FILOSOFIA UNA INTRODUZIONEProf. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione al...

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Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione al concetto di “filosofia” 1 FILOSOFIA: UNA INTRODUZIONE 1. NOTE PRELIMINARI - Il nostro, più che un corso di “filosofia”, sarà un corso di “storia della filosofia”: durante tre anni seguiremo infatti un percorso di tipo storico : partendo dalla nascita della Filosofia – avvenuta nel VII-VI secolo a.c. – giungeremo sin quasi ai giorni nostri. Nell’arco di questi 2.600 anni circa incontreremo numerose figure di filosofi. Potremmo fare diversamente, ma se agiamo in questo modo è per una convinzione che io condivido: comprendere una cosa – in questo caso la Filosofia – significa anche conoscerne l’origine e lo sviluppo nel tempo . - Perché lo studio di questa disciplina comincia solo in terza superiore? Perché solo nei licei? Ci sono numerose motivazioni, molte delle quali di scarso interesse per voi. La ragione fondamentale è, comunque, questa: la difficoltà della materia richiede che essa, perché possa essere compresa, venga affrontata solo da persone già abbastanza grandi (Platone, uno dei più importanti filosofi della storia, riteneva che lo studio della Filosofia non dovesse essere affrontato prima dei trent’anni di età!). La cosa non vi deve preoccupare: noi studieremo la Filosofia, ciò che i filosofi hanno da dirci, in una forma assai semplice (una forma adatta alla vostra età e alle vostre conoscenze) e sforzandoci di “tradurla” nel nostro linguaggio , quello di persone che vivono in una società occidentale del XXI secolo. - Qual è lo scopo, l’utilità di tutto il nostro lavoro? Mi sembra importante provare a dire qualcosa a anche a questo riguardo. Innanzitutto vi metto in guardia relativamente a un errore molto comune . Spesso gli studenti si domandano: “A cosa serve questa materia? ”. Prendiamo, a mo’ di esempio, la matematica. In questo caso ci chiediamo: “A cosa serve la matematica? ”. Spesso succede che questa domanda venga posta, in forma retorica, da parte di chi crede di conoscere già la risposta: “Nella vita la matematica non serve a nulla, quindi perché studiarla?”. Se ci pensate, però, capirete che non ha molto senso chiedere “A cosa serve (la Matematica, la Filosofia, ecc.)?” così, in generale . Questa è una domanda troppo generica e astratta. È molto meglio una domanda di questo tipo: “A cosa serve (la Matematica, la Filosofia, ecc.) a me? ”. Come vedete, si tratta di una domanda molto più concreta e precisa della precedente. È abbastanza ovvio, ma spesso non ci si pensa: l’utilità (o l’inutilità) di una cosa – in questo caso di una disciplina scolastica, l’insegnamento della Filosofia a scuola – dipende in buona parte da me, da che uso ne faccio io ! - Spesso si risponde sull’utilità della Filosofia in questo modo: “La Filosofia ha un interesse culturale ; una persona colta deve almeno avere una qualche idea su che cos’è la Filosofia, visto che si tratta di qualcosa che fa parte della nostra civiltà, dunque occorre studiarla”. Ecco: si tratterebbe, insomma, di un modo per arricchire il cosiddetto “bagaglio culturale ” di ciascuno. Credo che questa risposta, anche se certamente vera, sia del tutto insufficiente. Se l’utilità della Filosofia fosse solo questa, non varrebbe la pena di sforzarsi troppo. Inoltre ci si troverebbe in una situazione abbastanza paradossale: dovete sapere, infatti, che i primi filosofi non erano affatto persone “colte” nel senso oggi comune del termine! Socrate, addirittura, diceva di sapere una sola cosa, questa: “io so di non sapere, io so di essere ignorante!”. Insomma: la Filosofia è nata ed è sempre stata qualcosa di ben diverso da ciò che noi oggi chiamiamo “cultura”. Ai filosofi non è mai importato nulla della Filosofia vista come cultura! Vedremo più avanti il senso di tutto questo. - Un’altra risposta dello stesso tipo, ma un poco più precisa, è questa: “La Filosofia ha avuto un ruolo essenziale nella costruzione della cosiddetta Civiltà occidentale e, visto che noi siamo parte di questa civiltà, dobbiamo almeno sapere di che cosa si tratta! ”. Ancora una volta: risposta vera, ma non soddisfacente. - La risposta che vi propongo io è un’altra. Lo studio della Filosofia è il modo migliore che abbiamo a disposizione (anche se non l’unico) per sviluppare quello che si chiama “senso critico”. Cos’è il senso critico? Non dovete confonderlo con un banale “criticare le opinioni altrui” !

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  • Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione al concetto di “filosofia”

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    FILOSOFIA: UNA INTRODUZIONE

    1. NOTE PRELIMINARI - Il nostro, più che un corso di “filosofia”, sarà un corso di “storia della filosofia”: durante tre anni seguiremo infatti un percorso di tipo storico: partendo dalla nascita della Filosofia – avvenuta nel VII-VI secolo a.c. – giungeremo sin quasi ai giorni nostri. Nell’arco di questi 2.600 anni circa incontreremo numerose figure di filosofi. Potremmo fare diversamente, ma se agiamo in questo modo è per una convinzione che io condivido: comprendere una cosa – in questo caso la Filosofia – significa anche conoscerne l’origine e lo sviluppo nel tempo. - Perché lo studio di questa disciplina comincia solo in terza superiore? Perché solo nei licei? Ci sono numerose motivazioni, molte delle quali di scarso interesse per voi. La ragione fondamentale è, comunque, questa: la difficoltà della materia richiede che essa, perché possa essere compresa, venga affrontata solo da persone già abbastanza grandi (Platone, uno dei più importanti filosofi della storia, riteneva che lo studio della Filosofia non dovesse essere affrontato prima dei trent’anni di età!). La cosa non vi deve preoccupare: noi studieremo la Filosofia, ciò che i filosofi hanno da dirci, in una forma assai semplice (una forma adatta alla vostra età e alle vostre conoscenze) e sforzandoci di “tradurla” nel nostro linguaggio, quello di persone che vivono in una società occidentale del XXI secolo. - Qual è lo scopo, l’utilità di tutto il nostro lavoro? Mi sembra importante provare a dire qualcosa a anche a questo riguardo. Innanzitutto vi metto in guardia relativamente a un errore molto comune. Spesso gli studenti si domandano: “A cosa serve questa materia?”. Prendiamo, a mo’ di esempio, la matematica. In questo caso ci chiediamo: “A cosa serve la matematica?”. Spesso succede che questa domanda venga posta, in forma retorica, da parte di chi crede di conoscere già la risposta: “Nella vita la matematica non serve a nulla, quindi perché studiarla?”. Se ci pensate, però, capirete che non ha molto senso chiedere “A cosa serve (la Matematica, la Filosofia, ecc.)?” così, in generale. Questa è una domanda troppo generica e astratta. È molto meglio una domanda di questo tipo: “A cosa serve (la Matematica, la Filosofia, ecc.) a me?”. Come vedete, si tratta di una domanda molto più concreta e precisa della precedente. È abbastanza ovvio, ma spesso non ci si pensa: l’utilità (o l’inutilità) di una cosa – in questo caso di una disciplina scolastica, l’insegnamento della Filosofia a scuola – dipende in buona parte da me, da che uso ne faccio io! - Spesso si risponde sull’utilità della Filosofia in questo modo: “La Filosofia ha un interesse culturale; una persona colta deve almeno avere una qualche idea su che cos’è la Filosofia, visto che si tratta di qualcosa che fa parte della nostra civiltà, dunque occorre studiarla”. Ecco: si tratterebbe, insomma, di un modo per arricchire il cosiddetto “bagaglio culturale” di ciascuno. Credo che questa risposta, anche se certamente vera, sia del tutto insufficiente. Se l’utilità della Filosofia fosse solo questa, non varrebbe la pena di sforzarsi troppo. Inoltre ci si troverebbe in una situazione abbastanza paradossale: dovete sapere, infatti, che i primi filosofi non erano affatto persone “colte” nel senso oggi comune del termine! Socrate, addirittura, diceva di sapere una sola cosa, questa: “io so di non sapere, io so di essere ignorante!”. Insomma: la Filosofia è nata ed è sempre stata qualcosa di ben diverso da ciò che noi oggi chiamiamo “cultura”. Ai filosofi non è mai importato nulla della Filosofia vista come cultura! Vedremo più avanti il senso di tutto questo. - Un’altra risposta dello stesso tipo, ma un poco più precisa, è questa: “La Filosofia ha avuto un ruolo essenziale nella costruzione della cosiddetta Civiltà occidentale e, visto che noi siamo parte di questa civiltà, dobbiamo almeno sapere di che cosa si tratta!”. Ancora una volta: risposta vera, ma non soddisfacente. - La risposta che vi propongo io è un’altra. Lo studio della Filosofia è il modo migliore che abbiamo a disposizione (anche se non l’unico) per sviluppare quello che si chiama “senso critico”. Cos’è il senso critico? Non dovete confonderlo con un banale “criticare le opinioni altrui”!

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    Avere senso critico, invece, significa essere capaci di fare qualcosa di molto concreto e di molto importante. Significa essere in grado, senza l’aiuto più o meno interessato da parte di altre persone, di formarsi (su qualunque idea o avvenimento!) un’opinione che sia personale e ben argomentata. Avere senso critico significa imparare a giudicare da soli del significato e dell’importanza di opinioni, idee, fatti. Avere senso critico significa essere persone indipendenti, capaci di ragionare senza l’aiuto degli altri, essere persone che si fanno convincere non da chi grida più forte, da chi è più prepotente e deciso, ma da chi mostra la maggiore ragionevolezza. Questa è l’utilità – molto pratica e concreta, come vedete – che uno studio elementare della Filosofia può avere per ciascuno di voi. Non si tratta tanto di imparare a memoria dei contenuti specifici, delle teorie, delle idee più o meno interessanti, quanto di imparare un modo di pensare e di imparare a farlo da soli. Questo è il filosofare, il fare Filosofia, non la semplice acquisizione di un bagaglio culturale.

    2. PER COMINCIARE: ALCUNE DOMANDE - Ben presto vedremo che i filosofi hanno l’abitudine di porsi in continuazione delle domande e, poi, di provare a trovare delle buone risposte. Vedremo anche, e questo è importantissimo, che nessuna risposta potrà essere definitiva. Quelle che i filosofi da sempre si pongono, infatti, sono domande e non problemi. Quale differenza c’è fra le due cose? Un problema è qualcosa che – prendiamo come esempio un esercizio di geometria – può essere risolto una volta per tutte. Una volta trovata la soluzione di un certo esercizio, il lavoro è del tutto concluso, non occorre fare altro. Quando si risponde a una domanda, invece, non si è “giunti alla fine”: nessuna risposta – anche se noi tanto lo vorremmo, e anche i filosofi lo volevano e lo vorrebbero – è mai definitiva, chiusa, completa. C’è e ci sarà sempre altro da dire. A una domanda si può rispondere, ma mai rispondere in modo esaustivo. Rimane sempre qualcosa. Rimangono sempre nuove domande. Il lavoro del filosofo dunque, se anche ha una fine – nel senso di avere un fine, uno scopo – è interminabile. - Visto che in Filosofia si tratta sempre di porre un certo tipo di domande, facciamolo anche noi! Vi propongo una domanda fondamentale, chiarita e precisata da alcune altre domande di contorno. Si tratta in effetti di questioni molto difficili, ma noi le affronteremo in maniera davvero semplice. Quando e dove è nata la Filosofia? Perché la Filosofia è nata proprio in quel

    luogo e in quel tempo?

