Figure della cura come forma della relazione La cura esistenziale.

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Figure della cura come “forma” della relazione La cura esistenziale

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Figure della cura come “forma” della relazione

La cura esistenziale

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La Cura come “struttura dell’esistenza”…

Secondo Martin Heidegger, la Cura è ciò che regge la nostra esistenza,

ne è la struttura… Cominciamo a raccontarlo attraverso

una favola …

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La favola di Igino

La “Cura”, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa ne raccolse un po’ e

cominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La “Cura” lo prega di

infondere spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la “cura” pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo

impedì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre Giove e la “Cura” disputavano sul nome, intervenne

anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato ad

esso una parte del proprio corpo” …

(M. Heidegger, 1976, Essere e Tempo, trad. it. Longanesi, Torino, p. 247)

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La favola di Igino

… “I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: “Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, al

momento della morte riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che esso viva lo possieda la Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è fatto di humus

(Terra)”.

(M. Heidegger, 1976, Essere e Tempo, trad. it. Longanesi, Torino, p. 247)

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Cura come “struttura dell’esistenza”

”La cura sembra essere il rapporto tra effettività e possibilità: dove il fatto

di essere mondo, di essere quell’uomo lì e non altro, rappresenta per l’uomo la

condizione della sua stessa progettualità esistenziale: della stessa possibilità di formarsi, di divenire ciò che può, concretamente, ma solo ciò

che lui può”

(Palmieri C., 2000, La cura educativa, Franco Angeli, Milano, p. 23)

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Cura come “struttura dell’esistenza”

Cura

Effettività Possibilità

Il più proprio poter essere

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Nella situazione di disabilità…

Appartenere al genere umano significa costitutivamente avere delle potenzialità, “poter essere” se stessi, a partire da sé…

Questo, nell’ambito dell’educazione delle persone disabili, è fondamentale: ci ricorda che sempre e comunque, qualunque sia il livello di compromissione della persona –

certificato da una diagnosi – quella persona ha delle potenzialità, soprattutto la possibilità di

essere ciò che lei può essere, nella sua unicità, a partire proprio dalla presenza del suo deficit.

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Nella situazione di disabilità…

Quali potenzialità

Le potenzialità (possibili) non sono generiche, ma sono quelle possibilità che appartengono al soggetto a partire dalla

sua condizione fisica, psicologica, familiare, sociale…

Non vederle è questione di educazione alla coltivazione delle potenzialità stesse,

ovvero di modalità di cura…

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Nella situazione di disabilità…

Potenzialità, relazione ed esperienza

La manifestazione delle più proprie possibilità di una persona disabile avviene

all’interno dei processi di relazione, dei contesti esperienziali: le potenzialità non si

possono determinare in astratto, ma sperimentare e comprendere giorno per

giorno…

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Nella situazione di disabilità…

La rappresentazione e l’esperienzaPerché le potenzialità di un soggetto disabile

si esprimano e si riconoscano occorre:

1. Lavorare sull’immaginario e sulle rappresentazioni delle persone che lo circondano (familiari, educatori, professionisti, amici, ecc..): le percezioni e le aspettative degli altri condizionano le possibilità di espressione della persona disabile, nonché il riconoscimento della loro presenza

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Nella situazione di disabilità…

La rappresentazione e l’esperienzaPerché le potenzialità di un soggetto disabile si esprimano

e si riconoscano occorre:

2. Creare occasioni di esperienza, di sperimentazione di sé: una persona disabile, come chiunque altro, può conoscere se stessa, apprendere quali siano e di che tipo siano i propri limiti ma anche quali siano le proprie capacità e risorse, solo all’interno di contesti in cui possa realmente e adeguatamente fare esperienza di sé.

Questo significa proteggere ma non troppo, consentire l’errore e lavorare sulla possibilità di sbagliare,

accogliere le emozioni connesse alla sperimentazione di sé

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Come si esprime la Cura?

