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ANNO 2 - NUMERO 6 MARZO - APRILE 2018 In collaborazione con UK Fibromyalgia www.ukfibromyalgia.com Un giorno scopriremo che in realtà l’erba del vicino è sintetica... Fibromialgia La rivista italiana test del sangue in USA certifica la fibromialgia

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Fibromialgia.La rivista italiana

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Fibromialgia. La rivista italiana è distribuita gratuitamente ai soci de “La Compagnia dei Fibromialgici”.

La quota associativa a La Compagnia dei Fibromialgici è annuale. Ogni socio riceve in dono i 6 numeri annuali della rivista dell’associazione “Fibromialgia. La rivista italiana”, indipendentemente dal mese di iscrizione. La quota associativa è pari a €20,00 e dà diritto alla versione digitale della rivista. Per chi preferisse ricevere la rivista in for-mato cartaceo, la quota associativa è di €30,00 per permettere all’associazione di coprire i costi di stampa e invio postale. Si possono effettuare i pagamenti con il sistema PayPal, accedendo al sito www.fibromialgiamagazine.it oppure con bonifi-co bancario sul conto corrente dell’associazione:

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Contributi e articoli da sottoporre per la pubblicazione vanno inviati per e-mail a

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- Il Fatto: la fibromialgia è ereditaria?

- Cose stupide che ho detto o fatto a causa della fibrofog, ovvero, quando la fibromialgia manda il mio cervello in pappa

- FIBROGRAFIA. La compagnia dei fibromialgici si racconta: Rosanna

- La compagnia dei fibromialgici segnala: www.npf-it.ml

- Le parole del dottore

In questo numero

9Articoli

5Rubriche

Editoriale n. 6/2018

Si sa che invecchiando ci si commuove più facilmente. Ogni volta che licenzio un numero della rivista mi commuovo profondamente, fin quasi a versare qualche lacrimuccia al pensiero di tutte le persone che s’impegnano con me alla produzione di questa rivista, sacrificando parte del proprio tempo libero o, addirittura, parte delle ore di lavoro di libero professionista per contribuire gratuitamente; o quasi, come il mio amico Flavio, architetto, che da circa un anno impagina ogni numero per una cifra talmente bassa che se smettessi di pagarla non se ne accorgerebbe nemmeno. In questo numero affrontiamo la questione della neuropatia delle piccole fibre, malattia neurologica che si può sommare o confondere con la fibromialgia. E’ grazie allo spirito collaborativo di David e Nicole che riusciamo

ad offrirvi delle informazioni che, se volete, potrete approfondire con loro direttamente perché sono persone sinceramente generose e amabili.Conosco la dottoressa Priscilla Berardi, medica e sessuologa, da tempo. E’ una professionista di grande reputazione e siamo fieri del fatto che, con la sua collega dott.ssa Laura Pedrinelli Carrara, abbia voluto rispondere alle richieste delle nostre socie di approfondire il tema della complicata vita sessuale di chi soffre di FM o di malattie imparentate. Avete visto l’appello agli uomini fibromialgici a compilare un questionario sulla loro sessualità? Sarà oggetto di riflessione nei prossimi numeri.Che dire poi di ISAL e del prof. Raffaeli, sempre pronto a rispondere alle nostre richieste? Sapere che sono amici de La Compagnia dei Fibromialgici contribuisce a creare quel

- Cosa si sCopre appliCando la teoria della “deprivazione relativa” alle persone malate di fibromialgia

- aCCettazione di sé

- Come ritrovare la CompliCità di Coppia

- ConosCere la npf per orientarsi meglio tra i dolori

- Un esame del sangUe per diagnostiCare la fibromialgia

- introdUzione allo Yoga

- la malattia della CanCellazione Ha Colpito anCora

- poCHi malati fibromialgiCi rispettano i regimi di trattamento

- il lingUaggio del Corpo

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Cosa si sCopre appliCando la teoria della “deprivazione relativa” alle persone malate di fibromialgiaTraduzione e adattamento di Paula Ciecko Addamo e Marina Pirazzi

Molti studi epidemiologici hanno associato la disparità di reddito alle diverse condizioni di salute mentale e un’ampia letteratura emergente ha dimostrato che le percezioni soggettive della disuguaglianza, assieme alle misure oggettive della ricchezza, portano ad un peggioramento della salute mentale e fisica. Quel processo di auto-confronto che ci induce a misurarci con le persone che stanno meglio di noi (per reddito e/o rango sociale) e la risultante emotività negativa è chiamato “deprivazione relativa personale”.

Sempre più gli studi nel campo della salute hanno dimostrato il legame pervasivo tra deprivazione relativa personale, salute fisica e salute mentale ma finora nessuno aveva ancora esaminato la possibilità che questa potesse essere associata a sintomi da disturbi funzionali. Dato che si ipotizza che gli effetti negativi della deprivazione relativa personale operino attraverso lo stress, ne consegue che la deprivazione può spiegare – secondo lo studio che presentiamo – il peggioramento della sintomatologia di disturbi funzionali attraverso l’aumento dello stress che deriva dal paragone che ci vede perdenti.

Uno studio canadese pubblicato nel dicembre scorso ha dunque ipotizzato che i confronti sociali, in cui i pazienti paragonano negativamente se stessi ad altri ed esprimono in conseguenza emozioni negative, possono peggiorare i sintomi della fibromialgia. I risultati offrono supporto alla teoria in base alla quale i fattori biologici e psicosociali innescano un’eccessiva segnalazione di dolore nelle persone fibromialgiche, ed i ricercatori, sulla base di questa osservazione, suggeriscono che potrebbe essere

necessaria una combinazione di interventi biologici e psicosociali per trattare la fibromialgia.

Deprivazione Relativa PersonaleSi tratta di un’espressione scientifica utilizzata per descrivere le persone che paragonano se stesse agli altri in modo negativo. Il risultato non può che essere di provare emozioni appunto negative e questo studio avrebbe mostrato che un tale paragone negativo ha un impatto deleterio sia sulla salute mentale che fisica.

Un team di ricercatori dell’Università Regina (Canada) ha cercato di capire se questi processi possano in qualche modo aggravare i sintomi della fibromialgia ma lo studio includeva anche pazienti con sintomi gastrointestinali. I risultati hanno mostrato che il punteggio ottenuto dai pazienti su una scala di valutazione della deprivazione poteva essere predittivo del punteggio ottenuto dagli stessi somministrando un questionario sugli effetti provocati dalla fibromialgia, questo indipendentemente dall’età delle persone interrogate o dal grado d’istruzione o di presenza di depressione o ansia. In altre parole, chi aveva alti punteggi di stress per deprivazione relativa, aveva anche alti punteggi nella valutazione dell’impatto negativo della fibromialgia sulla salute psico-fisica.

I risultati erano simili nei pazienti con disturbi gastrointestinali e, anche in questo caso, è risultato che lo stress provocato dai confronti ha contribuito a spiegare il legame fra paragoni sociali e sintomi.

Lo studio si aggiunge ad altre ricerche di questi recentissimi

FONTE: Beshai S, Mishra S, Mishra S, Carleton RN (2017) Personal relative deprivation associated with functional disorders via stress: An examination of fibromyalgia and gastrointestinal symptoms. PLoS ONE 12(12): e0189666. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0189666. Curatrice: Monica Uddin, University of Illinois at Urbana-Champaign, UNITED STATES. Pubblicato su rivista Plos One: December 27, 2017

anni che dimostrano come tutti i fattori psicologici possano avere un forte effetto sui processi fisici nel corpo. I ricercatori canadesi tuttavia ammettono che lo studio presenta un limite fondamentale in quanto i partecipanti sono stati selezionati online. E’ perciò probabile che buona parte del campione analizzato fosse composto da pazienti giovani e istruiti e che le conclusioni raggiunte in realtà non possano, unicamente sulla base di questa sperimentazione, essere generalizzate a tutta la popolazione fibromialgica. Sono perciò necessari studi più ampi per capire se i pazienti che ottengono un punteggio elevato nelle valutazioni di confronto sociale negativo trarrebbero vantaggio da interventi psicosociali.

Stress e disturbi funzionaliPer malattie funzionali si intendono quei processi morbosi in cui viene lesa, a vari gradi, la funzionalità normale di un organo o di un apparato (es. stomaco o apparato gastro enterico) senza evidente lesione anatomica. La sovrapposizione fra salute mentale e disturbi funzionali è stata a sua volta ampiamente studiata; per esempio Kroenke e al. hanno scoperto che il numero dei sintomi fisici funzionali che i pazienti segnalano al proprio medico di base è altamente predittivo della presenza di disturbi psichiatrici futuri. Fadgyas-Standculete e altri hanno scoperto che diverse condizioni psichiche, inclusi depressione, disturbo

bipolare, ansia generalizzata e schizofrenia, possono aggravare i disturbi gastrointestinali funzionali. In effetti il legame fra salute mentale e disturbi funzionali è così pervasivo che Gatchel ha suggerito l’adozione di modelli e trattamenti bio-psicosociali nell’affrontare queste condizioni invece di un approccio puramente fisiologico tradizionale. Aaron e altri hanno scoperto che i pazienti con fibromialgia avevano un numero significativamente maggiore di diagnosi psichiatriche accumulate nel corso della vita rispetto ai pazienti non affetti da fibromialgia.

E dunque?I risultati attuali confermano ulteriormente i modelli bio-psicosociali dei sintomi della salute fisica. La teoria della deprivazione relativa personale ha predetto significativamente i sintomi dei disturbi funzionali propri della fibromialgia e dell’apparato gastrointestinale. La relazione appare mantenuta mediante il meccanismo di aumento dello stress. I risultati dunque evidenziano ulteriormente la necessità di affrontare i disturbi funzionali utilizzando un approccio bio-psicosociale piuttosto che approcci puramente biologici. Ciò significa che le persone fibromialgiche trarrebbero grande vantaggio dall’integrazione di trattamenti biologici con la psicoterapia, ad esempio la terapia cognitiva, anche autosomministrata.

fondo di tranquillità senza il quale non riuscirei a procedere. Rosanna e Deborah, due socie della prima ora, due donne alle quali sono particolarmente affezionata perché ci hanno dato fiducia quando non si sapeva chi fossimo e la rivista era un mistero. Non furono le sole e, come allora, va la mia gratitudine anche a tutte le altre e gli altri che ebbero lo stesso “coraggio”. In questo numero Rosanna è la nostra fibrografa e Deborah apre la collaborazione regolare con la rivista. Deborah parla più lingue e si affiancherà a me nella ricerca e nella traduzione di articoli internazionali meritevoli di essere portati alla vostra attenzione. C’è un articolo in questo numero che avrebbe meritato

copertina ed editoriale perché è cosa che in Italia non conosce ancora nessuno. Noi lo sappiamo grazie alla buona relazione che intratteniamo con la rivista inglese UK Fibromyalgia: un test del sangue che diagnostica la FM. E non è una bufala. Non è in prima pagina perché non vogliamo creare subbuglio ma mantenere i piedi per terra e capirete perché, leggendo l’articolo.L’editoriale invece è dedicato agli amici e alle amiche, prima fra tutte quell’amica che mi regalò il denaro per lanciare questa avventura, e a voi socie e soci perché è grazie a loro e a tutti voi che siamo arrivati alla conclusione del secondo anno.

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aCCettazione di sé Linda Hall, www-audiomeditation.co.ukTraduzione di Deborah Micheli

Pochi verbi sono preceduti da una così contraddittoria richiesta di azioni come il verbo “accettare”. Ci viene detto, (e lo diciamo a noi stessi), che “dobbiamo”, “dovremmo”, “siamo in dovere di” o che “bisogna” accettare una situazione che ci disturba. Molto spesso queste richieste rivelano ignoranza su cosa implichi veramente il concetto di auto-accettazione. L’accettazione di sé può essere un concetto difficile da capire ed è infatti spesso frainteso. Si tratta di un processo graduale, che ci porta prima nel nostro intimo in un viaggio basato sull’auto-esame, e poi all’esterno, per essere in grado di vedere il quadro completo. Accettare se stessi può essere una sfida ma probabilmente è la più gratificante e la più degna abilità che possiamo imparare per dirigere la nostra vita.

