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4 2008 Welfare Redditi e imposte in Lombardia dall’analisi dei dati Caaf-Cisl Dichiarazioni 2006-2007 (redditi 2005-2006) Direttore: Carlo Borio Direttore Responsabile: Costantino Corbari Quindicinale della Usr Cisl Lombardia a cura dell’Ufficio Economico. N° 4 del 30 settembre 2008 - Anno XXVII° 20099 Sesto San Giovanni (Milano) Viale Italia 2 - Tel. 02.2410111 Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Milano Registrazione al Tribunale di Monza n. 447 dell’11.6.1983 Stampa: Graficaperta s.n.c. - Tel. 02.9755524 Viale Industria, 95 - 20010 Boffalora Ticino (MI) Copia gratuita Unione Sindacale Regionale della Lombardia Ufficio Economico FNP C I S L

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4•2008 Welfare

Redditi e impostein Lombardia dall’analisidei dati Caaf-CislDichiarazioni 2006-2007 (redditi 2005-2006)

Direttore: Carlo BorioDirettore Responsabile: Costantino CorbariQuindicinale della Usr Cisl Lombardiaa cura dell’Ufficio Economico.N° 4 del 30 settembre 2008 - Anno XXVII°20099 Sesto San Giovanni (Milano)Viale Italia 2 - Tel. 02.2410111

Spedizione in abbonamento postaleart. 2 comma 20/C Legge 662/96 MilanoRegistrazione al Tribunale di Monza n. 447dell’11.6.1983Stampa: Graficaperta s.n.c. - Tel. 02.9755524Viale Industria, 95 - 20010 Boffalora Ticino (MI)Copia gratuita

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Ricerca sui redditi dai dati del CAAF Cisl della Lombardia

La complessità e la continua variazione delle normative fiscali hanno reso i centri di assistenza fiscale, i CAAF, indispensabili per consentire alla generalità dei contribuenti la corretta dichiarazione dei redditi ed il pagamento o il recupero di quanto fiscalmente dovuto o spettante. I CAAF del sindacato e, per quanto ci riguarda, della Cisl sono così divenuti un importante strumento organizzativo, in grado di fornire servizi agli associati, di assisterli in un’incombenza obbligata quanto complicata, di fidelizzarne l’appartenenza, di fare nuovi iscritti.

pur mantenendo l’anonimato delle persone, le condizioni economiche e sociali di una quota importante di popolazione, quella dei ceti più popolari del nostro paese. Informazioni che ci dicono redditi e patrimoni delle persone, il loro lavoro, la composizione delle

tenore di vita, i mutamenti che tali condizioni hanno nel corso del tempo. La ricerca illustrata in questo Foglio Informativo prende in esame e indaga sulle condizioni e l’evoluzione reddituale di una popolazione di 566.054 contribuenti che vivono o lavorano in Lombardia, sulla base delle denunce fiscali presentate attraverso gli sportelli CAAF della Cisl nella nostra regione. Lo studio compara tra loro le dichiarazioni di un biennio (redditi 2005 e 2006) e si pone l’obiettivo di essere la prima di una serie, tale da costruire nel tempo una storia documentata dell’evoluzione delle capacità di reddito e di spesa dei lavoratori e dei pensionati iscritti alla Cisl e, per comparazione con esse, dell’insieme dei lavoratori dipendenti e dei pensionati della Lombardia. Informazioni necessarie per capire se l’azione della politica e delle istituzioni, se la stessa iniziativa sindacale, quella sul versante contrattuale e quella sul versante sociale, sono capaci o meno, nel tempo, di garantire tutela per quei cittadini di cui il sindacato ha rappresentanza. E la ricerca consente di farlo agendo non solamente su dati generali o per campionature statistiche ma comparando fra loro una quantità enorme di dichiarazioni rese all’Agenzia delle Entrate dalle stesse persone. Il punto focale della nostra ricerca è, infatti, l’esame dei mutamenti intervenuti nella dichiarazione dei redditi da parte di quei 433.659 contribuenti che si sono presentati agli sportelli del CAAF in entrambi gli anni oggetto dello studio. Si analizza, quindi, una popolazione precisa composta dagli stessi lavoratori e pensionati per i quali il reddito imponibile, nella grande generalità dei casi, è costituito da un modesto reddito da fabbricati (la casa di abitazione che è posseduta da circa i ¾ dei dichiaranti) e che, per vivere, conta solo sullo stipendio o sulla pensione. Cittadini che, nel 2005, hanno dovuto cavarsela nel difficile equilibrio economico che è consentito da un reddito netto medio di soli 12.774 euro annui. Più difficile ancora per quel 49% di contribuenti con familiari a carico, costretto, comunque, a farsi bastare meno di 1.000 euro al mese, se ai canonici 12 mesi aggiungiamo la tradizionale tredicesima. La nota positiva che emerge dall’analisi è che questo reddito medio nell’anno successivo aumenta, al netto, del 5,8%, salendo a 13.514 € annui, arrivando così a superare la soglia di 1.000 € mensili. Si è cioè registrata, nel 2006 rispetto al 2005, una crescita del reddito netto ben maggiore non solo dell’aumento “generale” dell’inflazione ma anche della crescita dell’indice dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto per le famiglie. Un anno evidentemente buono per i lavoratori, frutto di un andamento positivo dell’economia e dei rinnovi contrattuali del periodo che hanno consentito un incremento dei redditi al di sopra del 6% per quasi tutte le diverse categorie del lavoro dipendente.

In questo modo i CAAF sono anche diventati un grande raccoglitore di notizie, capaci di raccontare,

famiglie, i miglioramenti ed i peggioramenti che l’andamento del loro reddito determina sul loro

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Per i pensionati, invece, l’aumento registrato è del 3,6%, con i pensionati a redditi più bassi che beneficiano dei provvedimenti governativi in applicazione dell’accordo sul welfare del luglio 2006. Non era successo così per tutto il periodo antecedente, a partire dal 2000, quando l’andamento dei redditi procapite, pur cresciuto in percentuali superiori a ciò che avveniva nel resto d’Italia, restava anche in Lombardia inferiore all’andamento dell’indice dei prezzi a maggior consumo. Andrà perciò verificato nell’esame dei redditi riferiti al 2007 se l’exploit del 2006 si riconferma ovvero, come è lecito temere, se si tratta di un fenomeno contingente, bruciato da un nuovo e negativo divaricarsi tra crescita dei redditi e crescita del costo della vita, come ormai anche le statistiche ufficiali stanno documentando a partire dalla seconda metà del 2007. Sull’andamento dei reddito da lavoro e da pensione incide però, come è noto, anche la politica che governo ed istituzioni locali compiono in materia fiscale. È per questo che la crescita del reddito netto avvenuta nel 2006 (+ 5,8%) risulta inferiore rispetto alla crescita del reddito imponibile della stessa popolazione che è pari, invece, al 6,1%. Di mezzo c’è un innalzamento della pressione fiscale che sale dal 22,7% al 22,9% (pari a un + 0,2%), effetto indesiderato di un aumento diffuso delle addizionali Irpef da parte di moltissimi Comuni della Lombardia che si aggiunge alla mancata restituzione del fiscal drag. Questi, fra i tanti dati forniti dalla ricerca, quelli che più direttamente interrogano il sindacato e ne sottolineano i necessari spazi di iniziativa:

- le politiche contrattuali per garantire meglio, attraverso la riforma della struttura contrattuale, la tutela dei salari, ma anche delle pensioni, rispetto ai reali incrementi del costo della vita ed una partecipazione più larga e più conveniente alla ripartizione dei risultati d’impresa attraverso un sviluppo dissuso della contrattazione di secondo livello;

- le politiche fiscali perché il processo di federalismo, che pare decisamente avviato, abbia come esito una più equa ripartizione del carico fiscale sull’insieme dei cittadini e quindi una diminuzione della pressione sui redditi da lavoro dipendente e da pensione, evitando il sommarsi di tassazione ad opera dei diversi livelli dello stato, come è avvenuto anche nel corso del 2008.

Franco Giorgi Segretario regionale Cisl Lombardia Settembre 2008

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REDDITI E IMPOSTE IN LOMBARDIA DALL’ANALISI DEI DATI CAAF-CISL Dichiarazioni 2006-2007 (redditi 2005-2006)

Introduzione

Che in Italia sia ormai aperta una “questione salariale” è del tutto evidente e ormai documentato anche dalla statistica “ufficiale”.

Al di là della superficialità dei servizi giornalistici e della possibile strumentalità politica, anche dopo la campagna elettorale, la realtà è che la crescita delle retribuzioni non tiene più il passo con una crescita dei prezzi tornata a ritmi che non si conoscevano da 12 anni, e addirittura “a due cifre” per talune categorie di consumi - primi fra tutti alimentari, combustibili, carburanti - che incidono quotidianamente, in misura rilevante, sui bilanci delle famiglie.

Le retribuzioni percepite vengono poi decurtate da un’imposizione fiscale che resta elevata, aumentata anche per i redditi del 2006 (senza esclusione per le fasce più basse) e senza per altro svolgere quell’azione perequatrice e redistributiva che sarebbe lecito attendersi; di tale imposizione fa parte non solo la tassazione nazionale, ma in misura crescente anche quella locale, spesso motivata dai tagli ai bilanci degli enti locali da parte del Governo centrale, come se anche a questo livello non vi fossero sprechi e inefficienze da eliminare. Sempre a tale livello si aggiunge una crescita particolarmente elevata dei prezzi dei servizi regolamentati a livello locale, la cui dinamica in questo decennio è stata finanche superiore a quella dei prodotti energetici, che sicuramente fanno “più notizia”.

La difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni costituisce storicamente uno dei principali obiettivi, in tutto il mondo, dell’azione sindacale, e tale ragione è più che sufficiente a motivare l’attenzione che attraverso questo lavoro la CISL regionale vuole porre al problema delle retribuzioni e dei redditi, con due focalizzazioni particolari: il riferimento a lavoratori dipendenti e pensionati, di cui ha larga rappresentanza, e alla situazione familiare, oltreché a quella individuale.

L’originalità di questa ricerca sta però nella particolare fonte utilizzata, costituita dall’oltre mezzo milione di dichiarazioni dei redditi per la presentazione delle quali i lavoratori lombardi si sono rivolti ai CAAF della CISL nel 2006 e nel 2007; dichiarazioni quindi relative ai redditi percepiti nel 2005 e nel 2006.

Ciò ha consentito un’analisi della situazione reddituale, della sua dinamica e dei differenziali presenti al suo interno, sotto molteplici punti di osservazione (sesso, età scolarità, settore di attività economica, ecc.), che solo una fonte di questa natura poteva consentire di cogliere.

Le elaborazioni di base (come quelle successive) hanno natura statistica, e sono state effettuate in forma rigorosamente anonima, con uno stretto rapporto di collaborazione tra il Dipartimento Fisco e Territorio della CISL Regionale della Lombardia, l’Ufficio Economico della stessa e il Centro Servizi CAAF1.

Le oltre 566 mila dichiarazioni presentate nel 2007 e oggetto di analisi con questo lavoro non sono ovviamente rappresentative dell’intero “universo” dei contribuenti lombardi, ma di sicuro costituiscono un “campione” ampio dell’universo dei 6 milioni di dichiarazioni dei redditi da lavoro dipendente e pensione complessivamente presentate a livello regionale (su un totale di quasi 7 milioni di dichiarazioni riferite a “persone fisiche”), quali risultano dai dati del Ministero delle

1 Su questo specifico progetto sono stati impegnati il Dr. Carlo Sanna e Aristide Pel gatti, con il coordinamento di Bruno Paccagnella, responsabile dell’Ufficio Economico.

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Finanze: di queste, le dichiarazioni presentate ai CAAF della CISL e qui analizzate (costituite per il 98% da dichiarazioni di lavoratori dipendenti e pensionati) rappresentano infatti poco meno del 10%, da cui una significatività che trova conferma anche in alcuni confronti effettuati (con dati sia del Ministero delle Finanze che dell’Istat), di cui si darà conto più oltre.

I redditi analizzati riguardano, come si è detto, il biennio 2005-2006, presentati con le dichiarazioni 2006 e 2007; questo inevitabile ritardo temporale impedisce di cogliere l’andamento più recente, in particolar modo delle retribuzioni (che rappresentano la fonte principale di reddito dei lavoratori dipendenti) ma anche del suo rapporto, non meno importante, con l’inflazione, perché è la combinazione di queste due variabili che alla fine determina l’effettiva capacità di spesa e quello che viene normalmente definito come “potere d’acquisto”.

Le variazioni da un anno all’altro dei redditi dichiarati, possono, per altro, risentire di fattori occasionali, nell’uno o nell’altro dei due anni: per i redditi da lavoro dipendente si pensi, in particolare, ai ritardi che spesso avvengono nel rinnovo dei contratti di lavoro, vuoi con un effetto depressivo sui redditi nell’anno di mancato rinnovo, vuoi di un aumento straordinario nell’anno in cui avviene il rinnovo, dovuto alla corresponsione delle competenze arretrate per il periodo di “vacanza” contrattuale; altrettanto importanti possono risultare le competenze percepite per lavoro straordinario, o altri elementi variabili della retribuzione, la cui entità può variare anche sensibilmente da un anno all’altro, anche a seconda dell’andamento congiunturale dell’attività produttiva.

Proprio nel 2006, anno cui l’analisi si riferisce, hanno avuto luogo diversi rinnovi contrattuali, tra cui quello importantissimo, se non altro per numero di lavoratori coinvolti, dei lavoratori metalmeccanici, che ha contributo in misura determina tante a produrre l’incremento annuo del 6,1% dei redditi imponibili (e finanche del 7,5% per i contribuenti “attivi”2), che altrimenti non troverebbe altra spiegazione.

Nel periodo considerato i dati analizzati mostrano, come si vedrà nel dettaglio, una dinamica espansiva superiore a quella dei prezzi, e quindi una buona capacità di difesa del potere d’acquisto di retribuzioni e pensioni: difesa venuta però meno nel corso del 2007, quando l’inflazione, sospinta da un eccezionale incremento delle quotazioni internazionali di prodotti energetici, materie prime e prodotti agricoli di base, ha subito una forte impennata, che ha riportato la dinamica dei prezzi a quella di oltre una decina di anni or sono.

Una seconda limitazione dell’analisi è costituita dal breve periodo che è possibile considerare, stante che per gli anni precedenti la “banca dati” delle dichiarazioni non ha potuto essere utilizzata in modo altrettanto efficace. Per tali ragioni questo lavoro altro non è che la prima di una serie di analisi continuative che la CISL regionale della Lombardia intende effettuare di anno in anno, una volta che si renderanno disponibili i successivi aggiornamenti della banca dati, con ciò approfondendo la conoscenza di quei lavoratori e pensionati che si rivolgono ai servizi fiscali che essa offre attraverso le proprie strutture.

Ricordiamo infine che questo lavoro sarà affiancato da un’analisi dell’imposizione a livello locale, che come si è detto presenta una sempre maggiore incidenza sull’imposizione fiscale complessiva; analisi che aggiornerà quella già effettuata per la prima volta lo scorso anno3.

