FILIPPO: UN EVANGELISTA TRA GERUSALEMME E GAZA · (tradizionalmente fratelli-nemici dei Giudei, ......

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1 QUARESIMA 2015 Santa Maria del Suffragio IL VANGELO SULLE STRADE DEL MONDO Secondo incontro 5 marzo 2015 FILIPPO: UN EVANGELISTA TRA GERUSALEMME E GAZA ȃO Signore, tu ci parli del Regno di Dio con parole piene di bellezza e di speranza. Svelaci sempre più che, trovare Te, significa trovare il tesoro impagabile per il nostro destino; e significa incontrare una perla/ che vale più di ogni altro bene. Lo chiediamo a Te, nostro Signore e nostro Dio, che vivi e regni nellȂunità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli”. La meravigliosa pagina dedicata a un evangelista (At 8,26-40 Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città. Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: "Àlzati e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta". Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, 28 stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti e accòstati a quel carro". 30 Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci quello che stai leggendo?". Egli rispose: "E come potrei capire, se nessuno mi guida?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 34 Rivolgendosi a Filippo, l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?". Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. 36 Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse: "Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?". Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. 40 Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarea.

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QUARESIMA 2015 – Santa Maria del Suffragio

IL VANGELO SULLE STRADE DEL MONDO

Secondo incontro – 5 marzo 2015

FILIPPO: UN EVANGELISTA TRA GERUSALEMME E GAZA

O Signore, tu ci parli del Regno di Dio con parole piene di bellezza e di speranza. Svelaci

sempre più che, trovare Te, significa trovare il tesoro impagabile per il nostro destino; e significa

incontrare una perla/ che vale più di ogni altro bene. Lo chiediamo a Te, nostro Signore e nostro

Dio, che vivi e regni nell unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli”.

La meravigliosa pagina dedicata a un evangelista (At 8,26-40

“Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.

Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: "Àlzati e va' verso il mezzogiorno,

sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta". Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, 28stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti e accòstati a quel carro".

30Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci

quello che stai leggendo?". Egli rispose: "E come potrei capire, se nessuno mi guida?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 34Rivolgendosi a Filippo, l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?".

Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. 36Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse: "Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?". Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. 40Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarea.

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Chi è Filippo?

Il suo nome affiora, insieme a quello di Stefano e di altri, quando gli apostoli scelgono sette uomini di buona reputazione per garantire l'attenzione alle necessità dei più poveri all'interno della Comunità (cfr At 6, 5). La sua figura emerge nella seconda tappa dell'annuncio evangelico, quello che vede i discepoli di Gesù, dopo il martirio di Stefano, uscire da Gerusalemme e inoltrarsi nelle regioni della Giudea e della Samaria per annunciare la buona novella di Gesù (cfr At 8, 1).

Del suo apostolato vengono ricordati, nel libro degli Atti, tre episodi particolarmente significativi. Il primo è l'incontro con un tale, chiamato Simon Mago (cfr Al 8, 9-15). Tale incontro, concluso dalla conversione di quell'uomo e con l'affermazione della assoluta gratuità della salvezza, avviene in Samaria, e cioè la regione dei Samaritani (tradizionalmente fratelli-nemici dei Giudei, che riconoscevano come Bibbia sacra solo il Pentateuco e che, per il loro vivere semi-pagano, erano cordialmente disprezzati dall' intransigenza e ortodossia dei vicini). Il riferimento a questo particolare incontro si accompagna, nel racconto degli Atti, a una breve descrizione dell'intera attività di Filippo nella Samaria: essa prende proporzioni inattese, tanto che la Chiesa-madre di Gerusalemme, per autenticare, confermare e continuare il lavoro missionario, invia sul posto nientemeno che Pietro e Giovanni. L incontro, che oggi meditiamo è quello con l'alto funzionario della Regina di Candàce (cfr Al 8,24-40). Esso avviene, probabilmente, mentre Filippo si trova a Gerusalemme. Un altro incontro avviene in un momento cruciale della vita apostolica di Paolo. Egli, dopo anni di viaggi missionari, avverte come imminente il tempo della conclusione del suo ministero e della sua vita. Andrà a Gerusalemme e, da lì in avanti, se sarà ancora apostolo, lo sarà come prigioniero. Proprio in una simile circostanza riemerge, nel racconto degli Atti, la figura di Filippo. E' lui a ospitarlo a casa sua, a Cesarea, dopo che Paolo ha salutato i presbiteri di Efeso radunati a Mileto (cfr At 20,17-38). E' interessante notare che Filippo viene chiamato 'l'evangelista', e non casualmente, dato che, dal principio alla fine, l'attività di Filippo raccontata dagli Atti è precisamente quella dell'evangelizzatore. Il libro degli Atti aggiunge che, in casa di Filippo, ci sono quattro sue figlie nubili e che ad esse è stato fatto il dono della 'profezia', e cioè dell'annuncio della Parola di Dio (cfr At 21,8). La vita e la famiglia di Filippo è dunque dominata dal Vangelo e dalla passione di farlo conoscere e accogliere da parte di tutti.

Ma veniamo alla pagina del libro degli Atti dedicata all' incontro di Filippo con il funzionario della regina d'Etiopia. Anche da essa traspare che Filippo è un evangelista.

