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1 Fluidi 1. La colla che tiene unito il mondo Quale forza origina le proprietà chimiche e fisiche delle sostanze? Si tratta della forza fondamentale cui si dà il nome di elettromagnetica , che caratterizza l’interazione fra alcune delle particelle elementari costituenti la materia, come i protoni del nucleo atomico e gli elettroni che vi orbitano intorno. Fra una coppia di esse la forza elettromagnetica è tanto più intensa quanto più sono vicine, e si manifesta repulsiva oppure attrattiva a seconda che le particelle abbiano la stessa modalità di carica oppure modalità differente fra le due sole possibili (positiva e negativa). Tale forza svolge un ruolo di “collante” in quanto tiene insieme gli atomi dei diversi elementi all’interno delle molecole, e tiene anche unite fra loro le molecole. Ma altrettanto giustificato è l’attributo di “repellente” perché quando le distanze si fanno molto piccole mantiene le molecole separate impedendo loro di compenetrarsi, come si sperimenta osservando la grande resistenza alla compressione di solidi e liquidi. Il grado della sua efficacia spiega perché in determinate condizioni ambientali una sostanza sia aeriforme, liquida oppure solida. Quali fattori determinano le proprietà chimiche di una sostanza? Il più piccolo aggregato di particelle che, se isolato, possiede ancora le proprietà della sostanza, può essere un atomo oppure una molecola (che è un insieme di più atomi anche differenti). In entrambi i casi si tratta di oggetti elettricamente neutri. Infatti, essendo costituiti da un ugual numero di particelle negative, gli elettroni, e di particelle positive, i protoni, la loro carica totale è zero. Le interazioni elettriche intramolecolari, cioè, all’interno della molecola stessa fra i suoi protoni ed i suoi elettroni, sono responsabili della sua struttura, e le proprietà che ne scaturiscono sono dette proprietà chimiche. Fra queste c’è la capacità di formare legami con la molecola o l’atomo di una sostanza differente. Quali fattori determinano le proprietà fisiche di una sostanza? Se accostiamo un atomo ad un altro uguale , sebbene si tratti di due sistemi complessivamente neutri, permangono delle interazioni residue il cui effetto è di Capitolo X VICINE: INTENSA LONTANE: DEBOLE VICINE: INTENSA LONTANE: DEBOLE FORZE INTRAMOLECOLARI : PROPRIETA' CHIMICHE

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Fluidi

1. La colla che tiene unito il mondo

Quale forza origina le proprietà chimiche e fisiche delle sostanze? Si tratta della forza fondamentale cui si dà il nome di elettromagnetica, che caratterizza l’interazione fra alcune delle particelle elementari costituenti la materia, come i protoni del nucleo atomico e gli elettroni che vi orbitano intorno. Fra una coppia di esse la forza elettromagnetica è tanto più intensa quanto più sono vicine, e si manifesta repulsiva oppure attrattiva a seconda che le particelle abbiano la stessa modalità di carica oppure modalità differente fra le due sole possibili (positiva e negativa). Tale forza svolge un ruolo di “collante” in quanto tiene insieme gli atomi dei diversi elementi all’interno delle molecole, e tiene anche unite fra loro le molecole. Ma altrettanto giustificato è l’attributo di “repellente” perché quando le distanze si fanno molto piccole mantiene le molecole separate impedendo loro di compenetrarsi, come si sperimenta osservando la grande resistenza alla compressione di solidi e liquidi. Il grado della sua efficacia spiega perché in determinate condizioni ambientali una sostanza sia aeriforme, liquida oppure solida.

Quali fattori determinano le proprietà chimiche di una sostanza? Il più piccolo aggregato di particelle che, se isolato, possiede ancora le proprietà della sostanza, può essere un atomo oppure una molecola (che è un insieme di più atomi anche differenti). In entrambi i casi si tratta di oggetti elettricamente neutri. Infatti, essendo costituiti da un ugual numero di particelle negative, gli elettroni, e di particelle positive, i protoni, la loro carica totale è zero. Le interazioni elettriche intramolecolari, cioè, all’interno della molecola stessa fra i suoi protoni ed i suoi elettroni, sono responsabili della sua struttura, e le proprietà che ne scaturiscono sono dette proprietà chimiche. Fra queste c’è la capacità di formare legami con la molecola o l’atomo di una sostanza differente. Quali fattori determinano le proprietà fisiche di una sostanza? Se accostiamo un atomo ad un altro uguale, sebbene si tratti di due sistemi complessivamente neutri, permangono delle interazioni residue il cui effetto è di

Capitolo

X

VICINE: INTENSA

LONTANE: DEBOLE

VICINE: INTENSA

LONTANE: DEBOLE

FORZE INTRAMOLECOLARI :

PROPRIETA' CHIMICHE

2

Nube Elettron

ATTRAZIONE

REPULSIONE Nube Elettron

tenere atomi della medesima sostanza legati insieme in complesse strutture. Queste interazioni intermolecolari, cioè fra molecole della stessa sostanza, sono responsabili delle proprietà fisiche quali ad esempio la temperatura di fusione e la densità.

Come si spiegano queste interazioni elettriche fra due atomi neutri? Un atomo od una molecola non sono statici: schematizzandoli con il modello planetario, istante per istante gli elettroni sono in movimento, e quindi il centro di simmetria delle cariche positive non coincide con il centro di simmetria delle negative. Affiancando due atomi della stessa sostanza, anche se la carica totale è nulla, la distanza media fra particelle positive e negative dell’uno e dell’altro non ha il valore esatto per bilanciare repulsione ed attrazione fra le varie componenti. Vi sarà sempre qualche azione residua che permette a ciascun atomo (o molecola) di sentire la vicinanza dell’altro. In secondo luogo sappiamo che solo in schemi elementari la carica elettronica può essere pensata localizzata in un punto: più propriamente la si deve immaginare distribuita come una nube attorno al nucleo. Nelle sostanze il cui elemento base è una molecola e non un atomo, tale nube andrà addensandosi di più nelle vicinanze di alcuni atomi piuttosto che di altri, per effetto di una proprietà nota come elettronegatività. Molecole come l’acqua possiedono, già in partenza, una asimmetria di distribuzione nella nube elettronica. La maggiore o minore vicinanza della nube elettronica ai nuclei delle molecole contigue, ha quindi l’effetto di un collante che tiene unite le molecole Cambiano, con la distanza, le interazioni fra molecole di una sostanza? Il risultato dell’azione combinata di tutte le forze elettriche che tengono incollate – e separate - le molecole delle sostanze nelle fasi solida e liquida, è simile ad un richiamo di tipo elastico. Questo significa che esiste una posizione di equilibrio 0r intorno a cui la forza è proporzionale alla distanza fra i centri delle molecole 0r r . Indicando quindi con rF la componente della forza lungo la linea che unisce le due particelle, avremo :

0rF k r r

Il segno meno esplicita il carattere di “richiamo” della forza: positiva (cioè di allontanamento), quando i centri delle particelle sono a distanza minore di 0r (e quindi 0 0r r ), negativa (cioè di avvicinamento), quando i centri delle particelle sono a distanza maggiore di 0r (e quindi 0 0r r ). Consideriamo il semplice caso di due atomi contigui: alla distanza di equilibrio 0r la forza di attrazione del nucleo del primo atomo sulla nube elettronica del secondo bilancia esattamente la repulsione reciproca fra gli elettroni e fra i nuclei. Si pensi ora di allontanare i due nuclei dalla distanza di equilibrio: ciò che accade è che saranno richiamati verso la posizione stabile di prima, e, per effetto dell’inerzia, la supereranno proprio come un pendolo supera il punto di equilibrio per allontanarsi di nuovo da essa e poi riavvicinarsi. L’effetto combinato delle varie componenti elettriche è dunque di produrre oscillazioni. Cosa succede se le molecole si allontanano molto? L’andamento qualitativo dell’intensità delle interazioni è mostrato in figura: quando le molecole sono vicinissime si ha una repulsione, che può diventare anche

FORZE INTERMOLECOLARI :

PROPRIETA' FISICHE

r

r

0r

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indefinitamente grande. In altri termini se tentassimo di avvicinare le molecole non incontreremmo limiti alle forze compressione cui esse possono resistere. Questa enorme crescita della repulsione esprime la semplice constatazione che le molecole non si possono compenetrare occupando contemporaneamente lo stesso spazio: un analogo andamento repulsivo lo mostrerebbe il diagramma della forza con cui si respingono due palle da biliardo se tentassimo di schiacciarle l’una contro l’altra. La repulsione decresce fino alla distanza 0r dove si annulla, per poi diventare attrazione a distanze maggiori: siamo entrati nella regione del grafico dove la forza è negativa. La forza attrattiva cresce poi fino ad un massimo, (cioè decresce verso il minimo negativo del grafico). Questo valore è il massimo della tensione a cui resisterebbero le molecole se tentassimo di smembrare la sostanza. Alle grandi distanze infine, là dove la forza elettrica decresce, l’interazione attrattiva si fa sempre più debole, fino a diventare del tutto trascurabile. Questa è la condizione in cui si trova un gas che si dice perfetto: così rarefatto che la distanza media fra le molecole è molto grande se raffrontata con il raggio di azione delle interazioni.