2 Esclusi dipendenti della Pubblica Amministrazione. 3 Le tasse locali in Lombardia. Foglio Informativo n. 5/2007 a cura del Dipartimento Fisco e Territorio dell’USR-CISL Lombardia.

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L’articolazione della ricerca

Il lavoro si è articolato su quattro parti.

Dopo questa introduzione, che vuole offrire un quadro sintetico di riferimento, richiamando brevemente alcuni dati macroeconomici di fonte Istat riguardanti l’inflazione, i redditi stimati nel quadro della contabilità regionale, le retribuzioni e l’inflazione, la prima parte della ricerca esaminerà le caratteristiche personali dei contribuenti le cui dichiarazioni costituiscono l’oggetto del lavoro: questo per fornire, al di là di una quantificazione precisa della loro rappresentatività, un quadro conoscitivo, per quanto possibile, delle loro effettive caratteristiche e condizioni personali e familiari.

La seconda parte esaminerà nel dettaglio, a livello regionale, i dati fiscali delle dichiarazioni presentate nel biennio 2006 e 2007 (riferite quindi ai redditi maturati negli anni 2005 e 2006), sia con riferimento all’intero numero dei contribuenti, sia al sotto-insieme di quanti, residenti in Lombardia, hanno presentato la dichiarazione presso i CAAF della CISL sia nel 2006 che nel 2007 (che per comodità chiameremo “compresenti”): un “panel”, possiamo dire, molto consistente, costituito da oltre 433 mila contribuenti, grazie al quale l’analisi potrà non risentire dei cambiamenti di composizione, da un anno all’altro, per effetto delle diverse caratteristiche dei contribuenti presenti complessivamente negli archivi.

La terza parte sarà costituita da una breve analisi dei dati provinciali, tesa soprattutto a mettere in evidenza le principali differenze tra i territori della regione, ma corredata con una dettagliata documentazione statistica, che può consentire approfondimenti analoghi a quello regionale.

Infine, la quarta e ultima parte, un’appendice, metterà a confronto i dati analizzati con quelli di altre fonti, in particolare Istat e Ministero delle Finanze, non tanto per cercare a tutti i costi conferme e riscontri, quanto piuttosto per meglio identificare lo specifico sotto-universo oggetto di questa analisi.

Il quadro di riferimento: redditi da lavoro dipendente, retribuzioni e inflazione

L’esiguo periodo temporale disponibile dei dati fiscali oggetto dell’analisi, il loro ritardo rispetto alla successiva evoluzione economica, e la necessità comunque di un minimo di scenario di inquadramento, rendono opportuno qualche riferimento generale e di contesto, che si può ricostruire attraverso i dati di contabilità nazionale e regionale elaborati dall’Istat. Dati che tuttavia si fermano anch’essi al 2006 (per la Lombardia) e che saranno quindi affiancati da altri più recenti, sia pure solo a livello nazionale; essi inoltre riguardano redditi e retribuzioni da lavoro dipendente, non l’intero ammontare dei redditi dichiarati ai fini fiscali, ma nel nostro caso la differenza è di poco rilievo dato che gran parte del reddito dichiarato dai lavoratori dipendenti è quello derivante dalle retribuzioni percepite4.

Lo scenario macro-economico mostra, tra il 2000 e il 2006, questi principali andamenti:

- una crescita molto sostenuta degli occupati alle dipendenze: +14,3% in Lombardia, +11,4% in Italia (accentuata dalle numerose regolarizzazioni di cittadini extra-comunitari a seguito della cosiddetta “Bossi-Fini”);

- un andamento sempre positivo, ma meno marcato, delle unità di lavoro5 dipendenti (+11,6 e +8,6%);

- di conseguenza una ripartizione del “volume di lavoro” (misurato dalle unità di lavoro) su un numero proporzionalmente maggiore di soggetti (gli occupati);

4 Per la diversa natura e metodologia di calcolo, i valori di contabilità (e i relativi andamenti) non sono comunque confrontabili con quelli dei redditi dichiarati ai fini fiscali oggetto di questo studio. 5 Le unità di lavoro rappresentano l’equivalente di un occupato a tempo pieno contrattuale per un intero anno.

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- da ciò deriva un diverso ammontare e una diversa dinamica dei redditi e delle retribuzioni procapite6: nel 2006 in Lombardia, circa 34.400 euro il reddito da lavoro dipendente per occupato, 36.900 quello per unità di lavoro, il primo aumentato rispetto al 2000 del 15,6%, il secondo del 18,4%7;

- una crescita della quota dei redditi da lavoro dipendente sia in rapporto al valore aggiunto, sia in rapporto al prodotto interno lordo: nel primo caso, in Lombardia tra il 2000 e il 2006 dal 42,2 al 45,0%; nel secondo dal 38,2 al 40,7%; quanto meno da questo punto di vista l’azione contrattuale è quindi stata sicuramente efficace, garantendo al “fattore lavoro” una maggiore quota della ricchezza prodotta, pari a circa 2,6-2,8 punti (più di quanto avvenuto nella media nazionale);

- una dinamica sia dei redditi che delle retribuzioni superiore a quella dell’inflazione, che tra il 2000 e il 2006 è stata del 13,6% in Lombardia e del 15,1% in Italia.

Due quindi i principali elementi indubbiamente postivi che emergono, fino al 2006: la difesa e l’avanzamento della quota di ricchezza assegnata al fattore lavoro e una dinamica dei redditi da lavoro dipendente superiore a quella dell’inflazione, oltretutto, nell’uno come nell’altro caso, in misura più favorevole di quanto avvenuto a livello nazionale; la differenza tra la crescita dei redditi lordi per occupato e quella dell’indice generale dei prezzi mostrerebbe infatti una crescita del potere d’acquisto, non elevata, ma positiva: di 2 punti in Lombardia e di 1,9 punti in Italia.

Ma è stata veramente questa la crescita dei prezzi in Lombardia e in Italia?

Questo interrogativo rimanda alla vivace contestazione nei confronti della capacità dell’Istituto Nazionale di Statistica di misurare l’andamento effettivo dell’inflazione, nata, come si ricorderà, già all’indomani dell’introduzione dell’euro, senza per altro che l’Istat modificasse le caratteristiche della rilevazione dei prezzi, che oltretutto deve rispondere a metodologie e requisiti fissati in sede Eurostat. Contestazione che ebbe luogo anche in altri paesi, ma in nessun caso con un livello di polemicità quale si ebbe (e si ha tutt’ora) in Italia.

A fronte di un’inflazione rilevata dall’Istat che nella media del 2002 fu del 2,7%8, centri di ricerca e associazioni dei consumatori fornirono tassi di variazione dei prezzi anche “a due cifre”, frutto in alcuni casi di osservazioni parziali (senza quindi tener conto dell’incidenza dei singoli beni sul “paniere” dei consumi delle famiglie e quindi del contributo della dinamica dei prezzi dei beni rilevati all’andamento complessivo dell’inflazione) in altri casi frutto di rilevazioni estemporanee, e assolutamente prive di attendibilità, come è avvenuto, ad esempio, interrogando direttamente i consumatori all’uscita dagli esercizi commerciali.

Fu proprio allora che venne introdotto, in contrapposizione a quello di inflazione “ufficiale” o “misurata”, il termine di inflazione “percepita”, senza per altro che dello stesso venisse mai data una spiegazione concettuale convincente.

La percezione della dinamica dei prezzi è sicuramente molto variabile a seconda dei beni e dei servizi acquistati e non v’è dubbio che nel “sentire comune” il concetto di inflazione “percepita” corrisponda all’andamento dei prezzi che i consumatori sperimentano quotidianamente, riguardanti cioè gli acquisti effettuati con maggiore frequenza e con riferimento ai beni e servizi, spesso denominati anche “di largo e generale consumo, tra i quali figurano, alimentari, carburanti, giornali, affitti, ecc..

6 I redditi (lordi) sono costituiti dalle retribuzioni (lorde) e dagli oneri sociali. 7 Differenze analoghe di importo e di variazione si osservano a livello nazionale (v. tavola 1), anche con riferimento al 2007. 8 Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, inclusi i tabacchi.

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Tavola 0.1

In altre parole, mentre è facile percepire l’aumento di prezzo di pane, pasta, tazzina di caffè, o altri beni acquistati quotidianamente o quasi, molto più difficile è percepire l’andamento dei prezzi di mobili, elettrodomestici, autovetture, o altri beni similari (definiti anche “beni durevoli”) il cui acquisto avviene molto saltuariamente, e la cui variazione di prezzo tra un acquisto e l’altro, tra i quali può esservi anche una distanza di molti anni, ingloba sia la variazione di prezzo del prodotto originario (spesso magari non più in commercio), sia, il più delle volte, i cambiamenti del contenuto e delle caratteristiche tecnologiche del bene9.

Questo è particolarmente il caso dei prodotti tecnologici (dai telefoni cellulari ai computer) per i quali la variazione di prezzo (a volte negativa) si combina a un innalzamento della qualità del prodotto, che pure andrebbe in qualche modo conteggiata, dato che un principio cardine della

9 Una delle caratteristiche fondamentali della rilevazione dei prezzi effettuata mensilmente dall’Istat è l’invarianza dei beni e servizi osservati, quanto a marca, confezione, taglia, esercizio in cui il prezzo viene rilevato, e così via, e se una di queste caratteristiche viene a mancare oppure quando un bene esce dal mercato e viene sostituito da un altro, simile per funzione, ma con caratteristiche (e prezzo) diversi vi sono specifiche procedure che comprendono la sostituzione del bene con uno analogo, ma la sua inclusione nel calcolo degli indici solo dopo una serie di rilevazioni che consentono di agganciare le variazioni del “vecchio” bene a quelle del “nuovo”.

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rilevazione dei prezzi è che il confronto (e quindi la variazione di prezzo) debba avvenire sempre tra prodotti identici (per marca, confezione, peso, esercizio di vendita, ecc.). Un altro caso particolare è quello di beni e servizi i cui aumenti di prezzo avvengono a “gradini” magari distanziati l’uno d’altro di molti anni (come nel caso, ad esempio, delle tariffe dei trasporti pubblici urbani10), il cui “scatto” andrebbe in realtà considerato in modo diluito sul periodo intercorso rispetto al precedente aumento.

Un indice “generale” dei prezzi non può però non tener conto di tutti i beni e servizi acquistati dalla collettività nazionale, compresi quelli non acquistati, in un dato periodo, da ogni singola famiglia e ciò viene fatto (con un sistema di “pesi” basati sui consumi nazionali) in misura proporzionale all’incidenza che ciascun bene o servizio detiene sull’ammontare medio della spesa di tutte le famiglie italiane. In altre parole, le variazioni di prezzo di ciascun bene o servizio contribuiscono all’andamento dell’indice generale secondo la rilevanza che esso assume per una ipotetica famiglia media, la quale, nel periodo considerato, acquisti pro-quota tutti i beni e servizi compresi in quello che viene definito il “paniere dei prezzi”, costituito da circa mille prodotti e servizi elementari (rappresentativi delle diverse categorie) e che viene aggiornato dall’Istat di anno in anno, sulla base dei risultati dell’indagine sui consumi delle famiglie: questo quindi altro non è che l’importo medio della spesa delle famiglie italiane, distinto più o meno dettagliatamente per le varie categorie di beni e servizi, a ciascuno dei quali viene attribuito un “peso” corrispondente alla quota detenuta sul totale della spesa familiare media.

“Paniere dei prezzi” e “paniere della spesa” della singola famiglia possono però non coincidere, in quanto il primo riflette la composizione di tutti i consumi aggregati dell’insieme delle famiglie italiane, come se fossero una sola, il secondo riflette invece la composizione della spesa di ciascuna singola e specifica famiglia e di cui solo la stessa ne ha una immediata percezione.

Sarebbe quindi teoricamente possibile costruire un indice dei prezzi per ciascuna famiglia, o quanto meno per numerose tipologie familiari, distinte in base alla composizione dei nuclei, al tipo di reddito e al suo ammontare assoluto, al numero e all’età dei percettori, e così via, caratteristiche alle quali corrispondono non solo diverse capacità di spesa, ma anche diversi “modelli di consumo”, diversi “panieri” e, di conseguenza, la possibilità di molteplici indici dei prezzi.

A seguito di quelle polemiche l’Istat ammise una possibile sottostima del livello dei prezzi di circa 3 punti percentuali, corrispondenti alla differenza tra il cambio fissato (1.936,27 lire per 1 euro) e la prassi mentalizzata di arrotondare questo valore a 2.000 lire per euro, ma compì anche importanti sforzi sia di trasparenza e di comunicazione (collaborando alla creazione degli Osservatori dei prezzi), sia di miglioramento dell’indagine (ad esempio sollecitando alla partecipazione i comuni capoluogo di provincia che pur avendone l’obbligo non effettuavano la rilevazione11), sia di elaborazione dei dati, affiancando alla tradizione ripartizione per “capitoli” di spesa, altre elaborazioni, tra le quali, ad esempio quella degli indici regionali12, e quelle di indici per tipologie di famiglie13 e, più recentemente, per frequenza dei consumi14.

10 A Milano, ad esempio, nel momento stesso dell’introduzione dell’euro il biglietto del trasporto pubblico urbano passò da 1.500 lire, su cui era attestato da vari anni (pari a circa 0,75 euro), a 1 euro esatto (quasi 2.000 lire), importo ancora attualmente in vigore. 11 Ciò non di meno a gennaio 2008 sono solo 84 su 103 i comuni capoluogo che effettuano la rilevazione dei prezzi al consumo. 12 L’elaborazione di indici regionali dei prezzi fu promossa e sollecitata proprio dalla regione Lombardia, in collaborazione con l’Ufficio Regionale Istat di Milano. 13 Indicatori della dinamica dei prezzi al consumo per alcune tipologie di famiglie. Anni 2001-2006. Collana approfondimenti, Febbraio 2007.

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Questi ultimi sono sicuramente quelli di maggiore interesse, perché rappresentano il tentativo di avvicinare le statistiche ufficiali all’esperienza quotidiana dei consumatori e non a caso sono proprio i beni a più elevata frequenza di acquisto quelli che presentano, quasi in ogni anno, i tassi di crescita più elevati, non solo negli anni passati, ma anche attualmente. L’ultima rilevazione al momento disponibile, riferita al mese di giugno 2008, mostra una variazione tendenziale dell’indice generale del 3,8%, che sale però al 5,8% per i beni acquistati più frequentemente, mentre si ferma al 3% per quelli acquistati con frequenza “media” e all’1,6% per quelli acquistati con frequenza “bassa” (v. Grafici 0.1 e 0.2).

Tutto ciò, per altro, senza modificare “l’impianto” della rilevazione e la sua metodologia, che del resto, come si è detto, devono rispondere a criteri di uniformità fissati in sede Eurostat e che non furono modificati nel momento del change-over lira-euro.