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I - UN VIAGGIO VISIBILE E, NELLO STESSO TEMPO, INTERIORE

In questa pagina si racconta un viaggio; siamo, posti di fronte a un continuo movimento: si muove Filippo, si muove anche colui che il Signore gli vuoi fare incontrare.

Il viaggio visibile che conduce il funzionario dall'Etiopia a Gerusalemme, e poi da Gerusalemme verso Gaza e in direzione Sud, lascia intravvedere un suo viaggio interiore. Egli è stato sospinto a salire a Gerusalemme da Dio e dalla fede in lui; e, mentre è sulla strada del ritorno a casa, il suo viaggio interiore lo conduce fino all'incontro del tutto inedito con Gesù: Dio lo conduce a leggere, a voce alta, il profeta Isaia e ad interrogarsi su una pagina che riguarda proprio il Messia; Dio mette sulla sua strada un uomo, Filippo, che lo può aiutare a capire profondamente la Scrittura e a scoprire il Messia in Gesù.

Alla fine, Dio conduce quest'uomo a tornare a casa in una nuova condizione interiore: quella di cristiano. E chi incontrerà lui potrà, probabilmente, incontrare un altro Filippo; e così il polline primaverile della fede viene trasmesso e germina in un'altra parte del mondo. La stessa cosa può essere detta di Filippo; anzi, a suo riguardo il libro degli Atti afferma in modo esplicito una presenza operante di Dio, sia nell'atto del muoversi per andare lungo la strada, sia nell'avvicinarsi al carro, sia nel porre la domanda giusta a quel funzionario.

Filippo è condotto da una 'ispirazione' interiore proveniente dalla Spirito Santo (cfr At8, 36.39). Sta vivendo una sintonia profonda con il Signore Gesù Cristo. Questa condizione interiore diventa in lui disponibilità e fantasia apostolica. Soltanto ad una lettura superficiale il racconto degli Atti può parere quello di un incontro casuale di due uomini su una strada assolata del Medio Oriente; in realtà, dietro le quinte, quasi a far da regista, sta il Signore: egli agisce nel cuore di quel funzionario, egli agisce nel cuore di Filippo. Entrambi, più che incontrarsi tra loro, si incontrano con lui.

II - UN INCONTRO E LE SUE FASI

Il primo passo compiuto da Filippo consiste in un avvicinamento alla persona di quel funzionario, così da stabilire un vero incontro diretto: "Filippo si alzò e

si mise in cammino ... Va' avanti, e raggiungi quel carro ... Il funzionario invitò Filip-

po a salire sul carro e a sedere accanto a lui" (At 8, 27.29.31). Filippo supera dunque la distanza 'spaziale', ma, ben di più, attua un contatto vivo, diretto, sicuramente gentile e sorridente con quella persona; anzi, rimane insieme con il funzionario per un certo tempo.

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Vi è un secondo passo dell'evangelista Filippo, ed è da osservare bene. Non consiste nel parlare, ma nell'ascoltare; non consiste nell'esprimere pareri o convinzioni, bensì nel porre una domanda ricavata - con naturalezza, rispetto e avvedutezza - da quanto quell'uomo stesso sta facendo. Sta leggendo ad alta voce il profeta Isaia e Filippo gli chiede: "Capisci quello che stai leggendo?" (At 8,30).

Poi vi è un terzo passo. Avuta via libera, l'evangelista parla. Non si trattiene; ritiene giusto, importante e meraviglioso parlare. Sa che, proprio per questo, Dio l 'ha condotto sui passi di quell'uomo (cfr At 8,35).

II - UN INCONTRO E LE SUE FASI

Ecco il metodo di Filippo. Un paradigma illuminante per la nostra testi-monianza cristiana.

1. Contatto ricco di umanità

Filippo ti dice: non illuderti che il Vangelo venga annunciato là dove tu non cerchi, anzitutto, un contatto ricco di finezza e di umanità con le persone e una concreta convivenza con loro. E, in fondo, è un passo semplice: richiede che tu ti accorga degli altri, che desideri un sincero accostamento delle persone, che tu apra il cuore {e che, anzitutto, ce l'abbia).

Richiede da te anche fantasia perché le circostanze potrebbero essere sfavorevoli all' incontro e, in quei casi, bisognerà che ti lasci condurre dal 'desiderio' dell'incontro. Tale desiderio è capace di far intuire quali occasioni cogliere, e quali inventare, in favore di un incontro con l'altro. Il passo è semplice, come si vede; ma resta impegnativo perché coinvolge tutta la nostra persona, a cominciare dalle profondità del cuore.

2. In ascolto

Filippo ti dice anche di non trascurare il secondo passo del metodo: quello che consiste in un ascolto delle condizioni e delle attese dell'altro e nel porre delle domande che fanno emergere le esigenze alle quali dovremo cercare di offrire qualche risposta. Questo passo (solo a prima vista del tutto agevole) è un nuovo modo di manifestare interesse e passione per l'altro, di sforzarsi di cogliere la sua situazione, i suoi punti di vista.