Un percorsoL’auto-accettazione non può essere imposta a nessuno, è una questione di scelta personale e, tantomeno, nessuno può costringere se stesso all’auto-accettazione forzata. Per arrivare all’auto-accettazione come abilità conseguita, ci vuole tecnica. La facilità con cui siamo capaci di adottare questa tecnica è determinata non tanto da ciò che dobbiamo accettare ma piuttosto dalla percezione che abbiamo di cosa significa per ciascuno di noi – individualmente - accettare. E’ vero che il processo per arrivare all’accettazione di sé richiede impegno sia mentale che emotivo ma il percorso ha in serbo molti benefici perché è proprio grazie a esso che diventiamo più forti, più saggi e acquisiamo una grande pace mentale.

La mano apertaAuto-accettazione non significa “mollare” né tantomeno “arrendersi”. Spesso il concetto è frainteso in questo senso e non sorprende quindi che per molti sia difficile da contemplare come idea, figuriamoci da raggiungere. E’ facile confondere l’auto-accettazione con una perdita d’autonomia, una rinuncia al proprio potere, alla propria opinione o al diritto di avere dei sentimenti. Eppure, per accettare qualcosa, dobbiamo scavare profondamente nel nostro io per esplorare le nostre credenze e i nostri sentimenti più intimi e questo non significa certamente rinunciare al proprio potere. La conoscenza di noi stessi ci fa sviluppare delle risorse che saranno poi i mattoni su cui costruiremo la nostra crescita personale. Lungi dall’essere

“l’ultima spiaggia”, l’ultimo atto di disperazione, l’auto-accettazione è la mano aperta che dice semplicemente e tranquillamente “questo è come è”.

Un atto pragmaticoE’ ovvio che ci sono cose nella vita che abbiamo il diritto di giudicare “inaccettabili”, come ad esempio ciò che è in conflitto con i valori umani e che richiede senza dubbi un’azione da parte nostra per cambiarlo. Allo stesso modo ci sono situazioni in cui il massimo che possiamo fare è cambiare il nostro modo di vedere le cose per poter gestire la nostra esperienza. Ma possiamo avere dei benefici perfino nella più terribile delle circostanze, se guardiamo la questione attraverso la lente dell’accettazione. Per dirla con le parole di Michael J. Fox “Accettazione non significa rassegnazione, piuttosto significa capire che qualcosa è quello che è ma che ci deve essere un modo per uscirne fuori”. Senza la volontà di vedere e di accettare le cose per quello che sono è molto difficile andare avanti e fare i passi necessari per apportare dei cambiamenti. Piuttosto sarà più probabile che rimarremo bloccati e che sprecheremo la nostra energia vitale nella paura, nell’ansia, nella frustrazione e nell’impotenza, quando invece potremmo usarla per cambiare le cose in meglio. Rifiutare o infuriarsi contro “ciò che è”, contro l’evidenza, non ci porterà da nessuna parte e raramente avrà un esito felice. L’auto-accettazione è un elemento chiave che apre le porte piuttosto che chiuderle. E’ un atto pragmatico -pratico.

Essere indulgenti con sé stessiA volte confondiamo l’accettazione di sé con la totale assenza di conflitto o di avversione; non meraviglia che il concetto di auto-accettazione venga così spesso rigettato con rabbia. In realtà, auto-accettarsi non significa questo, anzi, è piuttosto una posizione che ci aiuta a gestire e a sopportare lo sconforto, il dolore fisico ed emotivo, le nostre paure, le nostre frustrazioni, le nostre delusioni e i nostri fallimenti. Ci permette anche di fare a volte cose sbagliate, di avere una vita un po’ disordinata, di non dover sempre sapere o capire tutto. Insomma, l’auto-accettazione ci ricorda che siamo umani e che è normale commettere degli errori. Ci ricorda di essere umani verso gli altri e ci aiuta a

Linda Hall è insegnante di meditazione, coach per lo sviluppo personale e autrice di audio materiale, con più di venti anni di esperienza nel campo sanitario integrativo.Tiene corsi di meditazione e di consapevolezza mente-corpo per i pazienti del” Optimum Health Clinic”, una clinica all’avanguardia in Gran Bretagna, specializzata nel trattamento della Stanchezza Cronica (M.E) e della Fibromialgia (C.F.S). Le sue audioguide di meditazione per il rilassamento e la crescita personale sono distribuite a livello globale.Deborah Micheli è insegnante freelance di lingue straniere, con più di 20 anni di esperienza nel campo delle traduzioni e dell’insegnamento.

Il primo passo verso il cambiamento è la consapevolezza. Il secondo è l’accettazione di sé. Nathaniel Branden, psicoteraputa e scrittore statunitense

perdonare noi stessi e gli altri.

Il ruolo della mindfulness nell’autoaccettazioneLa mindfulness agisce da mediatore per l’auto-accettazione. Osservare da un punto di vista distaccato e senza giudicare i nostri pensieri, i sentimenti, le emozioni e le nostre sensazioni fisiche, ci permette di notarli piuttosto che di farci controllare da loro. Il fatto che possiamo osservare i nostri pensieri, le emozioni e le sensazioni mentre ci stanno accadendo, ci fa capire che essi non sono tutto il nostro io, non lo esauriscono in sé: è questo che ci dà il potere di scegliere. Accettare quello che il presente ci offre ci permette di reagire anziché di opporci e ci dà la possibilità di orientare le nostre energie per ottenere il meglio per noi.

Esercizi di mindfulness per l’autoaccettazione1. Prendi nota - senza giudicarti - di qualsiasi segno

di resistenza tu abbia nell’accettare qualcosa di te stessa.

2. Presta attenzione alla parte del tuo corpo che oppone resistenza. Per esempio, un senso di oppressione al petto o un’emozione, o entrambe le cose.

3. Rivolgi l’attenzione all’interno del tuo corpo. “Inspira dentro” il tuo corpo ed espira rilasciando le tensioni e le emozioni.

4. Noti qualcos’altro? Forse sei consapevole di un’altra sensazione? “Inspira dentro” quella sensazione e liberati, espirandola fuori.

5. Mentre il tuo respiro si fa più calmo e regolare, permetti all’amore per te stessa di abbracciarti.

6. Apriti alle tue percezioni e sensazioni.7. Ricorda a te stessa che va bene sentirsi come ti stai

sentendo in questo momento.8. Concediti del tempo per elaborare il tutto. Lascia

che il cambiamento avvenga in modo naturale nelle prossime ore, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.

L’autocompassione facilita l’autoaccettazioneL’autocompassione aiuta il processo di auto-accettazione. Le due cose sono simili tra loro in quanto entrambe ci richiedono di essere comprensivi e di impegnarci ad essere più aperti con noi stessi e con il mondo. Autocompassione vuol dire non essere troppo esigenti con se stessi e aprire il nostro cuore alla bontà e al rispetto di sé. Accettarsi comporta mitigare i nostri preconcetti, i nostri pregiudizi e le nostre difese così da aprirci ad un più armonioso stato di benessere. Le tecniche combinate di mindfulness, autocompassione e auto-accettazione ci aiutano ad avere “il quadro completo”, una visione completa della realtà.

Alla fine della giornata, accettare noi stessi è fondamentale per la salute, la felicità e il benessere generale. Senza questo non possiamo accettare o amare gli altri incondizionatamente e nemmeno andare avanti nella vita, con i suoi alti e bassi. E come l’amore, l’accettazione di sé comincia dal di dentro.

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Come ritrovare la CompliCità di Coppia

Dott.ssa laura Pedrinelli Carrara, psicologa e psicoterapeuta

Sovente, la presenza di una malattia invalidante come la fibromialgia si ripercuote nella complicità di coppia influenzandola negativamente. I motivi per cui questo avviene sono diversi e la causa è legata a differenti fattori.

Le motivazioni più frequenti che ostacolano la complicità di coppia, in presenza di fibromialgiaCi sono varie situazioni o atteggiamenti personali che, col tempo, contribuiscono a creare delle forti incrinature alla complicità sessuale e relazionale. Dal momento in cui la malattia “entra” in una coppia porta con sé diversi fattori disturbanti per l’intesa sessuale e l’intimità in genere.Alcuni dei seguenti fattori possono essere presenti in una coppia che ha perso la complicità.

Fattori fisici• Dolori e tensioni muscolari• Difficoltà nei movimenti • Difficoltà a mantenere determinate posizioni Provare dolore, far difficoltà a muoversi spontaneamente o a mantenere una posizione corporea si traducono in veri e propri deterrenti per la complicità di coppia. Non soltanto la sessualità diventa un impegno da affrontare, ma anche la stessa volontà di abbracciarsi e coccolarsi, lo sguardo reciproco viene meno.Quando una persona prova dolore cronico può perdere non solo il desiderio sessuale, ma anche il piacere di stare con l’altro in modo complice perché di base ha perso la serenità.

Fattori psicologici• Aspettative negative: di aver dolore, di non provare

piacere, di non riuscire, ecc. • Umore basso o contrariato. • Paura di provare dolore che annulla il desiderio di

cercare il piacere e l’affetto. • Mancanza o minor desiderio sessuale in generale a

causa del disagio psicofisico vissuto. • Mentalità per cui la sessualità ormai è da dimenticare

perché riguarda persone senza problemi fisici simili ai propri.

• Pensiero rivolto più a se stessi, ai propri problemi fisici, che alla coppia.

• Rabbia di fondo, o agitazione, che emerge spesso e che tiene in tensione la persona.

• Mancanza di forze e di volontà nel fare le cose, nell’approcciarsi alle situazioni ma anche alle relazioni (amicali, famigliari, lavorative e situazionali).

Il nemico più importante di noi stessi siamo spesso proprio noi stessi!

I pensieri che si innescano sono il più delle volte negativi e difficili da scardinare. Tutto ciò è comprensibile, lasciarsi andare all’altro o desiderare anche solo di abbracciare l’altro richiedono uno stato psicofisico sereno e disponibile. La presenza della malattia mina la sensazione di benessere, rende più nervosi e meno disposti verso l’altro, concentra il proprio pensiero soprattutto verso se stessi e verso le proprie sensazioni corporee di dolore.

Fattori contestuali• Letto/divano non abbastanza comodo, per lasciarsi

andare alle coccole e allo star bene insieme, a causa delle problematiche fisiche.

• Poco tempo a disposizione.• Ambiente freddo o scomodo.Anche il contesto non sempre è di aiuto, a volte delle situazioni che tempo prima erano ininfluenti, come il letto un po’ più rigido, divengono delle vere e proprie fonti di disagio e di dolore.

Motivi per cui non si reagisce abbastanzaQuando si è affetti da fibromialgia, molte cose passano in secondo piano. Ciò avviene non per incuranza quanto per la necessità di convogliare le proprie risorse psicofisiche nelle attività più rilevanti, dato che si hanno meno energie a disposizione. Di fatto, la motivazione principale è data, nella maggioranza dei casi, dalla gestione (conscia o inconscia) delle proprie energie e dal vissuto psicologico che si sta provando, in base anche ai fattori sopra elencati.