Grafico 0.1

Fonte: ns. elaborazione dati Istat

14 La dinamica dei prezzi al consumo. Gennaio 2008. Collana approfondimenti, Febbraio 2008. E’ su questa pubblicazione che vengono per la prima volta presentati gli indici per frequenza degli acquisti, che l’Istat ha iniziato a calcolare rifacendosi a metodologie già sperimentate a livello internazionale; l’elaborazione viene condotta sul paniere dell’indice NIC, e i beni e i servizi sono stati distinti in tre gruppi, a seconda che gli acquisti degli stessi avvengano con alta, media o bassa frequenza; le tre tipologie “pesano” rispettivamente, sul totale della spesa delle famiglie italiane, per il 39 per il 42 e per il 19%. Tra i prodotti ad alta frequenza di acquisto sono inclusi, oltre ai generi alimentari, le bevande alcoliche e analcoliche, i tabacchi, le spese per l’affitto, i beni non durevoli per la casa, i servizi per la pulizia e manutenzione della casa, i carburanti, i trasporti urbani, giornali e periodici, i servizi di ristorazione, le spese di assistenza. Nell’insieme dei prodotti a frequenza media di acquisto figurano, tra gli altri, le spese di abbigliamento, le tariffe elettriche e quelle relative all’acqua potabile e lo smaltimento dei rifiuti, i medicinali, i servizi medici e quelli dentistici, i trasporti stradali, ferroviari marittimi e aerei, i servizi postali e telefonici, i servizi ricreativi e culturali, i pacchetti vacanze, i libri, gli alberghi e gli altri servizi di alloggio. Tra i prodotti a bassa frequenza di acquisto figurano, infine, gli elettrodomestici, i servizi ospedalieri, l’acquisto dei mezzi di trasporto, i servizi di trasloco, gli apparecchi audiovisivi, fotografici e informatici, gli articoli sportivi.

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Grafico 0.2

Fonte: ns. elaborazione dati Istat

Tra il 2000 e il 2006 a livello nazionale (gli indici per frequenza di acquisto non sono purtroppo disponibili a livello regionale) la differenza è di tre punti percentuali (+15,1% la variazione dell’indice generale, +18,2% quella dell’indice dei beni e servizi ad alta frequenza di acquisto), il che annulla completamente quel guadagno di potere d’acquisto che era stato positivamente sottolineato in precedenza; e lo annulla anche in Lombardia, potendosi ragionevolmente ritenere che anche qui tra i due indici vi sia lo stesso scarto di circa tre punti osservato a livello nazionale.

I valori medi annuali sia dell’inflazione che dei redditi nascondono però un altro aspetto, vale a dire l’andamento nel corso dell’anno: nel 2007, ad esempio, l’inflazione media annua è stata in Lombardia dell’1,7%, ma tra dicembre 2006 e dicembre 2007 l’aumento dei prezzi è stato del 2,4%, per l’accelerazione avvenuta nella seconda parte dell’anno (1,8 e 2,6% in Italia).

Non è quindi casuale che il tema della caduta del potere d’acquisto delle retribuzioni sia emerso negli ultimi mesi del 2007, quando la “forbice” tra andamento delle retribuzioni e andamento dei prezzi, comunque misurati, si è fatta particolarmente evidente.

Per verificare quanto avvenuto ricorriamo a un’altra fonte, vale a dire le retribuzioni contrattuali orarie che l’Istat calcola mensilmente e che quindi possono essere messe a confronto con l’andamento dell’inflazione nel corso dell’anno.

I due successivi grafici (0.3 e 0.4) mostrano con tutta evidenza come a partire dalla seconda metà del 2007 (ma ancora prima, se si considera l’indice dei prezzi dei beni e servizi acquistati con maggiore frequenza) gli andamenti divergano, e come, di trimestre in trimestre, il divario si sia fatto e si stia facendo sempre più accentuato.

I dati successivamente analizzati si fermano, come si è detto, ai redditi percepiti nel 2006, anno in cui presentano un andamento ancora superiore a quello dell’inflazione; era però importante dare conto sia della dinamica di medio periodo, sia di quella successiva, quando il tema della difesa del potere d’acquisto si è fatto indubbiamente più grave. Ciò nulla toglie all’interesse per i dati oggetto del presente lavoro, soprattutto per quanto riguarda la ricchezza e l’articolazione delle informazioni che essi possono fornire.

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Grafico 0.3

Fonte: ns. elaborazione dati Istat

Grafico 0.4

Fonte: ns. elaborazione dati Istat

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Parte I I contribuenti che si sono rivolti ai CAAF CISL della Lombardia

Numerosità e caratteristiche

La ricerca in oggetto analizza l’ammontare, la composizione, i differenziali e l’andamento dei redditi e dell’imposta per gli anni 2005 e 2006, basandosi sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2006 e nel 2007 attraverso i CAAF Cisl della Lombardia.

I contribuenti che hanno utilizzato il servizio dei CAAF costituiscono un “campione” decisamente numeroso e sicuramente significativo, quanto meno di un segmento importante dell’intera platea dei contribuenti, quello dei lavoratori dipendenti e dei pensionati lombardi.

Le dichiarazioni analizzate (oltre 552 mila quelle presentate nel 2006, oltre 566 quelle presentate nel 2007) mila corrispondono a circa l’8% dell’universo dei contribuenti lombardi, a sua volta pari, in totale, a poco meno di 7 milioni di persone fisiche, delle quali quasi 3,6 milioni con reddito principale da lavoro dipendente, oltre 2,5 milioni con un reddito principale da pensione, che nel 2005 hanno compilato il modello 73015. Di queste due categorie (che costituiscono quasi il 99%) delle dichiarazioni presentate attraverso i CAAF, i dati analizzati “coprono” rispettivamente il 9% e l’8% del totale regionale, per una media dell’8,5%.

Scarsa rappresentanza hanno invece, come ci si poteva facilmente attendere, le categorie di imprenditori, professionisti e agricoltori.

Va però anche detto che questa elevata numerosità di dichiarazioni di per se’ non garantisce, nemmeno per dipendenti e pensionati, a livello aggregato, una rappresentazione statisticamente equilibrata dell’universo di tali figure: sicuramente sotto-rappresentate sono infatti sia le “fasce alte” dei dipendenti, quali dirigenti, quadri, e talune categorie impiegatizie, sia le “fasce basse”, che per ammontare del reddito, per unicità del reddito da lavoro dipendente, o per assenza di detrazioni di cui beneficiare, non devono presentare la dichiarazione. 15 Il confronto avviene per le dichiarazioni presentate nel 2005, l’ultimo per le quali è possibile il confronto con i dati del Ministero delle Finanze; per tale anno,si fornisce solo il numero delle dichiarazioni CAAF, mentre non saranno analizzati i dati relativi agli importi dichiarati, in quanto incompleti.

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Le dichiarazioni analizzate sono invece altamente rappresentative degli iscritti al sindacato e alla CISL in particolare: l’iscrizione al sindacato non è indispensabile per fruire del servizio dei CAAF, e in ogni caso questa informazione non viene raccolta; è però altamente probabile che la grande maggioranza di coloro che si rivolgono a un CAAF (quale che sia l’organizzazione che lo gestisce), sia anche iscritta alla stessa organizzazione. E’ quindi molto significativo che le oltre 566 mila dichiarazioni del 2007 siano quasi il 73% degli iscritti alla CISL della Lombardia (l’89% degli “attivi” e quasi il 56% dei pensionati), segno di un sicuro apprezzamento del servizio offerto.

Un altro aspetto da considerare riguarda la residenza dei contribuenti. Delle 552 mila dichiarazioni presentate nel 2006 e delle 566 mila presentate nel 2007 attraverso i CAAF CISL della Lombardia 458 mila circa16 si riferiscono, in entrambi gli anni, a residenti in Lombardia, che hanno presentato la dichiarazione sia nel 2006 che nel 2007 e sono l’81-82% del totale.

I restanti (quasi 95 mila nel 2006, oltre 108 mila nel 2007), in parte si sono serviti dei CAAF della Cisl lombarda in uno solo dei due anni, in parte sono residenti nelle regioni contigue (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna) e prestando la propria attività lavorativa in Lombardi, hanno trovato più agevole, si può ritenere, presentare la dichiarazione dei redditi presso una sede localizzata nella provincia di lavoro, piuttosto che nella provincia di residenza17. Questo però significa anche che è pur sempre la Lombardia la regione in cui il reddito da lavoro oggetto di tassazione viene prodotto e che per quanto riguarda il suo valore procapite esso è quindi del tutto assimilabile a quello dei lavoratori residenti e occupati in Lombardia.

Oltre alla rappresentatività, non meno importante è quindi la “stabilità” del campione, vale a dire la permanenza di anno in anno, all’interno della base dati trattata, di un’ampia quota di contribuenti, in modo che le variazioni osservate da un anno all’altro siano influenzate il meno possibile da un cambiamento dei soggetti cui le dichiarazioni di riferiscono.

Questa stabilità è garantita dai 458 mila utenti di cui sopra (tutti residenti in Lombardia), dei quali 433.659 con reddito imponibile (al netto quindi di 20 mila “incapienti” per deduzione).

L’aver isolato questo specifico “panel”, comunque molto numeroso, è particolarmente importante perché ha consentito di calcolare la variazione da un anno all’altro dei redditi su un aggregato di soggetti stabili, mentre la variazione dei redditi dichiarati con riferimento a tutti i contribuenti, risente dei cambiamenti di composizione, dato che i restanti contribuenti (119 mila nel 2006, 132 mila nel 2007) presentano caratteristiche molto diverse, sia tra loro, sia rispetto ai 434 mila “compresenti” oggetto di analisi.

Non a caso ne conseguono variazioni molto diverse, che potrebbero portare a considerazioni quasi di segno opposto: mentre il reddito medio imponibile dei 434 mila contribuenti “compresenti” è variato da un anno all’altro di oltre il 6%, il reddito lordo dichiarato dei contribuenti totali è aumentato del 3,2%, vale a dire in misura quasi dimezzata: una differenza di non poco conto, (pur essendo riferita a due grandezze diverse), che di seguito saranno meglio analizzata, ma qui viene citata per sottolineare quanto i cambiamenti di composizione da un anno altro (dovuti semplicemente al “ricambio” degli utenti) possano incidere in modo notevole sul calcolo delle variazioni, pur riguardando solo un quinto circa delle dichiarazioni totali.

In altre parole, la pur elevata numerosità delle dichiarazioni non garantisce di per se’, senza un appropriato trattamento dei dati, una significatività certa dei risultati.

Esaminata la rappresentatività dei dati che saranno oggetto di analisi, anche attraverso il confronto con l’universo delle dichiarazioni presentate dai contribuenti lombardi, questo capitolo presenterà la 16 A tale numero, comprendente tutti i contribuenti con reddito lordo (dei quali circa 20 mila “incapienti”), si riferiscono i dati relativi allo stato civile e ai carichi familiari (cfr. capitolo 1.6). 17 Inoltre, nel caso di iscritti al sindacato, dato che l’iscrizione avviene per luogo di lavoro, non di residenza, essi sono iscritti a una struttura sindacale lombarda, pur risiedendo in un’altra regione.

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composizione delle dichiarazioni secondo le principali caratteristiche dei contribuenti (posizione lavorativa, sesso, età, situazione familiare, titolo di studio, settore di attività, classi di reddito, proprietà o meno dell’abitazione principale, stato civile) in base alle quali saranno successivamente analizzati gli importi dei redditi, la loro distribuzione, i differenziali e gli andamenti tra il 2005 e il 2006 (anni cui si riferiscono le dichiarazioni 2006 e 2007) e la pressione fiscale.

Questo affinché siano ben chiare le caratteristiche dei soggetti cui i dati analizzati si riferiscono, e quindi i limiti di rappresentatività, ma anche i pregi, che essi presentano.

1.1 I contribuenti per posizione lavorativa e sesso

Le dichiarazioni analizzate riguardano, nella quasi totalità dei casi, lavoratori dipendenti (e assimilati18) e pensionati e ciò è del tutto naturale, considerando che i redditi denunciati sono principalmente da lavoro dipendente e assimilati: nel 2007 le relative quote sono rispettivamente il 61,1 e il 37,9% del totale (in valore assoluto 346 e 214 mila dichiarazioni circa), mentre i soggetti con “altra posizione” (lavoratori non dipendenti e altri) raggiungono appena le 5.650 unità, per una quota dell’1%, e oltretutto risultano in calo di oltre il 20% rispetto all’anno precedente.

Complessivamente le dichiarazioni presentate aumentano del 2,5%: +2,6% i lavoratori, +3,0% i pensionati.

Tra i contribuenti “lavoratori”, sono compresi anche quasi mille che volgono un lavoro socialmente utile e 630 disoccupati: i primi aumentati del 5,1% i secondi di oltre il 22% (ma partendo da poco più di 500 unità). Le dichiarazioni di lavoratori dipendenti in senso stretto sono risultate 344.490 (il 2,6% in più rispetto al 2006) e i corrispondenti redditi dichiarati quasi 364 mila (circa 19.500 hanno cioè dichiarato più di un reddito da lavoro dipendente, caso che si riferisce soprattutto a coloro che nel corso dell’anno hanno cambiato lavoro). 18 Lavoratori socialmente utili, in mobilità, disoccupati.

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Tra le dichiarazioni di “altri” soggetti, quasi due terzi riguardano 3.640 casalinghe, seguite da 920 Co.Co.Co., da poco più di 400 studenti e da meno di 300 lavoratori autonomi.

Secondo il “genere”, le dichiarazioni del 2007 sono state presentate per il 54% di uomini e per il 46% da donne, quote pressoché immutate da un anno all’altro, considerano che i due gruppi sono aumentati in misura molto simile: +2,8% le donne, +2,2% gli uomini.

E’ interessante osservare che questa ripartizione è praticamente la stessa degli occupati dipendenti rilevati dall’Istat in Lombardia nel 2006 (anno cui si riferisce la dichiarazione), costituiti per il 55% da uomini e per il 45% da donne; le dichiarazioni analizzate (sebbene comprensive anche dei pensionati) corrispondono pertanto a una quota del tutto analoga degli occupati uomini e donne (il 17,1 e il 17,8%), che quindi possiamo ritenere abbiano una identica propensione (e necessità) a servirsi del servizio dei CAAF19.

19 Non dissimile la ripartizione tra uomini e donne dei 434 mila contribuenti presenti nei due anni, su cui sono state condotte le principali elaborazioni.

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La distinzione tra “lavoratori” e “pensionati” riguarda la fonte di reddito principale (a parte quelli di altra natura, come il reddito da fabbricati); vi è però un’area di sovrapposizione tra lavoratori e pensionati, tutt’altro che trascurabile, che riguarda persone che pure essendo pensionate, continuano a svolgere (il più delle volte per necessità, come risulterà evidente dall’analisi dei redditi) un’attività lavorativa alle dipendenze.

Il loro numero è tutt’altro che marginale: nel 2007 quasi 118 mila, per una variazione del 17,7% rispetto ai poco meno di 100 mila dell’anno precedente, rispetto a un incremento complessivo del 2,5; conseguentemente si è innalzata anche la loro quota sul totale, passata dal 18,1 al 20,8%.

Si sono invece ridotti i titolari solo di reddito da pensione (-10,6%), la cui incidenza è quindi diminuita dal 19,6 al 17,1% dei contribuenti che si sono serviti dei CAAF della Cisl in Lombardia.