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Fino a quando noi (e penso anche a me stesso) non entriamo nelle domande dell'altro non ci sarà possibile dare delle efficaci risposte. Questo è vero della madre nei confronti del suo bambino; è vero dell'insegnante nei confronti dei suoi alunni; è vero del catechista nei confronti del suo gruppo; è vero di ciascuno di voi nei confronti di coloro che le circostanze quotidiane vi fanno incontrare e che il Signore, molto più delle circostanze, vuoi farvi amare ed aiutare. A tutti occorre capacità di instaurare un dialogo (e, diceva Confucio·, dialogare è come intrecciare un cesto di vimini).

3. Il momento per parlare

E poi sei chiamato ad assomigliare a Filippo anche compiendo un terzo passo: quello che ti vede parlare, intervenire, esprimere quanto costituisce il dono di luce e di verità che puoi dare all'altro.

Ma nessuno dà ciò che non ha. L'ignoranza, il vuoto, la superficialità, la fretta, ecc. non permettono di dare nulla. Mentre invece molto può sgorgare da un 'esperienza reale di incontro con Gesù, da un approfondimento perseverante delle sue parole, da una esperienza personale di traduzione del Vangelo nella vita di ogni giorno, da una riflessione abbastanza seria sul Cristianesimo.

III - DAL METODO AI CONTENUTI

Tutto quanto detto fin qui riguarda il metodo seguito da Filippo. Di che cosa egli parla? Quale è l oggetto del discorso? Che cosa sta rimuginando il suo interlocutore? Su che cosa sta riflettendo? A proposito di che cosa si intavola un discorso tra i due?

Il primo contenuto

È proposto dall'interlocutore di Filippo. Filippo, con molta prontezza, lo fa proprio. E' espressione di una pagina dell'Antico testamento, e più precisamente del profeta Isaia: "Come una pecora fu condotto al macello e come un

agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre bocca" (At 8, 33; cfr ls 53, 7-8).

Questo passo, ben noto a Filippo, crea una piattaforma comune all evangelista e a quello che possiamo chiamare il catecumeno. Anzi, neanche a farlo apposta, il funzionario è andato a scegliersi la pagina più profetica e cristologica del-

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l'Antico Testamento: quella del servo sofferente, solidale con tutti i dolori del-l'uomo. E dice a Filippo: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso

o di qualcun altro?" (At 8,34).

Il contenuto nuovo

Su questa base Filippo prende a parlare. E spiegando un testo dell'Antico Testamento giunge a parlare di Cristo, contenuto supremo di tutta la rivelazione: "Filippo, prendendo a parlare di quel passo della Scrittura, gli annunciò la buona novella

di Gesù" (At 8,35).

E questo annuncio diventa invito alla conversione a Gesù e disponibilità al Battesimo: "Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e

l'eunuco disse: 'Ecco, qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?' Fece

fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua e Filippo lo battezzò" (At 8,36-38).

Questo modo di procedere richiama il metodo seguito da Gesù con i discepoli di Emmaus. E infatti Gesù, partendo da Mosè e dai profeti giunge a parlare di se stesso e a far comprendere che la sua vicenda è intelligibile proprio a partire da quanto è avvenuto ed è stato profetizzato in antico (cfr Lc 24, 25-37).

Con lo stesso metodo Gesù si era introdotto nella vita pubblica. Prendendo la parola nella Sinagoga di Nazaret aveva voluto leggere proprio una pagina del profeta Isaia. In essa si parlava del futuro Messia. E Gesù, dopo la lettura, aveva detto: "Oggi questa

Scrittura si è compiuta in mezzo a voi" (cfr Lc 4,25-27).

IV -- PROPOSTE

Qualcuno di voi potrebbe osservare che Filippo è stato molto fortunato: ha trovato un uomo in ricerca religiosa; ha trovato un uomo disponibile a lasciarsi aiutare; ha trovato un uomo che lo ha addirittura sollecitato a dargli il Battesimo. Noi non siamo così fortunati. Ci dobbiamo scontrare con circostanze ben diverse e molto più difficili. Che fare, dunque, oggi? Da che parte cominciare?

1. Diciamo subito che il punto d arrivo è noto all apostolo e che egli lo deve profondamente desiderare. Nello stesso tempo dobbiamo tenere conto che l aprirsi a Gesù Cristo e diventare suoi discepoli è grazia di Dio e si rivolge alla libertà dell uomo.

2. E però, su quanto viene prima vi è invece la possibilità per Filippo (e per tutti quelli che vogliono usufruire della sua lezione) di fare qualcosa.

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Si tratta, anzitutto, di non sciupare nessuna delle occasioni

favorevoli che, anche oggi, ci si presentano.

Secondo, va cercata una piattaforma comune negli elementi di autenticità, verità, veracità, generosità, amore, pace che possono essere rintracciati nelle persone. Non affermando quindi troppo sbrigativamente che, con questa o con quest'altra persona, non c'è niente da fare e che ogni sforzo di salire sul carro è inutile, perfino pericoloso (si potrebbe essere buttati giù senza tanti complimenti).