Che tipo di configurazione si forma quando si hanno molte molecole? Il risultato dell’azione combinata, su un grande numero di molecole, di tutte le forze di richiamo aventi l’andamento sopra esaminato, è la struttura interna di un solido, che prende il nome di reticolo cristallino. Immaginiamo un materasso a molle esteso in tre dimensioni: le molle schematizzano il ruolo delle forze di coesione, e le molecole sono localizzate nei punti di incontro. Le molecole, animate di moto in tutte le direzioni, vengono richiamate verso i siti di equilibrio, li oltrepassano e proseguono ad oscillarvi intorno. Nella fase solida le posizioni dei centri di oscillazione restano fisse, in quella liquida invece scivolano le une sulle altre, con movimenti estremamente lenti rispetto alla frequenza con la quale vibrano, che è dell’ordine di 1210 volte in un secondo. L’estensione del corpo influenza la forza percepita da una molecola? Le proprietà fisiche della materia non sono legate alla grandezza del campione che si considera: ad esempio le temperature di ebollizione o di congelamento non dipendono dal quantitativo di acqua. Questo suggerisce che le proprietà fisiche siano governate da un’interazione “a corto raggio”, perché avviene su dimensioni che sono, in ogni caso, molto inferiori a quelle di qualunque campione di sostanza si possa esaminare. Immaginiamo ciascuna delle molecole al centro di una sfera di azione, di raggio R (dell’ordine di alcuni milionesimi di millimetro). Per come è fatto l’andamento delle forze intermolecolari, le molecole intorno non fanno sentire la loro azione sulla molecola centrale oltre la distanza R , (e viceversa). Le molecole contenute entro la sfera di azione, attraggono la molecola centrale (e ne sono attratte) se sono più distanti di 0r da essa. Le molecole che invece sono ad una distanza minore di 0r , respingono la molecola centrale e ne sono a loro volta respinte. In tutte le situazioni pratiche cui faremo riferimento, le molecole all’interno di un solido o di un liquido si trovano in uno stato di compressione. Infatti, il peso esterno dell’atmosfera sopra ad ogni metro quadro di superficie (pressione atmosferica), fa sì che la distanza media 1r fra due centri di oscillazione consecutivi sia leggermente inferiore al valore 0r dove si annulla la forza di interazione. Poiché l’attrazione da parte delle molecole distanti risulta molto inferiore all’effetto repulsivo di quelle che sono subito intorno a lei, le particelle interne vengono ad essere spinte da tutte le

IL RETICOLO CRISTALLINO DI UN SOLIIDO

DISTANZA FRA I CENTRI DELLE MOLECOLE

FORZA DI COESIIONE INTERMOLECOLARE

MASSIMA ATTRAZIONE

0r

EQUILIBRIO

REP

ULS

IVA

A

TTR

ATT

IVA

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parti da forze di uguale intensità. L’effetto di spostamento è mediamente nullo, cioè le molecole oscillano intorno a posizioni separate da una distanza 1r .

Cosa s’intende con “stato d’aggregazione” di una sostanza? Per quanto interessa lo studio che ci accingiamo ad affrontare, riteniamo valida la semplice schematizzazione secondo cui gran parte delle sostanze può assumere tre differenti stati di aggregazione (o fasi): la fase solida, nella quale esse hanno una forma ed un volume propri, la fase liquida, nella quale hanno un volume proprio ma assumono la forma del recipiente, e la fase aeriforme, nella quale le sostanze, se disposte in un contenitore ove sia stato fatto il vuoto, tendono ad occupare integralmente lo spazio disponibile assumendo la forma ed il volume del contenitore. Gli stati di aggregazione solida e liquida si dicono anche fasi condensate, gli stati liquido ed aeriforme fluidi. Questa schematizzazione è di guida all’intuizione, ma non ha un carattere assoluto: vi sono anche solidi che possono assumere la forma del contenitore (si pensi ad un sale che sia pressato entro un vaso fino compattarsi assumendone la forma) e vi sono liquidi che in certe condizioni hanno una forma propria (ad esempio l’acqua od il mercurio si dividono in goccioline ellissoidali, che diverrebbero sferiche in assenza di gravità).

Che cosa sono le “sostanze pure” ? Questo quadro semplificato ha degli ulteriori limiti, perché certe sostanze esistono solo come solide, o solo come solide e liquide, e quando si tenta di far loro cambiare fase le molecole si decompongono e la sostanza non esiste più. La transizione da una fase ad un'altra è, nel caso generale, un processo complesso, tuttavia è possibile una descrizione schematica se ci si restringe unicamente alle sostanze pure. Con tale termine si intendono quegli elementi - o quei composti - costituiti tutti da atomi di un solo tipo. Ad esempio sono sostanze pure l’acqua 2H O , la molecola dell’ossigeno 2O , o dell’azoto 2N , il metano 4CH ma anche ferro, piombo etc. Invece questo schema non va bene, ad esempio, per l’aria, che è una miscela di gas, per il legno, il vetro, un cono gelato e così via: in tutti quei casi cioè, in cui il costituente elementare non è unico, ma si tratta piuttosto di miscele, soluzioni o leghe. Cosa determina l’appartenenza di una sostanza ad una fase? Come vedremo nel dettaglio più avanti, il fatto che le molecole si trovano in perenne stato di agitazione si manifesta sulla scala degli oggetti producendo la sensazione fisiologica che chiamiamo temperatura di un corpo. Si tratta di un tipo di moto detto caotico, dove le particelle si spostano in ogni direzione, ma non esiste un moto ordinato d’insieme. La nostra mano che, toccando un oggetto, attribuisce ad esso la caratteristica di “caldo” o di “freddo” sta confrontando l’energia cinetica media dovuta all’agitazione termica con quella delle molecole della pelle. Nel caso di una sostanza in fase aeriforme, a temperatura molto alta ed in condizioni di estrema rarefazione, ci troviamo in una situazione limite nella quale le molecole non percepiscono le une la presenza delle altre. Non che le forze di coesione scompaiano: nulla potrebbe ottenere un simile effetto, ma, piuttosto, accade che esse, in quelle condizioni, risultano così deboli che il loro effetto è trascurabile rispetto agli altri fattori in gioco. Pensiamo, ad esempio, quanto inefficace possa essere il tentativo di deviare lo sparo di un proiettile di ferro per mezzo di una piccola calamita: la forza di attrazione non disturberebbe minimamente la traiettoria. Quando tuttavia tali condizioni vengono meno, vale a dire se si raffredda la sostanza oppure la si comprime, le interazioni

R

0r1r

R1r

REPULSIVA ATTRATTIVA

rF

0r

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elettriche fra le molecole cominciano a far sentire il loro effetto e confinano le particelle costringendole ad oscillare attorno alle posizioni del reticolo cristallino. La fase indica se prevale l’agitazione termica o l’attrazione elettrica? Si: le forze di interazione intermolecolare sono quelle che aggregano la sostanza, mentre lo stato di agitazione delle molecole tende a disgregarla. Nella fase aeriforme domina la tendenza alla disgregazione dovuta al moto caotico delle molecole, e così la sostanza si espande in tutto lo spazio a disposizione. Nella fase solida invece dominano le attrazioni elettriche, e le molecole perdono gran parte della loro libertà di movimento. Esse si distribuiscono lungo l’insieme di posizioni del reticolo cristallino, attorno alle quali hanno la possibilità di oscillare ma da cui non possono allontanarsi, e per questo hanno una forma propria sulla scala degli oggetti. La fase liquida si trova, in qualche modo, a metà strada fra le due: in essa l’edificio cristallino è stato disgregato, ma molte molecole formano ancora delle catene e dei raggruppamenti, un po’ come dei brandelli di muro che rimangono fra le macerie di un palazzo. I centri di oscillazione scivolano lentamente gli uni sugli altri, e questo impedisce all’oggetto di avere una forma ben definita sulla scala degli oggetti. Come cambia l’ energia potenziale nei tre stati di aggregazione? E’ possibile dimostrare che le forze elettriche di coesione fra le molecole sono conservative, e quindi si può associare ad esse un’energia potenziale. Ricordiamo che l’energia potenziale di un sistema indica il lavoro che le forze conservative interne compiono quando il sistema viene smembrato e le sue parti portate nella configurazione di riferimento. L’energia potenziale risulta negativa quando le forze conservative interne contrastano questa operazione, eseguendo lavoro resistente. Questo è proprio ciò che accade nel caso in cui si vuole smembrare un sistema di molecole e portarle nella configurazione di riferimento, che di solito è quella in cui sono a distanza infinita le une dalle altre. Se la sostanza è in fase solida, l’energia potenziale delle sue molecole ha un forte valore negativo, che indica come le particelle nei solidi siano profondamente radicate, e che per strapparle dai loro siti occorra eseguire dall’esterno un enorme lavoro, uguale e contrario a quello resistente delle forze di coesione1, e che viene detto lavoro di estrazione. Nei liquidi, le molecole sono a distanza mediamente maggiore e quindi risultano meno radicate, cioè la loro energia potenziale è leggermente meno negativa rispetto a quando la sostanza è in fase solida. All’estremo opposto si trovano gli aeriformi, dove la sostanza è così rarefatta che possiamo pensare le molecole quasi a distanza infinita le une dalle altre e l’energia potenziale è praticamente nulla. Questo significa che, per estrarre una molecola da un aeriforme e condurla ad essere ferma a distanza infinita non occorre compiere alcun lavoro. Al contrario, le molecole tendono a raggiungere questa condizione spontaneamente, come si verifica osservando che un aeriforme tende a rarefarsi occupando tutto il volume a disposizione.

1 Solo se non varia l’energia cinetica delle molcole nelle due configuraizioni (ad esempio ferme sia prima che dopo). Infatti ricordiamo che estU K L , quindi solo se 0K si ha

est conservativoL U L .