Pur tenendo conto che questi andamenti inglobano il ricambio tra coloro che hanno presentato la dichiarazione dei redditi nel 2006 (ma non nel 2007) e coloro che si sono rivolti ai CAAF solo nel 2007, il diverso andamento di solo pensionati e pensionati con reddito anche da lavoro dipendente, riflette probabilmente il fatto che aumenta, fra i titolari di pensioni particolarmente basse, la necessità di integrazione del proprio reddito anche con un lavoro dipendente.

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1.2 I contribuenti per tipo di redditi dichiarati

I 566 mila contribuenti che nel 2007 si sono rivolti ai CAAF della Cisl, hanno dichiarato complessivamente quasi 1,2 milioni di redditi lordi (qui intesi come numero di “quadri” compilati). Di questi, oltre un milione sono redditi da lavoro e assimilati (riferiti a quasi 589 mila dichiaranti) o redditi da fabbricati (oltre 440.500).

Scarsa consistenza hanno invece le dichiarazioni riguardanti gli altri tipi di reddito (dominicali, agrari e altri) e ancora inferiore è la loro incidenza calcolata sull’ammontare monetario dei redditi dichiarati, costituito per il 97,2% da redditi da lavoro dipendente e assimilati (lavoro e pensione), per il 2,4% da redditi da fabbricati e per lo 0,3% da “altri” redditi20.

Il rapporto tra numero di redditi dichiarati e numero di dichiaranti può assumere anche valori superiori a uno, non solo nel caso dei dipendenti, che possono aver svolto nell’anno due diversi lavori, ma anche dei pensionati, vuoi perché possono essere titolari di più pensioni, oppure, come si è visto, per il fatto che possono svolgere un’attività lavorativa di tipo dipendente anche se pensionati.

Lo stesso rapporto riferito agli altri tipi di reddito è sempre inferiore all’unità, e in pratica coincidente con la quota di contribuenti che hanno dichiarato uno specifico tipo di reddito.

In particolare nel caso dei redditi da fabbricati, i 77,8 contribuenti su 100 che ne hanno dichiarato il possesso possono anche avere più di una abitazione (in realtà si può ritenere estremamente pochi, considerando anche le altre caratteristiche che emergono dal profilo socio-economico che le informazioni desumibili dalle dichiarazioni consentono di tracciare).

Per l’anno 2005 (l’ultimo di cui vi è disponibilità dei dati del ministero delle Finanze), è stato operato un confronto per tipo di reddito con quanto esposto nelle dichiarazioni dello stesso anno presentate dagli utenti dei CAAF della Cisl.

20 Comprendono i redditi da lavoro autonomo, da impresa, da partecipazione, da capitale, e a tassazione separata.

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Il confronto, riportato nella tavola successiva, mostra i seguenti aspetti di particolare rilievo:

- I contribuenti che si sono rivolti ai CAAF (il 7,7% di tutte le persone fisiche che hanno presentato la dichiarazione dei redditi nel 2005, l’8,9% dei dipendenti, l’8% dei pensionati), hanno presentato l’11,6% dei redditi domenicali, il 12,6% dei redditi agrari, il 12,1% dei redditi da fabbricati, l’8,3% dei redditi da lavoro dipendente e assimilati (comprese quindi le pensioni), ma solo l’1,0% degli altri redditi;

- Ogni 100 contribuenti, gli utenti dei CAAF Cisl presentano quote costantemente più elevate per i redditi domenicali e agrari, ma soprattutto da fabbricati: quasi il 77%, rispetto al 48,9% della totalità delle persone fisiche (il possesso di fabbricati è infatti una delle ragioni principali di ricorso a un servizio di assistenza fiscale); per contro, solo 2,7 su 100 hanno dichiarato altri tipi di reddito, contro una media del 20,1% (che deriva fondamentalmente dai contribuenti diversi da dipendenti e pensionati); uno sbilanciamento minore, ma pur sempre elevato del rapporto altri redditi/contribuenti si osserva anche nello specifico per lavoratori dipendenti e pensionati: per i primi 3,3 su 100 hanno dichiarato “altri redditi” in base ai dati CAAF, contro i 9,1 su 100 per i dati del Ministero delle Finanze, per i secondi rispettivamente 1,5 e 8,0 su 100.

(1) I dati CAAF riguardano congiuntamente redditi da lavoro dipendente e da pensione.

Queste caratteristiche si riflettono anche sulla composizione dell’ammontare totale dei redditi dichiarati e sui loro valori medi.

La composizione del monte redditi dei contribuenti che si sono serviti dei CAAF della Cisl è costituita per oltre il 97% da redditi da lavoro dipendente e pensioni, quota che per l’insieme dei contribuenti è del 97,5%. Gli “altri redditi” incidono invece rispettivamente per lo 0,3 e per il 16,4%, mentre i redditi da fabbricati incidono per il 2,5 e per il 3,9%.

Maggiore equilibrio si osserva invece considerano specificatamente lavoratori dipendenti e pensionati, ma anche in questo caso la differenza tra le due fonti attiene soprattutto gli “altri” redditi e in parte i redditi da fabbricati.

Queste differenze, a loro volta, si trasferiscono sui valori medi di reddito, determinando uno scarto a favore dell’insieme dei contribuenti sia per il reddito medio totale, sia per il reddito medio di ogni tipo di reddito, a eccezione di quelli da lavoro dipendente e assimilati.

Il reddito medio totale raggiunge infatti 20.500 euro per il totale dei contribuenti, ma si ferma a 19.730 euro per gli utenti CAAF e un analogo differenziale si osserva anche per dipendenti e pensionati singolarmente presi: 23.700 e 22.300 euro per i primi, 17.400 e 16.700 euro per i secondi.

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La maggiore differenza riguarda gli “altri” redditi: 16.780 euro per il totale dei contribuenti, 2.275 euro per gli utenti CAAF, ma uno scarto di un certo rilievo si osserva anche per i redditi da fabbricati, pari rispettivamente a 1.638 euro e a 633 euro (scarto che riguarda anche dipendenti e pensionati singolarmente presi).

L’unico tipo di reddito per il quale la situazione si capovolge è quello da lavoro dipendente e assimilati: 19.614 euro per gli utenti CAAF, 17.915 euro per il totale dei contribuenti, secondo i dati del Ministero delle Finanze.

Ciò vale ovviamente anche per lavoratori dipendenti e pensionati singolarmente presi: 21.944 e 20.748 euro per i primi, 15.976 e 14.153 euro per i secondi.

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Nb. I valori sono calcolati con riferimenti ai dichiaranti ciascun tipo di reddito.

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Questo perché, come si è già accennato, coloro che non si rivolgono a un centro di assistenza fiscale hanno probabilmente una situazione reddituale più semplice (minore quota di abitazioni in proprietà, assenza di spese di cui è ammessa la detrazione, unicità del reddito, e così via), cui corrisponde anche un minore importo del reddito medio.

Il confronto quindi, sia pure riferito al 2005 (e quindi ai redditi maturati nel 2004) non solo mostra la congruità dei dati CAAF con quelli “ufficiali” e generali del Ministero delle Finanze, ma consente anche di esplicitare meglio le caratteristiche dei contribuenti cui l’analisi fa riferimento.

1.3 I contribuenti per classi di età

La maggioranza relativa dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione nel 2007 risulta in età da 35 a 44 anni, che con una quota del 22,1% rappresenta quindi la classe di età “modale”.

E’ invece poco dopo i 50 anni, che si colloca la demarcazione tra la prima metà dei contribuenti più giovani e l’altra metà dei contribuenti più anziani: in altre parole, metà dei contribuenti ha meno di 50 anni, un’altra metà supera questa soglia.

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Anche il confronto tra la curva della distribuzione cumulata e quella di equidistribuzione (vale a dire corrispondente a un’identica quota per ciascuna classe di età), mostra come la prima sopravanzi costantemente la seconda già a partire dalla classe 35-44 anni, il che sta a indicare quote di contribuenti proporzionalmente superiori con l’innalzamento dell’età degli stessi.

Per altro, si può calcolare che questi abbiano un’età media di 52,7 anni: valore decisamente elevato che, come le curve della distribuzione, deriva fondamentalmente dalla elevata quota di pensionati, come si è visto superiore a un terzo del totale.

Altrettanto interessante l’osservazione dell’età media per classi di reddito: le età più elevate, all’incirca tra i 57 e i 58 anni, sono quelle dei contribuenti con un reddito da 5 a 15 mila euro, tra i quali molti pensionati a basso reddito, che innalzano l’età media dei percettori di questi redditi bassi, che sembrerebbe invece dover caratterizzare sopratutto le fasce giovanili, all’inizio della vita lavorativa; dopo la soglia dei 15 mila euro l’età media per classe di reddito si abbassa fino a circa 50 anni, con una leggera propensione alla risalita a partire dai 50 mila euro di reddito annuo dichiarato (combinandosi in questo modo l’avanzamento dell’età con l’avanzamento nella carriera lavorativa e quindi del reddito da lavoro percepito).

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Non molto diversa, da quella del 2007, la distribuzione per età dei contribuenti “compresenti”, che hanno cioè presentato la dichiarazione ai CAAF della Cisl sia nel 2006 che nel 2007, ma leggermente più spostata avanti negli anni.

Si nota infatti una minore quota sia di giovani fino a 29 anni (il 4,5%, rispetto al 7,0% degli utenti totali), sia dei contribuenti fra i 30 e i 44 anni di età (30,5 e 31,4%); quote maggiori, per contro, detengono le classi più anziane, soprattutto quella da 45 a 64 anni (37,6 e 35,4%), ma anche quella degli over 65 (27,4 e 26,3%).

In altre parole si conferma una maggiore presenza e una “fedeltà” al servizio dei CAAF da parte dei contribuenti più anziani, da un lato per la minore mobilità sociale e lavorativa, dall’altro perché molti di essi hanno probabilmente da vari anni un rapporto con l’organizzazione sindacale.

1.4 I contribuenti per titolo di studio

La distribuzione dei contribuenti per titolo di studio è purtroppo inficiata dalla quota molto elevata delle dichiarazione nelle quali il titolo di studio non è stato rilevato, oppure non risulta noto, o il relativo “campo” non è stato compilato: l’insieme di questi “casi” riguarda quasi 264 mila delle 566 mila dichiarazioni presentate nel 2007, corrispondenti a poco meno della metà del totale (46,6%).

(1) Comprende: dato non rilevato, non noto, non compilato

(1) Comprende: dato non rilevato, non noto, non compilato, nessun titolo, licenza element. e media infer.

Ripartizione delle dichiarazioni per titolo di studio dei contribuenti.Anno 2007

0

50.000

100.000

150.000

200.000

250.000

300.000

Dato mancante(1)

Nessuno Licenzaelementare

Licenza media DiplomaProfessionale

Diploma mediasuperiore

Diplomauniversitario

Laurea

Femmine Maschi

Ripartizione delle dichiarazioni per titolo di studio dei contribuenti. Anno 2007

Titolo universitario4%Diploma media

superiore9%

Diploma Professionale

8%

Licenza media o inferiore (1)

79%

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E’ ovvio, di conseguenza, che le quote di tutti i contribuenti con titolo di studio dichiarato vengono “schiacciate”, e i relativi valori appaiono decisamente bassi.

Il gruppo più consistente è quello di coloro che hanno dichiarato di essere in possesso della licenza di scuola media inferiore (15,2%), seguiti da coloro che hanno solo la licenza elementare (12,1%), dai diplomati di scuola media superiore (9,3%) e da coloro che hanno una qualifica professionale (8,4%).

Appena il 4,1% è in possesso di un titolo universitario, diploma (2,3%) o laurea (1,8%); praticamente la stessa quota (4,0%) riguarda coloro che hanno dichiarato di non possedere alcun titolo di studio.

Le donne, significativamente, presentano quote più elevate degli uomini sia come diplomate (10,3%, contro l’8,4% degli uomini), sia con titolo di studio universitario (4,9 e 3,4%).

E’ del tutto ragionevole, per altro, ritenere che il 46,6% di informazioni mancanti riguardi persone con livelli di istruzione bassi; assumendo questa ipotesi i contribuenti in possesso al massimo della licenza media dell’obbligo, sono pari all’incirca al 79% del totale.

Anche questo trova spiegazione non solo nella maggiore difficoltà che le persone poco scolarizzate incontrano nel compilare la dichiarazione dei redditi (da cui la maggiore necessità di rivolgersi a un servizio quale il CAAF) ma anche nella struttura per età di coloro che hanno utilizzato tale servizio, vale a dire nella quota particolarmente elevata, come visto in precedenza, di persone in età avanzata, appartenenti quindi a generazioni con livelli di istruzione bassi, quando non del tutto mancanti, per condizioni storiche, economiche e sociali che rendevano l’istruzione un privilegio di pochi.

Non diversa, da quella descritta, la ripartizione dei contribuenti che si sono serviti dei CAAF Cisl sia nel 2006 che nel 2007; questi ultimi, positivamente, detengono una quota minore (di circa 2 punti), di contribuenti il cui titolo di studio non è conosciuto; oltre a ciò troviamo una quota minore (di quasi un punto), dei contribuenti con la sola licenza elementare; quindi, nel complesso, quasi tre

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punti, che si ripartiscono a favore degli altri contribuenti, con una leggera preferenza verso coloro che hanno la licenza di scuola media inferiore.

1.5 I contribuenti per settore di attività

Secondo il settore di attività economica di lavoro, i quasi 434 mila contribuenti che hanno fatto ricorso ai CAAF della CISL sia nel 2006 che nel 2007 sono impiegati per circa un quarto nel settore industriale (24,4%); leggermente più numerosi gli occupati nei servizi, pari al 27,5%, escludendo però la Pubblica Amministrazione; dei restanti, l’1,2% è occupato in agricoltura e per il 2,4% l’informazione non è disponibile.

La base dati dei “compresenti” non consente purtroppo di mettere in evidenza i pensionati e i dipendenti della Pubblica Amministrazione considerati congiuntamente, in quanto i primi, avendo come sostituto l’imposta un ente previdenziale (in prevalenza INPS o IMPDAP), sono stati classificati tra i dipendenti della Pubblica Amministrazione.

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Gli occupati nell’industria sono in massima parte occupati nelle attività industriali in senso stretto (quasi l’87%) e poco più del 13% è occupato nelle costruzioni; tra i primi il gruppo più numeroso è quello degli occupati nelle industrie metallurgiche e meccaniche; tra gli occupati nei servizi (a esclusione della Pubblica Amministrazione, i più numerosi sono gi occupati nel settore “altri servizi” (pubblici, sociali, personali), seguiti da quelli nelle attività commerciali e da quelli nei servizi alle imprese e professionali (tra i quali sono comprese molte attività dequalificate, quali, ad esempio, i servizi di pulizia).

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1.6 I contribuenti per classi di reddito

I valori medi del reddito di una “popolazione” (in senso statistico) qualunque essa sia, sono una misura sintetica, ma che può risultare fuorviante, dato che per sua natura ogni valore medio può essere la risultante di un numero elevatissimo di possibili combinazioni di valori individuali.

