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Trimestrale dell’Associazione Italiana di Fisica Medica - autoriz. n. 24 del 18/11/94 Trib. di Genova Omicron Editrice - 16143 Genova, Via Imperiale 43/1 - tel. 010.510251/501341 - fax 010.514330 - e-mail: [email protected] - www.omicred.com - Abbo- namento annuo per i non iscritti euro 40,00 (I.V.A. assolta dall’editore - art. 74 lett. c D.P.R. 26/10/72 n. 633 e D.M. 28/12/72 - compresa nel prezzo dell'abbonamento). Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Posta- le - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Genova In copertina: Apparecchio radiologico realizzato nel 1907 dalla ditta francese Gaiffe (foto Oswald Pauwels, copyright M&L), Museo Belga di Radiologia (Bruxelles), per gentile concessio- ne del Curatore, dott. R. Van Tiggelen Dieci anni di AIFM di Leopoldo Conte ................................................................................................195 Esiste una magnetosensibilità differenziata fra le diverse le diverse zone del cervello umano di F. Bistolfi....................................................................199 Novità ICRP, ICRU, NCRP e altro a cura di N. Canevarollo ........................................214 Una “zoomata” sulle tecniche teoriche e sperimentali per la bio-fisica Parte III di V. Tozzini ............................................................................................................................................218 Storia di un metodo spettrofotometrico per la classificazione delle lesioni pigmentate della cute di M. Carrara, S. Tomatis, A. Bono, M. Lualdi, A. Colombo e R. Marchesini, ......................................................................238 La medicina non è una scienza di G. Cosmacini ....................................................................246 Valutazione della dose periferica nei trattamenti di radiochirurgia con Cyberknife di A. Bergantin, F. Locatelli, L. Brait, G. Borasi G. Reggiori, E. Di Betta, L. Farisella, e M.L. Fumagalli ........................................................256 ICRP 103 Un tema da approfondire: i coefficienti di rischio e di detrimento G. Trenta ..............................................................................................................................261 Riassunti Tesi di Specializzazione Università di Bologna (II Parte)......................273 Point/Counterpoint: rubrica di Medical Physics a cura di F. Levrero ............286 Stampato nel mese di Ottobre 2008 Periodico Fisica in Medicina Direttore Onorario: P. Tosi (Milano) Direttore responsabile: F. Levrero (Genova) Segretario di Redazione: N. Canevarollo (Genova) Componenti del Comitato di Redazione: G. Borasi (Reggio Emilia) M.G. Brambilla (Milano) M.C. Cantone (Milano) C. Canzi (Milano) R. Di Liberto (Pavia) F. Di Martino (Pisa) P. Isoardi (Torino) P. Moresco (Pietra L.-SV) L. Moro (Pavia) L. Raffaele (Catania) S. Squarcia (Genova) C. Traino (Pisa) F. Turrini (Varese) ommario isica in edicina Periodico trimestrale di formazione, informazione e aggiornamento della Associazione Italiana di Fisica Medica Associazione Italiana di Fisica Medica Presidente: G. Pedroli (Milano) Consiglieri: A. Crespi (Monza) A. Del Guerra (Pisa) G. Gialanella (Napoli) S. Maggi (Ancona) G. Meleddu (Cagliari) R. Ropolo (Torino) A. Traino (Pisa) A. Valentini (Trento) Segretario-Tesoriere: L. Bianchi (Busto Arsizio) F M S www.aifm.it n. 3/2008 uglio - ettembre L S

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Trimestrale dell’Associazione Italiana di Fisica Medica - autoriz. n. 24 del 18/11/94 Trib. di Genova Omicron Editrice - 16143Genova, Via Imperiale 43/1 - tel. 010.510251/501341 - fax 010.514330 - e-mail: [email protected] - www.omicred.com - Abbo-namento annuo per i non iscritti euro 40,00 (I.V.A. assolta dall’editore - art. 74 lett. c D.P.R. 26/10/72 n. 633 e D.M.28/12/72 - compresa nel prezzo dell'abbonamento). Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Posta-le - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Genova

In copertina: Apparecchio radiologico realizzato nel 1907 dalla ditta francese Gaiffe (foto OswaldPauwels, copyright M&L), Museo Belga di Radiologia (Bruxelles), per gentile concessio-ne del Curatore, dott. R. Van Tiggelen

Dieci anni di AIFM di Leopoldo Conte ................................................................................................195

Esiste una magnetosensibilità differenziata fra le diverse

le diverse zone del cervello umano di F. Bistolfi....................................................................199

Novità ICRP, ICRU, NCRP e altro a cura di N. Canevarollo ........................................214

Una “zoomata” sulle tecniche teoriche e sperimentali per la bio-fisica

Parte III di V. Tozzini ............................................................................................................................................218

Storia di un metodo spettrofotometrico per la classificazione

delle lesioni pigmentate della cute di M. Carrara, S. Tomatis,

A. Bono, M. Lualdi, A. Colombo e R. Marchesini, ......................................................................238

La medicina non è una scienza di G. Cosmacini....................................................................246

Valutazione della dose periferica nei trattamenti di radiochirurgia

con Cyberknife di A. Bergantin, F. Locatelli, L. Brait, G. Borasi

G. Reggiori, E. Di Betta, L. Farisella, e M.L. Fumagalli ........................................................256

ICRP 103 Un tema da approfondire: i coefficienti di rischio

e di detrimento G. Trenta ..............................................................................................................................261

Riassunti Tesi di Specializzazione Università di Bologna (II Parte)......................273

Point/Counterpoint: rubrica di Medical Physics a cura di F. Levrero ............286

Stampato nel mese di Ottobre 2008

Periodico Fisica in Medicina

Direttore Onorario: P. Tosi (Milano)Direttore responsabile: F. Levrero (Genova)Segretario di Redazione:N. Canevarollo (Genova)Componenti del Comitato diRedazione:G. Borasi (Reggio Emilia)M.G. Brambilla (Milano)M.C. Cantone (Milano)C. Canzi (Milano)R. Di Liberto (Pavia)F. Di Martino (Pisa)P. Isoardi (Torino)P. Moresco (Pietra L.-SV)L. Moro (Pavia)L. Raffaele (Catania)S. Squarcia (Genova)C. Traino (Pisa)F. Turrini (Varese)

ommario

isicain edicinaPeriodico trimestrale di formazione,informazione e aggiornamento dellaAssociazione Italiana di Fisica Medica

Associazione Italiana di Fisica Medica

Presidente:G. Pedroli (Milano)

Consiglieri:A. Crespi (Monza)A. Del Guerra (Pisa)G. Gialanella (Napoli)S. Maggi (Ancona) G. Meleddu (Cagliari)R. Ropolo (Torino)A. Traino (Pisa)A. Valentini (Trento)

Segretario-Tesoriere:L. Bianchi (Busto Arsizio)

FM

Swww.aifm.it

n. 3/2008uglio - ettembre L S

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1953/2008 - Fisica in Medicina

Sono trascorsi 10 anni dalla nascita della nostraAssociazione e non possiamo dire “sembra ieri “ per-ché molte cose nel frattempo sono cambiate nelmondo delle applicazioni in medicina della fisica edella tecnologia, così come negli aspetti organizzativie normativi in campo sanitario. In questi anni l’AIFMha saputo consolidare il proprio ruolo nel camposcientifico e della formazione dei fisici medici italiani esi è impegnata per il riconoscimento e il rafforzamen-to del ruolo del fisico medico.

In altri termini si può dire che l’Associazione hatenuto fede agli impegni che alcuni di noi le avevanoaffidato 10 anni fa promuovendone la costituzione.

10 anni di AIFM

Ciò non significa che tutti gliobiettivi siano stati raggiunti ma chesi è lavorato perché ciò avvenisse.

Era il 23 novembre 1998 quandoSergio Belletti, Leopoldo Conte,Andrea Crespi, Cesare Gori, PietroLuigi Indovina, Raffaele Novario,Renato Padovani, Guido Pedroli,Gianni Gobbi, Giampiero Tosi, Ric-cardo Calandrino e Claudio Birattari,davanti al notaio Mario Ventura,notaio in Milano, costituivano unanuova Associazione denominataAssociazione Italiana di Fisica inMedicina (AIFM).

L’atto costitutivo, oltre a definiregli scopi e le modalità di funziona-mento della nuova Associazione,nominava Leopoldo Conte Presiden-te della Associazione e Membri delConsiglio Direttivo Sergio Belletti,Cesare Gori, Pietro Luigi Indovina,Renato Padovani, Giampiero Tosi eSegretario Andrea Crespi, con ilcompito di espletare le pratiche per ilriconoscimento della Associazione eper l’attuazione dello Statuto.

Quel giorno a Milano si dava l’av-vio a una nuova tappa di quella chepotremmo definire la Storia dellaFisica Medica Italiana, il cui iniziopuò essere fatto risalire ai Colloquisui Rapporti tra Fisica e Medicina,promossi dal Ministero della Sanitàdella Repubblica Italiana, che si svol-sero a Levico-Roncegno Terme (14 -19 settembre 1964), con la parteci-pazione di personalità di alto livellonazionale e internazionale nei campidella Fisica e della Medicina.

Il 23 novembre 1998 si conclude-va una fase caratterizzata da unaseparazione tra due componenti

di Leopoldo ContePrimo Presidente dell’Associazione

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della Fisica Medica che si riconoscevanonelle due Associazioni denominate Associa-zione Italiana di Fisica Biomedica (AIFB) eAssociazione Italiana di Fisica Sanitaria(AIFS).

La presenza nel Consiglio Direttivo dellanuova Associazione degli ultimi presidentidella AIFB Pietro Luigi Indovina e della AIFSGiampiero Tosi testimoniava l’impegno e lavolontà di procedere rapidamente allo scio-glimento delle due Associazioni e alla con-fluenza della totalità dei fisici medici italianinella nuova Associazione.

Come spesso avviene nelle attivitàumane, i momenti di discontinuità o di rottu-ra con il passato sono preceduti da una lungapreparazione e, in questo caso, l’esito a cui sipervenne il 23 novembre 1998 fu precedutoda un’opera di mediazione che ebbe inizio inoccasione del Congresso della Sezione diFisica Sanitaria della SIRM, svoltosi a Fran-cavilla al Mare (Chieti) nei giorni 8 e 9 set-tembre 1997, seguiti il 10 settembre da unavisita al Laboratorio I.N.F.N.del Gran Sasso.

Il tema del Congresso della Sezione era ilseguente: “La radioprotezione del paziente incampo radiologico: aspetti applicativi e inno-vazioni tecnologiche”. Le giornate congres-suali, particolarmente interessanti per i temiproposti, si svolsero in un ambiente piacevo-le e rilassante, anche grazie all’impegno del-l’amico e collega Gerardo Sanità di Toppi,organizzatore locale della manifestazione. Inquesto clima fu possibile affrontare serena-mente una discussione sui problemi dellaFisica Medica Italiana e fui io stesso, cheallora ero Presidente della Sezione di FisicaSanitaria della SIRM, a proporre ai Presidentidella AIFB e della AIFM, che erano stati invi-tati alla manifestazione, di pensare alla crea-zione di un’unica Associazione con il supera-mento delle divisioni che avevano caratteriz-zato gli anni precedenti. Uno degli argomentia favore di questa proposta riguardava lanecessità di creare una Associazione cheavesse, in termini di numero di iscritti e diorganizzazione, una dimensione ragionevoleche le consentisse una presenza significativain ambito nazionale e internazionale, supe-rando una situazione di frammentazione chenon aveva ragione di perpetuarsi in un setto-re come il nostro che è e rimane comunqueuna realtà di piccole dimensioni.

Così si avviò un processo, durato più di unanno, caratterizzato da incontri, discussioni,qualche mal di pancia, in particolare sullascelta delle candidature per il futuro Presi-dente e il Consiglio Direttivo, che si conclusecon la costituzione della AIFM, su iniziativadel citato gruppo di fisici caratterizzato dallapresenza delle componenti delle due associa-zioni preesistenti e anche di una componenteuniversitaria. Mi sia consentito, in particolare,di mandare un saluto a Claudio Birattari perl’importante e meritorio lavoro svolto comeDirettore della Scuola di Specializzazione inFisica Sanitaria dell’Università di Milano eper essere stato fra i primi a comprenderequanto fosse importante la presenza di unaAssociazione rappresentativa del mondodella Fisica Medica, quale è stata ed èl’AIFM, anche ai fini della formazione dei fisi-ci medici italiani.

Sei mesi dopo la costituzione della AIFM il25 - 26 giugno 1999, si tenne a Firenze ilprimo Congresso Nazionale della nuovaAssociazione, ottimamente organizzato dal-l’amico Cesare Gori.

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1973/2008 - Fisica in Medicina

Vi fu un’ampia partecipazione con molticontributi scientifici di buon livello. Circa 400fisici aderirono alla AIFM e questo fu consi-derato un successo poiché si ebbe la confer-ma che la AIFM era rappresentativa in prati-ca della totalità dei fisici medici italiani. Oggiil numero di iscritti è circa il doppio e questodà una misura della crescita che vi è stata inquesti 10 anni.

A Firenze vi fu la prima elezione diretta delPresidente e del Consiglio Direttivo da partedei soci iscritti alla Associazione. Il risultatofu il seguente: Presidente, Leopoldo Conte;Vice Presidente, Stefania Maggi; Consiglieri:Sergio Belletti, Mauro Gambaccini, GianniGobbi, Cristina Marchetti, Guido Pedroli,Alberto Pilot, Paola Scampoli; Segretario,Andrea Crespi. Dopo Firenze questo gruppo,in cui spicca la presenza di 3 donne e di alcu-ni fra i soci fondatori, dà inizio a un’intensaattività per l’attuazione dello Statuto e delRegolamento e il consolidamento della Asso-ciazione. In quel periodo l’AIFM istituisce eorganizza i gruppi Regionali, le Commissionie i Gruppi di Lavoro, la Scuola di Fisica inMedicina, la Rivista Scientifica, direttoreAlberto Del Guerra, e il Notiziario, direttoreGiampiero Tosi. Uno strumento efficace dicollegamento con gli iscritti è rappresentatodal sito della AIFM ottimamente gestito daFausto Turrini. Vengono stabiliti i contatti conle altre Associazioni dell’Area Radiologica,con L’AIRP e con la SIF.

L’AIFM stabilisce inoltre contatti interna-zionali con l’adesione a EFOMP e IOMP e la

nomina dei rappresentanti della AIFM in senoalle stesse organizzazioni.

Quasi subito l’Associazione si trova adaffrontare le problematiche legate alla formu-lazione del D.Lgs 187/ 2000 che dà attuazio-ne alla Direttiva 97/43/ EURATOM. Si mani-festano alcune diversità di vedute tra la AIFMe il mondo radiologico che lascerà qualchesegno negli anni successivi.

Qui mi fermo. Ho voluto ricordare alcunieventi che hanno preceduto e subito doposeguito la nascita della AIFM e l’opera svoltaall’inizio, in particolare dagli amici del Consi-glio Direttivo con cui ho potuto collaborare inuno spirito sempre costruttivo, in un rappor-to di amicizia che si è creato e rinsaldatosuperando le divisioni degli anni precedenti.

Negli anni successivi molto è stato fatto;molti giovani fisici hanno scoperto la nostraAssociazione, partecipano ai nostri Congres-si, frequentano i nostri corsi di aggiornamen-to e sperano di potersi dedicare a una pro-fessione molto stimolante dal punto di vistascientifico e delle motivazioni sociali. Comenel passato l’Associazione si è impegnatacon la presidenza di Giancarlo Candini e sista impegnando con la presidenza di GuidoPedroli, uno dei soci fondatori, per il ricono-scimento della professione di fisico medico.

L’auspicio è che il cammino della AIFMpossa proseguire con lo spirito che ha ani-mato quel gruppo di fisici che a Milano, inuna grigia giornata di novembre di 10 annifa, si recò da un notaio per dare vita a qual-cosa di nuovo…. anzi d’antico.

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3/2008 - Fisica in Medicina

Aggiornamenti

1. Introduzione e concetto di magneto-sensibilità cellulare differenziata

In un precedente lavoro [1] esaminavo seistudi epidemiologici condotti fra il 1998 e il2004 relativi al rischio di morte per malattieneurodegenerative tra i lavoratori professio-nalmente esposti a campi elettromagneticiELF di 50 Hz [2,3,4,5,6,7]. Le correlazioni positi-ve statisticamente significative fra l’esposi-zione ai campi ELF industriali e l’aumentatorischio di morte riguardavano soprattutto lasclerosi laterale amiotrofica (SLA) [3,5,6] conun RR (rate ratio) compreso fra 2.0 e 3.1 (CI95%) e l’Alzheimer (Alz) [6] con un RR pari a4.0 (CI 95%). Seguivano le correlazioni posi-tive per il Parkinson (Park) [5] con un OR

(odds ratio) di 1.50 (CI 95%) mentre per lasclerosi multipla (SM) [7] le correlazioni posi-tive non raggiungevano la significatività sta-tistica.

Mentre nella sclerosi multipla le “placche”possono svilupparsi ovunque e senza regola,sia nella sostanza bianca che nella sostanzagrigia [8,9], negli altri casi le correlazioni topo-grafiche con determinate zone cerebrali sonopiuttosto precise. L’Alzheimer, ad es., è un’a-trofia diffusa della corteccia cerebrale, preva-lentemente a carico dei lobi frontali e parie-tali. La sclerosi laterale amiotrofica colpisceselettivamente i neuroni motori della via cor-tico-pontina e cortico-spinale, oItre ai neuro-ni motori del tronco encefalico e delle corna

ESISTE UNA MAGNETOSENSIBILITÀDIFFERENZIATA FRA LE DIVERSE ZONE

DEL CERVELLO UMANO?Franco Bistolfi

L.D. in Radiologia e in Radiobiologia

Sommario

1. Introduzione e concetto di magnetosensibilità cellulare differenziata2. Richiami su alcune strutture cerebrali diamagnetiche

2.1 A livello microscopico2.2 A livello submicroscopico

3. Presenza e distribuzione di elementi ferro- e paramagnetici nel cervello umano3.1 Cristalli di magnetite dimostrati da ricerche post-mortem3.2 Ricerche sul ferro cerebrale in vivo mediante RM ad alto campo3.3 Melanina paramagnetica e metalli paramagnetici nella substantia nigra del cervello

umano3.4 Metalli paramagnetici presenti in enzimi. Radicali liberi e superossidodismutasi nella

cellula neuronale4. Rapporti fra le variazioni spazio-temporali della ossigenazione encefalica e l’attività svolta

da un soggetto5. Discussione

5.1 Bersagli vibrazionali diamagnetici di campi ELF nel cervello umano5.2 Bersagli vibrazionali ferromagnetici di campi ELF nel cervello umano5.3 Effetti da microvibrazioni e da macrovibrazioni sul cervello umano5.4 Altri possibili meccanismi d’azione dei campi ELF sulle cellule neuronali

6. ConclusioniAppendiceBibliografia

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Fisica in Medicina - 3/2008

anteriori del midollo spinale. Il Parkinson,infine, comporta l’atrofia dei neuroni dellasostanza nera mesencefalica ed una conse-guente degenerazione dei sistemi dopami-nergici nigro-pallidali e nigro-striatali; situa-zione anatomopatologica da cui discendeuna caduta di concentrazione della dopa-mina a livello del globo pallido e del nucleostriato, facenti parte dei nuclei grigi diencefa-lici o nuclei centrali, e la conseguente sinto-matologia extrapiramidale (tremore, iperto-nia muscolare, acinesia) che caratterizza lamalattia [10].

Se ora consideriamo i dati epidemiologicialla luce di queste conoscenze anatomopato-logiche, non solo si conferma che il cervelloumano è sensibile ai campi elettromagneticiesogeni, ma si evince che questa sensibilitàsembra essere più alta nel sistema neuronalepiramidale (SLA) e nella corteccia fronto-parietale (Alz) rispetto ai nuclei grigi centralie al sistema extrapiramidale (Park). Cercaredi individuare le possibili cause di questasensibilità differenziata è lo scopo del presen-te lavoro.

Va subito precisato che le differenze topo-grafiche di sensibilità andrebbero studiate neiconfronti delle due componenti di un campoelettromagnetico incidente dall’esterno: lacomponente elettrica (E) e la componentemagnetica (H). È noto inoltre che l’esposizio-ne del corpo umano a campi e.m. di variaconfigurazione ingenera negli organi internicorrenti e campi molto complessi, studiatinegli anni ‘80 e ‘90 da diversi autori citati daKing [11] in un lavoro del 1999.

Sarebbe quindi necessario conoscere lecaratteristiche dielettriche (εr, σ) delle diver-se zone cerebrali, onde poterle mettere inrapporto con quelle differenze di risposta aicampi e.m. suggerite dai risultati epidemiolo-gici. Purtroppo, queste proprietà sono stateinvestigate sperimentalmente sia sul cervellodi animali che su campioni di cervello umanosenza scendere a differenziazioni topogra-fiche che andassero oltre alla distinzione frasostanza grigia e sostanza bianca [12,13]. Edanche l’andamento di εr e σ in funzione dellafrequenza dell’onda e.m. è stato studiato perfrequenze comprese fra105 e 1010 Hz, manon per le frequenze comprese fra 10 e 102

Hz, di frequente impiego industriale [12].Anche le conoscenze sull’EEG poco ci

aiutano, in quanto le onde EEG di varia fre-

quenza, comprese fra 0.5-3 Hz (onde delta),4-7 Hz (onde theta), 8-13 Hz (onde alfa) e13-30 Hz (onde beta) si rapportano soltantoalle condizioni del soggetto esaminato: statodi veglia a occhi chiusi, onde alfa; stato diattività o di agitazione, onde beta; stato disonno, onde delta; turbe affettive e/o com-portamentali, onde theta [14].

Mentre, per quanto riguarda la loro sede diorigine, sappiamo che le onde alfa si localiz-zano prevalentemente ma non esclusivamen-te nella regione parieto-occipitale e che leonde delta hanno origine nelle regioni centra-li del cervello.

È auspicabile che lo studio in vivo delladistribuzione topografica di εr e σ nel cervel-lo umano possa avvalersi in un prossimofuturo di due tecniche già sperimentate inaltri settori. Queste sono la Thermo AcousticComputed Tomography (TACT), di cui si èscritto anche su Fisica in Medicina (1/2006,34-36), e la Impedance Computed Tomo-graphy [15-19] prevalentemente studiata alivello toraco-polmonare ma anche prospet-tata per lo studio del cervello [17].

Pertanto, in mancanza di conoscenze piùprecise sulla distribuzione topografica delleproprietà dielettriche del cervello umano, ci èsembrato comunque utile concentrare l’at-tenzione sulla magnetosensibilità differen-ziata di quelle strutture encefaliche aventicaratteristiche diamagnetiche, paramagneti-che e ferromagnetiche bene individuabili,ricordando che la magnetosensibilità cellula-re differenziata [20] si basa sulla presenza neidiversi citotipi di bersagli aventi diversasuscettività magnetica. Sarà quindi necessa-rio considerare tre parametri magnetobiolo-gici fondamentali:

1) forma della cellula (sferica, allungata,fusiforme, appiattita) e rapporti spaziali fra lecellule componenti una determinata popola-zione;

2) centri paramagnetici e ferromagneticiendocellulari;

3) ultrastrutture cellulari diamagnetica-mente anisotrope.

Fra queste ultime ricordiamo in particola-re [20-26]:

• i polipeptidi associati in fibre cilindrichedi alcuni µm di lunghezza e 100 nm di dia-metro con alfa-eliche disposte assialmente,orientabili sotto campi magnetici di 1 T;

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• i microtubuli endocellulari assemblati(abbondanti nel sistema nervoso), orientabiliin campi di pochi decimi di T;

• le membrane fosfolipidiche (cristalliliquidi) e i corredi di membrane assemblate apila di piatti nel formare organelli endocellu-lari (membrana plasmatica, mitocondri,apparato di Golgi, reticolo endoplasmaticoliscio e rugoso).

Il presente lavoro può dunque intendersicome premessa a più approfondite ricercheatte a costruire un quadro completo delle dif-ferenze topografiche di sensibilità cerebralesia ai campi elettrici che ai campi magnetici.

2. Richiami su alcune strutture cerebrali diamagnetiche [27-33]

2.1 A livello microscopico

Sia gli emisferi cerebrali che il cervellettoe le formazioni centrali dell’encefalo (nucleigrigi della base, tronco encefalico) sonocostituiti da sostanza grigia e da sostanzabianca. La sostanza grigia delle cortecce equella delle formazioni centrali hanno incomune il fatto di contenere i corpi delle cel-lule neuronali con i loro dendriti e le ter-minazioni di molti neuriti; ma ciò che ledistingue è l’organizzazione di questi elemen-ti. Mentre nella sostanza grigia delle forma-zioni centrali i corpi neuronali si dispongonoin gruppi o disseminati a formare nuclei ner-vosi o colonne nervose, nella sostanza grigiadelle cortecce i corpi cellulari sono organiz-

zati secondo una vera e propria tettonica cel-lulare, di cui in seguito.

La sostanza bianca è una dipendenza ana-tomica e funzionale della sostanza grigia inquanto formata dalle fibre (prevalentementemieliniche) originantisi dai neuroni contenutinella sostanza grigia.

Nei diversi nuclei delle formazioni centralivi sono popolazioni neuronali predominanti,costituite ora da cellule voluminose ora dacellule piccole o da cellule pigmentate. Nellacorteccia cerebrale (sostanza grigia dei dueemisferi) si osserva un notevole polimorfi-smo dei miliardi di cellule in essa contenute[29], cellule che si raggruppano in stratisecondo una organizzazione citoarchitettoni-ca ben definita (fig.1, 2A e 3).

Fig. 1 - Corteccia telencefalica umana (40 x), conl’evidente distribuzione in strati delle cellule ner-vose. Da D. Zaccheo, L. Cattaneo e C.E. Grossi"Anatomia Microscopica degli Organi dell'Uomo";UTET Torino 1973 [28]. Gentile concessione di Autori ed Editore

Fig. 2 - Schema generale dellaorganizzazione citoarchitettoni-ca (A), mieloarchitettonica (B)e vascolare (C) della cortecciatelencefalica. Da D. Zaccheo e coll. (come inFig.1) [28].Gentile concessione di Autoried Editore.

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Fig. 3 - Corteccia telencefalica umana (110 x). Sinotino la forma e la distribuzione delle cellule pira-midali. Da D. Zaccheo e coll. (come in Fig.1) [28].Gentile concessione di Autori ed Editore.

Le stesse fibre mieliniche risultano assem-blate secondo una organizzazione mieloarchi-tettonica (fig. 2B) ed anche il corredo di vasie cellule gliali segue una sua organizzazionespaziale (fig. 2C).

La citoarchitettonica della corteccia cere-brale presenta sei strati, caratterizzati dalladiversa densità di cellule nervose di diversotipo. Pur variando nelle diverse aree cortica-li, se ne può tratteggiare la struttura generale[28] (fig. 2A). Lo strato molecolare (1), subitoal disotto della pia madre, ha una bassa den-sità di cellule nervose oltre a prolungamentidendritici e neuritici provenienti dagli stratisottostanti. Lo strato delle piccole cellule pira-midali o strato granulare esterno (2) puòessere formato da cellule piramidali o da gra-nuli. Lo strato delle medie e grandi cellulepiramidali (3) ha un’alta densità cellulare edè costituito in prevalenza da cellule piramida-li. Lo strato granulare interno (4) ha un’altadensità cellulare ed è costituito da elementigranulari. Lo strato delle cellule piramidaligiganti o profonde (5), dalle quali nasconoper massima parte le fibre dei fasci pirami-dali destinati alla motilità volontaria, ha unaspetto caratteristico in corrispondenza del-l’area motoria precentrale. Lo strato delle cel-lule polimorfe o fusiformi (6) chiude la serie econfina con la sottostante sostanza bianca.

L’organizzazione mieloarchitettonica dellefibre mieliniche presenti nella corteccia cere-brale comprende fasci tangenziali parallelialla superficie, e fasci radiati, perpendicolariai primi (fig. 2B). La rete vascolare della cor-teccia è molto fitta (fig. 2C) e stringe rappor-ti con le cellule neuronali tramite i prolunga-menti delle cellule gliali.

2.2 A livello submicroscopico

Il corpo del neurone contiene in abbon-danza tre tipi di strutture diamagneticamenteanisotrope: i microtubuli, i filamenti di actinae i neurofilamenti (fig. 4). Anche i dendriti,sottili antenne che si dipartono dal corponeuronale, contengono lunghi mitocondri,neurofilamenti e microtubuli. Lo stesso asso-ne, espansione neuritica di varia lunghezza(anche oltre 1 m) e rivestito dalla membranaplasmatica, racchiude materiale citoplasma-tico, mitocondri allungati, neurofilamenti,filamenti di actina e microtubuli assemblatiparallelamente all’asse maggiore della fibra(fig. 4A). L’anisotropia di queste strutturesottili e allungate contribuisce all’anisotropiadiamagnetica dell’intero assone.

Il neurone è predisposto per inviare adistanza impulsi elettrici e messaggi chimici(neurotrasmettitori). La conduzione ad altavelocità (circa 60 m/s) degli impulsi elettriciavviene grazie a processi di depolarizzazionee ripolarizzazione della membrana avvolgen-te l’assone attraverso i canali ionici per il Nae il K [11].

Il neurone è inoltre capace di un trasportoattivo lungo l’assoplasma di proteine, di neu-rotrasmettitori e altri materiali (fig. 4B). Dallaeccellente rassegna di Chevalier-Larsen eHolzbaur [33] apprendiamo che il trasportoassonale attivo si svolge lungo i microtubuli ei filamenti di actina, avvalendosi di motorimolecolari: chinesine, dineina, miosine. I lun-ghi percorsi si basano su motori collegati aimicrotubuli (chinesine e dineina), i percorsibrevi su motori collegati ai filamenti di actina(miosine). La velocità di trasporto dei carichipuò raggiungere i 40 cm in 24 ore [32].

Il trasporto assonale attivo coinvolgeanche i mitocondri, che si muovono lungol’assone nei due sensi e il cui malfunziona-mento è implicato nella patogenesi di diversemalattie neurodegenerative. Il trasporto asso-nale attivo delle particelle di RNA (necessa-rie per la sintesi di proteine in situ) si verificasia nei dendriti che nell’assone ed anche inquesto caso i difetti nel trasporto assonaledell’RNA si correlano con la patogenesi didiverse malattie neurodegenerative [33].

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2033/2008 - Fisica in Medicina

3. Presenza e distribuzione di elementi ferro-e paramagnetici nel cervello umano

3.1 Cristalli di magnetite dimostrati daricerche post-mortem

In una ricerca sul cervello di 9 pazientideceduti fra i 48 e gli 88 anni, Kirschvink ecoll. [34] hanno esaminato aree di cortecciacerebrale e cerebellare, nuclei basali, duramadre spinale, seno sagittale superiore e ten-torio della dura madre. I risultati della ma-gnetometria indicarono per ogni cervelloesaminato una magnetizzazione media equi-valente a 4 ng di magnetite (Fe304) pergrammo di tessuto cerebrale. Poche differen-ze furono rilevate fra le diverse aree corticalied anche fra le aree corticali e i nuclei basa-li. Per le meningi, invece, il valore medio dimagnetizzazione era di circa 70 ng di magne-tite per grammo di tessuto.

Con la microscopia elettronica si dimo-strarono aggregati cristallini in forma di stri-sce nere, simili a quelli presenti nei batterimagnetotattici (magnetosomi) e contenentigrani di varie dimensioni (Ø 10-70 nm e 90-200 nm). Secondo gli autori vi sarebbe unminimo di 5·106 cristalli per grammo di tes-

suto cerebrale, distribuiti in 50.000-100.000cluster, contro un minimo di 100·106 cristalliper grammo di tessuto meningeo, distribuitiin 1 o 2 milioni di cluster.

Dunn e coll. [35] hanno esaminato campio-ni dell’ippocampo di pazienti deceduti, epilet-tici e non epilettici, unitamente a tessutorimosso chirurgicamente dalla zona epiletto-gena di un soggetto vivente, ponendoli aconfronto con due ceppi di batteri producen-ti magnetite (MV-1 e GS-l5). Anche in questocaso si trovarono particelle ferromagnetichedi varia grandezza producenti campi intera-genti fra loro, e - alla microscopia ottica -materiale opaco costituito da fini particelle incluster di 5-10 µm. Non emersero tuttaviadifferenze fra i campioni di sostanza grigia edi sostanza bianca, nè fra i campioni di sog-getti epilettici e normali.

3.2 Ricerche sul ferro cerebrale in vivocon RM ad alto campo

La dimostrazione post-mortem della pre-senza di magnetite nel tessuto cerebrale enelle meningi non rappresenta che una partedi numerose ricerche sul contenuto e sulladistribuzione del ferro nel cervello umano,

Fig. 4 - In (A): Filamenti del citoscheletro neurona-le nelle cellule piramidali della corteccia col tipicoaspetto di strutture diamagneticamente anisotropead alto ∆χ. In (B ) la sezione trasversa di un assonedimostra i neurofilamenti, i microtubuli e alcunevescicole in transito nell’assone associate a piccoligruppi di microtubuli (v. in sez. 2.2).Da B. Alberts, D. Bray, J. Lewis e coll. "BiologiaMolecolare della Cellula". Traduzione italiana di M.Guardo e A. Peyrot. Zanichelli, Bologna 1984 [31]

Parzialmente modificata.(A)

(B)

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204 Fisica in Medicina - 3/2008

ricerche ampiamente riassunte in una rasse-gna di Schenck e Zimmerman del 2004 [36].

Sia le indagini postmortem condotte nelsecolo scorso con metodi istochimici che lepiù recenti indagini in vivo mediante RM adalto campo (3T) hanno dimostrato un’altaconcentrazione di ferro nei nuclei del sistemamotore extrapiramidale (nuclei grigi dellabase). Morris e coll. [37] hanno tuttavia dimo-strato che le reazioni del ferro sono presentianche in neuroni e fibre mieliniche di regioniprecedentemente ritenute negative. Il chesicuramente dipende dal fatto che neuroni edassoni sono ricchissimi in mitocondri conte-nenti il ferro citocromico (Fe2+ e Fe3+) dellacatena respiratoria.

Oltre che nei gruppi eme, il ferro cerebra-le è presente come ferro non-eme in diversemetalloproteine: transferrina, ferritina, emo-siderina, lipofuscine, neuromelanina e natu-ralmente nella magnetite; ed è questo ferronon-eme secondo Schenck e Zimmerman [36]

la quota di ferro cerebrale meglio analizzabi-le con la risonanza magnetica.

È interessante ricordare a questo proposi-to che secondo gli stessi autori il tasso di per-dita del segnale e la risultante ipointensità diimmagine nelle immagini T2 pesate sonodeterminate dalla grandezza e dalla magne-tizzazione delle particelle ferriche presenti inquelle aree, parametri di cui vedremo l’im-portanza nel par. 5.2. Si aprono così nuovepossibilità per lo studio in vivo degli elemen-ti ferromagnetici presenti nel cervello e per laconseguente acquisizione di dati importantiin campo neuropatologico, epidemiologico eprotezionistico da NIR.

3.3 Melanina paramagnetica e metalliparamagnetici nella substantia nigradel cervello umano

Secondo le ricerche di Blois [38] la melani-na, pigmento scuro di origine biologica e pre-sente sia nella pineale che nella substantianigra mesencefalica, è un polimero di altopeso molecolare, derivato dalla condensazio-ne dell’indolo 5,6 chinone. Il suo paramagne-tismo permanente dimostrabile tramite ESRè dovuto, secondo Blois, a radicali liberiorganici semichinonici intrappolati nel mate-riale pigmentato.

Zecca e Swartz [39], inoltre, hanno dimo-strato la presenza di ioni metallici parama-gnetici (ferro, rame, manganese) nella neu-

romelanina umana in substantia nigra intattain concentrazioni fino a 4 volte superioririspetto al tessuto cerebrale non pigmentato.Pertanto, sia i radicali liberi organici del tiposemichinone che i metalli di transizione legatialla melanina possono giustificarne l’intensoparamagnetismo. Secondo Zecca e Swartz irisultati ottenuti sono consistenti con l’ipotesidi un ruolo patogeno rivestito da ioni metalli-ci nel promuovere reazioni ossidative nei neu-roni pigmentati, causa a loro volta di una pos-sibile degenerazione neuronale tardiva.