    CHE COS’È LA FILOSOFIA?

    Cosa c’era prima della Filosofia? Cosa ha fatto la Filosofia, qual è il suo risultato?

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    Le risposte che proveremo a dare, per quanto chiare e semplici possano essere, faranno sorgere altre domande: sarà un po’ come mettersi in cammino e vedere, mano a mano che si procede, la mèta spostarsi ogni volta un poco più avanti... Va bene così: il nostro interesse non sta nel raggiungere una mèta, sta nel camminare!

    3. CHE COS’È LA FILOSOFIA? PRIMA DI RISPONDERE... - La parola “filosofia” è di uso piuttosto comune, una parola quindi che già conoscete: possiamo, proprio per questo, partire da quello che sapete già, o che già avete sentito. Oggi tutti sanno, tanto per cominciare, che la Filosofia è una materia che si studia a scuola. Quasi tutti, poi, hanno sentito delle espressioni all’interno delle quali la parola “filosofia” ricorre: “Devi prenderla con filosofia!”, “Questa è la nostra filosofia di gioco”, “Voglio che tu comprenda la mia filosofia di vita”, “Sei un filosofo!” (frase magari rivolta a una persona che appare particolarmente saggia o sapiente e, per di più, piuttosto distratta). Questi pochi esempi di uso della parola “filosofia” dicono qualcosa di vero sulla Filosofia? Certamente, almeno in parte, lo fanno. Ma ci dicono che cos’è la Filosofia? Assolutamente no! Perché? È molto semplice: quando noi chiediamo “che cos’è?” una cosa, non ci basta avere degli esempi, vogliamo invece ottenere una definizione. Sapete bene che le definizioni sono usate in molte discipline e, in modo particolare, nelle scienze. Voi stessi conoscete molte definizioni. Vediamone qualcuna: “Si chiama circonferenza il luogo di tutti i punti equidistanti da un punto detto centro” (Geometria), “Si chiama frazione una coppia ordinata di numeri naturali in cui il primo si chiama numeratore e il secondo denominatore” (Aritmetica), “La Chimica è quella branca delle scienze naturali che si occupa di studiare la costituzione e le proprietà della materia e delle sue trasformazioni” (Chimica). Potremmo, naturalmente, continuare molto a lungo: basta sfogliare un dizionario per trovare moltissime definizioni! - Proviamo ora, come esercizio, a capire quali sono le differenze fra un esempio e una definizione. Io direi, per farla breve, così: un esempio è un solo caso particolare, specifico, qualcosa che vale in una certa ben precisa situazione, ma non in altre; una definizione invece è qualcosa di più generale, che vale in tante o, addirittura, in infinite circostanze diverse. Proprio per la loro grande generalità, le definizioni sono molto utili per farsi capire e noi tendiamo a utilizzarle di continuo, in modo più o meno consapevole. - Ma torniamo al nostro argomento: rispondere alla domanda “Cos’è la Filosofia?” vorrebbe dire trovare una definizione di Filosofia. In realtà, ci sono moltissime definizioni di Filosofia, non solamente una, ma sta di fatto che nessuna di queste è del tutto valida. Perché? Indichiamo tre motivazioni:

    1) La Filosofia è una disciplina molto antica, con una storia lunga circa 2.600 anni. Pensate che i primi filosofi non usavano affatto la parola “filosofia”, né chiamavano se stessi “filosofi”! Inoltre, in tutti questi anni, come è accaduto per ogni disciplina, anche la Filosofia è molto cambiata! Questo significa che nessuna definizione precisa è adatta per la Filosofia di ogni tempo e di ogni luogo. Nell’antichità, nel Medioevo, nell’epoca moderna, oggi... In tutte queste epoche ci sono stati filosofi, ma si è trattato e si tratta di persone che facevano e fanno cose anche completamente diverse!

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    2) Come se non bastasse, ecco un altro problema, molto più importante del precedente. Il concetto di “definizione”, come vedremo a suo tempo, è stato inventato da un filosofo... Questo vuol dire che prima che ci fosse la Filosofia, non esistevano definizioni, ma solamente esempi! Non dovrebbe, allora, essere difficile capire che se l’idea stessa di “definizione” è una delle scoperte della Filosofia, ed è quindi una cosa interna alla Filosofia, essa non potrà essere usata sulla Filosofia stessa. Sarebbe come pretendere di descrivere la forma di un edificio senza mai poterlo vedere dall’esterno!

    3) Normalmente definire un concetto A (nel nostro caso, il concetto di “Filosofia”) significa descriverlo in termini di concetti più semplici e già noti: B, C, D, ecc. Per comprendere la definizione di circonferenza (concetto A) che abbiamo sopra ricordato, è necessario che noi già comprendiamo i concetti usati nella definizione: “luogo” (concetto B) e “punti” (concetto C). Naturalmente, anche B, C, D, ecc. devono essere definiti! Il problema è, lo capite bene anche voi, che non si può procedere all’infinito, ma a un dato momento bisogna per forza prendere dei concetti, delle idee, come base, fondamento, senza che siano a loro volta definiti! In matematica, per esempio, i concetti che non vengono definiti si chiamano “termini primitivi”. Ora: tutte le discipline scientifiche prendono le mosse da concetti di questo tipo, concetti presi per buoni senza alcuna definizione, ma questo non vale per la Filosofia! Essa è l’unica disciplina che non ammette di principio alcun concetto come primitivo. Essa, per sua natura, rifiuta di ammettere una base di partenza che non possa mai venire messa in discussione.

    - Se quanto vi ho detto è vero allora ci dobbiamo rassegnare: non esiste alcuna definizione completa e coerente della Filosofia! Questo, però, non è un grosso problema: a noi non serve una definizione troppo precisa, ma ci possiamo accontentare di elencare alcune caratteristiche della Filosofia. Queste saranno sufficienti per rispondere alla nostra domanda. Ma prima di arrivare a questo, dobbiamo vedere altre cose.

    4. QUANDO E DOVE È NATA LA FILOSOFIA? - A questo riguardo vi sono posizioni diverse fra gli studiosi, sostanzialmente riconducibili a due opinioni fondamentali. I cosiddetti occidentalisti affermano che la Filosofia sia nata in Grecia, nel VII secolo avanti Cristo, e che prima di questo periodo l’uomo non abbia mai conosciuto nulla di simile. Si tratterebbe, dunque, di una creazione del tutto inedita e originale del genio ellenico. Gli orientalisti, al contrario, sostengono che già civiltà precedenti a quella greca (in particolare in Egitto e in Mesopotamia) elaborarono concezioni che si possono chiamare “filosofiche”, concezioni che i greci ebbero poi il merito di riprendere e sviluppare. Fra queste opinioni, quella meglio fondata appare decisamente la prima, quella degli occidentalisti. Vedremo ora il perché provando a rispondere a un’altra delle nostre domande.

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    5. PERCHÉ LA FILOSOFIA È NATA PROPRIO NELLA GRECIA DEL VII SECOLO AC? - Questa domanda è estremamente complessa e si presta alle ipotesi più varie: noi qui ci limitiamo a mettere in luce tre aspetti che certamente ebbero un grande rilievo. 1. Importanti furono, per cominciare, le condizioni sociali. Come forse sapete, i greci furono i primi a teorizzare e a mettere in pratica la democrazia, passando dai regimi monarchici tipici dell’epoca micenea a quelli prima aristocratici e poi più marcatamente democratici dell’epoca classica. Si trattò sempre, occorre dirlo, di una democrazia relativa (ricordate, a questo riguardo, la perdurante importanza della schiavitù nel mondo ellenico), ma pur sempre abbastanza aperta da consentire la possibilità di discussioni critiche, il confronto fra opinioni diverse, ciò che nei regimi immobilisti e tradizionalisti dell’Oriente non poteva accadere. Non è certo un caso se a Sparta – città caratterizzata da una società militarista e autoritaria – non vi furono filosofi. Non è un caso, ancora, se la Filosofia si sviluppò prima in colonie di nuova fondazione (le colonie ioniche dell’Asia Minore, l’attuale Turchia) che nelle città greche più antiche: in queste nuove città le tradizioni erano più deboli, maggiore era quindi la disponibilità verso il nuovo, il cambiamento... La vita del cittadino greco era una vita comunitaria, con uno spazio piuttosto ridotto concesso a quella che noi definiamo “vita privata”: i primi filosofi, molto spesso, erano uomini politici e legislatori. All’inizio, poi, la Filosofia fu molto spesso ricerca associata (come oggi è, quasi sempre, la scienza). I primi filosofi costituirono delle “scuole” nella forma di vere e proprie comunità di vita. 2. Una seconda ragione è ancora più importante: se è vero che anche gli antichi popoli orientali avevano una profonda forma di sapienza e, spesso, conoscenze scientifiche anche molto complesse (soprattutto in campo astronomico i Babilonesi, in campo matematico e geometrico gli Egizi), è altrettanto vero che la loro sapienza non si basava sull’uso del logos, cioè di quella che noi chiamiamo “ragione”, ma si fondava essenzialmente sul mito e la religione, mentre le loro scienze avevano per lo più scopi pratici e non teorico/conoscitivi: in questo modo si avvalevano solo in misura ridotta di quelli che chiamiamo concetti astratti. Abbiamo qui introdotto un importantissimo termine greco – logos – e più avanti ci occuperemo di chiarirne bene il senso. 3. Il periodo storico in cui la filosofia nacque e si impose all’attenzione è lo stesso periodo – e non a caso! – in cui avvenne il passaggio dall’oralità alla scrittura e, in particolare, alla scrittura alfabetica. La diffusione della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, fu un passaggio fondamentale e necessario per la nascita della mentalità filosofica. Per ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare qui, si può affermare senza tema di smentita che senza l’utilizzo di una scrittura di tipo alfabetico la filosofia, e quindi la scienza, non sarebbe mai potute nascere. Concentriamoci ora su un’altra delle nostre domande.