Come si può ritrovare la complicità di coppia?Ritrovare la complicità di coppia è possibile, è importante però che entrambi i partner si attivino contemporaneamente. Di seguito sono elencati alcuni accorgimenti che possono aiutare a migliorare l’interazione e a ritrovare la complicità.

a) Ritagliarsi degli spazi da passare insieme, da soli, in modo sereno e /o divertente. Uscire per una

Ma che cosa si intende per complicità di coppia?La complicità di coppia è rappresentata non soltanto dall’intesa sessuale, ma anche dalla partecipazione degli sguardi, dal capirsi con poche parole o senza neanche parlare.

cenetta romantica, fare una passeggiata, andare alle terme insieme per il week end (anche vicino casa per non stressarsi viaggiando per troppi km in auto).

b) Valutare la complicità di coppia come una terapia del benessere e non come qualcosa di ormai superato o che crea ulteriori problemi. Perciò cercare di darsi da fare per mantenerla o recuperarla combattendo anche contro quella mancanza di forze o di volontà che limita la libertà decisionale e progettuale.

c) Soddisfare il bisogno di spazi personali. Spesso, i partner vivono troppo gomito a gomito e ciò fa perdere il bello di rivedersi, la voglia di stare insieme. Soprattutto nelle unioni più che mai consolidate dal tempo, il riappropriarsi di spazi propri, per esempio un caffè con il/la migliore amico/a, può spezzare la routine del vivere sempre con l’altro.

d) Farsi qualche sorpresa ogni tanto: un fiore, un regalo, un’uscita insieme inaspettata per vedere o fare qualcosa di piacevole e diverso. La routine quotidiana, soprattutto quando è presente una malattia come la fibromialgia, può far mettere in secondo o ultimo piano i momenti piacevoli insieme. Ricordiamoci sempre che più siamo nervosi o tesi e più sentiamo il dolore, perciò la distrazione e la piacevolezza della situazione aiutano a stare più rilassati anche fisicamente.

e) Trovare il tempo e la volontà di divertirsi. Se si entra nello spirito giusto basta molto poco: un film, una commedia teatrale, una serata allegra insieme. Nel caso in cui rimanere seduti al cinema o a teatro per tanto tempo comporti dolori o disagio, allora è possibile organizzarsi per vedere i film desiderati in tv, in modo da poter avere le proprie comodità e con i tempi che necessitano. f) Non dimenticare mai le coccole. Ogni partner sa quali sono le coccole che piacciono all’altro/a, dalle carezze a preparare un dolce o a esprimere il proprio sentimento. Col tempo, le carezze vengono meno, soprattutto nei casi in cui la persona convive col dolore; le carezze divengono sempre più un messaggio di supporto o conforto che una vera e propria affettività romantica. Recuperare la coccola di puro affetto incondizionato è importante. Allo stesso modo, è importante fare qualcosa di speciale per l’altro, che non sia andargli a prendere il giornale se questo comportamento è divenuto un gesto “obbligato”. Diventa significativo, invece, andare a prendere quel giornale se il gesto è collegato direttamente e soltanto al sentimento; in questo caso, sarà un’azione che legherà maggiormente la coppia. Purtroppo, i gesti d’amore a volte divengono sempre più segni di solidarietà, quando si vive la malattia nella coppia, oppure di amore in senso profondo ma poco complice.

Laura Pedrinelli Carrara, Senigallia (An). Formata in Sessuologia e in Psicologia Oncologica e delle Patologie Organiche Gravi. Ha pubblicato per la casa editrice Erickson e per Streetlib libri sulla riabilitazione cognitiva dell’anziano, sul benessere psicologico e sugli aspetti emozionali del paziente, del caregiver famigliare e dell’operatore.Il suo sito http://www.laurapedrinellicarrara.it/

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ConosCere la npf per orientarsi meglio tra i dolori

Nicole Martinelli e David Brizzi

Partiamo dal principio: cos’è una neuropatiaUna neuropatia è una malattia neurologica, cioè una malattia che coinvolge il sistema nervoso periferico o centrale, danneggiando i nervi di piccolo e grosso calibro e provocando danni di varia natura.

Cos’è la neuropatia delle piccole fibreLa Neuropatia delle piccole fibre (NPF) è una neuropatia periferica nella quale si verificano danni alle piccole fibre nervose periferiche (soprattutto alle fibre C, non mielinizzate, fibre A-Delta sottilmente mielinizzate) che sono presenti nel tessuto connettivo di tutto il corpo: pelle, organi, vene e arterie e persino nella parte che riveste le ossa (periostio). Esse si dividono in due categorie:

• Fibre somatiche: innervano la pelle, sono responsabili della sensazione di dolore, prurito, formicolii e parestesie in genere.

• Fibre autonomiche: regolano la funzione autonoma (l’insieme di quei meccanismi non volontariamente controllabili) come frequenza e pressione cardiaca, sudorazione, peristalsi intestinale, minzione ecc.

SintomiI sintomi sensoriali della neuropatia delle piccole fibre sono molto variabili e includono:• Parestesie ovvero sensazioni spontanee di formicolio,

intorpidimento, prurito.• Disestesie ovvero disturbo della sensibilità per cui vari

stimoli provocano reazioni diverse dal normale• Ipersensibilità al dolore.Spesso sono descritte sensazioni di bruciore, freddo, punture di spilli e “formiche che camminano sulla pelle”, fastidio creato dal vento che soffia sulla pelle, dolore detto “a calza o a guanto” perché comincia dalle mani dai piedi irradiandosi verso avambraccio e gamba, fastidio/dolore al contatto con le lenzuola del letto, dolore anomalo a semplice contatto.Le condizioni elencate, che possono essere anche presenti tutte assieme, creano disagio e, spesso, profondo malessere.Come molte polineuropatie, la NPF sembra essere “lunghezza-dipendente”. Ciò significa che l’interessamento appare prima ai piedi, per poi risalire alle gambe. Quando arriva al ginocchio inizia ad interessare anche le dita delle mani, quindi le braccia, con un interessamento

simmetrico dei nervi periferici. Molti pazienti però hanno una dolorabilità diffusa, indipendente dalla lunghezza, o “irregolare” e può interessare molti nervi di grandi dimensioni, compreso il nervo trigemino e il nervo occipitale.Il mal di testa è sintomo che si presenta spesso, così come la sindrome di Raynaud, spesso legata a patologie autoimmuni sottostanti.Statistiche americane stimano che circa il 50% di individui fibromialgici soffra in realtà di NPF, perché i sintomi sono spesso sovrapponibili.

Le numerose cause di NPFLa causa più comune è il diabete. Altre possibili cause includono artrite reumatoide, sindrome di Sjögren, lupus, ipotiroidismo, vasculite, sarcoidosi, carenze nutrizionali, deficit genetico di vitamina B12 e folati, celiachia, malattia di Lyme, HIV, epatite C, malattia di Fabry, amiloidosi, Morbo di Parkinson, sindrome di Ehlers Danlos e malattie del tessuto connettivo, alcolismo e altre.Uno studio del 2008 ha riportato che in circa il 40% dei pazienti la causa scatenante rimane idiopatica e cioè sconosciuta.La Dottoressa Oaklander del Massachusetts General Hospital (una delle maggiori esperte mondiali di NPF) sembra aver scoperto che alcune NPF idiopatiche (come abbiamo scritto, senza apparente causa scatenante) sarebbero in realtà provocate da un problema autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca direttamente le piccole fibre nervose. L’ipotesi deve essere convalidata con uno studio clinico prospettico randomizzato.

POTS La Sindrome da tachicardia ortostatica posturale (POTS) è una forma di “disautonomia” (una patologia del sistema nervoso) provocata dalla degenerazione delle piccole fibre autonomiche (quelle che, come abbiamo detto, regolano le funzioni del corpo non controllabili). Di conseguenza, purtroppo, è frequente nei soggetti affetti da neuropatia delle piccole fibre. La POTS è una delle neuropatie autonomiche provocate da NPF, oltre ad essere un’altra sindrome sotto-diagnosticata ma purtroppo più frequente di quanto si pensi. I sintomi caratteristici sono: tachicardia dopo cambio di posizione (da sdraiata a seduta a posizione eretta), capogiri ed episodi presincopali, talvolta svenimenti, respiro affannato e fiato corto dopo

minimi sforzi, brain fog (confusione mentale), difficoltà di concentrazione e di memoria, forte astenia, problemi gastro-intestinali, alterazioni della sudorazione (eccessiva o del tutto assente), emicrania, secchezza oculare e della bocca, vista annebbiata, problemi alla vescica (vescica neurologica).Grazie alle nuove scoperte, si comincia a sospettare che alcuni casi di “fibro fog”, di problemi di memoria e di forte astenia (spossatezza) nella fibromialgia, abbiano a che fare con la neuropatia delle piccole fibre.

DiagnosiLa NPF è di competenza neurologica ma, essendo una malattia considerata rara in Italia, la maggior parte dei medici, a volte anche specialisti in neurologia, ne ignora l’esistenza. Per la diagnosi è necessario affidarsi ad un neurologo specializzato in questa patologia che provvederà ad una visita accurata, ascoltando la storia clinica del paziente. A quel punto, se lo riterrà necessario, darà il “via libera” a effettuare la biopsia di cute. Sul territorio nazionale i medici specializzati e attrezzati per eseguire biopsie sono circa una decina.L’esame specifico per la diagnosi di NPF è ben diverso dagli studi di conduzione nervosa ed elettromiografia comunemente usati per valutare le fibre sensoriali mieliniche e motorie di grandi dimensioni (che sono inefficaci nella diagnosi di NPF) danno esito negativo, risultando totalmente nella norma. La biopsia cutanea neurologica misura la densità delle fibre nervose epidermiche ed è l’unico strumento diagnostico certo ed affidabile per la diagnosi di neuropatia periferica delle piccole fibre. I medici, dopo aver eseguito un’iniezione di anestetico locale, effettuano la biopsia della pelle con una sorta di “penna” che preleva 3 mm di cute. I campioni vengono inviati a un laboratorio specializzato, per l’elaborazione e l’analisi, in cui le piccole fibre nervose vengono quantificate da un neuropatologo per ottenere un risultato diagnostico. La ferita non necessita di punti di sutura e guarisce nel giro di pochi giorni.Generalmente il punto del prelievo si trova sopra il malleolo laterale (appena sopra la parte esterna della caviglia); alcuni laboratori effettuano un prelievo ulteriore di un secondo campione, ad altezza della coscia esterna.Qualsiasi valore misurato al di sotto dei valori di riferimento internazionali e’ ritenuto positivo per la NPF, certificando cioè la presenza della malattia. Il test quantitativo del riflesso assonico su sudomotore (QSART) misura la fuoriuscita di sudore nell’ avambraccio, fascia laterale prossimale della gamba, parte interna della gamba per valutare le piccole fibre nervose che innervano le ghiandole sudoripare. In Italia, purtroppo, è disponibile in pochissimi centri.

CureInnanzitutto è fondamentale risalire alla causa o alla

malattia scatenante. In questo modo è possibile curare la patologia che ha provocato la neuropatia ed arrestare così la degenerazione delle fibre nervose.Per i casi idiopatici (la cui causa scatenante è ignota) esiste soltanto il trattamento sintomatologico.Per la NPF di origine autoimmune scoperta recentemente dalla dottoressa Oaklander, sembra siano molto efficaci le immunoglobuline ed i corticosteroidi: in una grande percentuale di casi studiati c’è stata la quasi totale scomparsa dei sintomi e la rigenerazione delle fibre.Un sito molto importante da consultare è quello dell’Associazione italiana neuropatie periferiche che rimanda a tutti i centri specializzati in Italia: http://www.neuropatia.it/

Fibromialgia e NPF: quale collegamento?Solo negli ultimissimi anni i ricercatori hanno cominciato a porsi il problema del possibile collegamento tra fibromialgia e neuropatia delle piccole fibre. Ne proponiamo una brevissima carrellata.