3.4 Metalli paramagnetici presenti in enzi-mi. Radicali liberi e superossidodismu-tasi nella cellula neuronale

Alcuni oligoelementi [40] paramagneticientrano insostituibilmente in centri parama-gnetici endogeni di spin elettronico, dei qualiricordiamo i più importanti [20,24]

• metallo-complessi di trasporto e/o depo-sito

ceruloplasmina (Cu2+)transferrina (Fe3+)ferritina (Fe2+ Fe3+)

• metallo-complessi a funzione enzimaticao vitaminica

catalasi (Fe3+)perossidasi (Fe3+)citocromi (Fe2+ Fe3+)metalloflavoproteine (metalli vari)superossidodismutasi citosolica (Cu2+ Zn SOD)superossidodismutasi mitocondriale(Mn2+ SOD)lipossigenasi (Fe2+ Fe3+)vitamina B12 (Co2+)

I citocromi, localizzati nei mitocondri,fanno parte della catena respiratoria di enzi-mi REDOX ordinati secondo il valore dipotenziale (fra -320 mV e +380 mV), cui sicorrela il flusso di elettroni lungo la catenastessa [41]. Erecinska [42] ha dimostratomediante ESR che i gruppi eme hanno preci-se orientazioni rispetto al piano della mem-brana mitocondriale, dalle quali dipende l’in-tegrità del trasporto di elettroni nel mitocon-drio. Secondo Wyard [43] vi è uno strettoparallelismo fra concentrazione di mitocondri(particolarmente elevata nella cellula neuro-nale) e concentrazione di radicali liberi.

I radicali liberi (RL•), paramagnetici e

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oggetto di numerosissimi studi [41,44], sidistinguono per la vita media, il range di dif-fusione e la reattività in stabili e reattivi:(RL•) stabili : lunga vita media - lungo range

- bassa reattività(RL•) reattivi: vita m.brevissima-corto range-

alta reattività dal che deriva il loro comportamento sottocampi magnetici statici o tempo-variabili(migrazione, gradienti di concentrazione),

In certi casi i (RL•) agiscono da tossiciendogeni, dai quali la cellula si difende con lesuperossidodismutasi (SOD), molto impor-tanti per la salute del tessuto nervoso [45]. LaCu-Zn SOD è un dimero molecolare nelquale ogni subunità ha un sito attivo conte-nente un atomo di Cu e un atomo di Zn. Nelcervello umano vi è un 1g-atomo di Cu perogni subunità di Cu-Zn SOD. È dimostratoche i siti di legame per i due metalli svolgonoun ruolo determinante nello stabilizzare lastruttura dell ‘intera molecola.

Anche la Fe SOD e la Mn SOD sono dime-ri molecolari e contengono da 0.5 a 1.0 g-atomo del metallo per mole di subunità pro-teica.

Ogni subunità proteica delle SOD è unpolipeptide costituito da 8 piani beta antipa-

ralleli fra loro; “folding pattern” da cui dipende l’attività dell’enzima e quindi la salute deltessuto nervoso. Sembra infatti che metallo-proteine “improperly folded” abbiano unpeso patogenetico in alcune malattie neuro-degenerative (Alzheimer, sclerosi lateraleamiotrofica), oggi considerate “proteinmisfolding diseases” [46]. Vi ritorneremo indiscussione (v. 5.4).

4. Rapporti fra le variazioni spazio-tempora-li della ossigenazione encefalica e l’atti-vità svolta da un soggettoLassen e coll. [47], iniettando nella caroti-

de di 500 pazienti candidati a un’arteriografiacerebrale un gas inerte radioattivo (Xenon133) sono riusciti a dimostrare mediante ungamma-counter e un calcolatore le modifica-zioni del flusso sanguigno nelle diverse areedella corteccia cerebrale in concomitanzacon diverse attività motorie del soggetto(parlare, muovere una mano, seguire con gliocchi oggetti in movimento, ecc.).

Il metodo si basa su di un noto principiofisiologico oggi utilizzato anche nella PET.Della convincente iconografia presentatariportiamo soltanto due esempi (fig. 5,6) rin-viando alla Discussione (v. 5.4) il possibilesignificato del fenomeno a fronte della pre-sente ricerca.

Fig. 5 - Durante la ripresa di questa immagine ilsoggetto muoveva le dita della mano destra.Risultano attive, sull’emisfero sinistro, l’area dellacorteccia motoria (centrale) corrispondente allamano e alle dita e l'area motoria supplementare.Tecnica di Lassen e coll. allo Xenon 133 (rif. 47),descritta nel par. 4.

Fig. 6 - Durante la ripresa di questa immagine ilsoggetto muoveva la bocca contando ripetuta-mente fino a 20. Risultano attive l'area motoriadella bocca (centrale), l'area motoria supplemen-tare e l'area uditiva (posteriormente e in basso).Tecnica di Lassen e coll. allo Xenon 133 (rif. 47),descritta nel par. 4.

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5. Discussione

Per comprendere i possibili meccanismialla base di un’azione dannosa dei campie.m. ELF di origine industriale sul cervello dioperatori cronicamente esposti per 5 - 20anni, è irrinunciabile partire dagli esperimen-ti di Spiegel e coll. [48] sul cervello dei pulcinidi pollo.

Questi autori studiano l’elettrostrizioneindotta nel cervello di pulcini, esponendone idue emisferi fra i piatti di un condensatoregeneratore di un campo elettrico ELF di 1350V/cm (135 kV/m). Le vibrazioni cerebrali chene risultano hanno una frequenza doppiarispetto alla frequenza del campo applicato,mentre la loro ampiezza si rivela essere unafunzione non-lineare del campo elettrico.

L’ampiezza delle vibrazioni è costante allefrequenze di 10-50 Hz, con valori compresifra 5 nm e 34 nm nei diversi campioni di cer-vello. Alle frequenze vibrazionali di 50-200 Hz(corrispondenti a frequenze di campo elettri-co di 25-100 Hz) compaiono fenomeni dirisonanza. Al disopra dei 200 Hz vibrazionalil’ampiezza delle vibrazioni cade rapidamente,avvicinandosi a zero alla frequenza di 1000Hz a causa delle forze inerziali. Nella regionedi risonanza (100-200 Hz vibrazionali) l’am-piezza raggiunge un massimo di 40 nm.

Si rammenta che le ampiezze vibrazionalicomprese fra 10 e 40 nm possono dar luogoa fenomeni di risonanza spaziale con mem-brane e altri organelli cellulari di pari dimen-sioni nanometriche. Spiegel e coll. [48] ipotiz-zano che una vibrazione meccanica dellasuperficie cerebrale possa avere effetti sulladinamica dei canali del calcio indovati nellamembrana plasmatica, effetti che potrebberospiegare i noti esperimenti pubblicati neglianni ‘80 sull’efflusso di calcio da campioniencefalici sottoposti all’azione di campi ELF[49-52].

Più di 20 anni sono trascorsi da questoimportante lavoro sperimentale, chiaraespressione di un fenomeno trasduzionaieelettromagneto-meccanico [53]. Noi riteniamoche le strutture encefaliche capaci di entrarein vibrazione siano le strutture diamagnetica-mente anisotrope e le componenti ferroma-gnetiche (magnetosomi) presenti nel cervel-lo e nelle meningi.

5.1 Bersagli vibrazionali diamagnetici dicampi ELF nel cervello umano

Le strutture della corteccia cerebrale,stratificate secondo un ordine spaziale chemanca nei nuclei grigi centrali [27], hannocaratteristiche che ne suggeriscono un’altasuscettività diamagnetica. Dalle figure 2, 3 e4A si evince, infatti, che le cellule piramidalie in particolare le grandi cellule piramidalidebbano essere per forma, dimensioni e con-tenuto citoscheletrico le cellule dotate dimaggior ∆χ rispetto alle altre cellule deidiversi strati corticali. Per quanto riguardainvece le fibre mieliniche tangenziali e radia-te (fig. 2A), il loro grado di anisotropia dia-magnetica dovrebbe essere molto simile, agiudicare da morfologia e dimensioni.

L’alto ∆χ delle grandi cellule piramidalinell’area corticale motrice ha un particolaresignificato, poichè è da quelle cellule che inmassima parte originano le fibre del sistemamotore piramidale collegate mediante sinapsicon i centri motori dei nervi cranici e con lecorna anteriori del midollo spinale, tutti ele-menti della motilità volontaria selettivamentecompromessi nella sclerosi laterale amiotro-fica.

È presumibile che le vibrazioni indotte dacampi ELF industriali di sufficiente intensitàin questi sistemi diamagneticamente aniso-tropi siano di diversa ampiezza nelle diversearee corticali. Sappiamo infatti che le areesensitive sono caratterizzate dalla drasticariduzione delle cellule piramidali negli strati 3e 5 e dal notevole incremento delle cellulegranulari negli strati 2 e 4, mentre nelle areemotrici si osserva un notevole aumento dellecellule piramidali a scapito delle cellule gra-nulari [29]. Situazione traducibile in una diver-sa distribuzione numerica di elementi dia-magneticamente diversi fra loro, quali lepiccole cellule granulari (isotrope) e le cellu-le piramidali (anisotrope).

Se ne ha un quadro convincente osser-vando le sezioni di sei diverse aree della cor-teccia cerebrale (fig. 7 ABC DEF) [30], chedimostrano la diversa distribuzione di ele-menti diamagneticarnente isotropi (piccolecellule granulari) e di elementi anisotropi(cellule piramidali con lungo dendrite apicalee lungo assone, parallelamente orientate infasci).

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Fig. 7 ABC - (A) corteccia del lobo occipitale;(B)corteccia del lobo temporale; (C)- corteccia dellobo frontale.

*** È noto infatti che per una molecola diama-gnetica il grado di orientamento β è dato da: β =(XII - XI ) H2/kT- dove XII e XI sono le suscettivitàmagnetiche rispettivamente parallela e perpendi-colare all’asse di simmetria rotazionale dellamolecola esaminata, H il campo magnetico appli-cato e T la temperatura assoluta [54]. Inoltre, β puòessere fortemente aumentato quando N molecoleuguali si dispongono in posizione fissa l’unarispetto all’altra a formare aggregati molecolari,comportamento caratteristico dei microtubuli edei filamenti citoscheletrici all’interno dell’assone(fig. 4A e 4B).

Fig. 7 DEF - (D) corteccia dell'area motoria; (E)sezione del grande ippocampo; (F) corteccia dellacirconvoluzione dell'ippocampo. Si noti comecambia la distribuzione delle cellule granulari(dia-magneticamente isotrope) e delle c. piramidali(anisotrope)nelle diverse aree della corteccia.-Secondo le figure, le aree C,D,E,F dovrebberoessere più magnetosensibili delle aree A e B.Dal "Trattato di Anatomia Umana" di J. Quain(ed.) (30)

(B)(A) (C)

(D) (E) (F)

Forte argomento in favore della reale esi-stenza di una magnetosensibilità cellularedifferenziata in aree diverse della cortecciacerebrale.

Occorre inoltre tener conto della grandecooperatività che nasce dall’assemblaggioordinato dei numerosi elementi citoscheletri-ci contenuti negli assoni (microtubuli, fila-menti di actina, neurofilamenti), tutti orienta-ti parallelamente all’asse maggiore dell’asso-ne***.

Nella sezione 2.2 abbiamo visto quantosia importante il ruolo che gli elementi delcitoscheletro (CSK) presenti nel corpo delneurone e negli assoni svolgono per il tra-sporto attivo dei neurotrasmettitori e di altricarichi (vescicole, mitocondri, RNA). Acqui-stano pertanto rilievo alcuni risultati speri-mentali ottenuti su cellule varie in vitro [23]

(Tabella 1).Dalla Tabella 1 risulta che gli elementi del

CSK esposti in vitro a campi elettrici emagnetici, sia DC che AC, vanno incontro acambiamenti di orientamento (twisting)(a,d,e,g,j,k) o a depolimerizzazione (b,f,h,i),ma che i due tipi di effetto si ottengono condiversa frequenza sperimentale per i campi Ee i campi H: il twisting e quindi gli effettivibrazionali essendo più frequenti sottocampi H (d,e,j,k) che sotto campi E (a,g); glieffetti di depolimerizzazione essendo più fre-quenti sotto campi E (b,c,h,i) che sottocampi H (f).

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Tabella 1Effetti prodotti da campi E e H.

su filamenti di actina e su microtubuli di cellule esposte in vitro

FILAMENTI DI ACTINAa) sotto bassi campi E continui cambiano

orientamento [55-62], si polarizzano [55],cambiano attività contrattile [57];

b) sotto campi continui più intensi posso-no depolimerizzarsi [60];

c) sotto campi E alternati possono riorga-nizzarsi [63];

d) sotto campi magnetici stazionari cam-biano orientamento [64];

e) sotto campi magnetici pulsati i neuritiad alto contenuto in CSK si orientanoasimmetricamente [65,66];

f) sotto campi magnetici ELF i microvilliad alto contenuto di actina scompaio-no dalla superficie cellulare [67,68,69].

MICROTUBULIg) sotto bassi campi E continui cambiano

orientamento e ordinamento [62,70]

migrando verso l’anodo [71];h) sotto campi E continui più intensi si

depolimerizzano [71];i) sotto intensi campi E pulsati si depoli-

merizzano [72];j) sotto campi magnetici stazionari si

orientano [73];k) sotto campi magnetici ELF le ciglia dei

Ciliati cambiano direzione [74].

Ricordando che i campi ELF industrialicomprendono componenti elettriche emagnetiche in una misura dipendente nonsolo dal tipo di sorgente ma anche dalla suadistanza dall’operatore, e che l’interazione diun campo magnetico alternato col cervellodell’operatore esposto vi induce eddy cur-rents, entrambi gli effetti sopra consideratipotranno verificarsi. Quantificarne l’entità ela distribuzione spaziale endocranica diventapertanto una grande sfida per la ricerca fisi-ca medica.

Poiché, inoltre, il trasporto assonale dimetaboliti e neurotrasmettitori richiede unapparato citoscheletrico integro e ben funzio-nante, la trasformazione del twisting di fila-

menti e microtubuli in vibrazioni di frequenzaELF potrebbe comportare turbe nel traspor-to assonale attivo; ma turbe ancor più gravie di maggior durata si avrebbero qualora siverificasse la depolimerizzazione degli ele-menti citoscheletrici. Ipotesi più che realisti-ca, in quanto la degenerazione dei neurofila-menti e dei microtubuli già è stata osservatanella malattia di Alzheimer [10], mentre nellapatogenesi della sclerosi laterale amiotroficasono ritenuti responsabili anche la disorga-nizzazione dei neurofilamenti e i difetti deltrasporto assonale [75];

5.2 Bersagli vibrazionali ferromagneticidi campi ELF nel cervello umano

I bersagli vibrazionali ferromagnetici nelcervello umano si identificano con i magne-tosomi. Questi contengono gruppi di grani adominio singolo e magnetizzazione perma-nente, il cui momento magnetico è pari alprodotto del volume della particella per lamagnetizzazione del volume unitario [76]: piùgrande la particella, più alto il suo momentomagnetico.

Magnetosomi con momento magnetico mesposti a un campo magnetico B vannoincontro a un twisting T= m ⋅ B sin ϑ dove ϑè l’angolo fra i due vettori. I calcoli di Valberge coll. [76] si riferiscono agli effetti di uncampo ELF su di una sfera di magnetite di200 nm di diametro e portano al seguenterisultato: la sfera di 200 nm sotto un campodi 100 µT subisce una forza di twisting para-gonabile alle forze biologiche (v. i dati nume-rici riportati nella Tabella VII del rif. 76). Poi-chè l’energia cinetica dell’interazione m ⋅ B èin questo caso di circa 50 kT, il movimentodella particella è bene evidente e sotto uncampo magnetico alternato di frequenza ELFsi traduce in un effetto vibrazionale.Dato che l’energia cinetica indotta varia conB2, l’energia cinetica di 50 kT per una sferadi 200 nm varierà, sotto campi maggiori ominori di 100 µT, nella maniera seguente:

induzione energia cineticamagnetica acquisita

200 µT 200 kT100 µT 50 kT50 µT 12.5 kT10 µT 0.5 kT

valori che potranno cambiare per cristalli dimagnetite più grandi o più piccoli della sfera

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di 200 nm ed anche con la viscosità dellamatrice in cui è indovata la magnetite (ad es.tessuto cerebrale vs tessuto meningeo)***.

Poiché magnetosomi di varia grandezza(da 10 a 70 nm e da 90 a 200 nm) sono dif-fusamente presenti nelle cortecce e neinuclei grigi centrali oltre che nelle meningi (v.sez. 3.1), i calcoli di Valberg [76] ci portano adammettere che negli operatori esposti acampi ELF industriali di adeguata intensitàpossano veramente prodursi diffuse microvi-brazioni encefaliche anche tramite un mec-canismo magnetosomico.

5.3 Effetti da microvibrazioni e damacrovibrazioni sul cervello umano

Dagli elementi raccolti si riesce a indivi-duare almeno un meccanismo patogeneticoper quelle malattie neurodegenerative “insor-te dopo 5-20 anni di esposizione ai campie.m. ELF di origine industriale” e precisa-mente la microvibrazione cronica delle cel-lule neuronali indotta dall’interazione deicampi ELF con le strutture diamagnetica-mente anisotrope (v. 5.1) e con i magneto-somi presenti nel tessuto cerebrale emeningeo (v. 5.2).

Le microvibrazioni possono tradursi in sof-ferenza del trasporto assonale per coinvolgi-mento del citoscheletro neuronale, ma anchein sofferenza della conduzione nervosa percoinvolgimento della membrana avvolgenteil neurone e l’assone, pur essa dotata di ani-sotropia diamagnetica ed elastica [81,82].

Si configura in tal modo una neuropatolo-gia microvibrazionale da confrontarsi con lagià nota neuropatologia macrovibrazionale,che si identifica nelle due sindromi da vibra-zione al “Sistema Mano-Braccio” e al “CorpoIntero”, oggetto di studio della medicina dellavoro grazie ai progressi della biomeccanicae della meccanobiologia [83.84].

Le macrovibrazioni coinvolte nella patolo-gia del lavoro hanno frequenze ELF eampiezze di ordine macroscopico; comunque

prodotte, esse arrivano al cervello inducen-dovi alterazioni di funzioni cognitive, sindro-mi depressive, alterazioni istologiche dellefibre mieliniche, amieliniche e delle cellulegliali [85].

5.4 Altri possibili meccanismi d’azionedei campi ELF sulle cellule neuronali

Nella sez. 3.4 si è sottolineato il ruolo dellesuperossidodismutasi (SOD) nella difesa dairadicali superossidi, nonchè il ruolo del ramenel mantenere costante il folding patterndella Cu-Zn SOD e con quello l’attività dell’enzima [45]. Se il folding pattern della Cu-ZnSOD dovesse subire alterazioni a seguito diuna interazione fra il campo e.m. e il rameparamagnetico, ne potrebbe seguire l’inatti-vazione della SOD e un conseguente aumen-to di concentrazione dei radicali liberi supe-rossidi. Ipotesi suffragata da moderne cono-scenze di neuropatologia, secondo le qualil’Alzheimer e la sclerosi laterale amiotroficasono ritenute protein misfolding diseases [46]

L’inattivazione della SOD da parte di prolun-gate esposizioni a campi magnetici ELFavrebbe inoltre conseguenze più rilevanti lad-dove fosse più alto il contenuto in metalliparamagnetici, come nella substantia nigramesencefalica, e quindi più alto il rischio direazioni ossidative su base radicalica (v. sez.3.2).

Un altro possibile meccanismo di interfe-renza fra i campi ELF industriali e il cervellodegli operatori professionalmente esposti èda vedersi nelle variazioni spazio-temporalidel flusso sanguigno corticale in funzionedelle diverse attività motorie del soggetto (v.sez. 4 e fig. 5 e 6). Poiché un maggior flussosanguigno significa una più intensa attività digruppi neuronali specifici in momenti diversi,sarebbe questa aumentata attività di sintesi etrasporto assonale a costituire un più facilebersaglio per i campi ELF. Di conseguenza,un operatore che fosse ripetutamente impe-gnato in un certo tipo di attività manuale,sempre mantenendo una posizione quasi

*** Nell’analizzare l’interazione fra magnetosomi e deboli campi magnetici ELF, Adair [77] considera laviscosità del citoplasma e tutte le possibili condizioni capaci di influenzare l’allineamento dei magnetoso-mi sotto il campo esterno, concludendo che gli effetti biologici per campi di 60 Hz maggiori del campogeomagnetico possono verificarsi a causa della dipendenza delle energie indotte da B al quadrato. Effet-tivamente, risposte biologiche sono state dimostrate sia nei mammiferi sotto campi alternati di 1 µT a 50Hz [78] che negli uccelli sotto campi magnetici di 0.2 µT [79]. Secondo Kirschvink e coll. [80 b], inoltre, mec-canismi trasduzionali a livello della magnetite biogenica possono intervenire in quelle risposte a campi dipochi nT osservabili negli animali migratori.

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costante di fronte alla sorgente del campo,potrebbe incorrere - alla lunga - in manife-stazioni neuropatologiche selettive corri-spondenti ai gruppi neuronali specifici coin-volti nell’attività lavorativa.

Interessante ipotesi per i futuri studi epi-demiologici.

6. Conclusioni

In base alla presente ricerca sembra pos-sibile dare all’interrogativo di apertura unarisposta almeno in parte positiva, da consi-derarsi come stimolo all’approfondimentoteorico e sperimentale del problema studiato.

Una prima differenza va vista nella collo-cazione superficiale della corteccia encefali-ca rispetto alle zone cerebrali profonde, fatto-re geometrico che sicuramente incide sulladistribuzione endocranica dei campi elettricie magnetici primari generati dalle macchineindustriali e dei campi elettrici secondari,corrispondenti alle eddy currents generatedalla componente magnetica di 50 Hz deicampi industriali primari.

La diversa distribuzione spaziale deicampi E e H risultanti potrà determinare unadiversa distribuzione dei due temuti eventi alivello dei grandi bersagli diamagnetici fila-mentosi presenti nel corpo della cellula neu-ronale e nell’assone: la microvibrazione e ladepolimerizzazione (v. Tabella 1).

È inoltre presumibile che la suscettivitàdiamagnetica della corteccia encefalica siapiù alta a livello del lobo frontale, dell’areamotoria e della regione ippocampica a causadel grande contenuto in cellule piramidalipiccole e grandi (v. fig. 7 ABC DEF). Questodato anatomico, insieme con la notevole lun-ghezza degli assoni del sistema motorevolontario (sistema piramidale) potrebbe farsi che l’esposizione prolungata a campi ELFindustriali di sufficiente intensità determini -negli stessi assoni - turbe di trasporto attivo(v. Appendice) e di conduzione nervosa piùimportanti che in altri sistemi di fibre piùcorte e più sottili. Quanto al ruolo dei magne-tosomi nel determinare differenze di magne-tosensibilità fra le diverse zone cerebrali,ricordiamo che Kirschvink e coll. [34] stimanola diffusione dei magnetosomi nel tessutocerebrale in 50.000-100.000 cluster cristalli-ni per g di tessuto, senza sensibili differenzefra corteccia cerebrale, corteccia cerebellaree nuclei grigi della base. Stimano inoltre la

diffusione dei magnetosomi nel tessutomeningeo in 1-2 milioni di cluster cristalliniper g di tessuto, tuttavia mediando fra tre ter-ritori soltanto (v. in 3.1).

Pertanto, pur ammettendo che la vibrazio-ne dei magnetosomi sotto l’azione dei campiELF possa contribuire alle microvibrazionidell’encefalo in toto, è difficile dire se vi con-tribuisca in maniera topograficamente diffe-renziata. V’è quindi da attendersi che la RMad alto campo (3 T) possa aiutarci a chiarirequesto punto (v. sez. 3.2).

A noi sembra che le differenze individuatefra zone diverse dell ‘encefalo, pur richieden-do ulteriori approfondinenti, possano fornirequanto meno una parziale giustificazione allamaggior frequenza con la quale i lavoratoriprofessionalmente esposti (PPE) sembranoandare incontro alla sclerosi laterale amiotro-fica e all’Alzheimer piuttosto che al Parkin-son. In ultima analisi, il diverso dato epide-miologico potrebbe dipendere da una soffe-renza microvibrazionale di diversa inten-sità da zona a zona a causa dei diversi ele-menti biostrutturali fisici e interattividiscussi nel lavoro.

È pur vero che non tutti i PPE esposti aicampi ELF industriali si ammalano e chealcuni di essi si ammalano di una forma neu-rodegenerativa ma non dell’altra; il che cer-tamente dipende da fattori individuali e gene-tici, dal diverso tipo di esposizione ai campi(sorgenti, distanza, durata della permanenzasotto il campo), nonché dalla possibile coe-sposizione a contaminanti metallici ambien-tali neurotossici.

È quindi auspicabile che le suesposteconclusioni aprano la via a più approfonditericerche sia in campo anatomico ultramicro-scopico, che in campo neurofisiologico spe-rimentale. Ma anche sul piano strettamentefisico-medico la ricerca potrebbe svilupparsinella valutazione sperimentale e matematicadei campi E e H endocranici durante l’espo-sizione a campi ELF industriali di varia confi-gurazione; nonchè nella replica degli esperi-menti di Spiegel (v. in sez. 5) sul cervello dianimali di dimensioni più vicine a quelle delcervello umano e con l’impiego di campielettrici e magnetici nell’ordine di grandezzadei campi industriali. La stessa epidemiolo-gia, infine, potrà tener conto dei problemi quisollevati.

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2113/2008 - Fisica in Medicina

APPENDICEL’ipotesi che una prolungata esposizione

del cranio ai campi ELF di origine industrialepossa incidere negativamente sui processi disintesi e trasporto assonale di metaboliti varie soprattutto di neurotrasmettitori (v. in 5.1)è suffragata dalla seguente sperimentazionedi Zecca e coll. [86], ricerca a sua volta pro-mossa dai dati epidemiologici di un aumen-tato rischio di demenza nei lavoratori esposticronicamente a campi elettromagnetici.

Questi autori hanno studiato la concentra-zione di neurotrasmettitori (norepinefrina,serotonina, acido 5-idrossindolacetico, NE,5-HT, 5-HIAA) nel cervello di ratti adulti eneonati cronicamente esposti per 10 mesi (8ore al giorno, 5 giorni alla settimana) a duetipi di campi a 50 Hz: 5 µT e 1 kV/m, 100 µTe 5 kV/m. Lo studio istochimico del cervelloveniva condotto in tempi diversi ma sempredopo 2 mesi di non esposizione al campo.

I risultati sono complessi ma in grandeprevalenza di tipo inibitorio. Scrivono gliautori: ““una inibizione di attività del sistema5-HT si verifica in diverse regioni del cervel-lo (ippocampo e corteccia cerebrale) sia neiratti esposti da adulti che nei ratti esposti sin-dal primo giorno di vita. Tutti i dati sono inbuon accordo con ricerche precedenti e sug-geriscono che la corteccia cerebrale e l’ippo-campo sono importanti bersagli per i campielettromagnetici. L’esposizione ai campi e.m.potrebbe essere considerata come un possi-bile fattore di rischio per disordini psichiatricie neurodegenerativi””.

Conclusioni perfettamente in linea con icontenuti del presente lavoro.

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Altri lavori in corso sul fronte ICRP, mentre i documenti disponibili sono fermi alla Pubblica-zione 105. Due nuovi draft sono in fase di consultazione. Il primo, “Application of the Commis-sion’s Recommendations for the Protection of People in Emergency Exposure Situations”, la cuirevisione è stata quasi ormai completata dal Task Group proponente, tratta della definizione edell’uso dei livelli di riferimento, dell’ottimizzazione delle misure di protezione e dell’interfacciacon la fase di riabilitazione che segue i casi di emergenza radiologica.

Il secondo work in progress porta invece il titolo “Application of the Commission's Recom-mendations to the Protection of Individuals Living in Long Term Contaminated Territories aftera Nuclear Accident or a Radiation Emergency”. È un documento che si affianca al precedentee che costituirà una guida alla protezione radiologica delle persone che vivono in zone conta-minate a lungo termine, sia a seguito di incidenti nucleari che a seguito di eventi radiologici.Tale situazione di riabilitazione post-incidente viene considerata una “existing exposure situa-tion”, secondo la terminologia introdotta nelle Raccomandazioni ICRP 2007.

Novità ICRP, ICRU, NRCP... e altroA cura di Nuccia Canevarollo

Mentre la Commissione sta preparando nuovi documenti sulla qualità dell’immagine inmammografia e sulla dosimetria delle basse dosi, abbracciando come di consueto temi di inte-resse della fisica medica, sono stati pubblicati recentemente due Report, uno di carattere pre-valentemente teorico e l’altro più operativo.

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2153/2008 - Fisica in Medicina

Elastic Scattering of Electrons and Positrons (ICRU Report 77)

Nel Report vengono rivisitati i metodi teorici e le tecniche sperimentali nello studio delloscattering elastico di elettroni e positroni con atomi e molecole e nella materia condensata. Ilrange in studio è quello delle medie e alte energie, da pochi chiloelettronvolt in su, dovel’approssimazione di campo statico fornisce un’accurata descrizione delle collisioni elastiche. Èquesto il range di interesse in molte applicazioni delle radiazioni di alta energia, come la dosi-metria, la radioterapia e la medicina nucleare. Il Report contiene una dettagliata descrizione deiprincipi teorici e dei metodi numerici coinvolti nei calcoli delle sezioni d’urto degli scattering ela-stici in approssimazione di campo statico. Sono descritti anche approcci teorici più elaborati,per le energie più basse, usati per valutare le limitazioni dell’approssimazione di campo statico.Vengono presentate brevemente le tecniche sperimentali di misura delle sezioni d’urto differen-ziali dello scattering elastico e le quantità ad esse legate. I dati delle sezioni d urto sperimenta-li disponibili vengono confrontati con i valori teorici per valutare potenzialità e limiti dell’ap-prossimazione di campo statico. Si considerano anche i dati sperimentali provenienti da tecni-che diverse, quali la spettroscopia elettronica di superficie, sensibile allo scattering elastico.Queste tecniche danno evidenza indiretta, di solito tramite simulazioni Monte Carlo, della affi-dabilità delle sezioni d’urto atomiche teoriche e della loro applicabilità alla descrizione delloscattering elastico nella materia condensata. Non manca nel Report un nutrito database nume-rico di sezioni d’urto differenziali, totali e di trasporto dello scattering elastico di elettroni e posi-troni su atomi neutri. Il database contiene tutti gli elementi dall’idrogeno all’einstenio e per ener-gie da 50 eV a 100 MeV. È stato generato usando l’approssimazione di campo statico per atomineutri con nuclei finiti e densità elettroniche secondo la teoria di Dirac-Fock. Insieme alla pub-blicazione ICRU, vengono forniti anche programmi software da cui ricavare informazioni daldatabase e calcolare le distribuzioni angolari di scattering multipli.

Prescribing, Recording and Reporting Proton-Beam Therapy (ICRU Report 78)

Questo recente lavoro tratta della terapia con protoni, modalità in grande espansione, cometestimoniato dal numero dei nuovi centri di trattamento, che continua ad aumentare. Il vantag-gio che i fasci di protoni presentano, rispetto ai fasci di fotoni, consiste in una distribuzione dosi-metrica più vantaggiosa. L’efficacia della terapia protonica è ben definita per vari tipi di tumo-ri. Il Report ci dà le informazioni necessarie per standardizzare tecniche e procedure e per armo-nizzare le descrizioni cliniche dei trattamenti con protoni con quelle di altre modalità. Concettie raccomandazioni di altri documenti ICRU vengono ora estesi alla terapia con protoni. Gli argo-menti trattati includono il razionale e la storia della proton therapy, la radiobiologia, le tecnichedi somministrazione del fascio protonico e le sue proprietà, la dosimetria, gli aspetti geometri-ci e di dose-volume, il treatment planning, le incertezze sulla dose somministrata, le conside-razioni legate ai movimenti meccanici, l’assicurazione della qualità, la prescrizione, la registra-zione e la documentazione del trattamento. Inoltre, si riportano sei esempi clinici di protonbeam therapy per illustrare l’applicazione delle raccomandazioni fornite nel Report.

Viene proposto l’uso di un valore generico di RBE (efficacia biologica relativa) pari a 1.1 el’adozione del codice 398 IAEA TRS (Technical Report Series) come protocollo standard didosimetria protonica. Viene introdotto il concetto di dose assorbita RBE- weighted, DRBE, cioèil prodotto della dose assorbita da protoni, D, con la RBE protonica, per stimare la dose fotoni-ca che produrrebbe lo stesso effetto terapeutico in condizioni identiche di somministrazione.

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216 Fisica in Medicina - 3/2008

Receiver Operating Characteristic (ROC) Analysis in Medical Imaging (ICRU Report 79)

L’analisi Receiver Operating Characteristic (ROC) è divenuta la metodologia statistica stan-dard per valutare le performance diagnostiche dei sistemi di imaging che richiedono un osser-vatore umano o l’applicazione di un software per formulare una decisione diagnostica. Para-metri ROC come l’area sottesa dalla curva ROC e l’indice di rilevabilità sono utili descrittoridella performance diagnostica, in quanto sono indipendenti dal bias, cioè dalla distorsione pro-dotta dalla variazione nell’applicazione del criterio di decisione dall’osservatore. Il Reportdescrive il modello decisionale di base, l’approccio con ROC fitting e la metodologia sperimen-tale e statistica corrente. Viene sottolineato l’approccio Multi-Reader Multi-Case (MRMC) cheutilizza la tecnica jackknife per casi di ricampionamento e l’analisi della varianza (ANOVA) perl’analisi finale. Il Report fornisce alcune linee guida di uso pratico per progettare ed eseguirestudi clinici e di laboratorio con analisi ROC. Non mancano utili riferimenti bibliografici e indi-rizzi web di software applicativi di analisi ROC.

Infine, ancora in ambito ICRU va segnalato il Meeting 2008 della Commissione, che si ètenuta dal 22 al 27 settembre a Nyon, graziosa città svizzera situata tra Losanna e Ginevra.

Nel 2005 l HPA (che si era appena costituita dall unio-ne dall’HPA SpHA e dal National Radiological ProtectionBoard-NRPB), ha pubblicato il UK Handbook for RadiationIncidents (HPA-RPD-042). Il manuale era destinato a for-nire un supporto nella gestione dei sistemi di produzione di

cibi, acque da bere e aree abitate, contaminati a seguito di incidenti con rilascio di materialeradioattivo nell ambiente. La versione 2008, appena pubblicata, fornisce aggiornamenti, infor-mazioni scientifiche e una checklist per pianificare prima dell’incidente le operazioni, gli avver-timenti, le opzioni che possono divenire necessari. Ulteriori aggiornamenti sono previsti per laprimavera del 2009 ed il tutto sarà allora disponibile anche in CD e in formato elettronico.

L’Advisory Group sulle radiazioni non ionizzanti (costituito nel 1990 in ambito NRPB e rico-stituito nel 1999 come organismo indipendente e che oggi fa riferimento al sottocomitato dellaHPA) si occupa degli effetti biologici di queste radiazioni sulla salute e orienta le priorità dellaricerca. Nel Report Static Magnetic Fields (RCE 6), l’Advisory Group considera le evidenzescientifiche disponibili da studi sulle persone, su animali e su cellule, legate agli effetti sanitarida esposizione a forti campi magnetici statici. Tali campi vengono impiegati in certe industriee centri di ricerca scientifica e nell’imaging con risonanza magnetica. Il Report, che identifica lefonti dei campi magnetici statici da certe produzioni industriali di alluminio e cloro-alcali, conesposizioni attorno a 20 mT, fino a esposizioni a campi particolarmente elevati, di vari Tesla, inMRI e in spettroscopia e da alcune fonti impiegate nella ricerca scientifica, descrive i meccani-smi teorici interessati, attraverso le interazioni elettrodinamiche e magnetomeccaniche, con lequali i campi statici possono direttamente influire sulle funzioni biologiche, riducendo il flussoematico nell’aorta e inducendo correnti nel tessuto circostante, stimolando i nervi periferici edisturbando la funzionalità del sistema vestibolare. In laboratorio, alcune macromolecole e alcu-ne cellule possono allinearsi con un campo magnetico da circa 0,5 T in su, ma le implicazionidi tale allineamento non sono chiare. Sebbene siano stati rilevati cambiamenti nella funzionecellulare in esperimenti con campi da 0,2 T, non è stato stabilito alcun effetto diretto avversosulle cellule.

Studi su animali hanno mostrato risposte di disturbo a circa 4 T, probabilmente come effet-to dell’esposizione sul sistema vestibolare. È stata dimostrata anche l’induzione di correnti elet-triche attorno al cuore e ai principali vasi sanguigni, prodotta da campi magnetici sopra ai 100mT, senza però che ciò si traduca in un effetto dannoso. Nelle persone, per campi fino a 8 T, visarebbero effetti cardiovascolari minimi ed entro il range di normale variazione fisiologica, mai dati raccolti sono ritenuti ancora limitati. Alcuni individui esposti a campi fino a 2 T hannodescritto vertigine e sensazione di gusto metallico, che diminuirebbero riducendo la velocità dimovimento dei soggetti all’interno del campo magnetico.