In atteggiamenti e azioni in cui si concretizza

Il prendersi cura delle cose del mondo

L’aver cura degli altri

Utilizzazione Come oggettiCome soggetti

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Aver cura degli altri

Come oggetti Come soggetti

Relazione funzionaleCura inautentica Cura autentica

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L’aver cura autentico: “anticipare liberando”

”La cura autentica aiuta gli altri a divenire consapevoli e liberi per la

propria cura”

(Heidegger M., 1976, Essere e Tempo, trad. it. Longanesi, Milano, p. 157)

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Nella situazione di disabilità…

La cura autentica implica la possibilità di trattare – e quindi pensare – la persona disabile come un soggetto che, comunque, “può” essere ciò

che può: un soggetto che, a partire dalla propria condizione, può, a modo suo, pensare

a sé, sentire e comunicare i propri bisogni, desiderare, scegliere, anche se solo nelle

piccole cose di ogni giorno. Implica riconoscerlo come interlocutore attivo

nella relazione e nell’esperienza quotidiana.

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L’aver cura inautentico:“sostituire dominando”

”L’aver cura può in un certo modo sollevare gli altri dalla cura, sostituendosi loro nel prendersi

cura, intromettendosi al loro posto… Gli altri risultano allora espulsi dal loro posto, retrocessi, per ricevere, a cose fatte e da altri,

già pronto e disponibile, ciò di cui essi si prendevano cura, risultandone del tutto

sgravati… Gli altri possono essere trasformati in dipendenti e in dominati, anche se il

predominio è tacito e dissimulato”

(Heidegger M., 1976, Essere e Tempo, trad. it. Longanesi, Milano, p. 157)

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Nella situazione di disabilità…

La cura inautentica è un rischio sempre presente: è facile sostituirsi ad una persona se la percezione che si ha di essa è “deficitaria”…

Quando succede, ci si sostituisce in quello che qualifica i soggetti come tali: la facoltà di

sentire e comunicare bisogni, di esprimere desideri, di fare delle scelte…

Così facendo, si restringe la possibilità che la persona ha di fare esperienza, di sé e del

mondo.

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L’ambiguità della Cura

Le nostre azioni, i nostri “modi di essere nel mondo e con gli altri” sono sempre

potenzialmente ambivalenti:

Proteggere è necessario ma se le azioni di protezione sono giocate inadeguatamente non

favoriscono l’autonomia personale…

Aiutare è indispensabile, così come essere aiutati, ma si corre sempre il rischio di essere

invasivi, o di sostituirsi all’altro nell’assunzione delle proprie responsabilità, inibendone la

capacità di scelta…

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La cura “sociale”: “Attenti: vi curo!”

A livello culturale e sociale, in Europa, la Cura nasce come

preoccupazione sociale e istanza morale, stagliandosi

nell’ambito della “cura inautentica”

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La Cura come Normalizzazione

“Pare che la cura nasca sulla scorta di una preoccupazione sociale inerente il

mantenimento dell’ordine pubblico, la garanzia di funzionamento di un certo sistema

economico, il sostentamento e la regolamentazione della popolazione, la

possibilità di conoscenza, di distribuzione e di produzione di individui utili, di corpi docili, di

soggetti funzionali”

(Palmieri C., 2000, La cura educativa, Franco Angeli, Milano, p. 61)

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La logica dell’esclusioneLa cura nasce come istanza di

separazione:

“È stato un gesto, una scelta originaria, dice Foucault. Un gesto che sembra sorgere

all’interno di una problematizzazione del rapporto dell’uomo con quello che

rappresenta ciò che egli fa fatica a capire, a controllare, a sopportare”

(Palmieri C., 2000, La cura educativa, FrancoAngeli, Milano, pp- 61-62)

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La logica dell’esclusione

“Questa scelta originaria del pensiero occidentale nasce nell’ambito dell’esperienza della follia, della

malattia, della morte: di ciò che effettivamente l’uomo moderno ha allontanato da sé, ha colonizzato

con il linguaggio della razionalità e quindi esorcizzato, nel tentativo, forse, di mettere a tacere

quell’inquietudine che tali esperienze sembrano tuttora non smettere di suscitare”

(Palmieri C., 2000, La cura educativa, FrancoAngeli, Milano, pp 61- 62)

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Il “crinale” della Cura

Il dispositivo: SpaziTempi

Sistemi SimboliciRelazioni

La materialità

Cura inautentica:Normalizzazione

“Terapia”“Sostituirsi dominando”

Cura Autentica:EmancipazioneAutoriflessione

Sicurezza interiore“Anticipare liberando”