - Nazionale

Sconti in bolletta e prestiti con il decreto competitività53

14/07/2014 Il Messaggero - Nazionale

Renzi a Juncker: subito il piano per la crescita da 200 miliardi55

14/07/2014 Il Messaggero - Nazionale

Ghizzoni (Unicredit): «Piaccia o no le tasse sulle banche vanno ridotte»57

14/07/2014 Il Messaggero - Nazionale

Infrastrutture, ecco come funzionano i nuovi Bond «cuscinetto» targati Bei59

14/07/2014 Il Messaggero - Nazionale

«Camusso sta sbagliando basta con certi giochetti»60

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14/07/2014 Il Giornale - Nazionale

Macché flessibilità La priorità rimane abbassare le tasse61

14/07/2014 Il Giornale - Nazionale

Padoan all'Ue teme il trappolone tedesco64

14/07/2014 L Unita - Nazionale

Pil fermo e fiscal compact duri ostacoli per l'Italia65

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Casero: "È un problema prima di tutto di equità, parlamento unanime"67

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Fondi strutturali Ue l'esempio del Veneto68

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

"Il sistema camerale va salvato diventi un motore dello sviluppo"69

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Ancora prestiti col freno arriva la liquidità Bce le banche al test fiducia71

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Meno burocrazia, fisco leggero "Così può ripartire l'economia"73

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

"Inefficace e da correggere" imprese e sindacati criticano il decreto "taglia bollette"75

14/07/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Roma riprova a dismettere il patrimonio residenziale e insegue un triplice obiettivo77

14/07/2014 Corriere Economia

Il grido di Camanzi: «Non frenate la mia Authority»78

14/07/2014 Corriere Economia

La (non) sovranità del debito pubblico italiano80

14/07/2014 Corriere Economia

Pitruzzella: «Basta balzelli o multe milionarie»82

14/07/2014 Corriere Economia

Fatturazione elettronica Una rivoluzione (a metà)83

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Cessione crediti, sconti ristretti84

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Per i fornitori una soluzione alternativa85

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Exit tax, società davanti al bivio86

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14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Ace pari a un riporto a nuovo88

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Bonus arredi a maglie larghe90

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Appalti pubblici a rischio caos92

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Rifi uti speciali, l'Antitrust chiede più concorrenza94

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Cancellazione crediti, conta il trasferimento dei rischi95

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Regole decisive anche a fini fiscali97

14/07/2014 ItaliaOggi Sette

Aiuti di Stato, le nuove regole Gli incentivi alle imprese fino al 2020/199

GOVERNO LOCALE E AREE METROPOLITANE

14/07/2014 Corriere della Sera - Roma

Assenteismo all'Ama Il 25% dei lavoratori ha permessi per legge

ROMA

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14/07/2014 Corriere della Sera - Nazionale

«Alitalia, l'accordo è valido anche senza la Cgil»111

14/07/2014 Il Messaggero - Roma

Maratona bilancio in arrivo nuovi tagli per gli assessorati ROMA

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IFEL - ANCI

5 articoli

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BILANCIO 2014 Corsa contro il tempo per approvare i conti: rischiano di slittare i lavorinelle scuole ChiCa Due settimane per approvare il Bilancio di previsione 2014. Se l'intenzione bipartisan è di arrivare al voto

prima della pausa estiva. Il governo accoglierà la richiesta dell'Anci di prorogare la scadenza fino al 15

settembre, quindi anche a Milano il Comune potrebbe scegliere di aprire la discussione tra oggi e domani in

aula e poi rinviare l'ok definitivo a settembre. Oggi il testo sarà discusso in Commissione Bilancio, domani

l'assessore Francesca Balzani presenterà la delibera in Consiglio e partirà la discussione. Ma la scadenza

per depositare gli emendamenti su cui l'opposizione fonda la sua battaglia è già fissato per lunedì 21.

Dunque, il tempo per il confronto si accorcia ulteriormente. «Non contingenterò i tempi» assicura il presidente

del Consiglio Basilio Rizzo che con i precedenti in materia è già stato accusato dal centrodestra di

«imbavagliare la minoranza». Nessun limite alla discussione dunque, ma «in 6-7 sedute ci sarebbe tutto il

tempo per approvare il Bilancio entro fine mese». É l'auspicio e l'appello dell'assessore ai Lavori pubblici

Carmela Rozza, perchè «allungare di un mese e mezzo il voto sul bilancio significa tenere fermi i fondi per la

ristrutturazione degli alloggi sfitti nelle case popolari, per l'abbattimento della scuola elementare di via

Viscontini e la risistemazione di quella di via Puglie che rischiano di slittare a gennaio, persino non poter

spendere i 20mila euro incassati dalle multe ai vandali per comprare un'idropulitrice per pulire i muri della città

anche senza ricorrere ad Amsa». Tanto per citare. Dunque, rivolge «un appello bipartisan: alla maggioranza

perchè apra un confronto e una mediazione con l'opposizione, alla minoranza perchè non si ostini a fare

battaglia nel chiuso dell'aula ma cerchi i risultati fuori». ChiCa

14/07/2014 1Pag. Il Giornale - Milano(diffusione:192677, tiratura:292798)

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 14/07/2014 7

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ALL'ANCI LIGURIA MAURO BOZZARELLI VICE COORDINATORE PROTEZIONE CIVILE BORDIGHERA. Mauro Bozzarelli, presidente del consiglio comunale di Bordighera, è stato nominato vice

coordinatore della neo commissione regionale protezione civile dell'Anci Liguria nella prima riunione

dell'organismo svoltasi a Genova. Nel corso dell'incontro, alla presenza di rappresentanti di oltre cinquanta

Comuni liguri, è stato nominato coordinatore Michele Malfatti del Comune genovese di Mignanego. È stata

anche sancita una collaborazione più proficua con l'Ordine del geologi della Liguria.

14/07/2014 19Pag. Il Secolo XIX - Imperia(diffusione:103223, tiratura:127026)

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 14/07/2014 8

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Duino Aurisina "ritorna" a Trieste Panontin corre ai ripari e assicura la modifica del disegno di legge. Ma simoltiplicano le proteste e le richieste dei Comuni geografia in movimento Grado è "salva" ma scalpitanoTarvisiano, Torviscosa e San Giorgio Duino Aurisina "ritorna" a Trieste Duino Aurisina "ritorna" a Trieste

Panontin corre ai ripari e assicura la modifica del disegno di legge. Ma si moltiplicano le proteste e le

richieste dei Comuni

geografia in movimento Grado è "salva" ma scalpitano Tarvisiano, Torviscosa e San Giorgio di Marco Ballico

wTRIESTE «I perimetri sono una proposta, la concertazione servirà a collocare i comuni nella migliore

posizione possibile». Paolo Panontin conta numerose richieste di spostamento rispetto alla prima stesura

della "geografia" dei 17 Ato della riforma degli enti locali. Ne ha accolta già una, quella di Duino Aurisina, ne

sta discutendo altre, ne respingerà qualcuna. «Il pressing dei sindaci? Non mi sorprende». Il caso Duino A

protestare per primo è stato il forzista Bruno Marini: perché Duino fa parte dell'Ato Monfalconese e non di

quello Triestino? Nodo già risolto, assicura l'assessore: «Non siamo riusciti a correggere in tempo le slide

illustrate nella sede dell'Anci Fvg. Duino starà con Trieste, anche se il vero tema sarebbe chiedersi che cosa

davvero vogliono le comunità». Il cambio di Grado Prima del confronto in Anci, Panontin, sentiti i venti

contrari, ha anche spostato in extremis Grado dall'area del Basso isontino a quella di Cervignano e Aquileia.

Gliel'ha chiesto il sindaco Edoardo Maricchio e l'assessore si è detto d'accordo. «Stare da una parte o

dall'altra non è un aspetto primario - minimizza in realtà Maricchio -. Quello che ci importa è che Grado, che

vale quasi il 25% del Pil della provincia di Gorizia, abbia il ruolo che merita nel turismo». Il dialogo

L'assessore, sempre su richiesta dei comuni, ha poi trasferito Osoppo dall'Ato Collinare a quello Gemonese e

sembra non voler trascurare l'istanza che arriva da Torviscosa e San Giorgio, che insistono per aggregarsi al

Cervignanese, e da Spilimbergo, con il sindaco Renzo Francesconi, vicepresidente Anci, che preferirebbe

lasciare Maniago e passare con il Sanvitese. «Non intendiamo imporre una riforma dall'alto - garantisce

Panontin -. Il percorso del dialogo farà sì che i perimetri possano essere definiti al meglio». Le critiche Una

risposta anche a chi parla di eccessiva fretta. Tesi ribadita per esempio da Fabio Gentile, delegato in

Comitato esecutivo Anci del sindaco di Gorizia Ettore Romoli: «La giunta vuole arrivare in aula a ottobre con

la riforma, senza forse rendersi conto che il tema è di estrema delicatezza. Mi pare che i passaggi siano

troppo affrettati, tanto più quando si fa finta che tre province regolarmente elette non esistano». Tutto questo,

«premessa la disponibilità al dialogo di Panontin». La questione tarvisiana Disponibilità in cui spera anche

Renato Carlantoni. Il sindaco di Tarvisio è già capofila di un gruppo di otto colleghi di Val Canale e Canal del

Ferro che chiedono di incontrare al più presto Panontin al fine di convincerlo a prevedere un ulteriore Ato,

sarebbe il diciottesimo, che tenga conto delle peculiarità di quell'area. «È impensabile, al di là di una

razionalizzazione della spesa tutta da dimostrare, che la riforma costruisca una striscia di decine di chilometri

che va da Gemona a Tarvisio», sottolinea Carlantoni. I servizi Tarvisio è infatti inserito in bozza nell'Ato 4,

quello che ospita Bordano, Chiusaforte, Dogna, Malborghetto, Moggio, Pontebba, Resia, Resiutta e

Trasaghis, ma anche Artegna, Bordano, Gemona, Osoppo e Venzone. «Una disposizione che impedirebbe

qualsiasi forma di servizi associati - insiste Carlantoni -, tenendo conto della netta diversità climatica tra

montagna e pedemontana, oltre che di una non secondaria questione culturale: le minoranze linguistiche

riguardano la nostra area, non certo anche il Gemonese». L'Ato in più Panontin, in questo caso, non sembra

sul punto di cambiare idea: «Quei comuni hanno dimensioni troppo ridotte per formare un Ato unico». Ma

Carlantoni, probabilmente, non si arrenderà. Il tentativo di aggregazione, spiega ancora il sindaco di Tarvisio,

«è già naufragato in sede di proposta delle unioni dei comuni e non potrà essere eventualmente forzato

trasformandoci in sub-ambiti e rendendoci privi di autonomia». Gli otto sindaci chiederanno dunque

all'assessore di aggiungere un nuovo Ato, «ma anche di ragionare sulla oggettiva disgregazione della

provincia di Udine quando invece la Venezia Giulia, pur più piccola come estensione territoriale, viaggia da

14/07/2014 13Pag. Il Piccolo di Trieste - Ed. nazionale(diffusione:44247, tiratura:212000)

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 14/07/2014 9

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Case, il rebus dei nuovi valori Adriano Bonafede Sessantatrè milioni di immobili - di cui circa 34 di sole abitazioni e 4 tra uffici e beni usati dalle imprese -

saranno studiati, catalogati e riesaminati per attribuire loro una nuova rendita catastale. Finalmente "equa":

perché questo è lo scopo della gigantesca revisione degli estimi, un'operazione per cui il governo ha messo

in campo una task force considerevole e un lasso di tempo massimo di cinque anni. L'obiettivo finale è quello

di avere finalmente una fotografia non distorta del valore degli immobili degli italiani su cui si calcola non

soltanto l'Imu (sulle seconde case e sui beni produttivi) e la Tasi (sulle prime) ma diverse imposte tra cui la

principale è quella di Registro. Perché adesso, in effetti, il Catasto è come una lotteria dove non sempre chi

paga di più possiede effettivamente un bene più costoso. Le belle e importanti case dei centri storici, ad

esempio, che hanno avuto l'attribuzione di una rendita nella prima metà del secolo scorso, ma anche meno

antiche aree particolarmente qualificate, hanno rendite più basse, talvolta, di dequalificate ma recenti

periferie. E anche fra Comune e Comune, tra Regione e Regione, le differenze possono essere notevoli ma

non giustificabili in base agli effettivi valori di mercato così come si presentano oggi. Alcuni centri minori, al

Sud come al Nord, non hanno ad esempio vissuto alcun boom immobiliare nei momenti migliori mentre

adesso pagano le conseguenze della crisi economica. segue a pagina 2 segue dalla prima Si faccia giustizia,

dunque. Ciascun italiano pagherà dopo che saranno stati rifatti gli estimi - proporzionalmente al valore reale

degli immobili che possiede. Questo è il fine di questa gigantesca opera di revisione degli estimi che

coinvolgerà l'ex Agenzia del Territorio da poco confluita nell'Agenzia delle Entrate ma anche le Commissioni

censuarie provinciali e gran parte delle categorie professionali. Sarà, ma gli italiani sono diffidenti, e non

soltanto quelli che si attendono di dover pagare di più: non è che lo Stato, pensano -con la complicità dei

Comuni, interessati a gran parte del gettito delle imposte correlate agli immobili approfitterà di questa

operazione per cercare di "spremere" ancor di più il bene rifugio per eccellenza delle famiglie, e cioè la casa?

I sospetti hanno una loro giustificazione. Il passaggio dall'Ici all'Imu (con il relativo aumento del 60 per cento

delle attuali rendite catastali "in attesa di quelle nuove") ha fatto quasi triplicare l'imposta sugli immobili, il cui

gettito è passato d'un colpo da circa 9 a oltre 24 miliardi. Ora un altro tourbillon potrebbe riservare altre amare

sorprese. Per rassicurare gli italiani il governo ha però inserito nelle legge di delega un comma che parla di

revisione degli estimi "a parità di gettito". Quindi, almeno inizialmente ("del doman non v'è certezza" quando

si tratta di fisco) il gettito delle varie imposte resterà complessivamente lo stesso. A cambiare saranno

soltanto i pesi relativi dei vari immobili e quindi i rapporti fra gli italiani, e vi sarà chi pagherà di più e chi di

meno. La preoccupazione delle categorie produttive Però, però...guarda caso a essere preoccupati stavolta

non sono soltanto le famiglie, ma anche le categorie produttive. La Confedilizia, la potente confederazione dei

proprietari di immobili che si batte per missione istituzionale contro ogni aumento di tassazione sugli immobili,

ha trovato in questa occasione alleati preziosi e importanti: industriali, banche, assicurazioni, commercianti,

artigiani, costruttori, notai, agenti immobiliari. Tutti insieme (le sigle sono 15) hanno costituito un

"coordinamento" per tampinare il Catasto e l'Agenzia delle Entrate. Lo scopo è "organizzare un piano

d'azione per la raccolta di dati inerenti valori e canoni del triennio 2011-2013". In altre parole: non si fidano

troppo del fisco e così raccoglieranno autonomamente informazioni sui valori del triennio considerato (è

sull'osservazione di questi dati che si rifaranno gli estimi) e si confronteranno con l'Agenzia delle Entrate.

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Perché tutte le categorie economiche hanno qualcosa da perdere se alla

fine dovranno confrontarsi con rilevanti aumenti della base imponibile sui cui pagare l'Imu. Le assicurazioni

hanno 3,5 miliardi di euro in case nei loro portafogli, le garanzie delle banche sui prestiti sono costituite

perlopiù da immobili, artigiani agricoltori e commercianti pagano già salatissimi conti fiscali sui loro beni

strumentali, i costruttori pagano l'Imu prima di aver completamente venduto i loro appartamenti. Chi pagherà

più tasse e chi meno Già ma come sarà riequilibrato fra gli italiani il peso delle imposte collegate alla casa?

14/07/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 14/07/2014 11

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Cosa accadrà veramente? Qui ci saranno molte sorprese. La situazione è molto variegata, a macchia di

leopardo. A livello di abitazioni, si è sempre detto che quelle dei centri storici delle grandi città saranno quelle

che subiranno le maggiori rivalutazioni. Ma è vero fino a un certo punto perché negli ultimi anni molte

situazioni si sono in larga parte riequilibrate. Ad esempio a Roma in molte aree centrali il Comune ha chiesto

e ottenuto lo scorso anno di rivedere gli estimi in forza di una legge che consente rivalutazioni selettive.

Anche i semicentri dovrebbero rivalutarsi: certamente quello di Roma, ma non è così, ad esempio, secondo i

dati catastali, per Napoli. Insomma, bisognerà vedere caso per caso. Più in generale, negli uffici del fisco

ammettono che le revisioni al rialzo degli estimi toccheranno un numero relativamente limitato di abitazioni

mentre la maggior parte dovrebbe subire, al contrario, una riduzione o al massimo rimanere così com'è.

Siccome però il gettito tributario rimarrà lo stesso, ciò vuol dire che poche famiglie subiranno aumenti

dell'imposta che potrebbero essere in alcuni casi anche considerevoli ma tutte le altre non avranno un grande

vantaggio perché, appunto, l'extragettito di alcuni si spalmerà su un grande numero di abitazioni. La

redistribuzione geografica La redistribuzione del carico fiscale dovrebbe avvenire all'interno di ciascun

Comune. Però si sa (all'Agenzia delle Entrate hanno già di fatto i cosiddetti valori "Omi" aggiornati) che in

molti Comuni del Sud ma anche del Nord i valori saranno rideterminati al ribasso. L'introduzione dell'Imu è

stata accompagnata da una rivalutazione generalizzata del 60 per cento di tutti gli immobili d'Italia. Ma la

verità è che nei grandi centri urbani e in alcune località turistiche c'era stata tra il 1999 e il 2007 una fortissima

crescita dei prezzi solo in parte scalfita dai recenti ribassi, mentre in moltissime aree non c'è mai stato un

boom. Poiché la redistribuzione del gettito avviene all'interno di uno stesso Comune, può accadere che in

una certa area tutti i valori scendano, provocando la necessità per l'amministrazione locale di aumentare le

aliquote per lasciare inalterato il gettito complessivo. Effetti paradossali del federalismo In sostanza, potrà

accadere - ancora più di oggi - che a valori catastali identici corrispondano in Comuni diversi aliquote e quindi

carichi fiscali differenti. "E' il federalismo, bellezza!", dirà qualcuno. Ma - a parte l'incongruenza di far pagare

aliquote più alte proprio a chi abita in aree svantaggiate - la cosa non deve essere andata giù a qualcuno nel

governo se ha fatto inserire nella legge di delega, al comma 3, lettera O la possibilità di redistribuire il carico

fiscale anche a livello territoriale con la creazione di appositi fondi di riequilibrio e perequativi. Ma per ora

questa rimane soltanto una petizione di principio. Resta il fatto che la revisione degli estimi avrà ripercussioni

serie anche su tutta la questione del "federalismo" e lì potrebbero sorgere ulteriori discussioni a livello

politico. A livello regionale, già si sa (vedi grafico in pagina) che le regioni che subiranno maggiori rincari degli

estimi sono la Toscana, il Trentino Alto Adige, la Valle d'Aosta, la Campania. All'opposto, hanno estimi troppo

elevati Puglia, Basilicata, Calabria, Abruzzo ma anche Friuli Venezia Giulia e Piemonte. S. DI MEO, FONTE:

OSSERVATORIO DEL MERCATO IMMOBILIARE,

[ LA SCHEDA]

Il nuovo Catasto che vedrà la luce entro cinque anni sarà molto diverso da quello attuale, non solo a causa

della revisione in atto che muterà i valori di riferimento ma anche a motivo del cambio di modalità di calcolo.

Finora ci si è basati sul "vano", un concetto molto elastico che può comprendere in effetti metri quadri diversi.

In futuro, invece, ci si baserà sui metri quadri commerciali effettivi (compresi quindi i muri perimetrali esterni e

quelli di divisione interna). Inoltre, quello attuale è un Catasto basato sulle "rendite" oggettivamente ricavabili

dall'affitto. Il prossimo sarà invece un Catasto che offrirà sia i valori degli immobili che le loro rendite presunte.

(a.bon.) Si passa ai metri non solo "rendite" ma anche valori di riferimento

Foto: Qui sopra, il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan (1) e Rossella Orlandi (2), a capo dell'Agenzia

delle Entrate

Foto: Qui sopra, Piero Fassino (1), presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani e il presidente

dell'Abi, Antonio Patuelli (2)

14/07/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 14/07/2014 12

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San Nicola la Strada Bilancio di previsione rinviato a settembre NUDEPI SAN NICOLA LA STRADA . Via libera al rinvio al 30 settembre dei bilanci previsionali 2014 per Comuni e

Province . Il disco verde è arrivato nel corso della conferenza Stato-città, che ha così accolto la richiesta di

rinvio presentata nei giorni scorsi dall'Anci. Il termine precedente per la presentazione dei previsionali 2014

era calendarizzato per il 31 luglio. Ora i ministeri competenti chiariranno che entro il medesimo termine si

potrà adempiere all'approvazione del riequilibrio. Nella stessa delibera di rinvio dei bilanci, Anci ha poi chiesto

al governo un'anticipazione del fondo di solidarietà per velocizzare i tempi rispetto all'iter normale del decreto

ministeriale che ne regola il riparto. Resta invece fissato al 10 settembre il termine per i Comuni per

deliberare le aliquote Tasi. La conferenza Statocittà ha poi sancito un'intesa formale sulle centrali uniche di

committenza che tanto preoccupano i Comuni. Nel dettaglio, è stato approvato un documento concordato

governo-enti locali che posticipa l'entrata in vigore della norma, contenuta nella spending reviuw, che rimanda

al 1 gennaio 2015 l'applicazione della norma per l'acquisto di beni e servizi da parte delle amministrazioni e al

1 luglio 2015 quella riguardante gli appalti dei lavori pubblici. Inoltre, si stabilisce che nel frattempo gli atti

compiuti dai Comuni sono fatti salvi e si dà indicazione all'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici di rilasciare i

Cig (Codici identificativi gara).

14/07/2014 11Pag. Gazzetta di Caserta

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FINANZA LOCALE

9 articoli

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Intervista a Rughetti «No alle lobby Così cambiamo la pubblica amministrazione» Antonella Baccaro di ANTONELLA BACCARO A PAGINA 13

ROMA - Uno Stato più semplice e nessuna paura di dare maggiori poteri a chi si assume la responsabilità di

guidarlo. Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, difende la riforma della Pubblica

amministrazione dalle accuse di chi vi vede un'eccessiva verticalizzazione del potere. E alle lobby, alle

minoranze interne e ai sindacati in ebollizione, manda a dire: «Il 41% del Paese ci ha detto che il nostro è il

verso giusto».

Sottosegretario, il decreto P.a. appena arrivato in Parlamento è stato sommerso da 1.700 emendamenti.

«Le lobby fanno il loro mestiere, il nostro è quello di non prendere scorciatoie. Il decreto contiene già

numerose mediazioni sui punti "caldi", per noi conta non perdere di vista l'obiettivo della "staffetta

generazionale". Abbiamo un numero di dipendenti in linea con l'Ocse ma un numero di dirigenti superiore e

con età maggiore. La risposta sta qua».

La fronda viene anche dalla minoranza interna e dal sindacato.

«La riforma della P.a. più di tutte evidenzia il modo nuovo in cui il governo Renzi interpreta la sinistra del

Paese: niente statalismo, nessun ammiccamento all'elettorato di riferimento o al sindacato. Siamo laici».

Si dice che lo sarete anche sull'articolo 18, cancellandolo.

«L'articolo 18 è un totem per chi viene dagli anni 70-80, quando bisognava difendere una parte debole da

una forte. L'abolizione non è una nostra priorità. Dopodiché quando vedo un decreto, quello Poletti, che nella

vertenza Electrolux riesce a mantenere posti di lavoro, penso che la nostra sia la direzione giusta».

Nel disegno di legge delega si parla di un maggiore potere del premier nel definire l'organizzazione dei vari

ministeri.

«Sì, ma non c'è un conflitto con i ministri, la delega è passata dal consiglio. L'idea di fondo è che non esiste

un ministero che si organizza da solo, per conto suo, ma che la sua struttura sia strumentale al

raggiungimento di alcuni obiettivi. E' lo stesso ragionamento applicato alle Prefetture».

Cioè?

«Oggi ad Aosta o a Palermo la struttura dello Stato è sempre la stessa senza che ci siano le stesse

necessità. Ci sono 107 Prefetture, 107 uffici scolastici, 107 uffici del lavoro, ecc. In questo modo la mobilità

dei dipendenti tra le varie amministrazioni è impossibile. La nostra idea è che si è dipendenti della Repubblica

momentaneamente incardinati in un ente, domani si cambia. E' una rivoluzione, o no?».

Ci sono resistenze anche qua.

«Quello che mi ha colpito quando abbiamo illustrato la riforma ai Prefetti, agli ambasciatori, ai responsabili, è

che si preoccupavano di mantenere il proprio ruolo, considerando la nostra idea una specie di attentato. Un

errore clamoroso perché i responsabili migliori con il nostro schema verranno finalmente valorizzati».

M a le Prefetture si ridurranno a 40? Il ministro Madia non ne è più sicura.

«Il numero dipende dall'implementazione della legge sulle Province. In ogni Regione verrà costituito un tavolo

con lo Stato e i Comuni che deciderà l'organizzazione migliore».

Qualcuno metterà la parola fine a questi tavoli ?

«La contrattazione è tra istituzioni con pari dignità, ma alla fine è lo Stato che fa sintesi, assumendosene la

responsabilità».

Non è uno schema autoritario?

«Quando, come esecutivo, si decide di non fare solo l'ordinaria amministrazione che faceva il governo Letta,

serve uno scatto in più. E' autoritario chi decide contro le regole, noi le rispettiamo».

14/07/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 15

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E' sempre prevista nella riforma la riduzione delle spese non inferiore all'1% nei primi cinque anni?

«Abbiamo l'obiettivo di un décalage pari a quello che si era dato il governo Monti, ma non con tagli lineari,

anche qui prima le scelte strategiche, poi le conseguenze economiche».

Ma quale sarà il risparmio?

«Ce lo dirà la Ragioneria, ogni anno, a consuntivo».

Il commissario Cottarelli voleva risparmiare due miliardi sulla P.a.

«Noi stiamo facendo una ristrutturazione della P.a., lui una revisione della spesa pubblica: sono due linee di

intervento diverse sulla stessa materia. Possono incrociarsi, oppure no».

I dirigenti che sono nel ruolo unico riceveranno l'incarico da una commissione autonoma. Come verrà

composta?

«Nel ddl la risposta resta aperta. Penso personalmente che se al suo interno vi fossero gli stessi dirigenti non

sarebbe male, proprio per rimarcare l'autonomia dalla politica. Certo dentro non ci vedrei i sindacati».

Non c'è il rischio che i dirigenti si autoscelgano per «combriccole»?

«Oggi c'è una "combriccola" di persone, uso un suo termine, che ha avuto la possibilità di controllare

l'amministrazione: giudici della Corte dei conti, consiglieri di Stato che hanno avuto incarichi nei ministeri e

hanno tutto il potere. Il nostro è un modo per sconfiggere questa stortura».

La retribuzione dei dirigenti sarà legata al Pil?

«In parte... In un convento povero non ci saranno più frati ricchi».

Quando sarà licenziabile un dirigente?

«Non parlerei di licenziamento: dopo 2 anni se non avrà ricevuto nessun incarico dalla commissione, perché

lo Stato dovrebbe ancora pagarlo?».

Nel ddl si delineano ipotesi di esclusione della responsabilità erariale dei dirigenti.

«Finora abbiamo caricato molto sulla responsabilità dei dirigenti: è calata la corruzione? No. E' aumentato

l'immobilismo? Sì. Dobbiamo sbloccare la situazione».

La quota dei dirigenti assunti dall'esterno nel decreto P.a. sale dal 10% al 30%. Non è contraddittorio?

«La norma serve a superare la fase transitoria del blocco delle assunzioni. Quando tutto andrà a regime, la

chiamata esterna sarà l'eccezione».

Come procederà il riordino delle partecipazioni pubbliche?

«Cottarelli sta lavorando per trovare il miglior criterio aggregativo delle società partecipate a livello di capitale,

mentre il tavolo presso gli Affari regionali sta ascoltando Comuni e Regioni per la migliore distribuzione delle

funzioni. A fine luglio per la prima volta avremo un piano di riordino. Un principio varrà su tutti: la politica

dovrà uscire dalle partecipate».

Sui decreti attuativi: c'è o no una norma che prevede il potere sostitutivo del presidente del Consiglio non solo

in caso di mancato concerto tra ministeri, ma anche quando è il singolo ministero a tardare nell'emanare

l'atto?

«C'è, eccome».

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I numeri RETRIBUZIONI PUBBLICHE E PRIVATE (media annua pro capite in euro) CORRIERE DELLA

SERA 3.344.000 I dipendenti nella Pubblica amministrazione (circa)* *Comprende il personale a tempo

indeterminato e tutte le forme di lavoro flessibili Dirigenti 1,1% Amministrativi e tecnici 38,9% Dirigenti medici

e sanitari 4% Paramedici 10,5% Professionisti, ricercatori e tecnologi 0,4% Comparti sicurezza 16,7%

Professori, docenti, educatori 28% Per gruppo professionale Carriere speciali (magistrati, diplomatici, prefetti)

0,4% 2010 2013 25.531 27.044 22.715 24.071 25.982 27.785 25.313 26.676 Settore privato Agricoltura

Industria Servizi privati 27.472 27.527 26.377 26.432 34.094 34.147 32.236 32.291 Totale P.A. Valore medio

26.326 27.242 Comparti di contrattazione collettiva Forze dell'ordine Militari-difesa

Foto: Angelo Rughetti , 47 anni, avvocato, deputato pd, sottosegretario alla Pubblica amministrazione. È

autore di numerosi testi sulla riforma della P.a.

14/07/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 16

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FISCO E IMMOBILI La cedolare-affitti? In 3mila comuni è «superleggera» Valeria Uva Chissà se all'Economia se ne sono già accorti: dall'anno prossimo il conto della nuova cedolare secca, nella

versione ridotta per il contribuente, rischia di essere salato per le casse pubbliche. E, dall'altro lato, il prelievo

sul reddito da locazione potrebbe essere molto più leggero per un gran numero di proprietari di alloggi affittati

a canone concordato.

Già, perché lo sconto fiscale si può applicare di fatto a mezza Italia. Sono quasi tremila in tutta Italia (2.986

per l'esattezza) i Comuni grandi e piccoli colpiti da calamità naturali negli ultimi cinque anni, nei quali è già

possibile stipulare un contratto di affitto a canone concordato e sfruttare la riduzione al 10% dell'aliquota

fiscale. Questo è l'effetto di un dettaglio del decreto casa (Dl 47/2014, articolo 9) in vigore dal 29 maggio

scorso, che consente appunto a chi affitta alloggi in queste aree, flagellate da calamità, di beneficiare

dell'aliquota più bassa. Vi rientrano, ad esempio, praticamente tutti i Comuni capoluogo di Toscana Emilia

Romagna, Liguria e Marche. Negli ultimi cinque anni sono stati dichiarati 32 stati di emergenza.

Servizi u pagina 4

Valeria Uva

La cedolare secca nella sua versione più vantaggiosa è già realtà in tremila Comuni, grandi e piccoli, anche

se non sono in tanti a saperlo.

Nell'attesa che il Cipe rimetta mano al nuovo elenco di Comuni «ad alta tensione abitativa» fermo al 2004

(avrebbe dovuto farlo entro fine giugno) ed estenda così la tassa piatta al 10% per gli affitti a canone

concordato alle nuove realtà, già una parte molto consistente di Comuni italiani (anche senza essere in

emergenza sfratti) può applicare il prelievo più vantaggioso sui redditi da locazione.

Si tratta dei Comuni colpiti da calamità naturali a partire dal 2009 e per i quali è stato decretato lo stato di

emergenza. Qui, in base a una norma del decreto casa, (l'articolo 9 del Dl 47/2014), è già possibile, in modo

di di fatto automatico, optare per la cedolare secca, con l'aliquota più bassa, quella del 10 per cento. Una

disposizione passata finora abbastanza sotto traccia, che "calata" nella realtà di un Paese, colpito da un

grande numero di calamità naturali acquista un peso notevole.

Il Sole 24 Ore infatti ha provato a mettere in fila, uno per uno, i Comuni "calamitati", andando a ricostruire i

provvedimenti dei vari commissari delegati per le emergenze varati a livello locale. E ha scoperto che di

emergenza in emergenza, le realtà a cui è applicabile questa cedolare sono tremila, 2.986 per l'esattezza, sul

totale degli 8mila Comuni italiani (cifre suscettibile di qualche lieve incremento per rimodulazioni ed

emergenze "minori").

Nell'Italia delle frane, dei terremoti e delle alluvioni, lo stato di emergenza è una condizione, purtroppo, molto

comune: solo negli ultimi sei mesi, ad esempio, sono stati richiesti dalle Regioni venti stati di emergenza per

altrettante calamità.

La data di riferimento adottata dal decreto legge 47 è il 29 maggio 2009 (cinque anni prima dell'entrata in

vigore della legge di conversione del Dl): gli stati di emergenza dichiarati da allora sono 32. Per poco non vi

rientra il terremoto dell'Abruzzo, per il quale lo stato di emergenza è stato dichiarato poche ore dopo il sisma,

il 6 aprile 2009, ma ne fanno parte a pieno titolo i Comuni di Emilia Romagna e Lombardia colpiti dal sisma

del 2012, quelli della Sardegna, colpiti dall'alluvione dell'autunno scorso, e i 215 enti della Toscana

danneggiati dalle piogge di gennaio e febbraio.

In questa (triste) classifica è proprio la Toscana con 702 Comuni inseriti negli stati di emergenza a dominare

(ma attenzione, in alcuni casi lo stesso Comune può essere stato colpito più volte). A seguire l'Emilia

Romagna, le Marche e la Liguria. L'elenco è lunghissimo (disponibile online) e composto soprattutto da

piccoli municipi dove molto spesso il mercato del'affitto è modesto. Di fatto, però, i commissari delegati hanno

quasi sempre incluso le realtà maggiori dei Comuni capoluogo negli elenchi dei territori danneggiati. E qui la

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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musica cambia perché le province interessate sono tantissime e significative: tutta la Toscana, la Liguria, il

Veneto, le Marche e il Piemonte, ad esempio, risultano coperti.

Le difficoltà

Anche se il perimetro dello stato di emergenza è abbastanza ampio, l'applicazione concreta della tassazione

più vantaggiosa non è semplicissima per i proprietari. Un primo problema sta nello sfasamento temporale: la

norma fa riferimento a stati di emergenza deliberati negli ultimi cinque anni. Per la Protezione civile molti di

questi risultano già chiusi (lo stato di emergenza può durare al massimo 180 giorni, prorogabili per altri 180).

Ma una lettura rigorosa della legge non sembra richiedere necessariamente l'obbligo di emergenza in corso.

Anche perché i tempi del contratto di affitto concordato (3 anni più due di rinnovo) mal si concilierebbero con

l'anno dello stato di emergenza.

La vera difficoltà potrebbe essere la mancanza di un criterio guida: il canone concordato infatti si applica in

base a intese tra le associazioni di inquilini e proprietari, città per città, che definiscono i livelli del canone. In

molti dei Comuni calamitati (fuori dal perimetro dell'alta tensione abitativa) questi accordi sono assenti. Come

individuare dunque il giusto canone? Un aiuto potrebbe arrivare dal Dm Infrastrutture-Economia del 14 luglio

2004, che contiene i criteri per i contratti a canone concordato in assenza di intesa tra proprietari e inquilini. Il

decreto invita a far riferimento al «Comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale

anche situato in altra regione». Dunque le parti devono attivarsi per scovare l'accordo più vicino. Intanto c'è

chi comincia ad attrezzarsi per applicare la nuova regola: «Ci stiamo attivando - spiega Aldo Rossi, segretario

generale del sindacato inquilini Sunia - per fornire assistenza: conosciamo bene il mercato immobiliare e

possiamo quindi aiutare a individuare l'accordo di riferimento e il canone equo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA TOSCANA COLPITA DA PIÙ EVENTI Numerodi Comuni per

Regionedichiarati in stato diemergenza dagiugno2009* L'ELENCO Gli stati di emergenza dichiarati

dagiugno2009per Regionecon le province comprese ElaborazioneSole 24 Ore su dati Protezione civile e

commissari delegati (*)Un singolo Comune può essere perimetrato in più stati di emergenza Verbano- Cusio

Ossola Biella Torino Alessandria Cuneo Asti Imperia Savona Genova La Spezia Pordenone Udine Venezia

Treviso Belluno Padova Vicenza Verona Perugia Terni Potenza Matera Reggio Calabria Catanzaro Crotone

Cosenza Vibo Valentia Messina Catania Chieti Pescara Teramo L'Aquila Ancona Pesaro Urbino Macerata

Fermo Ascoli Piceno Mantova Cesena Forlì Bologna Ferrara Modena Reggio Emilia Parma Piacenza Firenze

Siena Arezzo Pistoia Lucca Carrara Massa Livorno Pisa Grosseto Prato Cagliari Nuoro Olbia-Tempio Medio

Campidano Oristano Ogliastra 2.968 Taranto Bari Foggia Andria Trani Barletta TOSCANA 702 SARDEGNA

60 TOTALE EMILIA ROMAGNA 428 LIGURIA 216 ABRUZZO 170 MARCHE 444 LOMBARDIA 21 SICILIA

29 PUGLIA 56 FRIULI VENEZIA GIULIA 57 BASILICATA 65 UMBRIA 70 VENETO 102 PIEMONTE 176

CALABRIA 372 Regione Province Stato di emergenza Abruzzo Teramo, Pescara, Chieti, L'Aquila 1.

Maltempo novembre-dicembre 2013 Basilicata Matera, Potenza 1. Maltempo dicembre 2013 2. Maltempo

ottobre 2013 Calabria Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria, Crotone, Vibo Valentia 1. Terremoto 26 ottobre

2012 2. Maltempo settembre-ottobre 2010 3. Dissesto ottobre-novembre 2010 Emilia Romagna Modena,

Bologna, Ferrara, Reggio Emilia, Forlì-Cesena, Parma, Piacenza 1. Alluvione gennaio 2014 2. Terremoto

maggio 2012 3. Eventi atmosferici marzo-maggio 2013 4. Mareggiate marzo 2010 - Alluvioni giugno 2010 5.

Maltempo dicembre 2009-gennaio 2010 Friuli Venezia Giulia Pordenone Udine 1. Maltempo ottobre 2010

Liguria Genova, Imperia, La Spezia, Savona 1. Maltempo dicembre 2013-gennaio 2014 2. Maltempo ottobre

2011 3. Maltempo ottobre 2010 Lombardia Mantova 1. Terremoto maggio 2012 Marche Ancona, Macerata,

Fermo, Pesaro-Urbino, Ascoli Piceno 1. Maltempo novembre-dicembre 2013 2. Maltempo marzo 2013 3.

Maltempo marzo 2011 Piemonte Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Torino, Verbano Cusio Ossola, Vercelli 1.

Alluvione maggio 2013 Puglia Taranto, Bari, Foggia, Barletta-Andria-rani 1. Maltempo ottobre 2013 2.

Maltempo marzo 2011 Sardegna Olbia-Tempio, Nuoro, Oristano, Cagliari, Ogliastra, Medio Campidano 1.

Alluvione novembre 2013 Sicilia Messina, Catania 1. Maltempo febbraio 2011 Toscana Arezzo, Firenze,

Livorno, Lucca, Massa Carrara, Pistoia, Pisa, Prato, Grosseto, Siena 1. Alluvioni ottobre 2013 2. Alluvione

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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gennaio-febbraio 2014 3. Terremoto 21 giugno 2013 4. Maltempo marzo 2013 5. Maltempo novembre 2012

6. Maltempo ottobre 2011 Umbria Perugia, Terni 1. Maltempo novembre 2012 2. Terremoto dicembre 2009

Veneto Belluno, Padova, Venezia, Verona, Vicenza, Treviso 1. Maltempo gennaio-febbraio 2014

Foto: Dove scatta la riduzione Emilia Romagna. Il sisma che nel maggio 2012 ha colpito questa Regione ha

causato lo stato di emergenza nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova

(Lombardia), Rovigo (Veneto) TOSCANA COLPITA DA PIÙ EVENTI Numero di Comuni per Regione

dichiarati in stato di emergenza da giugno 2009* - (*) Un singolo Comune può essere perimetrato in più stati

di emergenza L'ELENCO Gli stati di emergenza dichiarati da giugno 2009 per Regione con le province

comprese

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 19

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L'attuazione. Accordo tra Stato, Regioni ed enti locali sui testi per nuove costruzioni, restauro e risanamento La compilazione resta variabile Guido Inzaghi Simone Pisani Con l'accordo "Italia semplice" siglato lo scorso 12 giugno 2014 tra Governo, Regioni ed enti locali, sono stati

condivisi i primi due modelli unici in materia edilizia.

Si tratta della richiesta di permesso di costruire e della segnalazione certificata di inizio attività, ossia dei due

moduli correlati agli interventi edilizi di maggiore incisività quali, rispettivamente, le nuove costruzioni e il

restauro e risanamento conservativo.

I nuovi moduli sono composti da tre distinte sezioni. La prima è dedicata all'individuazione del richiedente e

ai dati fondamentali inerenti la qualificazione e localizzazione dell'intervento. Sono inoltre previsti specifici

campi per la determinazione dell'onerosità o meno delle opere.

La seconda sezione riguarda invece l'identificazione dei soggetti coinvolti nella realizzazione dell'opera e, in

particolare, dei titolari, dei progettisti e altri incaricati tecnici, nonché delle imprese esecutrici.

La terza sezione attiene infine all'asseverazione da parte del progettista responsabile delle peculiarità

urbanistico-edilizie che caratterizzano il progetto e, quindi, include l'identificazione delle superfici e dei volumi,

l'indicazione della classificazione urbanistica del bene, nonché le dichiarazioni concernenti il superamento

delle barriere architettoniche, la sicurezza degli impianti, il consumo energetico, la prevenzione incendi e la

normativa igienico-sanitaria.

La sezione contiene anche una esaustiva scheda per l'individuazione dei vincoli e delle tutele alle quali

l'immobile è eventualmente assoggettato. I moduli appaiono lineari, completi e facilmente gestibili.

Nel loro formato digitale, i moduli sono progettati in modo da richiedere la compilazione delle sole

informazioni necessarie a seconda del tipo di intervento indicato.

Prosegue dunque il processo di dematerializzazione e informatizzazione delle procedure edilizie che,

sebbene possa generare qualche difficoltà di adeguamento per i professionisti, complessivamente dovrebbe

portare ad un miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni, consentendo una più agevole

gestione delle pratiche e un più efficiente controllo sullo sviluppo del territorio.

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14/07/2014 24Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 20

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Competenza finanziaria rafforzata e riaccertamento straordinario dei residui Dal 2015 contabilità al restyling Anna Guiducci Patrizia Ruffini Il 1° gennaio 2015 partirà il nuovo sistema contabile degli enti territoriali. Il parere positivo all'unanimità della

commissione parlamentare per il Federalismo fiscale il 9 luglio sullo schema di Dlgs sull'armonizzazione è un

misto di slancio verso una finanza pubblica più trasparente e di timori per la sostenibilità da parte dei singoli

enti dell'eventuale disavanzo connesso all'applicazione delle nuove regole.

L'applicazione graduale dei nuovi principi determina, a partire dal 1° gennaio prossimo, l'obbligo da parte

degli enti territoriali e dei loro enti strumentali in contabilità finanziaria di:

- adottare il principio contabile della competenza finanziaria potenziata;

- effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi risultanti al 1° gennaio 2015 e adottare

parte del principio di programmazione.

Con riferimento al periodo di programmazione decorrente dall'anno 2015, gli enti locali potranno infatti

allegare al bilancio annuale di previsione la relazione previsionale e programmatica da redigere secondo i

vecchi schemi. Dal 2016 sarà invece obbligatoria per la prima volta l'approvazione del Dup.

Nel 2015 gli enti dovranno adottare, in parallelo, sia gli schemi di bilancio e di rendiconto previgenti (secondo

il Dpr 194/1996) ai quali resta assegnata la funzione autorizzatoria, sia i nuovi schemi di bilancio per missioni

e programmi, a soli fini conoscitivi. Le variazioni seguiranno il sistema previgente, fatta salva la disciplina del

fondo pluriennale vincolato e del riaccertamento straordinario dei residui.

Dal 2016 i nuovi schemi di bilancio e rendiconto avranno finalità autorizzatoria, pertanto entreranno in vigore

le novità in materia di variazioni di bilancio, anche ai fini della comunicazione al tesoriere. Gli ulteriori passi

dal 2016 saranno l'adozione del piano dei conti integrato, della codifica della transazione elementare e

l'applicazione del principio della contabilità economico-patrimoniale integrata con la finanziaria, nonché il

bilancio consolidato, che sarà materialmente redatto dal 2017.

