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F.I.F. Corso di Personal Trainer Verona Aprile - Giugno 2007 Tesina finale “Caso Studio” TOMMASO BELLORIO

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F.I.F.

Corso di Personal Trainer

Verona

Aprile - Giugno 2007

Tesina finale

“Caso Studio”

TOMMASO BELLORIO

INDICE

Complessità del problema .................................................................................. .... 12

Sindrome da conflitto sottoacromiale ..................................................................... 12

Anamnesi ............................................................................................................. .. 12

Mobilità ............................................................................................................. ..... 12

Segni specifici ................................................................................................ ........ 13

Forza .................................................................................. ................................... 13

Imaging ..................................................................................... ............................ 13

Radiografia ................................................................................... ......................... 14

Ultrasonografia .................................................................................. .................... 14

Artografia .............................................................................. ................................ 14

Risonanza magnetica ...................................................................................... ....... 14

Quadro del cliente ......................................................................................... ..... 15

Cenni storici ..................................................................................................... ...... 16

Mobilitazioni passive ................................................................................. ............. 17

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INTRODUZIONE

Nella mia attività ho la possibilità di lavorare in sinergia con un osteopata. Dopo aver

ricevuto indicazioni generali su come far lavorare il paziente, mi trovo spesso a dover

approfondire varie tematiche, tra le quali la riabilitazione.

Questa tesina può essere un esempio del mio modo di lavorare.

Sono partito dalla riabilitazione della spalla, passando da un’intonizzazione generale.

Poi ho inserito esercizi specifici cercando di ottimizzare il tutto e portando il mio

cliente al raggiungimento del suo obiettivo.

Appositamente non ho voluto sviluppare la progressione didattica dello sport

specifico. Mi sono solamente limitato a inserire l’uso della racchetta da tennis solo

quando il mio cliente ha raggiunto un discreto stato di forma, sia per quanto riguarda

il tono muscolare sia per quanto riguarda la base aerobica.

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SINDROME DA CONFLITTO

In questi ultimi anni, grazie all’artroscopia e alle nuove tecniche di risonanza

magnetica, sono stati compiuti importanti progressi nella diagnostica delle patologie

della spalla, ma nulla può sostituire un’attenta e dettagliata indagine anamnestica

nella valutazione integrale del paziente, dell’origine della sintomatologia e

dell’importanza della lesione, al fine di impostare un corretto iter diagnostico

terapeutico.

Le manifestazioni del dolore articolare sono limitate a pochi e generici sintomi, che

devono essere attentamente valutati dallo specialista mediante un approcio metodico

e clinico. Nella maggioranza dei casi il paziente si lamenta di un dolore alla spalla,

descritto nei modi più disparati, ma riconducibile a ben definiti schemi. A volte al

dolore spontaneo o provocato, localizzato o irradiato si uniscono una perdita di forza e

una limitazione del movimento, che vengono ad aggravare la funzione dell’arto

colpito.

La perdita di forza si evidenzia soprattutto nelle attività in elevazione, quando sono

richiesti una normale stabilizzazione dell’articolazione gleno-omerale. Spesso è il

dolore a causare ipovalidità funzionale.

La perdita di articolarità viene riferita come impossibilità ad effettuare un movimento.

Già da come la persona si muove, saluta o si spoglia è possibile trarre indicazioni sul

tipo di problema presentato.

I sintomi dolorosi possono essere presenti nelle comuni attività quotidiane o solo in

alcuni movimenti della spalla, possono essere costanti o impedire un movimento

specifico, possono aggravarsi nel mantenere posture e nell’eseguire movimenti

ripetitivi, possono essere alleviati dal riposo o dall’assunzione di farmaci anti

infiammatori.

Il cliente parla più comunemente di dolore improvviso durante un’azione particolare o

un movimento di abduzione, extrarotazione ed una perdita improvvisa di forza con il

braccio in alto.

Il riferimento a rumori, scatti e crepitii è frequente, ma non sempre deve essere

valutato come causa di patologia; la loro presenza, associata a dolore, merita

comunque un ulteriore approfondimento.

Anamnesi

La raccolta della storia clinica è estremamente importante per capire il motivo del

dolore alla spalla. Molteplici sono le ragioni di una spalla dolorosa e funzionalmente

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limitata; molte hanno origine dalla spalla stessa, alcune da malattie d’ordine

generale, altre da alterazioni delle strutture anatomiche vicine, altre ancora da altri

disturbi.

L’anamnesi deve essere guidata dallo specialista che raccoglie tutti quei dati che

consentono un inquadramento il più possibile preciso del paziente e del problema in

esame; è utile indagare la presenza di altri dolori.

Occorre infine valutare a quali terapie recenti il paziente si sia sottoposto.

La sindrome da impingement

La sindrome da impingement si manifesta tra i 25 e i 40 anni. L’anamnesi delle

attività lavorative, degli sport e degli hobbies praticati dal paziente riveste particolare

interesse nella valutazione delle cause scatenanti un dolore alla spalla.

Le attività sportive possono far peggiorare un problema preesistente alla spalla, ma in

molti casi ne sono la causa determinante; basti pensare alle percentuali di patologie

associate agli sport di lancio, come il tennis, il golf, il baseball, etc.

E’ sempre importante un’attenta analisi del gesto atletico perché la sua correzione

può determinare in alcuni casi la completa guarigione della sintomatologia accusata

dal paziente.

Il dolore è il sintomo prevalente e spesso l’unico presente nella maggior parte delle

patologie della spalla.

Le patologie dell’articolazione acromion claveare si manifestano con un dolore ben

localizzato, facilmente individuato dallo stesso paziente che lo indica con un dito. E’

questa l’unica problematica della spalla a dare un’irradiazione verso il trapezio e il

collo.

Il dolore che compare in abduzione o in elevazione, tra i 70° e i 120°, suggerisce un

problema alla cuffia dei rotatori; quello che compare al di sopra dei 150° suggerisce

un’artropatia dell’articolazione acromion claveare.

Test speciali

I test speciali si dividono, sulla base delle strutture che essi esaminano e del loro

significato specifico.

Test di conflitto

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Vengono effettuati tutti in rotazione interna e sono da considerare positivi alla

comparsa del dolore durante la loro esecuzione. Quando sono positivi mettono in

evidenza una situazione di conflitto.

- Test di Hawkins: viene effettuata una rotazione interna passiva del braccio, con

spalla flessa a 90°.

Fig. 1 – Test di Hawkins

- Test di Yocum: il soggetto con la mano sulla spalla controlaterale e il braccio in

adduzione orizzontale a 90°, spinge in alto il gomito contro resistenza.

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Fig. 2 – Test di Yocum

Test per la cuffia dei rotatori

Alcuni di questi test sono effettuati contro resistenza e valutano

contemporaneamente la forza e l’integrità della cuffia. Altri sono test di tenuta:

- Test di Jobe: esamina il sovraspinoso. L’operatore esegue una spinta verso il

basso sulle braccia abdotte a 90°, flesse anteriormente di 30° e mantenute in

rotazione interna. Il test è positivo quando si evidenzia il dolore di una spalla

rispetto alla controlaterale.

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Fig. 3 – Test di Jobe

- Abduzione contro resistenza: esplora anch’esso il sovraspinoso e come il test

di Jobe è positivo alla comparsa di ipostenia. Il soggetto spinge il braccio in

abduzione a 90° contro la resistenza dell’esaminatore.

Fig. 4 – Abduzione contro resistenza

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- Test di rotazione esterna contro resistenza in abduzione: studia la forza del

sottospinoso. Lo si esegue invitando il soggetto ad effettuare una rotazione

esterna a braccia addotte contro resistenza offerta dall’operatore. Il test è

positivo alla comparsa di ipostenia.