Giugno 2013. La rivista BRAIN. A journal of Neurology pubblica uno studio condotto in Germania su un numero di persone fibromialgiche reclutate attraverso associazioni di pazienti tra il 2007 e il 2011. I ricercatori concludono così:“Sebbene la fisiopatologia non sia ancora chiara, vi sono prove crescenti di disfunzione del sistema nervoso nei pazienti con sindrome fibromialgica. In questo studio abbiamo studiato la funzione e la morfologia delle piccole fibre nervose in 25 pazienti con sindrome fibromialgica. I pazienti sono stati sottoposti a valutazione neurologica e neurofisiologica completa. Abbiamo esaminato la funzione delle piccole fibre mediante test sensoriali quantitativi e potenziali correlati al dolore e quantificato la densità delle fibre del nervo intraepidermico nelle biopsie cutanee della gamba e della coscia. (…) Una riduzione dei fasci di fibre nervose dermali non mieliniche è stata riscontrata in campioni di pelle di pazienti con sindrome fibromialgica rispetto a pazienti con sola depressione e soggetti sani di controllo, mentre le fibre nervose mielinizzate sono state risparmiate. Tutti e tre i metodi utilizzati supportano il concetto di ridotta funzionalità delle fibre in pazienti con sindrome fibromialgica, che punta verso una natura neuropatica del dolore nella sindrome fibromialgica...”fonte: doi.org/10.1093/brain/awt053

Novembre 2013. Lo studio coordinato dalla dottoressa Oaklander negli Stati Uniti si intitola “Evidenza oggettiva che la polineuropatia a piccole fibre sia alla base di alcune malattie attualmente classificate come fibromialgia” e conclude così:“(…) Abbiamo trovato che il 41% delle biopsie cutanee da soggetti con fibromialgia contro 3% di biopsie da soggetti di controllo erano diagnosticati per neuropatia delle

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piccole fibre e presentavano punteggi MNSI e UENS più elevati nei pazienti con fibromialgia rispetto a soggetti di controllo (si tratta degli strumenti per la misurazione delle neuropatie: Michigan Neuropathy Screening Instrument/Strumento “Michigan” per lo screening della neuropatia, e Utah Early Neuropathy Scale/scala “Utah” della neuropatia precoce). Gli esami del sangue di soggetti con fibromialgia e biopsie cutanee diagnostiche con NPF hanno fornito informazioni sulle cause. Tutti i test di tolleranza al glucosio erano normali, ma 8 soggetti avevano marcatori autoimmuni, 2 avevano sierologia dell’epatite C e 1 famiglia aveva apparente causalità genetica. Questi risultati suggeriscono che alcuni pazienti con dolore cronico etichettati come fibromialgici hanno una NPF non riconosciuta, una malattia distinta che può essere testata oggettivamente e talvolta trattata in modo definitivo (…).”fonte: insights.ovid.com/pubmed?pmid=23748113

Febbraio 2014. La rivista scientifica nordamericana Annual of Neurology pubblica lo studio condotto in Spagna Nocicettore C ipereccitabile nella fibromialgia:“(…) La microneurografia è stata utilizzata per registrare i nocicettori C di 30 pazienti di sesso femminile che rispondono ai criteri per la fibromialgia e confrontati con le registrazioni di 17 pazienti di sesso femminile con neuropatia delle piccole fibre e 9 controlli sani femminili. (…) Mostriamo per la prima volta che la maggior parte dei pazienti con fibromialgia presenta nocicettori C anormali. Molti nocicettori silenti mostrano un’ipereccitabilità simile a quella della neuropatia a piccole fibre, ma il rallentamento dell’attività della velocità di conduzione è più frequente nei pazienti con fibromialgia e può costituire una caratteristica distintiva. Si deduce che l’attività anormale periferica del nocicettore C e l’aumento della sensibilità meccanica potrebbero contribuire al dolore e all’indolenzimento sofferto dai pazienti con fibromialgia. Questo studio dimostra che la lesione delle piccole fibre nella FM non è solo anatomica, ma anche funzionale (…).”fonte: www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24243538

Giugno 2014. Due ricercatori americani pubblicano “Evidenza di un’anormale densità di fibre nervose epidermiche nella fibromialgia: implicazioni cliniche e immunologiche”.“(…) L’ENFD (densità di fibre nervose epidermiche) del polpaccio e della coscia nei pazienti con FM è significativamente diminuito rispetto a quello nei soggetti di controllo. L’avanzare dell’età da sola non può spiegare questo risultato. L’ENFD del polpaccio era inversamente correlato, sebbene debolmente, con i livelli sierici di IL-2R. Questi risultati suggeriscono che la neuropatia delle piccole fibre potrebbe contribuire ai sintomi del dolore nella FM; quel dolore in questo disturbo deriva, in parte, da un processo immuno-mediato periferico; e quella

misurazione della ENFD può essere un utile strumento clinico in FM (…).”fonte: onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/art.38662/full

Marzo 2015. Uno studio condotto in USA su ricerche precedenti conclude che si può usare normalmente la biopsia per diagnosticare la neuropatia delle piccole fibre nei pazienti con fibromialgia:“(...) Precedenti studi hanno dimostrato che circa il 50% dei pazienti con diagnosi di FM può avere una NPF che contribuisce ai loro sintomi sensoriali e autonomici, indicando che la misurazione di ENFD (densità di fibre nevose epidermiche) è un passo essenziale nella valutazione dei pazienti affetti da FM ed escludendo altre cause trattabili del loro dolore. La biopsia cutanea è un test diagnostico semplice, affidabile e definitivo, attualmente disponibile per la misurazione dell’ENFD in questi pazienti. La biopsia può essere eseguita in qualsiasi ambulatorio medico e spedita a temperatura ambiente a uno dei pochi laboratori specializzati che esegue questo tipo di test. I risultati forniscono ai medici uno strumento obiettivo per soddisfare i criteri diagnostici per la FM, escludendo la neuropatia delle piccole fibre come causa del dolore dei loro pazienti; possono consentire l’individuazione di qualsiasi eziologia sottostante; infine possono fornire un trattamento appropriato e una possibile cura per i pazienti con neuropatia delle piccole fibre. La procedura di biopsia cutanea non è più un test sperimentale, è approvata dalle principali associazioni di neurologia e neuropatia a livello nazionale e internazionale, rendendola rimborsabile dalla maggior parte delle compagnie assicurative. È anche facilmente eseguibile in clinica con minimo disagio per il paziente. I vantaggi di una diagnosi accurata e la facilità di test rendono la biopsia di cute una parte integrante dei test diagnostici per neuropatia delle piccole fibre tra i pazienti fibromialgici.”f o n t e : l i n k . s p r i n g e r . c o m /article/10.1007%2Fs10067-014-2850-5

Informazioni sugli autori dell’articolo nella rubrica La Compagnia segnala.

Un esame del sangUe per diagnostiCare la fibromialgia

Marina Pirazzi e William Raffaeli, in collaborazione con UK Fibromyalgia

Negli Stati Uniti d’America i laboratori di EpiGenetic offrono da qualche tempo un test effettuato sul sangue che, dichiarano, è in grado di diagnosticare la fibromialgia (FM) senza lasciare dubbi. Tanto ne sono certi che stanno pubblicizzando il test anche nel Regno Unito (e altri Paesi extraeuropei) e alcune persone malate stanno già inviando il campione del proprio sangue dal Regno Unito alla California, sebbene il test non sia ancora approvato dalla comunità scientifica dei reumatologi europei.

E’ una notizia straordinaria e siamo orgogliose di darne pubblicità per prime in Italia, su questa rivista. Sappiamo però che la cautela è d’obbligo e allora addentriamoci in questa materia piuttosto ostica e cerchiamo di capire qualcosa con l’aiuto del prof. Raffaeli, algologo e presidente ISAL.

Qual è la ricerca dietro questo test?Il test che l’azienda biomedicale privata di Los Angeles (California, USA) EpiGenetic ha chiamato FM/a analizza un insieme di geni coinvolti nella metilazione di regioni genomiche correlate alla risposta allo stress e di caratteri specifici presenti sulle chemochine e citochine del sistema cellulare immunitario. I pazienti con la FM risultano avere una ipometilazione del DNA correlato a questi siti, con una produzione anormale delle due proteine.

Professore, già a questo punto abbiamo bisogno del suo aiuto: cosa sono citochine e chemochine?Si tratta di proteine. Le citochine sono piccole proteine - prodotte da una vasta gamma di cellule (monociti, linfociti, e altri) - implicate nella regolazione di numerosi fenomeni biologici come il differenziamento, la proliferazione cellulare, la risposta immunitaria e i processi infiammatori. Le citochine regolano l’intensità e la durata della risposta immunitaria, sia di tipo cellulare che umorale, l’induzione della risposta infiammatoria e tante altre funzioni dell’omeostasi. L’insieme delle citochine interviene in numerose

risposte di adattamento e difesa e nella patogenesi di alcune malattie autoimmuni. Le citochine più note sono l’interferone e l’interleuchina che è poi suddivisa in numerosi sottogruppi. Le chemochine sono un particolare gruppo di citochine impegnate nella risposta immunitaria e, in particolare, nel richiamare, allertare e regolare l’espressione di alcune cellule del nostro sistema difensivo, quali i globuli bianchi. I loro recettori sono espressi non solo sulle membrane delle cellule immunitarie periferiche, come i leucociti, ma anche su quelle delle diverse popolazioni di cellule gliali e dei neuroni.

EpiGenetics mise a punto il test basandosi su uno studio per il quale il gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Behm ricevette poi il prestigioso premio “Eccellenza della ricerca in immunologia clinica” dell’Associazione americana per la chimica clinica. Nel 2012 il gruppo universitario di Frederick Behm (Illinois – USA) aveva pubblicato nella rivista scientifica Patologia Clinica BMC, l’articolo “Modelli immunologici unici nella fibromialgia”. I ricercatori avevano osservato che i dati puntavano sul ruolo del sistema immunitario nella FM dove i mediatori immuni, come le citochine, si presentano fuori norma e strettamente legate ai sintomi della FM. Riuscirono a determinare se la produzione di citochina da parte delle cellule immunitarie è alterata nei pazienti fibromialgici, paragonando le diverse risposte delle cellule sottoposte ad un’attivazione da parte di fattori che inducono mitogenesi nelle cellule mononucleate del sangue stimolate in un campione ampio di pazienti con la FM, a quello di persone sane con altre caratteristiche compatibili con il gruppo sperimentale.

Cosa significa “cellule stimolate”? Stimolate da cosa?Si tratta di cellule che vengono poste a contatto con prodotti chimici-enzimi o batteri ecc. che le predispongono ad essere attivate, cioè capaci di produrre specifiche espressioni funzionali: le cellule stesse diventano capaci (o aumentano la loro capacità) di produrre delle reazioni che, per essere efficaci e quantitativamente sufficienti, devono passare attraverso l’innesco di una fase di riconoscimento (una capacità mnemonica) che predispone alla reazione funzionale. In questa modalità le cellule diventano maggiormente visibili e aggredibili per via ematica, tramite gli anticorpi che si legano all’antigene innescando i meccanismi di difesa.

Metilazione?Processo chimico mediante il quale si introducono uno o più radicali metilici nella molecola di un composto organico.E i radicali metilici? Mi sa che ci dobbiamo fermare qui o fare un corso di chimica organica.

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Ebbene, nel 2012, al College di medicina dell’Università dell’Illinois, trovarono che i livelli di citochina nella coltivazione di cellule stimolate con PMBC del gruppo sano erano significativamente aumentate rispetto alle colture delle cellule non stimolate. Per converso, le concentrazioni della maggior parte delle citochine erano più basse nei campioni stimolati dei pazienti con FM. La loro conclusione fu che le risposte delle citochine agli attivatori mitogenici PBMC isolati nei pazienti fibromialgici erano significativamente più bassi di quelli degli individui sani, la qual cosa implica che l’immunità mediata dalle cellule nei fibromilagici è compromessa. E’ questo il dato che può fornire una metodologia diagnostica per la FM.

Gli autori osservarono inoltre che, poiché la sindrome fibromialgica, per definizione, non ha forme costanti di intensità del dolore, molti hanno preteso di battezzarla come malattia reumatologica, neurologica o psichiatrica, nonostante l’assenza di qualsivoglia collegamento oggettivo ad alcuna di queste ipotesi. Questi ricercatori di EpiGenetics sostengono che la loro scoperta prova che la FM è un disordine immunologico, e questa base immunologica esiste indipendentemente da qualunque elemento soggettivo, evidenziando così il forte valore clinico del protocollo del loro test.

I ricercatori concludono che le risposte anormali dei livelli di un gran numero di citochine stimolate con PBMC in vitro (con la metodologia impiegata nel loro studio) sono significativamente correlate alla diagnosi clinica di FM. Suggeriscono inoltre che questo metodo di valutare le citochine può rivelarsi utile nell’analizzare le risposte a specifiche terapie per verificarne l’efficacia.