La distribuzione dei contribuenti, quanto meno per classi di reddito offre un’immagine sicuramente più veritiera, perché mostra sia l’entità sia delle cosiddette “code” della distribuzione (vale a dire l’incidenza dei valori estremamente bassi o estremamente alti), e sia dove si concentra la grande maggioranza dei percettori.

Qui interessa semplicemente evidenziare tale aspetto quale caratteristica non tanto del fenomeno distributivo del reddito (e quindi delle disuguaglianze), quanto piuttosto dei percettori compresi nel segmento di universo che i dati analizzati consentono di cogliere.

Le curve riportate nel grafico mostrano, da due diverse angolazioni, la marcata concentrazione di contribuenti nelle fasce di reddito basse e medio basse: quasi il 55% dei contribuenti ha dichiarato nel 2007 (quindi per il 2006) un reddito dichiarato lordo inferiore ai 20 mila euro e arrivando alla soglia dei 35 mila euro si sfiora il 92%.

Sempre il 55% dei contribuenti ha dichiarato un reddito compreso tra 10 mila e 22.500 euro, mentre le “code” delle distribuzione sono costituite dal 10% di dichiarazioni inferiori ai 10 mila euro e da una identica quota di dichiarazioni superiori ai 32.500: in altre parole, l’80% di coloro che hanno presentato la dichiarazione attraverso i CAAF della Cisl in Lombardia hanno dichiarato nel 2007 (e maturato nel 2006) un reddito totale dichiarato compreso tra 10 mila e 32.500 euro.

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Uomini e donne, come si vede dai grafici soprastanti, presentano una distribuzione alquanto diversa: la curva dei primi è infatti nettamente spostata a destra di quella delle seconde, vale a dire verso le classi di reddito più elevate.

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In particolare, mentre il 56% delle donne ha dichiarato un reddito lordo fino a 27.500 euro, a questo limite arriva invece poco più del 28% degli uomini, dei quali oltre due terzi ha dichiarato tra i 12.500 e i 35 mila euro.

Quote molto maggiori di donne si riscontrano nelle classi da 7.500 a 15 mila euro, quote molto maggiori di uomini in quelle da 20 a 25 mila euro.

1.7 La situazione familiare e abitativa dei contribuenti

Dei 566 mila contribuenti che nel 2007 hanno presentato la dichiarazione dei redditi presso i CAAF CISL della Lombardia, il 48,9% ha familiari a carico, quota praticamente identica a quella dell’anno precedente (49,1%).

Di questi, 276.800 contribuenti con carichi di famiglia 81.400 circa hanno a carico il coniuge, 108.600 un figlio, 73.570 due figli e 13.200 più di due figli.

La quota di contribuenti con carichi familiari cresce, come si può facilmente osservare, all’aumentare del reddito, fatto questo che riflette diversi aspetti.

In primo luogo la constatazione che la costituzione di nuclei familiari in cui, a prescindere dalla presenza di figli, uno dei coniugi sia a carico dell’altro (e quindi solo uno dei due lavora, mentre l’altro non lavora o ha comunque un reddito molto modesto) è sicuramente difficile in presenza di un basso livello di reddito (da parte del coniuge che lavora).

A ciò si aggiunga il fatto che l’età media dei matrimoni e della nascita del primo figlio tende continuamente ad alzarsi, per cui alle fasce di reddito basse, in parte coincidenti con fasce di età giovanili, all’inizio della vita lavorativa, la presenza di carichi familiari è necessariamente modesta.

In secondo luogo non va dimenticato il fatto che dei 566 mila contribuenti considerati ben 214 mila sono pensionati e quindi si può ritenere che ben difficilmente essi abbiano ancora figli a carico. Se quindi calcolassimo la quota di contribuenti con carichi familiari solo sui “non pensionati” questa risulterebbe quasi del 79% (anche se una parte di pensionati ha probabilmente il coniuge a carico).

In terzo luogo la bassa quota di carici familiari in presenza di bassi livelli di reddito deriva anche dal fatto che l’età media dei percettori di redditi bassi non è necessariamente quella delle classi di

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età giovanili, come visto in precedenza: le fasce di reddito basso, sono cioè coperte in buona misura da persone anziane, per le quali vale quanto detto a proposito dei pensionati, con cui in larga parte coincidono.

nb. I valori numerici riportati nel grafico si riferiscono all’anno 2007

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Ovviamente possono darsi tre principali tipi di situazioni in ordine al carico familiare: questo cioè, può essere costituito dal solo coniuge, solo da figli, oppure da entrambi, coniuge e figli allo stesso tempo.

Questa migliore specificazione delle situazioni familiari è stata costruita sui dati individuali relativi ai soli 457 mila contribuenti residenti in Lombardia.

Di essi, innanzitutto, i quasi 238 mila con carichi familiari sono il 52%, quindi tre punti in più rispetto al valore indicato in precedenza con riferimento a tutte le dichiarazioni. Questo significa che gli altri 108 mila utenti CAAF hanno una situazione familiare alquanto diversa, stante che di essi meno del 36% ha carichi familiari (probabilmente trattasi di contribuenti più giovani, con redditi più elevati, in prevalenza singles, ecc).

Lo stato civile di quanti hanno carichi familiari quasi nel 92% dei casi è quello di coniugato. Dei restanti (vedovi, separati, divorziati, celibi o nubili) il gruppo leggermente più numeroso è quello dei separati/e, con una quota quasi del 3%.

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I contribuenti con il coniuge a carico sono complessivamente quasi 81 mila, il 9,5% del totale, ma oltre il 18% di quelli con carichi familiari; di essi quasi 43.600 hanno a carico solo il coniuge, 37.200 il coniuge e uno o più figli. Rispetto ai quasi 218 mila coniugati con carichi familiari essi costituiscono il 37% circa, il che significa, per deduzione, che ben il 63% dei coniugati con carichi familiari ha il coniuge che lavora: condizione che riflette sia una necessità oggettiva (tanto più in presenza di figli), sia una elevata partecipazione al mercato del lavoro di entrambi i componenti del nucleo familiare.

Quasi 193.700 sono i contribuenti con figli a carico, pari all’81,4%: 37.200 con anche il coniuge a carico, oltre 156.400 con soli figli a carico (15,6 e 65,7% rispettivamente).

In maggioranza trattasi di un nico figlio (107.600 casi), ma per quasi 73 mila i figli a carico sono due; poco più di 13 mila sono invece coloro che hanno a carico più di due figli.

I rapporti di composizione citati presentano una discreta variabilità tra le diverse province della Lombardia: in particolare si osserva che la quota di contribuenti con familiari a carico (in media il 52%), è compresa tra meno del 46% di Como e il 60,5% di Mantova; lo stesso vale per la quota di coloro che hanno a carico il coniuge (con o senza figli), compresa tra il 27% di Pavia e il 42% di Brescia e per la quota di quanti hanno figli a carico (con o senza coniuge, compresa tra il 77% di Brescia e l’85% di Varese

L’ultimo elemento distintivo riguardante la condizione familiare dei contribuenti cui è importante accennare è quello relativo alla proprietà o meno dell’abitazione principale: abitazione che risulta in proprietà, mediamente, nel 70,3% dei casi, con un leggero innalzamento rispetto al 2006 (69,7%).

Come ci si può facilmente attendere, la quota di contribuenti con abitazione principale in proprietà aumenta all’aumentare del reddito, fino a superare l’80% per i contribuenti delle fasce più elevate.

nb. I valori numerici riportati nel grafico si riferiscono all’anno 2007

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Anche per quelli delle fasce più basse rappresenta comunque una quota ragguardevole, che parte da un minimo del 60%, anche perché la proprietà dell’abitazione è spesso di per se’ motivo del ricorso all’assistenza fiscale.

I contribuenti delle fasce più basse sono però anche quelli la cui quota con abitazione principale in proprietà di riduce; questo in parte è riconducibile al ricambio dei contribuenti che si sono serviti dei CAAF della CISL, che come ricordato in precedenza si sono spostati proprio verso le fasce di reddito inferiori, in parte è riconducibile al peso crescente di cittadini extra-comunitari, per i quali l’accesso all’abitazione in proprietà è talvolta ostacolato non solo da ragioni economiche (un certo ostracismo o la necessità, ad esempio, di inviare alle famiglie di origine parte del proprio reddito e comunque il suo valore mediamente basso), ma anche dalla spropositata crescita dei valori immobiliari e degli interessi sui mutui, che negli ultimi anni hanno reso sempre più difficile, quando non proibitivo, soprattutto ai giovani, l’acquisto dell’abitazione.

1.8 Gli “incapienti”

Quando un contribuente non presenta un reddito adeguatamente alto per poter usufruire di tutte le deduzioni o detrazioni spettanti, allora tale contribuente risulta incapiente; le prime sono abbattimenti del reddito per carichi familiari21, abitazione principale, oneri deducibili, spese per la produzione del reddito (lavoro) e hanno una soglia minima di 3 mila euro; le seconde sono invece riduzioni dell’imposta per _____________.

La determinazione degli incapienti viene fatta calcolando per ogni contribuente le deduzioni e le detrazioni potenziali e confrontandole poi con quelle effettive: se queste sono inferiori alle prime, il contribuente risulta incapiente. Per effetto di ciò, egli subisce un mancato risparmio d’imposta inferiore a una mancata detrazione. L’analisi è stata svolta a sui dati di ogni provincia (dai quali si è poi derivato l’aggregato regionale) e con riferimento ai quasi 458 contribuenti residenti in Lombardia e compresenti negli anni di dichiarazione 2006 e 2007.

Gli incapienti per deduzione sono gli stessi in entrambi gli anni (poco più di 20 mila) e sono in media il 5,2% dei contribuenti totali (con reddito lordo dichiarato); gli incapienti per detrazione sono invece il 2% nel 2006 e l’1,7% nel 2007 dei contribuenti con reddito imponibile22 (1,9 e 1,6% dei dichiaranti totali con reddito lordo),

Il lavoro considera la situazione delle deduzioni e delle detrazioni delle dichiarazioni degli anni 2006 e 2007.

Dalla somma degli incapienti da deduzione e da detrazione si ottiene la numerosità degli incapienti totali: quasi 32.900 nel 2006, quasi 31.500 nel 2007, vale a dire il 7,6 e il 7,3%; quota che risulta inferiore di circa 2 punti al 9% della media nazionale del 2007.

21 Queste sono state introdotte nel 2005, in applicazione del secondo modulo della riforma Tremomti, mentre in precedenza per i caichi familiari si prevedevano detrazioni d’imposta. 22 I dichiaranti con reddito imponibile sono uguali ai dichiaranti totali (con reddito lordo) meno gli incapienti per deduzione (che grazie alle deduzioni hanno un reddito non imponbile).

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La riduzione osservata in Lombardia da un anno all’altro ha riguardato tutte le province, anche se tra queste la situazione è molto diversificata: fra il 3,9% di Lecco e il 13,7% di Como; superano la media anche Bergamo e Brescia, mentre tutte le altre province ne stanno al di sotto.

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Le situazioni di incapienza da detrazione, per le quali si hanno a disposizione i dati più completi, si concentrano nelle fasce di reddito più basse: nel 2007 quasi l’80% in quella fino a 5.000 euro di reddito imponibile.

Ciò è dovuto al fatto che nella fasce più basse vi sono i contribuenti che hanno solo redditi da terreni o fabbricati mentre in quelle successive vi sono lavoratori e pensionati che non riescono ad usufruire per intero soprattutto delle deduzioni spettanti.

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Parte II L’analisi dei redditi e dell’imposizione fiscale

2.1 Andamenti e differenziali di reddito per tipologia di contribuenti e “genere”

Come si è detto, descrivendo le principali caratteristiche dei contribuenti che si sono rivolti ai CAAF della CISL per presentare le dichiarazioni nel 2006 e nel 2007, possiamo dare, dei dati disponibili, due misurazioni, entrambe basate su valori assoluti molto consistenti, vale a dire oltre 550-560 mila considerando tutti i contribuenti dei due anni, circa 434 mila considerando i contribuenti che sono presenti nell’archivio in entrambi gli anni; questi ultimi sono tutti residenti in Lombardia, al netto di circa 20 mila incapienti per deduzioni (ovviamente è residente in Lombardia anche gran parte di coloro che si sono serviti dei CAAF della Cisl in uno solo dei due anni).

Le due elaborazioni riguardano due grandezze diverse: quella riferita a tutti gli utenti CAAF considera i redditi lori dichiarati, quella riferita ai “compresenti” considera invece i redditi imponibili. Le due grandezze non sono quindi comparabili tra loro (in valore assoluto vi è una differenza nell’ordine dei 3-4 mila euro, corrispondenti agli oneri deducibili), mentre è invece possibile confrontarne gli andamenti.

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I diversi risultati cui conducono le due misurazioni sono sintetizzati nella tavola sovrastante, che fornisce molteplici indicazioni.

Innanzitutto riguardo ai contribuenti: i compresenti, rispetto al totale, sono il 21,5% in meno nel 2006 e il 23,4% in meno nel 2007: vi è quindi un “ricambio” degli utenti CAAF pari a circa un quinto del totale; questa differenza è però compresa fra il 25 e il 27% per le donne, e fra il 18 e il 20% tra gli uomini; le prime, in altre parole, hanno un ricambio più elevato e sono, se così si può dire, meno “fedeli” nel ricorso ai servizi dei CAAF.

Il valor medio del reddito dichiarato (lordo), considerando tutti i contribuenti è di 20.526 euro nelle dichiarazioni del 2006, di 21.185 in quelle del 2007, con una variazione del 3,2% (+3,6% le donne, +3,0% gli uomini).

Considerando solo i contribuenti “compresenti”, il valore dei redditi imponibili nei due anni sono ovviamente più bassi (16.526 e 17.532 euro), ma la variazione quasi doppia: +6,1% (+6,7% le donne, +5,8% gli uomini) 23.

23 A livello nazionale, i dati CAAF hanno rilevato, per i compresenti nei due anni, un reddito imponibile pari rispettivamente a 20.037 e a 20.916 euro. Cfr Lorenzo Lusignoli. Dal Reddito all’imposta netta. Edizioni Lavoro.

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Ancorché riferita a un numero di dichiarazioni inferiore, questa è la variazione effettiva dei redditi imponibili di 433 mila persone fisiche, esattamente identificate ed esattamente le stesse nei due anni: è quindi sicuramente più veritiera dell’andamento dei redditi di questo “segmento” di contribuenti, cui non si può dare valenza generale, ma che certamente è particolarmente rappresentativo dei lavoratori e dei pensionati che fanno riferimento al sindacato e al suo servizio fiscale.

(1)-(2) Vedi testo

Molto marcata, quale che sia la grandezza considerata, la differenza di reddito tra uomini e donne, ma in leggera attenuazione stante il diverso andamento degli importi tra il 2006 e il 2007: nell’ultimo anno il reddito imponibile degli uomini supera la media 16,3%, quello delle donne è inferiore alla media del 21,1%., e tra uomini e donne il differenziale supera il 43%; le rispettive variazioni sono però state del +5,8% per i redditi degli uomini e del 6,7% per le donne e quindi lo scarto si è leggermente attenuato (nell’anno precedente era quasi del 45%).