In attesa del Dpcm, il disavanzo di amministrazione risultante al primo gennaio 2015, a seguito delle

operazioni di riaccertamento straordinario dei residui e del primo accantonamento al fondo crediti dubbia

esigibilità, è ripianato per una quota pari almeno al 10% l'anno. Per ridurre il disavanzo, saranno individuati i

criteri di utilizzo delle quote accantonate o destinate dell'avanzo di amministrazione, nonché le tipologie di

entrata o altre misure finalizzate a conseguire un sostenibile passaggio alla nuova disciplina contabile.

L'obbligo del bilancio consolidato, la cui scadenza è spostata al 30 settembre dell'anno successivo a quello

di riferimento, viene introdotto in maniera graduale. In fase di prima applicazione, per il triennio 2015/2017, le

società quotate e le loro controllate possono essere escluse dal consolidamento.

Riguardo al Dup, entro il 31 luglio di ogni anno, la giunta dovrà presentare al consiglio il documento

composto dalla sezione strategica e da quella operativa.

Infine, il parere dei revisori non sarà necessario sulle variazioni di competenza della giunta, del responsabile

del servizio finanziario o dei dirigenti (fatti i salvi i casi previsti dai principi) ma la relazione al rendiconto

dell'organo di controllo dovrà attestare l'esistenza dei presupposti che le hanno originate, anche durante

l'esercizio provvisorio.

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Straordinari. Ai non dirigenti Compensi elettorali in cerca di certezze Tiziano Grandelli Mirco Zamberlan Corto circuito sul pagamento degli straordinari elettorali per i responsabili di servizio non dirigenti: il contratto

collettivo ne prevede la corresponsione insieme alla retribuzione di risultato e, quindi, nel prossimo anno. Ma

il ministero dell'Interno richiede, entro settembre 2014, i mandati di pagamento per rimborsare i relativi oneri.

La questione sorge dall'articolo 39, comma 2, del Ccnl del 14 settembre 2000, secondo il quale, per i

dipendenti titolari di posizione organizzativa, i compensi relativi a prestazioni straordinarie rese in occasione

delle consultazioni elettorali o referendarie sono attribuiti «in coerenza con la disciplina della retribuzione di

risultato». Si è discusso sul significato di tale previsione, dato che lo stesso contratto collettivo sottolineava

che si prescinde dalla valutazione per il pagamento.

A chiarirne la portata è intervenuto il parere Ral_1559 dell'Aran del 28 ottobre 2013. Secondo l'Agenzia, gli

straordinari elettorali, alla categoria di dipendenti in questione, sono da riconoscere a consuntivo e in

coincidenza con l'attribuzione della retribuzione di risultato. Per rafforzare il concetto, prosegue sottolineando

che tali straordinari non possono essere pagati ai titolari di posizione organizzativa con le stesse modalità,

anche temporali, previste per i restanti dipendenti. In sostanza, quindi, l'Aran afferma che gli straordinari

elettorali sono da riconoscere contemporaneamente alla retribuzione di risultato, vale a dire non prima del

2015.

Sul versante completamente diverso si collocano le esigenze di procedere in tempi rapidi al rimborso degli

oneri sostenuti dalle amministrazioni comunali per le consultazioni elettorali. La legge di stabilità 2014,

modificando la previsione del Dl 8/1993, ha fissato nello spirare del quarto mese successivo al giorno delle

elezioni il termine entro il quale l'ente deve presentare richiesta di rimborso delle spese elettorali, pena la

perdita del diritto al rimborso stesso. Fornendo chiarimenti in merito, il dipartimento per gli Affari interni e

territoriali del ministero dell'Interno, con la circolare Fl 6/2014 del 30 aprile, dispone che al rendiconto

debbano essere allegati, relativamente agli straordinari, la copia degli atti di liquidazione e i mandati di

pagamento, in originale o in copia conforme. In sostanza, quindi, il predetto rendiconto deve essere

presentato entro il 25 settembre e, per poter allegarne i mandati (o la copia), è necessario che gli straordinari

siano pagati, al massimo, con la mensilità di agosto.

Quindi, che fare? O si disattende la norma contrattuale sulle modalità di corresponsione degli straordinari

oppure si disapplica la disposizione sui rimborsi. Ma la prima strada può essere contestata soltanto in sede di

verifica ispettiva, mentre la seconda mette immediatamente a repentaglio il rimborso. Urgono indicazioni

ufficiali a riguardo, in assenza delle quali le amministrazioni obtorto collo saranno costrette a decidere per il

male minore.

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Tracciabilità. Per l'attività d'impresa L'obbligo del Pos non risparmia l'ente Domenico Luddeni Dall'inizio di questo mese è entrato in vigore l'obbligo per i soggetti che effettuano l'attività di vendita di

prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, di accettare anche pagamenti effettuati attraverso

carte di debito.

Il Dm attuativo dello Sviluppo economico di concerto con il Mef del 24 gennaio 2014 individua l'ambito

oggettivo e soggettivo della disposizione coinvolgendo anche gli enti locali. Dal punto di vista oggettivo

l'articolo 2, comma 1, del decreto prevede che l'obbligo si applichi a tutti i pagamenti disposti per l'acquisto di

prodotti o la prestazione di servizi, mentre dal punto di vista soggettivo il soggetto obbligato è, ai sensi

dell'articolo 1 lettera d), l'esercente, definito come il beneficiario, impresa o professionista, di un pagamento.

Tale definizione riconduce nella previsione della norma anche gli enti locali, quando questi ricevono

pagamenti per prestazioni di servizi o acquisto di prodotti nell'ambito di proprie attività rilevanti ai fini Iva.

L'ente locale è imprenditore quando esercita un'attività che rientra nel campo di applicazione dell'Iva ai sensi

dell'articolo 4 del Dpr 633/1972 che, nel definire il requisito soggettivo, recita: «Per esercizio di imprese si

intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui

agli articoli 2135 e 2195 del Codice civile».

Di conseguenza l'ente che soddisfa il requisito soggettivo ai fini Iva esercita attività d'impresa e rientra quindi

tra i soggetti all'articolo 1, lettera d), del Dm 24 gennaio 2014. Ne deriva che anche gli enti locali, per quanto

riguarda incassi superiori a 30 euro relativi alle attività commerciali esercitate, dovranno dotare gli uffici che

accettano pagamenti relativi a tali attività, tipicamente sportelli polivalenti e biblioteche, della tecnologia per

accettare pagamenti mediante carte di debito. Peraltro, come già evidenziato da diverse associazioni

professionali, e come ribadito nella risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-02936, la norma non prevede

alcuna sanzione specifica in caso di mancato assolvimento dell'obbligo.

Più complesse e da approfondire le conseguenze dal punto di vista civilistico per i responsabili degli enti, in

quanto non accettare una forma di pagamento imposta dalla legge realizza la fattispecie della mora del

creditore, ex articolo 1206 e seguenti del Codice civile, che prevede l'obbligo, a determinate condizioni, di

rifondere le eventuali spese aggiuntive sopportate dal debitore per adempiere alla propria obbligazione.

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AUTONOMIE LOCALI Debiti Pa. Entro settembre la scadenza per la ricognizione dello stock del primosemestre 2014 non ancora liquidato Personale. Tempo indeterminato Monitoraggio pagamenti a regime Assunzioni stabili, tre vie per superare ilimiti ai contratti Registro unico delle fatture e tutti gli importi da saldare sulla piattaforma elettronica Arturo Bianco L'aumento delle assunzioni a tempo indeterminato che gli enti locali possono effettuare sulla base del Dl

90/2014 rischia di restare sulla carta. Questo perché il vincolo del non superamento del tetto alla spesa del

personale dell'anno precedente e il negare un effetto prenotativo alla programmazione del fabbisogno del

personale determinano, per molte amministrazioni, la impossibilità di utilizzare i maggiori plafond.

Una parziale limitazione di questo effetto può arrivare anche dal consolidamento della scelta compiuta dalla

sezione regionale di controllo della magistratura contabile dell'Umbria (parere n. 15), per la quale il tetto alla

spesa del personale deve essere calcolato sul bilancio preventivo e non sugli oneri effettivamente sostenuti,

cioè sul conto consuntivo.

Gli enti locali soggetti al patto di stabilità devono restare, come tetto di spesa del personale, all'interno di

quella dell'anno precedente. Il che può impedire di fatto nuove assunzioni. Facciamo un esempio: un

dipendente cessa all'inizio dell'anno e uno nuovo viene assunto all'inizio dell'anno successivo. Se non riuscirà

a ridurre in altro modo la spesa del personale nell'anno in cui effettua l'assunzione, il Comune non potrà

effettuarla perché, con i nuovi oneri, supererà la spesa del personale dell'anno precedente, in cui la

cessazione ha determinato l'effetto di fargli ridurre la spesa del personale. Il che determina una limitazione

ulteriore alle assunzioni di personale rispetto a quelle dettate direttamente dal legislatore. Questo vincolo

appare come irragionevole nel momento in cui il Governo ha ampliato le possibilità di assunzione di

personale a tempo indeterminato da parte degli enti locali, parziale riapertura che si è realizzata con due

scelte:

- in primo luogo, con l'aumento della percentuale dei risparmi derivanti dalle cessazioni che gli enti possono

destinare alle nuove assunzioni: al 60%, per il biennio 2014/2015; all'80%, per il biennio 2016/2017; al 100%,

dal 2018;

- poi attraverso l'abolizione del divieto per gli enti che, anche considerando la spesa per il personale delle

società partecipate, superano la soglia massima del 50% nel rapporto tra spesa del personale e spesa

corrente.

Per eliminare le limitazioni alle nuove assunzioni che derivano dal tetto alla spesa del personale vi sono

almeno tre strade percorribili.

eLa prima è quella di assumere, come già si fa per gli enti non soggetti al patto, come tetto di spesa non

superabile quella di un dato anno o meglio, per evitare effetti di casualità, di un triennio.

rLa seconda è quella di assegnare, scelta auspicata dalla stessa sezione autonomie della Corte dei conti, un

effetto prenotativo sulla spesa del personale alla programmazione del fabbisogno del personale, cosicché

l'inserimento di una assunzione in tale documento consente di aumentare convenzionalmente il tetto di spesa

del personale dell'anno su cui fare poi il confronto nell'anno successivo.

tLa terza risposta (di portata più limitata) è quella suggerita dai giudici contabili dell'Umbria di assumere,

come base di confronto, la spesa del personale del bilancio preventivo, così da non farla diminuire a seguito

di eventi casuali (il ritardo in un'assunzione, l'aspettativa di personale senza sostituzione, l'assenza del

segretario, eccetera).

© RIPRODUZIONE RISERVATA Maurizio Delfino

Elena Salvia

Il Dl 66/2014 ha dato forte impulso alla digitalizzazione e automazione del monitoraggio dei debiti attraverso

l'anticipazione dell'obbligo di fatturazione elettronica e l'interconnessione tra il Sistema di interscambio (Sdi) e

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la piattaforma di certificazione crediti (Pcc), a sua volta arricchita di nuove funzionalità. Gli articoli 25

(anticipazione al 31 marzo 2015 della fattura elettronica), 27 (trasparenza nella gestione dei debiti) e 42

(registro unico delle fatture) dello stesso provvedimento vanno letti congiuntamente, in quanto funzionali alla

progressiva dematerializzazione dei documenti e automazione dei processi di spesa, dove la fattura

rappresenta l'unità elementare alla base delle rilevazioni contabili.

L'articolo 27, comma 2, ha introdotto il monitoraggio di tutto il ciclo di vita dei debiti commerciali, compresa la

contabilizzazione e il pagamento, finalizzato all'informazione in tempo reale all'andamento della spesa

pubblica e al monitoraggio dei tempi di pagamento. In caso di trasmissione di fatture elettroniche, i dati di

invio e ricezione saranno acquisiti dalla Pcc direttamente dal Sistema di interscambio. Per le fatture

analogiche, il caricamento avverrà manualmente o in forma massiva, e potrà essere effettuato anche dal

fornitore.

Con la fattura elettronica e l'integrazione del sistema contabile gestionale adottato alla Pcc, il sistema sarà

più funzionale e veloce. Nel caso di sistemi contabili integrati (ad esempio il Sicoge per le amministrazioni

statali che già ricevono le fatture attraverso il sistema di interscambio), tutto il processo di acquisizione e

registrazione dei dati di contabilizzazione e pagamento avverrà automaticamente, mentre negli altri casi sarà

da impostare con prevedibili difficoltà, soprattutto in fase di prima applicazione.

Il monitoraggio riguarda le fatture o richieste equivalenti emesse dai fornitori dal 1° gennaio 2014, ancorché

solo quelle spiccate dal 1° luglio scorso rientrano nelle ristrette tempistiche previste dall'articolo 27 comma 4

e dall'articolo 42 del Dl 66/2014 che prevedono, rispettivamente, la comunicazione ogni 15 del mese dei

debiti scaduti e l'annotazione, entro 10 giorni dalla registrazione, delle fatture nel registro unico. Quest'ultimo

può essere gestito attraverso apposite funzionalità della Pcc, ma sarà più facilmente tenuto nell'ambito del

sistema contabile dell'ente, di cui fa parte, alimentando a sua volta la Pcc.

Il sistema segnalerà in automatico le fatture già caricate per le quali è scaduto il termine di pagamento, ma

l'ente deve verificare che la data sia corretta dato che, in mancanza, la Pcc applica automaticamente i 30

giorni di legge. La prima scadenza è il 15 agosto 2014, anche se gli enti dovranno comunque procedere a

caricare prima i dati relativi alle fatture (emesse dal 1° luglio) in caso di pagamento (articolo 7-bis, comma 5,

del Dl 35/2013). Per le fatture emesse nel primo semestre 2014, la comunicazione, riferita ai soli debiti non

ancora estinti, avverrà una tantum a settembre (si presume entro il giorno 30), come da circolare della

Ragioneria 21/2014.

La circolare Rgs 22/2014 ha invece fissato al 21 luglio il termine perentorio per inviare attraverso la Pcc la

comunicazione degli spazi finanziari, a valere sul patto di stabilità interno, di cui necessitano gli enti locali per

estinguere nel 2014 i debiti certi, liquidi ed esigibili di parte capitale ancora in essere al 31 dicembre 2013.

Alla stessa data gli enti devono comunicare, a soli fini conoscitivi, anche l'ammontare dei debiti maturati al 31

dicembre 2013 che non rientrano tra quelli certi, liquidi ed esigibili, per i quali è stata emessa fattura di

pagamento ma non sussistono ancora i presupposti per la liquidazione. Regioni e Province dovranno

comunicare anche i debiti al 31 dicembre 2013 di qualunque natura nei confronti degli enti locali.

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Il calendario

Gli obblighi di monitoraggio dei debiti commerciali per la Pa

LA SCADENZA L'ADEMPIMENTO ENTRO 10 GIORNI DALLA RICEZIONE Per ogni ente pubblico è già scattato l'obbligo di annotazione nel registro unico delle fatture o richieste

equivalenti emesse dai fornitori a partire da questa data

21 LUGLIO 2014 (*) Comunicazione degli spazi necessari per estinguere nel 2014

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i debiti certi, liquidi e esigibili di parte capitale ancora in essere alla

data del 31 dicembre 2013

21 LUGLIO 2014 Comunicazione - a fini conoscitivi - dei debiti maturati al 31 dicembre 2013 che non rientrano tra quelli certi,

liquidi ed esigibili, per

i quali è stata emessa fattura, ma non sussistono ancora i presupposti alla liquidazione

21 LUGLIO 2014 Per Regioni e Province comunicazione (a fini conoscitivi) dei debiti verso gli enti locali al 31 dicembre 2013 di

qualunque natura,

con distinta annotazione di quelli correnti e quelli in conto capitale

ENTRO IL 15 DI OGNI MESE (**) Comunicazione dei debiti per i quali sono scaduti i termini di

pagamento nel mese precedente (valido per le fatture emesse a

partire dal 1° luglio 2014)

SETTEMBRE 2014 Comunicazione dei dati di ricezione e contabilizzazione relativi

alle fatture emesse dal 1° gennaio al 30 giugno 2014 per debiti

non ancora estinti

CON L'ORDINE DI PAGAMENTO Comunicazione alla piattaforma di certificazione crediti dei dati

di ricezione, contabilizzazione e pagamento relativi alle fatture

ricevute dai fornitori a partire dal 1° luglio 2014

Foto: - (*) Termine perentorio; (**) prima scadenza il 15 agosto 2014

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[ IL CASO ] Valori "di massa" per aree omogenee IL PREZZO DI UNA CASA È INFLUENZATO DA UN'INFINITÀ DI FATTORI MA L'AGENZIA NON POTRÀMAI FOTOGRAFARLI TUTTI (a.bon.) Quanto sarà accurata la fissazione dei nuovi valori catastali che dovrà rispecchiare, anche se non mai

eguagliare, i valori di mercato? Il prezzo di una casa è influenzato da un'infinità di fattori, alcuni prevedibili a

tavolino (un piano alto vale di più di uno basso se però c'è l'ascensore, l'affaccio esterno è meglio di uno

interno, l'esposizione a Sud è meglio di quella a Nord, ecc.) e altri impalpabili (alcune aree sono più di moda

di altre). Non bisogna attendersi che il nuovo catasto riesca a fotografare tutte le sottigliezze. Il prezzo,

spiegano i tecnici, è determinato per l'80 per cento dalla location , per il 10 dalla qualità dell'edificio e per un

altro 10 da altri aspetti che hanno una qualche rilevanza. Non ci troveremo quindi mai di fronte a stime

puntuali di ogni singola unità immobiliare ma a stime di massa dove troveranno posto solo le variabili più

rilevanti. Chi avrà una nuova rendita che riterrà iniqua potrà comunque chiedere al fisco una riconsiderazione

dell'accertamento e/o presentare ricorso alle Commissioni tributarie.

14/07/2014 3Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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FISCO Le indicazioni del Mef al modello di dichiarazione Imu-Tasi per gli enti non commerciali È il comune a esentare l'Onlus Per l'agevolazione non basta il requisito soggettivo SERGIO TROVATO Gli enti non commerciali che intendono fruire dell'esenzione Imu e Tasi devono presentare la dichiarazione al

comune sul cui territorio sono ubicati gli immobili da loro posseduti entro il prossimo 30 settembre. È stato

approvato, infatti, il nuovo modello di dichiarazione, con le relative istruzioni, che consente agli enti non profit

di denunciare gli immobili posseduti, che hanno le caratteristiche per fruire, in tutto o in parte, dell'esenzione

Imu e Tasi. Entrambi i tributi sono soggetti alla stessa disciplina di legge che detta requisiti e condizioni per

ottenere l'agevolazione. Obbligo dichiarativo. Il decreto ministeriale del 26 giugno scorso, pubblicato sulla

Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio, con il quale è stato approvato un modello ad hoc con relative istruzioni

per l'uso, concede un'espressa deroga consentendo a questi soggetti di presentare un'unica dichiarazione

per questi due tributi entro il prossimo 30 settembre, anziché entro il termine ordinario scaduto lo scorso 30

giugno, relativamente agli anni 2012 e 2103. Nelle istruzioni ministeriali viene precisato che l'adempimento è

imposto solo agli enti che intendano fruire dell'esenzione Imu e Tasi, totale o parziale, mentre per tutti gli altri

il termine di scadenza è quello ordinario, vale a dire il 30 giugno dell'anno successivo rispetto a quello in cui si

ha diritto fruire dei benefi ci fi scali. Termine che per il prossimo anno deve essere osservato da tutti senza

alcuna distinzione. Istruzioni per l'uso. Il Ministero chiarisce che non tutte le Onlus hanno i requisiti soggettivi

per fruire dell'esenzione Imu e Tasi. L'inquadramento nella categoria delle organizzazioni di utilità sociale

prescinde dall'indagine sull'oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata dall'ente o sulla sua natura

non commerciale. Spetta, infatti, ai comuni deliberare eventuali agevolazioni per le Onlus, qualora non

abbiano i requisiti soggettivi e oggettivi per avere diritto all'esenzione dal pagamento dell'Imu e della Tasi o

da altri tributi comunali. Le istruzioni ministeriali, dunque, mettono in rilevo un aspetto importante sulle

condizioni di legge per avere diritto al trattamento agevolato. In particolare, il requisito soggettivo previsto

dall'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 504/1992, presupposto necessario ma non

sufficiente per l'esonero dal pagamento di Imu e Tasi, non è scontato che lo abbiano le organizzazioni non

lucrative di utilità sociale, in quanto l'inquadramento di questi enti nella categoria delle Onlus prescinde

dall'indagine sul loro oggetto esclusivo o principale o sulla natura commerciale dell'attività da loro svolta. Non

a caso l'articolo 21 del decreto legislativo 460/1997 dispone che i comuni, le province, le regioni e le province

autonome di Trento e Bolzano hanno la facoltà di deliberare nei confronti delle Onlus la riduzione o

l'esenzione dai tributi da loro amministrati e dagli adempimenti connessi. Le varie tipologie di attività. Nelle

istruzioni al nuovo modello di dichiarazione viene evidenziato che gli immobili degli enti non profit sono

esonerati dal pagamento dell'imposta municipale e dell'imposta sui servizi indivisibili solo se sugli stessi

vengono svolte attività didattiche, ricreative, sportive, assistenziali, culturali e via dicendo con modalità non

commerciali. Del resto è imposto che debbano richiedere, per lo svolgimento delle suddette attività, rette di

importo simbolico e comunque non superiori alla metà rispetto alla media di quelle pretese dai soggetti che

svolgono l'attività con modalità commerciali. Per esempio, è posto in rilievo nelle istruzioni che questi requisiti

devono sussistere per le attività assistenziali e sanitarie, che possono o meno essere accreditate e

contrattualizzate con lo stato, le regioni e gli enti locali. E se esercitano in modo complementare la loro attività

rispetto al servizio pubblico possono esigere il pagamento di «eventuali importi di partecipazione alla spesa».

Mentre le attività didattiche, che sono quelle dirette all'istruzione e alla formazione, si ritengono effettuate con

modalità non commerciali solo se vengono rispettate le seguenti condizioni: a) l'attività è paritaria rispetto a

quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione

degli alunni; b) viene applicata la contrattazione collettiva al personale docente e non docente; l'attività è

svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico. Le attività ricettive,

invece, devono avere una funzione strumentale, funzionale al soddisfacimento di bisogni di natura sociale.

14/07/2014 8Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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Quindi, devono essere tenute distinte da quelle svolte nelle strutture alberghiere e paralberghiere. In

particolare, devono svolgere attività di assistenza o protezione sociale, educazione e formazione, turismo

sociale. Le regole per l'esenzione. La disciplina Imu, che si applica anche alla Tasi, prevede l'esonero dal

pagamento per gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali. L'articolo 7, comma 1), lettera i)

del decreto legislativo 504/1992 riconosce l'esenzione alle attività ricreative, culturali, didattiche, sportive,

assistenziali, sanitarie e così via svolte da questi enti, purché non vengano svolte con modalità commerciali.

L'articolo 91 bis del dl (1/2012) dispone che qualora l'unità immobiliare abbia un'utilizzazione mista,

l'esenzione si applica solo sulla parte nella quale si svolge l'attività non commerciale, sempre che sia

identificabile. La parte dell'immobile dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente deve essere

iscritta in Catasto e la rendita produce effetti a partire dal 1° gennaio 2013. Nel caso in cui non sia possibile

accatastarla autonomamente, l'agevolazione spetta in proporzione all'utilizzazione non commerciale

dell'immobile che deve risultare da apposita dichiarazione. Anche se è oltremodo diffi coltoso individuare

all'interno di uno stesso immobile, con un'unica rendita, la parte destinata a attività commerciali. Quindi nei

casi in cui non possa essere frazionato, perché non è possibile individuare una parte che abbia autonomia

funzionale e reddituale, è demandato al contribuente il compito di fi ssarne le proporzioni e certifi care quale

sia quella destinata a attività non commerciali. L'esenzione parziale. Per l'esenzione parziale contano la

superficie e il numero dei soggetti che utilizzano le unità immobiliari per attività miste, commerciali e non

commerciali. Se l'uso avviene per una parte dell'anno, il tributo si calcola facendo riferimento ai giorni durante

i quali l'immobile è adibito a attività commerciali. Lo prevede l'articolo 5 del decreto ministeriale del 19

novembre 2012 n. 200 (in vigore dall'8 dicembre 2012), richiamato nelle istruzioni ministeriali, che contiene le

disposizioni di dettaglio per individuare il rapporto proporzionale all'interno di uno stesso immobile. Nello

specifico, è necessario fare riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono

svolte le attività con modalità commerciali o non commerciali e al tempo durante il quale l'immobile è

destinato a un determinato uso. Secondo la norma regolamentare, se l'utilizzazione è mista, la proporzione è

prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle

previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 504/1992, svolte con modalità commerciali,

rapportata alla superficie totale dell'immobile. Rileva inoltre il numero dei soggetti nei confronti dei quali le

attività vengono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo di quelli che utilizzano la

struttura. Altro elemento che conta è il tempo. Se nell'immobile viene svolta un'attività diversa da quelle

elencate dalla norma solo per un periodo dell'anno, per calcolare il tributo occorre conteggiare i giorni durante

i quali l'immobile ha questa destinazione.

In sintesi Norme di riferimento: articolo 7 decreto legislativo 504/1992; articolo 91 bis dl 1/2012; decreto

ministeriale 200/2012; decreto ministeriale del 26 giugno 2014. Proroga termine dichiarazione Imu e Tasi enti

non commerciali: 30 settembre 2014. Termine ordinario presentazione dichiarazione Imu e Tasi: 30 giu- gno

dell'anno successivo rispetto a quello in cui si ha diritto a fruire dell'esenzione. Presupposto per l'esenzione:

immobile posseduto e utilizzato da un ente non commerciale. Ulteriore condizione: immobile destinato allo

svolgimento delle attività con modalità non commerciali.

14/07/2014 8Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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ECONOMIA PUBBLICA ETERRITORIALE

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Renzi accelera, legge di Stabilità per Ferragosto Un mese per varare il piano 2015, con la conferma del bonus di 80 euro e investimenti per i Comuni Mario Sensini ROMA - Il governo è già arrivato all'appuntamento fatidico con la legge di Stabilità del 2015, che in anticipo

rispetto agli altri anni il premier vuole pronta per Ferragosto. Il presidente del Consiglio conferma il

consolidamento del bonus di 80 euro in busta paga, con l'ampliamento della platea dei beneficiari, punta ad

un forte allentamento del patto di Stabilità che permetta ai Comuni di investire le risorse che hanno in cassa e

al varo di qualche altro intervento fiscale, per esempio sull'Irap. Un programma molto ambizioso, che

costerebbe almeno tre o quattro miliardi di euro aggiuntivi rispetto a quelli previsti, da realizzare in un

contesto in cui, al di là delle rassicurazioni quotidiane del premier e del ministro dell'Economia, «nel

complesso le cose non vanno oggettivamente bene», come ammettono i tecnici di Palazzo Chigi e di via XX

settembre. Dalla crescita dell'economia, che non riparte, ai conti pubblici, che ne soffrono. Tanto che il primo

obiettivo del governo sarà quello di evitare la manovra-bis nel 2014.

Matteo Renzi ha preso decisamente in mano la situazione la scorsa settimana, intensificando i già fitti incontri

con le strutture tecniche del ministero dell'Economia. Nei giorni passati a Palazzo Chigi c'è stato un via vai

continuo di tecnici e dirigenti dei ministeri economici. Insieme a Padoan, e con il suo consigliere Yoram

Gutgeld, Renzi ha fatto il punto su tutti i dossier aperti, fisco, spending review , investimenti e dismissioni,

fissato obiettivi, priorità e calendari di lavoro, avviando un coordinamento informale, ma stretto della politica

economica.

Per prima cosa, in ogni caso, bisognerà evitare il rischio di una manovra-bis. Il prodotto interno lordo

quest'anno non crescerà dello 0,8% ed il deficit sarà più alto del 2,6% previsto. Per stare sotto al 3% del Pil

c'è margine, e se lo spread resta basso, si risparmierà non poco sulla spesa per gli interessi sul debito. Ma

rischia di allontanarsi ancora anche il pareggio strutturale, quando sarà già molto difficile far accettare all'Ue il

rinvio di un anno, al 2016. La ripresa della crescita è essenziale, e anche così si spiega la pressione del

governo sulle amministrazioni periferiche per il varo degli investimenti previsti, specie infrastrutturali.

Poi c'è il problema della spesa: dai tagli sono attesi 4,5 miliardi quest'anno, e altri 13 il prossimo, che

sarebbero però già tutti assorbiti dall'allargamento del bonus di 80 euro (il pacchetto allo studio vale 12-13

miliardi), ma la spending review di Carlo Cottarelli, anch'egli a rapporto a Palazzo Chigi in settimana, si sta

rivelando più complicata del previsto. Qualche margine in più si potrebbe ottenere sul fisco, altro fronte di

azione. Si punta sul rientro dei capitali dall'estero (il decreto arriva in Aula alla Camera in settimana), che

potrebbe dare gettito oggi non previsto, e non si escludono altri interventi. Le entrate pare non diano grosse

preoccupazioni, anche per il freno operato sulle detrazioni automatiche. Ancora un obiettivo è quello di

smuovere le dismissioni, tra immobili e partecipazioni: a bilancio, quest'anno, sono previsti 10 miliardi, ma

finora è arrivato poco o niente.

Entro un mese la legge di Stabilità del 2015 dovrà essere definita e concordata, e a metà settembre saranno

aggiornate le previsioni sull'economia. Poi sarà decisivo l'autunno: al di là degli impegni sull'agenda del

dibattito, l'unico risultato concreto ottenuto finora dalla presidenza italiana della Ue è stato il rinvio degli esami

sui bilanci a ottobre-novembre. Cioè alla nuova Commissione, in cui il governo di centrosinistra punta ad

avere un peso politico decisamente più forte di quello attuale. Renzi giocherà le sue carte già mercoledì a

Bruxelles: se riuscisse a ottenere il posto di Mr Euro o del Commissario agli Affari Economici per un socialista

avrebbe sicuramente fatto un passo avanti.

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Le riforme Senato e Italicum

14/07/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 31

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percorso parallelo 1 Oggi il ddl che riforma il Senato approda a Palazzo Madama. Sono possibili alcune

modifiche, dal veto sulla legge di Bilancio alla platea che dovrà votare per il capo dello Stato. L'Italicum è

stato approvato dalla Camera il 12 marzo, il testo della nuova legge elettorale è atteso a Palazzo Madama

subito dopo la discussione sul Senato 2 Decreto lavoro

e misure per i giovani Il premier affida grande importanza alla riforma del lavoro, soprattutto nella parte

contenuta nel decreto del ministro Poletti: un rilancio dell'impiego giovanile attraverso apprendistato e

contratti a tempo determinato più semplici. Il decreto, convertito in legge il 16 maggio, è in attesa di due

decreti attuativi 3 La Camera e l'esamedel pubblico impiego In Parlamento è approdato anche il decreto di

riforma della Pubblica amministrazione per avviare l'iter della conversione in legge. È in corso l'esame della

Camera, che ha tempo fino al 23 agosto. Il provvedimento contiene le misure per favorire la cosiddetta

«staffetta generazionale» 4 Competitività,

legge entro agosto È in commissione al Senato il decreto Competitività. Si tratta di una serie di misure a

favore delle imprese che devono essere convertite in legge entro il 23 agosto.Contiene, tra l'altro, la

possibilità per le compagnie assicurative di concedere credito alle imprese e benefici fiscali a fronte di

aumenti di capitale 5 Corsa contro il tempo

per le misure sul Fisco È in Parlamento da qualche giorno il testo della legge delega sul Fisco: le commissioni

hanno tempo fino al primo agosto per esprimersi. Finora il governo ha introdotto la dichiarazione dei redditi

precompilata ma sono attesi altri decreti per snellire il regime fiscale per le piccole e medie imprese

Foto: Il premier Matteo Renzi, 39 anni, e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, 64 anni (Mistrulli)

Foto: Sul «Corriere» L'intervista a Matteo Renzi pubblicata ieri

14/07/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 32

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Contributi, tre strade in Unico peri minimi Matteo Balzanelli Contributi previdenziali pagati nel 2013 dai contribuenti minimi a tre vie in Unico. Indicazione in LM fino a

capienza del reddito. Eccedenza da riportare in RP. Importi già compensati in F24 da assoggettare a

tassazione.

Una volta determinato il reddito lordo (dato dai componenti negativi al netto dei costi deducibili), i minimi

possono scomputare all'interno del quadro LM i contributi previdenziali e assistenziali pagati nel 2013, oltre

alle eventuali perdite pregresse. Su questo importo si calcola l'imposta sostitutiva.

I contributi Inps scomputabili sono sia quelli fissi e quelli dovuti sul reddito eccedente quello minimale (per il

2013 pari a 15.357 euro) da commercianti e artigiani, ma anche i contributi per la gestione separata da parte

dei senza cassa o quelli dei professionisti per le proprie casse previdenziali. Vanno considerati anche i

contributi pagati a seguito di avviso o iscrizione a ruolo. Bisogna, però, defalcare le somme dovute a titolo di

interessi, sanzioni e compensi di riscossione. Si ricorda che vale il principio di cassa e si fa riferimento solo ai

contributi versati nel 2013.

Per l'impresa familiare, possono essere dedotti anche i contributi pagati per conto dei collaboratori

fiscalmente a carico e quelli per i collaboratori non a carico ma per i quali il titolare non ha esercitato il diritto

di rivalsa. Pertanto, se a fronte di un reddito lordo di 6mila euro sono stati pagati 4mila di contributi, il reddito

imponibile su cui calcolare l'imposta sostitutiva ammonta a 2mila euro. Eventuali perdite pregresse

scomputabili (ipotizziamo 3mila euro) andranno utilizzate soltanto dopo la deduzione dei contributi. In pratica,

nella circostanza prospettata le perdite saranno "sfruttate" solo per 2mila euro e i rimanenti mille andranno

riportati in avanti.

Nel 2013 potrebbe essere emersa una perdita o un reddito lordo inferiore ai contributi pagati. Nel primo caso,

i contributi previdenziali non vanno a incrementarla ma dovranno essere indicati come oneri deducibili nel

quadro RP, al rigo 21. Questi ultimi saranno riportati in deduzione dal reddito complessivo nel rigo RN 3. Da

qui la considerazione che, in assenza di altri redditi, la deduzione non avrà alcuna efficacia.

Se i contributi versati sono superiori al reddito lordo (LM 6) devono essere indicati in parte in LM e per la

restante in RP. In LM 7, colonna 2, vanno dedotti i contributi fino ad abbattimento integrale del reddito lordo e

l'eccedenza indicata in LM 21, a sua volta da riportare in RP 21.

Nel 2013 potrebbe anche essere stato utilizzato in compensazione tramite F24 un credito Inps (derivante, ad

esempio, da acconti versati in eccedenza). Queste somme dovrebbero essere soggette a tassazione

separata (articolo 17 del Tuir) o a tassazione ordinaria previa opzione. In base a tale regola generale gli

importi compensati dovrebbero essere indicati nel rigo RM9, barrando eventualmente la casella relativa

all'opzione per la tassazione ordinaria. Tuttavia, indicando gli importi compensati nel quadro RM si andrebbe

ad assoggettare ad aliquota Irpef ciò che a suo tempo era stato dedotto dal reddito assoggettato a imposta

sostitutiva. Si ritiene che una simile impostazione sia incongruente anche se potrebbe sembrare più aderente

alla lettera della norma.

La soluzione potrebbe consistere allora nell'inserire direttamente i contributi compensati nel quadro LM tra i

componenti positivi ma non è previsto alcun quadro per «ospitare» l'indicazione. A questo punto, l'unica via

sarebbe quella dell'inclusione delle compensazioni dei crediti contributivi nel rigo LM2, insieme agli altri

componenti positivi di reddito. Così facendo si andrebbe a incrementare il reddito lordo (rigo LM 6),

aumentando quindi anche il tetto dei contributi pagati nel 2013 deducibili direttamente dal reddito da

assoggettare a imposta sostitutiva.

© RIPRODUZIONE RISERVATA ,00 ,00 ,00 ,00 LM2 LM3 LM4 LM5 LM6 Totale componenti positivi

Rimanenze finali Differenza (LM2, col. 2 - LM3) Totale componenti negativi Reddito lordo o perdita (LM4 -

LM5) Determinazione del reddito Impresa 2 ,00 1 , Recupero Tremonti-ter (di cui 00 ) 21.000 21.000 18.000

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 33

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3.000 x2 00 1 3.308 3.000, ,00 LM7 ,00 LM8 Contributi previdenziali e assistenziali Reddito netto

Determinazione del reddito 0 LM21 Eccedenza contributi previdenziali e assistenziali di cui al rigo LM7

(riportare tale importo nel quadro RP) 308,00Contributi previdenziali RP21 ed assistenziali Sezione II Spese e

oneri per i quali spetta la deduzione dal reddito complessivo TOTALE ONERI E SPESE DEDUCIBILI

(sommare gli importi da rigo RP21 a RP32) CONTRIBUTI PER PREVIDENZA COMPLEMENTARE RP33 1 2

Esclusi dal sostituto Non esclusi dal sostituto CSSN-RC veicoli 308,00 308,00 ,00 QUADRO RN RN3 Oneri

deducibili 308,00

L'esempio01 | IL CASO

8 Giuseppe Rossi è un artigiano nel regime dei minimi. Nel 2013 ha versato 3.308 euro di contributi

previdenziali fissi, ha utilizzato in compensazione tramite F24 crediti Inps per mille euro e

ha conseguito ricavi per 20mila euro a fronte di 18mila euro di costi deducibili

8 Il reddito lordo 2013 ammonta a 2mila euro (20mila-18mila)

02 | LA COMPILAZIONE

8 Nel rigo LM2 di Unico Pf vanno indicati i componenti positivi 2013 pari a 20mila euro. Se si condivide che i

contributi compensati in F24 vadano tassati al 5% (imposta sostitutiva) e

non con aliquota Irpef, in LM2 vanno indicati anche 1.000 euro per un totale di 21mila euro

8 In LM5 vanno invece indicati i costi deducibili 2013 pari a 18mila euro

8 Il reddito lordo ammonta quindi a 3mila euro (21mila-18mila)

8 Al rigo LM7: in colonna 1 vanno indicati i contributi previdenziali pagati nel 2013 pari a 3.308 euro e in

colonna 2 invece i contributi della colonna 1 che trovano capienza nel reddito lordo, pari a 3mila euro

8 Il reddito netto è stato così azzerato

8L'eccedenza (non dedotta) dei contributi previdenziali, pari a 308 euro (3.308 - 3mila) viene quindi riportata

in LM 21

8 L'importo al rigo LM 21 potrà essere dedotto dal reddito complessivo tramite riporto in RP21 e RN3

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 34

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Dal 2004 a oggi ritocchi continui al contributo unificato: l'ultimo aumento finanzierà la giustizia digitale Tasse sui processi, rincari fino al 700% Conto sempre più pesante per chi prosegue la lite nei tre gradi di giudizio Non si ferma l'aumento del contributo unificato, la "tassa" da pagare per iniziare i processi. Dallo scorso 25

giugno è infatti arrivato l'ultimo ritocco, l'ottavo in dieci anni. Lo ha introdotto il decreto legge sulla pubblica

amministrazione, il 90 del 2014, per finanziari gli incentivi all'utilizzo degli strumenti telematici. La correzione

ha fatto salire gli importi in media del 15 per cento. Ma, rispetto ai valori di dieci anni fa, oggi l'accesso alla

giustizia può diventare più caro anche del 700 per cento. A far schizzare verso l'alto gli importi, in particolare,

è il raddoppio del contributo unificato che ha debuttato un anno e mezzo fa per le impugnazioni e i ricorsi per

Cassazione, se vengono respinti o dichiarati inammissibili o improcedibili.

Servizi u pagina 5 PAGINA A CURA DI

Francesco Falcone

Valentina Maglione

Non si ferma l'aumento del contributo unificato, la "tassa" da pagare per iniziare i processi. Dallo scorso 25

giugno - con il decreto sulla pubblica amministrazione (Dl 90/2014) - è infatti arrivato l'ultimo ritocco, l'ottavo

in dieci anni. Una correzione che ha fatto salire gli importi in media del 15 per cento. Ma, rispetto ai valori di

dieci anni fa, oggi l'accesso alla giustizia può diventare più caro anche del 700 per cento.

L'applicazione

Per misurare l'aumento, si può partire da una delle cause che più di frequente approda nelle aule giudiziarie,

vale a dire la domanda di risarcimento fatta dalla vittima di un incidente stradale. Prendiamo il caso di un

sinistro grave, con una richiesta di danni per 120mila euro. Dieci anni fa, per presentare la domanda in

tribunale, era necessario pagare un contributo unificato di 414 euro. La stessa "tassa" oggi è di 759 euro,

oltre l'80% in più.

E la differenza cresce nei gradi successivi di giudizio. Dieci anni fa, infatti, il contributo unificato per ricorrere

in appello e in Cassazione contro la decisione del tribunale era sempre di 414 euro. Dal 25 giugno, invece,

bisogna pagare 1.138,50 euro in appello, il 175% in più. E 1.718 euro in Cassazione, più di quattro volte

tanto.

Il conto sale ancora se l'impugnazione viene respinta per intero o se è dichiarata inammissibile o

improcedibile: in questi casi, oggi si arriva a pagare 2.277 euro per l'appello e 3.236 euro in Cassazione, cioè,

rispettivamente, il 450% e il 680% in più rispetto a dieci anni fa.

Si tratta di un divario notevole, risultato delle modifiche continue introdotte a partire dal 2004.

Aumenti a catena

Previsto dalla legge 488 del 1999, il contributo unificato ha debuttato, dopo alcune proroghe, il 1° marzo del

2002. In pratica, è un importo a forfait, da pagare all'inizio della causa, che sostituisce le tasse e i bolli

richiesti in passato in diverse fasi del processo. La somma da versare è collegata, in genere, al valore del

procedimento, anche se per alcuni giudizi è stabilito un importo fisso.

I primi aumenti alla "tassa" unica sono arrivati a fine 2004, con la Finanziaria in vigore dal 1° gennaio del

2005. Negli anni successivi sono stati introdotti a più riprese rincari generalizzati agli importi. E,

parallelamente, il contributo unificato è stato esteso al processo amministrativo (dal 2006) e a quello tributario

(dal 2011) ed è stato introdotto per cause che prima erano esenti: come i ricorsi contro le sanzioni

amministrative, a partire dalle contravvenzioni per le violazioni al Codice della strada (dal 2010), le cause di

lavoro, le separazioni e i divorzi (dal 2011).

Negli ultimi anni, inoltre, il contributo unificato è stato "appesantito" per le impugnazioni. La legge di stabilità

del 2011, infatti, l'ha rincarato della metà per gli appelli e l'ha raddoppiato per i ricorsi in Cassazione. Ancora,

dal 2013, sono diventate più costose le impugnazioni che non vanno a buon fine: se la domanda è respinta

per intero o è dichiarata inammissibile o improcedibile, chi l'ha proposta deve versare un contributo unificato

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 35

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doppio.

Le altre tasse

Senza contare che il contributo non ha del tutto «unificato» le tasse processuali. Ad esempio, dal 2010 per i

ricorsi in Cassazione, oltre al contributo, occorre versare anche l'imposta fissa di registrazione dei

provvedimenti giudiziari, che ammonta a 200 euro. E poi ci sono le anticipazioni forfettarie (per le indennità di

trasferta e le spese di notifica) che i cittadini devono fare all'Erario nel processo civile. Si tratta della vecchia

"marca da 8 euro", che dal 1° gennaio scorso è stata più che triplicata passando a 27 euro.

La prospettiva

Alla processione degli aumenti si è affacciata però anche qualche riduzione. L'ultimo aumento del contributo

unificato è stato infatti introdotto dal Dl 90/2014 per finanziare gli incentivi all'utilizzo degli strumenti telematici.

Così, dal 25 giugno scorso è scomparso il diritto di copia se questa viene estratta in formato digitale anziché

cartaceo. Ed è sparita anche l'imposta di bollo per chi notifica gli atti online.