Fig. 5 – Test di rotazione esterna contro resistenza in abduzione

- Test di patte: con il braccio in abduzione a 90° il paziente viene invitato a

compiere una rotazione esterna contro resistenza. Vale per esso quanto si è

detto per il test precedente.

Fig. 6 - Test di patte

- Test del “lift-off”: esamina il sottoscapolare e richiede che il paziente possa

portare il braccio in rotazione interna dorsale all’altezza della vita. Da questa

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posizione il paziente deve effettuare una spinta attiva all’indietro contro

resistenza offerta dalla mano dell’esaminatore. Può essere eseguito anche

come test di tenuta. L’operatore posiziona passivamente il braccio lontano

dalla schiena ed invita il paziente a mantenere la mano nella posizione

raggiunta. Il test è positivo in caso di incapacità della tenuta.

Fig. 7 - Test del “lift-off”

- Test di Napoleone: rappresenta una alternativa al test del “lift-off” nei casi in

cui il paziente non riesca a raggiungere la posizione di rotazione interna

dorsale. Si valutano l’entità e la qualità della spinta.

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Fig. 8 - Test di Napoleone

Patologia della cuffia dei rotatori

Tale termine comprende diverse sintomatologie. La cuffia dei rotatori della spalla è

una struttura muscolo-tendinea composta dai muscoli sottoscapolare, sovraspinoso e

piccolo rotondo, le cui componenti tendinee convergono e si fondono a formare un

rivestimento che copre che avvolge e copre la capsula articolare e quindi la testa

omerale. Queste strutture scorrono, nei vari movimenti della spalla, all’interno di uno

spazio compreso fra la testa dell’omero inferiormente e l’acromion. Tale spazio

rappresenta un punto critico. Numerose condizioni possono svilupparsi a tale livello e

indurre ripetuti microtraumi sulle strutture tendinee. In molti casi possono essere

svelate attraverso una semplice radiografia alla spalla. Possiamo sospettare un

coinvolgimento dei tendini della cuffia dei rotatori anche dall’indiretta osservazione

della risalita della testa omerale, conseguente restringimento dello spazio

subacromiale. Dunque la valutazione di tali condizioni con la radiografia

convenzionale rappresenta soltanto un primo approccio al problema, che può essere

indagato anche con l’ecografia e la risonanza magnetica.

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LE SINDROMI DA ATTRITO SOTTOACROMIALE

Complessità del problema

La spalla è l’articolazione con maggiore mobilità nel corpo umano, ed è costituita da

un insieme di sette articolazioni che si muovono in sincronia. Ventisei muscoli ne

controllano il movimento. La complessa correlazione esistente tra ossa, legamenti,

muscoli e tendini, non è ancora stata compresa fino in fondo. Non deve quindi stupire

che la patologia della cuffia dei rotatori sia tuttora un argomento controverso.

Negli ultimi due decenni, l’aumento delle informazioni inerenti all’anatomia, alla

biomeccanica e alla storia naturale delle lesioni a carico della cuffia dei rotatori ci ha

permesso di capire che puà dipendere da molti fattori.

Sindrome da conflitto sottoacromiale

Nonostante la sindrome da conflitto sottoacromiale sia stata da molto tempo

riconosciuta come causa del dolore alla spalla, è grazie agli studi di Neer del 1972 che

si sono comprese meglio tante cose dell’articolazione della spalla.

La causa della sindrome da conflitto è il restringimento dello spazio al di sotto

dell’acromion.

Anamnesi

Vanno accuratamente registrati l’età, l’arto dominante e il livello di attività. Va

ricordato che una sindrome da attrito subacromiale è raramente riscontrata al di sotto

della quarta decade. Attività lavorative o sportive che comportino l’uso ripetuto delle

braccia al di sopra del livello delle spalle sono un fattore favorente la comparsa di una

sindrome d’attrito sottoacromiale. E’ molto importante, inoltre, registrare la durata

dei sintomi, la sede del dolore e gli eventuali traumi o microtraumi subiti. Il dolore da

inpigement è più comunemente riferito al terzo superiore e anteriore del braccio, e

spesso l’elevazione del braccio ne determina la comparsa.

Mobilità

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La mobilità è di norma conservata, pur potendo evocare dolore agli ultimi gradi, in

particolare in flessione.

Segni specifici

Il classico segno di Neer o segno di impingement è frequentemente positivo.

L’esaminatore, è posto dietro al paziente, con una mano stabilizza la scapola, mentre

con l’altra eleva l’omero con il braccio in rotazione interna. Di solito si genera dolore

verso i 70° di flessione. Altro segno specifico è chiamato di Hawkins o di impigement

2: Il braccio viene elevato a livello della spalla, quindi l’esaminatore che si trova di

fronte al paziente imprime un movimento di rotazione interna mentre adduce il

braccio. La comparsa di dolore rende il segno positivo. Viene inoltre definita segno di

impingement 3 l’abduzione del braccio che l’esaminatore determina mentre con

l’altra mano, trovandosi posteriormente al paziente, stabilizza la scapola.

Fig. 9 – Segno di Neer Fig. 10 – Impingement

Forza

E’ importante sottolineare che il paziente affetto da conflitto sottoacromiale

presenterà una forza normale quando vengono testati i muscoli della cuffia dei

rotatori della spalla.

Imaging

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Il miglioramento delle tecnologie e delle conoscenze ha permesso di arrivare ad una

corretta diagnosi di sindrome da conflitto sottoacromiale.

Radiografia

Le radiografie convenzionali con radiogrammi presi in proiezione frontale in rotazione

interna, esterna e neutra. E’ importante inoltre calcolare l’intervallo acromion omerale

in proiezione antero-posteriore a paziente seduto. Il valore normale di questo

intervallo è di 12-14 mm.

Ultrasonografia

La tecnica è in grado di identificare anormalità delle strutture tendinee della cuffia dei

rotatori. E’ una metodica economica, non invasiva.

Artografia

L’artografia con doppio contrasto, 2-2 ml di materiale radio-opaco più 10 ml di aria, è

in grado nel 95% dei casi di dimostrare una rottura a tutto spessore della cuffia

rotatoria.

Risonanza magnetica

E’ il metodo di indagine che fornisce il maggior numero di dettagli e di informazioni

nella patologia della cuffia dei rotatori. In particolare per quanto riguarda l’attrito

sottoacromiale, è molto utile nell’identificare le lesioni parziali della cuffia dei

rotatori, spesso non riconoscibili con altri esami strumentali. Inoltre, è il

sistema di indagine più preciso per identificare l’attrito al di sotto dell’articolazione

acromion-claveare.

E’ fondamentale quindi istituire un protocollo riabilitativo che si prefigga il compito

di recuperare un bilanciamento dei diversi muscoli del cingolo scapolare e che

rinforzi i muscoli extrarotatori e i muscoli stabilizzatori della scapola.

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SCHEMA DI PROCEDURA

Colloquio iniziale

Quadro del cliente1. Medico

2. Donna

3. 45 anni

4. Normalmente stressata

5. Presenta un dolore alla cuffia dei rotatori

Obiettivi

1. Tornare in forma (perdere 4-5 Kg)

2. Tornare a giocare a tennis

3. Partecipare, tra un anno, al “TORNEO DEL PESCE”

Il caso di Paola

Paola si è messa in contatto con me attraverso amici comuni e mi ha dato

appuntamento al Tennis Club, in una giornata di sole, dove intende tornare a giocare

al più presto perché per lei è gratificante e rilassante.