Il Report è scaricabile dal sito w w w .hpa.org.uk in formato PDF.

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NEW RADIANT

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Fisica in Medicina - 3/2008

1. Introduzione

La terza e ultima parte di questo lavoro èdivisa in due sezioni separate: La prima con-tiene una piccola selezione delle tecnichesperimentali e teoriche per l’indagine dellecondizioni fisiologiche o patologiche dei tes-suti. Nella seconda sezione sono riportatedelle “appendici” di approfondimento/intro-duzione a tutti gli argomenti trattati anchenelle parti I e II.

2. Il livello dei tessuti: cenni.

2.1 Visualizzazione con microscopia influorescenza

Le tecniche di marcatura fluorescentedescritte nella ParteII per il livello di cellula si

possono usare anche al livello di tessuto. Seuna proteina espressa in specifiche cellule diuno specifico tessuto viene marcata con unaFP, l’organismo transgenico che esprime laproteina marcata anziché quella naturalemostrerà fluorescenza nel tessuto bersaglio.Alternativamente è possibile operare unamarcatura fluorescente chimica funzionaliz-zando le proteine con piccoli fluorofori fluore-scenti. Le proteine marcate vengono iniettatenell’organismo, localizzano in specifici organio tessuti che vengono visualizzati. Se l’orga-nismo è piccolo o il tessuto è superficiale lavisualizzazione può avvenire direttamente intrasmissione attraverso l’epidermide, altri-menti il tessuto va sezionato ed osservato invitro. La Fig 2.1 riporta alcuni esempi.

Una “zoomata” sulle tecniche teorichee sperimentali per la bio-fisica

PARTE III

Valentina TozziniNEST-CNR-INFM - Scuola Normale Superiore , Pisa

Fig 2.1 (a) Un topo con tumori sottocutanei (b) Immagini FLIM di una vena (c) Una zecca (d) midollo osseo(d) Tessuto dal diaframma del topo.

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2193/2008 - Fisica in Medicina

2.2 Visualizzazione con raggi XIl principio dell’utilizzo dei raggi X per

visualizzazione di tessuti è molto semplice: iraggi X interagiscono con gli elettroni e sonoassorbiti in ragione proporzionale alla quan-tità di elettroni che incontrano lungo il lorocammino. Diversi tessuti hanno diverse den-sità elettroniche: quelli piú densi trasmettonouna minore percentuale di elettroni al collet-tore, che può essere un rivelatore oppure unasemplice lastra fotografica, sulla quale rima-ne impressa una proiezione della densitàelettronica (Fig. 6.2 (a)). Utilizzando unsistema di fasci sottili di raggi X e rivelatori susupporti rotanti si possono prendere proiezio-ni da diverse angolazioni e ricostruire un’im-magine tomografia (Tomografia Computeriz-zata TC, (Fig 2.2 (b,c))1.

2.3 Visualizzazione con NMR I principi della risonanza magnetica

nucleare (NMR) sono stati illustrati nelle parti

precedenti ed applicati all’NMR per spettro-scopia molecolare. Tuttavia, le tecniche divisualizzazione dei tessuti usano questo tipodi sonda in maniera diversa. L’informazionespaziale in una certa direzione viene codifica-ta nella frequenza di Larmor variando ilcampo magnetico statico con un gradiente dicampo in quella direzione. Altra informazioneviene codificata nell’intensità del segnale tra-smesso e nella frequenza del campo oscillan-te, cosicché prendendo il segnale con gra-dienti in alcune direzioni intorno al bersaglioè possibile ricostruire l’immagine tomografi-ca (Fig 2.3). Inoltre, cambiando la sequenzadelle radiofrequenze è possibile misurarediverse caratteristiche del tessuto (ad esem-pio, diversi tempi di decadimento) e il con-trasto relativo delle varie parti del tessutocambia, dando immagini differenti che evi-denziano particolari differenti. È anche possi-bile ottenere immagini funzionali. Ad esem-pio con la tecnica BOLD si misura l’ossige-nazione del sangue tramite cambiamento

Fig 2.3 (a) Schema per le proiezioni per la tomografia NMR (b) esempi di immagini NMR

Fig 2.2 (a) una radiografia a raggi X (b) Schema delle proiezioni per la TAC (c) Esempi di immagini TAC

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Fisica in Medicina - 3/2008

nella suscettibilità magnetica dell’emoglobi-na. Questa tecnica viene molto usata nellostudio del cervello: il cambiamento di livellodi ossigeno in una certa area indica la suaattivazione. Altre tecniche funzionali sfrutta-no la misura delle costanti diffusionali del-l’acqua nei tessuti, oppure usano agenti dicontrasto che si localizzano in specifici tessu-ti o loro regioni.

L’NMR è talvolta usato anche in modalitàspettroscopica anche nei tessuti: si misura lospostamento chimico di certe molecole (coli-na, creatina, n-acetilaspartato e lattato) inspecifici tessuti che dipende dalle condizioni(fisiologiche o patologiche) del tessuto2.

2.4 Modello a compartimenti per i tessutiIl modello a compartimenti per i tessuti

viene usato per studiare la diffusione di unfarmaco o di un agente di contrasto tra i tes-suti. Ciascun tessuto è caratterizzato da unvolume e dalla concentrazione del farmaco. Ilpassaggio da un tessuto all’altro è descrittoda una dinamica del primo ordine e definitoda una matrice di costanti di diffusione. Ingenerale il modello non include informazionisulle condizioni fisiologiche o la forma deltessuto. Fittando sui dati sperimentali si pos-sono ottenere le costanti di diffusione dausare per predire la diffusione del farmaco3.

APPENDICIA Le basi dell’organizzazione della materia viventeA.1 Acidi nucleiciGli acidi nucleici hanno la funzione di conservare, replicare e trasmettere l’informazione

genetica. L’acido DesossiriboNucleico (DNA) ha principalmente la funzione di conservazione.In alcuni virus la stessa funzione è espletata dall’acido RiboNucleico (RNA) ma, in generale,esso è principalmente coinvolto nelle funzioni di trascrizione e replicazione e nella traduzionedel DNA in proteina. Inoltre, esso può avere funzione puramente enzimatica, in particolari mole-cole chiamate ribo-zimi. Data la sua versatilità, è stata di recente avanzata l’affascinante ipote-si di una fase ancestrale della vita sulla terra unicamente basata sull’RNA4, da cui solo succes-sivamente si sarebbe differenziato il DNA.

Fig A.1 Struttura primaria degli acidi nucleici (a) Pirimidine, Purine e zucchero pentosio che con il gruppo fosfato, formano il nucleotide (b) ovvero il primidin (purin) - (2’deossi) ribosil fosfato

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Gli acidi nucleici sono etero-polimeri i cuimonomeri (i nucleotidi) sono composti daun grupoo fosfato, uno zucchero pentosio(ribosio in RNA, desossiribosio in DNA) euna base azotata, Purina (Adenina A, o Gua-nina G), o pirimidina (Citosina C, Timida Tin DNA, Gracile U in RNA). La catena siforma attraverso una complessa reazioneche alla fine risulta nella formazione di unlegame covalente tra l’ossigeno O3’ dellozucchero e il fosfato con espulsione di unamolecola di acqua5. La funzione codificatri-ce è assolta dalla sequenza dei quattro

diversi nucleotidi lungo la catena, chiamatastruttura primaria (Fig A.1). Ogni tripletta(insieme di tre nucleotidi consecutivi) codifi-ca per un singolo aminoacido di una protei-na, oppure per altre istruzioni (per esempio,l’istruzione di fine della proteina). Il DNA puòperò anche codificare (attraverso una sem-plice trascrizione) catene di RNA funzionali(ribozimi, parte di ribosomi etc). Un tratto diDNA che codifica per un insieme coerente diproteine o altri elementi funzionali si chiamagene, ed è l’unità base di ereditarietà geneti-ca.

Fig A.2 La struttura secondaria degli acidi nucleici (a) Accoppiamento WC nel DNA (b) Accoppiamento per l’Uracile WC (AU) e non WC (GU). (c) Accoppiamento di base nelle catene antiparallele.

(d) Doppia elica del DNA (e) Possibile struttura secondaria di RNA

La struttura secondaria (Fig A.2) si formacon l’accoppiamento specifico di Purine conPirimidine (C-G e T-A (U-A)) attraverso laformazione di legami a idrogeno (chiamatoaccoppiamento di Watson-Crick, WC). NelDNA questi accoppiamenti sono relativa-mente rigidi e la struttura secondaria è quasiesclusivamente la doppia elica, anche se inconformazioni diverse (A, B e Z, Fig A.3) chedipendono dalle condizioni ambientali e in

parte dalla sequenza. Nell’RNA esiste anchela possibilità che U possa formare accoppia-menti diversi da quelli WC. Questo e la diver-sa elettrostatica conferisce una maggioreflessibilità all’RNA ed è responsabile dellaprofonda differenza tra le strutture seconda-rie e terziarie di RNA e DNA. Infatti, l’accop-piamento WC rigoroso nel DNA è la basemolecolare dell’accuratezza nella conserva-zione e trasmissione dell’informazione gene-

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tica. Viceversa, nell’RNA l’accoppiamento èpiú flessibile e oltre alla doppia elica sonopossibili una grande varietà di strutture diver-se, che permettono diverse funzioni (FigA.3). L’accoppiamento WC è comunque uti-lizzato dall’RNA nella fase di trascrizione,quando, dopo la separazione della doppiaelica in singole catene, il DNA viene copiatonell’RNA messaggero (mRNA). È importantenotare che le due catene di DNA non sonoidentiche, ma complementari nel senso del-l’accoppiamento WC, e sono chiamate(+)senso o (-)senso (o antisenso). Solo lacatena (+)senso viene copiata in mRNA.Successivamente l’mRNA migra nel riboso-ma, un complesso macchinario macromole-colare composto da circa 50 tra proteine ecatene di rRNA (RNA ribosomiale) con fun-

zioni differenti (Fig A.3 (c,d,e)), dove vienetradotto in catena polipeptidica. Nel proces-so interviene l’RNA di trasferimento (tRNAFig A.3 (b)), ovvero un frammento di RNAche porta ad un’estremità la tripletta comple-mentare a quella codificante, e all’altra unospecifico amino-acido, uno diverso per ognitripletta. Il successivo accostamento di diver-si tRNA tramite l’accoppiamento all’mRNAnel ribosoma avvicina gli amminoacidi che silegano in sequenza e formano il polipeptide.L’associazione tra triplette di basi e aminoa-cidi, realizzata al livello molecolare dal tRNA,viene chiamata codice genetico. Si noti chela corrispondenza non è biunivoca: ad unatripletta corrisponde un solo amminoacido,ma lo stesso amminoacido può essere codi-ficato da diverse triplette.

Fig A.3 (a) Le tre forme strutturali del DNA. A è favorita in condizioni di bassa idratazione e quando il DNA inte-ragisce con le proteine o altri acidi nucleici. È inoltre la forma strutturale standard per la doppia elica di RNA. Bè la forma strutturale comune del DNA. Z è una forma molto distorta e levogira che si forma in presenza di lun-ghe alternanze di purine-pirimidine. (b) struttura secondaria e terziaria di tRNA (c) Struttura secondaria e ter-ziaria di un ribozima (una catena di RNA con funzione enzimatica) (d) struttura secondaria e terziaria di parti delribosoma (e) Il ribosoma batterico S70, con mRNA e tRNA evidenziati. Le altre catene di RNA sono in blu, leproteine in rosa (f) un nucleosoma. Il DNA è in azzurro e proteine istoniche in altri colori

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Il ribosoma è un esempio di aggregatomacromolecolare dove gli acidi nucleici sonoassociati alle proteine. Un altro esempio è ilnucleosome (Fig A.3 (f)), l’unità base diimpacchettamento del DNA nel nucleo cellu-lare, che consiste di due spire di DNA avvol-te intorno ad un nucleo di proteine istoniche.L’intera catena assume la forma di una cate-na di “perline” (i nucleosomi) che si arrotolasu se stessa per formare la cromatina o ilcromosoma.

A.2 ProteineNegli organismi viventi, la maggior parte

delle funzioni cellulari è espletata dalle pro-teine. I processi biochimici sono iniziati,regolati, terminati o catalizzati da proteine,complessi di proteine o di proteine e acidinucleici. La funzione catalitica è la piú fre-quente: la maggior parte delle proteine sono

enzimi.Chimicamente, le proteine sono polipepti-

di, ovvero eteropolimeri i cui monomeri sonogli amminoacidi (Fig A.4). Questi sono costi-tuiti da una parte acida (il terminale carbos-silico) e una parte basica (il terminale ammi-nico) collegate da un carbonio tetraedrico(chiamato carbonio alfa Cα) i cui altri ligandisono un atomo di idrogeno e un gruppo chi-mico variabile (residuo R, o catenal laterale).I venti diversi amminoacidi esistenti in naturasi differenziano per il residuo, che assumeventi forme chimiche differenti in dimensioni,acidità, idrofobicità, polarità o carica (Fig.A.5). A causa della doppia natura acida-basica, il polipeptide assume la forma zwitte-rionico in acqua, con carica negativa localiz-zata sul terminale carbossilico e positiva sulterminale amminico.

Fig A.4 (a) Struttura chimica degli ammino-acidi. (b) Formazione del legame peptidico. (c) Geometria del legame peptidico e dello scheletro del polipeptide

La reazione di polimerizzazione consistenella condensazione di un terminale ammini-co con il terminale carbossilico e l’elimina-zione di una molecola di acqua e conseguen-te formazione del legame peptidico C-N (FigA.4 (b)). Questa reazione avviene nel riboso-ma ed è la fase finale del processo di tradu-zione.

La geometria del legame peptidico è pla-nare e rigida. La conformazione del diedroCα-C-N-Cα è trans con rare eccezioni. Inve-ce i diedri φ e ψ sono molto variabili e defini-scono le orientazioni relative di due gruppipeptidici consecutivi. Il loro valore è princi-palmente determinato dall’interazione tra dueresidui adiacenti e dalla struttura secondaria.

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Fisica in Medicina - 3/2008

La distribuzione di densità nel piano φ−ψ èuna misura di come lo scheletro della protei-na si configura, ed è chiamata mappa diRamachandran (Fig A.6). Alcune regionidella mappa sono proibite a causa dell’impe-dimento sterico delle catene laterali, mentrea ciascuna regione permessa corrispondeuna specifica struttura secondaria: eliche ditipo α,π,3-10, o sinistrorse, oppure nastri β.Strutture secondarie meno definite occupanole regioni intermedie. Le strutture secondarie

sono principalmente stabilizzate da legami aidrogeno tra i gruppi C=O e NH dello schele-tro polipeptidico.

La struttura terziaria riguarda il modo incui tratti a struttura secondaria definita siposizionano relativamente l’uno all’altro, ed ègeneralmente stabilizzata da legami a idroge-no e interazioni VdW, elettrostatiche e idrofo-biche. Infine, si chiama struttura quaternariala conformazione relativa catene o domini astruttura terziaria definita.

Fig A.5 I 20 ammino acidi naturali. In fondo sono riportate le notazioni a tre e una lettera

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2253/2008 - Fisica in Medicina

A.3 Cellule, virus e altre entità autoreplicanti

Le cellule si classificano in procariote edeucariote. Le cellule procariote si trovanosolo in alcuni organismi unicellulari (Batteri eArchei) e sono caratterizzate dall’assenza delnucleo, con il materiale generico sparso per ilcitoplasma. Invece gli organismi unicellularipiú evoluti e tutti gli organismi pluricellularisono formati da cellule eucariote, in cui il

materiale genetico è organizzato in cromoso-mi e contenuto in un nucleo separato dalcitoplasma da una doppia membrana. Ilnucleo contiene anche altri organelli neces-sari per la duplicazione. Inoltre il citoplasmadelle cellule eucariote contiene di solito moltidiversi organelli e strutture (Fig A.7) cheattuano le varie funzioni cellulari (TabellaA.1).

Fig A.6 (a) L’organizzazione gerarchica della struttura proteica, dalla struttura primaria (sequenza) alla struttu-ra quaternaria. (b) La mappa di ramachandran per una proteina generica. Le regioni di elica destrorsa e sini-strorsa sono riportate in verde e rosso rispettivamente, le regioni di nastro e struttura estesa sono in blu. In gial-lo e azzurro i confini delle regioni debolmente permesse. I cerchi sono i centri delle regioni proibite

Fig A.7 (a) Cellula procariote (b) Cellula eucariote (c) Nucleo di una cellula eucariote

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Fisica in Medicina - 3/2008

I virus sono un esempio molto interessan-te di organismi auto-replicanti. Consistono diuna capsula proteica (capside) che contieneDNA o RNA (1000-200000 coppie di basi)con la sola l’informazione necessaria per lapropria replicazione. La replicazione, tutta-via, necessita di una cellula ospite di cui ilvirus utilizza la macchina replicatoria, e chemuore dopo la replicazione, il che fa del virusun parassita. La discussione sul considerare ivirus esseri viventi o meno non è ancora deltutto chiusa, come la questione delle loro ori-gini. Ci sono diverse ipotesi: fuga di materia-le genetico da organismi primitivi (come bat-teri) o coevoluzione con organismi piú com-plessi. In ogni caso, la grande varietà deivirus attuali, che sfruttano meccanismi diinfezione molto diversi, adattati praticamentead ogni organismo vivente, suggerise unaloro apparizione molto precoce nella storiadell’evoluzione della vita.

La classificazione dei virus può esserebasata su diversi criteri. Il sistema di classifi-cazione gerarchica fu proposto nel 1962 daLwoff, Horne, e Tournier (Fig A.8 (a)), e sibasa sulle seguenti proprietà della particellavirale: (1) La natura dell’acido nucleico (RNAo DNA) (2) simmetria del capside (3) Pre-senza o assenza di una membrana esterna(inviluppo) (4) architettura del genoma (dop-pia (ds) o singola elica (ss), senso (+) o anti-senso (-)). Il cosiddetto sistema “Baltimore”è invece basato sul meccanismo di replica-zione. Il punto centrale è che per usare ilmacchinario replicativo della cellula il virusdeve produrre tratti di mRNA (+)senso. Per-ciò genomi con diversa architettura (ds o +/-ss) devono usare diversi meccanismi e per-corsi per la replicazione, e sulla base di que-sti si possono distinguere sette classi (FigA.8(b)).

Struttura Descrizione Funzione

Citosceletro Rete di filamenti proteici Supporto strutturale, movimento della cellula

Flagelli (cilia, microvilli) Estensioni cellulari estroflesse

Mobilità o movimento di fluidi intorno alla cellula

Centrioli Microtubuli vuoti Spostamento dei cromosomi durante la divisione cellulare

Membrana plasmatica

Strato lipidico con proteine incluse

Regolazione dell’ingresso e uscita di molecole nella cellula; comunicazione tra cellule

Reticulum endoplasmatico

Rete di membrane interne che formano compartimenti e vescicole

Reticolo rugoso: processo di proteine per la secrezione e sintesi dei fosfolipidi Reticolo liscio: sintesi di grassi e steroidi

Nucleo

Struttura separata da una doppia membrana; contiene i cromosomi o la cromatina

Centro di controllo della cellula; dirige la sintesi proteica e la riproduzione della cellula

Complesso di Golgi

Pila di vescicole piatte

Modifica e equipaggia le proteine per esportarle dalla cellula; forma vescicole secretorie

Lisosomi

Vescicole derivate dal complesso di Golgi che contengono enzimi digestivi idrolitici

Digestione dei rifiuti cellulari; ruolo nella morte cellulare

Mitocondri Elementi simili a batteri con una loro propria membrana

Centro motore della cellula: sito del metabolismo ossidativi; sintesi di ATP

Cromosomi

Lunghi tratti di DNA organizzati in superstrutture compatte con proteine

Contengono e conservano l’informazione ereditaria (DNA)

Nucleoli Siti della sintesi di rRNA Assemblaggio dei Ribosomi Ribosomi Aggregati macromolecolari di rRNA e

proteine Sintesi proteica

Tabella A.1 Strutture delle cellule procariotiche e loro funzioni

Nel seguito viene illustrata come esempioil ciclo di replicazione del virus dell’AIDS(HIV), un retrovirus +(ss) icosaedrico (FigA.9,6). Dopo che il virus si è legato allamembrana cellulare con l’aiuto delle proteinedell’involucro esterno, l’RNA virale entranella cellula. Nei retro-virus l’RNA è(+)senso, ma, eccezionalmente, non può

essere direttamente usato come mRNA.Deve invece essere trascritto in DNA permezzo della trascrittasi inversa del virus (dacui il nome retro-virus), iniettata nella cellulainsieme al materiale genetico. In questomodo viene prodotto un DNA a doppia elica,che viene integrato nel genoma della cellulaper mezzo di un altro enzima virale, l’integra-

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si di HIV. A questo punto il macchinario dellacellula segue le fasi normali della replicazio-ne: trascrizione in mRNA, traduzione delDNA virale nelle poli-proteine virali. Questesono poi tagliate in segmenti funzionali dallaproteasi di HIV (iniettata nella cellula insiemeall’RNA virale) per generare tutto l’insiemedelle proteine virali (quelle del capside e tuttigli enzimi necessari al virus, incluse trascrit-tasi inversa, integrasi e proteasi). Queste,insieme alle copie dell’RNA virali sono poiassemblati in nuove particelle virali.

Gli attuali farmaci anti-aids hanno comebersaglio uno degli enzimi coinvolti nel ciclo(trascrittasi inversa, integrasi, proteasi).

Infatti se uno qualsiasi di questi enzimi vienebloccato con un farmaco inibitore, la replica-zione non avviene. Tuttavia, questi farmacihanno di solito un’efficacia terapeutica limi-tata nel tempo, perché il virus è capace dimutare rapidamente per ridurre l’affinità peril farmaco, che diventa inefficace. Quindinuovi farmaci devono essere continuamenteprogettati. Alcuni agenti infettivi sfuggono laclassificazione convenzionale dei virus. Essisono particelle sub-virali chiamate viroidi(piccoli frammenti di acidi nucleici senzacapside che non codificano alcuna proteina)e satelliti (piccoli virus o frammenti di acidinucleici che possono solo co-infettare unacellula insieme ad un “master virus”).

Fig A.8 (a) classificazione gerarchica dei virus (b) classificazione di Baltimora

I: ds-DNA (Adenovirus, Herpesvirus, Poxvirus, …)Si replicano direttamente nel nucleo usando le proteine cellulari (Adenovirus)oppure nel citoplasma (Poxviruses) producendo i loro propri enzimi per lareplicazione.II: ss (+)DNA (Parvovirus)La replicazione avviene nel nucleo ma ha come passo intermedio la formazionedi una catena (-) che serve come modello per la catena (+)mRNA usata nellareplicazione.III: ds-RNA (Reoviruses, Birnaviruses)Questi virus hanno il genoma segmentato. Ogni segmento viene trascritto sepa-ratamente in singoli frammenti di mRNA.IV: ss(+)RNA (Picornavirus, Togavirus, etc)a) mRNA (Picornaviruses, Hepatitis A). Il genoma è utilizzato direttamentecome mRNA, ed è direttamente infettivo, senza bisogno di polimerasi associa-te. La traduzione produce direttamente la poliproteina virale, che viene tagliataper produrre le proteine funzionali.b) a traduzione complessa (Togaviruses). Il genoma deve sottostare a uno o piúpassaggi di trascrizione per produrre l’mRNA.V: ss (-)RNA (Orthomyxovirus, Rhabdovirus, etc) necessita una polimerasi di RNA viralea) segmentati (Orthomyxovirus). Il primo passo è la trascrizione in mRNA permezzo della polimerasi di RNA virale RNA-dipendente. L’mRNA viene poiusato come modello nella replicazione.b) non-segmentati (Rhabdovirus). La replicazione procede come sopraVI:ss(+)RNA diploide con intermedio di DNA (Retrovirus)

Contrariamente alla classe IV l’RNA non viene direttamente usato come mRNA, ma viene prima trascritto in DNA con una trascrittasi inversa, esuccessivamente usato nel macchinario cellulareVII: ds-DNA con intermedio RNA (Hepadnavirus) Anche questo gruppo di virus usa la trascrizione inversa, ma a differenza dei retrovirus, que-sta avviene all’interno della particella virale.

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Fisica in Medicina - 3/2008

Infine, è degna di menzione l’ipotesi del-l’origine virale del nucleo delle cellule euca-riote: il nucleo potrebbe essere evoluto da ungrosso e persistente virus a DNA che sisarebbe stanzializzato all’interno di un proca-riote. Qualche supporto a questa idea vienedall’analisi delle sequenze delle DNA polime-rasi (un enzima per la copia del DNA): sem-bra che le sequenze delle polimerasi eucario-ti e procarioti siano piú correlate a quelle dei

virus che non tra loro. Inoltre, alcuni ricerca-tori ora ritengono che i virus abbiano avutoun ruolo strumentale (piú una simbiosi cheun parassitismo) nell’assemblaggio dei varicomponenti che definiscono i diversi tipi dicellule. Questo indicherebbe che i virus sonotra i primi organismi apparsi sulla terra.

Se i virus sono da sempre considerati alconfine tra vita e non vita, la questione èancora piú controversa per certe altre strut-

Fig A.9 (a) Rappresentazione pittorica dell’HIV (b) Il ciclo di replicazione di HIV

Fig A.10 (a) Modello per la convesione strutturale del prione. (b) Modello di una generica fibrilla amiloide

Fig A.11 Il meccanismo di replicazione e trasmissione della TSE

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ture autoreplicanti, come i prioni. I prionisono agenti infettivi proteici. La malattia prio-nica si manifesta quando la proteina prioni-ca, esistente in forma normale (non infettiva)nell’organismo, si ripiega in maniera scorret-ta, o subisce una trasformazione strutturale,di solito da un’α-elica in un β-nastro (FigA.10 (a)). Questo provoca il comportamentoinfettivo della proteina, tipicamente l’aggre-gazione con formazioni di fibre che e placcheche si accumulano nei tessuti7. Il meccani-smo di aggregazione non è sempre chiaro,ma in generale avviene attraverso la forma-zione di fibrille amiloidi dovute alla tendenzadei beta-nastri ad aggregare in foglietti (FigA.10 (b)). Questa è ad esempio la patogene-si della encefalopatia spongiforme trasmissi-bile (TSE, la malattia della mucca pazza).

In questo caso l’aggregato amiloide sideposita nel tessuto celebrale, causando lanota sintomatologia e infine la morte. Ingenerale, il meccanismo di moltiplicazione etrasmissione dei prioni è particolarmenteinteressante: le proteine mal ripiegate indu-cono la transizione nelle proteine normali(Fig A.11), quindi in un qualche senso il prio-ne si auto-replica. La transizione alla formapatologica può essere indotta da una muta-zione e può essere inizialmente sporadica equiescente. Ma quando viene raggiunto uncerto livello la propagazione della formainfettiva può essere molto veloce e può pas-sare ad altri individui attraverso la contami-nazione con tessuti infetti o per via genetica.Questo è un esempio notevole di meccani-smo di replicazione che coinvolge solo pro-teine.

B Teoria dell’interazione tra la luce visibile e le molecoleIn questa appendice sono riportati approfondimenti sulla teoria dell’interazione tra radiazio-

ne e materia.B.1 Diffusione di luceNell’ambito della teoria quasi elastica dell’interazione tra radiazione e materia, la diffusione

della luce avviene perché la luce incidente induce dipoli oscillanti nelle molecole, che, a lorovolta, emettono luce8. L’intensità della luce emessa è espressa dalle formule

dove µ è il dipolo elettrico, α la polarizzabilità, Einc il campo elettrico della luce incidente, ωe lafrequenza della luce emessa, θ l’angolo rispetto al dipolo. Il dipolo e la polarizzabilità sono cal-colati tra gli stati quantici finale e iniziale. In approssimazione adiabatica, questi sono separabi-li nelle componenti elettroniche e vibrazionali. Inoltre, se la luce incidente è visibile, gli stati elet-tronici iniziale e finale sono lo stesso, perché il fotone non ha sufficiente energia per indurre latransizione elettronica. In queste condizioni e usando la teoria delle perturbazioni al secondoordine la polarizzabilità si scrive

dove En sono le energie degli stati elettronici, en le energie degli stati vibrazionali e

Anche se gli stati elettronici iniziale e finale coincidono (E0), nella somma sono coinvolti statielettronici virtuali ad alta energia. Invece gli stati vibrazionali iniziali e finali possono essere dif-ferenti (ni e nf). Perciò la polarizzabilità dipende da i e f. Inoltre il dipolo elettrico porta unadipendenza dalle coordinate nucleari. Utilizzando l’approssimazione armonica e passando allecoordinate normali (pesate con la massa) {QI} la polarizzabilità si scrive

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Fisica in Medicina - 3/2008

dove il coefficiente del primo termine

è la polarizzabilità del sistema alla configurazione di equilibrio. Il primo termine sopravvive soloquando gli stati vibrazionali iniziale e finale sono lo stesso. In questo caso si è in presenza di dif-fusione elastica che va inclusa nella diffusione di Rayleigh. La direzione dei dipoli indotti dipen-de dal tensore di polarizzabilità dello stato fondamentale a0 e la diffusione risulta essere princi-palmente in avanti.

Il secondo termine è responsabile della diffusione Raman. Le regole di selezione sono lacaratteristica piú importante della diffusione Raman: per ogni modo vibrazionale, l’intensitàdella luce diffusa è proporzionale al quadrato della derivata della polarizzabilità rispetto allo spo-stamento lungo la coordinata normale del modo. Dunque i modi i cui spostamenti non induco-no un cambiamento nella polarizzabilità non sono Raman-attivi. Per i modi Raman-attivi, leregole di selezione si possono dedurre dalla teoria quantistica dell’oscillatore armonico

Sostituendo nella formula della polarizzabilità, il primo termine seleziona uno stato finale cheha un livello vibrazionale maggiore di uno, il secondo minore di uno. Questi vengono chiamatirispettivamente termini anti-Stokes e Stokes. Di solito il termine Stokes è piú intenso perchéproporzionale alla popolazione dello stato di partenza. Inoltre, siccome in questo caso è coin-volta non la polarizzabilità ma la sua derivata rispetto allo spostamento, la direzione dei dipoliindotti dipende anche dal modo, e quindi la distribuzione della direzione della luce diffusa nonè necessariamente in avanti. Anzi, per minimizzare la componente elastica di solito la luce negliesperimenti Raman viene raccolta a 90 gradi rispetto alla direzione della luce incidente. Quin-di le formule per il Raman Stokes sono9

Data una teoria per calcolare i dipoli di transizione e le energie degli stati elettronico, questaformula può essere usata per calcolare gli spettri Raman in qualsiasi condizione, anche tipica-mente “sotto risonanza”. Se si è molto “lontano dalla risonanza” (ω e ωI trascurabili rispetto aEr-E0) le dipendenze dalla frequenza si possono eliminare e la formula è molto piú facile da valu-tare. Di solito questa approssimazione è molto buona, specialmente se la luce incidente è rossa,poiché, a parte eccezioni, generalmente le prime transizioni elettroniche dei sistemi biologicisono nell’ultravioletto. In condizioni opposte, cioè “in risonanza” o almeno vicino alla risonan-za, la luce incidente ha frequenza vicina all’energia di transizione elettronica. In questo caso unsolo termine della somma su r prevale sugli altri che si possono trascurare. Si assume inoltreche la parte predominante della variazione della polarizzabilità rispetto alla coordinata norma-le provenga dal denominatore e si trascura la parte dovuta alla variazione dei dipoli. Questa èun’approssimazione grossolana che però cattura la fisica sottostante al fenomeno. In questecondizioni si può scrivere10

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È interessante notare che anche la dipendenza della distribuzione angolare dal modo I sva-nisce e si può scrivere

quindi l’intensità dipende in maniera dominante dalla derivata dell’energia dello stato eccitatorispetto alla coordinata normale. Questo si spiega, in termini semplicistici, con il fatto che incondizioni di risonanza l’eccitazione non è piú virtuale ma reale. Il sistema viene promosso sullostato eccitato e ci rimane per qualche tempo, acquisendo impulso dovuto alle forze date dalladai gradienti dell’energia dello stato eccitato. Quando il sistema torna allo stato fondamentalesi muove seguendo gli impulsi acquisiti. Quindi i modi i cui spostamenti hanno una grandeproiezione sui gradienti delle PES dello stato eccitato sono amplificati selettivamente. Ovvia-mente in condizioni esattamente sulla risonanza viene principalmente prodotta fluorescenza,che offusca qualsiasi altro fenomeno, quindi questo tipo di esperimenti viene di solito condottoin condizioni “molto vicino” alla risonanza.

B.2 Spettroscopia in assorbimento (IR, visibile, e UV)La spettroscopia in assorbimento della luce visibile e nei primi IR e UV si può descrivere in

un unico quadro teorico. Il numero di fotoni assorbiti per unità di tempo per una radiazione inci-dente alla frequenza ω è

ρ(ω) è la densità di fotoni ad una data frequenza. Dopo la separazione tra coordinate elettroni-che e nucleari e l’espansione armonica per il dipolo si ha8

Ciascun termine della somma corrisponde ad un picco di assorbimento localizzato all’ener-gia della corrispondente transizione. Se la radiazione incidente è IR l’energia non è sufficiente araggiungere una transizione elettronica, quindi i e f sono sullo stato fondamentale. Il primo ter-mine contribuisce solo a frequenza nulla poiché νf e νi sono stati vibrazionali dello stesso statoelettronico, e quindi ortonormali. È il secondo termine a dare informazioni sullo spettro vibra-zionale: le regole di selezione per l’operatore Q comportano un assorbimento di energia pari ahωI, e sono regolate dalla variazione del dipolo rispetto alla coordinata normale, quindi diverse,e in qualche caso complementari, a quelle dei processi Raman.

Quando la luce incidente è visibile o UV il primo termine è quello predominante. Ad alte tem-perature appare come un largo picco centrato all’energia della transizione elettronica. A bassetemperature la struttura vibrazionale dovuta al secondo termine (integrali di sovrapposizione tralivelli vibrazionali appartenenti a livelli elettronici diversi) compare come una modulazionesovrapposta con picchi spaziati di hωI.

C DFT, Car-Parrinello e Dinamica Molecolare ClassicaC.1 Teoria del funzionale di DensitàLa teoria del funzionale di Densità (DFT) si basa su due teoremi fondamentali formulati da

Hohemberg e Kohn negli anni 60: (1) a configurazione nucleare fissata, la funzione d’onda distato fondamentale Ψ(r,R) è in corrispondenza biunivoca con la densità elettronica di stato fon-damentale ρ(r), e quindi un funzionale di densità che descrive l’energia del sistema può essereunivocamente definito

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(2) Il funzionale di energia viene minimizzato dalla densità corrispondente allo stato fonda-mentale; in quel caso esso da l’energia di stato fondamentale

Il vantaggio di questa formulazione rispetto a quella di Schrödinger è che la variabile è unafunzione di singola variabile (la densità) invece che una funzione di n variabili (la funzione d’on-da elettronica totale). Tuttavia solo successivamente la teoria fu riformulata in forma utile daKohn e Sham che ebbero l’idea di decomporre la funzione d’onda multi elettronica nel prodot-to di orbitali di singola particella, cosicché la densità diventa

Decomponendo il funzionale di energia nella somma dei termini cinetico, di potenziale ester-no e di Hartree (noti esplicitamente in funzione della densità) piú una parte ignota chiamatapotenziale di scambio e correlazione Exc

e usando il principio variazionale e la decomposizione in orbitali per la densità si ottiene

che ha la forma di un’equazione di Schrödinger di singolo elettrone in un potenziale effettivochiamato potenziale Kohn-Sham che è la derivata del potenziale di scambio e correlazionerispetto alla densità (Λij sono moltiplicatori di lagrange che tengono in conto l’ortonormalitàdegli orbitali).

Exc[r], è l’unica parte ignota del sistema, per la quale vengono usate diverse approssimazio-ni11. Con questa formulazione, il problema multi-elettronico è decomposto in N problemi di sin-golo elettrone in un potenziale esterno efficace che è la somma di una parte coulombiana piúla parte di scambio e correlazione. Questa teoria può essere vista come l’estensione della teo-ria di Hartree-Fock e permette un guadagno estremo di costo computazionale rendendo possi-bile la modellizzazione di sistemi contenenti fino a centinaia di atomi, considerevolmente piúgrandi di quelli accessibili con metodi multi-configurazionali di meccanica quantistica a paritàdi accuratezza, almeno per le proprietà di stato fondamentale.