La Controfisica Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, accade che le forze fra le molecole siano molto più intense quando una sostanza è aeriforme piuttosto che quando è solida! Nei solidi le molecole oscillano di poco attorno alla posizione di equilibrio, dove le forze valgono zero, ed il loro spostamento raramente diviene così largo da far agire una forza di richiamo significativa. Le più ampie oscillazioni che la temperatura della fase liquida comporta, producono forze di richiamo più intense. Nella fase aeriforme, a motivo della grande distanza, non si hanno attrazionii significative. Quando tuttavia, per brevissimi istanti, le molecole collidono, le forze repulsive che si sviluppano sono intensissime, di gran lunga maggiori di quelle attrattive che mediamente agiscono nelle fasi condensate: siamo nel ramo quasi verticale dell’andamento della forza, dove la distanza fra i centri si approssima a zero.

COLLISIONE

0r R

1r

REPULSIVA P

rF

FORMA E VOLUME PROPRI

(DOMINANO LE INTERAZIONI

ELETTRICHE)

VOLUME PROPRIO, FORMA DEL

RECIPIENTE

OCCUPANO TUTTO LO SPAZIO

DISPONIBILE (DOMI

SOLIDI

LIQUIDI

AERIFORM

NA

L'AGITAZIONE

I

TERMICA)

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2. Densità e pressione nei fluidi

Dato che, per individuare la massa di un fluido, è indispensabile far riferimento al volume V del contenitore che lo racchiude, è pratico servirsi di una grandezza che esprima la massa di un’unità di volume. Si definisce quindi densità di una sostanza, il rapporto fra la massa m di un certo quantitativo ed il volume V che esso occupa. Indicando con la lettera greca (rho) questo rapporto, si ha:

kg/m3mV

da cui m V

Qualsiasi rapporto può essere letto come il quantitativo del numeratore associabile ad una unità del denominatore, quindi la densità rappresenta la massa di un metro cubo di sostanza. A titolo di esempio abbiamo:

kg/m31000acqua kg/m31.229aria (livello del mare)

La densità è una grandezza la cui misura si estende anche alle fasi solide, ad esempio kg/m319300oro .

Esercizi 1. Calcolare la massa di aria contenuta in un frigorifero di dimensioni

m m m1.0 0.60 0.70 . Applicando la definizione:

kg/ m m kg3 31.229 0.42 0.52m

Insieme alla densità, soprattutto per lo studio dei fuidi, è indispensabile introdurre un’altra nuova grandezza detta pressione, che esprima il modo in cui la forza si distribuisce sulle superfici di contatto. Consideriamo su di un tavolo un blocco avente la forma di un parallelepipedo con tre facce differenti: sappiamo che l’equilibrio richiede che il piano d’appoggio eserciti una forza verso l’alto, uguale e contraria alla gravità. Anche se siamo soliti pensare alla gravità come ad un’unica forza, applicata nel baricentro dell’oggetto, essa è il risultato dell’azione combinata delle attrazioni che la Terra esercita su ciascuna delle particelle del blocco. Analogamente anche la forza normale che proviene dal tavolo è solo un modo comodo di rappresentare la somma delle spinte elementari che il piano esercita sulle piccolissime porzioni in cui possiamo immaginare suddivisa l’intera superficie di contatto. Indipendentemente da quale sia la faccia che poggia, la somma delle spinte elementari deve comunque eguagliare il peso mg del blocco, e quindi la forza complessiva proveniente dal piano d’appoggio si può distribuire, a seconda dei casi, su di un’area più o meno estesa. Se quindi dividiamo la forza totale mg per l’area A della faccia otteniamo valori assai differenti della forza per unità di superficie, il maggiore dei quali sarà relativo alla faccia più piccola.

La Controfisica In modo analogo si potrebbe definire il volume specifico V/m come volume (al numeratore) occupato da un chilo di sostanza (associato ad una unità del denominatore).

mg

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Perché è necessario introdurre una grandezza nuova se c’è già la forza? Quando si esercita su di un’area A una forza F

, definiamo pressione il rapporto fra

l’intensità nF della componente di forza normale alla superficie e l’estensione della superficie stessa:

2N/mnFP

A

Leggendo questo rapporto come il quantitativo del numeratore associabile ad una unità del denominatore si vede che la pressione rappresenta quanta forza normale è esercitata sopra un metro quadrato. La pressione è una grandezza fisica che contiene informazioni differenti rispetto a quelle fornite dalla forza: sul parallelepipedo poggiato alternativamente sulla base larga o su quella più stretta agisce la medesima forza normale, ma una pressione differente. Se ponessimo una striscia di gomma sotto al blocco, questa si assottiglierebbe molto di più sotto alla faccia stretta che non sotto alla faccia larga, nonostante la forza complessiva sia la stessa. Per motivi analoghi si foggiano a punta gli oggetti che devono penetrare, come spilli, chiodi e viti, così che la forza esercitata si concentri su di una superficie molto piccola, producendo pressioni elevate. L’unità di misura della pressione, che ha le dimensioni di 2N/m , ha un nome proprio nel Sistema Internazionale, il Pascal Pa . La pressione è esercitata dal blocco o dal piano? A norma del terzo principio della dinamica, il blocco esercita sul piano una forza uguale e contraria a quella che il piano esercita sul blocco, che, come abbiamo visto, deve essere pari al peso mg per garantire l’equilibrio. Diremo allora, indifferentemente, che il blocco esercita una pressione P sul piano, oppure che il piano esercita una pressione P sul blocco. Esercizi 2. Calcolare la pressione sotto ad un cubo di massa kg3.0m e spigolo

m2.0s quando viene poggiato su di un piano orizzontale e quando viene poggiato su di un piano inclinato di 35 . La forza normale è pari al peso nel caso di appoggio sul piano orizzontale, da cui:

Pa Pa3.0 9.817.4

4.0nF mg

PA A

mentre si ha cosnF mg nel caso di appoggio sul piano inclinato, da cui:

Pa Pacos 3.0 9.81 0.8195.6

4.0nF mg

PA A

Come si estende il concetto di pressione alle sostanze fluide? E’ più pratico descrivere la dinamica di sostanze in fase liquida od aeriforme attraverso la pressione piuttosto che tramite un vettore applicato come la forza. Quest’ultima grandezza infatti, richiede che si individui il punto di applicazione, cosa difficile se l’oggetto non ha un propria forma, ma muta continuamente di geometria a seconda delle circostanze: si immagini di intingere un dito nell’acqua e si dica in che punto la forza è stata applicata. La pressione nei fluidi indica, in modo analogo al caso dei solidi, il rapporto fra la forza esercitata dal fluido (o sul fluido) perpendicolarmente ad una qualunque porzione piana di superficie e l’area della

P

8

superficie stessa. Così la pressione atmosferica al livello del mare sarà il rapporto fra il peso della colonna d’aria sovrastante e la superficie della base della colonna, mentre la pressione in fondo all’oceano sarà la forza per unità di superficie esercitata dalla colonna d’acqua sommata a quella dovuta alla colonna d’aria. Cosa c’è di diverso fra comprimere un solido od un liquido? Immaginiamo di porre, fra il blocco ed il piano precedentemente considerati, prima una lastra di vetro e poi uno strato d’acqua. La differenza fra il comportamento delle due sostanze è assai evidente: mentre il vetro non subisce deformazioni apprezzabili, l’acqua schizza via lateralmente lasciando solo uno strato sottilissimo di liquido fra il blocco ed il tavolino. Quest’accelerazione dell’acqua in direzione orizzontale può sorprendere se si pensa che le forze in gioco – il peso del blocco e la reazione del piano – agiscono tutte verticalmente. Ma, come si è visto, al contrario di quelle di un soldo, le molecole di un fluido sono libere di scorrere le une sulle altre così che la repulsione reciproca fra particelle vicine trasforma il peso del blocco in un’azione orizzontale. Lo stesso farebbero una serie di strati di palline da ping pong, che sposterebbero lateralmente quelle sottostanti per farsi largo, qualora venisse adagiato un peso sopra di esse. In un fluido, quindi, ad una forza esercitata verticalmente si accompagna un’azione in direzione orizzontale. Nei liquidi, quale legge regola questo comportamento? Semplici osservazioni permettono di intuire che sopra ad ogni superficie, comunque orientata, posta a contatto con un liquido in condizioni statiche, si esercita una forza proporzionale all’estensione della superficie e diretta perpendicolarmente ad essa. In altri termini la forza orizzontale osservata prima, sull’acqua schiacciata dal blocco, in realtà agisce in qualunque direzione. Riempiamo d’acqua un cilindro cavo dotato di un pistone perfettamente aderente, e di un’apertura laterale in un punto in basso. Se non si provvede ad esercitare col dito una pressione sul foro, l’acqua tende ad uscire, il che implica che sul liquido sta agendo una forza orizzontale. Dato che la posizione dell’apertura non ha nulla di particolare, dobbiamo concludere che un’azione analoga si eserciti in qualunque altro punto a contatto con le pareti del cilindro e venga da queste controbilanciata. Se ora chiudiamo il foro con una membrana elastica a contatto col fluido, questa si deforma assumendo la geometria di una porzione di sfera. Analogamente, un palloncino sferico, bloccato forzatamente sott’acqua, mantiene la propria geometria restringendosi ugualmente in tutte le direzioni senza divenire ovale. La grande simmetria di queste deformazioni è spiegabile solo con l’azione di una forza che sia in ogni punto di pari intensità e perpendicolare alla membrana. Osservazioni e misure più dettagliate mostrano infatti la validità del principio seguente, che si deve allo scienziato e filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662) : Principio di Pascal In ogni punto di una superficie piana a contatto con un liquido, in condizioni statiche, agisce una forza normale alla superficie e proporzionale alla sua area. Essendo la forza proporzionale all’area, il rapporto /nF A si mantiene inalterato, trasmettendosi a tutte le superfici a contatto con il liquido, anche internamente. Il valore assunto da questo rapporto si chiama pressione idrostatica.