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    6. COSA C’ERA PRIMA DELLA FILOSOFIA? - Prima della Filosofia, da moltissimo tempo, esistevano il mito e la religione: è per questo che i primi filosofi si “incontrarono” e “scontrarono” proprio con il mito e la religione, vedremo in che senso e secondo quali modalità. Mito e religione avevano nelle società antiche una importanza e una utilità fondamentali: costituivano tentativi, da parte di quell’umanità così lontana da noi, di spiegare, dare un senso al mondo della natura e ai suoi fenomeni (miti naturalistici), ma anche alla natura dell’uomo, alle sue forme di vita associata, alle sue istituzioni (miti storici). Insomma: mito e religione facevano quello che successivamente farà anche la Filosofia, ma lo facevano in un modo diverso. - Cerchiamo, per cominciare, di enucleare meglio le caratteristiche del mito (dal verbo greco mythèo = “io racconto, narro”), visto che ci interessa così da vicino. In Omero “mito” (mythòs) significa “parola, discorso”, solo più tardi assumerà la connotazione ancora oggi comune di “narrazione fantastica”. La mitologia aveva nella civiltà greca un’importanza ben maggiore di quella che oggi ha per noi: Senofane (poeta-filosofo vissuto nel VI-V secolo ac) dice che “da principio tutti hanno imparato da Omero”. La poesia omerica era la prima e maggiore forma di sapienza. Omero ed Esiodo, con le loro narrazioni, fornivano i testi base per l’apprendimento della lingua e, in generale, per l’educazione dei fanciulli. Si tratta del modello educativo epico-omerico. Prima della nascita della Filosofia vero sapiente era, non a caso, il poeta. Attenzione: il poeta è sì un sapiente, ma ciò che egli conosce non deriva da lui, dai suoi sforzi e dai suoi studi personali (come invece accadrà per il filosofo), ma giunge direttamente dall’ispirazione divina! Pindaro (VI-V ac), per fare un esempio, parla di se stesso non come “poeta” ma come “profeta” o “indovino”. Mentre declama la sua composizione, il poeta lascia posto alla divinità che parla tramite lui. Per riassumere: il mito non era affatto una “storia inventata”, così come oggi noi lo vediamo, ma era un serio tentativo di dare una spiegazione al mondo della natura e al mondo dell’uomo descrivendone l’origine. Troviamo miti che descrivono la creazione del mondo (cosmogonie) e degli dèi (teogonie), così come miti che descrivono l’origine dell’essere umano. BREVISSIMO APPROFONDIMENTO SUL MITO (SOLO DA LEGGERE!) L’Iliade e l’Odissea (IX – VIII ac) sono i grandi poemi omerici, massimi modelli per l’educazione dei fanciulli, pure si tratta di opere che propongono valori assai diversi fra loro, tali da rispecchiare fasi successive della civiltà greca.

    - Pensiamo all’Iliade e ad Achille: egli è l’eroe per eccellenza, colui che incarna al massimo grado l’areté (abilità, merito, virtù). In linea di massima, i personaggi dell’Iliade propongono un ideale di vita aristocratico: la terribile forza dei loro sentimenti – rabbia, odio, tristezza, ecc. – la loro nobiltà, la loro capacità di emergere su tutto e tutti non possono certo appartenere all’uomo comune, magari al contadino! Si tratta, comunque, di personaggi accomunati da un tragico destino di morte e di infelicità.

    - Nell’Odissea invece la vita umana non è solo lotta fra uomini potenti, ma anche viaggio, avventura, sforzo dell’intelligenza, inoltre quest’opera ha un “lieto fine”... Qui l’intelligenza e la giustizia di Odisseo vengono valorizzate e premiate, mentre nell’Iliade non sono rispettati meriti e torti. Omero, in entrambe le opere, propone dei modelli da seguire, dei principi etici guida. Notate che il mondo di Omero è già in buona misura un mondo razionale: vi sono sì rappresentazioni mostruose o contro natura, ma non in misura preponderante.

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    Diverso è l’universo di Esiodo (VIII ac). Egli descrive il mondo rurale delle campagne, dei poveri contadini esposti ai soprusi dei furbi e dei potenti: la sua è un’etica legata al lavoro, al dovere, ai cicli delle stagioni e dunque alla regolarità, a un forte sentimento della giustizia. Opere e Giorni è un poema dedicato soprattutto a questa vita campestre, mentre la Teogonia cerca di riordinare secondo una sequenza razionale il complesso materiale mitico relativo alle divinità (qui, non a caso, la nascita degli dèi viene esposta come vittoria dell’ordine sul Caos...). - Passiamo alla religione. Essa in Grecia fu un fenomeno assai complesso, frutto di stratificazione storica (invasioni, colonizzazioni, ecc.). Per questo in Grecia non esisteva una religiosità uniforme, monolitica, così come non esisteva una vera e propria casta sacerdotale. La religione nella Grecia arcaica e classica non si basava su alcuna “rivelazione” divina codificata in un “testo sacro”, come avviene per esempio con il Cristianesimo, né esisteva una Chiesa unificata come istituzione ben precisa o, come abbiamo accennato, sacerdoti “di professione”. Non esistevano neppure dogmi di fede e, cosa molto significativa, in greco non esiste neppure una parola che traduca esattamente il nostro termine “religione”. “Credere negli dèi”, avere “fede”, non significava tanto una convinzione relativa all’esistenza delle divinità (cosa considerata “ovvia”), ma indicava il rispetto delle pratiche di culto per onorare gli dèi. Fondamentale era dunque l'osservanza dei riti e dei culti che la tradizione prescriveva: questo consentiva l'eusèbeia, cioè il “corretto rapporto con il mondo degli dèi”. - Il termine sacro, in greco hieròs, deriva da una radice indo-europea che ha il senso di “forte”: l'idea di sacro nasce probabilmente dalla convinzione della presenza di forze soprannaturali in determinati luoghi (montagne, foreste, sorgenti d'acqua, ecc.) e fenomeni che apparivano misteriosi (il fulmine, il fuoco, ecc.). Ciò che è sacro deve, in quanto tale, essere rispettato, però in Grecia questo rispetto non assunse mai la forma del tabù, ovvero di qualcosa che è proibito e inaccessibile: l'uomo può sempre mantenersi in relazione con ciò che è sacro, purché lo faccia nelle forme corrette. Sacro è anche tutto ciò che deriva dalla volontà divina: in questo senso l'alternanza delle stagioni, la nascita e la morte, il ciclo giorno/notte, il susseguirsi di tutti i fenomeni naturali, ma anche la successione delle generazioni garantita dall'istituzione del matrimonio sono cose sacre. L’esperienza del sacro era, quindi, qualcosa di diffuso, comune, sempre presente nella vita degli esseri umani. La divinità non era qualcosa di lontano e inaccessibile, ma qualcosa di “vicino” e “familiare”. Il giusto atteggiamento verso il sacro era questo: cercare di propiziare, tramite riti e sacrifici, il suo lato benevolo e, allo stesso tempo, scongiurarne il lato malevolo e distruttivo. Si possono individuare, in ambito religioso, tre correnti diverse. La religione aerea, o olimpica, costituisce il riferimento principe delle opere di Omero ed ha come base il culto di enti celesti ed astrali. Ci sono poi i cosiddetti culti ctonii (da kthon = terra) di origine egeo-cretese e legati al lavoro nei campi e alla vita agreste. Infine troviamo le cosiddette sètte, come il culto orfico e quello pitagorico. - La religione olimpica è, innanzitutto, politeista e antropocentrica: ci sono numerosi dèi e non solamente uno. Questi sono visti come personaggi protagonisti, insieme ad eroi umani, della narrazione mitica: qui appaiono come una sorta di “superuomini”. Le divinità, cioè, provano i nostri stessi sentimenti, le nostra passioni, positive e anche negative, la diversità sta tutta nella loro potenza (attenzione però: non si tratta di divinità "onnipotenti", non possono

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    fare qualunque cosa, né sono "onniscienti", non sanno tutto!) e nella loro immortalità. Un altro carattere di questa religione è il suo valore pubblico: essa, cioè, è fatta di riti, feste e sacrifici pubblici, organizzati e gestiti dalle varie poleis greche, eventi ai quali i cittadini partecipano collettivamente. Nella religione olimpica non esiste l'idea di un rapporto privato, personale, con la divinità, ma tutto passa attraverso la propria comunità di appartenenza. Le divinità di questa religione hanno carattere civico, politicizzato: l'organismo sociale della polis, la città stato, ristruttura i modi di della vita, pubblica e privata, e coinvolge quindi anche la religione. Le divinità olimpiche divengono le garanti dell'ordine cittadino. La religione olimpica non contempla alcuna nozione di vita dopo la morte: il defunto si troverà a vagare nel regno di Ade, regno di pallide ombre dove nulla di nuovo accade. Questa religione, infine, non propone alcun preciso senso etico-morale: il destino (Ananke, una forza impersonale) è più forte persino di Zeus e ad esso non ci si può sottrarre. Si tratta di una forza neutra che incarna la necessità universale, al di là di ogni possibilità di spiegazione. Il destino è la parte (la moira) assegnata a ciascuno, ma è anche il generale destino di invecchiamento, dolore e morte. La religione olimpica non dà significato alcuno all’esistenza umana. Non spiega, per esempio, il perché della morte (o della vita, se è per questo...): la morte è “destino”, il che vuol dire che essa “c’è e basta”, che è al di là di ogni possibilità di spiegazione. - Le religioni ctonie, anche dette misteriche (dal verbo greco MÝEIN = “chiudere gli occhi o la bocca”) hanno caratteristiche abbastanza differenti. Ve ne sono diverse, come il Culto Eleusino e il Culto di Dioniso, e si tratta di religioni che immaginano l’oltretomba non come una realtà-sbiadita, una pallida copia della vita terrena, ma come un diverso modo di essere, in attesa di tornare alla vita tramite la reincarnazione. Anche questa religione è politeista e antropomorfa, ma non ha un carattere pubblico: i suoi riti si svolgono di solito di notte e chi vi partecipava (l'iniziato) è tenuto al segreto, le sue dottrine danno importanza a ciò che viene trascurato dalla religione olimpica, cioè la sorte del singolo individuo. Il fatto che questi culti vengano definiti “misterici” non significa affatto che essi fossero proibiti o riservati a una minoranza, anzi: essi erano aperti a tutti – anche agli schiavi, alle donne, agli stranieri – quindi anche a persone normalmente escluse dalla religione olimpica. Misterico, invece, si riferisce al fatto che la persona iniziata a questi riti era tenuta a mantenere il segreto su quanto aveva visto e sentito. I culti misteri si rivolgono non tanto al cittadino, come la religione olimpica, ma all’uomo inteso come singolo individuo. Partecipando a dei riti segreti il fedele si assicura un miglior destino dopo la morte e, così, la possibilità di una migliore reincarnazione. - Vi sono, infine, le cosiddette sètte, come il Culto orfico e i culti pitagorici. Questi culti si possono vedere come dei “movimenti religiosi di protesta”, movimenti cioè che tramite la religione contestano alcuni importanti aspetti della società, tanto da scatenare abbastanza spesso forme di persecuzione. Questi culti proponevano un ideale di vita che, per certi versi, si contrapponeva a quello del “cittadino”. Prevedevano il rispetto di una rigorosa disciplina, cosa che consentiva di garantire la purezza dei membri. Si trattava di persone che respingevano il carattere violento della società – le lotte, le guerre, l’esclusione dalla cittadinanza di interi gruppi di persone – rifiuto simbolizzato, in modo assai significativo, dal divieto di mangiare carne. Non si trattava di una ideologia vegetariana in senso moderno, tutt’altro! Alla base del divieto di mangiare carne c’era il rifiuto dell’idea di sacrificio, dunque della violenza e dell’uccisione. La vita sociale normale era vista da costoro come una vita colpevole, macchiata com’era dalla violenza, e l’iniziato a questi culti doveva progressivamente raggiungere la piena purificazione dell’anima.