In Exc[r] è nascosta tutta l’ignoranza sul sistema. Nel caso generale questo funzionale non ènoto, ma se ne possono fare diverse approssimazioni accurate. Le piú usate sono basate sul-l’approssimazione di densità locale (LDA): si assume che un sistema con una densità nonuniforme sia localmente approssimabile con un gas elettronico uniforme con la stessa densitàlocale. Il vantaggio è che in questo modo il funzionale si può scrivere in funzione dell’energia discambio e correlazione per un gas di elettroni uniforme, determinata accuratamente attraversoregole di somma e da simulazioni Monte Carlo sul gas di elettroni a diverse densità12. Funzio-nali piú sofisticati includono correzioni gradiente all’approssimazione LDA (GGA, GeneralizedGradient Corrected functionals), o correzioni che migliorano la parte dispersiva delle interazio-ni di VdW, che è uno dei principali problemi della LDA11.

La DFT è una teoria di stato fondamentale. Tuttavia la sua estensione dipendente dal tempo(TDDFT) può tenere conto di certe proprietà degli stati eccitati. Essa si basa su un principiovariazionale per il funzionale di azione e la sua formulazione generale è piuttosto complessa.Nell’ambito della teoria della risposta lineare le energie di eccitazione sono i poli della fuzionedi risposta ad una perturbazione infinitesima del potenziale esterno. Usando la TDDFT in rispo-sta lineare, l’equazione per i poli diventa un’equazione agli autovalori13

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i cui autovalori sono il quadrato delle energie di eccitazione e gli autovettori sono correlati alleforze di oscillatore (ovvero le intensità) delle transizioni. In questa equazione il kernel è

(ϕ sono gli orbitali Kohn-Sham e s è l’indice di spin), dove fxc è la derivata seconda del funzio-nale di energia di scambio e correlazione rispetto alla densità. Come nel caso della DFT stati-ca, bisogna usare delle approssimazioni per il funzionale ignoto fxc, e la scelta piú ovvia è ladiretta estensione della LDA, chiamata LDA adiabatica13. Se il kernel fosse nullo i poli coinci-derebbero con i livelli energetici delle equazioni di Kohn-Sham eis, che quindi si possono con-siderare l’approssimazione di ordine zero per le energie di eccitazione. Le equazioni di soprarappresentano l’approssimazione al primo ordine e coinvolgono la somma su tutti gli orbitali diKS. La correzione può essere anche rilevante, fino al 50% dell’ordine zero.

C’è evidentemente una certa quantità di approssimazione in questa formulazione: l’accura-tezza delle energie di eccitazione va dal 5% al 20% ed è fortemente dipendente dall’estensionedel sistema elettronico e dal suo grado di delocalizzazione14. Tuttavia, le geometrie di stato ecci-tato e le proprietà vibrazionali sono rappresentate accuratamente. Il vantaggio di questa teoriaè che è praticamente l’unica ad avere un costo computazionale è sufficientemente piccolo dapoter essere applicata a sistemi di intereses biologico.

C.2 Dinamica Molecolare ClassicaQuando si parla di Dinamica Molecolare Classica di solito si sottintende l’approccio al livel-

lo atomico (all-atom) alla descrizione del sistema, che viene considerato un insieme di centriinterattivi posizionati su ciascun atomo. Le energie del sistema, invece di venire calcolate conmetodi quantistici, vengono approssimate con funzioni analitiche (dette Campo di Forze) i cuiparametri vengono determinati o dal confronto con le energie calcolate quantisticamente supiccole molecole, o confrontando con strutture e proprietà termodinamiche sperimentali, oentrambe le cose. I vari campi di forze differiscono sia per il tipo di parametrizzazione che perla forma analitica dei termini. I campi piú usati per i sistemi biologici hanno la seguente forma:

I primi tre termini descrivono i legami covalenti, rispettivamente, la lunghezza di legame (d),l’angolo tra tre atomi legati (θ) e il diedro tra quattro atomi legati (ϕ), i due successivi descri-vono le interazioni non legate, cioè le forze di VdW e l’interazione elettrostatica15. Implicita inquesta descrizione è l’assuzione che il sistema segua una dinamica adiabatica, cioè non cambila PES durante il moto. Non sono generalmente permesse reazioni chimiche che coinvolganola formazione o rottura di legami. Infatti il limite di questo approccio è la trasferibilità: campi diforze che sono parametrizzati per funzionare in certe condizioni termodinamiche e con certetopologie di legame possono non funzionare in condizioni diverse. A dispetto di questi limiti, gliapprocci basati sui campi di forze empirici sono i piú usati per simulare sistemi delle dimen-sioni delle proteine. Sono inoltre adattabili a diversi metodi di esplorazione dello spazio confi-gurazionale.

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La dinamica molecolare è uno dei possibili metodi di esplorazione dello spazio delle fasi. Ilsistema viene fatto evolvere secondo le equazioni del moto di Newton. Per simulazioni ad ener-gia totale costante (insieme statistico microcanonico) le equazioni sono risolte con algoritmibasati sullo sviluppo in serie di Taylor delle posizioni a intervalli di tempo successivi infinitesi-mi (o passi di integrazione, timestep ∆t). Tuttavia in generale le simulazioni ad energia costan-te non sono il modo piú efficiente per esplorare lo spazio delle fasi. Al fine di simulare condi-zioni piú simili a quelle reali (temperatura e pressione costanti) e di esplorare in maniera piúefficiente lo spazio configurazionale si usano termostati e barostati. Il piú semplice termostatoconsiste nel riscalare le velocità ad ogni passo di integrazione. Alternativamente si possonointrodurre gradi di libertà fittizi che descrivono il bagno termico (e/o di pressione) per simulareaccuratamente l’insieme statistico canonico16.

C.3 Dinamica Molecolare StocasticaLa dinamica stocastica si usa per simulare l’effetto degli urti casuali delle molecole del sol-

vente sulla dinamica del soluto. Una possibilità è usare l’equazione di Langevin

dove γ è una costante di smorzamento e Ri è la forza stocastica agente sul singolo atomo delsoluto. Affinché la temperatura rimanga costante, la perdita di energia dovuta allo smorza-mento deve essere uguale al lavoro della forza stocastica. Per questo, la dinamica stocasticapuò essere considerata un termostato. Nel limite sovra-smorzato, il termine di secondo ordinepuò essere trascurato e l’equazione può essere riscritta nella forma

che descrive la dinamica Browniana. Il vantaggio rispetto alla dinamica di Langevin è che l’in-tegrazione di una equazione di primo grado è molto piú efficiente. Nella pratica, questo signifi-ca che si possono scegliere passi di integrazione molto piú grandi. Il coefficiente di diffusioneDi è

dove ri è il raggio idrodinamico, h la viscosità del solvente. Di è collegato a γ dall’equazioneγ = KBT/mD.

C.4 Simulazioni Monte CarloLa dinamica molecolare può dare un’idea realistica della dinamica del sistema perché la

variabile di integrazione è un tempo reale, quindi le costanti di tempo del sistema possono esse-re riprodotte. Tuttavia non è il sistema piú efficiente per esplorare lo spazio delle configurazio-ni. Le simulazioni di tipo Monte Carlo sono piú efficienti a questo scopo. Consistono essenzial-mente nel produrre una traiettoria in cui ogni passo viene accettato o meno su basi probabili-stiche. Ad esempio, l’algoritmo Metropolis prevede i seguenti passi:

1. data la configurazione iniziale, valutare l’energia del sistema, ε0

2. fare un passo casuale e valutare l’energia del sistema nel nuovo stato, ε1

3. se ε1<ε0 la nuova configurazione viene accettata con probabilità 1; altrimenti la nuovaconfigurazione viene accettata con probabilità exp(-∆ε/KT)

4. ripetere da 1.Con questo algoritmo il sistema è campionato secondo la statistica di Boltzmann. Chiara-

mente il passo di integrazione non ha qui significato di tempo reale, per cui i metodi MonteCarlo sono spesso usati quando una dinamica realistica non è importante, ma viceversa, èimportante un campionamento efficiente.

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C.5 Dinamica Molecolare Car-Parrinello La dinamica Car-Parrinello è una maniera efficiente per combinare la descrizione quantisti-

ca della dinamica elettronica con la descrizione classica della dinamica nucleare sulle superfi-ci di energia potenziale. Si parte dalla separazione adiabatica tra dinamica nucleare ed elettro-nica. La dinamica nucleare viene descritta classicamente, mentre il problema quantistico elet-tronico è risolto nell’ambito della teoria DFT. Una possibilità è seguire il seguente algoritmo

1. Data la configurazione iniziale degli atomi, risolvere le equazioni di KS per gli elettroni 2. Valutare l’energia del sistema e le sue derivate rispetto alle coordinate nucleari (le forze)3. Utilizzando queste forze evolvere il sistema di un passo usando un qualsiasi algoritmo

sopra descritto per la dinamica dei nuclei 4. Ripetere da 1.Questa è la cosiddetta dinamica molecolare di Born-Oppeheimer. Ad ogni passo dei nuclei

è necessario risolvere le equazioni di KS elettroniche, che implica un ciclo completo di ottimiz-zazione elettronica.

L’idea sottostante alla dinamica Car-Parrinello consiste invece nel trasformare il problema diKS in un problema lagrangiano classico: tramite l’introduzione di una dinamica fittizia degliorbitali si definisce una nuova Lagrangiana che ha come soluzione statica gli orbitali di KS.Questa Lagrangiana classica elettronica, accoppiata alla Lagrangiana dei nuclei, definisce unadinamica accoppiata elettroni-nuclei, descritta dalle seguenti equazioni

µ è una massa fittizia per la dinamica degli orbitali. Se µ=0 la seconda equazione è esattamen-te equivalente all’equazione di KS per gli orbitali e il sistema riproduce la dinamica di Born-Oppenheimer. Se µ è sufficientemente piccola comunque gli orbitali rimangono sempre in pros-simità del minimo e quindi vicino alla soluzione esatta. Inoltre, con una µ non nulla è possibileseguire il presente algoritmo che definisce la dinamica di Car-Parrinello

1. Data la configurazione nucleare iniziale, si risolvono le equazioni di KS con sistemi con-venzionali

2. Si valutano le forze sui nuclei come nel caso della dinamica di Born-Oppenheimer e siattua un passo nucleare

3. Allo stesso tempo si valutano le forze fittizie agenti sugli orbitali, tramite le derivate fun-zionali di EKS rispetto agli orbitali e sulla base di queste si attua un passo di dinamica pergli orbitali. I passi 2+3 portano il sistema in una nuova configurazione nucleare ed elet-tronica

4. Ripetere da 2.Il vantaggio rispetto alla dinamica di Born Oppenheimer è che, scegliendo opportunamente

µ e l’ampiezza del passo di integrazione, è sufficiente un solo passo elettronico per ogni passonucleare. La configurazione elettronica non sarà mai esattamente quella minimale (corrispon-dente al vero stato fondamentale), ma quasi, perché la dinamica Car-Parrinello consente aglielettroni di seguire la dinamica nucleare mantenendosi in vicinanza del minimo della Lagran-giana totale, se m è sufficientemente piccola. D’altra parte, µ limita l’ampiezza del passo di inte-grazione, e quindi deve essere sufficientemente grande da rendere l’integrazione efficiente.

In conclusione, la dinamica Car-Parrinello è un “trucco” per effettuare l’evoluzione adiabati-ca degli elettroni mentre i nuclei si muovono sulla PES di stato fondamentale, sebbene il verostato fondamentale non sia mai esattamente realizzato. L’errore è misurato da µ, e può quindiessere reso piccolo a piacere.

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C.6 Meta-DinamicaMan mano che il sistema diventa piú grande, il problema del campionamento efficiente dello

spazio delle configurazioni diventa piú pesante. Abbiamo visto nelle sezioni precedenti alcunimodi per velocizzare la dinamica, o l’uso di dinamica stocastica per un campionamento piú effi-ciente.

Fig C.1 (a) tripeptide di alanina (b) Evoluzione del potenziale metadinamico dipendente dal tempo in funzionedella variabile collettiva (raggio di girazione) (c) popolazione della mappa di Ramachandran del tripeptide a tretempi successivi

Un modo alternativo sfrutta il fatto che per ogni processo ci sono alcune variabili (eventual-mente collettive) piú rilevanti di altre (tipicamente le coordinate di reazione) e che l’esplorazio-ne dei potenziali relativi a queste variabili esaurisca la dinamica essenziale del sistema. Datedunque le variabili collettive si, i = 1,n le superfici di energia libera (FES) relative a queste varia-bili F(s) vengono efficientemente esplorate con un particolare artificio: ad ogni passo all’ener-gia potenziale del sistema viene aggiunto un potenziale dalla forma gaussiana nella variabile si

17

in modo che il sistema si muove sotto l’influenza di un potenziale dipendente dal tempoV(x)+VG(s(x),t) che ha l’effetto di respingere il sistema fuori dalle buche del potenziale “reale”V(x). Alla fine della simulazione l’energia potenziale totale del sistema sarà pressoché costan-te, e quindi il negativo di VG(s(x),t) approssimerà l’energia libera nelle variabili s:

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Quindi, la metadinamica, oltre ad unsistema veloce per esplorare lo spazioconformazionale che può essere pieno di vallidifficilmente valicabili, è un sistema per valu-tare l’energia libera, che altrimenti richiede-rebbe simulazioni lunghe per avere una vastastatistica.

Osserviamo che questo tipo di approcciopuò essere applicato ad un qualsiasi sistemasia descritto da campi di forze empirici cheall’interno di un approccio di tipo Car-Parri-nello. Il risultato finale è comunque un’acce-lerazione della dinamica che sfugge veloce-mente i minimi di potenziale per esplorarequelli adiacenti. Come in altri approcci sto-castici, la dinamica temporale non è realisti-ca, anche se è collegata in qualche modoall’evoluzione reale sulle FES.

La Fig C.1 illustra questi concetti sullasimulazione della dinamica di un tripeptide dialanina. La coordinata collettiva in questocaso è il raggio di girazione, che misura ladimensione del sistema. Man mano che iltempo passa la FES è sempre meglio defini-ta. L’efficienza del campionamento dello spa-zio conformazionale è testimoniata dallaaccurata riproduzione della mappa di Rama-chandran, particolarmente difficile da ripro-durre a causa delle alte barriere rotazionaliche il sistema deve superare.

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Introduzione

“Niente di grande è stato fatto al mondosenza il contributo della passione” G. Hegel

Il termine progresso scientifico indica ilprocesso di avanzamento e sviluppo di qual-siasi tecnologia o metodica con la finalità diaumentare la conoscenza e, possibilmente, ilbenessere dell’uomo. Tale processo di inno-vazione può manifestarsi sostanzialmente indue modi differenti. Il primo modo si potreb-be definire del “grande salto”, ed è rappre-sentato da un’invenzione o da una scopertadi una tale importanza e originalità da cam-biare nettamente il rapporto tra uomo e natu-ra. La storia insegna che tale invenzione puòessere frutto di un’intuizione particolarmentefelice oppure una semplice conseguenza delcaso e/o della fortuna (es.: Roentgen ed iraggi X, Fleming e la penicillina). La secondamaniera con la quale ha luogo il progressoscientifico si può riassumere invece con iltermine sviluppo incrementale ed è quella digran lunga più frequente in ambito scientificoe industriale. Rappresenta il modo di lavora-re della maggior parte dei ricercatori e consi-ste nell’affrontare e possibilmente risolverepiccoli aspetti di un problema più ampio,applicare tecniche già note a campi inesplo-rati o contribuire al miglioramento di metodio strumenti già esistenti.

La spettrofotometria applicata alla classi-ficazione delle lesioni pigmentate della cute,in studio presso la Fondazione IRCCS “Istitu-to Nazionale dei Tumori” (INT) di Milano dapiù di quindici anni, rappresenta un esempiointeressante di sviluppo incrementale di unatecnologia. Questo articolo vuole ripercorre-re in maniera sintetica i passi decisivi svoltinel corso degli anni che hanno permesso dipassare da una pura intuizione iniziale ad uninnovativo strumento per la diagnosi assistitadel melanoma.

La strada percorsa

“Tutto ciò che è moderno viene prima o poi superato”O. Wilde

Quando un medico esamina la superficiecutanea di un paziente alla ricerca di uneventuale melanoma, egli esegue principal-mente un’analisi soggettiva della morfologiae del colore di tutte le lesioni della cute, cer-cando di capire se si tratti di banali nei o sequalcuna possa rappresentare una neoplasia.La domanda alla base fu la seguente: è pos-sibile realizzare uno strumento in grado direplicare artificialmente il processo cognitivodi un clinico esperto?

A partire dagli inizi degli anni 90, in unostudio pionieristico svolto presso l’INT si èapplicata la spettrofotometria quale strumen-to per la lettura oggettiva del grado di pig-mentazione delle lesioni e si sono sviluppatialgoritmi opportuni per l’analisi e la classifi-cazione dei dati acquisiti.

I primi risultati risalgono al 1991 e si rife-riscono ad uno spettrofotometro con sferaintegratrice capace di fare misure della riflet-tanza media di una regione circolare di cutedel diametro minimo di 5mm1. Lo strumentoadottato è rappresentato in figura 1. Su uncampione di 24 lesioni (12 melanomi), que-sta metodica permise di evidenziare l’esi-stenza di differenze spettrali tra nevi e mela-nomi2. Lo strumento presentava però alcuniinconvenienti: la misura veniva mediata suuna regione di cute troppo estesa e quindinon consentiva misure puntuali più specifi-che o misure di lesioni di dimensioni inferioria quella della finestra di acquisizione, lamisurazione dipendeva direttamente dalpunto in cui questa veniva eseguita (scarsariproducibilità), l’ingombro della sfera inte-gratrice limitava l’accessibilità della sonda diacquisizione che non poteva essere usata in

Progetto melanoma all’Istituto Nazionale Tumori di Milano:

Storia di un metodo spettrofotometrico per laclassificazione delle lesioni pigmentate della cute

Carrara Mauro, Tomatis Stefano, Bono Aldo, Lualdi Manuela, Colombo Ambrogio e Marchesini Renato

Fondazione IRCCS “Istituto Nazionale Tumori”

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2393/2008 - Fisica in Medicina

tutti i distretti corporei. Considerati questilimiti e preso altresì atto dei risultati comun-que incoraggianti ottenuti con questa primatecnologia, si ritenne giustificato lo sviluppodi uno strumento più evoluto, che ovviasse ailimiti precedentemente descritti.

Figura 1: L’evoluzione strumentale nel corso deglianni. Il sistema di acquisizione con sfera integra-trice (prima generazione).

Nel 1995 venne quindi messo a punto untelespettrofotometro (figura 2) in grado diacquisire immagini mediante una telecameraCCD alla quale erano applicati in successio-ne alcuni filtri monocromatici, compresi tra420nm (viola) e 1040nm (vicino infraros-so)3. Tale strumento venne adottato fino al2001, permettendo di acquisire in vivo più di600 lesioni cutanee (compresi 80 melanomi)che vennero successivamente asportate esottoposte ad esame istologico4-8. Pur aven-do risolto i principali problemi del primospettrofotometro, erano presenti ancoraalcuni inconvenienti quali, ad esempio, lamaneggevolezza del nuovo sistema, il tempotroppo elevato per l’acquisizione delle imma-gini (per ogni lesione erano necessari dai 5 ai10 minuti) nonché la scarsa risoluzione spa-ziale della telecamera. Parallelamente all’e-voluzione strumentale, considerato anche ilcrescente numero di lesioni che venivanoreclutate, si studiarono metodi matematicipiù evoluti per la classificazione delle lesionia partire dalle immagini acquisite. Si passòquindi dall’analisi discriminante (DA) allostudio delle reti neurali (RN) le quali si dimo-strarono di gran lunga più accurate per ladiscriminazione tra nevi e melanomi. L’effi-

cienza delle RN venne dimostrata dai risulta-ti di uno studio pubblicato nel 2003 dove lastessa popolazione di lesioni veniva classifi-cata sia con DA che con RN9. La peculiaritàdelle RN è quella di essere composte da unaserie di elementi computazionali organizzatiin maniera tale da riprodurre il sistema diconnessione dei neuroni del cervello umano.

Figura 2: L’evoluzione strumentale nel corso deglianni. Il telespettrofotometro (seconda generazione)

A partire dal 2001 si passò ad usare unsistema che possedeva le caratteristichenecessarie ad una sua eventuale commercia-lizzazione e che consentiva l’acquisizionedelle immagini multispettrali in circa 2secondi, con una risoluzione 10 volte miglio-re del telespettrofotometro precedente10.Questo strumento è costituito schematica-mente da uno spettrofotometro inserito all’in-terno di un computer e da un manipolo ester-no, facilmente maneggevole, per l’acquisizio-ne delle immagini (figura 3). In un arco ditempo di cinque anni venne profuso uno sfor-zo ingente che permise l’acquisizione diquasi 4000 lesioni (compresi ca. 300 mela-nomi). Questo enorme database di lesionipermise di studiare la reale applicabilità di unsistema tarato per riconoscere il melanoma,su una popolazione di nevi che iniziava adapprossimare con una certa verosimiglianzaquella realmente esistente. Non venneroquindi scelti unicamente casi selezionati,ovvero solo lesioni delle quali si sarebbeavuto successivamente un esito istologico,bensì si acquisirono anche approssimativa-

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mente 2000 nevi reputati dai clinici sicura-mente benigni e non meritevoli di un control-lo istologico. Il modello matematico adottatoper la loro classificazione fu una RN, oppor-tunamente architettata e tarata con un grup-po di nevi destinato alla sua istruzione.

Figura 3: L’evoluzione strumentale nel corso deglianni. Il sistema spettrofotometrico più recente(terza generazione)

I risultati ottenuti a seguito del lavoro diricerca compiuto nell’arco di tempo citato èriassunto nel grafico di figura 4. Tale graficorappresenta in maniera paradigmatica il con-cetto di sviluppo incrementale di un’innova-zione, citato nella parte introduttiva di questoarticolo. Da esso infatti si evince come, adogni miglioramento del sistema di acquisizio-ne dei dati spettrofotometrici o del metodo di

elaborazione degli stessi, è seguito un incre-mento significativo nell’accuratezza di classi-ficazione. Dal grafico si nota anche comeall’aumentare del numero di lesioni elabora-te, la capacità del sistema nel riconoscerecorrettamente una lesione diminuisce, qual-siasi sia lo strumento utilizzato. La curva diaccuratezza tende ad un limite inferiore, cherappresenta l’abilità del sistema nel ricono-scere una popolazione molto grande di lesio-ni, ovvero la popolazione reale.

Sviluppi recenti

“Il vero viaggio di scoperta non consistenel cercare nuove terre, ma nell’averenuovi occhi” M. Proust

Al fine di affiancare con efficacia un clini-co esperto nella diagnosi del melanoma, lostrumento deve fornire un parere diagnosticoindipendente da quello del clinico con un’ac-curatezza non lontana da quella dell’esameistologico. Questa condizione è estremamen-te importante, in quanto, se non soddisfatta,porterebbe pericolosamente a troppi falsinegativi (melanomi non riconosciuti cometali) o a un elevato incremento di falsi positi-vi (nevi diagnosticati erroneamente comemelanomi e inutilmente sottoposti alla chi-rurgia). In entrambi i casi, verrebbe meno lasua utilità ed il responso del clinico esperto,da solo, sarebbe preferibile.

Benché incoraggiati dal costante progres-so nei risultati, sulla base della considerazio-ne appena espressa, di recente è stata rivistala “filosofia” che sottende allo strumento edal suo scopo applicativo. Infatti, per quantola tecnologia possa ancora evolvere, oggi-giorno sembra impossibile potere creare unostrumento non invasivo capace di replicarel’istologia. I parametri valutati in vivo sonodiversi e non potranno mai essere altrettantosignificativi quanto quelli valutati al micro-scopio dall’istopatologo11.

Si è quindi temporaneamente abbandona-ta la ricerca di uno strumento per discrimina-re i melanomi da tutte le altre lesioni benigne,e si è sviluppato un sistema in grado di ripro-durre la decisione clinica di procedere o noall’escissione di una lesione. In fondo, questoè quello che fa un medico esperto: egli nondecide se una lesione sia o non sia un mela-noma, bensì egli decide quali lesioni abbianole caratteristiche tali da rischiare (in terminiprobabilistici) di essere melanomi. Un siste-

Figura 4: Accuratezza nella classificazione dellelesioni della cute in funzione del numero di lesionianalizzate. Sono riportati i risultati ottenuti condue diversi strumenti di acquisizione (telespet-trofotometro e spettrofotometro) e due diversimodelli di classificazione (analisi discriminante(DA) e reti neurali (NN))

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2413/2008 - Fisica in Medicina

ma di questo tipo potrebbe essere utile ad unclinico non esperto in fase di diagnosi diprimo livello, supportandolo nell’identifica-zione delle lesioni che richiedono ulterioriaccertamenti. Esso fungerebbe da “filtro” perle lesioni da sottoporre al medico esperto allostesso modo come il medico esperto fungeda “filtro” per le lesioni da sottoporre al pato-logo.

In figura 5 sono mostrati i risultati ottenu-ti su un campione di 3906 lesioni, suddivisoin 1966 lesioni giudicate dal clinico meritoriedi esame istologico (compresi 287 melano-mi) e 1940 lesioni reputate palesementebenigne e quindi non asportate. Sensibilità especificità indicano rispettivamente la frazio-ne di lesioni meritorie di esame istologico e dilesioni palesemente benigne riconosciutecome tali dal sistema (curva ROC blu). Nellostesso grafico è riportata una ulteriore curvaROC (curva ROC rossa) che indica invece lafrazione di melanomi correttamente ricono-sciuti tra le lesioni giudicate meritevoli diescissione chirurgica.

Figura 5: Curve ROC di classificazione delle lesio-ni cutanee. In blu è rappresentata la frazione dilesioni critiche e di lesioni palesemente benignericonosciute come tali dal sistema. In rosso è indi-cata invece la frazione di melanomi correttamentericonosciuti tra le lesioni giudicate meritorie diescissione

Dal grafico si evince come fissando unasoglia di specificità del 90%, il 78% dellelesioni giudicate dal clinico come meritorie diescissione sono riconosciute dal sistemacome tali, e tra queste vi è il 90% dei mela-nomi. Mentre con una soglia di specificitàdell’80%, il sistema riconosce l’88% dellelesioni giudicate dal clinico come meritorie diescissione, e tra queste vi è il 95% dei mela-nomi. Questi risultati sono molto incorag-gianti e dimostrano come il sistema spet-

trofotometrico sia in grado di riprodurre conbuona accuratezza la decisione del clinicoesperto in merito all’escissione di una lesionecutanea.

Sviluppi futuri

“C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologiadiventano per tutti.” H. Ford

Ragionevolmente, la tecnologia sviluppa-ta non ha raggiunto ancora il culmine, masviluppi incrementali sono ancora possibilinell’immediato futuro. Anzi, affinché lo stru-mento per la diagnosi del melanoma possarealmente affermarsi e trovi ampio impiegoclinico, questi sviluppi incrementali risultanoallo stato attuale strettamente necessari.Mentre a nostro avviso le reti neurali rappre-sentano un ottimo modello matematicoanche da adottare nel prossimo futuro, il“salto di qualità” potrà essere ottenuto svi-luppando uno strumento di “quarta genera-zione” sulla base dell’esperienza maturatafino ad ora.

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242 Fisica in Medicina - 3/2008

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Otello, laureato in fisica all’Università degli Studi diPerugia, si era inizialmente dedicato all’insegnamento enel 1990 era entrato a far parte del nostro gruppo.

La sua assunzione ha coinciso con l’installazione diun tomografo a RM ad alta intensità di campo, appa-recchiatura tra le prime in Italia munita di software perla spettroscopia e le immagini funzionali.

Si era dedicato a questa attività con passione edimpegno che sono documentati dalla pubblicazione dinumerosi lavori su riviste nazionali ed internazionali.

Invitato come relatore a Convegni e come docente aCorsi monotematici e di formazione si era fatto apprezzare per la chiarezza e l’elevatocontenuto scientifico delle sue presentazioni. I suoi interventi, come il suo carattere,erano essenziali e miravano al nocciolo del problema.

Otello è stato un valido collega, un professionista serio e riservato, un fisico prepa-rato e disponibile al dialogo e alla collaborazione scientifica.

Va sottolineato, inoltre, che è stato un elemento fondamentale nella realizzazione egestione del Centro Ciclotrone – PET/TC, tecnologie tra le più innovative della nostraAzienda Ospedaliera.

Benché fosse riservato e geloso dei suoi sentimenti, nei suoi discorsi trasparivacomunque l’affetto che nutriva per l’amata Paola e la sua famiglia.

È difficile sopportare la sua morte e viene spontaneo pensare alle parole di un cele-bre dialogo “più tardi doveva morire; nel tempo adatto a dire tale parola”.

Ma non ci resta che accettare e ricordare Otello, ognuno nei suoi pensieri, comecolui che “nacque, visse e morì in punta di piedi”.

Gianni Gobbi

In ricordo di Otello Presciutti

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TEMA

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C O M

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E C E R

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246 Fisica in Medicina - 3/2008

La medicina non è una scienzadi Giorgio CosmaciniRaffaele Cortina Editorepagg. 124 - €14,00

Per gentile concessione dell'Autoree della casa editrice Raffaello Cortina, riproduciamo il capitolo "Fisica e medicina",tratto dal volume "La medicina non è una scienza"

FISICA E MEDICINA

Fisica e medicina sono antiche almenoquanto l’uomo gre co. Sono, all’origine, intrec-ciate o sovrapposte. Nella lingua di Ippocrate,padre della medicina laica occidentale, e diAristo tele, filosofo delle scienze naturali, glioggetti di queste scienze erano detti ta physika,“le cose della natura”. Il nome physis, “natura”era comprensivo di vari significati: gene-razione, for za generatrice, cosmo, insieme ditutte le creature. Fra tali creature, al primoposto, l’uomo. Lo studio della natura era dettophysyke, e technephysike era detta l’arte intera-gente con la natura, ivi compresa la naturaumana.

Physikos, “fisico”, se come aggettivo quali-ficava (e qualifi ca) ogni fenomeno “naturale”,come sostantivo concerneva (e concerne) ilcorpo “umano”. Oggi il nome designa, oltre alfi sico corporeo, lo studioso di fisica, il ricerca-tore o scienziato in questo campo del saperescientifico. Ma nella Grecia arcai ca designava

anche il medico: gli esercenti della techneiatrike o “arte della cura”, prima d’essere dettiiatroi, “medici”, era no detti physikoi, “fisici”.

Tra l’altro, physis è nome tuttora incluso inuna mezza dozzina di termini medici, specieanatomici. Diafisi, metafisi, epifisi, apofisiappartengono alla nomenclatura dell’osteolo-gia, in dicando precise parti scheletriche. Ipofisiè il nome della ghiandola endocrina posta allabase del cervello. Epifisi, anco ra, è il nome diuna ghiandola atrofica situata nel centro dellasostanza bianca cerebrale e già ritenuta daCartesio la sede dell’incontro fra res cogitans eres extensa.

Infine, soprattutto, physician è il terminecon cui, nei paesi di lingua inglese, ancora oggisi designa colui che esercita il mestiere dimedico.

Il sostantivo “fisico” con significato di “me-dico” era pre sente non solo nella Grecia pre-ippocratica, ma anche nella bassa latinità, ricu-perato dallo scrittore ecclesiastico SofronioEusebio Gerolamo nell’opera Adversus Iovi-nianum del 393 d.C. Era presente anche nel

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2473/2008 - Fisica in Medicina

Medioevo, quando i licenziati dal le universitàerano detti “fisici” piuttosto che “medici”, perdistinguerli dai “chirurghi”; ed era presenteanche nel Rina scimento, quando i medicid’ospedale, per rimarcare la mede sima di-stinzione, erano detti “fisici” nei regolamentiospeda lieri. Nel 1508 il primo documento astampa sull’ordinamento di un grande ospedalefissava la dotazione di personale medi co in“quattro phisici, uno per bracio de la crociera,et altri tanti chirurghi similmente distribuiti”.’

Restando agli incroci lessicali tra fisica emedicina, physiologoi erano detti “coloro chestudiano le cause e i fenomeni naturali” (Ari-stotele, Metaphysica, 1, 5), come per esempioTa lete, il primo filosofo greco, e “fisiologia”era la naturae rationem quam Graeci physiolo-giam appellant (Cicerone, De divinatione,I,90). Era questa “fisiologia” la “scienzarazionale” che, a partire dal secolo XVIII,venne assumendo un significato re strittivoetichettandolo “studio delle funzioni del corpouma no” (Albrecht Haller, Elementa physiolo-giae corporis hu-mani, Gottinga 1757-1766).

È un dato di fatto che i primi studiosi dellanatura, in quanto competenti di quella umana,esercitavano l’arte medica. Medico ante litte-ram fu Pitagora di Samo (570-497 a.C.), sco-larca a Cro tone, capo di una comunità iniziati-ca ispirata a valori alti quanto il sapere teoreti-co, matematico, medico da lui coltivato.

Pitagora è l’inventore della parolaphilosophia e il fondato re della numerologia,ovvero una “mistica dei numeri” che at tribuivaloro un significato non soltanto matematico(aritmo geometrico), ma anche fisico e morale,con analogie moltepli ci. Il numero pari era l’il-limitato (l’“ indeterminato” o apeiron delfilosofo Anassimandro, 610-547 a.C.), maanche il femmi nile, il buio, il male; il numerodispari era il limite, ma anche il maschile, laluce, il bene.

Con Pitagora la matematica diventa stru-mento di cono scenza, mathesis. Egli affermavache “tutte le cose che si cono scono hanno unnumero; senza questo niente si potrebbe pen -sare, né conoscere”. La matematica è compren-siva, oltreché di aritmetica e di geometria,anche di astronomia e di musica: sarannoqueste quattro le “arti del quadrivio”, poste alla

base dell’istruzione nelle scuole del Medioevo.Teoremi, rapporti numerici fra intervalli musi-cali, relazioni fra altezze dei suoni e lunghezzadelle corde vibranti, speculazioni sulle eclissi,ar gomentazioni sulla Terra sospesa nellospazio (e non poggiata sull’acqua come volevaTalete, VII-VI a.C.) sono tra le sue sco perte eprocedure, prove della sapienza dei suoi inse-gnamenti.

Il concetto di malattia era, fino a Pitagora,avvolto nei veli della sacralità e della magia. Lamalattia era “sacra”, perché mandata a punirele colpe degli uomini, scagliata da un dio in -collerito. Era ciò che asserivano gli “asclepia-di”, i sacerdoti interpreti e intermedia-ri diAsclepio, semidio della medicina. Privilegiatimediatori del divino, essi erano magoi, “magi”,co me i sacerdoti d’Oriente, esercenti la thera-peia theon, la “cura degli dei”. La divinità,come colpiva gli inosservanti e gli ina -dempienti, così guariva i pentiti che ne invoca-vano il perdono.

Pitagora è, con Ippocrate (460-377 ca.a.C.), uno dei protago nisti di quello che alcunichiamano illuminismo ellenico. Se il pa dredella medicina desacralizza il “male sacro”dimostrando che esso è una malattia delcervello (epilessia), il padre della numero logiacontribuisce a razionalizzare la soprannaturacontemplan do la natura umana entro limitinumerici. L’universale antitesi pari-dispari è dalui applicata anche all’opposizione tra femmi-na e maschio, la cui unità coniugale è rappre-sentata dal numero 5, somma del primonumero pari, il 2, rappresentativo del femmi -nile, con il primo numero dispari, il 3 (essendol’unità “pari-im pari”), rappresentativo delmaschile. Il 7 è fatto oggetto di studio nel trat-tato di scuola pitagorica Peri hebdomaidon,“circa il nu mero sette”, e farà proseliti incampo clinico (le “settime” del decorso dellapolmonite) e in campo assistenziale (le sette“opere di misericordia corporale” dellatradizione cristiana).

La “vita pitagorica”, lodata poi da Platone, èuna vita so bria, ascetica e salutista. Il “vittopitagorico”, raccomandato ancora nel XVIIIsecolo (dal medico toscano Antonio Cocchi), èun regime dietetico parco e salutare, “spar-tano” quasi quan to quello prescritto dal legisla-

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tore Licurgo ai cittadini di Spar ta per purificarel’anima da ogni scoria materiale.