Dal colloquio iniziale ho capito che è una donna sana, con una gran voglia di vivere,

attiva, ma si sente un po’ giù a causa di dolori alla spalla destra che non le

permettono di essere efficiente al 100% come invece è abituata. Mi parla un po’ di se

stessa, della sua attività di medico, dei reparti difficili dove lavora, delle sua

situazione familiare di separazione dal coniuge dopo la quale è ingrassata di quattro

chili che non riesce a smaltire. Vuole rimettersi in forma velocemente e risolvere quel

problema che è quello che le impedisce di esercitare la sua attività sportiva preferita.

Già da queste brevi indicazioni mi faccio una prima idea di come agire.

Il colloquio si svolge alla fine di marzo e ho circa un anno di tempo per intervenire con

un certo programma di lavoro per restituirle la sua completa autonomia. Le consiglio

a prescindere una visita dall’ortopedico. Dopo la visita il medico le prescrive una

risonanza magnetica (RMN) alla spalla. Da questi esami viene diagnosticato un

conflitto sotto acromiale, cioè un alterazione cinematica dell’omero dove la testa

dell’osso risale dal basso verso l’alto ed entra in contatto con la volta acromiale.

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RIEDUCAZIONE E ALLENAMENTO

Cenni storici

La conoscenza sulla riabilitazione della spalla ebbe inizio nel 1993, anno in cui nacque

la collaborazione con un gruppo di ortopedici specializzati nella chirurgia della spalla.

Il continuo scambio di informazioni, di dettagli sul tipo di intervento, delle

“sensazioni” sull’evoluzione dei risultati e, non ultimo, il fatto di seguire direttamente

gli interventi, hanno permesso di sviluppare progressivamente i protocolli e le

tecniche riabilitative. La Spalla, per la sua complessità anatomica, per la sua capacità

di mobilità, necessita una buona stabilità muscolare.

Il recupero funzionale, a sua volta, deve tener conto di diversi aspetti: della lesione,

dei tempi biologici, delle caratteristiche individuali del paziente, del recupero, inteso

come diminuzione del dolore, della forza, e ripristino, ove possibile completo, della

coordinazione dei movimenti nella vita di relazione e negli sport.

Si prenderanno ora in esame tre argomenti generali che prendono in esame le

mobilitazioni passive con le tecniche di presa specifiche, il rinforzo muscolare e i

relativi esercizi consigliati, gli aspetti generali del lavoro in acqua e i vantaggi che

essa offre.

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Fig. 11 – Foca di Jobe

Mobilitazioni passive

Il recupero della mobilità fisiologica rappresenta una priorità. Si deve avere bene in

mente che qualsiasi spalla problematica può instaurare una rigidità che è sinonimo di

dolore. Per questo motivo bisogna attuare anticipatamente tutti quegli accorgimenti

(esercizi passivi per il mantenimento della mobilità) che evitino la riduzione del

fisiologico range di movimento. Troppo spesso si osserva e si cura esclusivamente il

sintomo; chi non anticipa e non prevede l’eventuale insorgere della rigidità sarà

costretto successivamente a curare sia il sintomo sia la rigidità.

Rinforzo muscolare (principi di base)

Un diminuito tono muscolare del deltoide per immobilità prolungata corrisponde a un

aumento dello spazio subacromiale che coincide con un abbassamento della testa

omerale. Al contrario, una diminuzione della funzionalità della cuffia dei rotatori

spesso si associa a una riduzione dello spazio subacromiale con conseguente risalita

della testa omerale.

La fisiologia dimostra che la scomposizione delle forze del deltoide presenta un

vettore che favorisce la risalita della testa omerale. In presenza di un buon tono

muscolare della cuffia dei rotatori, questa componente verticale viene contrastata

dalla stabilità della testa omerale che in questo modo non è sottoposta a spostamenti

verticali. Quanto detto conferma che gli equilibri che influenzano l’articolazione gleno-

omerale sono molto delicati. In questo specifico caso bisogna prestare attenzione

al corretto equilibrio tra deltoide-cuffia dei rotatori. In qualsiasi persona il

rinforzo di questi gruppi muscolari deve avvenire nel rispetto di un’equilibrata

progressione, in caso contrario, un maggior tono del deltoide, rispetto ai muscoli

rotatori, può favorire una sindrome da conflitto.

Per quei pazienti che già presentano un alterato equilibrio dei gruppi muscolari in

questione, il rinforzo dei muscoli rotatori deve sempre precedere quello del deltoide.

Il primo obiettivo deve mirare a stabilizzare la testa omerale. Abbiamo notato

che durante l’esecuzione degli esercizi per il rafforzamento dei muscoli rotatori,

l’abbassamento dell’omero crea un aumento dello spazio subacromiale con

conseguente minor attrito. Quando un paziente fa precedere gli esercizi di

rinforzo degli abbassatori a quelli dei rotatori, avverte una diminuzione o

addirittura una scomparsa del dolore articolare. Questa considerazione

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spinge a valorizzare la funzione dei muscoli gran pettorale e gran dorsale,

inseriti nel terzo gruppo dello schema di Jobe, nella loro azione di

abbassatori dell’omero.

Fig. 12 – La piovra

Per questi motivi gli esercizi di rinforzo muscolare devono avere la seguente

progressione:

1. Abbassatori o depressori dell’omero. Il loro rinforzo è sempre utile.

2. Muscoli protettori gleno-omerali. Tra questi muscoli il gruppo degli

extrarotatori è sicuramente il più importante ed è quello che dovrà

ricevere maggiori attenzioni.

3. Muscoli pivot scapolo-omerali. Il rinforzo di questo gruppo di muscoli

favorisce un buon rapporto tra scapola e torace. Il corretto

basculamento della scapola è fondamentale per prevenire il conflitto.

In linea di massima, la scapola non si muove per i primi 20° di abduzione. Da

questo punto in poi per ogni 3° di abduzione 2° sono a carico dell’articolazione

gleno-omerale e 1° è relativo all’articolazione scapolo-toracica. Se lo

spostamento della scapola non si verifica, l’impatto tra omero e acromion

viene anticipato.

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4. Posizionatori dell’omero. Inizialmente è importante rinforzare sia il deltoide

posteriore sia il deltoide anteriore.L’ aumento del tono del deltoide

anteriore è utile poiché favorisce un maggior grado di elevazione

anteriore. Successivamente, quando la spalla sarà ben equilibrata, si potrà

lavorare sui fasci medi.

Questa suddivisione rappresenta una progressione logica del rinforzo dei muscoli

motori della spalla, che ci permette di ridurre al minimo eventuali rischi provocati da

un rinforzo non corretto.

Dalla teoria alla pratica

Passiamo ora ad esaminare quali siano gli esercizi “a secco” nel rispetto della

gradualità, considerando che quest’ultima è rappresentata dall’utilizzo di ambienti e

resistenze diverse.

Il controllo dell’incremento della forza verrà effettuato attraverso test isometrici

eseguiti a scadenza ben stabilita. In acqua si possono eseguire movimenti attivi

assistiti. In acqua la resistenza viene ad essere distribuita per tutta la lunghezza della

leva e il paziente può in qualsiasi momento arrestare il movimento senza dover

incorrere in una fase eccentrica con ulteriore dolore. Queste ed altre sono le

condizioni ideali per il recupero.

La resistenza degli elastici invece è proporzionale al loro grado di allungamento, di

conseguenza l’inizio del movimento non risulta essere così brusco come nell’ attività

isotonica. La semplicità e la duttilità degli elastici permettono inoltre l’esecuzione di

un maggior numero di esercizi per più muscoli, da poter eseguire anche a casa o in

ferie, per una migliore continuità dell’allenamento.

L’esercizio isotonico rappresenta l’attività più indicata per un muscolo già preparato,

per le persone sportive che vogliano raggiungere il massimo recupero possibile.