Questi "sconti", però, aprono la porta anche a futuri rincari. Il Dl 90, infatti, incarica il ministero della Giustizia

di monitorare il calo delle entrate: se questo supererà le previsioni, il ministero potrà aumentare il contributo

unificato per ripianare i conti. Si tratta di un meccanismo che non convince l'ufficio studi della Camera: di

fatto, si legge nel dossier di commento al Dl 90, la materia viene "delegificata", cioè affidata a un atto

ministeriale, senza che sia introdotto un tetto all'aumento. Resta da vedere, quindi, se il via libera ai futuri

ritocchi supererà l'esame del Parlamento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA L'ESEMPIO Dati in euro e variazioni percentuali Dati in euro e variazioni

percentuali Fino al 31 dicembre 2004 Dal 25 giugno 2014 Se il ricorso è respinto integralmente o è dichiarato

inammissibile TRIBUNALE o improcedibile 414 759 +83,3% CORTE D'APPELLO 414 1.138,5 2.277

+175,0% +450,0% CASSAZIONE 414 1.718 3.236 +314,9% +681,6% IL RINCARO DEL CONTRIBUTO

UNIFICATO PER LE CAUSE PIÙ FREQUENTI DAL 1° GEN 2005 FINO AL 31 DIC 2004 DAL 1° GEN 2010

DAL 31 LUG 2010 DAL 6 LUG 2011 DAL 25 GIU 2014 DAL 1° GEN 2005 FINO AL 31 DIC 2004 DAL 1°

GEN 2010 DAL 31 LUG 2010 DAL 6 LUG 2011 DAL 25 GIU 2014 0 200 400 600 Impugnazione 103,3 103,3

340 374 450 518 delibere condominiali (valore indeterminabile) +401,45% Var. in 10 anni 0 100 200 300

Impugnazione ESENTE ESENTE ESENTE ESENTE 225 259 licenziamento (valore indeterminato) +15,11%

Var. in 3 anni 0 40 80 120 Procedimento 77,5 85 85 93,5 103 118,5 di sfratto (da 5.200 a 26mila euro)

+52,90% Var. in 10 anni 0 15 30 45 Opposizione ESENTE ESENTE 30 33 37 43 a sanzione amministrativa

(valore < di 1.100 euro) +43,33% Var. in 4 anni 0 15 30 45 Esecuzioni ESENTE ESENTE 30 30 37 43

mobiliari fino a 2.500 euro +43,33% Var. in 4 anni 300 400 500 600 Procedimenti 310 340 340 374 450 518

possessori fase di cognizione (da 26mila a 52mila euro) +67,10% Var. in 10 anni 0 20 40 60 Separazioni

ESENTE ESENTE ESENTE ESENTE 37 43 consensuali e divorzi congiunti +16,22% Var. in 3 anni 80 87 94

101 Separazioni ESENTE ESENTE ESENTE ESENTE 85 98 e divorzi giudiziali +15,29% Var. in 3 anni 0 50

100 150 Esecuzioni 77,5 100 100 110 121 139 mobiliari di valore superiore a 2.500 euro +79,35% Var. in 10

anni 600 700 800 900 Procedure 672 672 672 672 740 851

27 euroL'anticipazione forfettaria

È l'importo dell'ex "marca da 8", più che triplicata dal 1° gennaio

IL CASO

In un grave incidente tra due auto, il passeggero di una delle due vetture riporta gravi lesioni personali e

agisce in giudizio per chiedere un risarcimento di 120mila euro

LE VARIABILI

L'esempio mette a confronto gli importi del contributo unificato da versare nei vari gradi di giudizio nel 2004

con quelli attuali. Inoltre, si tiene conto del possibile raddoppio della tassa processuale nel caso in cui il

ricorso in appello o in Cassazione venga respinto o dichiarato inammissibile o improcedibile, operativo dal

2013

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 36

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Foto: L'andamento - Nota: per i procedimenti di lavoro il contributo unificato va pagato solo da chi ha redditi

superiori a 32.298,99 euro

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 37

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LE CLASSIFICHE DEL SOLE 24 OREReddito, casa, auto, risparmi: così è cambiata la vita nelle province trail 2007 e il 2013 Ecco la mappa dell'Italia in crisi Viterbo, Latina e Novara le aree che arretrano di più - Resiste Vicenza, in affanno i piccoli centri Rossella Cadeo Sette anni di crisi. Sette anni di spending review nelle case degli italiani che hanno visto modificare,

generalmente al ribasso, redditi, prezzi delle case, acquisti di auto e di beni durevoli. La crisi non ha colpito

tutti i territori nello stesso modo, con province che più di altre hanno sofferto, registrando nel 2013 vistosi

arretramenti rispetto al 2007. Arretramenti misurati dall'indice sintetico che il Sole 24 Ore ha costruito sulla

base di dieci indicatori cruciali per la vita quotidiana. Impatto meno pesante per Vicenza e Bolzano; a Viterbo,

Latina e Novara la crisi si è sentita di più. Il trend è in peggioramento anche nei piccoli centri.

Cadeo e Meazza u pagine 2-3

«Ma cos'è questa crisi?» cantava nel 1933 l'artista napoletano Rodolfo De Angelis, quattro anni dopo che la

grande recessione del '29, attraversato l'Atlantico, raggiungeva l'Europa. Un ritornello - ripescato poi da Gigi

Proietti - di grande attualità oggi, a quasi sette anni di distanza dalla bancarotta della Lehman Brothers nel

2008, che come un domino si è abbattuta sui mercati europei. Con effetti che ancora si avvertono, tanto che -

purtroppo - è facile oggi rispondere alla domanda della canzone.

C'è addirittura l'imbarazzo della scelta tra le molte "spie" di emergenza accese sul cruscotto del Paese. Il

Sole 24 Ore ne ha individuate dieci tra quelle che maggiormente possono interessare la vita e i bilanci delle

famiglie, dai risparmi in banca ai disoccupati, dal reddito al costo delle case. Per ciascuno di questi parametri

è andato a vedere qual è l'intensità della "luce rossa" sul territorio, misurandola in base alla dinamica

provinciale nei sette anni. Fino a costruire, sulla base delle dieci performance, un vero e proprio indice di

"resistenza" alla crisi (si veda la pagina a fianco) ricavato sui dieci parametri: dal Nord al Sud la crisi non ha

fatto sconti, con Viterbo, Latina, Novara, Cosenza e Nuoro tra le più colpite.

Il reddito, i depositi in banca e i prestiti raccontano immediatamente le difficoltà economiche del Paese: se il

Pil medio pro capite è calato di quasi il 2 per cento (elaborazioni Prometeia), in alcune realtà è arretrato in

misura più decisa (a Rieti, Ascoli Piceno e Latina), in altre invece ha tenuto: Milano, ad esempio, già prima

per valori assoluti, segna persino un progresso. Diminuito anche il ricorso all'indebitamento: il timore di non

poter onorare i propri impegni (ma anche la minore disponibilità del settore creditizio a concedere

finanziamenti) hanno tagliato del 7,4% l'importo medio dei prestiti personali (e di oltre un quarto in province

come La Spezia, Teramo, Pistoia).

Disorientate e preoccupate, le famiglie - quelle con delle "risorse" - hanno preferito parcheggiare i risparmi in

banca: i depositi pro capite sono cresciuti di quasi il 70%, percentuale che si è fermata però sotto il 30% in

province come Forlì o Lodi e che è invece triplicata in altre come Potenza o Isernia.

Ma è il tasso di disoccupazione la spia che lampeggia con maggiore intensità: dal 2007 al 2013 l'indice

medio nazionale è raddoppiato (dal 6,1 al 12,2%), destabilizzando anche aree che in passato potevano

contare su indici inferiori alla media nazionale, come l'Emilia Romagna. Il rallentamento generale non ha

salvato il Mezzogiorno dalle posizioni più drammatiche: a Napoli, Crotone ed Enna il tasso dei senza lavoro si

aggira sul 25%.

In discesa pure i prezzi delle case, un trend dalla doppia interpretazione: se gli aspiranti compratori possono

avvantaggiarsene, i proprietari vedono assottigliarsi il valore del loro investimento. Meno acquisti anche di

beni durevoli (elettrodomestici, mobili e informatica), con una spesa calata mediamente del 18%, con picchi in

zone del Nord Est (Belluno, Rovigo, Venezia). E immatricolazioni quasi dimezzate. Anche lo scontrino in

farmacia si è ridimensionato. Quanto all'ambiente può tirare un respiro di sollievo: la spending review

familiare e i minori consumi hanno alleggerito il sacco dei rifiuti.

14/07/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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© RIPRODUZIONE RISERVATA Leprovince in cui la crisi ha colpito di più tra il 2007e il2013ele performance

in base agli indicatori 123456789 10 103 102 101 100 99 98 97 96 95 94 Le province dove la crisi ha colpito

di più... VITERBO LATINA NOVARA COSENZA NUORO CAGLIARI TERNI MESSINA GROSSETO REGGIO

CALABRIA Performance migliore Reddito procapite Rieti Milano Depositi in banca Prestiti personali Tasso di

disoccupazione ...e quelle che hanno resistito meglio VICENZA BOLZANO MODENA MANTOVA PISA

GENOVA PRATO VERONA AOSTA MILANO Casa Automobili Beni durevoli Farmaci Performance peggiore

Ascoli Piceno Salerno Forlì Isernia Aosta Bolzano La Spezia Modena Belluno Aosta Ferrara Nuoro Nuoro

Vercelli Laureati Rifiuti Catanzaro Sassari Catania Trapani Fonte: elaborazioni Sole 24 Ore del lunedì su dati

Banca d'Italia, Findomestic, Ims Health, Istat, Miur, Prometeia, Scenari Immobiliari IN CONTRAZIONE

QUASI DOVUNQUE Il valore aggiunto Milano Medio Campid. Italia 23.379 23.819 10.235 11.443 38.417

43.020 2007 2013 UN TESORETTO PER «DIFENDERSI» Il risparmio pro capite. In euro Trieste Crotone

Italia 17.705 10.575 7.987 5.074 43.239 29.485 2007 2013SEMPRE MENO PROPENSI A INDEBITARSI I

debiti. In euro Modena Gorizia Italia 12.185 13.152 10.514 12.629 12.554 15.401 2007 2013RADDOPPIATA

LA DISOCCUPAZIONE Il tasso di disoccupazione. In % Bolzano Napoli Italia 12,2 6,1 25,8 12,4 2,6 4,4 2007

2013PIÙ GIOVANI CON IN TASCA IL DIPLOMA UNIVERSITARIO L'indice dei laureati Isernia Bolzano Italia

70,2 65,2 35,5 31,9 88,7 101,7 2007 2012LE PERFORMANCE PEGGIORI Doveil tasso di disoccupazione è

salito di più LE PERFORMANCE PEGGIORI Dovegli importi medisono scesi di più LE PERFORMANCE

MIGLIORI Doveil tasso di disoccupazione è salitomeno LE PERFORMANCE PEGGIORI Doveil reddito pro

capite è arretrato di più LE PERFORMANCE PEGGIORI Doveil rapporto laureati/giovani èsceso di più LE

PERFORMANCE MIGLIORI Doveil rapporto laureati/giovani èsalito di più LE PERFORMANCE MIGLIORI

Dovegli importi medisono cresciuti di più Province 2008 (€) 2013 (€) Var.% 13/08 1 La Spezia 15.050 10.624

-29,4 2 Teramo 14.202 10.658 -25,0 3 Pistoia 14.777 11.177 -24,4 4 Alessandria 15.428 11.725 -24,0 5

Viterbo 15.491 11.812 -23,7 6 Firenze 14.993 11.638 -22,4 7 Arezzo 14.609 11.460 -21,6 8 Lecco 13.359

10.769 -19,4 9 Torino 13.736 11.212 -18,4 10 Chieti 15.600 12.759 -18,2 Province 2008 (€) 2013 (€) Var.%

13/08 1 Modena 12.554 15.401 22,7 2 Sondrio 12.142 14.642 20,6 3 Ferrara 10.834 12.423 14,7 4 Macerata

10.805 11.951 10,6 5 Biella 11.351 12.197 7,5 6 Bologna 12.206 12.975 6,3 7 Pesaro Urbino 10.681 11.314

5,9 8 Forlì Cesena 11.551 12.190 5,5 9 Cremona 12.146 12.671 4,3 10 Frosinone 14.302 14.903 4,2 LE

PERFORMANCE PEGGIORI Dovei depositi pro capite sono cresciutimeno LE PERFORMANCE MIGLIORI

Dovei depositi pro capite sono cresciuti di più LE PERFORMANCE MIGLIORI Doveil reddito pro capite è

cresciuto Province 2007 (€/abit) 2013 (€/abit) Var.% 13/07 1 Forlì 17.344 20.785 19,8 2 Lodi 12.300 15.723

27,8 3 Prato 13.296 17.323 30,3 4 Parma 20.039 26.797 33,7 5 Milano 29.105 39.418 35,4 6 Firenze 14.590

20.450 40,2 7 Cremona 11.361 16.043 41,2 8 Ravenna 12.194 17.445 43,1 9 Bergamo 15.090 21.591 43,1

10 Trento 15.064 21.564 43,2 Province 2007 (€/abit) 2013 (€/abit) Var.% 13/07 1 Isernia 5.302 19.050 259,3

2 Potenza 5.758 16.524 187,0 3 Rovigo 9.603 26.814 179,2 4 Avellino 6.807 18.456 171,1 5 Benevento

5.504 14.653 166,2 6 Catanzaro 5.914 15.268 158,2 7 L'Aquila 8.366 20.763 148,2 8 Caserta 5.040 12.212

142,3 9 R. Calabria 4.783 11.511 140,7 10 Cosenza 5.077 12.090 138,1 Province 2007 (%) 2013 (%) Var.%

13/07 1 Ferrara 2,7 14,2 418,5 2 Piacenza 2,2 8,1 263,9 3 Ravenna 2,9 9,9 243,2 4 Bologna 2,5 8,4 237,7 5

Ancona 3,5 11,5 234,0 6 Belluno 2,1 7,2 232,8 7 Parma 2,3 7,5 231,5 8 Reggio Emilia 1,9 5,9 217,2 9 Lecco

2,6 8,1 213,2 10 Cuneo 2,2 6,9 208,6 Province 2007 (%) 2013 (%) Var.% 13/07 1 Nuoro 10,8 10,4 -3,8 2

Prato 5,1 5,7 10,6 3 Brindisi 13,7 16,8 22,9 4 Agrigento 16,7 21,1 25,9 5 Palermo 15,5 20,7 33,6 6 La Spezia

7,3 9,9 35,8 7 Massa Carrara 8,5 12,0 41,2 8 Potenza 9,8 13,9 42,2 9 Taranto 10,6 15,5 46,8 10 Avellino 9,3

13,6 46,9 Province 2007 (x 1.000 giovani) 2012 (x 1.000 giovani) Var.% 13/07 1 Catanzaro 96,5 83,7 -13,3 2

Massa Carrara 70,7 61,8 -12,7 3 L'Aquila 96,1 85,3 -11,3 4 Cosenza 81,3 76,2 -6,2 5 Terni 73,5 69,2 -5,8 6

Trieste 103,1 97,7 -5,2 7 Messina 79,7 76,0 -4,7 8 Lucca 58,6 55,9 -4,5 9 Livorno 63,0 60,6 -3,8 10 Pescara

82,1 79,1 -3,6 Province 2007 (x 1.000 giovani) 2012 (x 1.000 giovani) Var.% 13/07 1 Sassari 51,48 74,34

44,4 2 Vicenza 54,59 71,63 31,2 3 Nuoro 57,48 72,93 26,9 4 Prato 42,91 53,86 25,5 5 Reggio E. 44,14 55,21

25,1 6 Rovigo 55,46 68,47 23,5 7 Lodi 48,94 60,36 23,3 8 Parma 58,21 71,62 23,0 9 Mantova 43,89 53,71

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22,4 10 Cagliari 57,75 70,32 21,8 Province 2007 (€/abitante 2013 (€/abitante) Var.% 13/07 1 Rieti 19.508

16.234 -16,8 2 Ascoli P. 22.632 19.346 -14,5 3 Latina 21.818 18.791 -13,9 4 Trapani 14.372 12.483 -13,1 5

Caserta 13.970 12.149 -13,0 6 Lodi 23.944 20.844 -12,9 7 Fermo 23.042 20.064 -12,9 8 Matera 16.599

14.495 -12,7 9 Piacenza 27.442 24.081 -12,2 10 Cremona 25.514 22.420 -12,1 Province 2007 (€/abitante)

2013 (€/abitante) Var.% 13/07 1 Milano 38.417 43.020 12,0 2 Livorno 22.924 25.320 10,4 3 La Spezia 23.094

25.255 9,4 4 Ogliastra 14.729 15.810 7,3 5 Sondrio 25.238 27.049 7,2 6 Trieste 29.105 31.149 7,0 7 Vibo

Valentia 12.203 13.010 6,6 8 Crotone 12.264 13.027 6,2 9 Bolzano 32.369 34.345 6,1 10 Frosinone 20.001

20.945 4,7DIVARI E ARRETRAMENTI NEI PREZZI AL METRO QUADRO Casa euro/mq - zona

semicentrale Roma Milano Caltanissetta 950 1.200 4.600 4.950 4.900 5.300 2007 2013QUASI DIMEZZATE

LE IMMATRICOLAZIONI Le auto nuove. Numero Roma Ogliastra Italia 1.308.922 2.517.099 489 742

161.516 352.171 2007 2013TAGLIOAISOLDIDADESTINARE AMOBILIEDELETTRODOMESTICI Beni

durevoli, spesa per famiglia. In € Bolzano Ragusa Italia 864 1.062 636 804 1.196 1.339 2007 2013SCENDE

LO SCONTRINO DI MEDICINALI E COSMETICI Spesa in farmacia Genova Campobasso Italia 429,2 431,3

340,5 363,2 528,6 528,0 2009 2013NEL CASSONETTO FINISCONO MENO SCARTI Rifiuti raccolti. Kg pro

capite Olbia Belluno Italia 567 623 385 391 1.070 1.022 2007 2012LE PERFORMANCE MIGLIORI Dovegli

acquisti d'auto sisono ridottimeno Province 2009 (€/ab.) 2013 (€/ab.) Var.% 13/09 1 Vercelli 399,8 444,7 11,2

2 Oristano 393,7 436,4 10,8 3 Como 367,8 401,3 9,1 4 Siena 420,3 450,9 7,3 5 Rieti 445,0 473,3 6,4 6 Pavia

419,4 445,7 6,3 7 Milano 441,6 466,8 5,7 8 L'Aquila 378,3 397,1 5,0 9 Avellino 378,1 395,3 4,6 10 Prato

371,5 388,7 4,6 LE PERFORMANCE PEGGIORI Dovei rifiuti pro capite si sonopiù ridotti LE PERFOMANCE

MIGLIORI Dovei rifiuti pro capite sono cresciuti di più LE PERFORMANCE PEGGIORI Dovepiù è sceso il

costo della casa LE PERFORMANCE MIGLIORI Doveil costo della casaè scesomeno LE PERFORMANCE

PEGGIORI Dovegli acquisti d'auto sisono più ridotti LE PERFORMANCE PEGGIORI Dovela spesaè

maggiormente scesa LE PERFORMANCE MIGLIORI Dovela spesaè scesameno LE PERFORMANCE

PEGGIORI Dovela spesa pro capite in farmacia è più calata LE PERFORMANCE MIGLIORI Dovela spesa

pro capite in farmacia è salita di più Province 2007 (unità) 2013 (unità) Var.% 13/07 1 Aosta 33.396 5.180 -

84,5 2 Nuoro 5.699 1.356 -76,2 3 Isernia 2.687 640 -76,2 4 Sassari 16.302 4.760 -70,8 5 Enna 3.227 949 -

70,6 6 Taranto 15.106 4.804 -68,2 7 Oristano 4.555 1.478 -67,6 8 Cagliari 25.427 8.429 -66,9 9 Gorizia 6.433

2.139 -66,7 10 Potenza 8.687 3.039 -65,0 Province 2007 (unità) 2013 (unità) Var.% 13/07 1 Bolzano 15.831

66.511 320,1 2 Torino 137.969 120.868 -12,4 3 Trento 21.513 16.011 -25,6 4 Carbonia Igles. 1.884 1.336 -

29,1 5 Firenze 73.877 50.658 -31,4 6 MedioCampid. 1.114 758 -32,0 7 Reggio Emilia 25.821 17.039 -34,0 8

Ogliastra 742 489 -34,1 9 Piacenza 11.566 7.229 -37,5 10 Olbia Tempio 3.168 1.887 -40,4 Province 2007 (€

per famiglia) 2013 (€ per famiglia) Var.% 13/07 1 Belluno 1.306 920 -29,6 2 Rovigo 1.220 909 -25,5 3 Cagliari

987 742 -24,8 4 Venezia 1.246 938 -24,7 5 Trieste 1.090 821 -24,7 6 Rimini 1.198 903 -24,6 7 Messina 837

637 -23,9 8 Latina 1.027 789 -23,2 9 Salerno 846 650 -23,2 10 Ferrara 1.183 909 -23,2 Province 2007 (€ per

famiglia) 2013 (€ per famiglia) Var.% 13/07 1 Aosta 761 856 12,5 2 La Spezia 843 805 -4,5 3 Foggia 863 817

-5,3 4 Pesaro Urbino 948 890 -6,1 5 Matera 845 784 -7,2 6 Savona 808 746 -7,7 7 Potenza 792 726 -8,3 8

Imperia 817 744 -8,9 9 Genova 840 763 -9,2 10 Vibo Valentia 867 780 -10,0 Città 2007 (€/mq) 2013 (€/mq)

Var.% 13/07 1 Ascoli Piceno 1.950 1.400 -28,2 2 Latina 1.950 1.400 -28,2 3 Ancona 2.500 1.800 -28,0 4 Asti

2.350 1.700 -27,7 5 Avellino 1.500 1.100 -26,7 6 Vercelli 2.100 1.550 -26,2 7 Catania 1.950 1.450 -25,6 8

L'Aquila 2.200 1.650 -25,0 9 Frosinone 1.850 1.400 -24,3 10 Massa 2.300 1.750 -23,9 Province 2007 (€/mq)

2013 (€/mq) Var.% 13/07 1 Salerno 2.900 2.750 -5,2 2 Firenze 4.550 4.250 -6,6 3 Milano 4.950 4.600 -7,1 4

Olbia Tempio 1.350 1.250 -7,4 5 Roma 5.300 4.900 -7,5 6 Siena 3.300 3.050 -7,6 7 Verona 3.300 3.050 -7,6

8 Trento 3.150 2.900 -7,9 9 Rimini 2.950 2.700 -8,5 10 Reggio Calabria 1.750 1.600 -8,6 Province 2009

(€/ab.) 2013 (€/ab.) Var.% 13/09 1 Nuoro 682,1 425,7 -37,6 2 Sassari 605,3 415,6 -31,4 3 Cagliari 615,0

455,8 -25,9 4 Crotone 452,6 387,1 -14,5 5 Ravenna 497,2 437,3 -12,1 6 Grosseto 488,3 435,3 -10,8 7 Vibo

Valentia 441,7 400,6 -9,3 8 Forlì Cesena 413,1 379,2 -8,2 9 Rovigo 460,0 422,3 -8,2 10 Isernia 407,2 376,3 -

7,6 Province 2007 (kg per abit.) 2012 (kg per abit.) Var.% 12/07 1 Catania 816,6 480 -41,2 2 Oristano 648,5

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462,6 -28,7 3 Brindisi 649,4 505,3 -22,2 4 Vercelli 630,7 491,2 -22,1 5 Nuoro 510,7 401 -21,5 6 Caserta

531,8 417,8 -21,4 7 Lodi 597,2 470,5 -21,2 8 Venezia 774,8 620,4 -19,9 9 Imperia 652,6 530,1 -18,8 10

Como 560,3 457,7 -18,3 Province 2007 (kg pro capite) 2012 (kg pro capite) Var.% 12/07 1 Trapani 495,2

672,8 35,9 2 Campobasso 440 589,3 33,9 3 Chieti 563,8 725,1 28,6 4 Isernia 413,3 475,2 15,0 5 Aosta 483

548,9 13,6 6 Frosinone 537 578,6 7,7 7 Modena 624,7 659,5 5,6 8 Pescara 564 592,1 5,0 9 Olbia 1022,2

1070,2 4,7 10 Catanzaro 499,5 522,4 4,6La graduatoria finale Pos. Provincia Punteggio Pos. Provincia

Punteggio 1 Viterbo 63,9 2 Latina 61,7 3 Novara 61,4 4 Cosenza 60,7 5 Nuoro 60,4 6 Cagliari 60,1 7 Terni

60,0 8 Messina 59,6 9 Grosseto 58,9 10 Reggio C. 58,8 11 Cuneo 58,6 12 Sassari 58,6 13 Udine 58,6 14

Siracusa 58,3 15 Rimini 58,2 16 Asti 57,9 17 Alessandria 57,8 18 Benevento 57,8 19 Piacenza 56,7 20

Bergamo 56,2 21 Ferrara 55,8 22 Brescia 55,7 23 Vercelli 55,7 24 Pescara 54,5 25 Crotone 54,0 26 Imperia

54,0 27 Napoli 54,0 28 Savona 53,1 29 MassaC. 52,8 30 Enna 52,4 31 Foggia 52,3 32 Salerno 52,3 33

Varese 52,2 34 Oristano 52,1 35 Taranto 51,8 36 Palermo 51,4 37 Como 51,3 38 Catania 51,2 39 Lodi 51,1

40 Teramo 51,1 41 Lecco 50,8 42 Rovigo 50,3 43 Agrigento 50,2 44 L'Aquila 50,2 45 Campobasso 50,1 46

Rieti 50,0 47 Torino 49,6 48 Arezzo 49,5 49 Livorno 49,4 50 Bari 49,3 51 Lucca 49,2 52 Gorizia 49,1 53

Trapani 49,1 54 Matera 49,0 55 Ancona 48,8 56 Ascoli P. 48,4 57 Cremona 48,4 58 Perugia 48,4 59 Potenza

48,4 60 Biella 48,1 61 Caserta 47,9 62 Siena 47,6 63 Caltanissetta 46,0 64 Lecce 45,9 65 Pistoia 45,5 66

Belluno 45,2 67 Frosinone 44,8 68 Roma 44,4 69 Padova 44,3 70 Ragusa 44,1 71 Brindisi 43,9 72 Macerata

43,7 73 Parma 43,6 74 Venezia 43,6 75 VerbanoC.0. 43,4 76 Pavia 43,3 77 Catanzaro 42,9 78 Pordenone

42,2 79 Firenze 42,1 80 Ravenna 41,9 81 Bologna 41,5 82 Vibo V. 41,4 83 Chieti 41,2 84 Pesaro e U. 41,1

85 Isernia 40,9 86 Trieste 40,0 87 Avellino 39,7 88 Forlì C. 39,2 89 La Spezia 38,8 90 Sondrio 38,3 91

Reggio E. 37,7 92 Treviso 37,2 93 Trento 37,0 94 Milano 36,2 95 Aosta 36,0 96 Verona 35,2 97 Prato 34,8

98 Genova 33,0 99 Pisa 32,4 100 Mantova 32,2 101 Modena 32,2 102 Bolzano 30,2 103 Vicenza 28,9 Le

province in cui la crisi ha colpito di più dal 2007 al 2013 - Indicatore da 100 (crisi più accentuata) a 1 (crisi

meno forte) Nota: Le province più in alto hanno subito il contraccolpo peggiore dalla crisi in base ai dieci

indicatori analizzati dal Sole 24 Ore. Il punteggio finale esprime la media dei punteggi per ciascun indicatore

nel confronto 2007-2013. Barletta-Andria-Trani, Carbonia Iglesias, Fermo, Medio Campidano, Monza

Brianza, Ogliastra, Olbia Tempio non sono presenti perché gli indicatori analizzati erano disponibili solo

parzialmente

CASAAUTOMOBILI

BENI DUREVOLI

FARMACI

RIFIUTI

A Roma e Milano il mq più caro (4.900 e 4.600 euro/mq secondo Scenari immobiliari), ma in calo (-7% dal

2007). A Caltanissetta e Carbonia costi sui mille euro (-20%)

Dimezzati gli acquisti di auto nuove dal 2007 al 2013: da 2,5 a 1,3 milioni (fonte Aci-Istat). Al top c'è Roma

(162mila), in coda Ogliastra (meno di 500)

Si destina un quinto in meno che nel 2007 a mobili elettrodomestici e informatica: 864 euro (da 1062). Ma a

Bolzano si spende quasi il doppio che a Ragusa (Findomestic)

REDDITO PRO CAPITEDal 2007 al 2012 i laureati in rapporto a mille giovani (dati Miur) sono saliti da 65 a 70. A Isernia e Trieste

(100) gli indici più alti, a Bolzano il più basso (35,5)

Milano ha 43mila euro di reddito pro capite (+12% dal 2007); Medio Campidano solo 10mila euro (-11%). Il

calo medio è stato dell'1,8% a 23.400 euro (dati Prometeia)

DEPOSITI IN BANCASaliti del 67% dal 2007 i risparmi in banca: quasi 18mila euro pro capite (su dati Banca d'Italia). Trieste è in

testa (oltre 43mila), Crotone ultima (8mila)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 41

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PRESTITI PERSONALIL'importo medio dei prestiti dal 2007 al 2013 è sceso del 7,4% a 12.200 euro (dati Crif). Modena ha il valore

più alto: 15.400 (+23%). Gorizia è ultima con 10.500 (-17%)

TASSO DI DISOCCUPAZIONEÈ arrivato al 12,2% il tasso di disoccupazione nel 2013, contro il 6,1% del 2007 (dati Istat). Ma a Bolzano i

disoccupati sono solo il 4,42%, a Napoli il 25,8%

LAUREATIFoto: Le province in cui la crisi ha colpito di più tra il 2007 e il 2013 e le performance in base agli indicatori

Foto: - Fonte: elaborazioni Sole 24 Ore del lunedì su dati Banca d'Italia, Findomestic, Ims Health, Istat, Miur,

Prometeia, Scenari Immobiliari

Foto: DIVARI E ARRETRAMENTI NEI PREZZI AL METRO QUADRO QUASI DIMEZZATE LE

IMMATRICOLAZIONI TAGLIO AI SOLDI DA DESTINARE A MOBILI ED ELETTRODOMESTICI SCENDE LO

SCONTRINO DI MEDICINALI E COSMETICI NEL CASSONETTO FINISCONO MENO SCARTI LE

PERFORMANCE PEGGIORI Dove più è sceso il costo della casa LE PERFORMANCE MIGLIORI Dove il

costo della casa è sceso meno LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove gli acquisti d'auto si sono più ridotti LE

PERFORMANCE MIGLIORI Dove gli acquisti d'auto si sono ridotti meno LE PERFORMANCE PEGGIORI

Dove la spesa è maggiormente scesa LE PERFORMANCE MIGLIORI Dove la spesa è scesa meno LE

PERFORMANCE PEGGIORI Dove la spesa pro capite in farmacia è più calata LE PERFORMANCE

MIGLIORI Dove la spesa pro capite in farmacia è salita di più LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove i rifiuti

pro capite si sono più ridotti LE PERFOMANCE MIGLIORI Dove i rifiuti pro capite sono cresciuti di più

Foto: IN CONTRAZIONE QUASI DOVUNQUE UN TESORETTO PER «DIFENDERSI» SEMPRE MENO

PROPENSI A INDEBITARSI RADDOPPIATA LA DISOCCUPAZIONE PIÙ GIOVANI CON IN TASCA IL

DIPLOMA UNIVERSITARIO LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove il reddito pro capite è arretrato di più LE

PERFORMANCE MIGLIORI Dove il reddito pro capite è cresciuto LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove i

depositi pro capite sono cresciuti meno LE PERFORMANCE MIGLIORI Dove i depositi pro capite sono

cresciuti di più LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove gli importi medi sono scesi di più LE PERFORMANCE

MIGLIORI Dove gli importi medi sono cresciuti di più LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove il tasso di

disoccupazione è salito di più LE PERFORMANCE MIGLIORI Dove il tasso di disoccupazione è salito meno

LE PERFORMANCE PEGGIORI Dove il rapporto laureati/giovani è sceso di più LE PERFORMANCE

MIGLIORI Dove il rapporto laureati/giovani è salito di più

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Il perimetro Mappa da rivedere per l'allarme sfratti Luigi Lovecchio L'applicazione della cedolare secca al 10% alle nuove ipotesi previste nel Dl 47/14 (Comuni in stato di

emergenza o inseriti nel nuovo elenco di Comuni ad alta densità abitativa) richiede uno "slalom" interpretativo

tra disposizioni non sempre chiaramente decifrabili.

Secondo l'articolo 9 del Dl 47, l'aliquota dell'imposta sostitutiva sui canoni di locazione relativi ai contratti a

canone concordato è passata dal 15% al 10%, per il quadriennio 2014-2017. Nella stessa disposizione di

legge è annunciato l'aggiornamento dell'elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa, contenuto in una

delibera Cipe del 2004, ancora non pubblicato. In realtà, in caso di ingresso di nuovi Comuni nell'ambito di

questo elenco, la possibilità per i proprietari di stipulare contratti a canone concordato non sarebbe

comunque immediata. Questo perché occorrerebbe prima individuare i canoni di locazione di riferimento,

entro determinati margini di variazione, di comune accordo tra le organizzazioni di categoria (dei proprietari e

degli inquilini). In realtà il Dm Infrastrutture del 14 luglio 2004 fornisce indicazioni per affitti a canone

concordato in mancanza di accordi tra le parti, ma proprio alla luce del decreto sarebbe auspicabile

comunque, in via preventiva, una sorta di atto ricognitivo da parte delle associazioni di categoria per

individuare comunque il Comune di riferimento.

Le emergenze

Il decreto casa estende poi il perimetro applicativo della misura di favore anche ai contratti sottoscritti nei

comuni per i quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni, lo stato di emergenza per eventi calamitosi.

Non è in primo luogo semplice individuare tutti i comuni compresi nella dichiarazione dello stato di

emergenza. Ciò, perché la dichiarazione è formata su base regionale e provinciale, mentre il dettaglio relativo

ai comuni ricompresi nel provvedimento è desumibile solo dalla disciplina attuativa.

La formulazione legislativa inoltre si presta ad una duplice lettura. Da un lato, si potrebbe sostenere che

l'applicazione della cedolare ridotta, nei comuni "in emergenza", non sia limitata ai soli contratti a canone

concordato ma alla generalità delle locazioni abitative. Tale interpretazione estensiva potrebbe essere

giustificata proprio dalle difficili condizioni socio - economiche riscontrabili in quelle comunità locali. In

alternativa, potrebbe ritenersi comunque necessaria la predisposizione di contratti a canone concordato,

magari adottando come modello di riferimento quello approvato in comuni vicini o comunque comparabili, in

termini di popolazione e realtà economica. Il ricorso alle organizzazioni territoriali di categoria sarebbe in tale

ipotesi senz'altro di aiuto.

L'ingresso nel regime della cedolare inoltre non appare in alcun modo collegato alla durata o alla

permanenza dello stato di emergenza. Ciò che si richiede è solo l'avvenuta promulgazione della dichiarazione

nei cinque anni precedenti. Potrebbe quindi accadere che l'opzione per il regime sostitutivo trovi applicazione

anche nei comuni che sono usciti dalla situazione di emergenza.

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FISCO www.quotidianofisco.ilsole24ore.com Imposte indirette. I regali connessi all'attività d'impresa sonosottoposti a prelievo ma consentono la detrazione senza il limite del valore unitario L'Iva passa al setaccio i beni omaggio Il trattamento fiscale della cessione a titolo gratuito varia in base a caratteristiche e destinazione A CURA DI

Massimo Sirri

Riccardo Zavatta

La modifica in arrivo con l'attuazione della delega fiscale (legge 23/2014) sull'unificazione della soglia di

detraibilità Iva a quella di deducibilità Irpef/Ires (si veda il focus a lato) ripropone la questione del trattamento

degli omaggi in natura per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto. Un trattamento differenziato a

seconda che il bene rientri o meno nell'attività propria del soggetto passivo. Ma non basta, perché conta

anche il costo unitario e la destinazione dell'omaggio: nazionale, comunitaria o extracomunitaria.

L'individuazione

La prima difficoltà è rappresentata dalla corretta individuazione dell'operazione. Non tutte le cessioni

effettuate a titolo gratuito, infatti, sono inquadrabili come omaggi in senso proprio. Non lo sono, per esempio, i

campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati, la cui cessione - nel rispetto delle condizioni

indicate dalle Entrate (risoluzione 83/E/2003 e i richiami contenuti) - configura un'operazione fuori campo Iva,

ex articolo 2, comma 3, lettera d), Dpr 633/1972. Tuttavia, quest'ultima non preclude il diritto alla detrazione

(articolo 19, comma 3, lettera c, stesso decreto).

Un altro esempio è quello dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono in conformità alle originarie

pattuizioni contrattuali (tre per due e simili), il cui valore normale è escluso dalla base imponibile, sempre che

non si tratti di beni soggetti ad aliquota Iva più elevata di quella dei beni ceduti contro corrispettivo (articolo

15, comma 1, n. 2, del Dpr 633/1972).

Esclusa l'applicabilità della disciplina prevista per situazioni diverse, le regole per i "veri" omaggi impongono

di distinguere, innanzitutto, gli omaggi di beni di propria produzione/commercializzazione (rientranti

nell'attività propria dell'impresa), che non sono considerate spese di rappresentanza (circolare 188/E/1998) e

per le quali non opera, quindi, l'indetraibilità oggettiva dell'articolo 19-bis1, lettera h), Dpr 633/1972.

Per tali beni è ammessa la detrazione "a monte" e pertanto la loro cessione gratuita (a valle) è soggetta a

imposta (la base imponibile è determinata in base all'articolo 13, comma 2, lettera c), indipendentemente dal

costo d'acquisto: inferiore, pari o superiore a 25,82 euro.

La «rotta»

Naturalmente, l'effettiva imponibilità dipende dalla destinazione del bene. Quando l'omaggio è destinato al

consumo in Italia o in altro Paese Ue (in tal caso non si realizza una cessione intraUe non imponibile, in

assenza dell'onerosità), la cessione sconta regolarmente l'Iva. L'imposta può essere addebitata in via di

rivalsa al beneficiario o, più frequentemente, resta a carico del cedente, il quale può assolverla anche con

autofattura singola o globale mensile, oppure mediante annotazione su apposito registro degli omaggi (si

ritiene che tali particolari modalità valgano anche per gli omaggi destinati a soggetti comunitari).

È invece non imponibile l'omaggio destinato all'esportazione, da documentare con regolare fattura a corredo

della pratica doganale. L'articolo 8 del Dpr 633/1972, in effetti, richiede soltanto che il bene sia esportato

(fuori Ue) e che ne sia trasferita la proprietà, ma non che la cessione avvenga a titolo oneroso. Sono quindi

non imponibili anche le cessioni gratuite dei beni oggetto di produzione/commercializzazione. Di esse,

tuttavia, proprio perché a titolo gratuito, non si deve tener conto ai fini del plafond degli esportatori abituali

(nota ministeriale 10367/1998).

Gli omaggi di beni che non rientrano nell'attività propria del l'impresa, invece, sono sempre fuori campo Iva,

indipendentemente dal costo d'acquisto e dalla destinazione. In deroga al principio di simmetria

(imposizione/detrazione) tuttavia, è ammessa la detrazione per quelli di costo unitario pari o inferiore a 25,82

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euro (limite destinato a essere elevato a 50 euro).

Essendo esclusi dal campo applicativo dell'imposta, gli omaggi di tali beni non vanno necessariamente

fatturati. In assenza di fattura, si potrà ricorrere al Ddt (documento di trasporto) e alla «lista valorizzata» per

gli omaggi destinati all'esportazione (circolare 156/E/1999).

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I casi pratici

LA SITUAZIONE

LA POSSIBILE SOLUZIONE

Un'impresa deve consegnare, insieme ai beni venduti, delle quantità aggiuntive di prodotto a un proprio

cliente francese per effetto degli accordi contrattuali stipulati. Il cliente transalpino ha effettuato acquisti per un

importo superiore a una soglia predeterminata. Al momento della consegna dei beni, l'impresa deve emettere

fattura con Iva per tali beni in considerazione del fatto che le quantità aggiuntive di prodotto non sono cedute

a titolo oneroso?

I BENI AGGIUNTIVI AL CLIENTE COMUNITARIO

L'operazione è riconducibile alla concessione di uno sconto in natura, previsto dalle pattuizioni originarie. La

norma di riferimento è l'articolo 15, comma 1, n. 2), del Dpr 633/1972, secondo cui il valore normale di tali

beni (da indicare comunque in fattura) è escluso dalla base imponibile Iva. La circolare 13/E/1994 (paragrafo

5.2) ha precisato che la base imponibile per le cessioni intracomunitarie si determina secondo le disposizioni

della normativa nazionale

Un grossista di articoli di abbigliamento decide di avviare una campagna promozionale nei confronti dei

dettaglianti di un'area del territorio nazionale. Intende regalare t-shirt stampate e normalmente

commercializzate, il cui costo unitario di acquisto è pari a 5 euro al netto dell'imposta. Può detrarre l'Iva sugli

acquisti dei beni da cedere gratuitamente? È tenuto a qualche adempimento in relazione alla cessione degli

omaggi?

L'IVA SUI BENI COMMERCIALIZZATI

I beni formano oggetto dell'attività dell'impresa e l'Iva sugli acquisti è detraibile. Tuttavia, la cessione gratuita

dei beni deve scontare l'imposta. La base imponibile è pari al prezzo di costo determinato nel momento in cui

è effettuata l'operazione (articolo 13, comma 2, lettera c, Dpr 633/1972). Se non vuole esercitare la rivalsa, il

grossista può assolvere l'Iva anche con autofattura o annotando l'operazione su apposito registro degli

omaggi

Un rivenditore all'ingrosso di materiale di cancelleria è intenzionato ad acquistare delle bottiglie di vino da

regalare ai titolari degli esercizi commerciali al dettaglio suoi clienti. Il costo unitario di ciascuna bottiglia è di

15 euro al netto dell'Iva. Considerato che l'imposta risulta detraibile, è corretto applicare l'Iva sulla cessione a

titolo gratuito in base al principio di simmetria che la caratterizza?

L'OMAGGIO ESTRANEO ALL'ATTIVITÀ SVOLTA

L'Iva sugli acquisti di alimenti e bevande è, in linea di principio, indetraibile in virtù dell'articolo 19-bis1, lettera

f), del Dpr 633/1972. La circolare 54/E/2002 ne ammette la detrazione nei limiti previsti per le spese di

rappresentanza dalla successiva lettera h) della stessa norma. Sebbene sia consentita la detrazione dell'Iva

sull'acquisto, la successiva cessione gratuita di tali beni configura comunque un'operazione fuori campo Iva

Una società produttrice di macchine utensili intende fidelizzare la clientela concedendo a fine anno un premio

in denaro variabile a seconda del fatturato sviluppato. In mancanza di previsioni contrattuali ad hoc, la

concessione del premio è stata comunicata a fine anno tramite lettera. Al momento dell'erogazione del

premio, è corretto emettere nota d'accredito con Iva a storno parziale degli importi fatturati in corso d'anno?

IL PREMIO IN DENARO

Le caratteristiche dell'iniziativa non consentono di far emergere il collegamento causale fra le singole cessioni

e il riconoscimento dello «sconto». Si tratta, invece, di un premio sganciato da obblighi predeterminati e

unilateralmente deciso dal produttore. Stando anche all'orientamento della Cassazione (sentenze 5006/2007

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e 13312/2013), l'erogazione del premio configura un'operazione fuori campo Iva

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FISCO E SENTENZEwww.quotidianofisco.ilsole24ore.com Ctr. Legittimo il credito Iva: i vizi e le difformitàurbanistiche della struttura erano stati tenuti nascosti dal venditore L'immobile evita la non operatività L'impossibilità di utilizzare l'edificio acquistato esclude il regime di comodo Marco Nessi L'impossibilità di sfruttare gli immobili acquistati a causa dei vizi e delle difformità esistenti rispetto alla

disciplina urbanistica ed edilizia esclude il regime di comodo della società. È il principio espresso dalla

sentenza 2750/13/2014 della Ctr Lombardia.

Il contenzioso riguarda il recupero del credito Iva relativo all'anno 2009 operato nei confronti di una società

immobiliare che è stata riqualificata come non operativa in base a quanto previsto dell'articolo 30, comma 1,

della legge 724/1994 (con conseguente esclusione del rimborso Iva in virtù del comma 4 della stessa

disposizione).

La società ha presentato ricorso e contestato la fondatezza della pretesa erariale, vista la necessità di

classificare gli immobili acquistati tra le immobilizzazioni in corso, l'impossibilità oggettiva di produrre ricavi (in

assenza delle autorizzazioni indispensabili per lo sfruttamento economico degli immobili) e le gravi perdite

subite dai soci a causa dell'operazione interessata.

Nel costituirsi in giudizio, l'ufficio ha ribadito la correttezza della pretesa e contestato l'iscrizione degli

immobili tra le «immobilizzazioni in corso». Secondo l'amministrazione finanziaria, infatti, il mancato

conseguimento di ricavi è derivato da una scelta imprenditoriale soggettiva e non da una situazione di

oggettiva improduttività degli immobili. Anche i ritardi nel rilascio delle autorizzazioni sarebbero imputabili

esclusivamente alla società.

La Ctp ha accolto il ricorso vista l'impossibilità della società di sfruttare economicamente gli immobili. Il Fisco

ha presentato appello, lamentando l'erroneità dei presupposti giuridici e fattuali della sentenza, e la carente,

omessa e contraddittoria motivazione della stessa. Dal canto suo la società ha ribadito la corretta

classificazione degli immobili tra quelli «in corso» vista l'impossibilità assoluta di sfruttare gli stessi e

l'assenza di qualsiasi vantaggio conseguito dai soci.