Terzo, non appena possibile, l'annuncio di Cristo va fatto. E poiché Cristo è la rivelazione di Dio e dell uomo a se stesso, il parlare di lui non è, a ben guardare, una cosa diversa dal parlare dell'uomo; egli infatti è la verità profonda dell'uomo e la rivelazione piena di Dio. I semi di verità e di amore trovano in Cristo la possibilità di crescere e di maturare. Certo, occorre che anche noi, come Filippo, intendiamo Gesù non come una semplice 'aggiunta', non decisiva per la vita dell'uomo, ma come la sua 'pienezza'; come' colui che, facendosi uomo, aiuta l'uomo ad essere pienamente se stesso, secondo il progetto di Dio inscritto in lui fin dalla sua creazione. Quarto, il fatto che il racconto di Luca si riferisca a un eunuco è molto istruttivo. Non sappiamo nulla della condizione fisica di questo ufficiale etiope, ma leggiamo nel libro del Levitico che gli eunuchi erano esclusi dalla comunità d'Israele (cfr Lv 21, 20). Il battesimo dell' eunuco , per di più straniero , dice con assoluta chiarezza che nessuno è impedito di diventare discepolo di Gesù; nessuno, se non per sua propria volontà, è escluso dal Regno di Dio: "Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli". “nche gli ultimi' (di ogni genere) presenti nella società di oggi vanno accostati con questa magnanimità. In tal caso faremo anche delle scoperte stupefacenti: più di una volta toccheremo con mano che gli ultimi sono primi e che, magari, i primi rischiano di diventare ultimi.

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V - IL DESERTO E LA GIOIA

E infine, un'osservazione sul 'prima' e sul 'dopo' dell'incontro tra Filippo. e l'etiope. Quanto al 'prima', non deve sfuggire un particolare sconcertante: il Signore, mentre invita Filippo ad andare sulla strada che da Gerusalemme scende verso Sud, gli rimarca che "essa è deserta" (Al 8, 26b).

Ho l'impressione che qualche Filippo di oggi non si muove da casa perché ritiene che sia inutile: la strada è deserta. E invece non è vero; qualcosa che in questo momento non c'è, perché deve ancora avvenire, attende di nascere e di diventare realtà. La grazia non teme i deserti; è capace di farli fiorire, e aspetta te, Filippo del 2000.

Non meno interessante è renderei conto di ciò che segue all'incontro. Per l'etiope è una novità: "Proseguì pieno di gioia il suo cammino" (Al 8, 39). E' la gioia di aver incontrato il Signore Gesù Cristo. Per Filippo è una continuità: "Lo Spirito

del Signore rapì Filippo .... E Filippo si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il

Vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarea" (Al 8, 39-40). L'evangelista vuol essere tale sempre.

La sera che stiamo vivendo è un momento opportuno per accogliere la grazia dell'etiope e quella di Filippo. Vi lascio allo Spirito Santo che ha condotto Filippo e che ha aperto la mente e il cuore di tutti e due.

O Dio, che chiami con libertà uomini e donne, anche nel nostro tempo, perché

rivelino ai popoli il mistero della salvezza, dona a noi di rispondere con animo generoso

alla tua chiamata e di darle il volto gioioso di chi ha trovato la perla, di chi ha trovato il

tesoro prezioso (Rito ambrosiano vol. IV, p. 42, passim).

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QUARESIMA 2015 – Santa Maria del Suffragio

IL VANGELO SULLE STRADE DEL MONDO

Terzo incontro – 12 marzo 2015

LA VISIONE

Chi ero io per porre impedimento a Dio (Atti Il, 1-18)

Il mese scorso, durante la 'lectio', abbiamo ascoltato la risonanza di una ragazza e di una Religiosa che ci comunicavano l'esperienza della visita missionaria alle famiglie che stanno facendo in questo periodo, in preparazione alla "missione cittadina" che si svolgerà in Quaresima a Novara. Quelle testimonianze sono state quasi un preludio della 'lectio' di oggi che si può riassumere semplicemente dicendo: l'apostolo Pietro fa visita al centurione Cornelio nella sua casa di Cesarea.

Va detto subito che un fatto apparentemente secondario, come la visita ad una famiglia nella sua casa, assume una grandissima rilevanza nel libro degli Atti degli Apostoli, che gli dedica addirittura due capitoli: il X e l'XI. Una spiegazione di tale rilevanza c'è: in realtà, nella casa di Cornelio si verifica la Pentecoste dei pagani. Come dirà Pietro, spiegando l'accaduto al suo rientro a Gerusalemme: "Lo Spirito Santo cadde su di loro, come in principio era disceso su di noi" (At 11, 15; cfr 2, 4).

Di uno dei due protagonisti dell'incontro, e cioè Pietro, sappiamo l'identità: era un ebreo, diventato discepolo di Gesù, scelto da Gesù come capo dei Dodici, inviato, insieme con tutti gli altri a predicare il Vangelo fino ai confini del mondo. E Cornelio chi era? Era un centurione, e quindi un ufficiale dell'esercito romano. Aveva un certo grado e comandava a un certo numero di soldati. Era un uomo "religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio" (At 10, 1-2).

* * *

Vediamo dunque come è nato l'incontro, come si è svolto e come si è concluso. Meditiamolo per imparare a metterei anche noi sulla stessa strada di Pietro: c'è anche per noi qualche Cornelio da incontrare e c'è una città pagana nella quale entrare nel nome di Gesù.