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    L’Orfismo introduce così una novità a noi molto familiare: la salvezza e l’immortalità si conquistano anche, oltre che con i rituali, con il rispetto di norme etiche. A questo riguardo è molto significativo un mito orfico riguardante l’origine dell’uomo: i Titani, creature primordiali, avrebbero con un tranello catturato, ucciso e divorato il Dio fanciullo Dioniso. Zeus, come punizione per questa colpa, avrebbe fulminato i Titani, bruciandoli: dal fumo sarebbero nati i primi esseri umani. È un po’ l’idea del “peccato originale” che troviamo anche nella Bibbia. Per l’uomo, punizione della colpa è una vita corporea fatta di dolore, sopraffazione, violenza, morte: esiste però una via verso la salvezza. Si tratta, in primo luogo, di purificare l’anima – scintilla divina presente nell’uomo – liberandola dalla corporeità. Allo stesso tempo, l’anima stessa si deve purificare: una volta completamente purificata l’anima non sarà più costretta a reincarnarsi. Sia il culto orfico che quello pitagorico danno alla purificazione un senso etico-morale: non soltanto i riti sono utili a purificarsi, ma soprattutto il comportamento corretto verso se stessi e gli altri.

    7. CHE COS’È LA FILOSOFIA? ALCUNE CARATTERISTICHE... - Torneremo fra poco sul rapporto tra Filosofia, mito e religione. Ora, però, è giunto il momento di affrontare l’etimologia della parola “filosofia”.

    FILOSOFIA = philèin (“amare”) + sophìa (“sapienza”) = “Amore per la sapienza” Il filosofo, a giudicare dal senso etimologico della parola “filosofia”, non è innanzitutto chi possiede il sapere, ma è chi lo ama e, proprio perché lo ama, lo desidera e cerca! Il filosofo, quindi, si pone sempre in un atteggiamento di ricerca: non è mai soddisfatto in modo definitivo di ciò che già ha appreso, ma sempre si sforza di raggiungere nuovi risultati. Un importante filosofo che studieremo quest’anno, Socrate, arriva a dire che “una vita senza ricerca non è una vita degna di essere vissuta” (potete trovare questa affermazione nell’Apologia di Socrate, una delle tante opere di Platone). - “Amore del sapere”, abbiamo detto, ma occorre ora aggiungere che non tutte le forme di sapere sono di tipo filosofico. Voi, per esempio, siete già ora ricchi di sapere, nel senso che già conoscete moltissime cose, imparate a scuola e non – in effetti molte delle cose che sapete derivano, senza che lo sappiate, dalla Filosofia – ma si tratta per lo più di un sapere di tipo non filosofico. Proviamo, quindi, a dire alcune delle caratteristiche proprie del sapere filosofico, almeno ai suoi inizi. 1. Se pensate a discipline di cui già sapete qualcosa – per esempio la matematica, la biologia, la storia, ecc. – vi accorgerete subito che ognuna di esse ha un oggetto specifico. È come se nella totalità di ciò che esiste, nella totalità del reale, ogni disciplina scegliesse un proprio oggetto di studio, sviluppando metodi adeguati a tale oggetto, ignorando tutto il resto.

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    Detto in altri termini, possiamo affermare che ogni disciplina, scientifica o non, si occupa di un sottoinsieme del reale. Per esempio, di cosa si occupa la biologia? Come sapete essa studia gli “esseri viventi” e solo quelli: non si occupa di nient’altro! Ogni scienza pretende di essere valida, cioè di fornire spiegazioni corrette, solo all’interno del proprio ben delimitato campo di interesse e non al di fuori di esso. La filosofia è più antica delle altre discipline che voi studiate a scuola e, diversamente da esse, nasce e si sviluppa come tentativo di spiegare l’intero, ossia la totalità delle cose, gli aspetti generali e/o fondamentali della realtà (“Ontologia”, “Metafisica”) della conoscenza che noi abbiamo di essa (“Gnoseologia”) e del comportamento dell’uomo (“Etica” o “Filosofia morale”). Vedremo a suo tempo più nel dettaglio cosa abbia significato, all’inizio del pensiero filosofico, occuparsi degli aspetti più generali e fondamentali del mondo reale. Per ora limitiamoci a dire che questa caratteristica, potremmo chiamarla “caratteristica della totalità”, viene un po’ meno con il passare dei secoli. Oggi spesso anche la filosofia, come tutte le altre discipline, tende a limitare la propria azione a campi specifici e ben delimitati. 2. Molte delle discipline che conosciamo hanno degli scopi che noi chiamiamo “pratici”. Facciamo un esempio: l’elettronica non ha valore in se stessa, ma solo relativamente a ciò che ci permette di realizzare, di costruire: dispositivi tecnologici capaci di rendere la nostra vita più facile e comoda: televisioni, computer, cellulari, ecc. Questa caratteristica, comune a moltissime delle discipline sviluppate nei secoli dall’uomo, almeno idealmente non appartiene alla filosofia. Essa infatti non ha – almeno idealmente, di nuovo! – degli scopi di carattere pratico ed utilitaristico. La filosofia nasce e si sviluppa come pura e semplice contemplazione (theoria, in greco) della realtà e il suo unico scopo è quello di giungere alla conoscenza di ciò che è vero, senza secondi fini di alcun tipo. - Gli uomini, come dice Aristotele, “ricercarono il conoscere [innanzitutto] al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica”. Ma perché questo accade? È sempre Aristotele a rispondere: “Tutti gli uomini per natura aspirano al sapere. […] L’esercitare la sapienza e il conoscere sono desiderabili per se stessi dagli uomini: non è possibile, infatti, vivere da uomini senza queste cose.”. È come se Aristotele ci suggerisse che gli uomini vogliono conoscere il mondo che li circonda innanzitutto perché, potremmo dire in modo molto semplice, “conoscere è bello”, “è meglio conoscere che non conoscere”. Il sapere di per se stesso ci dà gioia e soddisfazione, esso risponde cioè a un’esigenza della nostra natura, e solo in un secondo momento esso è importante perché è utile in relazione a scopi pratici. - Il sapere però, oltre ad essere bello e desiderabile di per se stesso, è anche faticoso, come tutti voi ben sapete! Tutti noi impariamo solo con fatica, con difficoltà! Ma allora che cosa ci spinge a inseguire il sapere, a compiere questa fatica? Aristotele ci fornisce una risposta divenuta celeberrima: “Gli uomini hanno cominciato a filosofare a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito progredendo a poco a poco, giunsero a porre problemi sempre maggiori, come i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri e poi i problemi riguardanti l’origine dell’intero universo.”

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    Anche per Platone la filosofia nasce dalla “meraviglia”: egli ci dice infatti che essa è figlia di Taumante (thaumàzein = “provare meraviglia, sconcerto, paura”) – in greco “colui che prova meraviglia” – e la identifica con Iride, messaggera degli dèi tra gli uomini, e anche con l’iride, lo spettro luminoso dai molti colori. Soffermiamoci proprio sulla parola “meraviglia” – thauma in greco – per notare una cosa fondamentale: non si tratta semplicemente di “stupore”, ma di qualcosa di molto più forte: “sconcerto”, “paura”, addirittura “terrore”. Insomma: è qualcosa che, anche volendo, non possiamo in alcun modo ignorare, evitare. Siamo costretti a reagire di fronte a questa “meraviglia”. 3. Chiunque fra noi sa bene che l’uomo è caratterizzato dal suo fare domande, dalla sua curiosità e, conseguentemente, dalla ricerca di risposte, di spiegazioni. Ci basta pensare ai bambini e a tutti i loro “perché? ”. Ma quando una risposta, una spiegazione, può essere chiamata “filosofica”?1 A questo riguardo torniamo al rapporto che la filosofia, al momento della sua nascita, ebbe con mito e religione. La filosofia, infatti, nasce in opposizione e come superamento della spiegazione religioso-mitologica tramite ciò che i primi filosofi chiamarono logos. Logos è una parola greca fondamentale, che ci accompagnerà per tutto l’anno, e come molte parole greche ha numerosi significati: “parola”, “discorso”, “ragione”, “regola”, “rapporto”. - La spiegazione della realtà fornita dai miti e dalla religione, in termini molto generali, si basa su dei racconti che il tempo trasforma in tradizioni accettate da tutti. Facciamo un esempio assai semplice: come sapete, nella mitologia greca i fulmini sono una manifestazione dell’ira di Zeus. Si tratta di due eventi (l’ira di Zeus e il fulmine), il primo dei quali costituisce la spiegazione del secondo, che si dispongono su piani completamente diversi fra loro. Che cosa collega i due fatti come causa (ira) ed effetto (fulmine)? Solo il racconto mitologico, accettato per vero. Al di là del racconto, non troviamo alcun collegamento fra le due cose. Questo tipo di spiegazione appare, ai nostri occhi, come una petizione di principio, qualcosa cioè che si può accettare solo per fede e che non fa aumentare di nulla la nostra reale conoscenza dei fenomeni. - La spiegazione filosofica è completamente diversa. Anche la filosofia cerca di dare delle spiegazioni, lo abbiamo detto, ma lo fa in termini razionali (utilizzando il logos, appunto): essa cerca, in altre parole, di fornire una ragione, un collegamento tra fenomeni diversi, causa ed effetto, che sia da tutti comprensibile su un piano intellettuale e non qualcosa da accettare per fede. La filosofia cerca spiegazioni che non sono dogmi indiscutibili, ma teorie che possono essere discusse e, eventualmente, rifiutate e sostituite da altre. Anche qui facciamo un semplicissimo esempio: il primo filosofo di cui parleremo, Talete, ci dice che “il principio, l’origine di tutte le cose è l’acqua”. Si tratta di una spiegazione che noi, oggi, definiremmo “ingenua” e “sbagliata”, ma se ci pensate è un tipo di spiegazione completamente diversa da quella mitologica e religiosa perché fornisce delle ragioni che la comune intelligenza può valutare, accettare o rifiutare! Esattamente la stessa cosa, come ben sapete, fanno le scienze oggi: proporre spiegazioni dei fenomeni su di un piano razionale. Non vi stupirà dunque sapere che tutte le discipline che oggi chiamiamo “scientifiche” nascono, come frutti da un unico albero, dalla filosofia.

    1 A questo riguardo vedi le slides allegate.

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    - Il linguaggio che sarà peculiare alla filosofia è quello prosastico (quello della discussione dialettica, della conversazione fatta di domande e risposte, del confronto fra idee diverse, ma sempre sostenute razionalmente) in opposizione a quello mimetico-poetico del mito (parole da imparare a memoria e da ripetere, quasi identificandosi con esse). - Riassumendo possiamo dire così: da una parte la filosofia resta legata al mito e alla religione perché cerca di fare la stessa cosa – cioè fornire spiegazioni riguardanti l’esistenza del mondo e dell’uomo – ma, dall’altra, se ne stacca completamente perché cerca di rispondere alle domande dell’uomo in un modo del tutto nuovo! A questo riguardo possiamo citare ancora Aristotele: “Gli uomini originari e antichissimi hanno colto queste cose [cioè la natura del mondo e dell’uomo] nella forma del mito, e in questa forma le hanno trasmesse ai posteri, dicendo che questi corpi celesti sono divinità, e che la divinità circonda tutta quanta la natura. Il resto è stato aggiunto dopo, sempre miticamente, per persuadere i più e per imporre obbedienza alla legge e per ragioni di utilità.” Detto in altre parole: anche l’uomo mitico e religioso è, a suo modo, “filosofo”, ma lo è in modo limitato e scorretto. La filosofia propriamente detta non persuade con dogmi da accettare per fede, non obbliga qualcuno a credere qualcosa, ma cerca di convincere per mezzo della ragione. 4. La filosofia è caratterizzata anche dalla sua radicale istanza critica. Abbiamo già, di passaggio, fatto cenno a questa caratteristica. Mentre le scienze tendono ad assumere come base indiscussa alcuni concetti (i concetti filosofici di “causa” ed “effetto”, per esempio!) la filosofia è del tutto priva di questa base solida ed è, tutta intera, oggetto di continua riflessione, messa in discussione, modifica.