Professore, sembra che oggi nel mondo molti stiano studiando il modo di certificare la FM attraverso test oggettivi, vale a dire non unicamente dipendenti dalla sensibilità soggettiva di un medico.L’articolo che la vostra rivista segnala conforta la via intrapresa poiché, come sostengo dal 1991, le cellule quali i linfociti possono essere il veicolo su cui identificare molte patologie dolorose. Ora i ricercatori USA hanno usato altre cellule del sistema immunitario, facendo un grande passo avanti nel dare alla FM qualche nozione di identità ma purtroppo, come sempre, molti studi e opzioni di cura sfuggono alla comunicazione diffusa.

Come funziona il Test FM/a?Il Test FM/a è stato messo a punto nei laboratori di EpicGenetics in California, laboratori certificati dal Collegio dei patologi americani e rispetta in pieno le regole della FDA (Food and Drug Administration) per i test immunologici. Secondo i dati forniti da EpiGenetics, il Test FM/a è paragonabile al test dell’HIV per sensitività e specificità, molto più efficiente perciò del test normalmente usato

per diagnosticare l’artrite reumatoide. Se pensiamo che nessun test è accurato al 100%, si tratta di un’ottima performance.

A tal punto è accreditato negli USA che questo test è accettato da molte compagnie d’assicurazione, compreso Medicare, che stanno già rimborsando le spese. In ogni caso, per ricevere il test un paziente paga soltanto 45 dollari USA, cifra indicata come “spese di iscrizione”. Nel Regno Unito invece, in assenza dell’approvazione del Sistema Sanitario Nazionale (NHS), un britannico dovrebbe pagare il prezzo pieno che, al cambio dollaro/euro di questi giorni, ammonta a circa 780 euro (936 dollari).

Secondo quanto riportano nel loro sito web (www.fmtest.com), se una persona risulta positiva al test, può scegliere di partecipare alla loro Campagna 250 che, attraverso l’analisi del genoma, cerca le cause della FM. In alternativa, o assieme, si può partecipare alla sperimentazione del vaccino per la FM. Nel secondo caso, i malati stessi pagheranno il costo del laboratorio sulla genomica e il costo del vaccino che EpiGenetics stima supererà gli 80.000 $ complessivi.

Professore, anche il vaccino? Siamo dunque alla fine di questo lungo e tortuoso percorso per essere riconosciute come malate e addirittura possiamo pensare di vaccinarci come ci vacciniamo per il morbillo?Sul tema ho letto che questo vaccino potrebbe essere il Bacillo Calmete–Guerin tubercolare (BCG) ma non sono sicuro se ciò corrisponda al vero, non avendo informazioni più precise in merito.La tecnica di attivazione di reazioni di difesa nelle situazioni di immuno-depressione, che è presente in molte malattie, quali le neoplasie e tante altre condizioni patologiche specie reumatologiche, si è già tentata ma spesso con scarsi risultati. Non saprei dirle molto circa l’uso che se ne vuol fare in questa strategia ideata dall’azienda EpiGenetics nei riguardi della FM e su che basi abbiano caratterizzato la loro teoria. Basandomi su ciò che ho letto, il vaccino potrebbe essere usato come attivatore del sistema immunitario per rendere più efficiente l’azione di difesa delle cellule che abbiamo visto risultano deficitarie (le citochine). La questione del vaccino insomma mi sembra sia a tutt’oggi sperimentale e ne stiano tuttora studiando l’efficacia.Mentre sulla capacità del marker ideato di avere una forte sensibilità sembra vi siano pochi dubbi se la FDA ne ha validato l’uso e promosso la sua applicabilità mediante il rimborso.

I nostri amici della rivista Fibromyalgia UK hanno contattato il Dott. Gillis di EpiGenetics per avere informazioni circa i pazienti inglesi che volessero fare il test e hanno ricevuto

questa risposta: “Possiamo fare in modo che chiunque in UK volesse sottoporsi al test possa farlo se ha una sede di Fedex vicina (lo spedizioniere scelto da EpiGenetics) che possa consegnare il loro campione di sangue a Los Angeles nel giro di 24 ore al massimo. Stiamo lavorando affinché il sistema sanitario nazionale inglese (NHS) copra i costi del test ma non ci siamo ancora riusciti. Per riuscire nell’operazione, prima ancora che il NHS passi a considerare di aggiungere il test ai servizi che già pagano ai fibromialgici, dobbiamo ricevere l’approvazione del Consiglio d’Europa per il test. Ciò non succederà rapidamente ma noi speriamo di cominciare la sperimentazione del vaccino all’inizio del 2018. La nostra raccomandazione è dunque che chiunque in UK volesse essere parte della sperimentazione vaccinale si organizzi per fare il test ora o dovrà aspettare per anni. Noi siamo fermamente convinti che il vaccino rivoluzionerà la biologia della FM. Abbiamo già dei pazienti europei che partecipano in tutto il nostro studio”.

Il Dott. Gillis pensa che la FM sia causata da anormalità nella proteine dei globuli bianchi e continua così: “Queste anormalità sono ciò che il test della nostra azienda vuole confermare. Siccome queste cellule vivono da uno a sette giorni, la nostra intuizione è che ci sia qualcosa di genetico o sostanzialmente legato al DNA come causa”. Quanto al costo che dovrebbero sostenere gli stranieri, Gillis aggiunge: “Che cosa pagheresti per avere l’opportunità di ribaltare gli effetti biologici della tua FM? Come si può leggere sul nostro sito web nella sezione pubblicazioni, ci sono numerosi articoli circa la capacità del vaccino BCG di normalizzare la produzione di chemochina e citochina quando è insufficiente, come abbiamo provato che accade

nei pazienti fibromialgici. Troppi pazienti fibromialgici sono tanto debilitati da non avere una vita normale, una vita senza dolore, senza confusione mentale, dolenzia in tutto il corpo, cefalea cronica, disturbi addominali cronici, sonno di scarsa qualità, ecc. Noi offriamo loro un’opportunità che, al momento, è l’unico percorso terapeutico specifico di cui siamo a conoscenza. Il nostro test risparmia a tutti tempo e denaro. Invece di essere sottoposti a dozzine di test cari per escludere altre malattie, cercando la spiegazione dei sintomi che il paziente soffre e inseguendo le opinioni di svariati medici per una media di anni che in USA va da 3 a 5, insomma, invece di tutto ciò, il test FM/a è un test specifico e controllato, con altissima precisione e sensibilità, i cui risultati sono disponibili in 5 o 7 giorni lavorativi a partire dal momento in cui riceviamo il campione di sangue del paziente. Una volta che la FM fosse confermata, il sistema sanitario nazionale potrebbe risparmiare non dovendo fornire miliardi di sterline (o Euro, diremmo noi, ndr) per terapie costose che sono solo dei placebo e che non offrono alcun beneficio in modo diretto”.

In conclusione, professore, è vicino il tempo in cui anche noi italiane e italiani, con una semplice analisi del sangue, potremo sapere in due settimane se siamo davvero malate o malati di fibromialgia? E quando potremo vaccinarci?Direi che questo sembra essere vero, visto che il prodotto è stato accettato dalla FDA americana, quindi un risultato senza dubbio importante e di grande conforto per tutte le persone che sono da anni in attesa di poter dimostrare oggettivamente di essere portatori della malattia, senza più incorrere nelle valutazioni arbitrarie di natura clinica che anche in Italia non ci permettono, ad oggi, di avere un riconoscimento istituzionale della malattia, certificata da test inequivocabili. Come lei sa, è la strada che ci siamo ripromessi di percorrere anche noi con la sperimentazione che è stata avviata dalla Fondazione ISAL, grazie al supporto economico della Fondazione Peretti. Quanto è stato ottenuto dalla EpiGenetics ci conforta nella nostra idea sperimentale poiché anche noi abbiamo basato l’idea di identificare il marker studiando i recettori che sono presenti sulle cellule linfocitarie, dunque nello stesso humus su cui il gruppo americano ha lavorato per identificare questo biomarker di malattia. Un’idea che, come dicevo, perseguo dal 1991 quando iniziai gli studi sul ruolo delle citochine nei soggetti con dolore oncologico. Lo scopo primario dello studio è di identificare un insieme di esami (detti biomarcatori), di facile esecuzione nella pratica clinica degli ospedali, capaci di essere caratteristici della patologia e cioè:• in grado di rilevare la presenza di fattori predisponenti

alla malattia; • definire una diagnosi oggettiva di fibromialgia; • caratterizzare una tipologia di profili psico-

Una donna americana (lettrice della rivista inglese, ndr) ha scritto riguardo la sua esperienza con il test.

“Dopo avere completato alcuni formulari ed avere ottenuto l’approvazione dei miei medici, ricevetti il kit per l’esame del sangue e la busta di FedEX con le istruzioni per trattare con immediatezza il campione che loro devono ricevere rapidissimamente dopo il prelievo. Inoltre non mi era permesso di assumere alcuna terapia con steroidi, comprese gocce nasali con cortisone prima del prelievo. Mi chiesero anche di sospendere l’assunzione dell’integratore di curcuma per dieci giorni prima del prelievo. Ho effettivamente avuto qualche problema dopo una settimana di sospensione della curcuma perché i dolori artritici erano aumentati di molto. I risultati del test mi arrivarono in due settimane. Non ho intenzione di partecipare ad altri studi, né alla sperimentazione del vaccino ma sono già soddisfatta nel sapere che la diagnosi è stata confermata. Il test mi è costato circa 900 dollari ma l’assicurazione MediCare me li ha rimborsati.”

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Il prof. Raffaeli è Specialista in Anestesia e Rianimazione e in Farmacologia applicata. Ha diretto l’Unità Operativa di Terapia Antalgica e Cure Palliative (Hospice) presso l’Ospedale Infermi di Rimini dal 2000 al 2011. Nel 1993 ha fondato ISAl (Istituto per le scienze algologiche) e diretto il Corso biennale di perfezionamento in terapia del dolore per i clinici multiprofessionale di ISAL. Dal 2007 è Presidente di Fondazione ISAL- Istituto per la ricerca sul dolore. E’ membro del Board mondiale della Società scientifica INS (International Neuromodulation Society) e co-fondatore delle società scientifiche italiane Federdolore e Federdolore-Sicd. Dal 2004 è professore a contratto in Anestesia e Rianimazione, settore Terapia del Dolore, presso l’Università degli Studi di Parma.

antropometrici predittivi di gestione dei processi di cura.

La ricerca è condotta su una popolazione ampia di donne di età giovane-adulta a cui è stata diagnosticata in centri esperti una fibromialgia caratterizzata da dolore cronico, e su un gruppo di controllo di donne in buona salute. Avrà la durata di 24 mesi, è uno studio prospettico in doppio cieco randomizzato, modello che garantisce una forte affidabilità dei risultati che si otterranno.La ricerca è stata avviata e speriamo che entro la fine di giugno 2018 si possano avere già i primi risultati sul cui esito saremo onorati di potervi informare.

Grazie professore per avere accettato di aiutarci a entrare in una materia così complicata. Vi auguriamo buon lavoro nello studio che state conducendo.

introdUzione allo Yoga

Claudia Munari, Insegnante di Hatha Yoga, Yoga in Volo e presidente dell’Associazione “Yoga Studio Emme a.s.d.”

Oramai lo Yoga si è rapidamente diffuso in tutto l’Occidente, traducendosi in tantissimi stili e approcci diversi. Prima di approfondire ciò che può essere particolarmente utile a persone fibromialgiche, è dunque bene fissare alcuni punti su questa pratica millenaria e complessa.

Cos’è lo YogaLo Yoga è una pratica millenaria perché i primi riferimenti sullo Yoga sono datati 1500 – 1200 a.C., pratica che si è trasformata durante i secoli, fino ad arrivare a noi occidentali, grazie a Sri Krishnamacharya, all’inizio del 1900. Tuttavia, indipendentemente dallo stile o dal tipo di Yoga, il suo fine ultimo è sempre Yogas citta vrtti nirodhan (Yoga Sutra di Patanjali - YS I, 2) ovvero lo Yoga è la soppressione delle modificazioni della mente. Lo Yoga, come si può così intuire, si differenzia dalla semplice pratica fisica per la sua natura.