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1. "EBBI UNA VISIONE" - Come nasce l'incontro tra Pietro e Cornelio

L'incontro nasce in una maniera sorprendente. Pietro e Cornelio non si conoscevano per nulla, eppure Cornelio; "un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo. Egli, preso da timore, disse: Che c'è, Signore?". L'angelo gli rispose:

"Manda degli uomini a Giaffa e fa venire un certo Simone, detto Pietro. Egli è ospite presso un tale Simone, conciatore di pelli, che abita in riva al mare. Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un soldato e li mandò a Giaffa" (At 10, 4-8).

Quanto a Pietro, occorre dire che anch' egli, il giorno dopo, mentre gli uomini di Cornelio erano in cammino verso Giaffa, ebbe una visione piuttosto strana, che dunque si incrociò con quella di Cornelio: "Rapito in estasi, vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. In essa c'era ogni sorta di quadrupedi, rettili di terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce: Alzati, Pietro, uccidi e mangia".

"Mentre Pietro si domandava perplesso, tra sé e sé, che cosa significasse ciò che aveva visto, ecco gli uomini inviati da Cornelio. Dopo aver domandato della casa di Simone, si presentarono all'ingresso, chiamarono e chiesero se Pietro alloggiasse lì" (At 10, 11-18).

Intanto Pietro non sa ancora bene a che cosa lo vuole condurre quell' estasi: in realtà sfocerà in una scoperta più chiara di essere portatore di una missione universale, destinata realmente a tutti i popoli della terra. E mentre sta ripensando a quanto ha visto e udito, lo Spirito gli dice che, quando arriveranno degli uomini a cercarlo, dovrà alzarsi e andare con loro "senza esitare" (At 10, 20). E così avviene: "Gli uomini inviati da Cornelio gli spiegano come mai sono venuti fin lì e lo invitano a partire con loro per Cesarea. Pietro acconsente e si avvia all'incontro con il centurione della coorte detta Italica (At 10, 9-23).

* * *

a) Come si vede, il racconto del libro degli Atti non lascia dubbi sul fatto che si tratta di una iniziativa proveniente non dagli uomini, bensì da Dio. Anche oggi ogni incontro di conversione e di salvezza non può nascere che da

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Dio. E' lui che deve svegliare il nostro cuore ed è lui che deve per primo lavorare nel cuore dell'altro, che noi incontriamo. Le vie attraverso le quali Dio si fa sentire dentro di noi possono essere molte, e non è necessario che ci siano visioni straordinarie. Ma un fatto è certo: è Dio che muove noi per farci diventare degli evangelizzatori e che muove gli altri perché divengano suoi discepoli. Senza di lui non potremmo fare nulla.

b) E' interessante notare che a Cornelio, il quale aveva domandato: "Che c'è, Signore?" (v. 4), viene detto di andare da Pietro, così come a Saulo che, sulla via di Damasco, aveva chiesto: "Che cosa devo fare?" (At 9, 5), viene suggerito di andare da Anania. Tutto ciò vuole dire che ormai il Signore si fa incontro attraverso i suoi testimoni.

Anche oggi Dio vuole avere bisogno di Anania, il primo padre spirituale di Paolo, e di Pietro, lo strumento di Dio per la chiamata di Cornelio alla fede in Cristo. Anania e Pietro fanno pensare anzitutto ai Sacerdoti, padri spirituali delle anime; e però, anche altre persone (giovani compresi) possono dare una mano a Dio. Dio vuole avere bisogno di noi. La nostra presenza, la nostra parola e la nostra azione non sono trascurabili: possono diventare la via della comunicazione umana di un messaggio di Dio. Vogliamo essere come fibre ottiche a servizio di un Dio che cerca di parlare all'uomo?

c) E ancora, l'esperienza di Pietro ci ricorda che, se Dio ci dice: "Parti, vai, incontra", noi lo dobbiamo fare senza esitare. L'assenza di esitazione non nasceva in Pietro da un semplice coraggio umano, ma derivava piuttosto dalla certezza che Dio lo chiamava ed era dunque soprattutto una profonda ubbidienza al Signore.

2. STO RENDENDOMI CONTO CHE DIO

NON FA PREFERENZE DI PERSONE"

Come si svolge l'incontro nella casa di Cornelio

Se è sorprendente il modo col quale l'incontro si avvia, non è meno sorprendente il suo svolgimento.

Cornelio non sa che cosa Pietro gli dirà. Sa solo che lo doveva chiamare in casa sua ed è pronto ad ascoltarlo: "Tutti noi siamo qui riuniti, al cospetto di Dio, per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato" (At 10, 33 b).

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E anche Pietro non sa che cosa avrebbe dovuto dire, tanto che, arrivato in casa di Cornelio, dice: "Vorrei sapere per quale ragione mi avete fatto venire". Ma rimane impressionato dal fatto di incontrare, in una famiglia di pagani, una così grande attenzione a Dio, perciò le sue prime parole diventano l'espressione di questa meraviglia: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga" (At 10, 34-35). Quando Pietro dice: "Sto rendendomi conto ... ", in realtà sta intuendo profeticamente che Cornelio è l'avanguardia di tutto un popolo.