    8. COSA HA FATTO LA FILOSOFIA? QUAL È IL SUO RISULTATO? Anche queste due ultime domande, sono, naturalmente, di grande importanza. Come per quelle che le hanno precedute, potremo solo indicare alcuni elementi essenziali, senza pretese di esaustività. Nei primi secoli della sua esistenza, la filosofia ha progressivamente messo a punto quel processo che di solito si chiama “astrazione” (o “processo astrattivo”) il cui frutto chiamiamo “concetto astratto” (e che invece gli antichi filosofi chiamavano, come vedremo, “universale”). Bisogna stare molto attenti: il nostro linguaggio comune utilizza il termine “astratto” per indicare, spesso in senso negativo, “qualcosa che non ha a che vedere con le cose concrete, reali”. Non potremmo pensare nulla di più sbagliato! “Astrarre” significa invece, alla lettera, “tirare fuori”. Tirare fuori cosa? E tirare fuori da dove? Tirare fuori da una cosa concreta alcune sue caratteristiche, in modo da considerarle non più nella concretezza della cosa singola, ma nella generalità del concetto. Per cominciare a capire facciamo un esempio davvero banale: immaginiamo di avere fra le mani un libro, magari un romanzo. Questo libro ha delle caratteristiche ben precise, che potremmo descrivere a lungo. Il romanzo ha un certo titolo (magari “Il signore degli anelli”), un certo autore (“J.R.R. Tolkien”), racconta una certa vicenda (Frodo Baggins che lascia la

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    Contea con dei fidati amici allo scopo di compiere una ben precisa missione)... Potremmo continuare a lungo! Tutte queste caratteristiche, se ci pensate, sono singolari perché si riferiscono solo a quel preciso libro e a niente altro! Cosa possiamo astrarre da questo libro? Moltissime cose! Per esempio, potremmo dire: “Il Signore degli anelli è un romanzo scritto in lingua inglese”. È facile capire che le parole “lingua inglese”, che compaiono nella nostra affermazione, non hanno solamente un valore singolare, ma generale! Esse, infatti, possono essere riferite a quel preciso libro, certo, ma possono riferirsi nello stesso modo a tutti i testi che siano stati scritti in quella lingua! Ciò che abbiamo astratto, “tirato fuori”, è un concetto, e un concetto è sempre qualcosa di generale: esso non si riferisce mai a una cosa singola, ma una generalità, una universalità di cose. Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, che il concetto astratto, fondamentale creazione del pensiero filosofico, non è “qualcosa che non ha a che vedere con le cose concrete” proprio perché esso proviene dalla cose concrete! Se non esistesse il concreto, il reale, non potrebbe esistere l’astratto! Se pensate al mito e alla religione dell’antica Grecia, di cui abbiamo parlato prima, potete capire facilmente che in esse non c’era astrazione. Un racconto mitico, una storia, è infatti sempre e solo singolare: essa narra una vicenda ben precisa, quella e solo quella! Ora pensate, invece, alla matematica: vi basta un solo attimo per capire che essa è piena di concetti astratti! Basta dire “numero” ed è chiaro che la parola non si riferisce solo a un ben preciso numero, ma a tutti. Ecco: la filosofia degli inizi ha compiuto il passaggio dal concreto all’astratto. Ma perché la filosofia ha fatto questo? Qual è stato il suo risultato? Qual era il suo scopo? Consideriamo lo schema che segue:

    CONCRETO ASTRATTO La filosofia è partita dal concreto, cioè dalle cose realmente esistenti nel mondo, e da lì si è spostata nell’astratto, il mondo dei concetti (freccia verde). A questo punto, la filosofia è ritornata verso il concreto (freccia azzurra) osservandolo però dal nuovo punto di vista messo a disposizione dall'astrazione.

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    A cosa è servito tutto questo? È servito a creare tutte quelle discipline che noi chiamiamo “scienze”. Come avete certo notato già dalla vostra esperienza scolastica, tutte le discipline scientifiche utilizzano concetti astratti: la matematica parla di “numeri” e di “figure geometriche”, la fisica parla di “forze”, di “energia”, la biologia parla di “evoluzione”, la geografia parla di “confini”, ecc.

    MITO RELIGIONE

    FILOSOFIA

    MATEMATICA FISICA ASTRONOMIA BIOLOGIA CHIMICA PSICOLOGIA ... Il concetto astratto è ciò che le discipline scientifiche usano per descrivere il mondo reale con molta maggior precisione ed efficacia di quanto fosse possibile al mito e alla religione antiche. Questo, naturalmente, ci permette oggi di dare spiegazioni molto più complesse ed efficaci della realtà, tali da consentirci, entro certi limiti, di controllarla. In un certo senso, quindi, possiamo dire che la filosofia, dopo aver preso le distanze da mito e religione, ha molti secoli dopo “passato il testimone” alle discipline scientifiche. In tutti questi passaggi, che sono in realtà assai più complessi di quanto abbiamo potuto dire qui, qualcosa è stato guadagnato e qualcosa è stato perso. Diciamo solo un’ultima cosa importante. Sarebbe del tutto sbagliato ragionare nel modo che segue: “Prima ci sono statti il mito e la religione, poi è venuta la filosofia e, successivamente, sono nate le scienze”. In realtà, queste tre differenti modalità del pensiero umano non sono venute semplicemente una dopo l’altra, nello stesso modo in cui a un giorno ne segue un altro, ma si sono sempre intrecciate e sovrapposte, a volte addirittura confondendosi l’una col l’altra! Non è un caso se oggi mito e religione, filosofia e scienze continuano ad esistere insieme. Siamo ormai pronti, ragazzi, per incontrare i primi filosofi della storia e le loro idee.

  • “Filosofia” o 

    “Storia dellaStoria della Filosofia”???

    Per il lavoro che noi faremo, è più 

    opportuno parlare di “Storia d ll Fil fi ”!della Filosofia”!

  • Utilità!Utilità!È un po’ come per l’interesse: della nostra materia non ha molto senso chiedere “A cosa serve?” innon ha molto senso chiedere  A cosa serve?  in 

    generale!Si tratta infatti di una domanda troppo astratta...

    È molto meglio, invece, chiedere: “Perché puòservire a me?”

  • Due motivi abbastanza validiUtilità! Due motivi abbastanza validi...Ma non del tutto!Utilità!11

    Interesse culturale: arricchire il cosiddetto “bagaglio culturale”.

    2Visto che la Filosofia ha avuto un ruolo essenziale nella creazione di ciò che chiamiamo “Civiltà occidentale”, vale lacreazione di ciò che chiamiamo  Civiltà occidentale , vale la 

    pena di sapere almeno di cosa si tratta visto che noi facciamo parte di questa civiltà!

  • Utilità! Un motivo molto migliore!Utilità! Un motivo molto migliore!

    Lo studio della Filosofia è il modo migliore che abbiamo a disposizione (anche se non l’unico) per sviluppare quello che 

    si chiama “senso critico”si chiama “senso critico”.

    ‐ Non vuol dire “criticare” le opinioni degli altri!‐Ma vuol dire saper comprendere e valutare da soli ciò che ci 

    viene proposto.

  • PER INIZIARE: ALCUNE DOMANDE (non problemi)!problemi)!

    Quando e dove è nata la  Perché la Filosofia è nata Filosofia? proprio in quel luogo e in quel 

    tempo?

    CHE COS’È LAFILOSOFIA?

    Cosa c’era prima della Filosofia?

    Cosa ha fatto la Filosofia? Qual è il suo “risultato”? Filosofia?è il suo  risultato ?

    La ricerca della DEFINIZIONE!

  • PER INIZIARE... ancora sulla definizione e sul perché noi non ne cercheremo una!perché noi non ne cercheremo una!

    1nessuna definizione precisa è adatta per la Filosofia di ogni t di i l

    2Il concetto di “definizione”,tempo e di ogni luogo.  Il concetto di  definizione , 

    come vedremo a suo tempo, è stato inventato da un filosofo!

    3Definire un concetto significa d i l i

    4Rinuncia a trovare una 

    descriverlo attraverso concetti più semplici e già noti...

    definizione... Accontentandoci di descrivere alcune 

    caratteristiche della Filosofia!

  • PER INIZIARE... Quando e dove è nata la Filosofia?Filosofia?

    DUE DIVERSE IPOTESI!

    “Occidentalisti” “Orientalisti”

  • PER INIZIARE... Perché proprio nella grecia del VII secolo ac?VII secolo ac?

    CONDIZIONI SOCIALIDemocrazia

    Questioni pratiche contraconcetti astratti

    Passaggio dall’oralità ll itt lf b tialla scrittura alfabetica

  • PER INIZIARE... Cosa c’era prima della Filosofia?Filosofia?

    MITOE

    RELIGIONE

    MITOMITO

    Il mito non come “storia inventata” ma come

    RELIGIONE

    1. Religione olimpicainventata , ma come “forma di sapienza e di educazione”...

    2. Culti ctonii o misterici3. Sètte

  • PER INIZIARE... Cosa c’era prima della Filosofia?Filosofia?

    MITOE

    RELIGIONE

    Si il i h l li i d hi i iSia il mito che la religione, e questo deve essere chiarissimo, svolgevano una funzione essenziale per l’uomo.Entrambi, infatti, fornivano delle spiegazioni riguardanti il senso, l’origine lo scopo e il funzionamento del mondo che ci circonda cosìl’origine, lo scopo e il funzionamento del mondo che ci circonda così come dell’uomo medesimo.

    Oggi quale o quali discipline ricoprono 

    questo ruolo?

  • PER INIZIARE... Alcune caratteristiche della FilosofiaFilosofia

    La parolaFilosofia = philèin 1(amare) + sophìa(sapienza)

    C i i d ll li àCaratteristica della totalitàTentativo di spiegare L’INTERO riguardo: 1) al mondo;2 1) al mondo; 2) al modo in cui noi lo conosciamo; 3)   al nostro comportamento.

  • PER INIZIARE... Alcune caratteristiche della FilosofiaFilosofia

    ContemplazioneNon scopi pratici maNon scopi pratici, ma contemplazione(citazioni da Aristotele)

    3(citazioni da Aristotele)

    Tutti gli uomini sono curiosi e fanno domande: tutti cercano spiegazioni.

    Ragione

    Cosa rende la spiegazione filosofica diversa dalle altre?

    RagioneLa spiegazione attraverso il logos

    4attraverso il logos

  • FACCIAMO UN ESEMPIO DI SPIEGAZIONE MITICO-RELIGIOSA!MITICO-RELIGIOSA!