Di scuola pitagorica fu Alcmeone (VI sec.a.C.), di cui parla Platone nel Fedro. Dalla teo-ria alcmeonica dei numeri derivò la dottrinadelle opposte coppie delle qualità elementari -cal do e freddo, secco e umido - formulata daAlcmeone medesi mo nell’opera Peri physeos,“intorno alla natura”. A tale dot trina dovevarichiamarsi di lì a poco quella ippocratica(elabo rata da Polibo, genero di Ippocrate) deiquattro umori corpo rei - sangue (caldo eumido), flegma (freddo e umido), bile (calda esecca), atrabile (fredda e secca) - e dei quattrotempe ramenti psichici, sanguigno, flemmatico,biliare e collerico, atrabiliare e melancolico.L’armonia di umori e temperamenti (eukrasia)è la salute, la disarmonia (diskrasia) è la malat-tia. Alcmeone stesso fu medico, il primo apraticare dissezioni su animali, il primo aintuire la connessione anatomica tra organi disenso e cervello, il primo a elaborare una teoriaencefalo centrica che vedeva nel cervello illuogo dove l’interno, cioè il soggetto, recepiscel’esterno, cioè l’oggetto.

Divulgatore del pensiero di Pitagora fu Filo-lao (470-400 a.C.), del quale Diogene Laerzionelle Vite dei filosofi scrive: “Tutte le dottrinepitagoriche non furono note fino all’età di Filo-lao”, che visse a Crotone un secolo dopo ilmaestro. Secon do Pitagora, scrive ancora Dio-gene Laerzio, “l’anima dell’uo mo si distinguein tre parti, l’intelletto, la mente e l’animo“. Fi -lolao, medico anch’egli, elaborò una teoriapolicentrica fonda ta su quattro radici o principi:il principio razionale, con sede nel cervello; ilprincipio animale, con sede nel cuore; il princi -pio vegetativo, con sede nell’ombelico, radicedell’embrione; il principio riproduttivo, consede nel membro genitale, radice della genera-zione.

Quattro umori, quattro temperamenti, quat-tro centri ana tomici, quattro sedi funzionali, inaggiunta ai quattro ele menti primordiali (terra,acqua, aria, fuoco), alle quattro sta gioni del-l’anno (primavera, estate, autunno, inverno),alle quattro età della vita (infanzia, giovinezza,maturità, vec chiaia): nel 4, primo numeroquadrato, è identificato da Pi tagora il concettodi giustizia, che è anche giustezza, equità, equi-

librio, armonia.Armonia psicosomatica, armonia cosmica,

scienza dei nu meri, logica matematica, dialetti-ca degli opposti, senso del li mite, regole di vita,amore per la sapienza, etica della giustizia: nelpatrimonio lasciato in eredità da Pitagora e daipitagorici si ritrova la matrice culturale di granparte del pensare e del l’agire del medico.

Nel “dopo Pitagora” spicca la figura diEmpedocle di Agri gento (483-423 ca. a.C.),physiologos, filosofo e medico. Nel suo Periphyseos, altra opera “sulla natura”, egli formu-la com piutamente la teoria dei quattro elementipredetti, governati dagli opposti principi del-l’amore (philia) e dell’odio (neikos), forze diattrazione e repulsione della materia elementareche esse rispettivamente congiungono (sinteti-camente) e disgiungono (analiticamente),determinando la nascita e la morte delle cosemutevoli. I quattro elementi del cosmo sono imedesimi del corpo, il quale con le proprieparti terrose percepisce la terra, con le acqueel’acqua, con le aree l’aria, con le ignee il fuoco.Tali parti corporee sono miscelate fra loro nelsangue prossimo al cuore: questo, non il cervel-lo, è la sede della conoscenza. Il cuore è il car-dine della teoria cardiocentrica che compete, ecompeterà a lungo, con l’encefalocentrismo.

Empedocle fu colui che sostituì al linguag-gio oracolare della profezia quello razionaledella prognosi, fondata sull’o ratoria persuasiva.Fondò infatti la retorica, della quale fu maestroa Gorgia da Lentini, uno dei sofisti dialoganticon Socrate. Però, fu soprattutto la logica argo-mentativa a fare di lui un buon medico, cheseppe risanare Selinunte da una epi demia,depurando l’acqua che infettava la città! “Cer-tamente una cosa egli seppe fare: far tornarealla vita corpi che sem bravano morti.

Tra gli eredi ed epigoni del pensieropitagorico spicca Pla tone (427-347 a.C.). L’in-fluenza del pitagorismo su di lui è evi dente,specie nel Timeo, opera platonica tarda, scrittadal filo sofo dopo il definitivo rimpatrio dallaMagna Grecia. I quat tro elementi cosmici sonoricondotti a quattro poliedri regola ri: la terra alcubo, il fuoco al tetraedro, l’aria all’ottaedro,l’ac qua all’icosaedro (resta escluso il quintopoliedro regolare, il dodecaedro). Le parti cor-poree, costituite dagli stessi elemen ti, sono

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2493/2008 - Fisica in Medicina

strutturate in particelle elementari aventianch’esse volumi solidi (cubici, sferici,ovoidali, piramidali) corrispon denti a figuregeometriche piane (quadrate, rotonde, ovalari,triangolari), corrispondenti a loro volta a for-mule matematiche, cioè a numeri. L’aritmo-geometria è la base di una fisica anato mica chepermette a Platone di descrivere il cervello“tutto ro tondo” (cioè formalmente perfetto), ilpolmone “traforato co me una spugna”, il fega-to “denso, liscio e lucido”.

La “fisica”, concepita non più solo generica-mente come scienza della natura, ma specifica-mente come disciplina anato mo-fisiologia delcorpo, aveva peraltro imboccato la strada mae -stra del paradigma qualitativo ippocratico, spi-azzando quella al ternativa del paradigma quan-titativo, aritmo-geometrico, di ascendenza nonsolo pitagorica, ma anche democritea. Demo -crito di Abdera (460-370 ca. a.C.) è il padre del-l’idea di atomos, particella corpuscolare invisi-bile e indivisibile, costitutiva della materia delmondo. Nel III secolo a.C. il medico Erasistratodi Alessandria, discostandosi dal modello ippo-cratico, e nel II se colo a.C. il medico Asclepiadedi Bitinia, richiamandosi al mo dello dem-ocriteo, si ispirarono ambedue alla filosofia diEpicuro (341-270 a.C.), rifondatore del materi-alismo atomistico.

Asclepiade, fondatore della Scuola metodi-ca, concepiva il corpo umano come un sistemain cui l’interconnessione cor puscolare è assicu-rata da infiniti minimi meati o “pori”, do tati disensibilità e permeabili agli atomi. Sulla suascia, Te misone di Laodicea, rifondando la Scuo-la metodica a Roma in età augustea, dovevaelaborare la teoria patologica per cui tutte lemalattie rientrano in tre classi: quelle darilasciamen to dei “pori” (status laxus), quelle darestringimento degli stessi (status strictus) equelle nelle quali i pori presentano una pervietàdi grado intermedio (status mixtus). A ripristi -nare la salute provvedeva, in Roma, quella cheoggi diremmo “terapia fisica”, somministratanelle terme, dove il calidarium dilatava i poriristretti, il frigidarium restringeva i pori dilata tie il tepidarium li manteneva né larghi né stretti,ma beanti al punto giusto.

Nell’età argentea della Roma imperiale,Claudio Galeno da Pergamo (129-200 ca. d.C.),

medico di Marco Aurelio e dei suoi figli, riportòin auge, al massimo livello, il paradigma fi -siopatologico di Ippocrate, che fece proprio eperfezionò, de terminando l’esordio della medi-cina che divenne poi nota co me ippocrato-galenica, di durata ultramillenaria, e contri -buendo in tal modo all’inizio della “lunga nottemedievale” in cui scompare dall’orizzontemedico-scientifico il paradigma fisiopatologicoalternativo, matematizzante e atomistico. Lafilosofia materialistica degli atomi di Epicuro,che aveva valen za non solo teoretica ma ancheetica, venne imputata dalle ideologie dominanti,quella aristotelico-scolastica e quella cri stiano-cattolica, di essere intrisa di ateismo ed edonis-mo, e venne pertanto condannata e respinta.

Il paradigma in versione matematizzante,applicato alla medicina come iatromatematica,riemerse con Galileo Galilei (1564-1642). NelSaggiatore (Roma 1623) si legge la celebredichiarazione, che è insieme un’ontologia e unprogramma: “La filosofia è scritta in questograndissimo libro che conti nuamente ci staaperto innanzi a gli occhi - io dico l’universo[ivi compreso il corpo umano] -, ma non si puòintendere se prima non s’impara a intender lalingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto.Egli è scritto in lingua matematica”.

Lo stesso paradigma, in versione fisica,doveva venir appli cato alla medicina comeiatrofisica o iatromeccanica dai medici di scuo-la galileiana. Il contesto metodologico ed epi-stemologico era quello della rivoluzione scien-tifica (come diciamo noi oggi). Il metodogalileiano, “risolutivo” e “compositivo”, è quel-lo delle “sensate esperienze e certedimostrazioni”; l’epi steme di fondo è quelladella logica matematica e della fisica meccani-ca: statica, cinematica, dinamica.

De statica medicina (Venezia 1614) è il tito-lo dell’opera del medico istriano Santorio San-torio (1561-1636), professore di medicina teo-rica a Padova dove Galileo aveva insegnatomate matica dal 1592 al 1610. Nell’opera, l’ar-monia qualitativa, ip pocratico-galenica, deiquattro umori corporei è reinterpretata comeequilibrio quantitativo, ponderale (basato sulmetodo della doppia pesata), tra materia ingeri-ta (cibi e bevande) e ma teria evacuata (feci,urine, traspirazione polmonare e cutanea).

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250 Fisica in Medicina - 3/2008

La “medicina statica” evolve in “medicinacinematica” con lo studio “del moto del cuore edel sangue” compiuto dal me dico ingleseWilliam Harvey (1578-1657) nell’opera Demotu cordis et sanguinis in animalibus (Fran-coforte 1628). Harvey aveva studiato a Padovanel triennio 1602-1604, quando vi aveva inse-gnato Galileo, e da questi aveva appreso ilmetodo del calcolo matematico, usato nelladimostrazione del circolo chiuso del moto delsangue, suffragata sperimentalmente dal la pro-cedura delle ligaturae dei vasi sanguigni allebraccia e al le gambe. Era la patente di legitti-mità scientifica di una nuova fisiologia, basatasu evidenze fornite dall’applicazione in me -dicina del metodo ipotetico-sperimentale pro-prio della scien za moderna.

La temperie culturale era radicalmentemutata. René De scartes, ovvero Cartesio(1596-1650), nell’opera su L’homme (Parigi1630-1631), era il maggior artefice dell’im-magine del l’uomo come macchina costituita damateria in movimento. Thomas Hobbes (1588-1679) scriveva a sua volta nel Leviata no (Lon-dra 1651) che “la vita non è altro che un movi-mento di membra”.’

Questo “meccanicismo” filosofico era este-so a tutto il cam po scientifico, in particolareall’ambito anatomo-fisiologico, da “iatromec-canici” cresciuti culturalmente, in Italia, allascuola di Galileo. Giovanni Alfonso Borelli(1608-1679), nell’opera De motu animalium(Roma 1680-1681), spiega la “ma cro-macchi-na” osteo-artro-muscolare della locomozione.Mar cello Malpighi (1628-1694), negli scrittiDe pulmonibus (Bolo gna 1661) e De viscerumstructura (Bologna 1664), descrive le “micro-macchine” rispettivamente degli alveoli pol-monari e della rete “mirabile” dei glomerulirenali. Tali scoperte malpi ghiane sono rese pos-sibili dall’analisi “artificiosa e sottile” consen-tita dalla microscopia.

Il medico raguseo Giorgio Baglivi (1668-1707), professore di medicina teorica allaSapienza di Roma, nell’opera De praxi medica(Roma 1696), parla della “economia fisica del-l’uomo”, asserendo che il cuore è una “molla”,lo stomaco una “storta”, le mascelle “tenaglie”,le vene e arterie “tubi idraulici”, i visce ri “filtrie setacci”, i polmoni “mantici”, i muscoli”

corde”. Tutti i fenomeni vitali, aggiunge,“devono riferirsi alle leggi dell’equilibrio, alleleggi del cuneo, delle corde, delle molle e deglialtri elementi della meccanica”.’

Agli inizi del Settecento il medico olandeseHermann Boerhaave (1668-1738), policatte-dratico a Leida, nell’accade mica Oratio de usuratiocinii mechanici in medicina non esita adichiarare che l’occhio clinico altro non è che“l’occhio acuto del geometra [...] applicatotosto alla meccanica delle parti”.

Il medico francese François Boissier deSauvage (1706-1767), professore di medicina aMontpellier e archiatra alla corte di Francia,scrive che “i fenomeni che si osservano nellanostra macchina derivano tutti dalla forza de’fluidi che in essa girano”. L’affermazionerecepisce, oltre all’idea di movimento, quella diforza. L’asserto è in premessa dell’operaEmastatica o sia statica degli animali. Espe-rienze idrauliche fatte sugli animali viventi(Londra 1733), scritta non da un medico, bensìda un reverendo, Stephen Hales, pastore nelcontado di Middlesex e membro della RoyalSociety. Nell’opera è riportata la “prima espe-rienza” di misura della pressione arteriosa, ese-guita trami te inosculazione di un tubo di vetronell’arteria crurale di una cavalla e medianterilevazione metrica della colonnina del san guerisalito nel tubo. È la nascita dell’emodinamica.

La medicina fa il passo, così, da “cinemati-ca” a “dinamica”. Il concetto di forza, giàespresso nella dizione vis a tergo relati va allaspinta propulsiva del sangue dalle vene allearterie, è entrato nella scienza con GottfriedWilhelm Leibniz (1646-1716) e soprattutto conIsaac Newton (1642-1727). La vis viva delprimo è l”energia cinetica” che carica la mate-ria di un quid aggiuntivo alla mera “estensione”cartesiana; la vis insita del secondo è la “forzad’inerzia” che il già menzionato AlbrechtHaller (1708-1777) traduce nella “irritabilità”da lui dimo strata sperimentalmente come pro-prietà dei muscoli (accanto alla vis nervosasperimentalmente dimostrata come proprietàdei nervi).

Nella seconda metà del Settecento, ogniscienziato d’avanguardia vorrà “fare comeNewton”! Nella gara di emulazione, in senoall’empirismo anglo-scozzese, David Hume

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2513/2008 - Fisica in Medicina

(1711-1776) dichiara di voler essere “il Newtondella psicologia”‘ e William Cullen (1710-1790), professore di medicina prima a Glasgowe poi a Edimburgo, nell’opera First Lines of thePractice of Physic (1777), dà a vedere di sen-tirsi il Newton della clinica.

È l’Ottocento il Grand Siècle della scienzafisica applicata alla medicina. Karl Ludwig(1816-1895), professore a Lipsia, alludendo ase stesso e agli altri tre padri fondatori dellafisio logia sperimentale in Germania - ErnstWilhelm von Brücke, Emil du Bois-Reymond,Hermann von Helmholtz - dice nel 1847: “Noiquattro immaginavamo di dover dare allafisiolo gia un rango scientifico pari a quellodella fisica”.

Helmholtz, dopo aver formulato il principiodella conser vazione dell’energia, studia l’acu-stica e l’ottica, inventando, tra l’altro, l’oftal-moscopio. Emil du Bois-Reymond fonda unnuovo ramo della scienza fisiologica, l’elet-trofisiologia, rico noscendo il suo debito neiconfronti del fisico italiano Carlo Matteucci(1811-1868), continuatore degli studisull’elettri cità animale (neuromuscolare)intrapresi dal medico bologne se Luigi Galvani(1737-1798).

Ludwig, dal canto suo, analizza i fenomenivitali come se fossero fenomeni fisici medianteil metodo grafico (secondo un principio impie-gato originariamente da James Watt, loscozzese inventore della macchina a vapore) emediante la tra sformazione in chimografo del-l’emodinamometro di Jean Louis MariePoiseuille, fisiologo parigino studioso delladina mica circolatoria: al manometro a mercuriodi Poiseuille, per fezionante il tubo-cannula diHales, Ludwig aggiunge il gal leggiantescrivente, con cui registra le oscillazioni delmenisco di mercurio sulla superficie di un cilin-dro rotante.

La natura è concepita come mechanicarerum. Sullo stesso sfondo di meccanicismobiologico nasce la formulazione della “teoriacellulare” da parte di Theodor Schwann (1810-1882), fisiologo che assume il formarsi dellecellule con meccanismo analogo a quello dellacristallizzazione (ma lui stesso smentirà inseguito questo postulato!).

In Italia Angelo Mosso (1846-1910), dopo la

laurea in medi cina e il perfezionamento a Lipsianell’Istituto di fisiologia speri mentale diretto daLudwig, intraprende una serie di ricerche sulmovimento del sangue nei vasi cerebrali, e sulpeso e la tempera tura del cervello. Frequenta, aParigi, il laboratorio di Étienne Jules Marey(1830-1904), dove lo attraggono le metodicheesco gitate per perfezionare le registrazioni gra-fiche dei fenomeni vi tali. In cattedra di fisiolo-gia a Torino, crea nell’ateneo “un labo ratorioconcepito all’americana, [...] con ruote per farcorrere e affaticare cani, tapis roulants perosservazioni psicofisiologiche sul passo del-l’uomo, [...] campane pneumatiche e camere diferro per riprodurre la rarefazione atmosfericadelle più elevate montagne, macchine perimitare il vento delle Alpi”.

Ai piedi del monte Rosa, nel triennio 19051907, viene co struito e intitolato al suo nomel’Istituto scientifico internazio nale per gli studidi geofisica, meteorologia e fisiopatologia. Allafisica fisiopatologica di Mosso vanno ascritti ilpletismo grafo, registrante i cambiamenti di vo-lume degli organi in rap porto al tono e al polsodei loro vasi sanguigni, l’ergografo, rappresen-tante graficamente l’andamento della fatica neimu scoli flessori della mano, lo sfigmo-manometro, perfezionante il metodo per mi-surare la pressione media del sangue nell’aorta.

Sphygmos “polso” e metron “misura” sonotermini che de nominano lo “sfigmometro” diLudwig, prima perfezionato nello “sfigmo-grafo” da parte di Marey e poi nello“sfigmoma nometro” da parte di un allievo diMosso, Scipione Riva-Roc ci (1863-1937),braccio destro, nello stesso ateneo torinese, delclinico medico Carlo Forlanini (1847-1918),che perfezio na su presupposti di meccanica re-spiratoria la tecnica del pneumotorace artifi-ciale nella terapia della tisi polmonare.

La meccanica circolatoria di Riva-Rocci è inperfetta sinto nia con il meccanicismo biologicodi Forlanini. Il 10 dicembre 1896 sulla Gazzettamedica di Torino compare una “comunica zioneoriginale” in cui Riva-Rocci dà notizia d’avermesso a punto lo strumento che, in virtù dellasua praticità, consente a ogni medico di mi-surare in breve tempo la pressione arteriosa ril-evandola al braccio del paziente senza invasivitàe senza di sturbi per quest’ultimo.

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Dieci anni dopo l’invenzione di Riva-Rocci,nel 1906, l’olandese Willem Einthoven pubbli-ca un articolo dal titolo “Le télécardio-gramme”, nel quale a sua volta dà notizia d’a -ver messo a punto un complesso apparecchio(costituito da un galvanometro a corda, una sor-gente luminosa, un micro scopio, un segnatem-po, una macchina fotografica e alcuni cavi con-duttori) in grado di fornire una segnaletica delle“pulsazioni ineguali e irregolari” del cuore(aritmie) meglio di quanto fatto fino ad alloradagli sfigmogrammi rilevati ai polsi dellearterie periferiche. È la nascita del primoelettro cardiografo.`

Un altro emulo di Mosso, Friedrich Kiesow(1858-1940), da Torino dà impulso in Italia aglistudi di psicofisiologia spe rimentale, studi chegià nell’Ottocento avevano avuto incu bazionein Germania nelle ricerche di Ernst HeinrichWeber e Gustav Theodor Fechner sui rapportitra stimoli e sensazio ni, e nelle ricerche ulte-riori, nel medesimo campo, di Wilhelm Wundt(1832-1920), considerato il fondatore dellanuova disciplina.

L’anno dell’invenzione di Riva-Rocci è unvero e proprio annus mirabilis per la fisica inmedicina. Reca infatti la data del 1° gennaio1896 l’invio, ai maggiori fisici di tutta Europa,della comunicazione della scoperta di eine neueArt von Strahlen, di “una nuova specie diraggi”, da parte di Wilhelm Con rad Röntgen(1845-1923), professore di fisica sperimentaleal l’Università di Würzburg, in Baviera. Lascoperta, per l’esat tezza cronologica compiutanella “memorabile notte” dell’8 novembre1895, è resa esplicita - a noi posteri - da unanota fatta da Röntgen a piè di pagina della suacomunicazione: “Per brevità userò la parolaraggi; anzi, per distinguerli da al tri, li chiameròraggi X”.

La fisica dei raggi X, nata in una delle uni-versità tedesche dov’è cresciuta la psicologiascientifica, ricava da quest’ultima l’interesseper l’uomo, ponendosi in medicina come“scienza dell’interiore”, diventando radiologiaclinica e contribuendo in modo decisivo a ren-dere “più interna” la medicina interna!

È singolare il fatto che la denominazionesimbolica dei rag gi scoperti da Röntgen siarimasta affidata a un eponimo - la lettera X -

indicativo di una incognita fisica, e del nostroignoramus; tanto più che proprio questi raggisono stati per oltre un secolo, a tutt’oggi, lamatrice di sperimentazioni e di elaborazioniteoriche che hanno invece portato a valicare lebarriere della non-conoscenza, conducendol’impresa scientifica a grandi applicazioni tec-niche e ad altrettante e più grandi ricadutepratiche a vantaggio dell’umanità.

Nel decennio a cavaliere tra Ottocento eNovecento e in quello successivo, anteriore allaPrima guerra mondiale - cioè nei vent’anniseguenti alla scoperta di Röntgen (e a quelle, dipoco posteriori, della radioattività naturale daparte di Antoi ne-Henri Becquerel e del radiumda parte di Marie e Pierre Curie) - la pionieri-stica attività dei medici trasformati da elet -trojatri in radiologi promuove l’elettrologia inmedicina, usata come “terapia fisica”, a “dia-gnostica röntgeniana” e a “terapia radiante”.Poi, per circa mezzo secolo, la radiologiaaccresce il proprio patrimonio scientifico-tecni-co per progressiva accu mulazione di dati: finoalle soglie degli anni Sessanta del No vecento,le immagini del corpo umano familiari al radi-ologo e le procedure terapeutiche da lui impie-gate si collocano nel l’ambito di quella che lostorico della scienza Thomas Kuhn (1922-1996) ha poi definito “scienza normale”.

Peraltro, già negli anni Cinquanta del Nove-cento nuovi metodi consentono di ottenereimmagini “prerivoluzionarie”. L’angiografiadella rete arteriosa del cervello contribuisce al -l’emanciparsi di una nuova disciplina chirurgi-ca, la neurochi rurgia, e al definitivo configurar-si in modo autonomo, in seno alla stessa ra-diologia, di un nuovo specialista, appunto ilneu roradiologo. Lo stesso iter compie di lì apoco la cardiochirur gia, anch’essa favoritadalla gestazione e quindi dalla nascita del ra-diologo vascolare.

Agli stessi anni centrali del XX secoloappartiene il confi gurarsi del medico nucleare,diagnosta e terapeuta nello stes so tempo. Iradioisotopi da lui somministrati al paziente sifis sano per organotropismo in un organo (ilprimo in ordine di tempo a essere esplorato è latiroide, con iodio radioattivo), il quale per uncerto periodo emette radiazioni che, rilevate erivelate da uno speciale apparecchio contatore,

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2533/2008 - Fisica in Medicina

disegnano la “scintigrafia” o mappa morfologi-co-funzionale dell’organo stesso e a dosiopportune lo irradiano (come in casi di iperti -roidismo, riducendo la funzione esuberantedella tiroide). Tra gli isotopi radioattivi c’è ilCo60 (ottenuto nella pila atomi ca per bombar-damento con neutroni del cobalto normale), chesoppianta in molti casi, nella cura radiante deitumori, i raggi X scoperti da Röntgen (röntgen-terapia); c’è pure il ra dium scoperto dai coniu-gi Curie (curieterapia). Dieci anni dopo l’esplo-sione della prima bomba atomica, a Hiroshimanel 1945, la “bomba al cobalto” è apportatricenon di morte, ma di speranza di vita.

Neuroradiologia, radiologia vascolare, me-dicina nucleare, terapia radiante con alteenergie sono rami del tronco della ra diologia,con radici nell’humus fecondato dalla fisicanovecen tesca. Nuove specializzazioni si river-berano in controluce sul la radiologiapreesistente, la quale incomincia da qui a dirsi“tradizionale”. In questa mutazione lessicale èleggibile il se gno premonitore dell’imminenterivoluzione radiologica, caso particolare diquel processo di accelerazione per cui, sempresecondo Thomas Kuhn, la scienza cumulativanormale, che avanza per passi graduali, si” dis-continua” in “rivoluzione scientifica”, proce-dendo per balzi improvvisi.

La rivoluzione tecnologica della radiologia,caratterizzata dall’ingresso in quest’ultima del-l’elettronica e dell’informati ca, è stata anticipa-ta dalla ecografia, che consente di ottenereimmagini del corpo umano “scritte da echi”,cioè mediante ultrasuoni.” Gli anni Sessanta eSettanta ne hanno visto il de collo. Essa con-sente di osservare e registrare l’andamento del -la gravidanza a partire dalla ottava settimana digestazione, e di svelare morfologia e sesso delfeto dalla ventesima settima na. Ha inizio l’eradel real time, caratterizzata da strumenti e datecniche che, essendo in grado di cogliereimmagini in rapi da successione, permettonol’osservazione e registrazione dei movimentidegli organi esplorati, quali i movimenti fetali ele pulsazioni del cuore. Cambiano le identitàprofessionali: men tre ginecologi e cardiologisono tra gli specialisti che per primi assumonoin proprio l’effettuazione di queste indagini,non pochi sono i radiologi che, a loro volta, si

superspecializzano diventando ecografisti.Se la “rivoluzione silenziosa” degli ultra-

suoni (onde mecca niche di frequenza elevatanon percettibili dall’orecchio uma no) rimuovee sostituisce il nucleo fisico-tecnico dellebioim magini, ponendo l’energia ultrasonica alposto di quella elet tromagnetica dei raggi X, lavera rivoluzione è quella compiuta, negli anniSettanta e Ottanta, dalla tomografia assialecompute rizzata (TAC). Con essa, la radiologiaaffronta e risolve il proble ma della terza dimen-sione spaziale e introduce un elemento nuovo,il computer. Le immagini sono ricostruzionisimboliche di sezioni assiali trasverse delcorpo, modulate elettronicamen te da unamolteplicità di informazioni matematiche che ilcer vello umano non sarebbe in grado di rac-cogliere ed elaborare.

Di poco posteriore è la risonanza magnetica(RM). Con essa la radiologia rinuncia ai raggiX; l’energia utilizzata appartiene sempre allagrande famiglia delle radiazioni elettromag-netiche; ma, rispetto ai raggi X che pure vi rien-trano, è caratteriz zata da valori di frequenzamolto diversi e da una differente modalità diinterazione con i tessuti organici. Le immaginiche essa fornisce si basano sulla ricezione disegnali a radiofre quenza emessi da alcuni atomicostitutivi della materia vivente (in particolare,da quelli dell’idrogeno quando, in presenza diun campo magnetico di grande intensità, sianosottoposti a impulsi a radiofrequenza). Anchequesta metodica dà luogo a mappe di rileva-mento legate a vari parametri biologici e fisici,che mediante elaborazione da parte di calcola-tori risultano ricche di informazioni preziose.

La rivoluzionaria risonanza magnetica sinte-tizza così in un unico modello due diverseinnovazioni: l’abbinamento, come la tomo-grafia assiale computerizzata, tra computer emedicina del futuro; il distacco, comel’ecografia, dai raggi X tradiziona li. A cen-todieci anni dalla scoperta di questi ultimi, sel’ege monia di Röntgen sembra vacillare, nondeclina però minima mente quella della fisica,della matematica e dell’informatica su granparte della medicina contemporanea.”

Nel suo viaggio più che secolare tra leimmagini del corpo umano la radiologiatrasferisce all’odierna eidologia, o “scienza

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delle bioimmagini”, la cultura osservativa edescrit tiva propria della medicina, una culturache rappresenta il retaggio della rivoluzionariaanatomia rinascimentale di An drea Vesalio(1514-1564). Ma oggi 1”eidologia”, che havali cato l’anno Duemila, appare distanziarsisempre più dalla radiologia originaria sia nelcampo diagnostico con la SPECT (tomografiacomputerizzata a emissione di fotone singolo)e la PET (tomografia a emissione positronica),sia nel campo terapeutico con le macchineacceleratrici di particelle (elet troni, protoni o,più in generale, adroni).

Quanto alla PET, se viene applicata alcampo oncologico (campo d’elezione oltre aquelli cardiaco ed encefalico) in as sociazione aTAC e RM nelle cosiddette tecnologie bio-mediche ibride, essa consente di andare al di làdell’accertamento morfologico e topografico,permettendo di valutare anche aspetti funzio-nali e metabolici, con riferimento alle potenzia -lità aggressive delle neoplasie, al loro grado didifferenziazio ne e al loro stato recettoriale.Vengono in tal modo rese possi bili performancesempre più raffinate, evidenzianti lesioni mi -nime, con definizioni ultraprecise, onde si ègiunti a parlare di imaging molecolare.

Taluni tecnologi biomedici, per sottolinearela possibilità di prestazioni in tempi brevissimi,con predittività sempre maggiore e con sempreminor disagio per i soggetti sottoposti aindagine, arrivano a parlare di “tagliando delsano”, propo nendo, attraverso tale rinnovataanalogia tra il corpo umano e una macchina,l’adozione su vasta scala della metodica comeprocedura ordinaria di routine preventiva.

Per effetto della rivoluzione compiuta sem-pre all’insegna della fisica e in conseguenzadelle sue più recenti sofisticazioni tecno-logiche, mutano un’altra volta le identità pro-fessionali. Il sempre maggior arricchimento delpatrimonio scientifico- tecnico della radiote-rapia antineoplastica porta a un irreversi biledifferenziarsi della figura del radioterapista inquella del clinico oncologo. Nello stessoambito professionale, il pro gresso dei sistemitelevisivi, della scienza dei materiali, delle tec-niche invasive mediate da sonde, fibre e filtri,assegna oggi un posto stabile all’eidologo inter-ventista e superspecialista, capace per esempio

di riaprire arterie occluse (come le coro narietramite l’angioplastica), di chiuder territoripatologica mente aperti (come certi tumoritramite l’embolizzazione), di applicare pompeinfusorie selettive, di posizionare tubi didrenaggio che vicariano condotti visceralidivenuti impervi.

La rivoluzione tecnologica trascende lameccanica. La bio nica è il prolungamento na-turale della biologia. Suoi campi d’azione, oltreall’elaborazione di segnali e d’immagini di cuis’è detto, sono la loro trasmissione a distanza o“telematica”, la modellistica di sistemi biologi-ci, la strumentazione biome dica, lo studio dibiomateriali. Nuova frontiera è l’ingegneriagenetica.

Oggi, quasi a sigillare anche nel lessicol’importanza del lun go cammino percorso apartire dalla techne physike dei Greci fino alleodierne tecnologie biomediche, una nuova di-sciplina- professione attiene allo status teorico-pratico della fisica in me dicina: la fisica sani-taria. Essa è nata nell’ambito della preven zionee protezione dei lavoratori, ed è oggi rivoltaanche a obiettivi di politica sociale, miranti aridurre le dosi assorbite nella popolazioneesposta a radiazioni potenzialmente nocive.

Nella realtà sanitaria odierna, dove il campodella disabilita si è dilatato per la numerositàdei fattori di rischio e per gli in crementi disopravvivenza e longevità (propiziati anchedagli sviluppi della medicina contemporanea),acquistano sempre maggiore rilevanza la bio-meccanica e la cinesiterapia (Augu stus Georgii1847), teoria motoria e pratica del movimentoevolute in età moderna attraverso l’ars gymnas-tica (Venezia 1569) di Girolamo Mercuriale, laorthos paideia (Parigi 1741) di Nicolas Andry,la gymnastique médicale et chirurgicale (Lo-sanna 1780) di Samuel Auguste-André Tissot.Esse danno va lore d’attualità all’antico aforis-ma ubi motus, ibi vita.

Oggi lo svantaggio di vita o handicap, chenasce dall’impat to della disabilità con le bar-riere socioambientali, richiede una “riabili-tazione” modernamente intesa, che ha per inter-preti protagonisti il fisiatra e il fisioterapista,figure professionali che, di nome e di fatto,comprovano ulteriormente il sempre più strettorapporto tra fisica e medicina!

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D A V I D

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VALUTAZIONE DELLA DOSE PERIFERICANEI TRATTAMENTI DI RADIOCHIRURGIA

CON CYBERKNIFEBergantin Achille*, Locatelli Federica*#, Brait Lorenzo*, Borasi Giovanni.*

Reggiori Giacomo#, Di Betta Erika°#, Fariselli Laura*°, Fumagalli Maria Luisa°*Centro Diagnostico Italiano, Milano

°Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico “C.Besta” Milano, S.S. di Fisica Sanitaria # Università degli Studi di Milano, Facoltà di Sc. Matematiche Fisiche e Naturali

IntroduzioneLa radiochirurgia (SRS) e la radioterapia

stereotassica (SRT) sono tecniche di irradia-zione mediante le quali, con l’aiuto di dispo-sitivi di localizzazione e immobilizzazione(caschi stereotassici) e sistemi di collimazio-ne adeguati, è possibile effettuare trattamen-ti mono- o multi-frazionati su bersagli di pic-cole dimensioni; questo tipo di trattamentipermette di rilasciare una certa dose al ber-saglio con una precisione geometrica dell’or-dine di 1 o 2 mm.

Con l’avvento dei sistemi di localizzazionedi grande precisione non invasivi, come isistemi guidati mediante immagini, si ècominciato ad effettuare trattamenti con effi-cacia e precisione tipiche della radiochirurgiadiluiti in più frazioni (solitamente 2 o 3); inquesto modo la dose rilasciata al target inogni frazione è dell’ordine di 5-8 Gy e la doseche i tessuti sani ricevono è molto inferiore aquella rilasciata dalla radiochirurgia in sedu-ta unica.

Lo scopo principale del presente lavoro èmisurare la dose periferica nei trattamentiche utilizzano l’acceleratore CyberKnife in-stallato presso il Centro Diagnostico Italianodi Milano che collabora con l’I.R.C.C.S. Istitu-to Neurologico “C. Besta” di Milano nell’am-bito di un progetto clinico gestionale.

Il sistema CyberKnife è costituito da unacceleratore lineare compatto che emettefotoni con energia di 6 MV montato su di unbraccio robotico. Il braccio robotico delCyberKnife permette di muovere con 6 gradidi libertà la testata dell’acceleratore, con lapossibilità di conformare la dose al volumebersaglio utilizzando fino a 1200 posizioni diirraggiamento diverse, permettendo di tratta-re con accuratezza lesioni localizzate in qual-

siasi sede del corpo. Il sistema è provvisto di2 rivelatori flat panel che riproducono dueradiogrammi del paziente prima dell’irraggia-mento, i quali vengono confrontati con leimmagini digitali ricostruite dalla TC utilizza-ta per la pianificazione.

Questo permette di valutare gli scosta-menti tra la posizione reale del paziente equella utilizzata per la pianificazione, chevengono corretti dal robot.

Sebbene la dose sia concentrata sul targetè inevitabile che parte di essa venga rilascia-ta anche a strutture esterne al target. Questadose, detta dose periferica, ha più compo-nenti: può essere rilasciata dalla radiazione difuga dalla testata della acceleratore (leakageradiation) e dalla radiazione diffusa dallastrumentazione e dal corpo del paziente; inol-tre, nel caso in cui i fasci radianti provenga-no da direzioni oblique e sagittali, la radiazio-ne in entrata e in uscita può andare a colpireorgani a rischio (OAR) anche lontani dal tar-get tumorale [1, 2].

In questo lavoro sono state misurate econfrontate le dosi periferiche rilasciatedurante un trattamento CyberKnife intracra-nico su una lesione a livello del seno caver-noso prima e dopo l’applicazione di un anel-lo schermante la radiazione di fuga sull’acce-leratore.

Materiali e metodiInizialmente si sono effettuate valutazioni

per verificare il peso delle componenti delladose periferica.