Un testo che spiega in maniera dettagliata la sua essenza è lo Yoga Sutra di Patanjali, che significa letteralmente “aforismi sullo yoga” la cui collocazione temporale può essere considerata tra il II sec- a.C. E il V sec. d.C.. In questo testo la parte fisica dello yoga è ben lontana da quello che viene proposto ai giorni nostri: si pensi che l’unica posizione citata è la posizione seduta, al contrario delle centinaia di posizioni che possiamo trovare quotidianamente in ogni classe di yoga. Yoga Sutra spiega in maniera analitica quale sia il percorso per arrivare alla liberazione dalla sofferenza. Si parla così degli Otto passi (Anga) dello Yoga per portare alla via dell’illuminazione. La vita di ogni adepto si deve basare sugli Yama (astinenze) e Nyama (osservanze) quali la non violenza, la verità, l’onesta, la continenza sessuale, non possessività e purezza, il contentarsi, l’austerità, lo studio e la conoscenza di sé e l’abbandono a Dio.

Vi è quindi la pratica delle posizioni fisiche (asana) e delle tecniche respiratorie (pranayama), i due elementi che vengono sviluppati nella maggior parte delle classi occidentali di yoga nel nostro tempo. Il quinto Anga è il ritiro dei sensi (prathyara): in questo momento anche se i pensieri e tutti gli stimoli della mente ci sono, ritornando all’interno di noi stessi, possiamo divenire osservatori senza giudizio di quello che accade all’esterno di noi. E’ questo il passaggio che apre lo spazio alla concentrazione profonda (dharana): dopo essersi distaccato dagli stimoli esterni, lo yogi diviene in grado di portare l’attenzione all’interno di sé. Ed ecco che si arriva alla meditazione

(dyana) che prepara alla connessione con il tutto, fine ultimo dello yoga ovvero il samadhi.

Lo yoga proposto dallo Yoga Sutra di Patanjali è il Raja Yoga ovvero lo Yoga Regale. Gli otto Anga dello Yoga prima citati sono inoltre la base da cui parte l’Ashitanga Yoga.

Stili di Yoga contemporaneiGli stili proposti attualmente sono tantissimi e, come abbiamo visto, toccano prevalentemente l’aspetto fisico: in questo caso si parla di Hatha Yoga (yoga del corpo o della forza). Troviamo così:

Iyengar Yoga. Prende il nome dal Maestro B.K.S. Iyengar. Nelle classi diviene fondamentale l’uso degli attrezzi (come l’utilizzo di cinghie, coperte, sedie, mattoni) sia per studiare, con la migliore accuratezza possibile, gli allineamenti del corpo, sia per poter modificare le posizioni in base alle diverse possibilità dei corpi di ciascuno, ognuno diverso dall’altro.

Ashtanga Yoga. Pratica vigorosa, portata da Krishnamacharya e dal suo allievo Pattabhi Jois, è caratterizzata dalla combinazione tra respiro controllato ed esecuzione di asana in serie.

Bikram Yoga. E’ una sequenza di 26 posizioni di Hatha Yoga e due esercizi di respirazione da svolgere in una stanza a 39 °C. Fu inventato da Bikram Chodhury negli anni ’70 del secolo scorso.

Anusara Yoga. Si basa sui principi di allineamento, attitudine ed azione. Il suo significato è fluire con grazia. Fu creato nel 1997 da John Friend, unendo le pratiche di Hatha Yoga con la filosofia tantrica del cuore.

Ananda Yoga: creato da Swami Kriyananda, vive l’Hatha Yoga come strumento per elevare la coscienza. Il suo scopo è di creare armonia tra corpo, mente e anima. Il suo obiettivo primario è aumentare la nostra consapevolezza ed elevare la nostra coscienza.

Tra i tanti stili praticati, molti non appartengono però alla macro categoria dell’Hatha Yoga. Citiamo brevemente i più diffusi:

Kundalini Yoga: lavora sull’energia Kundalini. Le sequenze

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Claudia pratica yoga dal 1998, approfondendo il suo percorso con differenti maestri, quali Noah Mazè, Piero Vivarelli, Antonio Nuzzo, Gabriella Cella, e tanti altri. Iscritta dal 2013 all’Albo Nazionale Insegnanti Yoga (YANI) al n. 1246. Diplomata Insegnante di Yoga Isyco nel 2011 a Bologna; insegna yoga dal 2008. Nel 2013 approfondisce la sua formazione di yoga, abilitandosi come insegnante di Yoga in Volo - CONI/CSEN con n. 11510. Nel 2014, consegue la specializzazione per Yoga per Anziani, formazione continua YANI. Nel 2013 decide di dedicarsi completamente allo Yoga e diventa co-fondatrice dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Yoga Studio Emme a.s.d., di cui è Presidente, e per la quale tiene corsi di Hatha Yoga, Yoga in Gravidanza e Classi di Yoga al femminile. Collabora con diverse palestre nel territorio bolognese. Partecipa ad eventi sul territorio di Bologna, proponendo classi di yoga aperte a tutti, come il BoEtico Vegan Fest (che si svolge a Bologna nel mese di agosto), il Festival dell’Oriente di Bologna, Parchi in Wellness.

sono state tramandate da Yogi Bhajan. Qui diviene molto importante anche l’uso dei mantra.

Yoga Nidra: Yoga del Sonno, è una tecnica di origine tantrica adattata da Swami Satyananda Saraswati. Attraverso un rilassamento guidato si arriva facilmente allo stato che precede il sonno: qui la mente è più ricettiva e così diviene più facile lavorare sui diversi aspetti della propria personalità.

Yoga e FibromialgiaLo yoga, se praticato in maniera corretta, può essere di aiuto alle persone affette da fibromialgia. La respirazione yogica profonda, che diviene poi il naturale modo di respirare per chi pratica costantemente, aiuta a calmare un sistema nervoso agitato. Può così essere di aiuto anche per la stanchezza cronica e per migliorare la qualità del sonno. Questo avviene sia attraverso pratiche mirate (quali lo Yoga Nidra al quale abbiamo accennato), sia spontaneamente anche in seguito ad altre pratiche che ci insegnano a rilassare il corpo attraverso il respiro.

La pratica costante di posizioni e di tecniche respiratorie permette di allungare il corpo, ci dà consapevolezza degli allineamenti e migliora gli allineamenti stessi di ossa, muscoli e tessuti, aiutandoci a migliorare la postura.

La pratica costante si fonda altresì sull’ascolto profondo di sé e sul profondo rispetto dei propri limiti. Il dolore che possiamo provare in una posizione diviene maestro, insegnandoci a modificare la posizione stessa, anche usando degli attrezzi a supporto (come, per esempio, mattoni, coperte, sedie, cinghie) per trovare una posizione di agio.Ovviamente, per chi soffre di fibromialgia e doloro cronico, sono controindicati quegli stili che prevedono una pratica vigorosa, con ritmi veloci, in cui l’allineamento non sia il fondamento. Sarà il dolore che proviamo il messaggio che il nostro corpo ci manda per avvertirci che siamo andati oltre; ciò significa che dobbiamo semplicemente fare un passettino indietro sul piano fisico ma un passettino in più rispetto all’ascolto di noi stessi.

La pratica costante crea così una profonda connessione tra il nostro corpo, il nostro respiro e il nostro sentire, traducendosi in immediato senso di benessere, fisico ed emotivo.

la malattia della CanCellazione Ha Colpito anCora

Christine Lynch, Fibromyalgia News Today

Ancora una volta la fibromialgia mi ha sconfitta. I dolori muscolari nella parte superiore della schiena (l’ultima volta ho chiamato il pronto soccorso) sono stati parte della mia vita per più di quanto possa ricordare. Ogni tanto provo a capire da dove derivino questi episodi – affaticamento? movimenti ripetitivi? stress prolungato? che spesso però si presentano in modo casuale e improvvisamente. La loro presenza ha rovinato così tante occasioni nella mia vita che penso a loro e alla fibromialgia come sintomi della malattia della “cancellazione”. Nei due mesi precedenti il Natale, questi episodi si sono verificati molto più frequentemente e provocando molto più dolore del solito. Ho riconosciuto la fase acuta della malattia e ho deciso di mettere in atto tutti i consigli che mi hanno offerto gli esperti della gestione del dolore. Ho trascorso diversi giorni attaccata all’unità TENS: ho usato impacchi di acqua calda, di ghiaccio e di lidocaina; ho fatto stretching; mi sono fatta fare dei massaggi e mi sono sottoposta all’agopuntura. Ho consultato il mio neurologo, il fisioterapista, il medico di famiglia, lo psicoterapeuta ed un consulente spirituale, anche ricorrendo ad un cambiamento nell’uso degli antidolorifici. Nulla di tutto ciò ha funzionato. Nella settimana del 25 Dicembre, gli spasmi si stavano verificando ogni tre o quattro giorni. Non avevo altra scelta se non cancellare i voli per raggiungere la mia famiglia.

I viaggi sono sempre una sfida per noi fibromialgici, anche nelle migliori condizioni; i voli durante le feste poi sono ancora più difficili. La decisione di annullare il volo è stata più semplice quando l’aeroporto internazionale di Los Angeles ha annunciato la necessità di presentarsi in aeroporto quattro ore prima dell’orario di partenza. Senza dubbio questo era un brutto inconveniente per tutti i milioni di viaggiatori diretti verso casa dal più trafficato aeroporto della West Coast ma per me, nel bel mezzo di una bella crisi di dolore, avrebbe rappresentato l’impossibilità di partire. Di solito riesco ad essere efficiente per quattro ore di fila al giorno, arco temporale che in quella particolare circostanza sarebbe diventato di nove o più ore, senza neanche un posto dove sdraiarsi.

Anche la nebbia mentale (fibro fog) causata dalla

fibromialgia ha contribuito alla mia decisione di cancellare il volo. L’inevitabile fatica sarebbe stata accompagnata dall’incapacità di pensare chiaramente o di prendere decisioni. Adattarsi ai probabili cambiamenti di orari e ritardi causati da folle insolitamente grandi, pesante traffico aereo e avverse condizioni climatiche avrebbero significato uno sforzo eccessivo per me, in aggiunta agli spasmi muscolari imprevedibili; in sostanza, troppi fattori incontrollabili. E dopo aver rattristato me e la mia famiglia, ho trascorso un’altra vacanza da sola. Delusa? Si. Ma ho preso la decisione migliore per me, non potevo rischiare di avere attacchi forti durante il viaggio o a casa di qualcun altro.

Ho sopportato gli spasmi muscolari per decenni che, assieme alle disfunzioni cognitive, sono i sintomi, fra tutti quelli della fibromialgia, che alterano di più la vita di tutti i giorni. Non mi arrendo: vedo un agopunturista regolarmente, cammino a lungo e faccio stretching tutti i giorni, cerco di distrarmi quanto più possibile con amici e risate, cerco di concentrarmi sui giorni buoni piuttosto che su quelli in cui sono costretta a cancellare qualcosa, cerco riviste e siti web per rimanere aggiornata sulle potenziali terapie, provo tutto ciò che c’è di nuovo e clinicamente provato (occasionalmente anche qualcosa che non è scientificamente confermato, ammetto). Sebbene gli effetti collaterali intollerabili mi abbiano impedito di assumere i farmaci attualmente disponibili per il trattamento della fibromialgia, attendo con ansia che sia approvato un prossimo farmaco: potrebbe essere quello giusto per me! Nel frattempo cerco di vivere al meglio.

La fibromialgia fu diagnosticata a Christine Danella Lynch nel 1990 nonostante presentasse dei sintomi fin dall’infanzia. A causa della FM dovette abbandonare il lavoro di contabile aziendale ma cominciò a partecipare a gruppi di supporto per persone affette da fibromialgia in giro per Stati Uniti, fino a diventare leader del gruppo di sostegno alla fibromialgia della Fondazione per l’Artrite. Pubblica correntemente su Fibromyalgia News Today.