Il collegio d'appello ha respinto la tesi dell'ufficio e confermato la sentenza di primo grado. In particolare i

giudici della regionale hanno sottolineato che l'impossibilità della società di utilizzare gli immobili non è

derivata semplicemente dal mancato ottenimento del l'autorizzazione amministrativa relativa al cambio di

destinazione d'uso, ma da una serie di vizi e difformità rispetto alla destinazione urbanistica ed edilizia

prevista. Questi vizi, poi, erano stati nascosti in modo fraudolento dal venditore, tanto è vero che la società è

dovuta ricorrere al giudice ordinario per chiedere l'annullamento del contratto d'acquisto degli immobili.

Quindi, la società - ben lungi dall'essere di comodo - si è trovata in una situazione di effettiva difficoltà e di

impossibilità a sfruttare economicamente gli immobili. E ciò ha determinato, tra l'altro, un sensibile

deprezzamento del valore economico della partecipazione nella società da parte dei soci.

La commissione di secondo grado ha ritenuto corretta la decisione di classificare gli immobili tra le

immobilizzazioni in corso. «Poco conta la mancata presentazione - sottolinea la sentenza - nel 2009

dell'istanza volta alla disapplicazione delle previsioni» sulle società di comodo «così come il non

accoglimento di quelle presentate nel 2010 e 2011» che sarebbero state superflue considerata l'automatica

disapplicazione della normativa così come chiarito dalle circolari 5/E e 25/E del 2007.

Così la Ctr Lombardia ha riconosciuto la legittimità del rimborso Iva originariamente ottenuto dalla società.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Test di operatività La disciplina sulle comodo

(articolo 30 della legge 724/1994) si applica alle società considerate non operative e costituite soltanto per

scopi elusivi. Alle società di comodo viene obbligatoriamente attribuito un reddito minimo. L'individuazione

delle società di comodo avviene attraverso un test di confronto tra i ricavi dichiarati e i ricavi presunti che la

società dovrebbe generare in base ai valori iscritti all'attivo di bilancio.

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INTERVISTA LA TRATTATIVA Alitalia, oggi tocca alle banche Lupi: "Pronti 1,2 miliardi spero nel sì dellaCgil" LUCIO CILLIS CILLIS E LIVINI ALLE PAGINE 12 E 13 ROMA. Maurizio Lupi ha vissuto la non-stop con i sindacati di Alitalia

finoa notte inoltrata. Alla fine, sulla proposta del governo non c'è ancora il via libera della Cgil che nelle

prossime 48 ore dovrà sciogliere la propria riserva.

Ministro, manca la firma di Susanna Camusso. C'è il rischio di veder naufragare la trattativa proprio all'ultimo

ostacolo? «Diciamo che Etihad ha chiesto l'accordo sindacale, non l'unanimità sindacale. Quindi mi aspetto

che di fronte a un documento siglato dall'80% dei lavoratori, di fatto tutte le altre confederazioni e

associazioni ad esclusione, al momento, di Cgile Usb, James Hogan prenda atto che questo passaggio è

completato. Certo, sarebbe meglio avere il cento per cento dei dipendenti favorevoli ma aspettiamo ancora

qualche ora. Sono certo che la Cgil farà una profonda riflessione su tutta la questione».

La trattativa sugli esuberi è stata lunga e molto dolorosa. E' stata Etihad a chiedere all'inizio con decisione

questi tagli? «Questo è un punto sul quale vorrei fare chiarezza. Etihad vuole solo avere la certezza della

forza lavoro con la quale iniziare un percorso difficile ma che va verso il rilancio della compagnia italiana. Non

si sta lavorando per comprimere i dipendenti ma, al contrario, per poter assumere molte altre persone tra la

nuova Alitalia, Etihad e l'indotto. La riprova ce l'abbiamo sotto gli occhi».

Qual è? «Il problema non era cacciare via la gente per risparmiare, ma proporre un progetto industriale di

ampio respiro nel quale una grande azienda internazionale vuole investire in maniera importante. Questo

progetto è ambiziosoe ci convince pienamente».

Ci dica allora dove Etihad si è mostrata più morbida.O dove ha accettato di dialogare senza porre aut aut.

«Prendiamo la questione degli assistenti di volo: 250 persone che in un primo tempo erano incluse nella lista

degli esuberi. In questo caso Etihad ha ritenuto di procedere verso il mantenimento dei posti attraverso

contratti di solidarietà. Altro esempio i 100 piloti e i 100 tecnici che andranno verso la compagnia del Golfo e

non saranno esclusi. Ma c'è di più. Anche la manutenzione che oggi si svolge all'estero, Hogan poteva

chiedere di spostarla altrove. Magari sempre fuori dai nostri confini o nella stessa Abu Dhabi. E invece no: la

manutenzione tornerà da noi a Roma. Verrà spostata da Israele e riportata in Italia alla Atitech, con altri 200

lavoratori che salveranno il proprio posto. Ecco perché questo non mi sembra affatto un progetto che vuole

tagliare e risparmiare, ma che punta deciso al successo con una ulteriore espansione della flotta e dei

dipendenti».

Ci spieghi, come mai tanta resistenza su cigs e mobilità da parte del nuovo padrone? «Non è una questione

di voler negare questi strumenti per un mero ragionamento di trincea.

Ma unicamente per avere una ripartenza seria.

Con la certezza dei numeri dai quali poter rilanciare Alitalia che, ricordiamolo, non era certo in condizioni

ideali per dettare i tempi e le modalità della trattativa. Il tema sul tavolo era se mandare a casa 3mila o 5mila

persone. Oppure anche tutte le 13mila unità presenti in azienda più l'indotto.

Sarebbe stato un dramma. Oggi per fortuna la nuova compagnia mette sul piatto 1,2 miliardi di euro tra

capitale e investimenti, non sono pochi».

Avete dei numeri,o delle previsioni, di quanto possa crescere il mercato del trasporto aereo con l'arrivo di

Etihad in Italia? «Secondo una ricerca che ci è stata comunicata da Enac nella sola area di Fiumicino

potrebbero esserci da qui al 2015 fino a 1.500 nuove assunzioni di personale non solo in Alitalia ma anche in

altri vettori e nell'indotto».

Nei prossimi mesi il governo che farà? «Abbiamo già una data: il 17 settembreè fissato un primo incontro

sullo stato del lavoro e dell'accordo. Per questo credo che nessuno possa avere l'alibi per poter impedire il

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primo grande investimento di questo tipo dall'estero nel nostro Paese. E al quale sono certo ne seguiranno

altri».

PER SAPERNE DI PIÙ www.alitalia.it www.mit.gov.it

LE PROSPETTIVE

Etihad non sta lavorando per comprimere i dipendenti ma per assumereIl 17 settembre è fissato un primo incontro sullo stato del lavoro e dell'accordo LA VERIFICA

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L'intervista/ Jean-Claude Juncker Il presidente designato per la Commissione europea indica i punti della suaagenda Prima di tutto la ripresa dell'economia. "Più donne nelle posizioni di vertice della Ue" "La stabilità non si tocca ma le mie priorità adesso sono crescita e lavoro" NICOLAUS FEST MARTIN S. LAMBECK BRUXELLES. Voglio un'Europa migliore: il Patto di stabilità non si tocca ma crescita e occupazione sono

priorità massima. Voglio più donne al vertice Ue, e una Ue libera dalla dipendenza dall'energia russa. Ecco

quanto JeanClaude Juncker dice in questa intervista a Bild am Sonntag , l'unica rilasciata prima della sua

elezione domani a presidente della Commissione europea. Sta per essere eletto. Qualè il suo programma?

«L'ho già detto in campagna elettorale: il tema crescita e occupazione ha la priorità più alta. Non la

Commissione o l'Europarlamento creeranno posti di lavoro, bensì le imprese. Dobbiamo crearne le

premesse. Punto molto sul mercato interno europeo e sull'agenda digitale».

E poi? «Secondo, ci serve un'Europa dell'energia. Dobbiamo liberarci dalla dipendenza dalla Russia. Per

questo occorre anche più efficienza energetica.

Terzo: il Patto di stabilità non può essere toccato. Quarto: abbiamo bisogno di un "fair deal" col Regno Unito.

Anche i britannici devono saperlo: non sono un federalista fanatico. Voglio costruire un'Europa migliore

insieme coni nostri Stati nazionaliei nostri cittadini».

Come attuerà il suo preannunciato veto a commissari proposti solo come pedine dei partiti? «Vorrei una

commissione di politici d'alto profilo ed esperienza. Mi hanno spesso accusato di avere troppa esperienza, la

ritengo un vantaggio. Ogni governo dovrebbe propormi due o tre nomi. Seguo quindi molto attentamente la

nomina dei candidati. Se dovessi avere la sensazione che si propone qualcuno come commissario solo per

trovargli un posto, rifiuterò la proposta». Berlino ha 15 ministri, gli Usa 14, la Commissione 28 commissari. È

efficienza? «I 28 governi, anche quello tedesco, hanno scritto la regola: ogni Stato membro deve avere un

commissario.

Purtroppo non posso cambiarla, neanche da futuro presidente. Dobbiamo tentare una divisione del lavoro

più efficiente. Per esempio: il vicepresidente della Commissione coordini la strategia di crescita europea".

Lei vuole più donne nella commissione, quale "quota" è realistica? «Non indico un numero, ma in ogni caso

devono essere abbastanza. Il 60 per cento dei laureati nelle università europee sono donne!

L'Europarlamento non accetterà una Commissione che ha troppe poche donne. Neanche io».

Il Sud Europa vuole di nuovo indebitarsi di più, ammorbidire il Patto di stabilità. La sua posizione? «La nostra

valuta, l'euro, deve restare stabile. L'impegno della Stabilità resta valido, senza se e senza ma.

Ma adesso dobbiamo anche pensare alla crescita».

Lei vuole abolire la "trojka" (Ue, Bce, Fmi, che negoziano cogli iperindebitati come Atene, ndr).

Cosa vuole al suo posto? «Durante la crisi finanziaria abbiamo dovuto riparare in volo un aereo in fiamme.

Dovevamo far presto. Ora abbiamo una sorveglianza bancaria europea comune e un limite vincolante ai

debiti in ogni Stato dell'eurozona.

Nella Trojka sono Commissione, Fondo monetario non legittimato democraticamente, Bce non eletta. Non i

ministri finanziari ue, responsabili davanti ai Parlamenti. Al suo posto serve un'istituzione con legittimità

democratica molto più forte».

Come può la Ue essere più vicina ai cittadini? «È giusto il malcontento perché la Ue s'immischia in cose che

non la riguardano.

La Ue deve essere grande sui grandi temi, e molto sotto tono sui temi piccoli. Creerò un commissario per la

deburocratizzazione». In tutta la Ue i cittad i n i vengono spiati da servizi segreti Usa, i casi scuotono la

Germania...che ne dice? «Affrontiamo un vero problema della democrazia. I governi hanno perso il controllo

sui loro servizi segreti, che non potrebbero operare in uno spazio esterno al Diritto e dovrebbero essere

responsabili davanti a chi governa. Dobbiamo spiegare agli amici americani che gli amici devono ascoltarsia

vicenda, non intercettarsi a vicenda. Quanto è accaduto può condurre a una vera crisi di fiducia».

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Google, Facebook, Nsa: l'Europa può riconquistare la sovranità digitale perduta a fronte degli Usa? «Ci

serve con urgenza il mercato unico europeo con standard europei.

Ma di fatto dobbiamo ricorrere ai servizi di aziende usa come Google o Amazon. Noi europei abbiamo

dormito mentre la digitalizzazione andava avanti. Rischiamo di perdere anche l'autobus della difesa dei dati

personali, se i governi non accelerano con la riforma della difesa dei dati personali a livello europeo. Una

regola deve valere: chi vuol fare affari in Europa deve rispettare il Diritto europeo sulla difesa dei dati

personali, ovunque sia la sede dell'azienda. Non è negoziabile». Tre giovani israeliani uccisi dai palestinesi.

La Ue può ancora finanziare le autorità palestinesi? «Nonè chiaro chei tre giovani siano stati rapiti da autorità

palestinesi».

Ma Hamas controlla la striscia di Gaza... «E allora come la mettiamo con l'ospedale costruito in Palestina

con soldi dei contribuenti lussemburghesi e raso al suolo dalle bombe israeliane? È stato il governo

israeliano. La situazione è difficile. In Medio Oriente dobbiamo continuare a dialogare con entrambe le parti.

Non credo che ci sia stato un ordine di Hamas di uccidere i tre giovani».

Qual è il suo rapporto con Angela Merkel? «Mi ha conferito la candidatura a capolista del Ppe il 7 novembre

2013.

Da allora mi ha appoggiato e sostenuto con coerenza. Io la stimo molto. È grazie al suo pragmatismo e alla

sua tranquillità e calma che l'euro oggi è stabile e l'Europa torna a crescere».

Copyright Bild am Sonntag PER SAPERNE DI PIÙ www.europarl.europa.eu/portal ec.europa.eu/index_it.htm

CHI È EX PREMIER Jean Claude Juncker è stato premier del Lussemburgo dal 1995 al 2013. È l'unico

"padre" dell'euro ancora sulla scena politica europea. Grande mediatore, era il candidato del Ppe alla

Commissione in caso di vittoria delle Europee EUROGRUPPO Ministro delle Finanze oltre che premier, è

stato presidente dell'Eurogruppo dal 2005 al 2012.

Ha lasciato in polemica con Merkel e Sarkozy sul rigore. Gli viene rimproverata la difesa del segreto bancario

del Lussemburgo

LA CANCELLIERA

Stimo molto la Merkel È grazie al suo pragmatismo e alla sua calma che l'euro è stabile e l'Europatorna a crescereLO SPIONAGGIO USA

Dobbiamo spiegare agli amici americani che gli amici devono ascoltarsi a vicenda, non intercettarsi avicenda

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 51

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RICERCA CONAI Il progetto Ue sui rifuti vale 136 miliardi NADIA FERRIGO Il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Europa nel riciclo dei rifiuti (50% di riciclo per tutti i Paesi, con

punte dell'80% per i più avanzati, ed eliminazione del ricorso alle discariche) potrà portare una ricaduta

economica complessiva di 136 miliardi di euro al 2020, tra volume d'affari della filiera e investimenti in

infrastrutture, con la creazione di quasi 875mila posti di lavoro. È quanto emerge dall'indagine «Crescita e

occupazione nel settore del riciclo dei rifiuti urbani», promossa dal Ministero dell'Ambiente e realizzata dal

Consorzio nazionale imballaggi (Conai). Nel rapporto si evidenzia, tuttavia, l'eterogeneità attuale delle

situazioni nei diversi Paesi: lo smaltimento in discarica resta ancora il sistema prevalente in Europa, con una

media del 34,25% e picchi superiori all'80%, anche se c'è un gruppo di Paesi che è riuscito ad eliminarlo

quasi totalmente con un'incidenza infer i o re a l 5% (Germania, Svezia, Belgio, Olanda, Danimarca e

Austria). Pertanto, argomenta il Conai, i target andrebbero articolati tenendo conto delle peculiarità dei vari

paesi e dei livelli di partenza: una rimodulazione degli obiettivi Ue in chiave più realistica (tasso di riciclo

medio al 44%, riduzione di 25 milioni di tonnellate in discarica al 2020) porterebbe comunque una ricaduta

economica complessiva di 78 miliardi di euro con la creazione di 432 mila posti di lavoro.

875mila I posti di lavoro che potrebbe creare il raggiungimento degli obiettivi europei in tema di smaltimento rifiuti

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 52

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Speciale Pmi Sconti in bolletta e prestiti con il decreto competitività Nuovi incentivi per investire e più strumenti per il credito SANDRA RICCIO Il decreto competitività da poco varato dal governo contiene importanti novità per il mondo delle Pmi.

L'obiettivo è quello di dare al Paese la possibilità di intraprendere la strada per una solida ripresa. «Serve uno

choc positivo sugli investimenti e sulle agevolazioni fiscali nel settore privato» ha detto Pier Carlo Padoan,

ministro per l'Economia, affiancato da Federica Guidi, ministro per lo Sviluppo economico, presentando le

misure per la crescita contenute nel decreto legge. L'accelerazione prospettata dal governo riguarda

principalmente l'ampliamento del credito per le imprese mediante la possibilità concessa alle compagnie di

assicurazione e alle società di cartolarizzazione di elargire fidi e concedere credito. Arriva quindi anche in

Italia il «direct lending» di assicurazioni e società di cartolarizzazione, o comunque sta facendo i suoi primi

passi. L'obiettivo è favorire finanziamenti diretti alle imprese anche da parte di soggetti diversi dalle banche.

Sul tema dovrà arrivare anche un regolamento Ivass (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni). Sempre su

questo fronte è previsto anche un nuovo regolamento che liberalizzerà il credito diretto da parte dei Fondi. Si

apre così alle imprese la possibilità di finanziamenti alternativi in una fase in cui la stretta del credito alle

imprese non accenna a diminuire. A regime è prevista un'immissione di liquidità nel sistema pari a 20 miliardi

per dare una spinta alla ripresa. Inoltre compaiono nuovi incentivi agli investimenti, alla quotazione e al

rafforzamento del capitale delle imprese: un credito di imposta al 15% sugli investimenti di almeno 10mila

euro in macchinari e beni strumentali effettuati nei prossimi 12 mesi e superiori rispetto alla media dei 5 anni

precedenti. L'agevolazione fiscale si applica dalla data di entrata in vigore del decreto (25 giugno) fino al 30

giugno 2015 (un anno) e vale anche per aziende costituite nell'arco di questo periodo di tempo (per il valore

complessivo degli investimenti). Se l'impresa è attiva da meno di 5 anni, si calcolano gli investimenti effettuati

in tutti i periodi di imposta. C'è poi il potenziamento dell'aiuto alla crescita economica (Ace), che detassa gli

aumenti di capitale e gli utili reinvestiti allo scopo di favorire ulteriormente gli interventi di patrimonializzazione

da parte delle imprese. Il decreto prevede anche l'eliminazione delle restrizioni fiscali esistenti per le

emissioni obbligazionarie da parte delle imprese non quotate. Si cancellano così alcuni vincoli alle operazioni

di private placement che scoraggiano gli operatori stranieri agli investimenti nel nostro Paese. Ci saranno poi

aiuti alle aziende che si quotano in Borsa con la possibilità di incrementare del 40% la deduzione dell'

imponibile Ires per tre anni. Altro pezzo forte per le imprese è il cosiddetto «tagliabollette». Per assicurare

nuova competitività, il pacchetto varato dal governo prevede la riduzione di 800 milioni di euro dalle bollette

per energia per oltre 700.000 imprese: 110mila collegate in media tensione e 600mila collegate in bassa

tensione con potenza impegnata maggiore di 16,5Kw. A regime la riduzione sarà di 1,5 miliardi. In realtà il

decreto contiene interventi diretti solo per una parte del piano, che andrà completato con decreti attuativi e un

provvedimento dell'Autorità energia. Lo sconto energetico rivolto alle Pmi non produrrà nessun beneficio per

l'85% delle imprese e dei lavoratori autonomi presenti in Italia è la critica che arriva dalla Cgia di Mestre. In

termini assoluti, segnala l'associazione degli artigiani, almeno 4 milioni di attività economiche non potranno

beneficiare degli effetti del cosiddetto «taglia-bollette» che, secondo gli obiettivi del governo, dovrebbe ridurre

i costi energetici delle Pmi del 10%. Il beneficio, infatti, riguarda le utenze collegate con una potenza

impiegata superiore a 16,5 Kw. Per avere un ordine di grandezza, una comune famiglia è collegata con una

potenza impiegata di 3 Kw, ma per molte sale anche a 5 Kw. 20 miliardi L'immissione di liquidità prevista dal

piano varato dal governo 40 per cento La deduzione dell'imponibile Ires per le aziende che vanno in Borsa

Il big della genomica applicata sceglie l'eccellenza IT di Sinergy La gestione efficace di dati sensibili è in

continua evoluzione e apre la strada a nuove opportunità. In 20 anni di storia Sinergy, azienda con quartier

generale a Milano e altre 5 sedi in Italia, ha saputo creare le competenze per lo storage che cambia. Oggi la

società, guidata da Andrea Navalesi, è tra i principali System Integrator del panorama italiano Ict e affianca i

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suoi oltre 600 clienti in tutti i settori del mercato fin dalla fase iniziale di assessment di infrastrutture Ict

Business Critical. Di recente il più grosso Centro di Sequenziamento del Dna e di analisi bioinformatica

italiano, l'Istituto di Genomica Applicata (Iga), ha scelto i sistemi storage Emc Isilon proposti e integrati da

Sinergy. Iga, associazione nata nel 2006 con sede nel Parco Scientifico di Udine, è nota per il

sequenziamento del genoma della vite che ha avuto eco internazionale. «Occorrono ricercatori con

approfondite competenze bioinformatiche per interpretare i dati ottenuti dal sequenziamento del Dna,

supportati però da un'infrastruttura informatica con tanta potenza elaborativa e con un'architettura di storage

in grado di gestire un volume di dati di molti Terabyte in costante crescita - spiega Federica Cattonaro

Direttore di Laboratorio di Iga e Presidente di Iga Technology Services ­. Una combinazione di capitale

intellettuale e di tecnologia avanzata per poter fare ricerca di qualità elevata. La partnership con fornitori per

noi strategici come Sinergy per quanto riguarda l'architettura It è stata di importanza rilevante per il nostro

successo». Lo dimostra il fatto che in pochi mesi, l'Istituto ha ampliato del 30% la già enorme capacità di

stoccaggio dati. Il sequenziamento di un'unità base (che dura da 2 a 10 giorni) arriva a produrre da 1 a 2.5 Tb

di dati (circa l'equivalente di un milione di e­book). L'esecuzione parallela di 6 differenti mappature di Dna può

generare in pochi giorni fino a 15 Tb di dati «grezzi». Oggi l'istituto dispone di 4 nodi per una capacità di oltre

100 Tb.

Foto: I costi energetici per le Pmi scenderanno del 10%

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L'Europa Renzi a Juncker: subito il piano per la crescita da 200 miliardi Alberto Gentili Juncker, presidente in pectore del nuovo governo europeo, la nomina se la deve sudare. Renzi e Holland

fanno pressing sul piano di investimenti. A pag. 5 ROMA Jean Claude Juncker, presidente in pectore del

nuovo governo europeo, la nomina se la deve ancora sudare. Matteo Renzi, in tandem con il presidente

francese Francois Holland, ha fatto scattare un pressing forsennato in vista del discorso dell'ex premier

lussemburghese domani all'Europarlamento e soprattutto alla vigilia del voto di fiducia di mercoledì giudicato

«insidioso».

I SETTORI STRATEGICI Italia e Francia, come anticipato da Graziano Delrio a "Il Messaggero", chiedono al

futuro presidente della Commissione di mettere nero su bianco la proposta di un «piano straordinario di

investimenti» da qui al 2019, nei settori giudicati strategici per far ripartire crescita e occupazione:

infrastrutture, telecomunicazioni, digitale, ricerca, istruzione, innovazione, formazione, trasporti. Roba da 200

miliardi. Soldi contanti che dovrebbero essere ricavati attingendo ai fondi della Banca europea per gli

investimenti (Bei), che dovrebbe essere rifinanziata ad hoc, e battezzando i tanto attesi project bond. Soldi

che, insieme alla «maggiore flessi

bilità delle regole europee in cambio di riforme» e alla revisione dei rapporti di cofinanziamento nazionale dei

fondi strutturali, dovranno comporre secondo la strategia di Renzi e Hollande, «il nuovo mosaico della politica

economica europea».

LA RICHIESTA ITALO-FRANCESE Il pressing ormai avviene alla luce del sole, come dimostrano le parole di

Sandro Gozi: «Da Juncker ci aspettiamo un impegno chiaro e la piena attuazione dell'agenda strategica di

Van Rompuy. Non solo nell'applicazione favorevole alla crescita delle regole di bilancio», afferma il

sottosegretario alle politiche europee, «ma anche e soprattutto nell'impegno della nuova Commissione a

mobilitare le risorse comunitarie, partendo da un miglior uso della Bei e dallo sviluppo reale dei project bond

finora utilizzati per la cifra irrisoria di 200 milioni, per favorire gli investimenti nei settori indicati come nuove

priorità per la crescita e l'occupazione. Questa per noi è una priorità assoluta». C'è da dire che Juncker,

informalmente, ha già fatto qualche apertura alla nuova commissione economica dell'Europarlamento

presieduta da Roberto Gualtieri. E c'è che aggiungere che perfino Angela Merkel, alle prese con un calo della

produzione industriale e sondata ripetutamente da Renzi, sembra ben disposta. In gioco, secondo il premier

italiano e presidente di turno dell'Unione, «non è solo il futuro dell'Italia, ma dell'intera Europa». «Va

assolutamente mutato il modello della politica economica comunitaria», ha detto Renzi in un'intervista al

Corsera, «l'Italia è forte, il problema è l'Europa che ha finora scelto un modello basato tanto sul rigore e poco

sulla crescita». In ogni caso, il varo del «piano straordinario» non sarà questione di giorni. «Se va bene, visto

che si tratta di rendere efficace l'azione della Bei e di attuare i project bond rimasti finora come semplice

progetto pilota», dice una fonte dell'Europarlamento, «verrà attuato in un anno, un anno e mezzo». Nel

frattempo Renzi, all'Ecofin informale di settembre e nel Consiglio europeo in programma a ottobre, cercherà

di comporre gli altri due tasselli del mosaico. Il primo è, appunto, la revisione dei rapporti di cofinanziamento

dei fondi strutturali. Attualmente per ogni euro proveniente da Bruxelles, ciascuno Stato ne deve aggiungerne

un altro di tasca propria gravando sul deficit. Renzi invece propone di alzare la quota comunitaria dell'80-

90%, riducendo al 20-10% il cofinanziamento nazionale. Oppure, in alternativa, non computare nel deficit il

cofinanziamento. Il secondo tassello è la maggiore flessibilità nell'applicazione delle regole di bilancio, per

quei Paesi che realizzano riforme strutturali. Vale a dire: più tempo per il rientro del debito e il pareggio di

bilancio. Difficile, invece, che Renzi e Holland riescano a ottenere di non calcolare nel deficit le spese per

investimenti. Merkel e gli alfieri del rigore sono decisamente contrari.

I protagonisti

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Jean Claude Juncker domani parlerà all'Europarlamento e poi scatterà il voto di fiducia che potrebbe

riservare qualche sorpresa Roberto Gualtieri è il presidente della nuova commissione economica

dell'Europarlamento, domani l'audizione di Juncker Sandro Gozi è il sottosegretario che si occupa

dell'Europa. Con il semestre di presidenza italiana ha in mano dossier "pesanti"

La candidataIO ALTO RAPPRESENTANTE PER GLI ESTERI? È POSSIBILE Federica Mogherini Ministro degli Esteri

Foto: Il presidente del Consiglio Matteo Renzi

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L'intervista Ghizzoni (Unicredit): «Piaccia o no le tasse sulle banche vanno ridotte» Osvaldo De Paolini «Finanzieremo le imprese con 120 miliardi in quattro anni». L'amministratore delegato di Unicredit, Federico

Ghizzoni, delinea il piano quadriennale dell'istituto e offre una lettura meno tesa dei rapporti Italia-Germania.

A pag. 9 Federico Ghizzoni, lei guida la prima banca italiana in Europa che in Germania è seconda solo a

Deutsche Bank. Ha perciò una conoscenza della realtà di quel Paese e degli umori dei suoi cittadini che

pochi possono vantare. Dopo un lungo periodo di crescita, da qualche tempo anche Berlino ha qualche

problema: la forte caduta della produzione industriale a maggio è un segno. Come spiega che di fronte alla

crescente richiesta di minore rigidità nel rispetto del Patto europeo, i tedeschi continuano a mantenere il loro

diniego? Non sarebbe interesse anche loro agevolare il processo di crescita delle economie che più hanno

sofferto? «Non vorrei contraddirla, ma penso che a Berlino l'esigenza di maggiore flessibilità sia abbastanza

condivisa. Quantomeno ora se ne parla. E posso aggiungere con una certa sicurezza che questa maggiore

propensione verso la crescita è genuina. L'atteggiamento un po' dubbioso verso gli italiani è per il fatto che i

tedeschi vogliono capire meglio quanta volontà abbiamo davvero di condurre a compimento le riforme. Se

riusciremo a presentare programmi chiari con tempi di realizzazione credibili sono convinto che la Germania

sarà al nostro fianco. L'apertura c'è, bisogna riempirla di contenuti». Nondimeno, gli esponenti del governo

Renzi, a cominciare dal premier, faticano a raccogliere piena adesione alle proposte italiane. Quanto è

davvero credibile Renzi in Europa? «La credibilità di Renzi non è in discussione nè in Europa nè in Germania.

Di ciò ho prove quotidiane. Dietro l'apparente contrarietà di alcune voci, a mio avviso c'è anche la necessità

di gestire un'opinione pubblica, non solo tedesca, che negli anni passati ha pagato sulla propria pelle il

prezzo di riforme pesanti e ora non vorrebbe pagare per gli errori di altri. Penso che i toni a volte esasperati

servano anche a placare queste ansie». Lei parla di riforme da realizzare a breve, ma c'è riforma e riforma.

Quali, secondo lei, quelle che potrebbero convincere la Germania della nostra buona fede? «I tedeschi sono

interessati a tutto ciò che riguarda il rilancio della nostra competitività. Un esempio di riforma che farebbe

certamente crescere la nostra credibilità è l'accelerazione nel pagamento dei debiti che la Pubblica

Amministrazione ha contratto con le imprese private». Che cosa temono maggiormente i tedeschi?

«Dobbiamo rassicurarli sul tema della messa in comune del debito. Gli eurobond sono senz'altro una buona

idea, ma dobbiamo convincerli che non è un modo per scaricare su di loro l'onere del nostro debito».

Insomma, lei è davvero convinto che anche a Berlino il vento sia cambiato. «Vuole una prova? Se si esclude

qualche voce dissonante, nessuno ha obiettato davanti alle recenti decisioni della Bce di immettere nel

mercato liquidità importante per rilanciare i consumi e impedire che la china deflazionistica si consolidi». E ci

mancherebbe, visto che non si tratta di liquidità destinata a produrre nuovo debito. «Vero, ma le misure

annunciate da Draghi non sono certo in sintonia con la politica di austerità che i tedeschi pretendevano fino a

qualche tempo fa. La strada è tracciata, non bisogna mollare». Jens Weidmann, presidente della

Bundesbank e falco irriducibile, è intervenuto a gamba tesa contro la richiesta del governo italiano di

applicare con maggiore flessibilità le regole del Patto di stabilità. Non è certo un buon segno, visto il ruolo che

riveste. «Weidmann è certamente una figura molto importante in Germania, ma non rappresenta né il

governo né la politica tedesca». E se a parti invertite si fosse espresso Ignazio Visco sulla politica di Angela

Merkel? «La risposta sarebbe stata analoga a quella del governo italiano». A proposito di Visco, parlando

all'assemblea dell'Abi il governatore della Banca d'Italia ha dichiarato: «La capacità di valutare il merito di

credito va rafforzata: non deve basarsi solo sugli automatismi di modelli quantitativi, ma avvalersi del

contributo di personale esperto e competente, con un patrimonio di consolidata conoscenza della clientela».

Non le sembra una svolta formidabile rispetto ai criteri esclusivamente numerici che di recente avevano

qualificato la moral suasion della Banca d'Italia? «Abbiamo tutti apprezzato quel passo della relazione.

Aspettavamo quelle parole. Ora si lavorerà meglio. Del resto, in Unicredit da almeno tre anni ci ispiriamo al

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principio "conosci il tuo cliente". La visita in azienda è fondamentale così come lo è parlare con il cliente.

Conoscendolo meglio, si evitano errori di valutazione che spesso hanno alla base il rispetto esclusivo dei

modelli numerici». Non tutti però la pensano così a Francoforte. Come valuta la pretesa della Bce di

costringere le banche a recepire nel loro bilancio, condizionando in tal modo la valutazione del rischio di

ciascun cliente, l'esito delle indagini campione acquisito nel corso delle asset quality review? «Non si tratta di

un obbligo, ma di un invito. Credo che la decisione della Bce discenda dalla necessità di applicare regole

omogenee in tutta Europa, visto le notevoli differenze in vigore nei diversi sistemi. Per le banche italiane sarà

comunque un vantaggio: oggi subiamo una concorrenza effetto anche della maggiore rigidità delle nostre

regole di vigilanza». E non anche per la maggiore imposizione fiscale? «Il tema del maggior peso fiscale sui

bilanci delle banche italiane è un dato oggettivo. Va sfatato il luogo comune che le banche possono resistere

a tutto, perché così non è. Con l'Unione bancaria parte un mercato più aperto, piu' omogeneo e più

competitivo. É chiaro che nel confronto europeo chi ha condizioni e regole domestiche più penalizzanti sarà

sfavorito nella competizione. E questo certamente non è un bene per il Paese. Piaccia o no, prima o poi si

dovrà prendere atto che le banche italiane sono quelle che sopportano il peso fiscale più alto in Europa. E

dovendo operare in un mercato unico, a ciò si dovrà porre rimedio». La preoccupa il dato in caduta della

produzione industriale a maggio? Il fatto che sia comune a Francia e Germania non consola, anzi accresce

l'ansia. «Si tratta di un dato congiunturale, da non sottovalutare ma nemmeno da enfatizzare. Non vediamo

ancora elementi che ci inducano a cambiare la nostra previsione di crescita per il2014, che sarà pure

modesta, ma ci sarà». Il cavallo però continua a non bere e se la crescita delle sofferenze va rallentando, il

trend dei prestiti langue. Che fare? «In generale a noi risulta che la situazione abbia cominciato a dare segni

di miglioramento, il dato delle sofferenze in frenata è importante. Non dobbiamo guardare alla situazione

prima della crisi, agli anni 2007 o 2008, ma all'evoluzione anno su anno». E la situazione cambia? «Di molto.

La tendenza è generalmente positiva, ma se guardo a Unicredit il miglioramento è impressionante.

Soprattutto in Italia, già tornata ad essere uno dei grandi motori che tirano la crescita del nostro gruppo. Basti

dire che in questi mesi i nostri mutui casa sono cresciuti del 250% rispetto a un anno fa, il credito al consumo

del 7-8%, i finanziamenti alle medie imprese sono più che raddoppiati». Hanno dunque ragione i fondi

stranieri che sono tornati a scommettere sull'Italia? «Sì. Poche chiacchiere e fatti concreti: Unicredit sta

assumendo 1.500 giovani, tra qui e il 2018 investiremo in Italia 1,5 miliardi, nello stesso periodo puntiamo a

erogare nuovo credito per 120 miliardi». Questo anche grazie al nuovo piano di interventi che la Bce si

appresta a realizzare. «Sicuro. Sarà per tutti un contributo importante. Unicredit si è già impegnato a

finanziare a tassi particolarmente competitivi, (4-4,5%) le aziende che ci sottoporranno nuovi investimenti.

Però bisogna che al cavallo torni la sete, perchè finora non sono molti gli imprenditori che ci chiedono di

finanziare seri progetti industriali, i soli che possono creare nuova occupazione e rilanciare il Paese».

LE BANCHE ITALIANE SONO FISCALMENTE LE PIÙ PENALIZZATE PIACCIA O NO L'ANOMALIADOVRÀ ESSERE SUPERATAÈ UN BUON SEGNO CHE LA MERKEL ABBIA ACCOLTO FAVOREVOLMENTE LE NUOVE PROPOSTED'INTERVENTO BCEABBIAMO APPREZZATO LA SVOLTA BANKITALIA SUL NUOVO MODO DI MISURARE IL RISCHIOD'IMPRESA PARTENDO DAL RAPPORTO DIRETTO

14/07/2014 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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IL FOCUS Infrastrutture, ecco come funzionano i nuovi Bond «cuscinetto» targati Bei NON È ESCLUSA ANCHE LA GARANZIA DI BRUXELLES FINANZIATI NEL 2013 75 MILIARDI DALLABANCA UE (+37%) R. Amo. ROMA Non è banale il ruolo assunto dalla Bei negli anni della crisi. Anni in cui sono andati a picco i

finanziamenti pubblici e quelli degli istituti di credito, vincolati gli uni dai parametri europei su bilanci e gli altri

dalla zavorra delle sofferenze che pesa sui patrimoni, quando non paralizzati dai downgrade delle agenzie di

rating o dalla pressione di Basilea3 e degli stress test della Bce. La Banca europea degli investimenti si è

fatta carico fin dove possibile di finanziare le infrastrutture, le aziende innovative e, specialmente in Italia, le

Pmi (essenzialmente affiancata dalla Cassa Depositi e prestiti). Prova ne sono i numeri, visto che solo nel

2013 il sostegno finanziario all'economia ha raggiunto quota 75,1 miliardi, con un balzo del 37% rispetto al

2012. Ben 67,1 miliardi (+42%) sono finiti in Europa, di cui 21,9 miliardi per progetti di pmi, un livello mai

raggiunto prima. Ma è già da tempo che si parla delle potenzialità che ha la banca Ue per fare davvero la

differenza, e finanziare un piano di investimenti in infrastrutture a tutto tondo. Del resto, dato lo sbarramento

politico a emissione di obbligazioni da parte della Ue (Eurobonds), una soluzione, neutra per il debito dei

singoli stati, la strada percorribile sembra essere quella dei Project bond. Si tratta di emissioni sul mercato di

titoli direttamente collegati all'opera, che potrebbero essere un'alternativa percorribile se in qualche modo

legati alla Bei. Prima della crisi ampia parte dei titoli legati ai progetti era sostenuti, infatti, da garanzie di

assicurazioni cosiddette monolines che ne miglioravano il profilo di credito. Ma già da tempo gli investitori

(fondi pensione, assicurazioni, etc.) non sono più disposti a sottoscrivere Project bond in assenza di un

rafforzamento del merito di credito dei titoli ad esse legati. Ecco che, dunque spunterebbe la Bei a sbloccare

il capitolo infrastrutture. La banca potrebbe offrirebbe agli investitori il suo rating d'oro (tripla A) consentendo

al progetto di beneficiare di un finanziamento favorevole. In tal modo si renderebbero disponibili risorse

finanziarie, senza impatto sui bilanci pubblici, da associare all'intervento nei progetti di soggetti specializzati.

La banca Ue potrebbe però arrivare a offrire, olre alla garanzia anche una fetta di finanziamento. Secondo un

modello già approfonditi dalla Bei anche con la Commissione Ue, la banca Ue potrebbe dunque intervenire

con una funzione «cuscinetto» sottoscrivendo tranche di titoli con maggiore rischio (subordinati), migliorando

in questo modo il rating dei titoli destinati invece agli investitori istituzionali. A quel punto la Commissione Ue

interverrebbe come garante sui finanziamenti erogati dalla stessa Bei, condividendone i rischi.

L'azione della B ei Nel 2013 la Banca europea degli investimenti ha aumentato il sostegno finanziario

all'economia con 75,1 miliardi - pari a un aumento del 37% rispetto al 2012 Nella Ue la Bei ha effettuato

finanziamenti per 67,1 miliard i - pari a un aumento del 42% - di cui 21,9 miliardi per progetti di piccole e

medie imprese La Bei ha firmato prestiti per 18,5 miliardi per piccole e medie imprese e mid-caps 19 miliardi

sono stati impegnati per il clima In totale hanno ricevuto sostegno 230 mila aziende , per 2,8 milioni di

occupati In progetti di r icerca e innovazione sono stati impegnati 17,2 miliardi 15,9 miliardi sono stati

impegnati per infrastrutture strategiche L'European Investment Fund ha impegnato 3,4 miliardi: in questo

modo il Gruppo Bei ha potuto mobilitare 50 miliardi per sostenere le piccole e medie imprese

14/07/2014 5Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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Raffaele Bonanni Intervista «Camusso sta sbagliando basta con certi giochetti» GLI ARABI INTENDONO DAVVERO RILANCIARE UN ASSET STRATEGICO PER IL PAESE, AIR FRANCEVOLEVA INVECE LIQUEFARLO Roberta Amoruso ROMA Altro che barricate. Un risultato così «straordinario che va oltre il semplice calcolo ragionieristico degli

esuberi» per rendere Alitalia quattro volte più potente e l'Italia un hub cruciale per gli arabi, andava difeso con

i denti. Raffaele Bonanni non ha dubbi. E non solo perché per il segretario generale della Cisl l'accordo sul

piano di Etihad era un'occasione per dimostrare che il sindacato «può essere un asset di sviluppo del

Paese». Ma anche perché «è tempo di smetterla con i giochi». Lo stop della Cgil? «Basta con vecchi riti

ingiustificati» che fanno da sponda a quell'Europa interessata a far saltare il progetto: «Basta a chi vuole

rallentare il Paese». Questo è il miglior accordo possibile per Alitalia? «Abbiamo favorito lo sviluppo

nonostante le pressioni delle cancellerie europee. Troppo poco si sottolinea poi che, oltre al prestigio e al

mantenimento di 11.000 posti di lavoro, senz'altro importanti, ci sono da difendere gli effetti sull'economia

italiana». Ma quali sono le differenze con il piano Air France di 5 anni fa? «C'è chi oggi si limita agli esuberi,

con un conteggio ragionieristico, senza andare oltre. Cinque anni fa mi sono opposto alla liquefazione di un

asset strategico per il Paese. Oggi dico sì a chi vuole puntare sull'Italia come hub centrale in Europa, di chi

dispone dei capitali e di chi ha costretto l'Italia a garantire strumenti già scontati fuori dal nostro Paese. Gli

arabi hanno chiesto per esempio che gli aeroporti abbiano collegamenti ferroviari con le città. Per la prima

volta gli esuberi hanno un'importanza minore. E in effetti sono stati decurtati per due terzi». I contratti di

collocamento possono essere un modello? «Ogni situazione è a sé. In questo caso si tratta di un bacino di

lavoratori che sarà coltivato in primis dalla Regione Lazio all'interno del settore del volo con l'ausilio di

politiche mirate». La Cgil non ha capito il piano? «La stragrande maggioranza lo ha capito. Certe discussioni

stantie sono inadeguate con la situazione del Paese».

Foto: Raffaele Bonanni, leader Cisl

14/07/2014 8Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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FISCO INSOSTENIBILE Macché flessibilità La priorità rimane abbassare le tasse Renato Brunetta Macché flessibilità La priorità rimane abbassare le tasse a pagina 6 atteo hurry up : chidi hashtag feriscedi

hashtag perisce. L'Economist haelogiatonegli ultimi giornil'abilità di Matteo Renzi nell'uso dei social network.

Ma non basta per essere un buon presidente del Consiglio. L'analisi dei primi 4 mesi di

governo,infatti,èferoce:«Aparole, Renzi è favorevole a ampie riformee mercati più liberi. L'Italia

devecambiarepercambiarel'Europa, dice. Ma la sua promessa di unariformaalmese nonè andata in porto. Ora

Renzi dice di avere bisogno di 1.000 giorni per fare la differenza, non più 100. Renzi è giovane ed energico,

ma su di lui pesano anche inesperienza, improvvisazioneemomentidivacuità. Questa settimana ha pubblicato

su Twitter una foto della sua scrivania che voleva dimostrare il suo duro lavoro, ma alcuni vi hanno visto solo

un ammasso disorganizzato di carta e penne». Eancora:«L'attenzionesulleriforme istituzionali sta distraendo

Matteo Renzi dalle riforme molto più urgenti sull'economia in stagnazione e la burocrazia asfissiante.

Centinaia di leggi e decretisono giàstatiadottatisenza essere stati attuati. Il successo di Renzi in termini di

riforme istituzionali non conterà nulla se non riuscirà a resuscitare l'economia. Ma lui spende troppo tempo a

fare lobby a Bruxelles per più flessibilità sulle regole di bilancio, e troppo poco a parlare di più flessibilità nel

mercato del lavoro e dei prodotti in Italia». Poi apprendiamo dai giornali nazionali che«È il numero magico del

P i l a t o r m e n t a r e R e n z i , n o n q u e l l o d e i 2 / 3 i n P a r l a m e n t o s u l l a m o d i f i c a d e l

bicameralismo.L'enfasiusatapercommentare le tensioni sulle riforme istituzionali è stata un modo per

coprireledifficoltà suiconti pubblicie allentarela presa di quanti teorizzano la necessità di una manovra

c o r r e t t i v a e n t r o l ' a n n o » ; c h e « S a r à l ' e c o n o m i a a

determinarelatenutaolacadutadellapopolaritàdelpresidentedelConsiglio».E,dulcisinfundo,cheilpresidentedelCo

nsigliohaunsuolibro preferito, sempre sottomano,un« livre dechevet »: ilriassunto del bilancio dello Stato.