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ESECUZIONE ESERCIZI: NORME

Il dolore

Durante l’esecuzione degli esercizi attivi contro resistenza è buona norma agire in

assenza di dolore. Per fare ciò, è bene attuare alcuni accorgimenti pratici. Ci è utile,

come esempio, l’esercizio per il rinforzo degli extra rotatori con braccio addotto.

- In primo luogo, è buona norma mantenere una corretta postura, con busto

eretto, poiché la posizione di accentuazione della cifosi provoca

un’intrarotazione ed anteposizione dell’omero con possibilità di un maggior

attrito dei capi articolari.

- Se è possibile, occorre porre l’omero molto vicino alla sua posizione

fisiologica (leggermente anteposto e abdotto) che coincide con il piano

scapolare.

- Poiché il dolore può presentarsi in un preciso angolo di movimento, possiamo

ridurre la sua ampiezza. Se la resistenza è eccessiva, bisogna provvedere a

diminuirla. Se il dolore si attenua, ma non accenna a scomparire, è opportuno

trasformare l’esercizio isotonico in uno isometrico eseguito in un angolo non

doloroso.

Se nonostante tutti questi accorgimenti vi è ancora la presenza di dolore, bisogna

sospendere l’esercizio, poiché il paziente non possiede i requisiti essenziali per

poterlo eseguire.

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ESERCIZI DI RINFORZO

Come è stato detto in precedenza, il rinforzo muscolare deve seguire una logica

progressione. Lo schema di Jobe, con l’associazione dei muscoli abbassatori

dell’omero (gran pettorale e gran dorsale), rappresenta, a mio avviso, la metodica più

appropriata.

Rispettando la classificazione proposta da Jobe, descriviamo ora alcuni esercizi

specifici per i seguenti muscoli:

- Protettori gleno-omerali;

- Muscoli pivot della scapola;

- Muscoli elevatori della scapola.

Protettori gleno-omerali

Sovraspinato

Origine: fossa sopraspinata della scapola;

Inserzione: grande tuberosità dell’omero;

Azione: abduzione dell’omero.

E’ consigliabile eseguire questo esercizio soltanto quando si è raggiunto un

buon equilibrio generale della spalla, quindi è opportuno mantenersi sotto i

10-15° rispetto all’orizzontale.

Il movimento migliore per isolare tale muscolo consiste nell’abdurre il

braccio a 30 °, intra ruotarlo e anteporlo di 30°. La maggior azione di tale

muscolo si esercita a 90° di elevazione, poiché tale posizione di elevazione-

intrarotazione, rappresenta una condizione favorevole al conflitto subacromiale.

Inizialmente il movimento può essere eseguito a carico naturale per passare poi a

resistenze elastiche e manubri.

In alcuni pazienti si può notare un’eccessiva contrazione associata dei fasci superiori

omolaterali del trapezio. Per favorire un maggior rilassamento di tale muscolo si può

richiedere una flessione laterale ed una flessione del capo con rotazione di questo dal

lato opposto rispetto al braccio che esegue il movimento.

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Fig. 13 – Muscolo sovraspinato: muscolo

Fig. 14 – Muscolo sovraspinato: azione

Sottospinato

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Origine: fossa sotto spinata della scapola;

Inserzione: grande tuberosità dell’omero;

Azione: extrarotazione dell’omero.

Il movimento è quello di extra rotazione del braccio con gomito flesso a 90°

e abdotto di 30. E’ consigliabile porre uno spessore tra braccio e fianco per tre

motivi:

1) lo spessore favorisce un miglior posizionamento del braccio che risulta essere

leggermente anteposto e abdotto;

2) durante l’extra rotazione controresistenza il paziente può tendere ad abdurre

attivamente il braccio staccando così il gomito dal fianco (questo movimento

favorisce un reclutamento inopportuno del deltoide) se ciò accadesse lo spessore

scivolerebbe; per questo motivo il paziente è stimolato a mantenere il braccio

addotto;

3) la continua adduzione del braccio resa possibile dalla contrazione del gran dorsale

e del gran pettorale, favorisce un’inibizione del deltoide che non esercita più la sua

azione di risalita della testa omerale. Contemporaneamente gran pettorale e gran

dorsale esercitano un’azione di depressione dell’omero. Il tutto permette

l’attenuazione di eventuali conflitti subacromiali.

L’esercizio può essere svolto in stazione eretta o in decubito laterale, sul fianco

opposto al braccio in questione.

Fig. 15 – Muscolo sottospinato: muscolo

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Fig. 16 – Muscolo sottospinato: azione

Piccolo rotondo

Origine: margine laterale della scapola;

Inserzione: grande tuberosità dell’omero;

Azione: extrarotazione dell’omero.

E’ un muscolo extra rotatore che esercita la sua azione principalmente da

una posizione di abduzione del braccio sul piano frontale.

Ci si deve posizionare in decubito supino o prono con il braccio comodamente riposto

sulla superficie di appoggio. L’esercizio può essere eseguito anche in posizione eretta

come nel gesto del caricamento che precede un lancio; Anche in questa posizione il

nostro consiglio è quello di fornire al gomito un punto d’appoggio sul quale poter

premere per consentire un rilassamento del deltoide.

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Fig. 17 – Piccolo rotondo: muscolo

Fig. 18 – Piccolo rotondo: azione

Sottoscapolare e grande rotondo

Sottoscapolare.

Origine: fossa sottoscapolare della scapola;

Inserzione: piccola tuberosità dell’omero;

Azione: intrarotazione dell’omero.

Grande rotondo.

Origine: angolo inferiore della scapola;

Inserzione: labbro mediale del solco bicipitale dell’omero;

Azione: estensione, adduzione, intrarotazione dell’omero.

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I principali intrarotatori sono i muscoli sotto scapolare e grande rotondo. Tali

muscoli esercitano anche la funzione di adduzione. Con l’esercizio di intrarotazione

con braccio addotto e gomito flesso a 90°, il gruppo dei muscoli intrarotatori viene

stimolato; in questa posizione però la maggior azione avviene dal gran pettorale. Se

vogliamo isolare maggiormente i muscoli sotto scapolare e grande rotondo,

dobbiamo posizionarci in maggiore intra rotazione, in modo che il m. gran

pettorale si trovi in pre-accorciamento e non possa esprimere pienamente

la sua forza.

Il test di napoleone può essere trasformato in esercizio. Possiamo anche porre il

braccio dietro la schiena e premere contro una parete.

Fig. 19 – Muscolo sottoscapolare e grande rotondo Fig. 20 – Muscolo sottoscapolare e grande rotondo: azione

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Fig. 21 – Muscolo sottosca. e grande rotondo: azione

Pivot della scapola

I muscoli pivot della scapola sono il trapezio ed il gran dentato.

Trapezio.

Origine: osso occipitale, legamento nucale, processi spinosi da T1 a T12;

Inserzione: clavicola e scapola;

Azione: a seconda della porzione che si contrae può: 1-elevare e abbassare o ruotare

la scapola; 2-elevare la clavicola; 3-estendere il collo.

Gran dentato.

Origine: margine antero-superiore delle coste da 1 a 8;

Inserzione: superficie anteriore del margine vertebrale della scapola;

Azione: porta in avanti la spalla e ruota la scapola.

Elevatori della scapola e fasci superiori del trapezio

Elevatori della scapola.

Origine: vertebre cervicali da C1 a C4;

Inserzione: angolo superiore della scapola;

Azione: eleva la scapola.

Fasci superiori del trapezio.

Origine: osso occipitale, legamento nucale, processi spinosi da T1 a T12;

Inserzione: clavicola e scapola;

Azione: a seconda della porzione che si contrae può: 1-elevare e abbassare o ruotare

la scapola; 2-elevare la clavicola; 3-estendere il collo.