Un fantoccio formato da una testa antro-pomorfa (Theodor Accuray Phantom) e dastrati di acqua solida per simulare il resto delcorpo è stato irraggiato con l’acceleratoreCyberKnife a diverse angolazioni e con i vari

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collimatori (0-60 mm) e la dose è stata misu-rata tramite camera a ionizzazione tipo Far-mer posizionata in corrispondenza dellegonadi e della tiroide di una persona stan-dard.

In seguito un trattamento di radioterapiastereotassica è stato eseguito su un fantoccioantropomorfo Alderson-Rando, utilizzandol’acceleratore.

Per pianificare il trattamento si sonoacquisite 190 immagini TC dello spessore di1.25 mm dei primi 10 strati del fantoccio,sulle quali sono stati disegnati il target, coin-cidente con una lesione a livello del senocavernoso, e gli organi a rischio: i nervi otti-ci e la tiroide. Il sistema di pianificazione Mul-tiplan del CyberKnife utilizza un software dipianificazione inversa, per cui una volta asse-gnata la dose al target e i limiti di dose agliorgani critici, il sistema propone una soluzio-ne di irraggiamento. E’ stato simulato un trat-tamento di radioterapia stereotassica, in cui èstata prescritta al target una dose di 5 Gyall’isodose del 70%.

Tutte le misure sono state effettuate posi-zionando dosimetri a termoluminescenza(TLD) in determinate zone del fantoccio cor-rispondenti al target e agli organi a rischio. Inquesto lavoro sono stati utilizzati dei dosime-

tri a termoluminescenza (LiF 100) che pre-sentano le caratteristiche più adatte per lamisura di dose, in quanto danno una rispostalineare nell’intervallo di misura di interesse. Idosimetri sono stati inseriti negli strati 2, 8,14, 19, 23, 32 e 34 del fantoccio, in corri-spondenza del target e dei nervi ottici destroe sinistro (strato 2), della tiroide (strato 8),dello sterno (strato 14), del polmone supe-riore (strato 19), del polmone inferiore (stra-to 23), delle gonadi femminili (strato 32) e diquelle maschili (strato 34).

Ogni trattamento è stato ripetuto duevolte, per poterne valutare la riproducibilità.

La taratura e la misura del fattore di sen-sibilità intrinseco dei TLD, oltre alla successi-va misura di dose, sono state fatte presso illaboratorio di Radioprotezione del CESNEFdel Politecnico di Milano.

L’errore nella lettura del TLD è del 5%,mentre l’errore di posizionamento dei TLD èstato stimato essere minore di 2 mm.

Sono stati eseguiti due trattamenti, unoprima e uno dopo l’applicazione di un anelloschermante sulla testata dell’acceleratore,entrambi i trattamenti sono stati eseguiti conil collimatore da 20 mm.

I parametri dei due piani sono riportati intabella I.

Volume Dose di Isodose di U.M* totali C.I.** H.I.*** Coperturatarget prescrizione prescrizione del target(cc) (Gy)

Piano tratt A(CK 15 5 70 % 2030 1.55 1.45 95 %pre anello)

Piano tratt B(CK post 15 5 70 % 2530 1.29 1.45 97.75 %anello)

* U.M.: Unità Monitor** C.I.: Conformity Index***H.I.: Homogenity Index

Tabella I: parametri dei piani di trattamento effettuati con CyberKnife su una lesione del seno cavernoso, prima e dopo l’applicazione dell’anello schermante

Poiché la dose periferica può essere origi-nata anche da fasci in entrata o in uscita checolpiscono organi anche relativamentedistanti dalla lesione, nella pianificazione si èavuto cura di escluderli.

Risultati e Discussione

Lo studio preliminare condotto per verifi-care il peso delle componenti della dose peri-ferica, ha mostrato che, per quanto riguardala dose alle gonadi, il contributo alla dose

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Fisica in Medicina - 3/2008

Strato dist dal target lungo CK senza anello CK con anello Dose con/Rando posizione l’asse cranio- dose dose dose

caudale (cm) (mGy) (mGy) senza anello

8 tir sx 15.5 55 21.9 0.408 tir dx 15.5 55 19.9 0.368 tir sup 15.5 45 19.2 0.4314 sterno ant 30.5 30 9.25 0.3114 sterno post 30.5 25 8.9 0.3619 polm dx ant 43 20 8.9 0.4519 polm sx ant 43 20 8.6 0.4319 polm dx post 43 15 6.6 0.4419 polm sx post 43 15 6.8 0.4523 polm inf dx 53 15 8.8 0.5923 polm inf sx 53 15 7.8 0.5232 gonade dx f 75.5 10 6.3 0.6332 gonade sx f 75.5 10 5.7 0.5734 gonade dx m 80.5 10 5.9 0.5934 gonade sup m 80.5 10 5.8 0.5834 gonade sx m 80.5 10 5.9 0.59

Tabella II: valori di dose misurati, nei punti di interesse a diverse distanze dal target, nei trattamenti effettuati con CyberKnife su una lesione del seno cavernoso,

prima e dopo l’applicazione dell’anello schermante

I valori alti di dose periferica misuratiprima dell’applicazione dell’anello scher-mante alla testata dell’acceleratore hannoconfermato i dati presenti in letteratura suquesto argomento [2, 3]. Questi studi hannocontribuito alla decisione da parte dell’azien-da produttrice di applicare un anello di tung-steno attorno al collimatore secondario del-l’acceleratore del CyberKnife, su tutti gliapparecchi già in uso nei vari ospedali perridurre la radiazione di fuga.

La differenza tra le dosi periferiche è infat-ti imputabile unicamente alla presenza dell’a-nello schermante, per cui la riduzione puòessere ricondotta alla diminuzione dellaradiazione di fuga dalla testata dell’accelera-tore. La riduzione entro 30 cm dal target,

dove le dosi assolute sono più alte, va dal 60al 70%; a distanze superiori ai 70 cm la ridu-zione si aggira attorno al 40%.

Questo andamento è dovuto alla geome-tria dell’anello schermante, posto a valle delcollimatore primario rispetto al fascio. Inquesto modo viene schermata maggiormen-te la radiazione di fuga più prossima all’assedel fascio.

Petti et al. [2] hanno pubblicato i risultatidelle misure delle dosi periferiche eseguite suun fantoccio Rando durante il trattamento diuna lesione encefalica a livello frontale, effet-tuato con un acceleratore CyberKnife primadell’applicazione dell’anello di tungsteno. Ivalori registrati dai dosimetri da noi inseritinella zona pelvica del fantoccio e normalizza-

totale dovuto alla radiazione di fuga è supe-riore al 95%. Per quanto riguarda la tiroide laproblematica è più complessa, in quanto ilcontributo della dose periferica alla dosetotale dipende fortemente dalla posizioneassunta dal robot, variando dal 100% a quasi0. Per la maggior parte delle direzioni il con-

tributo di diffusa resta comunque preponde-rante.

Per quanto riguarda le dosi periferichedovute ad un trattamento di radioterapia ste-reotassica su un fantoccio antropomorfoAlderson-Rando, i risultati sono riportati nellatabella II.

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te per le unità monitor erogate sono inaccordo con quelli trovati nel lavorosopra citato. A queste distanze dal targetprevale la dose di leakage, per cui i datiottenuti confermano l’entità del contribu-to della radiazione di fuga dalla testatadell’acceleratore. Sempre confrontando idue lavori si osserva che le dosi nei puntipiù vicini al target presentano differenzemaggiori, in quanto a queste distanzeprevalgono altri contributi alla dose peri-ferica, dipendenti dal piano di trattamen-to.

Zytkovicz et all hanno effettuatomisure simili prendendo in considerazio-ne un trattamento all’occhio conCyberKnife prima e dopo l’applicazionedell’anello.

Nella figura 1 sono riportati i valori didose, in funzione della distanza dal tar-get, misurati durante il trattamento effet-tuato prima dell’applicazione dell’anelloschermante. I dati sono interpolati dallacurva y-1 = a + bx + cx3, con a = 1.36·10-4,b = 1.16·10-3, c = 2.04·10-8.

Il coefficiente di correlazione è pari a0.9999.

Nella figura 2 sono riportati i valori didose, in funzione della distanza dal tar-get, misurati durante il trattamento effet-tuato dopo l’applicazione dell’anelloschermante. I dati sono fittati dalla curvay = a + blnx + c/lnx + d(lnx)2 + e/(lnx)2

+ f(lnx)3, con a = 7036.37, b = -1131.33,c = -18576.80, d = 58.00, e = 18025.80,f = 1.35.

Il coefficiente di correlazione è pari a0.9999.

La stima del rischio di induzione deldanno da radiazione può essere effettua-ta utilizzando il modello proposto dall’I-CRP [4]. In realtà, i valori presentati dal-l’ICRP, basati sul modello lineare senzasoglia, sono stati calcolati per avere unriferimento concreto nella valutazionedei rischi e dei benefici legati ad una pra-tica e presentano un’incertezza elevata;la stessa Commissione sconsiglia diusarli per deduzioni a priori del manife-starsi di un danno stocastico. Ciò nono-stante, i risultati ottenuti dall’applicazio-ne di modelli di questo tipo rimangonol’unico parametro per stimare il rischio diinduzione di tumore e di danno genetico

Fig 1. Valori di dose periferica rilasciati nel trattamentoeffettuato con CyberKnife su una lesione del senocavernoso in funzione della distanza dal target, primadell’applicazione dell’anello schermante. I dati sonointerpolati con la curva y-1 = a + bx + cx3

Fig 2. Valori di dose periferica rilasciati nel trattamentoeffettuato con CyberKnife su una lesione del senocavernoso in funzione della distanza dal target, dopol’applicazione dell’anello schermante. I dati sono inter-polati dalla curva y = a + blnx + c/lnx + d(lnx)2 +e/(lnx)2 + f(lnx)3

causati da basse dosi da radiazione e per questomotivo verranno utilizzati in questa sede per unavalutazione di questi effetti negli organi a rischiopresi in esame. Se si considera, come nel caso danoi valutato, un trattamento in cui è stata prescrit-ta una dose di 5 Gy all’isodose di riferimento del70% per 4 sedute di radioterapia, i rischi dedottidal modello ICRP attribuibili alle dosi ricevute neltrattamento CyberKnife sono quelli riportati intabella III.

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Fisica in Medicina - 3/2008

Tabella III: stima del rischio di induzione di effetti stocastici (induzione di tumore e di effetti ereditari) per i trattamenti effettuati con CyberKnife

su una lesione del seno cavernoso, prima e dopo l’applicazione dell’anello schermante

Rischio nominale (casi per 10000 persone trattate)

tessuto CK senza anello CK con anello

totale fatali non fatali totale fatali non fatali

Tiroide 7.3 0.5 6.8 2.8 0.2 2.6Polmone 7.5 6.7 0.8 3.6 3.2 0.4Ovaio 0.44 0.25 0.19 0.25 0.14 0.19Gonadi 0.8 0.64 0.16 0.5 0.4 0.1(eff ereditari)

Ricordiamo che il rischio maggiore di svi-luppare tumori radioindotti è ovviamentenelle zone vicine alla lesione trattata [5], conprobabilità che superano di oltre un ordine digrandezza quelle riportate in tabella III.

ConclusioniL’installazione dell’anello di tungsteno

sulla testata dell’acceleratore CyberKnife hapermesso di ridurre la dose periferica rila-sciata durante il trattamento di una lesione alivello del seno cavernoso mediamente del50%. La riduzione maggiore (70%) è statatrovata a livello dello sterno, la riduzioneminore (circa il 40%) a livello delle gonadi.La dose in eccesso erogata dal CyberKnifenel corso del trattamento può essere consi-derata “bassa dose”, perché è ampiamente aldi sotto di qualsiasi soglia per effetti determi-nistici. L’applicazione dell’anello schermanteè utile a contenere le dosi periferiche e quin-di a diminuire la probabilità che si manifesti-no gli effetti di tipo stocastico [6, 7, 8].

Come sviluppo del presente lavoro verràvalutata l’eventuale dipendenza della doseperiferica dalla posizione della lesione ence-falica e verrà effettuato un confronto con ledose periferiche erogate da altre apparec-chiature radioterapiche dedicate alla radio-chirurgia.

Bibliografia1. M. Majali, J. Novotny, J. Novotny Jr :

Measurement of the peripheral doses for linacstereotactic radiotherapy.Radiat. Prot. Dosim. 106: 247-252 (2003)

2. P. L. Petti, C. F. Chuang, V. Smith, D. A. Lar-son:Peripheral doses in CyberKnife radiosurgeryMed. Phys. 33: 1770-1779 (2006)

3. A. Zytkovicz, I. Daftari, T. L. Phillips, C. F.Chuang, L. Verhey, P. L. Petti:Peripheral dose in ocular treatments withCyberKnife and Gamma Knife radiosurgerycompared to proton radiotherapyPhys. Med. Biol. 52: 5957-5971 (2007)

4. International Commission of Radiation Protec-tion (ICRP):The 2007 Recommendations of the Interna-tional Commission on Radiological ProtectionPergamon Press, Annals of the ICRP 37: 1-332 (2007)

5. W. Dörr, T. Herrmann:Cancer induction by radiotherapy: dosedependence and spatial relationship to irradi-ated volumeJ. Radiol. Prot., 22, A117-A121 (2002)

6. Report in Brief: BEIR VII: health risks from exposure to lowlevels of ionizing radiationThe National Academies, 2005

7. D. J. Brenner, R. Doll, D. T. Goodhead, E. J.Hall, C. E. Land, J. B. Little, J. H. Lubin, D. L.Preston, R. J. Preston, J. S. Puskin, E. Ron, R.K. Sachs, J. M. Samet, R. B. Setlow, M. Zaider:Cancer risk attributable to low doses of ioniz-ing radiation: assessing what we really know?PNAS 100: 13761-13766 (2003)

8. E. Claridge Mackonis, N. Suchowerska, M.Zhang, M. Ebert, D. R. McKenzie, M. Jackson:Cellular response to modulated radiationfieldsPhys. Med. Biol. 52: 5469-5482 (2007)

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ICRP 103. Un tema da approfondire:i coefficienti di rischio e di detrimento

(G. Trenta – AIRM)

IntroduzioneIl lavoro a più mani condotto per più di 6

anni in modo certamente democratico, peressere stato offerto alla critica del mondodella radioprotezione onde raccogliere osser-vazioni, contrastanti posizioni e suggerimen-ti, per dar corpo alle nuove Raccomandazio-ni, si è recentemente concluso. Lo scopodichiarato era quello della semplificazione diun edificio dottrinario che da più parti erastato definito “complesso”.

Chi si avvicina per la prima volta alle altre,ma soprattutto a questa Pubblicazione n. 103della ICRP, non può non rilevare la comples-sità delle operazioni che vengono attuate pergiungere alla individuazione di quegli ele-menti numerici che sono i coefficienti dirischio, lo strumento base per attuare laradioprotezione. Dall’insieme di queste ope-razioni e dalle ipotesi che li sottendono, puòanche rendersi conto del perché la Commis-sione insiste nel dire che tali numeri non pos-sono essere assunti in modo acritico e sem-plicistico per valutare il numero di morti “aposteriori”, ma che piuttosto hanno un signi-ficato decisamente ed esclusivamente di pre-venzione, per l’attuazione dei principi cardinedella Radioprotezione: la giustificazione e,soprattutto, l’ottimizzazione, e che quindicostituiscono strumenti “a priori” nel proces-so di tutela dai rischi. Tanto che, sulla base diqueste evidenze, la stessa “dose collettiva”trova una sua ben precisa limitazione, e laCommissione le toglie, si spera definitiva-mente, quel ruolo divinatorio, proprio dell’a-ruspicina, di morie collettive, non solo attri-buite ai disastri nucleari (es.:1, 2), ma ancheal più utile degli impieghi delle radiazioniionizzanti: quello diagnostico (es.: 3).

Se lo scopo dichiarato dalla ICRP nellaemanazione delle nuove Raccomandazioniera quello di “semplificare”, lo scopo nasco-sto era quello di “aggiornare” i coefficientifisici e soprattutto biologici che compaiononelle grandezze di radioprotezione: doseequivalente e dose efficace. Questo aggior-

namento trova ampio spazio nei due allegatidedicati agli aspetti biologici e agli aspettifisici, allegati che sottendono tutto l’edificio.

L’ipotesi portanteSe molti ed autorevoli sono stati i lavori

che in questi ultimi anni hanno sostenuto lavalidità dell’ipotesi lineare senza soglia (LNT)(es.: 4, 5, 6) e poche le citazioni dei sosteni-tori di ipotesi contrastanti (es.: 7, 8), va rico-nosciuta all’ICRP l’avvedutezza di tirarsi fuoridalla mischia (anche se la Commissione par-teggia per la LNT) dicendo che l’ipotesi ècertamente valida per i fini della Radioprote-zione, ritornando a quella posizione che perprima ha introdotto quel criterio che, in altricontesti, è oggi il tanto invocato “principio diprecauzione”. È quindi questo il punto cardi-ne che consente di riferirsi ai dati che l’epi-demiologia fornisce per esposizioni elevate(certamente maggiori di 100 mSv) per impo-stare una razionale prevenzione anche abasse dosi. La Commissione si era preparatail terreno per poter seguire questa strada conla Pubblicazione 99 (9), rilevando che ancor-ché ci siano riconosciute eccezioni, per i finidella Radioprotezione, il peso dell’evidenzaderivante dai processi cellulari fondamentaliassociati con i dati dose-risposta, supportanoil punto di vista che nel range delle bassedosi, sotto 100 mSv, è scientificamenteragionevole assumere che l’incidenza di can-cro e di effetti ereditari cresca in proporzionediretta con la dose.

Pertanto il sistema pratico della protezio-ne raccomandato dall’ICRP continua ad esserbasato sull’assunzione che, a dosi inferiori acirca 100 mSv, un dato incremento di doseproduca un incremento direttamente propor-zionale alla probabilità di incorrere in tumorio in effetti ereditari, in accordo con:UNSCEAR 2000, NCRP 2001 (Pub. 136) eBEIR VII. La migliore interpolazione dei datisull’eccesso di rischio relativo in funzionedella dose: D, è ottenuta dalla seguenteespressione:

ERR(D) = αD • (1 + βD) • Exp(-γD - δD2)

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Fisica in Medicina - 3/2008

nella quale α,β,γ e δ sono specifici parametri.

La ICRP precisa chiaramente che l’ipotesiLNT è per i fini della radioprotezione e per-tanto non rigetta aprioristicamente altre ipo-tesi (The Commission consider that .. LNT …provides a prudent basis for the practical pur-poses of radiological protection).

Tuttavia, mentre l’LNT resta scientifica-mente plausibile nel sistema pratico di radio-protezione, l’informazione biologica di verifi-ca dell’ipotesi è improbabile che sia vicina(“w hilst the LNT remains a scientificallyplausible element in its practical system ofradiological protection, biological/epidemio-logical information that w ould unambiguous-ly verify the hypothesis that underpins themodel is unlikely to be forthcoming”). Ripe-tendo quanto già accennato nella precedentepremessa, L’ICRP precisa soprattutto che, acausa di queste incertezze sugli effetti allebasse dosi, non è appropriato, per gli scopiformali della salute pubblica, calcolare ilnumero ipotetico di malattie ereditarie o ditumori che possono essere associati a dosi diradiazioni molto piccole ricevute da un gran-de numero di soggetti in un periodo di tempomolto lungo. (“Because of this uncertainty onhealth effects at low doses the Commissionjudges that is not appropriate, for the purpos-es of public health planning to calculate thehypothetical number of cases of cancer orheritable disease that might be associatedw ith very small radiation doses received bylarge numbers of people over very long peri-ods of time”).

Fatta salva così la base dottrinaria, l’at-tenzione è stata rivolta a temi importanti, mameno impegnativi e dirompenti in relazioneall’impianto generale delle Raccomandazioniprecedenti. Tra questi l’altro “puntello” fon-damentale della dottrina, ormai collaudatodal 1977, era quello del “Sistema”. Sarebbestato un vero peccato rinunciare al “Sistemadi protezione radiologica” o meglio ad un suoassottigliamento, come sembrava di rilevaredal primo draft dato alle stampe per racco-gliere commenti e critiche nel 2005. Le criti-che hanno sortito l’effetto voluto e il “Siste-ma” ha riacquistato la sua prima “gamba”:quella della giustificazione. Ripristinato quin-di il “Sistema di protezione radiologica” con isuoi tre principi (giustificazione, ottimizzazio-ne e limitazione), enunciati peraltro in manie-ra più semplice, lo sforzo successivo è stato

quello di: riordinare la materia, semplificaredove possibile e riformulare gli elementiquantitativi alla luce delle nuove acquisizionibiologiche e fisiche al fine di fornire unappropriato livello di protezione agli individuie all’ambiente senza limitare in modo indebi-to le attività umane utili che fanno uso delleradiazioni.

L’azione semplificatrice ha riguardato l’in-dividuazione di un concetto, quello di “dosecontrollabile”. L’intento era di applicare adesso il “Sistema di protezione radiologica” inquanto tale concetto è comprensivo di tuttele possibili situazioni espositive nelle qualil’individuo riceve una dose: pianificate, diemergenza, preesistenti, potenziali, lavorati-ve, mediche, del pubblico; controllo attuabilecon strumenti riferiti alla sorgente o all’indivi-duo e applicando i concetti di limite, di vin-colo e di livello sia per le attività riferite alle“pratiche” che agli “interventi”, distinzioneche, nelle logica della “dose controllabile”,diviene pleonastica.

Come si vede si è trattato di “aggiusta-menti”, che non hanno certo modificato inmodo rilevante e tale da giustificare l’emana-zione di una nuova “Raccomandazione”.Come accennato più sopra, sembra piuttostodi individuare la motivazione di questoaggiornamento nella esigenza di rivalutazio-ne e riscrittura di due tabelle: quella dei coef-ficienti nominali di rischio per effetti stocasti-ci (e quindi del detrimento) e quella dei coef-ficienti di peso delle radiazioni. A queste, perla verità, va aggiunta l’esigenza di renderepiù manifesto l’interesse della Commissioneper i problemi di tutela dell’ambiente nei con-fronti delle radiazioni ionizzanti.

La prima motivazione trova ampia collo-cazione nell’allegato A delle Raccomandazio-ni che è dedicato alla raccolta delle informa-zioni biologiche ed epidemiologiche, allevalutazioni e alla conseguenti operazioni diattribuzione al lavoratore ed alla popolazionegenerale del rischio sanitario dovuto all’e-sposizione. Ciò ha comportato un riesamedelle informazioni di radiobiologia cellulare etissutale e delle informazioni di radioepide-miologia maturate quasi in un ventennio tra-scorso dalle Raccomandazioni del 1990. Larevisione dei coefficienti di rischio e di detri-mento, il riassestamento della scala diradioinducibilità oncogena e i nuovi fattori dipeso dei tessuti costituiscono gli aspetti suiquali qui viene fissata l’attenzione.

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2633/2008 - Fisica in Medicina

I criteri di scelta per gli effetti stocasticisomaticiL’esame dei dati a livello molecolare e

cellulare, in assenza di indicazioni a livelloepidemiologico, costituisce un indubbiopunto di partenza, quanto meno, per inter-pretare ciò che avviene alle piccole dosi alfine di ottenere delle convalide o smentitecirca la possibile presenza o meno di ele-menti giustificativi del processo cancerogenodelle radiazioni. Vengono così chiamati incausa ed analizzati tutti quei fenomeni che alivello molecolare possono far pendere labilancia da una parte o dall’altra; tra questi:la soglia, la risposta adattatativa, l’apoptosi,la trasduzione del segnale, i fenomeni epige-netici dell’instabilità genomica indotta e del-l’effetto “bystander”, la sopralinearità, lariparazione del DNA.

Alla fine la Commissione conclude che“there are at present no good scientific rea-sons to include the possibilities of supra-li-near dose responses or of a low dose thresh-old in cancer risk calculations for the pur-poses of radiological protection”. Più in par-ticolare per quanto riguarda la soglia, laCommissione rileva che l’analisi quantitativadelle incertezze condotta nel capitolo 6 dellaPubblicazione 99 (9) ha portato a valutareche “l’introduzione dell’incerta possibilità diuna soglia è risultata equivalente a quello diun incerto aumento del valore del DDREF,cioè, semplicemente una variazione sul risul-tato ottenuto ignorando la possibilità di unasoglia”, come dire che una incertezza com-pensa un’altra incertezza. Pertanto, “on thisbasis it is recommended that the LNT model,combined with a judged value of DDREF forextrapolation from high doses, remains aprudent basis for the practical purposes ofradiological protection at low doses and lowdose rates”.

Non resta pertanto che fare affidamentosui dati epidemiologici provenienti dallemigliori e più attendibili serie di esposti aradiazioni.

La serie epidemiologica migliore è quel-la del LSS.

Ancorché le dosi siano stimate e nonmisurate e varie valutazioni dosimetriche sisiano succedute nel tempo, a partire dalla TD65 fino alla DS02, portando a successivecorrezioni, che queste siano basate sulle indi-cazioni anamnestiche degli esposti, che laricostruzione dello scenario ambientale e difall-out sia necessariamente approssimativao assente, che la dose sia stata somministra-ta in forma acuta, la serie degli esposti alleesplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki(il così detto Life Span Study, LSS), rappre-senta la serie più indicativa sugli effetti delleradiazioni. Il motivo è rappresentato dallanumerosità del campione, dalla possibilità diaggregazione degli esposti in funzione del-l’età all’esposizione, dell’età alla morte o alladiagnosi, della distanza dal “ground-zero” equindi della possibilità di valutare la dosenella regione centrale dell’individuo, cioè alcolon; non solo, ma la valutazione di dose alcolon, consente poi di inferire modellistica-mente anche la dose ad altri organi, permet-tendo così di ottenere i così detti “coefficien-ti primari di rischio” per le varie aggregazioni(10).

Nella Tabella 1 è riportata la distribuzionedei soggetti, dei tumori solidi e delle stime dieccesso di tumori associati a radiazioni tra79901 esposti del LSS come riportato nellaPubblicazione 99 della ICRP (9). In particola-re la Commissione per effettuare le valutazio-ni di rischio con i modelli adottati, utilizza,per la maggior parte degli organi, i dati diincidenza derivati dagli studi del LSS con unfollow-up dal 1958 al 1998 riportati in (11).

Per la tiroide la Commissione ha preferitoconsiderare le serie epidemiologiche derivan-ti da esposizioni mediche (12), mentre per lapelle e per l’osso ha fatto riferimento a sueprecedenti pubblicazioni (Pubblicazione 59 ePubblicazione 60). Vengono tuttavia presi inconsiderazione, se non altro per raffronto,anche i risultati di altre serie epidemiologiche(lavorative, mediche e ambientali).

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Fisica in Medicina - 3/2008

Dose al colon (stimata) Numero di Numero di Numero stimatosoggetti tumori solidi di tumori in eccesso

associati a radiazioni*

Esposti al di là di 3000 m 23493 3230 0 <5 mGy, esposti entro 3000 m 10159 1301 1 5-100 mGy 30524 4119 77 100-200 mGy 4775 739 60 200-500 mGy 5862 982 164

0,5-1 Gy 3048 582 177

1-2 Gy 1570 376 165

>2Gy 470 126 80

* Valori interpolati con relazione dose-risposta lineare

Tab. 1 – Distribuzione dei soggetti, dei tumori solidi e delle stime di eccesso di tumori associati a radiazioni tra 79901 esposti del LSS

In ogni caso sono stati preferiti i dati deri-vanti da studi di coorte, rispetto a quelli deri-vanti da studi caso-controllo, in quanto:- in questi ultimi sono maggiori gli errori

sistematici (biases),- le dosi sono estremamente incerte

(ricordi personali assenza di documenta-zione).

Quindi o LSS (nel quale le dosi pur conincertezze, sono valutabili e quindi più atten-dibili), o analisi aggregate (tiroide), o sorgen-ti di dati già consolidati ed accettati dallaCommissione (osso, pelle).

La “incidenza” è migliore della “mortalità”L’istituzione dei registri tumori in Giappo-

ne è avvenuta alla fine degli anni ’50 fornen-do così informazioni limitate nel temporispetto a quelle dei registri di mortalità(1950-1997) anche se va rilevato che iltempo tagliato è quello dei primi anni dopol’esposizione, quando l’incidenza oncogena,almeno per i tumori solidi, è ancora in fase dilatenza. Sostanzialmente quindi i dati di inci-denza possono aver perso alcuni casi di leu-cemia, ma pochi tumori solidi radioindotti. Incompenso considerando l’incidenza anzichéla mortalità, si può rilevare che: - si può perdere solo qualche caso di leu-

cemia, che però all’epoca era mortale,- non sfuggono i tumori non fatali,- ci sono minori errori di classificazione,- non si ha perdita di casi per causa di

morte diversa dal tumore,

- c’è una migliore indicazione di tumori insedi con mortalità relativamente bassa,

- i dati forniscono il rischio per: esofago,stomaco, colon, fegato, mammella,ovaio, vescica, midollo, altri tumori solidi.

DDREF = 2 L’altro punto di notevole impatto sulla

valutazione del rischio a basse dosi è rappre-sentato dal criterio attraverso il quale i datidel LSS vengono “adattati” alle esposizioni abassi ratei di dose e a basse dosi. Viene a talfine introdotto un fattore (che poi è un divi-sore): Dose and Dose Rate EffectivenessFactor (DDREF) che a suo tempo l’UNSCE-SR (13), sulla base di esperimenti animali,aveva valutato tra 2 e 10, che per l’uomo hastimato pari a 3 (14) e che l’ICRP, come giànella Pubblicazione 60 (15) seguita ad assu-mere pari a 2. La Commissione nota esplici-tamente che il BEIR VII (16) assume, per lesue valutazioni, un valore pari a 1,5 valoreche chiaramente incrementa l’entità delrischio.

Le stime di rischio e il detrimentoLo scopo della Commissione è quello di

giungere ad un valore di portata e accetta-zione universale che indichi quale possaessere, per i fini della radioprotezione, l’entitàdel rischio stocastico. Per giungere a taleobiettivo vanno compiuti vari passaggi sepa-ratamente per i lavoratori e per la popolazio-ne generale: assunzione di varie e plausibili,ipotesi, interpretazione modellistica dei dati

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2653/2008 - Fisica in Medicina

epidemiologici, adozione di specifici modelliper la proiezione del rischio su tutta la vita eper il trasferimento tra popolazioni rappre-sentative opportunamente scelte, apporzio-namento tra i vari organi e tessuti, mediazio-ni tra le varie popolazioni e tra i sessi. Un pro-cesso che l’ICRP segue come già fatto nella

pubblicazione 60, ma partendo dall’incidenzae non più dalla mortalità. Dall’insieme diqueste operazioni l’ICRP ottiene i valori ripor-tai nelle Tabelle che seguono (Tab.2 e 3),riferite alla popolazione in generale e ai lavo-ratori.

Tessuto Coef.Nom. Frazione Rischio Vita rela- Detri- Detri-rischio di letalità nominale tiva mento mento

Casi per k corretto persa relativo10-4 Sv-1 R l

Esofago 15 0,93 15,1 0,87 13,1 0,023 Stomaco 79 0,83 77,0 0,88 67,7 0,118 Colon 65 0,48 49,4 0,97 47,9 0,083 Fegato 30 0,95 30,2 0,88 26,6 0,046 Polmone 114 0,89 112,9 0,80 90,3 0,157 Osso 7 0,45 5,1 1,00 5,1 0,009 Pelle 1000 0,002 4,0 1,00 4,0 0,007 Mammella 112 0,29 61,9 1,29 79,8 0,139 Ovaio 11 0,57 8,8 1,12 9,9 0,017 Vescica 43 0,29 23,5 0,71 16,7 0,029 Tiroide 33 0,07 9,8 1,29 12,7 0,022 Midollo osseo 42 0,67 37,7 1,63 61,5 0,107 Altri solidi 144 0,49 110,2 1,03 113,5 0,198 Gonadi (Ereditari) 20 0,80 19,3 1,32 25,4 0,044

Totale 1715 565 574 1,000

Tab. 2 – Popolazione

Tab. 3 – Lavoratori

Tessuto Coef.Nom. Frazione Rischio Vita rela- Detri- Detri-rischio di letalità nominale tiva mento mento

Casi per k corretto persa relativo10-4 Sv-1 R l

Esofago 16 0,93 16 0,91 14,2 0,034 Stomaco 60 0,83 58 0,89 51,8 0,123 Colon 50 0,48 38 1,13 43,0 0,102 Fegato 21 0,95 21 0,93 19,7 0,046 Polmone 127 0,89 126 0,96 120,7 0,286 Osso 5 0,45 3 1,00 3,4 0,008 Pelle 670 0,002 3 1,00 2,7 0,006 Mammella 49 0,29 27 1,20 32,6 0,077 Ovaio 7 0,57 6 1,16 6,6 0,016 Vescica 42 0,29 23 0,85 19,3 0,046 Tiroide 9 0,07 3 1,19 3,4 0,008 Midollo osseo 23 0,67 20 1,17 23,9 0,057 Altri solidi 88 0,49 67 0,97 65,4 0,155 Gonadi (Ereditari) 12 0,80 12 1,32 15,3 0,036

Totale 1179 423 422 1,000

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Fisica in Medicina - 3/2008

Fig. 1 – Rappresentazione grafica dell’eccesso di rischio relativo e assoluto in funzione dell’età

Sulla base di quanto detto le due tabellemeritano qualche spiegazione e considera-zione.

La prima colonna riporta gli organi o tes-suti per i quali i dati epidemiologici indicanopiù chiaramente la presenza di un eccesso dirischio; tra questi compaiono gli effetti eredi-tari indicati come: gonadi. Vi è inoltre ungruppo di organi o tessuti per i quali le valu-tazioni di eccesso di rischio non sono cosìben evidenti e tali da poterli caratterizzareindividualmente; sono gli “altri solidi”, che,meglio, vengono chiamati dalla Commissio-ne come: “tessuti rimanenti”. Questi sono:surreni, regione respiratoria extratoracica,cistifellea, cuore, reni, linfonodi, muscolo,mucosa orale, pancreas, prostata, intestinotenue, timo, utero/cervice.

La seconda colonna riporta (indicati conR) i coefficienti nominali di rischio per l’inci-denza oncogena (o per gli effetti ereditari)riferiti a 10000 persone e a 1 Sv di dose equi-valente di esposizione. Sinteticamente essisono ottenuti a partire dai “coefficienti pri-mari di rischio” interpretati attraverso ilmodello moltiplicativo (ERR) o additivo(EAR). Detti modelli (dell’eccesso di rischio

relativo (ERR) e dell’eccesso di rischio asso-luto (EAR)), sono rappresentati, a titoloesemplificativo, dalla seguente formulagenerica, valida per la maggior parte deitumori solidi:

EAR = ERR = βs.D.exp(γe).aη

nella quale βs (con s indicante il sesso), γ eη sono opportuni coefficienti (con valoridiversi per i due modelli) i cui valori di “bestfit” sono ottenuti con regressione Poissonia-na, D è la dose assorbita, e l’età all’esposi-zione e a l’età alla diagnosi. Data l’età ormairaggiunta dai sopravvissuti giapponesi, i duemodelli conducono a descrizioni praticamen-te identiche dell’eccesso di rischio, come sipuò intuire dalla Figura 1 seguente. Tuttaviagli stessi modelli possono condurre a stime dirischio decisamente diverse se applicati apopolazioni con tassi di incidenza oncogenadi base molto diversa.

Nella tabella che segue (Tab. 4) sonoriportati i valori assunti dalla Commissioneper lo specifico modello ERR riferito alla inci-denza oncogena in alcuni tessuti.

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Sede Sesso ERR per Gy Età all’esposizione: Potenza dell’etàAll’età 70 per % di variazione in raggiunta per la qualeesposizione ERR per aumento ERR variaall’ età di 30 decennale dell’età

Tutti i solidi M 0,35 -17% -1,65F 0,58

Esofago M 0,40 -17% -1,65F 0,65

Stomaco M 0,23 -17% -1,65F 0,38

Colon M 0,68 -17% -1,65F 0,33

Fegato M 0,25 -17% -1,65F 0,40

Polmone M 0,29 + 17% -1,65F 1,36

Mammella F 0,87 0% -2,26Ovaio F 0,32 -17% -1,65Vescica M 0,67 -17% -1,65

F 1,10Tiroide M 0,53 -56% 0,00

F 1,05Altri M 0,22 -34% -1,65

F 0,17

Tab. 4. Coefficienti negli attuali modelli dell’ ERR basati sull’ incidenza di cancro

I modelli di rischio ora descritti sono statiquindi modificati per tener conto del DDREFassunto pari a 2.