Insomma, Renzi comincia a rendersi conto che la vera partita si gioca sul campo dell'economia, e, oltre a

definire la strategia di politica economica per i prossimi anni, deve porre rimedio alle misure in deficit varate

dall'inizio del suo governo a oggi. Una per tutte: gli 80 euro. I risultati della Spending review tardano ad

arrivare; l'Ecofin ha bocciato la richiesta di rinvio di un anno del pareggio di bilancio, dal 2015 al 2016, e ha

chiesto all'Italia «sforzi aggiuntivi» per rispettare il Patto di Stabilità e crescita. La situazione non è per niente

buona. Fa bene il presidente del Consiglio a svegliarsi alle 5 del mattino, sabato incluso, per cercare una

soluzione. Anche perché tutto quanto sopra assume una valenza ancora maggiore in conseguenza della

circostanza per cui dal 1 luglio e fino a dicembre l'Italia ha l'onore e l'onere della presidenza di turno del

semestre europeo. #MATTEONONPUOISBAGLIARE In questo contesto, inutile insistere con le richieste di

flessibilità. Si facciano le riforme in Europa e in Italia e la Germania reflazioni. La flessibilità ne sarà la diretta

conseguenza. Senza neanche bisogno di chiederla. È nelle cose. Ecco la nostra soluzione per «superare» la

soglia del 3% rimanendo europeisti. L'Italia non come eccezione, ma come strategia. Dicevamo: reflazione.

Vale a dire aumento della domanda interna, quindi dei consumi,degliinvestimenti,deisalari, delle importazioni

e, di conseguenza, della crescita, per il proprio paese e per gli altri paesi. È questa la parola d'ordine che

devesegnare ilcambiodi passonella politica economica europea. Setutto ciòavverrà alivello europeo,e

nondisingoloStato,lerisorse necessarie per l'avvio di riformevolteafavorire lacompetitività di ciascun «sistema

paese» potrebberononrientrare nelcalcolo del rapporto deficit/Pil ai fini del rispetto del vincolo del 3% e

cadere nell'alveo dei cosiddetti«fattori rilevanti» per quantoriguarda i piani di rientro definiti dalla

Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60% nel rapporto debito/Pil. Concretamente,

ciascun paese definisce, sulla base delle proprie caratteristiche e specificità, le riforme da implementare al

proprio interno, per 1-2 punti di Pil,conrelative scadenzetemporali; ciascunpaese adotta,poi, simultaneamente

le riforme definite con la Commissione europea; e beneficia, quindi, degli effettipositivitanto

delleproprieriforme, quanto di quelle adottate dagli altri Stati, attraverso l'aumento delle esportazioni.

14/07/2014 1Pag. Il Giornale - Ed. nazionale(diffusione:192677, tiratura:292798)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 61

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#MATTEOATTENTOALBUND Mentre la politica italiana discute,si dilania e si spaccasulle riforme istituzionali,

gli avvertimenti dei mercati diventano sempre più frequenti e più pesanti. Borse giùespreadsu.

Almeno5ifattori: la crisi del Banco Espirito Santo scopre i punti deboli del sistema bancario portoghese; in

Bulgariaècorsaaglisportelli dellaBanca Centrale Commerciale e della First Investment Bank; il bollettino della

Bce prevede «Una ripresa molto graduale in Europa nel secondo trimestre 2014 e rischio di revisioni a

ribasso delle stime intuttiipaesidell'eurozona»;idatimacroeconomicirelativiall'Italia sono disarmanti e, per dirla

con il Centro Studi Confindustria: «Si riducono le possibilità che la chiusura del 2014 rispetti le previsioni del

governo di un Pil in crescita dello 0,8%»; la Federal Reserve ha annunciato per dopo l'estatelafinedel

Quantitativeeasing . Evento che i mercati hanno già cominciato a scontare. Cos'altro deve succedere per far

suonare l'allarme in Europa? Stiamo raccogliendo oggi i frutti amari delle politiche economiche sbagliate

imposte ai paesi dell'EurozonadallaGermaniadi Angela Merkel negli ultimi 5 anni. E le economie nazionali non

sono pronte per affrontare un altrociclodispeculazionefinanziaria e di crisi.L'unico Stato che

riesceatrarrevantaggiodaquestasituazione catastrofica è, ancora una volta, quello tedesco,che

vedeitassidiinteressesuiBundtornare ai livelli minimi dell'estate del2012,intornoallozero.Èdifatto ricominciata la

corsa ai titoli deldebitopubblicotedesco,considerati bene rifugio. Non è un buon segnale: sappiamotutti come

è andata a finire 2 anni fa. Che fare, allora, perché la storia non si ripeta? Innanzitutto agire tempestivamente.

A livello europeo: 1) La Banca Centrale Europea deve cambiare il suo Statuto per poter attuare una politica

monetaria più espansiva. 2) Le altre istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Eurogruppo), anche in

occasione del rinnovo dei propri rappresentanti: portino a termine le quattro unioni (bancaria, politica,

economica e di bilancio); avviinoun processo di mutualizzazione del debito pubblico europeoattraverso

l'emissionedi Eurobond/UnionBond; stimolino, comeabbiamo detto,tuttigliStati membri a un processo di

riformestrutturali, deicuieffettipositivi beneficiano non solo i singoli Statial lorointerno, mal'Eurozonanelsuo

c o m p l e s s o ; i n p a r t i c o l a r e , c h i e d a n o a l l a G e r m a n i a d i r e f l a z i o n a r e ; 3 ) L a B a n c a

europeadegliinvestimentideveessere ricapitalizzata per l'emissione di Project bond finalizzati a finanziare

investimenti specifici in ricerca e infrastrutture. D'altro canto, in Italia serve: 1) una vera riforma fiscale che

preveda, per esempio, una aliquota unica per tutti i contribuenti, semplificando il sistema, riducendo la

pressione fiscale e, allo stesso tempo, aumentando il gettito per lo Stato attraverso il recupero dell'evasione;

2) la riduzione delle tasse sulla casa che, triplicate nel 2014 rispetto al 2011 hanno causato il crollo del

mercato immobiliare e di un settore, quello edile, fondamentale per l'economia; 3) una vera riforma del

mercato del lavoro, che aumenti la produttività del lavoro e di tutti i fattori produttivi, favorendo la competitività

del «sistema Italia». Senza crescita e con il rischio di una esplosione estiva della crisi, inutile insistere con

l'Europa per avere flessibilità per l'Italia, che tra l'altro non è credibile in questa richiesta perché non riesce a

usare neanche i margini che le sono già stati riconosciuti. La strada da seguire è un'altra. L'ha indicata il

presidente della Bce, Mario Draghi: «Ci vuole una governance europea per le riforme strutturali». In

questoarticoloabbiamoillustrato le nostre proposte. #matteofatteneunaragione

UN QUADRO ALLARMANTE PER L'ITALIA Riepilogo delle stime 2014 2015 PIL ISTAT 0,6% 1,2%

Commissione Europea Fondo Monetario Internazionale 1,1% DEBITO/PIL 0,6% 1% Banca d'Italia 0,6% 0,7%

1% DEF 2014 0,8% 1,3% Fonti: CE "European Economic Forecast Spring 2014"; FMI "World Economic

Outlook April 2014"; ISTAT "Le prospettive per l'Economia Italiana nel 2014 - 2015"; Banca d'Italia "Bollettino

economico 1/2014"; MEF "DEF 2014". 2014 2015 12,8% 12,5% 12,4% 11,9% 12,7% 12,4% 12,8% 12,9%

12,8% Fonti: CE "European Economic Forecast Spring 2014"; FMI "World Economic Outlook April 2014";

ISTAT "Le prospettive per l'Economia Italiana nel 2013 - 2014"; Banca d'Italia "Bollettino economico 2/2014";

MEF "DEF 2014". -2,6% 12,5% -2,7% Fonti: CE "European Economic Forecast Spring 2014"; FMI "World

Economic Outlook April 2014"; ISTAT "Le prospettive per l'Economia Italiana nel 2014 - 2015"; Banca d'Italia

"Bollettino economico 1/2014"; MEF "DEF 2014". -- DISOCCUPAZIONE DEFICIT/PIL NOMINALE -2,6% -

2,6% 2014 2015 Fonti: CE "European Economic Spring Winter 2014"; FMI "World Economic Outlook April

2014"; ISTAT "Le prospettive per l'Economia Italiana nel 2013 - 2014"; Banca d'Italia "Bollettino economico

14/07/2014 1Pag. Il Giornale - Ed. nazionale(diffusione:192677, tiratura:292798)

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2/2014"; MEF "DEF 2014". 2014 2015 -2,2% -1,8% -- -1,8% -2% 135,2% 134,5% -- 134,9% 134,9% 133,9%

133,1% -- 133,3% 133,3% EFICIT/P EBITO/P OCCUPAZ PIL

www.freefoundation.com www.freenewsonline.it

14/07/2014 1Pag. Il Giornale - Ed. nazionale(diffusione:192677, tiratura:292798)

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il retroscena Padoan all'Ue teme il trappolone tedesco IL NODO FLESSIBILITÀ Renzi ostenta ottimismo ma il titolare dell'Economia incassa i «nein» di Berlino Fabrizio Ravoni Roma Al ministero dell'Economia inizia a farsi largo il sospetto che la Germania stia per preparare un

«trappolone» all'Italia: almeno questo è il termine usato nelle riunioni a porte chiuse. Al ritorno dal Consiglio

europeo, Matteo Renzi convoca Pier Carlo Padoan e gli fa più o meno il seguente ragionamento: nel

comunicato finale ho spuntato con la Merkel l'introduzione del termine «flessibilità», tocca a te - ora - tradurlo

in pratica. Nell'ultimo Ecofin, il ministro dell'Economia rispetta alla lettera anche se mezza delegazione

italiana lo ha invitato a mitigare i toni, forse immaginando la reazione - il mandato del proprio premier. Ma

Wolfang Schaeuble - potente ministro delle Finanze tedesco - interviene e gela le aspettative della

delegazione italiana: nessuna deroga ulteriore alla flessibilità già presente nei Trattati. Una doccia fredda

sulle aspettative del premier. Anche perché nessun altro ministro economico di Eurolandia è intervenuto a

sostegno della posizione di Padoan. Da qui, il sospetto del «trappolone» tedesco. Renzi, informato dei

sospetti di Padoan, è convinto di avere ragione delle perplessità tedesche. Perplessità che dovrebbero uscire

ufficialmente allo scoperto a novembre, quando la nuova Commissione Ue (appena formata) dovrebbe fornire

una valutazione sulla legge di Stabilità del prossimo triennio. E quando l'Italia sarà ancora presidente di turno

della Ue. Per queste ragioni, il presidente del Consiglio condivide e sostiene lo schema di composizione del

nuovo governo europeo. Il socialista francese Moscovici a commissario per gli Affari economici e lo spagnolo

(Ppe) De Guindos alla presidenza dell'Eurogruppo. Con la speranza di dirottare la Mogherini come

commissario Pesc; o puntare su gabinetti economici di rilievo. Francia e Spagna superano abbondantemente

il tetto del deficit nominale del 3% e quello strutturale non è nemmeno lontanamente vicino allo zero. Di

conseguenza, non potranno certo i rappresentanti di Parigi e Madrid ergersi a paladini del rigore finanziario.

Nella sostanza, Renzi sta cercando di aggirare i problemi contabili con valutazioni politiche. Il presidente del

Consiglio si sta rendendo conto che il piano di risparmi di Cottarelli è di difficile attuazione. La spending

review presuppone riforme strutturali invasive per la macchina dello Stato. Una su tutte: la cancellazione delle

stazioni dei Carabinieri o delle stazioni di Polizia quando le due strutture si sovrappongono. Per queste

ragioni, Renzi preferisce parlare dei mille giorni di tempo per le riforme. Punta ad una moratoria europea sui

conti lunga quasi tre anni, durante i quali il governo può introdurre gli interventi strutturali e farli digerire da

sindacati e gruppi di pressione. Resta da capire fino a quando la Germania affiderà alla Merkel il ruolo di

«poliziotto buono» ed a Schaeuble quello di «poliziotto cattivo».

Foto: PARAFULMINE Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan spesso bersaglio Ue

14/07/2014 7Pag. Il Giornale - Ed. nazionale(diffusione:192677, tiratura:292798)

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Pil fermo e fiscal compact duri ostacoli per l'Italia Rispettare il patto è matematicamente impossibile senza la crescita Torna sotto i riflettori la sostenibilità deldebito italiano Attesa per la nota di variazione al bilancio di settembre . . . Fassina: vogliono solo colpire isalari, dicano piuttosto se i debiti si condividono in Europa . . . Draghi propone un «reform compact» pergestire a livello Ue i cambiamenti necessari BIANCA DI GIOVANNI ROMA Il tema per ora è sotto traccia, ma presto sarà uno dei più caldi dell'estate. L'Italia non riparte e se le cose

restano così sarà matematicamente impossibile che si rispettino i termini del fiscal compact, soprattutto nel

capitolo debito pubblico. Il patto scatta l'anno prossimo, ma già oggi il tema della effettiva sostenibilità del

debito italiano preoccupa le cancellerie. L'esecutivo ha sempre rassicurato, sostenendo che considerando il

rapporto tra il «rosso» accumulato e il Pil, grazie alla crescita non si dovrà fare nessuna manovra. Appunto: in

presenza di crescita. Il fatto è che il Pil non riprende. Pier Carlo Padoan aspetta il consuntivo dell'Istat sul

secondo trimestre: non vuole basarsi sulle stime. Che comunque restano al di sotto delle attese (da -0,1 a

+0,3%). Molto al di sotto. Anche quest'anno comincia a diffondersi la convinzione che la svolta si vedrà solo

l'anno prossimo. Si era detto lo stesso nel 2012, con Mario Monti che vedeva la luce in fondo al tunnel, e

l'anno scorso con Enrico Letta. Oggi la scena si ripete. In queste condizioni servirebbe a poco ottenere un po'

più di flessibilità sul deficit dai partner europei. Sarebbe una boccata d'ossigeno, ma il tema di fondo

resterebbe. Ecco perché l'attenzione degli addetti ai lavori si sta concentrando sugli appuntamenti d'autunno:

l'aggiornamento alla nota di variazione del bilancio e la legge di Stabilità. GLI IMPRENDITORI I primi a

entrare in fibrillazione sono stati gli industriali, che difatti si mostrano molto cauti nel valutare le misure prese

finora dal governo. La misura degli 80 euro non sembra aver sbloccato i consumi, anche se è stata senza

dubbio apprezzata dalle famiglie. Il fatto è che non basta: è solo l'inizio di un percorso che si prospetta

durissimo. Per creare fiducia, e quindi sostenere i consumi, bisogna creare posti di lavoro. Il premier Matteo

Renzi ama ricordare che tra aprile e maggio c'è stato un aumento di oltre 50mila unità, lamentandosi per il

fatto che in pochi lo notano. Il fatto è che si tratta di una goccia in un oceano, in un Paese in cui oltre due

milioni di giovani pensano di emigrare, dove si sono persi un milione di posti di lavoro dall'inizio della crisi,

dove il solo settore delle costruzioni ha perso 100mila posti l'anno per sette anni consecutivi. Invertire questi

trend è davvero difficile, in un'Europa ancora concentrata sul rigore e il consolidamento dei conti piuttosto che

sulla crescita. Per questo per Roma la partita europea è diventata cruciale. Anche se ormai sembra scontato

che sulla flessibilità non si otterrà più di quanto già c'è. Il dibattito è ancora tutto da sviluppare, e l'esecutivo

punta sulla presidenza di turno e sul rinnovo dei vertici per mettere al centro della nuova Unione l'addio al

rigore cieco. Ma l'allentamento dei vincoli sulla base delle deroghe già previste è ancora troppo poco per i

problemi italiani. All'Italia serve un cambio copernicano delle politiche europee. Non basterà la possibilità di

spendere 5-6 miliardi in più all'anno. L'esecutivo fa bene a spingere sul pedale delle riforme per acquistare

credibilità nei confronti dei partner e dei mercati: ma il peso del «rosso» accumulato negli anni resta quasi

inattaccabile. Anzi, tutti quelli che hanno promesso austerità, hanno ricevuto in cambio un aumento del debito

(oggi siamo a quota 135%). Anche riuscendo a varare manovre correttive per reperire le risorse necessarie a

ridurlo con il ritmo chiesto dal fiscal compact (un ventesimo della parte eccedente il 60% del Pil, quindi nel

nostro caso del 75%), l'obiettivo in realtà si allontanerebbe, perché il Pil verrebbe tanto depresso da

aumentare il peso del debito. Con il risultato contrario all'obiettivo. UNA PIATTAFORMA Insomma, ci

ritroviamo in una trappola, che andrebbe subito disinnescata. Il premier ridimensiona il problema, ricordando

che il paese oltre al passivo ha anche un attivo invidiabile, quanto a patrimonio immobiliare e storico artistico.

Tutto vero, ma nel frattempo il tesoro deve emettere titoli e pagare interessi. Il nodo è qui. Qualcuno in

Europa sta già pensando di cambiare marcia, e proporre un altro tipo di patto ai partner: quello sulle riforme.

Lo ha fatto Mario Draghi intervenendo a Londra a una commemorazione di Tommaso Padoa-Schioppa, lo ha

ripetuto Lucrezia Reichlin in un intervento sul Corriere della Sera . «Governare il cambiamento è un processo

14/07/2014 9Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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squisitamente politico e nazionale - scrive - Ma l'Europa potrebbe essere un'occasione per aiutare i Paesi a

superare gli ostacoli al cambiamento che non permettono di cogliere le opportunità generate

dall'interconnessione delle nostre economie. Questo diventerebbe possibile se l'area euro creasse un nuovo

framework gli investimenti verrebbero indirizzati ai Paesi che attuano riforme chiave secondo un meccanismo

in cui la credibilità della realizzazione di queste ultime sarebbe garantita da monitoraggio e sanzioni».

Insomma, si tratterebbe di una Maastricht delle riforme. Per qualcuno però questo nuovo meccanismo

somiglia molto a un commissariamento mascherato. «Parlano di riforme, intendono riduzione dei salari per

acquistare competitività delle imprese - denuncia Stefano Fassina Se il problema è il debito, si deve

rispondere a una sola domanda: ci sarà una gestione cooperativa di gestione del debito a livello europeo? È

questo che serve, il resto sono solo parole».

Foto: Mario Draghi

Foto: FOTO LAPRESSE

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[ L'INTERVISTA ] Casero: "È un problema prima di tutto di equità, parlamento unanime" PARLA IL VICEMINISTRO ALL'ECONOMIA: "È POSSIBILE CHE POSSA EMERGERE UNA VOLTAARRIVATI AI NUOVI VALORI ANCHE UNA QUESTIONE COLLEGATA AL FEDERALISMO E ALRAPPORTO FRA STATO ED ENTI LOCALI. POTRÀ INTERVENIRE UN FONDO PEREQUATIVO" (a.bon.) «Dev'essere subito chiaro che l'idea della revisione degli estimi catastali non è soltanto del governo ma di tutti

i gruppi parlamentari, che hanno votato all'unanimità i contenuti della legge delega. La volontà generale è di

rendere più equo il sistema di attribuzione dei valori degli immobili». La ricerca di una maggiore equità è la

prima motivazione che Luigi Casero, viceministro all'Economia, usa per spiegare il perché dell'intervento.

Onorevole Casero, tanti governi, sin dalla fine degli anni 80, avevano provato a fare questa revisione. Tutti i

tentativi, però, sono miseramente naufragati. Questa volta ci riuscirete? «Credo di sì. Esiste una forte volontà

del parlamento perché in tale ambito esistono troppe storture. Intanto occorre semplificare il sistema,

passando dagli incomprensibili vani a un concetto più chiaro per tutti, i metri quadrati. Poi non è possibile che

esistano due immobili nella stessa zona con le medesime caratteristiche ma con valutazioni difformi. Infine

bisogna cogliere questa occasione della revisione degli estimi per superare una volta per tutte la lacuna degli

immobili-fantasma. Con i mezzi tecnici che esistono oggi bisogna che tutte le case siano visibili al fisco». La

legge delega prevede un termine di cinque anni. Saranno rispettati i tempi anche se questo governo,

evidentemente, al termine del periodo non ci sarà più? «Entro quest'anno saranno emanati i tre decreti che

permettono di andare avanti. Il primo decreto delegato sulla composizione delle Commissioni censuarie è già

pronto. Le Commissioni esamineranno i modelli di valutazione degli immobili e saranno formati da esponenti

del Catasto e da rappresentanti degli enti locali, nonché dai rappresentanti delle categorie economiche». A

proposito di categorie economiche. Serpeggia tra loro una certa inquietudine se banche, assicurazioni,

proprietari edilizi, costruttori, professionisti, commercianti, imprenditori e artigiani hanno deciso di creare una

propria commissione per raccogliere loro stessi i dati prima di confrontarsi con l'Agenzia delle Entrate. «Le

commissioni censuarie prevedono anche la partecipazione di tutte le categorie. E, vorrei sottolineare, è la

prima volta che questo accade. Ma è un fatto positivo». Cinque anni sono lunghi, non sarebbe stato meglio

anticipare i tempi? «I tempi di una generale revisione come questa non possono essere brevi, l'importante è

partire. Stiamo per dare una nuova valutazione a tutti gli immobili degli italiani, non dobbiamo improvvisare

ma essere cauti. Noi entro quest'anno, come le ho già detto, approveremo le norme attuative e poi faremo sì

che gli enti interessati lavorino insieme. D'altronde una serie di passaggi nel tempo sono inevitabili».

Potrebbe emergere, alla fine, anche un problema collegato al federalismo. Quando tutti i valori nazionali

saranno stati allineati sarà più chiaro di oggi che in alcuni Comuni si pagheranno aliquote più alte e in altri più

basse, a parità di estimo immobiliare, se si vuole mantenere lo stesso gettito Comune per Comune. «È

corretto esaminare un problema alla volta. Il Parlamento ha fatto questa legge delega per riequilibrare le

rendite a livello nazionale. È, come le ho già detto, prima di tutto un problema di equità che va risolto. È però

possibile che possa emergere - una volta arrivati ai nuovi valori catastali - anche un problema collegato al

federalismo e al rapporto fra Stato ed enti locali. Per questo motivo nella delega è stata inserita l'ipotesi che

in una prima fase transitoria ci possano essere degli strumenti di riequilibrio come un fondo perequativo».

Insomma, Onorevole Casero, con le nuove rendite catastali bisognerà ridefinire il rapporto tra Stato ed enti

locali, in specie i Comuni? «Direi proprio di sì. La riforma degli estimi catastali è un enorme passo avanti. Ma

per alcune aree e per alcuni Comuni ci sarà una coda "federalista": bisognerà vedere in quali forme sarà

possibile e opportuno un supporto dello Stato».

Foto: Qui sopra, Luigi Casero viceministro Economia

14/07/2014 2Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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COMMENTI Fondi strutturali Ue l'esempio del Veneto Elena Donazzan* In Italia sono molteplici i dibattiti alimentati sul reale impiego dei fondi strutturali europei, talvolta condizionato

da sprechi e ombre che fanno scivolare in secondo piano il reale fine che questi strumenti dovrebbero

perseguire: creare sviluppo nei nostri territori. A mio avviso, si dovrebbe partire da una considerazione

primaria: non tutte le Regioni italiane utilizzano in modo efficace ed efficiente i fondi europei e, in particolare,

il Fondo Sociale Europeo, per favorire davvero l'inclusione sociale e la formazione volta alla creazione di

nuova occupazione in senso strutturale. Posso confermare con cognizione di causa che nella

Programmazione 2007-2013 soltanto nel Veneto il Fondo Sociale Europeo ha offerto corsi a 275 mila

persone. Numeri importanti. Ma per l'Italia, e il Veneto in particolare, la domanda da porsi è: data la nuova

priorità, legata all'emergenza occupazionale, il Fse si è dimostrato uno strumento efficace? La risposta, per il

Veneto, è positiva. E mi permetta di dirlo con un pizzico d'orgoglio: la nostra Regione, in questi anni, ha

raggiunto risultati tangibili nonostante l'imperversare della recessione.La recente valutazione d'impatto

condotta dal valutatore tramite un modello econometrico ad hoc (derivato dal modello Grem già collaudato e

utilizzato per banche e enti pubblici) ha evidenziato infatti come, senza il sostegno che il Fse ha erogato in

Veneto tra il 2007 e il 2010, l'occupazione oggi sarebbe più bassa di 1,5 punti percentuali. Un contributo

positivo si è rilevato inoltre sul Pil, sul reddito a disposizione delle famiglie e sul tasso di disoccupazione,

tant'è che in più di un'occasione abbiamo ricevuto il plauso della Commissione europea per il virtuoso utilizzo

delle suddette risorse. La reale natura della programmazione 2007-2013 del Fse in Italia, a partire

dall'accordo del 2009 in Conferenza Stato-Regioni, ha condotto ad un utilizzo del Fse finalizzato

prioritariamente al mantenimento dei livelli occupazionali e di reddito vista la profonda crisi economica. Si

tratta di una finalità diversa da quella normalmente affidata al Fse. Ciò implica anche una difficoltà di

confronto con altri Paesi (la Germania in primis, i cui tassi di occupazione elevati hanno consentito una

gestione del Fse nel periodo 2007-2013 più "tradizionale" e maggiormente centrata su obiettivi di medio lungo

periodo). Nel nostro Paese sono molti gli studi e le valutazioni d'impatto condotte con criteri scientifici e con

obiettivi di conoscenza e miglioramento. È vero, tuttavia, che le complesse regole e adempimenti

amministrativi richiesti dai fondi europei, i molti livelli di governo, la diversità e la frammentazione delle

situazioni non agevolano l'esercizio valutativo. E spesso, nel caso dei fondi, ci si trova a confrontarsi

soprattutto con aspetti formali, normativi e burocratici, compresa la questione dell'eccessivo accento sulla

valutazione ex ante, a scapito di serie valutazioni d'efficacia ex post. Ma questo riguarda le "regole

d'ingaggio" dei fondi, ed è dunque un problema diffuso a tutti i Paesi membri. * Assessore all'Istruzione, alla

Formazione e al Lavoro della Regione del Veneto

14/07/2014 10Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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[ L'INTERVISTA ] "Il sistema camerale va salvato diventi un motore dello sviluppo" SILVESTRINI (CNA): "LE CAMERE DI COMMERCIO DA RIFORMARE PERCHÈ SIANO ACCELERATOREDEI TERRITORI. STOP AI VINCOLI DELLA BUROCRAZIA CHE TENGONO IN OSTAGGIO IMPRESE ECITTADINI. URGENTE RIDURRE LA TASSAZIONE" (v.d.c.) Milano In una fase complessa della vita pubblica, nel dibattito sulle riforme si è introdotta la discussione sulla

sorte delle Camere di Commercio. Il Governo ha inserito nel Dl 90/14 sulla semplificazione e la trasparenza

amministrativa la volontà di trasformarle. Ma il segretario generale della Cna, Sergio Silvestrini, ad "Affari &

Finanza" denuncia invece "il rischio di smantellamento" del sistema camerale. Segretario, perché difendete

questo residuo napoleonico? «Perché le Camere di Commercio non sono un residuo del passato, né un

carrozzone. Vanno ridotte di numero e va rivisto il sistema delle loro partecipate ma, da quel che percepiamo

anche attraverso le linee guida del provvedimento, con la riduzione al 50 per cento dei diritti camerali,

finirebbero alla stregua di un'agenzia di pratiche amministrative». E invece? «Invece bisogna lavorare a un

incisivo processo di riforma, che non svilisca ma esalti l'esperienza della legge 580 (la legge del '93 che

modernizzò questi enti ed è ancora in vigore, con qualche modifica datata 2010, ndr) . Proprio noi della Cna,

forse con troppo anticipo sui tempi, due anni e mezzo fa proponemmo di trasformare questi luoghi naturali di

promozione delle economie locali nel loro motore di sviluppo, un acceleratore dei territori». Quindi, anche la

Cna vuole riformare il sistema camerale. «Sì, certo, e in modo profondo. Ma riformare non significa chiudere.

A livello territoriale, la politica è consapevole del ruolo delle Camere di Commercio e del nostro ruolo al loro

interno. Ecco perché sono convinto che, nell'esecuzione della delega, Governo e Parlamento possano avere

un ripensamento. Non vorrei che dietro questo tentativo di riforma ci fosse anche lo zampino di qualche

Superbone (il famoso personaggio del fumetto pubblicato sul "Monello" fino agli anni settanta), e cioè di chi

non potendo più vincere tutte le partite, e avendo dovuto cedere alle richieste di maggiore corresponsabilità

nella gestione delle Camere avanzate dalle piccole imprese e permesse dall'attuale ordinamento, forse ha

deciso di rovesciare il tavolo, sognando ritorni al passato ed egemonie che non accetteremo mai». L'ultimo

sondaggio sulle Pmi, l'Europa e l'euro, realizzato da Ipsos per conto della Cna, ha avuto un risultato

sorprendente. Sul banco degli imputati artigiani e piccoli imprenditori hanno messo, senza riserve, non

Bruxelles e la moneta unica ma l'Italia e le sue disastrose burocrazie. Condivide? «In pieno. I nostri

imprenditori sono persone concrete, che vivono le contraddizioni e le difficoltà di chi fa impresa. Ci chiedono

tutti i giorni, e questo sondaggio lo conferma, di poter lavorare senza impazzire, prigionieri delle scartoffie e di

adempimenti cervellotici. E ci chiedono la possibilità di accedere a un credito che tenga conto delle realtà

imprenditoriali e delle loro potenzialità. Non pretendono la luna». Non si può chiedere al Governo di

rispondere simultaneamente a tutto e a tutti. «Lo so. Ma so anche che la variabile tempo non gioca più a

nostro favore. L'operazione degli 80 euro è stata pensata, progettata e realizzata in tre mesi. Sono stati mossi

soldi, non chiacchiere. Lo stesso discorso vale per le modifiche introdotte alle disposizioni su assunzioni a

tempo determinato e apprendistato. Con la medesima energia, ci aspettiamo le prime azioni per semplificare

il Paese». Semplificare, sburocratizzare. Per voi è un mantra. «Finora inascoltato. Ma è arrivato il tempo di

disboscare quei cespugli che rallentano e molte volte bloccano qualsiasi decisione politica. Non è possibile

salutare con apprezzamenti una legge e poi dover attendere anni i decreti che la attuano e che, talvolta,

arrivano quando il provvedimento non serve più. E questo non è solo un problema italiano, ma anche

europeo. Lo ha sottolineato Renzi nel suo discorso di inaugurazione del Semestre di presidenza italiana della

Ue. L'Europa, come l'Italia, non può essere preda di cavilli, vincoli, parametri che tengono in ostaggio cittadini

e imprenditori». C'è poi il "nodo fiscale" che sta a cuore a tutte le imprese. «Per farsi un'idea appropriata dei

guai in cui ci troviamo, dobbiamo leggere i risultati dell'Osservatorio Cna sulla tassazione globale per le

piccole e medie imprese. C'è parecchio di cui indignarsi. In alcune città la tassazione supera il 70%. È

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veramente troppo. La scorciatoia che tutti i Governi, centrali e locali, senza distinzione di colore politico,

hanno imboccato quando si sono trovati di fronte a necessità di bilancio è stata quella di spremere un po' di

più le imprese, soprattutto le piccole, che non possono certamente ricorrere a scappatoie fiscali nei vari

paradisi del pianeta. Si cominci a tagliare le montagne di spesa pubblica improduttiva e a mettere mano al

debito per recuperare risorse dal cumulo di interessi che paghiamo ogni giorno. Abbiamo alcune idee in

proposito. Siamo pronti a presentarle al Governo». S.DI MEO

Foto: "Sospetto che chi invoca la fine delle Camere di Commercio lo faccia perché non accetta il maggior

peso nella gestione delle piccole imprese. E così rovescia il tavolo" dice Sergio Silvestrini (nella foto),

segretario generale Cna

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focus credito e famiglie Ancora prestiti col freno arriva la liquidità Bce le banche al test fiducia IL 2013 HA REGISTRATO L'ENNESIMA CONTRAZIONE DEL CREDITO AL CONSUMO E I PRESUPPOSTIPER UN'INVERSIONE DEL TREND SEMBRANO ANCORA NON ESSERCI SOSTEGNI A QUEGLIISTITUTI CHE CONCEDONO FINANZIAMENTI A FAMIGLIE E IMPRESE Marco Frojo Il 2013 ha registrato l'ennesima contrazione del credito al consumo e il fatto che il calo sia stato inferiore a

quello del 2012 non è che una magra consolazione. I presupposti per un'inversione del trend sembrano

ancora non esserci, soprattutto se anche il trimestre in corso facesse registrare un calo del Pil. Il futuro è

ancora pieno di incognite e soprattutto è difficile stilare previsioni con date precise. Con un calo del Pil, infatti,

l'economia italiana ripiomberebbe ufficialmente in recessione con conseguenze nefaste sul settore del

credito. Da una parte, infatti, ci sono gli operatori finanziari che, pur avendo allentato le condizioni per

concedere i prestiti, non sono ancora tornati alla situazione pre-crisi; dall'altra ci sono i consumatori, che si

dividono tra coloro che non hanno un lavoro (e non hanno dunque accesso al credito) e quelli che hanno

paura di perderlo. Questi ultimi un impiego ce l'hanno ma la paura del futuro è così forte che preferiscono non

chiedere un prestito perché la certezza di avere un lavoro fino a quando il debito sarà completamente

ripagato non c'è. La situazione è ancora più drammatica sul fronte dei finanziamenti alle imprese ed è proprio

per questo motivo che la Banca Centrale Europea ha rotto gli indugi e annunciato misure il cui obiettivo è

quello di far arrivare la liquidità immessa nel sistema fino alle aziende e alle famiglie. Secondo quanto deciso

nell'ultima riunione dell'istituto centrale europeo, per il 2014 ogni singola banca della zona euro può chiedere

in prestito fino a un ammontare massimo totale pari al 7% dei crediti a imprese e famiglie emessi entro aprile

2014. Secondo i calcoli Bce le banche europee potranno chiedere 400 miliardi. E, di conseguenza, stando ai

dati di Bankitalia, le banche italiane potranno avere al massimo circa 75 miliardi: cioè il 7% dei 1.071 miliardi

di prestiti concessi ad aziende e famiglie, esclusi 360 miliardi di mutui. Anche il governatore di Bankitalia,

Ignazio Visco, nelle sue Considerazioni finali del 30 maggio scorso, ha fatto riferimento all'esigenza di nuove

misure: "Nelle prossime settimane la Banca d'Italia varerà misure per migliorare ulteriormente la situazione di

liquidità delle banche e agevolare per tale via la concessione di credito alle piccole e medie imprese".

L'allarme delle massime autorità monetarie del continente è più che giustificato dai numeri. Secondo i dati da

raccolti da Assofin, l'associazione dei principali operatori, bancari e finanziari, del credito al consumo e

immobiliare, nel 2013 le erogazioni di prestiti destinati all'acquisto di beni e servizi di consumo alle famiglie

hanno fatto registrare un calo del 5,3% a 45,5 miliardi, cui corrispondono 147,7 milioni di operazioni

finanziate. Sul fronte dei mutui si è invece registrata una contrazione del 7% che, sebbene di entità inferiore a

quella del 2012, resta pur sempre una zavorra per il mercato immobiliare. "Il 2013 ha segnato una flessione

del credito alle famiglie comune in tutte le macroaree italiane - si legge nel report annuale dell'associazione

guidata da Chiaffredo Salomone - Le prospettive di ripresa, almeno nel breve periodo, sono di entità

contenuta. In prospettiva la ripresa del mercato sarà modesta e più lenta nel Mezzogiorno, dove l'evoluzione

del mercato del lavoro e dei consumi sarà più incerta rispetto alle altre macroaree". Secondo Assofin, la

regione maggiormente colpita dal calo del credito al consumo è stata la Basilicata (-15,2%), mentre l'unica

regione in controtendenza è stato il Trentino Alto Adige (+2%). Il maggiore flusso di erogazioni (29%) per il

credito al consumo si è concentrato nel Nord-Ovest, con una ripartizione per tipologia di prodotto che mostra

un rilevante utilizzo delle carte rateali/opzione (33% dei volumi della macroarea) e un ricorso ai finanziamenti

finalizzati per auto (23%) superiore alla media nazionale. Seguono il Centro (22%) e quindi il Sud (20%), che

mostra un ricorso superiore al dato medio nazionale per i prestiti personali (38%) e per la cessione del quinto

dello stipendio (12%). Il Nord-Est, storicamente meno orientato al ricorso al credito al consumo (17% dei

flussi nazionali), ha riportato un utilizzo delle carte rateali/opzione (31%) più intenso rispetto alla media

nazionale. Per quanto riguarda le Isole (12%), questa macroarea presenta un product mix più sbilanciato

14/07/2014 34Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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verso i prestiti personali (39%) e a cessione del quinto dello stipendio (14%). Guardando ai diversi prodotti

del credito al consumo, rispetto al 2012 il ricorso alla cessione del quinto dello stipendio/pensione è in

aumento (più 3,1%) in quasi tutte le Regioni, anche se spicca il meno 32,6% registrato in Valle d'Aosta. In

moderato incremento, seppure solo nelle regioni del Nord-Ovest, le erogazioni di prestiti finalizzati all'acquisto

di beni di consumo (escluse auto e moto), che fanno segnare un più 0,5%. Anche in questo caso spicca

anche la Valle d'Aosta con un più 11,8 per cento. In questo contesto la maggior parte dei crediti richiesti

viene impiegata per finanziare l'acquisto di auto (33%), di elettrodomestici (28%) o di mobili (11%). Sul fronte

dei mutui, invece, l'erogato di tutto il 2013 è stato pari a 17 miliardi di euro nel 2013 e ha sostenuto l'acquisto

del 38% delle compravendite immobiliari. Assofin fa comunque notare come il ricorso ai mutui da parte delle

famiglie italiane risulti storicamente basso, visto che ben il 67,2% delle famiglie è proprietario dell'abitazione

in cui vive. Il mercato italiano dei mutui è appena il sesto in Europa in termini di consistenze: con un valore

complessivo di 365 miliardi è quattro volte inferiore rispetto al Regno Unito e quasi tre volte inferiore rispetto

alla Germania. S.DI MEO, FONTE: BANCA D'ITALIA, FONTE: ASSOFIN E ISTAT

Foto: Secondo Assofin, la regione maggiormente colpita dal calo del credito al consumo è stata la Basilicata

(15,2%). Il Trentino in controtendenza

Foto: Rispetto al 2012 il ricorso alla cessione del quinto dello stipendio/pensione è in aumento (più 3,1%) in

quasi tutte le Regioni, anche se spicca il meno 32,6% registrato in Valle d'Aosta

Foto: La maggior parte dei crediti richiesti viene impiegata per finanziare l'acquisto di auto (33%), di

elettrodomestici (28%) o di mobili (11%). In basso, il presidente della Bce, l'italiano Mario Draghi

14/07/2014 34Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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[ L'ANALISI ] Meno burocrazia, fisco leggero "Così può ripartire l'economia" IN ITALIA ESISTE IL PROBLEMA DEI CONSUMI E NON DEGLI INVESTIMENTI. CHIAFFREDOSALOMONE, PRESIDENTE DI ASSOFIN, INVITA AD ANALIZZARE I PROBLEMI DEL SETTOREPROPONENDO ALCUNI INTERVENTI IMMEDIATI ED EFFICACI (m.fr.) Milano In Italia il problema del credito al consumo è rappresentato dai consumi e non dagli investimenti.

Chiaffredo Salomone, presidente di Assofin, invita ad analizzare i problemi del settore utilizzando questa

prospettiva anche per cercare di comprendere che le dinamiche he animano il mondo economico e

finanziario in generale sono talmente interconnesse che non è azzardato pensare a una sorta di rete delle

questioni. «Il credito al consumo è prociclico - spiega il numero uno di Assofin - e i dati dicono che in Italia dal

2007 al 2013 i consumi sono crollati del 7,6%, mentre in Europa il calo si è fermato all'1,7%». Per i

finanziamenti le voci più importanti sono quelle dell'automobile, dove il 72% degli acquisti è finanziato, e

dell'arredo della casa, in particolar modo gli elettrodomestici, e su questi due fronti i dati sono drammatici. Il

mercato dell'auto, per esempio, è tornato indietro di decenni e i timidi progressi che si sono registrati di

recente non bastano minimamente a recuperare il terreno perduto. «Dal 2009 ad oggi la correlazione fra

consumi e credito è stata sempre più forte e quindi la svolta potrà arrivare solo se verranno attuate politiche

in grado di rilanciare i consumi - prosegue Salomone - Per quel che riguarda nel dettaglio il settore del credito

al consumo si possono smuovere le cose snellendo la burocrazia e rendendo più equa la fiscalità».

Salomone porta ad esempio l'imposta di bollo da 16 euro che viene pagata in misura fissa sia per un

finanziamento da 500 euro sia per uno da 50 mila euro. Nel primo caso è superiore agli interessi pagati in un

anno, nel secondo un'inezia in termini percentuali. «Non chiediamo di annullare questa imposizione, anche

perché siamo consapevoli che in materia fiscale ci sono degli equilibri da rispettare, ma di renderla più equa -

spiega Salomone - Non è giusto che l'anziano che compra una lavatrice a rate debba pagare per l'accensione

del finanziamento tanto quanto chi ristruttura completamente la casa». Secondo il presidente di Assofin gli

ostacoli burocratici sono anche quelli che fanno sì che il costo del finanziamento in Italia sia superiore rispetto

al resto d'Europa: «Risponde a verità che in Italia i costi sono superiori al resto del continente ma bisogna

anche tenere conto del fatto che in Francia per recuperare un'auto di chi non paga le rate ci vogliono sei

mesi, in Italia cinque anni. Se si tratta di un mutuo la differenza è ancora maggiore, in Francia ci vuole un

anno, in Italia sette o otto». Secondo Salomone i tempi di recupero del finanziamento incagliato hanno un

impatto sul costo del credito, senza dimenticare che le società italiane del credito al consumo devono

accantonare coperture più alte sui crediti deteriorati. In Italia i cosiddetti "costi di sistema" contribuiscono

dunque a far lievitare il costo dei finanziamenti. Un altro aspetto su cui Assofin chiede al governo di

intervenire è quello della semplificazione della normativa: «Se il cliente deve firmare 50 pagine di clausole,

molte delle quali previste dalla legge, questo è evidentemente un problema e non aiuta di certo la

trasparenza e la tutela del consumatore, che sono paradossalmente obiettivo di molte di queste norme. In

Italia c'è un eccesso di normativa che per di più si è stratificata nel tempo ed è tipica di tutto il sistema».

Secondo Assofin una riduzione degli obblighi di legge, unita a un impegno da parte delle istituzioni a

promuovere l'educazione finanziaria, aiuterebbe la ripresa del credito al consumo proprio perché la

combinazione di questi due fattori darebbe una maggiore fiducia al consumatore. Per Assofin si può però

intervenire su molti di questi aspetti solo se tutti i soggetti che sono coinvolti nel settore del credito al

consumo sono disposti a fare la loro parte. Le associazioni di categoria, gli intermediari finanziari, le

associazioni di consumatori, i consumatori stessi, il legislatore e l'autorità di vigilanza dovrebbero porsi come

obiettivo quello di arrivare a un credito al consumo sostenibile e responsabile e solo in questo modo sarà

possibile uscire dall'impasse. Oltre tutto una svolta in questo campo potrebbe aprire nuovi orizzonti all'intero

apparato economico nazionale oggi schiacciato da una crescita balbettante o, in alcuni casi, inesistente.«Mi

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auguro che si inneschi un circolo virtuoso che potrebbe essere favorito da agevolazioni per l'acquisto di

pannelli fotovoltaici, auto meno inquinanti ed elettrodomestici che consumano meno, solo per fare alcuni

esempi», prosegue Salomone. Ad oggi infatti solo il settore dei mutui sta mostrando qualche timido segno di

ripresa, mentre il credito al consumo è ancora indietro. Per quel che riguarda i finanziamenti per l'acquisto

della casa si è registrato un crollo del 26% nel 2012, a cui è seguito un - 9% nel 2013; nei primi sei mesi del

2013 si è finalmente tornati in territorio positivo con una crescita del 5%. Nel credito al consumo, invece, al

12% del 2012 è seguito il - 5,3% del 2013 e il primo semestre si è chiuso con un -0,2%. «La svolta è a portata

di mano, anche perché prima si compra casa e poi la si ristruttura - conclude Salomone - ma bisogna creare i

presupposti affinché ciò possa avvenire». S.DI MEO, FONTE: AGENZIA ENTRATE E ASSOFIN

Foto: Secondo Chiaffredo Salomone , numero uno di Assofin, i dati dicono che in Italia dal 2007 al 2013 i

consumi sono crollati del 7,6% In Europa il calo si è fermato all'1,7%

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"Inefficace e da correggere" imprese e sindacati criticano il decreto "tagliabollette" CGIA DI MESTRE: LO SCONTO VARATO NON PRODURRÀ ALCUN BENEFICIO PER L'85 PER CENTODELLE SOCIETÀ E DEI LAVORATORI AUTONOMI LA CGIL: DOVREMMO SEGUIRE L'ESEMPIO DELLAFRANCIA DOVE È STATA TAGLIATA DI BEN IL 50% LA SPESA DELLE AZIENDE ENERGIVORE Valerio Gualerzi Roma Una bolletta elettrica annuale media di oltre 14mila euro, il 35% della quale determinato dagli oneri

generali di sistema e un altro 6% dagli oneri fiscali. Una spesa che a partire dal primo gennaio 2014 è

lievitata ulteriormente di circa il 7% in virtù della nuova componente Ae introdotta dal governo nell'aprile del

2013 per finanziare le agevolazioni garantite alle grandi industrie ad alto consumo di energia. Un conto salato

che diventa ancor più insostenibile se messo a confronto con la concorrenza europea che paga l'elettricità

mediamente il 68% in meno. Sono questi, in sintesi, i numeri del caro energia che strangola le piccole e

medie imprese italiane, spingendo il governo Renzi a varare il cosiddetto decreto "taglia bollette". Un

provvedimento uscito però da Palazzo Chigi decisamente ridimensionato rispetto alle promesse della vigilia.