Quaderni. 2008. Questi valori sono solo in parte confrontabile con i valori regionali oggetto della presente analisi, che si riferiscono ai solo compresenti e residenti in Lombardia.

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Queste ultime hanno conosciuto incrementi superiori a quelli degli uomini anche considerando tutti i contribuenti, a eccezione però dei pensionati: +3,1% il reddito degli uomini, +2,7% quelli delle donne.

Il differenziale di reddito tra uomini e donne riflette una “discriminazione” per certi aspetti storica, che vede queste ultime concentrate su lavori mediamente meno qualificati, con minori livelli di responsabilità, con minori opportunità di progressione di carriera, e quindi, in definitiva, con livelli retributivi inferiori a quelli degli uomini. Scarti molto inferiori si riscontrano invece a parità di competenze individuali e posizioni lavorative (livelli di istruzione, professioni svolte, qualifica, età, ecc.).

Nell’aggregato di contribuenti analizzato lo scarto è ulteriormente rafforzato dalla elevata età media, che a sua volta riflette(soprattutto per i pensionati) condizioni sociali e di lavoro in cui la discriminazione in termini di opportunità (e spesso anche retributiva a parità di lavoro svolto) era decisamente più accentuata di quanto non sia attualmente.

Sempre con riferimento a tutti i contribuenti, i pensionati (il cui reddito dichiarato è inferiore alla media di oltre il 15%) hanno conosciuto un incremento di reddito del 2,8%, inferiore al +3,1% dei redditi dichiarati dai lavoratori (che superano invece il valore medio dell’11,5%.)

Uno scarto ancor più ampio si registra considerando solo i contribuenti “compresenti” nei due anni: in questo caso, per le ragioni dette nel capitolo precedente, non è possibile isolare esattamente l’aggregato dei pensionati, che risulta compreso tra i dipendenti pubblici; pur con questa distorsione l’aumento del reddito imponibile degli “attivi” (che quindi non comprendono i dipendenti pubblici) è stato del 7,5%, quello di pensionati e dipendenti pubblici nel loro insieme è stato invece del solo 3,6%; questi ultimi nel 2007 hanno avuto un reddito imponibile di circa 11.350 euro, inferiore di un terzo alla media, mentre gli “attivi” hanno sfiorato i 20 mila euro, superando la media del 12%.

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I “dipendenti” considerati analizzando tutti i contribuenti sono costituiti da coloro che a parte redditi di natura diversa (agrari, domenicali, da fabbricati, ecc.) hanno esclusivamente un reddito da lavoro dipendente; vi sono però anche pensionati, che pur avendo la pensione come fonte principale di reddito, svolgono anche un’attiva di lavoro alle dipendenze, e il loro numero, oltre 117 mila, è tutt’altro che irrilevante

Nel 2007 il reddito medio dichiarato da questi contribuenti, pur essendo titolari di pensione, è stato pari a 17.537 euro, il 25% in meno rispetto al reddito di coloro che hanno invece solo un reddito da lavoro dipendente.

Questo ne specifica meglio anche le caratteristiche, trattandosi spesso di persone (molte delle quali donne) con pensioni minime o sociali, il cui basso valore “impone” di fatto la necessità di svolgere un’attività lavorativa (che molto spesso è di servizi di pulizia o simili, presso famiglie o imprese).

Come si può osservare, i redditi di queste figure hanno conosciuto l’incremento più elevato (+4,6%), risentendo probabilmente di un elevato ricambio dei contribuenti, o dell’attività svolta, spesso molto variabile sia per orario (quotidiano o settimanale), sia per durata nel corso dell’anno.

Coloro che sono invece titolari solo di pensione hanno dichiarato nel 2007 un reddito di quasi 18.400 euro, aumentato rispetto all’anno precedente di appena l’1,9%. Potendosi ritenere questi contribuenti più “stabili” del servirsi dei CAAF CISL, la variazione di reddito osservata risente meno del ricambio da un anno all’altro, e fotografa quindi meglio l’effettivo andamento di tali redditi: andamento molto modesto, e al di sotto della l’inflazione, sia generale (+2,1%), sia soprattutto dei beni e servizi acquistati con maggiore frequenza (+2,5%), certamente più presenti nel paniere di spesa di queste figure rispetto ad altre. Un andamento quindi determinato esclusivamente dalla progressione automatica fissata per legge, che ha inciso sulla capacità di spesa più e prima di quanto avvenuto per coloro che hanno solo o prevalentemente un reddito da lavoro dipendente, i quali invece hanno beneficiato anche della contrattazione sindacale o individuale.

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2.2 Redditi, inflazione e pressione fiscale

Come si è visto, la differenza di andamento dei redditi tra i due diversi conteggi presentati, ancorchè riferiti a due grandezze diverse, è molto marcata (+3,2 e +6,1%); ciò significa anche un rapporto ben diverso con l’inflazione, che nel 2006 è stata del 2,1% (e se vogliamo del 2,5% considerando i beni e servizi a elevata frequenza di acquisto).

In entrambi i casi l’aumento dei redditi maturati nel 2006 (dichiarati nel 2007) ha superato l’inflazione, e questi hanno quindi guadagnato in potere d’acquisto; naturalmente questo vale soprattutto per i contribuenti “compresenti” nei due anni, i cui valori e andamenti sono relativi ai redditi imponibili e non ai redditi lordi, questi ultimi comprensivi delle deduzioni spettanti24.

I redditi imponibili dei “compresenti” sono stati gravati di un’imposta lorda di 4.080 euro nel 2006 e di 4.353 euro nell’anno successivo, che al netto delle detrazioni d’imposta è scesa a 3.753 euro nel 2006 e a 4.018 euro nel 2007: importi che rapportati al reddito imponibile sono rispettivamente il 22,7 e il 22,9%.

Questa, in altre parole, rappresenta la pressione fiscale netta, e come si vede è aumentata da un anno all’altro di 0,2 punti, pur trattandosi di redditi molto bassi (superiori di poco, al netto dell’inflazione, a 1.100 euro al mese nel 2007).

Questo aumento si è avuto anche considerando i redditi netti maturati nel 2006 al netto dell’inflazione del 2,1% calcolata dall’Istat (13.230 euro), il cui aumento è stato quindi del 3,6%: questo, in altri termini, il guadagno del potere d’acquisto che questi contribuenti hanno realizzato tra il 2005 e il 2006, pur in presenza di un aumento della pressione fiscale.

Aumento che ha riguardato praticamente in eguale misura i redditi di uomini e donne (nonostante il ben diverso valore assoluto), per i quali la pressione fiscale netta è aumentata rispettivamente dal 23,4 al 23,6% e dal 21,4 al 21,5%.

24 Per contributi previdenziali, spese mediche, ecc.

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2.3 Valore e andamenti dei redditi per età dei contribuenti

La scala dei redditi dichiarati lordi in funzione dell’età dei contribuenti nel 2007 (tutte le dichiarazioni presentate nell’anno, per i redditi del 2006) mostra un andamento crescente in modo lineare fino a alla classe da 50 a 54 anni, che sostanzialmente riflette la progressione economica con l’avanzamento dell’età (v. grafico).

A partire dai 55 anni, cominciano a entrare nel novero delle dichiarazioni quelle dei pensionati, che come visto in precedenza sono mediamente inferiori a quelle dei dipendenti, e questo porta a flettere la curva dei valori, che da un massimo di oltre 25 mila euro (quasi il 22% sopra la media) si portano a poco più di 15 mila (e questo perché quanto più l’età è elevata, tanto più anche gli importi delle pensioni diminuiscono, essendo state calcolate in anni sempre più lontani nel tempo e successivamente oggetto di progressione molto contenuta col passare degli anni.

I valori riportati in tabella mostrano anche come la progressione passando da una classe di età all’altra di attenui costantemente: è di quasi 5.300 euro passando dalla classe fino a 19 anni (7.570 euro) alla classe 20-24 anni (12.851 euro), quando probabilmente cominciano a entrare tra i percettori i giovani neo-diplomati e neo-laureati ed è di soli 622 euro passando da 45-49 a 50-54 anni.

Colpisce comunque il valore molto basso della classe di età fino a 19 anni, ancorché riferito a meno di 800 contribuenti, corrispondente un reddito lordo mensile di appena 630 euro circa: reddito che quindi molto riflette situazioni lavorative particolati (a tempo determinato, a part-time, o per solo alcuni periodi dell’anno) che sempre più spesso interessano le fasce giovanili che iniziano un’attività lavorativa.

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N.b. Contribuenti compresenti

L’analisi dei redditi imponibili 2005 e 2006 riferiti ai contribuenti “compresenti” nei due anni nel data base CAAF, mostrano anche’essi una progressione dei valori all’aumentare dell’età, e una caduta a partire dai 65 anni: da un reddito imponibile di 11.714 euro dei giovani fino a 24 anni si passa a un massimo di 19.234 euro per i contribuenti da 45 a 64 anni, dopo di che si scende a 12.778 euro per gli over 65.

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Molto differenziate le variazioni tra i due anni in esame, e straordinariamente elevate per gli oltre 19 mila contribuenti fino a 24 anni, il cui reddito, sia imponibile che netto, presenta un incremento nell’ordine del 15% (da 11.714 a 13.496 euro); superiore alla media è anche l’incremento degli oltre 132 mila contribuenti fra i 30 e i 44 anni (+7,6% il reddito imponibile); incrementi inferiori alla media si osservano invece per coloro che hanno fra 45 e 64 anni (+5,6%) e per gli over 65 (+3,6%), classi di età che comprendono anche, o soprattutto, un buon numero di pensionati.

I giovani fino a 24 anni sono altresì gli unici per cui la pressione fiscale resta praticamente invariata al 21% circa, aumentando meno di un decimo di punto; per le altre classi di età l’aumento della pressione fiscale netta è compreso tra 0,1 e 0,3 punti (riferiti rispettivamente alle classi over 65 e 30-44 anni di età).

2.4 Valore e andamenti dei redditi per livello di istruzione

Secondo il livello di istruzione il reddito medio delle dichiarazione presentate tramite i CAAF della CISL nel 2007 è risultato compreso tra 17.109 euro di coloro che sono in possesso della sola licenza elementare, e 33.645 euro dei laureati.

Tra i due importi vi è un rapporto quasi di uno a due, più accentuato per gli uomini (2,2) che per le donne (1,8): per i primi si va infatti da quasi 19.600 a 43 mila euro, per le seconde da 14.300 a 26 mila euro, con riferimento sempre ai medesimi gruppi (con licenza elementare e laureati).

Lo scarto degli importi tra uomini e donne, mediamente del 40% a favore dei primi, è inferiore alla media per licenza elementare (37,2%) e diploma professionale (37,5%); per gli altri livelli di istruzione il differenziale è più ampio, fino a superare il 45%, ma raggiunge quasi il 66% per i laureati.

La significatività dei dati risulta purtroppo fortemente compromessa dal numero molto elevato di dichiarazioni per cui il livello di istruzione non risulta disponibile (oltre il 46% del totale), con un valore medio di reddito (quasi 21.400 euro), superiore alla media dello 0,9%.

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Tre le osservazioni comunque suggerite dall’esame nei valori:

- il reddito è superiore alla media, oltre che per coloro di cui non è noto il titolo di studio, anche per coloro che hanno dichiarato “nessun titolo” (superiore alla media dell’1,8%); i redditi di questo gruppo superano anzi quelli di coloro che hanno la licenza elementare o media, che presentano, rispetto al dato generale, scarti rispettivamente del -19,2 e del -9,3%;

- nemmeno la qualifica professionale garantisce redditi particolarmente elevati: si supera infatti la media del solo 0,4%, valore che sembrerebbe in contraddizione col fatto che queste figure sono tra le più ricercate, soprattutto se la qualifica professionale è di tipo operaio;

- praticamente nullo risulta lo scarto tra diplomati di scuola media superiore e diplomati universitari, o comunque con titolo triennale (25.06 e 25.359 euro i rispettivi redditi), a segnalare quanto i titoli universitari “brevi” altro non siano considerati che una modesta integrazione alla formazione fornita dall’istruzione secondaria, spesso giudicata estremamente carente25;

- fatto questo confermato dal forte scalino di reddito che si riscontra tra diplomati universitari e laureati, passando da 25.400 a 33.650 euro.

I dati riferiti ai contribuenti “compresenti” nei due anni considerati presentano un distribuzione per livello di istruzione sostanzialmente analoga a quella vista più sopra per l’insieme dei contribuenti 2007; di rilievo però la minore quota di coloro per cui il titolo di studio non è conosciuto.

Identica, ovviamente, anche la graduatoria dei redditi in base al titolo di studio posseduto e finanche inferiore a quello dei diplomati di scuola media superiore il reddito dei diplomati universitari. Il dato più interessante è però la grande uniformità degli andamenti del reddito, che presentano variazioni comprese in un range molto ristretto: dal +5,2% di coloro che hanno solo la licenza elementare al +6,5% dei laureati; queste variazioni sono riferite ai redditi netti, mentre se si considerano i redditi imponibili il range è di poco più ampio (fra il 5,4 e il 7%).

In aumento per tutti la pressione fiscale, che raggiunge un massimo del 25,9% per i laureati, che hanno il reddito più elevato, e per i quali si registra anche il maggiore innalzamento rispetto al 2006 (+0,4 punti percentuali).

25 Va comunque ricordato che i diplomi universitari sono di istituzione relativamente recente (1992) e ancor di più le lauree triennali, introdotte con la riforma dell’ordinamento universitario del 2000. I lavoratori in possesso di tali titoli (concentrati soprattutto nelle professioni della sanità), hanno quindi necessariamente, e prescindere da ogni altra considerazione, un’età mediamente inferiore a quella dei diplomati di scuola media superiore e dei laureati e questo spiega, sia pure in parte il reddito non particolarmente elevato.

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2.5 Valore e andamenti dei redditi per settore di attività economica

L’analisi dei redditi per settore di attività economica, condotta sui contribuenti residenti in Lombardia che hanno presentato la dichiarazione presso i CAAF della CISL sia nel 2006 che nel 2007, riguarderà quasi 434 mila lavoratori26, parte dei quali pensionati che svolgono anche un’attività lavorativa (v. capitolo 2.1).

Come si è visto, essi hanno dichiarato, complessivamente, un reddito imponibile di 17.532 euro (+6,1% rispetto al 2006) che detratta l’imposta media netta (4.018 euro, corrispondente a una pressione fiscale del 22,9%) si riducono a 13.514 euro, il 5,8% in più rispetto all’anno precedente.

L’analisi di questi valori e dei relativi andamenti secondo il settore di attività economica non è affatto agevole: il valore medio dei redditi percepiti dai lavoratori in ciascun settore dipendono infatti sia dalle diverse caratteristiche personali e professioni dei lavoratori (livello di istruzione, età, qualifica, professione svolta, inquadramento contrattuale, ecc.) sia dalla diversa composizione settoriale degli occupati: due settori,, ad esempio, con un diverso rapporto tra operai e impiegati, presentano una diversa retribuzione media, anche nell’ipotesi che nei due settori operai e impiegati percepiscano una identica retribuzione.

A ciò si aggiunge altre quattro considerazioni.