    N ll it l i i f l i i i ti d itti lNella mitologia greca, i fulmini sono spiegati e descritti come lamanifestazione dell’ira di Zeus secondo il seguente schema:

    IRA DI ZEUS (causa)4

    FULMINI (effetto)

    Oggi consideriamo una simile spiegazione non solo sbagliata, ma anche del tutto irragionevole Per quale motivo?anche del tutto irragionevole. Per quale motivo?

  • LA SPIEGAZIONE MITICO-RELIGIOSACI SEMBRA POCO CONVINCENTECI SEMBRA POCO CONVINCENTE

    Q t i i i i l héQuesta spiegazione ci appare poco razionale perché essapropone come CAUSA ed EFFETTO due cose completamentediverse fra loro, cose cioè che sembrano non poter avere nulla incomune: il fulmine è un “fenomeno naturale”, cioè qualcosa chenoi possiamo cogliere con i nostri sensi, ma l’ira di Zeus non èaffatto una cosa di questo tipo!q p

    4

  • ORA UN PRIMO ESEMPIO DI SPIEGAZIONE FILOSOFICA!FILOSOFICA!

    Il primo filosofo, che si chiamava Talete, sosteneva che ilprincipio, l’origine di tutte le cose è l’acqua secondo il seguenteschema:

    4

    ACQUA (causa) ALTRE COSE (effetto)

    A h t ff i il i d i lAnche questa affermazione, il cui senso vedremo poi neldettaglio, è sbagliata, proprio come la precedente.Nonostante ciò essa è di un tipo del tutto differente. Perché?

  • LA SPIEGAZIONE FILOSOFICASI BASA SULLA RAGIONESI BASA SULLA RAGIONE

    Q t i i i i l héQuesta spiegazione, seppure erronea, ci appare razionale perchéessa propone come CAUSA ed EFFETTO cose che stanno tuttesul medesimo piano e il cui collegamento ci è comprensibilegrazie alla pura ragione, senza che dobbiamo accettare nulla perfede o per tradizione!Sia l’acqua che le altre sostanze fisiche, infatti, sono fenomeniq , ,naturali, posti sullo stesso piano e conosciuti mediante gli stessisensi: ecco che un collegamento, un rapporto fra loro appare atutti comprensibile.tutti comprensibile.

    4

  • PER INIZIARE... Alcune caratteristiche della FilosofiaFilosofia

    Radicale istanza critica 5

    Nulla viene accettato per fede, tradizione, abitudine, “tutti la pensano così”…

    O i id i ifi l i bOgni idea viene accettata o rifiutata solo in base alla ragione!

  • ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali risultati haCosa ha fatto la Filosofia? Quali risultati ha

    ottenuto?

    11Nei primi escoli della sua esistenza, la Filosofia elabora il processo astrattivo, giungendo alla 

    creazione di concetti astratti.

  • ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali risultati ha ottenuto?Q

    1“Astratto” NON significa “distaccato dalla realtà”, come spesso non 

    pensiamo. Non è questo tipo di astrazione inventato e praticato dai filosofi.

    … 

    “astrarre” significa, invece, “tirare fuori”Tirare fuori da una cosa concreta alcune sue caratteristiche, in modo da 

    considerarle non più nella concretezza della cosa singola, ma nella generalità del concetto.

    Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, che il concetto astratto, fondamentale creazione del pensiero filosofico, NON è “qualcosa che non ha a che vedere con le cose concrete” proprio perché esso proviene dalla cosea che vedere con le cose concrete  proprio perché esso proviene dalla cose 

    concrete!

  • ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali risultati ha ottenuto?Q

    CONCRETO ASTRATTO

    La filosofia è partita dal concreto, cioè dalle cose realmente esistenti nel mondo, e da lì si è spostata nell’astratto, il mondo dei concetti (freccia verde). A questo punto, la fil fi è i il (f i ) d l ò d lfilosofia è ritornata verso il concreto (freccia azzurra) osservandolo però dal nuovo 

    punto di vista messo a disposizione dall'astrazione.

  • ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali risultati ha ottenuto?Q

    Ma perché fare una d l ?cosa del genere?

    RELIGIONEMITO

    FILOSOFIA

    MATEMATICA FISICA BIOLOGIA ASTRONOMIAMATEMATICA FISICA BIOLOGIA ASTRONOMIA...

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    LA SCUOLA DI MILETO: TALETE, ANASSIMANDRO, ANASSIMENE

    1. NOTE GENERALI SU TUTTI I PRESOCRATICI I Presofisti, detti anche Presocratici – in assoluto i primi filosofi della storia – sono un eterogeneo gruppo di pensatori, vissuti per lo più prima di Socrate e dei sofisti (da qui la loro denominazione di "pre-socratici" e "pre-sofisti"), che si sono occupati soprattutto del problema della natura, del cosmo, insomma del mondo fisico. Come vedremo a suo tempo, i sofisti e Socrate saranno più attenti all’uomo e alle sue problematiche, tralasciando lo studio della realtà naturale, fisica. I Presofisti fioriscono dal VII secolo ac in poi e si possono dividere in diverse scuole: ionici di Mileto (Talete, Anassimandro, Anassimene), Pitagorici (Pitagora e seguaci), Eraclitei (Eraclito e seguaci), Eleati (Parmenide, Zenone e seguaci), Fisici posteriori (Empedocle, Anassagora, Democrito e altri). Geograficamente, i presofisti operarono principalmente nelle colonie greche della Ionia (Asia Minore, l’attuale Turchia), oppure nella Magna Grecia (Italia meridionale). Solo con Anassagora, come vedremo, si avrà l’ingresso della filosofia in Atene, nel cuore della Grecia. In effetti, come già abbiamo avuto modo di notare, la filosofia si sviluppò prima ai margini della civiltà greca, dove erano meno forti le tradizioni e quindi più facile il cambiamento, per poi estendersi verso il centro. In particolare, essa si sviluppò inizialmente sulle coste dell’Asia Minore, dove certo era possibile sentire l’influenza delle vicine ed evolute civiltà orientali. Delle opere scritte dai presofisti ci sono giunti solo pochi frammenti: tutto ciò che conosciamo di loro si basa su questi, oltre che sulle parafrasi e sulle testimonianze (queste ultime dovute soprattutto ad Aristotele e ai suoi seguaci, in particolare il suo allievo Teofrasto). Abbiamo visto che la nascita della filosofia segna il sovrapporsi alla spiegazione di carattere mitico-religioso la spiegazione razionale. Non a caso, nei primi secoli del suo sorgere, la filosofia portò ad un’affermazione che sarà fondamentale nella costituzione della civiltà dell’Occidente: il pensiero (non qualunque pensiero, ma solo quello razionale, logico!) è superiore alla realtà fisica (vedremo in che senso e perché!). In relazione a ciò, è evidente che le attività umane che più coinvolgono la ragione vennero considerate superiori alle attività prevalentemente manuali. Come già anticipato nell’introduzione, vedremo via via emergere con chiarezza ciò che noi chiamiamo “ragionamento” e “concetto astratto”. Ciò che vedremo è un progressivo e sempre più consapevole passaggio dal concreto – concreto in senso propriamente fisico: ciò che risulta evidente alla conoscenza dei sensi – all’astratto, ovvero a ciò che, pur collegato con la realtà, è l’oggetto proprio del pensiero razionale.

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    2. NOTE GENERALI SULLA SCUOLA DI MILETO Fra il secolo VIII ac ed il secolo VI ac, le genti greche portarono a compimento un lungo processo di migrazione verso terre situate fuori dalla Grecia. In particolare, i greci si diressero verso la Magna Grecia (l’Italia meridionale, dove vennero in contatto con un ambiente ancora culturalmente arretrato) e verso l’Asia Minore (dove i greci, viceversa, entrarono in contatto con culture evolute). Proprio sulle coste dell’Asia Minore, nella città di Mileto, nacque quella che è stata considerata la prima scuola occidentale del pensiero filosofico. Dice Aristotele che Talete, primo rappresentante e fondatore di questa scuola, fu il fondatore della filosofia della Physis. In effetti proprio l’indagine sulla physis, cioè la “natura”, sarà il motivo dominante per tutti i presofisti e, addirittura, andrà a costituire il titolo tradizionale delle loro opere: Sulla Natura (Perì Physeos in greco). Il termine greco physis viene tradotto con la parola “natura”, ma a questo riguardo sorge un problema comune. Concetti che oggi, nella nostra lingua, sono differenziati e articolati con diversi termini, in epoca arcaica erano indicati dalla medesima parola. Ecco che physis non significa solo “natura” – cioè l’insieme dei fenomeni, dei fatti e degli oggetti che formano la natura – ma anche e soprattutto il principio intrinseco del mondo, in un certo senso la sua legge, il suo fondamento, in grado di spiegare la sua organizzazione e le sue trasformazioni. I vari presofisti hanno affrontato il problema della physis in forme assai diverse, ma in generale essi applicano un procedimento simile: la ricerca dell’arché. Per gli antichi il termine arché sta ad indicare l’origine delle cose, il loro principio fondante, ma anche ciò di cui le cose sono fatte, la realtà ultima cui tutto prima o poi si riduce, e anche l’aspetto divino dell’universo. I nostri sensi testimoniano che la realtà che ci circonda è in continuo mutamento e trasformazione, le cose cambiano di continuo, le creature viventi nascono, crescono e poi spariscono, come in una sorta di infinita guerra, senza vincitori né vinti. Di fronte a tutto questo la domanda cui i primi filosofi cercano insistentemente di rispondere è, in buona sostanza, la seguente: “che cosa sta a fondamento del mondo naturale e delle sue continue trasformazioni? Qual è il principio, l’elemento primordiale, che lo costituisce e lo governa?”. Aristotele, secoli dopo, parlando dei Milesii – Talete, Anassimandro e Anassimene – sostenne che essi scoprirono la causa materiale, ovvero “la materia di cui le cose sono fatte”, e poi criticò la parzialità della loro ricerca la quale, a suo avviso, non spiegava l’esistenza e la natura del movimento. In effetti non è così: come abbiamo appena detto, l’arché non indica solo la materia di cui le cose sono fatte, ma anche il loro principio e la loro fine, ed ha in sé anche la ragione di tutte le trasformazioni e di tutti i movimenti. Per quale motivo si fa iniziare la storia della filosofia con la scuola di Mileto e la ricerca sull’arché? Abbiamo già parlato del mito e di quanto fosse importante nell’antica Grecia, ricordiamolo in breve: il mito non era una semplice “storia inventata”, ma un discorso, una verità rivelata da un essere divino. Anche il mito propone, come sappiamo, delle spiegazioni per la natura e i suoi fenomeni, è però vero che tali spiegazioni sono insoddisfacenti, perché non permettono alcuna verifica né indagine razionale.

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    Pensate all’Iliade: essa comincia con la peste che si abbatte sul campo degli achei, peste causata dalla volontà del Dio Apollo. Questa è una spiegazione che in termini razionali non dice nulla: spiega una malattia, sconosciuta nella sua natura e nelle sue cause, tramite l'intervento di una divinità, ancora più ignota della malattia stessa! Diversamente da quanto accade nel mito, i Milesii individuano i loro principi in un’ottica razionale e, seppure le loro considerazioni appaiano certo banali agli occhi di noi moderni, esse si fondano su considerazioni logiche e verificabili, ipotesi che si possono osservare e criticare, proprio come accade per le teorie di uno scienziato contemporaneo. Dicendo che “La peste è causata da Apollo” ne sappiamo quanto prima: sia l’una che l’altro ci sono del tutto ignoti! I Milesii invece propongono spiegazioni che, per quanto ingenue e sbagliate possano essere, vengono ricavate in ordine a considerazioni razionali e verificabili. È forse questo il secondo merito dei Milesii: l’aver creato un’immagine dell’universo regolato da leggi costanti e determinabili, da rapporti di causa-effetto comprensibili dalla comune ragione umana.