Spinto da questa intuizione, egli, di fronte a Cornelio e alla sua famiglia, che desideravano ascoltare da lui ciò che Dio aveva a lui ordinato, racconta ciò che è "accaduto, attraverso Gesù di Nazaret, in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea" (At 10, 37). E aggiunge: "Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute" e poi della sua morte in croce e della sua risurrezione Egli "ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio" (At 10, 39-40.42).

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a) Una prima caratteristica dell'incontro sembra andare contro ogni logica: né Cornelio sa che cosa Pietro gli dovrà dire, né Pietro va all'incontro avendo in tasca il discorso già ben definito. Cornelio sapeva solo che Pietro gli avrebbe detto cose per le quali sarebbe stato salvato lui con tutta la sua famiglia (cfr At 11,14).

Proprio perché il protagonista dell'incontro è il Signore, a noi rimane un mistero ciò che avverrà: lo è per il cristiano che si muove nel nome del Signore e lo è anche per la persona che accetta o addirittura chiede un incontro con un discepolo di Gesù. Ma di questo non ci dobbiamo preoccupare: lasciamo agire, in noi e nell' altro, il Signore.

Ricordate la testimonianza che ci è stata offerta il mese scorso dal giovane detenuto nel carcere di Novara? Da quanto ci ha detto si comprendeva che sta facendo un cammino verso la fede. In questi anni sta vivendo degli incontri con il cappellano del carcere (e talvolta vede anche me), senza che né lui né il cappellano sappiamo dove porteranno. L'importante è che, sulla spinta segreta di Dio, avvengano.

b) E poi c'è un'altra caratteristica dell'incontro che non ci deve sfuggire:

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l'arrivo di Pietro a Cesarea e l'ingresso in quella città equivale all'ingresso del Vangelo nel mondo delle nazioni pagane che lo attendono (cfr At 10, 24). Pietro scopre con sorpresa che Dio agisce non là dove noi pensiamo, ma dove vuole, e quindi anche là dove noi lo penseremmo assente. Perciò dice, quasi confuso: "Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone". Dobbiamo rimarcarlo ben bene: non fa preferenze, non esclude nessuno, vuole raggiungere il cuore e la vita di ognuno.

Ma se questa è la larghezza del cuore di Dio, come potremo noi, suoi discepoli e apostoli, restringerlo, renderlo piccolo o addirittura meschino, facendo appunto preferenze tra persone, scegliendo e escludendo? Non lo dobbiamo fare. Se ne avremo il coraggio, conosceremo lo stupore e la gioia di Pietro.

3. "CHI ERO IO PER PORRE IMPEDIMENTO A DIO?"

Come si conclude l'incontro

La conclusione dell'incontro è segnata da un avvenimento simile a quello di Pentecoste: "Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sui pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio" (At 10, 44-46).

A quel punto Pietro disse: "Si può impedire che siano battezzati in acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo (v. 47). E così, in quel giorno, dei pagani divennero cristiani.

La conclusione dell'incontro prende anche il volto di un'intensa esperienza umana di incontro: Pietro è pregato di fermarsi nella casa di Cornelio per alcuni giorni (cfr At 10, 48). Pietro accetta quasi per confermare, in quel modo, che ormai si è stabilito un nuovo e grande legame di fraternità e per consolidare quella illuminazione interiore che Cornelio e i suoi familiari avevano ricevuto in dono dal Signore con la chiamata alla fede in Gesù Cristo.

C'è anche un seguito di questa vicenda. Pietro, rientrato a Gerusalemme, viene rimproverato dai fedeli circoncisi per essere entrato in casa di pagani e aver mangiato con loro (cfr At 11, 1-2). Ma Pietro si difende dicendo: "Se Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi, per avere creduto nel Signore Gesù Cristo,

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chi ero io per porre impedimento a Dio?" (At 11, 17). Le parole di Pietro calmano le acque. Anche quei cristiani di origine ebrea "cominciano a glorificare Dio dicendo: Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita" (At 11, 18).

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Anche sulla conclusione dell'incontro trova spazio qualche notazione utile per la nostra esperienza di apostoli del Signore.

a) Prima di tutti gli amici di Pietro, che lo mettono sotto processo perché si sarebbe spinto troppo verso i pagani, potrebbero trovare dei continuatori anche nei nostri ambienti parrocchiali o di Oratorio o di Gruppo o di Movimento. Se a volte, cioè, la tentazione di chiudere il cuore può venire da noi stessi, qualche altra volta può venire dall'ambiente cristiano nel quale viviamo. Non risulta, dal libro degli Atti, che Pietro si sia arrabbiato; e però ha cercato di far capire alla comunità di Gerusalemme il senso del suo comportamento, riaffermando non solo il diritto ma il dovere che aveva di agire, nel caso di Cornelio e della sua famiglia, così come aveva fatto.

b) E poi vi è anche un altro particolare che dobbiamo mettere nel conto di un buon metodo da utilizzare in tutti gli incontri che Dio ci conduce a sperimentare: devono arricchirsi anche di una carica umana, quella che Pietro ha manifestato rimanendo per qualche giorno nella casa di Cornelio. Possiamo immaginare che anche a distanza di anni i protagonisti di quell'incontro si siano sempre ricordati di ciò che avevano vissuto insieme per grazia di Dio. Altrettanto può avvenire oggi. L'annuncio del Signore e la manifestazione del suo amore non deve assomigliare all' esposizione di una materia scolastica; deve piuttosto essere la comunicazione di ciò che fa la felicità del nostro cuore e che può essere altrettanto per l'altro. Proprio perciò possono trovare spazio anche i sentimenti e gli affetti, il sorriso e la battuta amichevole, la disponibilità di tempo e la mancanza di fretta. Insomma tutto ciò che può indicare che viviamo un incontro che, se Dio ce ne dà grazia, può diventare reale comunione.