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Quindi la pressione nei fluidi non ha una sua direzione? E’ proprio così: la pressione si esercita perpendicolarmente a qualunque superficie interna al liquido. Che poi, su ogni porzione di liquido, spinga da tutte le direzioni una pressione di pari intensità è confermato dall’assenza di movimenti su grande scale all’interno del liquido stesso. Non è dunque possibile espandere o comprimere un liquido in una data direzione senza che si osservino variazioni che compensino nelle altre due direzioni spaziali da essa indipendenti. E’ questo il modo in cui i liquidi riescono a riempire qualunque contenitore assumendone la forma. Nell’esempio del cilindro, pertanto, la pressione esercitata alla base del blocco, /P mg A si trasmette inalterata fino al foro, che per essere chiuso richiede quindi una forza PS , dove S ne è la sezione. La perpendicolarità della forza alla superficie di contatto viene anche espressa dicendo che in un qualunque liquido in condizioni statiche sono assenti sforzi di taglio. Osserviamo infine che il principio di Pascal non si applica ai solidi, come facilmente si intuisce immaginando il cilindro riempito, ad esempio, con un blocco di legno: in questo caso il vincolo che le molecole hanno di oscillare attorno a posizioni fisse origina relazioni molto complesse fra le capacità di deformarsi nelle varie direzioni. Come funziona il torchio idraulico? Il fatto che la pressione in un fluido si trasmetta inalterata a qualunque superficie di contatto trova una notevole applicazione nel meccanismo detto torchio idraulico, usato fra l’altro per moltiplicare la forza che esercitiamo sul pedale dei freni a disco e per sollevare le vetture. Il fluido che tocca la superficie grande 1A , vi esercita la medesima pressione P con cui preme sulla superficie piccola 2A . In questo modo, è solo l’estensione dell’area di contatto a determinare l’intensità della spinta complessiva: come già si è visto, infatti, il principio di Pascal prevede che la forza sia proporzionale alla superficie. 1) Situazione statica: è possibile equilibrare una grande forza F

tramite una piccola

forza f

se le due intensità stanno in rapporto fra loro come le aree di applicazione. Essendoci un unico valore di pressione P su tutto il liquido, si ha infatti:

1

1 2 2

F f AP F f

A A A

2) Situazione dinamica: quando poi si utilizza il torchio idraulico per spostare il punto di applicazione della forza F

(ad esempio se si vuole sollevare un’auto),

l’incompressibilità del fluido impone che sia uguale il volume trasferito da una colonna all’altra:

21 1 2 2 1 2

1

AA y A y y y

A

quindi il tratto 1y lungo cui viene spostato il punto di applicazione di F

è molto

più breve del tratto di cui viene spostato il punto di applicazione di f

. In effetti il rapporto 1 2/y y è esattamente il reciproco del rapporto /F f

, il che esprime il

fatto che il torchio idraulico non crea energia ma, come una leva meccanica, trasforma l’applicazione di una piccola forza per un lungo tratto, nell’applicazione di

1y2A

f

F

1A

2y

10

una grande forza per un breve tratto, in modo però che entrambe compiano lo stesso lavoro L :

1 2L F y f y

Nella pressione non dovremmo tenere conto anche del peso del liquido? Se abbiamo a che fare con recipienti dalle dimensioni contenute, come una bottiglia od un becker da laboratorio, il peso del liquido è trascurabile, e così, in ogni punto viene applicato un unico valore P di pressione idrostatica. Ma se consideriamo colonne di liquido molto alte, come quando scendiamo in fondo al mare, il ruolo della gravità diventa determinante. In questi casi il fluido sovrastante esercita una considerevole forza verso il basso, producendo una pressione che cresce con la profondità. Alla base di un cilindro di sezione A ed altezza y , riempito di acqua, graveranno sia la pressione 0P che l’atmosfera esercita sul pelo libero del liquido, sia la forza per unità di superficie dovuta al peso mg della colonna di fluido:

0mg

P PA

Essendo m V , e V Ay , l’espressione della pressione sul fondo del cilindro diviene:

0 0Vg A

P P PA

yg

A

che va sotto il nome di: Legge di Stevino In un fluido a riposo, la pressione in ogni punto a profondità y rispetto al pelo libero è la stessa, e vale:

0P P gy dove 0P è la forza per unità di superficie che insiste sul pelo libero.

Pertanto, la pressione in un recipiente è uguale in tutti i punti in cui viene tagliato da uno stesso piano orizzontale, indipendentemente da quanto strana possa essere la sua forma. Perché il pelo libero in due vasi comunicanti ha lo stesso livello? Il fatto che la pressione in un liquido dipenda solo dall’altezza dà origine ad alcuni sorprendenti paradossi idrostatici, come quello qui a fianco dei vasi comunicanti. Quando si ha a che fare con un tubo ad U, il fluido che si trova nella sezione orizzontale, viene spinto verso destra e verso sinistra con una pressione pari a quella che le due colonne esercitano verticalmente sul fondale, in quanto la direzione non influisce sul valore della pressione. Di conseguenza, la parte orizzontale (e quindi tutto il fluido) sarà in equilibrio solo se il pelo libero delle due colonne si trova alla stessa altezza y . Se le pareti sono verticali basta che la forza per unità di superficie alla base sia la stessa perché la colonna a destra possa sostenere la maggiore grande massa d’acqua nel vaso a sinistra - ed in genere il peso di una colonna di qualunque sezione. Nel caso di pareti inclinate invece, queste forniscono un contributo importante all’equilibrio. Questa proprietà dei vasi comunicanti è comunemente

aP y

aP bP

y

y

P P P

0P0P

yA

0P

11

sfruttata per far giungere l’acqua fino ai piani alti dei palazzi costruendo un serbatoio sopraelevato, come quello del cosiddetto fungo dell’Eur a Roma. Pare che il principio dei vasi comunicanti fosse ignoto agli antichi romani, i quali costruivano acquedotti interamente sopraelevati perché temevano di non poter far più risalire l’acqua all’altezza desiderata. Cosa accade nel caso in cui il contenitore abbia delle rientranze? Anche la pressione sul fondo di due contenitori come quelli qui a fianco è la medesima, dato che in entrambi i casi il pelo libero del liquido si tova alla stessa distanza 2y dalla base. Si potrebbe erroneamente pensare che la pressione sul fondo del contenitore a sinistra sia minore, dato che il peso del liquido sovrastante è inferiore rispetto al contenitore di destra, ma la superficie della base è in entrambi i casi uguale ad 1A . In realtà, nel contenitore di sinistra, è lecito calcolare la pressione come rapporto fra il peso del fluido (oltre all’atmosfera) e l’area, soltanto sul fondo della colonnina centrale di sezione 2A . Fuori da questa regione, infatti, non vi è soltanto il peso a gravare. Come richiesto dal pricipio di Pascal, sulla superficie sporgente di estensione 1 2A A , a causa del contatto con il liquido, spinge una pressione esattamente uguale a quella che preme dove finisce la colonnina di sezione

2A , cioè 2 1atP g y y . Per la terza legge della dinamica, un’eguale forza per unità di superficie viene esercitata dalla parete orizzontale del recipiente sul fluido, ed essa causa nella regione a sezione larga, 1A , la stessa compressione che nel contenitore a destra si deve al peso del liquido sovrastante. Esercizi 3. Un tubo ad U è riempito di acqua ( kg/m31000a ), ma su una delle due colonne si trova uno strato alto cm10.0d di alcool etilico ( kg/m3806et ). Calcola la differenza fra i livelli del pelo libero nelle due colonne. [R: cm1.94 ] Quali semplici esperienze rivelano la presenza della pressione atmosferica? Sulla nostra testa grava il peso della colonna d’aria che ci sovrasta per circa km100 . Come vedremo il valore della pressione atmosferica è:

2 N/m Pa kPa5 51.01 10 1.01 10 101atP Se capovolgiamo una bottiglia piena versandone il contenuto in un bicchiere, si rimane stupiti nel constatare che, non appena il livello del liquido tocca il collo della bottiglia, la fuoriuscita si arresta. Qualcosa di invisibile sorregge il considerevole peso del liquido ancora dentro alla bottiglia. Ma per l’uomo, sviluppatosi in equilibrio con la pressione dell’atmosfera terrestre, la presenza di un’enorme massa d’aria sopra alla sua testa è talmente naturale che quando gliela si fa notare ne rimane sorpreso. Proprio come si stupirebbe un pesce, se gli venisse detto che trascorre l’intera sua vita immerso nell’acqua. Perché non veniamo schiacciati da una pressione così grande? In effetti una pressione di N/m5 21.01 10 corrisponderebbe a quella esercitata dal peso una massa di circa kg10000 distribuita su ogni metro quadrato. In simili condizioni sembrerebbe impossibile anche solo sollevare un libro da una scrivania.

atP atP P

2y

1y

1A

2A

UN PESCE NON POTREBBE SCOPRIRE SOTTO A COSA STA NUOTANDO!