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La mia ultima cancellazione

I soci della prima ora ricorderanno forse il mio editoriale nel n.3 del 2016. Cominciava così:“Confusa, con difficoltà a parlare, a leggere, soprattutto a comprendere. Davanti alla diapositiva che devo commentare al seminario internazionale che sta a me condurre, leggo insistentemente la sequenza dei numeri in modo sbagliato: 1, 3, 0, 7. Mi fanno notare che non c’è nessuno zero nella sequenza sulla diapositiva e io concordo, non c’è. Allora perché la mia bocca continua a pronunciare zero?” E via dicendo con altre stoltezze certamente sorprendenti per la trentina di esperti che dovrei guidare nel dibattito. Non era un problema di inglese che parlo molto bene, era proprio la fibrofog, quella nebbia densissima che mi colpiva mortalmente quando non assumevo antidepressivo e integratori vari. Oggi eventi così drammatici mi accadono meno di frequente e con minore intensità, quelle ferite non sono però rimarginate e condizionano la mia vita anche se oggi, FORSE, avrei meno probabilità di incorrere nella fittissima nebbia che mi fa sembrare in demenza

senile. Ecco perché ho cancellato il seminario internazionale da tenersi il prossimo marzo dove avrei dovuto chiudere quello stesso progetto nella mia qualità di coordinatrice del gruppo di valutazione. Presentare la valutazione del progetto non significa solo leggere qualche diapositiva e qualche numero, ovviamente, significa spiegare, giustificare, analizzare, discutere, ma provo un tale senso di vergogna per la mia inadeguatezza di quei giorni da non avere il coraggio di presentarmi davanti allo stesso pubblico. Ci andrà un’altra persona della squadra di valutazione. Bene, risolto, si dirà, e per la questione di orgoglio fattene una ragione. Per il reddito mancato proverò a cercare un’altra attività meno impegnativa. La fibromialgia è certamente la malattia della cancellazione.

Marina Pirazzi

Uno studio condotto in un contesto di vita reale, pubblicato su The Journal of Rheumatology, ha rilevato scarsa aderenza ai trattamenti fra i pazienti affetti da fibromialgia: solo il 9,3% dei pazienti coinvolti nello studio infatti ha rispettato il regime di trattamento prescritto per più di un anno. Lo studio, denominato “Aderenza e persistenza nella terapia farmacologica fra i pazienti con fibromialgia: dati di una grande organizzazione di assistenza sanitaria”, è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’università di Tel Aviv, in Israele. I ricercatori dello studio hanno monitorato dal 2008 al 2011 l’aderenza e la persistenza alla terapia in un gruppo di 3.932 pazienti affetti da fibromialgia. Questi pazienti sono stati seguiti dall’organizzazione di assistenza sanitaria Maccabi Healthcare Services in Israele e lo studio è stato sostenuto dall’azienda farmaceutica Pfizer.

Molte donne in tutto il mondo sono affette da fibromialgia, con una variabilità che va dal 2 al 5 %. Non essendoci cure per questa malattia, i trattamenti si concentrano sulla prevenzione della sensazione di dolore, sul ripristino del sonno e sul miglioramento delle condizioni fisiche generali. Strategie non farmacologiche, come l’esercizio fisico e le terapie cognitive, sono comunemente usate ma molti pazienti hanno bisogno anche di un controllo farmacologico dei propri sintomi.

La maggior parte delle medicine prescritte per la fibromialgia servono per regolare il modo in cui il cervello e le cellule nervose interpretano i segnali (funzione neuromodulatoria). Le classi di farmaci più comunemente usate sono: i composti antidepressivi triciclici (TCA), l’inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (SSRI), gli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina/norepinefrina (SNRI) e l’anticonvulsivante Lyrica (pregabalin).

Per i pazienti con fibromialgia, come per molti altri affetti da malattie croniche, l’aderenza alla terapia può risultare difficile. I regimi di somministrazione giornalieri e l’intolleranza alla terapia rappresentano alcuni dei fattori che contribuiscono al mancato rispetto del trattamento ma anche lo stigma sociale, lo scetticismo dei pazienti nei confronti della terapia e la scarsa comunicazione tra

medico e paziente possono aumentare il rischio di non assunzione dei farmaci.

I risultati Entro il primo anno dalla diagnosi, al 59,1% dei pazienti erano stati prescritti gli antidepressivi triciclici (TCA), al 46,7% gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e della serotonina-norepinefrina (SSRI/SNRI), ed al 24,1% l’anticonvulsivante Lyrica.

I ricercatori scoprirono che il 79,3% dei pazienti ai quali era stato prescritto il primo trattamento dopo la diagnosi di fibromialgia, avevano interrotto l’utilizzo dei farmaci nell’anno successivo. Dopo un anno dall’inizio della terapia con SSRI/SNRI, TCA, o anti-epilettici, rispettivamente, solo il 26,3%, 18,4%, ed il 9,0% stava ancora seguendo la cura. Inoltre i ricercatori accertarono che, fra i pazienti ai quali era stata prescritta una cura, la media percentuale dei giorni in cui effettivamente il regime della terapia veniva rispettato era del 26%. Infatti, il 60,5% dei pazienti aveva assunto i farmaci per meno del 20% dei giorni, e solo il 9,3% dei pazienti aveva rispettato il regime del trattamento per l’80% dei giorni dell’anno.

Complessivamente, secondo i ricercatori, i risultati della ricerca hanno mostrato che “nella popolazione israeliana affetta da fibromialgia, la persistenza e l’aderenza alla terapia, nell’anno successivo alla diagnosi, erano notevolmente basse”.

Queste scoperte concordano con gli studi precedenti e suggeriscono inoltre che solo una piccola minoranza di pazienti che ottengono benefici dal trattamento clinico sono disposti a continuare ad utilizzare i farmaci per intervalli superiori ad un anno.

“I nostri risultati indicano chiaramente l’urgente necessità di produrre nuove terapie capaci di offrire maggiore efficacia e tollerabilità per i pazienti con fibromialgia. I medici dovrebbero tenere a mente le caratteristiche problematiche dell’aderenza al trattamento quando esaminano i pazienti affetti da fibromialgia, così da poter dare maggiore attenzione ai pazienti più a rischio di abbandonare la terapia” hanno concluso i ricercatori.

poCHi malati fibromialgiCi rispettano i regimi di trattamentoTraduzione di Paula Ciecko Addamo

FONTE: Dana Ben-Ami Shor, Dahlia Weitzman, Shani Dahan, Omer Gendelman, Yael Bar-On, Daniela Amital, Varda Shalev, Gabriel Chodick and Howard Amital. Adherence and Persistence with Drug Therapy among Fibromyalgia Patients: Data from a Large Health Maintenance Organization. The Journal of Rheumatology August 2017, jrheum.170098; DOI: https://doi.org/10.3899/jrheum.170098

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Pubblicato il primo numero della rivista, andai a incontrare alcuni reumatologi per presentare il nostro progetto e impostare collaborazioni. Accadeva dunque non tanti anni fa, ma abbastanza perché il clima generale non fosse ancora così scosso dalla presa di coscienza di noi malati e dall’aiuto che certi medici illuminati ci hanno offerto. Un giovane reumatologo, compagno di una mia amica, mi aveva confessato che loro ci vedono con terrore perché rovesciamo sul loro tavolo valanghe di sintomi, parliamo tanto, ci lamentiamo molto e sostanzialmente di tutto, non si viene a capo di nulla e loro non sanno che fare. Forse oggi qualcosa sta cambiando.

Ma torniamo a quel giorno in cui incontrai il dott. G., illustre reumatologo, che mi ricevette trincerato dietro la scrivania, con l’occhio torvo, lo sguardo da sotto in su sotto una fronte corrucciata, senza guardarmi, gingillando una penna tra le dita.

In genere, tutto andava abbastanza bene quando ero “raccomandata” da medici o amici comuni, ma quando arrivavo all’appuntamento unicamente come la donna fibromialgica, sia pur direttrice editoriale di una rivista sulla fibromialgia, le cose andavano diversamente. La lettura di quei segni del corpo del dott. G. risvegliò immediatamente in me la professionista, piuttosto che la malata, e tutto cambiò: una stretta di mano tonica, un bel sorriso, il ringraziamento per avermi offerto parte del suo tempo prezioso, il mio sguardo fermo e la voce tutt’altro che piagnucolosa produssero il miracolo. Il dott. G. mi trattenne più di un’ora, nonostante la mia espressa preoccupazione per la coda che si stava formando davanti alla porta del suo studio.

Nel mio lavoro sulla comunicazione e in tutti gli anni d’insegnamento, il linguaggio del corpo mi ha sempre affascinato. Qualche aspetto del linguaggio del corpo è abbastanza ovvio a chi osserva, altri aspetti sono più sottili ma la maggior parte passa inosservato e lo riconosciamo solo con l’esperienza e gli anni.

Cominciai a osservare, per esempio, che quando tenevo un corso o un seminario, alcune persone arrivavano con un linguaggio del corpo chiaramente difensivo, come, per esempio, non togliersi il cappotto, incrociare le braccia, espressioni facciali ridotte al minimo, il corpo

rivolto altrove rispetto a chi stava parlando e assenza di contatto visivo. Pensai dapprima che quegli studenti forse erano costretti a frequentare il mio seminario da un loro superiore. Parlando con loro nei momenti di pausa, davanti alla macchinetta del caffè o alla mensa, cominciai invece a capire che ci sono molte altre ragioni per essere sulla difensiva, oltre a quella che avevo ipotizzato, e che potremmo riassumere in “non sentirsi a proprio agio”. Decisi dunque di essere particolarmente amichevole e aperta verso di loro.

Perché la parola non basta?La parola non basta perché il linguaggio del corpo riflette all’esterno come ci sentiamo dentro e, bene o male che sia, esso rende manifeste le nostre emozioni. Per migliorare la comunicazione quando parliamo con qualcuno, ecco qui alcuni piccoli suggerimenti:

1. Manteniamo il contatto visivo. Non costantemente! Sarebbe d’altronde impossibile; l’importante è riuscirci per 20 secondi, oltre i 30 secondi potrebbe risultare un comportamento aggressivo. Non dimentichiamo che solo gli innamorati riescono a guardarsi negli occhi senza provare imbarazzo.

2. Impegnamoci a parlare in modo chiaro, scandendo bene le parole, senza mormorare, bofonchiare o parlare a vuoto, che sono chiari segni di nervosismo o almeno di inquietudine.

3. Una stretta di mano ferma, senza mano molle e con un sorriso attraggono l’attenzione verso di voi molto più che l’aggressività.

4. Apriamo le braccia per mostrare che siamo avvicinabili e aperti all’ascolto.

5. Ripetiamo quel che stiamo dicendo o la domanda che abbiamo posto se l’altro non ci risponde, facciamolo in modo fermo ma educato e non fermiamoci finché non si spiegano adeguatamente; chiediamo loro cosa si aspettano che facciamo.

Ci ritroviamo alla prossima puntata. Intanto pratichiamo: per quanto difficile possa essere, proviamoci.

il lingUaggio del CorpoMarina Pirazzi

Come specie umana, non abbiamo sempre usato la comunicazione verbale, cioè le parole, per far sapere agli altri i nostri bisogni e i nostri sentimenti. Il linguaggio verbale arrivò molto più tardi nella nostra evoluzione, sicché il linguaggio non verbale e quello paraverbale (cioè quello che ha a che fare con la voce), benché molto più rozzi a quel tempo, furono i nostri unici mezzi d’interazione con i nostri simili

Riusciamo a riconoscere questo personaggio dal linguaggio del corpo?

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Il fatto

La fibromialgia è ereditaria?

31 Luglio, 2017 Kevin C. Fleming, M.D. Dalla homepage del sito della Clinica Mayo (USA)

Non vi sono prove che la fibromialgia possa essere trasmessa da genitore a figlio, tuttavia pare che in alcune famiglie vi siano più persone affette dalla stessa malattia cronica.Secondo la clinica Mayo (USA), le possibilità che una persona sviluppi la fibromialgia sono 7 volte più alte se un membro diretto del proprio nucleo familiare soffre della medesima malattia, rispetto alla circostanza in cui non vi siano casi in famiglia.Alcuni studi sul DNA di membri della stessa famiglia con

la fibromialgia ed altre malattie con dolore cronico hanno isolato dei geni che potrebbero essere responsabili per lo sviluppo della fibromialgia e che potrebbero spiegare perché essa abbia una tendenza a svilupparsi in alcune famiglie. Questi geni giocano un ruolo attivo nel sistema nervoso centrale e nella modalità con cui i nostri corpi rispondono al dolore. I medesimi geni sono anche legati all’ansia e alla depressione, cosa che potrebbe spiegare perché alcuni pazienti affetti da fibromialgia rispondano bene agli antidepressivi.