Quindi i valori sono “trasferiti” a un grup-po “scelto” di 6 (o 7?) popolazioni: Shangai,Osaka, Hiroshima, Nagasaki, Svezia, UK,USSEER (SEER: Surveillance Epidemiologyand End Results, programma del NationalCancer Institute relativo all’incidenza onco-gena che comprende il 23% dei negri, il 40%degli Ispanici, il 42% degli Indiani e dei nati-vi dell’Alaska, il 53% degli asiatici, e il 70%degli Hawaiani). I tassi di base (incidenza emortalità) di queste popolazioni vengonoaggregati a loro volta in due raggruppamen-ti: la popolazione euroamericana e la popo-lazione asiatica come riportato nelle tabelleA.4.10 – A.4.17 del testo delle nuove Rac-comandazioni. Il fine di questa operazione eil successivo “trasferimento” del rischio èevidentemente quello di validare, dopomediazione, l’applicabilità dei risultati alivello mondiale (anche se molte altre nume-rose popolazioni vengono in realtà trascura-te). A tal fine va tenuto conto del fatto che levarie popolazioni hanno dei tassi di inciden-

za di base estremamente diversi in relazionealla presenza di modificatori del rischio inrelazione anche alle caratteristiche etniche egenetiche, ai tenori e alle abitudini di vita edelle connotazioni sociali. Per questo il tra-sferimento tra popolazioni viene attuatodalla ICRP adottando in parte il modelloadditivo e in parte il modello moltiplicativo,tenendo conto che il trasferimento moltipli-cativo risulta più plausibile se la differenzadei tassi tra le due popolazioni (quella giap-ponese e quella in cui avviene il trasferimen-to) è associata ad agenti promotori del pro-cesso oncogeno, viceversa che il modelloadditivo risulta più plausibile se la causa agi-sce come agente iniziatore. Pertanto l’effettodei due modelli viene opportunamentemodulato a secondo dell’oncotipo e dellepopolazioni, con il criterio illustrato nellaseguente formula:

ERRpop.i = p x ERRadd + (1 - p) x ERRmolt

con 0 ≤ p ≤ 1 e nella quale l’ERRmolt è egua-le all’eccesso di rischio relativo valutato nelLSS, cioé ERRLSS, mentre:

ERRadd = EARLSS/(tasso di basepop.i)

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Fisica in Medicina - 3/2008

nella quale al denominatore compare il tassodi base della popolazione sulla quale avvieneil trasferimento. I valori di p adottati dallaICRP sono i seguenti:• p=1 midollo osseo e mammella (cioè:

solo modello additivo)• p=0 tiroide e pelle (cioè: solo modello

moltiplicativo)• p=0,7 polmone (prevalenza del modello

addittivo, p=0,3 moltiplicativo)• p=0,5 tutti gli altri (esofago, stomaco,

colon, fegato, ovaio, vescica, ecc.) I valori ottenuti (che sono specifici per le

due popolazioni asiatiche ed euro-america-ne, per sesso, per età) vengono quindi utiliz-zati per calcolare le stime di rischio specificoesteso alla vita (tra 0 e 85 anni), utilizzando,ad esempio, la seguente espressione che for-nisce il rischio attribuibile esteso alla vita(LAR: Lafetime Attributable Risk):

nella quale:e età all’esposizione,L periodo di latenza,a età alla diagnosi (= e + L),

tasso di incidenza del tumore c all’età a,probabilità di sopravvivenza all’età a, condizionata alla sopravvivenza all’età e.

I risultati vengono poi mediati utilizzandopesi (non meglio specificati dalla ICRP) cheriflettono la ripartizione demografica dell’in-tera età di vita o dell’età lavorativa. Fattaanche questa operazione, l’ICRP somma idati ottenuti per i maschi e per le femmine edivide il risultato per 2 ottenendo i valoririportati nella seconda colonna della tabella2. L’analoga serie di valori per i lavoratoriviene ottenuta considerando che l’attivitàlavorativa, e quindi l’esposizione, inizia a 18anni e termina a 64 anni. Si tratta a questopunto del tasso di incidenza riferito a 10000persone, che, a seguito dell’esposizione adose unitaria, andranno incontro, nel corsodella vita, ad un evento oncologico nei varitessuti o organi. Come si vede il processo ècomplesso e sarebbe difficile ripetere per vianumerica la sequenza dei passaggi sopraindicati.

Nella terza colonna delle tabelle 2 e 3 è

indicata la frazione di mortalità indicata conk. Nella valutazione del detrimento infatti lacomponente principale è da attribuire allamortalità per effetti stocastici. Questa frazio-ne è ricavata dai dati epidemiologici degliultimi anni e certamente i progressi dellamedicina la modificheranno negli anni futuri.Un esempio di questo progresso lo si puòvedere confrontando i dati di questa colonnacon gli analoghi valori della tabella B-19della Pubblicazione 60. La riduzione di questofattore ha anche contribuito, anche se inmodo modesto, alla riduzione complessivadel detrimento.

Nella quarta colonna viene riportato ilrischio nominale per mortalità e qualità dellavita. Va precisato da prima il significato del-l’aggettivazione “nominale” che sta ad indi-care un valore teorico e non quello reale dellagrandezza in considerazione. Il rischio com-plessivo per ogni organo, già nella pubblica-zione 60, era valutato come l’insieme deitumori fatali (F) più i non fatali (NF), come:

RI,T = RF,T + RNF,T

Facendo quindi riferimento al singolo tes-suto T e introducendo la frazione di mortalità,kT, per un tumore in quel tessuto, il rischiocomplessivo RC,T dovuto agli effetti stocasticifatali e non fatali diviene:

RC,T = [kT.RI,T + (1-kT).RI,T]

Questa volta però la Commissione intro-duce un altro elemento: un fattore: q, chetiene conto del dolore, della sofferenza e diqualsiasi altro effetto negativo dovuto al trat-tamento, che, per sua definizione, riguarda itumori non mortali. Tenendo conto anche diquesto fattore la formula diviene:

RC,T = RI,T [(kT + qT(1-kT)]

Il valore da assegnare al coefficiente qT

(che nella Pubblicazione 60 era stato assun-to pari a k) viene ora dalla Commissione rap-presentato dalla espressione:

qT = qmin + k .(1-qmin)

nella quale qmin assume il valore 0 per lapelle e 0,1 per tutti gli altri organi. Pertanto laformula:

RC,T = RI,T [(kT +( qmin + k.(1-qmin)) (1-kT)]

fornisce il valore riportato nella colonna 4delle tabelle 2 e 3. (Va rilevato che per alcu-ni organi i valori di colonna 4, anche se per

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poco, non sono gli stessi di quelli forniti conla formula indicata dalla ICRP, ed è stranoche, con la correzione indicata, per qualcheorgano si abbia un rischio nominale modifi-cato superiore al coefficiente nominale dicolonna 1).

Nella quinta colonna viene riportata laperdita relativa di vita libera da cancro l, cherappresenta un altro termine importantenella definizione di detrimento. Per otteneretale valore, la Commissione ha impiegato lostesso criterio già impiegato nella Pubblica-zione 60, dividendo gli anni persi di vita atte-sa per ogni singolo tumore letale, per lamedia degli anni attesi di vita perduti per tuttii tumori presi in un sol gruppo. Anche in que-sto caso un raffronto dei valori di questacolonna con quelli della Tabella B-18 dellaPubblicazione 60, ci da una indicazione delprogresso della medicina negli ultimi anni, edi cui pertanto l’ICRP ha tenuto conto.

Nella sesta colonna delle tabelle 2 e 3 dicui sopra è infine riportato il valore del detri-mento riferito a ciascun organo o tessuto.Considerando allora tutte le componenti deldetrimento, si ottiene, per ogni organo o tes-suto l’espressione seguente:

DT = RC,T .lT = RI,T [(kT +( qmin + k .(1-qmin))

(1-kT)].lTQuindi, sulla base di quanto indicato fino

ad ora, il detrimento totale per una esposizio-ne unitaria a tutto il corpo, sarebbe dato dallasommatoria estesa su tutti i tessuti e organi,secondo l’espressione seguente:

il cui valore, secondo quanto riportato nelletabelle citate è di 5,74.10-2 Sv-1 per l’interapopolazione e 4,22.10-2 Sv-1 per i lavoratori.

Il detrimento di ogni singolo tessuto oorgano diviso per il detrimento totale fornisceinfine il valore riportato nella settima colon-na delle tabelle 2 e 3. L’ICRP riporta questivalori con tre cifre decimali e giustamenteprecisa, dopo tutto quanto si è detto sopra,che non sono un indice di precisione e diaccuratezza delle valutazioni, ma sempliciindici che servono ad indicare la suscettibilitàdei vari tessuti o organi agli effetti stocastici.Questi valori presi in modo grossolanamenteapprossimato, vengono raggruppati in 5 indi-catori numerici ed attribuiti ai 5 gruppi di

organi e tessuti dei quali costituiscono i lorofattori di ponderazione tissutale.

Tab. 5 – Fattori di ponderazione tissutale

Midollo, mammella (0,05), colon, polmoni, stomaco 0,12 (0,12)Vescica, esofago, fegato,tiroide 0,04 (0,05)Gonadi 0,08 (0,20)Superficie ossea, cervello, ghiandole salivari, pelle 0,01 (0,01)Tessuti restanti (14) (surreni, vie aeree estratoraciche, dotti biliari, cuore, reni,linfonodi, muscolo, 0,12 (0,05)mucosa orale, pancreas, prostata, tenue, milza, timo,cervice uterina)

TOTALE 1,00

I 5 raggruppamenti sono riportati nellatabella 5, nella quale, assieme ai valori deifattori di ponderazione delle nuove Racco-mandazioni, sono riporti, tra parentesi, i valo-ri dati dalla Pubblicazione 60.

Si può rilevare il salto in avanti fatto dallamammella (che seguita ad essere per metàfemminile e per metà maschile) e il saltoindietro fatto dalle gonadi (cioé dagli effettiereditari). Si può anche rilevare che il cervel-lo nell’CRP 60 era compreso tra “altri”, tra iquali ora compare la prostata con altre varia-zioni es: ghiandole salivari, ecc.

La stessa Commissione, se ce ne fossebisogno, rileva la complessità delle valutazio-ni, approssimazioni, supposizioni fatte pergiungere al traguardo riportato nella tabella 5e pertanto “The Commission … enphasizesthat w T is solely a radiation protection quan-tity and is not intended for other purposes”.

I criteri di scelta per gli effetti stocasticiereditariNell’esposizione precedente, gli effetti sto-

castici ereditari sono stati riportati comeeffetti stocastici relativi alle gonadi, essi nellarealtà forse sono tra i principali motivi chehanno indotto l’ICRP a rivedere le precedentiRaccomandazioni. Vi è stata infatti una pub-blicazione dell’UNSCEAR nel 2001 (17)dedicata agli effetti ereditari, ma anche unapubblicazione dell’ICRP stessa, la Pubblica-zione 83 (18), che hanno introdotto elementiconoscitivi dei quali l’ICRP non poteva non

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Fisica in Medicina - 3/2008

tener conto per correggere le proprie posizio-ni espresse nella Pubblicazione 60.

Come si è visto, gli effetti stocastici eredi-tari rappresentano un’altra importante com-ponente del detrimento, a proposito dei qualiva riconosciuta all’ICRP la correttezza diammettere un eccesso di cautela nel formu-lare le precedenti valutazioni del 1960 (15).Come noto le informazioni per questo argo-mento non derivano da studi di epidemiolo-gia umana, che è silente in proposito, madagli studi animali, soprattutto sul topo. Ilragionamento di base, a cominciare dalladose di raddoppio, è sostanzialmente restatolo stesso, salvo il riconoscere alcune arbitra-rietà nella assunzione dei valori dei parame-tri, come per la componente mutazionale,per il fattore correttivo per la gravità, per ilvalore all’equilibrio nelle future generazioni,ecc. I passi principali seguiti dalla ICRP pervalutare i rischi ereditari sono i seguenti.

Estrapolazione all’uomo di studi sui topiQuesta assunzione secondo l’UNSCEAR è

difendibile sulla base del fatto che l’organiz-zazione dei geni per il 70%-90% nella sequen-za del DNA è simile nelle due specie. È suquesta ipotesi che nella valutazione delladose di raddoppio viene considerato il tassodi mutazione spontaneo negli esseri umani eil tasso di mutazione indotto nel topo. Suquesta base viene infatti definita la dose diraddoppio (DD) come la dose che inducetante mutazioni nei topi quante quelle che siverificano spontaneamente nella specieumana in una generazione: 0DD = tasso spontaneo medio di mutazionenell’uomo/tasso medio di mutazioni indotte

nel topo

L’UNSCEAR stima in 2,95±0,64.10-6

.loco-1.generazione-1 il tasso spontaneo dimutazioni nell’uomo e in 0,36±0,10.10-

5.loco-1.generazione-1. Gy-1 il tasso di muta-zioni indotto nel topo, per cui:

DD = 0,82 ± 0,29 (~ 1) Gy

Sulla base di questa ipotesi il rischio di

malattie ereditarie per unità di dose viene

espresso come:

RE = P . 1/DD .MC

in cui P è la frequenza di base delle malat-

tie genetiche e rappresenta l’incidenza dimalattie all’“equilibrio”, cioè è il risultato tra

2 forze contrastanti, rappresentate dalla“forza” delle “mutazioni spontanee” che siverificano in ogni generazione e dalla “forza”della “selezione naturale”; MC è la “compo-nente mutazionale”, di cui si parla sotto.

La maggior parte delle mutazioniradioindotte sono delezioni, che nonvengono trasmesse alla specieLa maggior parte delle mutazioni non

sono singole mutazioni geniche (responsabi-li delle malattie mendeliane), ma sono muta-zioni che inducono estese lesioni al DNA, checausano malattie molto gravi, frequentemen-te incompatibili con la vivinatalità e quindinon trasmissibili alla specie.

La “componente mutazionale” per lemalattie croniche è piccolaLa componente mutazionale è la grandez-

za che esprime l’aumento relativo della fre-quenza di malattia (∆P/P), per aumento rela-tivo del tasso di mutazione (∆m/m). Èespressa dalla seguente relazione:

MC = [∆P/P]/[∆m/m]

in cui P è la frequenza di base delle malattiegenetiche ed m il tasso di mutazione di base.Ora la maggior parte delle malattie che siprotraggono nel corso della vita e che quindipossono essere trasmesse è multigenica emultifattoriale; queste malattie rispondono inmodo limitato alla frequenza del tasso dimutazioni indotte dalle radiazioni, cioè lacomponente mutazionale influisce in modolimitato. Viene ora stimato un valore compre-so tra 0,01 e 0,02 (L’UNSCEAR impiega unvalore di 0,02), la ICRP 60 aveva assunto unvalore di 0,05 con l’aggiunta di un fattorecorrettivo per la gravità.

La frazione di letalità delle malattiegenetiche viene assunta pari all’80%Viene ora assunta l’ipotesi che solamente

l’80% delle malattie genetiche siano letali,contro un valore che nella Pubblicazione 60era del 100%.

La validità scientifica del valore di equi-librio è stimata in due generazioniL’ICRP 60, per ottenere la frequenza all’e-

quilibrio di P, ha introdotto ipotesi sul “coefi-ciente di selezione (s)” (che è la probabilitàdi non sopravvivenza, cioè la probabilità dinon trasmissibilità del gene alla generazionesuccessiva), sulla componente mutazionale esul rimescolamento delle popolazioni su cen-

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2713/2008 - Fisica in Medicina

tinaia di anni. In questa nuova valutazione laCommissione considera l’esposizione ed ilrischio ereditario solamente per due genera-zioni: in effetti le malattie più gravi tendonoad autoeliminarsi già nella prima generazio-ne.

Introduzione del fattore di correzione direcuperabilità potenziale (PRCF)Poiché non ci sono altri dati relativi alle

mutazioni indotte se non quelli sul topo,viene introdotto un fattore per tener contodelle mutazioni che possono essere “recupe-rate”, che ad oggi non possono che esservalutate in via ipotetica e per questo si parladi “recuperabilità potenziale”. Si tratta chia-ramente di un fattore inferiore a 1, che ridu-ce l’entità del rischio della trasmissione dimalattia. Pertanto il rischio di induzione dimalattie ereditarie per unità di dose, RE,diviene:

RE = P . 1/DD .MC .PRCF

Entrare nel dettaglio delle valutazioni con-dotte per i vari raggruppamenti nosologici dimalattie ereditarie è indubbiamente interes-sante, ma anche in questo caso il percorso èlastricato di ipotesi e supposizioni in man-canza di chiari riferimenti epidemiologici.

In questa nuova impostazione per la valu-tazione degli effetti stocastici ereditari, l’ICRPha sostanzialmente accettato “in toto” levalutazioni del rischio dell’UNSCEAR (17).Ciò ha comportato una riduzione di circa unfattore 5 sulle precedenti stime di rischio pergli effetti ereditari, come si può rilevare da unraffronto delle tabelle 2 con l’analoga TabellaB-20 della Pubblicazione 60 (133,3/25,4).

ConclusioniDa tutto quanto esposto, ed è una parte

del lavoro fatto dalla ICRP, si può rilevare ilforte impegno per giungere a fornire unostrumento di valutazione del rischio piùattendibile. Ha cercato di raggiungere questoobiettivo attraverso l’utilizzo di più credibilidati epidemiologici di incidenza e il migliora-mento degli strumenti interpretativi e di cal-colo impiegati sia nella interpretazionemodellistica dei dati epidemiologici e dellaloro applicazione, che nella analisi più accu-rata basata su modelli ed ipotesi più plausibi-li della componente ereditaria del danno sto-castico. Ad un esame generale sembra per-tanto abbastanza sorprendente che, dopo

tutto questo laborioso processo di revisione,le stime complessive di rischio ed il valoredel detrimento non siano profondamentevariati rispetto a quelli a suo tempo fornitidalla pubblicazione 60. Nella scala dellaradioinducibilità qualche organo è salito equalche altro è disceso, ma il balzo in disce-sa più evidente è quello degli effetti ereditariche come sopra evidenziato è di un fattorepari a 5.

Per chiudere vorrei porre in evidenza dueaspetti che non riguardano in maniera direttail tema oggetto di questa esposizione, mache indirettamente hanno a che fare con laloro applicazione.

Il primo riguarda la posizione della ICRPnei confronti della ipotesi LNT, per il qualeancorché la commissione manifesti, su unpiano scientifico, un prevalente atteggiamen-to verso la sua accettazione, tuttavia “nellacarta” essa mantiene un atteggiamento di“aurea mediocritas” asserendo che la suascelta “is considered to be a prudent judge-ment for public policy, aimed at avoidingunnecessary risk from exposure”, e di questoatteggiamento la migliore riprova è il fattoche la Commissione abbia riscoperto il “tan-tra”: “per i fini della radioprotezione”, chenelle pubblicazioni dopo gli anni ’70 sembra-va ormai abbandonata, facendo intenderechiaramente quale debba essere lo spiritocon cui va utilizzato l’esito del processo valu-tativo descritto.

Il secondo punto è relativo all’applicazio-ne degli strumenti indicati al principio di otti-mizzazione, in particolare per quanto riguar-da il coinvolgimento degli “stakeholders”ripetutamente ormai chiamati in causa e nonsolo dalla ICRP. Dovrebbe esser chiaro chequesti “portatori di interessi” non sono oquanto meno non dovrebbero essere coloroche esprimono le loro opinioni solamente amezzo di un sistematico dissenso irrazionaleo strumentale attraverso manifestazioni dipiazza magari pure violente, solo spinti damotivazioni ideologiche: e in Italia ne abbia-mo certamente qualche spiacevole esempio.Il consenso da parte di costoro non potrà cheessere la dose zero strumentalizzando pro-prio la LNT, facendo rinunciare alla colletti-vità i benefici dell’impiego delle radiazioni avantaggio di loro gretti utili personali. Per cuinel contesto della Radioprotezione andrebbeprima definito chi è lo “stakeholder” “vero”che può essere invitato ad individuare meglio

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Fisica in Medicina - 3/2008

strumenti e mezzi per attuare il processo diottimizzazione.

L’auspicio è che, sia l’Unione europea,che il legislatore nazionale riescano a coglie-re e a trasferire in nome operative il messag-gio che l’ICRP nelle sue nuove Raccomanda-zioni ha voluto trasmettere.

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2733/2008 - Fisica in Medicina

CARATTERIZZAZIONE FISICO DOSIMETRICA DI UN MICRO-

MULTILEAF COLLIMATOR PER IMPIEGOIN TECNICHE STEREOTASSICHE

SILVIA MAGI

Relatore: Prof. Giovanni TestoniCorrelatori: Dott.ssa Anna Lisa Angelini

Dott. Andrea Ferri

IntroduzioneIl micromultileaf collimator (mMLC) è

attualmente lo strumento più efficace per laconformazione dei campi di radiazione foto-nica. La ridotta larghezza delle lamelle per-mette di ottimizzare la distribuzione di doseper piccoli volumi neoplastici trattabili contecniche stereotassiche e di ridurre la doseagli organi a rischio.

In questo lavoro sono state determinate evalutate le caratteristiche geometriche edosimetriche del micromultileaf MODULEAF(Siemens), un dispositivo accessorio delLINAC Oncor (Siemens), dotato di lamelle didimensione 2.5 mm all’isocentro, impiegatocon fasci di fotoni da 6 MV. I dati sperimen-tali raccolti sono stati utilizzati per la model-lizzazione dell’acceleratore Oncor con mMLCsul TPS Pinnacle3 v8.0d allo scopo di impie-gare il mMLC MODULEAF in tecniche “ste-reotassi body”.

Materiali e metodiPer la caratterizzazione geometrica del

mMLC sono stati valutati:• Coincidenza campo luminoso – campo

radianteLa prova è stata eseguita con pellicola

radiografica X OMAT V (Kodak) a profonditàdi build - up (1.5 cm) e ripetuta per tredimensioni di campo significative: 2x2 cm2,5x5 cm2 e 10x10 cm2. Sulla pellicola sonostati effettuati quattro fori in corrispondenzadegli angoli del quadrato definito dalla luce dicampo ed erogando 40 UM. Sulla pellicolasviluppata è stata individuata, per mezzo diun fotodensitometro, la curva di isoanneri-mento del 50% e sono stati tracciati i lati delcampo luminoso congiungendo i fori dei ver-tici. La corrispondenza campo luminoso –

campo radiante è stata valutata mediante lamisura della distanza tra i suddetti lati e lecorrispondenti curve di isoannerimento.

• Precisione e riproducibilità del posiziona-mento delle lamelleUna prova, di facile e rapida esecuzione,

per verificare il corretto posizionamento dellelamelle, consiste nel confrontare un campopredefinito a scaletta impostato tramitesoftware di gestione del mMLC, Cosmic, conla stessa forma riprodotta su carta millime-trata. Il test permette di valutare la bontà delposizionamento delle lamelle in diverse posi-zioni del campo di radiazione.

• Penombra frontale e lateraleCon il campo a scaletta è stata misurata la

penombra frontale e la penombra laterale, indiverse posizioni del campo radiante. Laprova è stata eseguita ponendo una pellicolaradiocromica in Solid Water Phantom all’iso-centro, a profondità 15 mm, ed erogando 100UM. La risposta della pellicola è stata digita-lizzata mediante scanner EPSON 1680 Pro.Mediante software Picodose TA X Pro, sonostati rilevati i profili delle lamelle in direzionex e y (Fig. 1). Le penombre sono state valu-tate come la distanza tra i valori di dose 80%e 20% di detti profili. I valori delle penombresono stati mediati ottenendo le penombre,frontale e laterale, medie.

Fig. 1 Posizione dei profili per la valutazione dellepenombre frontali e laterali.

• Field matching (FM)Il FM è stato implementato ponendo una

pellicola X Omat V a profondità di build - up(1.5 cm) e distanza 100 cm dalla sorgente, ederogando 40 UM per campo.

Riassunto Tesi di SpecializzazioneUniversità degli Studi di Bologna - A. A. 2006-2007 - (II parte)

Dalle Scuole di Specializzazione

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Fisica in Medicina - 3/2008

La risposta delle pellicole è stata digitaliz-zata tramite scanner LUMISCAN 50. Median-te software di elaborazione FIPS (MephystoPTW) si sono rilevati i profili in direzioneparallela e perpendicolare agli assi di riferi-mento x e y per valutare quantitativamenteeventuali sovra o sottodosaggi in corrispon-denza delle giunzioni dei campi.

Per le determinazioni dosimetriche, sonostati misurati:• Output Factor (OF)

Nella misura degli OF sono stati confron-tati due rivelatori al fine di valutarne eventua-li criticità: la camera a ionizzazione cilindricaPin Point (volume 0.015 cc) e i film radiocro-mici Gafchromic EBT.• PDD dei campi 0.5x0.5 cm2, 1x1 cm2, 2x2

cm2, 3x3 cm2, 4x4 cm2, 5x5 cm2, 6x6 cm2,7x7 cm2, 8x8 cm2, 9x9 cm2, 10x10 cm2;

• Profili x e y degli stessi campi a profondità1.5 cm, 5 cm, 10 cm, 20 cm;

Le PDD e i profili dei campi sono statimisurati in Water Phantom con camera aionizzazione Pin Point in geometria SSD 100cm e passo di campionamento di 1.5 mm.• Fattore di trasmissione intra e infra –

lamella;Per valutare la trasmissione intra e infra -

lamella sono state elaborate quantitativa-mente immagini ottenute su film X OMAT Vcon mMLC completamente schermato dallelamelle e aperto a 10x10 cm2 erogandorispettivamente 1700 e 40 UM; sono statiottenuti “profili di trasmissione” (Fig. 2)mediante i quali, dal rapporto punto a puntodei valori di dose scalati per le diverse UMerogate, si sono determinati i valori puntualidi trasmessa ed il suo valore medio che èstato misurato anche mediante camera aionizzazione cilindrica da 0.6 cc (PTWW30002).

Risultati e discussione

La coincidenza campo luminoso – camporadiante è inferiore al millimetro.

L’accuratezza del posizionamento dellelamelle risulta inferiore al millimetro.

La penombra laterale media e la frontalemedia risultano rispettivamente di 2.0 ± 0.2mm e 2.1 ± 0.2 mm, entrambe indipendentidalla posizione della lamella nel campo. Il FMha confermato il differente comportamentodelle penombre frontali e laterali. Si osservaun sovradosaggio dell’ 8% in direzione y e unsottodosaggio del 12% in direzione x.

Fig. 3 Confronto Output Factor misurati concamera a ionizzazione cilindrica Pin Point e pelli-cole radiocromiche Gafchromic EBT

Le misure degli OF, effettuate con PinPoint e con Gafchromic, mostrano risultatisovrapponibili per dimensioni di campo finoa 3x3 cm2; per dimensioni inferiori si è riscon-trata un’evidente sottostima dei risultati otte-nuti con Pin Point (differenza del 36% per ilcampo 0.5x0.5 cm2, Fig. 3).

Si è riscontrato un accordo, misurato –calcolato, tra i profili di dose alle diverseprofondità e tra le PDD dei campi quadrati,entro i limiti di riferimento (Fig. 4).

Si è ritenuto necessario valutare il com-

Fig. 2 Valutazione del fattore di trasmissione intra e infra – lamella puntuale

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2753/2008 - Fisica in Medicina

portamento del TPS anche in presenza dicampi tipici della clinica. Le mappe di fluen-za fotonica calcolate da Pinnacle3 sono stateconfrontate con le mappe ottenute su filmradiocromici. Il confronto della distribuzionedi dose misurata - calcolata è stato effettuatoin termini di gamma - index test imponendo icriteri di accettabilità suggeriti nel bookletESTRO #7 (4%/3mm). In fig. 5 sono riporta-te le mappe di fluenza ed è mostrato il risul-tato del test per un determinato campo.

Il valore puntuale medio del fattore di tra-smissione risulta di 1.3% (valore confermatodalla misura con camera a ionizzazione). Latrasmissione massima vale 1.65% ed il valoreminimo vale 1.09%.

ConclusioniIl dispositivo mMLC MODULEAF ha dimo-

strato di integrarsi efficacemente con ilLINAC Oncor permettendo una gestionesemplice e rapida della preparazione del trat-tamento.

Lo studio delle caratteristiche geometricheha evidenziato la riproducibilità e l’ottimaaccuratezza del posizionamento delle lamelleinferiore al mm e una penombra frontale elaterale delle lamelle indipendente dalla loroposizione nel campo.

Fig. 4 Differenza in percentuale di dose della PDDe dei profili X, misurati e calcolati dal TPS, delcampo 5x5 cm2.

Fig. 5 Confronto distribuzione di dose misurata –calcolata per un campo conformato. a) Mappa difluenza misurata con film radiocromico. b) Mappadi fluenza calcolata dal TPS. c) Confronto misura-to – calcolato tramite gamma – index test.

Il fattore di trasmissione intra e infra –lamella, valutato puntualmente, è sempreinferiore al 2% in accordo con quanto dichia-rato dal costruttore.

È stato riscontrato che l’impiego dellacamera a ionizzazione Pin Point diventa criti-co per dimensioni di campo inferiori al 3x3cm2 a causa dell’effetto volume e della man-canza di equilibrio elettronico laterale. L’im-piego di film radiocromici Gafchromic EBTper tali campi risulta adeguata, data la lorotessuto-equivalenza e linearità di risposta inun ampio range di dose. La modellizzazionedella macchina Oncor, dotata di MODU-LEAF, su Pinnacle3 ci permette di validare ilmMLC all’uso clinico. Questo risultato per-metterà, in un prossimo futuro, di utilizzareefficacemente il mMLC MODULEAF nelletecniche stereotassiche presso il centro.

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Fisica in Medicina - 3/2008

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ERRORI DI SET-UP E LORO IMPATTODOSIMETRICO NEI TRATTAMENTI IMRT

DELLE NEOPLASIE DELLA TESTA E DEL COLLO

MARCELLA PALOMBARINI

Relatore: Prof. Paola FantazziniCorrelatore: Dott.ssa Michela Baccolini

IntroduzioneLa radioterapia a modulazione d’intensità

(Intensity Modulated RadioTherapy- IMRT) èuna tecnica radioterapica che, utilizzandocampi di radiazione a profilo di dose nonuniforme, permette di ottenere distribuzionidi dose concave, altrimenti impossibili daprodurre.

Le neoplasie della testa e del collo rappre-sentano una delle sedi elettive per le tecnicheIMRT. Infatti, tale distretto anatomico è sededi molti organi critici e radiosensibili (ghian-dole salivari, mandibola, muscolatura emucosa faringea, orecchio medio e interno,nervi ottici, cristallini) posti in stretta vicinan-za del target. La possibilità di irradiare areetumorali con ripidi gradienti di dose, limitan-do sensibilmente la dose nelle regioni limitro-fe non coinvolte, fa della IMRT uno strumen-to adeguato ad aumentare il guadagno tera-peutico dei trattamenti radianti della testa edel collo.

Tuttavia, proprio i ripidi gradienti di dose ela stretta vicinanza degli organi a rischio sot-tolineano l’accuratezza con cui deve svolger-si tutto il processo radioterapico, in quantopiccole variazioni nella posizione del pazien-te possono comportare grandi variazionidosimetriche nel trattamento.

In questo lavoro viene presentato lo studioeseguito sugli errori di set-up che caratteriz-zano i trattamenti IMRT della testa e del colloeseguiti all’Ospedale Bellaria di Bologna.Tale studio è stato condotto con una duplicefinalità: indagare l’accuratezza di riposiziona-mento del paziente in questi trattamenti e, inbase ai risultati ottenuti, valutare l’adeguatez-

za dei “margini di sicurezza” aggiunti al volu-me bersaglio e agli organi a rischio in fase dipianificazione del trattamento.

Materiali e MetodiSono stati analizzati i set-up di 30 pazien-

ti sottoposti presso il nostro centro a radiote-rapia ad intensità modulata sul distrettotesta-collo. I pazienti sono stati trattati con unLinac Precise (Elekta) dotato di MLC a 80lamelle (1cm all’isocentro) e con l’utilizzo diun supporto per testa-collo in fibra di carbo-nio (Posifix IMRT, Sinmed). Ogni paziente èstato immobilizzato con una maschera ter-moplastica personalizzata a 5 punti di fissag-gio (Posicast, Sinmed).

Prima del trattamento, per ciascunpaziente sono state acquisite due immaginiportali ortogonali (anteriore e laterale) daconfrontare con le relative immagini DRR diriferimento (TPS XiO, CMS) per la verificadell’isocentro e del set-up del paziente. Leimmagini sono state acquisite con un siste-ma EPID dotato di rivelatore a silicio amorfo(IviewGT, Elekta) e le verifiche sono state inseguito ripetute con frequenza settimanale(in un trattamento di 30 frazioni sono stateacquisite 6-7 immagini portali per paziente,per ciascun campo anteriore e laterale).

Sulle immagini di riferimento DRR è statoindividuato e disegnato dal medico radiotera-pista un template di strutture anatomichestabili (reperi ossei), successivamentesovrapposto alle immagini portali attraversoun matching manuale. Le immagini sonostate analizzate dal software di matching, ilquale ha fornito le deviazioni dell’immagineportale rispetto alla DRR di riferimento.

Le deviazioni, espresse come traslazionidell’anatomia del paziente rispetto al campodi trattamento in direzione cranio-caudale(C-C), latero-laterale (L-L) e antero-posterio-re (A-P), sono state misurate in millimetri e ledeviazioni del paziente in direzione craniale,sinistra e anteriore sono state definite positi-ve.

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2773/2008 - Fisica in Medicina

Per ciascun paziente Pi sono stati calcola-

ti, in ogni direzione1,2: • l’errore sistematico µPi, calcolato come

valore medio di tutte le deviazioni dk

misurate nel corso delle verifiche relativea quel paziente;

• la distribuzione degli errori random, σPi,espressa dalla deviazione standard delledeviazioni misurate.Inoltre, per l’intera popolazione di P=30

pazienti sono stati calcolati, in ogni direzione:• l’errore sistematico complessivo, µset-up,

calcolato come valore medio di tutte ledeviazioni medie individuali µpi;

• la distribuzione complessiva degli errorisistematici, Σset-up, calcolata come devia-zione standard di tutte le deviazioni medieindividuali µpi;

• la distribuzione complessiva degli errorirandom, µset-up, calcolata come root meansquare delle singole σpi.

La distribuzione degli errori di set-up inter-frazione relativa all’intera popolazione dipazienti analizzata è risultata dunque caratte-rizzata in ogni direzione dalla terna (µset-up,Σset-up, σset-up).

Per calcolare la stima dei margini CTV-PTV è stata applicata, in ogni direzione, laformula descritta da Van Herk5: Margine =(2.5 Σ + 0.7 σ).

Oltre a tale stima dei margini, lo studio haverificato che, per i trattamenti IMRT dellatesta e del collo effettuati all’Ospedale Bella-ria, i margini CTV-PTV pari a 5 mm risultas-sero adeguati ad assorbire gli errori di set-upevidenziati dallo studio sopra descritto sullapopolazione di pazienti.

Tale verifica è stata eseguita valutandol’impatto dosimetrico di tali errori di set-upsu un piano di trattamento IMRT testa-collo diuno dei pazienti studiati.

La simulazione degli errori di set-up ran-dom e sistematici è stata effettuata a partireda un piano di trattamento IMRT effettuato suuno dei pazienti coinvolti nello studio del set-up.

Le simulazioni sono state eseguite al TPSpartendo dal piano approvato dal medicoradioterapista (indicato come “piano nomi-

nale”) e applicando a questo piano delle tra-slazioni dell’isocentro di trattamento rispettoal sistema di coordinate del paziente (meto-do di shift dell’isocentro). La dose è stataogni volta ricalcolata in base alla nuovaorientazione dei fasci rispetto al paziente,mantenendo tuttavia invariati i parametri ditrattamento e le Unità Monitor originali delpiano nominale.

Sono stati simulati errori random condeviazioni standard pari a σ=2.5 mm e σ=5mm. Per ogni valore di σ, l’effetto degli erro-ri random è stato simulato al TPS shiftandol’isocentro del piano nominale con 30 singo-li vettori di offset corrispondenti alle 30 fra-zioni di trattamento. I DVH delle singole fra-zioni sono stati poi sommati per valutare ilDVH del piano complessivo.

I valori delle componenti x,y e z dei 30vettori di offset sono stati generati in modocasuale con il programma MatLab 7.0. a par-tire da una distribuzione gaussiana condeviazione standard pari a σ e in modo indi-pendente nelle tre direzioni. Per ogni calcolodi dose, lo shift dell’isocentro (∆) in ogni dire-zione è dunque risultato generalmente∆x≠∆y≠∆z.

L’effetto degli errori sistematici (Σ=3mmin ogni direzione) è stato valutato applicandola medesima tecnica di shift dell’isocentro.