12

Ma noi siamo organismi in equilibrio a N/m5 21.01 10 : questa pressione spinge dall’interno del nostro corpo come dall’esterno. L’aria s’insinua in ogni spazio accessibile, formando ad esempio sotto al libro uno straterello anch’esso alla pressione di N/m5 21.01 10 , proprio come faceva l’acqua sotto al blocco considerato all’inizio di questo pragrafo. Pertanto la pressione atmosferica risulta un elemento del tutto neutro rispetto ai nostri movimenti, e siccome agisce con uguale intensità da ogni direzione, non li agevola né li contrasta. Come si può misurare il valore della pressione atmosferica? L’esperimento di Evangelista Torricelli (1608-1647), per misurare il valore di atP è una versione raffinata della nostra bottiglia rovesciata. L’atmosfera che dall’esterno spinge sull’acqua nel bicchiere, deve bilanciare il peso per unità di superficie gy esercitato dal fluido, sommato alla pressione di quella poca aria rimasta, che ancora grava sul pelo libero entro la bottiglia. Se invece della bottiglia si prende una colonnina di vetro molto lunga (almeno venti metri!), riempita d’acqua, e si fa in modo che non entri aria nella regione interna quando la si rovescia, si osserva che il liquido smette di scendere quando l’acqua tocca l’altezza di m10.33 . In queste condizioni la pressione alla base della colonna, pari al solo contributo gy , eguaglia quella atmosferica. Per motivi di praticità l’esperimento viene svolto con il mercurio, assai più denso dell’acqua, in modo che l’altezza alla quale il liquido inizia a scendere si riduca a soli mm760 . La colonnina di mercurio viene sostenuta sopra ad una vaschetta colma della stessa sostanza. Si osserva che il mercurio inizia a scivolare giù nella vasca, e si arresta quando la sua altezza raggiunge il valore

mm m760 0.760y . Dalla legge di Stevino sappiamo che la pressione decresce lungo la colonnina: ad un’altezza y vale atP gy . Nella parte alta della colonnina si dovrà avere 0P , cioè per Stevino m0.760 0atP g . Essendo

kg/m4 31.3595 10Hg (a C0 ) e m/s29.8066g , risulta:

2N/m Pa4 51.3595 10 9.8066 0.760 1.01 10at HgP gy

valore che viene detto una atmosfera, 2 atm N/m51 1.01 10 . Osserviamo che la sezione della colonna non influenza questo risultato, perché stiamo misurando la forza per unità di superficie. Se dunque rovesciamo sul recipiente contenente mercurio una colonna più bassa di mm760 , se dentro sopra al pelo libero è stato fatto il vuoto, la colonna sale. Viceversa scende se inizialmente superava i mm760 . Quanto in alto possiamo risucchiare un liquido con una cannuccia? Quello che chiamiamo “succhiare”, è l’effetto della pressione atmosferica che spinge contro una regione dove sia stato creato spazio, in modo da diminuire localmente il valore della pressione. E’ quanto accade ad ogni respiro, quando, allargando i polmoni, l’area racchiusa in essi si trova improvvisamente ad occupare un volume maggiore, così la sua pressione decresce e l’atmosfera spinge immediatamente nuova aria all’interno di questa zona dove incontra minor contrasto. Il principio viene sfruttato anche nel contagocce per medicinali: si crea una zona di bassa pressione comprimendo la gomma in cima, e l’atmosfeta spinge il liquido dentro la cannula. Lo stesso fenomeno permette il bacio: la pressione dall’interno della guancia spinge contro le labbra dove abbiamo creato una piccola regione in cui l’aria

La Controfisica Per rivelare la pressione atmosferica, il fisico Colin Siddows suggerisce il curioso esperimento di gonfiare un palloncino aperto. Si inserisce in una bottiglia di plastica il palloncino capovolto, fissandone l’imboccatura al collo della bottiglia. Da un foro alla base della bottiglia si aspira l’aria attraverso un tubicino. In questo modo la pressione dentro alla bottiglia diviene inferiore a quella atmosferica Pat, e questa lo gonfia mentre l’imboccatura rimane aperta.

La Controfisica I contenitori di palle da tennis sono tubi pressurizzati a 2 atmosfere. La maggiore pressione esterna rispetto a quella di una sola atmosfera dentro alla palla le impedisce di distendersi e di assumere la sua forma sferica. La palla così rilassata mantiene intatta la sua elasticità.

yatP

atP gy

0P

mm760

atP

atP

atP

atP

atP P

13

si è rarefatta. Quando risucchiamo un liquido, è in realtà la pressione atmosferica a farlo risalire, e se si tratta di acqua sappiamo che non andrà più in alto di m10.33 . Un ipotetico gigante di venti metri di altezza non potrebbe dunque, nemmeno bersi un bicchiere di aranciata con la cannuccia2. Come funziona un sifone? Il sifone è un tubo a forma di U capovolta, che consente di trasferire un liquido fra due recipienti ad altezza differente, scavalcando un dislivello intermedio. Affinché funzioni è necessario riempirlo preventivamente di liquido e porre il recipiente di scarico più in basso, in modo che il tratto discendente del tubo sia più lungo di quello ascendente. Se chiudiamo con un dito il foro di uscita del sifone, lungo il tubo la pressione inizialmente diminuisce: partendo dal valore atmosferico atP (che grava sul pelo libero del recipiente alto), si scende fino a 1atP gy alla sommità del sifone. La pressione torna ad essere atP se si ridiscende di 1y e poi aumenta fino a

2atP gy in corrispondenza dell’apertura. Quando leviamo il dito rimane la sola pressione atmosferica a contrastare la spinta che grava sul liquido nei pressi del foro, e poiché questa è maggiore di 2gy rispetto a atP il liquido fuoriesce. Le forze di coesione molecolare fanno il resto del lavoro, perché impedendo al liquido di separarsi lo trascinano su per il lato corto del sifone producendo un flusso continuo. Esercizi 4. Si trovi qual è il massimo dislivello superabile con un sifone.

3. Galleggiamento

Quali forze esercita un fluido su di un oggetto sommerso? Per semplicità immaginiamo un cubo sommerso entro un fluido di densità a : la legge di Stevino prevede che la pressione cresca con la profondità, quindi su ciascuna delle facce laterali agirà la stessa forza PA . Al contrario, fra il fondo e la cima del solido si avrà una differenza di pressione dovuta alla differenza di profondità, che è pari allo spigolo h del cubo:

2 1 2 1( )at a at a aP P P gy P gy gh

Dalla differenza di pressione nasce una forza diretta in alto, detta spinta di Archimede, la cui componente verticale si ottiene moltiplicando 2 1P P per l’area della faccia, 2 1( )A aF P P A ghA . Essendo hA V il volume del cubo, cioè il volume di acqua spostato, (e quindi a am V la sua massa), abbiamo che:

2 Vi sono poi altri fenomeni, detti di capillarità, che permettono ai liquidi di superare questa altezza: è il caso, ad esempio, della linfa che nutre le sequoie salendo ben oltre i dieci metri.

2atP gy

atP

1atP gy

2y

1y atP

1y2y1P

2P

h

14

Legge di Archimede un corpo in equilibrio in un fluido riceve una spinta verticale in alto pari al peso del fluido spostato:

A a aF Vg m g

Pertanto il peso di un oggetto in equilibrio nell’acqua, sia esso a galla oppure sommerso, sarà diminuito del peso del volume di acqua che ha sostituito. Come fanno gli oggetti a galleggiare? Un oggetto in un fluido è sottoposto sia al suo peso che alla spinta di Archimede, quindi quando pesa più del fluido che riesce a spostare va a fondo. Per non affondare risulta allora determinante la sua forma, che stabilisce quanta massa di fluido può essere spostata. Se il peso del corpo è minore della massa di fluido che è in grado di spostare allora esso galleggia, cioè scende rispetto al pelo libero di quel tanto che basta perché la spinta di Archimede eguagli il suo peso. Esso si pone in equilbrio restando con una parte emersa, quella sopra alla cosiddetta linea di galleggiamento, in cui il pelo libero taglia il corpo. In questo caso il peso del fluido che viene sostituito dalla sola parte sommersa è uguale al peso dell’oggetto. Una paradossale conseguenza di questo è che si può galleggiare anche spostando dell’acqua che non c’è! Infatti, purché ci sia abbastanza spazio perché il corpo sia circondato dall’acqua, il fuido in realtà non fa che trasmettere la spinta alle pareti del contenitore, indipendentemente dalla sua quantità complessiva. Il caso limite fra affondare e galleggiare si ha quando l’oggetto sposta una quantità di fluido esattemente uguale al suo peso: in questo caso il corpo può stare in equilibrio sott’acqua a qualunque profondità lo si ponga. alcune specie di pesci sono dotati di una sacca che incamera acqua, detta vescica natatoria, che permette di variare a piacimento il loro peso e quindi salire e scendere sott’acqua. Quest’idea geniale è stata prontamente copiata dai progettisti di sottomarini, che immagazzinano acqua in apposite camere o la espellono da esse in modo da salire e scendere in immersione. Che ruolo svolge la densità del fluido? La spinta di Archimede è determinata proprio dalla densità del fluido, pertanto maggiore risulta , più facile sarà galleggiare in esso. E’ infatti noto che nell’acqua del mare, a più alta densità per la presenza del sale, si sta galla meglio che in quella dolce. Un oggetto che va a fondo in acqua dolce, come ad esempio un uovo fresco, viene a galla se si fa sciogliere nel liquido una opportuna quantità di sale. In un liquido molto denso come il mercurio, galleggiano addirittura blocchi di marmo! Esercizi 5. Per un cubo di materiale che ha una densità pari ad un terzo di quella dell’acqua, a che distanza dalla base si stabilisce la linea di galleggiamento? 6. Quanti palloncini di elio ci vorrebbero per sollevare un uomo di massa kg80.0 ? 7. Una biglia di vetro viene incollata sul lato di una tavoletta di legno e posta a galla in un recipiente. La parte di legno che emerge è maggiore se la biglia è vero il basso o se è verso l’alto? In quale caso è piùalto il livello del liquido nel recipiente?