    3. TALETE (624-23 AC – 546-45 AC) Assai ricca è la tradizione che parla di Talete, uomo che acquisì in vita e ancor più dopo la morte grande fama e credito, ma è difficile distinguere le notizie vere da quelle false, leggendarie. Pare, inoltre, che Talete non abbia lasciato nulla di scritto. Anche sulla data di nascita e morte ci sono dubbi. Egli va comunque collocato fra la fine del VII e la metà del VI secolo ac. Dovette essere, fra l’altro, contemporaneo dell’ateniese Solone. Talete, cosa comune a tutti gli intellettuali dell’antichità, si occupò di molte questioni situate in campi che a noi, oggi, appaiono completamente separati l’uno dall’altro. Pare che Talete fu un valente uomo politico: consigliò ai greci della Ionia di unirsi in un’unica realtà statale contro la minaccia Persiana e dissuase i cittadini di Mileto dall’alleanza con Creso, re di Lidia (Ciro era, in quel periodo, re di Persia). In effetti la fama di sapiente significava spesso l’attribuzione da parte dei cittadini di cariche politiche. Famose sono rimaste anche le sue teorie astronomiche e matematiche. Fu probabilmente proprio la corretta previsione di un’eclissi ad allargare enormemente la fama di Talete: proprio le eclissi erano allora considerate avvenimenti contrari per antonomasia al regolare svolgimento delle cose, e quindi impossibili da prevedere! Tramandano le fonti che egli scoprì i solstizi1 e la distanza fra di essi, calcolò le proporzioni fra il Sole, la Luna e le loro orbite, scoprì l’Orsa Minore, comprese che la Luna è illuminata dal Sole. In ambito matematico, cinque sono le proposizioni geometriche che gli vengono attribuite. Aggiungono alcune fonti che egli avrebbe acquisito le sue conoscenze in Egitto, notizia peraltro attribuita a numerosi filosofi e da considerarsi leggendaria. Gli si attribuiscono anche alcune applicazioni pratiche delle sue scoperte, come la misurazione dell’altezza delle piramidi a partire dalla loro ombra. - Per quanto riguarda la vita di Talete, due episodi di segno opposto ci sono narrati da Platone e Aristotele, entrambi elaborati nel tentativo di difendere la propria posizione. Platone ci racconta che Talete, tale era il suo distacco dalla realtà quotidiana, una notte, mentre osservava le stelle, cadde in un pozzo. Una serva lo trovò e lo prese in giro, dicendogli 1 I solstizi sono le due date dell’anno, 22 giugno e 22 dicembre, in cui in ogni emisfero terrestre si ha, rispettivamente, il giorno più lungo e la notte più lunga.

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    che era così assorto nelle cose celesti da non curarsi delle terrene e da incappare, a causa di ciò, in numerosi guai. Aristotele, invece, ci riferisce che Talete, ripreso da un conoscente che lo accusava di essere povero e di non saper usare la propria sapienza per arricchirsi, grazie alle sue conoscenze meteorologiche riuscì già in inverno a prevedere una stagione ottima per il raccolto di olive. Così affittò con grande anticipo tutti i frantoi disponibili subaffittandoli poi a prezzo ben maggiore. Ma vediamo ora l’aspetto delle riflessioni di Talete che più ci interessa. Aristotele attribuisce a Talete l’identificazione nell’elemento umido, segnatamente l’acqua, il principio, l’arché. Per quale ragione proprio l’acqua? È umido ciò di cui ogni cosa si alimenta, di natura umida sono tutti i semi. L’umido si trova in tutte le cose, specialmente negli oggetti animati. Sempre Aristotele testimonia che, secondo Talete, la Terra galleggerebbe sulle acque. A Talete viene anche attribuita un’affermazione secondo cui “tutto è pieno di déi” ed un’altra che attribuirebbe un’anima anche al magnete, data la sua capacità di muovere. Bisogna poi dire che per Talete vale, come del resto era comunemente accettato, il principio dell’Ilozismo. Egli cioè non aveva il concetto della materia inerte ed inanimata e delle forze, come separate da essa, che la muovono. La materia, secondo l’ilozismo, ha in sé la ragione del suo movimento e delle sue trasformazioni. Tale animazione è indistinguibile ed inseparabile dalla materia stessa. In modo analogo si spiega anche l’affermazione sulla divinità: probabilmente Talete voleva opporsi all’idea mitica dell’Olimpo e degli déi antropomorfi, e dire che la divinità non sta in un luogo, ancor meno in una sorta di “superuomo”, ma in tutto, e probabilmente per lui essa coincideva con l’arché. Tipico dei presofisti è appunto questa indistinzione fra materia e forza, come fra spirituale e terreno.

    4. ANASSIMANDRO (611-10 AC – ? AC) Discepolo di Talete, fu con ogni probabilità il secondo filosofo della scuola di Mileto. Anche lui svolse attività di tipo politico in patria, ed anche lui ebbe interessi nelle matematiche e nell’astronomia, anche se tale attività non pare vasta quanto quella del suo predecessore e la sua fama è decisamente minore. In realtà di Anassimandro, così come di Anassimene, non abbiamo notizie anteriori ad Aristotele. Pare sia stato lui il primo fra i greci a scrivere un libro concernente la sua speculazione filosofica, ed è questo il primo testo cui i dossografi pongono il nome tradizionale di Sulla Natura. Fra le altre cose, è singolare che questo libro fosse scritto in prosa, e non in poesia, com’era invece consuetudine. Di cosa parlava il libro di Anassimandro? Doveva, per quanto ne sappiamo, trattarsi di una storia fisico-geografica dell’universo, a partire dalla sua costituzione. Dicono alcune fonti che egli per primo tentò di disegnare un profilo delle terre allora conosciute. Gli viene attribuita anche l’invenzione dello gnomone2, strumento con cui egli poté calcolare i solstizi, gli equinozi3 e gli intervalli fra le stagioni.

    2 Lo gnomone è un semplice strumento ad asta, con varie inclinazioni, la cui ombra consentiva di stabilire la posizione del sole e, quindi, l’ora del giorno. 3 Si chiama equinozio ciascuna delle due date in cui la durata del giorno e quella della notte è, su tutta la Terra, uguale: si tratta del 21 marzo e del 23 settembre.

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    Quasi tutte le informazioni che abbiamo su di lui ci derivano da Aristotele e dai suoi seguaci. L’unico frammento originale del suo libro è riportato da Simplicio, commentatore di Aristotele: “Da dove, infatti, gli esseri hanno l’origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l’uno all’altro le pene e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo.” Pare, inoltre, che sia stato Anassimandro, per primo, ad introdurre la parola arché per indicare ciò da cui tutto ha origine. Per Anassimandro cos’è l’archè? La sua risposta differisce in modo molto significativo da quella di Talete e costituisce, rispetto ad essa, un notevole progresso. A parere di Anassimandro l’archè non è nessuno degli elementi che noi conosciamo attraverso i nostri sensi, nulla che faccia direttamente parte della nostra esperienza quindi, ma una natura, che possiamo cogliere solo con l’intelletto, in-finita che lui chiamò àpeiron. Il principio di Anassimandro non ha, come l’acqua di Talete, caratteristiche sensibili determinate e ben note. Apeiron è normalmente tradotto con il termine italiano “infinito”, ma la parola ai tempi dei milesii aveva anche altre accezioni: vuol dire propriamente “senza limiti”, “illimitato”, “indefinito”, “informe”. Da un lato l’àpeiron indica una sostanza, un essere illimitato, infinito (se fosse finito anche la sua attività generatrice e trasformatrice dovrebbe essere finita...) da cui tutto ciò che esiste proviene. Dall’altro è semplicemente la natura di tutte le cose che precede le loro distinzioni, è qualcosa di indefinito, di indeterminato al suo interno e che, proprio per questo, può assumere tutte le diverse determinazioni, fungendo così da arché. Certo è che Anassimandro non concepiva il suo àpeiron come concetto formale, di tipo matematico, astratto, ma come una vera e propria materia che in qualche modo circonda e costituisce tutto l’universo. In effetti le fonti sembrano mettere l’accento più che sull’idea di infinito su quella dell’indeterminatezza dell’àpeiron. Perché Anassimandro non ha assunto una sostanza fra quelle note all’esperienza, come aveva fatto Talete, ipotizzando l’esistenza di una sostanza che nessuno ha mai visto? Anche se la cosa può apparire strana, proprio in questo consiste il progresso rispetto a Talete! Aristotele spiega in questo modo la scelta di Anassimandro: pare che egli pensasse che se un elemento materiale fra quelli noti alla nostra esperienza sensibile fosse il principio, l’arché, esso tenderebbe ad inglobare e a distruggere tutti gli altri. Insomma: Anassimandro riteneva che il principio, l’arché dell’universo, la causa di tutte le sostanze che noi conosciamo, non potesse essere una di queste sostanze medesime! In altre parole ancora: la causa del mondo reale va ricercata al di là di ciò che costituisce la nostra esperienza sensibile del mondo reale stesso, non può semplicemente farne parte. La tradizione ci dice anche che l’àpeiron possiede un movimento eterno (dal quale ha origine la generazione delle singole cose) che è immortale e indistruttibile. Anassimandro inoltre esprime per la prima volta con chiarezza un’idea tipica della Grecia, quella secondo cui la realtà non sarebbe composta di moltissime determinazioni diverse e indipendenti, ma da un insieme di contrari che si oppongono e trapassano l’uno nell’altro. Possiamo ipotizzare che i contrari (caldo-freddo, umido-secco, ecc.) si stacchino e si differenzino dall’àpeiron a causa del suo continuo movimento e si distruggano

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    vicendevolmente con regolarità ciclica. Anassimandro pare vedere il distacco, la differenziazione dall’unico essere come una sorta di ingiustizia, sempre pagata con la distruzione ciclica stabilita dal tempo. Forse l’esperienza che dovette suggerirgli tale modello è il succedersi regolare delle stagioni. Sembra anche assodato che Anassimandro estendesse questa vicenda ciclica anche ai mondi, che a suo avviso sono infiniti. Essi nascono e muoiono ciclicamente, sostituiti da altri. Questo risponde ad un’altra concezione tipica: la concezione del tempo come un circolo e non come linea retta che procede all’infinito. Il milesio sostenne anche che la Terra ha forma cilindrica, con un’altezza pari ad un terzo della larghezza, e secondo lui è librata in alto, non è sostenuta da niente perché equidistante da tutte le cose. Talete non riesce a superare l’idea che ogni cosa poggia su qualcos’altro, mentre Anassimandro compie qui, come vedete, una notevole astrazione. - Anassimandro pare anche fare un’ipotesi sull’origine degli esseri viventi. I primi viventi furono generati nell’umido, nell’acqua (qui probabilmente Anassimandro ha svolto considerazioni simili a quelle di Talete) avvolti in membrane spinose che con il passare del tempo approdarono a terra e, spezzatasi la membrana, poco dopo “mutarono genere di vita”. C’è chi ha voluto vedere in questa idea un’anticipazione dell’evoluzionismo.