I piani di trattamento risultanti dalle simu-lazioni sono stati valutati in termini di isto-grammi dose-volume (DVH) per le seguentistrutture: CTV66, CTV54, midollo spinale,parotide controlaterale.

Risultati e discussioneIn questo studio sono state acquisite e

confrontate 366 coppie di immagini e sonostati misurati 732 errori di set-up (183 errorilungo ognuna delle tre direzioni).

L’insieme degli errori di set-up relativiall’intera popolazione è stato analizzato perstimare l’accuratezza di set-up dei trattamen-ti della testa e del collo eseguiti da tale popo-lazione.

A titolo illustrativo di una parte dei risulta-ti ottenuti, in Fig.1 è riportata la distribuzionespaziale di tutti i singoli errori di set-up rile-vati per ciascun paziente in direzione latero-laterale e cranio-caudale dall’immagine por-tale anteriore.

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Fisica in Medicina - 3/2008

Tab. 2 Stima dei margini da applicaretra CTV e PTV nelle tre direzioni L-L,C-C e A-P nei trattamenti IMRT testa-collo effettuati nel nostro centro,secondo quanto proposto da VanHerk5.

I margini risultano confrontabilicon il margine isotropico di 5 mmapplicato fino ad ora al CTV neipiani di trattamento IMRT testa-collo effettuati in questo centro:tale margine rimane dunque inva-riato nel protocollo clinico di talitrattamenti.

Riguardo alla simulazione deglierrori di set-up, si presenta in Fig.2 il grafico dei DVH relativi ai piani

Fig. 2 DVH delle strutture ottenute dal piano nominale confrontati con i DVH ottenuti dalle simulazioni di piani

affetti da errori random.

Fig. 1 Distribuzione spaziale dei singoli errori diset-up rilevati per ciascun paziente in direzione L-L e C-C dall’immagine portale anteriore.

Il grafico mostra che i dati, circa equa-mente distribuiti tra i quadranti, non eviden-ziano la presenza di errori sistematici signifi-cativi in alcuna direzione.

Dall’intero gruppo di errori di set-up, presiin valore assoluto, è stata ricavata la curva didistribuzione di probabilità cumulativa: il 90%degli errori di set-up è risultato entro 3mm eil 99% è risultato entro 5mm.

Gli errori sistematici della popolazione(µset-up) e le deviazioni standard degli errori

sistematici (Σset-up) e random (σset-up) lungole tre direzioni L-L, C-C e A-P sono riportatiin Tab. 1.

L-L C-C A-P

µset-up(mm) - 0.4 -1.0 0.1

Σset-up(mm) 1.6 1.9 1.8

σset-up(mm) 1.2 1.3 1.4

Tab. 1 Errori sistematici della popolazione (µset-

up) e deviazioni standard degli errori sistematici(Σset-up) e random (σset-up) lungo le tre direzioni L-L, C-C e A-P.

I valori di µset-up presentati in tabella con-fermano che non sussistono errori sistemati-ci significativi in alcuna direzione.

I valori di Σset-up e σset-up risultano simili

nelle tre direzioni e confrontabili con dati diset-up presentati in letteratura per il distrettotesta-collo4.

I risultati ottenuti, inferiori a 2 mm, indica-no che il sistema di immobilizzazione utilizza-to in questi trattamenti presenta una buonariproducibilità di set-up del paziente.

Applicando ai dati presentati in Tab. 1 laformula proposta da Van Herk5, si ottengonoi seguenti margini differenziati nelle tre dire-zioni L-L, C-C e A-P (Tab.2):

L-R C-C A-P

Margini CTV-PTV (mm) 4.8 5.6 5.5

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simulati con σ=2.5 mm e σ= 5 mm, confron-tati con i DVH del piano nominale.

A titolo illustrativo di una parte di simula-zioni di errori sistematici, si presentano in Fig.3 e 4 i DVH delle strutture CTV66 e MidolloSpinale, ottenuti dalle simulazioni di pianiaffetti da errori sistematici Σ e confrontati coni DVH delle strutture del piano nominale.

Come risulta dal grafico in Fig. 3, lacopertura dosimetrica della struttura targetCTV66 non risulterebbe compromessa inmodo significativo da un errore sistematicodi 3 mm in qualsiasi direzione.

Per il midollo spinale (Fig. 4), un erroreΣ=3mm in direzione sfavorevole a quest’or-gano (Σ=3mm post) porterebbe a un aumen-to significativo della dose massima.

Gli altri errori sistematici non sembrereb-bero far variare in modo significativo il DVHdi tale organo a rischio.

I risultati sull’impatto dosimetrico deglierrori di set-up sino ad ora presentati sono daconsiderarsi indicativi in quanto le simulazio-ni, sebbene condotte singolarmente perognuna delle 30 frazioni, sono state effettua-te per un solo piano di trattamento a causadell’elevata quantità di tempo necessaria acalcolare la dose al TPS e ad elaborare i DVHcomplessivi.

Per poter stimare con maggior precisionegli effetti di tali errori occorrerebbe simulareun numero significativo di errori random esistematici su una intera popolazione dipazienti6-9.

Conclusioni

In IMRT, la presenza di ripidi gradienti didose richiede un’elevata accuratezza in tuttele fasi del processo radioterapico. In partico-lare, il sistema di immobilizzazione devegarantire una buona accuratezza di riposizio-

Fig. 3 DVH del CTV66 delpiano nominale confrontatocon i DVH della stessa struttu-ra ottenuti dalle simulazioni dipiani affetti da errori sistema-tici. Il cursore verticale trat-teggiato è posto alla dose paria 62,7 Gy, ovvero del 93%della dose prescritta al PTV66.

Fig. 4 DVH del Midollo Spina-le del piano nominale con-frontato con i DVH della stes-sa struttura ottenuti dallesimulazioni di piani affetti daerrori sistematici. Il cursoreverticale tratteggiato è postoalla dose pari a 45 Gy, ovveroalla dose massima consentitaa tale organo a rischio.

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Fisica in Medicina - 3/2008

namento del paziente e margini adeguatidevono essere aggiunti al CTV al fine di evi-tare sottodosaggi al/ai target.

I risultati ottenuti in questo studio eviden-ziano che gli errori di set-up nei trattamentiIMRT della testa e del collo eseguiti all’Ospe-dale Bellaria sono dell’ordine dei 2 mm,dimensione confrontabile con quanto presen-tato in letteratura per questo distretto anato-mico.

In base a tali errori di set-up e al loroimpatto dosimetrico sui trattamenti radianti,margini da CTV a PTV pari a 5 mm si confer-mano adeguati ad assorbire le alterazionidosimetriche al target dovute alle variazionidi posizionamento del paziente.

Nell’immediato futuro, lo sviluppo di tec-niche radioterapiche guidate dalle immagini(Image Guided RadioTherapy-IGRT) consen-tirà‡ di poter verificare e correggere on-line,prima di ogni seduta di trattamento, la posi-zione del paziente e del target da irradiarerispetto ai fasci di trattamento. Ciò porterà aduna irradiazione sempre più mirata al target ealla riduzione dei margini da applicare traCTV e PTV, con notevole beneficio anche pergli organi a rischio circostanti.

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VALUTAZIONE DELL’ACCURATEZZAGEOMETRICA E DOSIMETRICA NEITRATTAMENTI DI RADIOTERAPIA STEREOTASSICA EXTRACRANICA

RAVAIOLI FRANCESCA

Relatore: Prof.ssa Maria Pia MorigiCorrelatore: Dr.ssa Michela Baccolini

Introduzione

La Radioterapia Stereotassica è definitacome l’uso di radiazione esterna in combina-zione con un dispositivo di guida stereotassi-co, che permette di localizzare con precisio-ne il target di trattamento e, di conseguenza,di rilasciare in modo estremamente precisouna dose terapeutica per frazione molto altaad un piccolo volume di tessuto ed avere cosìuna maggiore probabilità di controllo localedella malattia. Per le sue caratteristiche, in

questa tipologia di trattamento rispetto alletecniche radioterapiche convenzionali assu-me un’importanza fondamentale la precisio-ne e l’accuratezza geometrica nell’erogazionedella dose.

Scopo di questo lavoro è fornire una valu-tazione dell’accuratezza di trattamento otte-nibile in Radioterapia Stereotassica Extracra-nica, sulla base dell’esperienza maturatapresso il Servizio di Radioterapia del CentroVilla Maria Cecilia Hospital in 4 anni di atti-vità.

Materiali e metodi

L’utilizzo del dispositivo stereotassico(Body Frame Elekta®) permette di ottimizza-re la fase di immobilizzazione e riposiziona-mento, consentendo dunque una maggioreprecisione nella definizione di punti di riferi-mento per il trattamento. Nel Body Frame

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Elekta® il riconoscimento dello spazio ste-reotassico avviene mediante la visualizzazio-ne sulle immagini di preparazione del tratta-mento di un sistema di reperi di rame inte-grati nel frame. Il posizionamento del pazien-te è eseguito mediante 2 centratori laser,montati sul frame all’altezza del torace e dellatibia del paziente, che individuano dei riferi-menti cutanei. Un dispositivo ad arco ed unascala graduata longitudinale sul frame per-mettono di riprodurre le coordinate stereo-tassiche dell’isocentro di trattamento. Unsistema di compressione del diaframmaviene fissato al frame per ridurre il movimen-to del paziente dovuto alla respirazione intrattamenti nella regione polmonare e addo-minale.

Il flusso di lavoro per un trattamento ste-reotassico extracranico consiste principal-mente di:- immobilizzazione del paziente;- controllo della motilità del target e degli

altri organi interni mediante fluorosco-pia;

- esecuzione della TAC di centratura, vali-da per la pianificazione;

- stesura ed approvazione del piano ditrattamento;

- esecuzione di una seconda TAC di con-trollo;

- verifica geometrica mediante imagingportale ed erogazione giornaliera deltrattamento.

Le inaccuratezze geometriche, legate alposizionamento del paziente (set-up) e almovimento interno del target, implicanovariazioni della distribuzione di dose rispettoa quanto pianificato, col risultato di unainsufficiente copertura del target ed un sovra-dosaggio a carico dei tessuti sani adiacenti.Nella pianificazione del trattamento pertantovengono utilizzati adeguati margini di espan-sione nella definizione del volume bersaglio,secondo le raccomandazioni ICRU 50-62.

Nel trattamento stereotassico, l’uso di unsistema di riferimento non più basato sullaposizione dei reperi ossei, sempre solidalecol paziente ma esterno ad esso, riduce l’in-certezza di set-up fino a renderla pressochètrascurabile rispetto a quella dovuta allamotilità interna del volume bersaglio.

L’impatto della riproducibilità del targetsulla dose al CTV (Clinical Target Volume) è

stato valutato mettendo a confronto gli isto-grammi dose-volume (DVH) per i CTV delleTAC di pianificazione e di controllo (CTVplan,CTVsim), nelle stesse condizioni di trattamen-to ed al variare delle coordinate stereotassi-che per le correzioni di set-up, effettuate infase di simulazione (valutazione della TAC dicontrollo) e in fase di verifica di ogni singolaseduta (valutazione delle immagini portali).

L’impatto della dose al CTV è stato quan-tificato mediante il Target Coverage (TC),definito come la frazione di CTV entro l’iso-dose di riferimento:

Se l’intero CTV è compreso in detta iso-dose, il parametro vale 100%.

Un valore di TC pari al 100% sarà rag-giunto facilmente se l’isodose di riferimentoeccede largamente l’estensione del volumetarget. Pertanto, viene definito anche unparametro che descriva la conformità delladistribuzione di dose relativa al PTV (Plan-ning Target Volume): il Conformity Number(CN), pari al rapporto fra la frazione di PTVentro l’isodose di riferimento 100% (PTVref)ed il volume totale di PTV, moltiplicato per ilrapporto fra il PTVref e il volume totale dell’i-sodose di riferimento (Vref):

Il primo fattore descrive l’indice di coper-tura del PTV (TCPTV), mentre il secondo fat-tore considera la dose rilasciata al tessutosano, quantificando la frazione di volume adalta dose che viene effettivamente rilasciataal PTV rispetto ai tessuti sani circostanti(volume immediatamente esterno al PTV). IlCN diminuisce quando diminuisce il TCPTV, ediminuisce all’aumentare del volume ad altadose che si estende fuori dal PTV. Di conse-guenza, lo studio del numero di conformitàdiventa importante per verificare la ripidacaduta di dose immediatamente fuori dal tar-get.

RisultatiSono stati analizzati 42 pazienti per un

totale di 53 lesioni in sede polmonare, sotto-posti a trattamento di Radioterapia Stereo-tassica Extracranica presso l’Unità di Radio-terapia del Centro Villa Maria Cecilia Hospital

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Fisica in Medicina - 3/2008

di Cotignola (RA). Tutti i pazienti sono statiimmobilizzati tramite il sistema Elekta Ste-reotactic Body Frame® e trattati secondo laprocedura descritta.

Il compressore diaframmatico per il con-trollo del movimento respiratorio è stato uti-lizzato nei casi di escursioni superiori ai5mm, compatibilmente con il grado di colla-borazione del paziente.

I set di immagini TAC di pianificazione e dicontrollo sono stati acquisiti mediante unaTAC Philips Tomoscan AVPS, seguendo ilprotocollo per l’acquisizione del distrettotoracico: FOV 480 mm, spessore di fetta1.5–3mm senza gap, estensione cranio-cau-dale tale da comprendere tutto il parenchimapolmonare ai fini della dosimetria degli orga-ni a rischio.

L’unità di trattamento è un acceleratorelineare Elekta Precise, con energie di fasciofotonico pari a 6 MV e 15 MV, e dotato di uncollimatore multilamellare (Multi-Leaf Colli-mator, MLC) costituito da 40 coppie di lamel-le di larghezza 1 cm all’isocentro.

La pianificazione del trattamento ed il cal-colo della distribuzione di dose è stata effet-tuata su sistema per piani di trattamentoElekta Precise Plan (release 2.15), cheimplementa un algoritmo di calcolo di tipoClarkson con modello dual-source per otti-mizzare le penombre dei campi di piccoledimensioni.

Il CTV è stato espanso per la definizionedel PTV di 10 mm in direzione cranio-cauda-le e 5 mm in direzione latero-laterale e ante-ro-posteriore, come da letteratura.

Per ogni paziente, al termine della fase dipianificazione, è stato controllato sul secondoset TAC il corretto set-up (scostamenti dellaposizione delle strutture ossee fisse rispettoalla prima TAC, calcolati sulla base dei riferi-menti stereotassici) e la distribuzione di doseal CTV.

Si è assunto che i movimenti del target fradifferenti studi TAC fossero fra loro indipen-denti e normalmente distribuiti. Non è statoconsiderato il movimento intra-frazione.

La verifica geometrica pre-trattamento èstata effettuata per ciascun paziente prima diogni singola seduta mediante confronto fraimmagine di riferimento (DRR, DigitallyReconstructed Radiography) e immagineportale acquisita tramite il sistema ElektaIview.

In caso di deviazione dell’isocentro rispet-to al repere anatomico superiore a 10 mm ilpaziente è stato riposizionato ed il set-uprivalutato con la medesima procedura. Incaso di deviazioni più piccole (3-9 mm),sono state traslate le coordinate stereotassi-che dell’isocentro fino a riprodurre corretta-mente il set-up atteso rispetto ai reperi ossei.Per scostamenti inferiori ai 3 mm non è stataapplicata alcuna procedura correttiva.

I pazienti sono stati trattati con un frazio-namento di dose variabile fra 5 Gy (in pre-senza di trattamenti pregressi) e 10 Gy, perdosi totali comprese fra 6 e 50 Gy ed unnumero di sedute da 1 a 5. La tipologia ditrattamento, pianificata singolarmente perogni paziente, ha previsto l’erogazione di unset di fasci radianti in numero di 4 - 7, inparte non-coplanari.

Tab 4.1 Casistica delle correzioni effettuate per il set-up: rispettivamente per gli spostamenti effettuati suTAC di controllo e in verifica portale (nelle 3 direzioni x,y,z) vengono riportati il numero di casi occorsi,media, mediana, valore minimo e massimo e deviazione standard.

Spostamenti in Spostamenti in Totale (mm)TACsim (mm) Iview (mm)

∆x ∆y ∆z ∆x ∆y ∆z ∆x ∆y ∆z

N° 3 2 30 4 3 2 7 5 32Media 3.7 3 3.6 4.2 4 4.5 4 3.6 3.7Mediana 3 3 3 3 4 4.5 3 3 3Min 3 3 3 3 3 4 3 3 4Max 5 3 9 8 5 5 8 5 9StDev 1.1 0 1.4 2.5 1 0.7 1.9 0.9 1.4

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2833/2008 - Fisica in Medicina

In 40/53 casi (75%) è stato utilizzato ilcompressore diaframmatico.

La correzione delle coordinate per il set-up è stata applicata in 33/53 casi (62%), dicui 25/53 (47%) sulla base della TAC di con-trollo, 3/53 (6%) dopo la verifica portale delposizionamento all’unità radiante e 5/53(9%) sia sulla TAC di controllo sia alla verifi-ca pre-trattamento.

Questa correzione è risultata compresa fraun valore minimo di 3 mm ed un massimo di9 mm.

Nella direzione Z (cranio-caudale) e Y(antero-posteriore) la correzione non è maistata superiore al margine definito per il PTV(10mm su Z e 5mm su Y). Nella direzione X(latero-laterale) in 1 caso si è reso necessa-rio uno spostamento superiore al margine(8mm a fronte di un margine di 5mm).

Come evidenziato dalla tabella 4.1, ilnumero maggiore di spostamenti è statoeffettuato lungo la direzione cranio-caudale(32/53, 60% del totale dei pazienti) e sullabase delle immagini della TAC di controllorispetto all’imaging portale (35 contro 9).Questo risulta spiegabile col fatto che il siste-ma di contenzione del paziente è molto piùrigido nelle direzioni AP e LL, e quindi molto

meno soggetto ad errori dovuti a traslazioneo rotazione, mentre in direzione longitudinaleil posizionamento ha una rigidità inferiore.

La corretta copertura del PTV di tratta-mento, valutata mediante il numero diconformità CN, ha prodotto i risultati di tabel-la 4.2.

Tab 4.2 Indice di conformità della dose al PTV

L’indice di conformità considerato è risul-tato basso in presenza di condizioni partico-lari di trattamento. Ad esempio, in un caso èstato necessario trattare più lesioni all’inter-no di uno stesso campo di trattamento: afronte di volumi di CTV e PTV limitati, è risul-tato inevitabilmente ampio il volume dell’iso-dose di prescrizione. Alla stessa conseguen-za si arriva in caso di lesioni di forma irrego-lare.

Fig 4.1 Casi con CN = 0.39 (target multipli) e CN = 0.59 (forma irregolare)

La vicinanza di organi a rischio influenza inve-ce la copertura dosimetrica del PTV, che su baseclinica può essere accettata anche se inferiore al100% ma inevitabilmente peggiora la conformitàal PTV della dose pianificata.

Fig 4.2 Caso con CN = 0.50 (vicinanza organo a rischio)

CN

Media 0.65Mediana 0.66Min 0.39Max 0.86St Dev 0.11

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Fisica in Medicina - 3/2008

I dati relativi alla copertura del CTV sonoriportati in Tabella 4.3.

Nella prima colonna vengono riportati risul-tati relativi alla TAC di pianificazione. Nellaseconda e nella terza colonna, la copertura delCTV è riferita alla simulazione del trattamentosulla TAC di controllo, effettuata rispettivamen-te con le coordinate stereotassiche pianificate(TCcoord) e con le eventuali nuove coordinatetraslate sulla base della nuova posizione deltarget.

Tab 4.3 Copertura del CTV al variare delle coordinate stereotassiche di trattamento

Sulla base dei dati ottenuti, la copertura delCTV sulla TAC di pianificazione può essereconsiderata completa (100%). Sulla TAC dicontrollo, mantenendo le stesse coordinate ditrattamento si ottengono valori di copertura inmedia comunque buoni (98%), ma con casisporadici ed evidenti di disallineamento: il casoche ha presentato il valore minimo di copertu-ra, pari a 69%, è l’unico con TCcoord < 90% eda seguito della correzione delle coordinate èpassato ad una copertura del 95%.

La copertura del CTV sulla TAC di controllovaria fra 85% e 100% a seguito delle correzionedelle coordinate, e risulta completa (TCsim

=100%) in 30/53 casi (57%). Si ha una coper-tura inferiore al 95% in 5/53 casi (9%), di cuisolo 1 caso al di sotto del 90%.

Fig. 4.3 Copertura del CTV sulla TAC di controllodopo la correzione delle coordinate per il set-up

TCplan TCcoord TCsim

Media 0.9992 0.9787 0.9818Mediana 1 1 1Min 0.99 0.69 0.85Max 1 1 1St Dev 0.002 0.05 0.03

In 8/53 casi la correzione delle coordi-nate per il set-up è stata effettuata in sededi verifica portale. La necessità di correzio-ni delle coordinate in questa fase del tratta-mento si è dimostrata poco frequente (15%sul totale).

Le nuove coordinate ridefinite da talispostamenti sono state utilizzate per simu-lare nuovamente la copertura del CTV sullaTAC di controllo, e verificare in questomodo l’impatto dello spostamento geome-trico effettuato sulla riproducibilità delladose al target.

In 3/8 casi lo spostamento è risultatoinferiore o uguale a 3 mm, mentre neirestanti 5/8 casi si sono avute traslazionivariabili fra 4 e 9 mm.

In figura 4.4 viene riportata la variazionedella copertura del CTV rispetto alle coordi-nate pianificate.

Fig 4.4 Copertura del CTV nei casi di correzio-ni portali delle coordinate. Con “iview_sup” èindicato il caso di TC con coordinate definitepost-correzione portale e con spostamenti >3mm,” iview_inf” invece si riferisce a correzioni< 3mm. Col termine “pianif” viene indicato il TCnelle condizioni pre-correzione per ogni singolocaso.

Pur considerando la statistica moltolimitata, nei casi riferiti a spostamenti infe-riori o uguali a 3 mm non si apprezzanomiglioramenti sensibili della copertura delCTV, quanto piuttosto variazioni cheappaiono casuali. In caso di spostamentimaggiori di 3 mm, si è avuta in tutti i casiuna copertura del target migliore o equiva-lente.

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2853/2008 - Fisica in Medicina

Conclusioni

La conformità della distribuzione di doserelativa al PTV di trattamento ha prodottorisultati mediamente consistenti con quantoriportato in letteratura.

L’indice di conformità è correlato allacopertura del PTV e quindi fortemente sog-getto all’influenza di vari fattori, quali la vici-nanza al target di organi a rischio, oppure lepiccole dimensioni del target che non posso-no essere conformate con campi troppo pic-coli a causa dei problemi legati alla dosime-tria.

La copertura del CTV con l’isodose di pre-scrizione è risultata efficace in tutti i casi con-siderati. La valutazione della medesimacopertura sulla TAC di controllo ha prodottorisultati ugualmente soddisfacenti, con unulteriore lieve miglioramento introdotto dallacorrezione delle coordinate stereotassiche.

Sulla base di queste indicazioni si consi-derano adeguati i margini di trattamentoadottati.

Il numero molto limitato di casi in cui si èresa necessaria la correzione dopo verificaportale dimostra ulteriormente la validitàgenerale del sistema nell’immobilizzazione eidentificazione delle coordinate.

L’impatto sulla copertura dosimetrica deltarget dato dalla procedura correttiva basatasulle immagini portali è risultato migliorativonei casi in cui si è riscontrato uno sposta-mento superiore a 3 mm, senza apparentecorrelazione nei restanti casi. Le inaccuratez-ze inferiori a questa soglia appaiono dipen-denti da possibili errori random nel posizio-namento dell’immobilizzatore rispetto all’u-nità radiante o del paziente rispetto al frame,e non ne viene quindi ritenuta necessaria lacorrezione.

Per deviazioni maggiori di 3 mm, l’eviden-te miglioramento della copertura del CTVindica effettivi disallineamenti del posiziona-mento pianificato (di tipo sistematico) e giu-stifica la correzione delle coordinate stereo-tassiche di trattamento.

Sulla base di queste considerazioni, si èdeciso di modificare il protocollo di correzio-ne delle coordinate in sede di trattamento,prevedendo di intervenire solo nel caso dispostamenti superiori ad una soglia di 3 mm.

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286 Fisica in Medicina - 3/2008

I tubi RX miniaturizzati finiranno con sosti-tuire le sorgenti di I192 quale scelta prefe-renziale per la brachiterapia ad alto rateo didose

Med. Phys. 35 (3), Marzo 2008

I recenti sviluppi nella miniaturizzazionedei tubi RX portano a considerare la brachi-terapia elettronica quale reale alternativa allaterapia convenzionale con sorgenti di I192.L’argomento in discussione è se questa solu-zione, che presenta ovvi vantaggi radioprote-zionistici, sia davvero applicabile alle esigen-ze terapeutiche.

A favore dell’affermazione del titolo inter-viene RW Holt, Direttore del Servizio di Fisi-ca alla North Valley Radiation Oncologystruttura che svolge attività di consulenza pernumerose cliniche della California del Nord.Egli elenca tutte le caratteristiche interessan-ti del trattamento di brachiterapia elettronica(eBx). Il rateo di dose è confrontabile conquello di una sorgente da 7 Ci di I192, condistribuzione delle isodosi del tutto simile. Idispositivi sono sufficientemente piccoli dapermettere il posizionamento endocavitario.L’eBx permette di usare fasci a tensioni com-prese tra 20 e 50 kVp, per cui l’attenuazionenei tessuti avrà un andamento del tipo 1/r3 econseguente migliore salvaguardia dei tessu-ti sani rispetto alla brachiterapia convenzio-nale con I192, che ha un’energia di 380 keV eun’attenuazione del tipo 1/r2. Dal punto divista economico l’acquisto di un sistema eBxrisulta meno oneroso di uno convenzionale diremote afterloading, senza contare il rispar-mio in schermature ambientali; questo favo-rirà la diffusione in centri che possono tratta-re un limitato numero di pazienti. Per ultimo,ma non meno importante, l’eBx permette lapermanenza dell’equipe durante il trattamen-to o il suo impiego direttamente nella sala TCdopo aver effettuato l’esame diagnostico.

Di parere contrario è invece BR Thomad-sen, Professore Associato del Dipartimentodi Fisica Medica all’Università del Wisconsindi Madison. Egli sostiene che il rapido deca-dimento della dose, citato dall’altro autore

come vantaggio radioprotezionistico, com-porta una maggiore disomogeneità all’inter-no del bersaglio, che si riflette comunqueanche sulla salvaguardia dei tessuti sani: pertrattare una lesione di 4 cm di diametro, conl’eBx a 50 kVp occorre una dose alla super-ficie della lesione maggiore di un fattore 1.5rispetto a quella che si ha con l’I192. Inoltre labassa energia comporta uno sbilanciamentodell’interazione nella regione del fotoelettrico,con una forte dipendenza delle dosi dalladisomogeneità dei tessuti. Infine l’impiego ditubi RX comporta la necessità di effettuareun controllo di qualità prima di ogni singolotrattamento, con maggiori oneri economici.

La penuria di fisici in Radioterapia Oncologi-ca è risolvibile attraverso il calcolo remotodei piani di trattamento combinato a visiteperiodiche alla struttura

Med. Phys. 35 (4), Aprile 2008

I recenti sviluppi tecnologici in Radiotera-pia hanno provocato un aumento vertiginosodella necessità di fisici. Questo ha causato unforte aumento delle attività di consulenza neipiccoli centri, che viene svolta utilizzando ilcollegamento remoto al sistema locale per losviluppo dei piani di trattamento e per comu-nicare con l’equipe residente. Naturalmentec’è chi pensa che sistemi complessi comequelli usati in radioterapia necessitino dellapresenza stabile dei Fisici: questo è il dibatti-to di questo mese.

D Zellmer, Direttore del Servizio di FisicaMedica all’Anchorage Radiation TherapyCenter, è favorevole alla soluzione telelavora-tiva. Gli accessi internet ad alta velocitàcostituiscono una grande opportunità per lapianificazione radioterapeutica, tanto che iprincipali applicativi TPS consentono nonsolo l’utilizzo remoto sia in visualizzazione siain calcolo, ma addirittura l’accesso multiploattraverso reti private virtuali. Un esempiolampante dei vantaggi del calcolo remoto èquello dell’IMRT, in cui un trattamento si pia-nifica attraverso una serie di iterazioni che

Point/Counterpoint: rubrica di Medical PhysicsRassegna a cura di Fabrizio Levrero

Servizio di Fisica SanitariaAzienda Ospedaliera Universitaria S. Martino – Genova

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2873/2008 - Fisica in Medicina

hanno generalmente tempi di elaborazionemolto lunghi; la possibilità di effettuare daremoto queste operazioni permette unagestione più efficiente del carico di lavoro.

Per l’opinione contraria interviene E Klein,Professore di Radio-oncologia alla Washing-ton University a St. Louis. Egli premette chela professione di fisico medico è giunta a unbivio critico: l’American Board of Radiologyconsidererà obbligatorio aver completato unprogramma di formazione residenziale perottenere la certificazione. Questo permettel’allineamento della nostra professione aquella dei medici, tuttavia esaspererà ulte-riormente la scarsità di fisici citata nell’intro-duzione al dibattito. L’autore dell’interventonon nasconde che il lavoro da remotopotrebbe essere un modo per affrontare ilproblema nell’immediato, tuttavia invita anon trascurare tutti gli aspetti critici dell’atti-vità in Radioterapia che non possono esserefacilmente risolti utilizzando internet o iltelefono. La comunicazione diretta con i cli-nici, i radioterapisti e i dosimetristi è unaspetto imprescindibile dell’attività del fisicomedico in Radioterapia.

La tomoterapia elicoidale alla fine sostituiràl’IMRT con acceleratore lineare come miglio-re tecnica di radioterapia conformazionale

Med. Phys. 35 (5), Maggio 2008

Raramente uno sviluppo della Fisicaapplicata alla Radioterapia ha suscitato tantoentusiasmo quanto la tomoterapia. Molti fisi-ci e radioterapisti sono convinti che la nuovatecnica sia il metodo migliore di sommini-strazione per la Radioterapia a IntensitàModulata (IMRT), tuttavia i produttori diacceleratori convenzionali stanno studiando

una serie di accessori per rendere i loro pro-dotti competitivi con la nuova tecnologia.

Concorda con il titolo T Bichay, Direttoredi Fisica Medica del Servizio di Radio-onco-logia al The Lacks Cancer Center del St.Mary’s Health Care, Grand Rapids - MI.Secondo lui l’IMRT è stata la tecnica che hapermesso di rilasciare una distribuzioneestremamente conformata a un bersagliodalla forma complessa preservando al mas-simo i tessuti sani circostanti; successiva-mente con la Radioterapia Guidata da Imma-gini (IGRT) si è ulteriormente abbattuta l’im-precisione di posizionamento, ma soltantocon la tomoterapia siamo arrivati a precisio-ni dell’ordine di 0.2 mm. Per concludere, laconformazione della dose al bersaglio dipen-de molto dalla scelta degli angoli di inclina-zione dei fasci e talvolta gli angoli maggior-mente efficaci non costituiscono la scelta piùovvia; in tomoterapia, avendo a disposizioneuna rotazione su 360°, vengono automatica-mente considerate tutte le possibili porte diingresso.

Di parere contrario è invece D Cao, FisicoMedico al Sw edish Cancer Institute di Seat-tle. Egli concorda sul fatto che la tomoterapiaelicoidale sia un’ottima modalità di realizza-zione dell’IMRT e della IGRT, ma non credeche possa rimpiazzare completamente l’IMRTeffettuata con acceleratori lineari convenzio-nali. Questi ultimi, equipaggiati con sistemiTC a fascio conico, possono reggere il con-fronto. Inoltre gli acceleratori lineari hannouna flessibilità decisamente maggiore e pos-sono essere impiegati per rilasciare dosisecondo tecniche meno complesse chehanno comunque la loro validità in molticasi.

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Fisica in Medicina - 3/2008

L'ANGIOGRAFO A DETETTORE DIGITALECON IL PIÙ AMPIO CAMPO DI VISTA AL MONDO

AL CONGRESSO NAZIONALE DI RADIOLOGIAInnova 4100IQ per l'imaging interventistico ad alta risoluzione al SIRM 2008

Quasi cinque anni fa il Dott. Hal Folander, Primario di Radiologia presso il St. Luke's Hospital & HealthNetwork di Betlemme (Palestina), è diventato uno dei primi utilizzatori al mondo della piattaforma digita-le a raggi x Innova 4100IQ .Il Dott. Folander ha aiutato ad implementare il sistema Innova 4100IQ durante trial clinici del sistema e hadichiarato “Le immagini create da Innova 4100IQ di GE ci forniscono le informazioni più dettagliate e vali-de che abbiamo mai avuto” e ha constatato che Innova 4100IQ ha aperto una nuova era per un'ampiagamma di cure interventistiche, producendo immagini fluoroscopiche più chiare con il campo visivo piùampio disponibile al mondo.

In Italia, presso il reparto di Radiologia Vascolare dell'Ospedale S. Andrea di Roma (Prof. VincenzoDavid e Prof. Michele Rossi), GE ha ottimizzato il software 3D vascolare su Innova 4100IQ, rendendo-lo affidabile e sviluppando nuovi tool.

Innova 4100IQ, il primo sistema di rilevazione immagini con ampia piattaforma digitale al mondo, ha cele-brato il suo quinto anniversario nel 2008. Attualmente in tutto il mondo sono installati più di 400 Innova4100IQ e più di 2.100 sistemi Innova. La nuova era nella terapia interventistica continua tutt'oggi perchèil Dott. Folander ed il suo team stanno favorendo nuovi progressi di Innova 4100IQ al St. Luke – inclusiFluoroStore, Rotational Imaging, miglioramenti nella workstation e un'interfaccia utente completamentenuova, Innova Central.Questi progressi hanno favorito lo sviluppo della loro pratica clinica e di eccellenti cure per i pazienti. “Leimmagini create da Innova 4100IQ continuano a fornirci le informazioni più dettagliate e valide che abbia-mo mai avuto” ha osservato Folander. “Innova garantisce un GE Healthcare livello unico di performanceed efficienza che ci sta permettendo di migliorare la nostra pratica clinica nella radiologia interventistica”.La piattaforma digitale di rilevamento Innova 4100IQ offre la più alta qualità d'immagine alla dose piùbassa possibile e il più ampio campo visivo, permettendo ai medici di vedere maggiori dettagli anata-moci con meno iniezioni di mezzi di contrasto e minore esposizione alle radiazioni.“La serie di immagini Innova ha inoltre fino a dieci volte la gamma dinamica dei sistemi precedenti e haun software che permette che questa gamma sia visualizzata utilmente” ha detto Chantal Le Chat, Gene-ral Mktg & Sales Manager, X-Ray Interventional & Surgery (SXI) per GE HC, area EMEA. “Ciò permetteai nostri clienti di risparmiare tempo nella procedura e mostra il dettaglio dell'immagine fino alla superfi-cie della pelle senza filtri di correzione della densità fisica”.

GE HealthcareGE Healthcare fornisce tecnologie e servizi medicali innovativi, che contribuiscono a crear una nuova eradella medicina. L'esperienza e la competenza di GE Healthcare nell'imaging medicale, nelle tecnologieinformatiche, nei prodotti per diagnostica medica, nei sistemi di monitoraggio paziente, nel miglioramentodelle prestazioni sanitarie e gestionali, nello sviluppo di nuovi farmaci e nelle tecnologie di produzione bio-farmaceutica, sono un supporto determinante per gli specialisti clinici di ogni parte del mondo, per re-immaginare nuovi modi di prevedere, diagnosticare, informare, trattare e monitorare le malattie, in modoche i pazienti possano vivere pienamente la vita. La vasta gamma di prodotti e servizi offerti da GE Health-care permette agli operatori sanitari di diagnosticare meglio e trattare sempre più tempestivamente patolo-gie oncologiche, cardiologiche, neurologiche e altre malattie. La visione di GE Healthcare per il futuro è diarrivare a “Early Health”, modello di previsione e cura preventiva della salute basato su diagnosi precoce,rilevamento delle patologie in fase presintomatica e prevenzione. GE Healthcare, business da 17 miliardi didollari con sede nel Regno Unito, fa parte di General Electric Company. GEHC occupa nel mondo più di46.000 persone, impegnate a servire i professionisti del settore sanitario e i loro pazienti in più di centopaesi. Per ulteriori informazioni, visitare il sito w w w .gehealthcare.com

COMUNICA S.r.l. - Tel. 02.7531047 ufficiostampa@comunicaccm

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