ACQUA SPOSTATA

ACQUA SPOSTATAAF

mg

A acquaF m g

linea di galleggiamento

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8. Una pietra si trova all’interno di barca in una piscina. Se la pietra viene gettata in acqua cosa succede alla linea di galleggiamento della barca: sale o scende? E cosa succede al livello del liquido nella piscina: sale o scende? 9. Un cubetto di ghiaccio galleggia in un bicchiere. Che proporzione si ha fra parte emersa e parte sommersa? Di quanto è cambiato il livello del pelo libero quando il ghiaccio si è completamente sciolto? Che differenza di conseguenze ci sarebbe fra lo scioglimento del ghiaccio del polo nord e quelli del polo sud? 10. Un palloncino pieno di elio, più leggero dell’aria, si trova all’interno di un’auto durante una brusca frenata. In quale direzione si sposta? 11. Un cubo di densità la metà di quella dell’acqua viene spinto in giù rispetto alla linea di galleggiamento. Si trovi il periodo delle oscillazioni di questo moto

4. L’equazione di continuità Consideriamo un fluido in movimento che presenti le seguenti caratteristiche: (1) La velocità del fluido in ogni punto non cambia mai né direzione né intensità con il passare del tempo. Si dice in questo caso che il moto è stazionario. (2) Il fluido è in condizioni di incompressibilità (cioè la densità non cambia, il che è quasi sempre vero per l’acqua, ma ad esempio in caso dell’aria dovremo richiedere che la velocità non sia molto elevata: al di sotto di quella del suono). (3) Il fluido sia privo di attrito che dissipa l’energia meccanica rallentando il movimento. Un fluido che soddisfa questa richiesta si dice che è non viscoso. Il moto di un fluido con tali caratteristiche viene detto moto laminare e può essere rappresentarlo attraverso una serie di linee che siano punto per punto tangenti alla velocità del fluido stesso, alle quali si dà il nome di linee di flusso. In altri termini, non si ha moto in direzione perpendicolare alle linee di flusso per definizione. Sotto le condizioni su scritte, le linee di flusso non possono evidentemente incrociarsi mai, altrimenti vi sarebbe ambiguità nel valore della velocità in punti come A in figura, dove non è possibile individuare la tangente. Se tingiamo con delle gocce colorate dell’acqua in moto laminare, queste si mettono in moto ordinatamente in fila, ciascuna ripassando negli stessi posti e con le stesse velocità di quelle che l’hanno preceduta. Cosa accade quando un tale fluido passa in un tubo con una strozzatura? E’ questa la situazione di un tubo per innaffiare il giardino: lo si strozza fra le dita per aumentarne la velocità di uscita e quindi la gittata, in modo che l’acqua arrivi più lontano. Se si vuole che il fluido segua un tale percorso bisogna però accelerarlo, e cioè esercitare su di esso una forza nel verso del flusso. Per fare questo ci vuole una pompa: bisogna cioè che l’acqua sia spinta nel tubo da una

v

A?v

?v

1v

1A

2v

2A

16

pressione maggiore di quella atmosferica, come accade quando esce dal rubinetto. Se nello spazio fra la porzione di tubo a sezione grande 1A e la porzione a sezione piccola 2A non ci sono buchi attraverso cui il fluido può uscire dal tubo, nè sorgenti che ve lo immettono, il numero di litri che ogni secondo passa attraverso la grande sezione deve essere uguale a quello che attraversa, ogni secondo, la sezione piccola. Per far passare uno stesso quantitativo attraverso una sezione piccola dobbiamo aumentare la velocità: in un moto laminare le linee di flusso nella strozzatura si fanno più fitte. Allora, nella sezione piccola, il valore 2v della componente della velocità nel verso di scorrimento, dovrà essere maggiore della stessa componente 1v nella sezione grande. Consideriamo ora un intervallo di tempo di durata t . Possiamo immaginare che il fluido che durante t passa attraverso la sezione grande

1A era prima contenuto in un cilindro di altezza 1v t . Se infatti la velocità vale

1v una molecola al massimo percorre questa distanza in un tempo t , e quindi se si trova più lontana di 1v t da 1A non riuscirà a raggiungerla entro tale intervallo. Viceversa tutte le molecole la cui distanza da 1A è minore di

1v t attraverseranno la sezione 1A prima che finisca t . Allo stesso modo il fluido che attraversa 2A durante t era prima contenuto in un cilindro di altezza 2v t . Il volume di fluido dentro uno qualsiasi di questi cilindri si scrive:

area di base altezza A v t

In assenza di pozzi e sorgenti la quantità di fluido che passa nel tempo t non può cambiare, indipendentemente dalla sezione, cioè, cioè 1 1Av t 2 2A v t , da cui si ottiene una relazione nota come: Equazione di continuità:

1 1 2 2Av A v

cioè risulta costante la grandezza Av , detta flusso di volume (o portata), che esprime il volume di fluido che passa, nell’unità di tempo, attraverso una qualunque sezione del percorso. Nel Sistema Internazionale il flusso di volume Av si misura in m /s3 , ma è diffuso anche l’uso delle unità pratiche /s , dove dm31 1 . Quali sono gli effetti dell’equazione di continuità? Applicazioni dell’equazione di continuità si osservano nel flusso d’acqua che scende dal rubinetto facendosi sempre più sottile, oppure nella cima dello zampillo di una fontana che va allargandosi con l’altezza. Nel primo caso, l’acqua parte con una velocità in cima all’imboccatura, che quando tocca terra si è accresciuta del caratteristico fattore 2gh , (velocità di caduta di tutti gli oggetti lasciati da quota h ). La maggiore velocità comporta l’assottigliamento della sezione, e quindi del filo d’acqua, in quanto i litri che ogni secondo toccano il fondo del lavandino (cioè Av ) devono essere gli stessi che fuoriescono ogni secondo dall’imboccatura. Nel secondo caso, l’acqua va

1v t

2v t

2v t

1v t

1A

2A

1v t

2v t

17

diminuendo la propria velocità verticale fino ad azzerarsi nel punto più alto dello zampillo, il che comporta l’allargamento del getto andando verso l’alto, nel rispetto della legge di conservazione della massa. La velocità dell’acqua nei fiumi aumenta nelle strozzature, ed invece diminuisce quando il letto si ramifica (come in prossimità delle foci), in modo da accrescere la sezione totale. Analogamente diminuisce la velocità del sangue quando le arterie si ramificano in miliardi di capillari, aumentando la sezione complessiva. Esercizi 12. Un serbatoio cilindrico alto m2.50 ed avente una superficie di base di

m21.80 è pieno di acqua. Se sul fondo c’è un foro di diametro cm3.00 , si stimi un limite minimo al tempo in cui il serbatoio si svuota. 13. Sapendo che l’aorta ha un diametro interno di mm18 e che il cuore vi immette ogni secondo 0.084 di sangue, si calcoli la velocità del sangue nell’aorta. Sapendo poi che questa si ramifica in 32 arterie dove la velocità del sangue è cm/s21 , se ne trovi il diametro medio.

5. Il teorema di Bernoulli Si deve al fisico svizzero Daniel Bernoulli (1700-1782) una relazione che

esprime la conservazione dell’energia nel caso di un fluido in movimento, e che lega la variazione di velocità ai cambiamenti di pressione idrostatica. La pressione idrostatica di un fluido in movimento è quella che si misura sulla superficie di uno strumento (detto manometro) che sia in moto insieme al fluido. Lo stesso valore di pressione viene esercitato su di un piano in quiete parallelo alle linee di flusso, in modo che il flusso non interferisca con la misura. Se invece si pone una superficie in quiete perpendicolarmente alle linee di flusso, la misura effettuata non è quella della pressione idrostatica, ma quella dell’impatto del moto collettivo delle molecole. In una galleria del vento si misura la pressione idrostatica facendo un foro nel muro. Cos’è un tubo di flusso? Come sappiamo, se vale l’ipotesi di moto stazionario e privo di attriti, le linee di flusso non si incrociano mai. Consideriamo un contorno chiuso in un fluido in moto laminare, ad esempio quello della superficie 1A . Le linee di flusso che intercettano il contorno di 1A formeranno allora una sorta di guida tubolare invisibile che non può essere attraversata, e che viene detta tubo di flusso. Tutte le linee interne ad un tubo di flusso, (abbracciate dal contorno di 1A e che bucano 1A stessa), è come se fossero un fascio di fili dentro ad una guida che non li lascia uscire, ed ogni successiva sezione, come ad esempio 2A , viene attraversata dallo stesso numero di linee. Un tubo meccanico dentro cui scorre il fluido è anche un tubo di flusso.