    4. ANASSIMENE (VI AC) Amico e discepolo di Anassimandro, egli è l’ultimo rappresentante della scuola di Mileto. Anche Anassimene è autore di un’opera intitolata Sulla Natura, di cui ci sono rimasti pochissimi frammenti, insieme a delle testimonianze. Pare che questo testo sia sopravvissuto sino all’epoca ellenistica. L’esiguità delle informazioni che lo riguardano ci fa comprendere come la sua fama e la portata delle sue scoperte fosse decisamente inferiore a quelle dei suoi predecessori. Anassimene sostiene che l’aér – vocabolo tradotto con “aria”, ma che allora si riferiva a tutte le sostanze volatili, gassose e impalpabili – sia l’arché. Questa “aria” è eternamente mobile, da essa si generano le cose e in essa si risolvono, è divina ed illimitata, seppure non indeterminata. Pare che quello effettuato da Anassimene sia un passo indietro: egli, come già aveva fatto Talete e a differenza di Anassimandro, torna ad identificare il principio con un elemento determinato, ben preciso. Anassimene in effetti ha, con questa sua scelta, cercato di chiarire le modalità secondo cui tutte le cose derivano dall’aria. Ha spiegato questa genesi con i processi di condensazione e rarefazione: a suo avviso l’aria, condensandosi, dà origine a tutte le cose e, rarefacendosi, le distrugge. Anassimene può aver pensato che, essendo l’àpeiron del maestro al di fuori della nostra conoscenza sensibile, in effetti non sappiamo nulla di come le cose derivino da esso ed in esso facciano ritorno. Anassimene, è il primo a supporre che tutte le cose siano formate tramite un diverso grado di aggregazione dell’aria (differenza quantitativa e non qualitativa). Secondo le testimonianze, inoltre, la Terra a parere di Anassimene sarebbe assai piatta e per questo galleggerebbe sull’aria. I corpi celesti, inoltre, sarebbero fatti della medesima sostanza della Terra. Il sole sarebbe terra infuocata a causa della rapidità del movimento. - Perché Anassimene ha scelto proprio l’aria?

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    Le testimonianze dicono che per il milesio l’aria è l’elemento fra tutti più mobile, in secondo luogo elementari esperienze metereologiche ci mostrano come l’aria possa facilmente, condensandosi e rarefacendosi, formare fenomeni fra loro diversi (nuvole e pioggia). Qual è, inoltre, la cosa che caratterizza tutti i viventi? Essi si muovono, proprio come l’aria e, soprattutto, respirano. Vita e respirazione apparivano allora inscindibili: come sapete nei poemi omerici la vita è una specie di alito che, all’atto della morte, abbandona il corpo.

  • CHI ERANO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    I loro nomi erano TALETE, ANASSIMANDRO e ANASSIMENE.

    Vissero in una colonia greca dell’Asia Minore di nome MILETO e furonoVissero in una colonia greca dell Asia Minore di nome MILETO e furonol’uno discepolo dell’altro.

    Come tutti gli altri PRESOFISTI studiarono soprattutto il MONDO FISICO o,come anche noi la chiamiamo, la NATURA.

    Noi non possediamo delle opere, magari interi libri, scritti da questipersonaggipersonaggi.Come possiamo allora conoscerli?

    Frammenti P f i Parafrasi Testimonianze

  • CHI ERANO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    Visto che la nascita della filosofia segnò il sovrapporsi alla spiegazionedi carattere mitico-religioso della spiegazione razionale, i primi filosofiaffermavano in modo più o meno esplicito che il pensiero (nonqualunque pensiero, ma solo quello “razionale”, “logico”!) è superiorealla realtà fisica.a a ea tà s ca

    Ecco che le attività umane che più coinvolgono la ragione venneroconsiderate superiori alle attività prevalentemente manualiconsiderate superiori alle attività prevalentemente manuali.

    Ciò che vedremo è un progressivo e sempre più consapevole i d l i i fi i iòpassaggio dal concreto – concreto in senso propriamente fisico: ciò

    che risulta evidente alla conoscenza dei sensi – all’astratto, ovvero a ciò che, pur collegato con la realtà, è l’oggetto proprio del pensiero razionale.

  • DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    I primi filosofi si occuparono di studiare la natura (in greco “physis”).

    In che modo lo facevano?

    Essi partirono dalla constatazione dei continui mutamenti delle cosenaturali (divenire) e giunsero, tramite riflessione razionale, allaconclusione che debba esistere qualcosa – ciò che loro chiamaronoqarché – di eterno e immutabile, qualcosa che costituisca il principio diciò che è naturale, cioè la sua origine e, allo stesso tempo, la suadestinazione L’arché è anche la “materia” di cui tutte le cose sonodestinazione. L arché è anche la materia di cui tutte le cose sonofatte, oltre che l’aspetto divino della realtà.

    Ma ora vediamo di capire un po’ meglio:Ma ora vediamo di capire un po meglio:

  • DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    LA QUESTIONE DEL DIVENIRESe tutto si trasformasse in continuazione, la conoscenza razionale per, pcome la intesero i primi filosofi sarebbe impossibile.Ogni sapere sarebbe infatti sempre parziale e temporaneo. Se le cosestessero in questa maniera la natura sarebbe inspiegabile e neppurestessero in questa maniera, la natura sarebbe inspiegabile e neppureavrebbe senso dare un nome alle cose.

    RISPOSTAGià i primi filosofi erano convinti che sia possibile spiegareGià i primi filosofi erano convinti che sia possibile spiegarerazionalmente il mondo naturale e, se questo è vero, per loro ciòsignificava che deve esistere qualcosa di eterno e immutabile,qualcosa che possa costituire la base di ogni spiegazionequalcosa che possa costituire la base di ogni spiegazione.

    Questo è, appunto, ciò che Talete, Anassimandro e Anassimenehi héchiamarono arché.

  • DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    LA QUESTIONE DELLA MOLTEPLICITÀQuesto problema è collegato al precedente. Esistono moltissime cose,l’una diversa dall’altra, spesso senza che vi sia una relazioneapparente fra le varie cose.

    RISPOSTASpesso noi usiamo la stessa parola per nominare molte cose (per

    i i l l “ ” i di t tti li i iesempio, usiamo la parola “uomo” per indicare tutti gli uomini, purdiversi fra loro). Questo significa che ci deve essere qualcosa cheaccomuna le cose esistenti, un qualche elemento comune che, al di làdi tutte le differenze, occorre scoprire e conoscere.

    C’è, poi, qualcosa di comune proprio a tutte le cose esistenti?p q p pQuesti filosofi erano convinti di sì. Individuare questo principio, questoarché, significava per loro comprendere la struttura fondamentale dellarealtà, cioè le fondamenta solide di tutta la varietà e la mutevolezzarealtà, cioè le fondamenta solide di tutta la varietà e la mutevolezzache i nostri sensi colgono.

  • DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    mutamentomutamento

    A R C H ÉA R C H É

  • DI COSA SI OCCUPANO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    TALETE l’arché è l’acqua

    ANASSIMANDRO l’arché è l’apeiron

    ANASSIMENE l’arché è l’aria

  • TALETEProf. Monti – a.s. 2016-2017

    (624-23 ac – 546-45 ac)

    Personaggio eclettico

    T l t t tti li i t ll tt li d ll’ ti hità i ò diTalete, cosa comune a tutti gli intellettuali dell’antichità, si occupò dimolte questioni situate in campi che a noi, oggi, appaionocompletamente separati l’uno dall’altro.

    Egli infatti fu:

    Un importante uomo politico

    Un astronomo (eclissi) Un astronomo (eclissi)

    Un matematico (alcuni importanti teoremi)

  • TALETEProf. Monti – a.s. 2016-2017

    PERCHÉ L’ACQUA??? – LA SPIEGAZIONE DI TALETE

    (624-23 ac – 546-45 ac)

    PERCHÉ L ACQUA??? LA SPIEGAZIONE DI TALETE

    Talete nota attraverso l’osservazione che l’acqua è fondamentale pertutti gli esseri viventi senza eccezionitutti gli esseri viventi, senza eccezioni...

    Egli conclude che la stessa cosa potrebbe valere per tutto ciò cheesiste, dunque anche per le cose inanimate.

    L’acqua, a suo avviso, è l’arché: il principio fondamentale della realtà.

    PRECISAZIONE: L’ILOZISMO

    La materia, per Talete ma anche per tutti gli altri primi filosofi, non è maiqualcosa di inerte e inanimato. Essa ha invece dentro di sé la ragioned l i t d ll t f i idel suo movimento e delle sue trasformazioni.Insomma: la nostra distinzione fra materia e forza ancora non esiste!

  • ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)

    Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    (611-610 ac - ???)

    C ???CHI ERA???Anche lui uomo politico e astronomo, fu discepolo di Talete.Pare sia stato il primo a scrivere un libro di carattere filosofico a cui èPare sia stato il primo a scrivere un libro di carattere filosofico a cui èstato dato il titolo tradizionale di “Sulla natura”.Assai singolare, per l’epoca, il fatto che questo libro fosse scritto in

    i i!prosa e non in versi!

    PERCHÉ L’APEIRON??? – LA SPIEGAZIONE DI ANASSIMANDROA i d iti h l’ hé d llAnassimandro ritiene che l’arché non possa essere nessuna dellesostanze che conosciamo attraverso i nostri sensi…

  • ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)

    Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    (611-610 ac - ???)

    PERCHÉ L’APEIRON??? – LA SPIEGAZIONE DI ANASSIMANDROOgni sostanza naturale possiede delle proprietà ben determinate,proprietà che sono diverse da quelle delle altre sostanze.

    L’arché, proprio perché da esso derivano tutte le cose, non puòpossedere caratteristiche sue proprie.

    Se fosse così, infatti, non sarebbe in grado di assumere proprietàdiverse, o addirittura opposte, alle proprie.

    ESEMPIO

    Se l’arché fosse davvero l’acqua, con le sue proprietà fisichedeterminate, come potrebbe essere il principio di sostanze da essacompletamente diverse quali per esempio i metalli?completamente diverse quali, per esempio, i metalli?Una simile trasformazione appare razionalmente inspiegabile.

  • ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)

    Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    (611-610 ac - ???)

    PERCHÉ L’APEIRON??? – LA SPIEGAZIONE DI ANASSIMANDRO

    Quindi conclude Anassimandro l’arché è l’apeiron cioè una sostanzaQuindi, conclude Anassimandro, l arché è l apeiron, cioè una sostanzainfinita (cioè non finita) e indeterminata (cioè priva di caratteristicheproprie) capace di assumere tutte le forme che noi conosciamo.

    Proprio essendo privo di caratteristiche proprie, l’apeiron non è unasostanza naturale in mezzo ad altre, cioè qualcosa che noi possiamoconoscere attraverso i sensi, ma si manifesta solo tramite laragione.

  • ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)

    Prof. Monti – a.s. 2016-2017

    (611-610 ac - ???)L’UNICO FRAMMENTO RIMASTO...Qua