PREGHIAMO

O Signore,

l'incontro tra Pietro e Cornelio mi interpella. Due cose vorrei soprattutto dirti.

Anzitutto che io

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- già battezzato e dunque cristiano -

devo ammettere di essere forse meno vicino a te

di quanto non lo fosse il pagano Cornelio.

Convertimi, Signore,

e aiutami a non giudicare

quelli sui quali potrei mettere l'etichetta di 'pagani'.

E poi, se ti piace che io faccia l'esperienza di Pietro,

facendo visita a coloro verso i quali tu mi invierai, ti chiedo, Signore:

illuminami di dentro,

liberami da ogni esitazione,

dona una carica di umanità alla mia persona,

fa' che non mi lasci imbrigliare da chi,

tra i miei amici cristiani,

non ha il cuore abbastanza grande

e che mi lasci invece ispirare

dal grande cuore che hai tu.

Fa', o Signore,

che nella nostra mente e nel nostro cuore

splenda la Parola

che oggi abbiamo meditato e che dice:

"Chi ero io per porre impedimento a Dio?".

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QUARESIMA 2015 – Santa Maria del Suffragio

IL VANGELO SULLE STRADE DEL MONDO

Quarto incontro – 19 marzo 2015

IL BILANCIO DI MILETO (Atti 20)

Premessa

Libro degli atti degli apostoli mette in evidenza, in particolare, tre sentieri seguiti nel portare il Vangelo sulle strade del mondo: la strada, la casa, la città. Oggi parliamo della città. E la scelta strategica intuita e attuata dall apostolo Paolo.

Dopo il primo viaggio, che ha visto lui e ”arnaba nell “sia Minore e poi il ritorno nelle medesime zone per confermare le comunità fondate, Paolo ha un sogno. Si trova a Troade. Sogna che un macedone che lo invita a passare in Macedonia, e cioè a entrare in Europa.

Resi certi che il Signore ci chiamava per annunciare la buona novella , partirono Paolo, Sila e Luca (cfr At 16,6-10).

Partire voleva dire cambiare continente, sbarcare in Europa per portarvi, forse per la prima volta, il Vangelo. Andare in Europa significava compiere dei passi per avvicinarsi al mondo reale , non identificabile con quello ebraico, e nemmeno quello medio-orientale. Significava andare verso i luoghi che, di fatto, influiscono, più o meno apertamente, su tutto il resto.

In questo modo, Paolo mostra una mentalità precisa: ritiene veramente che il Vangelo sia per tutti gli uomini, ritiene veramente che un apostolo non deve stare a casa sua tra i suoi, non deve identificare l impegno per Cristo come qualcosa che riguardi solamente la propria tribù , ma come una parola che riguarda ogni uomo, ebreo o greco, schiavo o libero.

Questo orizzonte che guida Paolo ottiene una ulteriore chiarificazione dal fatto che, in Macedonia e in Grecia, Paolo cerca decisamente il contatto con la città, non si attarda in luoghi piccoli, ma cerca piuttosto di gettare il seme evangelico nei grandi centri e di preferenza i grandi porti, ritenendo che tale fosse il modo migliore per permettere al seme di propagarsi in tutto il mondo.

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E così che cerca Filippi, poi Tessalonica (capitale della provincia romana della Macedonia), Atene, Corinto (cfr At 17,1-9; 17,16,16-34; 18,1-8). In seguito torna ad Antiochia passando per Efeso, dove fonderà una nuova comunità, Cesarea, Gerusalemme. Da Antiochia riparte per visitare le comunità del primo viaggio in Galazia e Frigia. Vediamo da vicino come andò questa scelta di privilegiare la città. Non fu un idillio. Ma Paolo non si pentì mai di quella scelta.

Che cosa dice e che cosa succede

FILIPPI: CONVERSIONE DI LIDIA, ESPERIENZA DEL CARCERE

Paolo e Sila arrivano a Filippi e rimangono in questa città per alcuni giorni. Il giorno i sabato si recano lungo il fiume, dove si radunavano delle donne per pregare. Rivolsero loro la parola.

Tra le donne c era Lidia, commerciante di porpora. Una credente in Dio. Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parola di Paolo. Dopo essere stata battezzata ci invitò nella sia casa. Ci costrinse ad accettare .

“ccusati di creare disordine nella città, i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione (“t 6, -15; 20b-2 .