1A

2A

Manometro :il livello di liquido nel cannello indica la pressione idrostatica

18

Che cosa causa l’aumento della velocità di un fluido in una strozzatura? Consideriamo la porzione di un fluido che entra in una strozzatura, come quella orizzontale fra le sezioni 1A ed 2A . La conservazione della massa richiede un aumento di velocità, e questa accelerazione del fluido è possibile solo se agisce su di esso una forza netta nel verso di scorrimento. Dato che il nostro sistema risulta sottoposto alle sole forze dovute alla pressione del liquido esterno, le cui intensità si scrivono 1 1P A e 2 2P A , la maggiore velocità nella strozzatura deve essere il risultato di una differenza di pressione. Applicheremo il teorema di conservazione dell’energia estL K U alla porzione di tubo di flusso fra 1A ed 2A .

Quant’è il lavoro delle forze esterne sul sistema? Durante un intervallo di tempo t la forza d’intensità 1 1P A sposta il proprio punto di applicazione del tratto 1v t e tale spostamento è parallelo ed equiverso alla forza, che compie pertanto lavoro motore. La forza d’intensità

2 2P A sposta il proprio punto di applicazione del tratto 2v t e tale spostamento è parallelo ma ha verso contrario alla forza, che compie pertanto lavoro resistente. Complessivamente si ha:

1 1 1 2 2 2 1 2estL P Av t P A v t PV PV Nell’ultimo passaggio si è sfruttata l’equazione di continuità, cioè il fatto che il volume di fluido spostato 1 1 2 2V Av t A v t non è cambiato. Osserviamo infine che 1 2P P è il lavoro per unità di volume compiuto dall’esterno sul fluido. Di quanto varia l’energia del sistema? Alla fine dell’intervallo t tutta la porzione di fluido compresa fra i due cilindri colorati in figura è rimasta nelle stesse condizioni. L’effetto del lavoro delle forze esterne dovute alla pressione è stato quello di accelerare il cilindro di acqua di sezione 1A , che aveva velocità 1v , e portarlo alla velocità 2v del cilindro di sezione 2A , lasciando inalterato quanto era in mezzo. Indicando con la densità del liquido, la variazione di energia cinetica del sistema è quindi:

2 2 2 22 1 2 1

1 1 1 12 2 2 2

K mv mv Vv Vv

e sostituendo nel teorema di conservazione dell’energia si ha:

1P V 2P V12

V 22

12

v V 21v

Avendo diviso la variazione di energia per il volume V del fluido interessato, si è ottenuta una relazione che riguarda l’energia per unità di volume:

1P

1A 2A2

P

1v t

2v t

19

Teorema di Bernoulli:

costante2 21 1 2 2

1 12 2

P v P v

cioè in un moto laminare, lungo un tubo di flusso ad ogni variazione di pressione corrisponde un cambiamento nell’energia per unità di volume. Infatti, ricordando che è la massa per unità di volume, si vede subito 21

2 v è l’energia cinetica di un metro cubo di fluido (nel SI), mentre, come si è già osservato, P può essere visto come il lavoro per metro cubo che dall’esterno viene eseguito sul fluido. Quali sono le conseguenze del teorema di Bernoulli? Il teorema esprime in modo quantitativo quello che già avevamo osservato intuitivamente e cioè che, in un fluido in moto laminare orizzontale, per produrre un aumento di velocità in un tubo di flusso ci vuole una caduta di pressione. Infatti, dovendo essere 21

2P v costante su tutto il tubo, ogni diminuzione di pressione (che può essere vista come esecuzione di un lavoro per metro cubo dall’esterno sul fluido) è accompagnata da un’incremento dell’energia cinetica per metro cubo 21

2 v . Il fenomeno è detto: Effetto Venturi lungo un tubo di flusso, una diminuzione di pressione produce un aumento di velocità. E’ chiaramente vero anche il contrario, cioè che le regioni di un tubo di flusso dove il fluido si muove più velocemente sono quelle a pressione più bassa. Tuttavia si deve far attenzione a non invertire la relazione di causa ed effetto, perché è la diminuzione di pressione a causare un aumento della velocità e non, viceversa, l’aumento della velocità a produrre una caduta di pressione. Quindi, affinché il fluido passi in una strozzatura come quella raffigurata a lato si deve avere un calo nella pressione idrostatica lungo il tubo di flusso (cioè dobbiamo spingere il fluido nel tubo) e questo è ben osservabile nel minor livello raggiunto dal liquido lungo i cannelli verticali. A questo calo di pressione consegue aumento nella velocità lungo il tubo, in modo da rispettare la conservazione della massa. L’aumento della velocità è reso visibile nel fatto che le linee di flusso, dovendo seguire le traiettorie delle particelle, si fanno più vicine dentro alla strozzatura. Cosa causa la spinta laterale fra due veicoli in moto fianco a fianco? L’effetto Venturi è ben sperimentabile dalle autovetture e dalle barche quando passano l’una a fianco all’altra. Un veicolo in moto in un fluido fermo lascia dietro di sé una zona svuotata, dove si produce un calo di pressione. Gli strati vicini di fluido, sui fianchi del veicolo, tendono immediatamente a riempire la zona dietro, svuotandosi a loro volta. Quando due veicoli si accostano viene quindi a crearsi fra loro un canale a pressione minore di quella media, e ciò produce una spinta laterale dall’esterno che tende ad avvicinarli. Se ci poniamo nel sistema di riferimento solidale col veicolo, è l’aria ad essere in moto verso di noi, e lo spazio fra le auto diviene la strozzatura di un tubo di flusso dove c’è

La Controfisica Un getto creato da una pompa, un ventilatore, un asciugacapelli, ha una pressione idrostatica pari a quella atmosferica. Questo fenomeno non va confuso con l’effetto Venturi, che vale invece per due porzioni dello stesso tubo di flusso, dove un aumento di energia cinetica può venire solo da da una diminuzione di pressione lungo il tubo.

1P2 1P P

alta P bassa P

20

bassa pressione e quindi, per la conservazione della massa, una maggiore velocità del fluido. Perché è pericoloso un restringimento delle arterie? La pericolosità delle stenòsi, che sono restringimenti nelle arterie dovute a depositi sulle pareti interne, sono imputabili proprio all’effetto Venturi. Per poter mantenere lo stesso afflusso di sangue attraverso la strettoia si deve avere un calo di pressione in quel punto, il che favorisce la tendenza alla chiusura completa dell’arteria stessa. In modo analogo, se schiacciamo con un dito in un punto intermedio il tubo di gomma mentre innaffiamo, la deformazione a volte rimane, mentre un tubo vuoto avrebbe invece immediatamente recuperato la forma originale. Infatti, se il flusso di acqua è abbastanza intenso, si può produrre nella strozzatura una pressione minore di quella atmosferica. L’occlusione dell’arteria è però temporanea poiché, quando essa si chiude del tutto, l’effetto Venturi scompare e così il passaggio si riapre sotto la spinta del sangue. Queste fluttuazioni nella circolazione sanguigna producono rumori che possono essere ascoltati con uno stetoscopio: se tale eventualità si verifica, la placca di deposito va rimossa affinché non accada che staccandosi da sola finisca ad ostruire un’arteria più piccola, e stavolta in modo permanente. In modo complementare si può verificare un aneurisma, cioè un allargamento dell’arteria in un punto dove le pareti si sono indebolite. Si forma una sorta di palloncino dove l’equazione di continuità prevede una minore velocità, accompagnata, come sappiamo, da un incremento nella pressione che può arrivare a produrre la rottura dell’arteria. Come riescono a volare gli aeroplani? Gli aeroplani e gli uccelli, proprio come gli elicotteri, volano perché spingono l’aria verso il basso e da questa ricevano una spinta in alto per la terza legge della dinamica. A deflettere l’aria in basso sono le ali, agendo sia tramite la loro superficie superiore che quella inferiore. Mentre l’ala avanza, lascia dietro, sopra di lei, uno spazio parzialmente svuotato, in cui l’aria da sopra si espande riducendo la pressione rispetto a quella atmosferica. Contemporaneamente l’ala deflette in basso l’aria contro cui urta sotto, producendo una regione a pressione maggiore di quella atmosferica. La differenza fra la pressione sotto e quella sopra l’ala produce una spinta verso l’alto detta portanza. Come si vede in figura, il maggior contributo alla portanza viene dalla superficie superiore: la zona di minor pressione sopra l’ala si estende ben oltre il semplice spazio geometrico svuotato dal passaggio, in quanto l’aria sopra vi si espande rarefacendosi a sua volta. In linea di principio questi effetti potrebbero prodursi anche spostando nell’aria una lamina rettangolare leggermente inclinata, ma il profilo arrotondato delle ali vere rendere più graduali le deflessioni di aria evitando vortici. Come possiamo calcolare la portanza? Se analizziamo la situazione dal punto di vista dell’aereo, è come se avessimo un vento di aria contro un’ala ferma, e le differenze di pressione in verticale di cui si è detto prima incurvano le linee di flusso facendole aderire al profilo dell’ala. In un punto detto di stagnazione i fasci delle linee di flusso si separano, e

v

pressione minore

pressione maggiore

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seguendo il tubo sopra all’ala ci si presenta una situazione si analoga a quella di una strozzatura. Dalla conservazione della massa sappiamo che l’aria che passa al di sopra si muove più velocemente di quella che passa al di sotto, un fatto graficamente evidenziato dall’infittirsi delle linee di flusso sopra all’ala e dal diradarsi di quelle sotto.