Con il braccio teso lungo il fianco possiamo impugnare un elastico fissato sotto il

piede e compiere dei movimenti di elevazione della spalla. L’elastico può anche

essere direttamente appoggiato sulla spalla. Su questa possiamo porre anche

resistenze diverse (es. un sacchetto di sabbia) compiendo sempre il medesimo

movimento. E’ bene tuttavia non eccedere negli esercizi per questo muscolo, poiché

normalmente si presentano tensioni ai muscoli cervicali.

27

Fig. 22 – Elevatore della scapola e fasci superiori del trapezio: muscolo

Fig. 23 – Elevatore della scapola e fasci superiori del trapezio: azione

Romboidei

Piccolo romboide.

Origine: processi spinosi da C7 a T1;

Inserzione: margine vertebrale della scapola;

28

Azione: adduce e ruota verso il basso la scapola.

Grande romboide.

Origine: processi spinosi da T1 a T6;

Inserzione: margine vertebrale della scapola;

Azione: adduce e ruota verso il basso la scapola.

Si richiede di addurre la scapola, avvicinandola maggiormente alla colonna. Tale

esercizio può essere eseguito sia in stazione eretta che in decubito supino o prono. La

posizione in decubito supino, attraverso il contatto diretto tra il piano d’appoggio e la

zona dorsale, può favorire un miglior aspetto propriocettivo che ne facilita il

movimento. Questa posizione è più utile a persone che mostrano maggiori difficoltà

nell’esecuzione dell’esercizio-

Fig. 24 – Muscoli romboidei: immagine

Fig. 25 – Muscoli romboidei: azione

Piccolo pettorale

29

Origine: superfici anteriori e margini superiori delle coste;

Inserzione: processo coracoideo della scapola;

Azione: porta in basso e in avanti la spalla, ruota la scapola in modo che la glenoide

si sposti inferiormente.

Oltre a favorire uno spostamento dell’angolo inferiore della scapola in direzione

mediale, questo muscolo interviene anche nell’inspirazione forzata. E’ frequente

riscontrare in alcune persone una maggiore predisposizione alla fase inspiratoria della

respirazione. Per tale motivo preferiamo non rinforzare il muscolo ma favorirne al

distensione mediante un allungamento assistito e degli esercizi che abbiano lo scopo

di educare alla respirazione.

Fig. 26 – Piccolo pettorale: muscolo

Fig. 27 – Piccolo pettorale: azione

Fasci medi e inferiori del trapezio

30

Origine: osso occipitale, legamento nucale, processi spinosi da T1 a T12;

Inserzione: clavicola e scapola;

Azione: a seconda della porzione che si contrae può: 1-elevare e abbassare o ruotare

la scapola; 2-elevare la clavicola; 3-estendere il collo.

In posizione prona con braccio abdotto ed extra rotato si richiede una minima

elevazione del braccio dal piano d’appoggio. A 90° di abduzione il movimento di

elevazione viene svolto prevalentemente dai fasci medi; sopra l’orizzontale il maggior

lavoro è compiuto dai fasci medi inferiori.

Fig. 28 – Fasci medi e superiori del trapezio: muscolo

Fig. 29 – Fasci medi e superiori del trapezio: azione

Gran dentato

Origine: osso margine antero-superiore dalla prima alla ottava/nona costa;

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Inserzione: superficie anteriore del margine vertebrale della scapola;

Azione: porta in avanti la spalla e ruota la scapola in modo che la glenoide si elevi.

In stazione eretta, con le braccia tese poste a 90° di elevazione e appoggiate al muro.

Si sposta il torace in avanti mantenendo le braccia tese. La conseguente

accentuazione della pressione contro la parete, determina una contrazione del gran

dentato, con successivo arretramento del torace. Per sensibilizzare meglio il

movimento possiamo porre un pallone alla parete ed esercitare la spinta delle braccia

contro di esso. Anche i piegamenti sulle braccia con corpo proteso all’indietro

producono l’attività del gran dentato.

Fig. 30 – Gran dentato: muscolo

Fig. 31 – Gran dentato: azione

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Posizionatori dell’omero

Gran pettorale

Origine: cartilagini costali da 2 a 6, corpo dello sterno, porzione inferiore della

clavicola;

Inserzione: cresta della grande tuberosità e labbro mediale del solco bicipitale

dell’omero;

Azione: adduce, flette e intraruota l’omero.

La nostra attenzione è rivolta maggiormente ai fasci sterno costali che

hanno la funzione di deprimere l’omero. Per reclutare i fasci sterno-costali,

occorre compiere una adduzione in ante-posizione quasi sul piano frontale, in

direzione della cresta iliaca opposta. Per tale movimento utilizzeremo un elastico e ci

posizioneremo in stazione eretta.

L’elastico viene fissato alto in modo che il suo ritorno favorisca una abduzione attiva

eccentrica del grande pettorale. L’ampiezza del movimento di abduzione termina

nella posizione che precede il rilassamento del grande pettorale. In tal modo questo

muscolo risulta, sia in fase concentrica sia in fase eccentrica, sempre in tensione.

Pur sapendo che il grande pettorale è un forte intra-rotatore, non si

richiede, durante l’adduzione, un passaggio dall’extra-rotazione all’intra-

rotazione. Questo accorgimento dev’essere mantenuto in tutte quella

patologie a rischio di conflitto sub-acromiale.

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Fig. 32 – Gran pettorale: muscolo

Gran dorsale

Origine: processi spinosi da L1 a L5;

Inserzione: labbro mediale del solco bicipitale dell’omero;

Azione: flette, adduce e intraruota l’omero.

L’esercizio consiste in una adduzione in retro posizione. Anche in questo caso non

associamo movimenti di rotazione. L’elastico è fissato sempre in alto; pertanto

l’ampiezza del movimento coincide con una continua contrazione (concentrica ed

eccentrica) del gran dorsale.

Fig. 33 – Gran dorsale: muscolo

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Fig. 34 – Gran dorsale: azione

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Movimenti per l’azione depressoria

Seduti su una panca con le braccia distese lungo i fianchi e i palmi in appoggio di

fianco alle cosce.

Da questa posizione si effettua una spinta dei palmi verso il basso con

contemporanea contrazione isometrica dei muscoli interessati.

La contrazione deve essere mantenuta per qualche secondo; a tale contrazione fa

seguito una fase graduale di rilassamento.

Per meglio focalizzare il reclutamento muscolare sui fasci del gran pettorale, l’arto

superiore deve trovarsi in posizione obliqua dall’alto verso il basso da dietro in avanti.

Viceversa, per il gran dorsale, dovrà indirizzarsi dall’avanti al dietro. Inizialmente per

sensibilizzare il movimento si richiede un appoggio della mani sul sostegno. Questo

contatto favorisce la percezone della propria spinta.

Acquisito il movimento tale esercizio viene svolto senza appoggio, ma con la

superficie del palmo della mano o del dorso che scivolano rispettivamente sul

margine anteriore e posteriore della panca.

Fig. 35 – Azione depressoria dell’omero

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Fig. 36 – Azione depressoria dell’omero

Fig. 37 – Azione depressoria dell’omero

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D eltoide

Origine: clavicola, acromion, scapola;

Inserzione: tuberosità deltoidea dell’omero;

Azione: abduce l’omero.

Il deltoide viene comunemente suddiviso in tre porzioni:

- fasci anteriori (clavicolari)

- fasci medi (acromiale)

- fasci posteriori (spinali)

- fasci anteriori: per meglio reclutare le fibre clavicolari il braccio deve compiere

un’abduzione in leggera flessione ed extra rotazione. La porzione clavicolare del

deltoide deve essere rinforzata con cura in caso di problemi ai muscoli della cuffia dei

rotatori. Essendo l’abduzione fortemente limitata, si cerca di raggiungere un maggior

grado di elevazione attraverso la flessione anteriore.