TESSALONICA - RIFIUTATI

Per tre sabati Paolo andò alla sinagoga. Spiegò che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti. E quel Gesù che io vi annuncio. Alcuni aderirono. Ma i Giudei, ingelositi, li accusarono di creare subbuglio in città. Li accusarono di essere contro i decreti dell imperatore, affermando che c è un altro re, Gesù . Nelle grandi città stava in evidenza la statua dell imperatore; e veniva venerata. Dovettero ripartire di notte verso Berea. Ma anche da lì, Paolo dovette andarsene. Prese il sentiero per Atene.

ATENE: UN FLOP? –

Fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli. Discuteva frattanto con i Giudei nella sinagoga e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava. Anche alcuni filosofi epicurei e stoici discutevano con lui. Egli annunciava Gesù e la risurrezione . Lo condussero all “reòpago . Dissero Cose strane per vero ci metti negli orecchi . Paolo si alzò

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e fece un ampio discorso. Parlò del Dio ignoto. Giunse a parlare di un uomo che Dio ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti . “ quel punto, alcuni lo deridevano “ltri dissero Ti sentiremo un altra volta. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti . La risurrezione dai morti era del tutto ignota al mondo romano, ma anche la maggioranza del mondo ebraico non credeva alla risurrezione dei morti.

Corinto – HO UN POPOLO NUMEROSO IN QUESTA CITTÀ”

Qui trovò un giudeo chiamato Aquila, insieme con la moglie Priscilla. Era da poco arrivato dall Italia. Claudio allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo abitò presso di loro e lavorò con loro erano fabbricatori di tende . Rimase in quella città per un anno e mezzo.

MILETO: LA FINE DEI VIAGGI

Quando parte da Corinto per andare a Gerusalemme, lungo il viaggio in nave si ferma in diversi luoghi. Tra questi sta Mileto. Si tratta di poche ore, ma importanti. Raduna i presbitero di Efeso, fa un bilancio degli anni passati e dà uno sguardo al futuro (At 20,17.20.24.28.32.36-38).

Vuole arrivare fino a Roma, e ci arriverà, sia pure come prigioniero (cfr At 25,9b-10.12; 27,1; 28,30-31). Ciò voleva dire raggiungere il centro del mondo di quei tempi.

Sostiamo sull incontro di Mileto. Mandò a chiamare i presbiteri di Efeso e disse loro:

v. 2 Sapete che non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile al fine di predicare a vo e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case.

v. 22: Io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.

v. 24: Non ritengo la mia vita meritevole di nulla, purchè conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.

v. 28: Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito

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Santo vi ha posti come pastori a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo (di Cristo) sangue.

v. 32: E ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l eredità con tutti i santificati. In tutte le maniera vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole di Gesù, che disse: Vi è più gioia dare che nel ricevere!

v. 36ss: Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avremmo più visto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave .

DIO “”IT“ L“ CITT“ (Papa Francesco

Paolo scelse la città come luogo da privilegiare per diffondere il Vangelo. Non fu per nulla facile. Mi ispiro, nel parlare della città come luogo dove portare il Vangelo, a quanto ha scritto Papa Francesco quando ancora era in Argentina.

LA LETTURA DI UN CREDENTE E PASTORE

Papa Francesco fa riferimento a un significativo incontro delle Chiese e dell “merica Latina ad “parecida (2 . “bitare in una grande città al giorno d oggi è una cosa molto complessa. Lo sguardo che voglio condividere con voi è quello di un pastore che cerca di andare a fondo nella sua esperienza di credente: Lo sguardo della fede scopre e crea la città .

TRA PAURA E FIDUCIA - Le tensioni che l analisi delle scienze ci pongono dinanzi agli occhi possono suscitare paura e sentimenti di impotenza pastorale. La certezza che Dio vive nella città ci riempie però di fiducia, e la speranza della Città Santa che scende dal cielo ci infonde coraggio apostolico .

I PRIMI SECOLI DI CRISTIANESIMO - Il Papa ricorda che la Chiesa ai suoi inizi si formò nelle grandi città del tempo e si servì di esse per espandersi . E aggiunge che nell incontro latino-americano di Aparecida si è privilegiato uno sguardo di discepoli missionari sulla realtà della città. Questo sguardo – aggiunge – darà fondamento a tutti gli sguardi . In Cristo, Parola, Sapienza di Dio (cfr 1 Cor 1,30), ogni città può ritrovare il suo centro e la sua profondità . Che Dio abiti la città non è frutto della nostra fantasia. Sappiamo che il nostro Dio è un Dio che ha piantato la sua tenda in mezzo a noi. In questo senso, Dio ci precede nella città.

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E vitalmente mescolato in mezzo a tutti e unito a ciascuno .

LIEVITO NELLA PASTA - A noi chiede di essere il lievito nella pasta. Ci invita a non immaginare di dovere partire da zero.

RELAZIONI DI PROSSIMITÀ - Dio ci spinge a uscire incontro a Lui per scoprirlo, per costruire relazioni di prossimità, per accompagnare il fermento della sua Parola in opere concrete.

DARE UN CUORE ALLA CITTÀ – Agire così - in qualunque città – migliora la fede. Già l apostolo Paolo raccomandava di essere buoni cittadini (cfr Rm 13,1: vivere a fondo l umano, migliora il cristiano e feconda la città (dandole un cuore .