La portanza è data dal prodotto della differenza di pressione per la superficie S delle ali. Il teorema di Bernoulli 2 21 1

1 1 2 22 2P v P v permette di calcolare il legame fra la portanza e la velocità v dell’aereo. Portando a primo membro la differenza fra le pressioni e moltiplicando per S allo scopo di ottenere la spinta complessiva in alto, abbiamo:

2 21 2 2 1

1( ) ( )

2portanza P P S v v S

Se l’ala non è troppo inclinata, l’effetto è tanto maggiore quanto più l’aereo va veloce, cioè la differenza fra le velocità sopra e sotto all’ala è proporzionale alla velocità dell’aereo: 2 2 2

2 1( )v v v . Il coefficiente di proporzionalità non può essere ricavato in modo semplice perché dipende dall’angolo che l’ala forma con il flusso di vento apparente contro di lei, detto angolo di attacco. L’angolo di attacco non è mai molto elevato (in un volo di lunga distanza è intorno ai 6 ) perchè più l’ala è inclinata, maggiore diviene il contrasto che essa oppone all’avanzamento dell’aereo. Una formula approssimata per stimare la portanza ottenuta inserendo dei valori medi è:

20.3portanza v S Cosa dice la formula per la portanza? Un velivolo od un uccello, per sostenersi in aria devono sviluppare una portanza pari al proprio peso. Come si vede la portanza dipende da tre fattori, il primo dei quali è la velocità. Questo significa che più pesante è il velivolo, più veloce dovrà volare per sostenersi: in altri termini non si può volare con una velocità di crociera a nostro piacimento! Il secondo fattore è la superficie delle ali: maggiore risulta S più grande la portanza che si può sviluppare. Dispositivi come i flap negli aerei servono ad incrementare la superficie alare, in modo da permettere di volare un po’ meno velocemente, ad esempio quando serve durante la fase di atterraggio. Il terzo fattore è la densità dell’aria: il valore di

La Controfisica Attenzione non invertire la logica di causa ed effetto! E’ la differenza nella pressione a produrre la portanza e con essa un incremento nella velocità, e non viceversa, la maggiore velocità sopra all’ala a generare una diminuzione di pressione.

1v

2v

PUNTO DI STAGNAZIONE

atP

1 atP P

2 atP P

PORTANZA

1v

angolo di attacco

22

kg/m31.23 è valido al livello del mare ma si riduce anche di molto in quota. Pertanto la velocità di crociera di un aereo dipende anche dalla sua quota, mentre per un uccello no in quanto la densità dell’aria si può sempre assumere uguale a quella al livello del mare. Esercizi 14. Un Boeing 747-200 ha una siperficie alare di m2511 e vola alla velocità di

km/h900 alla quota di m12000 , dove la densità dell’aria è circa un quarto di quella al livello del mare. Si stimi la massa dell’aereo. Risulta :

kg/ m kg/ m3 31.230.308

4 m/s m/s1000

900 2503600

v

e sostituendo i dati nella formula per la portanza si ha: N N2 2 60.3 (0.3 0.308 250 511) 2.95 10v S

e ricordando che la portanza è uguale al peso e che W mg , risulta:

kg kg6

52.95 103.00 10

9.81

Wm

g

Infatti trecento tonnellate è approssimativamente il peso del Boeing 747-200 a metà di un volo intercontinetale. Al decollo ne pesa 352 in quanto brucia circa 10 tonnellate di cherosene ogni ora. 15. Ripetere i calcoli dell’esercizio precendete procurandosi i dati per un Boeing 737-800, che è il velivolo comunemente utilizzato per i voli europei dalle più importanti compagnie. 16. A quale velocità deve volare un gabbiano per sostenersi, sapendo che la sua superficie alare è m20.075 ed il suo peso N2.30 ? [R: m/s9.0 ]

6. Entrainment I fluidi reali sono viscosi, cioè non si può ignorare l’effetto che ha sul loro moto

l’attrazione elettrica fra le molecole. In particolare, lo scorrimento di un fluido contro un altro in quiete produce un effetto di trascinamento detto entrainment, che letteralmente sarebbe “salire sul treno”. Le molecole del fluido in quiete, in un certo senso, “prendono il treno che sta passando” perché tirate su dall’attrazione elettrica a distanza da parte delle particelle in moto. Il fenomeno è facilmente verificabile soffiando sopra ad un foglio di carta il cui bordo viene mantenuto in orizzontale davanti alle labbra: sorprendentemente il foglio, dapprima incurvato in basso per la gravità, si solleva fino a porsi in orizzontale3. Le molecole nel flusso del soffio

3 Soffiando di lato ad un foglio mantenuto verticale il fenomeno non ha luogo, perchè le molecole del flusso impattano sulla sua superficie non appena il foglio inizia a sollevarsi.

atP < P

atP

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trascinano con sé quelle dell’aria ferma sulla faccia superiore del foglio, sopra alle quali stanno scorrendo. Il risultato è uno svuotamento di aria da quella parte ed un conseguente calo di pressione, così che il foglio viene spinto in alto dall’aria sottostante, alla pressione atmosferica. Il calo di pressione dovuto al fenomeno dell’entrainment può avere effetti devastanti, ad esempio nel caso dei forti venti che soffiano durante gli uragani svuotando di aria la regione del tetto da cui si vede il flusso allontanarsi. La spinta dovuta alla maggiore pressione interna può arrivare anche allo scoperchiamento del tetto.

Come funzionano gli spruzzatori di liquido? Se si ha un tubo con un’estremità immersa in un liquido, un flusso di aria che lambisca la parte aperta fa risalire il fluido su nel tubo per la diminuzione di pressione dovuta all’entrainment. Questo fenomeno è sfruttato per “spruzzare” il liquidi, che nelle regioni di bassa pressione che si creano si disperdono in goccioline miste ad aria e sono espulsi dal getto del flusso. Lo stesso principio è sfruttato per il funzionamento degli iniettori di gasolio nei motori.

Perché le pale del ventilatore sono impolverate? Anche lo scorrimento di un solido contro un fluido produce entrainment perché in prossimità di una superficie solida le molecole di aria tendono ad aderire elettricamente ad essa, e questo pure se la superficie è in moto. Non si può quindi mantenere pulita l’auto facendola correre ad alta velocità, perché intorno ad essa aderisce sempre uno strato di aria che mantiene i depositi di polvere. Lo stesso vale per le pale di un ventilatore, sempre impolverate dopo che ha funzionato per lungo tempo.

In che modo viene lanciata una palla “ad effetto”? Per produrre una lancio cosiddetto ad effetto, cioè con una traiettoria incurvata, il lanciatore imprime alla palla una rotazione con verso uguale a quello in cui vuole piegare la triettoria. Infatti una palla che ruota porta con sé lo strato di molecole che aderiscono alla sua superfice, che sarà più o meno spesso a seconda del materiale e della rugosità: per amplificare l’entrainment dell’aria le palle da tennis hanno uno strato peloso, quelle da golf delle piccole cavità. A sua volta questo strato aderente trascina altra aria nel verso della rotazione, e se la palla girasse restando ferma si produrrebbe una circolazione di fluido attorno ad essa. Quando la palla si muove in avanti è come se avesse contro di lei un vento apparente con velocità uguale e contraria. Il flusso circolare avrà da una parte lo stesso verso del vento apparente, e verso opposto dall’altra. Come si intuisce dal disegno, il risultato del trascinamento dovuto alla rotazione sarà quello di piegare da un lato il vento apparente4. Ma quando la palla spinge l’aria di lato, per la terza legge della dinamica subisce, ad opera dell’aria, una forza F

eguale e in verso opposto a quella esercitata5, che

incurva la sua traiettoria come in figura. Negli anni venti si costruì addirittura una nave sperimentale che sfruttava questo tipo di spinta: aveva due cilindri verticali che ruotavano deflettendo il flusso del vento e ricevendone una spinta!

4 Addizionando le componenti della velocità di circolazione e quella del vento apparente si ha una velocità minore da una parte. Immaginiamo una fila di persone che si tiene per mano: se da un capo si rallenta, la fila si incurva da quella parte. 5 Perpendicolare sia all’asse di rotazione che al flusso del vento apparente.

F

atP

atP < P

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Soluzioni 3. Il problema richiede di calcolare la differenza 2 1y y . Affinché la sezione orizzontale sia in equilibrio dev’essere 1 2P P . Risulta:

1 1at aP P y

2 2( )at et aP P d y d da cui uguagliando le due pressioni per l’equilibrio:

atP 1a aty P 2( )et ad y d

2 1( )a a ety y d d

m m cm2 11000 806

0.100 0.0194 = 1.941000

a et

a

y y d

4. L’effettivo dislivello h scavalcabile dipende dal tipo di liquido. Infatti, rimossa l’aria dall’interno del sifone, la sommità del tubo non può superare l’altezza in cui diviene zero il valore 1atP gy della pressione interna. Abbiamo già visto che si ha

mm760h per il mercurio ed m10.33h per l’acqua. Quindi il motivo per cui il sifone va preventivamente riempito di liquido è di eliminare il contrasto della pressione atmosferica dall’interno. In caso dovesse permanere una bolla d’aria, la sua pressione deve essere minore di quella atmosferica se vogliamo che il liquido salga almeno di un poco. Quando la bolla ha dimensioni stabili, debbono essere uguali alla sua pressione interna tanto la spinta in su, per unità di superficie,

1atP gy , dentro alla gamba corta del tubo, quanto la spinta in su per unità di superficie, 2atP gy , dentro alla gamba lunga. Da ciò risulta che deve sempre essere 1 2y y , ed il valore numerico di queste altezze è determinato dall’estensione della bolla, e quindi dalla sua pressione. Il meccanismo di drenaggio del liquido funziona ancora quando la bolla ha un’estensione che consente comunque al liquido di raggiungere livello h in figura, il che accade se 1 2y y h .

atPh

1atP gy

1y

2atP gy

2y

0P