Fig. 38 – Muscolo deltoide

- fasci medi: Il rinforzo dei fasci medi rappresenta uno degli ultimi esercizi da

richiedere e solo se si è raggiunto un ottimo equilibrio tra muscoli intra ed extra

rotatori.

L’abduzione pura è resa possibile prevalentemente dai fasci medi, ai quali si

associano in successione, in relazione al grado di elevazione, alcune porzioni dei fasci

posteriori e, conseguentemente, dei fasci anteriori.

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- fasci posteriori: per un miglior coinvolgimento della porzione laterale dei fasci

spinali, il braccio deve compiere un’abduzione in leggera estensione e rotazione

interna

Fig. 39 – Deltoide: azione dei fasci posteriori

Esercizio di intra ed extra rotazione

Per sensibilizzare il gesto specifico del lancio (esempio la battuta nel tennis) è

possibile eseguire un esercizio di intra ed extra rotazione contro una resistenza

elastica ed in posizione specifica associato ad un contemporaneo reclutamento dei

muscoli abbassatori.

Tale esercizio permette di elasticizzare maggiormente i muscoli coinvolti nel gesto

dando così la possibilità di ridurre il dolore presente durante il caricamento durante la

fase di decelerazione del gesto.

Questo esercizio può essere eseguito mantenendo attivamente il braccio in abduzione

sul piano frontale; tale posizione può favorire il conflitto sotto-acromiale. E’ quindi

buona norma in fase iniziale posizionare un sostegno sul quale l’atleta imprime una

spinta verso il basso.

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Mediante l’esecuzione di questi semplici esercizi, seguiti con costanza e precisione si

può raggiungere un buono stato di forza rapportato al grado di lezione dell’unità

muscolo-tendinea.

Per quelle persone che necessitano di tempi più dilatati di recupero la semplice

resistenza elastica può non essere sufficiente. In questi casi è opportuno associarne

l’attività isotonica, svolta con l’utilizzo di attrezzature specifiche, considerando

sempre l’approccio graduale.

Fig. 40 – Sensibilizzazione al lancio

Fig. 41 – Sensibilizzazione al lancio

40

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

In questo capitolo sarà spiegato tutto il macrociclo e i seguenti mesocicli che Paola

osserverà senza intoppi (vedi capitolo “diamo per scontato che…”), per giungere al

suo obiettivo finale di tornare sul campo da tennis e partecipare al “torneo del

pesce” che si svolgerà il 1° di aprile.

Qui di seguito la tabella del macrociclo che comprende il periodo da aprile a marzo

dell’anno successivo.

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Mesociclo 1

Il ciclo di riabilitazione ideale prevede tre sedute settimanali disposte a giorni alterni.

L’intero percorso avviene sempre in collaborazione e con la super visione di una

seconda persona, ad esempio il personal trainer. A tutto ciò si aggiunge, a scadenze

ben stabilite, la visita di controllo di un ortopedico.

Questo percorso ideale può subire delle variazioni dettate dall’andamento del

recupero e dalle esigenze e disponibilità del paziente.

E’ chiaro che, nel caso in cui la persona sia molto rigida e dolente, deve essere

maggiormente controllata, e per tale motivo è opportuno aumentare il numero delle

sedute; al contrario, una persona che presenta buona elasticità può diminuire il

numero degli incontri settimanali. Uno sportivo, a sua volta, per ovvi motivi, ma

sempre nel rispetto dei tempi biologici e per suggerimento dell’ortopedico,

incrementa di solito gli incontri settimanali, arrivando a sedute giornaliere. Al tempo

stesso le persone che caratterialmente non tollerano l’iter riabilitativo possono, a

periodi, essere dispensate dalla terapia in modo da ricominciare successivamente più

motivate.

La sinergia tra personal trainer e ortopedico non può che portare a risultati migliori.

Il raggiungimento di tale risultato (incremento della capacità di mobilità, forza,

coordinazione dei movimenti, ecc), oltre ad un protocollo ben preciso, necessita di

continui feed-back da parte del cliente.

Per favorire la corretta esecuzione e la giusta sequenza di tali esercizi il personal

trainer deve mostrarli al cliente e successivamente osservare come vengono eseguiti.

Al tempo stesso, il cliente dovrebbe essere fornito di una traccia con le illustrazioni e

la descrizione di ogni esercizio.

I primi tre mesi (12 settimane, periodo 1 aprile, 30 giugno) saranno incentrati sulla

pura riabilitazione del conflitto sotto acromiale.

La scheda prevederà esercizi per impingement.

La prima cosa da fare sarà l’esecuzione di alcuni esercizi pendolari secondo Codman,

altri sviluppati nel seguente modo:

1. pendolo: il gomito sinistro va ben appoggiato ad un tavolo, il braccio destro

deve rimanere penzolante e la mano deve girare cinque minuti in senso orario

e cinque minuti in senso anti orario

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2. carrucola passiva: appoggiare una cintura per pantaloni sulla cima di una porta

e tirarla alternativamente in su e in giù per circa due minuti e mezzo. Riposare

un minuto e riprendere l’esercizio

3. stretching con bastone:.

Appoggiare l’estremità del bastone (che può essere un manico di scopa) sul

palmo della mano da riabilitare ed eseguire intra ed extra rotazioni sul piano

frontale

4. depressioni frontali con elastici: con un elastico attaccato alla maniglia di una

finestra, impugnando l’elastico tenderlo dall’alto verso il basso

5. depressione laterale con elastici: sempre con l’elastico attaccato alla maniglia

della finestra rieseguire l’esercizio di depressione frontale aggiungendo la

flessione del braccio in senso laterale

6. intrarotazioni dell’omero con gomito a 90° e omero a 30° rispetto all’asse del

corpo: movimento verso l’interno del corpo

7. extra rotazioni dell’omero con gomito a 90° e omero a 30° rispetto all’asse del

corpo: movimento verso l’esterno del corpo

8. pendolo: il gomito sinistro va appoggiato al tavolo, il braccio destro deve

rimanere penzolante e la mano deve girare cinque minuti in senso orario e

cinque minuti in senso anti orario

Tutti gli esercizi, pendolo a parte, dovranno essere eseguiti con la seguente postura:

in stazione eretta: piedi a ore 11.10; talloni larghi circa come le anche; glutei stretti;

scapole leggermente addotte e sguardo frontale

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Mesociclo 2

Nei mesi di luglio e agosto potremmo incominciare un programma di

condizionamento generale.

Nelle prime cinque settimane (4 luglio, prima settimana di agosto) il programma

contemplerà, come detto, le sedute di allenamento che prevederanno una

intonizzazione generale che regolerà, per quanto riguarda il tono muscolare, delle

schede total body sviluppate in due serie per quindici ripetizioni recuperando un

minuto tra le serie e una camminata che sfumerà in corsa a fine allenamento coi pesi.

L’attività aerobica alla fine della scheda ha lo scopo di eliminare le tossine

eventualmente prodotte durante l’uso dei pesi e incominciare a rieducare anche il

sistema cardio-circolatorio che dovrà poi essere ben allenato per poter sostenere

almeno un’ora di tennis singolo.

Il ricondizionamento cardio-circolatorio prevederà, all’inizio e alla fine della scheda,

un’attività aerobica monitorizzata con cardiofrequenzimetro calcolata secondo

Karvonen [(220-età-battito cardiaco a riposo) 65%] + battito cardiaco a riposo.