La riduzione sarà infatti di soli 800 milioni complessivi, poco più della metà del miliardo e mezzo annunciato.

Per arrivare al taglio del 10% fissato dall'esecutivo come obiettivo finale bisognerà aspettare infatti il 2015

con il varo dei nuovi "atti normativi e di indirizzo" allo studio del ministro dello Sviluppo Federica Guidi. Per il

momento l'unica voce di aggravio dei costi energetici su cui il governo ha avuto la forza di intervenire sono

stati infatti gli incentivi per le rinnovabili: i titolari di grandi impianti fotovoltaici (oltre 200 KW) potranno

scegliere tra un'erogazione delle entrate previste dal conto energia su 24 anni invece che su 20 (si riceve

meno ma per più anni, il cosiddetto "spalma-incentivi") oppure un taglio secco del sussidio. Una misura che

ha fatto gridare allo scandalo non solo i produttori di energia solare (che hanno annunciato dure battaglie

legali contro la retroattività del provvedimento), ma ha indignato anche un giornale non certo sospettabile di

simpatie ambientaliste come il Wall Street Journal. Il decreto taglia bollette, che avrebbe dovuto risolvere un

importante motivo di sofferenza alla colonna vertebrale della nostra economia, per il momento è quindi

depotenziato e sub judice. Ma non è tutto. Stando alle valutazioni della Cgia di Mestre si tratta anche di una

misura ampiamente inefficace. Lo sconto energetico rivolto alle Pmi, conclude un dossier dell'associazione,

non produrrà nessun beneficio per l'85 per cento delle imprese e dei lavoratori autonomi presenti in Italia. In

termini assoluti almeno quattro milioni di attività economiche non potranno beneficiare degli effetti del

decreto. Il punto, spiega sempre la Cgia, è che il governo ha deciso di abbassare la spesa elettrica dei

soggetti collegati in media tensione e di quelli collegati in bassa tensione con una potenza impegnata

superiore ai 16,5 KW e secondo le stime dello stesso ministero dello Sviluppo Economico le imprese

interessate da questo provvedimento in corso di pubblicazione sono solo 710.000. «Peccato - sottolinea

ancora l'Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre - che al di sotto della soglia dei 16,5 KW, operino

almeno 4 milioni di imprese e di lavoratori autonomi che, pertanto, non godranno di nessun sconto». Limiti

segnalati anche dai sindacati. «Del taglio della bolletta elettrica ne godranno soltanto il 15% delle piccole e

medie imprese», denuncia il responsabile politiche energetiche della Cgil Nazionale, Antonio Filippi. «La

stragrande maggioranza delle Pmi - ricorda - operano con soglie di potenza inferiore ai 16,5 KW previsti dal

decreto, quindi nessun vantaggio verrà riscontrato. Ma anche per le aziende che ne beneficeranno è

improbabile che lo sconto possa essere determinante per la competitività, vista la bassa dimensione della

cifra». Filippi invita quindi a seguire piuttosto l'esempio della Francia «dove il regolatore dell'energia ha

deliberato un'eccezionale riduzione pari al 50% della bolletta elettrica per le imprese energivore, ovvero tutte

quelle soggette a una forte concorrenza internazionale». «Un modo - precisa - per migliorare la competitività

delle imprese e mantenere la loro posizione nel sistema produttivo, oltre ad evitare la delocalizzazione

all'estero». Scetticismo sulla portata della svolta promessa da Palazzo Chigi arriva anche dall'Autorità per

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l'Energia e da Confindustria. I beneficiari, secondo il presidente della Aeeg Guido Bortoni, sono troppi e

pertanto si rischia «un vantaggio individuale piuttosto esiguo» visto che la spesa energetica complessiva

degli interessati «è stimabile nell'ordine di 20 miliardi di euro» contro il risparmio di 800-900 milioni di euro

previsto da questa prima tranche. Posizione condivisa dagli industriali. «Il notevole ampliamento della platea

dei beneficiari rischia di vanificare l'obiettivo di un taglio del 10% della bolletta energetica, privilegiando una

distribuzione a pioggia di piccoli vantaggi», spiega il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci. Le

misure taglia bollette, contenute all'interno del "DL Competitività", hanno tempo fino al 23 agosto per essere

convertite in legge e modifiche sono quindi ancora possibili. Tra gli interventi suggeriti da Confapi nel corso

della recente audizione al Senato ci sono la possibilità di rendere flessibili le aliquote fiscali a fronte di

aumenti del prezzo del petrolio al fine di restituire il maggior incasso statale connesso con l'aumento della

materia prima; l'eliminazione dell'Iva sugli oneri generali di sistema, accise e addizionali (per quanto assurdo

possa apparire lo Stato pretende l'Iva, un tassa, su un'altra tassa); il trasferimento degli oneri impropri in

bolletta alla fiscalità generale. FONTE: THE BOSTON CONSULTING GROUP, S.DI MEO,

Foto: Per Cgia di Mestre 4 milioni di attività economiche non beneficeranno del decreto

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Roma riprova a dismettere il patrimonio residenziale e insegue un tripliceobiettivo FARE CASSA (500 MILIONI ENTRO FINE 2016 E ALTRI 500 TRA IL 2017 E IL 2018), AFFRONTARE LAGRAVE EMERGENZA ABITATIVA E RESPONSABILIZZARE ALLA CURA DELLE CASE CHI DIVENTAPROPRIETARIO. ECCO L'OPERAZIONE ELABORATA DA ROMEO GESTIONI (l.d.o.) Milano Da una parte la domanda di case, che nei grandi centri italiani ha raggiunto ormai livelli da allarme

rosso a causa della crisi, che si è aggiunta alla carenza storica di alloggi a prezzi accessibili. Dall'altra la

constatazione che le casse comunali sono sempre più vuote, tanto da rendere difficile il sostegno pubblico

alle coppie in difficoltà. Sono i due fuochi tra i quali sono chiamati a muoversi gli amministratori locali, con gli

addetti ai lavori che cercano soluzioni per uscire dall'impasse, che vuol dire anche spegnere i fuochi della

tensione sociale. Un esempio arriva da Roma, in merito al patrimonio di Edilizia residenziale pubblica (Erp).

Nelle scorse settimane, la Romeo Gestioni, che è gestore in proroga fino a ottobre prossimo di 29.588

immobili, ha presentato al sindaco della capitale Ignazio Marino e alla Giunta comunale un piano basato su

due pilastri: una serie di dismissioni, indispensabili per garantire il risanamento del debito del Campidoglio

(nell'ambito del cosiddetto "Salva Roma"), una valorizzazione del patrimonio immobiliare tramite

manutenzione e riqualificazione. Un passaggio, quest'ultimo, che passa anche per la bonifica dei territori, la

realizzazione e/o acquisto di immobili per il crescente fabbisogno abitativo delle fasce deboli (con

conseguente iniezione di risorse a favore dell'economia cittadina), infine la manutenzione per la città. Romeo

Gestioni punta a convincere l'Amministrazione capitolina forte anche delle credenziali maturate a Napoli

dove, nel 2012 - nell'arco di otto mesi - ha concluso dismissioni per circa 120 milioni di euro dando così una

boccata d'ossigeno al capoluogo campano. Il documento presentato alla Commissione Permanente al

Patrimonio (che ha già svolto un'attività di semplificazione procedurale, dando preciso indirizzo agli uffici

comunali per applicare il piano e uscire dal rischio del dissesto) prospetta diversi scenari operativi che

parlano di un potenziale incasso per Roma Capitale di 500 milioni entro la fine del 2016, e di ulteriori 500

milioni per il biennio 2017-2018. Quindi, oltre un miliardo, che potrà fare da volano per generare ulteriori

benefici tramite la responsabilizzazione degli abitanti, che saranno chiamati a un maggiore impegno civico

con il passaggio da inquilini a proprietari, che trasforma in ingranaggio attivo del vivere collettivo chi, fino a

poco prima, era inteso solo come "onere" sociale da sostenere. Si tratta di numeri importanti, anche se è

legittimo essere diffidenti alla luce del fallimento che ha caratterizzato i passati tentativi di risanamento nella

Capitale. Dall'azienda assicurano che questa volta ci sono le condizioni per centrare i risultati sperati, a

cominciare dal già citato coinvolgimento della comunità di cittadini, per passare tramite le innovazioni in

termini di cambi di destinazioni d'uso, partnership gestionale pubblico-privata, semplificazioni burocratiche e

amministrative. S.DI MEO, FONTE: NOMISMA

Foto: La Romeo Gestioni ha presentato un piano dismissioni al sindaco Ignazio Marino

14/07/2014 47Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.26 - 14 luglio 2014(diffusione:581000)

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Trasporti Il grido di Camanzi: «Non frenate la mia Authority» ALESSANDRA PUATO A pagina 8

Ma l'Autorità dei Trasporti esiste, si chiede qualcuno? Quell'ente indipendente che deve vigilare su treni,

aerei, autostrade, bus locali? Un po' ristretta , ma esiste e il presidente ravennate Andrea Camanzi intende

dimostrarlo mercoledì 16, giorno della sua prima Relazione annuale. Per esempio, annunciando che sta per

ribaltare il sistema di calcolo delle tariffe aeroportuali (che le compagnie pagano all'aeroporto per atterrare o

decollare): si va verso la contrattazione diretta tra vettore e scalo. Fine degli accordi istituzionali che hanno

bloccato per anni le convenzioni su Fiumicino e Malpensa, allontanando investitori come Changi, l'aeroporto

di Singapore fuggito da Aeroporti di Roma. «Cambio epocale», dice lui.

Quel giorno Camanzi chiederà «velocità» per essere pronto a regime - cioè a piena occupazione - il

prossimo settembre, come vuole la raccomandazione di maggio data dall'Ue all'Italia. E lancerà l'allarme per

non restare indietro. In concreto, significa chiedere di non essere bloccati dal decreto Madia.

È il numero 90 sulla riforma della pubblica amministrazione. Presentato venerdì scorso al consiglio dei

Ministri, va in questi giorni all'esame del Parlamento per la conversione in legge. Accorpa le Authority e

prevede i concorsi per le assunzioni congiunti, fra diversi enti regolatori. Se passa, l'Autorità dei Trasporti -

che oggi ha sede a Torino, ma è anche ospitata a Roma dall'Antitrust ed è men che dimezzata a personale

rispetto agli obiettivi, neanche 30 persone su 80 - deve chiudere gli uffici di Torino e trasferirsi a Roma.

Sarebbe poi accorpata con Agcom, Covip e Autorità per l'energia. «Resterebbe congelata per un anno», ha

detto Camanzi giovedì scorso in audizione alla Camera. Ora ribadisce: «In settembre saremo 35. Se passa il

decreto Madia restiamo tali per troppo tempo, perché dovrei procedere a una selezione del personale

congiunta con le altre Autorità».

A Camanzi (che sottolinea: «L'Authority è finanziata dai privati e non da soldi pubblici», cioè gli operatori del

settore, come altre Authority, malgrado il conflitto d'interesse) piace l'allegoria medica: «Il decreto Madia è

una cura per adulti, l'Autorità dei Trasporti è un neonato. Se gli danno l'antibiotico muore». Detto ciò, «se

governo e parlamento decidono diversamente eseguirò - concede - ma non posso non dire che questo ci

crea problemi».

Costituita il 17 settembre 2013 dopo mille tessiture politiche e anni di rinvii, l'Autorità dei Trasporti è diventata

operativa il 15 dicembre 2013. Che cosa ha fatto finora? «In cinque mesi abbiamo adottato quattro documenti

di consultazione su quattro settori: ferroviario, aeroportuale, autostradale e trasporto pubblico locale», dice

Camanzi. Tre consultazioni (si propone un regolamento e si chiede il parere a tutti i soggetti coinvolti) sono

terminate, quella sul trasporto locale è partita il 4 luglio e sarà chiusa il 5 agosto. «Nei prossimi mesi ci

saranno i regolamenti su questi quattro settori», annuncia il presidente. Che mercoledì dirà due cose.

Primo: sull'Autorità è stato impegnato un grande capitale politico, lui non ha intenzione di sciuparlo. Secondo,

sua intenzione è accelerare al massimo l'attività, introducendo novità nella regolazione dei trasporti: «Misure

che producano vantaggi per passeggeri e contribuenti, limitando l'intervento pubblico nel settore». E qui si

promettono svolte su aeroporti e ferrovie.

L'idea per i primi è attuare la direttiva comunitaria del 2009: «I diritti aeroportuali (finora definiti a un tavolo

con il governo, ndr.) saranno negoziati tra le parti e non fissati per via amministrativa - dice Camanzi -: ma

sulla base di un binario regolatorio stabilito da noi, e poi da noi controllato». L'aeroporto indica i piani di

sviluppo, il vettore i suoi flussi di traffico: «Significa ridurre i tempi e affidare precise responsabilità al

mercato». Sulle ferrovie, invece, potrebbe riaprirsi la questione del conflitto d'interessi sulla rete, cioè i binari:

sono di Rfi che è di Fs che è il proprietario anche di Trenitalia. L'Authority sta definendo i criteri per fissare i

pedaggi di accesso: si tratta di capire i veri costi che Rfi deve sopportare, quindi i prezzi che può chiedere

(per esempio, alla rivale Ntv di Italo). Sui trasporti locali sta fissando i criteri per gare trasparenti e sulle

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autostrade gli schemi per la possibile revisione delle convenzioni in corso .

ALESSANDRA PUATO

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Cambio epocale. In 5 mesi avviate 4 consultazioni, i regolamenti in arrivo a breve Trasporti Andrea

Camanzi Imagoeconomica

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L'intervento La (non) sovranità del debito pubblico italiano È come se fosse espresso in valuta straniera, Francoforte imiti subito la Fed di MARCELLO MINENNA Ancora una volta all'ultimo Econfin gli occhi erano puntati sul pesante fardello che il debito pubblico

rappresenta per l'economia italiana. Le soluzioni si muovono però sempre in chiave nazionale senza

considerare che l'architettura incompiuta dell'euro continua a fornire il suo contributo al problema.

Conversioni

Anche il Fondo monetario internazionale è intervenuto recentemente sul tema identificando una ricetta: se

non puoi ripagare i debiti ti diamo un po' di tempo in più. Il tema è interessante per due motivi: uno in quanto

condividiamo con la Grecia il primato di un debito ben al di sopra del Pil e due perché il Fondo monetario

riconosce con qualche anno di ritardo che ristrutturare il debito greco nel 2012 non è stata una grande idea.

Su quest'ultimo aspetto basta notare che, in meno di un anno, la Grecia è tornata ad avere un debito

paragonabile a quello preristrutturazione della Troika con però «qualche» problemino sul fronte

dell'occupazione e della tenuta sociale del Paese.

Sul tema del debito pubblico di solito la discussione si polarizza semplicisticamente su due temi: chi dice che

è troppo alto e che bisogna ad ogni costo abbatterlo e chi fa presente che in fondo il Giappone sta messo

assai peggio di noi e non si trova nella nostra situazione.

Ma c'è una terza chiave di lettura: in Italia il debito è un problema perché è sostanzialmente espresso in una

valuta estera. E quando uno Stato ha un debito in valuta estera che vale più di metà del suo Pil, prima o poi

va a finire male e deve fallire per abbatterlo. È successo in Argentina, in Russia, in Messico e da ultimo in

Grecia.

Queste conclusioni poggiano su due ragionamenti. La Bank of Japan può stampare quanta moneta vuole per

ricomprarsi o estinguere i titoli di Stato giapponesi e dissolvere questo debito. E direi che con oltre 2.000

miliardi di dollari di espansione monetaria negli ultimi tre anni, ha fatto sapere ai mercati che non ha problemi

a farlo. La Bce non lo può fare.

Ora, a parte le regole dei trattati europei da ridiscutere prima o poi, in termini più generali quando è che una

banca centrale non può (per dirla tecnicamente) monetizzare il debito pubblico del suo governo? Risposta:

quando questo debito è denominato in valuta estera e quindi qualsiasi espansione monetaria non lo riduce.

Anzi rischia di aumentarlo perché quanta più moneta nazionale c'è in circolazione, tanto più vale quella

estera e quindi a causa dell'apprezzato tasso di cambio il debito in valuta estera diviene più oneroso da

ripagare.

Scambi commerciali

Il secondo ragionamento è meno noto ma altrettanto semplice. Se il Giappone vende molti prodotti in

America, è in avanzo commerciale, questo significa che i cittadini americani dovranno comprare yen per

acquistare questi beni. A lungo andare l'eccesso di domanda di valuta giapponese implicherà un suo

apprezzamento rispetto al dollaro e quindi i prodotti made in Japan diverranno sempre più costosi per i

cittadini americani che alla fine opteranno per prodotti similari più economici e non giapponesi.

In base a questo meccanismo fisiologico di aggiustamento, l'avanzo commerciale giapponese si sgonfierà.

Tutto questo si ribalterà ovviamente sull'economia nipponica tramite movimenti del differenziale tra i tassi di

interesse giapponesi e quelli Usa che sono collegati attraverso il cambio yen/dollaro. L'operatività del sistema

bancario verrà influenzata, o sarà in grado di influenzare queste relazioni. in base alle decisioni di politica

fiscale e monetaria (leggi anche manovre sul debito pubblico) che saranno assunte.

Torniamo all'eurozona e proviamo ad applicare questi ragionamenti. È noto che la locomotiva tedesca è in

avanzo commerciale da quando è nato l'euro. Fondamentalmente, a parte l'ultimo anno, chi ha comprato i

prodotti tedeschi? In larga parte i Paesi europei in difficoltà. I cittadini italiani comprano beni tedeschi,

14/07/2014 5Pag. Corriere Economia - N.26 - 14 luglio 2014

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pertanto comprano euro; l'euro però è anche la valuta tedesca per cui è come se tra Italia e Germania ci

fosse un tasso di cambio fisso. C'è quindi poco da fare: i beni tedeschi non divengono relativamente più

costosi per gli italiani che continuano a comprare magari indebitandosi, forse pure troppo; come conseguenza

le banche italiane si trovano con crediti deteriorati.

L'unica leva di cui dispone lo Stato italiano per compensare gli squilibri, compresi quelli derivanti dalla crisi e

dallo spread, è il debito pubblico che pertanto cresce. Ora in termini più generali che differenza c'è tra un

debito pubblico espresso in valuta estera ed uno in una valuta nazionale ma ancorata ad un'altra valuta da un

tasso di cambio fisso? Nessuna. Qualcuno ricorderà che il fallimento dell'Argentina è stato alla fine ricondotto

al cambio fisso del pesos con il dollaro americano.

Flessibilità

In questi giorni sembra che la parola «flessibilità» possa prendere il posto della sgradita «austerità». È bene

che nei negoziati questi ragionamenti siano adeguatamente snocciolati. La politica monetaria deve intervenire

in maniera decisiva con acquisti di titoli di Stato a lungo termine in modo da allungare le scadenze, come dice

il Fondo monetario, ed in proporzione al Pil dei vari Stati Ue in modo da aiutarli in base alla loro dimensione

produttiva. La Germania sarebbe così il primo beneficiario e si sgonfierebbe parte delle osservazioni dei

«falchi»; ma ciò che più conta è che si disinnescherebbe l'ordigno a tempo rappresentato dal debito estero

«ombra» dell'eurozona.

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Foto: di MARCELLO MINENNA

14/07/2014 5Pag. Corriere Economia - N.26 - 14 luglio 2014

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 81

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Le regole e il ruolo dell'Autorità per la concorrenza Pitruzzella: «Basta balzelli o multe milionarie» Ora anche l'Ue vieta i sovrapprezzi sulle «credit card». Più poteri all'Antitrust A. PU L'utilizzo delle carte di credito? «Non può essere penalizzato - dice Giovanni Pitruzzella, presidente

dell'Antitrust -. Al contrario, va sostenuto e promosso». Perciò «è ora di eliminare le sovrattasse sull'uso delle

carte», a partire da quelle applicate online: per esempio, da alcuni siti di viaggi o catene di largo consumo,

che ancora fanno pagare di più gli acquisti a chi paga con il denaro di plastica con incrementi fino al 3%, ha

calcolato Altroconsumo.

Sono aumenti già illeciti in Italia da quattro anni, come vuole il decreto legislativo 11 del 2010. Ora il divieto

alla «sovrattassa» viene ribadito dalle nuove regole europee della direttiva Consumer Rights, quella sulla

tutela dei consumatori: che in Italia è stata recepita dal Codice del Consumo il 13 giugno scorso, «in anticipo

di qualche giorno sui termini», nota Pitruzzella.

La direttiva, per la quale è partita nei giorni scorsi una campagna televisiva, è stata presentata la scorsa

settimana in Italia all'Antitrust, alla conferenza internazionale «Cooperazione europea per l'applicazione della

legislazione sui consumatori», in occasione del semestre italiano di presidenza della Commissione Ue (gran

cerimoniere il direttore generale per la tutela del consumatore, Giovanni Calabrò). Dice, fra l'altro, che i

commercianti non potranno più addebitare ai consumatori i costi supplementari per i pagamenti con carta di

credito o altri mezzi di pagamento (salvo i costi effettivamente sostenuti per offrire tale opzione, dice però una

sibillina postilla).

In più assegna all'Autorità per la concorrenza - che prima poteva intervenire quando non c'era trasparenza - il

potere di sanzionare chi trasgredisce, ieri in capo alla Banca d'Italia. «La legge precedente, che vieta le

sovrattasse sulle carte di credito (e resta in vigore, ndr. ), non era rispettata - dice Anna Vizzari, capo ufficio

studi di Altroconsumo -. Banca d'Italia non ha mai preso una posizione netta, nonostante le nostre

segnalazioni. Ora ci aspettiamo che le cose cambino». «Si attribuisce all'Antitrust la tutela contro tutte le

pratiche commerciali scorrette - conferma Pitruzzella - . La nostra Authority potrà far rispettare le regole con

sanzioni fino a 5 milioni di euro». Il potere è esteso ai settori regolati, come le banche o l'energia, «ma nel

rispetto della regolamentazione del settore», sottolinea il Garante. Significa che l'Antitrust si sovrappone alle

regole di altre Authority, come Bankitalia o l'Autorità per l'energia? «No - risponde Pitruzzella -. Loro regolano,

l'Antitrust interviene se c'è un comportamento che, al di là del formale rispetto della regolazione, rivela gli

estremi di una pratica commerciale scorretta».

Fra le altre novità della Consumer Rights c'è l'allungamento del periodo di recesso sull'acquisto della merce

online - ci sono i 14 giorni per cambiare idea- e il divieto delle caselle preselezionate sul web - per esempio le

polizze assicurative aggregate all'acquisto dei viaggi online. «Si rafforza la tutela del consumatore nei

contratti a distanza, aumentando la trasparenza - dice Pitruzzella - . Questa direttiva attesta che l'Europa non

è solo quella del fiscal compact e del rigore finanziario, ma anche l'Europa dei diritti e del consumatore. Oggi

molte transazioni commerciali, soprattutto online, sono transfrontaliere. Occorre che il consumatore sia

tutelato anche sugli acquisti all'estero. Ma servirà più cooperazione fra le Authority dei diversi Paesi per una

maggiore protezione».

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Va sostenutoe vigilato l'uso del denaro di plastica. A partire dal webFoto: Antitrust Il presidente Giovanni Pitruzzella

14/07/2014 19Pag. Corriere Economia - N.26 - 14 luglio 2014

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Svolte Per ogni documento si risparmiano 25 euro. Pubblico più pronto del privato Fatturazione elettronica Una rivoluzione (a metà) La maggior parte delle imprese non ha digitalizzato l'intero processo pier emilio gadda La fatturazione elettronica è una piccola rivoluzione, ma ancora incompiuta. E non solo perché l'obbligo di

creazione, invio e conservazione del documento in formato digitale riguarda per adesso solo le aziende che

hanno rapporti con una fetta, sebbene cospicua, della pubblica amministrazione: ministeri, agenzie fiscali ed

enti nazionali di previdenza e assistenza sociale.

Incompiuta anche perché a cinque settimane dall'entrata in vigore della norma introdotta con la legge

Finanziaria 2008, la maggior parte delle imprese fornitrici della pubblica amministrazione ha scelto la via più

breve: «l'80 per cento ha adottato un approccio tattico, limitandosi a digitalizzare l'ultimo miglio, ovvero il solo

processo di fatturazione elettronica con firma digitale e conservazione del documento», racconta Claudio

Mauro della Divisione Public Sector di Sia, società specializzata nella gestione dei pagamenti elettronici. Solo

una minoranza, il 20% ha scelto un approccio strategico, dematerializzando l'intero processo, attraverso

l'integrazione della fattura digitale con i sistemi di emissione dell'ordine, pagamento e gestione della

contabilità. Quest'ultima soluzione, percorsa essenzialmente da grandi aziende, ben strutturate, richiede

inevitabilmente uno sforzo maggiore per integrare il sistema informatico aziendale con lo Sdi (Sistema di

Interscambio), la piattaforma informatica gestita da Sogei, braccio telematico dell'Agenzia delle Entrate, che

ha il compito di verifica della correttezza delle fatture, acquisizione e gestione dei flussi informativi con i

fornitori.

Vantaggi

Cosa ci guadagna l'azienda disposta ad investire nella digitalizzazione dell'intero processo? Risparmierà di

più sui costi. Secondo uno studio della School of Management del Politecnico di Milano presentato lo scorso

6 giugno, infatti, la sola fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione può permettere alle

imprese di risparmiare da 3 a 8,5 euro per ogni fattura, a seconda della dimensione dell'azienda. In caso di

completa digitalizzazione del ciclo (dall'emissione dell'ordine alla fattura, fino al pagamento) i risparmi sono

compresi tra i 25 e i 65 euro per singolo documento, grazie all'abbattimento di costi e tempi di stampa,

imbustamento, spedizione, archiviazione. A regime, i benefici economici sono stimati in 1 miliardi di euro per

il pubblico (17 euro a fattura) e 600 milioni per le imprese. «Le stime sono conservative», osserva Mauro. I

benefici ottenuti nei rapporti con la pubblica amministrazione potrebbero spingere infatti molte aziende a

estendere questo modello anche agli altri clienti e fornitori, moltiplicando gli effetti della norma.

Il primo ministro Matteo Renzi ha fatto della fatturazione elettronica una bandiera: sarà, ha spiegato, la via

maestra per garantire pagamenti certi e rapidi. É davvero così? «Dal punto di vista tecnico sì - rassicura

Mauro -. La fatturazione elettronica rende certa la data di emissione, consente un controllo diretto sulla spesa

pubblica e riduce i tempi d'incasso per le imprese».

Sviluppi

Senza dimenticare gli sviluppi futuri: il Sistema di interscambio governato da Sogei inizia a comunicare con

la piattaforma elettronica di certificazione dei crediti. E questo dovrebbe semplificare la vita alle Tesorerie di

moltissime aziende. Intanto, in questa fase iniziale, la pubblica amministrazione si è dimostrata pronta, fin dal

primo giorno, ad acquisire e gestire i documenti in formato digitale. Alcune difficoltà si sono osservate invece

sul lato aziende. «Si è verificato qualche problema di assestamento, comprensibile di fronte a una svolta che

definirei epocale - conclude Mauro -. Ma il sistema funziona. Serve semmai un cambiamento culturale,

necessario per valorizzare a pieno i benefici della fattura digitale».

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Foto: Pagamenti Massimo Arrighetti, alla guida di Sia

14/07/2014 29Pag. Corriere Economia - N.26 - 14 luglio 2014

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PAGAMENTI P.A. Punti di forza e criticità della garanzia per le imprese, gli istituti di credito e le p.a. Cessione crediti, sconti ristretti Operativa la garanzia dello stato. In dotazione 150 mln MATTEO BARBERO Diventa operativa la garanzia dello stato sui crediti vantati da imprese e professionisti verso le pubbliche

amministrazioni. Con la fi rma del ministro Pier Carlo Padoan, è stato approvato il decreto previsto dall'art. 37

del dl 66/2014. Tale disposizione prevede lo smobilizzo dei crediti attraverso la loro cessione pro soluto a una

banca (o ad altro intermediario fi nanziario). I crediti ceduti saranno garantiti dallo stato, il che consente di

contenere la misura dello sconto che potrà essere richiesto al cedente dal cessionario. Esso, infatti, non potrà

essere superiore a un massimale, che il dm varato la scorsa settimana fi ssa nella misura massima

dell'1,60% per importi inferiori ai 50 mila euro e dell'1,90% per importi più elevati. Si tratta di soglie piuttosto

basse, inferiori anche rispetto al 2% fi ssato dall'art. 11, comma 12-quinquies, del dl 76/2013 (ora abrogato

dallo stesso dl 66/2014). Inoltre, le percentuali sono defi nite in ragione d'anno, per cui se la durata è inferiore

a 12 mesi si riduce proporzionalmente anche il tasso di interesse. Come detto, i tassi sono calmierati dalla

garanzia statale, che opererà attraverso un fondo istituito allo scopo presso il ministero dell'economia e delle

fi nanze e gestito da Consap spa. La sua dotazione fi nanziaria iniziale è 150 milioni di euro, un importo che

consente di garantire cessioni di crediti per circa 1,9 miliardi di euro. All'occorrenza però, si potrà attingere a

una sorte di «riserva» dove ci sono altri 900 milioni. L'ammontare complessivo delle operazioni che possono

usufruire della garanzia, quindi, sale a oltre 13 miliardi. Basterà tutto ciò per far funzionare il meccanismo?

Proviamo ad analizzarne i punti di forza e le possibili criticità puntando l'attenzione su ciascuno dei tre

protagonisti della vicenda, ovvero imprese e professionisti, banche e p.a..

Cosa cambia Punti di forza Punti di debolezza Creditori delle p.a. (imprese e professionisti) Grazie alla

garanzia statale, le condizioni della cessione sono molto favorevoli. La misura non sostituisce, ma si affi anca

alle altre già previste o in via di defi nizione Cedere i crediti comporta comunque una perdita, anche se

contenuta. Chi non ha problemi di liquidità, quindi, potrebbe preferire conservarli in attesa del pagamento

integrale. Usufruiscono della garanzia statale solo i crediti di parte corrente, il che esclude buona parte dei

crediti relativi a lavori pubblici Banche Hanno la ragionevole certezza di essere pagate. In alternativa,

potranno comunque cedere i crediti alla Cdp, ovvero alle altre istituzioni fi nanziarie. Rispetto ai crediti

acquisiti, è prevista la possibilità di non accantonare risorse ai fi ni del capitale di vigilanza Il margine di utile

su cui possono contare è modesto e non tutti gli istituti potrebbero essere interessati. P.a. Non possono

opporsi alla cessione. Possono concordare con le banche operazioni di ridefi nizione dei termini e delle

condizioni di pagamento dei debiti ceduti, anch'esse assistite dalla garanzia dello stato Devono comunque

certifi carei crediti, ma le sanzioni previste in caso di ritardo non sembrano particolarmente effi caci.

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Per i fornitori una soluzione alternativa Per i creditori della p.a., la nuova procedura rappresenta una chance in più, che si affi anca, senza sostituirle,

alle altre forme di smobilizzo già previste. Chi non intende avvalersene potrà comunque cedere i propri crediti

(diffi cile, però, ottenere condizioni più favorevoli di quelle descritte) oppure utilizzarli in compensazione con i

propri (eventuali) debiti fi scali. In alternativa, è possibile conservarli, in attesa dei provvedimenti annunciati

dal governo. Nelle prossime settimane, infatti, dovrebbero vedere la luce nuove misure di sblocco, sia

attraverso la provvista di liquidità direttamente a favore degli enti debitori, sia attraverso nuove deroghe al

Patto di stabilità interno. È chiaro, infatti, che la cessione determina una perdita, anche se, come detto,

abbastanza contenuta nel caso si rientri nella garanzia statale. Quest'ultima, però, non riguarda tutti i

creditori, ma solo coloro che vantano nei confronti di una p.a. diversa dallo stato (sia essa regionale, locale o

appartenente al Ssn) crediti di parte corrente per somministrazioni, forniture e appalti e per prestazioni

professionali maturati entro il 31 dicembre 2013. Il riferimento alla parte corrente esclude buona parte dei

crediti relativi a lavori pubblici, che nei bilanci pubblici sono contabilizzati come spese in conto capitale. Nel

dubbio, comunque, è bene verifi care la natura del proprio credito. I crediti, inoltre, devono essere certifi cati

dall'ente debitore. Per chi non è già in possesso della certifi cazione, la norma prevede una specie di corsia

preferenziale con tempi contingentati. I creditori dovranno presentare istanza di certifi cazione

improrogabilmente entro il 24 agosto. Avvenuta la cessione, l'impresa o il professionista uscirà di scena: sarà

la banca (o l'intermediario) a riscuotere il credito (o, eventualmente, come vedremo, a cederlo alla Cdp o ad

altra istituzione fi nanziaria).

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FISCO Lo prevede il decreto dell'economia per imprese che spostano la residenza in un paese Ue Exit tax, società davanti al bivio Si può sospendere o rateizzare il pagamento dell'imposta VALERIO STROPPA La exit tax trova chiarezza. Le società italiane che trasferiscono la propria residenza in un paese dell'Unione

europea non saranno chiamate a versare subito l'imposta sulle plusvalenze «in uscita», ma si troveranno

davanti due opzioni: o sospendere il versamento, fino a un massimo di dieci anni, o rateizzarlo in sei quote

annuali (e non più in dieci). Nel primo caso l'Agenzia delle entrate potrebbe chiedere la prestazione di

apposite garanzie. Il prelievo non si applica se i beni aziendali confluiscono in una stabile organizzazione nel

territorio dello stato. È quanto ha previsto il decreto dell'economia 2 luglio 2014, pubblicato sulla Gazzetta

ufficiale n.156 dell'8 luglio (si veda ItaliaOggi del 9 luglio scorso), resosi necessario a seguito delle criticità

applicative sollevate dal precedente dm attuativo del 2 agosto 2013. Le novità. Pur lasciando in generale

invariato l'impianto normativo precedente, il nuovo provvedimento apporta due rilevanti modifiche sia per

quanto riguarda la sospensione sia per la rateizzazione. Sotto il primo profilo viene meglio chiarito il momento

in cui scatta il presupposto per la riscossione da parte dell'erario delle imposte «congelate». Nello specific o, il

dm precisa che per i beni ammortizzabili (materiali e immateriali) il realizzo si ha negli esercizi di maturazione

delle quote residue di ammortamento fiscale. Per le partecipazioni, invece, l'imponibilità si concretizza negli

esercizi di distribuzione degli utili o delle riserve di capitale. Per tutti gli altri asset, infine, il realizzo avviene

secondo le ordinarie disposizioni del Tuir (fermo restando il limite massimo di dieci anni dalla fine dell'ultimo

anno di residenza in Italia). Per quanto attiene alla rateazione, la modifica consiste nella riduzione da dieci a

sei anni del debito tributario. Base imponibile. La plusvalenza sulla quale determinare l'exit tax deve essere

quantificata in maniera unitaria, sulla base del valore normale dei componenti (positivi e negativi) dell'azienda

o del complesso aziendale trasferiti. Incluso il valore dell'avviamento e del valore delle funzioni e dei rischi

propri dell'impresa, ribadisce il dm. Si tratta cioè di individuare i valori analoghi a quelli che imprese

indipendenti avrebbero riconosciuto per il trasferimento degli asset. Identico meccanismo di applica in ipotesi

di trasferimento all'estero di una stabile organizzazione italiana. Il calcolo dell'imposta. Le imposte sui redditi

sulla plusvalenza devono essere determinate in via definitiva alla fine dell'ultimo periodo d'imposta di

residenza in Italia (o di esistenza in Italia della stabile organizzazione oggetto di trasferimento), senza tener

conto delle plus/minusvalenze realizzate successivamente. Sarà ininfluente, per esempio, il fatto che i beni

vengano poi ceduti a un valore superiore a quello «fotografato» al momento del cambio di sede. I valori

esclusi. La sospensione o la rateazione non possono in ogni caso riguardare alcune poste del bilancio,

esplicitamente individuate dai decreti attuativi. Si tratta in primis dei maggiori e minori valori dei beni-merce

(ex art. 85 del Tuir): questi, se non confluiti in una stabile organizzazione italiana, costituiscono quindi oggetto

di tassazione immediata. Stesso destino per i fondi in sospensione di imposta che non vengono ricostituiti nel

patrimonio contabile della stabile organizzazione. Così come gli altri componenti positivi e negativi che

concorrono a formare il reddito gestionale dell'ultimo periodo d'imposta di residenza in Italia. Le perdite. Il dm

correttivo, allineandosi a quanto già previsto dal dm 2 agosto 2013, conferma l'utilizzabilità delle perdite

maturate in esercizi precedenti. Queste andranno a compensare in prima battuta il reddito dell'ultimo periodo

d'imposta di residenza in Italia, comprensivo di quei componenti esclusi dal regime agevolato (di cui al

capoverso precedente). L'eccedenza, come pure l'eventuale perdita di tale ultima annualità, potrà essere

compensata con la plusvalenza di uscita. Qualora restassero ancora delle perdite inutilizzate, queste saranno

scomputabili dal reddito della stabile organizzazione mantenuta in Italia (se presente).

Un percorso a ostacoli 1995 L'introduzione Con il dl n. 41/1995 viene previsto che il trasferimento all'estero

della residenza dei soggetti che esercitano attività d'impresa in Italia comporta la realizzazione al valore

normale dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale che non siano con uiti in una stabile

organizzazione rimasta nel territorio dello stato 2004 L'esame Ue A seguito della sentenza della Corte di

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giustizia Ue n. C-9/02 dell'11 marzo 2004, la Commissione europea ha iniziato ad analizzare i vari regimi di

exit tax in vigore negli stati membri, al fi ne di valutarne la compatibilità con il diritto dell'Unione 2010 La

procedura di infrazione Viene avviata formalmente la procedura di infrazione contro l'Italia (prot. n.

2010/4141): secondo Bruxelles, l'articolo 166 del Tuir costituisce una restrizione non giustifi cata della libertà

comunitaria di stabilimento, in quanto prevede l'immediata tassazione di plusvalori non ancora realizzati

attraverso effettive operazioni di cessione 2012 La risposta del governo Per ovviare alle contestazioni

comunitarie, con il dl n. 1/2012 viene introdotto lo speciale regime di sospensione della riscossione dell'exit

tax per le operazioni di trasferimento della residenza in un altro stato Ue (più Norvegia e Islanda) 2013 Le

norme attuative Con l'emanazione del dm 2 agosto 2013 sono dettate, con oltre un anno di ritardo, le

disposizioni attuative dei regime di sospensione o rateizzazione dell'exit tax 2014 Il decreto correttivo A

seguito dei numerosi problemi applicativi sorti, il dm 2 luglio 2014 provvede a integrare la disciplina dell'exit

tax, riducendo il periodo di rateazione (da 10 a 6 anni) e meglio precisando l'identifi cazione del momento in

cui le plusvalenze si considerano realizzate per ciascuna categoria di beni

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FISCO Le novità fiscali del dl 91/2014 in merito agli Aiuti alla crescita economica Ace pari a un riporto a nuovo Eccedenza trasformata in credito d'imposta a fi ni Irap DI SANDRO CERATO L'eccedenza Ace rispetto al reddito imponibile Ires o Irpef può essere utilizzata come credito d'imposta ai fi ni

Irap in luogo del riporto a nuovo negli esercizi successivi. È questa la principale novità prevista dall'art. 19 del

dl n. 91/2014, a parziale modifi ca dell'impianto normativo previsto dall'art. 2 del dl n. 201/2011, che prevede

l'agevolazione per gli incrementi patrimoniali eseguiti dalle imprese in contabilità ordinaria, con regole

differenti tra soggetti Ires e Irpef. Più in particolare, si ricorda che per i soggetti Ires si stabilisce la deduzione

dal reddito complessivo del 3% (4% per il 2014, 4,50% per il 2015 e 4,75% per il 2016, ai sensi di quanto

previsto dalla legge di stabilità 2014) degli incrementi patrimoniali eseguiti rispetto al patrimonio netto

esistente al 31 dicembre 2010. Gli incrementi patrimoniali rilevanti sono i seguenti: - conferimenti in denaro a

incremento del patrimonio netto (ovvero derivanti da rinunce ai fi nanziamenti eseguiti dai soci), per i quali è

necessario eseguire il ragguaglio ai giorni nell'esercizio in cui è avvenuto il versamento; - accantonamenti di

utili a riserva, esclusi quelli destinati a riserve indisponibili (tra cui non rientra la parte di utile accantonata a

riserva legale), per i quali rileva l'intero importo a prescindere dalla data in cui avviene la destinazione. Ad

esempio, l'utile destinato a riserva dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio rileva per l'intero

importo nell'esercizio in cui è avvenuto l'accantonamento stesso. Tuttavia, l'agevolazione è calcolata sulla

variazione «netta», con la conseguenza che si deve tener conto anche di eventuali decrementi patrimoniali,

intendendosi per tali le distribuzioni di riserve di qualsiasi natura (di utili o di capitale), computandole per

l'intero importo a prescindere dalla data in cui avviene la relativa delibera. Relativamente al momento in cui gli

incrementi assumono rilevanza, è opportuno osservare che la circ. n. 12/E, richiamando l'art. 5 del dm 14

marzo 2012, conferma che si deve aver riguardo alla data in cui avviene l'effettivo versamento da parte dei

soci (a titolo di aumento del capitale sociale, ovvero a incremento del patrimonio netto a titolo di versamento

in conto capitale, in conto futuro aumento di capitale, a fondo perduto ecc.), escludendo in ogni caso quelli

derivanti da delibere assunte dall'assemblea fi no al 31 dicembre 2010. A differenti conclusioni si perviene

invece in relazione ai decrementi patrimoniali, per i quali l'Agenzia conferma quanto già contenuto nel decreto

14 marzo 2012, e più precisamente che gli stessi si devono considerare per intero a prescindere dalla data in

cui avviene la delibera di distribuzione, senza quindi alcuna necessità di operare alcun ragguaglio. Sul punto,

l'Agenzia delle entrate precisa che, poiché gli accantonamenti di utili, come detto, assumono rilievo sin

dall'inizio del periodo d'imposta in cui è stata assunta la delibera assembleare di accantonamento, «va da sé

che anche la distribuzione di riserve di utili assume rilievo, quale riduzione del capitale proprio, a partire

dall'inizio del periodo d'imposta in cui la stessa viene assunta». Tale interpretazione non appare del tutto

convincente, poiché sembra più logico assimilare le distribuzioni di riserve ai conferimenti in denaro, per i

quali, come visto in precedenza, ciò che conta non è la data della delibera con cui i soci assumono l'impegno

a eseguire il conferimento, bensì l'effettivo versamento delle somme di denaro da parte degli stessi. Inoltre, al

fine di evitare indebiti vantaggi consistenti nella duplicazione del benefi cio a fronte del medesimo

versamento, sono previsti particolari meccanismi tendenti a sterilizzare i conferimenti in denaro effettuati tra

società appartenenti allo stesso gruppo. Per i soggetti Irpef, invece, il meccanismo di calcolo è più semplice,

poiché si deve aver riguardo solamente all'entità del patrimonio netto contabile esistente alla fi ne di ciascun

esercizio, e sullo stesso applicare la percentuale di rendimento del 3% (o quella maggiore prevista dal 2014),

al netto di eventuali crediti per utili prelevati dai soci o dall'imprenditore individuale. Come anticipato, il dl

91/2014 introduce un'interessante novità, consentendo di fruire di un credito d'imposta ai fini Irap nel caso in

cui l'impresa abbia un importo agevolabile eccedente il reddito imponibile. La variazione in aumento Ace,

infatti, è dedotta dal reddito imponibile, dopo aver utilizzato eventuali predite pregresse, ma non può mai

eccedere tale reddito, nel qual caso l'eccedenza è riportabile negli esercizi successivi senza limiti temporali.