In primo luogo il fatto che i lavoratori qui considerati comprendono anche una quota di pensionati che pure continuano a percepire un reddito da lavoro dipendente: lavoratori-pensionati diversamente presenti nei vari settori, e probabilmente con regimi di orario e tempi di lavoro non uguali a quelli degli occupati stabili.

In secondo luogo l’incidenza cui già si è fatto cenno, dei rinnovi contrattuali (e dei loro eventuali slittamenti), che può determinare effetti di segno opposto sulle retribuzioni di un singolo anno, e quindi sul confronto tra i redditi di due anni consecutivi.

In terzo luogo il fatto che gli andamenti congiunturali dei diversi settori possono aver determinato un diverso grado di ricorso al lavoro straordinario, oppure che questo sia complessivamente aumentato o diminuito in modo uniforme, alterando in ogni caso i valori assoluti, i confronti tra settori e le conseguenti variazioni dei redditi da un anno all’altro.

E infine l’impossibilità di una completa analisi settoriale, in quanto i pensionati, avendo come sostituto d’imposta un ente previdenziale, sono classificati tra i dipendenti pubblici.

Questi limiti sono attenuati da due considerazioni: da un lato la maggiore omogeneità dei lavoratori che hanno fatto ricorso ai CAAF della Cisl, quanto, ad esempio, alla qualifica (per lo più operaia o equivalente, se solo si considerano i valori medi assoluti), e dall’altro la possibilità di confrontare gli andamenti riferiti agli stessi identici soggetti.

In ogni caso, più che per evidenziare i differenziali settoriali (pur facendovi cenno), l’analisi è utile soprattutto per esaminare i differenziali di andamento che si sono avuti nei diversi settori.

La “graduatoria” dei redditi imponibili per grandi settori di attività vede al primo posto, con 20.389 euro, gli occupati nei servizi, quindi tutti i servizi esclusa la Pubblica Amministrazione che come si è detto comprende al suo interno i pensionati, e che per tale ragione si colloca in ultima posizione, con poco meno di 14.600 euro. Superano i 20.100 euro anche i dipendenti dell’industria di trasformazione, mentre il complesso dei dipendenti dell’industria (19.528) è “frenato” dagli occupati nelle costruzioni, che con 15.778 euro figurano in ultima posizione tra gli “attivi” (non dimenticando però che nel settore delle costruzioni vi è ancora la pratica molto diffusa del “fuori busta”.

26 Si noti come la differenza fra questi 434 mila lavoratori “compresenti” e i 462 mila contribuenti con reddito misto (pensione e lavoro dipendente) che si sono rivolti ai CAAF della Cisl nel 2007 sia relativamente modesta (circa 28 mila unità, pari al 6,2% del totale), segno di un “ricambio” minore rispetto ad altre categorie.

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Gli “attivi” nel loro insieme (esclusi però i dipendenti pubblici) si attestano poco sotto i 19.900 euro.

A un maggiore livello di dettaglio settoriale si riscontra una variabilità di valori (ci riferiamo sempre ai redditi imponibili, ma è praticamente la stessa per quelli netti), all’incirca di uno a due: dai quasi 15.800 euro degli occupati nelle costruzioni, ai poco più di 31 mila euro degli occupati nelle attività finanziarie e ausiliarie del credito e delle assicurazioni: i primi (riferiti a poco più di 14 mila lavoratori) sono inferiori alla media del 10%, i secondi (riferiti a meno di 10 mila occupati) superano la media del 77,2%.

Dalla seconda posizione in poi troviamo tre settori industriali, dei quali i primi due nettamente al di sopra della media (produzione di combustibili, energia elettrica-gas-acqua, chimica-fibre-materie plastiche), ai quali seguono i trasporti (16.220 euro) e quindi via via tutti gli altri.

Tra i lavoratori del settore manifatturieri i redditi più bassi sono quelli dichiarati dagli occupati nei settori del legno e mobili, del tessile-abbigliamento-calzature (15.800), superiori di poco a quelli degli occupati nelle costruzioni.

Tra i lavoratori dei servizi (esclusi quelli della Pubblica Amministrazione), redditi molto bassi, anche se leggermente superiori alla media, si riscontrano per gli occupati negli “altri” servizi (soprattutto servizi presso famiglie), dove si concentra probabilmente una quota non indifferente di pensionati-lavoratori, che sommano quindi due tipo di reddito, entrambi molto bassi.

Per quanto attiene le variazioni dei redditi imponibili da un anno altro, esse sono comprese fra il +3,7% dell’aggregato dipendenti della Pubblica Amministrazione il 9% dei dipendenti agricoli; superano la media (+6,1%) anche i dipendenti del settore industriale (+8,0%), compresi quelli delle costruzioni (+7,8%), così come quelli dei servizi (+7,2%); complessivamente gli 2aativi” registrano un incremento dei redditi imponibili del 7,5%, mentre i pensionati (insieme ai dipendenti della PA) restano, come si è visto, sotto il +4%.

Quasi tutti i restanti presentano variazioni comprese tra il 6 e l’8%, mentre sotto la medi, sia pure di poco, troviamo solo due comparti: quello della produzione e distribuzione di energia e l’industria cartaria e poligrafica, anche quest’ultima, comunque, con un discreto +5,5%.

Se si escludono i valori estremi, gli occupati in tutti i settori hanno quindi presentato variazioni di reddito relativamente uniformi e tutte al di sopra, anche di vari punti, al tasso di inflazione, compreso l’aggregato dipendenti pubblici e pensionati, che pure è stato il più penalizzato.

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Parte III Redditi e pressione fiscale nelle province della Lombardia

L’archivio delle quasi 434 mila dichiarazioni dei residenti in Lombardia e che si sono serviti dei CAAF della CISL sia nel 2006 che nel 2007, consente l’analisi dei redditi e dell’imposizione fiscale anche nelle singole province.

I vari fattori che rendono difficile comparare situazioni diverse (citati in dettaglio a premessa dell’analisi settoriale) valgono naturalmente anche in questo caso: ad esempio, due provincie con un diverso rapporto tra dichiarazioni dei pensionati e dichiarazioni dei lavori attivi, presentano valori medi di reddito diversi, anche se, per ipotesi, tutti i pensionati delle due province dichiarassero un identico reddito e lo stesso facessero i lavoratori attivi. Lo stesso vale considerando la diversa composizione settoriale presente nelle 11 province lombarde.

Le diversità tra “popolazioni” diverse sono accentuate, in questo caso, dalle distorsioni di ciascun “campione” (le dichiarazioni effettuate attraverso i CAAF) rispetto alla composizione dei contribuenti dell’”universo” della rispettiva provincia.

Tali considerazioni, se da un lato non consentono di trarre conclusioni generali, a valere per l’intera popolazione di ciascun territorio, sono attenuate da due elementi: da un lato il fatto che l’analisi è comunque riferita a un “panel” costituito, in entrambi i due anni, dagli stessi contribuenti individuati nominativamente; dall’altro dalla relativa omogeneità di ciascun “campione” provinciale, costituito principalmente, anche in ogni provincia, da pensionati e lavoratori delle fasce di reddito basse. In questa sede limiteremo le osservazioni alle principali grandezze, rinviando per ulteriori approfondimenti all’allegato statistico, dove sono riportate, per ciascuna provincia, le elaborazioni per sesso, classe di età, titolo di studio e settore di attività economica.

Come già si è visto, con la dichiarazione del 2007 il reddito imponibile (maturato nel 2006) dichiarato dai contribuenti come sopra identificati, è risultato pari, in Lombardia, a poco più di 17.500 euro. Rispetto a questo valore medio nelle 11 province della regione si va dai 14.700 euro di Sondrio agli oltre 19.300 di Milano, tra i quali vi è quindi uno scarto del 31% circa: le dichiarazioni di Sondrio presentano uno scarto negativo dalla media regionale del 16,1%, quelle di Milano la superano del 10,3%; esclusa Milano, lo scarto tra il massimo e il minimo (quindi tra Pavia, che figura in seconda posizione e Sondrio) è appena del 21%.

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Fonte Istat

Oltre a quanto detto in precedenza circa la relatività dei confronti tra territori diversi (da cui una necessaria prudenza nel trarre facili conclusioni) il fatto che Milano presenti il valore in assoluto più elevato è del tutto coerente con particolare la concentrazione in questa provincia di attività industriali direzionali, del terziario avanzato, della finanza: attività a elevato valore aggiunto e i cui

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lavoratori percepiscono retribuzioni in molti casi anche superiori di molto alla media, avendo spesso qualifiche e livelli di istruzione elevati.

A ciò si aggiunga, in relazione alla specificità dei dati analizzati, che i redditi dichiarati comprendono anche quelli da fabbricati, e quindi quelli relativi all’abitazione principale di proprietà: anche senza tener conto della diversa quota di contribuenti proprietari dell’abitazione principale nelle varie province, il solo valore del reddito catastale che viene dichiarato è decisamente superiore a Milano che in ogni altro territorio della Lombardia.

Del resto Milano, con oltre 33.00 euro di valore aggiunto pro-capite nel 200527 (superiore del 18,5% alla media regionale), manifesta, anche da questo confronto la propria specificità (non a caso è anche l’unica provincia a superare il valore medio regionale del valore aggiunto per abitante risultato inferiore a 28.400 euro).

Anzi, si può anche dire che la variabilità dei redditi risultati dalle dichiarazioni presentate attraverso i CAAF della Cisl sia alquanto inferiore alla variabilità dei redditi provinciali complessivi, se solo si considera, ad esempio, che il valore aggiunto per abitante presenta, tra il massimo di Milano e il minimo di Pavia, un’escursione di oltre il 52%, ben più accentuata di quella dei redditi in esame (e questo perché questi ultimi attengono categorie di contribuenti abbastanza omogenee e di livello relativamente basso).

Il valore aggiunto per abitante, può essere considerato un utile indicatore per misurare la “ricchezza” prodotta in ciascuna provincia, con la quale confrontare la “graduatoria” degli 11 territori provinciali in base ai redditi dichiarati: pur considerano la diversa natura dei dati, ci saremmo aspettati una maggiore coincidenza di posizioni, mentre sembra invece che non vi sia alcuna relazione: in particolare colpiscono Bergamo e Brescia, che in base ai redditi dichiarati figurano nelle posizioni di coda, mentre sono tra le prime quanto a valore aggiunto per abitante; colpisce anche la seconda posizione di Pavia, seconda per reddito dichiarato, ma ultima per valore aggiunto per abitante. I redditi in esame, in altre parole, devono la relativa omogeneità (e anche le apparenti incongruenze della “classifica” tra le varie province, soprattutto alla omogeneità sociale, potremmo dire, dei soggetti cui si riferiscono.

Non dissimile risulta anche l’escursione dei redditi al netto delle imposte, compresi fra 11.445 e 14.815 euro, e con una identica graduatoria delle province; così come la pressione fiscale netta, compresa tra il 22,4% di Sondrio e il 23,4% di Milano.

Forse ancor più significato è però l’andamento dei redditi, sia imponibili che netti, tra i due anni in esame: i primi, aumentati in media del 6,1%, presentano variazioni comprese tra il +5,4 e il +6,9%, i secondi tra il +5,1 e il +6,6. rispetto a una media del +5,8%; in entrambi i casi l’incremento più contenuto si riscontra a Milano, quello più accentuato a Bergamo.

Come valutare la relativa omogeneità dei valori, vista in precedenza e soprattutto l’ancor più elevata omogeneità degli andamenti, sia pure con riferimento a un periodo temporale molto ristretto?

Della prima si è detto: essa sembra derivare in larga misura dalla omogeneità di condizioni sociali e lavorative dei contribuenti che si rivolgono ai CAAF della CISL.

La seconda, pur con le cautele del caso, può forse essere ricondotta, o quanto meno collegata, alla capacità del sindacato lombardo di affiancare all’azione contrattuale nazionale, una contrattazione collettiva decentrata relativamente uniforme e diffusa, che coinvolge cioè tutte le categorie di lavoratori: omogeneità che non riguarda solo gli occupati nei diversi settori di attività (come visto in precedenza), ma anche i diversi territori.

Questa chiave di lettura andrebbe certamente approfondita attraverso un’analisi della concreta azione sindacale che vi è stata negli anni in esame, magari per arrivare a una conclusione parzialmente diversa, ma ciò non di meno altrettanto utile per i suggerimenti e gli stimoli che può produrre. 27 Fonte Istat, conti economici provinciali.

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Non meno importante del valore medio è la distribuzione dei contribuenti per classi di reddito, dato che una media semplice di valori può fornire una rappresentazione della realtà anche molto distorta e fortemente influenzata dalle “code” della distribuzione, vale a dire da alcuni valori molto bassi o molto elevati.

In allegato è riportata per ciascuna provincia la distribuzione dei contribuenti per classi di reddito. Qui vogliamo proporre una misurazione semplice e sintetica della distribuzione dei valori individuali, rappresentata dalla cosiddetta mediana: questa altro non è che il valore di reddito che fa da spartiacque tra la prima e la seconda metà dei contribuenti: in altre parole è il reddito cui arriva il 50% dei contribuenti con i redditi più bassi e quello da cui inizia il secondo 50%, con i redditi più elevati.

Se la mediana è inferiore alla media, come in questo caso di può facilmente intuire, ciò significa che la distribuzione è spostata verso i redditi più bassi, il contrario se è superiore; di conseguenza se il valore della mediana aumenta più della media significa che la distribuzione si è spostata verso i redditi più elevati: in altre parole che i redditi più bassi sono aumentati più dei redditi più elevati.

Questo in effetti è un altro andamento positivo di cui si ha riscontro, con grande generalizzazione territoriale, avendo interessato quasi tutte le province, con la sola eccezione di Bergamo.

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Parte IV Appendice - Confronti e riscontri

Ogni fonte statistica presenta caratteristiche peculiari, vuoi per l’ “universo” cui si riferisce, vuoi per modalità di rilevazione dei dati, vuoi per metodologia e tecniche della loro elaborazione; inutile quindi cercare forzatamente coincidenze di valori e di andamenti.

Questo è particolarmente vero nel caso dei dati analizzati nel presente lavoro, riferiti a un “segmento” dei contribuenti lombardi che è già di per se’ difficile isolare dall’insieme di lavoratori dipendenti e pensionati; di tale segmento l’unica cosa certa che possiamo, alla luce degli elementi descrittivi di cui siamo in possesso, (e analizzati nella prima parte) è che riguarda principalmente le fasce basse sia degli uni che degli altri.

Ciò nulla toglie all’interesse che tali dati rivestono, vuoi dal punto di vista meramente conoscitivo, vuoi per gli spunti emersi dall’analisi, ma non per questo si può loro attribuire valenza generale.

Quest’ultima parte del lavoro intende quindi, soprattutto e soprattutto senza forzature, fornire alcuni elementi generali di valutazione, quali emergono da altre fonti attinenti la medesima materia, più per marcarne le differenze rispetto ai dati analizzati nelle pagine precedenti, che non cercarne conferma a ogni costo.