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Poiché questa scheda durerà per 5 settimane si avrà cura di cambiare di settimana in

settimana qualche dato, come indicato nella tabella seguente:

1à settimana Scheda_022à settimana Come sopra + 5min di corsa a 140 bpm

3à settimanaCome seconda settimana + 5 min di corsa a 140 bpm + recupero dimezzato

4à settimana Come terza settimana + 5 min di corsa a 140 bom5à settimana Come quarta settimana + 5 min di corsa in progressione a 145 bpm

Mesociclo 3

Durante il periodo delle ferie ho consigliato a Paola di non seguire protocolli precisi di

lavoro e di eseguire esercizi in acqua (non nuoto) sia in mare sia nella piscina

dell’albergo, sia di camminare e correre sulla spiaggia. In deroga a questi consigli le

ho vivamente raccomandato di seguire il suo “istinto”, nel senso che deve ascoltarsi e

ascoltare eventuali sintomi che ritiene negativi per il recupero. Mi aiuta in ciò il fatto

che sto parlando ad un medico.

Mi confida anche che andrà in vacanza con un suo amico psicologo; ed io prendo la

palla al balzo affinché sfrutti le competenze dell’amico per alleviare il suo stress e che

la vacanza sia veramente un periodo di stasi fisica e psichica.

Paola, come sappiamo, va in vacanza al mare durante le settimane centrali del mese

di agosto. Questa evenienza diventa un buon pretesto per farle eseguire alcuni

esercizi in acqua.

Dovrà immergersi fino al livello delle clavicole. Quindi svolgere qualche semplice

esercizio per non perdere il lavoro svolto in precedenza:

1. flesso-estensione delle braccia tese sul piano sagittale

2. intra ed extra rotazioni dell’omero con palmo aperto

3. circonduzione delle braccia partendo con le stesse lungo i fianchi e allontanarle

progressivamente, sia in senso orario sia anti orario

Tutti gli esercizi sopra descritti verranno eseguiti prima a mano chiusa e poi a mano

aperta.

Perché in acqua

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Negli ultimi anni è stato fatto un salto di qualità nel campo riabilitativo. Traumi che

venivano recuperati con difficoltà in tempi lunghi ora sono affrontati e risolti con

risultati sorprendenti e in tempi brevi. Sportivi e non ora possono usufruire di tecniche

riabilitative così efficaci da permettere loro di recuperare in tempi rapidi e di tornare a

frequentarre i campi di gioco e tornare alla vita di tutti i giorni senza problemi.

La terapia che ha avuto un’importanza notevole in tutto questo discorso riabilitativo

è, senza dubbio, quella che si sviluppa in acqua.

Fino a pochi anni fa la medicina convenzionale sosteneva che la parte infortunata

doveva essere tenuta immobile per lungo tempo, adesso il movimento viene

considerato importante per accelerare il recupero.

Molti programmi riabilitativi oggi in uso iniziano con gli esercizi in acqua in modo da

prevenire o minimizzare gli eventuali danni secondari come: l’irrigidimento

muscolare, la difficoltà di circolazione sanguigna, l’atrofia muscolare e il

coinvolgimento di altre parti del corpo adiacenti alla lesione. Iniziando molto presto la

mobilizzazione si arriverà ad una risoluzione anticipata di questi problemi. Inoltre, il

movimento stimola il processo rigenerativo e quindi la formazione di un tessuto più

forte e sempre più funzionale.

Benefici

L’acqua è un mezzo che permette di iniziare la terapia riabilitativa in una fase e in

tempi che normalmente non sono previsti.

Importante è sapere che l’acqua si può proporre come alternativa alla palestra, come

integrazione o complemento di un lavoro.

Quando si lavora fuori dall’acqua vi è sempre la presenza della gravità che condiziona

il movimento, la sua coordinazione, la qualità e la quantità dell’esercizio; pesa

sull’articolazione rendendo ancor più difficile quanto precedentemente esposto.

Quando invece si lavora in acqua la zona interessata può essere immersa

parzialmente o completamente in essa, così da poter adattare alle esigenze del

momento il peso del corpo.

Coordinazione

Analizziamo ora uno degli aspetti più importanti in riabilitazione, spesso non tenuta

nella giusta considerazione.

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Quando avviene un trauma il corpo si autodifende bloccando la zona interessata. Il

risultato è un’interferenza sulla coordinazione, che richiede un lavoro specifico per

portare il paziente ad essere nuovamente padrone del proprio corpo.

La base della coordinazione dell’uomo è la deambulazione, un esercizio molto

semplice che mette in correlazione i due emisferi del cervello nello stesso tempo,

dovendo utilizzare contemporaneamente e in contrapposizione braccia e gambe. I

bambini, a un certo punto della loro maturazione, lo effettuano naturalmente quando

iniziano a muoversi a gattoni.

Nella terapia riabilitativa dei neurolesi, è uno degli esercizi fondamentali per stimolare

l’integrazione dei due emisferi cerebrali.

Mesociclo 4

Al rientro dalle ferie (ultima settimana di agosto) riprenderemo l’identica scheda di

lavoro della prima settimana di agosto.

Con la prima settimana di settembre e le prime due di ottobre (6 settimane)

svilupperemo un protocollo di lavoro con l’interessamento degli stessi muscoli ma con

esercizi diversi. L’esecuzione delle serie avverrà in modo piramidale: l’apice della

piramide prevederà uno sforzo su otto ripetizioni, solo su distretti muscolari specifici.

La terza settimana di ottobre riposo totale.

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Mesociclo 5

Dalla quarta settimana di ottobre fino a novembre compreso riprenderemo l’ultimo

protocollo di lavoro, lasciato prima delle ferie, per quanto riguarda i pesi.

Il lavoro aerobico sarà invece incrementato intorno al 70-75% della soglia anaerobica.

Con novembre inizieremo gradualmente a riprendere in mano la racchetta da tennis

una volta alla settimana. Poiché in questo periodo si ricomincerà ad utilizzare la

racchetta da tennis, dedicheremo una seduta di allenamento, a settimane alterne,

agli esercizi di compensazione (eseguiti alla Ercolina) che simulino i gesti del tennis.

Mesociclo 6

I mesi di dicembre e gennaio saranno incentrati su due sedute settimanali dedicate

all’esplosività, più una seduta settimanale con la racchetta. La quarta settimana di

ognuno di questi due mesi sarà dedicata al recupero attivo: si lasceranno stare i pesi

e si scenderà in campo due volte a settimana.

Per gli esercizi di esplosività riutilizzeremo la tabella degli esercizi piramidali, avendo

cura che la fase negativa o eccentrica dell’esercizio sia due/tre volte più lenta della

fase positiva o concentrica.

I recuperi saranno fissi a 2 minuti.

Visto che ci stiamo avvicinando alla data del torneo, ho preferito dedicare un piccolo

interval training a fine seduta come allenamento cardio vascolare.

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Mesociclo 7

Febbraio sarà il mese in cui cominceremo a “scaricare” i pesi. Nelle prime tre

settimane utilizzeremo la scheda total body usata dopo il periodo riabilitativo.

La quarta settimana la dedicheremo al riposo totale.

Per quanto riguarda marzo faremo solo esercizi con la racchetta per tre volte alla

settimana. La settimana prima del torneo andremo solo due volte a settimana al

campo.

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CONSIGLI ALIMENTARI

La vita alimentare di Paola è molto sregolata: non sa mai a che ora potrà mangiare,

essendo sempre in giro per lavoro, non sa mai cosa mangerà. Quindi mi chiede alcuni

consigli per migliorare la sua vita alimentare nonostante la sregolatezza dei suoi orari,

poiché a casa si reca praticamente solo per dormire.