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La novità normativa consente ora, in via alternativa e facoltativa, di utilizzare la predetta eccedenza come

credito d'imposta ai fi ni Irap, sia pure utilizzabile in cinque anni a scomputo dell'imposta regionale dovuta. La

misura di tale credito d'imposta per i soggetti Ires è pari al 27,5% dell'eccedenza stessa, mentre i soggetti

Irpef devono applicare le aliquote corrispondenti agli scaglioni di reddito previste dall'art. 11 del Tuir. In altre

parole, tali soggetti calcolano il credito d'imposta nello stesso modo in cui si determina l'Irpef, distribuendo le

eccedenze Ace secondo gli scaglioni di reddito previsti ai fi ni del calcolo dell'imposta. In merito al momento

in cui è possibile la «conversione» dell'eccedenza Ace in credito d'imposta, le disposizioni prevedono che la

decorrenza coincide con il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 (2014, per i soggetti «solari»), ed

è quindi utilizzabile in Unico 2015.

Le novità Credito d'imposta Irap Super Ace per le società quotate Si prevede la facoltà (alternativa) di

trasformazione dell'eccedenza Ace in credito d'imposta Irap da utilizzare a scomputo dell'imposta in 5 anni

Nel periodo d'imposta in cui avviene la quotazione e per i due successivi si prevede una maggiorazione del

40% della variazione in aumento dell'Ace

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FISCO I chiarimenti più recenti della prassi in materia di detrazioni per lavori di ristrutturazione Bonus arredi a maglie larghe Dai box ai conviventi: prevale la linea pro-contribuenti NORBERTO VILLA Aperture positive per i contribuenti dalla circolare 11/E in tema di detrazione per le ristrutturazioni.

Dall'imperfezione della documentazione agli errori sui bonifi ci l'Agenzia si mostra di manica larga e concede

qualche spiraglio ai contribuenti. La prima indicazione è stata necessaria per superare alcune perplessità

sorte dal testo delle istruzioni contenute nel modello 730 di quest'anno. Nelle stesse si legge, infatti, che il

diritto alla detrazione spetta anche al familiare convivente del possessore o detentore dell'immobile purché lo

stesso abbia sostenuto le spese e le fatture e i bonifi ci siano a lui intestati. Ciò non è però in linea con quanto

già affermato dalla prassi nella circolare 20/E del 2011 al punto 2.1 in cui si è sostenuto che, nel caso in cui la

fattura e il bonifi co siano intestati a un solo comproprietario, mentre la spesa di ristrutturazione è sostenuta

da entrambi, la detrazione spetta anche al soggetto che non risulti indicato nei predetti documenti, a

condizione che nella fattura sia annotata la percentuale di spesa da quest'ultimo sostenuta. In sostanza nella

circolare 20/E si era dato prevalenza al pagamento delle spese rispetto all'intestazione dei documenti mentre

ora nelle istruzioni al modello 730 sembrava intervenire una marcia indietro (seppur per un caso non

identico). La circolare 11/E ha però fugato i dubbi ribadendo la tesi meno restrittiva. La stessa ha, infatti,

sostenuto che le istruzioni al modello 730/2014 dettano una regola per così dire generale (già sostenuta nella

circolare 121 del 1998) che però deve essere coordinata con le ulteriori prese di posizione che concedono di

dare il via libera alla possibilità che il familiare convivente seppur non intestatario dei documenti goda della

detrazione a patto che i versamenti siano anche a lui riferibili. In tema di ripartizione del bonus l'Agenzia

sottolinea anche che «l'annotazione sui documenti della percentuale di spesa sostenuta deve essere

effettuata fin dal primo anno di fruizione del benefi cio e che il comportamento dei contribuenti deve essere

coerente con detta annotazione. È esclusa la possibilità di modifi care, nei periodi d'imposta successivi, la

ripartizione della spesa sostenuta». Similare il caso di acquisto del box pertinenziale. Tale situazione è

compresa tra gli interventi ammessi a fruire della detrazione per i lavori di ristrutturazione edilizia. È

necessario però che sia costituito un vincolo pertinenziale derivando da ciò la necessità che la detrazione per

gli interventi in esame abbia come presupposto l'acquisto da parte del proprietario o del titolare di un diritto

reale sull'unità immobiliare che può costituire tale vincolo. Come conseguenza si ha che la detrazione

competa al soggetto, familiare convivente, che ha effettivamente sostenuto la spesa, attestando sulla fattura

che le spese per gli interventi agevolabili sono dallo stesso sostenute ed effettivamente rimaste a carico. Un

ulteriore chiarimento interviene in tema di lavori di ristrutturazione su parti comuni e immobile di proprietà del

coniuge incapiente. Il caso è quello delle spese sulle parti comuni certifi cate dall'amministratore del

condominio al proprietario che però non possiede reddito. Nel caso le rate condominiali sono state saldate

con l'emissione di assegni su un conto corrente cointestato ai due coniugi. Anche su questo punto la risposta

è stata positiva in quanto si è affermato che il contribuente-coniuge convivente del proprietario dell'immobile,

ha la possibilità di portare in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi le spese sostenute relative ai

lavori condominiali pagate con assegno bancario tratto sul conto corrente cointestato ai due coniugi. In tal

caso ai fi ni di provare quanto intervenuto occorre che il coniuge convivente indichi i propri estremi anagrafici

e l'attestazione dell'effettivo sostenimento delle spese sul documento rilasciato dall'amministratore del

condominio. La terza presa di posizione riguarda un caso molto frequente ovvero quello in cui si constata un

bonifico con causale errata: il bonifi co è regolarmente effettuato, la ritenuta del 4% è applicata solo che ad

esempio è indicato il riferimento normativo dell'agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifi ci in

luogo di quella previste per le ristrutturazioni edilizie. Anche qui giunge il via libera dell'Agenzia delle entrate

la quale individua nell'effettuazione della ritenuta il fatto decisivo per il riconoscimento del bonus. Partendo da

ciò la circolare afferma che nell'ipotesi in cui l'indicazione nella causale del bonifi co dei riferimenti normativi

14/07/2014 10Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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della detrazione per la riqualifi cazione energetica degli edifi ci in luogo di quella per gli interventi di recupero

del patrimonio edilizio sia dovuta a un mero errore materiale e non abbia pregiudicato l'applicazione della

ritenuta d'acconto del 4%, «si ritiene che la detrazione possa comunque essere riconosciuta, nel rispetto

degli altri presupposti previsti dalla norma agevolativa. Le medesime conclusioni possono applicarsi anche

nel caso opposto in cui, per un errore materiale, nella causale del bonifico siano stati indicati i riferimenti

normativi degli interventi di recupero del patrimonio edilizio in luogo di quelli della detrazione per la

riqualificazione energetica degli edifici, fermo restando il rispetto dei presupposti per la fruizione di

quest'ultima detrazione».

Le risposte in extremis sul bonus ristrutturazioni Caso Soluzione Familiare convivente Può godere del

bonus anche se i documenti di spesa non sono a lui intestati purché lo stesso abbia sostenuto le spese

Acquisto box pertinenziale La detrazione compete al soggetto, familiare convivente, che ha effettivamente

sostenuto la spesa Coniuge incapiente Rate condominiali saldate con l'emissione di assegni su un conto

corrente cointestato ai due coniugi. Il coniuge convivente del proprietario dell'immobile ha la possibilità di

portare in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi le spese sostenute relative ai lavori condominiali

pagate con assegno bancario tratto sul conto corrente cointestato ai due coniugi Errori nel bonifi co Non infi

cia la detrazione l'indicazione di un riferimento normativo errato Mancata nomina dell'amministratore di

condominio

14/07/2014 10Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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IMPRESA Gli effetti della soppressione dell'Avcp, in attesa del piano di riassetto di Cantone Appalti pubblici a rischio caos Possibili blocchi per i bandi-tipo o per la banca dati ANDREA MASCOLINI La soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha inciso sugli organi ma non ancora sui

compiti e sulle funzioni. Rimangono, infatti, separate le strutture dell'Avcp e dell'Autorità nazionale

anticorruzione (Anac). Fino al piano di completo riassetto che presenterà Raffaele Cantone entro sei mesi, il

rischio è che vi siano problemi di governance per molte attività gestite dalla struttura dell'Avcp, dal

precontenzioso, al sistema informatico Avcpass, alla qualifi cazione delle imprese, con possibili rallentamenti

delle attività stesse. È questo l'effetto che, salvo correttivi apportati nella fase di conversione del decreto-

legge 90/2014, potrebbe determinarsi sul settore degli appalti a seguito della soppressione dell'Avcp,

disposta appunto dal decreto-legge 90/2014. Il blocco potrebbe interessare l'emanazione di bandi-tipo e di

linee guida in diversi ambiti di attività, dai lavori ai servizi, così come la gestione della banca dati nazionale

dei contratti pubblici e il sistema di verifi ca dei requisiti (Avcpass), entrato in vigore dal 1° luglio, oltre

all'Anagrafe delle stazioni appaltanti di cui alla legge 89/2014. Ma problemi, nel medio termine, potrebbero

esserci anche a livello europeo se è vero le nuove direttive europee sugli appalti pubblici (23, 24 e 25/2014)

puntano con determinazione su strutture nazionali che, oltre ad avere il monitoraggio del mercato di

riferimento, siano anche in grado di gestire sistemi informatici complessi, funzionali alla messa a regime di un

trasparente «registro nazionale degli appalti». Le funzioni dell'Avcp. Moltissime le funzioni della soppressa

Autorità assorbite, in base al decreto 90/2014, dall'Anac e relative a tutti i contratti pubblici (anche forniture e

servizi), che nel 2012 valevano 95,3 miliardi di euro, per 125.700 contratti stipulati oltre i 40 mila euro. In

particolare, in base al codice dei contratti, l'Avcp si occupa, anche con poteri sanzionatori e ispettivi, di:

vigilare sui contratti pubblici, sull'osservanza della legislazione e sul sistema di qualifi cazione delle imprese di

costruzioni; ha poi il compito di gestire il cosiddetto «precontenzioso» attivabile su ogni singola gara, di

predisporre bandi-tipo obbligatori per le stazioni appaltanti, di presentare al governo e al parlamento una

relazione annuale, di gestire la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (dalla quale deriva anche il sistema

Avcpass di verifi ca dei requisiti dichiarati in gara dai concorrenti). La soppressione dell'Avcp e l'assorbimento

da parte dell'Anac. Con effetto dal 25 giugno è scattata la soppressione dell'Avcp e l'immediata decadenza

dei suoi organi, disposta con il decreto-legge 90/2014 di riforma della p.a. che assegna anche nuovi e incisivi

poteri all'Anac (si veda altro articolo in pagina). Il decreto prevede anche che siano trasferiti all'Autorità

presieduta da Raffaele Cantone «i compiti e le funzioni» dell'Avcp, una scelta che il ministro delle

infrastrutture Maurizio Lupi ha dovuto accettare nonostante avesse avanzato la proposta di scorporare alcuni

compiti dell'Avcp per portarli al suo dicastero (ma la partita, almeno sulla materia della qualifi cazione delle

imprese, potrebbe riaprirsi con il recepimento delle direttive europee). Il trasferimento dovrà avvenire in base

a un piano di completo passaggio delle funzioni e di riduzione del 20% delle spese e del personale che il

presidente Anac dovrà predisporre entro fi ne 2014 e presentare al presidente del consiglio, Matteo Renzi. La

«convivenza» delle due strutture. In una recente delibera (la n. 102/2014) Cantone ha stabilito che «le attività

dell'Anac connesse ai compiti e alle funzioni trasferiti a seguito della soppressione dell'Avcp, sono svolte in

modo separato rispetto alle attività in materia di anticorruzione e trasparenza»; stesso concetto per la fase

gestionale e amministrativa. In effetti, quindi, sembra che i due organismi operino come due branche della

stessa società, ancorché su qualche materia (trasparenza, attività ispettiva) vi siano sovrapposizioni fra

compiti dell'Avcp e dell'Anac. Tutto come prima, quindi, almeno così sembrerebbe. I rischi per imprese e per

le stazioni appaltanti. L'impressione generale è che la soppressione dell'Avcp abbia avuto più il senso

dell'eliminazione dei suoi organi che non dell'organismo e che manchi ancora una chiara defi nizione delle

competenze decisorie. In questa fase transitoria, in attesa del piano di Cantone, il rischio di impasse e di

blocco delle attività potrebbe derivare dalla mancanza di indicazioni espresse sull'assunzione dei

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provvedimenti relativi a delicate funzioni della soppressa Avcp (precontenzioso, vigilanza sulle Soa,

regolazione) usualmente oggetto di provvedimenti del Consiglio (soppresso). Le diffi coltà per le imprese e

per le stazioni appaltanti, che, per esempio, richiedono pareri all'Avcp non mancherebbero. Potrebbe essere

utile chiarire che transitoriamente tutte le decisioni siano oggetto di delibera da parte del Consiglio Anac

ancorché attinenti a funzioni non relative alla materia dell'«anticorruzione».

Le nuove funzioni dell'Anac di Cantone Vengono assorbiti tutti i compiti • dell'Avcp (ma ci vorrà un piano di

completo riassetto che Cantone presenterà a Metteo Renzi entro dicembre) fra cui: vigilanza, ispezione,

regolazione, banche dati, precontenzioso «Commissariamento tempora• neo», limitatamente al

completamento del contratto d'appalto, per le imprese coinvolte in indagini per reati contro la p.a., con

commissari nominati dal Prefetto su proposta Anac, con potere di sostituzione degli organi societari e

gestione del contratto fi no al completamento Controlli sulle varianti in corso • d'opera Unità operativa per

l'Alta sorve• glianza e il controllo delle procedure di Expo 2015

14/07/2014 15Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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Rifi uti speciali, l'Antitrust chiede più concorrenza Più spazio alla libera iniziativa economica nella gestione dei rifi uti speciali e maggior raggio d'azione ai

«sistemi autonomi» nella fi liera dei rifi uti d'imballaggio. A chiederlo è l'Autorità garante della concorrenza e

del mercato con una segnalazione indirizzata a governo e parlamento. Il Garante punta il dito sull'attuale

sistema di assimilazione dei rifi uti «speciali» agli «urbani», sistema che ricondurrebbe di fatto la gestione dei

primi sotto il regime di «gestione in esclusiva» dei secondi sottraendo spazio al libero gioco del mercato. Al fi

ne di arginare tale fenomeno occorre, per l'Authority, dare attuazione all'articolo 195, comma 2, lettera e) del

dlgs 152/2006, a mente del quale il Ministero dell'ambiente deve determinare a livello nazionale i criteri

qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione dei rifi uti speciali agli urbani. E questo, sottolinea il Garante,

provvedendo parallelamente all'abrogazione della disposizione prevista dall'articolo 1, comma 649, della

legge 147/2013 (c.d. «Stabilità 2014») che attribuisce (invece) ampia discrezionalità ai comuni proprio

nell'individuare i rifi uti cui si applica il divieto di assimilazione. Gestione imballaggi. A rappresentare punti

critici sul piano concorrenziale sono per il Garante le disposizioni del «Codice ambientale» che disincentivano

la costituzione di sistemi alternativi a quelli consortili nel campo del recupero e riciclo dei rifi uti costituiti da

imballaggi. Ad avviso dell'Authority per garantire ai «sistemi autonomi» pari condizioni di accesso a tali attività

occorre intervenire sull'attuale formulazione dell'articolo 221 del «Codice ambientale», e ciò in tre direzioni:

escludendo per detti sistemi l'obbligo di dover assicurare la copertura nazionale della propria attività per poter

operare; affi dando la procedura autorizzativa degli stessi sistemi a soggetti caratterizzati da terzietà (come

l'Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale); prevedendo che gli obiettivi minimi di

riciclo possano da tali strutture autonome essere soddisfatti anche attraverso la gestione di rifi uti generati da

produttori diversi da quelli loro aderenti.

14/07/2014 20Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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CONTABILITÀ Gli effetti delle regole contabili operative dopo l'approvazione defi nitiva dell'Oic 15 Cancellazione crediti, conta il trasferimento dei rischi FRANCO CORNAGGIA Tutto pronto per le nuove regole contabili da adottare nel caso di cancellazione dei crediti dal bilancio. È

intervenuta l'approvazione defi nitiva dell'Oic 15 e quindi i comportamenti non potranno che adattarsi alle

nuove interpretazioni. Il tutto considerando che ormai il comportamento tenuto in sede di redazione del

bilancio è rilevante anche ai fi ni fi scali. L'ultima conferma di tale situazione la si è avuta con la circolare

dell'Agenzia delle entrate n. 14/E del giugno scorso. Come poteva già intuirsi dalla lettura dei documenti

emanati dall'organismo italiano di contabilità per le consultazioni, il cambio di rotta rispetto al passato

contenuto nel documento di prassi è netto. La scelta è stata quella di allontanarsi dalla abituale rilevanza del

dato formale per avvicinarsi a quello sostanziale e con ciò avvicinandosi anche alle regole previste dai

principi contabili internazionali. La cancellazione del credito dal bilancio interviene, infatti, non tanto quando la

titolarità dello stesso viene a mutare ma quando sono realmente trasferiti i rischi dello stesso. Nei documenti

si legge infatti questa affermazione: «Gli elementi cardine per stabilire se un credito debba o meno essere

cancellato dal bilancio sono l'esistenza del diritto a ricevere ussi fi nanziari e, nel caso di trasferimento di tale

diritto, l'esposizione ai rischi inerenti il credito stesso. Quando il credito si estingue o viene ceduto in

un'operazione di cessione che trasferisce al cessionario sostanzialmente tutti i rischi inerenti lo strumento fi

nanziario ceduto, il credito è cancellato dal bilancio». È evidente pertanto che rispetto al trasferimento della

titolarità la linea guida diviene il trasferimento del rischio nella convinzione che in tal modo si possa offrire al

lettore del bilancio una rappresentazione maggiormente effi cace del rischio inerente ai portafogli dei crediti

ceduti: il terzo è infatti solitamente più interessato a sapere i rischi che potrebbero impattare sul conto

economico del cedente piuttosto che conoscere la mera titolarità giuridica del diritto di credito. Anche sul

punto le indicazioni dell'Oic 15 sono chiare: il mantenimento in bilancio del credito ceduto fornisce una misura

immediata del valore dell'attivo esposto al rischio di controparte e agli altri rischi inerenti al credito e consente

di individuare in modo diretto la natura (commerciale,fi nanziaria, ...) del credito ceduto verso il quale si

continua a rimanere esposti. Come si è detto il cambio di rotta non è di poco conto considerando che nel

passato era consentito un duplice comportamento nel caso di operazioni che non trasferivano

sostanzialmente tutti i rischi: era possibile cancellare il credito ma anche mantenerlo in bilancio. Oltre alle

differenti conseguenze in termini di chiarezza della situazione della società è da notare che la vecchia

impostazione consentiva la possibilità di un duplice comportamento rendendo non comparabili i risultati di

bilancio. Nel principio contabile quando si individuano le motivazioni che hanno portato a tale scelte si fa

cenno anche delle regole fi scali. Si sostiene, infatti, che l'avere dettato un comportamento univoco ha il

pregio di permettere un'applicazione unica e uniforme delle regole fi scali in materia di deducibilità delle

perdite che emergono in caso di cessione del credito ottenendosi: • coerenza sistemica dell'ordinamento

contabile-fi scale; • semplicità nell'applicazione delle regole di determinazione dell'imponibile. Sulla base di

queste affermazioni di principio il documento individua la possibilità di cancellare il credito quando: • i diritti

contrattuali sui ussi fi nanziari derivanti dal credito si estinguono; oppure • la titolarità dei diritti contrattuali sui

flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti

il credito. Il documento passa poi a individuare una serie di situazioni ed indici che possono aiutare a

individuare se i rischi sono o meno trasferiti. Ecco alcuni riferimenti utili per la valutazione del trasferimento

dei rischi: • verifi ca dell'esistenza di garanzie fornite; • verifi ca degli obblighi contrattuali con particolare

riguardo all'eventuale obbligo di riacquisto al verifi carsi di certi eventi; • verifi ca di commissioni e penali

dovute per il mancato pagamento; • verifi ca delle eventuali franchigie da corrispondere ai soggetti che hanno

garantito l'incasso del credito. Di certo la valutazione del redattore non dovendosi fermare al solo dato

«formale» comporta diffi coltà maggiori. Non è sufficiente verificare il passaggio della titolarità giuridica del

diritto di credito (che rimane il punto di partenza) ma a ciò deve seguire un'analisi delle pattuizioni contrattuali

14/07/2014 21Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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per verificare se anche il dato sostanziale è coerente con quello formale. Il tutto tenendo anche presente che

le clausole contrattuali sul punto sono sempre più diversifi cate si può ipotizzare che tale linea comporterà

situazioni di dubbio e diffi coltà che sono però giustifi cate dall'obiettivo che questa nuova impostazione si

prefi gge.

Contratti e cancellazione dei crediti L'appendice al principio contabile Oic 15 evidenzia alcune situazioni

tipiche individuando il corretto comportamento contabile da adottare mandato all'incasso (ricevute • bancarie,

cambiali girate all'incasso); pegno di crediti; • cessione a scopo di garanzia; • operazioni di sconto, cessioni

pro• solvendo e cessioni pro-soluto e cartolarizzazioni che non trasferiscono sostanzialmente tutti i rischi

inerenti il credito Il credito deve essere cancellato Il credito non deve essere cancellato forfaiting; • datio in

solutum; • conferimento del credito; • vendita del credito, compreso fac• toring con cessione pro-soluto con

trasferimento sostanziale di tutti i rischi del credito; cartolarizzazione con trasferimen• to sostanziale di tutti i

rischi del credito

14/07/2014 21Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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CONTABILITÀ Regole decisive anche a fini fiscali Regole contabili decisive anche ai fi ni fi scali. Ormai da qualche tempo si assiste in generale a un

avvicinamento delle regole fi scali a quelle contabili. O meglio il principio di derivazione dettato dal Tuir è

maggiormente preso in considerazione così che in assenza di regole specifiche fiscali i comportamenti

contabili sono ritenuti rilevanti anche ai fi ni tributari. Inoltre in tema di perdite su crediti questo avvicinamento

è stato dettato dallo stesso legislatore che intervenendo sull'art. 101 del Tuir ha riconosciuto la certezza e

precisione della perdita nel caso in cui il credito è cancellato dal bilancio in base a corretti principi contabili.

Tale regole è stata prima prevista solo per gli Ias adopter e poi estesa a tutti i soggetti. Ecco che allora le

indicazioni contenute nel nuovo Oic 15 divengono ancora più importanti: solo in base al principio contabile è

possibile calcolare correttamente l'imponibile. La regola richiamata sopra è stata apportata dall'articolo 1,

comma 160, lettera b), della legge di stabilità 2014 che ha riformulato l'ultimo periodo del comma 5

dell'articolo 101 del Tuir stabilendo che «Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione

dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili». La modifi ca è stata giustificata con il

fatto con la necessità di «garantire parità di trattamento nei confronti di tutte le tipologie di imprese, a

prescindere dagli standard contabili che adottano». La stessa è stata commentata dalla circolare 14/E del 4

giugno scorso che non ha potuto far altro che ribadire, con riguardo alle perdite su crediti, la rilevanza del

corretto comportamento contabile al fi ne di verifi care quello fi scale. Tale avvicinamento è anche espresso in

modo esplicito dalla circolare 14/E. Riferendosi all'ipotesi di cessione pro soluto di crediti non ancora scaduti il

principio contabile prevede la contabilizzazione dell'intera differenza tra corrispettivo e valore di iscrizione del

credito quale perdita su crediti da iscrivere nella voce B.14 del conto economico e ciò porta l'agenzia delle

entrate a sostenere che «coerentemente all'ottica di semplifi cazione e di avvicinamento del dato fi scale alle

risultanze del bilancio, che ispira la disciplina in esame introdotta dalla legge di stabilità 2014, tale eventuale

qualifi cazione, basata sulla lettera del contratto, assuma rilevanza anche ai fi ni fi scali, con la conseguenza

che solo l'eventuale componente fi nanziaria esplicitata in bilancio sconterà le limitazioni previste dall'articolo

96 del testo unico». Le nuove regole ai sensi del comma 161 dell'articolo 1 della legge n. 147/2013 hanno

trovato la prima applicazione nel periodo dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 e quindi: i

soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare hanno potuto dedurre le perdite sui crediti cancellati dal

bilancio in applicazione dei principi contabili a partire dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2013; • sempre per

tali soggetti però non hanno avuto automatica rilevanza fi scale le perdite rilevate a seguito di cancellazioni

dal bilancio poste in essere in periodi d'imposta precedenti, per la deducibilità delle quali è necessario

valutare la ricorrenza degli elementi certi e precisi a norma del comma 5 dell'articolo 101 del Tuir. Le nuove

regole dell'art. 101 che riconoscono la certezza e precisione quando il credito è cancellato dal bilancio

secondo corretti principi contabili devono necessariamente essere interpretate secondo le indicazioni delle

indicazioni dell'Oic. Considerato che: • il nuovo testo dell'art. 101 è in vigore dai bilanci 2013; ai tempi della

sua introduzione esistevano due principi relativi ai crediti. La nuova versione del Principio contabile OIC 15 «I

crediti» che ha modifi cato le indicazioni precedenti in tema di cancellazione dei crediti e che «trova

applicazione solo in via opzionale per i bilanci chiusi al 31 dicembre 2013» (questa l'affermazione contenuta

nella circ. 14/E) ne risultava che quanto contenuto nel nuovo Oic 15 trovava applicazione dal periodo di

imposta in corso al 31 dicembre 2013 solo se il contribuente avesse per sua scelta deciso l'applicazione del

nuovo standard. Al contrario se la scelta fosse stata diversa si sarebbe giunti anche a conclusioni differenti in

ambito fi scale considerando la (corretta) tesi contenuta nella circolare 14/e che ha ribadito sulla questione in

esame la valenza diretta in ambito fiscale dei principi contabili. Rispetto del principio di competenza

necessario per la deducibilità. La circolare 26 ha in modo esplicito sostenuto che il comportamento

dell'impresa deve essere coerente con corretti principi contabili diventando anche questo una condizione che

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se non verificata potrebbe rendere la perdita non di competenza e come tale (in quel periodo) non deducibile.

Il riferimento alla competenza è anche contenuto in diversi passaggi della più recente circolare 14/E. Le

conseguenze non sono di poco conto e possono essere sintetizzate. Si ipotizzi un credito avente le condizioni

di cui all'articolo 101 nell'anno X e non imputato a conto economico in tale periodo. L'imputazione a conto

economico avviene però nell'anno X + 1 anno in cui il credito è anche dedotto dal contribuente. Seguendo

alla lettera il contenuto della circolare parrebbe che l'imputazione a conto economico nell'anno X +1, se non

coerente con corretti principi contabili, non risulterebbe suffi ciente a giustifi care la deduzione: in tale periodo

d'imposta la posta potrebbe essere considerata non di competenza. Medesimo situazione si verifi ca se

l'imputazione a conto economico interviene nell'anno X con deduzione nello stesso. A fronte di un incasso del

credito nell'anno successivo si correrebbe il rischio di vedersi ripresa la deduzione in base al seguente

ragionamento: l'incasso del credito poco dopo la sua svalutazione è di per se la dimostrazione che la sua

imputazione a conto economico non era la conseguenza dell'applicazione di corretti principi contabili. È

evidente come ciò possa comportare delle difficoltà, anche perché l'indagine deve essere fatta avendo

riguardo a comportamenti contabili valutativi e che pertanto prevedono la rilevanza di una discrezionalità

(tecnica) del redattore dei conti.

L'esempio dell'Oic: crediti pro solvendo Il caso: la società ha iscritto in bilancio al 31.12.X al valore di

presumibile realizzo 1. un credito di 90 Il valore nominale del credito è pari a 100 2. il credito scade il

31/12/X+1 e non è produttivo di interessi 3. il credito viene ceduto pro-solvendo l'1/1/X+1 al valore di 81,8. Il

prezzo 4. di cessione rappresenta il valore attuale del credito ceduto e non ri ette presunte perdite derivanti

da un peggioramento del valore di presumibile realizzo del credito il contratto di cessione prevede che - ove il

credito venisse incassato per 5. un valore superiore a quello di cessione - il cessionario non è tenuto a

rifondere la differenza La contabilizzazione: il credito ceduto non viene cancellato dal bilancio e rimane iscritto

a 90 1. a fronte della liquidità ottenuta dal cessionario (81,8) si iscrive un debito 2. di pari importo la differenza

tra valore di cessione e valore di iscrizione in bilancio al mo3. mento della cessione (90 - 81,8 = 8,2) è rilevata

come interesse passivo nel corso dell'esercizio X+1 Al 31/12/X+1 (data di scadenza del credito) la società

procede a cancellare 4. il credito dal bilancio in contropartita al debito rilevato al momento della cessione,

incrementato degli interessi passivi maturati nel corso dell'esercizio Se il credito viene incassato dal

cessionario a un valore pari o superiore a 5. 90 (valore di presunto realizzo iscritto nel bilancio della società

cedente) non vengono rilevate componenti economiche ulteriori rispetto agli oneri fi nanziari (pari a 8,2) Se il

credito è incassato per un importo inferiore, la società cedente rileva 6. un'ulteriore perdita, pari all'importo

che è tenuta a rifondere al cessionario in virtù del mancato buon fi ne della cessione

14/07/2014 22Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 98

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Aiuti di Stato, le nuove regole Gli incentivi alle imprese fino al 2020/1 ROBERTO LENZI Al via il nuovo regolamento 651/2014: le imprese che vogliono avere dei contributi a fondo perduto che

possono andare dal 10 al 80% devono attenersi ai contenuti di questo strumento. Il regolamento si applica

alle agevolazioni che sono rivolte per investimenti materiali e immateriali, ai costi relativi ai posti di lavoro

creati dagli investimenti per assunzione di personale, a incentivi per la ricerca, ambiente, formazione. Il

regolamento, con alcuni distinguo, si applica sia a grandi imprese sia pmi. Per le prime non sono ammessi gli

investimenti in beni usati. Gli aiuti di stato possono essere cumulati tra di loro o con quelli de minimis, a patto

che il massimale raggiunto sia compatibile con gli aiuti che la Ue ritiene, che non alterino la concorrenza. Il

regolamento Ue N. 651/2014 del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il

mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato è entrato in vigore dal 1° di luglio ed è

stato pubblicato nella Gazzetta Uffi ciale della Ue del 26 giugno 2014. Tutte le agevolazioni concesse dai

fondi strutturali e di investimento nonché tutte le agevolazioni gestite dalle regioni e dallo stato per il periodo

20142020 dovranno tenere conto di questo regolamento. Il regolamento specifi ca che l'investimento deve

essere mantenuto nella zona benefi ciaria per almeno cinque anni, se chi lo effettua è una grande impresa o

per almeno tre anni nel caso delle Pmi. Comunque è ammessa la sostituzione di impianti o attrezzature

obsoleti o guasti entro tale periodo, a condizione che l'attività economica venga mantenuta nella regione

interessata per il pertinente periodo minimo. I beni possono essere acquisiti anche con il sistema della

locazione fi nanziaria. In questo caso devono essere rispettate delle specifi che condizioni. Se l'intervento è

relativo ad acquisizione di impianti o i macchinari, il contratto di locazione deve essere stipulato sotto forma di

leasing fi nanziario e prevedere l'obbligo per il benefi ciario degli aiuti di acquisire l'attivo alla sua scadenza.

Se invece è relativo ad acquisizione di terreni e di immobili, la locazione deve proseguire per almeno cinque

anni dopo la data di completamento del progetto di investimento, tempo che si riduce a 3 anni nel caso delle

Pmi. Cumulo con altre agevolazioni Nel dettaglio il regolamento norma diversi tipi di aiuti, di seguito vengono

riportate le sintesi e le caratteristiche principali degli stessi. Si evidenzia che, la carta degli aiuti, non ancora

pubblicata, o altri regolamenti specifi ci, potranno modifi care le percentuali di agevolazione previste in questo

regolamento. Benefi ciari del contributo Pmi a meno che non rientrino nelle misure relativa : a) ai regimi di

aiuti che non escludono esplicitamente il pagamento di aiuti individuali a favore di un'impresa destinataria di

un ordine di recupero pendente per effetto di una precedente decisione della Commissione che dichiara un

aiuto illegale e incompatibile con il mercato interno,a eccezione dei regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni

arrecati da determinate calamità naturali; b) agli aiuti ad hoc a favore delle imprese; c) agli aiuti alle imprese

in diffi coltà, a eccezione dei regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da determinate calamità

naturali. Oppure nei seguenti settori che sono esclusi: gli aiuti concessi nel settore della pesca e

dell'acquacoltura, disciplinati dal regolamento (Ue) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,

dell'11 dicembre 2013, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pescae

dell'acquacoltura, recante modifi ca ai regolamenti (CE) n. 1184/2006 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e

che abroga il regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio, degli aiuti a ricerca, sviluppo e innovazione a

favore delle Pmi e degli aiuti a favore dei lavoratori svantaggiati e dei lavoratori con disabilità; gli aiuti

concessi nel settore della trasformazio• ne e commercializzazione di prodotti agricoli, nei casi seguenti:

quando l'importo dell'aiuto è fi ssato in base al • prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori

primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate; quando l'aiuto è subordinato al fatto di venire •

parzialmente o interamente trasferito a produttori primari; gli aiuti per agevolare la chiusura di miniere di •

carbone non competitive, di cui alla decisione 2010/787/Ue del Consiglio; Spese Ammissibili Gli aiuti agli

investimenti I costi ammissibili devono corrispondere a uno dei seguenti costi o sono la sommatoria degli

stessi: a) i costi degli investimenti materiali e immateriali; b) i costi salariali stimati relativi ai posti di lavoro

14/07/2014 1Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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direttamente creati dal progetto di investimento, calcolati su un periodo di due anni. Per essere considerati

costi ammissibili, gli investimenti devono consistere: a) in un investimento in attivi materiali e/o immateriali per

installare un nuovo stabilimento, per ampliare uno stabilimento esistente, per diversifi care la produzione di

uno stabilimento mediante prodotti nuovi aggiuntivi o per trasformare radicalmente il processo produttivo

complessivo di uno stabilimento esistente; o b) nell'acquisizione di attivi di uno stabilimento, questi sono

ammissibili se sono soddisfatte le seguenti condizioni: - lo stabilimento è stato chiuso o sarebbe stato chiuso

se non fosse stato acquistato, - gli attivi vengono acquistati da terzi che non hanno relazioni con l'acquirente,

- l'operazione avviene a condizioni di mercato. Eccezione in caso di piccola impresa Se un membro della

famiglia del proprietario originario, o un dipendente, rileva una piccola impresa, non si applica la condizione

che prevede che gli attivi vengano acquistati da terzi che non hanno relazioni con l'acquirente. La semplice

acquisizione di quote di un'impresa non è considerata un investimento. Gli attivi immateriali e materiali

devono soddisfare tutte le seguenti condizioni: a) utilizzati esclusivamente nello stabilimento benefi ciario

degli aiuti; b) considerati ammortizzabili; c) acquistati a condizioni di mercato da terzi che non hanno relazioni

con l'acquirente; d) fi gurare nell'attivo di bilancio dell'impresa per almeno tre anni. I posti di lavoro

direttamente creati da un progetto d'investimento devono soddisfare le seguenti condizioni: a) creati entro tre

anni dal completamento dell'investimento; b) produrre un aumento netto del numero di dipendenti dello

stabilimento interessato rispetto alla media dei dodici mesi precedenti; c) mantenuti per un periodo minimo di

tre anni a partire dalla data in cui sono stati occupati per la prima volta. Gli aiuti alle Pmi per la partecipazione

alle fi ereI costi ammissibili corrispondono ai costi sostenuti per la locazione, l'installazione e la gestione dello

stand in occasione della partecipazione di un'impresa a una determinata fi era o mostra. Gli aiuti per i costi di

cooperazione sostenuti dalle Pmi che partecipano ai progetti di cooperazione territoriale europea Sono

ammissibili i seguenti costi: a) costi della cooperazione tra le varie organizzazioni, comprese le spese di

personale e le spese relative agli uffi ci nella misura in cui sono connesse al progetto di cooperazione; b)

costi dei servizi di consulenza e di sostegno in materia di cooperazione e prestati da fornitori di servizi e

consulenti esterni; c) spese di viaggio, costi dell'attrezzatura e spese per investimenti direttamente collegati al

progetto, ammortamento degli strumentie dell'attrezzatura direttamente utilizzati per il progetto. I servizi di alla

lettera b), non devono essere continuativi o periodici ed esulano dai costi di esercizio ordinari dell'impresa

connessi ad attività regolari quali la consulenza fi scale, la consulenza legale o la pubblicità. Condizioni e

misure del Contributo Gli aiuti agli investimenti Gli aiuti alle Pmi per servizi di consulenza L'intensità di aiuto

non supererà il 50 % dei costi ammissibili. I costi ammissibili devono corrispondere ai costi dei servizi di

consulenza prestati da consulenti esterni. I servizi in questione non devono continuativi o periodici ed esulare

dai costi di esercizio ordinari dell'impresa connessi ad attività regolari quali la consulenza fi scale, la

consulenza legale o la pubblicità. Gli aiuti alle Pmi per la partecipazione alle fi ere L'intensità di aiuto non

deve superare il 50 % dei costi ammissibili. Gli aiuti per i costi di cooperazione sostenuti dalle Pmi che

partecipano ai progetti di cooperazione territoriale europea L'intensità di aiuto non supera il 50 % dei costi

ammissibili. AIUTI PER L'ACCESSO DELLE PMI AI FINANZIAMENTI Benefi ciari del contributo Gli aiuti al fi

nanziamento del rischio Sono ammissibili le imprese che al momento dell'investimento iniziale per il fi

nanziamento del rischio sono classifi cabili come Pmi non quotate e devono soddisfare almeno una delle

seguenti condizioni: a) non hanno operato in alcun mercato; b) operano in un mercato qualsiasi da meno di

sette anni dalla loro prima vendita commerciale; c) necessitano di un investimento iniziale per il fi

nanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o

l'ingresso su un nuovo mercato geografi co,è superiore al 50 % del loro fatturato medio annuo negli ultimi

cinque anni. Gli aiuti al fi nanziamento del rischio possono inoltre coprire investimenti ulteriori nelle imprese

ammissibili, anche dopo il periodo di sette anni di, se sono soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: a)

non è superato l'importo totale del fi nanziamento del rischio 15 milioni di EUR; b) la possibilità di investimenti

ulteriori era prevista nel piano aziendale iniziale; c) l'impresa oggetto di investimenti ulteriori non è diventata

collegata,di un'altra impresa diversa dall'intermediario finanziario o dall'investitore privato indipendente che fi

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nanzia il rischio a titolo della misura, a meno che la nuova impresa risultante soddisfi le condizioni della defi

nizione di Pmi. Gli aiuti alle imprese in fase di avviamento Le imprese ammissibili sono le piccole imprese non

quotate fi no a cinque anni dalla loro iscrizione al registro delle imprese che non hanno ancora distribuito utili

e che non sono state costituite a seguito di fusione. Per le imprese ammissibili non soggette all'obbligo di

iscrizione al registro delle imprese, il periodo di ammissibilità di cinque anni può essere considerato a partire

dal momento in cui l'impresa avvia la sua attività economica o è soggetta a imposta per tale attività.

Condizioni e misure del Contributo Gli aiuti al fi nanziamento del rischio A livello degli intermediari fi nanziari,

gli aiuti al finanziamento del rischio a favore di investitori privati indipendenti possono assumere una delle

seguenti forme: a) investimenti in equity o quasi-equity o dotazione finanziaria per investire, direttamente o

indirettamente, nel fi nanziamento del rischio a favore di imprese ammissibili; b) prestiti per investire,

direttamente o indirettamente, nel fi nanziamento del rischio a favore di imprese ammissibili; c) garanzie per

coprire le perdite derivanti da investimenti, diretti o indiretti, per il fi nanziamento del rischio a favore di

imprese ammissibili. A livello degli investitori privati indipendenti, gli aiuti al fi nanziamento del rischio

possono assumere una delle forme di cui al paragrafo precedente o la forma di incentivi fi scali agli investitori

privati che sono persone fi siche che fi nanziano, direttamente o indirettamente, i rischi delle imprese

ammissibili. A livello delle imprese ammissibili, gli aiuti al finanziamento del rischio possono assumere la

forma di investimenti in equity e in quasi-equity, prestiti, garanzie o una combinazione di queste forme. Per le

misure per il fi nanziamento del rischio che prevedono investimenti in equity e in quasi-equity o prestiti a

favore delle imprese ammissibili, la misura per il fi nanziamento del rischio mobilita fi nanziamenti aggiuntivi

da parte di investitori privati indipendenti a livello degli intermediari fi nanziari o delle imprese ammissibili, in

modo da conseguire un tasso aggregato di partecipazione privata pari almeno alle seguenti soglie: a) il 10 %

del fi nanziamento del rischio concesso alle imprese ammissibili che non hanno ancora effettuato la prima

vendita commerciale sul mercato; b) il 40 % del fi nanziamento del rischio concesso alle imprese ammissibili

che operano in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale; c) il 60 %

del fi nanziamento del rischio per investimenti concesso alle imprese ammissibili che necessitano di un

investimento iniziale per il fi nanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il

lancio di un nuovo prodotto o l'ingresso su un nuovo mercato geografi co,è superiore al 50 % del loro

fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni, e per investi menti ulteriori in imprese ammissibili dopo il

periodo di sette anni. Una misura per il fi nanziamento del rischio deve soddisfare le seguenti condizioni: a) è

attuata tramite uno o più intermediari fi nanziari, a eccezione degli incentivi fi scali a favore degli investitori

privati per gli investimenti diretti in imprese ammissibili; b) gli intermediari fi nanziari, gli investitori o i gestori

del fondo sono selezionati tramite una gara aperta, trasparente e non discriminatoria, conforme alla

pertinente normativa nazionale e dell'Unione, che miri a stabilire adeguati meccanismi di ripartizione dei rischi

e dei benefi ci i quali, per gli investimenti diversi dalle garanzie, privilegino la ripartizione asimmetrica degli

utili rispetto alla protezione dai rischi; c) in caso di ripartizione asimmetrica delle perdite tra investitori pubblici

e privati, la prima perdita sostenuta dall'investitore pubblico è limitata al 25 % dell'importo totale

dell'investimento; d) nel caso di garanzie, il tasso di garanzia è limitato all'80 % e le perdite totali coperte da

uno Stato membro sono limitate a un 25 % massimo del relativo portafoglio garantito. Solo le garanzie che

coprono le perdite previste del relativo portafoglio garantito possono essere concesse a titolo gratuito. Se la

garanzia copre anche le perdite impreviste, l'intermediario fi nanziario paga, per la parte della garanzia che

copre le perdite impreviste, un premio conforme al mercato. Gli aiuti alle imprese in fase di avviamento Gli

aiuti all'avviamento sono erogati sotto forma di: a) prestiti con tassi di interesse non conformi alle condizioni di

mercato, con una durata di dieci anni e un importo nominale massimo di 1 milione di EUR, o di 1,5 milioni di

EUR per le imprese stabilite nelle zone assistite che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 107,

paragrafo 3, lettera c), del trattato, o di 2 milioni di EUR per le imprese stabilite nelle zone assistite che

devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del trattato. Per i prestiti di

durata compresa fra cinque e dieci anni, gli importi massimi possono essere adeguati moltiplicando i

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 101

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precedenti importi per il rapporto tra dieci anni e la durata effettiva del prestito. Per i prestiti di durata inferiore

a cinque anni, l'importo massimo è lo stesso dei prestiti di durata quinquennale; b) garanzie con premi non

conformi alle condizioni di mercato, con una durata di dieci anni e un importo massimo garantito di 1,5 milioni

di EUR, o di 2,25 milioni di EUR per le imprese stabilite nelle zone assistite che devono soddisfare le

condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato,o di 3 milioni di EUR per le imprese

stabilite nelle zone assistite che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a),

del trattato. Per le garanzie di durata compresa fra cinque e dieci anni, gli importi massimi garantiti possono

essere adeguati moltiplicando i precedenti importi per il rapporto tra dieci anni e la durata effettiva della

garanzia. Per le garanzie di durata inferiore a cinque anni, l'importo massimo garantito è lo stesso delle

garanzie di durata quinquennale. La garanzia non supera l'80 % del relativo prestito; c) sovvenzioni, compresi

investimenti in equity o quasi-equity, riduzione dei tassi di interesse e dei premi di garanzia fi no a un

massimo di 0,4 milioni di EUR in equivalente sovvenzione lordo, o di 0,6 milioni di EUR per le imprese

stabilite nelle zone assistite che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera c),

del trattato, o di 0,8 milioni di EUR per le imprese stabilite nelle zone assistite che devono soddisfare le

condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del trattato Gli importi massimi possono essere

raddoppiati per le piccole imprese innovative. Gli aiuti alle piattaforme alternative di negoziazione

specializzate nelle Pmi Se il gestore della piattaforma è una piccole impresa, la misura di aiuto può assumere

la forma di aiuto all'avviamento per il gestore della piattaforma, nel qual caso si applicano le condizioni per gli

aiuti alle imprese in fase di avviamento. Per investitori privati indipendenti che sono persone fi siche la misura

di aiuto può assumere la forma di incentivi fi scali rispetto agli investimenti per il fi nanziamento del rischio

realizzati attraverso una piattaforma alternativa di negoziazione nelle imprese ammissibili alle condizioni per

gli aiuti al fi nanziamento del rischio. Gli aiuti ai costi di esplorazione L'intensità di aiuto non deve superare il

50 % dei costi ammissibili. AIUTI A FINALITÀ REGIONALE Benefi ciari del contributo Gli aiuti possono

essere concessi a Pmi per qualsiasi forma di investimento iniziale. Per le grandi imprese possono essere

concessi solo per un investimento iniziale a favore di una nuova attività economica nella zona interessata. La

presente misura non si applica: a) agli aiuti a favore di attività nei settori siderurgico, del carbone, della

costruzione navale, delle fi bre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, nonché della produzione

e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche; b) agli aiuti a fi nalità regionale sotto forma di

regimi destinati a un numero limitato di settori specifi ci di attività economica. Il regolamento specifi ca che i

regimi che riguardano le attività turistiche, le infrastrutture a banda larga o la trasformazione e la

commercializzazione dei prodotti agricoli non sono considerati destinati a settori specifi ci di attività

economica; c) agli aiuti a fi nalità regionale sotto forma di regimi che compensano i costi di trasporto delle

merci prodotte nelle regioni ultraperiferiche o nelle zone scarsamente popolate, concessi a favore: di attività

di produzione, trasformazione e com• mercializzazione dei prodotti elencati nell'allegato I del trattato; di

attività classifi cate nel regolamento (CE) n. • 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20

dicembre 2006, che definisce la classifi cazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e

modifi ca il regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti (CE) relativi a settori

statistici specifi ci di cui nelle diverse sezioni della classifi cazione statistica delle attività economiche NACE

Rev. 2, quali agricoltura, silvicoltura e pesca (sezione A), estrazione e scavo di minerali (sezione B) e

fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (sezione D); del trasporto di merci mediante

condutture; •) agli aiuti individuali a fi nalità regionale agli investimenti a favore di un benefi ciario che, nei due

anni precedenti la domanda di aiuti a fi nalità regionale agli investimenti, abbia chiuso la stessa o un'analoga

attività nello spazio economico europeo o che, al momento della domanda di aiuti, abbia concretamente in

programma di cessare l'attività entro due anni dal completamento dell'investimento iniziale oggetto dell'aiuto

nella zona interessata; e) agli aiuti a finalità regionale al funzionamento concessi alle imprese le cui attività

principali fi gurano tra quelle defi nite alla sezione K, «Attività fi nanziarie e assicurative», della NACE Rev. 2,

o alle imprese che esercitano attività intragruppo e le cui attività principali rientrano nelle classi 70.10,

14/07/2014 1Pag. ItaliaOggi Sette - N.165 - 14 luglio 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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«Attività di sedi centrali», o 70.22, «Altre attività di consulenza amministrativo-gestionale», della NACE Rev.