4.1 I dati CAAF a livello nazionale

Nell’ottica di cui sopra pare del tutto logico prendere innanzitutto in considerazione le elaborazioni dei dati CAAF effettuate a livello nazionale, i cui risultati sono esposti nel già citato volume edito da Edizioni Lavoro.

Essi riguardano oltre 1,8 milioni di contribuenti, dei quali i quasi 434 mila compresenti nel 2006 e nel 2007, analizzati in questo lavoro per la Lombardia, rappresentano il 23,8%.Molto diversa la ripartizione tra uomini e donne: rispettivamente 45 e 55% in Italia, 56 e 44% in Lombardia. Rispetto alla ripartizione degli occupati (di cui gli uomini sono il 61% in Italia e il 59% in Lombardia28), la distribuzione dei contribuenti appare più equilibrata in Lombardia che non in Italia (anche se bisognerebbe tener conto dei pensionati, che presentano un ben diverso rapporto tra uomini e donne).

Secondo la posizione lavorativa i contribuenti analizzati a livello nazionale sono costituiti per il 58% da lavoratori dipendenti, per il 39% da pensionati e per il 3% senza redditi da lavoro dipendente o assimilati. La stessa ripartizione in Lombardia mostra quote non dissimili: 61% i dipendenti, 38% i pensionati, 1% gli “altri” contribuenti29.

Riprendendo i valori della citata pubblicazione che analizza i dati nazionali, il reddito medio per l’insieme degli utenti CAAF a livello nazionale è risultato pari, nel 2007, a 20916 euro, con un amento del 4,4% rispetto al 2006; tra uomini e donne vi è uno scarto del 38,7% a favore dei primi, in leggera attenuazione rispetto al 2006 (39,2%), grazie al maggiore incremento di cui hanno beneficiato i redditi della componente femminile (+4,6%) rispetto a quella maschile (+4,3%).

La ripartizione dei contribuenti per sesso e per tipo di contribuente osservata a livello regionale dovrebbe di per se’ incrementare un differenziale a favore dei redditi dichiarati in Lombardia rispetto a quelli dell’Italia, già alquanto elevata, quale risulta da ogni altra fonte considerata.

28 Fonte Istat, rilevazione sulle forze di lavoro. 29 Per la Lombardia, a differenza dell’Italia, questa ripartizione riguarda tutti gli utenti dei CAAF nel 2007, e non i soli compresenti con l’anno precedente.

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Al contrario, i redditi medi dichiarati in Lombardia dagli utenti dei CAAF nel 2007 risultano non di molto superiori ai corrispondenti valori nazionali: del 3,9% in totale (21.750 euro) del 3,1% per i lavoratori dipendenti (24.260 euro in Lombardia, 23.526 in Italia) dell’1,4% per i pensionati (16.971 e 16.735 euro, rispettivamente).

Praticamente identici gli andamenti tra il 2006 e il 2007: +4,3% in Lombardia, +4,4% in Italia le variazioni totali (con un range di valori che va dal +3,9% del Friuli al +5,5% del Molise), +5,2 e +5,4% quelle dei lavoratori dipendenti e +2,3 e +2,4% quelle dei pensionati. La differenza non è mai eccessiva, ma costantemente a sfavore della Lombardia.

4.2 I dati del Ministero delle Finanze (anno d’imposta 2005)

Una situazione esaustiva delle situazione reddituale delle “persone fisiche” in Lombardia e in Italia è offerta dal Ministero delle Finanze, ancorché “datata”, l’ultima elaborazione disponibile essendo ancora riferita all’anno d’imposta 2005.

Tali dati sono già stati in parte esaminati nei capitoli precedenti, a confronto con quelli dei CAAF della Lombardia.

Qui interessa invece offrire un quadro conoscitivo più generale, ponendo a confronto i valori regionali con quelli nazionali e la posizione della Lombardia rispetto alle altre regioni del paese.

I valori esposti nel prospetto e la successiva rappresentazione grafica mostrano come la Lombardia si collochi al primo posto, tra le regioni italiane, per reddito imponibile totale (quasi 18.500 euro), superando la media nazionale (17.300 euro) del 18,5%: scarto ben superiore a quello dei redditi CAAF (nemmeno del 4%.) determinato fondamentalmente da coloro che hanno redditi diversi da quelli “da lavoro dipendente e assimilati”.

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Anche per tali redditi lo scarto tra Lombardia è Italia è notevole (+16% quelli da lavoro dipendente, +10,6% quelli da pensione, a favore della Lombardia), confermando anche da tale confronto, come i dati CAAF riguardino una componente del lavoro dipendente e dei pensionati relativamente uniforme anche a scala nazionale, e caratterizzata da redditi decisamente più bassi delle medie di ciascuna categoria.

Media superata anche da tutte le regioni settentrionali e da solo due del Centro (Lazio e Toscana, rispettivamente in seconda e nona posizione).

Chiude la graduatoria la Calabria, che con poco più di 12.300 euro si distanzia dalla media nazionale del -28,8%.

Il “primato” della Lombardia è costruito grazie ai valori pro-capite30 più elevati in assoluto di cinque tipi di reddito: da allevamento e produzioni vegetali, da lavoro dipendente (i più importanti in assoluto per numero di contribuenti e per importo totale), da lavoro autonomo (sezioni E-IB), da impresa (sezione G) e da capitale.

Oltre a questo in Lombardia si osservano, proprio per taluni tipi di reddito il cui ammontare pro-capite è particolarmente elevato, quote di contribuenti superiori alla media.

I valori pro-capite più elevati in assoluto sono, quasi in tutte le regioni, quelli da lavoro autonomo (sez.E-IA), seguiti da quelli da impresa (sezione F) e da quelli da capitale, subito dopo i quali vengono i redditi da lavoro dipendente.

30 I valori pro-capite sono calcolati rispetto al numero di contribuenti che hanno dichiarato ciascun tipo di reddito.

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Il rapporto tra gli importi massimo e minimo, che fornisce una misura sia pure grezza della variabilità dei valori regionali è pari per il reddito totale, a 1,66 (i redditi più elevati sono cioè superiori del 66% a quelli più bassi).

Questo rapporto, che assume valori estremamente elevati per alcuni tipi di reddito pro-capite molto bassi (quelli domenicali e quelli agrari), risulta invece particolarmente basso per i redditi da lavoro autonomo( sez.E-IB) (1,27), per quelli da prestazioni previdenziali non pensionistiche (1,40) e per i redditi da lavoro dipendente (1,54), compresi fra i 14 mila euro della Calabria e i 21.500 della Lombardia.

Questi importi, come si è detto, dipendono in larga parte dalla diversa composizione vuoi dei settori presenti sul territorio, vuoi dell’occupazione presente all’interno di ciascun settore. La loro comparazione ha quindi valenza macro-economica, che non con riferimento ai redditi individuali a parità di condizioni individuali (qualifica, istruzione, età, sesso, settore di attività, dimensioni aziendali, ecc.).

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4.3 I redditi netti delle famiglie

Nell’ambito delle indagini sulle condizioni economiche delle famiglie l’Istat effettua una stima dei redditi netti famigliari e individuali, l’ultima delle qual riferita all’anno 2004.

Ancorché datata essa fornisce un quadro strutturale di cui si è ritenuto utile riportare i principali risultati.

Per tale anno il reddito medio delle famiglie lombarde è stato stimato in poco più di 32 mila euro, esclusi i fitti imputati, che salgono a oltre 38.700 includendo questi ultimi.

In entrambi i casi trattasi degli importi più elevati fra tutte le regioni italiane, superando la media nazionale rispettivamente del 15,3 e del 16,9%.

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Secondo il tipo di reddito la Lombardia si colloca in prima posizione nel caso che il reddito principale sia da lavoro dipendente; se invece è da lavori autonomo al primo viene la Valle d’Aosta, se è da trasferimenti pubblici viene il Lazio, se è da capitale il primato spetta al Piemonte.

Secondo la fonte principale di reddito, le famiglie lombarde si caratterizzano per una quota particolarmente elevata di quelle che “vivono” soprattutto di redditi da lavoro dipendente (il 46,8%, rispetto a una media nazionale del 44,5%); quote minori della media si osservano invece nel caso di lavoro autonomo (14,9 e 15%), trasferimenti pubblici (36,6 e 38,5%),e di redditi da capitale e di altro tipo (1,7 e 2%).

Il maggiore reddito medio rispetto all’Italia è la conseguenza di una distribuzione delle famiglie lombarde più spostata verso le fasce medio-alte e alte di quanto non sia la distribuzione delle famiglie italiane nel loro insieme.

In Lombardia si osservano infatti quote di famiglie inferiori a quelle nazionali per tutte le classi fino a 30 mila euro, e quote superiori oltre tale soglia; complessivamente le prime comprendono il 4,6% delle famiglie lombarde e il 55,7% di quelle italiane; le seconde rispettivamente il 54,4 e il 44,3%.

Questo vale anche per i percettori di redditi individuali: il Lombardia si osservano quote inferiori alla media per i percettori di redditi fino a 10 mila euro l’anno, pari complessivamente al 23,7% del totale (31,4% in Italia), mentre coloro che superano tale soglia sono il 76,3%, contro il 68,6% della media italiana.

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Il reddito medio dei precettori di redditi da lavoro (in Lombardia quasi 4,7 milioni di persone) è stato di 19.355 euro, il 16,4% in più rispetto alla media nazionale; questo differenziale è più accentuato per gli uomini (+21,3% ) che per le donne (+9,9%) e per i redditi da lavoro autonomo (+29,3%) che per quelli da lavoro dipendente (+12,6%).

Decisamente ampio il differenziale tra uomini e donne: il reddito dei primi supera quasi del 53% quello delle seconde (+38,5% in Italia);lo stesso differenziale supera l’89% per i redditi da lavoro autonomo (meno del 52% in Italia), mentre si ferma al 39,1% per i redditi da lavoro dipendente (33,2% i Italia).

Meno ampi gli scarti dei redditi da trasferimento. Il reddito medio dei pensionati (in Lombardia quasi 2,6 milioni di persone) e dei titolari altri trasferimenti pubblici (oltre 1,4 milioni) è stato mediamente di 9.363 euro, il 7,3% in più rispetto alla media nazionale. Particolarmente modesto il differenziale dei trattamenti alla componente femmine (superiori alla media nazionale del solo 5%), soprattutto per le titolari di pensione (+2,6%).

Per l’insieme dei trasferimenti, i valori individuali degli uomini superano quelli delle donne quasi del 29% in Lombardia e del 23,5% in Italia; per in trasferimenti diversi dalle pensioni si registra l’unico caso i cui gli importi degli uomini sono inferiori a quelle delle donne, ma solo a livello nazionale (-8,7%); ma non in Lombardia, dove gli uomini sopravanzano le donne, sia pure appena dello 0,6%).

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4.4 Redditi e retribuzioni da lavoro dipendente

Già si è avuto modo di ricordare, nella parte introduttiva al presente lavoro, che l’Istat, nel quadro dei conti economici nazionali e territoriali stima l’ammontare degli occupati alle dipendenze, dei relativi redditi, oneri sociali e retribuzioni lorde.

A livello regionale gli ultimi dati di contabilità disponibili si fermano al 2005, e sol per alcune grandezze sono disponibili i dati provvisori al 2006.

Il prospetto soprastante mostra con tutta evidenza un ampio divario tra i valori delle due fonti: il reddito medio imponibile risultante dalle dichiarazioni presentate ai CAAF della Lombardia per l’anno 2005 è infatti più che dimezzato rispetto al reddito per occupato stimato dall’Istat per lo stesso anno. E questo nonostante che i redditi CAAF comprendano, nella dichiarazione fiscale, anche cespiti diversi dal lavoro dipendente (terreni, fabbricati, ecc), sia pure non di grande rilevanza.

Solo nel caso dell’agricoltura lo scarto è relativamente esiguo (-14,5%), ma arriva a -70,4% per gli occupati nella pubblica amministrazione.

Ciò da un lato conferma la natura diversa delle due fonti, ma ancor di più conferma la specificità, anche all’interno dei lavoratori dipendenti, del “segmento” che ha utilizzato i servizi dei CAAF.

Esclusa la possibilità di un confronto puntuale, ci siamo chiesti se almeno vi fosse una certa corrispondenza tra le due “graduatorie” dei redditi settoriali.

In effetti anche da questo punto di vista le due serie di valori sono molto dissimili tra loro, anche vi sono comunque alcuni punti in comune, soprattutto per quanto riguarda i valori estremi. In particolare la prima posizione è occupata in entrambe le graduatorie dai lavoratori delle attività finanziarie, la terza da quelli delle cokerie, raffinerie, industrie chimiche e farmaceutiche, l’ottava da quelli delle industrie alimentari; all’opposto, gli occupati nei settori del legno, del tessile-abbigliamento, delle costruzioni e dell’agricoltura, figurano nelle ultime posizioni di entrambe le graduatorie; molto sottovalutata è anche la posizione dei lavoratori delle industrie estrattive, mentre sopravalutate sono quelle dei lavoratori della sanità e assistenza e di quelli dei servizi immobiliari, professionali e alle imprese (settore per altro molto eterogeneo al suo interno, comprendendo infatti

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sia lavoratori di fascia alta, occupati nei servizi del terziario avanzato, sia di fascia bassa, occupati nei servizi operativi – ad esempio di pulizia degli uffici).

Un ultimo cenno alle differenze di andamento dei redditi delle due fonti tra il 2005 e il 2006, mostra anch’esso scarti molto ampi tre le due variazioni: nel complesso +6,1% i redditi dei lavoratori che si sono ricolti ai CAAF, +2,2%i redditi da lavoro dipendente stimati dall’Istat; differenziali ancora più ampi si riscontrano per i lavoratori in agricoltura (+9,0 e +1,5%) delle costruzioni (+7,8 e +2,0%) e dell’industria in senso stretto (+8,0 e +2,7%).

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ALLEGATO – DOCUMENTAZIONE STATISTICA

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FOGLIO INFORMATIVO 2006

N. 1 I conti economici della Lombardia e delle province lombarde

N. 2 L’offerta di laureati in Lombardia

N. 3 Il mercato del lavoro in Lombardia e nelle province lombarde nel 2005

N. 4 Consistenza e dinamica delle imprese nel 2005

N. 5 L’artigianato in Lombardia

N. 6 La presenza straniera in Lombardia 2002-2006

FOGLIO INFORMATIVO 2007

N. 1 Il sistema dei servizi di tutela della salute in Lombardia

N. 2 Consistenza e dinamica delle imprese nel 2006

N. 3 Il mercato del lavoro in Lombardia e nelle province lombarde nel 2006

N. 4 I conti economici della Lombardia 2000-2005

N. 5 Le tasse locali in Lombardia

N. 6 Il Sindacato Confederale in Lombardia

FOGLIO INFORMATIVO 2008

N. 1 Le politiche socio-assistenziali in Lombardia

N. 2 L’impatto della dinamica e della struttura demografica sul mercato del lavoro in Lombardia

N. 3 Il mercato del lavoro in Lombardia e nelle province lombarde nel 2007

N. 4 Redditi e imposte in Lombardia dall’analisi dei dati Caaf-Cisl (redditi 2005-2006)

Disponibili su www.lombardia.cisl.it