I consigli alimentari che Paola mi ha chiesto dovranno non discostarsi troppo dalle sue

abitudini

Poiché i Kg da perdere non sono cospicui ho deciso di inserire piccoli consigli a

cadenza mensile. La prima cosa che chiedo a Paola è di scrivermi il suo diario

alimentare nel quale dovrà precisare tutto quello che passa dalla sua bocca durante

la giornata, le chiedo altresì di bere almeno due litri di acqua al giorno visto che già

dal colloquio avevo capito che beveva poco. Il bere la aiuterà anche a contrastare la

sua ritenzione idrica.

L’obiettivo di maggio sarà passare da due tre assunzioni giornaliere a cinque sei

pasti, per i seguenti motivi: aumento del metabolismo, diminuzione del senso di

fame, evitare le abbuffate dovute a pasti troppo distanziati.

Per il mese di giugno spiego a Paola che sarebbe opportuno assumere pochi

carboidrati dopo le ore 18, a meno che non debba giocare a tennis dopo il lavoro.

La cena tipo può essere la classica insalata e bistecca.

Il quarto step sarà incentrato su una spesa alimentare oculata, imparando ad

acquistare alimenti che contengano pochi e sani ingredienti. Per abituarla a ciò l’ho

accompagnata a fare la spesa.

Se a Paola non sarà possibile pranzare a casa, le ho consigliato di prepararsi

anticipatamente un pasto da poter portare con sé.

In agosto, ferie a parte, potrà provare ad associare ad ogni pasto i tre macro nutrienti

principali (carboidrati, proteine e grassi). Le illustro anche la varia natura dei tre

macronutrienti: il rilascio glicemico dei carboidrati, il valore biologico delle proteine, le

varie tipologie di grassi.

Paola non mangia mai frutta, le spiego che mangiare frutta lontano dai pasti, quindi in

semi-digiuno, essa viene assimilata molto meglio dall’organismo. Sarà sempre

preferibile assumere frutta di stagione, nostrana, e poco conservata. Questo è

l’obiettivo di settembre.

Ad ottobre cercheremo di mangiare la verdura cruda prima del pasto. Anche per

l’acquisto della verdura vale quello che si è detto per la frutta. Inoltre, la verdura

assunta prima del pasto aumenta il senso di sazietà.

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La riduzione percentuale dei carboidrati dalla mattina alla sera, sarà l’obiettivo di

novembre. Un’indicazione sulle percentuali è data dalla tabella sottostante.

Con l’intensificarsi degli allenamenti in previsione del piccolo torneo di tennis di

aprile, consiglio a Paola di ingerire un grammo di aminoacidi per ogni Kg di massa

magra corporea solo dopo l’allenamento. Questa semplice supplementazione durerà

da dicembre a marzo. Servirà per recuperare meglio e in tempi ristretti.

La finestra metabolica che dura circa tra i 30 e 40 minuti dopo l’allenamento sarà da

sfruttare dal mese di dicembre.

Dopo le analisi del sangue, che le ha prescritto il medico, siamo venuti a conoscenza

del suo gruppo sanguigno ed abbiamo provato, nel mese di gennaio, a seguire le

indicazioni alimentari per il suo gruppo sanguigno, ma non abbiamo avuto grosse

soddisfazioni.

La sospensione dei latticini per il mese di febbraio non ha condotto a spiegare certi

suoi imbarazzi intestinali che le si presentano durante la corsa a piedi.

A marzo Paola ha assunto, quasi automaticamente, il corretto uso degli alimenti, a

seconda di quello che dovrà fare durante la giornata.

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DIAMO PER SCONTATO CHE…

Che l’obiettivo finale sia stato raggiunto con la gradualità del salire scalini uno per

uno senza mai scendere.

Tutti i protocolli di lavoro non provochino nessun dolore articolare e l’iter che io

propongo venga sempre rispettato.

Dopo le 12 settimane di “riabilitazione” non ci sia nessuna traccia di dolori alla spalla,

accertato anche con una visita di controllo dall’ortopedico.

Nelle 5 settimane prima delle ferie, dove si inizia sia il lavoro muscolare che aerobico,

ci sia sempre un aumento sia dei carichi che dei minutaggi riservati all’attività

aerobica, soprattutto a fine seduta.

In ferie la cliente riesca a ristabilirsi perfettamente dal punto di vista psicologico e

mantenga sia l’allenamento aerobico sia il tono muscolare.

Durante le sedute di allenamento la parte aerobica venga effettuata al “percorso

della salute” vicino a casa sua.

Talvolta, come attività aerobica, abbia usato la corda, utile e per l’aerobia e per la

coordinazione. In ogni caso il tutto monitorizzato dal cardiofrequenzimetro.

La corda potrà talvolta sostituire la corsa sia nelle giornate piovose sia nelle rigide

giornate invernali.

A discrezione della cliente, soprattutto verso novembre (quando riprende in mano la

racchetta) si potranno eseguire delle sedute allenanti a ritmo di musica con lo “step”

che simulino l’attività sportiva che si svolgerà in campo.

I mesocicli saranno organizzati in 4 settimane delle quali 3 di carico e 1 di scarico (o

recupero attivo). Ciò significa che nei primi 21 giorni ci sarà un lieve ma progressivo

aumento di lavoro e nella 4^ settimana si potrà scendere a 2 sedute settimanali,

tenendo costante o addirittura diminuendo il carico di lavoro.

Test continui e calibrati verranno sviluppati a seconda dello stato di forma raggiunto

dalla cliente. Ne elenco qualcuno:

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Test muscolari:

1. push-up : Paola dovrà inginocchiarsi, tenere il corpo rigido, appoggiare i palmi a

terra alla larghezza delle spalle, avvicinare il busto fino a 10 cm da terra

flettendo il gomito fino a esaurimento

2. panca piana : con un bilanciere da 16 Kg, in posizione supina su di una panca,

eseguire continue flesso-estensioni del gomito con il ritmo di 1 secondo a salire

e di 1 secondo a scendere per 1 minuto

3. forza generica : con un qualsiasi attrezzo da palestra il soggetto esegue un

qualsiasi movimento che gli consenta di giungere ad un massimo di 12-15

ripetizioni. Questo esercizio è utile per verificare il massimale teorico di quel

particolare muscolo

Test cardio-vascolari:

1. Haward step test : semplicissimo da eseguire anche a domicilio, consiste nel

salire e nello scendere un gradino alto 50 cm per 5 minuti continuati. Di

seguito verranno monitorate le frequenze cardiache: la prima dopo circa 60-90

secondi, la seconda dopo 120-150 secondi e la terza dopo 180-210 secondi. In

seguito si applicherà poi la formula che desumerà l’indice di Haward

2. Cooper : correre per 12 minuti e misurare la distanza percorsa

3. Conconi : è un test per determinare la soglia anaerobica. E’ possibile utilizzarlo

in più modi: nuotando, pedalando, correndo. Ipotizzando di poterlo eseguire in

una pista di atletica o su un tapis-roulant, bisognerà monitorare la velocità e il

battito cardiaco. Quando con l’aumento progressivo della velocità non aumenta

proporzionalmente il battito cardiaco, avremo individuato la soglia anaerobica.

Tale test è adeguato ad atleti evoluti.

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CONCLUSIONI

Il lavoro che ho dovuto svolgere per stendere queste poche pagine mi è stato molto

utile per lo studio che mi ha comportato e per riordinare tante idee sparse secondo un

filo logico che mi servirà nell’esercizio concreto di personal trainer. Ho capito che tale

“mestiere” deve essere supportato da una notevole base teorica sempre in

espansione e che quindi richiederà un continuo aggiornamento poiché si ha a che fare

con persone, le quali hanno il diritto di richiedermi non solo il massimo impegno

momentaneo, ma che esso deve essere il frutto, sempre, di una preparazione remota.

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