2. Spese Ammissibili Per le misure di aiuto a fi nalità regionale agli investimenti sono ammissibili i seguenti

costi: a) i costi per gli investimenti materiali e immateriali; b) i costi salariali stimati relativi ai posti di lavoro

creati per effetto di un investimento iniziale, calcolati su un periodo di due anni; c) una combinazione dei costi

di cui alle lettere a) e b), purché l'importo cumulato non superi l'importo più elevato fra i due. Per quanto

riguarda gli aiuti concessi per un cambiamento fondamentale del processo di produzione, i costi ammissibili

devono superare l'ammortamento degli attivi relativi all'attività da modernizzare durante i tre esercizi fi

nanziari precedenti. Per gli aiuti concessi a favore della diversifi cazione di uno stabilimento esistente, i costi

ammissibili devono superare almeno del 200 % il valore contabile degli attivi che vengono riutilizzati,

registrato nell'esercizio fi nanziario precedente l'avvio dei lavori. Gli attivi immateriali sono ammissibili per il

calcolo dei costi di investimento se devono soddisfare le seguenti condizioni: a) sono utilizzati esclusivamente

nello stabilimento benefi ciario degli aiuti; b) sono ammortizzabili; c) sono acquistati a condizioni di mercato

da terzi che non hanno relazioni con l'acquirente; d)fi gurano all'attivo dell'impresa benefi ciaria dell'aiuto e

restano associati al progetto per cui è concesso l'aiuto per almeno cinque anni o tre anni nel caso di Pmi. I

regimi di aiuti a fi nalità regionale al funzionamento compensano: i costi aggiuntivi del trasporto di merci

prodotte • nelle zone ammissibili agli aiuti al funzionamento e i costi aggiuntivi del trasporto di merci

ulteriormente trasformate in queste zone alle condizioni seguenti: i benefi ciari svolgono le loro attività di

produzio• ne in tali zone; gli aiuti sono oggettivamente quantifi cabili ex • ante sulla base di una somma fi ssa

o del rapporto tonnellate/chilometri o di qualsiasi altra unità pertinente; questi costi aggiuntivi di trasporto

sono calcolati • sulla base del viaggio delle merci all'interno dei confi ni nazionali dello Stato membro

interessato utilizzando il mezzo di trasporto che comporti il minor costo possibile per il benefi ciario; solo per

le regioni ultraperiferiche, i costi aggiuntivi di trasporto di merci ulteriormente trasformate in queste zone

possono comprendere i costi di trasporto delle merci da qualsiasi luogo di produzione verso tali zone;

Condizioni e misure del Contributo Gli aiuti a fi nalità regionale per lo sviluppo delle reti a banda larga devono

soddisfare le seguenti condizioni: a) gli aiuti sono concessi solo nelle zone in cui non esistono reti della

stessa categoria (reti di base a banda larga o NGA), né è probabile che siano sviluppate a condizioni

commerciali nei tre anni successivi alla decisione di concessione dell'aiuto; b) l'operatore della rete

sovvenzionata deve offrire un accesso attivo e passivo all'ingrosso, a condizioni eque e non discriminatorie,

compresa la disaggregazione fi sica in caso di reti NGA; c) gli aiuti sono assegnati in base a una procedura di

selezione competitiva Gli aiuti a fi nalità regionale a favore delle infrastrutture di ricerca sono concessi solo se

sono subordinati all'offerta di un accesso trasparente e non discriminatorio all'infrastruttura sovvenzionata. Gli

aiuti a fi nalità regionale al funzionamento I sovraccosti di esercizio diversi dai costi di trasporto, sostenuti

nelle regioni ultraperiferiche come conseguenza diretta di uno o più degli svantaggi permanenti di cui

all'articolo 349 del trattato sono ammissibili alle seguenti condizioni: i benefi ciari svolgono le loro attività di

produzione in una regione ultraperiferica; l'importo di aiuto annuale per benefi ciario nel quadro di tutti i regimi

di aiuto al funzionamento non supera: - il 15 % del valore aggiunto lordo generato annualmente dal

beneficiario nella regione ultraperiferica interessata; - il 25 % del costo annuo del lavoro sostenuto dal benefi

ciario nella regione ultraperiferica interessata; - il 10 % del fatturato annuo realizzato dal benefi cia rio nella

regione ultraperiferica interessata. L'intensità di aiuto non supera il 100 % dei costi aggiuntivi ammissibili. Gli

aiuti a fi nalità regionale per lo sviluppo urbano I progetti di sviluppo urbano devono soddisfare i seguenti

criteri: a) attuazione mediante fondi per lo sviluppo urbano in zone assistite; b) cofi nanziati dai fondi

strutturali e d'investimento dell'Ue; c) sostengono l'attuazione di una strategia integrata per lo sviluppo urbano

sostenibile. L'investimento totale in un progetto di sviluppo urbano nel quadro di misure di aiuto per lo

sviluppo urbano non deve superare i 20 milioni di EUR. Gli aiuti concessi da un fondo per lo sviluppo urbano

a progetti di sviluppo urbano ammissibili possono assumere la forma di investimenti in equity e in quasi-

equity, prestiti, garanzie o una combinazione di queste forme. Gli aiuti per lo sviluppo urbano devono

mobilitare investimenti aggiuntivi da parte di investitori privati a livello dei fondi per lo sviluppo urbano o per

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progetti di sviluppo urbano, in modo da raggiungere, in totale, almeno il 30 % del fi nanziamento complessivo

erogato a un progetto di sviluppo urbano. Per l'attuazione di un progetto di sviluppo urbano gli investitori

pubblici e privati possono fornire contributi in denaro o in natura o una combinazione di entrambi. I contributi

in natura sono considerati al valore di mercato, certifi cato da un esperto qualifi cato e indipendente o da un

organismo debitamente autorizzato. Le misure per lo sviluppo urbano devono soddisfare le seguenti

condizioni: a) i gestori del fondo per lo sviluppo urbano devono essere selezionati tramite una gara aperta,

trasparente e non discriminatoria, conforme alla pertinente normativa nazionale e dell'Unione. In particolare i

gestori del fondo per lo sviluppo urbano non devono essere discriminati sulla base del luogo di stabilimento o

di costituzione in un determinato Stato membro. I gestori del fondo per lo sviluppo urbano possono essere

tenuti a rispettare criteri predefi niti obiettivamente giustifi cati dalla natura degli investimenti; b) gli investitori

privati indipendenti sono selezionati tramite una gara aperta, trasparente e non discriminatoria, conforme alla

pertinente normativa nazionale e dell'Unione, che devono mirare a stabilire adeguati meccanismi di

ripartizione dei rischi e dei benefi ci. Gli investimenti diversi dalle garanzie, devono privilegiare la ripartizione

asimmetrica degli utili rispetto alla protezione dai rischi. Se gli investitori privati non sono selezionati in tal

modo, il congruo tasso di rendimento fi nanziario che viene loro offerto è stabilito da un esperto indipendente

selezionato mediante una gara aperta, trasparente e non discriminatoria; c) in caso di ripartizione

asimmetrica delle perdite tra investitori pubblici e privati, la prima perdita sostenuta dall'investitore pubblico è

limitata al 25 % dell'importo totale dell'investimento; d) in caso di garanzie a favore degli investitori privati in

progetti di sviluppo urbano, il tasso di garanzia è limitato all'80% e le perdite totali coperte da uno Stato

membro sono limitate al 25 % del relativo portafoglio garantito. AIUTI ALLA FORMAZIONE Benefi ciari del

contributo Tutte le imprese Spese Ammissibili Sono ammissibili i seguenti costi: a) le spese di personale

relative ai formatori per le ore di partecipazione alla formazione; b) i costi di esercizio relativi a formatori e

partecipanti alla formazione direttamente connessi al progetto di formazione, quali le spese di viaggio, i

materiali e le forniture con attinenza diretta al progetto, l'ammortamento degli strumenti e delle attrezzature

per la quota da riferire al loro uso esclusivo per il progetto di formazione. Sono escluse le spese di alloggio, a

eccezione delle spese di alloggio minime necessarie per i partecipanti che sono lavoratori con disabilità; c) i

costi dei servizi di consulenza connessi al progetto di formazione; d) le spese di personale relative ai

partecipanti alla formazione e le spese generali indirette (spese amministrative, locazione, spese generali)

per le ore durante le quali i partecipanti hanno seguito la formazione. Condizioni e misure del Contributo

L'intensità di aiuto non supera il 50 % dei costi ammissibili. Può tuttavia essere aumentata fi no a un'intensità

massima del 70% dei costi ammissibili come segue: a) di 10 punti percentuali se la formazione è destinata a

lavoratori con disabilità o a lavoratori svantaggiati; b) di 10 punti percentuali per gli aiuti concessi alle medie

impresee di 20 punti percentuali per gli aiuti concessi alle piccole imprese. Se l'aiuto è concesso nel settore

dei trasporti marittimi, l'intensità può essere aumentata fi no al 100 % dei costi ammissibili, purché siano

soddisfatte le seguenti condizioni: a) i partecipanti alla formazione non sono membri attivi dell'equipaggio, ma

sono soprannumerari; b) la formazione viene impartita a bordo di navi immatricolate nei registri dell'Unione.

AIUTI PER LA TUTELA DELL'AMBIENTE Benefi ciari del contributo Tutte le imprese Spese Ammissibili Aiuti

agli investimenti che consentono alle imprese di andare oltre le norme dell'Unione in materia di tutela

ambientale o di innalzare il livello di tutela ambientale in assenza di tali norme I costi ammissibili devono

corrispondere ai costi di investimento supplementari necessari per andare oltre le norme dell'Unione o per

innalzare il livello di tutela dell'ambiente in assenza di tali norme. Tali costi sono determinati come segue: a)

se il costo dell'investimento per la tutela dell'ambiente è individuabile come investimento distinto all'interno del

costo complessivo dell'investimento, il costo ammissibile corrisponde al costo connesso alla tutela

dell'ambiente; b) in tutti gli altri casi, il costo dell'investimento per la tutela ambientale è individuato in

riferimento a un investimento analogo meno rispettoso dell'ambiente che verosimilmente sarebbe stato

realizzato senza l'aiuto. La differenza tra i costi di entrambi gli investimenti corrisponde al costo connesso alla

tutela dell'ambiente e costituisce il costo ammissibile. Non sono ammissibili i costi non direttamente connessi

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 104

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al conseguimento di un livello più elevato di tutela dell'ambiente. Aiuti agli investimenti per l'adeguamento

anticipato a future norme dell'Unione I costi ammissibili corrispondono ai costi degli investimenti

supplementari necessari per andare oltre le norme vigenti dell'Unione. Tali costi sono determinati come

segue: a) se il costo dell'investimento per la tutela dell'ambiente è individuabile come investimento distinto

all'interno del costo complessivo dell'investimento, il costo ammissibile corrisponde al costo connesso alla

tutela dell'ambiente; b) in tutti gli altri casi, il costo dell'investimento per la tutela ambientale è individuato in

riferimento a un investimento analogo meno rispettoso dell'ambiente che verosimilmente sarebbe stato

realizzato senza l'aiuto. La differenza tra i costi di entrambi gli investimenti corrisponde al costo connesso alla

tutela dell'ambiente e costituisce il costo ammissibile. Non sono ammissibili i costi non direttamente connessi

al conseguimento di un livello più elevato di tutela dell'ambiente. Aiuti agli investimenti a favore di misure di

effi cienza energetica I costi ammissibili corrispondono ai costi degli investimenti supplementari necessari per

conseguire il livello più elevato di effi cienza energetica. Tali costi sono determinati come segue: a) se il costo

dell'investimento per l'effi cienza energetica è individuabile come investimento distinto all'interno del costo

complessivo dell'investimento, il costo ammissibile corrisponde al costo connesso all'effi cienza energetica; b)

in tutti gli altri casi, il costo dell'investimento per l'effi cienza energetica è individuato in riferimento a un

investimento analogo che consente una minore effi cienza energetica che verosimilmente sarebbe stato

realizzato senza l'aiuto. La differenza tra i costi di entrambi gli investimenti corrisponde al costo connesso alla

maggiore effi cienza energetica e costituisce il costo ammissibile. Non sono ammissibili i costi non

direttamente connessi al conseguimento di un livello più elevato di effi cienza energetica. l'effi cienza

energetica degli immobili I costi ammissibili corrispondono ai costi complessivi del progetto di effi cienza

energetica Aiuti agli investimenti a favore della cogenerazione ad alto rendimento I costi ammissibili

corrispondono ai costi supplementari di investimento relativi all'attrezzatura necessaria per consentire

all'impianto di funzionare come unità di cogenerazione ad alto rendimento, rispetto agli impianti convenzionali

di energia elettrica o riscaldamento della stessa capacità, o ai costi supplementari di investimento per

consentire all'impianto di cogenerazione che già raggiunge la soglia di alto rendimento di migliorare il proprio

livello di effi cienza. Aiuti agli investimenti a favore di progetti per A iuti agli investimenti volti a promuovere la

produzione di energia da fonti rinnovabili I costi ammissibili sono i costi degli investimenti supplementari

necessari per promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tali costi sono determinati come

segue: a) se il costo dell'investimento per la produzione di energia da fonti rinnovabili è individuabile come

investimento distinto all'interno del costo complessivo dell'investimento, ad esempio come una componente

aggiuntiva facilmente riconoscibile di un impianto preesistente, il costo ammissibile corrisponde al costo

connesso all'energia rinnovabile; b) se il costo dell'investimento per la produzione di energia da fonti

rinnovabili è individuabile in riferimento a un investimento analogo meno rispettoso dell'ambiente che

verosimilmente sarebbe stato realizzato senza l'aiuto, questa differenza tra i costi di entrambi gli investimenti

corrisponde al costo connesso all'energia rinnovabile e costituisce il costo ammissibile; c) nel caso di alcuni

impianti su scala ridotta per i quali non è individuabile un investimento meno rispettoso dell'ambiente in

quanto non esistono impianti di dimensioni analoghe, i costi di investimento totali per conseguire un livello più

elevato di tutela dell'ambiente costituiscono i costi ammissibili. Non sono ammissibili i costi non direttamente

connessi al conseguimento di un livello più elevato di tutela dell'ambiente. Aiuti agli investimenti per il

risanamento di siti contaminati I costi ammissibili corrispondono ai costi sostenuti per i lavori di risanamento,

meno l'aumento di valore del terreno. Nel caso del risanamento di siti contaminati, si considerano investimenti

ammissibili tutte le spese sostenute dall'impresa per il risanamento del sito,a prescindere dal fatto che, sotto il

profi lo contabile, le si possa iscrivere o meno all'attivo del bilancio. Aiuti agli investimenti per

teleriscaldamento e teleraf freddamento effi cienti sotto il profi lo energetico I costi ammissibili per l'impianto di

produzione corrispondono ai costi supplementari sostenuti per la costruzione, l'ampliamento e

l'ammodernamento di una o più unità di produzione di energia per realizzare un sistema di teleriscaldamento

e teleraffreddamento efficiente sotto il profi lo energetico rispetto a un impianto di produzione tradizionale.

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 105

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L'investimentoè parte integrante del sistema di teleriscaldamento e teleraffreddamento effi ciente sotto il profi

lo energetico. I costi ammissibili per la rete di distribuzione sono i costi di investimento. Aiuti agli investimenti

per il riciclaggio e il riutilizzo dei rifi uti I costi ammissibili corrispondono ai costi d'investimento supplementari

necessari per realizzare un investimento che conduca ad attività di riciclaggio o riutilizzo rispetto a un

processo tradizionale di attività di riutilizzo e di riciclaggio di analoga capacità che verrebbe realizzato in

assenza di aiuti. Aiuti agli investimenti per le infrastrutture energetiche I costi ammissibili sono i costi di

investimento. Aiuti per gli studi ambientali I costi ammissibili corrispondono ai costi degli studi, compresi gli

audit energetici, direttamente connessi agli investimenti di cui alla presente sezione, sono compatibili con il

mercato interno ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato. Condizioni e misure del Contributo Aiuti

agli investimenti che consentono alle imprese di andare oltre le norme dell'Unione in materia di tutela

ambientale o di innalzare il livello di tutela ambientale in assenza di tali norme Gli investimenti devono

soddisfare una delle seguenti condizioni: a) consentono al benefi ciario di innalzare il livello di tutela

dell'ambiente risultante dalle sue attività andando oltre le norme applicabili dell'Unione, indipendentemente

dall'esistenza di norme nazionali obbligatorie più rigorose rispetto a quelle dell'Unione; b) consentono al

benefi ciario di innalzare il livello di tutela dell'ambiente risultante dalle sue attività in assenza di norme

dell'Unione europea. Non sono concessi aiuti agli investimenti effettuati per permettere alle imprese di

adeguarsi a norme dell'Unione già adottate ma non ancora in vigore. Possono essere concessi aiuti per: a)

l'acquisto di nuovi veicoli per il trasporto stradale, ferroviario, marittimo e per vie navigabili interne che

rispettano le norme dell'Unione adottate, a condizione che i veicoli siano stati acquistati prima della data di

entrata in vigore di queste norme e che esse, una volta diventate obbligatorie, non si applichino ai veicoli già

acquistati prima di tale data; b) interventi di adattamento di veicoli già circolanti per il trasporto stradale,

ferroviario, marittimo e per vie navigabili interne, a condizione che le norme dell'Unione non fossero già in

vigore alla data di entrata in funzione dei veicoli e che esse, una volta divenute obbligatorie, non si applichino

retroattivamente ai veicoli in questione. L'intensità di aiuto non supera il 40 % dei costi ammissibili. L'intensità

di aiuto può essere aumentata di 10 punti percentuali per gli aiuti concessi alle medie imprese e di 20 punti

percentuali per gli aiuti concessi alle piccole imprese. L'intensità di aiuto può essere aumentata di 15 punti

percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo

107, paragrafo 3, lettera a), del trattato e di 5 punti percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che

devono soddisfare le condizioni dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato. Aiuti agli investimenti per

l'adeguamento anticipato a future norme dell'Unione L'intensità di aiuto non supera: a) il 20 % dei costi

ammissibili per le piccole imprese, il 15 % dei costi ammissibili per le medie imprese e il 10 % dei costi

ammissibili per le grandi imprese se l'investimento è effettuato e ultimato più di tre anni prima della data di

entrata in vigore della nuova norma dell'Unione; b) il 15 % dei costi ammissibili per le piccole imprese, il 10%

dei costi ammissibili per le medie impresee il5% dei costi ammissibili per le grandi imprese se l'investimentoè

effettuatoe ultimato fra unoe tre anni prima della data di entrata in vigore della nuova norma dell'Unione.

L'intensità di aiuto può essere aumentata di 15 punti percentuali per investimenti effettuati in zone assistite

che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del trattato e di 5 punti

percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che devono soddisfare le condizioni dell'articolo 107,

paragrafo 3, lettera c), del trattato. Aiuti agli investimenti a favore di misure di efficienza energetica Sono

concessi aiuti per miglioramenti che le imprese attuano per conformarsi a norme dell'Unione già adottate,

anche se non ancora in vigore. L'intensità di aiuto non supera il 30 % dei costi ammissibili. L'intensità di aiuto

può essere aumentata di 20 punti percentuali per gli aiuti concessi alle piccole imprese e di 10 punti

percentuali per gli aiuti concessi alle medie imprese. L'intensità di aiuto può essere aumentata di 15 punti

percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo

107, paragrafo 3, lettera a), del trattato e di 5 punti percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che

devono soddisfare le condizioni dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato. Aiuti agli investimenti a

favore di progetti per l'effi cienza energetica degli immobili Sono ammissibili agli aiuti i progetti per l'effi cienza

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 106

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energetica riguardanti gli immobili. Gli aiuti possono essere concessi sotto forma di una dotazione, di equity,

di una garanziao di un prestitoa favore di un fondo per l'effi cienza energetica o di un altro intermediariofi

nanziario, che li trasferiscono integralmente ai proprietari degli immobili o ai locatari. Gli aiuti concessi dal

fondo per l'effi cienza energetica o da un altro intermediario fi nanziario a favore di progetti ammissibili per

l'effi cienza energetica possono assumere la forma di prestiti o di garanzie. Il valore nominale del prestito o

l'importo garantito non superano 10 milioni di EUR per progettoa livello dei benefi ciarifi nali. La garanzia non

supera l'80 % del relativo prestito. Il rimborso da parte dei proprietari degli immobili al fondo per l'effi cienza

energetica o a un altro intermediario fi nanziario non è inferiore al valore nominale del prestito. Gli aiuti per

l'effi cienza energetica mobilitano investimenti aggiuntivi da parte di investitori privati in modo da raggiungere

almeno il 30 % del fi nanziamento totale erogato a un progetto per l'effi cienza energetica. Se l'aiuto è fornito

da un fondo per l'effi cienza energetica, gli investimenti privati possono essere mobilitati a livello del fondo per

l'effi cienza energetica e/o a livello dei progetti per l'effi cienza energetica, in modo da raggiungere, in totale,

almeno il 30 % del fi nanziamento complessivo erogato a un progetto per l'effi cienza energetica. Aiuti agli

investimenti a favore della cogenerazione ad alto rendimento Gli aiuti agli investimenti sono concessi

solamentea capacità installate o ammodernate di recente. La nuova unità di cogenerazione permette di

ottenere un risparmio complessivo di energia primaria rispetto alla produzione separata di calore e di energia

elettrica come previsto dalla direttiva 2012/27/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre

2012, sull'effi cienza energetica, che modifi ca le direttive 2009/125/CE e 2010/30/Ue e abroga le direttive

2004/8/CE e 2006/32/ CE. Il miglioramento di un'unità di cogenerazione esistente o la conversione di un

impianto di produzione di energia esistente in un'unità di cogenerazione consentono di ottenere un risparmio

di energia primaria rispetto alla situazione di partenza. L'intensità di aiuto non supera il 45 % dei costi

ammissibili. L'intensità di aiuto può essere aumentata di 20 punti percentuali per gli aiuti concessi alle piccole

imprese e di 10 punti percentuali per gli aiuti concessi alle medie imprese. L'intensità di aiuto può essere

aumentata di 15 punti percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che devono soddisfare le

condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del trattato e di 5 punti percentuali per investi menti

effettuati in zone assistite che devono soddisfare le condizioni dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del

trattato. Aiuti agli investimenti voltia promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili Gli aiuti agli

investimenti per la produzione di biocarburanti sono esentati dall'obbligo di notifi ca solo nella misura in cui gli

investimenti sovvenzionati sono utilizzati esclusivamente per la produzione di biocarburanti sostenibili diversi

da quelli prodotti da colture alimentari. Tuttavia, gli aiuti agli investimenti per la conversione di impianti

esistenti di biocarburanti prodotti da colture alimentari in impianti di biocarburanti avanzati sono esentati,

purché la produzione di colture alimentari sia ridotta proporzionalmente alla nuova capacità. Non sono

concessi aiuti ai biocarburanti soggetti a un obbligo di fornitura o di miscelazione. L'aiuto non è concesso per

le centrali idroelettriche che non sono conformi alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo. Gli aiuti agli

investimenti sono concessi solamente a nuovi impianti. Gli aiuti non sono concessi o erogati dopo l'entrata in

attività dell'impianto e sono indipendenti dalla produzione. L'intensità di aiuto non supera: a) il 45 % dei costi

ammissibili se questi sono calcolati in base al paragrafo 6, lettere a) o b); b) il 30 % dei costi ammissibili se

questi sono calcolati in base al paragrafo 6, lettera c). 8. L'intensità di aiuto può essere aumentata di 20 punti

percentuali per gli aiuti concessi alle piccole imprese e di 10 punti percentuali per gli aiuti concessi alle medie

imprese. L'intensità di aiuto può essere aumentata di 15 punti percentuali per investimenti effettuati in zone

assistite che devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del trattato e di 5

punti percentuali per investimenti effettuati in zone assistite che devono soddisfare le condizioni dell'articolo

107, paragrafo 3, lettera c), del trattato. L'intensità dell'aiuto può raggiungere il 100 % dei costi ammissibili se

gli aiuti sono concessi tramite una procedura di gara competitiva, basata su criteri chiari, trasparenti e non

discriminatori. Detta procedura di gara, non discriminatoria,è aperta alla partecipazione di tutte le imprese

interessate. Il bilancio relativo alla procedura di gara costituisce un vincolo imprescindibile, nel senso che gli

aiuti non potranno essere concessi a tutti i partecipanti e sono concessi sulla base di un'offerta iniziale

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 107

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presentata dal concorrente, il che esclude quindi ulteriori trattative. Aiuti al funzionamento volti a promuovere

la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili Gli aiuti sono concessi nell'ambito di una procedura di

gara competitiva basata su criteri chiari, trasparenti e non discriminatori, la quale è aperta a tutti i produttori di

energia elettrica da fonti rinnovabili su base non discriminatoria. La procedura di gara può essere limitata a

specifi che tecnologie nei casi in cui una procedura aperta a tutti i produttori avrebbe un esito non ottimale cui

non è possibile ovviare in sede di messaa punto della procedura, alla luce in particolare dei seguenti aspetti:

i) il potenziale a più lungo termine di una data tecnologia nuova e innovativa; o ii) la necessità di diversifi

cazione; o iii) i vincoli di rete e la stabilità della rete; o iv) i costi (di integrazione) del sistema; o v) la necessità

di limitare distorsioni sui mercati delle materie prime dovute al sostegno della biomassa. Gli aiuti sono

concessi a favore di tecnologie nuove e innovative per le energie rinnovabili tramite una procedura di gara

competitiva aperta ad almeno una di queste tecnologie, sulla base di criteri chiari, trasparentie non

discriminatori. Tali aiuti non sono concessi per più del 5 % del totale annuo della nuova capacità pianifi cata

di energia elettrica da fonti rinnovabili. Gli aiuti sono concessi sotto forma di premio che si aggiunge al prezzo

di mercato al quale i produttori vendono la propria energia elettrica direttamente sul mercato. I benefi ciari

dell'aiuto sono soggetti a responsabilità standard in materia di bilanciamento. I benefi ciari possono trasferire

le responsabilità di bilanciamento ad altre imprese, quali gli aggregatori.

Foto: L'intensità di aiuto non supera: a) il 20 % dei costi ammissibili nel caso delle piccole imprese; b) il 10 %

dei costi ammissibili nel caso delle medie imprese. (La carta degli aiuti prevederà degli importi più alti per le

zone in deroga 107. 3.c e 107. 3.a)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 14/07/2014 108

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GOVERNO LOCALE E AREEMETROPOLITANE

3 articoli

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ROMA Rifiuti Si tratta dei giorni per assistere i familiari disabili Assenteismo all'Ama Il 25% dei lavoratori ha permessi per legge Marino: numeri statisticamente strani Paolo Foschi «Su 8mila dipendenti circa 2mila accedono ai diritti della legge 104, che dà la possibilità tre giorni al mese di

assistere un familiare e quindi non andare al lavoro. È evidente che io sono assolutamente favorevole a quel

tipo di legge e l'ho anche difesa in Parlamento. Ma certamente 2mila persone su 8mila è statisticamente

difficile da capire»: Ignazio Marino, a margine di un sopralluogo all'impianto Tmb di Rocca Cencia, ha

illustrato così uno dei numeri emersi nell'analisi dei dati delle assenze dei dipendenti, questione al centro del

confronto avviato sabato mattina con i sindacati per l'efficientamento dell'azienda. Attualmente le assenze

sono al 16%, l'obiettivo è arrivare al 13%, riducendo quelle per malattia, quelle per infortuni (anche con

investimenti sulla sicurezza) e verificare meglio se sui permessi della 104 è tutto in ordine o c'è qualcuno fa il

furbo.

Ieri, comunque, sia il sindaco, sia l'assessore all'Ambiente Estella Marino, hanno dedicato la giornata

all'emergenza rifiuti, con visite ai quartieri dove si sono registrati i disagi maggiori. «La situazione sta

migliorando, entro dieci giorni saranno risolte anche le criticità residie» ha commentato il sindaco. Ieri intanto

sono state segnalate situazioni di grande degrado a Casal de' Pazzi e numerosi disagi in altre zone (dal

Tiburtino a Ostia, da Monteverde a Casal Palocco). La preoccupazione dei cittadini è però che - esaurita

questa fase di mobilitazione e interventi straordinari - fra qualche settimana, al primo guasto a un impianto o

al primo evento imprevisto, Roma torni all'emergenza. Rischio che invece secondo Marino non c'è perché le

misure varate dala giunta nella notte di giovedì scorso «permettono di gestire la situazione in attesa della

riorganizzazione che sarà attuata con il nuovo piano industriale». L'obiettivo di medio-periodo, cioè nell'arco

temporale di due anni, è di portare la raccolta differenziata dall 'attuale 38-40% al 65% e

contemporaneamente realizzare gli ecodistretti, cioè le cittadelle dei rifiuti con impianti puliti per il trattamento

e la valorizzazione dei rifiuti, lasciando alle discariche una quota residuale minima. Intanto nei prossimi mesi

potrebbe aumentare la quota di immondizia trasportata in altre Regioni o all'estero, anche se c'è il rischio di

un aumento dei costi, mentre l'azienda deve ridurre il budget complessivo in tre anni di 93 milioni, come

previsto nel Piano di rientro dei debiti che il Comune ha presentato al governo. Nel breve periodo, c'è

comunque una novità: nei prossimi giorni, ha annunciato Marino, entreranno in servizio tre camper che

gireranno nei municipi per raccogliere i rifiuti speciali: dalle batterie ai piccoli elettrodomestici, dalle lampadine

e altri oggetti che non possono essere smaltiti nei comuni cassonetti.

Paolo_Foschi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I protagonisti È il tasso di assenze giustificate al lavoro in Ama nel mese di giugno. A gennaio era oltre il 19%

16%

Foto: Via Tilli -Casal de' Pazzi Marciapiedi invasi dai rifiuti anche ieri, nonostante le ripetute segnalazioni. A

destra, Ignazio Marino in visita all'impianto di Rocca Cencia. A sinistra, in alto Franco Panzironi e, sotto,

Daniele Fortini, numero 1 di Ama

14/07/2014 2Pag. Corriere della Sera - Roma(diffusione:619980, tiratura:779916)

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GOVERNO LOCALE E AREE METROPOLITANE - Rassegna Stampa 14/07/2014 110

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La trattativa Il ministro dei Trasporti Lupi dopo la richiesta di tre giorni di riflessione da parte di Camusso: «Miauguro che colga l'opportunità» «Alitalia, l'accordo è valido anche senza la Cgil» Salvi 11.036 lavoratori che entrano nella nuova compagnia Del Torchio: passo decisivo verso l'alleanza conEtihad L'incentivo Offerti 10 mila euro lordia chi lascia volontariamenteentro il 10 settembre Francesco Di Frischia ROMA - Il giorno dopo l'intesa con i sindacati sull'Alitalia, alla quale ieri hanno aderito anche le organizzazioni

che rappresentano piloti e assistenti di volo (Anpac, Anpav, Avia), la Cgil conferma la propria opposizione.

Ma il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, taglia corto: «Se non firmerà, l'accordo è comunque valido», una

convinzione che dovrebbe aver tratto confrontandosi con Etihad, la compagnia aerea araba che aveva

chiesto ai sindacati «la pace sociale».

Lupi definisce il patto «un grande accordo industriale e imprenditoriale» e guarda al sindacato guidato da

Susanna Camusso: «Mi auguro che la Cgil si sia presa tre giorni per capire l'importanza dell'opportunità che

abbiamo davanti e che quindi firmi». Se ciò non dovesse avvenire però «l'accordo è valido comunque, con

l'80% dei lavoratori rappresentati dalle altre sigle sindacali».

Soddisfazione dall'amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, che parla di «un altro passo

decisivo di questa road map che mi auguro a breve ci porterà alla definizione dell'alleanza strategica con

Etihad Airways». Per questo «voglio ringraziare il governo, i sindacati Cisl, Uil, Ugl, e Anpac, Anpav e Avia

che hanno capito l'urgenza e la necessità di trovare un accordo - fa notare - assumendosi la responsabilità di

una scelta che assicuri un futuro di sviluppo ad Alitalia e la garanzia del posto di lavoro a più di 11 mila

persone, a cui si aggiungono tutti i lavoratori dell'indotto». Del Torchio aggiunge, pensando alla Cgil: «Sono

fiducioso che anche chi non ha ancora sciolto la riserva possa arrivare alla sottoscrizione di questa intesa».

Da Corso d'Italia, però, si valutano i contenuti del documento e si registrano posizioni diverse. Il segretario

nazionale della Filt Cgil, Mauro Rossi, boccia l'accordo e «twitta»: «È uno scempio dei diritti dei lavoratori.

Impossibile da firmare. Da contrastare in ogni sede». Parole condivise dal segretario generale della Filt Cgil,

Franco Nasso: «La strada per risolvere il problema era un'altra e l'abbiamo proposta. A questo punto è chiaro

che la trattativa era in mano a Etihad, ma rispetto alla quale i vertici di Alitalia avevano dato affidamenti

talmente vincolanti da non avere alcuno spazio di manovra». Più articolata l'analisi del segretario

confederale, ex leader filt, Fabrizio Solari: «Valuteremo il da farsi con il massimo di coinvolgimento dei

lavoratori. L'unica cosa che mi sento di escludere è che la Cgil si estranei dalla vicenda».

Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, commenta: «Abbiamo saputo conciliare gli interessi

generali del Paese con quelli dei lavoratori di Alitalia, garantendo la nascita di un nuovo vettore aereo italiano

altamente competitivo e di grande qualità».

Dal documento sottoscritto sabato si apprende che nella nuova società italo-araba andranno 11.036

lavoratori. Dei 2.251 esuberi, invece, saranno ricollocati in società esterne 681: di questi 200 in attività di

manutenzione pesante svolta da Atitech a Fiumicino; 56 unità nella security ; 85 nell' information technology ;

100 in aziende fornitrici di Cai e 40 tra i fornitori di Adr. Inoltre 100 piloti e 100 tecnici verranno assunti da

Etihad, previa selezione. A rimanere dentro Alitalia saranno 616 lavoratori: 52 in filiali estere; 200 in

riqualificazioni su posizioni operative oggi coperte con contratti a tempo determinato, che saranno rescissi;

altri 250 assistenti di volo avranno il contratto di solidarietà. Per 86 dipendenti durante la mobilità forzata

scatterà la possibilità di andare in pensione ed infine per 28 è già terminato il rapporto di lavoro.

A finire in mobilità saranno in 954: per loro verranno sperimentati i contratti di ricollocamento. Il significato di

questo progetto lo spiega Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio: «Si passa da forme di assistenza

ai lavoratori in esubero ad un impegno immediato, affinché da subito ci si faccia carico di una loro

ricollocazione». Ci saranno dei voucher che «saranno pagati ai tutor che prenderanno in carico il lavoratore

solamente quando questo sarà approdato in un altro posto di lavoro - precisa Zingaretti -. Così si chiude una

14/07/2014 13Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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brutta stagione, anche di perdita di dignità per tanti lavoratori e lavoratrici». Tra le righe dell'accordo spunta

infine un incentivo di 10 mila euro lordi a chi lascerà volontariamente l'azienda entro il 10 settembre.

La trattativa con i sindacati, compresa la Cgil, per il contratto di settore e aziendale riprende oggi al ministero

dei Trasporti. I prossimi sette giorni saranno decisivi: sempre oggi il governo incontra imprese e banche.

Mercoledì arriverà in Italia l'amministratore delegato di Etihad, James Hogan, anche se non dovrebbe

compiere atti relativi all'acquisto di Alitalia. Infine il 22 luglio a Bruxelles il ministro Lupi dovrà presentare non

solo il programma del semestre della presidenza italiana, per quanto riguarda trasporti e infrastrutture, ma

anche per aggiornare l'Ue, «spero in maniera definitiva», auspica lo stesso Lupi, sulla procedura relativa a

Alitalia-Etihad.

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Gli esuberi1

La soluzione internae i 616 riassorbiti

Dei 2.251 dipendenti dell'Alitalia previsti come esuberi dal piano di Etihad, 616 saranno ricollocati all'interno

del perimetro aziendale con «soluzioni interne organizzative». E' questo lo schema contenuto nell'accordo

raggiunto sabato dal governo con i sindacati, anche se manca ancora il parere della Cgil

2

Entro dicembre681 in società esterne

Altri 681 lavoratori che rientrano nel personale eccedente saranno ricollocati entro il mese di dicembre presso

società esterne. Tra questi rientrano 200 addetti alla manutenzione pesante, 56 della security e 85

dell'Information Technology. La stessa Etihad potrebbe assumere 200 tra piloti e tecnici ad Abu Dhabi

3

Contratto di «ricollocazione»

per 954 addetti

Gli ultimi 954 dipendenti saranno messi in mobilità e per loro saranno sperimentati i contratti cosiddetti di

«ricollocazione», introdotti dal governo Letta con la legge di Stabilità, che garantiscono parte dello stipendio

per quattro anni. I lavoratori perdono l'indennità se rifiutano più volte un nuovo posto

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ROMA CAMPIDOGLIO Maratona bilancio in arrivo nuovi tagli per gli assessorati Oggi alle 15 inizia la discussione della manovra in Comune Coratti: «Roma diventi esempio per i risparminelle società» LA MAGGIORANZA VUOLE RIDURRE DI 100MILA EURO IL BUDGET DESTINATO ALLOSTAFF DELLA GIUNTA PLAUSO DI DELRIO AL PIANO DI RIENTRO MELILLI: «ORA SERVE IL MASSIMORIGORE NELL'ATTUAZIONE DELLA RIFORMA» Simone Canettieri «Piccoli aggiustamenti concordati». Li chiamano così dalla maggioranza gli emendamenti da presentare al

Bilancio, che da oggi alle 15 inizia la maratona in Aula. Obiettivo: l'approvazione, prevista per i primi di

agosto. La coalizione di Marino, Pd in testa, ha in mente due o tre colpi da sparare tra consenso e

protagonismo. Il primo: la riduzione di un terzo del budget degli staff esterni degli assessori per destinarne poi

i risparmi al sociale. Cifra nel mirino: 100 mila euro. Il resto degli emendamenti che la maggioranza vuole

presentare c'è tempo fino a mercoledì alle 20 - riguarda le tariffe, la tassa per l'occupazione del suolo

pubblico (Cosap), il nuovo piano regolatore per la cartellonistica pubblicitaria (Prip) e la tassa di soggiorno. In

tutti questi casi la maggioranza punta ad abbassare la pressione fiscale, sapendo che non può discostarsi

troppo dal testo approvato in giunta lo scorso 30 aprile. Ecco perché in controluce potrebbe delinearsi uno

scontro tra Aula e impostazione del sindaco, intenzionato però a continuare nella linea rigorista di

risanamento dei conti capitolini senza farsi condizionare dalla politica. «Nessun tranello», assicurano dalla

maggioranza che va da Sel e arriva fino alla lista Marino passando per il gruppone Pd. La prima a essere

stata avvisata di questi «piccoli aggiustamenti concordati» è stata proprio Silvia Scozzese, l'assessore

chiamata a illustrare oggi pomeriggio il Bilancio in Aula. Venerdì è toccato a Marta Leonori, responsabile

dell'attività produttive. Questa mattina i gruppi si vedranno per fare il punto sugli emendamenti, tabelle e

proiezioni alla mano. La partita del Bilancio dunque arriva allo sprint finale. Oggi la relazione della Scozzese,

domani e mercoledì la discussione in Aula, e poi giovedì si terrà una nuova capigruppo durante la quale si

deciderà come proseguire con i lavori dell'assemblea capitolina e arrivare così al voto delle 18 delibere

collegate alla finanziaria comunale. Rispetto allo scorso anno le entrate segnano un più: 244 milioni, mentre i

tagli toccano quota 117 milioni. GLI AUMENTI I rincari principali riguardano la Tasi sulla seconda casa

(11,4%), l'Irpef (2,5 con esenzioni per chi ha un reddito inferiore ai 15mila euro). Le altre leve fiscali ritoccate

all'insù investono appunto la tassa di soggiorno (dovrebbe fruttare 90 milioni al Campidoglio), la Cosap (+

25% per occupazioni temporanee), ticket per il parcheggio (1,5 euro) e pass per la Ztl (in centro saranno dieci

volte care). Infine, aumenti anche per i servizi (il tariffone). IL SALVA ROMA Su un binario parallelo al

Bilancio corre il piano di rientro, e cioè la cura imposta dal Governo per mettere in ordine i conti capitolini. I

tecnici di Palazzo Chigi hanno recepito il piano (previsti tagli per 440 milioni) ed entro i primi di agosto si

esprimeranno nel merito. Intanto, però è arrivato sulle colonne del Messaggero il plauso di Graziano Delrio.

Ha detto ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Il piano ha una buona ossatura, è serio, su

alcuni aspetti come la razionalizzazione delle società o il contenimento dei costi anticipa quel che vogliamo

realizzare in tutta Italia». Parole che rincuorano Mirko Coratti, presidente del Consiglio comunale: «Possiamo

diventare un esempio per la finanza locale italiana - auspica - e sulle società si potrà arrivare a ulteriori

razionalizzazioni con la riforma della città metropolitana, e penso ad Atac. Intanto, il piano di rientro ha fatto

sparire venti aziende di secondo livello, il primo passo verso un efficientamento di tutta la macchina

capitolina». Aggiunge Fabio Melilli, deputato e segretario regionale del Pd nonché membro della cabina di

regia che ha elaborato il piano voluto dall'ultimo Salva Roma: «L'incoraggiamento di Delrio è uno stimolo

importante ora - afferma - la sfida riguarda il rigore nell'attuazione della riforma e il ruolo del consiglio

comunale chiamato a essere protagonista». © RIPRODUZIONE RISERVATA

14/07/2014 34Pag. Il Messaggero - Roma(diffusione:210842, tiratura:295190)

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Le cifre

6,5

miliardi di euro L'entità della manovra

117

milioni di euro I tagli ai dipar timenti

244

milioni di euro Le maggiori entrate tra imposte e tariffe

Da oggi alle 15 scatta la maratona Bilancio

Discussione fino a mercoledì

Poi al via l'esame e la votazione degli emendamenti

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