Giovanni Beh ... a me è capitato in ufficio di chiamare dal cellulare, per errore, il mio diretto interno, mi sono anche risposoa e non mi riconoscevo e mi incavolavo. Ero sicuro che qualcuno volesse farmi uno scherzo e continuavo a pensare “ ma questo al telefono, da me, che vuole ??!!”

Mariella Stare tranquilla al computer. L’arrosto sul gas. Pensare che siano i vicini a fare quella puzza e non il mio arrosto... Aiutoooo!!!

Margherita Entrare baldanzosa in una stanza e ...puff: perché sono qui?

Anastasia Non trovare gli occhiali disperata, ci rinunci, apri il congelatore per un gelato e li trovi lì.. E ti chiedi: come ci sono finiti?

Demata Comprare tende uguali ma di lunghezza diversa; bruciare cibi; andare a fare esami per me con la prenotazione della visita oculistica di mio marito e tanto altro.Per bacco se ci penso comm sto ngujat (traduzione: sono messa male).

Larisa Qui ci scappa il libro

Cose stupide che ho detto o fatto a causa della fibrofog, ovvero, quando la fibromialgia manda il mio cervello in pappa

Una spettacolare carrellata dal nostro gruppo facebook e da quello di CFU

Cara Compagnia,

Cari amici e amiche, sono Rosanna, ho 57 anni e sono nonna dal 4 luglio 2017. La nipotina di cui sono perdutamente innamorata si chiama Arianna e porta il nome di tante donne della nostra famiglia. Lavoro part-time in un negozio che vende tabacchi e giornali, poi sono (nell’ordine) nonna, mamma e moglie. Prima di questo, ho lavorato per vent’anni in un’azienda metalmeccanica e prima ancora in una cartoleria.

Perché tutto questo parlare del lavoro? Perché al lavoro ci tengo, mi piace mantenere questo impegno non solo per il reddito ma anche perché non rinuncerei mai ad uscire di casa per incontrare gente, non rinuncerei mai al contatto con altre persone.

Ho sempre il sorriso sulla bocca e questo, capite, è importante per chi ha un lavoro a contatto con la gente. Sono ansiosa ma verso gli altri mi mostro paziente e quel che ho dentro lo so solo io! Mi sostiene la mia solida fede cattolica.

Avevo 32 anni quando la mia dottoressa di base sospettò della fibromialgia partendo dai dolori lombari che lamentavo e che scendevano lungo le gambe. Fu poi il dott. Rucco, medico competente e persona squisita dell’Istituto di medicina fisica e riabilitazione Gervasutta di Udine, a confermare i sospetti.

Fui trattata dapprima con un antidepressivo che poi abbandonai per “mettermi alla prova” (sapete cosa intendo…) ma il nuovo regime mi costringeva a usare Xanax per dormire, col risultato che ne ero diventata dipendente e non mangiavo più. Finalmente qualcosa mi scattò dentro, una voce mi parlava e diceva “mi devo salvare”. Fu così che, con l’appoggio di marito e figlia, consultai lo psichiatra, ripresi l’antidepressivo e tutto ricominciò a girare per il verso giusto, anche se non sono mai solo rose e fiori. Oggi, riflessologia e yoga sono il mio sostegno.

Faccio tanta pubblicità alla rivista in paese dove ci sono altre persone fibromialgiche.

Corro sempre, sono piena di impegni e anche ora devo correre via. Cari, ma davvero cari, saluti a tutti.

Rosanna

fIBRoGRafIa. la Compagnia dei fibromialgici si racconta

Rosanna

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le paRole del dottoRe

la Compagnia dei fibromialgici segnala

www.npf-it.ml

Siamo David della provincia di Barletta-Andria-Trani (Puglia), e Nicole, bergamasca (Lombardia): una coppia di amici con diagnosi certa di neuropatia delle piccole fibre. Ci siamo conosciuti proprio “grazie” a questa malattia. Cerchiamo di aiutare altre persone malate a riconoscere i sintomi della NPF ed eventualmente le cause che l’hanno scatenata. Ci impegniamo a indirizzare chi è in difficoltà verso gli specialisti più adatti che, purtroppo, scarseggiano sul suolo nazionale.Con il sito e la pagina facebook Neuropatia delle piccole fibre e POTS e il gruppo collegato vogliamo:• Permettere ai malati di informarsi, rimanendo

aggiornati sulle novità riguardo queste patologie.• Permettere alle persone che non hanno ancora avuto

diagnosi di riconoscersi nelle problematiche e poter così iniziare un nuovo percorso.

• Evitare diagnosi “di comodo” da parte di medici non specializzati sull’argomento e che, a volte, non hanno voglia di approfondire.

• Confrontarci e sostenerci a vicenda.

La nostra storia di malati di neuropatia delle piccole fibreRaccontiamo qualcosa di noi nella speranza che possa essere utile ad altri e, magari, illuminare un po’ le tante aree oscure che uniscono i nostri disturbi.

E’ stata semplice e rapida la diagnosi di NPF?

Nicole: Per me assolutamente no. E’ stato un percorso lungo e difficile, durato 20 anni (ho iniziato a stare male da bambina, ora ne ho 30) che, oltretutto, ho dovuto affrontare da sola, studiando medicina e basandomi sui sintomi, perché i medici mi dissero che dovevo rassegnarmi a “non sapere”.David: Per niente. Mi hanno diagnosticato inizialmente una depressione mascherata, poi ipocondria e poi mania, con conseguente uso di farmaci neurolettici.

Come abbiamo scoperto l’esistenza della NPF

Nicole: Grazie a quello strumento che secondo me è meraviglioso, se usato con intelligenza e consapevolezza: internet.David: Tramite il medico che me l’ha diagnosticata, inizialmente descrivendola come ipotesi nel foglio di visita. Cercai in rete delle informazioni sulla malattia (quasi tutte in inglese), indagai e, a sei mesi di distanza, scoprii, con la biopsia, che il neurologo aveva visto giusto.

Cosa abbiamo pensato quando ci è stata confermatala diagnosi

Nicole: E’ stata una liberazione. La conferma che non ero una pazza che “si inventava le cose”… il premio di tanta dedizione per arrivare alla verità. Sembra surreale gioire per una diagnosi di malattia, ma dopo tanti anni in cui ho sofferto senza saperne il motivo, ero al settimo cielo. Una rivincita anche verso chi non mi credeva.David: Sapevo di non essere pazzo e quella ne fu la conferma, la diagnosi ha accresciuto la stima che ho di me stesso. Sono rimasto in sostanza molto soddisfatto, più che dei medici, della mia perseveranza nel cercare una risposta, snobbando pareri di medici noti, considerati “molto esperti” in materia.

Come abbiamo curato la NPF

Nicole: recentemente ho scoperto la causa della mia neuropatia, arrivandoci ancora una volta da sola. Si tratta della sindrome di Ehlers Danlos di tipo Ipermobile: una rara malattia del tessuto connettivo, multisistemica e degenerativa,della quale non sono stati ancora individuati i geni responsabili e per la quale non esiste una cura. Non posso guarire ma ho iniziato un percorso per alleviare i sintomi e cercare di arrestare la degenerazione del mio corpo, fatto di integratori ed esercizi fisici consigliati dal fisiatra, per aiutare le mie deboli articolazioni.David: Purtroppo nel mio caso temo ci sia ben poco da curare al momento. Secondo il mio neurologo la neuropatia è stata provocata da farmaci assunti in precedenza per altra patologia che hanno danneggiato anche altri organi (io propendo per questa versione). Tuttavia seguo una cura a base di cortisone (per curare l’infiammazione presente da molto tempo) e una cura antibiotica per la diverticolosi di cui soffro (anch’essa porta infiammazione oltre che infezione).

Qual è secondo noi la causa della nostra NPF

Nicole: Secondo i medici, la mia NPF era idiopatica. Invece, come ho scritto sopra, la causa era la sindrome di Ehlers Danlos.David: Farmaci e, a mio avviso, una diverticolosi del colon sigma.

Ci è mai stata proposta la fibromialgia comepossibile causa dei nostri problemi?

fibre C, non mielinizzate. Sono piccole fibre nervose nocicettive (nocicettore: in neurologia, varietà di recettore sensibile agli stimoli dolorifici) del sistema nervoso periferico. Sono attivate da stimoli derivanti da danno ai tessuti, da stimoli meccanici e termici, e dai mediatori chimici dell’infiammazione. Sono fibre sprovviste di mielina, sostanza che forma la guaina di rivestimento della maggior parte delle fibre nervose, proteggendole; è conosciuta anche con il termine di ‘sostanza bianca’ del cervello per la sua colorazione. Le fibre C non mielinizzate hanno una conduzione lenta, ciò vuol dire che trasmettono un tipo di dolore lento, progressivo, di tipo urente (cioè bruciante), non localizzato e a lenta scomparsa.

fibre A-Delta sottilmente mielinizzate Sono piccole fibre nervose nocicettive (nocicettore: in neurologia, varietà di recettore sensibile agli stimoli dolorifici) del sistema nervoso periferico. Rispondono agli stimoli di minore intensità tattili, termici e pressori nonché a stimoli dolorosi. Sono rivestite da mielina e hanno una conduzione veloce, quindi trasmettono un dolore rapido, acuto, lancinante e di breve durata.

episodi presincopali: (o presincopi) Sensazione di perdita di coscienza imminente, senza che però ciò avvenga. I sintomi comprendono debolezza estrema, confusione, perdita momentanea della vista, perdita di sensibilità, pallore, sudorazione, sensazione di avere pesi attaccati ai piedi che spingono il corpo verso il basso. Nella maggior parte dei casi, chi ha una presincope riesce a sedersi o sdraiarsi, evitando di cadere a terra. In questo modo si ha una veloce ripresa. Possono essere causate da una mancanza di irrorazione di sangue ed ossigenazione al cervello, per un abbassamento della pressione o una

riduzione della gittata del cuore. Nella POTS sono fenomeni frequenti. Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/Sintomi/Presincope

Teoria della deprivazione relativa. In questa teoria l’assunto principale è che lo stato di deprivazione (o soddisfazione) di una persona o di un gruppo è relativo, cioè non è oggettivamente rilevabile in quanto le valutazioni di sé avvengono tramite il confronto: se mi confronto con altri che stanno peggio di me, o con una situazione passata che reputo peggiore, allora non provo deprivazione; se mi confronto con situazioni migliori è probabile che provi un senso di deprivazione. Insomma, in questi paragoni ciò che conta non è lo stato oggettivo ma il termine di confronto. Dal punto di vista individuale (Gurr, 1970), l’individuo percepisce uno stato di deprivazione relativa quando sente che c’è discrepanza tra ciò che un individuo crede di meritare (aspettative di valore) e ciò che crede possibile ottenere (capacità di valore). Le persone provano deprivazione quando sentono di non avere la possibilità di ottenere ciò che vogliono e che spetta loro. Più il divario tra aspettative e capacità di valore è ampio, più è probabile lo scontento sociale e la messa in atto di azioni di protesta. Secondo Crosby (1976), affinché un individuo provi deprivazione, è necessario che si verifichino cinque condizioni: 1. vedere che qualcun altro possiede X 2. volere X 3. sentire di aver diritto (meritarlo) a possedere X 4. sentire che è possibile possedere X 5. non sentirsi responsabili per il fatto di non possedere X

X è qualcosa che un individuo può ottenere, sia concreto che astratto.

Nicole: Assolutamente sì. Mi è stata diagnosticata a diciotto anni. Avevo 18 tender point dolenti su 18. Secondo i medici si trattava di fibromialgia primaria.David: La fibromialgia mi fu accennata da un medico omotossicologo che, però, non si sentì di confermarla, né di fare test, lasciandomi nel limbo del “pazzo” o del “non diagnosticato”.

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